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REND. SEM. MAT. UNI VERS. POLITECN. TORINO Vol. 34° (1975-76) SILVIA CLARA ROERO - TULLIO VIOLA I PARADOSSI DI ZENONE SUL MOVIMENTO SUMMARY - We recall the terms of the four well-known paradoxes: of Dicho- tomy, of Achilles and the tortoise, of the Arrow and of the Stadium, mentioning some known interpretations of them, both of philosophical and mathematical character. We support the opinion that ZENO whished to address the Pythagoreans neither propely to polemize nor in relation to the so-called « crysis of the irrationals ». He probably thought as already accepted the concept of « density of distribution » of the points in a segment, which is contrary to the arithmo-geometry; hence, he intended to prove the analogous concept of « density of distribution » of the instants in a time-interval. 1. Dei sette paradossi, a noi pervenuti, che la tradizione attri- buisce a ZENONE DI ELEA (nato verso il 500 a. C), quattro riguar- dano il movimento e sono stati oggetto di indagini profonde in tutti i tempi, dirette a comprenderne l'autentico, originario significato: indagini ardue e mai concluse, che ogni generazione di filosofi e matematici suole riprendere. Le dirncolta nel ricostruire il pensiero di ZENONE dipendono innanzitutto dalla scarsita della documentazione: secondo PROCLO (410-485 d. 0. circa), ZENONE avrebbe enunciato in totale ben 40 paradossi e non v'e dubbio che la conoscenza dei 33 perduti giove- rebbe notevolmente al superamento di tali difflcolta. Queste dipendono, in secondo luogo, dal fatto che gli enunciati dei quattro paradossi sul movimento ci sono pervenuti non nella Classificazione per soggetto AMS (MOS) 1970: 01A20.

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REND. SEM. MAT. UNI VERS. POLITECN. TORINO

Vol. 34° (1975-76)

SILVIA CLARA ROERO - TULLIO VIOLA

I PARADOSSI DI ZENONE SUL MOVIMENTO

SUMMARY - We recall the terms of the four well-known paradoxes: of Dicho­tomy, of Achilles and the tortoise, of the Arrow and of the Stadium, mentioning some known interpretations of them, both of philosophical and mathematical character. We support the opinion that ZENO whished to address the Pythagoreans neither propely to polemize nor in relation to the so-called « cry sis of the irrationals ». He probably thought as already accepted the concept of « density of distribution » of the points in a segment, which is contrary to the arithmo-geometry; hence, he intended to prove the analogous concept of « density of distribution » of the instants in a time-interval.

1. Dei sette paradossi, a noi pervenuti, che la tradizione attri-buisce a ZENONE DI ELEA (nato verso il 500 a. C), quattro riguar-dano il movimento e sono stati oggetto di indagini profonde in tutti i tempi, dirette a comprenderne l'autentico, originario significato: indagini ardue e mai concluse, che ogni generazione di filosofi e matematici suole riprendere.

Le dirncolta nel ricostruire il pensiero di ZENONE dipendono innanzitutto dalla scarsita della documentazione: secondo PROCLO

(410-485 d. 0. circa), ZENONE avrebbe enunciato in totale ben 40 paradossi e non v'e dubbio che la conoscenza dei 33 perduti giove-rebbe notevolmente al superamento di tali difflcolta.

Queste dipendono, in secondo luogo, dal fatto che gli enunciati dei quattro paradossi sul movimento ci sono pervenuti non nella

Classificazione per soggetto AMS (MOS) 1970: 01A20.

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versione originale, ma in quella di ARISTOTELE (384-322 a. 0.), di SIMPLICIO (VI sec. d. C.) e di altri che vi hanno sovrapposto, con possibili alterazioni formali, le loro personali interpretazioni, spesso polemiche.

Le difficolta dipendono inline dalle scarse conoscenze storiche sulla cultura della Grecia nel V sec. a. C. e sni rapporti che Zenone ebbe con essa, col suo maestro PARMENIDE (morto circa alia meta del V sec. a. C.) e con la scuola eleatica di cui fu alto rappresen-tante (*).

2. Per quanto notissimi, ci sembra indispensabile richiamare anzitutto gli enunciati dei quattro paradossi (le versioni sono nostre, snlla base dei testi greci piu accreditati).

DICOTOMIA. II moto e impossibile perche\ secondo la testimo-nianza di ARISTOTELE, «cio che si muove deve pervenire alia meta del per cor so prima che al sno t ermine» (2), cioe dovendo il mobile percorrere un certo tratto, deve prima giungere alia meta di questo: ma ancor prima di giungere alia meta di questo, deve pervenire alia meta di questa meta e cosi all'innnito.

ACHILLE. «I1 piu lento non sara mai raggiunto nella corsa dal piii veloce. Infatti e necessario che chi insegue giunga prima al punto da cui e partito chi fugge, cosicche il piu lento si trovera sem-pre necessariamente un po' piu avanti del piu veloce»(3). L'esposi-zione aristotelica potrebbe essere cosi j)arafrasata: Achille non potra mai raggiungere la tartaruga, anche se e molto piu veloce di questa, perche, mentre raggiunge il punto da cui la tartaruga e partita, quest'ultima ha, percorso un altro tratto e, non appena Achille e arrivato anche li, la tartaruga e avanzata di un altro tratto e cosi via all'infmito.

(') In quanto segue i nn. 2, 3, 4 sono cli S. C.Roero e i nn. 5, 6, 7, 8 di T. Viola. L'argomento verra ripreso ed ampiamente sviluppato in un lavoro, degli stessi autori, che verra pubblicato altrove.

Nei nn. 5-8 verranno esposte alcune argomentazioni che riteniamo nuove, atte ad avvalorare una certa interpretazione di tipo matematico dei quattro paradossi del movi-mento. I nn. 2, 3, 4 prepareranno, in modo riassuntivo, il lettore ad inquadrare per grandi linee tali argomentazioni nella storia delle ricerche relative.

(-) Arist. Fisica VI 239 b 9. (;t) Arist. Fisica VI 239 b 14.

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FRECCIA. «Ogni cosa quando occupa uno siDazio uguale a s6 e in quiete e se cio che e in moto occupa sempre in ogni istanteun tale spazio, la freccia che si muove e ferma» (4). Anche se il testo aristotelico di questo paradosso e piuttosto breve e oscuro, l'inter-pretazione piu valida di quel testo ci sembra questa: in ogni istante, durante il suo volo, la freccia occupa uno spazio uguale a se stessa; ma, l'occupare uno spazio uguale a se stessa implica l'essere immo­bile, percio la freccia ad ogni istante del suo volo e immobile, quindi per tutto il tempo del suo volo e immobile.

STADIO. «I1 quarto argomento e quello che tratta dei corpi uguali, che in uno stadio si muovono da opposte posizioni parallelamente ad altri corpi uguali, tanto dal termine dello stadio, quanto dalla meta con uguale velocita. La conclusione e che meta del tempo e uguale al doppio... Ecco la dimostrazione: siano A A le masse uguali che sono ferme (fig. 1), BB quelle che oc-cupano la meta dello stadio, cioe dall'inizio dello stadio alia meta delle A, uguali a queste in numero e grandezza e FF quelle che occu-pano inizialmente I'altra meta dello stadio, dal termine alia meta delle altre A, uguali in numero e grandezza e velocita alle masse B. Ne consegue che muovendosi i B e i F gli uni lungo gli altri, il primo B e il primo F arrivano nello stesso tempo al termine della serie l'uno dell'altro. E"e deriva inoltre che insieme il primo F e passato lungo tutti i B, mentre il primo B e passato soltanto lungo la meta (cioe due) degli A, cosicche il tempo da esso impiegato per arrivare al. termine della serie A e la meta di quello di F, poiche ciascuno dei due impiega lo stesso tempo a passare lungo ogni massa A. E ne consegue ancora che il primo B nello stesso tempo e passato davanti a tutti i .T: infatti il primo F e il primo B arriveranno contempora-neamente ai termini opposti (di A), inf atti il tempo impiegato dal primo F nel passare ciascun B e uguale a quello impiegato nel pas­sare ciascun A, perche un tempo uguale e impiegato sia dal primo B che dal primo I1 nel passare tutti gli A » (5). Di questo paradosso Simplicio ci tramanda anche la figura, descritta da Alessandro di Afrodisia (6).

(•') Arist. Fisica VI 239 b 5. (n) Arist. Fisica VI 239 b 33 sgg. (") Simpl. Fisica 1016, 14 sgg.

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A corpi in quiete B corpi in moto da A a E r corpi in moto da E a A A inizio dello stadio E fine dello stadio.

Fig. 1

3. Che alia base di questi paradossi si trovi un profondo signi-ficato filosofico sembra indiscutibile. Si puo ritenere, seguendo PLATONE, che l'unico scopo delle argomentazioni zenoniane fosse «la difesa della dottrina di PARMENIDE contro coloro che tentavano di metterla in ridicolo, sostenendo che la tesi dell'esistenza dell'uno va incontro a molte conseguenze ridicole e contraddittorie» (7). ZENONE li avrebbe confutati dimostrando che la loro ipotesi della esistenza dei molti incontra conseguenze ancor piu ridicole e para-dossali.

Si puo ammettere, seguendo pensatori moderni, che ZENONE

intendesse aggiungere delle efficaci argomentazioni a sostegno uni-camente della dottrina parmenidea dell'Essere («il movimento non esiste, e solo dd£a », E. FINK «Zur ontologischen Friihgeschichte von Eaum, Zeit, Bewegung» Den Haag 1957 (8) e M. UNTERSTEINER

«Zenone, testimonianze e frammenti» Firenze 1963 (9)), oppure che egli intendesse affermare l'esistenza soltanto del passato, non del futuro (0. E. WALLNER «Uber die Entstehung des Grenzbegrif-

(7) Platone, « Parmenide », .128 c. (8) Zenone svilupperebbe la riflessione sull'Essere « nella distruzione dialettica della

So^a ... Egli rirnane nel finito, rimane nell'ambito delle cose sensibili che ci riguar-dano... Ed e come uno sguardo di Medusa. Tutto si irrigidisce: il movimento non esiste. Cio non significa afTatto che Zenone neghi il fatto dei movimenti, ma egli nega aperta-mente ai movimenti e alle cose mosse che esse siano esistenti... Nel tramonto delle rap-presentazioni dell'Essere secondo la <5o'£a, Zenone trova la via al pensiero del vero Essere», pag. 111-112.

(°) « L'unita delle quattro aporie sta nella difesa della dottrina parmenidea nella sua doppia facies di do£a temporale e di ak/jOsia atemporale: cioe si rappresenta la realta dell'una come assurda e inconcepibile per l'altra. Nei primi due argomenti si nega ogni modo del moto nell' sov (ne si muove, ne contiene il moto), moto che si rappresenta come reale nella do^a ; cioe il moto impossibile nell'atemporalita e possibile ed eflettivo nella temporalita. Parallelamente, nella terza e nella quarta aporia, per un verso si nega esplicitamente la temporalita dell' sop, per dimostrarne l'extratemporalita; per l'altro verso la temporalita della dd^a appare contraddittoria, in quanto non solo rende assurdo il movimento, ma nega anche la quiete, in quanto viene concepita come il contrapposto del movimento attuale di un esistente » (pag. 169).

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fes », Bibliotheca Mathematica, vol. 4, 1903 (10)), oppure negare I'esistenza di infiniti istanti, o meglio negare il superamento d'una successione d'intmiti istanti, perche* contrario all'esistenza dell'inn-nito attuale (B. MORPURGO, Giornale critico della filosofia italiana 1922, «Intorno ai due primi argomenti di ZENONE DI ELEA contro il moto»(n)), ecc.

Noi non intendiamo qui discutere questi diversi significati, ne* porci il problema se l'uno o l'altro di essi sia compatible con quanto diremo nel seguito. Noi condividiamo l'opinione di quegli storici della matematica, secondo i quali ZENONE avrebbe attribuitoai suoi quattro paradossi del movimento anche un significato mate-matico. Una tale opinione potrebbe del resto attribuirsi alio stesso ARISTOTELE, il quale contesto lungamente quei paradossi appunto con argomentazioni matematiche (Fisica VI 233 a 13 sgg; Fis. VI 239 b 9 sgg; Fis. VII 250 a 20; Fis. VIII 263 a 5). Non e stato pero dimostrato, ne" e probabilmente dimostrabile che ARISTOTELE la pensasse cosi, perche- si potrebbe sostenere (ed e stato infatti soste-nuto da R. BACCOU in «Histoire de la science grecque de Thales a Socrate» Parigi 1951, da M. UNTERSTEINER op. citata sopra e da B. L. VAN DER WAERDEN nel suo articolo «Zenon und die Grundla-genkrise der griechischen Mathematik»in Mathematische Annalen 1940 (12)) che Aristotele abbia ritenuto di poter ridurre all'assurdo le affermazioni di ZENONE, scavalcando le idee esclusivamente filosonche del medesimo.

4. E difficile indagare sulla veridicita di queste ipotesi, dal momento che possediamo, come fonte piu antica e piu attendibile, unicamente il testo aristotelico dei paradossi.

(10) «Zenone tratta l'intero problema prendendo in considerazione soltanto quella parte del movimento che precede l'istante considerato; e cio fintantoche Achille non ha raggiunto la tartaruga » (pag. 254).

(n) « L'inammissibilita logica del movimento prospettata dai due primi ragionamenti di Zenone non deriva punto dall'illazione che, per superare uno spazio finito occorra un tempo infinito; sebbene dalla dimostrazione che il moto implica Fassurda necessita di esaurire cio che e dato come infinito » (pag. 362).

(12) Baccou op. cit. pag. 188: « Dei dilemmi zenoniani Aristotele esamina solo un aspetto, dando a essi un significato puramente fisico o meccanico ».

Untersteiner op. cit. pag. 132: «Aristotele non tiene presente 1'aspetto ontologico che era per Zenone essenziale ».

La critica del van der Waerden ad Aristotele e implicita: « Zenone parve acquistare un sempre maggiore significato per la storia della matematica, poiche si pretende che egli abbia smascherato come false delle conclusioni infinitesimali ampiamente diffuse ed abbia cosi aperto la strada alia matematica esatta del IV sec. (...). Ma io penso di poter dimostrare l'insostenibilila di queste ipotesi, per quanto riguardano Zenone e il suo tempo ». (Op. cit. pag. 141-142).

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Comunque sia, PAUL TANNERY ha ideato un curioso dibattito fra un rappresentante del pensiero aristotelico e uno del pensiero di ZENONE, nel quale dimostra, molto ingegnosamente a nostro parere, che ZENONE avrebbe potuto combattere validamente, punto per punto, il ragionamento del suo grande rivale (13).

Nella nostra interpretazione, ci limiteremo esclusivamente al presunto significato matematico dei suddetti paradossi.

La nostra interpretazione si discostera fondamentalmente da quella, ben nota, di F. ENRIQJJES, perche questi ha ritenuto di poter risolvere i primi due paradossi, nell'ambito esclusivo della geome-tria, non in quello piu ampio della cinematica. Basti citare, in propo-sito, il passo della nota opera in collaborazione col DE SANTILLANA

«8toria del pensiero scientifico» Bologna 1936 (vol. 1 «II mondo antico» p. 110): «Moderni Diogeni neokantiani hanno creduto di confutarli (i primi due paradossi) a loro volta spiegando che non e possibile nella realta la divisione alPinfinito delle lunghezze mate-matiche, che l'argomento suppone, sicche, (esclamano i due autori) si avrebbe un teorema della meccanica rationale!»(II corsivo e nostro).

E perche* non avrebbe potuto esserlo? Al contrario noi riteniamo che i quattro paradossi del movimento (non soltanto gli ultimi due) intendano affrontare un problema relativo sia alio spazio che al tempo.

Ci sembra, inoltre, verosimile che storicamente un tale pro­blema si sia presentato ed abbia impegnato notevoli sforzi sia filo-sofici che matematici, similmente a quanto avviene del resto nello sviluppo mentale dell'essere umano nella prima infanzia. Secondo J. PIAGET (14), «verso i sei anni, in media, il bambino accetta la simultaneita degli arrivi e delle partenze, ma non ne conclude che le durate dei percorsi siano state uguali, perche una stradapiu lunga gli sembra esiga anche piu tempo (per mancanza di coordi-namento fra le simultaneita e gli intervalli temporali). Si possono fare analoghe osservazioni sui tempi psicologici (durata di un lavoro lento o rapido), ecc. In complesso il tempo sembra essere un

coordinamento dei movimenti ivi comprese le loro velocita U= -) ,

come lo spazio e basato su un coordinamento degli spostamenti (=di movimenti indipendenti dalle velocita)».

(,s) P. Tannery, « Pour l'histoire de la science hellene », Parigi 1887, pagg. 256-257-258.

(u) / . Piaget, « Lo sviluppo mentale del bambino », ed. Einaudi, 1967, pag. 89.

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5. La tesi che non soltanto il terzo e il quarto paradosso del movimento, ma anche i primi due intendano affront are un problema di stretta relazione fra spazio e tempo, e stata piu volte sostenuta, anche recentemente per es. da P. OOSTABEL (15). A nostro parere tutti e quattro i detti paradossi si legano insieme ed equivalgono, contrariamente all'opinione dell'JEJnriques (v. sopra), ad un unico, vero e proprio teorema di cinematica (enunciato, se cosi si puo dire, ellitticamente e per assurdo).

In quanto segue tenteremo una ricostruzione del processo sto-rico che puo aver condotto ZENONE alia formulazione dei quattro XDaradossi. Tale ricostruzione sara caratterizzata dai seguentitre aspetti:

1) II discorso matematico di ZENONE e rivolto essenzialmente ai pitagorici (16);

2) Esso non ha nulla a che fare con la cosiddetta wrisi degli irrazionali»;

3) ZENONE accetta (ritenendola gia acquisita) la concezione contraria all'aritmo-geometria, della «densita di distribuzione» dei punti di un segmento, e si propone di convincere i pitagorici ad accettare l'analoga concezione della «densita di distribuzione» degVistanti di un intervallo di tempo.

Prima di entrare nel merito della nostra ricostruzione, vogliamo chiarire, il piu possibile, il significato del 3° aspetto. Chiamiamo «densita di distribuzione» dei punti di un segmento, la struttura di questo, consistente non solo nel fatto che i punti del segmento sono infiniti, ma, piu precisamente, che, dividendo il segmento in un numero qualunque di parti uguali, in ciascuna di queste parti cadono infiniti punti. Orbene noi affermiamo che ZENONE intende convincere i suoi interlocutori ad ammettere che la struttura d'un

(l") « De quelques vieux paradoxes », nel vol. « Le temps et la pensee physique con-temporaine » di / . L. Rigal (Ed. Dunod, Parigi 1968, pp. 81-87).

(1(i) E questa l'opinione espressa, per la prima volta (se non andiamo errati), da P. Tannery, « Pour l'histoire de la science hellene » (Parigi 1887, pp. 249-250), e condi-visa da F. Enriques (e De Santillana, loco cit., p. 110), da H. G. Zeuthen, « Histoire des Mathematiques dans Tantiquite et le moyen age » (Parigi 1902, p. 53), da L. Brunschvicg, « Le role du Pythagorisme dans revolution des idees » (Collect. Actualites scientifiques et industrielles 446, Conferences du centre universitaire mediterraneen de Nice, II, 1937, p. 23), e da molti altri.

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qualunque intervallo di tempo e analoga. Non si tratta ancora della continuity ne* dello spazio, ne" del tempo, o almeno non della conti-nuita come EUCLIDE la concepi (e come noi la concepiamo, «alla DedeJcind»tanto per intenderci). Ma si tratta di abbandonare I'idea (se pur sia stata espressa da qualcuno ai tempi di ZENONE) d'un aritmo-tempo, o di un tempo di cui ogni intervallo sia formato da un numero fmito d'istanti.

In sostanza noi ci riconduciamo direttamente ad ARISTOTELE,

ove dice: «Senza dubbio, per gl'infiniti secondo la quantita, non e possibile toccarli in un tempo finito, ma per gl'infiniti secondo la divisione cio e possibile, perche il tempo stesso e infinito in questo senso » (Fisica VI 233 a 21). Possiamo anzi riassumere il 3° aspetto semplicemente cosi: tentiamo di attribuire a Zenone stesso questfaffer-mazione di Aristotele, interpretando tutti e quattro i paradossi del movimento come una riduzione alVassurdo delVaffermazione opposta. Non pero nel significato che ci sembra di cogliere dall'esposizione del COSTABEL: che ZENONE abbia voluto metter ordine dappertutto, cioe sia nello spazio, sia nel tempo. Noi non lo crediamo, e cerche-remo per l'appunto di avvalorare con considerazioni storiche que-sta nostra convinzione, cioe che ZENONE avesse trovato unasitua-zione della geometria gia abbastanza matura.

ZENONE voile semplicemente coordinare la struttura del tempo ad una struttura dello spazio quale i geometri gia del VI sec. a. 0. avevano forse acquisito o, piu probabilmente, stavano acquisendo agl'inizi del V.

Quanto al 2° aspetto, il fatto che IPPASO DA METAPONTO (se pur fu lui lo scopritore degl'irrazionali o, per meglio dire, delle coppie di grandezze incommensurabili!) abbia preceduto ZENONE, non ha per conseguenza necessaria che ZENONE volesse inserirsi nella discus-sione su quella clamorosa scoperta. Olamorosa certamente per le sue formidabili implicazioni filosofiche, ma successiva a un'altra scoperta, silenziosa questa e circoscritta nell'ambiente pitagorico, della quale parleremo. II 2° aspetto della nostra ricostruzione con-testa dunque le opinioni di illustri storici e filosofi, anche recenti (17).

(17) Citiamo, per tutti, Jean Plaget, « La " decouverte " des nombres irrationnels », in « Logique et connaissance scientifique » (Encyclopedic de la Pleiade, n. 22, Parigi 1967, pp. 439-464, riportato da / . T. Desanti).

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6. Se si accetta che ZENONE intendesse interloquire coi pitago­rici, il discorso subito si allarga. Occorre allora veramente cercar di capire a che punto fossero giunti i pitagorici e quali problemi le loro idee suscitassero nei grandi scienziati greci all'epoca di ZENONE.

ID ragionevole distinguere, nella lunga vita del pitagorismo, vari periodi: almeno due. Sul primo pitagorismo, o pitagorismo arcaico, non vi sono dubbi: fu il pitagorismo del discrete, fu aritme-tica piu geometria al servizio dell'aritmetica, la cosiddetta aritmo-geometria. Nella geometria del primo pitagorismo, i segmenti (come le figure nel piano e nello spazio) erano costituiti da un numero finito di punti. La scuola coltivava la scienza (in j)articolare la mate-matica, la geometria) insieme alia filosofia e alia religione, dava un significato esoterico ai simboli (pentagramma, parita e disparita, ecc), era una setta vincolata al piu stretto segreto. Una scienza per iniziati, per asceti, alia quale probabilmente pochi s'interessavano al di fuori della setta stessa.

Ma appunto, fuori della setta, c'erano ben altri interessi. TALETE

e la sua scuola avevano fatto e facevano una geometria ben diversa, ricca di aprjlicazioni. Oonoscevano, tra vari teoremi (sia pur sem-plici), la similitudine, o qualcosa sulla similitudine, e si dice che sapessero fame applicazione per misurare la distanza di una nave dal porto e l'altezza di una piramide (anzi la leggenda raccontava che TALETE stesso avesse insegnato agli egizi a risolvere quest'ul­timo problema).

Con la scuola di TALETE, PITAGORA e i suoi allievi quasi certa-mente s'incontrarono piu volte, nei loro frequenti e svariati viaggi. E allora impossibile che un confronto fra le due scuole non sia sorto ben presto. E i pitagorici dovettero dar atto che, dal punto di vista delle applicazioni e da quello dello sviluppo della geometria come scienza autonoma, essi si trovavano in condizioni d'inferiorita. La loro geometria si rivelava piuttosto (lo ripetiamo) come un metodo per trovare dei teoremi di aritmetica.

I pitagorici erano costretti a riconoscere di non poter neppure dividere per meta un segmento, nel caso che questo fosse formato da un numero pari di punti, mentre TALETE e i suoi allievi potevano e certamente sapevano, valendosi della similitudine, suddividere un segmento in n parti uguali (per qualunque n > 2).

Oi sembra quindi molto verosimile che ben presto, forse essendo ancora in vita il suo maestro, la scuola pitagorica si sia divisa: una parte continuo, probabilmente per generazioni, la scienza iniziatica

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dei numeri, l'aritmogeometria, I'altra parte si uni alia scuola di TALETE. Che cosa precisamente sia avvenuto dopo, nessuno lo pud dire: forse la scuola di TALETE si esauri da s£, oppure fu assorbita dai pitagorici, per i contributi scientifici prevalenti di questi, come ad es. il teor. di PITAGORA sui triangoli rettangoli e la scoperta degl'irrazionali.

Questa scoperta fece certamente gran sensazione nel mondo della cultura greca, evidentemente, come abbiamo gia detto, per le implicazioni filosofiche in essa contenute. Segno certamente una «crisi» importante, che dovette risolversi col considerare le figure piane «continue». Ed alia risoluzione di tale crisi porto indubbia-mente un contributo, e di fondamentale importanza, la filosofia eleatica. Ma giova insistere che cio non significa, e noi non lo cre-diamo, che i paradossi di ZENONE sul movimento siano derivati da tale crisi, ne tanto meno che essi l'abbiano provocata.

7. Da quanto precede sembra lecito inferire che ZENONE, coi suoi paradossi del movimento, abbia inteso spingere ad una piu completa coerenza nell'ammettere che un segmento sia composto d'infiniti punti, nell'ammettere cioe quella che abbiamo chiamato la densita di distribuzione del segmento concepito come insieme di punti. Se di siffatta ammissione, che avrebbe segnato l'inizio di un nuovo pitagorismo, si parlo poco al di fuori della cerchia ristretta dei matematici (non appariva forse una tale ammissione come un «ricupero di tempo perduto» da parte di alcuni pitagorici, pochi o molti non importa?), e tuttavia ben verosimile, ci sembra, che un filosofo come ZENONE si sia interessato per stimolare a trarne tutte le necessarie conseguenze sulla concezione del tempo.

Apposta diciamo: «per stimolare a trarne», e non semplice-mente «per trarne». La ipotesi ardita che ARISTOTELE non abbia capito ZENONE (V. sopra) potrebbe accettarsi solo in questo senso: l'aver Aristotele attribuito a ZENONE l'eifettiva spiegazione dei paradossi, spiegazione consistente nel negare l'esistenza del movi­mento. Interpretati alia lettera, i passi d'Aristotele vogliono dir questo, ma TANNERY ha gia fatto, in modo convincente (ci sembra), l'ipotesi che il discorso di ZENONE sia ellittico; «... II doit etre bien entendu que, quels que soient ces celebres arguments, ZENON n'a nullement nie le mouvement (ce n'est pas un sceptique), il a seule-ment affirme" son incompatibility avec la croyance a la plurality»

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(loc. cit. alia nota {16), pp. 248-249) (18). ZENONE avrebbe superato il maestro (cioe PARMENIDE), usando per la prima volta un procedi-mento dialettico che verra sfruttato largamente dai geometri greci: la dimostrazione per assurdo.

ZENONE avrebbe voluto soltanto segnalare un assurdo: non avrebbe inteso risolvere l'assurdo. E quale precisamente'? A nostro parere, esso consisterebbe in questo: nel passare dalla geometria del discreto alia geometria della densita (v. sopra), senza fare altrettan-to per il tempo. «Se voi matematici ritenete che ogni segmento debba contenere infmiti punti (sembra dire ZENONE), -voi dovete ammettere che anche ogni intervallo di tempo contenga infiniti istanti: pena l'assurdo » (v. P. COSTABEL, loc. cit. alia nota (15), p. 83).

Questa ci sembra la conclusione piu verosimile (anche se ine-spressa) dei quattro paradossi del movimento.

La pena dell'assurdo e evidente nei primi tre paradossi. E che la nostra interpretazione sia la piu vicina a quella dello stesso ARISTOTELE, ci sembra confermato dai termini esatti in cui questo espone e commenta il 3° paradosso: «I1 3° argomento... dice che la freccia in moto e ferma. Esso si fonda sulla premessa che il tempo e composto d ' i s tan t i (...ZvjLifJaivet de naqd xo la/Li(3dveiv TOV %QOVOV

ovyxeioGai ex rmv vvv), Infatti se non si ammette questo, non si puo fare il sillogismo» (Fisica YI 239 b 30). Crediamo che la pre­messa: «I1 tempo e composto d'istanti», debba leggersi: «I1 tempo e composto d'un numero "finito" d'istanti» (La parola «istante» indicherebbe un At indivisibile, un atomo di tempo).

8. Qualche incertezza allora potrebbe emergere nell'interpre-tazione del 4° paradosso. Noi proponiamo l'interpretazione seguente.

«Supponiamo (v. fig. 1) che la serie delle masse B, nel suo movi­mento da A verso E, impieghi un atomo (indivisibile) At di tempo, per passare da una massa A alia massa A che le sta accanto. Altret-tanto accadra, nello stesso atomo di tempo At, per la serie delle masse r. La nuova posizione delle tre file di masse, raggiunta nel-l'atomo At, sara dunque la seguente:

(rs) / . Zafiropulo e dello stesso parere, in « Vox Zenonis » (Parigi 1958, p. 58).

Page 12: I PARADOSSI DI ZENONE SUL MOVIMENTO - Seminario … 34... · buisce a ZENONE DI ELEA (nato verso il 500 a. C), quattro riguar-dano il movimento e sono stati oggetto di indagini profonde

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Fig. 2

Ora il confronto fra le due posizioni di fig. 1 e fig. 2, mostra che la serie delle r, rispetto alia serie delle B, ha scavalcato, nell'atomo At, una delle B che le stanno sopra. Dunque, per passare da una massa B ad una che le sta accanto, la serie delle r deve impiegare

il tempo — At. Ma cio e assurdo, essendo At appunto un atomo,

un istante o "quanto" di tempo indivisibile». L'assurdo, sembra dire ZENONE, si potrebbe togliere negando

l'esistenza del moto. Gli altri (i matematici ed anche i filosofi greci) hanno invece rimediato nell'unico modo possibile, cioe adottando una distribuzione densa, non pero necessariamente continua (il continuo verra dopo!), d'istanti entro ciascun intervallo di tempo. E il primo che ce n'ha lasciato l'esempio e proprio ARISTOTELE.

Occorreva poter dividere ogni intervallo di tempo in n parti uguali, cosi come gia TALETE e i suoi allievi sapevano dividere ogni seg-mento. Soltanto cosi si sarebbe potuto stabilire, indipendente-mente dalla continuita, una corrispondenza biunivoca fra i punti di un segmento e gl'istanti d'un intervallo di tempo.

Riassumendo, ci piace immaginare non piu un dibattito fra un rappresentante del pensiero aristotelico e uno del pensiero di ZENONE

(come ha fatto TANNERY, V. n. 4), ma addirittura un incontro fra i due maestri in persona. Ebbene noi saremmo disposti a scommettere che ZENONE si sarebbe limitato a rispondere: «Ho letto la tua dimostrazione matematica. Sono d'accordo con te: e proprio questo che volevo farti dire!».

SILVIA CLARA ROERO, Istituto di Matematiche Complementari, Universita di Torino. TULLIO VIOLA, Istituto di Matematiche Complementari, Universita di Torino.