I canti della vita. Alla ricerca del cuore d'oro

8/6/2019 I canti della vita. Alla ricerca del cuore d'oro.

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I CantI della VIta - Krishna Das

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Krishna Das

viaggioin india

ebook

Traduzione: Maria Luisa Sangalli

Testi: Maria Elena Scandaliato

Copertina e Impaginazione: Matteo Venturi
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Casa Base

Il canto mi porta nello spazio dellamore interno che per me rap-

presentato dal mio guru, Neem Karoli Baba. A guardarlo sembra-

va solo un uomo anziano avvolto in una coperta, ma la sua sem-

plice presenza era sufficiente per farmi sentire infinitamente amato.

Nel suo intimo non cera altro che amore. Parlo del mio guru perch

grazie a lui ho sviluppato tutti i miei valori pi saldi e genuini. Non

voglio vendertelo. Non devi unirti a un gruppo. In realt ne sei gi

parte: il genere umano. Maharaj-ji, che si opponeva alla suddivisio-

ne in sette, sosteneva instancabilmente che siamo parte di ununica

famiglia e che lo stesso sangue scorre nelle vene di tutti noi.

Il concetto di guru difficile da capire per un occidentale ma in real-t molto semplice. Il guru quella persona, o quella cosa, che elimina

loscurit dalla nostra vita. Per me il guru amore incondizionato, il

luogo cui accedo quando canto.

Puoi chiamarlo come vuoi: Dio, anima, presenza, infinito, coscienza. Io

lo chiamo guru.


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Il guru rappresenta lapresenza vitale nei nostri cuori. Questa presenza

e questo amore possono manifestarsi in modi diversi. Quando accade

si vive un momento straordinario perch, per un istante, possiamo

vedere uno squarcio della nostra stessa bellezza. Ci guardiamo con gli

occhi dellamore. Ogni volta che Maharaj-ji volgeva il suo sguardo su

di me, io fissavo il pavimento perch non riuscivo a sopportare un

affetto cos grande. Ora, invece, cerco i suoi occhi ovunque. Sento che,

anche dopo la sua morte, lui continua a esistere con la sua amorevole

presenza che abbraccia tutto e in cui tutto esiste. il cielo che circonda

il mondo e che avvolge il pianeta, le stelle, le nuvole e perfino linqui-

namento. Per me, non esiste nulla al di fuori di Maharaj-ji.

Puoi anche definirlo un dio, se vuoi, ma io preferisco non usare questo

termine perch mi mette a disagio. Essendo cresciuto in occidente, ho

imparato a considerare Dio come unentit esterna a me, qualcosa di

distante e potente. Non sono mai riuscito a relazionarmi con un esserechiamato Dio. In hindi e in sanscrito esistono milioni di nomi per

Dio. Hanno tutti lo stesso significato ma sono pi dolci e armoniosi,

riguardano le diverse qualit del divino e lasciano al nostro cuore spa-

zio per abbracciarlo ed esserne abbracciati in molti modi.

Comunque, non voglio discutere del concetto di Dio. Questo cammino

riguarda lamore, la capacit di connettersi, di percepire la sua presen-

za e di immergersi in quellamore. di questo luogo che canto ed

sempre con me perch dentro di me, perci tutto ci che devo fare

ricordarmi di cercarlo e raggiungerlo.


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La Connessione

Molti ragazzi che, come me, hanno vissuto la propria giovi-

nezza negli anni Sessanta, un tempo sognavano di cam-

biare il mondo, un obiettivo molto pi distante di quanto

immaginassimo. Alla fine scoprimmo che dovevamo innanzitutto cam-

biare noi stessi.

La guerra del Vietnam inizi pochi anni prima del mio viaggio in India

e avrebbe potuto modificare il corso della mia esistenza. Quando

abbandonai luniversit per la seconda volta, fui convocato dalleserci-

to. Mi feci visitare da uno strizzacervelli perch soffrivo di depressione

e assumevo periodicamente psicofarmaci. Lo psichiatra scrisse una let-

tera che avrei dovuto consegnare alla commissione di leva. Ero certo

che mi avrebbero scartato, ma dovevo comunque sottopormi a ulteriori

esami. Il protocollo prevedeva che si consegnasse un campione di urine

e ci si sottoponesse a un test delludito. Mi sedetti di fronte allesami-

natore che mi diede un paio di cuffie e mi disse: Quando senti un

suono alza la mano indicando lauricolare che lo emette e abbassala

solo quando smette.


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Indossai le cuffie e chiusi gli occhi. Quasi immediatamente udii un

suono nellorecchio sinistro e toccai quellorecchio. Appena il rumore

si interruppe abbassai la mano. Feci lo stesso quando lauricolare destro

emise un suono, ma prima che si interrompesse ne comparve uno anche

nel sinistro, cos misi le mani su entrambe le orecchie. I suoni aumen-

tarono, alzavo e abbassavo freneticamente le mani facendo un grande

sforzo per restare al passo. Diedi unocchiata al tizio che sedeva di

fronte a me e che mi fissava allibito: non aveva nemmeno iniziato il

test! Lesse la mia cartella, compresa la nota dello strizzacervelli, e gli

bast. Fui riformato.

Il messaggio era chiaro: Non ti metteremo mai unarma tra le mani:

sei completamente pazzo.

Non so dire se fossi effettivamente malato, ma di certo avevo sempre

cercato un modo per fuggire dalla mia vita. Avevo avuto una prima

esperienza di fuga durante lestate prima dellultimo anno alle scuole

superiori quando un mio amico e io prendemmo il peyote. Mentre la

droga iniziava a fare effetto, mi guardai intorno e pensai: O mio Dio.

Ora capisco. Questa la strada giusta. Tutto divenne straordinaria-

mente chiaro e compresi che quello stato senza vie di uscita in cui mi

trovavo, addolorato, arrabbiato, nevrotico e depresso, era completa-

mente inutile. Mi sentii pieno di beatitudine. Guidavo con una mano

che ondeggiava fuori dal finestrino e la testa tra le nuvole, per poco non

precipitai nello stagno accanto alla biblioteca! Anche se alla fine del

trip le luci si spensero, avevo visto qualcosa che non avrei potuto scor-

dare. Mi chiedevo per come sarei riuscito a tornare indietro.


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Allinizio del mio secondo anno di universit riuscii a recuperare dieci

capsule di LSD purissima. Condivisi con un amico la prima, una pasti-

glia da un microgrammo, e presi le restanti nove da solo. Leffetto

dellacido mi trasport in un mondo parallelo. Era come se fossi tor-

nato bambino e non avessi alcun pensiero al mondo. Mi liberai della

pesantezza della mia personalit per rimpiazzarla con una leggerezza

che non avevo mai conosciuto.

Un giorno, mentre ero sdraiato sul letto perso in magnifiche visioni, da

una distanza abissale (una distanza interiore), percepii qualcosa che siavvicinava a me dallorizzonte. Anche se non riuscivo a vedere nulla,

quella sensazione diventava sempre pi forte. Poi lo vidi arrivare, come

unonda pronta a sommergermi: un pensiero! Oh noooooo! Ricominciai

apensare. Pochi istanti dopo sentii i pensieri scivolare via dalla mente.

Oh no! Non andate via! I pensieri mi abbandonarono di nuovo e io mi

trovai in uno stato di beatitudine. Pass un po di tempo ed ebbi ancorala sensazione che qualcosa si stesse dirigendo verso di me. Oh no!

Sbam! Ricominciai a pensare. Questa alternanza divenne sempre pi

rapida finch lo spazio tra i pensieri scomparve completamente e io

divenni un flusso di pensieri. Ero di nuovo me stesso.

Va bene: forse sono davvero un po matto!

La mia vita inizi a cambiare. Quando presi la mia prima dose di LSD

ero uno studente universitario che frequentava le lezioni, lavorava e

giocava in una squadra di basket. Quando arrivai alla decima, vivevo

sui monti della Pennsylvania in una fattoria abbandonata dove mi pren-

devo cura di due cani, un gatto, due capre e un cavallo, lontano da ogni


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altro essere umano. Non cera nullaltro da fare se non godersi il pano-

rama e assicurarsi che il fuoco della caldaia a legna non si spegnesse.

Quando accadeva, restavo al freddo per un giorno intero prima che la

casa si scaldasse di nuovo. Stando lass in completa solitudine imparai

molte cose. La natura circostante era di una bellezza mozzafiato. Ogni

sera mi avvolgevo in una pesante coperta e mi sedevo su una sedia a

dondolo nel portico dove, con i piedi appoggiati alla ringhiera, ammi-

ravo il tramonto oltre le montagne. Anche se ero a pezzi a causa delle

droghe e per tutto ci che era accaduto nella mia vita, in quel luogo i

frammenti pian piano cominciarono a ricomporsi.

A notte fonda, quando le emittenti locali liberavano le frequenze, pote-

vo sintonizzare la mia radio sulla stazione WNEW di New York e

ascoltare musica rock per tutta la notte. Era linverno tra il 1967 e il

1968 e alcuni dj iniziavano a mandare in onda artisti rock. Fu un perio-

do straordinario. Anche se ero solo e infelice, mi sentivo al sicuro. Lagente mi faceva impazzire. Non riuscivo a stare in un luogo se cerano

molte altre persone. Mi sentivo fragile e indifeso. Non sopportavo

lidea che qualcuno potesse pretendere cose da me. Nella fattoria mi

sentivo libero da questo peso e dal dovere di essere qualcuno. Lessi

Autobiografia di uno yogi e mi feci crescere i capelli.

Lautunno successivo mi trasferii alla State University di New York per

studiare filosofie indiane presso il Dipartimento di studi asiatici.

Appena conobbi il direttore del corso di laurea, per, provai una tale

delusione e un tale fastidio che me ne andai subito. Quel professore

aveva liquidato sgarbatamente tutti i miei interessi spirituali, per quan-


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to ingenui. Cos mi ritrovai nuovamente perso e senza una meta. Trovai

lavoro come autista di scuolabus. Mi chiamavano lautista hippy e mi

divertivo tantissimo, dentro per ero perso in una forte depressione.

Scoprii che la mia ragazza era andata a letto con un amico che stava per

diventare monaco di una setta religiosa. Questo tradimento mi fece

cadere in un profondo baratro.

Nellinverno del 1968 i due scalatori che mi ospitavano nella loro fatto-

ria vennero a sapere che Richard Alpert era da poco ritornato dallIndia

con il nome di Ram Dass, che significa servo di Dio. Ram Dass erastato un docente di psicologia ad Harvard e, come Timothy Leary, era

stato cacciato per aver sperimentato lLSD sui propri studenti. Era anda-

to in India dove aveva incontrato Maharaj-ji, che aveva completamente

cambiato la sua vita. Tornato negli Stati Uniti era andato a vivere nelle

propriet di suo padre nel New Hampshire e i miei amici decisero di

andare a trovarlo. Mi proposero di unirmi a loro, ma io risposi che nonmi interessavano questi santoni americani: volevo qualcosa di vero.

Cos partirono senza di me. Avrebbero dovuto essere di ritorno lindo-

mani ma non li vidi per tre giorni. Ricordo perfettamente il momento

in cui arrivarono. Avevo appena finito di mungere le due capre, Alice

Bailey e Madame Blavatsky, quando vidi la loro vecchia Jaguar verde

avanzare lungo la strada polverosa che tagliava il campo di fronte alla

nostra casa. Appena lauto accost, uno dei miei amici salt fuori e,

giuro, emanava luce. Mi guard con uno sguardo pieno di una gioia

folle e selvaggia. Corsi subito in casa a prendere una valigia e urlai:

Ditemi come arrivare. Parto subito!.


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Non cera nulla di premeditato: fu un fulmine a ciel sereno. Guidai tutta

la notte la mia vecchia e lenta Volvo per raggiungere il New Hampshire.

Nevicava e soffiava un vento gelido e faceva cos freddo che il riscal-

damento non serviva a nulla. Inoltre, la marmitta si era bucata e il

motore faceva un gran rumore. Finalmente, al mattino fermai la mac-

china in un vialetto circondato da un bosco imbiancato dalla neve e

spensi il motore. Appena uscii dalla vettura mi trovai immerso in un

silenzio assoluto. Ero estasiato; era come se una mano invisibile mi

avesse accarezzato.

Camminai verso la porta e bussai. Mi apr un tipo con una folta barba

e una strana espressione. Mi sorrise e mi indirizz al piano superiore.

Il mio primo pensiero fu: Diavolo, questo posto un po strano. Forse

dovrei alzare i tacchi e andarmene. Nonostante la perplessit, salii le

scale ed entrai nella stanza dove si trovava Ram Dass che era seduto su

un materasso appoggiato al pavimento. Indossava un abito bianco emoltissime collane di perline. Appena varcai la soglia della stanza, mi

accadde qualcosa. Immediatamente, istantaneamente, senza che fosse

pronunciata una sola parola, seppi che qualsiasi cosa stessi cercando,

senza nemmeno sapere di cosa si trattasse, era assolutamente reale.

Ogni molecola del mio corpo percepiva la sua esistenza e sentiva che

poteva essere trovata. Non sapevo se era davvero possibile, ma quel

momento cambi la mia vita.

Tutto ci che conoscevo a quel tempo sulla spiritualit, lavevo appreso

dai libri. Avevo lettoIl vangelo di Shri Ramakrishna,Zen and Japanese

Culture [Lo Zen e la cultura giapponese],Autobiografia di uno Yogi e


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avevo assimilato ogni singola parola, ma nel mio cuore non sapevo se

ci che stavo leggendo corrispondeva alla verit. Dopo tutto, erano solo

libri. Praticavo lhatha yoga e provavo a meditare, ma lincontro con

Ram Dass trasform in realt concreta tutte quelle letture. Il mio cuore

seppe, oltre ogni dubbio, che esisteva qualcosa per cui vivere.

Ram Dass mi invit a sedermi di fronte a lui e mi disse: Ora faremo

un gioco.

Come? risposi io. In realt ero molto sospettoso e perplesso.

Ci fisseremo negli occhi. Dovrai dire tutto ci che pensi e che vuoi

tenere segreto.

S, grande, pensai.

Rimanemmo seduti a fissarci per cinque o sei ore. Non mi era mai capi-

tato prima e fu unesperienza incredibile. Non riuscii a dire sincera-

mente tutte le cose che volevo tenere nascoste, ma almeno ne divennimolto consapevole. A un certo punto Ram Dass mi diede un mantra da

ripetere. Poi guard il suo orologio e disse: ora di prepararsi per la

cena. Se vuoi restare sei il benvenuto, altrimenti tempo che tu vada.

Lo ringraziai e partii perch dovevo ritornare a casa per lavorare. Avrei

dovuto guidare tutta la notte per arrivare in tempo e fare il mio giro con

lo scuolabus. Cos risposi: Purtroppo, devo andare.

Hai deciso di ripartire? Non preoccuparti, il tuo mantra ti protegger.

Unaltra cosa strana. Lintera faccenda bizzarra, pensai.

Entrai in macchina e mi misi in strada. Poich la notte precedente non

avevo chiuso occhio, dopo aver guidato per circa unora iniziai a sen-


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tirmi cos assonnato che non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Mi fer-

mai sul ciglio della strada e, dopo aver puntato una sveglia che avevo

portato con me, abbassai lo schienale del sedile e mi addormentai. Mi

svegliai allimprovviso senza avere la minima idea di ci che stessi

facendo o di dove mi trovassi. Allimprovviso realizzai che stavo gui-

dando lungo il bordo della strada a una velocit piuttosto moderata.

Subito il ricordo delle parole di Ram Dass attravers la mia mente: Il

tuo mantra ti protegger. Urlai quella frase senza mai smettere finch

giunsi a New York.

Era linizio di una nuova vita.

Per un breve istante le luci si erano accese per mostrarmi che cera una

strada, un sentiero... e che erano reali. Questa intuizione esasper il mio

desiderio di trovare quel cammino e mi fece sentire ancora pi depresso

perch sapevo che esisteva ma ancora non lo scorgevo. La mia vita era

migliorata e peggiorata allo stesso tempo. Capivo che ci che da tanto

tempo cercavo esisteva davvero, ma non sapevo come trovarlo n dove.

Lunica cosa di cui ero certo era che Ram Dass conosceva questo segre-

to e io volevo che me lo rivelasse.


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La ReaLizzazione

di un sogno

F

inalmente avevo qualcosa per cui valesse la pena vivere. Avevo

scoperto che esisteva un cammino nel mondo, proprio dove

ero io. Anche se in quel periodo non ne ero consapevole, il mio

modo di vivere stava cambiando.

Dopo il primo incontro con Ram Dass, continuai a recarmi nel New

Hampshire per vederlo. Desideravo frequentarlo il pi possibile perch

mi regalava emozioni che non avevo mai provato prima. Ero terroriz-

zato allidea di perdere questo legame, cos nulla poteva impedirmi di

andare da lui.Nulla. In questo caso la mia cocciutaggine si rivel utile.

Nella primavera del 1969 Ram Dass venne a New York dove, per due

settimane, ogni sera, tenne incontri allo Sculpture Studio, a Manhattan.

Dopo aver finito il mio turno di lavoro, mi affrettavo a raggiungerlo.

Arrivavo mentre Ram Dass stava intonando un canto accompagnandosi

con uno strumento indiano. La sala era sempre piena; di solito rimaneva


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un unico posto a sedere al lato del palco. Mi sedevo appoggiando la

schiena al muro e immediatamente mi rilassavo perdendo conoscenza.

Dopo due o tre ore durante le quali il silenzio si alternava alle chiacchie-

re del pubblico, senza che io sentissi una singola parola, iniziava nuova-

mente a cantare e io mi risvegliavo. Accadeva ogni sera, senza eccezioni.

Al termine di queste due settimane mi sentii rigenerato da capo a piedi.

Fu immediatamente dopo questo periodo che feci un sogno incredibile.

Fino ad allora avevo visto solo un paio di fotografie di Maharaj-ji che

Ram Dass teneva appese sulla parete della sua stanza. Nel sogno entra-vo nella palestra della mia scuola elementare. A unestremit cera un

palco dove gli alunni mettevano in scena gli spettacoli di fine anno.

Vidi Maharaj-ji su quel palco, sdraiato su un letto di legno e accompa-

gnato da un uomo che indossava un dhoti bianco (un capo di abbiglia-

mento maschile formato da un lungo taglio di stoffa che viene avvolto

intorno al bacino) e una giacca nera. Camminai verso di lui e feci undandapranam, inchinandomi sulle ginocchia e stendendo le braccia sul

pavimento rivolto verso di lui. Mentre stavo cos sdraiato, continuai a

pregare: Per favore, fammi sentire qualcosa. Devo sentire qualcosa.

Maharaj-ji si alz e cammin verso di me appoggiandomi una mano sul

capo. Gradualmente mi rasserenai e la gioia inizi a invadere tutto il

mio corpo come luce liquida. Mi sentii sempre pi forte finch, alla

fine, pensai di essere sul punto di esplodere. Proprio allora tolse la

mano dalla mia testa e io mi svegliai in estasi.

Un anno e mezzo dopo partii per lIndia. Andai in una cittadina ai piedi

dellHimalaya vicina al tempio di Kainchi di Maharaj-ji. Un giorno mi


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recai al tempio verso sera e lo vidi passeggiare da solo in giardino. Di

solito io e gli altri devoti lo incontravamo in una stanza dove ci acco-

glieva seduto; era la prima volta che lo vedevo camminare. Ne fui scos-

so: si muoveva esattamente come nel sogno che avevo fatto tempo

prima; sembrava un bambino incerto sulle proprie gambe, in procinto

di perdere lequilibrio.

Maharaj-ji si ferm in mezzo al cortile del tempio e mi fiss. Anche se

non ricordo di essermi mosso, allimprovviso mi trovai di fronte a lui

fissandolo a bocca aperta e tenendo nelle mani le mele che avevo portatoper lui. Scoppi a ridere, prese le mele e le lanci ad alcune persone che

stavano l vicino. Rimasi immobile a lungo, stupito ed eccitato: era dav-

vero venuto da me nei miei sogni, ancor prima che lo incontrassi di per-

sona. (E scoprii anche che luomo che indossava il dhoti nel sogno era

Dada... anche con lui avevo avuto un incontro spirituale prima di incon-

trarlo nella realt.)

Dopo i concerti allo Sculpture Studio, Ram Dass mi invit a lavorare

da suo padre per lestate. Ero felicissimo. Misi tutto ci che possedevo

nella mia vecchia Volvo, compresi i miei due cani e il mio gatto, e par-

tii. Feci una breve sosta a Stony Brook, dove avevo frequentato luni-

versit, per un concerto di Jimi Hendrix. Dopo lo spettacolo ero nel


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backstage con alcuni vecchi amici quando il manager di una band in cui

avevo cantato per un breve periodo comparve allimprovviso e mi disse

che aveva urgente bisogno di qualcuno per incidere i cori di alcuni

brani in studio. I pezzi erano gi pronti e mancavano solo gli ultimi

ritocchi, cos mi propose di collaborare per quel disco e perfino di

seguire il gruppo nella tourne. Mi veniva servita su un piatto dargen-

to lopportunit di realizzare il mio sogno nel cassetto!

La musica era sempre stata molto importante per me. Quando ero bam-

bino fingevo di essere malato per stare a casa ad ascoltare la radio.Durante ladolescenza scoprii la musica blues suonata nella zona del

delta del Mississipi e, quando avevo circa diciannove anni, bighellonavo

come un vecchio bluesman del Sud. I miei eroi erano Mississipi John

Hurt, Robert Johnson, Skip James e il cantante bianco John Hammond

che era la mia fonte di ispirazione.

I miei amici ascoltavano i dischi di Bob Dylan come se fossero il Verbo

rivelato. Se ci confrontavamo con i nostri genitori e con il mondo degli

anni Cinquanta non trovavamo nulla che ci accomunasse a loro. Era stato

Bob Dylan il profeta di questa nuova visione della societ e della politica.

Fu lui a esplorare regioni del cuore e della mente che nessuno aveva mai

descritto. Aveva aperto una nuova strada, ma io non riuscivo a trovare i

mezzi per intraprenderla. Avrei dovuto attendere ancora a lungo.

Desideravo ardentemente diventare un cantante. Suonavo musica folk

e blues in piccoli locali e a feste private ma non ero abbastanza deter-

minato per raggiungere il vero successo. E ora, allimprovviso, ecco la

mia occasione di diventare una rock star. Era il momento di prendere


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una decisione: potevo seguire i miei sogni, oppure ascoltare il mio

cuore e andare nel New Hampshire con Ram Dass. Per la prima volta

nella mia vita sentii che, grazie a Ram Dass, avevo trovato qualcosa;

percepivo che la mia anima stava tornando alla vita e non vedeva lora

di immergersi nel cammino spirituale.

Prima di incontrare Ram Dass, desideravo diventare famoso e suonare

musica rock pi di qualsiasi altra cosa al mondo. Immaginavo che mi

sarei sentito speciale. In verit, se in quel periodo della mia vita avessi

avuto soldi, potere e fama, avrei sicuramente distrutto me stesso. Pensoche perfino allora Maharaj-ji, malgrado non lavessi ancora incontrato,

stesse vegliando su di me salvandomi da un potenziale pericolo. Mi

stupisce scoprire che la sua grazia mi permette di realizzare oggi i miei

vecchi sogni, quando tutto questo non pu pi avere effetti negativi. Ha

fatto di me una rock star del canto senza che debba saltellare su un

palco: canto seduto a gambe incrociate! Non canto per soddisfare il mioego, ma per salvare il mio cuore.


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