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I METALLI PESANTI DELL’ILVA DI TARANTO
A cura di Ambra DE BERNARDINIS
A.A. 2013-2014
Introduzione
La città di Taranto ha una grande importanza per l'economia italiana,
essendo sede di un grande porto industriale, commerciale e militare e di un
importante centro industriale con stabilimenti petrolchimici (raffinerie ENI),
cementiferi, di cantieristica navale e siderurgici, tra i quali l'Ilva.
L’ILVA di Taranto è il più grande centro siderurgico d’Europa, in cui
nel 2011 si produceva acciaio in quantità di 9 milioni di tonnellate l’anno,
considerando che la produzione italiana di acciaio si attestava, in quel
periodo, intorno ai 28 milioni di tonnellate. Questi numeri ci confermano la
grande importanza del sito salentino; ma allo stesso tempo, proprio a causa
della presenza di numerose industrie, Taranto risulta essere uno dei siti più
inquinati d’Europa.
A causa del forte impatto ambientale e a seguito di perizie chimiche e
epidemiologica, il gruppo Ilva di Taranto nel 2013 è stato sottoposto a
commissariamento straordinario: a loro carico sono ipotizzate le accuse di
disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari,
danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze
pericolose e inquinamento atmosferico.
I principali elementi inquinanti riscontrati nel suolo, nel sottosuolo,
nelle acque e nei sedimenti sono elencati nella tabella: 1
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tabella: 1 Principali elementi inquinanti in suolo, sottosuolo, acque e sedimenti
Suolo antimonio, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, cromo totale, cromo VI, mercurio, piombo, nichel, zinco, rame, vanadio, cianuri, idrocarburi, IPA, benzene, xilene, diossine
Sottosuolo antimonio, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, cromo totale, cromo VI, mercurio, piombo, nichel, zinco, rame, vanadio, cianuri, idrocarburi, IPA singoli e totali, benzene, xilene, diossine
Acque di falda arsenico, selenio, alluminio, ferro, manganese, nichel, piombo, cobalto, cromo totale, cromo VI, cianuri, solfati, nitriti, BTEXS, alifatici clorurati cancerogeni e non, IPA singoli e totali, idrocarburi totali, MTBE
Sedimenti arsenico, nichel, piombo, cromo totale, rame, mercurio, zinco, IPA, PCB
In questo contesto è stata data maggiore attenzione ai metalli pesanti e alle
conseguenze che il loro accumulo può generare all’ambiente e alla salute
umana
Tossicità dei metalli pesanti
In chimica, con il termine di metalli pesanti si definiscono quei metalli
con numero atomico superiore a quello del ferro (55), densità molto elevata e
che sono causa di inquinamento e tossicità negli organismi biologici e per
l’ambiente. Questi elementi appartengono ai cosiddetti “elementi in tracce” in
quanto sono presenti in natura nei suoli e nelle rocce della crosta terrestre, in
concentrazione dell’ordine di parti per milione (ppm) e parti per miliardo
(ppb). I metalli pesanti, differiscono dai composti organici tossici in quanto,
non essendo degradati dall’attività biologica e fotochimica, risultando
praticamente indistruttibili, accumulandosi nell’ambiente per molti anni.
Normalmente sono considerati metalli pesanti l’alluminio, il ferro,
l’argento, il bario, il berillio, il cadmio, il cobalto, il cromo, il manganese, il
mercurio, il molibdeno, il nichel, il piombo, il rame, lo stagno, il titanio, il
tallio, il vanadio, lo zinco ed altri metalloidi con proprietà simili a quelle dei
metalli pesanti, come l’arsenico, il bismuto e il selenio.
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Possono essere suddivisi in due categorie:
essenziali, come ad esempio il ferro, necessario all’emoglobina del sangue, lo
zinco, per la funzione di molti enzimi, ma anche rame, ferro, magnesio,
cromo, cobalto, selenio, manganese e molibdeno, il cui fabbisogno è
dell’ordine di microgrammi;
non essenziali, o tossici, in quanto non dovrebbero trovarsi all’interno
dell’organismo, come l’alluminio, arsenico, berillio, cadmio, mercurio, nichel
e piombo, la cui presenza è causa di effetti dannosi per la salute, tanto più
forti quanto maggiore è la dose assorbita.
Considerando la forma chimica, molto importante per determinare la
biodisponibilità del metallo per il nostro organismo, i metalli pesanti possono
essere classificati in:
organici: caratterizzati da una forma lipofila e quindi facilmente assorbibile
tramite la cute e tramite la BEE (barriera emato-encefalica);
inorganici: rappresentati da una forma idrosolubile e quindi caratterizzati da
un lento assorbimento.
I metalli pesanti possono essere assorbiti dal nostro corpo attraverso
l’acqua, l’aria ed il cibo ed alcuni di essi come rame, selenio e zinco fanno
parte di noi stessi: questi elementi sono necessari a mantenere un corretto
metabolismo, ma in concentrazioni elevate possono risultare tossici. Dal
punto di vista biochimico, il meccanismo della loro tossicità deriva
dall’affinità dei cationi metallici per lo zolfo: i gruppi sulfidrilici (-SH),
presenti negli enzimi che controllano la velocità delle reazioni metaboliche
nel corpo umano, si legano facilmente ai cationi dei metalli pesanti ingeriti o
alle molecole che contengono tali elementi; se ciò dovesse verificarsi ne
risulta che l’enzima non può funzionare normalmente, con conseguenze
dannose per la salute umana, fino a causare in alcuni casi la morte.
In genere i meccanismi con i quali i metalli danno effetti tossici sono:
interazione con i siti attivi degli enzimi, i quali interagendo con il metallo
causano una perdita o una riduzione della funzionalità enzimatica;
sostituzione di un metallo essenziale presente in un enzima, oppure in una
proteina indispensabile; ad esempio il piombo sostituisce il ferro nella
ferritina intestinale.
I metalli possono accumularsi negli organi ed essere escreti tramite il sudore,
l’urina, le feci, in seguito a desquamazione della cute e attraverso i capelli.
Generalmente questi elementi entrano in contatto con l’organismo per via
respiratoria o cutanea e, legandosi con le strutture molecolari con le quali
vengono a contatto, sono in grado di ostacolare lo svolgimento di determinate
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funzioni vitali. Essi si accumulano nelle ossa e, in particolar modo, in alcuni
organi quali il cervello, il fegato e i reni.
Un trattamento farmacologico comunemente impiegato nei casi di
avvelenamento di metalli pesanti, consiste nella somministrazione di un
composto, che lega il metallo più forte di quanto non faccia l’enzima, il quale
successivamente sarà eliminato dall’organismo. Si tratta di un gruppo di
proteine definito metallotioneine: proteine capaci di chelare, cioè sequestrare,
il metallo non essenziale, riducendo così la possibilità di rimanere libero ed
esplicare la propria tossicità. A tale scopo risulta molto importante l’utilità del
sale di calcio dell’acido etilen-diammino-tetraacetico (EDTA), un composto
che estrae e solubilizza molti ioni metallici.
Quando si parla di inquinamento da metalli pesanti, generalmente, si fa
riferimento solo ad alcuni di essi ed i maggiori responsabili dei danni
ambientali sono: mercurio (Hg), piombo (Pb), cadmio (Cd) cromo (Cr), e
arsenico (As).
Mercurio
Il mercurio (Hg) è l’unico metallo che a temperatura ambiente si trova
allo stato liquido e data la sua capacità di dilatarsi con l’innalzarsi della
temperatura, viene largamente utilizzato nei termometri e nei barometri.
Allo stato elementare trova molte applicazioni, sfruttando la sua
proprietà di essere un ottimo conduttore di elettricità.
In passato, fu
ampiamente utilizzato per
l’illuminazione stradale in
quanto i suoi atomi, una volta
eccitati, emettono radiazioni
elettromagnetiche con
lunghezza d’onda del visibile.
Il mercurio liquido di
per sé non è molto tossico e se
ingerito viene per la maggior
parte eliminato, contrariamente alla forma gassosa che presenta un’elevata
tossicità.
In passato le maggiori quantità di mercurio venivano emesse dalle
eruzioni vulcaniche; attualmente, invece, le maggiori quantità derivano
dall’attività antropica, soprattutto la combustione non regolamentata del
carbone fossile, dell’olio combustibile e dei rifiuti solidi contenenti tale
elemento come termometri, rifiuti medici e batterie.
Una volta giunto in atmosfera in seguito ad evaporazione, il mercurio
può essere trasportato dal vento per lunghe distanze e, in seguito a
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ossidazione, sciogliersi nella pioggia e nella neve, depositandosi sul terreno e
nei corpi idrici di regioni distanti dal luogo di emissione.
Scaricato nelle acque, i batteri e i microorganismi trasformano il
mercurio inorganico (Hg+, Hg2+) nelle forme organiche, tra le quali la più
diffusa e tossica è quella metilata, (metil-mercurio, CH3-Hg+), la quale si
accumula nei tessuti adiposi. Una volta ingerito, è convertito in altre forme
solubili le quali, questa volta, sono in grado di oltrepassare la barriera emato-
encefalica e la barriera placentare.
Nell’uomo il mercurio è assunto quasi completamente sotto forma di
metil-mercurio, accumulatosi nei pesci, soprattutto dalle branchie,
diffondendosi così in tutto l’organismo e diventando praticamente impossibile
da eliminare. Le concentrazioni più elevate di questo metallo (concentrazioni
superiori a 1 ppm) si riscontrano nelle grandi specie predatrici sia marine che
di acqua dolce, come gli squali, il pesce spada, il pesce persico ed il luccio, i
quali occupando i vertici della catena alimentare, accumulano dosi maggiori,
rispetto alle specie non carnivore, soggette ad una minore biomagnificazione
Piombo
Il piombo, Pb, è l’elemento impiegato in maggior misura e quindi
maggiormente disperso nell’ambiente. E’ un metallo tenero, denso, duttile e
malleabile.
Sebbene la concentrazione del
piombo è in crescente aumento in alcune
parti del mondo, in molti paesi
occidentali, negli ultimi decenni, il suo
utilizzo è stato limitato in qualsiasi
impiego che generi una dispersione
ambientale incontrollata.
I composti covalenti del piombo
che rivestono una grande importanza dal
punto di vista commerciale ed
ambientale, sono il piombo tetrametile, Pb(CH3)4, ed il piombo tetraetile,
Pb(C2H5)4.
In passato questi composti hanno trovato largo impiego come additivi
della benzina, con funzione antidetonante causando la formazione di ossidi
che si depositano sul terreno, ed essere perciò facilmente assorbiti dai vegetali
finendo, immancabilmente, nella catena alimentare in conseguenza della loro
elevata solubilità, oppure permanere in atmosfera sotto forma di aerosol,
potendo percorrere grandi distanze e contaminare anche siti lontani dal luogo
di produzione.
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Cadmio
Di aspetto metallico, il cadmio è tossico ed è relativamente raro; il solo ione
formato da questo elemento è la forma
+2. La maggior parte di esso si ottiene
come sottoprodotto dalla fusione dello
zinco, dato che i due elementi si
trovano spesso combinati.
In passato fu utilizzato soprattutto per
la galvanoplastica di altri metalli, tra
cui l’acciaio, in conseguenza della sua
elevata resistenza alla corrosione e
come stabilizzante nelle materie
plastiche di cloruro di polivinile
(PVC).
Le principali fonti di contaminazione ambientale di questo metallo
sono: processi di incenerimento dei rifiuti e delle materie plastiche che
contengono l’elemento; riciclaggio dell’acciaio placcato con il cadmio, in
conseguenza del fatto che tale elemento risulta abbastanza volatile al calore e
dal fumo delle sigarette, in quanto il cadmio viene assorbito dalle foglie di
tabacco, dal suolo e dall’acqua di irrigazione.
In conseguenza della sua somiglianza con lo zinco, le piante assorbono
concentrazioni elevate di cadmio proveniente dall’acqua di irrigazione,
contaminata sia dai fertilizzanti a base di fosfati utilizzati per il trattamento
dei campi, e sia dai fanghi derivanti dagli impianti di depurazione dei liquami
originati dagli scarichi industriali.
Tutto ciò va giunge nel suolo, al cui avvelenamento concorre anche la
deposizione atmosferica. Per l’uomo, l’esposizione al cadmio deriva
soprattutto dall’alimentazione: i frutti di mare, come i molluschi, e gli organi
interni degli animali, soprattutto i reni, possiedono le più elevate
concentrazioni di cadmio.
Il cadmio ha una tossicità molto acuta e la dose letale è di circa 1
grammo. I più importanti episodi di contaminazione da cadmio sono stati
riscontrati in zone prossime all’estrazione dei materiali non ferrosi. A tal
proposito il più grave incidente ambientale si verificò in Giappone, nei pressi
del fiume Jintsu, le cui acque furono utilizzate per l’irrigazione delle colture
del riso, contaminato dal cadmio proveniente da operazioni di estrazione e
fusione dello zinco.
Numerose furono le persone colpite da una malattia ossea degenerativa
detta “itai-itai”, denominata in questo modo per gli acuti dolori articolari, che
causava un progressivo indebolimento delle ossa fino a causarne la frattura.
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Cromo
Il cromo è un metallo duro, lucido,
di colore grigio acciaio, molto
resistente alla corrosione e che fonde
con difficoltà. Gli stati di
ossidazione più comuni sono +3,
cromo trivalente Cr(III) più stabile, e
+6, cromo esavalente Cr(IV).
Questi due ioni presentano una
differenza fondamentale: il Cr III è
molto meno tossico e in concentrazioni molto basse svolge anche un ruolo di
nutriente, infatti è necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel
corpo umano; mentre il cromo IV è tossico ed è un agente cancerogeno: a
causa della somiglianza con lo ione solfato (SO4 2-), lo ione cromato penetra
facilmente nelle cellule viventi dove può ossidare le basi di DNA e di RNA.
Il cromo rappresenta uno dei più importanti contaminanti ambientali
inorganici sia dell’aria, in seguito alla combustione del carbone, e sia delle
acque, in particolar modo delle acque di falda situate al di sotto di aree
industriali e di depositi di rifiuti pericolosi.
Arsenico
L’arsenico non è un vero e proprio metallo ma è un metalloide,
elemento che presenta caratteristiche
intermedie tra i metalli e i non metalli.
A differenza di mercurio, piombo
e cadmio, l’arsenico presente in tracce
risulta essere essenziale per la salute
dell’uomo, infatti piccole quantità di
questo elemento agiscono come
stimolante della crescita e pertanto
vengono aggiunte all’alimentazione dei maiali e del pollame per favorirne
l’ingrassamento; ovviamente l’uso di questo stimolante deve essere interrotto
qualche giorno prima la macellazione.
L’arsenico (III) risulta essere più tossico della forma pentavalente,
poiché legandosi ai gruppi solfidrilici, permane per un tempo maggiore
all’interno dell’organismo, al contrario dell’As(V) che viene ridotto per
primo.
Inquinamento e limiti di riferimento
Per inquinamento s’intende l’alterazione dell’ambiente naturale o
antropico, che può produrre disagi temporanei, patologie o danni permanenti
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per l’ambiente e per la salute umana. Esistono molti tipi di inquinamento,
suddivisi a seconda dell’elemento inquinante ma anche dell’area interessata: i
metalli pesanti, che causano il cosiddetto inquinamento chimico, in
concomitanza di numerose altre sostanze, sono i responsabili
dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, ma soprattutto, del suolo e sottosuolo.
I metalli introdotti nell’ambiente, maggiormente quelli presenti nei
sistemi idrici a causa dell’erosione del terreno e delle rocce, sono una
conseguenza dell’attività naturale e soprattutto antropica, causata quest’ultima
dall’estrazione mineraria e dall’utilizzo di sostanze contenenti tali inquinanti.
Una volta che i metalli pesanti sono assorbiti dalle radici delle piante,
vengono trasportati nelle foglie e nei frutti, entrando a far parte della catena
alimentare e giungendo nell’uomo sia direttamente, in seguito ad assunzione
di vegetali, ma anche indirettamente, alimentandosi di animali che a loro volta
si sono nutriti di cibo contaminato.
I metalli pesanti sono presenti naturalmente nell’aria, nell’acqua e nel
suolo, ma il problema principale correlato alla loro presenza, è dato dalla loro
capacità di accumulano sullo strato superiore del suolo e sui sedimenti
potendo, in questo modo, essere facilmente assimilati dalle radici delle piante:
i materiali che costituiscono l’humus1 possiedono una notevole affinità per i
cationi dei metalli pesanti, grazie alla formazione di legami con gli ioni del
metallo, mediante gruppi carbossilici (-COOH) presenti negli acidi umici.
Come già detto in precedenza, i metalli pesanti sono elementi presenti
in natura, ma senza l’attività estrattiva dell’uomo difficilmente riuscirebbero a
disperdersi nell’ambiente; questo è il motivo per il quale i governi di molti
paesi pongono sempre più importanza a questo tipo di inquinamento,
emanando direttive atte a ridurre le dispersioni nell’ambiente al di sotto di
soglie considerate di sicurezza per l’ambiente stesso, per l’uomo e per gli
animali.
I valori limite per ogni metallo sono stabiliti dalla normativa di
riferimento differente sulla base del comparto ambientale in esame: il
campionamento e l’analisi dei tassi di deposizione di questi inquinanti in
atmosfera sono riportati nell’allegato V del d.lgs. 152/07 “Attuazione della
direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel
e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente”; mentre per le
acque ed il suolo i loro limiti sono definiti nell’allegato 5, titolo V, parte IV
nel d. lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”.
1 sostanza organica di colore scuro presente nel suolo, derivante dalla degradazione parziale della
sostanza organica, costituita principalmente da piante fotosintetiche; il materiale vegetale non decomposto contenuto nell’humus e costituito soprattutto da proteine e lignina, sostanze polimeriche molto insolubili nell’acqua
9
Effetti clinici sull’uomo
Il potere tossico esercitato dai metalli pesanti dipende soprattutto dalla
struttura chimica di ciascun elemento, cioè dalla sua speciazione: le forme
quasi del tutto insolubili transitano nel corpo umano senza causare danni
significativi; mentre le forme che risultano più devastanti sono quelle che
riescono ad oltrepassare le membrane, come quella che protegge il cervello,
membrana emato-encefalica, o quella che protegge il feto, barriera placentare.
Questi elementi rappresentano un grave problema per i paesi
industrializzati in quanto largamente utilizzati in tutte le attività produttive,
dall’agricoltura, all’industria, al terziario avanzato. In conseguenza di tutto ciò
queste sostanze vengono introdotte nell’aria e nell’acqua ed un problema di
fondamentale importanza è dovuto al loro capacità di accumulo nelle catene 1
sostanza organica di colore scuro presente nel suolo, derivante dalla
degradazione parziale della sostanza organica, costituita principalmente da
piante fotosintetiche; il materiale vegetale non decomposto contenuto
nell’humus e costituito soprattutto da proteine e lignina, sostanze polimeriche
molto insolubili nell’acqua alimentari2; tutto ciò è acuito, inoltre, dal
verificarsi del fenomeno della biomagnificazione, o amplificazione biologica,
che consiste nell’aumento progressivo delle concentrazioni, attraverso i
diversi anelli di una catena alimentare. Di seguito sono riportati i maggiori
danni causati dall’esposizione ai suddetti metalli pesanti.
Mercurio
I maggiori danni derivanti dall’intossicazione da mercurio si hanno a
livello del sistema nervoso centrale, dato che il cervello risulta essere il
bersaglio principale. I sintomi comprendono: parestesie degli arti superiori ed
inferiori, ridotta funzionalità renale, sordità, offuscamento e perdita della
vista, perdita della parola e incoordinazione muscolare, insonnia e
nervosismo, perdita di memoria, ansia e depressione, perdita di peso e di
appetito, tremori ed allucinazioni. Un problema di fondamentale importanza è
dato dal fatto che il metil-mercurio può essere trasmesso al feto, quindi i
bambini nati da madri che presentavano anche lievi intossicazioni da
mercurio, mostravano gravi danni cerebrali: ritardo psichico e, in alcuni casi,
anche attacchi apoplettici e disturbi motori fino alla paralisi.
Piombo
La maggior quantità di questo metallo nell’uomo è concentrata
soprattutto nel sangue, ma una volta raggiunto un certo limite, il suo eccesso
penetra, dapprima negli organi e nei tessuti molli, soprattutto in quello 2 complesso di relazioni gerarchiche tra specie di diversa collocazione sistematica, ciascuna delle
quali si alimenta della specie che la precede, generando in questo modo un processo ciclico in grado di consentire il trasferimento delle sostanze nutritive, e quindi dell’energia, presenti nell’ecosistema
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cerebrale, e soltanto dopo nelle ossa, dove sostituisce lo ione calcio, grazie
alla somiglianza degli ioni Pb2+ con gli ioni Ca2+. In seguito a ciò, le persone
con un deficit di calcio presentano un maggior assorbimento di piombo.
Il maggior rischio provocato da intossicazione da piombo, anche per
livelli bassi, riguarda i feti e i bambini di età inferiore ai 7 anni in quanto, in
entrambi i casi, presentano una maggiore sensibilità all’elemento: il piombo
riesce ad oltrepassare sia la barriera placentare, passando quindi facilmente
dalla madre al feto, e sia la barriera emato-encefalica, a causa della sua
immaturità.
Il principale rischio derivante da intossicazione da piombo è
rappresentato dall’interferenza con il normale sviluppo del cervello e
compromissione delle facoltà neuropsicologiche, collegando in alcuni casi la
sua assunzione a fenomeni di schizofrenia.
Non esiste un limite al di sotto del quale il piombo non provochi
conseguenze nocive su feti e bambini, inoltre sembra che il piombo eserciti
effetti deleteri sul comportamento, sulla capacità di apprendimento e sul
coefficiente intellettivo, manifestandosi con ritardi fisici, mentali e con
problemi comportamentali durante la crescita.
Per di più, livelli elevati di piombo possono causare: ipertensione,
cefalea, depressione, insonnia, irritabilità, ansia, debolezza, algie muscolari,
ridotta funzionalità renale che può evolvere in insufficienza renale cronica,
infertilità nell’uomo e aborti spontanei nella donna, gotta saturnina e
rarefazione dell’osso, processo che 2 complesso di relazioni gerarchiche tra
specie di diversa collocazione sistematica, ciascuna delle quali si alimenta
della specie che la precede, generando in questo modo un processo ciclico in
grado di consentire il trasferimento delle sostanze nutritive, e quindi
dell’energia, presenti nell’ecosistema si manifesta soprattutto in età senile o in
concomitanza di particolari malattie, come l’osteoartrite o la malattie
peridontale avanzata.
Cadmio
Il cadmio non presenta fenomeni di bio-accumulo infatti, in caso di
esposizione a basse concentrazioni, può essere eliminato rapidamente
dall’organismo, grazie alla presenza di una proteina, la metallo-tioneina,
attraverso le urine. Nel caso in cui sia assorbita una quantità maggiore,
rispetto alla capacità di complessazione della metallo-tioneina, il metallo si
accumula soprattutto nei reni e nel fegato.
Livelli elevati di cadmio possono causare: malattie renali e malattia
ossea degenerativa, causata dalla sostituzione degli ioni Ca+2 con gli ioni Cd+2
poiché gli ioni presentano le stesse dimensioni, causando perciò alle ossa un
aspetto poroso, con conseguente aumento della fragilità.
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Cromo
I principali danni causati dal cromo, ed in particolare del cromo VI il
quale è considerato essere un forte agente cancerogeno, sono: congiuntiviti
per gli occhi e dermatiti irritative a carico di avambracci, mani e piedi; danni
gastrointestinali con nausea, vomito, dolori addominali e diarrea; danno
epatico e renale con conseguente insufficienza renale acuta; carcinoma dei
seni paranasali e del polmone.
Arsenico
L’arsenico è da considerare come uno dei più pericolosi rischi
ambientali per la salute umana. La presenza di questi elemento nell’acqua è
stata associata a varie problematiche riscontrate nell’uomo, tra cui il cancro, il
diabete e malattie cardiovascolari.
L’acqua potabile, e in particolare quella freatica, rappresenta la
principale fonte di arsenico per molte persone ma altre fonti sono gli alimenti
come la carne ed i molluschi, cibi in cui l’elemento è presente in forma
organica. I maggiori problemi derivanti dall’assunzione di arsenico si
registrano in prossimità del delta del Bengala, dove circa 40 milioni di
persone bevono acqua contaminata, per effetto di processi di trivellazione di
milioni di pozzi artesiani.
Non esiste un limite ben preciso al di sotto del quale l’esposizione a tale
elemento non causi danni gravi per la salute umana; è ormai noto che
l’arsenico è cancerogeno per l’uomo sia in maniera diretta, danneggiando il
DNA, ma anche in modo indiretto, inducendo una crescita abnorme delle
cellule, oppure impedendo il processo di riparazione del DNA danneggiato da
altri agenti cancerogeni, come il fumo di sigaretta o i raggi UV. Invece, le
forme organiche dell’arsenico sono costituite da acidi idrosolubili che
possono essere escreti dall’organismo, risultando meno tossiche rispetto alle
forme inorganiche.
Le principali malattie correlate all’assunzione di arsenico sono: cancro
al polmone, lesioni cutanee, danni al sistema nervoso centrale, delirio fino al
coma, danno gastrointestinale che termina con vomito e diarrea di grave
entità, e arseniosi, in grado di causare cancro alla cute, al fegato, alla vescica e
ai reni.
Il progetto SENTIERI
Il Ministero della Salute, in collaborazione con l'Istituto Superiore di
Sanità, dipartimento Ambiente e Prevenzione primaria, ha finanziato
numerosi studi di epidemiologia e monitoraggio ambientale relativamente alla
situazione di inquinamento presente nella zona di Taranto. Tra questi si cita il
progetto Sentieri, il quale ha fornito dati in merito ad analisi ed indagini
condotte in questa zona della penisola italiana.
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Il progetto SENTIERI - Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori
e Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento- afferma che nell’area di
Taranto è stato riscontrato un aumento di mortalità maggiore rispetto ad altre
zone della regione Puglia.
È stato calcolato che, in sette anni, le emissioni di sostanze inquinanti
ha causato la morte di 11.550, in media 1.650 l’anno, soprattutto per cause
cardiovascolari e respiratorie, e circa 27000 ricoveri, principalmente per cause
cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari. Secondo i dati ufficiali del
rapporto Sentieri, nel periodo 2003-2009 Taranto registra, rispetto alla media
della Puglia, una mortalità
• maggiore del 14% per la componente maschile
• superiore del 8% per quella femminile
• maggiore del 20% per gli infanti, soprattutto nel primo anno di vita
Un’analisi geografica della mortalità tumorale nel periodo 2000-2004
nelle cinque province pugliesi, basata sui dati del registro regionale, ha
mostrato che nella città di Taranto, unitamente al gruppo di comuni circostanti
il polo industriale, è presente un eccesso di mortalità.
Si evidenzia un eccesso tra il 10% e il 15% della mortalità generale e
per tutti i tumori, sia tra gli uomini che tra le donne; un eccesso di circa il
30% sulla mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi; un
eccesso, sempre in entrambi i generi con un + 350% per gli uomini e un
+200% nelle donne, dei decessi per tumore della pleura; un eccesso compreso
tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute,
associato ad un aumento di circa il 10% nella mortalità per tutte le malattie
dell’apparato respiratorio.
Inoltre, si osserva un eccesso di circa il 15% tra gli uomini e del 40%
tra le donne della mortalità per malattie dell’apparato digerente, oltre ad un
incremento del 5% dei decessi per malattie del sistema circolatorio soprattutto
tra gli uomini.
Inoltre, nella città di Taranto la mortalità osservata è superiore all’attesa
per quel che riguarda anche il tumore del pancreas, della mammella e della
vescica.
Per di più, altrettanto allarmanti sono i dati riguardanti l’infertilità: da
una ricerca condotta dall’Unita di Fisiopatologia Riproduzione Umana del
Policlinico di Bari, è emerso che una coppia su 4 nell'area di Taranto è sterile
e il 26% delle donne è in menopausa precoce.
Conclusioni
In definitiva possiamo affermare che la zona oggetto dello studio
appartiene ai “siti di bonifica di interesse nazionale”, i cosiddetti SIN istituiti
dal d.lgs 152/06.
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Dalle analisi condotte è emerso che nel sito “sin ionico” risulta essere
inquinato soprattutto
il suolo, in cui sono
stati riscontrati valori
di concentrazione
pari a più di 75 volte
il valore soglia
stabilito dalla
normativa vigente,
per quanto riguarda
gli IPA, ed eccedenze
più del 1000% per
quanto riguarda
alcuni metalli pesanti.
Secondo i dati raccolti dall’asl di Taranto, è stato stimato che 1 abitante
su 18 residente nei quartieri vicini al polo industriale del gruppo Riva, risulta
essere malato di tumore. Inoltre, tale valore potrebbe crescere
vertiginosamente, in quanto spesso per le cure ci si rivolge al nord o in
strutture private. Secondo Peacelink, le malattie attualmente più diffuse sono
quelle legate ai polmoni, anche se il picco del mesotelioma è atteso per il
2015.
A preoccupare particolarmente sono anche le malattie derivanti della
sostanze geno tossiche come il ferro che causano malattie neurodegenerative
che vengono trasmesse dai genitori ai figli.
Sulla base di quanto appena esposto, nell’avvenire si attendono valori
ancor più drammatici per le popolazioni residenti in questo sito; ma un
problema estremamente grave è che gli abitanti di queste zone, attualmente, si
trovano a dover scegliere tra la salute ed il lavoro, consapevoli del fatto che la
scelta della “paga” comporterebbe inevitabilmente lo sviluppo di numerose
malattie, che porterebbero alla loro morte.
D’altro canto, però, la chiusura definitiva dello stabilimento causerebbe
una aumento di disoccupazione enorme per quanto riguarda questa zona della
nostra penisola.
Bibliografia
ARPA Puglia 2008. Analisi effettuate, criticità riscontrate e necessità di
nuove analisi nell’area di Taranto e Statte, Bari 16 settembre 2008.
ARPA Puglia 2009. Relazione sui dati ambientali dell’area di Taranto, 08
settembre 2009.
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Altre fonti •
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Settembre 2013 •
La Stampa Qual è la storia dell’ILVA? •
L’Uffingtonpost L’Ilva, i numeri del nuovo studio Sentieri: tumori +30%,
mesoteliomi + 145%, 24 Maggio 2014 •
Radio Onda D’urto, Siti inquinati: bonifiche al palo e mortalità in aumento,
19 Settembre 2012 •
Radio Onda D’urto, Taranto: un malato ogni 18 abitanti nei quartieri a ridosso
dell’area industriale, 2 Settembre 2013