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1 3 5 7 8 10 13 15 17 22 Anno XV N° 8 - 9 (189-190) 30 settembre 2013 SOMMARIO IL MESSAGGIO Pahor. cinque preghiere ai giovani che verranno Lo scrittore sloveno, che ha compiuto cent’anni, traccia un bilancio della sua vita L’IMPEGNO Sempre attento alla Benecia Pahor e le vicende storiche che hanno segnato gli sloveni in provincia di Udine TRIESTE - TRST Conferita la cittadinanza benemerita a Boris Pahor Il felice epilogo di una vicenda iniziata nel 2009 VENEZIA Cooperazione trilaterale Vertice tra Italia, Slovenia e Croazia GIORNATA DELLE LINGUE Per la Ue lo sloveno è lingua dell’amore Su internet un simpatico test in occasione del 26 settembre S. PIETRO AL NAT.-ŒPIETAR Nuovi spazi per la minoranza slovena La Sso esorta a valorizzare i locali della Comunità montana SCUOLA A quando l’insegnamento bilingue a Taipana e a Lusevera? Audizione del Comitato paritetico con la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame TRIESTE-TRST Dal 20 al 22 settembre si è tenuta «Slofest» Manifestazione organizzata dalla Zskd NOVA GORICA Conferita la cittadinanza onoraria a Lojzka Bratu¡ LA RICORRENZA Centenario della prima guerra mondiale, partita la macchina organizzatrice

SOMMARIO · gua franca del globalismo. Quindi, direi, come affermano i due eminenti uomini di cultura francesi Stéphane Hessel ed Edgar Morin nel loro libro «Il cammino della speranza»,

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Page 1: SOMMARIO · gua franca del globalismo. Quindi, direi, come affermano i due eminenti uomini di cultura francesi Stéphane Hessel ed Edgar Morin nel loro libro «Il cammino della speranza»,

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Anno XV N° 8 - 9 (189-190) 30 settembre 2013

SOMMARIO

IL MESSAGGIOPahor. cinque preghiere ai giovani che verranno Lo scrittore sloveno, che ha compiuto cent’anni, tracciaun bilancio della sua vita

L’IMPEGNOSempre attento alla BeneciaPahor e le vicende storiche che hanno segnatogli sloveni in provincia di Udine

TRIESTE - TRSTConferita la cittadinanza benemerita a Boris PahorIl felice epilogo di una vicenda iniziata nel 2009

VENEZIACooperazione trilateraleVertice tra Italia, Slovenia e Croazia

GIORNATA DELLE LINGUEPer la Ue lo sloveno è lingua dell’amoreSu internet un simpatico testin occasione del 26 settembre

S. PIETRO AL NAT.-ŒPIETARNuovi spazi per la minoranza slovenaLa Sso esorta a valorizzare i localidella Comunità montana

SCUOLAA quando l’insegnamento bilingue a Taipanae a Lusevera?Audizione del Comitato paritetico con la direttricedell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame

TRIESTE-TRSTDal 20 al 22 settembre si è tenuta «Slofest»Manifestazione organizzata dalla Zskd

NOVA GORICAConferita la cittadinanza onoraria a Lojzka Bratu¡

LA RICORRENZACentenario della prima guerra mondiale,partita la macchina organizzatrice

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Convinto che la società abbia bisogno di un cambia-mento di rotta e che ciò dipenda molto dalla posizioneche prenderanno le giovani leve, vorrei dare alcuni

suggerimenti, come ho fatto nelle molte occasioni in cui hoavuto la fortuna di incontrarmi con loro, attenti e attente par-tecipanti. Ciò che innanzitutto proporrei è la fedeltà alla pro-pria identità. A me è toccato malauguratamente di dover-la in pratica rinnegare quando, divenuto cittadino italianodopo la fine della Prima guerra mondiale, il regime fasci-sta tolse la scolarità nella mia lingua, dopo aver distruttocon incendi le nostre Case di cultura, bruciato i nostri librie proibito tutte le associazioni in lingua slovena. A voi cer-tamente non succederà nulla di simile, ma la società glo-balizzata, anche se non lo dice, di fatto ha la tendenza all'o-mologazione, con lo sviluppo della tecnica e in nome delcapitale che non ha bisogno di un'identità particolare; que-ste identità che sono la base delle nostre entità persona-li, possono essere in pericolo, così come le nostre lingueche sono la nostra ricchezza, messe in pericolo dalla lin-gua franca del globalismo. Quindi, direi, come affermanoi due eminenti uomini di cultura francesi Stéphane Hesseled Edgar Morin nel loro libro «Il cammino della speranza»,di accettare il globale se è utile per l'umanità, ma salvare«il locale, il regionale, il nazionale e le loro autonomie loca-li difendendo e favorendo le loro peculiarità culturali».Questa coscienza di appartenere a una comunità, a unpopolo, a una nazione, ci aiuta a superare l'egoismo curan-doci, a un tempo, della grande famiglia, a interessarci delsuo futuro, a difenderla dagli avversari.Siamo così arrivati al problema sociale, all'etica che dovreb-be regolarlo e che purtroppo in pratica non c'è. E sono igiovani che di più ne rimettono. Ma proprio per questo igiovani devono adoperarsi per cercare una soluzione: cioèstudiare a fondo il problema, studiarne la storia, anche quel-la che non viene insegnata, anche quella taciuta. Il fasci-smo, per esempio. Che fu anche storia economica, non solopolitica. Finita la Seconda guerra mondiale, PalmiroTogliatti, importantissimo comunista, fu ministro dellaGiustizia e come tale dichiarò una grande amnistia, che haestinto i reati e le condanne. Utile anche per trovare dopolo sfacelo una unità nella ricostruzione, ma a un tempo lapolitica se ne servì per occultare il male, in primo luogo quel-lo commesso dal fascismo antislavo con il genocidio cul-turale degli sloveni e dei croati in Istria, dei crimini nellaSlovenia occupata, della fucilazione di ostaggi, dei mortinei campi di concentramento. Tutto ciò, logicamente, haanche riflessi sociali, che le nuove generazioni devonoconoscere. Lo so, si dice che i giovani più che alle teorietengono agli esempi, alle persone che con la loro vita coe-rente confermano il valore delle loro idee. È vero, però gliesempi degli uomini di forte personalità positiva si cono-scono studiando la storia.Conoscere, quindi, il passato, soprattutto di coloro chehanno tentato, ma hanno fallito, non perché avevano ideeerrate, ma perché sono stati osteggiati in tutte le maniere.

Gesù, per esempio, che a proposito dei ricchi non tergi-versava, ma anzi era molto schietto. Ma i cristiani di oggiquanto ne tengono conto? Bisogna cioè scegliersi una per-sonalità che si è imposta per un bene, contro una ingiu-stizia, in nome di un'etica dimenticata oppure osteggiata:Gandhi, nell'India sottomessa, Luther King difensore di dirit-ti dell'uomo di colore, Mandela, ventisei anni di prigione perla lotta contro l'apartheid nell'Africa del Sud.Aiutare il prossimo, i popoli nei loro bisogni esistenziali, cioèin primo luogo materiali, è stato detto. Ma del corpo biso-gna dire anche altro. Bisogna considerare che il Ventesimosecolo fu il secolo in cui il corpo umano fu distrutto comese si trattasse di una materia senza valore, di paglia fra-dicia, di qualcosa che si caricava e si scaricava come mate-riale insensibile, si bruciava, per così dire, in continuazio-ne, senza sosta. Da ciò segue il normale, normalissimobisogno di riconoscere il valore del dono prezioso che abbia-mo. E di tutto il corpo, poiché anche il cervello, la mentedipende dalla funzione degli altri organi.Così è oggi di gran pregio l'ecologia, la necessità e la ricer-ca di dare al corpo solo sostanze il più possibile naturali,senza additivi o con almeno il meno possibile di additivi.Responsabilità della società, certo. Ma anche il singolo devepensare a non danneggiarsi da solo con l'alcol, col tabac-co, con le sostanze tossiche, col doping. E così rovinarsilo sviluppo normale, esponendosi a distruzione fisiologicae psichica. È importante, poi, proprio in considerazione delmale del secolo scorso, il rispetto del corpo altrui. Oggi, lasocietà nel suo complesso dovrebbe insegnare il valore delcorpo umano. Per ciò che riguarda me come scrittore, hocercato di sottolinearlo sempre, quando mi si è presenta-ta l'occasione: negli incontri, nei racconti, così nella «Villasul lago», nella «Primavera difficile», nel «Petalo giallo».Se uno mi chiedesse a bruciapelo quale verità proporreicome prima in classifica, io non esiterei a dire la verità stes-sa, la verità come principio, anche se molte volte è diffici-le saperla, come è difficilissimo dirla, confessarla, soprat-tutto cominciando da se stessi: la propria verità, le proprienon verità o mancanze di verità. Qui vorrei dire della veritàdei campi di concentramento nazisti come Dachau,Buchenwald, Dora Mittelbau, Mauthausen, Natzweiler-Struthof, Bergen-Belsen e un arcipelago di campi dipen-denti. Campi di annientamento per lavoro, fame, malattiee impiccagioni. Campi di cui si parla poco, ma furono lamaggioranza, insieme alle loro numerosissime dependance.Campi dimenticati, perché sopraffatti dall'Olocausto. La fede religiosa? Credo non sia necessaria per una normadi vita o per un'etica in una società organizzata sul princi-pio di giustizia e di solidarietà. La religione cristiana cat-tolica segue quella romana: “regere imperio populos, par-cere subiectis et debellare superbos”. Come le ideologieal governo, cioè le dittature, che si formano i propri segua-ci già nel tempo delle elementari, così la Chiesa alleva ipropri adepti cominciando col battesimo e quello che segue.Chi non sta alle regole, lo mandi via o lo elimini come la

Lo scrittore sloveno, che ha compiuto cent’anni, traccia un bilancio della sua vita IL MESSAGGIO

Pahor, cinque preghiere ai giovani «Difendete la vostra identità, scegliete grandi figure morali, proteggete il corpo, seguite la verità,

credete nella natura»

SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 1

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SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 2

Chiesa faceva nel Medioevo. La migliore scelta sarebbeSpinoza: «Deus sive Natura», tutto l'universo è divino, quin-di panteismo, religiosità cosmica (Einstein). Tutti siamo pic-coli dei, nell'arte, nella scienza, nella tecnica, purtroppospesso agiamo peggio degli animali, che non si scanna-no con guerre totali, con mezzi fatti apposta per scannar-si.

Boris Pahor(Corriere della Sera, 24. 8. 2013)

LA CONVERSAZIONE

«Traditore in amore, mai nelle mie idee»

L’autore rievoca le persecuzioni fasciste,ma confessa anche errori e rimorsi

«Sì, sono arrivato a cent'anni, ma, per favore, non fatemiil monumento. La verità è che parlano bene di me in miapresenza, mi celebrano perfino; non giurerei sulla since-rità di tutti i pubblici estimatori. Non vedo l'ora che i festeg-giamenti finiscano, mi rubano il tempo», attacca il grandevecchio, più in forma che mai. Lunedì 26 agosto sarà il com-pleanno di Boris Pahor, classe 1913. Triestino. Sloveno perlingua e cultura. Fiero della sua identità. Autore scomodo,uomo indomito, sopravvissuto alle atrocità dei lager nazi-sti. Antifascista, anticomunista, anticonformista. Una vitada romanzo, la sua, raccontata in numerosi libri. Il più notoè «Necropoli», ambientato nel campo di concentramentodi Natzweiler-Struthof, in Alsazia. Non l'unico lager dellasua prigionia. Il primo fu Dachau.L'Italia ha scoperto tardi le opere (i primi a tradurle furonoi francesi) e con esse il personaggio. Riconoscimento tar-divo, ma fruttuoso. La pubblicazione dei suoi libri in italia-no («lingua che ho pure insegnato, scrivo in sloveno perprincipio») avviene ormai con cadenze regolari. A ottobre,per Bompiani uscirà l'autobiografia: «Così ho vissuto. Ilsecolo di Boris Pahor».Incontriamo lo scrittore a Trieste, alla vigilia del traguardocentenario. «Sto bene, anche se il cuore va tenuto sottocontrollo – dice –. Ho trascorso un paio di mesi in una loca-lità termale slovena. Mi sono rilassato, ho preso mezzo chilodi peso. Meglio così». Pahor è magro, agile, cammina spe-dito. Per le vie della città, diretti verso il luogo che gli è piùcaro nel dolore dei ricordi, non perde un passo. Il fotografosi offre di portargli la cartella e lui, quasi, si sorprende. Siamodavanti all'imponente edificio che fu la sede del «NarodniDom», la «casa» degli sloveni. Prima tappa della Via Crucisdi Pahor. «La prima violenza subita». Nel luglio del 1920,l'importante Centro di Cultura sloveno fu incendiato daifascisti. «Vero battesimo dello squadrismo organizzato»,nelle parole dello storico Renzo De Felice.Un atto di sopraffazione, assurto a simbolo del genocidioculturale di un popolo. «Ero bambino quando, improvvi-samente fummo costretti a diventare italiani», afferma Pahorguardando il palazzo, oggi sede di una scuola di lingue.«La giovinezza distrutta dal fascismo. Peggiore della sof-ferenza che mi è stata inferta nei campi nazisti», riflette. Ilgrande vecchio ne ha patite tante, ma questo è il fatto chegli è rimasto dentro, indelebile. Non sopporta che vengasottaciuto o, peggio, rimosso. Se si parla o scrive di lui, ladistruzione forzata dell'identità impostagli dalle squadrac-ce di Benito Mussolini deve emergere, chiara. Non com-pariva nella «motivazione di merito» quando, nel 2009, l'al-

lora sindaco di Trieste Roberto Dipiazza avrebbe voluto con-ferirgli il Sigillo, massima onorificenza cittadina. Dunque,non se ne fece nulla. «Il mio non fu un gran rifiuto, ma unacondizione imposta», sottolinea Pahor. Il Sigillo, l'ha avutoora per i suoi cent'anni, dal nuovo sindaco Roberto Cosolini.Al quale, tuttavia, si è rivolto con una lettera aperta, met-tendo i puntini sulle i: «Onorato e contento, la concessio-ne di meritorietà che mi riguarda di fatto va alla mia lingua,alle mie opere che, tradotte, sono alla base del nuovo rap-porto tra le due principali componenti linguistiche e umaneconviventi in questa città. Unica in passato, era giàun'Europa unita in miniatura. Ciò che spero col tempo diven-terà». Afferma, Pahor: «L'aver combattuto per l'onore deglisloveni, denigrati in ogni modo, è l'eredità pubblica che mipreme lasciare. A lungo ci hanno chiamato “schiavi”, con-siderandoci cimici da schiacciare. Finalmente, siamouguali agli altri, il mio popolo ha il posto che merita».Con Pahor, non è facile far virare il discorso verso la dimen-sione privata. Ma qui conviene raccontare la storia di unuomo che ha avuto amori intensi (il primo è per Arlette, l'in-fermiera francese incontrata dopo il lager, durante il perio-do passato in sanatorio per curare la tubercolosi), ante-ponendo tuttavia il bene assoluto della libertà, pagata a caroprezzo. Al punto che, nel 1952, andando a nozze con RadaPremrl («assomigliava a Ingrid Bergman»), pur convinto dellegame, Pahor chiarì subito alla sposa di non credere nel-l'amore eterno. «Sono stato infedele, in 58 anni di matri-monio – rammenta –. Lei, pur intuendolo, non me lo ha maifatto pesare. Mi accoglieva sempre a braccia aperte,seguendo una massima di Colette: meglio infelice con teche senza di te. Ho voluto bene a Rada, mancata nel 2009,ma avrei potuto essere un marito migliore». Nonno affet-tuoso di due nipoti, si critica come padre. «Non sono statoun modello. Forse mi è mancato il senso di paternità. I duefigli da me non hanno avuto coccole. Li ho trascurati perdedicarmi a me stesso e alla scrittura. Penso, però, chemi abbiano perdonato. Oggi sono fieri del mio successoletterario».Affetti familiari complessi, rapporti difficili. Veri. La verità alpari della libertà è un principio cardine per Pahor. La reli-gione? Risponde: «Sono religioso, non credente. La miaè una religiosità cosmica. Sto dalla parte di Spinoza. Noncredo nell'aldilà, è un'invenzione per illudersi di andare oltrela vita, poiché l'idea della fine sembra un'assurdità». Hapaura della morte? «No, non ho paura della morte in sé.In molti casi, il trapasso avviene senza traumi. Non c'è nep-pure il tempo di rendersene conto. Ciò che mi sgomentaè il nulla che segue alla morte. La paura di diventare, all'im-provviso, niente. Oggi sono una persona che ha vissutomolte esperienze drammatiche, un essere che pensa, provaemozioni. E tanto altro ancora. Domani sarò il niente».Lo scrittore, che si definisce «socialdemocratico di stam-po scandinavo», vede un orizzonte incerto per l'Italia, il suoPaese, comunque. «Manca una vera destra europea, lasinistra è confusa, Berlusconi ha rovinato il centro. Mi stu-pisce come molti italiani credano sommamente nel dena-ro e nella furbizia», taglia corto. Siamo al congedo. Questavolta non andrà in autobus per raggiungere le colline diProsecco, frazione di Trieste, dove abita. Lo accompagnaun tassista: a casa troverà la crema di verdura che unasignora gli prepara, abbondante, così da durare più gior-ni. «La metto nei vasetti e la surgelo», spiega. E domani?«Alle 9 sarò al mio tavolo, a battere sui tasti della RemingtonDeluxe. Ho ancora molto da scrivere».

Marisa Fumagalli(Corriere della Sera, 24. 8. 2013)

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SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 3

L’IMPEGNO

Sempre attento alla Benecia

Pahor e le vicende storiche che hanno segnatogli sloveni in provincia di Udine

Quello che Boris Pahor ha attraversato con il proprio passosicuro – come riesce a fare ancora oggi, a cento anni –non è stato un secolo qualsiasi. Anche chi ha già i capel-li bianchi e molte cose da raccontare ai propri nipoti avràdifficoltà a immaginare una vita vissuta in una maniera cosìviva e intensa, e così segnata da avvenimenti che ricor-rono nei libri di storia che spesso le nostre scuole beata-mente ignorano, e che quindi quasi nessun giovane cono-sce. Oggi, per i suoi cento anni, l’attenzione su Pahor è aimassimi livelli. È giusto che sia così, e meglio tardi che mai.Ciò che colpisce, almeno noi che viviamo in questo lembodi terra dove la comunità slovena è stata riconosciuta soloin tempi relativamente recenti, è l’attenzione che a sua voltaPahor dedica agli sloveni della Benecia. Domenica scorsa, infatti, in un lungo intervento pubblica-to dall’inserto culturale de Il «Sole24ore», Pahor rivela diaver ricevuto il libro di poesie di Claudio Trusgnach «Jazaries, puobi@, takuo je bluo an dan / Sì, davvero bambi-no, così era un tempo» pubblicato lo scorso mesedall’Unione emigranti sloveni. Pur ammettendo che «quan-do qualcuno mi manda una sua raccolta di versi non socome confessare che nonostante la mia buona volontà nonce la faccio a comprendere il nesso tra le belle espressionie le ricercate forme verbali», lo scrittore si sofferma nonsolo sulle poesie di Trusgnach, emigrante figlio di minato-ri trasferitisi dalle Valli del Natisone in Belgio, ma sulle durevicende storiche che hanno segnato la Benecia e la suaricerca di identità e di orgoglio. Pahor ricorda come lo stes-so Mussolini, giunto nelle nostre vallate nel 1916, copiò daun altarino sul suo diario una scritta in sloveno. Una sortadi riconoscimento poi abiurato dalla politica nazionalista delfascismo che fece di tutto, non solo tra le due guerre, percancellare dalla faccia della terra la comunità slovena inItalia.Tra le soddisfazioni del professor Pahor, oggi che compieun secolo di vita, forse c’è, oltre alla seppur tardiva presad’atto, almeno in Italia, della sua statura intellettuale e discrittore, forse anche quella di aver sempre avuto un occhiodi riguardo per la parte più debole della minoranza slove-na, quella che vive nella provincia di Udine, ricordandonei patimenti e le umiliazioni, ma anche le cose positive comela creazione della scuola bilingue di S. Pietro, quelle coseche hanno permesso a questa comunità di resistere, nono-stante tutto.Quindi, ai tanti auguri e ringraziamenti a Boris Pahor,aggiungiamo i nostri auguri ed il nostro ringraziamento peraver avuto sempre disponibile una parola che ricordi lanostra storia ed il nostro presente.

M. O.(Novi Matajur, 28. 8. 2013)

L’OPINIONE

Cento anni vissuti per affermare

i diritti dell’uomo

Un vita segnata dall’incendio del Narodni dom

In questi giorni, tra le tante date che potevano rappresen-tare per me un certo interesse ce ne sono state due: il 23agosto, con la Giornata europea del ricordo delle vittimedei regimi totalitari, ed il 26 appena trascorso, giorno in cuilo scrittore sloveno Boris Pahor ha raggiunto il traguardodei 100 anni. Sopravvissuto per un secolo per testimonia-re una tragedia nostrana che scoppiò con l’incendio del«Narodni dom» di Trieste da parte delle squadracce fasci-ste il 13 luglio del 1920. Un incendio le cui fiamme, nono-stante tutte le più recenti dichiarazioni di buona volontà edi pacificazione, sono nutrite da focolai che nessunCanadair CL-415 sarebbe in grado di spegnere, perchécovano nelle menti e negli animi di troppi intolleranti xenofo-bi irriducibili.Che il Parlamento europeo abbia avvertito il bisogno di dedi-care il 23 agosto di ogni anno al ricordo delle vittime deiregimi totalitari, indica quanto facilmente l’oblio, la coper-tura colpevole della verità dei fatti storici, la loro mistifica-zione si mantengano vivi come brace sotto la cenere sem-pre pronta a tramutarsi in fiamma ad ogni soffio di ventofavorevole.Quanto tempo fa, Boris Pahor, ha iniziato a scrivere le suememorie, le sue riflessioni, le sue accuse nei confronti diregimi totalitari e delle loro vittime? Perché l’ha fatto? Fapena pensare che le sua fama e la sua visibilità sia esplo-sa non a casa propria, neppure nell’ambito dello Stato cuiera stato costretto di appartenere, ma in Francia. Là il con-tenuto dei suoi scritti non faceva paura ma destava un par-ticolare interesse rievocativo e di antidoto all’oblio; là nonc’era ragione di coltivare animosità ed avversione verso unacomunità alloglotta come quella Slovena ai margini diun’Italia incapace di metabolizzare i propri errori e criministorici. Qui, sì. Infatti, quanti anni ci ha impiegato laRepubblica italiana per riconoscere i diritti costituzionali dellacomunità slovena all’interno dei suoi confini?A leggere Pahor si trovano contenuti che richiamano leresponsabilità di regimi condannati dalla storia, ma nellostesso tempo danno il senso e mostrano le ragioni per-verse del comportamento discriminatorio e snazionalizzanteche ha caratterizzato lo stato e le sue istituzioni nei con-fronti della minoranza nazionale slovena, secondo me trop-po acquiescente e timorosa. Pahor rievocava fatti scomo-di per una nazione che, quasi a giustificarsi, esasperavala portata politica delle foibe per coprire d’oblio i dimenti-cati – nascosti all’opinione pubblica – «campi del Duce»,i lager italiani; nazione che enfatizzava, distorcendo la veritàdei fatti storici, i «criminali sloveni» colpevoli per aver cer-cato di difendersi dal ferro e dal fuoco fascista.Purtroppo la giornata europea citata, circoscrive le suemotivazioni al ricordo dei crimini nazisti e staliniani, tra-scurando accenni a ben altri totalitarismi, non meno effe-rati, come è stato il fascismo e la sua mai defunta ideolo-gia. Forse per questo, ben pochi ne hanno celebrato la ricor-renza.Pahor si è conquistato un posto di prim’ordine, non solonella letteratura, ma nell’affermazione dei diritti umani, per

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SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 4

la sua difesa ad oltranza, appassionata e vitale dell’iden-tità etno-linguistica cui ha diritto ogni essere umano. Quellasua difesa ad oltranza della propria identità slovena a moltipotrebbe appare fuori luogo, eccessiva, nevrotica.Eppure le migliaia di studenti e di gente comune che l’han-no ascoltato nelle scuole, nei convegni, negli incontri, nellepresentazioni dei suoi libri, hanno colto il senso disperatodel bambino che si vede negata l’identità, l’appartenenzaalla propria famiglia e al proprio gruppo sociale ed etno-linguistico, e che deve rimodellare la sua esistenza costret-to dalla forza bruta simbolizzata nel fascio littorio. DicevaPahor: «Per me è stato di essenziale importanza raccon-tare ciò che il fascismo ha fatto di noi (sloveni), ma ne con-segue, per me, il superamento nel dialogo e nell’amicizia.La crudeltà fascista mi ha distrutto la giovinezza ed il miopercorso formativo, che io ho dovuto ricostruire con le mieforze… Mi sono salvato scrivendo… ma non ho scritto solodella mia vita; ho scritto del nostro passato ed ho la sod-disfazione che tutto ciò rimanga scritto e pubblicato».

Riccardo Ruttar(Dom, 31. 8. 2013)

ITALIA

Gli auguri del presidente Napolitano

In una lettera il presidente ringrazia Pahor per la lungabattaglia contro tutti i totalitarismi del secolo scorso

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si è con-gratulato con lo scrittore sloveno di Trieste, Boris Pahor,per i suoi cento anni con una lettera di auguri, nella qualeegli dice di volersi unire simbolicamente ai numerosi festeg-giamenti organizzati per festeggiare l’importante giubileo.Nella lettera Napolitano ringrazia Pahor per le sue opereletterarie e per la sua lunga e concreta battaglia contro tuttii totalitarismi del secolo scorso. Napolitano sottolinea, inol-tre, come i riconoscimenti che sta ricevendo Pahor inSlovenia e a Trieste, dimostrino in modo concreto quantosiano vivi i rapporti di amicizia tra l’Italia e la Slovenia eavvalorano l’impegno profuso da Pahor nella ricerca dellaverità e dei valori di giustizia e libertà.

(Primorski dnevnik, 27. 8. 2013)

REGIONE

Gli auguri della presidente Serracchiani

Il centesimo compleanno di Boris Pahor è una festa pertutto il Friuli Venezia Giulia. Siamo orgogliosi – posso dirloa nome dell’intera comunità regionale – di avere tra noi unuomo che ha attraversato un intero secolo della nostra sto-ria e che ha saputo mantenere integra la sua dignità neimomenti peggiori, vittima di infime e atroci ideologie.Siamo orgogliosi di avere tra noi Boris Pahor, sloveno diTrieste, nome noto alla letteratura europea: le sue opere,che testimoniano la nostra identità, sono tradotte e lette intutto il mondo. Boris Pahor è a noi caro, con il suo opera-to ci ricorda ogni giorno quanto sia preziosa la vita, allaquale l’arte rende onore. Gli auguriamo di cuore di restaeancora a lungo in mezzo a noi.

(Primorski dnevnik-Primorske novice, 25. 8. 2013)

LA SLOVENIA

Lubiana gli dedicherà una piazza

Presentata la monografia di Tatjana Rojc«Così ho vissuto. Il secolo di Boris Pahor»

A Lubiana la piazza che affianca la libreria «Konzorcij» saràdedicata a Boris Pahor. Lo ha detto il presidente del con-siglio di amministrazione della casa editrice «Mladinska knji-ga», Peter Tomœi@, in apertura della presentazione dellamonografia «Così ho vissuto. Il secolo di Boris Pahor» scrit-ta da Tatjana Rojc, che ha avuto luogo il 26 agosto scor-so, giorno del 100° compleanno di Boris Pahor nella stes-sa libreria «Konzorcij» della capitale slovena.Questa è stata la prima presentazione ufficiale della mono-grafia, di oltre 350 pagine, che è stata pubblicata dall’edi-trice «Cankarjeva zalo¡ba». Come ha ricordato il redatto-re Zdravko Duœa, accanto alla monografia è stato stam-pato anche un facsimile della raccolta «Edvard Kocbek,testimone del nostro tempo», che nel 1975 fu redatto daPahor insieme ad Alojz Rebula. Si tratta di un’opera dellaquale si parla molto, ma che pochi conoscono veramen-te, dal momento che ormai è datata.Tatjana Rojc ha detto di aver cercato di presentare nellamonografia anche la Trieste di Pahor e il secolo da lui attra-versato. Da qui un ampio capitolo su Trieste e sulla suacomunità slovena, poco conosciuta dall’opinione pubblica.Oltre a ripercorrere la vita e le opere di Pahor, nella mono-grafia, corredata da una ricca documentazione fotografi-ca, Rojc cita anche la storia di eroi e martiri nazionali slo-veni, quali Ferdo Bidovec e Pino Tomœi@, che fanno partedi quella schiera di umiliati e offesi ai quali Pahor ha dedi-cato le sue opere. Auspicando di essere riuscita a descri-vere anche l’animo dissidente e rivoltoso di Pahor, Rojc haconcluso affermando che il libro vuol essere il suo omag-gio personale a Pahor, che nonostante le sofferenze pati-te è riuscito a mantenere vivi il suo ottimismo e l’amore perla verità.Soddisfatto della monografia, Pahor ha detto che il giova-ne popolo sloveno sa poco o niente di Trieste, del suo ruolopassato, dell’antifascismo del Litorale sloveno, della situa-zione odierna ed ha ribadito lo stesso concetto più tardi,quando è stato ricevuto dal presidente sloveno Borut Pahor(che nel suo intervento ha sottolineato la perseveranza el’onesta intelettuale dello scrittore) e da altri rappresentantidel governo sloveno. Pahor, che in mattinata era stato ricevuto dal sindaco diLubiana, Zoran Jankovi@, ha aggiunto che forse inSlovenia si sa poco del cambiamento di Trieste, una svol-ta in positivo testimoniata dalla recente consegna da partedel comune della cittadinanza benemerita a Boris Pahore dalle parole di Claudio Magris, il quale ha detto che senzasloveni la città sarebbe più povera.Il centesimo compleanno di Pahor è proseguito con il rice-vimento al palazzo presidenziale e si è concluso all’Opera,dove è stata aperta una mostra sulla sua vita e le sue opere.Prima ancora si era tenuta una cerimonia incentrata sul dia-logo di tre studenti con lo scrittore, al quale è stato ancheconsegnato il premio «Cittadino d’Europa», conferitogli dalParlamento europeo e caldeggiato da tutti i parlamentarieuropei sloveni.

P. D.(Primorski dnevnik, 27. 8. 2013)

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SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 5

TRIESTE-TRST

Un orgoglio per la minoranza slovena

La festa di compleanno al Kulturni dom

Tutto esaurito al Kulturni dom di Trieste per la cerimoniadal titolo «Vse najboljœe Boris Pahor» (Tanti auguri BorisPahor, ndt.) organizzata dal Comune e Provincia di Trieste,insieme a Sso e Skgz e al Teatro stabile sloveno, per festeg-giare i 100 anni dello scrittore sloveno e che è stata segui-ta anche all’esterno dell’edificio sul maxischermo installa-to per l’occasione. La serata, che si è conclusa con il cantodell’inno sloveno «Zdravljica», cantato da 50 coristi diret-ti da Rado Mili@, è stata l’omaggio da parte di Trieste e dellacomunità slovena in Italia allo scrittore e poeta, che è diven-tato il simbolo e l’emblema dell’uomo del Litorale, antifa-scista e democratico. Un profilo, questo, sottolineato nelsuo intervento introduttivo dalla presidente del consiglio diamministrazione del Teatro stabile sloveno di Trieste, MajaLapornik. Alla serata, che ha visto la partecipazione dinumerosi esponenti politici di Italia e Slovenia, hanno presoparte anche la premier slovena Alenka Bratuœek e il mini-stro per gli sloveni d’oltre confine e nel mondo, Tina Komel.Il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, ha sottolineato anco-ra una volta quanto l’intera comunità di Trieste sia onora-ta di avere come concittadino Boris Pahor, per le sue opereletterarie, la sua integrità morale e il suo ruolo di testimo-ne instancabile.Il presidente dell’Unione culturale economica slovena-Skgz,Rudi Pavœi@, ha evidenziato tre costanti che hanno con-traddistinto la vita di Pahor: l’amore verso il popolo slove-no, la contrarietà assoluta a qualsiasi dittatura e la lotta indifesa della dignità dell’uomo. «Nonostante le divisioni ide-lologiche che in passato hanno condizionato il rapporto traSkgz e Pahor – ha detto Pavœi@ – oggi possiamo lavora-re insieme per il bene e per il futuro della comunità slove-na in Italia. L’operato di Pahor ci esorta ad ottemperare inostri doveri verso la comunità slovena, indipendentementedalle diverse posizioni ideologiche». Il presidente della Confederazione delle organizzazioni slo-vene-Sso, Drago Œtoka, ha detto che l’intera comunità slo-vena dovrebbe essere orgogliosa dell’operato di Pahor, cherappresenta un modello da seguire per superare qualsia-si intolleranza e avversità ideologica e per cercare la pacee la lbertà ideologica. Ha letto, quindi, dal libro che Pahorha dedicato alla compiante moglie Rada Premrl il paragrafonel quale il poeta decrive le sue camminate sui monti slo-veni e il suo rapporto con la natura, e gli ha augurato divivere ancora a lungo in armonia «con il creato e la natu-ra».La presidente della Provincia di Trieste, Maria BassaProropat, ha detto di essere un’assidua lettrice delle operedi Pahor e ha detto che considera lo scrittore simbolo del-l’essere triestino e non solo dell’anima slovena della città.Già nel 2010 l’amministrazione provinciale aveva conse-gnato a Pahor la targa onoraria, segno di apprezzamentoe rispetto non solo per il suo operato letterario, ma ancheper la sua pronta condanna verso ogni forma di lesione deidiritti dell’uomo.La premier slovena Alenka Bratuœek ha detto che Pahorha dimostrato la fierezza di essere sloveno e la schietez-za. Ha appoggiato apertamente l’impegno di Pahor affin-ché sia tutelata la memoria delle vittime dei campi di con-

centramento fascista e in difesa del campo di Visco. A que-sto proposito ha detto che ne parlerà con il premier italia-no Enrico Letta nel corso dell’imminente incontro a Bled.Il Teatro stabile sloveno e gli altri organizzatori hanno volu-to festeggiare Pahor con un intenso pogramma culturale:una rappresentazione nella quale le parole e le immaginidello scrittore si intrecciano con i versi, i compositori e i luo-ghi a lui cari, sotto la regia di Neda Rusjan Bric; il video didieci minuti di Polona Zupan sulla vita di Pahor, dall’infanziaalle atrocità del fascismo, dall’abbandono del seminarioall’incontro con la morte nei campi di concentramento. Epoi Parigi, il luogo della rinascita dello scrittore, dov’egli sisente cittadino del mondo e non avverte la mancanza diTrieste. Poi la sua attività letteraria: scrive senza pensareall’importanza che un domani assumeranno le sue opere,scrive per testimoniare e commentare il passato. Oggi èsoddisfatto, perché le sue opere conferiscono lustro allaletteratura slovena di Trieste.«Credo che, nonostante tutto il male patito, sia valsa la penavivere la mia vita, perché ne ho assaporato la bellezza, hoamato e sono stato amato», ha detto Pahor nel video.È seguita l’esibizione sul palco degli attori dello Stabile slo-veno, Maja Blagovi@, Danijel Malalan e Nika PetruœkaPanizon nonché della cantante Martina Feri, della pianistaPaola Chiabudini e del fisarmonicista Aleksander Ipavec,che hanno rievocato, in forma recitata e musicata, alcuniparagrafi delle opere di Pahor e versi di raccolte poetichedi autori a lui cari, quali Sre@ko Kosovel, Umberto Saba eMiroslav Koœuta. È intervenuto, quindi, il festeggiato Boris Pahor in un dia-logo con Tatjana Rojc, autrice della monografia «Così hovissuto. Il secolo di Boris Pahor», che si è poi trasforma-to in un monologo bilingue, nel quale Pahor ha sottolineato,tra l’altro, la necessità di ribellarsi alla mancanza di eticae a quella globalizzazione, che ignora i piccoli popoli e lepeculiarità locali. Ha evidenziato, inoltre, la necessità di tute-lare i campi di concentramento fascista e di rispettare quan-ti sono morti per la democrazia, l’identità e la lingua.In chiusura il canto augurale sloveno «Kolikor kapljic, tolkolet» e la torta. Prima di tagliarla Pahor ha dedicato la sera-ta agli umiliati e offesi, ai quali ha dedicato tutta la sua atti-vità letteraria e politica. Tra i numerosi omaggi a Boris Pahor, che si sono susse-guiti in questi giorni, ricordiamo gli auguri dell’ambascia-tore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@, il quale ha detto chePahor incarna la memoria viva delle vittime della Secondaguerra mondiale e della negazione della libertà.Ricordiamo, inoltre, la serata in piazza Verdi a Trieste e idue francobolli che lo ritraggono e che sono il frutto di unlavoro di équipe tra vari operatori culturali sloveni di Trieste.

Poljanka Dolhar(Primorski dnevnik, 31. 8. 2013)

TRIESTE – TRST

Conferita la cittadinanza benemerita

a Boris Pahor

Il felice epilogo di una vicenda iniziata nel 2009

«Per gli alti meriti letterari, riconosciuti a livello internazio-nale, testimonianza di un sempre lucido desiderio di verità,indipendente da ideologie e convenienze politiche, e per

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essere vivente dimostrazione di come, pur nella diversità,si possa essere parte attiva di una stessa comunità».Questa la motivazione con la quale venerdì 23 agosto ilsindaco di Trieste, Roberto Cosolini, ha consegnato «anome di tutta la città» allo scrittore sloveno di Trieste, BorisPahor, la cittadinanza benemerita. Il testo della beneme-renza, impresso in italiano e sloveno su due pergameneè stato letto da Cosolini e da un’interprete. La consegnaè stata accolta dai numerosi presenti (esponenti del con-siglio comunale, del mondo politico, religioso e militare,amici dello scrittore e lettori, con una standing ovation. Trai presenti anche il rappresentante del governo sloveno esegretario al ministero alla Cultura, Aleœ #[email protected] cerimonia di consegna (svoltasi casualmente nella gior-nata europea delle vittime di tutti i totalitarismi) ha rap-presentato il miglior epilogo ad una vicenda iniziata nel2009, quando l’allora sindaco Di Piazza espresse il desi-derio di conferire la cittadinanza benemerita allo scrittoresloveno di Trieste, che lo scorso 26 agosto ha compiuto100 anni. Allora non ci fu alcun conferimento perché Pahordisse che non l’avrebbe accettato se nella motivazione nonsi fosse fatto riferimento al fascismo. Seguì l’opposizioneda parte di alcuni esponenti comunali di centrodestra.Nel suo intervento Cosolini non si è soffermato sulla vitae le opere di Pahor («che tutti ben conosciamo», ha detto),ma ha evidenziato alcune motivazioni a fondamento dellacittadinanza benemerita assegnata dal Comune allo scrit-tore sloveno, in primo luogo perché si tratta di uno dei piùimportanti interpreti della letteratura del 20° secolo, dellecui peggiori tragedie parla nelle sue opere, soprattutto difascismo e nazismo. Cosolini ha rievocato, quindi, aluniricordi, dai quali emerge la vitalità e la perseveranza diPahor ed ha aggiunto: «Che la cittadinanza benemerita con-ferita dal Comune sia soprattutto espressione di rispetto edi gratitudine di tutta la comunità di Trieste verso uno dei“grandi vecchi” che la storia ci ha offerto e di cui abbiamogrande bisogno».Qualche giorno prima del suo centesimo compleanno,Pahor era intevenuto nel suo stile deciso, sincero e diret-to. Aveva ringraziato il sindaco e la città per la cittadinan-za benemerita anche a nome della comunità slovena, cheè vissuta con quella italiana in un clima di amicizia ed armo-nia, finché forze ostili non le hanno divise. Ha rivolto unringraziamento a tanti ed ha citato solo alcuni. In primoluogo il vescovo di Trieste, Pietro Bonomo, che nel 16°secolo influì in modo determinante su Primo¡ Trubar, padredella lingua letteraria slovena; poi Luigi Fogar per il suorispetto verso la lingua slovena, che gli valse la mancatanomina a vescovo e che, ha aggiunto Pahor «per tutta lavita è stato per me un esempio». Ha rivolto un grazie alloscrittore Scipio Slataper per aver scritto nelle riviste italia-ne articoli sugli sloveni, alla vedova di Rado Premrl «senzala quale non avrei publicato per 24 anni la rivista Zaliv»,all’amico Evgen Bav@ar e al giornalista AlessandroMezzena Lona, il quale ha conferito un respiro europeo allasezione culturale del quotidiano italiano di Trieste «IlPiccolo» ed ha influito sull’editrice di Roma «Fazi» che nel2008 pubblicò la ristampa di «Necropoli». «Se hanno ven-duto 150 mila copie il merito va anche a lui».In chiusura Pahor ha auspicato che il nome di Cosolini restiimpresso nella storia come il sindaco che ha saputo con-ferire alla lingua slovena quella considerazione, della qualegode già sia in Regione che in Provincia di Trieste. Ha chie-sto, poi, al sindaco di sostenere il suo impegno profuso affin-ché si onori la memoria delle vittime dei campi di concen-tramento fascista, in primo luogo di Visco e di Rab. Cosolini

gli ha garantito il suo appoggio.È stata una giornata in cui molti triestini saranno stati orgo-gliosi di avere un sindaco come Cosolini e un nuovo cit-tadino benemerito, Boris Pahor.

Poljanka Dolhar(Primorski dnevnik, 24. 8. 2013)

IL COMMENTO

Ha aperto una finestra sul mondo sloveno

Al suo mosaico centenario Boris Pahor ha aggiunto unnuovo, prezioso tassello. Ai numerosi riconoscimenti rice-vuti finora si è aggiuta, infatti, la cittadinanza benemeritaconferitagli dal Comune di Trieste. La città nella quale ènato ed ha vissuto la maggior parte della sua vita, sebbe-ne il suo rapporto con il capoluogo giuliano non sia statosempre roseo. Ci sono stati dissapori, incomprensioni,disprezzo. Pahor ha spesso rivolto aspre critiche alla città,ma nonostante tutto le è rimasto fedele per cent’anni e coni suoi romanzi le ha regalato un monumento indistruttibi-le. La letteratura, infatti, è più dura della pietra e del rame.Per la prima volta il Comune di Trieste ha conferito ad unosloveno il più prestigioso riconoscimento, che possa maiessere attribuito ad un cittadino di Trieste. Soprattutto loha ringraziato per la sincerità che lo contraddistingue, peressere stato testimone di vita e uomo libero. E perché ciha dimostrato «che possiamo essere anche nella diversitàparte integrante della stessa comunità», come ha scritto,in italiano ed in sloveno, il sindaco di Trieste, Cosolini. Nelladiversità che è, per esempio, nazionale o ideologica, e acausa della quale possiamo avere opinioni diverse, ma cheoggi non dovrebbe rappresentare un elemento di divisio-ne.Oltre a ciò, noi sloveni in Italia siamo riconoscenti a Pahoranche per aver richiamato l’attenzione del mondo sullanostra esistenza; soprattutto di quel mondo italiano che èparte integrante della nostra quotidianità, ma che per trop-po tempo ci ha ignorato. Già da anni a milioni di spettato-ri (il suo intevento alla trasmissione televisiva «Che tempoche fa» è stato visto da quasi quattro milioni di spettatori)racconta instancabilmente la sua vita, che è anche quelladella nostra comunità slovena. Grazie professore per averaperto una finestra sul nostro mondo e per essere rima-sto fedele a sé stesso e alle sue radici.

Poljanka Dolhar(Primorski dnevnik, 24. 8. 2013)

IL MONDO

«Felicidades, zorionak, @estitam!»

Gli auguri della stampa internazionale

Quasi due pagine nel «Corriere della sera», la prima pagi-na dell’inserto domenicale del quotidiano di economia «IlSole 24 ore», due pagine nell’edizione di domenica del«Piccolo» e numerosi articoli e contributi su internet. Tuttidedicati a Boris Pahor per i suoi cento anni.Il Corriere accanto all’articolo di una grande amica di Pahor,Marisa Fumagalli («Traditore in amore, mai nelle mie idee»)ha pubblicato l’articolo esclusivo dedicato allo scrittore

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«Pahor, cinque preghiere ai giovani che verranno» e nelsottotitolo hanno riassunto così le sue richieste: «Difendetela vostra identità, scegliete grandi figure morali, protegge-te il corpo, seguite la verità, credete nella natura».«Domani compiamo cent’anni», titola la pagina del «Sole24 ore», nella quale si parla della gente costretta ad emi-grare dalle valli del Natisone e destinata al lavoro in minie-ra all’estero e di tutte le sofferenze patite dagli sloveni nellevalli del Natisone fin dall’annessione della Slavia friulanaall’Italia nel 1866. Nell’inserto culturale il «Sole 24 ore» hapubblicato anche un paragrafo sul Radoslava, figlia dell’eroenazionale Janko Premrl-Vojko, e Cristina Battocletti ha scrit-to un articolo su Pahor «figlio del secolo breve».«Boris Pahor, cento anni con gli occhi sul futuro» titola l’ar-ticolo di Elvio Guagnini pubblicato ne «Il Piccolo», quoti-diano di Trieste, nel quale Alessandro Mezzena Lona sot-tolinea come Pahor in America latina abbia raggiunto unanotorietà pari a quella che ha in Europa. Lo scrittore diTrieste Claudio Magris ha scritto, invece, che «gli italiania Trieste sarebbero mutilati senza sloveni».Numerosi anche i contributi su Boris Pahor presenti sul web.Nel sito tedesco «Die Welt», Paul Jandl afferma che «Pahornon parla di fortuna». Il sito internet Osservatorio per l’a-rea Balcanica e il Caucaso, definisce Boris Pahor «eroenazionale sloveno». Lo svizzero «Corriere del Ticino» siinchina allo scrittore e uomo non incline a compromessi.Sul sito del portale giornalistico italiano «Articolo 21» il pre-sidente del sindacato dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia,Carlo Muscatello, ha scritto che Boris Pahor ha ottenutouna «bella e commovente rivincita».Il portale basco «Kaos en de la red» titola «El centenarioBoris Pahor, superviviente, resistente y gran escritor eslo-veno» l’articolo che riporta ampie citazioni tratte dalle operedi Pahor e chiude con l’augurio trilingue in spagnolo-bascoe sloveno «Felicidades, zorionak, @estitam Boris Pahor!».

M. K.(Primorski dnevnik, 27. 8. 2013)

ITALIA-SLOVENIA

A Bled incontro tra i premier Letta e Bratuœek

«L’Italia tuteli l’ex campo fascista di Visco»Nessuna decisione sul rigassifocatore progettatonel golfo di Trieste

Nessuna decisione sul rigassificatore di Trieste e l’auspi-cio espresso da Bratuœek affinché l’Italia tuteli l’ex campodi concentramento fascista di Visco. Così si potrebbe rias-sumere il recente incontro tra i premier di Slovenia, AlenkaBratuœek, e di Italia, Enrico Letta, che ha avuto luogo nellasuggestiva cornice di Bled, in Slovenia, nell’ambito delForum strategico di Bled (Bsf), che è stato dedicato allanuova Europa nel nuovo mondo.Letta ha sottolineato l’interresse dell’Italia verso la priva-tizzazione delle imprese statali slovene, ma è stato moltogenerico sulla partecipazione in merito da parte del gover-no italiano. Bratuœek, come aveva promesso a Boris Pahornel corso della serata a lui dedicata a Trieste per i cent’an-ni, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di tutelare ilcampo di concentramento fascista di Visco, per il quale sibatte l’associazione Terre sul confine, presieduta dal dr.Ferruccio Tassin e che sta tanto a cuore a Pahor. Bratuœekha auspicato, inoltre, che venga convocato in tempi brevi

a Roma il tavolo governativo per la minoranza slovena, chenell’ambito del ministero all’Interno sarà diretto dal vice-ministro Filippo Bubbico.

Sandor Tence(Primorski dnevnik, 3. 9. 2013)

VENEZIA

Cooperazione trilaterale

Vertice tra Italia, Slovenia e Croazia

Mercoledì 12 settembre l’isola di San Giorgio Maggiore, aVenezia, ha ospitato l’incontro trilaterale, dal titolo «Sponde,foro di dialogo e di cooperazione Italia-Croazia- Slovenia»)tra i premier di Italia, Enico Letta, Slovenia, Alenka Bratuœek,e di Croazia (da poco Stato membro dell’Unione Europea),Zoran Milanovi@. I tre premier hanno sottolineato la neces-sità di rafforzare la collaborazione economica nell’Adriaticosettentrionale in merito ai progetti energetici ed infrastrut-turali. In questo contesto è stato formato un gruppo di lavo-ro e sollevata la necessità di indire incontri ordinari e di con-vergenza di posizioni in seno all’Unione europea. In que-sto contesto i tre premier si sono espressi per il ripristino,in tempi brevi, dell’unione bancaria. Come ha detto Lettanella conferenza stampa congiunta, sono tante le oppor-tunità di collaborazione tra i tre Stati. A titolo di esempioha detto che non dovrebbero farsi concorrenza tra loro iporti dei tre Paesi che gravitano nell’Adriatico settentrio-nale, perché collaborando possono fare fronte comune allegrandi realtà portuali nel mondo. Non si è parlato del controverso rigassificatore di Trieste,in merito al quale Bratuœek si è detta ottimista su una pos-sibile soluzione alla questione, che vede impegnati i mini-stri allo Sviluppo economico di Slovenia e Italia, SamoOmerzel e Flavio Zanonato. Ma da quanto è stato detto,non si intravede ancora una via di uscita.Da quanto è emerso, invece, sono in atto le trattative perla gestione dell’aeroporto di Lubiana «Jo¡e Pu@nik» da partedella società Save, che amministra il «Marco Polo» diVenezia.Questo è stato il terzo incontro dell’anno tra i premier slo-veno ed italiano, seguito a quello di giugno a Roma (al qualesono intervenuti anche i rappresentanti delle comunità slo-vena in Italia e italiana in Slovenia), e a quello d Bled, inSlovenia, che ha visto la partecipazione di Letta all’aper-tura del forum locale internazionale. Bratuœek ha annun-ciato che a inizio dell’anno prossimo la Slovenia ospiteràil secondo incontro trilaterale, che vorrebbe essere ancheuna sorta di introduzione alla presidenza italiana dell’Unioneeuropea (prevista per il secondo semestre del 2014).Progetti ambizioni che potrebbero essere segnati dalle tur-bolenze politiche dei governi nei tre Paesi.

Sandor Tence(Primorski dnevnik, 13. 9. 2013)

IL COMMENTO

Le difficoltà della politica quotidiana

L’incontro trilaterale, che si è tenuto a Venezia tra i pre-mier di Italia, Enrico Letta, di Slovenia, Alenka Bratuœek,

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e di Croazia, Zoran Milanovi@, ha avuto perlopiù un valo-re simbolico e ben pochi esiti concreti. Del resto nessunose li aspettava. La scelta di questo luogo per il primo incon-tro trilaterale è dovuta al fatto che esso incarna la storiadell’Adriatico settentrionale, che i tre premier auspicanodiventi un’area di comune collaborazione economica. È que-sto un obiettivo ambizioso e, a suo modo, nobile, che perònon sarà facile raggiungere, come dimostrano, per esem-pio, le molte incompiutezze sul rigassificatore di Trieste.L’incontro trilaterale non è servito a dissolvere i dubbi néle incomprensioni che ruotano intorno alla questione.Letta, Bratuœek e Milanovi@ fanno parte di quella genera-zione più giovane di politici, che può avere davanti a séun motivante futuro politico. Tutti e tre hanno a che farenel proprio Paese con notevoli difficoltà, non solo econo-miche. Le sorti del governo italiano sono purtroppo lega-te alla storia infinita di Silvio Berlusconi; Bratuœek non sase il suo governo riuscirà ad affrontare la sempre più dram-matica crisi economica; Milanovi@ è alle prese con conti-nue turbolenze politiche.Si è quindi trattato di un confronto sui rapporti trilaterali,senza dimenticare le rispettive difficoltà. Ma la politica nonpuò essere legata esclusivamente alla sorte di Berlusconio all’umore di Karl Erjavec (ministro degli Esteri sloveno,ndt.).

Sandor Tence(Primorski dnevnik, 13. 9. 2013)

FRIULI V. G.-SLOVENIA

Serracchiani incontra l’ambasciatore Miroœi@

Ribadita l’imporanza delle rispettive comunità linguistiche

«Il Friuli Venezia Giulia è interessato a rafforzare le rela-zioni con la vicina Slovenia». Lo ha affermato la presidentedella Regione Debora Serracchiani all'incontro, svoltosivenerdì 30 agosto a Udine, con l'ambasciatore dellaRepubblica di Slovenia a Roma, Iztok Miroœi@, accompa-gnato in tale occasione dall'incaricato d'affari ad interimpresso il Consolato generale della Slovenia a Trieste, TanjaMljac.I due Paesi vogliono intensificare i rapporti in numerosi set-tori. L’ambasciatore, informandosi sulla prossima convo-cazione del Tavolo sulla minoranza slovena istituito pres-so il Ministero dell'Interno, ha menzionato l'importanza dellerispettive comunità linguistiche e la collaborazione econo-mica; la presidente Serracchiani si è soffermata sulla neces-sità di approfondire la cooperazione sanitaria (Gect traGorizia e Nova Gorica) e i rapporti internazionali.«I nostri due Paesi – ha ricordato – possono farsi caricodi ragionare in modo più efficace in merito allo sviluppoenergetico e le infrastrutture: sarebbe opportuno organiz-zare nei prossimi mesi un incontro internazionale al qualeparlare dei grandi corridoi europei e degli investimenti tran-sfrontalieri». In seguito agli accordi presi durante la recen-te visita della presidente a Lubiana, i lavori dellaCommissione mista Fvg-Slovenia (ultima riunone nel 2011)riprenderanno nei prossimi mesi. In merito ai festeggiamentidel centenario dell'inizio della Grande Guerra, il rappre-sentante diplomatico sloveno ha ricordato la mancanza dicontatti tra i due comitati nazionali preposti all'organizza-zione degli eventi. Per quanto concerne il rigassificatorenel Golfo di Trieste, è stata in tale occasione ribadita la

comune contrarietà al progetto. Per risolvere il problemadella sede dell'Istituto bilingue di San Pietro al Natisone,la presidente Serracchiani ha illustrato il lavoro di monito-raggio finora svolto da parte della Regione e ha auspica-to di portare a positiva soluzione il problema nel prossimofuturo. Si è parlato anche del progetto di recupero dellamemoria storica legata al campo di concentramento fasci-sta di Visco: «Non ci manca la volontà politica di occuparcidella vicenda», ha spiegato Debora Serracchiani e propostoall'ambasciatore «di intraprendere un'azione insieme».

Arc/Mch(www.regione.fvg)

REGIONE

Il sito della presidente anche in sloveno

Debora Serracchiani comunica in 5 lingue

La sezione del sito della Regione Friuli Venezia Giulia dedi-cata alla presidente Debora Serracchiani si rivolge ai cit-tadini anche nelle tre lingue di minoranza, che arricchisconoil patrimonio culturale regionale e che ne fanno un territo-rio con un'identità speciale e una vocazione europea pereccellenza. Sono infatti consultabili on line le versioni inte-grali in friulano, sloveno, tedesco delle dichiarazioni pro-grammatiche presentate dalla presidente al Consiglio regio-nale (http://www.presidente.regione.fvg.it/programma.asp)ad avvio della XI legislatura. Va così ad implementarsi lacomunicazione nelle lingue minoritarie tutelate dalla legi-slazione regionale, italiana ed europea del sitodell'Amministrazione regionale, che – oltre ad avere unahome page con interfaccia quadrilingue (inglese, friulano,sloveno, tedesco) – vanta anche il primato di essere l'uni-ca Regione a fornire un'informazione trilingue. La sezionededicata all'aggiornamento delle notizie della Giunta a curadell'Agenzia Regione Cronache propone, infatti,breviapprofondimenti quotidiani dedicati agli avvenimenti e alletematiche di interesse delle tre comunità friulana, slovenae germanofona nelle rispettive lingue (Gnovis-Novice-Nachrichten).

Arc/Ep(www.regione.fvg.it)

GIORNATA DELLE LINGUE

Per la Ue lo sloveno è lingua dell’amore

Su internet un simpatico test in occasione del 26 settembre

In occasione della Giornata europea delle lingue (26 set-tembre), è comparso recentemente in rete un interessan-te quiz proposto dall’Unione europea per testare la cono-scenza linguistica dei cittadini. Tra le domande mi ha col-pito la seguente: «Quale tra queste è grammaticalmentela lingua più adatta ad esprimere l’amore?» La scelta eratra italiano, francese e sloveno. Nonostante tutti i luoghicomuni che ci porterebbero a scegliere o il francese, o l’i-taliano, la risposta corretta è, invece, proprio lo sloveno.Questo non perché, come abbiamo già avuto modo di nota-

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re in numerosi volantini turistici, nella parola «Slovenia» ècontenuta la parola «love». Lo sloveno è la lingua ideale per esprimere l’amore per-ché è tra le poche lingue, insieme al lituano e al sorabo,ad aver mantenuto la forma duale. Il duale, lo dice la paro-la stessa, esprime grammaticalmente l’insieme di due entità,ben distinto dal plurale che esprime la presenza di tre opiù oggetti, o persone. Nella poesia romantica slovena, ilduale è, quindi, usato proprio per sottolineare l’intimità e ilsentimento che lega i due amanti.Il duale che può sembrare solo una sfumatura, fa sentirela sua mancanza ai parlanti delle altre lingue che non hannoquesta forma grammaticale. Alcuni bambini italiani di unoo due anni, per esempio, esprimono il plurale con il nume-ro «due». Questo, forse, non avviene del tutto per caso: ilnumero due sono la mamma e il papà, le persone che vedecome estensione del sé, che percepisce come «uno». Lamamma e il papà, però, pur essendo due entità ben distin-te, sono per il bimbo un unico punto di riferimento, essen-do praticamente intercambiabili nel soddisfare le sue esi-genze. Il duale manca allo scrittore norvegese Jostein Gaarder nelsuo «La ragazza delle arance»: «Quando usiamo il pro-nome “noi”, anche se sottointeso, accomuniamo due per-sone in una singola azione, quasi come se costituisseroun’unica entità complessa. In molte lingue si usa un pro-nome specifico quando si tratta di due, e solo due, perso-ne. Questo pronome si chiama duale, cioè quello che è divi-so in due. Secondo me è una designazione utile, perchéa volte non si è né uno né tanti. Si è “noi due” e si è “noidue” come se questo “noi” non potesse essere diviso. Siesprimono regole uguali a quelle delle favole quandoimprovvisamente viene introdotto tale pronome, quasi comeun colpo di bacchetta magica». E la lingua slovena que-sta magia riesce a farla per sua natura.

Ilaria Banchig(Dom, 30. 9. 2013)

SLOVENIA/SLOVENIJA

I giovani vivono la minoranza

molto diversamente dagli adulti

Il ministro Tina Komel a tutto campo

In un’intervista rilasciata all’emittente Rtv Slovenija 3, laministra per gli sloveni d’oltre confine e nel mondo, TinaKomel, si è espressa su questioni attuali che riguardanogli sloveni residenti oltre confine. Sostiene che in Italia,Austria, Ungheria vivano circa 120 mila sloveni, mentre glisloveni nel mondo sono complessivamente circa mezzomilione. La Komel, 32 anni, è di Hrvatini in comune diCapodistria, appartiene alla minoranza italiana in Sloveniae al partito Pozitivna Slovenija, al ministero è subentrataa Ljudmila Novak del partito Nova Slovenija.

«Scarsa attenzione dei media sloveni verso la minoranza»Komel rimprovera ai media sloveni di riferire sulla mino-ranza slovena solo quando i loro politici litigano. Questovale soprattutto per la Carinzia, ma in parte anche per glisloveni in Italia, «che non sono così divisi come a volte sem-bra e viene evidenziato dalla stampa», ha detto. L’Ufficioper gli sloveni d’oltre confine e nel mondo esorta a tutti i

livelli la collaborazione tra le organizzazioni minoritarie, manon intende immischiarsi nei rapporti interni e nell’orga-nizzazione delle minoranze.Il ministro è convinto che stia migliorando la condizione deglisloveni in Italia e di quelli dei Paesi confinanti con laSlovenia. Avverte una buona comunicazione tra la comu-nità slovena in Friuli Venezia Giulia e i governi di Roma eLubiana, e che sono in fase di miglioramento e si stannonormalizzando anche i rapporti con la Regione.La Komel ha più volte ribadito nell’intervista l’importanzadella comunicazione ed ha detto di condividere sui rapportitra minoranza e Regione le affermazioni espresse dalla par-lamentare slovena Tamara Bla¡ina, la quale, in occasio-ne del 50° anniversario dello Statuto speciale, ha detto chela colpa per la scarsa comunicazione tra le due parti vaattribuita a entrambe.

«I giovani sono un passo avanti»I giovani sloveni d’oltre confine vivono in modo del tuttodiverso la minoranza e il rapporto verso la Slovenia rispet-to agli adulti. Le comunità minoritarie non sono solo folclore,ma desiderano anche rinnovarsi e migliorare la qualità del-l’istruzione. La minoranza, secondo Komel, va quindi vistacome grande opportunità e non solo come difesa dello sta-tus quo. Komel rileva, inoltre, che l’attuale governo Lettasia molto più incline verso la minoranza slovena di quan-to lo fosse il precedente, presieduto da Mario Monti. Il meri-to dei buoni rapporti di comunicazione con Roma è da ascri-vere anche al governo ed alla diplomazia sloveni, ha aggiun-to.

Il «Primorski dnevnik» e i programmi Rai in lingua slove-naKomel conosce bene le difficoltà del Primorski dnevnik (quo-tidiano sloveno di Trieste, ndt.) e la situazione della sederegionale della Rai per il Friuli Venezia Giulia. Per quantoriguarda il Primorski ha sottolineato la necessità di una leggeche regoli la situazione finanziaria.Sul dipartimento sloveno della Rai ha detto che la situa-zione «non è così drammatica, come sembra». Sulla que-stione la Komel ha detto di essere in contatto con i presi-denti delle due organizzazioni slovene più rappresentati-ve Rudi Pavœi@, dell’Unione culturale economica slovena-Skgz, e Drago Œtoka, della Confederazione delle organiz-zazioni slovene-Sso.

Soluzione graduale per il Narodni domIl Narodni dom di Trieste rappresenta uno degli obblighidisattesi contemplati dalla legge di tutela della minoranzaslovena. La situazione è stagnante e non si intravedonosoluzioni all’orizzonte. Per la Komel sarebbe già un passoavanti se nel prossimo futuro più organizzazioni e istituzionislovene si trasferissero negli spazi del Narodni dom. Il pro-blema sta nel fatto che non sono molti gli spazi a disposi-zione. Per questo motivo la soluzione dipenderà all’esitodelle trattative tra minoranza, regione e università di Trieste.(…)

S. T.(Primorski dnevnik, 15. 8. 2013)

La Cooperativa Most pubblica anche ilquindicinale bilingue Dom.

Copie omaggio sono disponibiliallo 0432 701455

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PULFERO-PODBUNIESEC

Giornali, la ‘resistenza’ delle minoranze

Via al progetto di un’agenzia di stampaper i media delle lingue emergenti

Istituire una vera e propria agenzia di stampa che in Italiapossa fungere da fonte per i tutti gli organi di informazio-ne delle lingue “emergenti”. E che fondi la propria attivitàsu una rete solida fra i media che operano nelle comunitàche storicamente hanno una lingua propria diversa dall’i-taliano. È un progetto ambizioso quello che ha preso il viadurante il convegno promosso dalla rete RoleMED (Retedi osservazione delle lingue emergenti del Mediterraneo)in collaborazione con l’Istituto per la cultura slovena di SanPietro al Natisone e l’ARLef, tenutosi a Pulfero lo scorso25 agosto, con il patrocinio del comune delle Valli delNatisone. Al progetto hanno già aderito i periodici sloveniDom e Novi Matajur, la rivista in lingua sarda Eja, il setti-manale Ladino La usc dai Ladins il mensile ed il quindici-nale in friulano La Patrie dal Friûl e Il Diari. Ma il conve-gno, moderatore William Cisillino (ARLef), ha rappresen-tato anche un importante momento di confronto. Non solofra le realtà presenti sul territorio dello Stato italiano, maanche sulle diverse esperienze nei paesi del Mediterraneo.E dunque, sull’editoria fiorente in lingua maltese (quattroquotidiani, per una comunità di 430mila abitanti) presen-tata da Giuseppe Brincat – ordinario dell’Università di Malta– che sembra non subire lo strapotere, che si diffonde intutto l’occidente, dell’inglese, l’altra lingua ufficiale delloStato, conosciuta da quasi tutta la popolazione. I giornalidella frastagliata comunità dei berberi – o più propriamenteAmazigh – nel nord Africa di cui ha parlato MohandTilmatine, professore dell’Università di Cadiz. Diffusisoprattutto in Algeria e Marocco, dopo un lungo periodo incui hanno operato in clandestinità, riproducono la difficoltàdella standardizzazione della lingua e la tripartizione (cheriflette altrettanti tipi di atteggiamento politico) della grafiafra alfabeto arabo, latino o quello dell’antichissima e tra-dizionale “scrittura libica”.Più complessa di quanto normalmente appaia, stando allarelazione del linguista Xavier Lamuela, la condizione deimedia in lingua catalana. Piuttosto seguiti, seppur nonimmuni alla crisi generale del settore, gli organi di infor-mazione nella regione con capitale Barcellona, dove la mag-gior parte dei cittadini si dice favorevole all’indipendenza.Emarginati, e vittime della politica di assimilazione del Ppei pochi media della comunità catalana nelle Isole Balearie nella Comunidad Valenciana. Con tanto di presenza difenomeni di “diglossia” per cui si boicotta la standardizza-zione a favore delle parlate locali. Condizione – con un eufe-mismo – piuttosto conosciuta anche nella nostra comunitàslovena della provincia di Udine, ma che riguarda anchela realtà dei ladini e, dunque, anche la produzione del-l’informazione nelle vallate della provincia di Trento e delVeneto. A confermarlo la relazione di Lucia Gross, redat-trice de la Usc dai Ladins, settimanale che si rivolge a unacomunità di 30mila parlanti, ma che presenta la maggiorparte degli articoli nelle diverse varianti dialettali. A scapi-to, ed è questo il limite che ha ravvisato Gross, della lin-gua standard.La diffusione dello standard è anche uno degli obiettivi chesi pone la rivista Eja, unico periodico in lingua edito in

Sardegna. In una terra dove, ha spiegato il direttore DiegoCorraine, la problematica linguistica si scontra con le resi-stenze dei partiti “romani”, ma anche con la militanza nellacostellazione dei partiti indipendentisti, che troppo spessomettono la diffusione della lingua in secondo piano. Tosoni,direttore del quindicinale Il Diari, free-press interamente infriulano, ha posto l’accento invece su problematiche piùstrettamente giornalistiche. La scelta chiara della testatadi fare informazione tout-court e non esclusivamente rivol-ta ai militanti “friulanisti” infatti, si scontra con la carenteprofessionalizzazione degli operatori dell’informazione.Sarebbe opportuno in regione – secondo Tosoni – istitui-re dei corsi di formazione per giornalisti. La sfida alle realtàche veicolano solo l’italiano deve essere infatti sulla qua-lità del prodotto proponendo inchieste ed esclusive.Diverso invece, ma non in contrasto, l’obiettivo de La Patriedal Friûl, mensile friulano presentato dal redattore ChristianRomanini. Che si pone come obiettivo infatti, quello di difen-dere e diffondere lo spirito autonomista anche se, ha rav-visato Romanini, i tagli hanno costretto a ridimensionarela tiratura della testata oggi insufficiente, nonostante la pas-sione con cui si applica la redazione, a costruire una massacritica.Standard e dialetto, tagli ai fondi e professionalità.Questioni che si trovano ad affrontare quotidianamenteanche Dom e Novi Matajur della comunità slovena dellaprovincia di Udine. Difficoltà che si innestano su un sostra-to in cui l’assimilazione ha operato anche attraverso i mediaitaliani. Basti pensare al celebre «Questi slavi bisogna eli-minarli» del Giornale di Udine nel 1866, citato da LarissaBorghese della redazione del quindicinale Dom. Il Dom, haspiegato Borghese, è riuscito nell’intento di diffondersi fralettori privi di un’alfabetizzazione in sloveno, la loro linguamadre.La stessa difficoltà che ha affrontato il Novi Matajur nei suoi63 anni di storia, come ha affermato il direttore Iole Namor.Realtà nata innanzitutto per informare una comunità chealtrimenti veniva volutamente ignorata. Con l’intento,attraverso il passaggio dalla forma orale alla forma scrittadello sloveno, di far prendere coscienza alla comunità dellapropria identità. Segnando un elemento di coesione fra levallate e, con l’uso dei dialetti, dello sloveno standard e del-l’italiano, un momento di dialogo con gli sloveni di Gorizia,Trieste, della valle dell’Isonzo ma anche con friulani ed ita-liani. E che oggi incontra difficoltà oggettive dovute al depau-peramento e alla crisi demografica che caratterizza il ter-ritorio delle Valli del Natisone, del Torre e Resia.

A. B.(Novi Matajur. 4. 9. 2013)

S. PIETRO AL NAT.–ŒPIETAR

Nuovi spazi per la minoranza slovena

La Sso esorta a valorizzare i localidella Comunità montana

Mercoledì 18 settembre il direttivo della Confederazionedelle organizzazioni slovene-Sso si è riunito negli spazi dellaComunità montana Torre-Natisone-Collio, che sono statiassegnati alla comunità slovena della Slavia friulana. Primadella riunione, i membri del direttivo hanno visitato gli spazi,accompagnati da Michele Coren (funzionario della comu-nità montana, ndt.). I locali, ampi e messi a nuovo, sono

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adatti ad ospitare iniziative di diversa portata. Nei prossi-mi mesi sarà necessario, quindi, che lo Sso in collabora-zione con l’Unione culturale economica slovena-Skgz mettain atto una rete di progetti correlati con i programmi e leattività dell’Istituto per la cultura slovena, anch’esso a SanPietro al Natisone. È stato sottolineato quanto sia impor-tante valorizzare gli spazi della Comunità montana, dalmomento che rappresentano un importante punto di con-tatto tra la comunità slovena della Slavia friulana e la pub-blica amministrazione. Un aspetto importante questo perlo sviluppo futuro dell’amministrazione territoriale, nel-l’ambito della quale è molto importante la collaborazionecon le autonomie locali.Nel corso della riunione, dopo le comunicazioni del presi-dente dello Sso, Drago Œtoka, i membri del direttivo hannoespresso soddisfazione sui recenti festeggiamenti per icento anni di Boris Pahor (scrittore sloveno di Trieste, ndt.),caratterizzati da una forte carica contenutistica incentratasull’identità nazionale, che è fondamentale nel contestoodierno, in cui prevale la tendenza alla globalizzazione eal multiculturalismo. Per questo motivo lo Sso ringrazia BorisPahor per aver sottolineato con coerenza e costanza que-sto valore, che purtroppo viene spesso presentato da alcu-ni sotto la veste negativa del nazionalismo.Tra le questioni affrontate, la nomina dei commissari delleComunità montane nella Slavia frulana, a Resia e in ValCanale, nell’ambito della quale non è stata considerata lapresenza della comunità nazionale slovena. Un dato impre-scindibile questo di cui, secondo lo Sso, le Comunità mon-tane Torre-Natisone-Collio, e del Gemonese-Canal delFerro e Val Canale dovrebbero tenere conto, dal momen-to che buona parte dei mezzi che queste istituzioni per-cepiscono è destinata proprio allo sviluppo della comunitàslovena in provincia di Udine.Anna Wedam, rappresentante della Val Canale, ha parla-to delle attività in valle per rafforzare l’insegnamento dellalingua slovena.Walter Bandelj, presidente provinciale di Gorizia, ha par-lato, tra l’altro, dei preparativi in corso per l’acquisizione dialcuni spazi del Trgovski dom.Per quanto riguarda la provincia di Trieste, Marij Maver eJo¡i Peterlin hanno evidenziato, tra l’altro, il successo riscos-so dalle recenti Giornate di studio Draga. È stato poi pro-posto di convocare in autunno il Consiglio regionale delloSso, nel corso del quale si dovrebbe approfondire la que-stione scolastica e fornire suggerimenti concreti in merito.

T. S.(Dom, 30. 9. 2013)

CIVIDALE - #EDAD

Intitolata una via a mons. Ivan Trinko

Nel 150° anniversario della nascita di unodei più grandi sloveni della Slavia friulana

Lo scorso 19 agosto è stata posta a Cividale, nell’ex viaIX agosto, la tabella con la nuova denominazione:«via IvanTrinko». Il comune di Cividale, nel 150° anniversario dellanascita, ha intitolato il tratto che da via Carlo Alberto portaall’incrocio con via Niccolò Canussio a mons. Ivan Trinko,uno dei personaggi più importanti, se non il più importan-te, cui la Slavia ha dato i natali. Da uomo di confine, si èconquistato un posto tra i grandi sloveni e anche tra i gran-

di friulani. Fu sacerdote, filosofo, poeta, musicista e poli-tico. L’intitolazione era stata annunciata dal sindaco dellacittà ducale, Stefano Balloch, al recente Dan emigranta, mal’iniziativa era partita l’anno scorso dalla stessa manife-stazione, durante la quale l’on. Carlo Monai aveva lancia-to una petizione. Sacerdote dal 1886, Trinko insegnò filo-sofia presso il Seminario Diocesano di Udine fino al 1942.Eletto nel 1902 consigliere provinciale di Udine, fu tra i fon-datori del Partito popolare in Friuli e in quel partito fu rie-letto consigliere provinciale. L’idea di intitolare la via a mons.Trinko era stata lanciata dall’allora deputato Carlo Monaiin occasione del Dan emigranta 2012.

(www.dom.it)

CIVIDALE-#EDAD

Kme@ka zveza contro l’elettrodotto

O k r o g l o - U d i n e

L’Associazione degli agricoltori sloveni fortementecontraria all’infrastruttura energetica transfrontaliera

Il consiglio direttivo della Kme@ka zveza-Associazione agri-coltori sloveni della provincia di Udine, nella sua seduta difine luglio, ha espresso profonda preoccupazione sullarecente approvazione da parte dell’Unione europea del-l’elenco dei progetti strategici in ambito energetico, che com-prende anche la realizzazione dell’eletrodoto Okroglo-Udineovest.«La Kme@ka zveza – si legge nel comunicato – esprimeforte contrarietà alla realizzazione della linea attraverso ilterritorio delle Valli del Natisone in quanto ritiene che taleopera inciderà in maniera devastante sull’ambiente e sultessuto sociale dell’area».L’elettrodotto dalle dimensioni imponenti, con piloni alti 80metri e campate da 450 metri, comprometterebbe, infatti,lo sviluppo agricolo e turistico dei territori interessati e necauserebbe l’irrimediabile spopolamento. Da qui l’appellolanciato dalla Kme@ka zveza agli organi competenti, a livel-lo locale, regionale e nazionale affinché si imponga «lo spo-stamento del tracciato previsto su linee di grande comu-nicazione esistenti e, in ogni caso, l’interramento dello stes-so».«Interramento che la Terna, società promotrice dell’elet-trodotto, osteggia nella nostra regione, mentre ne sta rea-lizzando uno di 190 chilometri in Piemonte, lungo la reteautostradale», denuncia un recente comunicato delComitato per il Friuli rurale. E incalza: «Tale e tanta è laconvinzione che siano state infrante le più elementari pro-cedure ed evitata la ricerca di ogni possibile alternativa, chenulla potrà frustrare la nostra piena determinazione a pro-seguire nell’azione legale in ogni sede possibile, sino allamassima corte europea».Lo scorso 9 agosto il Comitato è stato ricevuto in Regionedall’assessore regionale per l’Ambiente e l’Energia, SaraVito, che ha dimostrato interesse verso le problematichee disponibilità ad affrontare la questione energetica e in par-ticolare quella dell’elettrodotto Redipuglia-Udine ovest e del-l’incombente Okroglo-Udine ovest. Su quest’ultimo progetto,però, tutto tace, tant’è che il presidente del Comitato, AldevisTibaldi, ha intenzione di presentare una denuncia allaComunità europea perché teme che in Italia non sia stataesaurita la Vas (Valutazione ambientale strategica), che in

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Europa è considerata un elemento inalienabile senza ilquale è impossibile avviare il progetto.In questa battaglia il Comitato è impegnato in sinergia conquello antielettrodotto sloveno del Poso@je, presieduto daFedja Klavora. Uniti contro il progetto di un ecomostro chenon risponde ad un effettivo bisogno energetico sia in Italiache in Slovenia e che paradossalmente in quest’ultima por-terebbe ad un sensibile aumento del prezzo dell’elettricità.Nel frattempo nonostante abbia recentemente votato con-tro l’elenco dei progetti prioritari Ue, (ma solo perché vi èinserito il rigassificatore nel golfo di Trieste), il governo slo-veno continua imperterrito a sostenere il progetto dell’e-lettrodotto Okroglo-Udine ovest, voluto dalla società pub-blica Elektro Slovenija (Eles).Ma il sindaco di Tolmin, Uro¡ Bre¡an, intende mettersi ditraverso, anche nella sua veste di membro del Consigliodi Stato (la seconda camera del Parlamento sloveno). «Il nostro comune pretende che il tracciato non interessil’avallamento di Tolmin – ha dichiarato al quotidiano Delolo scorso 15 agosto –. Si tratta di un progetto estrementedelicato per l’impatto sul territorio sotto il profilo ambien-tale e sotto quello sociale».

Larissa Borghese(Dom, 31. 8. 2013)

UDINE-VIDEN

Per una Provincia rispettosa di tutti

Il neoconsigliere Dorbolò chiede che l’enteadotti la denominazione quadrilingue

Pare che il presidente Pietro Fontanini, si sia un po’ indi-spettito per il passaggio dell'intervista rilasciata al nostrogiornale da Fabrizio Dorbolò, nel quale il neo consiglieredi Sel gli ricorda che la Provincia di Udine non è solo friu-lana, ma anche slovena e tedesca.Il numero uno di palazzo Belgrado si sarebbe, invece, dettoben consapevole che il Friuli è un mosaico di popoli e lin-gue. E non può essere diversamente, considerando l'or-mai lungo percorso politico dell'esponente leghista e, ancorprima, la sua formazione culturale, che gli consente di cono-scere al meglio la ricchezza linguistica della sua terra.Tuttavia questa consapevolezza resta, purtroppo, solo teo-rica, in quanto la sua azione politica è tutta protesa alla pro-mozione della lingua e della cultura friulana. Linea del tuttolegittima e lodevole, se non andasse a discapito delle altrecomunità linguistiche presenti sul territorio. L'esempio piùeclatante della discriminazione è la denominazione dell'entesolo in italiano e friulano sulle insegne, sulle tabelle, sullacarta intestata, sul sito internet...Fontanini ha tutto il diritto di sentirsi orgogliosamente friu-lano e di difendere la propria identità, ma nel contempo èil presidente di tutti. Eppure negli ultimi cinque anni maiabbiamo sentito una parola a favore degli sloveni.Ricordiamo, invece, le lamentele per l'ammontare dei con-tributi statali a favore della minoranza slovena, le quali, percome sono state formulate, sottendono quasi un deside-rio di abbassamento degli stessi in luogo di un per tuttiauspicabile innalzamento di quelli per la comunità lingui-stica friulana. Ricordiamo anche l'appoggio a chi vuole l'e-sclusione di Resia dal novero delle comunità slovene e l'in-stallazione sulle strade provinciali di cartelli segnaletici nellagrafia inventata dall'attuale amministrazione comunale e

priva di qualsivoglia base scientifica. Il tutto è ancor piùgrave alla luce del fatto che la legge statale 482/99 asse-gna proprio alle province la tutela delle minoranze lingui-stiche. E nell'elenco delle 12 comunità ci sono friulani, slo-veni e tedeschi, non resiani, ponassi, natisoniani o altri.Probabilmente questa azione è stata agevolata dall'assenzadi un contraltare. Ora con Dorbolò - «esponente della mino-ranza linguistica slovena», si è subito dichiarato – la musi-ca è destinata a cambiare. «Sarò intransigente – ha affer-mato –. Una delle mie prime proposte sarà la denomina-zione quadrilingue dell’ente Provincia: «Provincia di Udine-Provincie di Udin-Pokrajina Viden-Provinz Udine», mentreora ha una denominazione solo in italiano e friulano «impo-sta anche ai territori che friulano non parlano».

M. Z.(Dom, 31. 8. 2013)

UDINE-VIDEN

Dorbolò e gli errori «consapevoli» di Fontanini

Botta e risposta tra il presidente della Provinciadi Udine e il consigliere di opposizionedelle Valli del Natisone

Un errore «storico, linguistico e culturale», ma «probabil-mente politicamente consapevole». Così il consigliere pro-vinciale Fabrizio Dorbolò (Sel) commenta le dichiarazionidel presidente Fontanini che, nel dibattito sui cinquant’annidi autonomia della regione Friuli Venezia Giulia, ha affer-mato: «Di più si deve fare per tutelare le lingue minorita-rie diffuse in Friuli Venezia Giulia: il friulano, la cui comu-nità di parlanti è quella prevalente a livello statale tra le lin-gue minoritarie, ma anche la minoranza tedesca e quellaslava».Infatti, mentre l’esponente leghista parla correttamente difriulano (e non romanzo o latino) e di tedesco (non ger-manico), per lo sloveno usa il termine generico «slavo»,cioè quello di un gruppo che comprende una quindicina dilingue, quasi a dire che gli sloveni delle valli del Natisonee del Torre, di Resia e della Valcanale sono una sorta difigli di nessuno, secondo il presidente della loro Provincianon degni nemmeno del loro nome proprio.Così facendo, Fontanini va in contraddizione con lo stes-so ente, del quale è capo. La Provincia, infatti, da anni sache sul proprio territorio ci sono gli sloveni. Ha addiritturapromosso una campagna pubblicitaria con lo slogan «Varujsvoj jezik, pomagaj rasti doma@i kulturi». La spiegazione(in italiano) sullo stesso manifesto è eloquente: «LaProvincia di Udine tutela la lingua slovena. Nella nostra terrasi parla con orgoglio lo sloveno, un vero patrimonio di cul-tura e conoscenze a disposizione dei nostri giovani».Non fa fatica, allora, il consigliere Dorbolò a parlare di «erro-re consapevole» da parte del numero uno di palazzoBelgrado. «Voglio innanzitutto sottolineare – scrive – cheuno degli elementi che ha determinato la specialità e l’au-tonomia della nostra Regione è stata ed è tuttora la pre-senza della minoranza linguistica slovena». E affonda ilcolpo: «Come ho già avuto modo di dire in Consiglio pro-vinciale, il presidente Fontanini e la maggioranza di cen-tro-destra, che governa ormai da quasi 15 anni l’ente pro-vinciale ha tutelato (male) il friulano, facendo una propa-ganda di valorizzazione, che in atti concreti non c’è maistata, e quasi sempre a discapito della altre due importanti

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culture presenti sul territorio provinciale: il tedesco e lo slo-veno! Detto ciò, prendo spunto positivo dalle dichiarazio-ni del Presidente della Provincia e in coerenza con quan-to dichiarato mi aspetto un accoglimento totale della pro-posta che ho già annunciato e che a breve formulerò e por-terò in discussione chiedendo l’approvazione del Consiglioprovinciale sulla denominazione quadrilingue dell’ente cosìcome di seguito: Provincia di Udine (italiano), Provincie diUdin (friulano), Pokrajina Videm (sloveno), Provinz Udine(tedesco). E di conseguenza chiederò di adeguare la car-tellonistica stradale, i portali della Provincia, le indicazionidegli uffici e le carte intestate. Tutto ciò nel rispetto delleleggi di tutela nazionali 482/99 e 38/01 e della legge regio-nale 26/07, ma soprattutto nel rispetto di tutta la popola-zione amministrata dalla Provincia di Udine che è compo-sta dalla maggioranza friulana e dalle minoranze slovenae tedesca».«Se tale proposta dovesse essere respinta – conclude ilconsigliere Dorbolò –, si evidenzierebbe una totale incoe-renza con quanto appena dichiarato e un non rispetto delleminoranze del nostro territorio che vanno tutelate a parimerito».

(Dom, 15. 9. 2013)

SCUOLA

A quando l’insegnamento bilingue a Taipana

e a Lusevera?

Audizione del Comitato paritetico con la direttricedell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame

È iniziato un altro anno scolastico e nei comuni di Taipanae Lusevera gli alunni, i genitori e gli amministratori localinonché l’intera comunità slovena stanno ancora aspettandoche venga modificato lo statuto delle due scuole, facen-dole diventare da monolingui bilingui, e che siano inclusenell’Istituto comprensivo bilingue di San Pietro al Natisone.Per cercare di capire le ragioni di tale battuta d’arresto, loscorso 16 settembre ha convocato un’audizione con la diret-trice generale dell’Ufficio scolastico regionale, DanielaBeltrame. Il diritto all’insegnamento bilingue nelle valli delTorre è contemplato dalla legge di tutela. Lo sviluppo vain direzione del bilinguismo, che consente di tutelare la tra-dizione locale linguistica e culturale slovena, arricchendo-la e aprendo così nuove opportunità per la crescita socia-le ed economica. E i comuni di Lusevera e Taipana, in basealla volontà chiaramente espressa dai genitori, hanno avvia-to correttamente il procedimento già nel 2011. Un giudizio positivo in merito era stato espresso nell’otto-bre del 2011 anche dal comitato paritetico, dopo aver rice-vuto in audizione la direttrice della Direzione regionale perl’istruzione, Del Bianco, e il direttore dell’Ufficio per le scuo-le slovene presso l’Ufficio scolastico regionale, Toma¡Sim@i@. Da allora non c’è stato alcun passo in avanti.Beltrame ha descritto al Comitato paritetico la complessaproblematica, che riguarda innanzitutto la stessa legge ditutela, nella quale si afferma espressamente che per il pro-getto non deve comportare spese aggiuntive nel bilanciostatale, mentre l’introduzione dell’insegnamento bilinguedovrebbe essere graduale, in modo tale che per alcuni anninei due comuni dovrebbero coesistere due scuole (monoe bilingue). I problemi riguardano il personale docente e

cioè l’organico, che è congelato, e sono possibili anche con-trasti sindacali. È chiaro che non si tratta solo di una que-stione giuridico-amministrativa. Sono necessari volontà poli-tica e collaborazione di tutti i soggetti interessati, dall’Ufficioscolastico alla Regione (la pianificazione di una rete sco-lastica in collaborazione con le Province fa parte dei suoicompiti) e naturalmente al Ministero dell’Istruzione. Fattoriche, evidentemente, sono mancati negli ultimi due anni, incui si sono verificate anche intergerenze politiche e osta-coli ideologici.Beltrame si è impegnata a fornire al Comitato paritetico unaproposta tecnica, che consentisse di modificare lo statutodelle due scuole in val Torre; entrambe le scuole elemen-tari sono frequentate da 20 alunni, suddivisi in due pluri-classi, a Taipana 13+7, e a Lusevera 12+8. L’impegno pro-messo da Beltrame segna un importante passo in avanti,ma non è sufficiente a risolvere definitivamente la questione.Difficoltà anche per l’insegnamento della lingua slovenanell’Istituto comprensivo di Tarcento, che comprendeTaipana e Lusevera. Al momento è del tutto assente.«Siamo in attesa dei finanziamenti regionali relativi alle lin-gue minoritarie – informa la dirigente, Annamaria Pertoldi–. Pervenuti tali finanziamenti, recluteremo esperti ester-ni per la conoscenza e la pratica della lingua. Non nascon-do la difficoltà che incontriamo nel reperire tali esperti, nonessendo molti i docenti accreditati per tale insegnamento».

(dal Novi Matajur, 18. 9. 2013e dal Dom 30. 9. 2013)

S. PIETRO AL NAT.-ŒPIETAR

Bilingue: la scuola cresce di molto

Il sindaco di San Pietro, Tiziano Manzini,è scettico sulla soluzione «college»

Sono ormai quasi la metà – attorno al 48 per cento – i bam-bini delle Valli del Natisone iscritti alla scuola dell’infanziae primaria dell’istituto statale bilingue di San Pietro alNatisone. L’aumento, rispetto all’anno scorso, è del 7,5 alleelementari e addirittura del 29,68 per cento all’asilo. Conun incremento dell’8,69 per cento alle medie inferiori, l’in-tero istituto fa segnare un balzo del 14 per cento rispettoal 2012/2013. Anche a fronte di queste cifre, la questionedella sede si fa sempre più pressante. Ma il sindaco di SanPietro al Natisone, Tiziano Manzini, non fornisce notizieconfortanti. «Per la bilingue ci siamo mossi per tempo insie-me a dirigenti, genitori, rappresentanti della Regione – affer-ma –. Ci siamo incontrati a S. Pietro con l’assessore regio-nale Panariti, i genitori e i politici locali. Ci siamo confron-tati anche con la direttrice scolastica regionale Beltrame.A distanza di tre mesi non abbiamo ancora mezza rispo-sta di quella che potrebbe essere la soluzione. Anzi, sap-piamo meno che sei mesi fa. Almeno sei mesi fa aveva-mo delle speranze. Ma dopo l’incontro con i rappresentantidella Regione tenutosi 3 mesi fa non abbiamo ricevutomezza risposta».Riguardo alla richiesta dei genitori e delle organizzazionidella minoranza slovena di spostare la sede dell’istituto bilin-gue da viale Azzida al «college», Manzini dice di non voler-si esprimermi in merito «perchè sono delle scelte cheandranno fatte a livello di consiglio comunale. Spero nel-l’unanimità da parte del consiglio, visto che in passato cieravamo espressi all’unanimità per la ristrutturazione di viale

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Azzida. Bisognerà discuterne, come è stato già accenna-to nell’ultima riunione che abbiamo fatto con i rappresen-tanti politici regionali. Sono scelte da fare che non riguar-dano soltanto il futuro prossimo. Sono scelte fondamen-tali che voglio condividere con tutti». Ma richiesto di un’opinione personale, Manzini, risponde:«Ci tengo ad avere a San Pietro i due istituti scolastici, maanche la scuola superiore. Non vorrei con questa sceltaperdere un tassello».È bloccata, intanto, anche la ristrutturazione della sede dellascuola media monolingua. «Avevamo i fondi per partire que-st’anno – sbotta il primo cittadino –. Abbiamo fatto un mutuoin tempi non sospetti, quando non sapevamo neanche cheil patto di stabilità dovesse entrare in vigore. Per assurdo,non abbiamo un centesimo dall’ente con cui abbiamo giàstipulato il mutuo e abbiamo già pagato una rata a giugno.Noi paghiamo gli interessi, ma non possiamo eseguire ilavori. Non sappiamo quando la vicenda si sbloccherà. Sista parlando di superare il patto di stabilità per gli interventiche riguardano la scuola, ma questo ci penalizza».Con l’inizio del nuovo anno scolastico è stata chiusa la scuo-la primaria di Savogna. S. Pietro diventa, quindi, sempredi più il centro scolastico per tutte le valli. «Per noi sonoonori, ma anche oneri – sottolinea Manzini –. Onori, per-ché comunque diventiamo un centro scolastico importan-te. Oneri, perché i costi di gestione aumentano. Con ilmondo della scuola c’è un rapporto non sempre idilliaco.I dirigenti pretendono dall’amministrazione comunale sem-pre maggiore supporto, perché anche loro a livello eco-nomico sono all’osso, come noi. Il problema è far capireagli utenti che i tempi buoni e belli stanno per finire. Bisognacominciare a ragionare insieme. Io ho cominciato già a farlocon alcuni rappresentanti dei genitori. Da qui a cinque annibisogna vedere cosa ne sarà dei servizi che i comuni riu-sciranno a dare alle strutture scolastiche. A maggior ragio-ne per un comune come S. Pietro che dà servizi ad altricomuni. Questo preoccupa noi amministratori soprattuttoin prospettiva».

E. G.(Dom, 15. 9. 2013)

VALCANALE-KANALSKA DOLINA

Sloveno a singhiozzo

Ci sono i fondi per la scuola dell’infanzia e primaria.Non per medie e superiori

Anno scolastico nuovo e problemi vecchi per l’insegna-mento dello sloveno in Valcanale/Kanalska dolina. Almomento attuale ci sono le condizioni perché l’insegna-mento parta senza problemi nelle scuole dell’infanzia diUgovizza/Ukve, Tarvisio/Trbi¡ Città e Camporosso/˘abni-ce e nelle scuole primarie di Ugovizza, Tarvisio Città eTarvisio Centrale. Questo grazie all’intervento dellaComunità montana del Gemonese, Canal del Ferro eValcanale, che ha stanziato fondi per l’anno scolastico inarrivo.Contattato dal Dom, Antonio Pasquariello, dirigentedell’Istituto omnicomprensivo di Tarvisio «IngeborgBachmann», conferma però il momento d’incertezzagenerale circa i finanziamenti per le lingue minoritarie. «Ilcontributo della locale Comunità montana – spiega il diri-gente scolastico – permetterà di soddisfare le esigenze di

spesa solo fino a marzo; in ogni caso, malgrado la situa-zione d’incertezza, c’è un orientamento favorevole a com-pletare l’anno scolastico, trattandosi di una spesa relati-vamente irrisoria. Il circolo culturale sloveno «Planika» daràil proprio contributo con due ore d’insegnamento di slove-no settimanali nel plesso di Ugovizza; per quanto riguar-da la scuola secondaria di primo grado e le prime classidelle scuole secondarie di secondo grado di Tarvisio, inve-ce, voglio ricordare come sia già saltata da tempo l’espe-rienza di sostegno da parte della Repubblica di Slovenia,che aveva fornito un’insegnante apposita».Spaziando sull’insegnamento delle altre lingue minoritarieproprie della Valcanale, diversa è la situazione per tede-sco e friulano. Per il tedesco il quadro è più positivo cheper lo sloveno, dal momento che nelle scuole dell’infanziae primarie della zona ci sono risorse di personale internocon adeguati titoli e che la materia è consolidata come cat-tedra nella scuola secondaria di primo grado e all’Istitutotecnico per il turismo di Tarvisio. Ed anche al liceo scien-tifico, grazie ad un adattamento del curricolo, si disponedi cattedre.«Pur facendo leva su diverse strumentazioni – confrontaPasquariello – per il tedesco si copre un’esigenza educa-tiva che va dai tre anni d’età alla maturità, mentre per losloveno questa si blocca alla classe quinta della scuola pri-maria». L’insegnamento del friulano, invece, vive una situa-zione paradossale: dal momento che gli insegnanti chedispongono dei requisiti richiesti per l’insegnamento dallenormative sono pochi – ed ancora meno quelli che opta-no per salire in Valcanale – in zona viene offerto a mac-chia di leopardo.Intanto Anna Wedam per l’associazione/zdru¡enje «donMario Cernet» ed Alfredo Sandrini, presidente del circoloculturale tedesco «Kanaltaler Kulturverein» hanno incon-trato, a nome dei rispettivi sodalizi, il vicepresidente delConsiglio regionale, Igor Gabrovec (Unione Slovena-Ssk).All’incontro, cui erano presenti anche i consiglieri regionalidel Pd Stefano Ukmar e Franco Codega (quest’ultimo è pre-sidente della commissione che si occupa dell’istruzione),Wedam e Sandrini hanno chiesto alla Regione di impe-gnarsi a coprire ogni anno le spese per gli insegnanti disloveno e tedesco della zona – perlomeno finchè non verràraggiunta una soluzione in merito all’iter d’istituzione dellascuola trilingue. Va evidenziato che due unità che inse-gnassero sloveno e tedesco in Valcanale comporterebbe-ro una spesa complessiva di 50.000 euro l’anno – unaspesa irrisoria nel fiume di denaro dei bilanci regionali.Al termine della riunione, i tre consiglieri hanno espressol’impegno a reperire i fondi necessari già per l’attuale annoscolastico. «L’obiettivo finale – ha affermato Gabrovec –resta quello di giungere a una scuola completamente tri-lingue».

Luciano Lister(Dom, 15. 9. 2013)

PUBBLICAZIONE

Un volume sul progetto «Drei Hände - Tri roke

- Tre mani»

S’intitola «Mehrsprachigkeit grenzüberschreitend»(«Plurilinguismo travalicando i confini»), la nuova pubbli-cazione in tedesco curata da Georg Gombos – professo-

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re all’Università di Klagenfurt/Celovec – in cui buona partedel materiale di trattazione viene fornita dal progetto tran-sfrontaliero «Drei Hände – Tri roke – Tre mani», cui hapreso parte anche l’Istituto Omnicomprensivo diTarvisio/Trbi¡. Il volume, infatti, è il risultato di tre conve-gni che si sono tenuti nel 2009, 2010 e 2011 proprio in meri-to al progetto formativo a cavallo dei tre confini. Ricordiamoai lettori del Dom che, col progetto «Drei Hände – Tri roke– Tre mani», i promotori delle scuole dell’infanzia di Nötschim Gailtal/#ajna (Austria), Kranjska Gora (Slovenia) eTarvisio/Trbi¡ (Italia) hanno portato i propri istituti a rice-vere, nel 2007, il sigillo ESIS per i progetti linguistici inno-vativi. In ciascuna delle tre scuole dell’infanzia vengonoofferte entrambe le lingue dei Paesi confinanti una volta lasettimana per una mezza giornata, in aggiunta alle attivitàordinarie. Per giungere allo scopo, le tre scuole dell’infan-zia si scambiano il personale, che sviluppa un program-ma per promuovere tutte e tre le lingue fra i bambini.Gombos stesso evidenzia in ogni caso che questo progettonon costituisce di certo l’unica sperimentazione linguisti-ca nella zona dei tre confini: basti pensare all’esperimen-to di classe quadrilingue (sloveno, tedesco, italiano ed ingle-se) avviato dal ginnasio sloveno di Klagenfurt già nel 1999,che ha dato il via alla sezione Kugy (spesso frequentataanche da ragazzi provenienti dalla Valcanale/Kanalska doli-na, ndr.). Dal volume emerge chiaramente come i confinilinguistici possano essere agevolmente superati appren-dendo le lingue dei vicini – ed è principalmente così chenel volume vengono considerate le lingue della zona deitre confini, anche se, ad esempio, lo sloveno è anche secon-da lingua regionale in Carinzia/Koroœka, mentre nella nostraregione sloveno e tedesco (assieme al friulano), rappre-sentano lingue minoritarie ufficialmente riconosciute anchedallo Stato italiano. Il volume è strutturato in tre parti: la prima si occupa diaspetti educativo-pedagogici, linguistico-politici ed econo-mici; nella seconda si parla delle condizioni fondamentaliper un’implementazione di successo delle lingue negli isti-tuti d’istruzione, mentre nella terza vengono presentati alcu-ni esempi d’istruzione plurilingue. L’opera, edita dalla casaeditrice «Drava» di Klagenfurt, offre un contributo allo svi-luppo di un percorso educativo trilingue, dalla scuola del-l’infanzia alla maturità. È da auspicare che il volume siapresto disponibile anche in italiano, non solo perché parladegli sforzi compiuti in un’ottica plurilingue anche dall’IstitutoOmnicomprensivo di Tarvisio, ma anche perché possa for-nire spunto e sprono per l’attuazione effettiva del modellod’insegnamento trilingue in Valcanale.

Luciano Lister(Dom, 30. 9. 2013)

TRST / GORICA

Trieste e Gorizia: gli iscritti nelle scuole

con lingua d’insegnamento slovena

Il campanello di inizio anno scolastico è suonato dappri-ma per l’Istituto comprensivo di Doberdò del Lago, segui-to dal polo scolastico delle superiori in via Puccini a Goriziae dall’Istituto comprensivo con lingua d’insegnamento slo-vena a Gorizia. La popolazione scolastica interessata contacirca 580 alunni alle elementari, 296 alle medie inferiori e250 alle superiori, mentre le materne contano 450 bambi-

ni iscritti. All’istituto comprensivo di Doberdò del Lago ilnumero di iscritti è di 267 alle elementari e di 193 nella scuo-la dell’infanzia, mentre sono 118 gli iscritti alla scuola mediainferiore. Per quanto riguarda l’Istituto comprensivo con lingua di inse-gnamento slovena a Gorizia, la scuola dell’infanzia contacirca 257 bambini, le elementari 315, la media inferiore IvanTrinko 178 alunni.A Trieste gli Istituti comprensivi di San Giacomo a Trieste(188 iscritti, di cui 81 alle materne, 85 alle elementari e 22alle medie Ivan Cankar) e di Aurisina (293 unità, di cui 76alle materne, 185 alle elementari e 85 alle medie inferio-ri), Vladimir Bartol di San Giovanni (355 unità, di cui 47 allematerne, 191 alle elementari e 117 alle medie) e la scuo-la dell’infanzia comunale a San Pelagio, contano una popo-lazione scolastica complessiva di 913 unità.Per quanto riguarda i quattro istituti superiori presenti in città,il liceo «France Preœeren» conta 238 studenti, l’IstitutoŒtefan annovera 105 iscritti, l’Istituto tecnico ˘iga Zois ha85 iscritti mentre sono 74 gli studenti del liceo di scienzeumanistiche, sociali ed economiche «Anton MartinSlomœek».

(dal Primorski dnevnik, 5.-10.9.2013)

TRIESTE-TRST

Dal 20 al 22 settembre si è tenuta «Slofest»

Manifestazione organizzata dalla Zskd

Ha avuto luogo dal 20 al 22 settembre a Trieste «Slofest»,la prima festa degli sloveni in Italia, che è stata organiz-zata dall’Unione dei circoli culturali sloveni-Zskd con il soste-gno di numerose istituzioni, in prima fila il Comune e laProvincia di Trieste, la Regione autonoma Friuli-VeneziaGiulia e l’Unione economica culturale slovena-Skgz.I rappresentanti di numerosi circoli e organizzazioni sloveniprovenienti dalle province di Udine, Trieste e Gorizia, nellequali è storicamente presente la nostra comunità, hannoofferto alla parte italiana della città, e non solo, un’ottimaopportunità per conoscere la realtà slovena nelle sue mol-teplici espressioni. Al successo dell’iniziativa, attraverso laquale si è voluto evidenziare il volto sloveno della città edella regione, ma anche la ricchezza apportata dal multi-culturalismo, hanno contribuito anche rappresentanti dellecomunità friulana e di quella italiana in Slovenia.L’importanza di promuovere la conoscenza reciproca trale varie comunità presenti a Trieste e nella nostra regioneè stata sottolineata da quasi tutti gli intervenuti al Slofest.Tra gli altri vi hanno preso parte il ministro sloveno per glisloveni d’oltre confine e nel mondo, Tina Komel, il sinda-co di Trieste, Roberto Cosolini, la presidente dellaProvincia di Trieste, Maria Bassa Proropat, e l’assessoreregionale alla Cultura, Gianni Torrenti. Tutti hanno sotto-lineato come i tempi siano cambiati e quanto stia miglio-rando il rapporto tra le varie comunità, improntati ad un mag-giore rispetto reciproco. È stato anche detto che eventicome lo Slofest, che un tempo potevano sortire reazioninegative, oggi vengano accolti in modo del tutto diverso.Gli intervenuti hanno evidenziato, inoltre, l’importanza dicoinvolgere i giovani in queste manifestazioni.Torrenti, che già da anni collabora con le organizzazionislovene, ha detto che per lui Slofest è parte integrante diun processo di collaborazione con gli sloveni che rientra

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ormai nella normalità. Ha auspicato, inoltre, che in futurosi possa ampliare il raggio di quanti comprendono sia losloveno che l’italiano.Al termine dello Slofest, soddisfazione è stata espressadalla presidente provinciale dell’Unione dei circoli cultura-li sloveni-Zskd, ˘ivka Persi, la quale ha detto che il pro-getto ambizioso è stato accolto con entusiasmo, «oltre ogniaspettativa». Il nostro obiettivo era di presentare l’attivitàdella comunità slovena soprattutto ai concittadini di linguaitaliana. Ma lo Slofest è riuscito a fare di più, ha calamita-to nuovo interesse e pubblico ed è diventato un’attrazio-ne per i turisti presenti in città.Considerato il grande successo riscosso, è stata espres-sa la volontà di ripetere l’evento l’anno prossimo.

T. G.(Novi Matajur, 25. 9. 2013)

OPINCINA – OP#INE

Concluse le Giornate di studio «Draga»

In contemporanea con la manifestazione culturale «Dragamladih», il tradizionale incontro (di riflessione sulle sfide delpresente e del futuro) tra giovani sloveni provenienti daSlovenia, da oltre confine e dal mondo, che ha avuto luogovenerdì 30 agosto a Lubiana e sabato 31 a Opicine, haavuto luogo al Fin¡garjev dom di Opi@ina la 48a edizionedelle giornate di studio Draga 2013.All’introduzione di Sergij Pahor, presidente del Circolo degliintelettuali sloveni (che ogni anno organizza la manifesta-zione), è stato evidenziato il filo conduttore della manife-stazione (l’identità nazionale, i valori della democrazia e delcristianesimo) dalle autorità presenti: l’ambasciatore slo-veno in Italia Iztok Miroœi@ (il quale ha sottolineato la neces-sità di una scuola di qualità nella zona d’oltre confine); l’on.Tamara Bla¡ina ha detto che la scuola è il settore che piùavverte i cambiamenti della società. Il vicepresidente delConsiglio regionale, Igor Gabrovec, si è soffermato sul cen-tenario di Boris Pahor e sulla prematura scomparsa delladiciassettenne ˘iva Srebrni@; l’assessore comunale diTrieste, Edi Kraus, ha sottolineato la missione della mani-festazione impegnata da sempre a promuovere ed affer-mare il concetto di democrazia, il che la rende sempre attua-le; la necessità di una scuola di qualità è stata sottolinea-ta anche dal presidente dell’Unione culturale slovena-Skgz,Rudi Pavœ[email protected] giornata di venerdì 30 agosto ha avuto luogo una con-ferenza a più voci sulla questione della lingua slovena, sulfenomeno della multiculturalità, sul tema della nazionalitàe sulla situazione, ad esso correlata, della scuola slovenain Italia. Il direttore didattico Marjan Kravos ha evidenzia-to l’incremento di iscritti registrato negli ultimi anni dallescuole di lingua slovena e dovuto alla massiccia iscrizio-ne di alunni provenienti da famiglie non slovene. Ne deri-va un quadro multietnico e multiculturale nel quale lo slo-veno non è più lingua dominante. Da qui la necessità dipromuovere l’uso della lingua slovena sia in ambito sco-lastico che extrascolastico. Vasta Polojaz, esperta di pediatria, pedopsichiatria e psi-coanalisi si è soffermata sull’esito delle ricerche promos-se dal Fondo Zora e Libero Polojaz in collaborazione conlo Slori sulla scuola nell’area d’oltre confine e soprattuttosul rapporto dei genitori sloveni verso il concetto di multi-culturalità.

Sara Brezigar, ricercatrice dell’Istituto di Lubiana per le que-stioni nazionali ha detto che gli alunni iscritti alle scuole slo-vene e provenienti da famiglie non slovene rappresenta-no dei membri potenziali della comunità linguistica slove-na.«Auguro a Draga di continuare ad essere ciò che è sem-pre stata! Ognuno di noi nei limiti delle sue possibilità devecontribuire a salvare l’identità slovena davanti alla globa-lizzazione. Se in futuro sarò ancora in buone forze contri-buirò anch’io». Con queste parole sabato 31 agosto lo scrit-tore sloveno di Trieste, Boris Pahor, ha chiuso il suo inter-vento all’omaggio per i suoi cento anni che gli è stato dedi-cato nel corso della manifestazione, alla quale è più volteintervenuto nelle precedenti edizioni. Di seguito, Evald Flisar, uno dei più tradotti scrittori sloveni,ha fatto alcune riflessioni sulla società odierna, arricchen-dole con aneddoti della sua vita privata e affermando chementre suo figlio di sei anni inizia ogni giornata impazien-te di sapere che cosa gli riserverà, lui invece si chiede quo-tidianamente come sarà il futuro di suo figlio.Domenica 1° settembre il teologo sloveno dell’Ordine deimissionari del Cuore Immacolato di Maria, Branko Cestnik,si è soffermato sul cinquantenario del secondo ConcilioVaticano II e sulla situazione attuale della chiesa nel mondoe in Slovenia. Ha detto che in Slovenia si avverte la neces-sità di una nuova teologia politica (legata alla società e disupporto ai processi sociali) nell’attuale periodo di crisi dellachiesa, del popolo sloveno e del rapporto verso la società.Nella nuova teologia politica Cestnik ravvisa tre punti fon-damentali: il dialogo, la partecipazione, la riconciliazionee il perdono.Aleœ Maver, redattore della rivista «Tretji dan» e del por-tale «#asnik», nonché docente di latino e di storia anticaalla Facoltà di filosofia dell’Università di Maribor, ha par-lato della crisi economica e di valori morali della Slovenia.In chiusura della manifestazione è stato consegnato dagliorganizzatori il Secondo premio Peterlin (dedicato a Jo¡ePeterlin, attivo uomo di cultura e promotore di Draga) cheogni anno viene assegnato a operatori e organizzazioni cul-turali slovene nell’area d’oltre confine, in Slovenia e nelmondo. Destinatari del premio sono stati Janko Zerzer, pre-sidente onorario dell’Unione culturale cattolica-Kkz diKlagenfurt (Austria) e all’Unione dei cori parrocchiali diTrieste, che quest’anno festeggia i 50 anni di attività e perla quale ha ritirato il premio il suo presidente, Marko Tav@ar.

A. #.(dal Novi glas, 5. 9. 2013)

BASOVIZZA-BAZOVICA

Ricordati i martiri sloveni fucilati dai fascisti

Dopo oltre ottant’anni è ancora viva la memoria dei quat-tro giovani sloveni che il 6 settembre del 1930, alle 5 e 43minuti, sulla piana di Basovizza furono fucilati da un plo-tone di esecuzione fascista. La loro lotta per un domanimigliore degli sloveni, contro la violenza e la repressione,fu soffocata nel sangue.Solidarietà, necessità di tutelare la memoria storica sulletragedie dello scorso secolo, libertà di idee e di cultura,uguaglianza sono i concetti emersi nel corso della ceri-monia commemorativa, celebrata domenica 8 settembresulla piana di Basovizza e che ha visto la partecipazionedi circa mille persone.

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La cerimonia, presentata da Kim Furlan e Matita Kralj, èstata introdotta dall’esibizione del coro partigiano diTrieste, «Pinko Toma¡i@», diretto da Pia Cah, e dalla bandaViktor Parma di Trebiciano diretta da Luca Carli. Il presidente del Comitato per i martiri di Basovizza, MilanPahor, ha sottolineato la necessità di inserire la piana diBasovizza tra i luoghi della memoria italiana dell’antifa-scismo e che sia conferito valore nazionale al monumen-to eretto ai quattro martiri sloveni.Tra la folla erano presenti il sindaco di Trieste, RobertoCosolini, il ministro sloveno per gli sloveni d’oltre confinee nel mondo, Tina Komel, il ministro alla cultura sloveno,Uroœ Grilc, il segretario di Stato sloveno Boris Jesih, l’am-basciatore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@, la console slo-vena a Trieste Eliœka Kersni@ Œmaver, la deputata TamaraBla¡ina e i rappresentant delle organizzazioni slovene piùrappresentative (la Confederazione delle organizzazioni slo-vene-Sso e l’Unione culturale economica slovena-Skgz),dei comuni limitrofi, della Provincia di Trieste e dellaRegione. Nel suo intervento il sindaco Cosolini ha detto che se Triesteoggi è una città libera lo deve al sacrificio pagato dai quat-tro martiri di Basovizza e da quanti hanno combattuto esono stati vittime della violenza. Ha sottolineato, poi, quan-to sia importante, soprattutto a Trieste, la collaborazioneculturale tra le realtà italiana e slovena; soprattutto nell’o-dierna Europa unita, che tutela valori quali la solidarietà eil rispetto.La figura dei quattro eroi di Basovizza è stata ricordata, quin-di, da Grilc. Sono poi intervenuti gli oratori ufficiali, lo sto-rico italiano di Gradisca, Dario Matiussi, e il poeta slove-no Marko Kravos. Matiussi ha detto che «coltivare il patri-monio culturale del rispetto dev’essere un traguardo di tutti,non solo degli enti pubblici e delle scuole, ma anche deigenitori chiamati a crescere i loro figli. Se riusciremo in que-sto intento, avremo la certezza di aver ricordato nel modogiusto i martiri di Basovizza».Kravos ha evidenziato il significato dell’annuale ritrovo aBasovizza, «il luogo comune, dove convergono i nostri sen-timenti e speranze, ed emerge l’interesse verso il prossi-mo. Solo questo è il pane della convivenza, è la chiaveverso il futuro per il microcosmo tra il Carso e il mare e peril pianeta intero». La cerimonia si è conclusa con il cantodell’inno «Vstajenje Primorske» (il risorgimento del Litorale,ndt.).

Barbara Ferluga(Primorski dnevnik, 10. 9. 2013)

NOVA GORICA

Conferita la cittadinanza onoraria

a Lojzka Bratu¡

«Questo riconoscimento lo dedico non solo a me stessae alle mie opere, ma anche ai miei genitori, alla mia fami-glia e a tutti gli sloveni d’oltre confine». Questo è stato ilcommento della prof. Lojzka Bratu¡, che venerdì 6 set-tembre nel Teatro nazionale sloveno, a Nova Gorica, haricevuto la cittadinanza onoraria per i suoi meriti nella tute-la del comune spazio nazionale e culturale e per il suo ope-rato scientifico-culturale.«Sono onorata nel ricevere questo riconoscimento moltoimportante, che collego con i monumenti esposti lungo viale

Erjavec e dedicati a persone illustri del territorio d’oltre con-fine e di Nova Gorica. Con il loro operato hanno dimostratoche ci troviamo in uno spazio comune, anche se viviamoin due Stati diversi, siamo in costante contatto e collabo-riamo», ha detto la Bratu¡. Quando le abbiamo chiesto seritiene che dalla caduta del confine i due territori sianosostanzialmente più uniti di prima, ha risposto:«Non sonocaduti proprio tutti i confini. Soprattutto le barriere menta-li, presenti ancora in molti nostri concittadini in Italia. Sarànecessario ancora molto tempo perché la situazione miglio-ri».È seguita la consegna di altri rionoscimenti importanti, tragli altri il Premio intitolato a France Bevk (uno dei più impor-tanti scrittori sloveni, ndt.), assegnato al Kulturni dom diNova Gorica per la più che trentennale attività in ambitoculturale ed artistico, ed all’attrice e regista Neda RusjanBric per alcuni suoi lavori teatrali.È stato ricordato, inoltre, il direttore del Museo di GoriziaAndrej Malni@, recentemente scomparso, con una scultu-ra consegnata dal Comune alla figlia Anna.(Primorski dnevnik, 8. 9. 2013)

VENEZIA

Nel segno di Zoran

Al Festival del cinema “standing ovation”per il film d'esordio del goriziano Matteo Oleotto

Standing ovation e dieci minuti di applausi per la “prima”.Tutto esaurito ad ogni proiezione successiva. E “casaZoran”, un'osmica (tipica frasca del Carso) allestita sul Lido,che diventa la location più affollata fra quelle della 70. edi-zione della Mostra internazionale del cinema di Venezia.Indubbiamente “Zoran, il mio nipote scemo”, film d'esor-dio del goriziano Matteo Oleotto, è stata una delle rivela-zioni di questa rassegna. Una pellicola che ha colpito perla sua struttura narrativa (con la sceneggiatura firmata daDaniela Gambaro, Pierpaolo Piciarelli e Marco Pettenello),per l'originalità e la profondità con cui vengono trattati i per-sonaggi (interpretati da Giuseppe Battiston, Teco Celio, RokPraœnikar, Roberto Citran, Sylvain Chomet), per la comi-cità autentica che assume toni drammatici. Ma anche per lo sfondo su cui si sviluppa la storia. Unaterra, il Friuli Venezia Giulia, geneticamente multicultura-le. In cui convivono italiani, friulani e sloveni. Non a casola produzione di Trasmedia – Staragara (Igor Prin@i@) è statasostenuta da Eurimages, in collaborazione con FriuliVenezia Giulia Film Commission e con il contributo delfondo regionale per l’audiovisivo del Friuli Venezia Giulia.Un aspetto quello dell'ambientazione su cui si è soffermatoa lungo anche il regista Oleotto nell'intervista, che riportiamoqui di seguito, realizzata da Mauro Missana (direttore diRadio Onde Furlane) e Massimiliano Deliso (conduttore de“I fratelli Lugosi” ogni mercoledì alle 19 sui 90.0 fm) pro-prio al lido di Venezia. O, meglio, in quell'enclave del FriuliVenezia Giulia, che nei giorni della rassegna cinemato-grafica è stata “casa Zoran”.

È piaciuta molto qui a Venezia la tua idea di tornare a casaper dirigere questo tuo primo lavoro. Il cinismo della comi-cità di cui è intrisa la pellicola riproduce proprio le tipichebattute da osmica. Per quale motivo, tu che ti sei trasferi-to a Roma da qualche anno, hai scelto di tornare nella tua

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regione?«Secondo me, ed è questo il motivo della mia scelta, è fon-damentale per un regista, soprattutto per la sua primaopera, tornare nei luoghi che conosce intimamente. In qual-che modo bisogna ripartire da ciò che si ha dentro, dal-l'immaginario e dalla costruzione dell'anima propria di cia-scuno di noi. Sono cresciuto a Gorizia e lì è avvenuta lamia formazione culturale. Il ritorno alle origini è importan-te: stiamo cementificando il mondo, ci stanno inculcandoche dobbiamo andare avanti con questo tipo di progres-so. Io dico invece che bisogna tornare a ragionare sullenostre radici».

E ci sembra che questo sia proprio un film mitteleuropeo:in cui c'è l'italiano, lo sloveno, il friulano, il goriziano...?«È così. Sono molto più vicino culturalmente alla mitte-leuropa che, diciamo così, a qualsiasi altra regione. Insiemeal produttore stiamo lavorando proprio in questo senso. Perl'Italia siamo ai margini, per la mitteleuropa siamo al cen-tro. Secondo me quindi vale la pena ricominciare a valo-rizzare questo aspetto della nostra terra, per altro pres-sochè sconosciuto nel resto di Italia. Il cinema contempo-raneo sta proprio dimostrando che anche in Italia per farecinema non bisogna per forza far fare riferimento a Roma».

Tornerai quindi anche in futuro ad occuparti con il tuo cine-ma di queste terre in cui nel raggio di cento chilometri sitrova una moltitudine di culture che è difficile vedere altro-ve?«Sicuramente sì, la sfida di questo progetto era proprio quel-la di provare a vedere se interessava al pubblico il mio puntodi vista. Sembra che questa sfida sia stata vinta e quinditornerò a proporre la realtà della mia terra. E da Goriziano,quando dico “la mia terra” intendo anche tutta quella fasciadi Slovenia che ci sta accanto e che da quando non c'èpiù il confine abbiamo avuto modo di conoscere meglio,che ci consente di spingere il nostro sguardo un po' più inlà. Nel film abbiamo parlato di confini, ma senza sottolinearli:c'è un'attrice slovena che parla con un forte accento slo-veno proprio come accade dalle nostre parti. Allo stessomodo ci sono alcune battute in friulano, la gente che parlain italiano e alcuni che invece usano il dialetto. La nostraè una terra complessa che proprio per questo si presta adessere raccontata. E il mio prossimo film sarà sicuramen-te di nuovo fra Friuli Venezia Giulia e Slovenia».

(Novi Matajur, 12. 9. 2013)

AREZZO

Premiato il coro Bode@a Ne¡a

Al 30° concorso corale nazionale premio prestigiosoconseguito dal gruppo vocale femminile di SanMichele del Carso-Vrh

Il curriculum del gruppo vocale femminile Bode@a ne¡a diSan Michele del Carso (Go), diretto da Mateja #ernic, sifregia di un nuovo importante traguardo. Ha vinto, infatti,il primo premio al 30° concorso corale nazionale di Arezzoed ha partecipato anche a quello internazionale che,entrambi parte della rete prestigiosa Grand Prix, hannoavuto luogo nella chiesa di San Domenico ad Arezzo, inToscana. Una vittoria frutto del duro lavoro del coro chefonda il suo impegno su un aggiornamento continuo, una

forte motivazione, l’attenzione al dettaglio, in breve su unapproccio all’arte che punta in alto.Il fatto che al concorso nazionale polifonico, nella catego-ria riservata agli adulti, abbiano partecipato solo tre cori nonsminuisce il valore dell’ottimo risultato, raggiunto grazie adun’esibizione di qualità capace di sbaragliare anche unaconcorrenza maggiore. In questo caso il divario è stato note-vole, tanto che la giuria non ha assegnato il secondo pre-mio, aggiudicando un terzo posto ex aequo agli altri duecori in gara. Il concorso nazionale è stato dedicato a Orlando Di Piazza,scomparso da poco, che è stato ricordato anche dal coroinfantile di Contra (Pordenone), che con il terzo premio nellacategoria per i giovani ha dato ulteriore lustro alla nostraregione.

Rop(Primorski dnevnik, 31. 8. 2013)

LUSSARI-SVETE VIŒARIJE

Sul Lussari una riflessione sul futuro

degli sloveni

In occasione del Pellegrinaggio delle tre Slovenie

Domenica 4 agosto, sul Monte Santo di Lussari/SveteViœarje, si è tenuta la venticinquesima edizione delPellegrinaggio delle tre Slovenie (Romanje treh Slovenij),cioè degli sloveni che vivono in Slovenia, di quelli delle mino-ranze d’oltreconfine e di quelli in emigrazione. IlPellegrinaggio delle tre Slovenie viene curato dall’asso-ciazione «Rafaelova dru¡ba» (istituzione slovena che si pre-figge di aiutare emigranti ed emigrati sloveni a mantene-re le radici slovene e cattoliche) e sostenuto finanziaria-mente dall’Ufficio governativo per gli sloveni d’oltreconfi-ne e nel mondo. Tra i presenti all’evento, diversi i volti noti,specie del mondo politico. Sul piazzale retrostante il santuario, dopo i consueti indi-rizzi di saluto, ha esposto la propria relazione il prof. Toma¡Sim@i@, che ha riflettutto su «Slovenità, cristianità e demo-crazia – ieri, oggi e domani». Un tempo questi valori, stan-do a Sim@i@, erano sostenuti specie in reazione ad inizia-tive portate avanti da altri, caratterizzati da idee avversa-rie. Da vent’anni il sistema sociale e politico sloveno è cam-biato ed anche le zone di confine dove vive la minoranzavivono cambiamenti. Secondo il relatore, è necessarioabbandonare le posizioni di difesa ed attivarsi, il che nonimplica solo evidenziare i problemi, ma anche l’esserci almomento di risolverli.Alla relazione di Sim@i@ è seguita la messa, presieduta dalcardinale Franc Rode e concelebrata da tredici sacerdoti.Nell'omelia, ricordando la figura del prof. Lambert Ehrlich,Rode ha esposto una serie di riflessioni sulla Slovenia esugli sloveni in generale ed evidenziato come in una societàfondata sulla democrazia siano necessari principi etici chela difendano e la facciano vivere. In questo tipo di societàhanno un ruolo fondamentale diverse istituzioni della societàcivile, fra cui la Chiesa.Rode ha, inoltre, ricordato ai fedeli che la vita non va cer-cata in spropositate ricchezze materiali – e, nel farlo, nonha potuto esimersi dal commentare il caso dell’arcidioce-si di Maribor, di recente interessata da un crac finanziarioda 800 milioni di euro, che ha portato alle dimissioni degli

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arcivescovi sia di Maribor, Marjan Turnœek, sia di Lubiana,Anton Stres. «Il crollo finanziario dell’arcidiocesi di Mariborcon tutte le sue conseguenze – ha detto Rode – ci ricor-da quanto sia importante tenere in considerazione i prin-cipi evangelici riguardo alla ricchezza. Questi principi val-gono per ogni cristiano quanto per la Chiesa tutta, comericordato da papa Francesco».Dopo la funzione religiosa e a conclusione del program-ma della giornata, sullo spiazzo retrostante il santuario haavuto luogo un breve programma culturale, cui hanno con-tribuito il coro misto di Zell/Sele (Carinzia) – già impegna-to durante la celebrazione – ed alcuni giovani che hannocurato un recital incentrato sulle figure slovene di JanezJane¡, France Balanti@ ed Ivan Trinko.È stato proprio al termine del programma che gli slovenidelle tre Slovenie, secondo le intenzioni degli organizza-tori, hanno potuto conoscersi e stringere contatti.

Luciano Lister(Dom, 31. 8. 2013)

VAL CANALE – KANALSKA DOLINA

Dieci anni fa una terribile alluvione

devastò la valle

Dieci anni fa, il 29 agosto del 2003, si è abbattuto sullaValcanale un violento nubifragio – 400 mm di pioggia inquattro ore – che ha causato danni ingenti a case, perso-ne e cose soprattutto nei paesi di Ugovizza, Malborghettoe Cucco. Il bilancio finale dell’alluvione è stato di due morti– Gertrude Schnabl di Ugovizza e Bruno Urli diMalborghetto, ingentissimi danni alle infrastrutture viarie ealle abitazioni. A Ugovizza è crollato il campanile e la chie-sa è stata devastata. L’anniversario di quel tragico even-to è stato celebrato giovedì 30 agosto con un concerto nellachiesa parrocchiale e venerdì 31 agosto con una comme-morazione solenne a Malborghetto.

(Primorski dnevnik, 27. 8. 2013)

L’INTERVISTA

Ora i nostri paesi sono al sicuro

Il sindaco di Malborghetto-Valbruna,Alessandro Oman, sulla ricostruzione post-alluvione

A distanza di dieci anni dagli eventi alluvionali del 2003, ilgrosso della messa in sicurezza è stato ultimato e riman-gono solo alcuni piccoli lavori. Il sindaco di Malborghetto-Valbruna/Naborjet-Ov@ja vas, Alessandro Oman, enume-ra con orgoglio gli interventi effettuati sul territorio comu-nale. «Nel nostro territorio – spiega Oman – i lavori più grossisi sono concentrati soprattutto ad Ugovizza/Ukve, con laregimazione del torrente Uque e con la realizzazione di cin-que bacini di raccolta. Se dovesse ripetersi un fenomenoalluvionale simile a quello del 2003, questi dovrebbero trat-tenere a monte il materiale senza problemi. E nel tratto incui attraversa l’abitato di Ugovizza, il torrente ha visto unallargamento della propria sezione idraulica, che è ora cin-que volte maggiore rispetto ad una volta».

Altri lavori sono stati effettuati nella zona di Cucco/Kuk edietro Malborghetto/Naborjet. Oltre ad interventi sui diver-si rii nei pressi dell’abitato, anche a Cucco è stato costrui-to un bacino di raccolta che, in caso di un evento comequello del 2003, tratterrebbe tutto il materiale a monte.Un’opera simile è stata realizzata anche dietro al paese diMalborghetto. Grandi opere di arginamento, poi, hanno inte-ressato il torrente Fella/Bela – in pratica dalla zona diUgovizza sino a Bagni di Lusnizza/Lu¡nice.Interventi di messa in sicurezza preventiva sono stati rea-lizzati anche a Valbruna/Ov@ja vas. «Abbiamo portato a ter-mine un lavoro anche lungo il torrente Saisera – puntua-lizza Oman – nonché alzato l’argine ed approntato dellemassicce scogliere su alcuni punti critici in corrisponden-za dell’abitato. Sempre nei pressi di Valbruna, abbiamoeffettuato anche alcuni lavori su rii minori vicino al paese,come sul Rio del Salto e sul Carscin».A quelli di messa in sicurezza, il primo cittadino aggiungeanche altri tipi d’intervento. «Come Comune abbiamo segui-to la sistemazione del campanile, ricostruito col contribu-to delle Regione Veneto, e abbiamo approntato il centropolifunzionale di Ugovizza con soldi provenienti da diver-se iniziative di solidarietà. Abbiamo sistemato acquedottie fognature e ci sono anche due depuratori, uno adUgovizza ed uno a Malborghetto. Diciamo che il ciclo idri-co integrato è a posto».Se dovesse capitare un evento alluvionale simile a quellodel 2003, non dovrebbero quindi ripresentarsi problemi.Anche se il condizionale è sempre d’obbligo, perché in zonedi montagna non si può mai sapere. A questo punto, il sin-daco confida che sia arrivata la fase dello sviluppo. «Noiriteniamo prioritario il settore turistico con interventi legatiall’infrastrutturazione delle piste da discesa e dello sci nor-dico. Negli ultimi quindici anni, nel nostro comune, il nume-ro dei posti letto è passato da 300 a 700, ma manca unastruttura di livello con spa, centro wellness, ecc. che possafar fare un salto di qualità a tutta la Valcanale. Dobbiamopoi lavorare ancora di più su ospitalità e professionalità nellestrutture ricettive. Avendo tutte le infrastrutture stradali eferroviarie a nostra disposizione e strutture demaniali obso-lete o abbandonate, si potrebbe, inoltre, pensare di pun-tare sul manifatturiero o sull’hi-tech per i nostri giovani».

Luciano Lister(Dom, 31. 8. 2013)

CIVIDALE-#EDAD

I padri cappuccini da 100 anni a Castelmonte

Giunti il 6 settebre 1913 sostituirono i vicari slovenicon l’impegno di provvedere ad un frate che conoscessela lingua slovena

Nel corso dell’annuale pellegrinaggio diocesano aCastelmonte è stato ricordato anche il centesimo anni-versario dell’affidamento del santuario mariano ai frati cap-puccini. Era il 6 settembre 1913, infatti, quando il decanodi Cividale, mons. Valentino Liva, accompagnò nella nuovaabitazione p. Eleuterio Tonini da Rovigo, primo custode delsantuario, e fra Gottardo da Montedellebotte. Si concre-tizzavano così gli auspici del Capitolo di Cividale, che erail vero amministratore della parrocchia e del santuario, ildesiderio dell’arcivescovo di Udine, mons. AntonioAnastasio Rossi, e dei pellegrini friulani e sloveni che sali-

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vano a Castelmonte sempre più numerosi.Ma il traguardo, raggiunto quel sabato 6 settembre dicent’anni fa, fu preceduto da un lungo cammino di tratta-tive, scambi di lettere, incontri, colloqui e di qualche malu-more ed incomprensione.Fino all’arrivo dei padri cappuccini Castelmonte era ancheuna parrocchia retta da un vicario curato nativo della Slavia,nominato dal Capitolo di Cividale, che conosceva lo slo-veno, l’italiano e il friulano e poteva così confessare e pre-dicare ai pellegrini nella loro lingua. Della parrocchia face-vano parte anche alcuni paesi vicini della valle del Judrio.L’idea di affidare ad un ordine religioso la cura del santuarionon era nuova. Già nel 1901 la fabbriceria che amministravai beni della parrocchia ed era espressione del Capitolo, dopola morte del vicario don Valentino Zuanella di Rodda, pro-pose «di affidare il servizio di quella chiesa ad un qualcheordine di preti regolari, conoscendo la difficoltà di dare unbuon andamento al Santuario». Il Capitolo fu d’accordo eall’arcivescovo scrisse che riguardo all’affidamento del san-tuario ad un ordine religioso «tutti l’hanno accolta con veroplauso e sono desiderosi di vederla realizzata».L’arcivescovo accolse volentieri la proposta, ma obiettò cheil concorso per la nomina di un nuovo curato era già aper-to e vi era un aspirante. In ogni caso ciò non doveva rap-presentare un ostacolo all’arrivo dei religiosi perché al nuovocurato poteva essere affidata una nuova mansione.A don Zuanella nel 1901 succedette don Giovanni Siniccoda Lusevera, il quale nel 1905 si ritirò a causa della suasalute malferma; venne sostituito da don Antonio Trusnichdi Sverinaz (Grimacco), che fu l’ultimo sacerdote slovenoa reggere effettivamente il santuario e la parrocchia diCastelmonte. Dopo vari contatti nei mesi di luglio e ago-sto 1913 si arrivò ad una intesa e il 3 settembre fu firma-ta la convenzione tra mons. Rossi e il provinciale p. Odorico.Nel corso delle trattative sulla loro venuta, si aprì la que-stione della sorte che si doveva riservare al curato, con-siderata l’inopportunità e le difficoltà della convivenza tradue «autorità» religiose. Per questo fu deciso di trasferirela residenza del curato a Cialla. Ne diede comunicazioneall’arcivescovo il decano di Cividale, mons. Valentino Liva:«In quanto alla residenza del curato, che dovrebbe stabi-lirsi a Cialla, la popolazione è pronta a costruire all’uopouna casa nuova, ed in via provvisoria metterebbe a dispo-sizione del curato una casa privata. Potrebbe forse sorgerequalche difficoltà da parte degli abitanti di San Pietro diChiazzacco che pretenderebbero di ospitare essi il cura-to». Nella lettera all’arcivescovo, mons. Liva, tra le altre,affrontò una questione sempre presente nelle trattative perl’affidamento del santuario ad un ordine religioso: la pre-senza di un sacredote con conoscenza della lingua slovena.Il decano nella lettera a mons. Rossi come primo punto dellerichieste del Capitolo scrisse: «venga addetto al suantua-rio anche un padre che conosca la lingua slava, essendogrande il numero dei pellegrini provenienti dalla Slavia».E in una lettera ai cappuccini di Venezia mons. Liva insi-stette: «per motivi che le dirò in altre occasioni, la pregodi mandare al più presto anche il padre sloveno, perché ilSantuario ne abbisogna veramente».La richiesta di mons. Liva venne recepita nel primo puntodella convenzione sottoscritta il 3 settembre 1913 dall’ar-civescovo Rossi e dal provinciale dei cappuccini, p. Odoricoda Pordenone, dove si legge: «il santuario sarà ufficiatoda due padri, uno col titolo di custode, l’altro di assisten-te più un fratello laico quale sacrestano. Di questi due padri,uno deve essere atto a parlare la lingua slava».Non siamo in grado di dire quando e in quale misura que-

sta disposizione fu osservata. Sappiamo però che dopo laprima guerra mondiale su questa questione si aprirà unaaccesa polemica tra l’arcivescovo Rossi e il clero slovenodella Benecia.

G. B.(Dom, 15. 9. 2013)

KOBARID

Convegno su fascismo e antifascismo

Il 23 agosto si celebrava la giornata europea di comme-morazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo. Inquest’ambito il 30 agosto scorso nella sede dellaFondazione Vie di Pace a Caporetto si è svolto il congressointernazionale dal titolo: «Fascismo e antifascismo nellaregione del Litorale». «Come sede delle celebrazioni è statascelta Caporetto – ha spiegato la direttrice dello Œtudijskicenter za narodno spravo (Centro di studio per la riconci-liazione nazionale, ndt.) Andreja Vali@ Zver – per tre ragio-ni: per la nota battaglia di Caporetto durante la Prima guer-ra mondiale, perché quest’anno ricorre il 75° anniversariodell’attentato a Mussolini sempre a Caporetto e perché que-st’anno ricorre anche il 70° anniversario della capitolazio-ne dell’Italia». Durante la prima parte del convegno hanno portato i salu-ti ai presenti il sindaco di Caporetto, Darja Hauptman, IvoJevnikar del Circolo degli intelettuali sloveni-Dsi di Triestee ˘eljko Cimpri@ a nome della Fondazione Vie di pace. Per comprendere meglio il fenomeno del fascismo, la suaattività e le conseguenze che ebbe sul territorio, gli esper-ti intervenuti al convegno hanno presentato dettagliatamentela storia d’Italia dalla sua unificazione al 1921, anno in cuinacque il fascismo. Renato Podberœi@, del Centro di stu-dio per la riconciliazione nazionale, ha delineato la storiad’Italia dalla sua unificazione alla Prima guerra mondiale,dedicando particolare attenzione al fenomeno dell’irre-dentismo.Miha Urœi@ della Fondazione Vie di Pace ha parlato del-l’occupazione italiana nella valle dell’Isonzo durante la Primaguerra mondiale. Particolare attenzione è stata dedicataalle vittime che in questi anni morirono innocentemente.Anche Tamara Griesser Pe@ar, del Centro di studio per lariconciliazione nazionale, ha posto l’accento su tutta la sof-ferenza causata dai regimi totalitari. «Le vittime dei regi-mi – ha sottolineato Pe@ar – non sono solo i morti. Sonoanche tutte le persone che non sono potute andare a scuo-la, che sono state costrette ad adattarsi ad un regime tota-litario, che non hanno potuto fare una vita normale».Nella seconda parte del convegno, invece, è stato pre-sentato in maniera più articolata il regime fascista. MiraCenci@ ha presentato le organizzazioni segrete antifasci-ste. Nel dettaglio ha parlato del Tigr, dell’Organizzazionesegreta cristiano-sociale e dell’Osvobodilna fronta (Frontedi liberazione nazionale). Bla¡an Torkar del Museo dell’e-sercito sloveno di Tolmino ha parlato dell’attività degli orga-ni di repressione fascisti nel periodo tra le due guerre. Perpoter sopravvivere, anche molti sloveni dovettero entrarea far parte di queste unità.Dei campi di concentramento fascisti di Visco e Gonars hainvece parlato Ferruccio Tassin, vicepresidente dell’Istitutodi storia sociale e religiosa di Gorizia. L’obiettivo del convegno più che presentare nuove ricer-che era quello di fare in modo che gli avvenimenti del pas-

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sato, anche i più dolorosi, non cadessero nell’oblio. «Il tri-buto di sangue che dovette pagare la regione del Litorale– leggiamo nel comunicato stampa del Centro di studio perla riconciliazione nazionale, organizzatore dell’iniziativa, –fu enorme durante la Prima guerra mondiale, ma anche nelperiodo tra le due guerre e in quello successivo allaSeconda guerra mondiale. Oggi, come cittadini dellaSlovenia e dell’Europa, siamo obbligati a rispettare i dirit-ti umani, la libertà e la democrazia. Non scarichiamo que-sto fardello alle prossime generazioni. Lasciamo loro un’e-redità fatta di rispetto dei diritti, della libertà e della dignitàdell’uomo».

Ilaria Banchig(Dom, 15.9.2013)

LETTERATURA

La sofferenza dei bambini in guerra

Presentato un volume sui bambini internatinei campi di concentramento italiani

L’otto settembre è decorso il 70° anniversario dalla capi-tolazione dell’Italia. Nell’occasione, l’editrice «Mladinska knji-ga» ha pubblicato l’opera, in lingua slovena, dal titolo «Lasofferenza dei bambini in guerra», scritto dagli storici MetkaGomba@ e Boris M. Gomba@, che è stata presentata venerdì7 settembre nella libreria «Konzorcij» a Lubiana. Alla pre-sentazione è intervenuta anche la redattrice Nela [email protected] libro si sofferma su un capitolo della storia poco cono-sciuto, ma molto doloroso. Parla, infatti, dei bambini chedurante la Seconda guerra mondiale, furono internati neicampi di concentramento italiani di Gonars, Treviso e Rab.Alcuni di essi, dopo il loro rientro a casa, sui banchi dellescuole partigiane scrissero del periodo trascorso nei campidi concentramento, della fame e sete patite, dell’incontrocon la morte e della nostalgia di casa. Si tratta di una docu-mentazione unica sull’esperienza della guerra vissuta daibambini che gli autori dell’opera hanno arricchito con inter-viste e testimonianze fornite dai sopravissuti. Dal 2004 gli storici Metka e Boris M. Gomba@ sono impe-gnati nella ricerca sul fenomeno dell’internamento degli slo-veni nei campi di concentramento italiani. Il volume è natoin collaborazione con l’Archivio della Repubblica slovenaed è stato pubblicato nella raccolta «Premiki», redatta daNela Male@kar.

(Primorski dnevnik, 5. 9. 2013)

STORIA

Così venivano imprigionati sloveni e croati

La storia dei battaglioni speciali Slav Company

La vicenda dei battaglioni speciali, ben nota a molti slovenie croati, è invece pressoché ignorata dalla storiografia ita-liana ad eccezione di rapidi accenni provenienti da Elio Apihe Galliano Fogar. Nella sostanza quelle particolari unità furo-no strumenti di cui, con l’entrata in guerra dell’Italia (10 giu-gno 1940), si servì la politica fascista per allontanare dallaVenezia Giulia la popolazione slovena e croata ed impe-dirne l’arruolamento nelle file partigiane.

Attualmente la ricerca bilingue (in italiano e sloveno) piùorganica sul tema è opera della giovane Sara Perini(«Battaglioni Speciali, Slav Company 1940-1945», pub-blicato dall’Associazione slovena di cultura Tabor –Biblioteca Pinko TomaÏic e compagni). L’Elba, Ponza,Ustica, Ventotene, le Lipari, le Tremiti furono trasformatein campi di concentramento per migliaia di sloveni e croa-ti del Litorale, inquadrati in particolari formazioni denomi-nate, appunto, battaglioni speciali. Dopo l’attacco allaJugoslavia in quei campi furono internati nuovi “cittadini”.Nella seconda metà del ’42 le forze partigiane divenneropiù consistenti, l’esercito italiano e la polizia fascista pro-cedettero alla precettazione forzata a domicilio di tutti gliuomini abili alle armi dai 16 anni in su.Una circolare emessa il 16 luglio 1942 prevedeva la costi-tuzione di battaglioni speciali in cui i militari di origine e fami-glia slava venissero adibiti a lavori di manovalanza, condotazioni e mezzi di trasporto ridotte al minimo; una car-retta con un quadrupede per il comando di brigata e perciascuna compagnia e soprattutto senza armamento indi-viduale o di reparto. D’altronde, va rilevato che sloveni ecroati inseriti regolarmente nelle file dell’esercito italianodisponevano di armi ma non di munizioni.Compagnie speciali di lavoratori sloveni e croati furono orga-nizzate in Russia, in Grecia, in Libia, in Egitto. Molti slo-veni furono catturati dagli inglesi nell’offensiva sferrata inAfrica Settentrionale alla fine del 1940, altri si consegna-rono spontaneamente.La collaborazione con le forze alleate si potenzia dopo il25 luglio e dell’8 settembre 1943, soprattutto in Sardegnadove i battaglioni speciali avevano già operato al Serviziodell’Aeronautica Italiana. Maturano così nuovi sviluppi: il23 gennaio 1944 una Missione jugoslava accompagnatada ufficiali americani si incontra in Sardegna con le com-pagnie di battaglioni speciali non più disposte a sottosta-re ai comandi dell’esercito badogliano e desiderose di unir-si all’Esercito Nazionale di Liberazione Jugoslavo.Il 14 febbraio 1944 quei contingenti furono spostati dallaSardegna in Corsica ed inglobati nella 7ª armata americana,la Northern Base Section – Norbs, per occuparsi di porti,strade, caserme, depositi, telecomunicazioni e trasporti diogni genere.Inizialmente inglobate nel 2615 Technical SupervisorReggiment, poi 2698, successivamente classificate in baseall’attività. Slav Signal Company, Slav Guard Company,Slav Quartermaster Company, Slav Company, AirCommand. Denominate Jugoslav company divennero inbreve Slav company perché non si voleva o poteva appro-vare a priori l’appartenenza del Litorale alla Jugoslavia.Per gli sloveni e croati delle Slav companies miglioraronosensibilmente le condizioni di vita materiale, mentre rima-nevano difficili i rapporti con i superiori. I comandi ameri-cani non accettarono, infatti, alcun riferimento alle aspira-zioni politiche delle compagnie, si abolirono d’autorità idistintivi con la stella e la bandiera jugoslava, consenten-do solo una “S” sul berretto e sul petto.Ogni compagnia riuscì, comunque, a costituire un Comitatodi Libreazione Nazionale NOO (narodnoosvobodilnaodbor) e un NOO centrale. Si permise la pubblicazione e la diffusione di alcuni gior-nali partigiani: in Corsica dal 2 novembre 1944 al primo ago-sto 1945 usciva “Naœa Zvezda” (La nostra stella) su ini-ziativa di Rafael Nemec e Zarko Œkrk, sia pure con alcu-ne restrizioni come la tiratura limitata, la censura e l’obbli-go di inserire rubriche in lingua inglese. Naœa Zvezda, dota-ta i 50 corrispondenti, si proponeva di far conoscere lo spi-

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rito dell’Of, oltre a dare la possibilità, a sloveni e croati, discrivere nella loro lingua. Nella Francia Meridionale usci-va invece con 135 numero il Vojni Porocevalec (Notiziariodi guerra). Il lavoro svolto dalle Slav companies, remune-rato dagli americani, contribuì a sostenere la lotta diLiberazione con raccolte in denaro. Rimase, però, in vigo-re, fino all’ultimo, l’assoluto divieto di unirsi ai partigiani diTito. Per gli angloamericani l’obiettivo prioritario rimanevaquello della sconfitta del nazifascismo. Per tutto il resto biso-gnava attendere. Il primo maggio 1945 le Slav Companiesfurono trasferite dalla Corsica in un grande campo di con-centramento situato nei dintorni di Marsiglia, dove si tro-vavano russi, inglesi e prigionieri tedeschi.Sloveni e croati festeggiarono la fine della guerra cantan-do le loro canzoni intorno a grandi falò. Speravano tutti diritornare presto a casa. Ma ciò avvenne solo sei mesi dopo.Al loro rientro consegnarono al Comitato di Liberazione delLitorale 260.000 franchi da destinare all’edificazione di unmonumento in onore dei fucilati di Basovizza. Il 23 dicem-bre 1945 organizzarono a Postumia un grande comizio. Efu l’epilogo. Ma il ritorno a casa non fu felice per tutti, per-ché in quell’uniforme nera di prigionieri vi fu chi, nella nuovaJugoslavia, ritenne di scorgere un’adesione alla politica anti-comunista degli alleati. Quell’ombra avrebbe gravato suireduci delle Slav companies a lungo. La pluriennale fati-ca di Sara Perini ci aiuta, invece, a comprendere comeanche i Battaglioni Speciali abbiano contribuito all’affer-mazione dei valori di fratellanza, di solidarietà, di pace emer-si nella lotta contro il nazifascismo in Europa.Sul tema si è tenuta una conferenza venerdì 13 settem-bre al Narodni dom-Scuola di lingue moderne per interpretie traduttori di Trieste in occasione della mostra fotografi-ca allestita in merito.

Marina Rossi(Il Piccolo, 13. 9. 2013)

LA RICORRENZA

Centenario della prima guerra mondiale,

partita la macchina organizzatrice

A tutti i livelli si stanno preparando le manifestazioniper ricordare l’anniversario del terribile conflitto

Con il centenario della prima guerra mondiale alle porte,è partita la macchina organizzatrice delle commemorazionidell’«inutile strage», come papa Benedetto XV definì il con-flitto che vide coinvolto pesantemente il territorio dell’attualeregione Friuli Venezia Giulia soprattutto nella sua area diconfine (Slavia, Resia e Valcanale) ed ebbe per epicentroil Poso@je (alta valle dell’Isonzo), ora in Slovenia. Numerosesono le iniziative che si stanno organizzando in tutta la regio-ne e nella vicina repubblica per commemorare i tragici even-ti di un secolo fa e per sfruttare l’anniversartio in chiaveturistica. Per quanto riguarda le valli del Natisone è ormai nota l’in-tenzione del comune Drenchia di portare una tappa del Girod’Italia del 2015 sul monte Kolovrat, dove il 24 maggio 1915cadde il primo soldato italiano, Riccardo Di Giusto.Proprio sul Kolovrat lo scorso 7 settembre la Pro loco vallidel Natisone ha organizzato un’escursione. Analoga ini-ziativa si è svolta l’1 settembre a Resia dove Marco Pascoliha guidato gli interessati in un’escursione nella vallata sulle

tracce lasciate dalla guerra. Nel comune di Pulfero, ci hafatto sapere il sindaco, Piergiorgio Domenis, tra la fine del2013 e l’inizio del 2014, verrà allestita una mostra sul con-flitto.Molto più avanti nella programmazione sono a Kobarid(Caporetto). Tra il 16 e il 18 agosto scorsi nella sede della«Fondazione Poti miru» si è tenuto un workshop a cuihanno collaborato diverse organizzazioni non governativedi sette paesi: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia,Romania, Slovacchia e Slovenia. In quest’ambito sono statepresentate le diverse iniziative per il centenario della Grandeguerra. Durante l’incontro «Poti miru» e il «VisegradWorking group of military cementeries» (Gruppo di lavorodi Visegrad per i cimiteri di guerra), che ha organizzato ilworkshop, hanno firmato un patto di collaborazione per pro-muovere la ricerca e la conservazione dell’eredità lascia-ta dalla prima guerra mondiale. Sempre «Poti miru» è impe-gnata nella realizzazione di un sentiero di riconciliazioneda Bovec a Duino che sarà inaugurato nel 2015 a Gorizia,in piazzale Europa Unita, probabilmente alla presenza deipresidenti della repubblica italiano e sloveno.Nel luglio 2017 verrà ricordata la 12ª battaglia dell’Isonzo(meglio conosciuta come battaglia di Caporetto) con un con-certo in cui il maestro Muti dirigerà le bande militari. Il 12novembre 2018, per commemorare la fine del conflitto mon-diale verrà sottoscritto un documento di impegno alla pacetra gli stati che furono in quell’epoca antagonisti e tra glienti e le istituzioni coinvolti nella commemorazione. Tra il2014 e il 2018 nella valle dell’Isonzo si svolgeranno ancheconcerti, presentazioni di libri e mostre sull’argomento.Il comune di Cividale ha, invece, aderito al progetto pro-posto dalla provincia di Gorizia. Le iniziative dedicate allacommemorazione del conflitto che si inseriscono nel piùampio progetto «Action», che prevede la formazione di unarete tra enti locali di Italia, Slovenia, Croazia e Austria, sisvolgerebbero a partire dal 2014 nell’arco di 24 mesi.A livello regionale l’organizzazione degli eventi per com-memorare la prima guerra mondiale è diventata una pro-posta di legge. «A dire il vero – commenta il vicepresidentedel consiglio regionale, Igor Gabrovec – si tratta di un testoche ricalca il lavoro della VI commissione della legislatu-ra scorsa, al quale avevo attivamente partecipato e che perpoco non siamo riusciti a portare al vaglio dell'Aula».Lo scorso 3 agosto la presidente della regione DeboraSerracchiani in accordo con l’assessore alla culturaGianni Torrenti ha illustrato il programma di eventi. Verràdata priorità al progetto «Carso 2014», in collaborazionecon la Provincia di Gorizia, al progetto interregionale del-l’agenzia Turismo Fvg che realizzerà un portale web spe-cifico, alla catalogazione e al restauro di cimeli della guer-ra della collezione De Enriquez a TriesteLa Regione parteciperà, inoltre, al progetto «Albo d’oro»che con la collaborazione delle associazioni d’arma regio-nali si pone l’obiettivo di ricordare ogni caduto. Si proce-derà, inoltre, con la ristrutturazione dell’ossario di Oslaviae dell’Ufficio informazioni e accoglienza dell’ossario mili-tare di Redipuglia. Si attende, inoltre, il riconoscimento daparte dell’Unesco dei siti della Grande guerra.«Il centenario della Prima Guerra mondiale – dice ancoraGabrovec – sia momento di riflessione e riconciliazione, lacommemorazione di un evento tragico che ha visto i nostrinonni e bisnonni contrapposti su fronti diversi e tuttavia uni-ficati nel sognare la pace, il ritorno alle famiglie e alla quo-tidianità negata».

Ilaria Banchig(Dom, 15. 9. 2013)

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L’OPINIONE

Vorrei finalmente parole di verità

sull’«inutile strage»

Guardando dall’alto, all’ombra delle tre croci, le enormi gra-dinate di pietra bianca che scendono dal Monte Sei Busi,il famoso sacrario di Redipuglia, mi invadeva un senso dismarrimento inconsueto; in mente mi frullavano remini-scenze dei miei studi di storia, di Bismarck il prussiano, del-l’attentatore di Sarajevo, dell’inizio del conflitto il 28 luglio1914, dell’Italia, che dalla Triplice Alleanza con Austria ePrussia saltava dalla parte opposta, nell’Intesa conFrancia e Regno Unito, per dichiarare guerra e iniziare lapropria «Inutile strage» il 24 maggio 1915. Riccardo DiGiusto, per primo ci lasciò la pelle sulle pendici del nostroKolovrat. Milioni di morti in ogni angolo del mondo, distru-zioni… la vita di uomini, padri, mariti, fidanzati, figli che vale-va meno di una pallottola di piombo. Per cosa? Per chi?Perché?Il sacrario sotto di me è una incredibile tomba collettiva.Lì, sotto i miei piedi, sotto quella immensa scalinata giac-ciono le povere ossa di 100 mila soldati italiani, 39.857 iden-tificati e 60.330 ignoti. Il blocco marmoreo a coperchio dellatomba del Duca d’Aosta simboleggia il potere ed il trionfodel Duce, che nell’appello delle squadre fasciste esigevail grido: «Presente!». Non credo che esista un simbolo piùeloquente del «trionfo» fascista. Un sacrario per dimostrareche l’individuo non vale nulla se non come umile e doci-le supporto alla «vittoria» del dittatore. E che razza di vit-toria fu la «seconda» guerra mondiale?Io sono sempre lì, come inebetito, sotto le croci di quelCalvario, con l’immagine di mia madre, che, salendo dalbasso sui gradini degli scaloni, si sofferma a leggere i nomidei caduti, nella speranza di trovarvi quel Sibau Giovanniche da tempo ricerca in tutti i sacrari/ossari del Triveneto.Aveva due anni quando l’ha visto partire lungo il viottolosotto casa. Gli si era abbarbicata ai pantaloni, gli unici afesta, stirati in fretta da sua madre all’arrivo perentorio dellacartolina precetto. «Tata, ne iti! Tata, ne iti!- Papà non anda-re, non andare papà!». A due anni l’aveva capito dal ter-rore che leggeva negli occhi della madre e nella dignitosarassegnazione del padre. Non l’ha trovato quel nome, miamadre. Chi avrebbe distinto le ossa di suo padre in quel-la montagna di 60 mila scheletri senza nome ammucchiatinelle immense celle sotto le croci a fianco della cappellavotiva? Il sacrificio inumano alla follia della guerra; l’enfa-si monumentale di un eroismo estorto con la forza e cele-brato per i fasti futuri del grande «dittatore». Ed ognuno,come mio nonno, come i suoi fratelli, ognuno di quei 100mila che hanno inondato col sangue le trincee del fronte,aveva la sua piccola storia che nessun monumento ricor-da, nessun romanziere racconta. Quello che mi fa indignare, oltre l’insensatezza intrinsecadella guerra, è l’uso demagogico e strumentale del san-gue versato non per la difesa della vita propria, dei propricari e dei compatrioti, ma per l’abuso di un potere insen-sato. E poi chiamarli eroi dal pulpito del potere da partedel carnefice. Nessuno di loro voleva morire, siamo sinceri.Ognuno avrebbe ripreso volentieri in mano la vanga o ilmartello e gettato il fucile.In due settimane, dopo la rotta di Caporetto, del nostro eser-cito i morti, feriti, prigionieri e dispersi furono 350 mila, e

400 mila gli sbandati. E i monumenti vanno ai generali! Acelebrare il centenario vorrei finalmente parole di verità suquell’«inutile strage»; vorrei che si guardasse la guerra congli occhi di mia madre; che la si sentisse col cuore di mianonna che ha perso il marito e quattro fratelli in quel con-flitto e che, non essendo fuggita davanti alla calata delleaffamate truppe austro-tedesche dopo Caporetto, le vennesequestrata l’unica mucca che possedeva. Che ci si indi-gnasse con la mia forza, quando venni a sapere da miamadre che la nonna dovette risarcire lo stato italiano dellasua mucca, con l’accusa di «collaborazionismo col nemi-co».Questo era la guerra. Non quella celebrativa dei libri discuola. Passando davanti ai monumenti ai caduti leggospesso l’elenco dei nomi e la loro età. Sento pietà per loroe quasi rancore verso chi li ha mandati a morire. E mi tor-menta il rammarico che l’umanità non abbia ancora impa-rato la lezione.

Riccardo Ruttar (Dom, 15. 9. 2013)

SAVOGNA - SAUODNJA

Così si seppellisce il «maledetto confine»

Festa della montagna sul Matajur in un climadi rispetto e fratellanza

Lo spirito di fratellanza, nel rispetto di ogni lingua e cultu-ra, che si respirava nell’aria quest’anno alla Festa della mon-tagna sul Matajur è stato davvero eccezionale. Davveronessuno ha sentito più la presenza di quel «prekleti kon-fin», di quel «maledetto confine» che per decenni ha divi-so le genti e ammorbato il clima culturale e sociale. Mentrecamminavo lungo il sentiero che unisce tre comuni di Italiae Slovenia, mentre sentivo gli interventi in italiano e slo-veno delle autorità, mentre vedevo la gente di entrambi iversanti davvero unita come un solo popolo, il pensiero ètornato alle feste della montagna di appena un paio di deci-ne di anni fa. Ho rivisto la cima della montagna piena digente solo dal versante italiano e due minacciosi«grani@arji», le guardie di frontiera di Tito, sul versante allo-ra jugoslavo, che con kalaœnikov imbracciato e grosso canelupo al guinzaglio si curavano che nessuno mettesse piedeoltre la linea confinaria. Ho risentito parole pronunciate esclusivamente in italiano,con gli organizzatori della festa attenti che non scappas-se una sola frase in sloveno. Addirittura ogni anno si cura-vano di chiamare per la santa messa in vetta vescovi esacerdoti da ogni dove, purché non fosse il parroco delposto, il battagliero mons. Pasquale Guion. Ricordo anco-ra lo sconcerto su molti volti dei «maggiorenti» locali del-l’epoca quando venne a celebrare mons. Pietro Cocolin,arcivescovo di Gorizia, e si premurò di salutare i fedelianche in sloveno. Grazie a Dio, tempi passati e, speria-mo, definitivamente sepolti.Era davvero bello, domenica 1 settembre, vedere il gros-so cippo di confine trasformato in base per i vessilli nondei due Stati che lì si incontrano, bensì delle due organiz-zazioni alpinistiche Cai e Planinska dru¡ina [email protected] davvero bello notare i diffusi cenni di approvazione alleparole di don Natalino Zuanella: «Confermiamo la volontàdi vivere in pace con tutti, di rispettarci reciprocamente, dopoun secolo segnato dalle guerre, dall’odio e dalle divisioni

Page 25: SOMMARIO · gua franca del globalismo. Quindi, direi, come affermano i due eminenti uomini di cultura francesi Stéphane Hessel ed Edgar Morin nel loro libro «Il cammino della speranza»,

SLOVIT N° 8-9 del 30/9/13 pag. 24

politiche e ideologiche».La strada è segnata. Percorriamola con convinzione.

E. G. (Dom, 15. 9. 2013)

PLATISCHIS-PLESTIŒ#A

«Plestiœ@a, ke smo poznali», tradizione in cd

È un’importante raccolta delle memorie della comunità«Plestiœ@a, ke smo poznali», «Platischis da non dimenti-care», il doppio cd presentato sabato 24 agosto in occa-sione dei festeggiamenti che hanno animato la frazione tai-panese. Canti e preghiere in sloveno, racconti e testimo-nianze in dialetto locale che mantengono tutta la loro forzae originalità. Una miniera culturale cui attingere per cono-scere il passato, e quindi comprendere anche il presentedella borgata e di questa parte del Friuli, unica nel suo gene-re per usanze, attaccamento al territorio e voglia di soprav-vivere allo spopolamento e alla globalizzazione. I due cd contano canti improvvisati, spontanei, tramanda-ti da una generazione all’altra. Il più antico, «Tan dol te@evoda Rajna», risale al 1519 e veniva intonato dai pellegri-ni sloveni diretti ad Aquisgrana. Parte del cofanetto è statorealizzato anche grazie al materiale raccolto dal sindaco,Elio Berra, che ha cominciato a registrare racconti e testi-monianze 30 anni fa, inizialmente senza intenzione di pub-blicarli.Un’altra parte conta canti registrati dal professor PavleMerkù, alcuni dei quali riportati nel libro «Ljudsko izro@iloSlovencev v Italiji. Le tradizioni popolari degli sloveni in Italiaraccolte negli anni 1965-1974». La voce femminile che com-pare in alcuni brani di è Maria Michelizza (1903-1984); quel-le maschili del fratello Giovanni Michelizza e dell’allora par-roco di Platischis Angelo Specogna che Merkù ricorda comel’ultimo sacerdote di lingua slovena nelle Valli del Torre.In «Plestiœ@a, ke smo poznali» anche le registrazioni fattenegli anni 1976 e 1977 da Radio Koper-Capodistria, in occa-sione di una trasmissione settimanale ideata dopo il ter-remoto del ’76; si evidenziano le voci dei platiscani, in par-ticolare in «Jure tule» l’inno del paese, composto in loco.Commovente e di notevole interesse l’opera di Berra cheregistrò sua madre, Maria Moderiano, tra il 1980 e il 1985mentre prega, canta, si sofferma sui racconti di gioventù,sulla parentela e sulle nonne di Prossenicco e Logje. Ilsecondo cd contiene sei gruppi di testo, racconti e testi-monianze in lingua slovena,filastrocche e modi di dire. Ildoppio cd è stato realizzato dal circolo culturale «NaœeVasi» di Taipana.

P. T.(Dom, 31. 8. 2013)

RESIA-REZIJA

Presentata la guida sulla pieve

Opuscolo bilingue finanziato dall’associazione Blanchini

Nell'ambito degli eventi organizzati, quest’anno, dalla par-rocchia di Santa Maria Assunta di Resia, per ricordare il300° anniversario (1713 - 2013) dall'ultimo ampliamento erinnovo dell'antica chiesa plebanale di Prato, lunedì 5 ago-

sto all'interno dello storico edificio di culto, con molta par-tecipazione di pubblico, è stata presenteta la guida «LaPieve della Val Resia» - Un santuario mariano ai piedi delCanin. La guida che traccia gli aspetti storici e artistici piùimportanti del sacro tempio è stata realizzata, in italianoed in sloveno, in stretta collaborazione con l'AssociazioneCulturale »Museo della Gente della Val Resia« che ne hacurato i contenuti e la grafica ed è stata interamente finan-ziata dall'Associazione »don Eugenio Blanchini« di Cividale.Nella prima parte è stata sintetizzata la storia della chie-sa, dalla primitiva cappella risalente al 1098 fino ai giorninostri, elencando i curati e i parroci titolari che si sono suc-ceduti nei secoli ricordando i loro contributi all'evoluzionedel sacro edificio. Si prosegue con la descrizione dettagliatadegli interni analizzando le opere d'arte e gli arredi e accom-pagnando così il visitatore in un percorso guidato.Particolare cura è stata riservata al presbiterio che è il luogopiù sacro della chiesa e anche il più antico. Nella terza partevengono proposti alcuni cenni storici che documentano ipellegrinaggi, perlopiù da località limitrofe alla vallata, in que-sta chiesa, considerata per molti secoli un santuario. Infine,alcune preghiere in resiano (con traduzione in italiano) trale più conosciute in valle e tratte da testi di catechismo inresiano pubblicati già nei secoli scorsi, accompagnano illettore nella meditazione personale.Alla presentazione oltre al sottoscritto, autore della guida,che ha illustrato i contenuti della stessa, sono interventu-ti anche don Gianluca Molinaro vicario parrocchiale di Resia,mons. Lorenzo Caucig parroco e vicario foraneo diMoggio Udinese e amministratore parrocchiale di Resia,Sergio Chinese sindaco di Resia, Luigia Negro presiden-te dell'Associazione Culturale «Museo della Gente della ValResia» e il prof. Giorgio Banchig presidentedell'Associazione «don Eugenio Blanchini». Infine ChristianMarchica ha letto un'interessante documento del 1630 chedescrive il rituale utilizzato dai pellegrini venzonesi quan-do si recavano alla chiesa di Prato considerata, come detto,un santuario, per soddisfare il voto chiesto in occasionedella peste bubbonica, mentre Catia Quaglia ha recitato,nel dialetto resiano, tre delle preghiere che si possono tro-vare all'interno del libretto. (....)

Sandro Quaglia(Dom, 31. 8. 2013)

SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA

Quindicinale di informazioneDIRETTORE RESPONSABILE: GIORGIO BANCHIG

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