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LICEO ARTISTICO IDONEITA’ ALLA CLASSE V CHIMICA - Primi Concetti - Chimica Inorganica - Chimica Organica - Biochimica - Stati Fisici della Materia - Reazioni Chimiche - I Metalli - Il Cristallo - Studio dei Materiali - I Leganti - Degrado dei Materiali PRIMI CONCETTI

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LICEO ARTISTICO

IDONEITA’ ALLA CLASSE V

CHIMICA

- Primi Concetti

- Chimica Inorganica

- Chimica Organica

- Biochimica

- Stati Fisici della Materia

- Reazioni Chimiche

- I Metalli

- Il Cristallo

- Studio dei Materiali

- I Leganti

- Degrado dei Materiali

PRIMI CONCETTI

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La chimica è nata dall’esigenza di sapere la composizione e il comportamento delle

varie sostanze.

LA CHIMICA E LE ALTRE SCIENZE

La chimica è una scienza a stretto contatto con le altre, infatti usa la matematica come

strumento di descrizione, ed ha molti collegamenti con la fisica (studiano lo stesso

oggetto, la materia). Infatti la fisica studia il movimento e le sue cause, mentre la

chimica studia le sostanze e il loro comportamento. La fisica studia i fenomeni fisici

(che non comportano un cambiamento) mentre la chimica studia quelli

chimici(comportano un cambiamento di sostanza). Molte scienze si avvalgono della

chimica come la biologia, la medicina, la geologia, ma anche altre scienze come

l’archeologia.

MATERIA

La materia è tutto ciò che ci circonda, che occupa uno spazio e che ha una massa.

SOSTANZE

Una sostanza è una forma di materia avente caratteristiche specifiche, proprie di

quella sostanza. Sostanze sono lo zucchero, il sale, l’acqua ecc. Ci sono due tipi di

caratteristiche: fisiche e chimiche. Fisiche sono quelle che possono essere

determinate senza distruggere una sostanza (colore, sapore, durezza) mentre sono

chimiche quelle che alla fine modificano la sostanza in esame (capacità di bruciare,

composizione, reazione con acido).

ATOMI

La materia è costituita da particelle piccolissime, chiamate atomi.

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LIVELLO MACROSCOPICO E LIVELLO MICROSCOPICO

Il livello microscopico è quello delle particelle piccolissime, dove è difficile lavorare

e abbiamo bisogno dell’uso di microscopi e apparecchiature molto potenti. Il livello

macroscopico è quello degli esperimenti e delle varie prove, è quello che usiamo in

laboratorio e con cui si lavora più facilmente.

ELEMENTI

Gli elementi sono quelle sostanze che quando vengono analizzate risultano costituite

da atomi dello stesso tipo (ferro, idrogeno). Gli elementi che troviamo in natura sono

circa 90, ma altri sono stati creati in laboratorio. Gli elementi vengono indicati con

dei simboli (composti da 1 o 2 lettere) con le prime lettere del nome in latino

(Au=oro).

Un elemento può essere definito anche come una sostanza costituita da atomi dello

stesso tipo.

UNITA’ DI MASSA ATOMICA

La massa atomica è la massa degli atomi. Atomi dello stesso elemento che

differiscono soltanto per la massa vengono chiamati isotopi. Però si è verificato un

problema cioè come esprimere la massa degl’atomi (perché se espressa in grammi o

chilogrammi sarebbero risultati numeri grandissimi) e questo è stato risolto

attribuendo massa 12 all’isotopo di carbonio-12. Di conseguenza una unità di massa

atomica (u.m.a.) è pari a 1/12 della massa di un atomo di carbonio-12. Le masse

atomiche espresse in u.m.a. vengono chiamate masse atomiche relative (perché

esprimono un confronto) mentre la masse atomiche espresse in chilogrammi sono

masse atomiche assolute.

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1 u.m.a. = 1,6*10 alla -27 kg

COMPOSTI

I composti sono sostanze costituite da due o più elementi combinati insieme. Quasi

tutte le sostanze che conosciamo sono composti, infatti il numero di composti noti

oggi supera di gran lunga il milione. Ogni composto ha una composizione

caratteristica e quindi per conoscerla dobbiamo utilizzare delle t5ecniche di analisi

che ci danno 2 tipi di informazioni: qualitative (quali elementi lo costituiscono) e

quantitative (in quali proporzioni, che di solito vengono espresse in termini di

percentuali). I composti hanno caratteristiche completamente diverse da quelle degli

elementi che li costituiscono.

SISTEMI

Un sistema è un’insieme di varie sostanze ed è come le troviamo in natura. I sistemi

possono essere omogenei o eterogenei. Omogenei quando non troviamo delle

superfici di separazione tra una sostanza e l’altra , mentre eterogenei quando queste

superfici di separazione sono presenti, ben visibili e nette. I sistemi omogenei

prendono il nome di miscela, mentre quelli eterogenei prendono il nome di miscuglio.

MOLECOLE E FORMULE

Una molecola è un aggregato stabile di 2 o più atomi, legati l’uno all’altro. In chimica

i composti vengono rappresentati con delle formule, cioè una scrittura sintetica

costituita dai simboli di tutti gli elementi presenti nella molecola. Se sono presenti più

atomi dello stesso elemento, il numero di questi viene scritto in basso, a destra del

simbolo di tale elemento. Il numero prende il nome di indice stechiometrico. Queste

formule forniscono 2 tipi di informazioni:

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1. quali elementi costituiscono la molecola (quindi anche il composto)

2. quanti atomi di ogni elemento sono presenti nella molecola del dato

composto

LE MOLECOLE DEGLI ELEMENTI:

Abbiamo molecole degli elementi quando due o più atomi dello stesso elemento si

uniscono fra loro dando origine a molecole costituite da atomi uguali (molecole

omonucleari).

MASSA MOLECOLARE

La massa molecolare è la massa di una molecola. Generalmente si esprime in u.m.a. e

allora viene chiamata massa molecolare relativa, mentre quando viene espressa in

chilogrammi si chiama massa molecolare assoluta. La massa molecolare è data dalla

somma delle masse di tutti gli atomi che costituiscono la molecola, quindi è molto

semplice da calcolare.

LE FORMULE DEI COMPOSTI IONICI

L’elettricità è una delle caratteristiche della materia. Atomi o raggruppamenti di

atomi possono assumere una o più cariche elettriche e, allora, vengono chiamati ioni.

I composti ionici sono solo delle sostanze costituite da ioni, ioni di segno opposto che

si attirano e restano uniti l’uno all’altro.

LA MOLE COME UNITA’ DI MISURA

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La mole è una delle 7 unità fondamentali del sistema internazionale. La mole è l’unità

di misura della quantità di sostanza è il suo simbolo è mol. Una mole è una quantità

di sostanza che contiene un numero di entità elementari del tipo specificato uguale al

numero di atomi di carbonio-12 contenuti in esattamente 12 grammi di carbonio-12.

LA COSTANTE DI AVOGADRO:

Il numero di atomi di carbonio-12 contenuti in esattamente 12 grammi di carbonio-12

viene chiamato costante di Avogadro ed il suo valore è pari a 6,02*10 alla 23.

LA MASSA MOLARE

La massa molare di una data sostanza è la massa di una mole di quella sostanza. La

sua unità di misura è g*mol.

GLI ATOMI E PARTICELLE SUBATOMICHE

Già il filosofo e matematico Talete (VII sec. a.C.) aveva notato come una bacchetta di

ambra opportunamente strofinata, acquisisse la proprietà di attirare a se capelli o peli

di animali. L’impulso allo studio delle proprietà elettriche fu dato dalle ricerche di A.

Volta (1745-1827), di W. Nicholson (1753-1815) e da A. Carlisle (1768-1840).

Volta, con l’invenzione della pila, dimostrò che è possibile produrre corrente

elettrica attraverso reazioni chimiche e secondo Nicholson e Carlisle era possibile

anche il processo inverso.

Immersero in una soluzione diluita di acido solforico due lamine sottili di platino

(elettrodi) collegati con una batteria a pile. Il risultato che osservò fu che:

• l’elettrodo collegato con il polo negativo prese il nome catodo

• quello collegato al polo positivo prese il nome anodo

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Il passaggio di corrente permise la formazione di due gas:

• ossigeno all’anodo

• idrogeno al catodo

e a questo fenomeno venne assegnato il nome di elettrolisi (decomposizione

elettronica).

In questo modo Davy individuò sei nuovi elementi: potassio, sodio, calcio, stronzio,

bario, magnesio. Per poter spiegare la conducibilità dei corpi si arrivò a ipotizzare la

presenza di cariche elettriche mobili e la presenza di particelle cariche

elettricamente che componessero l’atomo.

PROPRIETÀ DELLA CARICA ELETTRICA

Un corpo è elettricamente carico quando, sottoposto a strofinamento, acquista la

proprietà di attirare altri corpi di piccole dimensioni. Esistono due tipi di carica

elettrica, denominati convenzionalmente negativa e positiva. Cariche di segno

uguale si respingono, mentre cariche di segno opposto si attraggono. Le particelle

cariche vengono dette ioni.

L’intensità della forza F di attrazione o di repulsione tra due cariche elettriche è

direttamente proporzionale al prodotto dei loro valori e inversamente proporzionali al

quadrato del valore della loro distanza (legge di Coloumb). Esiste poi una costante

che rappresenta la materia che divide le cariche. Le cariche elettriche possono

passare da un corpo a un altro. Un corpo è elettricamente neutro quando possiede

un medesimo numero di cariche positive e di cariche negative.

PARTICELLE SUBATOMICHE

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Stoney fu il primo scienziato che cercò di estendere all’atomo le conoscenze sulla

natura elettrica della materia e ipotizzò la presenza di una particella elementare

negativa, l’elettrone. Successivamente il fisico Thomson provo sperimentalmente

l’esistenza dell’elettrone (1897).

Il fisico inglese Crookes inventò un dispositivo (tubo di Crookes) che permise lo

studio del comportamento dei gas rarefatti sottoposti a passaggio di una corrente

elettrica. Notò che applicando una forte differenza di potenziale tra gli elettrodi del

tubo e riducendo la pressione del gas in esso contenuto a 0,001 atm., si verificava

l’emissione di raggi luminosi di colore caratteristico a seconda del tipo di gas che

vennero nominati raggi catodici. Grazie alle ricerche di successivi scienziati tra cui

Thomson si arrivò alle seguenti

CONCLUSIONI

• l’emissione di raggi catodici è una proprietà della materia.

• i raggi catodici hanno traiettoria rettilinea

• la traiettoria dei raggi catodici può essere modificata dall’azione di un campo

magnetico o elettrico

• i raggi catodici hanno una natura corpuscolare

• i raggi catodici provocavano reazioni chimiche simili a quelle prodotte dalla

luce

• i raggi catodici sono costituiti da particelle fondamentali dotate di carica

negativa presenti negli atomi di tutti gli elementi

Il fisico statunitense Millikan trovò il valore della carica dell’elettrone pari a

1,6022·10-19 C. La carica dell’elettrone risultava essere la più piccola fino ad allora

determinata e venne considerata carica elettrica elementare. Le si attribuì il valore

unitario -1.

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L’elettrone è quindi una particella subatomica caratterizzata da carica elettrica

negativa unitaria e da massa trascurabile pari a 1/1836 uma.

PROTONI

Nel 1914 attraverso il tubo di Crookes opportunamente modificato, Goldstein provò

l’esistenza dei protoni trovando dei raggi che si muovevano dall’anodo verso il

catodo. Questi furono denominati raggi anodici o canale.

La masse dei protoni variava però a seconda del tipo di gas presente nel tubo.

Il protone è una particella subatomica caratterizzata da carica elettrica unitaria

positiva e da massa pari a 1 uma.

IL NEUTRONE

Si osservò che la massa di un atomo era maggiore di quello che si sarebbe ottenuto

sommando la massa degli elettroni e dei protoni e che atomi di un medesimo

elemento potevano presentare valori di massa differenti e si ipotizzò la presenza di

una terza particella.

Nel 1932 Chadwick bombardò con particelle α, emesse da una sorgente radioattiva,

una sottile lamina di berillio e registrò un’emissione di particelle prive di carica, i

neutroni, aventi m pari 1 uma

MODELLI ATOMICI

Thomson L’atomo è rappresentabile come una sfera carica di elettricità positiva

nel cui interno sono immersi gli elettroni.

Spiegò gli ioni positivi come atomi che avevano perduto elettroni, mentre gli ioni

negativi come atomi che aveva acquisito elettroni.

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Rutherford: allievo di Thomson pensò di applicare il fenomeno della radioattività

naturale affermando che alcuni elementi quali uranio, radio e polonio,

manifestavano la proprietà di emettere spontaneamente radiazioni:

• Raggi α : presentano carica positiva doppia rispetto a quella dell’elettrone e

una massa di circa 7000 volte maggiore.

• Raggi β :sono costituiti da elettroni e hanno una capacità di penetrazione

maggiore dei raggi α.

• Raggi γ : sono radiazioni elettromagnetiche prive di carica, dotata di

elevatissima capacità di penetrazione. Il loro movimento non è influenzato

dalla presenza di un campo elettrico.

Attraverso l’utilizzo dei raggi α, Rutherford concluse che nell’atomo dovesse

esistere un nucleo dotato di carica elettrica positiva in cui si concentrava quasi tutta

la massa dell’atomo. Gli elettroni si trovavano in uno spazio circostante il nucleo in

una zona supposta circolare. Lo spazio racchiuso dell’atomo era prevalentemente

vuoto. La forza centrifuga generata dal moto di rotazione degli elettroni, avrebbe

bilanciato la forza di attrazione elettrostatica esercitata su di essi, caricati

negativamente, dal nucleo, caricato positivamente.

Però questo modello atomico non teneva conto del fatto che l’elettrone, ruotando

intorno al nucleo, irradia continuamente energia e, pertanto, la sua orbita avrebbe

dovuto restringersi fino alla caduta dell’elettrone sul nucleo stesso.

Nel 1912-1913 il fisico Bohr rielaborò il modello di Rutherford secondo il postulato

per cui: un elettrone, finché ruota nella sua orbita, non perde energia per

irradiazione ed introdusse il concetto di quantizzazione di energia.

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Nel 1900 il fisico tedesco Planck aveva dimostrato che l’energia va pensata come

formata da unità minime fondamentali, denominati quanti.

In conclusione un atomo è costituito da due sottostrutture fondamentali: il nucleo

con neutroni e protoni e gli elettroni che orbitano intorno ad esso. In esso il numero

di elettroni e protoni è uguale, infatti l’atomo è elettricamente neutro. Le particelle

presenti nel nucleo sono formate da particelle più piccole, i quark.

Il numero atomico è il numero dei protoni presenti nel nucleo di un atomo.

Mentre il numero di massa è formato dalla somma dei protoni e dei neutroni

presenti in un atomo. Corrisponde approssimativamente alla massa atomica

dell’elemento. atomi rappresentati con le caratteristiche del nucleo vengono detti

nuclidi. L’idrogeno non presenta neutroni, gli isotopi sono atomi di un medesimo

elemento che possiedono lo stesso numero di elettroni e di protoni, ma un

numero differente di neutroni nel nucleo, per cui sono caratterizzati dal medesimo

numero atomico ma da un differente numero di massa. Gli isotopi principali sono:

• il carbonio-12, carbonio-13 e il carbonio-14

• idrogeno-1 p prozio, idrogeno-2 o deuterio, idrogeno-3 o trizio

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CHIMICA INORGANICA

La chimica inorganica è la branca della chimica che tratta delle proprietà e del

comportamento di tutti gli elementi e dei loro composti con l'eccezione dei composti

del carbonio (tranne pochi). La maggior parte dei composti del carbonio sono oggetto

di studio della chimica organica.

La chimica inorganica ha le sue radici storiche nello studio dei minerali naturali e di

altre sostanze non viventi. L'estrazione e il riconoscimento degli elementi chimici dai

loro minerali ha portato di conseguenza allo studio del loro comportamento chimico

caratteristico e alla scoperta di nuovi composti inorganici. La larga maggioranza delle

sostanze oggi note non è di origine naturale, ma è il prodotto di sintesi di laboratorio.

La chimica inorganica moderna è un vasto campo con numerose suddivisioni che si

sovrappongono alla chimica organica, alla biochimica, alla chimica fisica, alla

metallurgia, alla mineralogia, alla fisica dello stato solido e alla teoria atomica e

molecolare.

Composti organici e inorganici

La distinzione delle sostanze chimiche in organiche e inorganiche si fondava sull'idea

che i composti "organici" del carbonio potessero essere prodotti solo dagli organismi

viventi. L'infondatezza di questo concetto venne dimostrata nel 1828, quando il

chimico tedesco Friedrich Woehler trasformò il cianato di ammonio in urea. Fu

questa la prima trasformazione di una sostanza inorganica naturale in un prodotto

organico e naturale del metabolismo di numerosi organismi. Nonostante ciò la

divisione fra chimica organica e inorganica viene usata tuttora.

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I composti inorganici danno luogo a molti tipi di legami chimici che non hanno

riscontro nella chimica delle sostanze organiche. Il carbonio forma infatti solo legami

covalenti, utilizzando i suoi quattro elettroni di valenza. Ciò dà origine ad un limitato

insieme di legami singoli e multipli che uniscono gli atomi di carbonio tra di loro e

con l'idrogeno, l'ossigeno, l'azoto e pochi altri elementi. Il chimico che ha familiarità

con i tipi fondamentali di legame è perciò in grado di trattare in modo razionale i

composti inorganici dei quali ne sono noti diversi milioni. La maggiore varietà di

legami che si riscontra tra le sostanze inorganiche deriva dalla varietà delle

combinazioni possibili tra gli oltre 100 elementi. Oltre al particolare legame formato

dai metalli e dalle leghe, che rende possibile la conduzione dell'elettricità, e al legame

ionico presente nei sali inorganici, molti elementi possono formare legami covalenti

di tipo leggermente diverso da quello del carbonio. Ad esempio, in una famiglia di

composti dei metalli di transizione coppie di atomi del metallo sono legate da legami

di quadrupolo.

Nella chimica inorganica moderna esistono molte aree di ricerca, e ciascun elemento

chimico è oggetto di indagini specifiche. La ricerca si divide in tre direzioni

fondamentali: chimica dei non-metalli, chimica dello stato solido e chimica dei

metalli di transizione.

Chimica dei non metalli

Fino ad epoca recente si riteneva che i gas nobili fossero completamente inerti, cioè

non reagissero chimicamente. Il primo composto vero e proprio di un gas nobile è

stato scoperto da Neil Bartlett nel 1962. A partire da quel momento si è avuto uno

sviluppo delle ricerche in tale campo ed oggi si conoscono un numero relativamente

elevato di composti del kripton, dello xenon e del radon. Questi composti sono già

stati impiegati per la sintesi e l'analisi.

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Il fluoro è un elemento reattivo e pericoloso. Diversi composti del fluoro (ad es., il

Teflon e il Freon) presentano caratteristiche eccezionali sia di non reattività che di

straordinaria reattività (dando luogo a derivati con l'ossigeno, il cloro e il bromo).

Entrambi i tipi di materiali sono usati largamente per rivestimenti resistenti alla

corrosione o come ossidanti di combustibili altamente energetici.

I composti del silicio costituiscono la base del mondo minerale. Circa il 95% dei

minerali della crosta terrestre contiene silicio: pertanto la chimica di questo elemento

presenta un grande interesse, e così pure lo sviluppo di nuovi materiali ceramici.

Anche i composti organici del silicio sono importanti; fra questi sono ben noti i

siliconi.

Il boro è l'unico non-metallo che ha più orbitali disponibili per i legami che elettroni

di valenza. Ciò gli permette di formare legami carenti di elettroni con se stesso e con

certi altri elementi, dando luogo così a sostanze molecolari e covalenti, che per

decenni hanno costituito un enigma per i chimici. La chimica del boro è così atipica

che è paragonabile solo a quella del carbonio.

Chimica dello stato solido

La rivoluzione avvenuta nel campo dell'elettronica grazie all'introduzione dei

materiali a stato solido è la conseguenza diretta del perfezionamento delle tecniche

chimiche per produrre germanio e silicio estremamente puri e per introdurre in essi

altri elementi, al livello di tracce, che ne modificano le proprietà elettriche. La

chimica e la fisica del silicio e del germanio sono importanti per la sintesi di nuovi

semiconduttori. La chimica inorganica partecipa anche alle attuali ricerche sui

superconduttori ad alta temperatura (v. superconduttività).

La sintesi di nuovi solidi ceramici con particolari proprietà sta acquistando una

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crescente importanza. Fra questi figurano nuovi tipi di vetro, con speciali

caratteristiche di trasmittanza e di assorbanza, materiali dalle elevate caratteristiche

meccaniche e nuove sostanze solide con proprietà elettromagnetiche utili per i

dispositivi elettronici a stato solido e per le memorie degli elaboratori.

Chimica dei metalli di transizione

Gli elementi di transizione formano una classe importante di sostanze utili ed

interessanti, chiamate composti di coordinazione. Si tratta di composti costituiti da

uno o più atomi di un metallo, a loro volta circondati da un gruppo di molecole che

mettono a disposizione coppie di elettroni, dette leganti. Le proprietà chimiche e

fisiche dell'intero complesso sono profondamente influenzate dalla natura, dalla

struttura e dalla orientazione spaziale dei leganti attorno al metallo. La teoria del

campo dei leganti è la teoria generale che viene attualmente elaborata per spiegare in

dettaglio le proprietà chimiche, strutturali, magnetiche ed elettroniche dei composti di

coordinazione. I settori della ricerca mostrano grande interesse per la sintesi di nuovi

composti dei metalli di transizione e per ulteriori progressi nella teoria del campo dei

leganti.

Benché i catalizzatori siano impiegati in ogni branca della chimica in innumerevoli

modi, il loro meccanismo di funzionamento non è stato ancora ben compreso. Molti

dei catalizzatori sono composti dei metalli di transizione; la possibilità di penetrare

nel segreto del loro meccanismo di azione è quindi probabilmente affidata al

raggiungimento di una maggiore comprensione dell'interazione metallo-legante.

Una stimolante nuova area di ricerca della chimica inorganica è quella che mira alla

comprensione del ruolo dei metalli di transizione nei catalizzatori biochimici, cioè

negli enzimi. Questi sono delle molecole organiche di elevata complessità che

controllano la chimica delle cellule degli esseri viventi. In molti casi il sito catalitico

attivo di un enzima è il punto in cui alla molecola è legato un metallo di transizione,

come ferro, molibdeno o zinco.

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CHIMICA ORGANICA

Gli Idrocarburi Aromatici

Composti aromatici – benzene e altri composti che hanno propruetà chimica simili a

quelle del benzene.

Benzene – formula: C6H6 – molecola

planare. È una catena di atomi di

carbonio chiusa ad anello esagonale

(v.figura). Molto stabile.

I legami doppi (lunghi 1,34) dovrebbero

essere meno lunghi di quelli singoli (che

sono lunghi 1,54). I realtà hanno tutti la

stessa lunghezza (1,39), si sono stabilizzati ad un valore intermedio.

Concetto di risonanza: si ha risonanza ogni volta che è possibile scrivere 2 o più

strutture equivalenti per uno stesso composto. La struttura vera del composto è

qualcosa di intermedio fra le due strutture, ed è definito ibrido di risonanza.

Legame ad elettroni delocalizzati – su ogni atomo di carbonio rimane un orbitale

che non ha preso parte all’ibridazione e questi orbitali sono perpendicolari al piano su

cui giace la molecola. La sovrapposizione fra gli orbitali P non ibridati porta alla

formazione di 2 nubi elettroniche a forma di anello, sopra e sotto il piano della

molecola.

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Le reazioni del benzene – l’anello del benzene è stabile, quindi tende a rimanere

inalterato nel corso delle reazioni chimiche. Quindi il benzene non dà facilmente

reazioni di addizione, perché queste potrebbero modificare la struttura stabile

dell’anello. Dà invece reazioni di sostituizione, come uno o più atomi di H sotituiti da

altri atomi o gruppi di atomi.

I composti del benzene sono chiamati composti acrilici.

Se solo un atomo di H viene sostituito da un atomo di alogeno:

• Cl ! clorobenzene

• Br ! bromobenzene

• I ! iodobenzene

Se due atomi di H vengono sostituiti da due atomi di alogeno:

i 2 sostituenti su atomi di

carbonio consecutivi

i 2 sostituenti sono separati

da 1 atomo di C non

sostituito

i 2 sostituenti si trovano

su atomi di C opposti

Se ci sono tre o più sostituenti, è necessario

numerare gli atomi di carbonio dell’anello ed

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utilizzarli per indicare la posizioni dei sostituenti.

Composti aromatici ad anelli condensati – due anelli si

dicono condensati se hanno in comune due atomi di

carbonio. Esistono composti in cui 2 o più anelli benzenici

si trovano condensati.

Anche questi composti sono aromatici perché presentano le nuvole di elettroni π

delocalizzati sopra e sotto il piano della molecola. Esempio in figura: naftalene, la

comune naftalina, che viene usata come tarmicida.

Alcoli – composti caratterizzati dalla presenza di un gruppo

funzionale OH. Il loro nome si ottiene dal nome degli alcani con

lo stesso numero di atomi di carbonio e sostituendo la desinenza

–o con la desinenza –olo. È necessario indicare la posizione del

gruppo OH.

Esempio in figura: metanolo, di formula CH3OH.

Si classificano in:

• alcol primario – se l’atomo di C in cui si trova il gruppo OH

è legato ad un solo atomo di C.

• alcol secondario - se l’atomo di C in cui si trova il gruppo OH

è legato ad altri 2 atomi di C.

• alcol terziario - se l’atomo di C in cui si trova il gruppo

OH

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è legato a 3 atomi di C.

Proprietà degli alcoli: sono determinate dalla presenza del gruppo funzionale OH.

• punti di fusione ed ebollizione più elevati di quelli degli idrocarburi con stessa

massa molecolare.

• gli alcoli più leggeri sono liquidi a temperatura ambiente, mentre quelli con

catene più lunghe (con più di 13-14 atomi di carbonio) sono allo stato solido.

• con meno di 5 atomi di carbonio sono solubili in acqua, se ne hanno più di 5

sono insolubili.

Preparazione degli alcoli – gli alcoli hanno grande importanza nell’industira perché

vengono utilizzati come mateiali di partenza per la produzione di molti composti

organici. Si preparano principalmente attraverso questi 2 processi:

• addizione di H2O agli alcheni (idratazione degli alcheni) – questo metodo

viene impiegato soprattutto per preparare alcoli contenenti fino a 5 atomi di C.

• fermentazione degli zuccheri – viene usata per produrre alcol etilico, il più

importante degli alcoli dal punto di vista industriale. Si fanno fermentare

materiali contenenti zuccheri e si ottiene l’alcol etilico, e nella reazione si

sviluppa anche CO2.

Reazioni degli alcoli - gli alcoli sono molto più reattivi degli alcani, qusto perché

contengono il gruppo OH, cioè un gruppo che presenta polarità nel legame. Nelle

reazioni degli alcoli si può verificare la rottura del legame fra l’atomo di C e il

gruppo OH, oppure la rottura del legame fra l’atomo di H e l’atomo di O nel gruppo

OH. Le più importanti reazioni degli alcoli sono:

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• Reazione con gli acidi alogenidrici (HCl, HBr, HI) – il gruppo OH viene

sostituito dall’atomo di alogeno dell’acido, ottenendo un alogenuro alchilico, +

una molecola di H2O.

• Disidratazione – avviene in presenza di acido solforico. Dall’alcol si separa

una molecola di H2O e si forma un alchene.

• Ossidazione – se è un alcol con un agente ossidante è possibile ottenere

composti nel quali l’atomo di C a cui era legato il gruppo OH ha un numero di

ossidazione maggiore che negli alcoli.

o Dagli alcoli primari ! si ottengono le aldeidi.

o Dagli alcoli secondari ! si ottengono i chetoni.

o Alcoli terziari ! non possono essere ossidati.

Caratteristiche di alcuni alcoli

• Metanolo – liquido, di sapore gradevole, ma fortemente velenoso: può

provocare cecità e morte. Formula: CH3OH, Vedi figura.

• Etanolo – importante per l’industria: utilizzato come solvente per lacche,

vernici e profumi, o come materia per la sintetizzare molti composti organici.

Viene anche impiegato come disinfettante.

• Alcol etilico – l’unico alcol tollerato dall’organismo umano, tutti gli altri alcoli

sono velenosi. Assunto in quantità eccessiva provoca effeti dannosi anche

molto gravi. Presente in tutte le bevande alcoliche in concentrazioni variabili.

Le caratteristiche delle varie bevande alcoliche dipendono dal materiale di

partenza che viene utilizzato per la fermentazione e dal procedimento seguito

per la preparazione.

• Alcol puro – incolore, ma visto che sull’alcol per la produzione di liquori ci

sono tasse molto più elevate che sull’alcol destinato ad altri scopi, l’alcol puro

viene denaturato: vengono aggiunte piccole quantità di sostanze che lo

colorano, difficli da allontanare.

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Polialcoli – sono alcoli che contengono più di un gruppo OH nella stessa molecola.

• Se i gruppi OH sono 2 ! dioli

• Se i gruppi OH sono 3 ! trioli, ad esempio la glicerina, dalla quale si

ricavano oli e grassi. La glicerina è largamente impiegata nell’industria

farmaceutica, in quella farmaceutica e nella fabbricazione di esplosivi

(nitroglicerina).

Eteri – sono composti nei quali due catene idrocarburiche sono untite ad un atomo di

O. indicando con R le catene idrocarburiche alifatiche, la formula generale degli eteri

è R – O – R’. Le due catene idrocarburiche R ed R’ possono essere indifferentemente

uguali o diverse.il nome degli eteri deve specificare quali sono queste 2 catene (es.

etere dietilico, etere metiletilico).

I punti di fusione e di ebollizione hanno valori vicini a quelli degli alcani aventi

massa molecolare simile.

Sono solubili in H2O, soprattutto quelli con bassa massa molecolare. Vengono

utilizzati industrialemnte come solventi, il più importante è l’etere dietilico. È molto

infiammabile ed è impiegato in industria come solvente e in medicina come

anestetico.

Acidi carbossilici – il gruppo C = O viene chiamato carbonile, e i composti che lo

contengono vengono chiamati composti carbonilici. I composti carbonilici sono 2: le

aldeidi e i chetoni.

Aldeidi - contengono il gruppo aldeidico ed hanno la formula

generale !

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Il nome IUPAC si forma da quello degli alcani con lo stesso numero di atomi di C e

sostiendo alla desinenza –o la desinenza –ale. Esempio in figura:

Metanale (formaldeide, utilizzata come materiale di partenza per la

fabbricazione di altri composti organici e di alcune materie

plastiche. In soluzione acquosa viene usata per conservare pezzi anatomici).

Le aldeidi si possono preparare in vari modi, il più diffuso è l’ossidazione degli alcoli

primari.

Chetoni – hanno formula generale (figura).

Il loro nome IUPAC si forma da quello degli alcani aventi lo stesso numero dei atomi

di C e sostituendo la desinenza –o con la desinenza –one.

Il più noto dei chetoni è l’acetone, un ottimo solvente per composti organici, vernici e

lacche.

Caratteristiche generali degli acidi carbossilici – gli acidi carbossilici sono

composti che contengono come gruppo funzionale il gruppo carbossilico, COOH. La

loro formula generale è (figura). Il loro nome IUPAC si ottiene dagli alcani con lo

stesso numero di atomi di C sostituendo alla desinenza –o la desinenza –oioco, e

premettendo il termine “acido”. Gli acidi carbossilici vengono chiamati “acidi”

perché in soluzione acquosa le loro molecole possono dissociarsi liberando ioni . Si

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dissociano solo in parte perché sono tutti acidi deboli. La loro formula generica di

dissociazione è

Alcuni esempi di acidi carbossilici:

• Acido formico – formula: HCOOH, scoperto dalle formiche. È il responsabile

dell’azione irritante delle punture di molti insetti ed alcune piante (es., ortica).

• Acido acetico – formula: , isolato per la prima volta

dall’aceto. L’aceto viene prodotto dal vino e da altre bevande alcoliche con

basso contenuto di alcol (quindi non dai liquori) per fermentazione. La

fermentazione è provocata da speciali batteri che producono enzimi capaci di

favorire l’ossidazione dell’alcol etilico ad acido acetico. Questo procedimento

non è conveniente se applicato su scala industriale, in industria l’acido acetico

viene preparato per ossidazione dell’acetaldeide, o anche di idrocarburi.

• Acido butirrico – formula: , forma con la

glicerina un estere che è uno dei principali componenti del burro. Quando il

burro irrancidisce avviene il processo inverso all’esterificazione: si formano

molecole libere di acido butirrico, che danno l’odore sgradevole al burro

rancido.

• Acido ossalico – formula: , presente in molte

piante, è velenoso.

Acidi grassi – sono quegli acidi carbossilici che hanno una catena idrocarburica

lineare e che contengono un numero pari di atomi di C, a partire da quello con 4

atomi di C, l’acido butirrico.

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Gli acidi grassi si dividono in :

• Acidi saturi – di cui i più importanti sono:

14 carboni: Acido miristico 16 carboni: Acido

palmitico

18 carboni: Acido

stearico

• Acidi insaturi – di cui i più importanti sono:

− Acido oleico.

− Acido lineoleico.

− Acido lineolenico.

I grassi vengono spesso chiamati trigliceridi perché provengono dalla reazione di

una molecola di glicerina con 3 molecole di acidi grassi (le tre molecole possono

essere tutte di uno stesso acido grasso, o anche di acidi grassi diversi).

I saponi – sono fabbricati trattando i grassi con idrossido di sodio o idrossido di

potassio. Da questa reazione si ottengono glicerina e una miscela di sali di sodio (o di

potassio) degli acidi grassi che costituivano in grasso di partenza, questa miscela è il

sapone.

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Le Ammine – sono composti organici nei quali uno o più gruppi alchilici sono legati

ad un atomo di azoto. Si possono considerare derivati dell’ammoniaca per

sostituzione di 1 o + atomi di idrogeno con gruppi alchilici. Si distinguono in:

BIOCHIMICA

Carboidrati – composti che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno. Le molecole

di alcuni carboidrati possono essere scomposte in molecole di carboidrati più

semplici, questi carboidrati sono chiamati monosaccaridi. Le molecole di altri

carboidrati sono invece costituite da da più molecole di monosaccaridi unite: si

chiamano disaccaridi se contengono 2 unità di monosaccaridi, o polisaccaridi se

contengono molte unità di monosaccaridi.

Monosaccaridi – se è presente 1 gruppo aldeidico il monosaccaride è chiamato

aldoso, se è presente un gruppo chetonico il monosaccaride viene chiamato chetoso. I

monosaccaridi sono classificati in base al numero di carboni presenti nella loro

molecola:

• 3 atomi di carbonio ! trioso

• 4 atomi di carbonio ! tetroso

• 5 atomi di carbonio ! pentoso

• 6 atomi di carbonio ! esoso

Se l’atomo di azoto è

legato ad un solo gruppo

alchilico:

Se l’atomo di azoto è

legato a 2 gruppi alchilici:

Se l’atomo di azoto è

legato a 3 gruppi alchilici:

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Sono solubili in acqua, insolubili in alcol etilico e in etere.

Esempi:

Struttura ciclica dei monosaccaridi – prendendo ad esempio il glucosio, si può

risalire al modo in cui si origina la forma ciclica dei monosaccaridi.

La molecola contiene 5 gruppi funzionali OH e un gruppo aldeidico. Al suo interno

avviene una reazione fra il gruppo aldeidico e uno dei gruppi alcolici, di

conseguenza la molecola si ripiega su se stessa e forma un anello. Con la chiusura

dell’anello si originano due forme cicliche con configurazione diversa, che vengono

indicate con α e β.

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Disaccaridi – sono carboidrati costituiti da due molecole di monosaccaridi. Per

idrolisi si scindono nei due monosaccaridi costituenti. Le due molecole di

monosaccaridi sono unite da un atomo di ossigeno (legame glucosidico).

Esempi di disaccaridi:

• Saccarosio – è il più importante dei disaccaridi. La sua formula bruta è

C12H22O11. E’ costituito da una molecola di glucosio e da una molecola di

fruttosio, unite da un legame glucosidico.

• Mortosio – ha sempre formula bruta C12H22O11, si forma durante la

fermentazione dell’amido ad alcol etilico (come urante la fabbricazione della

birra).

• Lattosio – si trova nel latte dei mammiferi ed è fondamentale per il nutrimento

dei neonati e dei cuccioli.

Polisaccaridi – composti formati da molte unità di monosaccaridi, tenute insieme da

legami glucosidici.

Esempi di polisaccaridi:

• Cellulosa – contiene alcune centinaia di molecole di glucosio, uniti insieme da

legami β-glucosidici, la massa molecolare è elevata. Le unità di glucosio

formano lunghe catene. A loro volta, queste catene rimangono unite fra loro,

l’una accanto all’altra, grazie ai legami ad idrogeno che si stabiliscono fra i

numerosi gruppi OH fra esse presenti. La cellulosa è il materiale di sostegno

delle piante e il principale costituente del legno. Le fibre tessili di origine

vegetale sono costituite da cellulosa, che viene utilizzata per fabbricare la carta,

alcune fibre artificiali (come il rayan), materiali artificiali (cellophane e

cellulode) ed esplosivi.

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• Amido – principale materiale di riserva delle piante. (materiale di

riserva=sostanza che viene accumulata in certe parti dell’organismo per essere

utilizzata quando necessario). Si trova in notevoli quantità nei cereali e nelle

patate. L’amido contiene il 20% di amilosio /che è solubile in acqua) e l’80%

di amilopectina (insolubile in acqua). Entrambi sono costituiti da unità di

glucosio, ma le loro molecole hanno struttura e massa diverse.

• Glicogeno – molecole di riserve per gli animali, le catene che lo costituiscono

sono più corte di quelle dell’amilopectina e la struttura della molecola è molto

più ramificata.

• Chitina – rivestimento protettivo esterno dei molluschi e degli insetti.

Carboidrati e organismi animali – le piante sono in grado di sintetizzare i

carboidrati mediante la fotosintesi, mentre gli animali non ne sono capaci, devono

introdurre attraverso l’alimentazione i carboidrati necessari all’organismo. Le

molecole di monosaccaride sono piccole, quindi vengono assorbite attraverso la

parete intestinale e portate dal sangue al fegato e agli altri organi. Subiscono poi una

serie di trasformazioni (paragonabili ad un processo di combustione: i prodotti finali

sono anidride carbonica e acqua). Se con l’alimentazione viene introdotta una

quantità eccessiva di carboidrati, quelli in eccesso vengono utilizzati per la

produzione di glicogeno, che rimane nell’organismo come materiale di riserva e si

accumula soprattutto nel fegato e nei muscoli. Il glucosio e il fruttosio sono gli unici

carboidrati che possono essere utilizzati direttamente dall’organismo, senza dover

subire i processi della digestione.

I lipidi – “lipidi” è un termine generico che comprende diverse classi di composti,

tutti insolubili in acqua e solubili in composti organici poco polari o non polari, come

l’etere e il cloroformio.

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I grassi – sono presenti in organismi vegetali ed animali. Ogni specie ha i suoi grassi

caratteristici, cioè contiene preferibilmente alcuni grassi piuttosto che altri. Negli

organismi animali i grassi si trovano nel tessuto adiposo, intorno ai muscoli e agli

organi. Hanno diverse funzioni:

• Fonte energetica: da 1 grammo di grasso si possoon ottenere 38Kj. Tutte le

cellule sono in grado di utilizzare i grassi come fonte energetica, eccetto

quelle del cervello, che possono utilizzare solo il glucosio.

• Materiale di riserva: l’organismo le usa in caso di necessità.

• Come isolante termico: lo stato di grasso sottocutaneo protegge il corpo da

bruche variazioni termiche, e dal freddo eccessivo (es. orso bianco).

• Permettono l’assorbimento da parte dell’organismo di vitamine (come

la A e la D): i grassi di origine animale contengono solo acidi grassi insaturi

e sono liquidi a temperatura ambiente.

I fosfolipidi – derivati della glicerina, nella loro molecola al posto di 1 degli acidi

grassi si trova un gruppo fosforico unito ad un’altra catena. Insieme alle proteine

costituiscono le membrane cellulari, di cui garantiscono la semipermeabilità e

l’elasticità.

Gli steroidi – hanno un ruolo importante nell’organismo: infatti molte vitamine ed

ormoni sono steroidi.

Le proteine – sono i principali costituenti della materia vivente. Negli animali

esercitano la funzione di materiale strutturale, perché costituiscono fino all’80-90%

dei tessuti. Sono polimeri costituiti da numerose unità di amminoacdi legate insieme.

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Gli amminoacidi – quelli naturali che entrano nella costituzione delle proteine sono

23. Sono composti contenenti un gruppo funzionale carbossilico COOH e un gruppo

funzionale amminico, NH2 legati alla stessa catena idrocarburica. A temperatura

ambiente sono slidi cristallini di colore bianco. Hanno temperature di fusione elevate,

quando fondono si decompongono. Sono solubili in acqua e insolubili nei solventi

apolari, come l’etere e il benzene, perché gli amminoacidi sono ioni dipolari, hanno 2

cariche opposte: positiva sul sul gruppo amminico, negativa sul gruppo carbossilico.

Peptidi – composti che si ottengono dall’unione di 2 o + amminoacidi. Il legame

ammidico che si forma fra amminoacidi viene chiamato peptidico.hanno nomi

diversi, a seconda del numero di molecole di amminoacidi che li costituiscono:

• 2 molecole di amminoacidi ! dipeptidi

• 3 molecole di amminoacidi ! tripeptici

• molte molecole di amminoacidi ! polipeptidi.

Quando la massa molecolare di un polipeptide supera le 10.000 u.m.a. si parla di

proteine.

Esempi:

Proteine – vengono classificate in 2 gradi categorie:

• Proteine fibrose – le molecole di queste proteine sono formate da lunghe

catene di amminoacidi, che tendono a disporsi le une accanto le altre. Fra una

catena e l’altra si formano poi legami a idrogeno. In alcune di esse, un fascio di

catene si avvolge intorno ad un asse nel senso della lunghezza della catena,

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formando così un’elica. Sono insolubili in acqua. Hanno funzione soprattutto

struttrale. Es. cheratina, collagene, miosina.

• Proteine globulari – in queste proteine le Catene peptidiche si ripiegano su sé

stesse e la proteina assume una forma pressochè sferica. Il ripiegamento

avviene in modo tale che i gruppi aventi cariche elettriche vengano a trovarsi

dalla parte esterna della sfera, così questi gruppi sono in grado di interagire con

le molecole d’acqua, e quindi le proteine globulari sono solubili in acqua. Le

proteine globulari sono quelle che partecipano ai processi vitali, grazie alla loro

capacità di sciogliersi in acqua sono fondamentali per la vita. Infatti esse

devono potersi spostare da un punto all’altro di una cellula o da un punto

all’altro dell’organismo (a seconda delle loro funzioni). Lo spostamento è

possibile soltanto se le molecole si trovano disciolte in un solvente. Queste

proteine possono spostarsi perché sono solubili nei liquidi presenti all’interno

dell’organismo (come il plasma e la linfa) o all’interno delle cellule (liquidi

cellulari), che sono liquidi costituiti prevalentemente in acqua.

Denaturazione delle proteine – sotto l’azione del calore, o di acidi o di basi, le

proteine subiscono trasformazioni profonde e irreversibili, che impediscono loro di

svolgere ulteriormente le proprie funzioni. Questo complesso di trasformazioni è

chiamato denaturazione. Es. effetto del bianco dell’uovo attraverso il calore.

Gli acidi nucleici – sono presenti nel nucleo di tutte le cellule. Svolgono un ruolo

essenziale nella trasmissione dei caratteri ereditari e nella sintesi delle proteine. Ci

sono 2 tipi di acidi nucleici: acidi ribonucleici (RNA) e acidi desossiribonucleici

(DNA). Le molecole degli acidi nucleici sono costituite dall’unione di nucleotidi,

ogni nucleotide contiene:

• uno zucchero a 5 atomi di carbonio (ribosio per l’RNA e desossiribosio per il

DNA)

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• una base azotata (per l’RNA: adenina, guanina, citosina, uracile. per il DNA:

adenina, guanina, citosina e timina).

• una molecola di acido fosforico.

RNA – è una singola catena avvolta ad elica. È costituita da 4 nucleotidi: adenosin-

monofosfato, guanin-monofosfato, citidin-monofosfato, uridin-monofosfato. Ogni

nucleotide si ripete diverse volte nella catena dell’RNA. L’RNA ha un ruolo

fondamentale nella sintesi delle proteine. Diverse sequenze di nucleotidi

corrispondono ad “istruzioni” diverse, quindi danno origine a sequenze di

amminoacidi diverse, e quindi a proteine diverse.

DNA – sono 2 catene associate fra loro e avvolte ad elica. (struttura a doppia elica

scoperta da Watson e Crick nel ’53). La molecola di DNA ha il ruolo di conservare e

trasmettere i caratteri ereditari. Attraverso la diversa sequenza di basi viene codificata

l’informazione genetica. I suoi nucleotidi si accoppiano così: citosina-guanina e

timina-adenina

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STATI FISICI DELLA MATERIA

Se scegliamo a caso diversi campioni di materia (che possiamo chiamare materiali)

formati da una o più sostanze, il primo e più evidente criterio di classificazione è

quello che si basa sullo stato fisico o stato di aggregazione in cui si presentano:

questo può essere solido, liquido o aeriforme.

I materiali allo stato solido sono relativamente incomprimibili, e hanno una forma e

un volume ben definiti (per esempio, ghiaccio, sale da cucina, ferro, roccia).

I materiali allo stato liquido sono relativamente incomprimibili, hanno un volume

definito e una forma indefinita (per esempio, acqua, mercurio, olio, alcol).

I materiali allo stato aeriforme (gas e vapori) sono facilmente comprimibili, e hanno

una forma e un volume indefiniti per cui riempiono completamente lo spazio di un

recipiente in cui sono contenuti (per esempio, il vapor d'acqua, e i gas presenti

nell'atmosfera, quali l'ossigeno e l'azoto).

Uno stesso materiale può presentarsi in ciascuno dei tre differenti stati fisici. Ciò

dipende, oltre che dalla sua natura chimica, che determina l'entità delle forze di

coesione che mantengono "aggregate'' le sue particelle costituenti, dalle condizioni di

temperatura e pressione che influenzano l'energia delle particelle e quindi le forze di

coesione stesse.

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Sono detti passaggi di stato le trasformazioni dei materiali da uno stato di

aggregazione a un altro. In generale, fornendo energia sotto forma di calore a un

materiale si favorisce il passaggio da uno stato di aggregazione in cui le particelle

sono associate nel modo più compatto e ordinato (solido) a stati in cui sono associate

in modo via via meno compatto e ordinato (liquido e aeriforme). L'inverso avviene

sottraendo calore. Per ogni materiale formato da una determinata sostanza, i passaggi

di stato avvengono a temperature ben determinate, a seconda della pressione a cui si

opera (di norma si fa riferimento alla pressione atmosferica); per esempio, un massa

d'acqua liquida si trasforma in vapore (ebollizione) a 100 °C e si trasforma in

ghiaccio (solidificazione) a 0°C. Finché tutta la massa della sostanza non si è

trasformata, la sua temperatura si mantiene costante: per esempio, quando l'acqua

bolle, nonostante continuiamo a fornirle calore, la sua temperatura si mantiene

costante a 100 °C. Questo calore fornito a temperatura costante si chiama calore

latente e corrisponde alla differenza di energia cinetica delle particelle nei due stati di

aggregazione alla stessa temperatura e pressione.

Il calore latente assorbito in una trasformazione viene ceduto nella trasformazione

inversa.

STATI DI AGGREGAZIONE

Stato Caratteristiche

Solido

possiede forma e volume

propri; è praticamente

incomprimibile; presenta

spesso struttura cristallina che

si riflette nella forma

geometrica regolare

le particelle sono molto vicine

tra loro, con limitatissime

possibilità di movimento, a

causa di forze di coesione di

elevata intensità

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Liquido

possiede volume proprio; è

praticamente incomprimibile;

assume la forma del recipiente

che lo contiene

le particelle sono più distanziate

rispetto al caso di un solido e

posseggono una maggiore

possibilità di movimento,

essendo le forze di coesione

meno forti

Aeriforme

non possiede forma e volume

propri; si comprime

facilmente; tende a occupare

tutto il volume del recipiente

che lo contiene

le particelle hanno distanze

reciproche molto elevate, per

cui l'influsso delle forze di

coesione è minimo; esse sono

quindi dotate di movimento

rapido, continuo e disordinato

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LE REAZIONI CHIMICHE

Una reazione chimica è una trasformazione della materia che avviene senza

variazioni misurabili di massa, in cui uno o più reagenti iniziali modificano la loro

struttura e composizione originaria per generare i prodotti.

Alcuni processi in cui intervengono reazioni chimiche sono:

- la corrosione del ferro a ruggine (che è composta da ossidi di ferro);

- la combustione del metano o altri combustibili (il metano con l'ossigeno si

trasforma in anidride carbonica e vapore acqueo);

- la digestione (gli alimenti sono decomposti dai succhi gastrici in sostanze chimiche

assimilabili dall'organismo).

La materia è composta da atomi. Ogni atomo possiede proprietà peculiari, derivanti

dalla sua struttura atomica. Gli atomi possono legarsi tra loro per formare le

molecole.

Un composto chimico è un tipo particolare di molecola nella quale gli atomi sono

diversi tra loro. Ad esempio, l'ossigeno forma una molecola fatta con due atomi di

ossigeno, mentre l'acqua è una molecola composta da due atomi di idrogeno legati ad

un atomo di ossigeno, e quindi è anche un composto chimico.

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Le molecole si formano attraverso una reazione chimica, che consiste in una rottura e

formazione di legami chimici tra atomi. Più in generale, le reazioni chimiche possono

coinvolgere anche altre specie chimiche (ioni, radicali, ecc.) oltre le molecole.

Le reazioni chimiche non provocano un cambiamento di natura della materia, perché

non influenzano i suoi costituenti fondamentali (gli atomi) ma solo la maniera in cui

sono aggregati in molecole; non influenzano nemmeno l'aggregazione di molecole

simili, quindi le trasformazioni puramente fisiche, come i cambiamenti di stato

(fusione, solidificazione, evaporazione, ebollizione, ecc.), l'usura e l'erosione, la

frattura, ecc. non sono reazioni chimiche.

Allo stesso modo, non fanno parte delle reazioni chimiche le trasformazioni dei

nuclei atomici, cioè le reazioni nucleari. Purtuttavia tali reazioni assumono anche un

certo interesse in chimica e vengono studiate dalla chimica nucleare.

Le reazioni chimiche, dunque, riguardano esclusivamente le variazioni dei legami tra

gli atomi (legame covalente, legame ionico, legame metallico).

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I METALLI

Metalli e leghe

I metalli sono tra i materiali più utilizzati in ogni campo, dall’edilizia, all’industria

(meccanica, aerospaziale, elettrica, chimica…), all’arredamento, all’arte… Essi

hanno caratteristiche comuni, che elencheremo brevemente. Tra gli elementi della

tavola periodica essi rappresentano oltre il 78 %. Tranne alcuni casi, però (ad es. il

rame per i cavi elettrici), essi non vengono usati puri, in quanto hanno caratteristiche

meccaniche scarse (ad es. il ferro puro è tenero e facilmente deformabile), ma in

leghe, che sono materiali formati da due o più elementi e che possono essere

soluzioni solide (come l’ottone, formato da rame e zinco) o contenere veri e propri

composti chimici, come nel caso dell’acciaio (lega di ferro e carbonio, che contiene

composti del tipo Fe3C, detto cementite).

Lo stato metallico

Lo stato metallico si caratterizza per un aspetto tipico (lucentezza metallica), buona

conducibilità termica ed elettrica, duttilità e malleabilità (cioè capacità di lasciarsi

ridurre in fili o in lamine sottili). Tutte queste caratteristiche sono dovute al

particolare legame esistente tra gli atomi del metallo (l. metallico), in cui tutti gli

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atomi del metallo condividono tutti i propri elettroni esterni o di valenza, che

risultano così mobili all’interno del metallo stesso.

Dal punto di vista fisico, vi sono metalli che sono liquidi a temp. ambiente

(mercurio), altri che fondono a temp. di poco superiori (es. cesio 28 °C e gallio 29,7

°C), mentre altri hanno temp. di fusione estremamente elevate (es. tantalio 2996 °C,

renio 3180 °C e tungsteno 3410 °C).

Dal punto di vista chimico, la maggior parte dei metalli (con l’eccezione dei metalli

nobili come oro, platino ecc.) tende a formare composti con l’ossigeno detti ossidi, e

quindi ad alterarsi all’aria, specie se umida e in presenza di sali. Molti metalli,

tuttavia, si ricoprono di uno strato compatto ed impermeabile di ossido che protegge

così il metallo sottostante. È il caso di alluminio, zinco, piombo, rame. Il ferro, al

contrario, forma un ossido idrato poroso (ruggine), con aumento di volume di 6

volte. Il materiale così si disgrega un po’ alla volta, sino alla completa distruzione del

manufatto. Gli oggetti in ferro (o in acciaio), specie se destinati all’esterno, devo

quindi essere opportunamente protetti, mediante verniciatura, ricopertura con materie

plastiche, zincatura, ecc..

Principali metalli, leghe e loro usi.

Alluminio - è un metallo leggero (peso spec. 2,7, ca. 1/3 di quello del ferro), di

colore bianco-argenteo. Si ricava dal suo ossido bauxite per elettrolisi. Duttile e

malleabile, si usa soprattutto per costruzione aeronautiche e automobilistiche, per

contenitori, anche alimentari (es. i tubetti di dentifricio), nell’edilizia (telai di porte e

finestre). Per proteggerlo maggiormente dalla corrosione e per migliorarne l’aspetto

si usa la anodizzazione, che consiste in un’elettrolisi effettuata sull’alluminio (che

funge da anodo, cioè da elettrodo positivo) in acido solforico. In questo modo si

forma sul materiale una pellicola di ossido duro e resistente, che si può anche

colorare aggiungendo al bagno apposite lacche. Frequentemente, in luogo

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dell’alluminio puro, si usano le sue leghe come il duralluminio (a base di Al e Cu). In

polvere è usato per produrre le vernici metallizzate.

Rame - è un metallo impiegato fin dall’antichità, dal caratteristiche colore rosso,

leggermente più pesante del ferro. Si ottiene dai suoi minerali quali la calcopirite

(CuFeS2), la malachite (CuCO3 · Cu(OH)2), la cuprite Cu2O, ecc. Per le sue

caratteristiche di ottimo conduttore termico ed elettrico viene impiegato nella

condutture dell’acqua e nei cavi elettrici, anche perché ha una discreta resistenza alla

corrosione. È stato a lungo impiegato anche per produrre pentole, paioli, ecc.

La sua resistenza agli agenti atmosferici lo rende adatto a produrre grondaie,

converse, ecc. All’aria diventa scuro per la formazione di ossido CuO o verde per la

formazione del verderame (malachite).

Le sue due principali leghe sono il bronzo, assieme allo stagno, e l’ottone, in lega con

lo zinco. Il bronzo ha un’ottima resistenza alla corrosione, unita ad una notevole

durezza. È largamente impiegato nell’industria meccanica (ad es. per le bronzine). Di

bronzo sono fabbricate le campane; si usa anche, dato che si lavora bene per fusione,

per statue, oggetti d’arte ecc.. L’ottone, dal caratteristico colore oro, è anch’esso

resistente alla corrosione ed è impiegato, oltre che nell’industria e nella saldatura dei

metalli, per molti oggetti nel campo dell’edilizia (maniglie di porte e finestre) e

dell’arredamento (maniglie di mobili, accessori per la casa ed il bagno altre finiture).

Per garantirne la conservazione è spesso trattato con vernici trasparenti.

Piombo - è un metallo pesante (peso specifico 11,3), di colore grigio-azzurro, che si

ricopre facilmente di ossido di colore grigio opaco. Si ricava soprattutto dalla galena

(PbS). Tenero e molto malleabile, può sopportare senza fratturarsi notevoli

deformazioni. Per queste sue caratteristiche è stato largamente impiegato, fin

dall’epoca romana, per fabbricare tubi. La sua tossicità l’ha poi fatto abbandonare, e

in epoca più recente è stato usato solo per fabbricare tubi di scarico, per la sua facile

lavorabilità e saldabilità. Attualmente è stato sostituito per questi impieghi dal PVC.

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Per la sua resistenza alla corrosione è stato impiegato in lastre per la copertura di

terrazze e tetti. Si usa anche per produrre le batterie al piombo, e in lega con

l’antimonio per produrre pallini da caccia e caratteri da stampa. Lo stagno per saldare

è una lega di stagno e piombo.

Zinco - è un metallo di colore bianco-bluastro, leggermente più leggero del ferro. Si

ricava soprattutto dal solfuro blenda (ZnS). All’aria umida si ricopre di uno strato di

ossido di ossido color cenere, che protegge il metallo sottostante. Per questo motivo è

usato soprattutto per rivestire l’acciaio (zincatura), rendendolo così resistente alla

corrosione. Si usa anche da solo, soprattutto in lastre, per rivestimenti e coperture che

debbano resistere all’aria e all’acqua.

Ferro - è il metallo in assoluto più utilizzato. Di colore grigio lucente, ha un peso

specifico di 7,87 e fonde a circa 1500 °C. Viene ottenuto dai suoi minerali,

principalmente ossidi come l’ematite (Fe2O3), usata anche, in polvere fine, come

pigmento rosso sangue, da cui il nome, la limonite (Fe2O3 · H2O), la magnetite

(Fe3O4), carbonati come la siderite (FeCO3) e solfuri come la pirite (FeS2). In ogni

caso questi ultimi i minerali vengono trasformati in ossidi prima di essere immessi

nell’altoforno, dove avviene la riduzione a ferro metallico ad opera del CO prodotto

dal coke.

Il ferro puro resiste molto bene alla corrosione, ma ottenerlo puro è difficile e costoso

(ferro elettrolitico).

Dall’altoforno esce invece una lega di ferro e carbonio ricca di quest’ultima, detta

ghisa. La ghisa è una lega ferro-carbonio in cui il C è in genere il 4-6 %, comunque

mai meno del 2%. È un materiale duro e fragile, impiegato per produrre

(essenzialmente per fusione) blocchi motore, parti di macchine utensili, termosifoni,

vasche da bagno (un tempo) ecc., in quanto presente buona resistenza all’usura e alla

corrosione.

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Diminuendo la quantità di C attraverso i processi di affinazione si hanno gli acciai,

con percentuali di C dall’1,8 allo 0,15 %. L’acciaio è il materiale da costruzione per

eccellenza, essendo elastico, duttile, plastico, malleabile, meno duro ma anche meno

fragile della ghisa. Esso può essere temprato, cioè riscaldato ad alta temperatura e

raffreddamento velocemente in acqua o olio, assumendo particolare durezza e

resistenza meccanica. L’acciaio viene comunemente usato nel campo edile, da solo o

assieme al calcestruzzo (cemento armato), nell’industria meccanica, ferroviaria,

automobilistica, chimica ecc. Il suo principale difetto è la facilità con cui, esposto

all’aria umida, si corrode, fino alla totale distruzione, per cui i manufatti in acciaio,

specie se esterni, devono essere adeguatamente protetti, mediante verniciatura,

zincatura ecc.

Con quantità di C inferiori allo 0,1 % si ha il ferro dolce, impiegato in genere per

fabbricare laminati (lamiera) e fili (filo di ferro). Tra gli acciai speciali, leghe che

contengono, oltre che Fe e C come gli acciai comuni, anche altri metalli, ricordiamo

l’acciaio inox, che contiene nichel e cromo che lo rendono non ossidabile. È usato per

produrre oggetti di uso domestico (pentole, posate ecc.), in campo medico-sanitario,

nel campo delle costruzioni per oggetti destinati a rimanere all’aperto (grondaie, tubi

ecc.).

Nichel e cromo - metalli di colore argenteo, che si ricavano rispettivamente da

minerali quali le piriti e calcopiriti nichelifere e dalla cromite (FeO · Cr2O3). Sono

molto resistenti alla corrosione, per cui vengono usati per la produzione dell’acciaio

inox. Vengono inoltre usati per ricoprire, mediante un processo elettrolitico detto

galvanostegia, oggetti in acciaio comune, proteggendoli così (entro certi limiti,

perché lo strato che si ottiene è sottile e alquanto poroso) dalla corrosione. Si parla

allora di nichelatura e di cromatura.

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Titanio - Metallo leggero, di colore argenteo, che ossidandosi all’aria assume un

caratteristico e piacevole colore grigio-azzurro opaco. Per le sua leggerezza (peso

spec. 4,51) e le sue caratteristiche meccaniche, è usato nelle costruzioni aerospaziali

in luogo dell’alluminio e delle sue leghe, per la sua maggiore temperatura di fusione

(1668 °C contro i 660 °C dell’alluminio). Ha un’elevata resistenza alla corrosione,

anche in ambienti altamente aggressivi, per cui è utilizzato anche per parti di impianti

industriali, protesi dentarie, parti esterne di piccoli oggetti (orologi, macchine

fotografiche ecc.)

IL CRISTALLO

Il cristallo è una formazione minerale solida caratterizzata da una disposizione

periodica e ordinata di atomi ai vertici di una struttura reticolare che prende il nome

di reticolo cristallino. La presenza di una tale organizzazione atomica conferisce al

cristallo una forma geometrica definita, dotata di particolari relazioni di simmetria e

delimitata da superfici piane e lisce.

I cristalli si formano per solidificazione graduale di un liquido o per sublimazione di

un gas. Gli angoli tra facce corrispondenti di due cristalli della stessa sostanza,

indipendentemente dalla dimensione e dalle differenze superficiali di forma, sono

sempre identici. La materia allo stato solido presenta nella maggior parte dei casi una

struttura cristallina; fanno eccezione materiali detti amorfi, come ad esempio il vetro,

che dal punto di vista strutturale sono più simili ai liquidi che non ai solidi.

Le condizioni per la formazione

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La formazione e le caratteristiche di una struttura cristallina dipendono dalla rapidità

e dalle condizioni del processo di solidificazione.

Gli stessi liquidi che quando solidificano gradualmente in profondità nella crosta

terrestre formano il granito, qualche volta vengono eruttati in superficie come lava

vulcanica e si raffreddano rapidamente, formando una roccia vetrosa chiamata

ossidiana. Se il raffreddamento è un poco più lento si forma una roccia

criptocristallina o afanitica, con cristalli troppo piccoli per potere essere distinti a

occhio nudo. Quando il raffreddamento avviene con lentezza ancora maggiore, si

forma una roccia di struttura porfirica, nella quale solo alcuni cristalli sono grandi

abbastanza da essere visibili. Se la composizione è la stessa del granito, questa forma

porfirica prende il nome di riolite.

Ogni minerale che costituisce una roccia è presente in forma di cristalli piccoli ma

omogenei. Le sostanze che solidificano per prime durante il raffreddamento della

roccia fusa presentano uno sviluppo normale delle proprie forme cristalline;

diversamente quelle che cristallizzano per ultime, costrette a occupare gli interstizi

rimanenti, presentano un aspetto esterno deformato.

Durante il processo di cristallizzazione, si formano cristalli omogenei che si separano

dalle miscele liquide. Questa caratteristica viene sfruttata anche per purificare

sostanze cristalline: ad esempio le sostanze chimiche organiche vengono quasi

invariabilmente purificate per ricristallizzazione.

In alcuni gruppi minerali gli ioni di un elemento possono essere sostituiti da ioni di

un altro elemento, lasciando invariata la struttura cristallina e formando una serie di

soluzioni solide. Quando vi è una completa e continua gradazione di composizione

chimica da un membro estremo all'altro, la serie viene detta isomorfa. Un esempio è

fornito dalla varietà di feldspato detta plagioclasio, che forma una serie completa di

composizione, compresa tra quella del puro alluminosilicato di sodio (albite) e quella

del puro alluminosilicato di calcio (anortite).

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Altri gruppi di minerali che formano serie isomorfe sono quelli dell'apatite, della

barite, della calcite e dello spinello. Può capitare che il processo di cristallizzazione

non avvenga e la soluzione di partenza divenga soprassatura (in modo analogo una

sostanza può esistere allo stato liquido a temperature inferiori del suo punto di

solidificazione).

La tendenza a cristallizzare diminuisce all'aumentare della viscosità del fluido; in

particolare se una soluzione diviene notevolmente soprassatura e super raffreddata, la

viscosità può raggiungere un livello tale da rendere quasi impossibile la

cristallizzazione; un'ulteriore evaporazione del solvente o un ulteriore raffreddamento

producono dapprima una sorta di sciroppo e infine un vetro. Alcune sostanze

mostrano una forte tendenza a formare nuclei di cristallizzazione, cosicché, se una

soluzione contenente tali sostanze viene raffreddata lentamente, avviene la crescita di

pochi grandi cristalli, al contrario se il raffreddamento è rapido si formano numerosi

cristalli di dimensioni minuscole.

Cristallografia

Lo studio dell'accrescimento, della forma e delle caratteristiche geometriche dei

cristalli è detto cristallografia. Quando le condizioni lo permettono, ogni elemento o

composto chimico cristallizza in una forma definita e caratteristica che corrisponde a

una determinata disposizione degli atomi nel reticolo. Così ad esempio il sale da

cucina (vedi Cloruro di sodio) forma cristalli cubici (ovvero gli atomi sono

ordinatamente disposti ai vertici di un cubo) mentre il granato più comunemente si

presenta in dodecaedri (solidi con 12 facce) o trisottaedri (con 24 facce).

Teoricamente sono possibili 32 classi di cristalli raggruppate in sei sistemi cristallini,

definiti in base alla lunghezza e all'orientamento degli assi di simmetria, linee ideali

che definiscono le proprietà di simmetria del cristallo. Quasi tutti i minerali comuni

sono compresi in una dozzina di classi appartenenti a sistemi diversi. Le proprietà

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chimiche e fisiche dipendono dalla particolare disposizione atomica, cosicché cristalli

appartenenti a un determinato sistema cristallino hanno caratteristiche comuni.

Altre proprietà dei cristalli

La forma di un minerale dipende dalle caratteristiche della sua struttura cristallina.

Ad esempio l'argentite, un minerale dell'argento, cristallizza nella stessa classe del

granato e del sale, ma si trova solitamente in irregolari masse criptocristalline. La

fluorite, minerale relativamente comune, cristallizza nella stessa classe del granato

formando cristalli cubici; tuttavia quando viene fratturata, essa tende a sfaldarsi in

frammenti ottaedrici perfetti. Il sale forma frammenti cubici dalla sfaldatura perfetta,

mentre il granato non presenta piani di sfaldatura ben definiti. Alcune sostanze inoltre

tendono a formare cristalli multipli.

Alcuni cristalli manifestano proprietà elettriche come la piezoelettricità o la

piroelettricità (ossia acquistano carica elettrica se vengono compressi o riscaldati), e

per questo motivo sono sfruttati industrialmente. Un esempio è fornito dal quarzo che

trova un vasto impiego in elettrotecnica ed elettronica. Nei transistor, le speciali

proprietà dei cristalli di germanio e di silicio li rendono utilizzabili per amplificare

correnti elettriche. Un altro dispositivo elettronico, la batteria solare, prevede l'uso di

cristalli di silicio o di solfuro di cadmio per convertire la luce solare in energia

elettrica. In anni recenti sono stati messi a punto diversi metodi per preparare cristalli

singoli di sostanze normalmente criptocristalline.

Ad esempio è possibile ottenere grandi cristalli singoli di metalli mediante un

semplice metodo che consiste nel fondere il metallo in un contenitore conico, che

viene poi allontanato molto lentamente dal forno a cominciare dal vertice. In

condizioni propizie, alla punta del cono si forma un singolo nucleo di

cristallizzazione, che continua ad accrescersi fino a riempire l'intero contenitore. Tali

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cristalli singoli spesso sono notevolmente diversi dai metalli nella loro forma solita.

Cristalli puri e particolari vengono attualmente prodotti con tecniche avanzate, come

l'epitassia a fascio molecolare, per essere usati come semiconduttori e nei circuiti

integrati. Quando i raggi X incidono sulla superficie di un cristallo, gli atomi disposti

simmetricamente agiscono come reticolo di diffrazione e deflettono i raggi secondo

schemi regolari dai quali è possibile risalire alla natura e alle caratteristiche strutturali

del cristallo; la disposizione degli atomi può essere visualizzata direttamente per

mezzo di dispositivi elettronici. Una regola di base della cristallografia, considerata

valida per lungo tempo, stabiliva che la simmetria pentagonale fosse incompatibile

con la periodicità traslazionale propria dei cristalli.

La scoperta, nel 1984, di una lega di alluminio e magnesio che sembra contravvenire

a questa regola potrebbe indicare la possibilità dell'esistenza di una nuova fase di

materia solida, diversa dai cristalli e dai vetri.

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STUDIO DEI MATERIALI

Materiali Plastici

Le materie plastiche sono materiali molto recenti, costitutiti da polimeri, cioè

macromolecole, ed addittivi. All’inizio si cercò di produrre materiali plastici partendo

da polimeri di originie naturale, come la cellulosa, che trattata con acido nitrico e poi

con canfora portava alla formazione della cellulosa (fine del 1800).

Agli inizi del ‘900 si hanno i primi polimeri sintetici come la resina fenolo-

formaldeide (“formica”). Dopo la Prima Guerra Mondaile furono prodotti il

polistirolo e il PVC, mentre, verso gli anni ’40, nacquero molti altri polimeri tra cui:

polietilene, resine epossidiche, poliesteri, siliconi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale,

furono sintetizzati il polipropilene ed i policarbonati. In questo periodo si pensò ad un

impiego delle materie plastiche nell’arredamento.

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Questi materiali sono costituite dai polimeri sintetici, con aggiunta di vari additivi che

ne migliorano le caratteristiche e ne abbassano il costo. Hanno proprietà plastiche

accentuate cioè, se vengono sottoposte a sollecitazioni meccaniche, subiscono

variazioni di forma e dimensione che si conservano nel tempo.

Caratteristiche

Le materie plastiche hanno avuto un incredibile successo nei più svariati campi di

applicazione perchè sono dotate di molte caratteristiche positive: leggerezza, potere

isolante termico, acustico ed elettrico, buona resistenza a trazione, ottima resistenza

chimica, resistenza agli agenti atmosferici.

Esse sono però per la maggior parte infiammabili ed alcune liberano gas tossici,

hanno una temperatura di utilizzo piuttosto bassa, sono poco rigide, non sono

biodegradabili, tendono a deteriorarsi per scissione (dei legami intramolecolari, cioè

depolimerizzano, dovuta alle radiazioni UV e visibili).

Applicazioni

Si utilizzano nelle costruzioni per coperture gronde

epluviali, infissi, pavimentazioni, tubi per l'acqua e gas, scarichi fognari, isolanti

termici ed acustici, impermeabilizzanti, tinteggiature. Nel settore del restauro servono

come consolidanti e protettivi; nella decorazione pittorica entrano nella formulazione

di colori per artisti sono utilizzate anche nel campo della scultura.

I polimeri sono delle macromolecole, cioè molecole ad elevato peso molecolare, in

cui si ripetono unità di base dette monomeri. I polimeri possono essere naturali

(caucciù o la cellulosa) o artificiali, tramite la modificazione chimica di quelli

naturali, come la celluloide; o ancora sintetici, cioè creati chimicamente.

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I polimeri sintetici sono prodotti attraverso reazioni di polimerizzazione che si

suddividono in due tipi: poliaddizione o policondensazione. Quando le molecole di

partenza sono tutte uguali si parla di polimero vero e proprio, quando invece sono

diverse si parla di copolimero.

Molte molecole di monomero reagiscono tra loro, in presenza di un attivatore, cioè di

una sostanza in grado di liberare un radicale (gruppo di atomi in un elettrone spaiato),

con il seguente meccanismo:

La reazione termina quando due radicali si incontrano. Si possono ottenere

macromolecole contenenti fino a 100-1000 unità di monemero.

Il polimero si indica: dove n indica il grado di polimerizzazione, cioè

il numero di molecole del monomero che hanno reagito per formare il polimero.

Aumentando il grado di polimerizzazione, cioè il peso molecolare, nei polimeri

aumentano anche la temperatura di rammollimento, la resistenza a trazione, la

durezza e la viscosità.

Addittivi

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Esistono svariati tipologie di additivi come i materiali riempitivi o cariche (tipo

la farina di legno, la silice, le fibre di vetro) impartiscono una migliore resistenza

meccanica, mentre i plastificanti, che devono essere dotati di massima stabilità e

alto punto di ebollizione in modo da non evaporare rapidamente, rendono il materiale

più flessibile. Gli stabilizzanti proteggono dal degrado, causato dallo spezzarsi delle

lunghe molecole, dovuto principalmente alla luce ed alla ossidazione, che si verifica

quando l'ossigeno atacca il polimero rompendo i doppi legami in esso presenti.

I coloranti (sostanze che si sciolgono nella plastica) ed i pigmenti (sostanze che

invece si mescolano alla plastica) conferiscono le varie tinte al materiale.

PROCESSI DI LAVORAZIONE

Stampaggio ad iniezione

Questo processo è adatto per resine termoplastiche. La resina, sottoforma di granuli,

viene dapprima resa fluida, tramite riscaldamento, e quindi costretta, attraverso un

ugello, a penetrare nello stampo, sotto pressione, in modo da riempire le cavità e

conformarsi nel modo voluto.

Un sistema di raffreddamento riporta il materiale allo stato solido e opportuni sistemi

di estrazione automatica permettono l'uscita del pezzo finito dalla macchina. I pezzi

mal riusciti o di scarto vengono macinati ed il materiale così ottenuto, mescolato a

granulato fresco, può essere reimpiegato.

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Estrusione

Le resine termoplastiche possono anche essere sottoposte a questo processo di

lavorazione quando si vogliono ottenere, non oggetti, ma lastre, tubi, profilati.

La materia plastica, preventivamente fusa, viene spinta da una vite senza fine,

attraverso un canale sagomato (filiera), che le imprime il profilo voluto.

Il pezzo, raffreddato in un altro canale (calibratore), solidifica e viene poi tagliato in

modo automatico, delle dimensioni desiderate.

Stampaggio a compressione

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In questo processo di lavorazione il materiale, sotto forma di polvere, è inserito in

uno stampo aperto, costituito da una matrice ed un punzone.

Quando lo stampo riscaldato si chiude, la compressione del punzone fa scorrere

lentamente la resina e la costringe ad assumere la forma voluta.

Data la struttura a reticolo delle resine termoindurenti, eventuali pezzi difettosi non

possono essere recuperati.

Formatura sotto vuoto

Il materiale, sotto forma di foglio, viene costretto ad aderire allo stampo, facendo il

vuoto nello spazio intermedio.

PRINCIPALI POLIMERI DI ADDIZIONE

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Polietilene

Si ottiene per polimerizzazione del gas etilene C2H4. Il legame

del doppio legame tra gli atomi di C, essendo più debole, si

spezza in modo da permettere alle varie molecole di etilene di

legarsi tra loro.

Caratteristiche e usi

Il polietilene ha basso costo, trasparenza, notevole resistenza chimica, sia agli acidi

che alle basi. In fibra serve per produrre camici e guanti per laboratorio; in film è

usato per imballaggi, per coperture di serre, per sacchetti della spesa o della

spazzatura. Per il suo potere isolante è in grado di rivestire i cavi elettrici e in forma

rigida per tubi atti al trasporto di fluidi non caldi. Può anche essere stampato per fare

oggetti solidi resistenti.

Produzione

Lo si può ottenere industrialmente in due modi:

− Metodo ad altra pressione: la polimerizzazione avviene ad alte pressioni (da

1000 a 2000 atm) ed ad alte temperature (200-300 °C) in massa od in soluzione

(come solvente il benzene), usando come catalizzatore ossigeno e perossidi.

Si ricava un polietilene a bassa densità (0.92 g/cm3), con zone cristalline e zone

amorfe.

La struttura poco cristallina di questo polietilene incide sulle caratteristiche:

punto di fusione basso (circa 120 °C), coefficiente di dilatazione termica alto,

resistenza meccanica media, potere isolante alto per la struttura disordinata.

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− Metodo Ziegler: si opera a bassa pressione (1-10 atm) e a basse temperature.

(50-100 °C) in soluzione (con solvente benzene o alcani quali pentano ed

esano). I catalizzatori sono alluminio trietile, Al(C2H5)3 e tetracloruro di titanio

TiCl4.

Si ricava un prodotto ad alta densità (0.96 g/cm3) che presenta un più alto

grado di cristallizzazione rispetto al precedente tipo, circa il 65%, quindi

maggiore conducibilità termica ed elettrica maggiore resistenza meccanica e

più alta temperature di fusione (135 °C).

Polivinilcloruro

Si ottiene facendo polimerizzare in emulsione o in sospensione il gas cloruro di

vinile, CH2=CHCl. Il polimero ottenuto si presenta sotto forma di polvere bianca,

molto fine, inodore ed insapore. E' più rigido e resistente rispetto al polietilene, ha

peso specifico 1,36-1,40 g/cm3 e fonde a 180 °C. Resiste a moltissimi aggressivi

chimici. E' insolubile in acqua alcol e benzina, ma piuttosto solubile in acetone,

affonda nell'acqua data la sua densità.

Il PVC può essere sottoposto ad estrusione o trasformato in granuli e quindi lavorato

a compressione o a iniezione. In commercio esistono due tipi di di PVC:

− Il PVC rigido in edilizia serve per realizzare pavimentazioni (piastrelle rigide),

zoccolature, corrimani, tapparelle, gronde, tubi per fognature, lastre ondulate,

infissi resistenti agli agenti atmosferici, leggeri, indeformabili ed inifrangibili.

− Il PVC plastificato, con aggiunta di plastificanti (tipo esteri dell'acido ftalico,

C6H4(COOH)2, dell'acido adipico, COOH—(CH2)4—COOH, dell'acido

fosforico, H3PO4), da sostanza molto dura si trasforma in prodotto flessibile

come la gomma (vinilpelle) e si impiega per rivestimenti di divani, sedili,

pareti, pavimentazioni e tendaggi.

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In termini applicativi, il PVC è la materia plastica più versatile conosciuta. È il

"vinile" per antonomasia usato per la produzione dei dischi.

Polimeri acrilici

Le resine acriliche si ottengono dalla polimerizzazione di diversi acidi, come l'acido

acrilico (o acido 2-propenoico, CH2=CHCOOH), metacrilico (CH2=C(CH3)COOH e

dai loro esteri (ad esempio il metacrilato di metile, CH2=C(CH3)-COOCH3).

La più importante resina è il polimetacrilato di metile, conosciuta in commercio con

il nome di plexiglas, ottenuta per polimerizzazione del monomero metacrilato di

metile, estere dell'acido metacrilico.

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Ha peso specifico 1,24 g/cm3 e fonde a 160 °C.

Il plexiglas è un polimero termoplastico, leggero, molto stabile alla luce, poco

ossidabile, più trasparente del vetro, duro, con buone caratteristiche meccaniche,

abbastanza resistente agli aggressivi chimici, ma facilmente scalfibile.

I semilavorati si congiungono per incollaggio o saldatura delle parti attraverso il

calore e possono essere metallizzati od opacizzati.

La metallizzazione consiste nel far deporre sulla materia plastica strati metallici, in

genere di alluminio, allo stato di vapore, per produrre targhe, pannelli, rivestimenti

riflettenti.

L'opacizzazione si effettua per mezzo di sabbiatura (sabbia proiettata con aria

compressa sulle superfici da trattare) o di smerigliatura (con spazzole rotanti di

acciaio od ottone), o con mezzi chimici (con solventi come cloroformio, CHCl3, o

diclorometano, CH2Cl2.

Il plexiglas può anche essere colorato, mescolando granuli colorati a granuli di

polimero incolore durante lo stampaggio.

Il plexiglas è largamente usato in edilizia, sia per esterni (coperture trasparentiin

edifici, coperture per pensiline, vetrate infrangibili, parapetti, elementi di arredo

urbano come fontane), che per interni (elementi da esposizione, mobili, parapetti di

scale, pannelli decorativi, corpi illuminanti, vasche idromassaggio).

I polimeri acrilici sono i costituenti fondamentale dei colori acrilici usati in pittura

ormai dagli anni '60 e delle pitture acriliche usate nella dipintura degli edifici

Polimeri di condesazione

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Sono prodotti ottenuti per policondensazione tra un alcol polibasico, come ad

esempio il glicole etilenico, HO-CH2-CH2-OH, ed un acido polivalente, come ad

esempio l'acido maleico, HOOC-CH=CH-COOH.

Le resine poliestere, termoindurenti, sono spesso rinforzate con fibra di vetro

(vetroresine). Adatte a produrre tavoli e sedie, resistenti alla luce ed agli agenti

chimici. Le resine poliestere servono anche a produrre colori e vernici. Sono molto

infiammabili.

Policarbonato

Si tratta in pratica di resine ottenute per policondensazione tra il fosgene (o esteri

dell'acido carbonico, RO-CO-OR') ed il bis-fenolo.

Sono prodotti lineari termoplastici, aventi proprietà particolari di trasparenza ed

infrangibilità, resistenza termica (fino a 135 °C) e meccanica, oltre che per le buone

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proprietà elettriche e per la durezza. Hanno il difetto di ingiallire (per assorbimento

dei raggi UV) e dilatarsi al calore.

I policarbonati vengono usati nei più svariati campi di applicazione: nell’ottica per le

lenti degli occhiali, nell’elettronica per i computer e per i compact disc, nel campo

delle costruzioni per coperture e pannelli trasparenti e colorati, nel settore dei

trasporti per i caschi e per le coperture dei fanali. Nel campo medico il policarbonato

ha trovato largo impiego: la possibilità di sterilizzare gli oggetti di tale materiale ne

ha permesso l’utilizzo nelle apparecchiature per la dialisi artificiale e per la

cardiochirurgia, per la prima infanzia (biberon, incubatrici) e le cure domiciliari

(aerosol). Il policarbonato spesso sostituisce il vetro a differenza del quale è curvabile

a freddo.

Resine fenoliche

Sono resine ottenute dalla policondensazione tra aldeide formica, HCHO, ed

il fenolo, C6H5OH,

Una di esse, la bachelite, è considerata la prima materia plastica sintetica comparsa al

mondo (inizi 1900). In seguito sono state messe in commercio con il nome di

“fòrmica”.

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Sono in genere materiali termo-indurenti, ovvero non possono essere ulteriormente

fusi dopo lo stampaggio, perché possiedono una struttura reticolare. Hanno elevata

durezza, caratteristiche meccaniche medie, temperature di utilizzo fino a 130 °C,

bruciano senza dare fiamma (carbonizzano).

Servono per produrre legno compensato resistente agli agenti atmosferici

(compensato marino), vernici, laminati plastici. Quest’ultimi sono adatti a rivestire

pannelli di truciolare, di compensato, di mediodenso.

I LEGANTI

Introduzione

Vengono definiti leganti tutti i materiali che impastati con acqua sono fluidi in fase

di preparazione, ma induriscono lentamente per il processo iniziale di “presa” fino a

diventare molto duri e resistenti col passare del tempo (“indurimento”) e sono usati

nelle costruzioni per tenere insieme altri materiali (pietre naturali od artificiali, di

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varie dimensioni). Le mescolanze di leganti, sostanze inerti ed acqua, vengono

chiamate “malte”.

Possiamo classificare i leganti in quattro gruppi principali:

1. Calci

2. Agglomerati cementizi

3. Cementi

4. Gesso

CALCI

Sono leganti caratterizzati dalla presenza nella loro massa di Ossido di calcio, CaO,

libero, in grado di combinarsi con l’acqua per dare idrossido di calcio, Ca(OH)2, che

con la CO2 dell’aria indurisce per la formazione di carbonato di calcio, CaCO3.

A seconda che la presa avvenga in presenza di aria o di acqua si dividono in calci

aeree e idrauliche. Le calci si ottengono cuocendo pietre calcaree, pure o non, a

temperatura di 800-1000 °C.

Calce Aerea

Questo materiale è noto dall'antichità. Si ottiene per cottura sugli 800 °C di calcare ad

elevata purezza, secondo la seguente reazione:

1. Cottura (CaCO3 (s) à CaO (s) + CO2 (g) 850 °C, Reazione

Endotermica - 42,5 Kcal/mole). L’ossido di calcio (CaO) che si forma è una

massa bianca porosa che fonde attorno ai 2600 °C. Viene comunemente

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chiamato “calce viva”. Dalla calce viva mediante spegnimento con acqua si

ottiene la «calce spenta», Ca(OH)2.

2. Spegnimento (CaO (s) + H2O (l) à Ca(OH)2 (s) Reazione Esotermica (+

15,5 Kcal/mole). Se l'acqua utilizzata nello spegnimento è quella

stechiometrica, stabilita dalla reazione, il prodotto ottenuto è detto calce idrata

in polvere, se, invece, è in eccesso si ha un prodotto caustico, untuoso al tatto e

plastico che prende il nome di «grassello». La pasta di grassello può essere

grassa o magra. Questa distinzione dipende in ultima analisi dalla purezza del

calcare di partenza. Se la purezza e elevata si ha un grassello “grasso” (alta

percentuale di Ca(OH)2), al contrario, un grassello "magro”.

3. Carbonatazione (“Indurimento” della malta Ca(OH)2 (s) + CO2 (g) à

CaCO3 (s) + H2O (l). Questa reazione rende conto del perché tale materiale

sia un legante aereo, infatti la CO2 della reazione deve necessariamente

provenire dall'a-ria, inoltre per spostare la reazione verso destra è anche

necessaria una buona ventilazione. Sempre per lo stesso motivo non è possibile

utilizzare la calce per grossi spessori perché avvenendo la carbonatazione

soltanto sulla superficie, lascia l'interno non carbonatato. La reazione di

carbonatazione avviene molto lentamnente perché la concentrazione di CO2

nell’aria è bassa.

Malte di calce aerea

Le malte aeree sono impasti di “grassello”, sabbia ed acqua. Il grassello deve essere

in proporzione tale da riempire gli spazi tra i granuli di sabbia. Si aggiunge la sabbia

per i seguenti motivi:

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1. La sabbia è più economica della calce, per cui la malta costa meno della pasta

di sola calce.

2. Perdendo acqua la pasta di sola calce si ritira, screpolandosi, con la sabbia

questo non succede.

3. La sabbia produce una certa porosità allo strato di malta, favorendo il contatto

con la CO2 dell’aria per la carbonatazione.

La presa ed indurimento calci aeree avvengono nelle seguenti fasi successive:

1. Evaporazione dell’acqua in eccesso ed asciugamento dell’impasto.

2. Cristallizzazione del Ca(OH)2 con consolidamento dell’impasto (presa della

calce).

3. Partendo dall'esterno inizia la carbonatazione (formazione dei cristalli di

CaCO3 ) tra i granuli di sabbia o tra i materiali che la malta deve legare

(indurimento). Al termine tutto diventa un corpo solido compatto ed insolubile

in acqua.

Usi della calce aerea

Usata nella produzione di intonaci, malte, stucchi e pitture. Il “marmorino veneziano”

è un esempio di utilizzo dell’intonaco a calce, costituito da grassello, polvere di

marmo, come inerte al posto della sabbia, ed acqua. Nel campo della decorazione

pittorica la calce aerea è fondamentale nella tecnica dell’affresco, pittura eseguita su

parete rivestita di intonaco ancora fresco.

Difetti

Lentezza a reagire: ci vogliono mesi perché l’indurimento di una malta aerea di calce

si completi. Modeste resistenze meccaniche anche ad indurimento completo. Per mesi

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la malta non può venire a contatto con l’acqua dato che la calce spenta (Ca(OH)2) è

un po’ solubile in acqua. Per mesi la malta tende a rimanere umida perché la reazione

di carbonatazione libera acqua. Per tutti questi difetti oggi è in parte sostituita da

leganti idraulici.

LEGANTI IDRAULICI

Definiamo leganti idraulici tutti quei materiali che fanno presa ed induriscono in

presenza di acqua.

Possiedono questa caratteristica le combinazioni di ossidi ottenuti per cottura (da 950

°C a 1500 °C) di calcari marnosi (15% argilla e 85 % carbonato di calcio) o di

miscele di calcare ed argilla opportunamente dosate. Questa loro proprietà è dovuta

alla presenza di una serie di composti (silicati, alluminati, ferriti di calcio) capaci di

reagire con l’acqua stessa dando luogo a prodotti idrati insolubili o poco solubili,

dotati di proprietà cementanti.

Se consideriamo per semplicità i componenti principali dell'argilla e del calcare

possiamo avere le seguenti combinazioni:

• Silice (SiO2) + Ossido di calcio (CaO) = Silicati di calcio

• Allumina (Al2O3) + Ossido di calcio (CaO) = Alluminati di calcio

• Ossido ferrico (Fe2O3) + Ossido di calcio (CaO) = Ferrito di calcio

A secondo delle quantità dei due ossidi che entrano in gioco si possono avere diversi

tipi di silicati, alluminati e ferriti. Per la loro rappresentazione possiamo utilizzare

le formule dualistiche dove per convenzione:

SiO2 = S Al2O3 = A Fe2O3 = F CaO = C

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Così per esempio la combinazione chimica tra CaO e SiO2 conduce ai seguenti

composti, presenti nei leganti idraulici:

CaO + SiO2 à CaO · SiO2 = CS (Silicato monocalcico)

2 CaO + SiO2 à 2 CaO · SiO2 = C2S (Silicato bicalcico)

3 CaO + SiO2 à 3 CaO · SiO2 = C3S (Silicato tricalcico)

Allo stesso modo possiamo rappresentare alcune combinazioni tra CaO e Al2O3 e

tra CaO e Fe2O3 .

3 CaO + Al2O3 à 3CaO · Al2O3 = C3A (Alluminato tricalcico)

Fe2O3 = C4AF (Ferrito alluminato tetracalcico, brownmillerite)

Nei leganti idraulici le più importanti combinazioni sono soltanto quattro, che danno

luogo nei cementi a tre strutture cristalline:

1. C2S, Silicato bicalcico (o Belite).

2. C3S, Silicato tricalcico (o Alite).

3. [C3A, Alluminato tricalcico + C4AF, ferrito alluminato tetracalcico] (o Celite).

Ciò dipende dal fatto che in presenza di acqua soltanto questi composti hanno la

facoltà di formare gel e cristalli più o meno rapidamente dando consistenza e legando

la massa. Questa proprietà è meno spiccata per le altre combinazioni poiché le

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reazioni con l'acqua sono lente o addirittura indesiderabili. Alcuni materiali naturali

ed artificiali hanno tali combinazioni per cui sono chiamati leganti idraulici.

Leganti idraulici sono:

− I materiali pozzolanici naturali

− I materiali pozzolanici artificiali

− Le calci idrauliche

− I cementi

Materiali pozzolanici naturali

Sono terre vulcaniche delle zone attorno a Pozzuoli che, per effetto della calcinazione

tramite il calore profondo dei magmi, contengono all'incirca le quattro combinazioni

suddette, si riscontra però che il contenuto di CaO è scarso e per questo motivo,

perché possano essere utilizzati, si aggiunge tale componente sotto forma di grassello.

Il loro nome deriva dal fatto che già i romani utilizzavano questo

materiale che chiamavano Pulvis Puteolanis. La presa avviene lentamente, ma la

durezza e la resistenza meccanica aumentano col passare del tempo. La costruzioni

dei Romani, attualmente sommerse dal mare, ancora sono integre.

CALCI IDRAULICHE

Sono chiamate calci idrauliche perché la presa e l’indurimento di queste calci sono

dovuti all’acqua.

La roccia da cui si ricavano è costituita sia dal calcare che dall’argilla. I calcari

contenenti piccole percentuali di argilla vengono detti marne o calcari marnosi.

L’argilla è importante perché contiene silice, ossidi di ferro e di alluminio. La calce

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idraulica si ottiene per cottura delle marne. A seconda della percentuale di argilla,

della temperatura e tempo di cottura si possono ottenere diverse qualità di calci. Per

temperature attorno agli 850 °C si ottiene una calce simile alle calci aeree magre (non

c’è reazione degli ossidi di calcio con i costituenti dell’argilla).

Per temperature superiori (900 °C) iniziano le reazioni dell’ossido di calcio con gli

ossidi di ferro, silicio ed alluminio per dare luogo ai silicati ed alluminati che rendono

“idraulica” la calce. La presa non avviene più per carbonatazione dell’idrossido di

calcio con l’anidride carbonica, ma per idrolisi dei complessi sali silicati, alluminati e

ferriti. La classificazione delle calci idrauliche è basata sull’indice di idraulicità del

prodotto cotto, che deve essere compreso tra 0,10 e 0,65.

Malte di calci idrauliche

Si ottengono per miscelazione di calci idrauliche, sabbia ed acqua. Hanno presa più

rapida delle calci aeree. La presa è dovuta a reazioni simili a quella della calce aerea

per quanto riguarda la fase di cristallizzazione del Ca(OH)2 e carbonatazione.

L’indurimento è dovuto ad idratazione ed idrolisi dei silicati ed alluminati formatisi

nella cottura (vedi i cementi).

Uso delle calci idrauliche

Nel settore edile la calce idraulica serve per preparare malte “bastarde”, cioè malte

miste realizzate con l’aggiunta di cemento, adatte per murature, posa in opera di

pavimentazioni rivestimenti ed intonaci. Per finiture ed in tutti i casi in cui la calce

aerea non può essere usata.

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GESSO

È molto poco solubile in acqua e si può presentare secondo varietà differenti. Può

essere trasparente o traslucido, in generale è incolore e bianco con sfumature marroni.

Ha lucentezza vetrosa o perlacea ed è solubile in acido cloridrico. La varietà incolore

e trasparente si chiama Selenite, se è fibrosa si chiama Sericolite; se invece è

massiccia prende il nome di Alabastro gessoso per distinguerlo da quello calcareo a

cui assomiglia.

La Rosa del Deserto, ad esempio, è costituita da cristalli di gesso piatti includenti

granuli di sabbia. Il materiale che si ricava dalle cave per ottenere il gesso come

materiale legante si chiama “pietra da gesso” (costituito da molecole di solfato di

calcio nel cui reticolo cristallino del minerale si interpongono molecole di acqua in

rapporto 2:1).

• A 130 °C il Solfato di calcio biidrato perde una molecola e mezza di acqua e

si trasforma nel semiidrato secondo la seguente reazione:

130 °C

CaSO4 · 2 H2O ß à

CaSO4 · 0.5 H2O + 1.5

H2O

Solfato di calcio biidrato Solfato di calcio

semiidrato

(o “gesso cotto”)

Questa reazione è reversibile nel senso che il semiidrato tende a ritrasformarsi

a temperatura ambiente nel biidrato. È su questo equilibrio, come vedremo, che

si basa la capacità legante del gesso.

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• A 183°C si ha la perdita dell'altra mezza molecola di acqua secondo la

reazione:

183 °C

CaSO4 · 0.5 H2O ß à CaSO4 + 0.5 H2O

Solfato di calcio semiidrato Solfato di calcio

anidro (anidrite) o

“gesso morto”

II segno di equilibrio chimico sta ad indicare che in queste condizioni il gesso

anidro o anidrite ha ancora un certo potere legante perché è in grado di

reidratarsi.

• Oltre i 210 °C l'anidrite cambia la sua struttura cristallina che non ha più la

capacità di idratarsi e quindi si trasforma in “gesso morto”, con perdita quasi

totale del suo potere legante.

• A circa 1000 °C si ha la completa dissociazione termica con formazione di

anidride solforosa ed ossigeno secondo la reazione seguente:

1000 °C

CaSO4 ß à CaO + SO2 + 1/2 O2

Solfato di calcio anidro

(anidrite)

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Data la formazione di CaO questo gesso è chiamato “gesso idraulico”;

presenta infatti una certa capacità legante.

In base ai fenomeni chimici adesso descritti possiamo distinguere i seguenti materiali

derivati dalla pietra da gesso (solfato di calcio biidrato):

1. Gesso da stucco: detto anche da modellatori. Viene ottenuto cuocendo a 130

°C la pietra da gesso, scegliendo la qualità più pura. Il solfato di calcio

semiidrato così formato, finemente macinato, viene mescolato con acqua di

colla (animale o vegetale). Deve essere usato subito. Ha maggiore solubilità

del gesso crudo, viene usato:

o a mano per intonaci interni, come strato finale ricoprente un sottofondo a

base gesso o base calce–cemento, rivestimento protettivo e decorativo;

o per fabbricazione di manufatti per opere ornamentali;

o decorazioni murarie (bassorilievi, colonne, cornici, fregi, rosoni, angoli,

forme, stampi, modelli ecc.),

o riempitivo per piccole fughe, per statuette, vasi, gessature chirurgiche.

La scagliola è uno stucco preparato mescolando gesso da stucco (semiidrato,

“gesso cotto”), acqua, colla (animale o vegetale), anidro e gesso crudo

(biidrato, “selenite”) in polvere. Questo miscuglio asciugato diventa duro

come il marmo. L’aggiunta di pigmenti ne imita anche l’aspetto, dopo

lucidatura. Per ottenere stucchi lucenti e duri si aggiunge del solfato di zinco

(ZnSO4).

2. Gesso da presa: richiede meno cura nella macinazione e nella selezione del

materiale iniziale e soprattutto nella temperatura di cottura che può essere

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spinta fino a 250 °C. La polvere ottenuta non è proprio finissima come quella

da modellatori ed ha un colore tendente al giallo. Questo gesso viene usato per

lavori di ordinaria manutenzione come impiantare tasselli sui muri, per piccole

riparazioni, per tramezzi divisori rivestendo reti metalliche o cartone pressato

“cartongesso”.

3. Gesso morto: Non ha praticamente applicazione in

edilizia, viene usato in agricoltura per concimare. Favorisce la nitrificazione

del terreno e, potendosi trasformare in solfato di potassio solubile,

mette in libertà il potassio per le piante.

4. Gesso idraulico: come è stato già detto si ottiene dalla decomposizione

termica del gesso anidro. La miscela comunque contiene ancora del solfato di

calcio libero. Una volta veniva utilizzato per pavimenti, mescolato all'allume

(KAl(SO4)2·12H2O), gesso allumato o marmo artificiale.

Presa ed indurimento del gesso

II gesso ha una “presa” (cioè diventa solido) assai rapida e nel giro di circa

mezz'ora raggiunge un completo indurimento ed indeformabilità. Il fenomeno della

presa si spiega considerando la formazione di una soluzione sovrasatura di solfato di

calcio semiidrato da cui si separano cristalli aghiformi intrecciati dì solfato di calcio

biidrato (quattro volte meno solubile).

Poiché il solfato di calcio biidrato forma delle soluzioni sovrasature appena avviene

la reazione di idratazione il biidrato precipita con cristalli aghiformi che si intrecciano

in tutte le direzioni. A causa della precipitazione altre molecole di acqua si

mobilitano per trasformare l'emiidrato in biidrato, infatti per ripristinare le

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condizioni di sovrasaturazione si deve disciogliere altro semiidrato. Praticamente si

tratta di un processo che si autosostiene.

Pregi e difetti del gesso

Pregi: indurisce rapidamente, è leggero e poroso (a causa della struttura aghiforme

intrecciata), buon isolante termico ed acustico, regola l’umidità dell’ambiente,

protegge le strutture in caso d’incendio.

Difetti: Indurisce troppo rapidamente, è sensibile all’acqua poiché è moderatamente

solubile, a temperature sopra i 100 °C si danneggia, il ferro a suo contatto si corrode

(a causa dell’umidità assorbita).

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IL DEGRADO DEI MATERIALI

Ogni materiale posto in un ambiente deiverso da quello in cui si è formato, tende a

raggiungere nuove condizioni di equilibrio attraverso mutamenti delle sue

caratteristiche e condizioni. Il degrado comporta un peggioramente delle condizioni

del manufatto, esso può avere cause naturali o antropiche

Suddividiamo le tipologie di degrado in base alle sue cause:

• Fisico • Chimico • Biologico

DEGRADO FISICO

Può essere causato da:

− Microtaumi durante la lavorazione

− Uso errato della pietra

− Sforzi eccessivi a cui viene sottoposto il materiale in opera

− Effetti dell’acqua: interagendo con il materiale lapideo caratterizzato da una

struttura porosa, nei suoi tre stati (solida, liquida, gassosa) è comunemente

considerata la causa principale del degrado fisico.

− Effetti del vento

− Effetti della luce (per esempio innesca l’ossidazione)

− Effetti delle variazioni termiche: variazioni di temperatura e sbalzi termici

posso causare sollecitazioni meccaniche, quindi provocare contrazioni ed

espansioni, diverse a seconda del diverso coefficiente di dilatazione,

comportando variazioni dimensionali e volumetriche.

− Carbonazione (Ca(OH)2 +CO2 → CaCO3 +H2O)

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Tipologie di degrado fisico.

• Disgregazione: polvere o minutissimi frammenti.

• Esfoliazione: si creano porzioni laminari sottili, dette sfoglie.

• Scagliatura: si formano parti di forma irregolare e spessore consistente e non

uniforme, dette scaglie.

• Distacco: separazione degli strati o di materiale diverso (intonaco) o all’interno

dello stesso materiale (per esempio nel caso delle pietre, per cui si parla di

scagliatura e/o esfoliazione).

• Efflorescenza: si vengono a formare dei sali sulla superficie.

• Rigonfiamento: compare un sollevamento localizzato, sulla superficie del

materiale.

• Fratturazione o fessurazione: separazione del materiale che implica lo

spostamento reciproco delle parti.

Una forte insolazione può provocare fratture causate dall’espansione termica

conseguente all’aumento di temperatura del manufatto; è più dannosa per

materiali scuri o ricoperti da croste nere che assorbono maggiormente luce. La

presenza nel manufatto di materiali con diversi coefficienti di espansione termica,

porta anche in questo caso a danni tanto maggiori quanto maggiori sono le

differenze di dilatazione. Anche se abbiamo un solo materiale possono esserci

all’interno cristalli con diversi coefficienti di espansione, come ad esempio il

granito. Per evitare gli effetti della dilatazione termica, ad esempio, sui ponti

autostradali sono presenti giunti di espansione.

I danni maggiori sono dovuti a ripetute o brusche variazioni di temperatura che

hanno lo stesso effetto del fenomeno gelo-disgelo e sono quindi tipiche di regioni

con forti escursioni termiche (un esempio tipico di massima alterazione dei

materiali lapidei si ha nei deserti). Stress meccanici si generano con le vibrazioni

da traffico di autoveicoli. Da considerare anche i danni fisici dovuti al vandalismo

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quali incisioni, graffiti, distacchi di porzioni dell’opera, affissioni di manifesti,

ecc.

DEGRADO CHIMICO

I danni principali sono dovuti all’aumento di sostanze gassose aggressive presenti

nell’atmosfera. Gas acidi quali ossidi di azoto (NOX ) e di zolfo (SO2 , SO3 )

prodotti nel processo di combustione dei combustibili fossili, sono responsabili

dell’erosione per corrosione dei materiali calcarei e in misura molto minore, in

quanto più inerti, di quelli silicei.

In pratica la loro azione acida si esplica formando i rispettivi acidi forti (HNO3 e

H2SO4) a contatto con acque meteoriche (piogge) e con l’umidità atmosferica

(pellicole umide, aerosol) determinando la formazione delle così dette piogge acide.

Il termine piogge acide comprende tutti i processi di ricaduta dall’atmosfera di

particelle, gas e precipitazioni acide, ma solitamente si intendono le piogge, la neve,

nebbia e rugiada che vanno definite come deposizioni acide umide.

In realtà poiché le acque meteoriche sono in realtà già acide a causa della presenza di

anidride carbonica nell’atmosfera, la definizione riportata sopra si riferisce a

deposizione umida a pH inferiore a 5.5.

La presenza nell’atmosfera di anidride solforica provoca anche la solfatazione dei

materiali calcarei (trasformazione del CaCO3 in gesso, cioè solfato di calcio, CaSO4 .

2H2O) che risulta essere la prima fase della formazione delle croste nere.

CaCO3 + H2SO4 +H2O → CaSO4 . 2H2O + CO2

Le croste nere si formano per inglobamento di particelle carboniose atmosferiche

(derivate dal traffico veicolare) tra i cristalli di solfato di calcio (gesso) che si stanno

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man mano formando e tra i cristalli di calcite (CaCO3) di ricristallizzazione (calcare

precedentemente disciolto che cristallizza di nuovo).

Nelle croste nere presenti sui materiali lapidei il componente principale risulta essere

il gesso, che spesso è mescolato a carbonato di calcio di ricristallizzazione. Il colore

scuro è dovuto alle particelle carboniose inglobate all’interno dei cristalli. Le croste

nere crescendo all’interno di fessure sono in grado, a causa dell’aumento di volume

dei cristalli, di provocare uno sfaldamento e distacco di materiale lapideo. Il colore

scuro comporta anche un maggiore assorbimento di radiazioni solari con conseguente

aumento di danni da differente espansione, dei diversi materiali costituenti la

struttura, dovuta al riscaldamento. La rimozione delle croste nere blocca i fenomeni

di degrado.

La diminuzione degli ossidi di zolfo (SO2 ed SO3) nell’atmosfera dovuta ad una

diminuzione dello zolfo nei combustibili, ha portato ad una diminuzione di croste

nere compensata però da un maggior uso dei motori diesel con conseguente

formazione di particolato (polvere) nero sempre più sottile e penetrante.

L’erosione è dovuta anche da sali derivati dagli ossidi di azoto (NOX), questi sali

sono più solubili del gesso quindi vengono dilavati maggiormente, ma sono anche più

penetranti nelle fessure. Altri sali che si trovano normalmente su statue e complessi

monumentali, sono gli ossalati (per esempio Ca(COO)2).

Si presentano come patine di colore che va dal giallo, all’arancio, al bruno. Tra le

origini più accreditate vi sono quelle derivate da deposizioni di particolato

atmosferico, attività metabolica di licheni, funghi e altri microorganismi.

I danni provocati dai fenomeni di gelo/disgelo, che sono tipici di zone geografiche

molto fredde, vengono accentuati per effetto indiretto dell’inquinamento che,

provocando erosione chimica, fa aumentare le cavità disponibili per il processo.

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Il danno più frequente da degrado chimico deriva, comunque, dalla presenza, nelle

murature, di sali trasportati dall’acqua per capillarità. La differente solubilità di

solfati, cloruri e nitrati comporta una penetrazione crescente nell’ordine precedente e

quindi la formazione prevalente di croste contenenti solfati, cioè i sali meno solubili.

Un aumento dell’umidità e quindi una maggiore quantità di acqua sulla superficie del

manufatto disponibile per la solubilizzazione, facilita la permanenza in superficie dei

sali e di conseguenza la formazione preferenziale di efflorescenze durante

l’evaporazione del solvente.

DEGRADO BIOLOGICO

Le cause di degrado biologico possono essere suddivise in macroscopiche o

microscopiche, meccaniche o chimiche anche se in realtà sono sempre combinate.

Le cause meccaniche macroscopiche , derivano dalla crescita delle radici di piante

utilizzate come arredo urbano.

Nei centri urbani il traffico veicolare provoca sia fratture nei manti stradali sia

microfratture nelle opere in muratura.

Danni meccanici derivano anche dalla presenza nei manufatti di piccole piante

infestanti insediate nelle cavità porose superficiali per azione del vento che trasporta

e deposita all’interno delle cavità semi e spore insieme a porzioni di suolo.

Analogo degrado può essere provocato dalla presenza nei pori di microorganismi

animali. Uno dei principali problemi correlati al degrado biologico è dovuto agli

uccelli, in particolare a storni e piccioni che con le loro feci aggressive manifestano

un’azione di erosione chimica. Il guano è molto acido per la presenza di acido urico

(C5H4N4O3), contiene fosfati e nitrati che possono penetrare nei materiali. La sua

Page 78: ID. V Artistico - Chimica .pdf · La materia è tutto ciò che ci circonda, ... presenza di cariche elettriche mobili e la presenza di particelle cariche elettricamente che componessero

presenza, oltre ad un attacco diretto dei materiali lapidei, determina l’ambiente ideale

per la vita di altri microorganismi.

I rimedi utilizzati sono di tipo fisico, cioè rendere meno ospitali i luoghi preferiti per

l’appoggio degli uccelli mediante punte metalliche o vetri acuminati, oppure

scoraggiarli dal fermarsi durante i percorsi migratori utilizzando ultrasuoni. Metodi

più drastici sono quelli di ricorrere a pillole antifecondative per evitarne la loro

riproduzione.