132
III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO © 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

33

III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 2: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

34

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 3: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

35

campanile nel XVIII secolo, e quella più bassa (730m), di maggiore superficie, oggi occupata da di-versi edifici, tra i quali la chiesa (da cui il toponi-mo odierno) e l’adiacente canonica (Fig. 13). Lun-go i versanti si distribuiscono i resti di numerosestrutture con crolli di diversa entità, ma la visibili-tà del complesso è profondamente compromessadalla presenza di un fitto bosco nel quale preval-gono piante di castagno, spesso secolari. Nel set-tore settentrionale si estende invece una cerretadi impianto recente; in quello occidentale e orien-tale, dove si localizzano le case abitate fino al se-colo scorso, oltre ai rovi permangono vecchie sie-pi di bussolo a scandire antichi spazi divisori edelimitare tracciati viari.Il castello fu insediato dall’età medievale fino all’avan-zato XX secolo quando il suo spopolamento si con-cluse definitivamente a favore del nucleo odierno diGorfigliano, localizzato ai margini del “Piano”, am-pio deposito morenico di vocazione agricola. Gli stu-di di storia locale (CASOTTI, GIORGETTI 1985) e lamemoria orale fanno risalire l’abbandono del castelloal 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremotoche sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana:da allora soltanto poche case rimasero abitate finoagli anni ’60 del Novecento2.Gran parte dei siti incastellati scavati in ambitoregionale ha interessato villaggi abbandonati nel-la fase finale del medioevo, in modo che gli inter-venti postmedievali non hanno intaccato le se-quenze più antiche. Nel caso di Gorfigliano, inve-ce, si è dovuto ricorrere ad una strategia diversa,che incidesse non soltanto nel villaggio abbando-nato, ma anche in quello ancora in uso.Una prima serie d’indagini archeologiche sul sitodi Gorfigliano era stata condotta, a più riprese, dalGruppo Archeologico del Centro Studi CarfanianaAntiqua da parte di ricercatori locali. All’aprile 1983si data il ritrovamento, fra la chiesa e il campaniledi un contesto trecentesco, dal quale è emerso un“Castruccino” (denaro lucchese coniato dal 1316al 1328) (ROSSI 1998, p. 393); inoltre, altri saggi,ancora inediti, sono stati condotti sulla sommitàdel colle, ai piedi della torre da parte di P. Notinidiversi anni fa. Nell’anno 1996 lo stesso P. Notini

1.1 INTRODUZIONE

In questa sede si presenteranno i risultati delleprime tre campagne di scavo realizzate nel castel-lo di Gorfigliano, affidando ai futuri interventi larisoluzione delle problematiche rimaste insolute1.Come già premesso, il castello di Gorfigliano –villaggio fortificato caratterizzato da continuitàinsediativa e da notevoli dimensioni – costituisceil tipo di fortificazione meno rappresentato inGarfagnana al contrario della vicina Lunigiana.Questi caratteri, ai quali si deve aggiungere l’ubi-cazione in un’area di montagna, hanno condizio-nato la strategia d’intervento adottata.Ad oggi è stata portata a termine solo una primafase diagnostica con lo scavo di una superficie limi-tata del castello se paragonata alla sua dimensionecomplessiva la quale, nel periodo di massima espan-sione, doveva aggirarsi intorno ad un ettaro pursulla base di un calcolo approssimativo reso taledalla mancanza di parti rilevanti del recinto mura-rio, soprattutto sul lato orientale. Con una superfi-cie indagata appena inferiore al 5% di quella tota-le, occorre considerare con prudenza i risultati ot-tenuti con un campione ancora esiguo.Come si è detto, il villaggio fortificato di Gorfiglia-no si trova nel comune di Minucciano (provincia diLucca), su un colle di m 736 s.l.m. designato con itoponimi “La Chiesa” (carta I.G.M., scala 1:25.000)e “La Chiesa Vecchia”, oppure “Casa” dagli abitantidel posto. Ubicato poco meno di 1 km a nord ri-spetto al nucleo odierno di Gorfigliano e sulla sini-stra idrografica del Torrente Acqua Bianca (o Ser-chio di Gramolazzo), è sovrastato, ad occidente, daiMonti Castri e Calamaio, contrafforti del Pisaninoche, con i suoi 1946 m, rappresenta la cima più ele-vata delle Alpi Apuane (Fig. 12).La collina sulla quale il villaggio fortificato si im-pianta, di base ellittica, presenta pendii assai sco-scesi, mentre la sommità è caratterizzata da due“piattaforme” di diversa quota; quella alta (745m) dove si erge la torre castellana, trasformata in

1. Gli scavi sono stati condotti nel triennio 1999-2001 concampagne di 4-5 settimane ogni anno, finanziati unicamentedal Comune di Minucciano. Le responsabilità dei singolisaggi sono state affidate a Sonia Gobbato, Lucia Giovan-netti, Roc Arola, Elisa Grassi e Giulia Carta.

2. Sugli effetti del terremoto dell’anno 1920 sull’architet-tura e sulla rete insediativa nella zona più immediata, FER-RANDO CABONA, CRUSI 1980.

1. LE SEQUENZE STRATIGRAFICHE

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 4: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

36

condusse, insieme a L. Giovannetti, una ricogni-zione complessiva sul sito di Gorfigliano nel conte-sto della tesi di laurea condotta da quest’ultima in-torno al problema dell’incastellamento nell’altavalle del Serchio (GIOVANNETTI 1998).Ma gli scavi in estensione sul sito e l’analisi ar-cheologica del territorio di Gorfigliano hannoavuto inizio nell’anno 1999 nell’ambito del pro-getto promosso dal Comune di Minucciano incollaborazione con l’Istituto di Storia della Cul-tura Materiale e l’Universidad del País Vasco/Euskal Herriko Unibersitatea.

1.2 LA STRATEGIA DELL’INTERVENTO

Diversi anni fa T. Mannoni, in un acuto contribu-to dedicato alla metodologia di scavo archeologi-co nelle zone montuose della Liguria e della Luni-giana, metteva in risalto le particolarità degli in-terventi realizzati nei contesti di montagna, dovele condizioni e i meccanismi sedimentari e di ero-sione influiscono in modo determinante nella na-tura dei depositi (MANNONI 1970). In questi casi i

Fig. 12 – Ubicazione del castello di Gorfigliano nel contesto della valle dell’Acqua Bianca.

Fig. 13 – Vista della sommità del castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 5: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

37

manufatti abbandonati dall’uomo seguono le vi-cende fisiche del suolo stesso, con la conseguenzache solo lo studio dell’evoluzione di tale elemen-to naturale può chiarire il significato della lorogiacitura (MANNONI 1970, p. 49).Il castello di Gorfigliano, per posizione geografi-ca e caratteristiche geo-morfologiche, rientra al-l’interno di questa categoria di siti. I processi post-deposizionali hanno pesantemente condizionatola composizione delle sequenze stratigrafiche con-servate nelle quali non è quindi raro registrare delle“discontinuità” imputabili non solo all’intensitàdei processi erosivi, in verità in parte frenati dallamorfologia terrazzata del colle, ma anche a diver-si sbancamenti e riempimenti attuati con terrenodi riporto, in diversi punti del sito, in età post-medievale e contemporanea.All’interno del villaggio si sono osservate diversegiaciture rispecchianti la casistica prospettata dal-lo stesso Mannoni (Fig. 14): si va dalle aree cul-minanti di bassa pendenza, caratterizzate da po-tenze limitate con presenza di terreni autoctoni,alle aree di scarsa acclività dove convergono i ma-teriali di colluvio obliteranti gli strati relativi allefasi di occupazione (MANNONI 1970).Un altro fattore di forte influenza sulla definizionedella strategia dell’intervento è stato la ridotta visi-bilità archeologica del sito a causa della fitta coper-tura forestale (Fig. 15), della continuità d’uso dialcune zone, della presenza di crolli lungo i versan-

ti e dei pesanti restauri moderni condotti sulla piat-taforma sommitale. Elementi questi che hanno fat-to scartare a priori strumenti diagnostici quali lafotografia aerea. Sono state escluse le indagini ma-gnetiche ed elettriche sia per il tipo di composizio-ne geolitologica che per la forte pendenza del sitoe la mancanza di finanziamenti specifici.Si è deciso, quindi di realizzare un’indagine dia-gnostica con il doppio scopo di ottenere elementiutili per ricostruire in modo soddisfacente l’asset-to complessivo del villaggio e di redigere un pri-mo rilievo del castello, oltre a valutare la poten-zialità dei depositi archeologici presenti all’inter-no del villaggio.Questa indagine si è basata sull’esame diretto del-le strutture superstiti in elevato, lo studio dellatoponomastica e delle mappe catastali del villag-gio, la raccolta delle fonti orali e la realizzazionedi una pulizia generale della vegetazione infestan-te i fianchi terrazzati per giungere ad una letturacomplessiva della morfologia del colle. In modoparallelo si è proceduto ad un’analisi fitomorfo-logica della vegetazione presente all’interno delrecinto del castello. In questo modo è stato possi-bile studiare l’andamento del recinto murario e lesue fasi costruttive, e verificare il numero di abi-tazioni presenti, discernendo i muri ad esse perti-nenti da quelli di contenimento dei terrazzamen-ti. Si è quindi proceduto alla realizzazione di al-cuni saggi esplorativi di diversa entità destinati a

Fig. 14 – Terrazzi postmedievali nel settore settentrionale del castello.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 6: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

38

valutare i depositi in più punti ritenuti rilevantinell’articolazione topografica e spaziale del castello(porta di San Paolo, il cimitero, terrazzi del latosettentrionale, piattaforma sommitale, etc.), chehanno guidato la realizzazione dei saggi di scavo.

J.A.Q.C.

1.3 LA DIAGNOSI ARCHEOLOGICA. RICOGNIZIONEPRELIMINARE DEL TERRITORIO CASTELLANO

Dopo due campagne di ricognizioni condotte nelfebbraio 19963 e nell’ottobre 19994, supportate dallostudio della toponomastica e delle mappe catastalirelative al villaggio ma anche dalla raccolta delle fontiorali, è stata possibile una sommaria ricostruzionedell’assetto complessivo del villaggio, da cui sonoderivati un preliminare rilievo del sito e la scelta deisettori da indagare stratigraficamente. Le indaginidiagnostiche sono, comunque, continuate lungo tuttala durata dell’indagine archeologica tramite la rea-lizzazione di una decina di sondaggi distribuiti inpiù parti del castello, indirizzati alla valutazione del-la potenzialità dei depositi archeologici.

Dall’analisi di superficie, l’analisi del costruito ela realizzazione di sondaggi puntuali sono nate leseguenti osservazioni, inerenti i tre principali ele-menti che caratterizzano il castello (Fig. 16).

a) IL RECINTO

L’andamento del circuito murario, ricostruibile conbuona approssimazione, consente di stimare la su-perficie massima del castello intorno ai 1000 mq.I resti più consistenti di questo si conservano sullato settentrionale e nord-occidentale, mentre in-certa è la sua identificazione sui lati meridionali eorientali soprattutto per la difficoltà di discernerlodai muri dell’abitato sviluppatosi dissimmetrica-mente su tali versanti. Muovendo dalla sommitàvediamo che i muri del recinto si collegano ai latiW e N della torre; quello di andamento E-W, sal-dandosi all’angolo di tale struttura (Fig. 16, n. 1),si conserva per circa 10 m in lunghezza e un’altez-za massima di 1,60 m (sp.= 60 cm). È costituito dafilari di pietre arenarie e calcari marnosi legati daabbondante malta ad inerte ghiaioso (Fig. 17) e ter-mina in una torre semicircolare in aggetto, di dia-metro non precisabile, conservata per un’altezza di1,60 m: solo alla base presenta accenni di para-mento regolare mentre per il resto è costituita dapietre di varie dimensioni disposte irregolarmente.Oltre tale struttura il muro di cinta prosegue conandamento N-S con grosse lacune; meglio conser-vato in elevato è, invece, nei pressi dell’unica porta

3. Realizzata da P. Notini e L. Giovannetti.4. Realizzata da L. Giovannetti, S. Gobbato e J.A. QuirósCastillo.

Fig. 15 – Bosco di castagni nel settore settentrionale del castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 7: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

39

Fig. 16 – Pianta generale del castello di Gorfigliano: 1.Torre medievale, trasformata in campanile nel XVIIIsecolo; 2. Porta di San Paolo; 3. Chiesa di San Giusto; 4.Canonica, con resti della cisterna medievale; 5. Oratoriodel SS Corpo di Cristo; 6. Borgo meridionale, settore2000; 7. Borgo settentrionale, settore 3000; 8. Cimitero.

Fig. 17 – Recinto murario del settore meridionale delcastello prima dell’inizio degli scavi.

di accesso al castello dove si localizza anche unaferitoia (Fig. 16, n. 2). Ancora conosciuta comePorta di San Paolo, quest’ingresso conserva soltan-to il suo piedritto sinistro, in quanto che quellodestro, ancora esistente agli inizi degli anni ’80 (Fig.18), è stato demolito recentemente da un mezzomeccanico. La porta si lega alla cinta muraria rea-lizzata con bozze disposte a filari, di età medievale.I probabili esigui resti del recinto del fianco meri-dionale del colle (che hanno permesso la ricostru-zione del suo andamento relativamente a questaparte) sembrerebbero quelli messi in luce nel 1996da una frana ma oggi nuovamente interrati.Tornando alla torre, il muro che, dal lato N diessa prosegue con andamento N-S, si conserva per10 m in lunghezza e per un elevato di soli 60 cm(da cui è possibile notare la medesima tecnica afilari regolari) prima di essere inglobato nella re-cente struttura della canonica, adiacente alla chie-sa, ampliata e rimaneggiata nel XVIII secolo. La

parte restante del perimetro (di andamento primaSW-NE poi NW-SE) si conserva con una certa con-tinuità, anche se per scarsa altezza, presentandoun’altra torre semicircolare aggettante all’estremitàsettentrionale dove è presente un’altra feritoria(Fig. 19), ed è stata realizzata con una tecnica co-struttiva molto irregolare, frutto di ristrutturazionipostmedievali.In base all’analisi dei resti del recinto si possonodunque distinguere l’esistenza di, almeno, due di-verse fasi costruttive: alla prima fase, la più antica,plausibilmente da collegare alla ristrutturazione delcastello avvenuta nel corso del XII secolo, appar-tengono le murature realizzate in filari regolari si-tuate nel settore meridionale del recinto (alcuni trat-ti in prossimità della torre, della chiesa e della por-ta di accesso al castello); alla seconda fase, più re-cente e frutto della ristrutturazione dell’impiantomurario precedente e di successivi ampliamenti diquesto, appartengono invece quelle murature rea-lizzate con paramento irregolare che si riscontranoprincipalmente nel settore settentrionale ed orien-tale del recinto. Sempre a questa seconda fase ap-partengono le due torrette angolari in aggetto dalrecinto murario.

b) L’AREA SIGNORILE

L’area sommitale, nettamente differenziata dal re-sto del castello non solo topograficamente ma an-che per l’importanza delle sue costruzioni, è iden-tificabile come “area signorile” secondo una mor-fologia ben attestata in altri siti incastellati toscani.Per la maggior parte dei castelli presenti nell’altaGarfagnana non si coglie bene, come in questo caso,la gerarchizzazione sociale dello spazio in quantogeneralmente sono entità di piccole dimensioni, nellequali l’“area signorile” finisce per identificarsi conl’intero spazio incastellato (GIOVANNETTI 1998).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 8: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

40

Fig. 18 – Porta di San Paolo, nell’attualità (a) e prima dell’inizio dei lavori rei restauri (b).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 9: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

41

Lo spazio sommitale di Gorfigliano si articola suun’ampia piattaforma di 60×30 m, nella qualespiccano attualmente i grandi volumi della chiesadei SS. Giusto e Clemente (Fig. 20), dell’adiacen-te canonica e del prospiciente seicentesco orato-rio del SS Corpo di Cristo (Fig. 21). Sulla gugliadi quota maggiore, in forte risalto sullo spazio cir-costante, si erge il campanile ricavato dalla ristrut-turazione della torre castellana nella seconda metàdel Settecento (Fig. 16, n. 1; Fig. 22).La veste attuale della chiesa dei SS. Giusto e Cle-mente (Fig. 16, n. 3) risale al primo trentenniodel XVIII secolo (1706-1730): la sua quasi com-pleta ricostruzione in tale fase, con un considere-vole aumento volumetrico rispetto a quello del-l’edificio originario, è documentata da diverse dateincise su alcune bozze del paramento (CASOTTI,GIORGETTI 1985, p. 60). Solamente nel perimetra-le S è stato possibile individuare alcuni lacertimurari eseguiti in tecnica a filari, costruiti diretta-mente sulla roccia e verosimilmente riconducibilialla chiesa medievale.

La canonica (Fig. 16, n. 4), realizzata in concomi-tanza della riedificazione e dell’ampliamento del-la chiesa, è un edificio di pianta rettangolare di17×12 m, a due piani, addossato alla chiesa dasud e impostato sul lato occidentale del recintomurario come provato dalla presenza di unaferitoria di tipologia bassomedioevale.L’ampliamento settecentesco della chiesa e la co-struzione della canonica hanno completamentestravolto l’assetto planimetrico originario dell’areasignorile: gli unici elementi medievali inglobatiall’interno del complesso canonicale sono una ci-sterna e alcuni lacerti murari di difficile lettura,realizzati con tecnica costruttiva a corsi regolari.Tutte queste costruzioni sono state oggetto daglianni ’80 di una opera di ricostruzione che ha can-cellato in modo definitivo la possibilità di con-durvi indagini stratigrafiche esaustive.

c) I BORGHI

L’abitato si è sviluppato piramidalmente, secondo latipica disposizione a pendio dei centri appenninici,ai piedi dell’area “signorile”, su tutti i lati trannequello settentrionale, troppo acclive e di non buona

Fig. 19 – Feritoia aperta nel settore settentrionale deltracciato murario del castello di Gorfigliano.

Fig. 20 –Vista della chiesa di San Giusto e Clemente diGorfigliano.

Fig. 21 – Vista del Oratorio del SS Corpo di Cristopresieduto da un tasso.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 10: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

42

Fig. 22 – Torre castellana di Gorfigliano.

Fig. 23 – Casa ubicata nel borgo settentrionale diGorfigliano.

Fig. 24 – Portale spogliato nell’anno 2000 dalla suachiave settecentesca, appartenente ad una delle case del

borgo meridionale del castello di Gorfigliano.

esposizione solare. Ancora oggi sono ben visibili iresti di alcune costruzioni postmedievali sui versantimeridionale e orientale del colle rappresentanti l’areadi più recente abbandono (Fig. 16, n. 6).Dai resti materiali è percepibile uno spostamento,con conseguente riduzione dell’abitato, dai fianchi

orientali a quelli meridionali; infatti, mentre nellaprima parte si distinguono abitazioni monocellula-ri di pianta rettangolare, per la maggior parte in-terrate se non ridotte a bassi ruderi (Fig. 16, n. 7;Fig. 23), nella seconda rimangono ancora in piediuna decina di abitazioni, ancora conservatesi in ele-vato per le quali gli elementi architettonici e la tec-nica muraria indicano una datazione non anterio-re al XVII secolo (Fig. 24). Inoltre, nel settore nord-orientale, è stato impiantato, nel corso del XIX se-colo, un cimitero (Fig. 16, n. 8), oggi in disuso per-ché sostituito da uno nuovo, sorto nel fondovalle.Le testimonianze orali raccolte presso gli abitantipiù anziani dei luoghi vicini, confermano il pro-gressivo spopolamento del borgo la cui fine paresancita (fatta eccezione per poche abitazioni) daidanni del terremoto del 1920 e un particolare uti-lizzo dell’area nord-orientale, già occupata dal-l’abitato medievale, per il ricovero degli animali eper scopi agricoli (orti). Tuttavia le vicende archi-tettoniche dell’abitato medievale e di quello post-medievale, la ricostruzione della viabilità internae l’organizzazione planimetrica generale rimango-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 11: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

43

no ancora da comprendere mediante i futuri in-terventi di scavo (Fig. 25).Dai resti architettonici individuati è percepibileuna complessa trasformazione dello spazio inter-no del castello durante i secoli bassomedievali emoderni unitamente ad una dinamica di abban-dono ancora da puntualizzare. Non è stato finorapossibile realizzare una quantificazione delle uni-tà abitative presenti all’interno del villaggio, giac-ché lo stato di conservazione dei resti non lo per-mette, tuttavia, grazie alle fonti scritte, si può co-gliere una prima evoluzione demografica dellacomunità di Gorfigliano.In funzione delle evidenze disponibili sono statidistinti due borghi, con limiti comunque di carat-tere arbitrario, in funzione del tipo di struttureindividuate:

1. Borgo orientale, delimitato su un lato dalla corti-na muraria di andamento NE-SW, si estende percirca 4.000 mq, su un forte pendio organizzatoin diversi terrazzi occupati da un bosco di casta-gni e di cerri. Sono evidenti le tracce di muratureappartenenti a strutture, ormai non più identifi-cabili planimetricamente, e di anomalie topogra-fiche proprie della presenza di costruzioni di di-versa entità. L’unica costruzione ancora conser-vata, la casa dei Brugiati, non è più abitata.

2. Borgo meridionale, di circa 3500 mq, è occupa-to da diverse case disposte sul pendio terrazza-to, che sono state in uso fino alla seconda metà

del XX secolo e oggi si trovano in stato di rude-re. L’articolazione del pendio non si presta allarealizzazione di saggi archeologici in estensio-ne, anche se è ancora possibile rilevare l’orga-nizzazione planimetrica delle abitazioni super-stiti e degli spazi aperti ad esse relativi attraver-so la lettura dei resti conservati in elevato. Lavegetazione presente è di carattere residuale.

L.G., J.A.Q.C.

1.4 DEFINIZIONE DI UNA STRATEGIA DI SCAVO

Tenendo conto delle indicazioni ottenute attraver-so l’indagine diagnostica e le problematiche defi-nite nel questionario iniziale di ricerca, è statadefinita una strategia di campionamento che per-mettesse, con le risorse disponibili, di dare rispo-sta alle domande poste. Come è stato ricordato direcente nel caso di Montarrenti (FRANCOVICH,HODGES 2003, pp. 13-17), il “campionamento diun villaggio” caratterizzato da una lunga durataoccupazionale pone dei problemi non indifferen-ti dovuti alle profonde trasformazioni urbanisti-che e morfologiche che hanno subito gli abitatinel corso dei secoli. Gorfigliano, in particolare,nonostante sia abbandonato in alcuni settori sol-tanto da alcuni decenni, conserva le tracce di piùmomenti occupazionali in modo frammentato,

Fig. 25 – Fotografia storica del castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 12: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

44

Fig. 26 – Pianta dei saggi realizzati nel castello diGorfigliano.

come attestato dalle indagini diagnostiche preli-minari.Inoltre, ci sono alcuni criteri che sono stati con-siderati nel momento di stabilire la strategia dicampionamento. Da un punto di vista metodo-logico si è cercato, entro le limitazioni poste daimezzi disponibili e dall’articolazione morfologi-ca e topografica – sempre accidentata – del ca-stello, di realizzare saggi in grandi aree. Questascelta metodologica, seguita ormai da decenninello scavo di villaggi abbandonati di certe di-mensioni, non ha avuto, nonostante tutto, unparticolare sviluppo nei siti medievali di Lucca odella Lunigiana, dove si può parlare indubbia-mente di scavi limitati e realizzati su estensionimolto ridotte, tranne in alcune eccezioni. Nelcaso di Gorfigliano, come si vedrà di seguito, nonsempre è stato possibile scavare aree molto im-portanti, in modo particolare nel borgo setten-trionale, dove si dovranno incentrare gli sforzidei prossimi anni. Tuttavia, siamo convinti chesoltanto il ricorso a questo tipo di strategie cipermette di comprendere i complessi fenomenipostdeposizionali che hanno cancellato in modosignificativo tratti rilevanti delle sequenze strati-grafiche nei siti di montagna e permette di rin-tracciare elementi appartenenti a labili strutturecome quelle individuate nel settore 1000.Si è voluto dare inoltre una notevole importanzaallo studio degli ecofatti, come è stato segnalatonel questionario iniziale della ricerca. Questa pre-occupazione è stata anche presente all’ora di deter-minare la morfologia e l’estensione dei singoli sag-gi, e nel disegno di una strategia di campionamen-to. I livelli di vita sono stati setacciati a secco inmodo quasi integrale, tranne in alcuni casi dove siè campionato intorno al 80% del totale. Il restodei depositi sono stati setacciati soltanto in modoselettivo, dando prelazione ai crolli e ai riporti agri-coli rispetto ai livelli d’abbandono e altre formesedimentarie.Con tutti questi criteri si è disegnata una strategia dicampionamento che ha interessato circa il 5% del-l’estensione complessiva del villaggio, da considera-re ancora esigua ma in grado di fornire risposte piut-tosto precise ad alcuni dei quesiti posti (Fig. 26).Come si è detto il villaggio è diviso essenzialmen-te in due parti:

1. una piattaforma sommitale assai articolata eoccupata dalle principali costruzioni ancora inelevato (chiesa, canonica, torre), dove si è in-dividuato il settore “signorile” (settore 1000).In questo settore sono state identificate dellearee dotate di una buona potenzialità archeo-logica che sono state sottoposte ad indagini inestensione (saggio 1100), mentre che altri son-daggi hanno dato dei risultati negativi.

2. i settori abitativi disposti sui pendii della colli-na, che possono essere a loro volta distinti in unborgo meridionale occupato ancora da diversecostruzioni (settore 2000), e uno settentrionaledove queste mancano quasi completamente (set-tore 3000). I saggi realizzati in entrambi i setto-ri sono indirizzati sia alla ricostruzione della se-quenza insediativa nell’abitato contadino e allaverifica dei livelli di occupazione altomedievalie nel momento dell’incastellamento (saggi 2100,2200), che all’analisi morfologica e topograficadel castello nel periodo basso e postmedievale,in corrispondenza con la sua trasformazione eposteriore abbandono a favore del nuovo vil-laggio di Gorfigliano (saggi 3200, 3500). An-che in questi settori sono stati realizzati diversisondaggi che con frequenza non hanno riporta-to informazioni utili sullo sviluppo insediativodell’abitato.

La grande estensione del sito e le limitazioni impo-ste dalle sue dimensioni e l’ubicazione dei saggi cihanno fatto ricorrere ad altri indicatori utili perstabilire collegamenti e rapporti indiretti tra le se-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 13: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

45

quenze individuate nei singoli saggi. Uno di questicriteri è stato l’utilizzo di analogie tra le tecniche ei materiali costruttivi utilizzati, relazione supporta-ta dall’analisi di 38 campioni di malta eseguita daRoberto Ricci. Le analisi sono state realizzate almicroscopio ottico stereoscopico in luce riflessa suporzioni di campione prelevate in quantità oppor-tuna da un punto di vista mineralogico-petrografi-co, dimensionale e granulometrico5.Lo studio delle malte è stato eseguito soprattuttoper fornire un supporto all’indagine stratigrafica, ein questo senso i risultati hanno permesso la suddi-visione in gruppi con composizione analoga che sisono integrati bene con l’esame stratigrafico. Attra-verso queste analisi è stato possibile collegare attivi-tà edilizie carenti di continuità stratigrafica identifi-cate nei singoli settori del castello, oltre a contestua-lizzare nella sequenza la chiesa di Gorfigliano.A seguito si presentano, in modo sintetico, le se-quenze dei principali saggi e letture degli elevatiche sono state realizzate a Gorfigliano (Fig. 27).Nella presentazione dei diversi saggi si è fatto ri-ferimento alla periodizzazione della Fig. 27, checopre una larga diacronia compresa tra l’età caro-lingia e il XX secolo.

J.A.Q.C.

1.5 IL SETTORE 1000. LA SOMMITÀ DELCASTELLO (Fig. 28)

Il primo settore ad essere indagato globalmente èstato il pianoro sommitale a quota m 746 s.l.m.,di circa 200 mq di estensione, al centro del qualesi colloca la torre campanaria (5×5 m di base).Diversi motivi hanno determinato questa scelta: sipresentava come l’unica parte dell’area “signorile”non troppo pesantemente rimaneggiata, almeno inapparenza, dai recenti lavori di restauro e dotata diuna certa potenza stratigrafica, ancora quantifica-bile dalle sezioni esposte presenti sul versante me-ridionale e già testata, diversi anni fa, dal “GruppoArcheologico Garfagnana” con il rinvenimento dimateriali ceramici, databili al periodo medievale6.Il pianoro, livellato in superficie da diversi riporti diterreno, mostrava, all’inizio dell’intervento, una leg-gera inclinazione verso sud con la conseguenza che,su questo versante, parevano convergere i depositidi migliore qualità e potenza. La presenza di unostrapiombo sui lati S ed E della piattaforma lasciavainvece intuire un fenomeno di costante erosione edunque una sua originaria maggiore estensione7.

PERIODI FASIFase 1a (Capanne della curtes)Periodo 1. Secoli VIII-XFase 1b (Abbandono Capanne)

Periodo 2. Secolo X Fase 2 (“Incastellamento”)Fase 3a (Costruzione strutture)Fase 3b (Livelli di vita)Fase 3c (Abbandono strutture)

Periodo 3. Secoli XII-XV

Fase 3d (Riutilizzo parziale)Fase 4a (Ricostruzione delle mura)Fase 4b (Costruzione strutture)

Periodo 4. Secoli XV-XVI

Fase 4c (Restauro di case)Fase 5a (Fasi di occupazione)Fase 5b (Abbandoni)

Periodo 5. Secolo XVII

Fase 5c (Risistemazione agricola)Fase 6a (Ricostruzione della chiesa)Fase 6b (Ricostruzione della torre)Fase 6c (Risistemazione agricola)Fase 6d (Trasformazione dell’abitato)

Periodo 6. Secolo XVIII

Fase 6e (Modificazioni dell’abitato)Fase 7a (Trasformazione case borgo)Periodo 7. Secolo XIX

Fase 7b (Riporti agricoli)

Fase 8a (Ultimo utilizzo insediativo)Periodo 8. Secolo XX

Fase 8b (Restauri anni 80)

Fig. 27 – Sequenza stratigrafica del castello di Gorfigliano.

5. Queste analisi sono state eseguite da R. Ricci all’internodi un programma più ampio di ricerche condotte sulla To-scana nord-occidentale, i cui risultati sono già stati parzial-mente editi (RICCI 2002).

6. Si ringraziano Paolo Notini e Guido Rossi per tutte lenotizie riguardanti questi interventi e per aver permesso diprendere visione dei reperti ancora inediti allora rinvenuti.7. Con ogni probabilità la stessa piattaforma fu ridotta didimensioni in occasione della ristrutturazione settecente-sca della torre castellana.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 14: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

46

Fig. 28 – Vista dell’area signorile del castello di Gorfigliano.

Ci sono, infatti, indizi per pensare che quest’areafosse più ampia nelle prime fasi d’occupazione delvillaggio, poi tagliata e ridotta in occasione dellariorganizzazione dell’assetto urbanistico comples-sivo dell’area signorile in età moderna.Tenendo conto di tutte queste circostanze e l’ec-cezionalità dei depositi rinvenuti in questo saggio(saggio 1100), lo scavo ha interessato in modocompleto tutta la piattaforma sommitale, seguen-do la strategia d’indagine in estensione.In questo saggio sono emerse sei fasi d’occupazionecomprese tra l’alto Medioevo e il XX secolo conun’alta percentuale di residualità nei reperti deglistrati più recenti a denotare l’intensa attività di rior-ganizzazione dell’area avvenuta in tempi moderni.

Fase 1Alla più antica fase di frequentazione dell’area èriconducibile una serie di 23 buche da palo di di-verse dimensioni, afferenti a più strutture lignee di-sposte su tutto il pianoro (Fig. 29). La precaria con-servazione della stratigrafia relativa a questa fase,impedisce di comprendere appieno l’organizzazio-ne planimetrica di queste strutture, databili nell’al-tomedioevo. Gli unici lembi di livelli d’uso ad esserelative si sono conservati nella parte a sud dellatorre, mentre negli altri saggi le buche di palo sitrovano isolate sulla superficie rocciosa.Tenendo conto di queste limitazioni, è stato possi-bile identificare le tracce di quelle che sembrano,almeno, tre capanne diverse conservate soltanto inmodo parziale, sia per l’intensa attività erosiva deiversanti che per le alterazioni causate dalle succes-sive fasi di vita. Come è ricorrente in scavi simili,

non è stato possibile fornire un’interpretazione pre-cisa dell’articolazione planimetrica di queste strut-ture, e ci si limiterà in questa sede ad una loro pre-sentazione di carattere descrittivo. Tecnicamentesono strutture molto simili, costruite a livello delsuolo, carenti di basamento e realizzate con arma-tura di pali ed elevato in materiale deperibile. Que-sto tipo di capanna è presente in altri siti coevi del-la Lucchesia, come nel castello di Terrazzana (QUI-RÓS CASTILLO 1999a, p. 79), o in altri siti toscaniquali Montarrenti, Scarlino, Campiglia Marittimao Radda in Chianti, per segnalare soltanto i piùsignificativi (VALENTI 1994; BIANCHI 2003; CANTINI

2003).La struttura più facilmente riconoscibile (“capan-na 1”) è ubicata a sud della torre attuale, e siconserva in modo parziale (Fig. 30). La strutturaè stata realizzata a partire dal livellamento artifi-ciale del substrato roccioso (arenaria molto alte-rata) per la creazione di un vasto pianoro. Suquesta sistemazione sono state documentate set-te buche di palo di diverse dimensioni e profon-dità, che definiscono il perimetro di un fondo dicapanna di almeno 15 mq (US 1143, 1145, 1147,1149, 1159, 1161). Non è stato possibile inter-pretare planimetricamente questa struttura giac-ché non si conservano né il limite meridionalené quello occidentale. Tuttavia, da quanto con-servato, si può affermare che si tratta di una strut-tura di pianta ellittica con il lato maggiore orien-tato E-O di dimensioni similari ad altri contestitoscani coevi.Questa struttura fu realizzata mediante scheletroligneo di pali di quercia e castagno, stando alle

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 15: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

47

Fig. 29 – Piante delle tre prime fasi d’occupazione della sommità del castello di Gorfigliano (area 1000).

Fig. 30 – Vista della “capanna 1” rinvenuta nella sommità del colle.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 16: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

48

Fig. 31 – Dettaglio del focolare us 1163 della“capanna 1” di Gorfigliano.

Fig. 32 – Tracce della “capanna 2” rinvenuta nellasommità del colle.

analisi antracologiche dei carboni presenti nelriempimento delle buche, nelle quali erano origi-nariamente infissi e stabilizzati mediante scaglielitiche. I carboni di frassino e olmo rintracciati inuna di queste buche potrebbero invece essere ri-condotti ad altre zeppe lignee o rinforzi successi-vi, oppure all’ostruzione della buca stessa a segui-to dell’abbandono della capanna.Il pavimento era costituito da un battuto ricavatosul livellamento della roccia, caratterizzato da scu-ra terra argillosa con abbondanti carboni (US1142, 1158, 1164) cui si relazionava un focolare(US 1163), formato da tre lastre d’arenaria affian-cate e disposte di piatto, parzialmente rimosse aseguito degli interventi successivi (Fig. 31).Le 14 buche da palo (US 1206, 1211, 1223, 1217,1233, 1215, 1213, 1227, 1225, 1221, 1209,1219, 1229, 1231) documentate ad est della sud-detta struttura, di diverse dimensioni e forme macon riempimenti piuttosto simili (terreno scioltoa matrice sabbiosa, rare pietre o scisti, grumi dimalta e, in pochi casi, anche carboni) apparten-gono ad una seconda capanna (“capanna 2”), au-tonoma rispetto alla precedente, dato lo spaziodivisorio esistente tra loro e con andamento N-Sdel suo presunto lato maggiore (Fig. 32).La forte erosione cui questo settore del pianoro èandato incontro dopo l’abbandono della capannaha determinato il ribassamento dell’originario pia-no di calpestio e dunque la perdita di quei livellidi vita e dell’originaria profondità delle buche stes-se. Pur non essendo possibile per questa strutturadeterminare le caratteristiche planimetriche è dasottolineare la peculiare presenza, tra le buche dimaggiori dimensioni, di allineamenti di buche diminor diametro, nelle quali, verosimilmente, si in-serivano pali più piccoli.A N della torre, dove la potenza stratigrafica èassai ridotta e pesanti sono stati gli interventi re-centi, si conservano soltanto due buche di palo,di cui una di notevole diametro (US 1194) ma di

scarsa profondità, in posizione centrale nell’area.Vedendole in relazione alle altre buche e dunquealle altre due capanne, è probabile che queste co-stituissero le uniche tracce rimaste della “capan-na 3”. Probabilmente, le buche di minori dimen-sioni a questa afferenti furono con più facilità can-cellate dagli interventi successivi (Fig. 33).La determinazione della cronologia di questa fasedi occupazione ha presentato notevoli difficoltà,

Fig. 33 – Tracce della “capanna 3” rinvenuta nellasommità del colle.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 17: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

49

Campione Riferimentolaboratorio

Età carbonio 14(anni BP)

Età calibrata(cal AD)1 sigma

Età calibrata(cal AD)2 sigma

US 1158 Ua 18045 1020 ±40 980-1040 (65,3%)1140-1150 (2,9%)

890-930 (5,2%)950-1070 (74,8%)

1080-1160 (15,4%)US 1162 Ua 18046 1120 ±40 890-980 (68,2%) 780-1020 (95,4%)Somma di probabilità di Ua-18045 e 18046 890-1030 (68,2%) 780-1050 (88,1%)

1080-1160 (7,3 %)

Atmospheric data from Stuiver et al. (1998); OxCal v3.5 Bronk Ramsey (2000); cub r:4 sd:12 prob usp[chron]

400CalAD 600CalAD 800CalAD 1000CalAD 1200CalAD 1400CalADCalibrated date

Sum Somma

Ua 18046 1120±40BP

Ua 18045 1020±40BP

Sum Somma

Fig. 34 – Risultati delle datazioni radiocarboniche realizzate per le buche di palo delle capanne di Gorfigliano(calibrazioni realizzate con il programa Oxcal 3.5).

Fig. 35 – Distribuzione di probabilità delle datazioni radiocarboniche calibrate realizzate per le capanne di Gorfigliano.

dovuto al fatto che gli unici e rari materiali ar-cheologici rintracciati nei livelli di vita della ca-panna 1 non consentono di stabilire una cronolo-gia precisa, da situare, in ogni modo, al volgeredell’altomedioevo.Nonostante l’esistenza di un supporto documentalerisalente alla fine dell’VIII secolo, quando si men-ziona l’esistenza di diverse case in Curfiliano (a. 793),o di abitanti nel loco Corfiliano finibus Carfaniense(a. 820), si è ritenuto opportuno cercare di ottenereuna cronologia di natura archeologica ed evitare fa-cili identificazioni con il registro scritto.Per questo motivo sono state eseguite, presso l’Uni-versità di Uppsala in Svezia, analisi radiocarbonicheattraverso la tecnica AMS sui carboni rinvenuti neilivelli d’uso (US 1158) e nei riempimenti di due del-le buche di palo della “capanna 1” (US 1162). I cam-pioni appartengono, quindi, sia a legna presente nellafase d’occupazione della capanna, che ai materialicostruttivi impiegati nella sua realizzazione. È rile-vante sottolineare come la data più antica apparten-ga ai carboni appartenenti ai pali della capanna piut-tosto che alla legna, anche se una maggior precisio-ne nella datazione radiocarbonica soltanto potràavvenire a seguito dell’aumento del numero dei cam-pioni presi in considerazione (Figg. 34, 35).È anche rilevante sottolineare che le analisi antra-cologiche hanno permesso di individuare l’impie-go di castagno per la realizzazione delle capanne,in contrasto con altre strutture coetanee comequelle di Campiglia Marittima, realizzate invecein Quercia (BIANCHI 2003).

Come si osserva, la somma della probabilità dientrambi le datazioni permette di ubicarla tra lafine dell’VIII e la metà dell’XI secolo (a 2 sigma).Per riuscire ad stabilire con maggior precisione lacronologia di questa capanna saranno necessarieulteriori analisi, da confrontare eventualmente conla seconda capanna. È infatti possibile che unodei pali analizzati sia stato sostituito in un mo-mento posteriore rispetto alla fondazione. Tutta-via, questa datazione è completamente compati-bile con l’abitato attestato dai documenti già men-zionati della fine del VIII e gli inizi del IX secolo.

Fase 2La fase immediatamente successiva è rappresen-tata dall’abbandono delle capanne altomedievalie la costruzione di una nuova struttura in pietradatabile al X secolo. Nuovamente i depositi piùsignificativi sono stati rinvenuti nel lato S dellatorre, al di sopra delle capanne 1 e 2, e anche inquesta occasione le tracce individuate sono assaiscarse per cercare di interpretare planimetricamen-te l’articolazione delle costruzioni appartenenti aquesto periodo (Fig. 29).Sullo strato di abbandono della capanna 1 eranopresenti evidenti tracce d’attività di cantiere, inquanto è stata rinvenuta della calce anche all’in-terno del riempimento di alcune delle buche dipalo in uso nella fase precedente.In questa fase furono costruiti uno o diversi edifici,apparentemente rettangolari, di difficile interpre-tazione planimetrica. Si conservano soltanto le trac-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 18: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

50

ce di due murature di andamento perfettamenteperpendicolare tra loro: una sul lato S di circa 4 mdi lunghezza e 50 cm di spessore, con andamentoN-S (US 1120); una seconda è situata a nord dellatorre, presenta una lunghezza di 2,5 m, e una orien-tazione E-W (US 1169). Le caratteristiche dei ma-teriali, delle tecniche costruttive e della loro posi-zione stratigrafica attestano, senza genere di dub-bi, la loro contemporaneità. Purtroppo, la presen-za della torre ha comportato la parziale distruzio-ne di queste strutture, impedendo di conoscerne laplanimetria (Fig. 36).Potrebbero, comunque, appartenere ad un unicogrande edificio del quale mancano completamen-te le tracce del muro perimetrale E, e di quellomeridionale. In questo caso si tratterebbe di unastruttura rettangolare di dimensioni superiori ai12 m di larghezza per 4 m di lunghezza.In alternativa, si tratterebbe di due strutture dif-ferenti, ma comunque disposte secondo una pia-nificazione regolare, assente nella fase preceden-te. Al momento, comunque, non esistono criteriper escludere nessuna delle due proposte.Entrambe le murature sono state fondate diretta-mente sulla roccia, e realizzate con pietre spacca-te provenienti dal substrato roccioso, legate conuna malta gialla piuttosto friabile, con numerosiinclusi. Lo spessore delle murature, le tecnichecostruttive e la carenza di crolli permettono dipensare che l’elevato di queste edificazioni eraancora realizzato con materiali deperibili non piùconservati, come è frequente in altri castelli coe-tanei toscani (CUCINI, FRANCOVICH, PARENTI 1989),potendo trattarsi quindi di capanne con basamentoin muratura.Sono stati rinvenuti diversi livelli di vita associatiad entrambe le murature. Sul lato S della torresono stati individuati dei livelli d’occupazione ailati della muratura 1120, anche se con caratteri-stiche sedimentologiche molto diverse. Sul lato oc-cidentale, interpretato come l’interno dell’ambien-te, sono state rinvenute le tracce di un focolare(US 1140, 1141), caratterizzato dall’arrossamen-to di un’ampia superficie, realizzato sulla roccia eprivo di suoli in fase conservati. Sul lato orientaledella muratura sono stati invece individuati duestrati (US 1138, 1126), ricchi di materiali archeo-logici ed ecofatti, di grande rilevanza per la cono-scenza di questa fase d’occupazione.Dall’altro lato della torre sono stati documentati duepiani d’uso di limitata estensione. Il primo è un sot-tile livello terroso con carboni e concotti (US 1189),coperto da un piano pavimentale in calce (US 1188)molto dura e consistente, rinzaffata contro la mura-tura US 1169. La presenza di questi livelli sul lato Ndel muro, che dovrebbe corrispondere al perimetra-le N della struttura, rende probabile la presenza di

un altro ambiente su questo lato del pianoro, le cuimurature non si sono conservate.Per quanto riguarda la cronologia di questa fase,il ritrovamento di un denaro battuto a Pavia negliultimi anni del 900, le caratteristiche della mura-tura e dei reperti rinvenuti permettono di collo-care l’occupazione del sito tra la fine del X e gliinizi dell’XI secolo.Possiamo collegare questa fase di occupazione, conla comparsa dell’architettura in pietra, e con lenotizie documentarie, che attestano l’esistenza nel-l’anno 997 di un castello de Corfiliano.

Fase 3aNel corso del XII secolo, probabilmente nella pri-ma metà, l’intero pianoro subisce una profondatrasformazione con la costruzione della torre, tut-tora esistente, che provoca la demolizione parzia-le della struttura di X secolo (Fig. 29). Oltre allatorre viene costruita una serie di ambienti, di cuisi conservano limitate porzioni di muratura e la-certi di suoli, probabilmente destinati ad uso abi-tativo. Nel corso del XII secolo viene inoltre co-struita la cinta muraria che con andamento E-W,scende dalla torre e chiude il pianoro presente asud-ovest del pendio.La struttura originaria della torre (US 1807) era abase quadrata di 5 m di base e di almeno 9 m dialtezza distribuita su tre piani (Tav. 3). La leggibi-lità del paramento è compromesso dai restauri chesi sono succeduti nel corso del tempo, gli ultimidei quali hanno comportato la chiusura di lesionie la stuccatura dei giunti con cemento. Il lato W el’interno della torre sono quelli che permettonouna migliore lettura della tecnica muraria medie-vale. La muratura si presenta in bozze di arenarialocale disposte in filari orizzontali d’altezza varia-bile e legate con una malta bianca di calce di buo-na qualità (Fig. 37).Un dato comunque accertato è la mancanza di uningresso riconoscibile, in quanto l’attuale è stato

Fig. 36 – Tecnica costruttiva della muratura US 1119 (fase 2).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 19: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

51

ricavato posteriormente, e non ci è dato a saperese ha cancellato le tracce di quello originale (US1855). L’unica apertura originale è costituita dauna serie di quattro feritoie conservate nel secon-do piano della torre (Figg. 38, 39), che presenta-no una morfologia similare ad altre attestate inzona nel corso dei secoli XII-XIII (GALLO 1998).Il vano interno della struttura misura al pian ter-reno 1,64×1,76 m, mentre procedendo in altez-za esso si amplia progressivamente per l’assotti-gliarsi dei muri; al primo piano lo spessore deilati N e E, misurabile grazie alle feritoie qui pre-senti, è già rispettivamente di 1,16 e 1,10 m. Isolai dei piani in elevato, 3 in totale, si impostanosu riseghe aggettanti, partendo dal basso, rispetti-vamente 50, 20 e 10 cm.La torre di Gorfigliano, in modo analogo ad altrestrutture dei secoli XI e XII nell’ambito apuano enel suo intorno, si caratterizza essenzialmente perla sua semplicità e le dimensioni ridotte in piantanella base e la notevole altezza. Questo tipo distruttura normalmente era adibita a funzione re-sidenziale, e per quanto riguarda la morfologia

non si sono potute vedere differenze né territo-riali né cronologiche tra le torri di base circolaree quelle quadrate (GALLO 1993-94, pp. 333-359).La torre di Gorfigliano trova confronti con quelladi pianta quadrata e fondo cieco di San Giorgiodi Filattiera con ingresso sopraelevato, datatanell’XI secolo (CABONA, MANNONI, PIZZOLO 1982),o con quella di Zeri (GALLO 1995).L’interno della torre è stato parzialmente scavato,cercando di individuare elementi utili per defini-re la cronologia della sua costruzione (Fig. 40).Tenendo conto dell’andamento inclinato dellaroccia di base, si è deciso di scavare soltanto lametà meridionale. Al di sotto di un primo deposi-to sterile di formazione recente è stata messa inluce una profonda fossa tagliata direttamente nel-la roccia per la fondazione della torre (US 1153).All’interno del riempimento della fossa di fonda-zione (US 1152) è stato trovato un frammentod’olla di caratteristiche analoghe a quelle trovateall’esterno della torre, databile ai secoli XI-XII.Al momento della costruzione della torre e a sud diquesta fu ripristinato l’ambiente esistente con an-

Fig. 37 – Tecnica costruttiva della fase medievale dellatorre.

Fig. 38 – Feritoia al primo piano della torre medievaledi Gorfigliano.

Fig. 39 – Feritoia al secondo piano della torre medievaledi Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 20: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

52

Fig. 42 – Scala d’accesso all’ambiente signorile ubicatosulla sommità del castello.

teriorità, con la costruzione di una muratura fon-data direttamente sulla roccia (US 1119), con an-damento parallelo alla torre stessa, che reimpiegail muro US 1120 come perimetrale W, formandocon esso un nuovo ambiente. La muratura, che èstata realizzata con bozze regolari disposte in filariorizzontali (Fig. 41), raggiunge quasi 7 m di lun-ghezza, lasciando un’apertura di circa un metro chepuò essere identificata come l’accesso all’ambien-te. All’interno della struttura sono stati individuatidei suoli (US 1131, 1205), plastici e di colore scu-ro, con abbondanti carboni, dai quali provengonodelle ceramiche senza rivestimento ad impasto cal-citico, tipiche delle fasi dell’XI-XII secolo dei ca-stelli dell’alta Garfagnana. Si tratta di un ambientedestinato ad uso abitativo dato il rinvenimento diforme ceramiche e di oggetti personali, come unapiccola fibbia in bronzo, oltre a chiodi da mobili.Probabilmente fu realizzato un nuovo ambienteanche sul lato N della torre, dove sono state rin-venute tracce di una muratura, consistenti in unalimitata porzione di malta con le impronte di duepietre (US 1172), e le tracce di due piani a norddella struttura US 1169, US 1189 e US 1188.È molto probabile che in questa fase edilizia fosse

costruito sul lato E della piattaforma sommitaleun nuovo edificio terrazzando il pendio, e colle-gato con l’ambiente 1 attraverso una rampa di scalerinvenute proprio sul limite del pianoro (US 1201).La scala (Fig. 42), conservata soltanto in tre gra-dini, è stata realizzata con la stessa malta impiega-ta nella costruzione della torre e dell’ambiente,come testimoniato dalle analisi eseguite.Un saggio realizzato alla base del pianoro, in cor-rispondenza della suddetta scala, non ha però re-stituito alcuna traccia di strutture, evidenziando

Fig. 40 – Fondazione della torre castellana di Gorfigliano.

Fig. 41 – Tecnica costruttiva della muratura US 1120(fase 3a).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 21: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

53

Fig. 43 – Tela seicentesca conservata presso la chiesadi Gorfigliano che rappresenta l’assetto del castello in

questo periodo.

Fase 5aSuccessivamente, mentre la torre rimane in uso, idue ambienti sommitali disposti ai suoi piedi ven-gono abbandonati e demoliti. I pesanti interventisettecenteschi hanno provocato l’asportazione digran parte del deposito bassomedievale impeden-do di determinare con più sicurezza il momento ole cause di questi cambiamenti. Sono state rinve-nute tracce eterogenee e piuttosto labili, databilitra l’abbandono e la fase settecentesca, tra cui partedel crollo dell’ambiente S (US 1124, 1192) nelquale vengono realizzate alcune buche di funzio-ne non determinabile (US 1207, 1130, 1135).In seguito al crollo dei due ambienti si formanodue livelli databili in base ai reperti rinvenuti, trail XIV e il XVI secolo, individuati sul limite suddell’area (US 1190) e a nord della torre (US 1175).

Fase 6bAi lavori di risistemazione della torre castellana,trasformata in campanile nell’anno 1762, come

solo la roccia affiorante in superficie. L’area, chesembra occupata da un grande edificio di età mo-derna secondo una raffigurazione del villaggiodatata nell’anno 1657, è stata probabilmente ra-sata e ripulita fino alla roccia in occasione dei la-vori realizzati successivamente (Fig. 43). Si puòcomunque ipotizzare l’esistenza nel medioevo nel-l’area sommitale di un edificio signorile assai arti-colato su più piani e di importanti dimensioni, con-servato nell’attualità in modo parziale.Come si è detto prima, nel corso del XII secoloviene inoltre costruita la cinta muraria che conandamento E-W, scende dalla torre e chiude ilpianoro presente a sud-ovest del pendio (Fig. 44).Questa cinta viene realizzata in due momenti co-struttivi, tesi evidentemente a superare il note-vole dislivello presente fra i due pianori e rap-presentati dalle US 1123 e 1207. La prima partedella cinta, US 1123, che riguarda più diretta-mente questo saggio, è realizzata con una tecni-ca abbastanza regolare con bozze di arenaria ecalcare, con occasionale travertino e ciottoli, di-sposti su filari orizzontali e paralleli e legati conabbondante malta di calce, di colore grigio, te-nace e ricca di inclusi. La parte più bassa dellacinta (US 2107), presenta una tecnica costrutti-va migliore, con filari e bozze più regolari, oltrea prediligere il calcare bianco come materiale dacostruzione. Nel punto di contatto tra le duemurature, la US 2107 presenta uno spigolo vivo,realizzato probabilmente per rettificare la mura-tura che proprio da questo spigolo gira legger-mente verso nord per collegarsi alla torre.In sintesi, i dati disponibili confermano l’importan-za della ristrutturazione subita nella prima metà delXII secolo nella sommità del castello, che ha com-portato la ridefinizione quasi completa di tutti glielementi costitutivi l’insediamento di Gorfigliano.

Fig. 44 – Andamento del recinto murario del XII secolo,con la torre sulla sommità.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 22: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

54

Fig. 46 – Trincea realizzata in occasione del restaurodella torre castellana nel XVIII secolo.

recita la lapide murata sopra l’ingresso8, si legauna profonda trasformazione dell’area sommitaledel castello con la ricostruzione della chiesa e del-la canonica (Fig. 45).L’iscrizione affissa sull’ingresso attuale della torrecampanaria attesta come il restauro di questa fos-se autorizzato dalla Repubblica di Lucca che per-mise di intervenire su una struttura da tempo svuo-tata delle sue originarie funzioni difensive-abita-tive e in procinto di crollare (turrim hanc vetustatecollabentem) conferendole una nuova funzionali-tà. Gli interventi più sostanziali furono il suo rial-zamento, raggiungendo i 16 m attuali, e l’aggiun-ta di cornici angolari e marcapiani ornamentali.Gli ultimi due nuovi piani, il superiore dei qualicontenente la cella campanaria, furono dotati difinestroni a tutt’arco e furono realizzati con unatecnica costruttiva irregolare, senza corsi.Particolarmente interessante è il livello relativo alcantiere settecentesco (US 1116 e 1176), che co-pre la rasatura del muro medievale US 1119 e lascala US 1201, nel quale si conservano due grossebuche riempite con quelli che sembrano gli scartidella lavorazione della malta. Più precisamentenella buca US 1178 si è documentato un riempi-mento costituito quasi essenzialmente da sabbiasciolta con qualche frammento di scorie ferrose,mentre nella buca US 1198, si sono rinvenute gros-se concrezioni di malta molto tenace nella quale,

oltre ad inclusi di notevoli dimensioni, compaio-no numerosi carboni. L’intero piano US 1176 pre-sentava ampie chiazze di calce.A questo intervento sono rapportabili le trincee aridosso dei perimetrali della torre funzionali all’ere-zione dei cantonali e verosimilmente al rinforzodelle preesistenti fondazioni (US 1127, US 1136,US 1197). Queste trincee (Fig. 46), riempite conla risulta dello scasso nella roccia e materiale co-struttivo eterogeneo, hanno obliterato le origi-narie fosse di fondazione della torre medievale.Una buca (US 1173), assai profonda e probabil-mente relativa ai ponteggi costruiti intorno allatorre si conserva lungo il lato N e nel suo riempi-mento sono stati rinvenuti alcuni frammenti dicoppi laterizi.La cinta US 1123, al momento di questa ristruttu-razione ancora presente in elevato, fu tagliata dallenuove fondazioni della torre e poi reintegrata conuna nuova muratura (US 1104).A seguito di questi lavori diversi livelli di terrenofurono riportati su tutta l’area per regolarizzare ilpiano intorno alla torre: si tratta della US 1170,nella parte orientale e meridionale del pianoro,

Fig. 45 – Lapide che ricorda la trasformazione dellatorre castellana in campanile nell’anno 1762.

8. «TURRIM HANC VETUSTATE COLLABENTEM/ADENIXAS COMUNITATS CORFILIANI PRECES/INSTAURARI ATQUE IN ECCLESIAE UNUM CONVERTI/CUM ONERE TAMEN MANUTENTIONIS/ET RESERVATOSIBI PLENARIO AC SUPREMO IURE/REPUBLICA LUCEN-SIS PERMISIT/IV NONAS APRILIS 1762».

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 23: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

55

caratterizzata da un terreno molto sabbioso conscaglie di pietra e malta e dunque residuale delcantiere e delle US 1103, US 1116, US 1166, in-vece caratterizzate da terreno scuro, probabilmen-te proveniente da una zona ortiva.La risistemazione della sommità del castello com-portò infine la costruzione di una muratura poli-gonale perimetrale, di contenimento del pendio,oggi conservata soltanto in modo parziale sul latoS (US 1806), con paramento dotato di un’unicafaccia vista e realizzato con ciottoli di arenaria eblocchi di calcare spaccati e di forma allargata,disposti in modo irregolare.

Fase 8bI lavori di restauro realizzati nel corso del Nove-cento per rimediare ai danni causati dal terremo-to del 1920 e gli ultimi interventi ricostruttivi re-alizzati negli anni Ottanta dai volontari del paeseper il recupero globale dell’area sommitale hannopesantemente intaccato i depositi antichi. Nell’area1100, in particolare, questi interventi si sono con-centrati nella parte nord e ovest del pianoro conla costruzione di un potente muro di contenimen-to in cemento armato e pietra, realizzato in modoscalare e in parte contro roccia (US 1179). Non acaso su questo lato non si conservano le tracce deilivelli settecenteschi sebbene sia da supporre che iriempimenti (US 1167, 1168) utilizzati per il li-vellamento di superficie finale provengano daglistessi scavi effettuati in loco dai volontari comeconfermerebbe il materiale in essi rinvenuto.

DiscussioneNonostante la limitata estensione del saggio quianalizzato (ca. 150 mq), si tratta dell’unico setto-re del castello dove sono state identificate le trac-ce più antiche dell’insediamento di Gorfigliano.Come risulta frequente in altri siti toscani coevi, ein modo particolare nei castelli, la leggibilità dellestrutture di età carolingia risulta con frequenzacompromessa dagli interventi successivi, e Gorfi-gliano non costituisce un’eccezione. I documentiscritti riferiscono dell’esistenza sia di case che diun gran dominio presso questa località, ma almomento l’intervento archeologico non è stato ingrado che di offrire le tracce di tre costruzioniubicate sulla sommità del colle, e sulle quali non èpossibile stabilire l’articolazione planimetrica o laloro funzionalità. Non si deve escludere che inprossimità delle capanne fossero presenti struttu-re non abitazionali, come è indubbiamente la ca-panna 1, destinate all’immagazzinamento di der-rate o prodotti agricoli o pastorili, tenendo contoche non sono state identificate strutture simili eche sappiamo che la piattaforma era di dimensio-ni superiori all’attuale.

Dai documenti conservati è possibile pensare chegià in questo momento Gorfigliano fosse un vil-laggio concentrato, con un certo livello d’aggre-gazione di ceti contadini intorno alla sede curten-se di proprietà della chiesa lucchese di Domini etSalvatoris.Anche la seconda fase abitativa identificata, rea-lizzata con basamenti in pietra ed elevati in mate-riali deperibili trova confronti con altre situazionirinvenute nella Toscana meridionale (CUCINI, FRAN-COVICH, PARENTI 1989; BIANCHI 2003). La ridefini-zione urbanistica della fase seguente è la principa-le causa che le tracce di questa fase d’occupazionesiano ancora una volta limitate a questa piattafor-ma sommitale. Tuttavia, le frequenti menzioni dicase, una decina, che compaiono nei documentiscritti del periodo confermano l’entità del villag-gio ubicato sul colle di Gorfigliano.Un dato rilevante che è emerso nel corso delloscavo di questo settore, e che troverà riscontronel resto del castello, è l’importanza delle trasfor-mazioni subite dal castello nel corso del XII seco-lo. Questo fenomeno, che dobbiamo collegare conil chiamato “secondo incastellamento”, che haavuto un notevole sviluppo nella Lunigiana inconfronto con la Garfagnana, si coglie nel rinno-vamento dell’architettura signorile e, in questocaso, anche con la costruzione di una torre di pian-ta quadrata nella sommità del villaggio e di altrisettori che definivano un’articolata “area signori-le”.Mancano quasi completamente le tracce relativeal periodo bassomedievale e rinascimentale, chevanno ricercate in altri saggi realizzati nel castel-lo. L’assenza di questi livelli d’occupazione è do-vuta, essenzialmente, alla loro distruzione nel con-testo della trasformazione della torre castellanain campanile nell’anno 1762.Questa trasformazione riflette in realtà il rinno-vamento materiale e funzionale della sommità delvillaggio e, in generale, di tutta l’area “signorile”nel XVIII secolo. La funzione abitativa e rappre-sentativa, che da secoli caratterizzava il settore si-gnorile del castello, è ora cancellata dallo sposta-mento dell’abitato al nuovo villaggio. In questocontesto si consolida il vecchio castello come areaessenzialmente religiosa, e non è un caso che gliabitanti dell’attuale villaggio di Gorfigliano cono-scano il castello come la “Chiesa Vecchia”. Le tra-sformazioni delle torri castellane in campanili fuun fenomeno molto frequente in altri castelli vici-ni, come ad esempio a Puglianella, Minucciano eCasola in Lunigiana, nel corso del XVIII secolo,quando è stata costruita la maggior parte dei cam-panili ancora oggi conservati in tutta la valle delSerchio.

S.G.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 24: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

56

Fig. 47 – La chiesa di Gorfigliano prima dei restauri condotti negli anni ’80.

1.6 LA CHIESA DEI SANTI GIUSTO E CLEMENTE

La lettura archeologica di gran parte dell’area si-gnorile è fortemente compromessa, sia per la inin-terrotta continuità d’uso che per le importantimodifiche apportate anche nel corso dei restaurirealizzati negli ultimi venti anni (Tav. 4). In parti-colare, il piazzale della chiesa è stato oggetto disterri di diversa natura che hanno portato alla luceresti umani e, secondo le informazioni degli stessioperai che hanno condotto i lavori, di un fornoche ben potrebbe corrispondere alla fossa per lagettata delle campane9.Ma se i depositi sotterrati sono fortemente compro-messi, la lettura archeologica si è incentrata in que-sto caso sui depositi in elevato. Anche in questo casola lettura non è stata agevolata dai restauri, in parteancora da concludere, che hanno cancellato per sem-pre aspetti significativi della storia edilizia delle strut-ture ancora conservate in elevato.Intorno al piazzale della chiesa sono distribuiti sullato occidentale la canonica, all’interno della qualesono presenti le tracce di una cisterna dove sonostati rinvenuti materiali archeologici dei secoli XI-

XII10, e la chiesa dei SS. Giusto e Clemente. Lachiesa è stata restaurata negli anni ’80 secondo unprogetto di I. Mocci, e si tratta di un edificio plu-ristratificato anche se reso uniforme dalla stucca-tura dei giunti e dallo stesso progetto di restauro(Fig. 47). Tuttavia, è ancora possibile realizzare inmodo puntuale alcune osservazioni di natura stra-tigrafica. La canonica, invece, è stata così modifi-cata da rendere quasi impossibile l’identificazio-ne della sua sequenza costruttiva, comunque an-ch’essa molto articolata (Tav. 5a). Infatti, l’unicomuro ancora leggibile, il perimetrale occidentalecoincidente con l’andamento delle mura, mostrala complessità della sequenza costruttiva.Sul lato opposto al piazzale della chiesa si trova ilseicentesco oratorio del SS Corpo di Cristo, an-che quello molto modificato e reso uniforme da-gli interventi recenti.

Note storiche

L’esistenza di un edificio di culto all’interno del ca-stello di Gorfigliano è documentata a partire dal

9. Secondo la tradizione nel Settecento furono fuse duecampane nel sagrato della chiesa con il metallo offerto dalpopolo (CASOTTI, GIORGETTI 1985, p. 75).

10. Si ringrazia P. Notini per questa notizia. Questi repertisono ancora inediti. La notevole diffusione di queste strut-ture nella vicina Lunigiana permette di pensare che sia unelemento definitorio e costitutivo delle strutture signorilidi questo periodo (GALLO 1993-94, pp. 408-428).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 25: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

57

XIII secolo. Nell’elenco degli edifici religiosi pre-senti nella diocesi di Luni dell’anno 1296-1297,redatto per la riscossione delle decime ecclesiasti-che, compare infatti una cappella di Corsigiano (er-rore di trascrizione per “Corfigliano”) come dipen-dente dalla Pieve di Castello, odierna Pieve di S.Maria di Piazza al Serchio (PISTARINO 1961, p. 81).Ancora negli anni 1298-1299 è presente come cap-pella di Corsiliano (PISTARINO 1961, p. 90). Altrepiù tarde notizie sulla chiesa si ricavano dalla Visi-ta Pastorale del 1584 quando risulta in precariecondizioni strutturali (al contrario sono buone quel-le della canonica) e troppo piccola per conteneretutti i suoi 450 fedeli (MAGISTRELLI 2000, pp. 238-240)11. Tuttavia, soltanto nel XVIII secolo la chiesafu completamente ricostruita ed ampliata, come te-stimoniato dalle numerose iscrizioni e lapidi anco-ra oggi presenti sull’edificio.Anche se a partire dal 29 agosto 1711 si iniziò adofficiare nell’oratorio di Sant’Antonio, fondatoqualche decennio prima, “alle Capanne” di Gor-figliano, la chiesa vecchia rimase in uso fino al

1926, benché gravemente danneggiata dal terre-moto di 6 anni prima. Nel 1933 fu costruita l’at-tuale chiesa di Gorfigliano e lì confluirono tuttigli arredi ancora utilizzabili del vecchio edificio(CASOTTI, GIORGETTI 1985, pp. 64, 77-80).

L’analisi degli elevati della chiesa e dellacanonica

Le murature più antiche individuate (US 1804,1805, 1808, fase 3a) formano parte della navatalaterale meridionale della chiesa attuale, e costi-tuiscono l’unica traccia relativa alla chiesa medie-vale. La muratura, che è fondata direttamente sullaroccia come si osserva nello scantinato dell’adia-cente canonica (Fig. 48), è stata realizzata con boz-ze di arenaria e calcare disposte in filari orizzon-tali e paralleli di altezza diversa, presentando no-tevoli analogie con la tecnica costruttiva presentenella torre già analizzata. La stessa tecnica costrut-tiva è stata individuata in una muratura visibilenell’ossario conservato sotto l’abside attuale (US1801), e che potrebbe delimitare l’estensione adovest dell’edificio.Le murature conservate non permettono tuttaviadi ricostruire l’assetto originale dell’edificio. Si-curamente il piano pavimentale della chiesa e, ingenerale, di tutto il piazzale antistante era più bassorispetto all’attuale. Sappiamo inoltre che sul latoS esisteva una porta architravata con arco di sca-rico (US 1815) ancora visibile parzialmente nellefotografie scattate nel corso dei restauri (Tavv. 5b,6b). È stato accertato che la facciata attuale eraarretrata di circa 4 metri rispetto a quella attuale,ma purtroppo non è possibile conoscere l’artico-lazione volumetrica della chiesa medievale che si-curamente era molto più piccola dell’attuale(Fig. 49). Non sappiamo, ad esempio, se le mura-ture conservate appartengono all’unica navata del-

Fig. 48 – Tecnica costruttiva della chiesa medievale nelloscantinato dell’attuale canonica.

Fig. 49 – Muratura della chiesa medievale ancora visibilenell’atrio dell’attuale canonica.

11. Altre informazioni sulla storia moderna e contempora-nea della chiesa e delle sue dotazioni sono in CASOTTI, GIOR-GETTI 1985, pp. 59-73.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 26: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

58

Fig. 50 – Troniera quattrocentesca presente nel trattodi mura che delimitano a Sud la chiesa di Gorfigliano.

Fig. 51 – Portale cinquecentesco proveniente dellachiesa di Gorfigliano.

l’edificio, o se aveva invece tre navate come nellasituazione attuale.Per quanto riguarda la cronologia di questo edifi-cio, l’analogia con le tecniche costruttive dellatorre permette d’ipotizzare una sua attribuzionenel corso del XII secolo, quando tutto il settoresignorile del castello fu ampliato e riformato.Appartengono ad una fase posteriore (fase 4a) alcu-ni interventi di minor entità che sono stati rintrac-ciati, sia su i paramenti medievali che su quelli chedelimitano l’attuale canonica, anche se in questo casole difficoltà della lettura è ancora maggiore. Sul pa-ramento medievale è stato collocata una troniera (US1809) che, per tipologia, si può datare nel corso delXV secolo (GALLO 1998, p. 112), e che è da collega-re alla ricostruzione del recinto murario e il raffor-zamento delle strutture difensive del castello testi-moniato proprio in questo secolo in più parti delcastello (Fig. 50). È probabile che possano apparte-nere a questa fase altri interventi puntuali, comel’apertura di una finestra rettangolare (US 1816),che illuminava l’interno della navata.Non ci sono invece indicazioni di altri interventiche sono stati condotti nel periodo rinascimenta-

le e che conosciamo soltanto in modo indiretto.Ad esempio, nell’anno 1531 fu collocato un nuo-vo portale d’ingresso, ora conservato nella chiesadell’attuale villaggio di Gorfigliano (Fig. 51).Attraverso la Visita Pastorale dell’anno 1584 sap-piamo anche che esisteva già la canonica, sebbenecon tutta sicurezza il suo assetto era notevolmentediverso a quello attuale (MAGISTRELLI 1975, p. 402).Ma l’intervento di trasformazione più rilevante èavvenuto nel corso del XVIII secolo (fase 6a), quan-do l’edificio fu ampliato e modificato raggiungen-do la volumetria attuale. Le visite pastorali ram-mentano con anteriorità lo stato di degrado dellachiesa, la sua antichità e la necessità di condurredei lavori di restauro. Perfino una lapide conserva-ta attualmente nell’abside, e che ricorda l’inizio deilavori nell’anno 1706, descrive l’edificio comeantiquitus, informe et vetustate corruptus12. Attra-

12. «HOC SACELLVM ANTIQUITUS/INFORME ETVETUSTATE CORRUPTUS/BARTHOLOMEUS LORIUS/DEALBIANO RECTOR/FUNDITUS REFICI CURAVIT/MAGNIS SUMPTIBUS OPERA/ETLABORE COMUNITATIS/MDCCVI».

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 27: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

59

verso questa ed altre lapidi e date incise, è statopossibile situare la cronologia dell’edificazione ne-gli anni 1706-1752 circa (Figg. 52, 53)13.

Il nuovo edificio, che reimpiega la muratura dellachiesa anteriore nel lato S presenta tre navate, è co-perta con una volta a botte realizzata con traverti-no, ed è di ampie dimensioni. Come si è detto, lafacciata è stata allargata verso est (US 1803, 1830),e anche l’abside è stata ampliata (Fig. 54). In questocaso, e tenendo conto dell’ubicazione della chiesaprecedente sulla caduta del pendio, è stato necessa-rio realizzare un’imponente opera di fondazione dellanuova abside (US 1811, 1838), che ha comportatola costruzioni di grandi spazi voltati impiegati comeossari. Anche nella navata settentrionale è stato pos-sibile ricavare spazi per ossari grazie al rialzamentogenerale del piano di calpestio.Le murature relative a questa fase edilizia sono sta-te realizzate con materiali eterogenei, in parte re-impiegati dall’edificio precedente smontato, e inparte con bozze, ciottoli e blocchi spaccati di mate-riali locali. L’apparecchiatura è irregolare, anche seesiste con frequenza una tendenza a formare filarisuborizzontali, e si ricorre a zeppe e materiali irre-golari. Questa muratura era coperta da un intona-co bianco, come compare ancora nei documentiiconografici conservati della prima metà del XXsecolo, anche se il restauro posteriore ha scrostatotutte le murature, lasciandole a vista.In modo parallelo alla ricostruzione della chiesafu ristrutturato il piazzale antistante la canonicaaddossata alla chiesa. Secondo la rappresentazio-ne iconografica del castello datata nel 1657 giàcitata (Fig. 43), la canonica aveva tre archi, e lachiesa aveva un campanile impostato sul lato N.Dopo il terremoto dell’anno 1920 e il progressi-vo abbandono del castello, la chiesa ha conosciu-to, come il resto delle strutture del vecchio villag-gio, una fase di abbandono che ha comportato ilcrollo e la distruzione di parti significative, sia dellastessa chiesa che della canonica (Tav. 5b). Come siè detto, dagli anni ’80 del XX secolo è stata por-tata avanti un’importante opera di restauro nel-

13. Un altra epigrafe è situata presso l’altare maggiore, ericorda l’inizio dei lavori: «TEMPORE DOMINI BEATI /ET MICHAELIS PANCIETTI / OPERARIORUM 1706».

Fig. 52 – Iscrizione nella facciata della ricorda relativaai lavori di ricostruzione nell’anno 1719.

Fig. 53 – Finestra nella facciata principale della chiesarelativa alla sua collocazione nell’anno 1752.

Fig. 54 – Allargamento della facciata della chiesa nelXVIII secolo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 28: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

60

Fig. 55 – Tracce di abitazione impostata sul pendio abbandonata nel periodo postmedievalenel borgo meridionale del castello di Gorfigliano.

l’intero complesso, ancora in corso (fase 8), cheha ripristinato parzialmente le strutture, modifi-cando comunque l’articolazione precedente di al-cune parti significative della chiesa.

S.G., J.A.Q.C.

1.7 IL SETTORE 2000. IL BORGO MERIDIONALE

Orientato a sud, si tratta dell’ultimo settore delcastello che è rimasto abitato fino al 1960 circa, edove si ubicano le tracce più evidenti di strutturee abitazioni ancora conservate in elevato. Nono-stante il degrado e lo stato d’abbandono di questecostruzioni, è ancora riconoscibile l’assetto urba-nistico del villaggio e la sua organizzazione inter-na. Il settore è delimitato ad ovest e a sud dal trac-ciato delle mura medievali, che scorre lungo larottura del pendio fino alla porta di San Paolo,conservata in modo parziale. Tutto il pendio, chepresenta una forte pendenza, è terrazzato, con-formando pianori lunghi e stretti collegamentipronunciati. Le strutture ancora riconoscibili sonodistribuite a maglie larghe, lasciando spazi inter-medi dediti una volta a coltivazioni come le pata-te, i fagioli e il granturco, come ricordano ancoragli abitanti che si sono trasferiti di recente al nuo-vo villaggio di Gorfigliano. Ci sono anche dellemurature in elevato, soprattutto verso la sommitàdel settore, adoperate come sostegni dei terrazzi

agricoli, che appartenevano in precedenza a casecrollate e abbandonate (Fig. 55).Le abitazioni ancora leggibili, impostate sul pen-dio, raggiungono in alcune occasioni i tre piani, ehanno subito diverse modifiche e ampliamenti(Fig. 56). Le tre principali costruzioni ancora con-servate, conformate in occasioni da diversi corpidi fabbrica addossati, sono state tutte datate inbase alla tecnica costruttiva in età postmedievale.In una di esse era presente fino all’anno 2000 unportale di arenaria datato, per confronto cronoti-pologico, entro il XVIII secolo (Fig. 24). Altriportali datati sempre nel XVIII secolo e prove-nienti da case ubicate in questo settore sono statireimpiegati nei restauri recenti della chiesa e dellacanonica (Fig. 57)14.La stessa continuità dell’occupazione del settore hacompromesso il disegno di una strategia d’interven-to, che permettesse d’indagare la complessità dellasequenza di vita. In questa occasione si è procedutoad una ricognizione delle murature e si sono indivi-duati soltanto alcuni spazi che presentavano indiziutili per la realizzazione di saggi in estensione.Sono stati così realizzati alcuni saggi nella sommi-tà del settore, ai piedi dell’area signorile e dellatorre che presiede il castello (saggi 2100 e 2200),

14. In particolare facciamo riferimento a tre portali muratiattualmente nella canonica; due sono chiavi di arco, e un ter-zo appartiene ad una porta architravata. Due di essi sono da-tati negli anni 1733 e 1766, mentre un terzo, carente di dataincisa si può situare per tipologia nel corso del XVIII secolo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 29: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

61

Fig. 56 – Abitazione del borgo meridionale del castello diGorfigliano restaurata dopo il terremoto dell’anno 1920.

e un altro più limitato è stato condotto nei pressidella Porta di San Paolo, destinato ad ottenere ele-menti utili per determinare la cronologia dell’ope-ra muraria (saggio 2300), e che ha avuto comun-que esito negativo per i pesanti lavori condotti inoccasione dei recenti restauri.

1.7.1 Il saggio 2100

I saggi 2100 e 2200 sono stati aperti, come si èdetto, ai piedi dell’area sommitale del castello,immediatamente sotto al saggio 1100 (Fig. 58).Entrambi i saggi si dispongono su uno spiazzo pia-neggiante inclinato verso sud-ovest. Dalle fontiorali sappiamo che questo luogo del castello è notocome “prato dei Giovacchini”, in riferimento ai suoiproprietari, che erano gli abitanti della settecente-sca casa situata più a valle. In questo “prato” si col-tivava grano o granturco, e patate e fagioli in modoalternato. Questa pratica agricola, che deve essererimasta in uso fino al completo abbandono del vil-laggio, si riscontra in più punti del castello.L’ubicazione privilegiata di questo spiazzo, situatoin prossimità della sommità e delimitato da un re-cinto murario realizzato con una tecnica costrutti-

Fig. 58 – Vista generale del settore 2100.

Fig. 57 – Portale settecentesco reimpiegato nel restaurodella canonica.

va medievale ha permesso l’apertura di saggi ingrandi aree. Il saggio 2100, di oltre 100 mq fu aper-to nel limite del settore 2000, dove il recinto mu-rario che scende dalla torre situata nella sommitàdel castello delimitando il settore piega verso sudformando un angolo retto, proseguendo verso laporta di San Paolo (Fig. 59). Posteriormente il sag-gio è stato ampliato a sud (saggio 2200) di altri 40mq circa, i cui risultati non vengono presentati inquesta sede, essendo ancora da completare. Entram-bi i saggi realizzati nel menzionato “prato deiGiovacchini” sono delimitati a sud da una muratu-ra appartenente probabilmente ad una abitazionecrollata da tempo, configurando un terrazzo asso-ciato alla già menzionata casa settecentesca dispo-sta più a valle.Con la realizzazione di questi saggi si è cercato didelimitare l’estensione degli abitati altomedievalie medievali identificati nel settore 1100, oltre adefinire le fasi di trasformazione di quest’area delcastello fino alla sua conversione in spazio di col-tivazione.Anche se il deposito stratigrafico non è partico-larmente potente, ed è ben evidente l’azione deidilavamenti delle superfici, è stato possibile recu-perare una sequenza abbastanza articolata, che

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 30: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

62

documenta la trasformazione dell’area dall’etàmedievale all’abbandono del castello. Bisogna se-gnalare che esiste una differenza tra le stratigrafieconservate all’interno degli edifici rispetto a quel-le ubicate all’esterno, dove l’azione del dilavamen-to è stata più incisiva, causando la quasi completascomparsa di depositi in situ.

Fase 3aLe tracce più antiche rinvenute in questo settoredi scavo appartengono a strutture databili nel XIIsecolo. È molto probabile che con anteriorità cisiano stati altri depositi e costruzioni appartenen-ti alle fasi d’occupazione precedenti documentatesulla sommità del castello, ma le trasformazionirealizzate in “età romanica” hanno completamentecompromesso la loro conservazione.La prima operazione documentata in questo settoredel castello è stata la regolarizzazione del pendio contagli nella roccia, in modo da ottenere terrazzi pa-ralleli al pendio, con piani orizzontali per la costru-zione delle nuove strutture (US 2134, 2164). Nelsettore indagato sono stati ricavati due terrazzi, chedefiniscono due unità edilizie ben differenziate didimensioni più o meno similari.In seguito fu realizzato il perimetro murario (US

Fig. 59 – Pianta generale del settore 2100.

2107) che delimitava a nord e ad ovest il saggio.Si tratta di una muratura realizzata con bozze diarenaria e di calcare disposte in filari orizzontali eparalleli di altezza diversa, che presenta strette ana-logie con la torre e la porta di San Paolo. La mu-ratura, fondata direttamente sulla roccia, è statadatata nel corso del XII secolo grazie ai repertirinvenuti all’interno della sua fossa di fondazione(US 2106).La terrazza superiore era occupata da una costru-zione (ambiente 1) delimitata a nord dalle murasuddette, e a sud da una muratura conservata inpochi filari d’altezza (US 2135). Il lato E era inve-ce delimitato dal taglio eseguito nella roccia, men-tre non è stata identificata traccia alcuna di mura-tura di chiusura sul lato opposto. Nel tratto set-tentrionale in prossimità delle mura la roccia èstata tagliata (US 2118) in modo da definire unapiattaforma di 2×3 m rialzata da 15 a 50 cm sulpiano pavimentale del resto dell’ambiente, a suavolta leggermente inclinato verso valle (Fig. 60).All’interno di quest’ambiente erano presenti alcu-ne fosse e buche di palo (US 2119, 2124, 2125),che probabilmente reggevano la copertura ligneaad unica falda inclinata verso ovest. Sempre al-l’interno dell’ambiente è stato realizzato un pic-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 31: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

63

colo canale alla base del taglio che delimita la ter-razza (US 2164), utilizzato come scolo di liquidiprovenienti da un’apertura passante presente nel-la muratura 2135, larga circa 25×19 cm. All’ester-no di questo vano, a valle, è presente una secondacanaletta di scolo (US 2121, 2159) parallela allaprecedente, coperta da una serie di lastre di scisto(US 2117), conservate soltanto in parte, e che con-clude in una sorta di depressione situata al di fuo-ri dell’ambiente (Fig. 61). Le analogie delle maltee delle tecniche costruttive delle murature 2107,2135, 1801 e 1139 permettono di datare questaattività edilizia entro il XII secolo.I livelli d’uso rintracciati all’interno dell’ambiente(US 2114, 2120, 2151, 2160), non hanno infattirestituito materiali utili per determinare la sua cro-nologia, trattandosi essenzialmente di battuti di ter-ra molto depurata di circa 7 cm di spessore. È inol-tre da segnalare come alla base del taglio 2118 siastato documentato uno scarico di ceneri e carboniappartenenti ad un presunto focolare, anche semancano le tracce di rubefazione (US 2115). Que-sti livelli d’uso erano coperti da un crollo di lastredi tetto, formate da scisti di notevoli dimensioni(US 2113, 2148). La stessa posizione delle lastreconferma l’esistenza di una copertura a falda unicain quanto concentrate sul lato W, all’esterno del-l’ambiente. Nello stesso crollo sono stati rinvenutidiversi chiodi, utilizzati per fissare le lastre all’ar-matura lignea. Il crollo del tetto era coperto daquello delle pareti che delimitavano l’ambiente (US2110, 2112). L’edificio rimase in uso almeno fino

Fig. 61 – Canale di scolo 2117 pertinente alla strutturamedievale rinvenuta nel settore 2100.

Fig. 60 – Vista dell’ambiente superiore del settore 2100.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 32: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

64

al XIV secolo, come indicano i materiali rinvenutiall’interno dei crolli dell’ambiente e nel riempimen-to della canaletta US 2121.Nella terrazza inferiore, si conservano le tracce diuna struttura che presenta un assetto simile a quel-la superiore (ambiente 2). Si tratta infatti di unacostruzione che sfrutta l’andamento del recintomurario del castello, ed è impostata sul pendio (Fig.62). Sul taglio della roccia fu costruita la muratura2133 con una tecnica similare a quella dell’US 2135,che si lega alle mura, delimitando in questo modoun ambiente al quale si accedeva probabilmente dallato S, dove la struttura non si conserva più. L’am-biente così ricavato presenta una pianta rettango-lare di 2 m di larghezza, e almeno 8 m di lunghez-za. L’intensità del dilavamento naturale e delle tra-sformazioni posteriori non hanno permesso di con-servare i livelli di vita. Per quanto riguarda la suacronologia, la contemporaneità con la costruzionedelle mura permette di attribuire anche questo am-biente al XII secolo.È infine da segnalare la presenza di un focolare (US2167), apparentemente isolato, non vincolato a nes-suna costruzione, tra gli ambienti appena descritti.In sintesi, siamo in presenza di due ambienti postiscalarmente su due diversi terrazzi apparentemen-te non collegati tra loro. Mentre si può ipotizzareper l’ambiente 2 una funzione abitativa, anche semancano completamente i livelli di vita, resta piùcomplessa l’identificazione della funzionalità del-l’ambiente 1 (Tav. 7a). Apparentemente si presentacome un edificio chiuso soltanto da tre parti, conl’interno articolato su due alture e caratterizzatoda un sistema di canalette per lo scolo delle acque.Dovendo escludere una funzione di carattere pro-duttiva, la presenza del sistema di canalette potrebbefar pensare a una serie di stalle, che comunque nontrova confronti con altri contesti analoghi15. Nonsi deve escludere comunque una funzione abitati-va, tenendo conto la presenza di quello che sembraun focolare, anche se a questo punto non risultasemplice stabilire la funzione del dislivello internodell’ambiente, e il fatto che l’edificio non fosse com-pletamente chiuso da murature. Riteniamo quindipiù probabile che abbia rivestito una funzionalitàausiliare o di servizi nei confronti proprio di que-sto settore signorile.

Fase 3dIn seguito ad un primo abbandono, l’ambiente 1fu ripristinato e riutilizzato, come testimonia lapresenza di un livello d’uso (US 2126) che copre

il crollo del vano. Non è stato possibile determi-nare la cronologia di questa seconda fase d’occu-pazione, poiché è completamente carente di re-perti archeologici.Probabilmente appartiene allo stesso momento d’oc-cupazione, anche se non esiste una continuità strati-grafica che permetta di stabilirlo con sicurezza, lacostruzione di un muro che poggia direttamente sultaglio nella roccia (US 2108), delimitando l’ambien-te ad est. Questa muratura è stata realizzata con bozzereimpiegate e provenienti dal crollo della strutturaprecedente, come è dimostrato dalla presenza di gru-mi di malta, mentre la muratura è legata da terra. Almomento si conserva per un altezza di circa 75 cm,ma probabilmente era più alto.

Fase 4aIn un momento posteriore, che si è potuto situarenel corso del XV secolo, si è proceduto a rafforzareil recinto murario, in modo particolare nell’angoloNW del settore. Alle mura medievali è stata addos-sata una torre semicircolare (US 2111) realizzata conscaglie e bozze irregolari di calcare locale spaccate elegate con abbondante malta bianca (Fig. 63). Al suointerno sono stati disposti dei riempimenti costrut-tivi (US 2132, 2144) destinati a rafforzare la stessatorre, che non hanno restituito materiali utili perstabilire la cronologia di questa attività edilizia.Tuttavia, il parallelo esistente con le tecniche co-struttive e, soprattutto, l’analogia esistente con ilrecinto murario costruito nel borgo settentriona-le (US 3503) permettono di collocare la costru-zione di questa torre nel corso del XV secolo,quando tutte le difese del castello di Gorfiglianosono ricostruite e rinforzate.

Fase 5bNel corso del XVII secolo si sono formati una se-rie di strati d’abbandono (US 2102 = US 2136,US 2147, US 2150) che hanno completamenteobliterato l’ambiente 1 e segnato l’abbandono del-

Fig. 62 – Vista dell’ambiente inferiore del settore 2100.

15. Canalette di scolo si riscontrano in stalle come quelleindividuate nel villaggio di Monte Zignago (BIASOTTI et alii1985, pp. 219-221), anche se sono molto diverse da quelledocumentate in questo ambiente.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 33: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

65

l’ambiente 2. Proprio dai livelli di abbandono diquest’ultima costruzione, interessata dal crollo par-ziale della muratura US 2133, sono stati rinvenu-ti materiali databili al XVII secolo (US 2139).

Fase 5cIn concomitanza dell’abbandono di questi ambien-ti avviene la trasformazione dell’area in terrazzidi solo utilizzo agricolo.L’ambiente 2, che come si è visto ha subito il crol-lo parziale delle sue strutture, viene ripristinatoin questo periodo ma soltanto come terrazzo d’usoagricolo. Sulla distruzione della muratura US 2133si realizza nel XVII secolo, la struttura 2141, cometestimoniato dai materiali rinvenuti nel riempi-mento della nuova fossa di fondazione.Nella terrazza superiore, invece, si ritrovano unaserie di riporti di terra scura e depurata (US 2138,2146, 2109) di poca potenza, nei quali sono pre-senti numerosi materiali archeologici di cronolo-gie molto diverse. In questo modo si completa inmodo definitivo la trasformazione di entrambe lestrutture, ridotte da questo periodo in avanti, insemplici terrazzi destinati alla coltivazione.

Fase 6cUn nuovo riporto di natura agricola viene a rico-prire tutte le strutture del settore, raggiungendo,in certi punti, uno spessore di 150 cm (US 2101,2130). Si tratta di un livello di terra nera moltodepurata, all’interno del quale sono stati rinvenu-ti materiali archeologici databili entro la secondametà del XVIII secolo.Questo assetto “agricolo”, rimasto inalterato pra-ticamente fino ad oggi, caratterizza un’organizza-zione del borgo S del tipo “a maglie larghe” conrade abitazioni intervallate da spazi relativamenteampi di coltivazione.

DiscussioneIl saggio 2100 con il suo ampliamento 2200 rap-presenta, ad oggi, lo spaccato più significativo perla conoscenza della storia insediativa del castello,sia per la sua grande estensione, sia per il tipo dideposito, in grado di sintetizzare, in modo assai“continuo”, la trasformazione di aree abitative inspazi agricoli come riscontrabile, ma molto piùframmentariamente, in altri punti del sito.Nonostante ci si trovi ai piedi della piattaforma som-mitale del castello colpisce la mancanza di tracce ri-feribili all’occupazione altomedievale. A causa di talelacuna pare definitivamente compromessa la possi-bilità di determinare l’estensione e le caratteristichedel più antico nucleo di capanne; del resto tutti glispazi sommitali paiono profondamente trasformatinelle fasi successive e in particolare nel XII secolo.In questo periodo, infatti, avviene la ridefinizioneurbanistica del castello con un profondo impattosui fragili elementi materiali di età altomedievaleche solo si sono conservati in minima parte sullasommità del colle.Nel corso del XII secolo assistiamo ad una vera epropria “rifondazione” del villaggio con la costru-zione della torre (e probabilmente della chiesa), delrecinto murario più antico e la sistemazione a gra-doni dei fianchi del colle come riscontrabile sul lato

Fig. 63 – Torre semicircolare addossata al recinto murariomedievale nel settore 2100.

Fig. 64 – Riporti agricoli rinvenuti nel settore 2100.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 34: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

66

meridionale. Si viene così a creare un urbanesimocostituito da case compatte disposte a gradoni suipendii del castello che trova confronti con altri vil-laggi coevi scavati in ambito regionale.Queste opere sono rimaste in uso, sia pure con va-rie modifiche e trasformazioni, per tutto il periodomedievale e parte di quello rinascimentale. Le prin-cipali trasformazioni riscontrate in questo periodocorrispondono, come si è visto, al rafforzamentodel sistema difensivo attraverso la costruzione deltorrione semicircolare. Questo tipo di elementodifensivo si documenta in altre opere coetanee,come è stato osservato ad esempio nei casi di Ver-rucole o di Castelnuovo (GIOVANNETTI, NOTINI 1998;CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000), rimanendo nell’ambi-to geografico dell’alta Garfagnana.Le trasformazioni più sostanziali di questa areadel castello datano comunque al XVII secolo quan-do sembra strutturarsi un tipo di insediamento a“maglie larghe”, dove, sui terrazzi fra le abitazio-ni, trovano ampio spazio le coltivazioni agricole:tutto ciò in significativa concomitanza con il fe-nomeno di progressivo spopolamento del villag-gio fortificato e la parallela crescita di quello “aper-to”, disposto in prossimità del Piano.

R.A., S.G.

1.8 IL SETTORE 3000. IL BORGO ORIENTALE

Si tratta del settore abitativo più ampio del castelloanche se la quasi completa assenza di abitazioni vi-sibili rende difficile la comprensione della suaarticolazione urbanistica. È delimitato dalla corti-na muraria del castello, tranne nel lato a valle, dovesi perdono completamente le tracce del suo anda-mento. Come si è detto in precedenza, le caratteri-stiche costruttive delle mura sono molto diverserispetto a quelle che delimitano il borgo meridio-nale, ponendo la questione della loro cronologia.Alla base nord-orientale del pendio indagato sitrova il vecchio cimitero di Gorfigliano, utilizzatofino agli anni Trenta del Novecento ma anch’essooggetto di recenti restauri, con un impianto data-bile al XIX secolo sulla base delle lapidi presentisulle tombe. È stato verosimilmente costruito aseguito dell’editto di St. Cloid e l’abbandono del-le deposizioni negli ossari interni alla chiesa. Nonè da escludere che proprio il suo impianto abbiaobliterato il recinto murario di questo lato.Tutto il versante rientrante in questo settore diindagine presenta una forte pendenza e un’orga-nizzazione complessiva a terrazzi, spesso delimi-tati da muri a secco realizzati contro il pendio perovviare a frane e fenomeni di dilavamento e con-servatisi per altezze variabili.

In forma preliminare si è proceduto a realizzareuna ricognizione generale per stabilire la natura,agricola o abitativa di questi terrazzi anche attra-verso la lettura di sezioni esposte, carotaggi ma-nuali o piccoli sondaggi. Da tutto ciò, individuan-do con sicurezza solo 5 unità abitative che tendo-no a disporsi per lungo sui vari pianori, si è potu-ta appurare per un numero significativo di essi lanatura agricola confermando, come per il versan-te meridionale e relativamente alle fasi post-me-dievali, un modello urbanistico scarsamente chiu-so, inframmezzato da ampie zone di coltivazione.Per meglio conoscere l’estensione del villaggio inetà medievale e le modalità di formazione del pa-esaggio attuale sono stati infine realizzati due sag-gi dai quali, data l’estensione limitata, emergonole seguenti preliminari constatazioni.

1.8.1 Il saggio 3200

Il settore di scavo 3200 ha interessato, per unasuperficie totale di circa 40 mq, una parte di duecontigui terrazzi posti quasi alla base delle pendi-ci orientali del colle, sovrastanti, di pochi metri, ilcimitero e dunque ancora verosimilmente internial circuito murario (Figg. 65, 66).L’area indagata coincide con una porzione di duecellule abitative addossate: lo scotico dell’humussuperficiale (US 3201) ha fatto emergere la crestadel muro US 3203 di andamento E-W che, forman-do un angolo con il perimetrale disposto ai limitidel pendio verso valle (US 3204), caratterizza l’am-biente occupante il pianoro di quota maggiore (am-biente 1) rispetto al quale un secondo ambiente(ambiente 2), collocato sul terrazzo inferiore, vie-ne ad addossarsi mediante il muro US 3205 che, infase con il muro US 3214, vi forma un angolo nonconservatosi nel paramento esterno (Fig. 65).Mentre i limiti settentrionali e orientali del saggio discavo sono stati rispettivamente forniti da US 3203-3205 e 3214, il limite occidentale è stato fatto coin-cidere con la fine del pianoro e quello meridionalearbitrariamente fissato a circa 3 m dal limite N masuccessivamente ampliato di 1,5 m in corrisponden-za di un nuovo ambiente (ambiente 3), individuatoquasi allo scadere dei tempi di scavo16.La scelta di scavare quest’area è stata dettata dalla

16. L’angolo nord-occidentale dell’ambiente 1, non è statoinvece scavato in quanto occupato da una grossa pianta dicastagno le cui radici, estese nella restante superficie di sca-vo, hanno creato un fattore di disturbo per tutta la sequen-za stratigrafica. Anche la metà orientale dell’ambiente 2 nonè stata indagata a causa del potente strato di crollo nonrimovibile per motivi di sicurezza e per le forze e i tempi adisposizione. In questa parte, dunque, lo scavo è stato in-tegrale solo relativamente alla porzione nord, immediata-mente in connessione con l’ingresso qui emerso.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 35: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

67

Fig. 65 – Pianta generale del settore 3200.

Fig. 66 – Sezioni di scavo del settore 3200.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 36: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

68

Fig. 69 – Ambiente 1 del settore 3200. Particolare del focolare (US 3240)contenente i resti delle ultime combustioni.

Fig. 68 – Ambiente 1 del settore 3200. Il battuto pavimentale in calce(US 3218) parzialmente conservato, corrisponde all’ultima fase di

utilizzo della struttura.

Fig. 67 – Ambiente 1 e 3 del settore 3200 a scavo quasi ultimato. Danotare il focolare (US 3240) in fase con il muro (USM 3240).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 37: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

69

necessità di conoscere stratigraficamente almenoun’abitazione campione del borgo, ricavando datisulla tipologia insediativa, la cultura materiale edelementi cronologici utili a definire le sequenze dioccupazione e quelle successive di abbandono ditale versante del villaggio.Dal saggio sono emerse le 4 fasi di vita delle cellu-le abitative occupanti i due pianori, distribuitenell’arco cronologico che va dal XVI secolo o finedel precedente (fondazione dell’ambiente 1) alloscorcio del XVIII-inizi XIX secolo (abbandono dientrambe le strutture).Tutte le opere murarie delimitanti gli ambienti sipresentano, in linea con le caratteristiche riscontra-te nelle murature post-medievali del borgo, in tecni-ca irregolare con il prevalente impiego di bozze divarie dimensioni di arenaria macigno e, in minormisura, calcare e abbondante malta come legante.

Fase 4bIn questa fase, con probabilità da collocare tra lafine del XV e gli inizi del XVI secolo, sul pianorodi quota maggiore viene fondato l’ambiente 1,delimitato da US 3204 e US 3203, quest’ultimoverosimilmente formante un angolo, non indaga-to a causa della presenza di una grossa pianta dicastagno, con US 3209, di cui rimangono scarsetracce (Fig. 68). Tale ambiente si configura comeuna cucina per la presenza di un focolare(US 3240) in fase con US 3204 cui infatti si lega(Fig. 69), delimitato da pietre disposte in circoloe legate da abbondante malta, di cui si conserva,

parzialmente, il solo filare inferiore ma con trac-ce dell’attacco del superiore e, internamente, lostrato di cenere e carboni delle ultime combustio-ni precedenti il suo interramento.La base del focolare, poggiante sulla roccia di base(US 3249), livellata al momento della costruzio-ne dell’ambiente, segna dunque il livello del pia-no di calpestio della fase più antica di vita del-l’ambiente del quale, per il resto, non rimangonotracce. L’unico riferimento cronologico, ma daconsiderare come terminus post quem, è dato daun frammento di forma aperta di maiolica arcaicamonocroma bianca di fase tarda (fine XV secolo)recuperato dallo svuotamento della fossa di fon-dazione relativa al muro a secco US 3238 pog-giante al muro US 3204 rispetto al quale si dispo-ne perpendicolarmente e alla distanza di circa 1m dal focolare. Con una sola faccia vista e di an-damento ellittico, tamponando la roccia di baseper un’altezza di oltre 1 m, questo muro caratte-rizza un ambiente interrato (ambiente 3, Fig. 70),del quale però non si è potuto capire la funzionedata la ristrettezza dell’area indagata, cui verosi-milmente si accedeva dall’alto, mediante una bo-tola in legno. Si può pensare che fungesse da di-spensa per gli alimenti, utilizzata anche nelle fasisuccessive di vita dell’ambiente. Infatti il suo ab-bandono pare datarsi al XIX secolo per i reperticeramici rinvenuti nel riempimento (US 3239),costituito da grosse pietre e bozze, miste a grumiconsistenti di malta, analogamente al crollo deimuri perimetrali della struttura (US 3202).

Fig. 70 – Ambiente 2 (interno) del settore 3200. Particolare della porta di accesso e del battutopavimentale US 3216 corrispondente all’ultima fase di vita prima dell’abbandono della struttura.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 38: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

70

Fase 4cIl battuto pavimentale (US 3230), caratterizzato daun andamento piuttosto irregolare con infiltrazionidi malta proveniente dalle pietre del crollo e interes-sato da diversi tagli (US 3231, 3232, 3233, 3234,3235, 3237), alcuni imputabili alle radici delle pian-te occupanti l’area, si forma, previa obliterazione delfocolare, nel corso del XVI secolo come attestano iframmenti di ceramica marmorizzata di produzionepisana in esso rinvenuti. Si può supporre che in que-sto secolo, o forse nel corso di quello successivo, nelpianoro più basso, avvenisse la costruzione dell’am-biente 2 mediante l’addossamento al preesistenteUS 3204 del muro US 3205. In questo si dispone unaccesso con relativa soglia (US 3207) nelle vicinan-ze dell’angolo formato con US 3214, che, assai de-gradato ma ancora visibile dal lato esterno, si con-serva per una lunghezza massima di m 10. Il primosottile piano di calpestio sopra la roccia di base, re-lazionabile a tale ambiente, coincide con la US 3223,priva di materiali datanti e caratterizzata da anneri-mento diffuso, carboncini e piccole scorie di ridu-zione di minerale ferroso indicatrici di un’attivitàlegata al fuoco ma di natura non meglio precisabile,data l’esiguità della superficie indagata.Nell’ambiente 1 questa fase di vita si chiude con ilsottile strato di vita nerastro (US 3210) ricco dicarboncini, piuttosto degradato e non uniforme-mente distribuito sull’intera superficie, anche per-ché interessato da due grandi depressioni laterali,il cui riferimento cronologico, ancora all’orizzon-te di XVI secolo, è offerto da un frammento diingobbiata monocroma “lionata”.

Fase 6dLa vita nei due ambienti continua senza cesure ealla metà del XVIII secolo si può datare con certez-za l’ultimo strato di vita (US 3216) caratterizzantel’ambiente 2 e precedente di qualche decennio lafase di abbandono e crollo di entrambe le celluleabitative. Da esso derivano, infatti, frammenti dimaiolica montelupina “a spirale verde”. Nell’am-biente 1 l’ultima fase di utilizzo, non disponente diuna datazione autonoma ma verosimilmente coe-va alla suddetta, coincide invece con un battuto incalce (US 3218) che, sia pure con uno spessore va-riabile da pochi millimetri ad alcuni centimetri ediverse lacune, interessa quasi tutta l’area indaga-ta. Non è da escludere che questa US sia legata adun’operazione di restauro che interessò i muri del-l’abitazione viste le macroscopiche analogie con lospesso strato di malta distribuito a mo’ di intonacosulla faccia vista orientale del muro US 3204.

Fase 8aL’abbandono delle due cellule è collocabile nel cor-so del XIX secolo come suggeriscono i materiali

ceramici recuperati fra le pietre del crollo (US3202); quest’ultimo, imputabile a fattori di de-grado naturale, risulta molto più consistente al-l’interno dell’ambiente 2 verosimilmente perchésfruttato per colmare la differenza di quota deidue terrazzi ottenendo così un piano artificialefunzionale alla successiva messa a coltura dell’area.Antecedentemente il crollo dell’ambiente 2, maquando già era avvenuto il prelievo degli stretticantonali dell’ingresso, di cui rimane l’incasso,quest’ultimo fu in parte tamponato mediante unmuretto a secco costituito da pietre in arenaria(US 3213), nel probabile estremo tentativo di ar-ginare la selvaggia spoliazione dell’abitazione.Successivo alla fase di abbandono e crollo dell’abi-tazione e verosimilmente costruito riutilizzandole pietre dei perimetrali della casa e in funzionedell’impianto del castagneto domestico, è il muroa secco di contenimento del pendio posto a bre-vissima distanza e parallelamente a US 3209.

DiscussioneQuesto intervento di scavo ha confermato, almenoin un caso specifico, la correlazione fra gli ambientidisposti su terrazzi contigui e dunque la tendenzadella crescita dell’insediamento per addossamenti diambienti in modo scalare, sfruttando i naturali sbal-zi di quota del pendio, secondo quanto riscontrabilein altri borghi storici ancora vitali della Garfagnanae, più in generale, dei territori montani17.I limiti dello spazio indagato hanno però ostacolatola piena comprensione dell’articolazione degli am-bienti della casa e delle loro funzioni. Il focolare e laprobabile vicina dispensa interrata sono gli unici ele-menti per affermare che, relativamente alla fase piùantica, l’ambiente 1 fungesse da cucina. Una similefunzione pare attribuibile anche al posteriore am-biente 2, coincidendo questo con il piano terreno el’ingresso dell’abitazione. La sicura presenza di unpiano superiore, data l’altezza dei muri superstiti,lascia infatti presumere che qui si disponessero lecamere da letto. Relativamente all’ambiente 1 la piùscarsa conservazione dei muri e la rilevante opera diasportazione del materiale di crollo per rendere uti-lizzabile l’area a scopo agricolo, non permettono alcontrario di appurare la presenza originaria di uneventuale piano superiore.Il tetto dei due corpi di fabbrica fu realizzato inlastre di arenaria di cui rimane un accumulo visi-

17. Se rimane ancora da tracciare uno studio d’insieme sul-l’architettura e l’urbanistica degli agglomerati rurali dellaGarfagnana, a livello generale si possono tuttavia per que-sti rilevare le medesime caratteristiche strutturali propriedei borghi appenninici “di pendio” della vicina Lunigiana,al contrario oggetto di pionieristici e basilari studi sull’edi-lizia storica (FERRANDO CABONA, CRUSI 1980; FERRANDO CA-BONA, CRUSI 1981).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 39: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

71

bile, nell’ambiente 1, nella sezione dell’angolo nonscavato e, in ambiente 2, nello spazio compresotra i perimetrali US 3204 e 3205; strati entrambiposizionati al di sotto del crollo US 3202.Il procedimento di “aggregazione” di corpi di fab-brica che, in questo caso, nel chiaro intento di fareeconomia di murature, porta all’addossarsi dellanuova casa (ambiente 2) alla vecchia (ambiente1), come percepibile nei rapporti fra le muratureUS 3204 e 3205, pare caratterizzare l’espansioneedilizia dei borghi basso medievali della Garfagna-na con un significativo riscontro anche a livellodocumentario.Se l’abitato dei secoli centrali del Medioevo, dun-que, dall’evidenza in negativo offerta da questosaggio, pare interessare le quote più elevate delcolle, fra la fine del XV e l’inizio del successivo,almeno relativamente al versante orientale, lo stes-so risulta “sceso” fino quasi alla base, secondo unacrescita per anelli concentrici e per accostamento“scalare” di nuovi corpi di fabbrica ai preesisten-ti18. In tale periodo dunque, in significativo con-trasto con la maggior parte dei castelli del territo-rio per i quali già dal secolo precedente è riscon-trabile, su base archeologica, il fenomeno dell’ab-bandono, assistiamo al pieno sviluppo insediativodi Gorfigliano.Se i risultati dell’indagine dimostrano che, in rela-zione a questo versante, la contrazione e il pro-gressivo abbandono inizia nel corso dell’Ottocen-to, quando del resto era già da tempo avviata la“trasformazione” delle capanne del Piano in abi-tazioni stabili, un vicino esemplare di castagno diben 9 m di circonferenza di base (dunque di im-pianto anteriore all’abbandono degli ambienti),lascia intravedere una stretta relazione fra case espazi selvati anche prima dell’inizio dell’abbando-no del villaggio.A motivazioni agricole e non più abitative sonoevidentemente legate le alte concentrazioni di ter-reni ad elevata componente organica individuabi-li sia internamente sia esternamente ai perimetralidelle abitazioni, rasati a tale scopo. A seguito diquesta trasformazione i crolli delle varie abitazio-ni sono stati in genere asportati quasi del tutto everosimilmente reimpiegati altrove come materialeedile oppure riutilizzati per livellare gli sbalzi diquote (come accade per l’ambiente 2) ottenendocosì più estesi terreni pianeggianti adatti alle col-tivazioni.

L.G.

1.8.2 Il saggio 3500

Ai piedi dell’area signorile nel settore settentrio-nale, dove si trova un accentuato pendio terrazza-to occupato da un fitto castagneto e dove è statoidentificato il borgo N di Gorfigliano, sono staticondotti alcuni saggi esplorativi indirizzati allaconoscenza della potenzialità archeologica e del-l’articolazione dell’urbanesimo del sito.Il terrazzo ubicato immediatamente al di sotto dellapiattaforma superiore dove è presente la chiesa diSan Giusto è occupato da un ampio spiazzo delimi-tato a nord dalle mura del villaggio, che scendonodalla chiesa (Fig. 71), a ovest dal muro a retta delterrazzo superiore, ad est dalla caduta del pendioche conforma la morfologia terrazzata e da uno stret-to muro ove è presente una porta d’acceso a sud.Questo spazio così delimitato è relazionato con lavicina costruzione situata nel terrazzo inferiore, lacasa dei Brugiati, che è stata abitata fino al 1920circa da questa famiglia – ancora residente nel vil-laggio di Gorfigliano –, dopo di che si è ridotta aricovero di bestiame. Da fonti orali sappiamo chequesto spiazzo è stato dedicato alla coltivazione difagioli, patate e grano dagli stessi Brugiati. Nell’at-tualità è occupato da prateria e vegetazione residua-

Fig. 71 – Cinta muraria del castello di Gorfigliano del XVsecolo coperta dalle murature settecentesche della chiesa.

18. È probabile che anche nel caso di Gorfigliano, riscon-trandosi una situazione di pendio accentuato, l’aggregazio-ne, proprio per la necessità di compensare i dislivelli, ten-da ad apparire più spontanea e meno legata ad una confor-mazione predeterminata come accade in molti borghi luni-gianesi (e della Garfagnana) (MAFFEI 1990, p. 136).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 40: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

72

Fig. 72 – Pianta generale del settore 3500.

Fig. 73 – Sezione stratigrafica del settore 3500.

le, poiché soggetta a regolare pulizia da parte deivolontari che operano nel contesto della chiesa.La morfologia dello spiazzo è molto pronunciata,anche se sono evidenti le recenti manomissionicausate dai lavori di restauro condotti negli anni’80 nella vicina chiesa.Tenendo conto della morfologia del suddetto spiaz-zo e dalla sua ubicazione si è deciso di realizzare unsaggio nell’angolo NE, dove la potenza stratigrafi-ca è notevole, con lo scopo di delimitare l’estensio-ne dell’occupazione medievale del castello, datarela costruzione del circuito murario ancora conser-vato sul lato settentrionale e conoscere la cronolo-gia delle trasformazioni che hanno delineato lamorfologia terrazzata attuale del borgo settentrio-nale. Questo settore di scavo permette, quindi, diintegrare le informazioni ottenute attraverso i di-versi saggi realizzati nell’area 3000 e quelli prove-nienti dal resto del castello (Figg. 72, 73).È stato così realizzato nell’anno 2000 il saggiodenominato 3500, di forma trapezoidale e diestensione limitata (30 mq) dovuto alla notevolepotenza stratigrafica presente nello spiazzo, cheraggiungeva oltre tre metri. Il saggio è delimitato

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 41: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

73

a nord dalle mura del villaggio e ad est dai limitidel terrazzo.È stato inoltre realizzato un saggio nei pressi dellamenzionata casa dei Brugiati (settore 3400), chenon ha offerto risultati significativi, poiché la co-struzione delle terrazze ancora presenti ha mo-dificato profondamente l’assetto precedente, e nonsi conservano depositi archeologici.Dallo scavo del settore 3500 sono emerse cinquefasi d’occupazione: dal periodo bassomedievale,cui si data la fondazione della prima casa testimo-niata, fino al XX secolo.

Fase 3aLe tracce d’occupazione più antiche rinvenutecorrispondono a una struttura muraria (US 3527)conservata soltanto per pochi filari, di andamen-to perpendicolare al pendio appartenente ad unaabitazione di non definibile articolazione plani-metrica (Fig. 74). La muratura è stata realizzatacon scaglie e blocchi irregolari di arenaria localemurati a secco o con terra, disposti in apparec-chiatura senza filari (Fig. 75).È possibile interpretare questa costruzione come unaabitazione impiantata sul pendio simile a quelle rin-tracciate nel borgo meridionale, tenendo conto del-la tecnica con la quale è stata costruita e della suaassociazione con un livello d’occupazione (US 3531)carente di materiali datanti. Questo sottile livellod’uso copriva due buche realizzate nella roccia ap-partenenti a strutture o divisioni interne dell’ambien-te d’abitazione, oltre ad una sorta di vespaio realiz-zato con lastre di scisto legate con calce (US 3528).

Fase 3bSui livelli d’uso della fase precedente sono staterinvenute le tracce di un crollo di lastre di tetto edi pietre appartenenti alle pareti (US 3524, 3525)che segnano l’abbandono e il collasso di questaabitazione. All’interno di questo crollo sono statirinvenuti alcuni frammenti di maiolica arcaica e

di graffita arcaica padana tardiva che hanno per-messo di datare il crollo dell’edificio intorno allametà del XV secolo (NEPOTI 1992, pp. 317-323).Tra il materiale di crollo, come ricorrente in altripunti del castello, si registra una significativa pre-senza di lastre di copertura dei tetti in argilloscistilocali in alcune delle quali sono state identificatele tracce dei chiodi con cui erano fissate alle ca-priate lignee.

Fase 4aSu questo crollo è stato rinvenuto uno strato com-patto di colore giallastro (US 3521), interpretatoquale attività di cantiere per la realizzazione delrecinto murario conservato ancora in elevato (US3503). Si tratta della cinta muraria identificata nelcorso della ricognizione diagnostica menzionatache, partendo dalle fondamenta della Chiesa di SanGiusto e Clemente, delimita il lato N del castello, eche si conserva ancora in precarie condizioni. Lesue caratteristiche costruttive avevano già permes-so di stabilire la sua posteriorità rispetto all’anda-mento del recinto medievale attestato nel borgo Se nei pressi della Porta di San Paolo (Fig. 76).

Fig. 74 – Tracce dell’abitazione medievale rinvenuta nelsettore 3500 del castello di Gorfigliano.

Fig. 75 – Particolare della tecnica costruttivadell’abitazione medievale rinvenuta nel settore 3500

del castello di Gorfigliano.

Fig. 76 – Particolare della tecnica costruttiva del recintomurario quattrocentesco us 3503.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 42: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

74

La struttura è stata fondata direttamente sui crollidell’abitazione medievale e sul livello di cantiere pri-ma segnalato, che è stato datato dai materiali ar-cheologici nel corso della seconda metà del XV se-colo.La muratura è stata realizzata con materiali localidi forma irregolare, appena spaccati e legati conmalta bianca, dura e tenace il cui spessore si aggiraintorno ai 65 cm. Attraverso l’analisi delle malte edei materiali costruttivi è stata confermata la suacontemporaneità con il restauro del recinto mura-rio nel settore 2100 (US 2140), e la costruzionedella torretta semicircolare angolare (US 2111).

Fase 4bDi poco successive all’impianto del recinto risulta-no due murature (US 3513, 3514) con andamentoperpendicolare al pendio, conservate per tre solifilari d’altezza e con probabilità costituenti divisoriinterni di case probabilmente addossate al recintomurario, dimostrando la continuità della funzioneabitativa di questo settore del castello anche in talefase (Fig. 77). Queste murature, realizzate a seccocon pietre irregolari di provenienza locale, e conuno spessore di 40 cm, si fondano direttamente suicrolli e i livellamenti delle strutture anteriori. Letracce di malta rinvenute su alcune delle scaglie ebozze che le compongono fanno pensare ad un fe-nomeno di reimpiego lapideo avvenuto da altre,non identificate, costruzioni in abbandono.La mancata individuazione dei livelli di vita asso-ciati a queste strutture ha reso impossibile stabili-re il tipo di funzione svolta dagli ambienti da essedefiniti.

Fase 7bL’assetto attuale del pianoro disposto a gradoni èdovuto invece a un’importante serie d’interventirealizzati nel corso della fine del XVIII secolo egli inizi del XIX secolo, destinati a trasformarequesto spazio abitativo in area di coltivazione.Sulle strutture già descritte sono stati disposti tuttauna serie di strati di riporto di diversa entità, com-posizione e colorazione, che testimoniano la lorodiversa provenienza, destinati a creare uno spazio dicoltivo (US 3505, 3506, 3507, 3508). All’interno diquesti strati sono stati recuperati numerosi frammentidi ceramica di piccole dimensioni, resti di pasto eresti umani provenienti dagli ossari della chiesa so-prastante. Sia i materiali che la presenza di questiresti umani, da collegare ai restauri e ampliamenticondotti nell’adiacente chiesa nella prima metà delXVIII secolo, hanno permesso di datare questa atti-vità al volgere tra il XVIII e il XIX secolo.Appartiene allo stesso momento la realizzazionedei diversi muri di terrazzamento (US 3504, 3509)che definiscono l’assetto attuale di questo settoredel castello, testimoniando la definitiva trasfor-mazione dell’articolazione degli spazi, nei quali learee di abitazione sono sempre più rade, alternatecon spazi di coltivazione sempre più ampi in unvillaggio in via di abbandono in favore del nuovonucleo di Gorfigliano.

Fase 8bInfine, si è potuto osservare l’esistenza di un ultimostrato di riporto caratterizzato dalla presenza di calci-nacci e resti di materiali da costruzione, riconduci-bile ai lavori di restauro condotti nell’adiacente chiesa

Fig. 77 – Particolare della sistemazione rinascimentale del settore 3500.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 43: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

75

Periodi Fasi USFase 1a (Capanne della curtes) 1142, 1143, 1145, 1147, 1149, 1155, 1157, 1158, 1159,

1161, 1163, 1164, 1187, 1194, 1209, 1211, 1213, 1215,1217, 1219, 1221, 1223, 1225, 1227, 1229, 1231, 1233, 1235

Periodo 1secc. VIII-

XFase 1b (Abbandono Capanne) 1144, 1146, 1148, 1150, 1156, 1160, 1162, 1186, 1193,

1208, 1210, 1214, 1216, 1218, 1220, 1222, 1224, 1226,1228, 1230, 1234

Periodo 2X sec.

Fase 2 (“Incastellamento”) 1120, 1126, 1138, 1140, 1141, 1169, 1180, 1181, 1195, 1202

Fase 3a (Costruzione strutture) 1118, 1119, 1123, 1139, 1152, 1153, 1154, 1172, 1184,1201, 1204, 1205, 1206, 1207, 1240, 1801, 1804, 1805,1807, 1808, 1815, 1810, 2105, 2106, 2107, 2117, 2118,2119, 2121, 2124, 2125, 2127, 2133, 2134, 2135, 2159,2164, 2213, 2219, 2218, 3527, 3528, 3529, 3533, 2155,2163, 2161, 2131, 2166, 2304, 2305

Fase 3b (Livelli di vita) 1131, 1188, 1189, 3531, 2114, 2115, 2120, 2123, 2151,2160, 2167, 2166

Fase 3c (Abbandono strutture) 1121, 1124, 1192, 3524, 3525, 2110, 2112, 2162, 2210,2157, 2113, 2148, 2122, 2158, 2156, 2165

Periodo 3secc. XII-

XV

Fase 3d (Riutilizzo parziale) 2108, 2126Fase 4a (Ricostruzione delle mura) 1818, 1809, 1810, 1816, 1817, 2111, 2132, 2140, 2144,

3503, 3518, 3519, 3521, 3522, 3523, 3526, 3530, 3532Fase 4b (Costruzione strutture) 2204, 2205, 2202, 2212, 2209, 3240, 3241, 3244, 3238,

3247, 3209, 3203, 3242, 3204, 3243, 3246

Periodo 4secc. XV-

XVI

Fase 4c (Restauro di case) 3206, 3205, 3207, 3214, 3221, 3222, 3226, 3227, 3228,3229, 3224, 3230, 3231, 3232, 3233, 3234, 3235, 3237,3248, 3251, 3252, 3253, 3254, 3255, 3256

Fase 5a (Fasi di occupazione) 1129, 1130, 1175, 1182, 1183, 1190, 1203, 1212, 1232,3512, 3513, 3514, 3515, 3516, 3517

Fase 5b (Abbandoni) 2102, 2136, 2147, 2150

Periodo 5XVII sec.

Fase 5c (Risistemazione agricola) 2109, 2128, 2146, 2137, 2138, 2145, 2153, 2141, 2152,2149, 2142, 2143, 2154, 2139

Fase 6a (Ricostruzione della chiesa) 1803, 1811, 1812, 1826, 1827, 1828, 1830, 1831, 1832,1833, 1834, 1835, 1836, 1837, 1838

Fase 6b (Ricostruzione della torre) 1103, 1104, 1105, 1106, 1107, 1108, 1109, 1110, 1111,1112, 1113, 1114, 1115, 1116, 1117, 1125, 1127, 1128,1136, 1137, 1170, 1171, 1173, 1174, 1176, 1177, 1178,1196, 1197, 1198, 1199, 1200, 1238, 1239, 1241, 1243,1244, 1252, 1253, 1503, 1806

Fase 6c (Risistemazione agricola) 2101, 2130, 2214, 2215, 2217, 3213,Fase 6d (Trasformazione dell’abitato) 3210, 3223, 3236

Periodo 6XVIII sec.

Fase 6e (Modificazioni dell’abitato) 3216, 3218, 3213Fase 7a (Trasformazione case borgo) 3202, 3211, 3212, 3215, 3239, 3220, 3250Periodo 7

XIX sec. Fase 7b (Riporti agricoli) 3504, 3505, 3506, 3507, 3508, 3509, 3510, 3511,3520

Fase 8a (Ultimo utilizzo insediativo) 1101, 1102, 1132, 1133, 1134, 1135, 1151, 1166, 1167,1168, 1179, 1185, 1236, 1237, 1242, 1245, 1246, 1249,1250, 1501, 2103, 2104, 2200, 2203, 2206, 2207, 2208,2211, 2301, 2302, 3201, 3208, 3501, 3502

Periodo 8XX sec.

Fase 8b (Restauri anni 80) 1813, 1814, 1819, 1820, 1822, 1823, 1824, 1825, 1829,1839, 1840, 1841, 1842, 1843

Fig. 78 – Sequenza stratigrafica del castello di Gorfigliano, con indicazione delle singole US.

Periodo Fase Elemento di datazioneFase 1a (Capanne della curtes)Periodo 1

secc. VIII-X Fase 1b (Abbandono Capanne) C14Periodo 2X sec.

Fase 2 (“Incastellamento”) Moneta Ottone III (983-1002)Ceramica

Fase 3a (Costruzione strutture) Ceramica grezza (us 2106)Fase 3b (Livelli di vita)Fase 3c (Abbandono strutture) Graffita arcaica padana prima metà XV (us 3525)

Periodo 3secc. XII-XV

Fase 3d (Riutilizzo parziale)Fase 4a (Ricostruzione delle mura) Graffita policromaFase 4b (Costruzione strutture)

Periodo 4secc. XV-XVI

Fase 4c (Restauro di case) MarmorizzataFase 5a (Fasi di occupazione) Slip ware, graffita policroma

Graffita policromaFase 5b (Abbandoni) Graffita policroma

Periodo 5XVII sec.

Fase 5c (Risistemazione agricola) Graffita policromaFase 6a (Ricostruzione della chiesa) Epigrafi nella chiesaFase 6b (Ricostruzione della torre) Epigrafe della torre (a. 1762)

Taches noiresFase 6c (Risistemazione agricola) Taches noires, terraglia neraFase 6d (Trasformazione dell’abitato)

Periodo 6XVIII sec.

Fase 6e (Modificazioni dell’abitato)Fase 7a (Trasformazione case borgo) TerragliaPeriodo 7

XIX sec. Fase 7b (Riporti agricoli) TerragliaFase 8a (Ultimo utilizzo insediativo) PorcellanaPeriodo 8

XX sec. Fase 8b (Restauri anni 80) Fonti orali

Fig. 79 – Sequenza stratigrafica datata del castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 44: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

76

durante gli anni ’80 del Novecento. È da sottolinea-re la presenza in questi depositi di un numero di-screto di materiali antropologici in posizione secon-daria, provenienti probabilmente dal piazzale.

DiscussioneTenendo conto la limitata estensione dell’area in-dagata e le profonde trasformazioni subite in etàpostmedievale, è possibile stabilire alcune conclu-sioni in via provvisoria.Come per l’area sommitale e il versante meridio-nale del colle, anche il settore in oggetto ha resti-tuito tracce, sebbene meno chiare, di un abitatomedievale con strutture di impianto presumibil-mente simili a quelle rinvenute nel pianoro sotto-stante la torre. Per queste resta però ancora dastabilire se fossero ubicate all’interno o all’ester-no del recinto murario originario, infatti, il sag-gio ha permesso di confermare che il tracciato mu-rario, ancora parzialmente conservato in elevato,entro il quale si dispongono, è stato realizzato inEtà Rinascimentale. Al momento, la totale man-canza di tracce di un circuito precedente, oriente-rebbe dunque verso la seconda possibilità.I lavori di ricostruzione e ampliamento del recintomurario riscontrabili in questo, come in altri setto-ri del castello, a seguito dei quali fu raggiunto unperimetro di circa 500 m, portano in primo pianol’impegno profuso nel rafforzamento della difesadi Gorfigliano nel corso del XV secolo. Questoperiodo è del resto un momento nevralgico nellastoria politica della Garfagnana che vede la mag-gior parte dei Comuni dell’alta valle del Serchiopassare dalla dominazione lucchese a quella esten-se (DE STEFANI 1923, pp. 170-204; BEDONI 1993).In questo quadro il territorio dell’attuale comune diMinucciano, nel quale Gorfigliano rientra, manter-rà la sua fedeltà a Lucca e, dal 1463, diverrà sede diVicaria (AA.VV. 1988, p. 134). Confinando ad orien-

te con il comune estense di Vagli con il quale fre-quenti e aspre erano le liti legate soprattutto agli scon-finamenti di pascolo, è probabile che dallo stessogoverno lucchese partisse l’iniziativa di potenziarele difese di Gorfigliano, con un verosimile sostegnofinanziario e l’impiego di maestranze dalla città stes-sa.Significativamente altri villaggi fortificati dell’al-ta Garfagnana conosceranno, nello stesso momen-to, interventi di riparazione e ricostruzione delleopere difensive medievali (GIOVANNETTI 2000) evecchie fortezze – prime fra tutte quelle di Castel-nuovo, Verrucole e Camporgiano –, saranno ria-dattate secondo i canoni dell’architettura militarerinascimentale (GIOVANNETTI, NOTINI 1998; CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2000).Un’altra riflessione finale che ci offre questo sag-gio e quelli condotti nella sua prossimità è quellorelativo all’importanza della risistemazione delvillaggio in età postmedievale, che ha comportatoun nuovo impianto urbanistico a seguito dellacostruzione del nuovo recinto e, soprattutto, dopole profonde trasformazioni subite dall’abitato nelcorso dei secoli XVIII e XIX.Queste trasformazioni, ben analizzate nel saggio3200, si traducono in questo caso con la realizza-zione prima di alcuni edifici di limitata portata e,a seguito, con la sua trasformazione in spazio dicoltivazione causando l’interro profondo dellestrutture medievali. Evidentemente queste trasfor-mazioni sono da relazionare con il progressivoconsolidamento del nuovo villaggio di Gorfiglia-no, destinato a polarizzare nel corso dei secoli tuttol’abitato della comunità, come si analizzerà in det-taglio nei seguenti capitoli.

R.A., J.A.Q.C.

ROC AROLA, LUCIA GIOVANNETTI, SONIA GOBBATO

JUAN ANTONIO QUIRÓS CASTILLO

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 45: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

77

Le analisi condotte sulle murature del castello diGorfigliano sono state effettuate per cogliere cro-nologicamente le diverse fasi di crescita del sito,le caratteristiche tecniche, esecutive e i materialipropri di ogni tipologia muraria. I dati raccoltihanno permesso di tracciare, in modo prelimina-re, la storia costruttiva del sito e di rapportarlacon altri casi dello stesso contesto territoriale del-la Garfagnana e, più ampiamente, della Toscana.Ma prima di entrare nello studio dettagliato dellediverse tecniche costruttive attestate è necessariosoffermarci brevemente sui materiali costruttiviche sono stati impiegati negli edifici del castellodi Gorfigliano.

2.1 I MATERIALI LAPIDEI

Il colle sul quale è ubicato il castello è delimitato aovest da una faglia che lo separa dalla “finestra tet-tonica apuana” e si situa sulla formazione di tipoToscano “autoctona” e, in particolare, su argillitipolicrome (“scaglia toscana”) e su affioramenti diarenarie quarzoso-feldspatiche (“macigno”)1. Signi-ficativamente tutti i principali materiali costruttiviimpiegati appartengono a questo orizzonte e dun-que estratti dalla stessa altura del castello, secondouna tendenza attestata per altri villaggi medievalidi ambito appenninico2. Tracce di attività di estra-zione sono del resto riscontrabili sia nei fronti apertinei pressi dell’area sommitale, sia nei fianchi amonte di vari terrazzi per cui è logico pensare chela stessa realizzazione di questi ultimi per impian-tarvi un’abitazione fornisse buona parte del mate-riale costruttivo ad essa necessario.Soltanto nelle fasi edilizie più tarde sembrano en-trare in gioco materiali specifici provenienti daaree esterne al castello e destinati a funzioni par-ticolari: è il caso del travertino – presente nel ver-sante SO del Monte Calamaio nei luoghi noti comeLoco del Berto, Loco del Gian e Canal di Careggi-ne – impiegato nella ricostruzione settecentescadella chiesa e dell’adiacente canonica o del mar-mo, i cui più vicini bacini si situano nell’alta valledel Torrente Acqua Bianca, eccezionalmente atte-stato per soglie di finestre sempre in relazione aqueste fasi.

Il materiale lapideo per la copertura dei tetti si iden-tifica, essenzialmente, con lastre di pietra scistosa,attestate a livello archeologico dal XII secolo e an-cora oggi presenti – in significativa continuità – sulleultime case superstiti del borgo e in alcuni rari esem-pi nell’odierno villaggio di Gorfigliano.Grazie alle fonti orali sono state individuate alcunedi queste cave “storiche”, la maggior parte delle qualiconcentrate lungo le pendici del monte Calamaio edunque a non grande distanza dal castello3.

2.2 LA CALCE

Una delle peculiarità delle murature di Gorfiglia-no è che, fatta eccezione per quelle a secco di ter-razzamento, sono state generalmente realizzate,fin dall’alto Medioevo, utilizzando un legante abase di calce che al contrario non risulta per altricoevi villaggi e abitazioni appenninici dove l’usodiffuso di questo si generalizza solo a partire dallafine del basso Medioevo4.Tuttavia sono diversi i castelli della Toscana cen-tromeridionale nei quali sono stati individuati cintee murature di abitazioni legate in malta risalentiagli ultimi secoli dell’altomedioevo. Questo è ilcaso della prima cinta della curtis di Montarrenti(CANTINI 2003), o delle capanne di X secolo diCampiglia Marittima (BIANCHI 2003). In questi sitisi è voluto vedere un collegamento stretto tra l’im-piego di questa tecnica in un momento così pre-coce e la presenza di certi poteri locali, contestosociale che trova riscontro anche nel caso di Gor-figliano.Le analisi archeometriche realizzate per Gorfiglia-no da parte di R. Ricci hanno mostrato la natura“selvatica” della calce impiegata, in quanto otte-nuta attraverso la cottura di rocce calcaree in rudi-mentali fornaci dove non avveniva la separazionetra pietre e combustibile (MANNONI 1976, p. 298).

1. Cfr. la Cartografia geologica d’Italia (Fº 96, Massa).2. È il caso, ad esempio, del villaggio di Monte Zignago(BOATO et alii 1990).

3. Queste le località di estrazione delle lastre: Piastraio,Loco del Gian, Corbelletta (per le piastre verdi); mentre èprobabile che la cava in località Sopra la Pesciola, più vici-na al nucleo moderno di Gorfigliano, sia stata aperta quan-do il castello era già caduto in abbandono.4. Come dimostrano i casi di Anteggi, sull’Appennino Li-gure (CABONA, CONTI, FOSSATI 1976), Terrazzana, Lignanain quello pistoiese (QUIRÓS CASTILLO 1999a) dove le mura-ture sono a secco e ancora in relazione ad abitazioni quat-trocentesche nei pressi della pieve lunigianese di Codipon-te (FERRANDO CABONA, CRUSI 1980).

2. TECNICHE E TIPOLOGIE COSTRUTTIVE

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 46: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

78

5. Nel paese di Gorfigliano si conserva memoria di moltedi queste fornaci, dette localmente corbane (inchiesta di L.Calvelli). L’ultima corbana ad essere stata in funzione si tro-vava alla curva della Segheria, e sfruttava il sasso bastardoo bardiglietto che cascava giù dalle finestre dell’Usciòlodurante le piogge invernali: produceva una calce biancamolto resistente. Altre corbane erano localizzate soprattuttosul Monte Calamaio, a Pianza, sul Canale di Careggine, adArneto, nonché altrove, a Campomorto, alla Pesciola, alMulin del Gera e al Fornello. Dalle località Groppaia e Cer-reta proviene infine un particolare tipo di pietra lavica (at-tualmente usata per scopi decorativi!), con il quale si pro-duceva una calcina che risultava però molto “fiacca” e diqualità decisamente inferiore rispetto a quella prodotta conil sasso della Calamaia. Vedi anche GAVARINI, PEDICONE 2000.6. Ricognizione realizzata da Andrea Da Pascale e Costan-za Perrotta.

Tenendo conto di queste particolarità “tecniche”,è verosimile pensare che la calce fosse via via rea-lizzata in piccole strutture convenientemente di-stribuite in prossimità di affioramenti calcarei earee boscose secondo anche quanto confermato,per il periodo postmedievale e moderno, dallo stu-dio degli spazi produttivi del territorio di Gorfi-gliano, dalla disamina della cartografia storica edalla raccolta delle fonti orali5.È stata identificata una di queste fornaci o corbanedi impianto post-medievale ai piedi del castello inun pessimo stato di conservazione6, anche se è statopossibile osservare la sua diffusione attraverso lacartografia storica, come si tratta in un altro capi-tolo del presente volume.

2.3 IL LEGNO

Nonostante le costruzioni realizzate unicamentein legno siano state individuate soltanto nella pri-ma fase d’occupazione, a Gorfigliano si è conti-nuato ad utilizzare in modo massiccio questo ma-teriale fino ai nostri giorni.Le analisi antracologiche hanno mostrato che sisono utilizzati prevalentemente le querce e i ca-stagni come materiali da costruzione utilizzati nellarealizzazione delle capanne di età altomedievale,anche se non si è rinunciato ad utilizzare a mododi zeppe o per funzioni costruttive non ben iden-tificate altre specie quali la vite.Il peso del legno fu preponderante anche nellafondazione del castello nel X secolo, sebbene com-paia associato alla pietra.Quando nel XII secolo si generalizza l’architettu-ra in pietra nel castello, questa non implica unabbandono dell’architettura in legno. Anche sefinora non sono state identificate nel castello co-struzioni di queste caratteristiche, sono abbondantile notizie documentarie riguardanti la realizzazio-ne di costruzioni in legno, non soltanto in Garfa-gnana, ma anche in diversi luoghi della Lucchesia(ad. es. SEVERINI 1985, p. 37, n. 56).

Almeno dal XVII secolo è attestata nel Piano diGorfigliano l’esistenza di capanne di legno coper-te da paglia, che costituiscono il nucleo intorno alquale si consoliderà l’odierno villaggio di Gorfi-gliano. Alcune di queste costruzioni si conserva-no ancora, e sono state analizzate in un altro ca-pitolo del presente volume (Fig. 80).

2.4 LE TECNICHE MURARIE DI GORFIGLIANO EI CONFRONTI TERRITORIALI

L’analisi delle murature conservate in elevato e diquelle messe in luce nei vari saggi di scavo ha per-messo di identificare l’esistenza di almeno quattroprincipali tipologie costruttive, distinte sulla basedi criteri di carattere tecnologico. In questa sede siè deciso di esaminare solo le più evidenti seriazionicronotipologiche per non cadere in una eccessivaschematizzazione e dare invece spazio all’analisi so-cioeconomica del processo architettonico (Fig. 81).

A. Il primo gruppo di murature (tecnica A) è sta-to realizzato con bozze di arenaria e, in modomeno consistente, di calcare, disposte su filariorizzontali e paralleli di altezza variabile, neiquali raramente si ricorre a lastre e scarti dilavorazione utilizzati come zeppe. Le bozzesono state spaccate e spianate sulla faccia vistama soltanto in modo occasionale presentanotracce di rifinitura realizzata con strumento apunta, benché il degrado dei materiali non per-metta quasi mai di affermare ciò con sicurezza.Negli angolari si ricorre all’impiego di conciben squadrati e spianati in superficie ma la posain opera non è sempre regolare, cosicché i giuntihanno dimensioni variabili. Le sezioni, di unospessore di circa 60 cm nel caso dei muri peri-metrali, mostrano un nucleo costituito da pie-trame di risulta ordinato per piani corrispon-denti ai corsi dei paramenti in vista e il leganteutilizzato è calce bianca ed aderente.

B. Il secondo gruppo (tecnica B), all’interno delquale si pongono alcune varianti, è costituitoda murature realizzate con pietre di piccole emedie dimensioni di calcare e arenaria spacca-te e grossolanamente spianate in superficie. Imateriali si dispongono formando strati irre-golari (B1) o filari sub-orizzontali (B2), con usofrequente di zeppe di dimensioni molto varia-bili, e quindi con giunti irregolari. Non si os-servano mai tracce di rifinitura nei componen-ti lapidei. Le sezioni presentano spessori varia-bili, sempre comunque intorno ai 40-60 cm, esono composte da materiale di risulta.

C. Il terzo gruppo è costituito da murature realiz-zate con materiali regolari di piccole o mediedimensioni, ricavati dagli affioramenti presen-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 47: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

79

Fig. 80 – Capanna realizzata in legno presente nel villaggio di Gorfigliano.

ti in loco per semplice sfaldatura (C1) o persbozzatura sommaria (C2). Sono disposti sufilari sub-orizzontali e non presentano traccedi rifinitura superficiale. Le sezioni sono an-ch’esse realizzate con materiali di risulta e siaggirano intorno ai 40-80 cm di spessore, convariazioni significative.

D. Infine nel quarto gruppo (tecnica D) rientrano lemurature caratterizzate da disposizione caoticadelle pietre, di varie dimensioni e prive di lavora-zione, abbondanza di malta e presenza di 7 cor-doli in mattoni o in cemento armato a intervallidi altezza regolari, introdotte per Regio Decretoa seguito del terremoto dell’anno 1920 (FERRAN-DO CABONA, CRUSI 1980, p. 248) e dunque docu-mentanti l’estrema fase di vita del borgo primadell’abbandono. Verosimilmente, con questa tec-nica furono realizzate le ristrutturazioni delle abi-tazioni danneggiate dal terremoto.

Secondo la recente proposta di classificazione re-alizzata da Mannoni (1998), sono da considerarecome tecniche “da muratore” le tecniche B e C,mentre quella A, caratterizzata da un maggior svi-luppo della fase di preparazione dei materiali liti-ci, è da considerare come una tecnica “da mura-tore” realizzata con materiali prefabbricati o, an-cora meglio, “da sbozzatore”.Osservando la distribuzione delle diverse tipolo-gie costruttive per periodi (Fig. 82), pur tenendoconto che la classificazione si è limitata alle solemurature realizzate in pietra, notiamo che la tec-nica A è esclusiva della fase 3 (XII secolo); la B e

la C – almeno una delle due, se non entrambe –, sidistribuiscono assai uniformemente dal periodo 2al 7, mentre la D caratterizza, per il suddetto mo-tivo, il volto delle ultime abitazioni del villaggioristrutturate dopo il terremoto del 1920.Questa distribuzione, constatata unendo i dati dascavo a quelli scaturiti dall’analisi dell’architetturaancora in elevato del villaggio, mostra la spiccatacontinuità di determinate tradizioni costruttive nel-l’ultimo millennio. Le tecniche B e C, con le relativevarianti, sono di gran lunga le più attestate e la lorogeneralizzata presenza prova il largo e costante do-minio, qui, della tecnica “da muratore”.Del resto non solo per il caso specifico di Gorfi-gliano, ma per il territorio della Garfagnana ingenerale, è registrabile una tendenza costruttivamolto conservativa, frutto di culture costruttivelocali assai affermate e radicate, sia nel periodomedievale sia nelle fasi successive7.In questo quadro risalta notevolmente l’impiegodella tecnica A, contrassegnata da proprie pecu-liarità tecnologiche, relativamente alla sola fase3, in significativa coincidenza con la temperie dirinnovamento – edilizio e monumentale – che in-vestì il villaggio durante il XII secolo. A seguito diquesto riassetto generale, dietro il quale si cela unpreciso disegno costruttivo da parte dei Cunimon-dinghi, signori del castello, attraverso la ripianifi-

7. Ciò è quanto emerge dallo studio condotto dallo scriven-te nel territorio della Garfagnana nell’ambito della scheda-tura dell’architettura storica realizzata per l’Atlante delle Tec-niche Costruttive Tradizionali, coordinato da R. Parenti.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 48: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

80

Fig. 81 – Campioni delle principali tecniche costruttive attestate nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 49: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

81

A B C DPeriodo 1 (altomedioevo) (soltanto in legno)Periodo 2 (secolo X) XPeriodo 3 (secoli XII-XV) X XPeriodo 4 (secoli XV-XVI) X XPeriodo 5 (secolo XVII) X XPeriodo 6 (secolo XVIII) X XPeriodo 7 (secolo XIX) X XPeriodo 8 (secolo XX) X

Fig. 82 – Distribuzione cronologica delle tipologie costruttive individuate nel castello di Gorfigliano.

cazione e la ricostruzione dell’area sommitale edel sottostante borgo, sorsero infatti la torre e lachiesa, fu realizzato il circuito murario e venneadottata una tipologia di abitazione uniforme.Questa tecnica costruttiva, improntata su una certacura formale dei componenti lapidei e sulla regola-rità dei corsi, tanto da far pensare all’apporto di ar-tigiani specializzati, verosimilmente “esterni” rispettoall’ambito tecnico locale, trova un generalizzato ri-scontro in quasi tutti gli altri castelli dell’alta Garfa-gnana, a tal punto da poter essere considerata il “fos-sile-guida” murario del fenomeno dell’incastella-mento in questo territorio8. Come confermano i datistratigrafici raccolti per Gorfigliano, questa tipolo-gia risulta immediatamente successiva alle strutturerealizzate con la prevalenza di materiale deperibile eprecedente l’introduzione delle tecniche murarie più“caotiche”, nelle quali la mancanza di lavorazionedei componenti lapidei e le loro variabili dimensio-ni inducono ad un maggior impiego di legante e dizeppe regolarizzanti (GIOVANNETTI 1998, p. 316). Inquesti termini la tecnica A si lega alla fase ediliziaprincipale e più rappresentativa della storia mate-riale del castello, corrispondente, a livello storico,alla piena maturità e presa di posizione politica deisuoi domini loci.Diversi autori hanno chiamato l’attenzione sullostretto rapporto che esiste in diversi castelli To-scani e del nord d’Italia tra la comparsa delle tec-niche realizzate da maestranze specializzate, e inparticolare dalle tecniche realizzate a filari, conl’azione dei signori nel controllo dei processi diproduzione e nella riorganizzazione delle struttu-re insediative (BIANCHI 1995; BIANCHI 1996; BIAN-CHI 2003; BROGIOLO, ZONCA 1989; BROGIOLO

1996).In particolare, le osservazioni realizzate a Gorfi-gliano rispecchiano i modelli magistralmente stu-diati da Giovanna Bianchi nella Toscana meridio-nale e Tirrenica in siti quali la Rocca San Silve-stro, Campiglia, Rocchette, etc.9.

Tuttavia, è possibile notare che il caso di Gorfi-gliano, anche se queste osservazioni si possono farestensive ad altri settori della Toscana settentrio-nale come la Valdinievole e altre zone della Luc-chesia, presenta alcune differenze rispetto ad altricontesti regionali della Toscana meridionale e tir-renica. Prima di tutto colpisce, qui, il grado netta-mente inferiore di “monumentalità” nell’architet-tura signorile: se a Gorfigliano sono del tutto as-senti tecniche murarie “da scalpellino” realizzatecon conci ben squadrati, sicuro indizio dell’appor-to di manodopera specializzata itinerante10, le stes-se costituiscono una rara presenza nel quadro deisiti fortificati della zona, significativamente impie-gate per i soli edifici di rappresentanza, quali lechiese e, in modo assai raro, anche nelle torri (GIO-VANNETTI 1998, p. 315).Il quadro delle tipologie murarie dei castelli dellaGarfagnana mostra analogie con quanto riscon-trabile in altri settori della Lucchesia come la Val-dinievole (QUIRÓS CASTILLO 1998), le Seimiglia ola Versilia (QUIRÓS CASTILLO 1999a) e nella vicinaarea lunigianese (GALLO 1993-94, pp. 440-479)dove, tra la metà dell’XI e il XIII secolo, due tipidi tecniche corrono in parallelo: quella appuntorealizzata con conci di notevoli dimensioni, pre-sente in pochi contesti “monumentali” (Aghinol-fi, Montedivalli, Verrucola, Filattiera), e quella re-alizzata con bozze regolari ma non squadrate, in-vece molto più diffusa nel territorio11.Anche nella Liguria orientale si ritrovano quasi conesclusività tecniche costruttive “da sbozzatore” neisecoli XI-XII. Si deve tenere conto che in questoterritorio il concetto di castello si materializza nellapresenza di una torre o anche di una semplice recin-

10. Si fa riferimento, ad esempio, al tipo I identificato aRocchette Pannochieschi (BIANCHI 1994, p. 259), al tipoIIa di Rocca San Silvestro (BIANCHI 1995, p. 367), assai ri-corrente nei castelli maremmani.11. Un caso rilevante di architettura castellana in conci, que-sta volta nel versante marittimo lunigianese, è il castello Aghi-nolfi (GALLO 1997). La struttura più antica conservata in ele-vato che, secondo le recenti indagini archeologiche, inglobauna precedente torre a pianta circolare, è un torrione otta-gonale realizzato con un’accurata apparecchiatura in concidi medie dimensioni classificata come opera “pseudoisodo-ma” la cui datazione, supportata dal metodo del radiocarbo-nio, si pone tra la fine dell’XI e tutto il XII secolo.

8. Si tratta del “tipo 2” della classificazione GIOVANNETTI 1995-96 e più sinteticamente GIOVANNETTI 1998, p. 308, fig. 11.9. La sintesi più recente dei numerosi lavori realizzata dal-la Bianchi sono ora sintetizzati nella sua tesi di dottorato,ancora inedita (BIANCHI 2002).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 50: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

82

Fig. 83 – Cinta muraria del castello di Ripafratta realizzatain conci perfettamente squadrati e in bozze regolari

(XII secolo).

zione costituita da fossati e palizzate in legno, conun attardamento riscontrabile nello sviluppo dell’edi-lizia in pietra (MANNONI 1984, p. 199; BENENTE 1997,pp. 78-79).Soltanto in aree di forte influenza e dominio urbanosono attestate tecniche “da scalpellino”, come quel-le presenti nella fase del XII secolo nella cortina delcastello di Ripafratta (Fig. 83), opera di artigiani pi-sani (REDI 1990), o a Nozzano, castello costruito dalComune di Lucca. D’altra parte, prima della metàdel XII secolo non è attestata la diffusione di questetecniche da costruzione neanche nei castelli più com-plessi ed articolati della Maremma (BIANCHI 2003,pp. 278-279).Nel caso concreto di Gorfigliano, si può intravede-re la presenza di maestranze esterne alla comunitàlocale e itineranti, che intervengono nel castello conun bagaglio tecnologico assai meno sofisticato diquello impiegato nelle coeve costruzioni ecclesia-stiche del contado o di quello impiegato negli stes-si abitati fortificati della Maremma pisana (BIANCHI

1996). Tuttavia, le caratteristiche dell’intervento,la sua ampiezza, pianificazione e dimensione ci mo-strano l’esistenza di un cantiere piuttosto articola-to attraverso il quale i signori di Gorfigliano affer-mano i loro segni di potere nel periodo di massimaespansione della signoria.

2.5 TIPOLOGIE COSTRUTTIVE A GORFIGLIANO

I dati stratigrafici desunti dai saggi di scavo appenaesposti, unitamente alle informazioni ricavate dal-l’analisi delle sopravvivenze di superficie hannopermesso di identificare alcuni tipi edilizi caratte-rizzanti il castello di Gorfigliano. Esaminando il loropercorso evolutivo è possibile cogliere le fasi sa-lienti della vita materiale del complesso fortificatodi Gorfigliano raggiungendo alcuni punti fermi che,confrontati con i risultati emersi dalle ricerche in-tensive ed estensive condotte su altri castelli dellaGarfagnana, offrono un importante contributo allaconoscenza globale del fenomeno dell’incastella-mento in questo territorio.

2.5.1 Il complesso torre-recinto: la definizionedello spazio castellano nel XII secolo

Le evidenze offerte dal saggio 1100 relativamentealla fase 3a, permettendo di cogliere la contem-poraneità e la stretta relazione fisica esistente frala torre castellana sommitale e le mura che, infat-ti, si dipartivano dai suoi angolari NW e SE, con-fermano come a monte della loro realizzazioneavvenuta nel corso del XII secolo, stesse un benpreciso progetto: i due principali elementi difen-

sivi del castello, ma, per il forte impatto visivo,anche simbolici, sorsero nello stesso momentosegnando la nascita del vero e proprio nucleo for-tificato di Gorfigliano sulla base di un preesisten-te e poco definibile abitato capannicolo. A livelloarcheologico, è quindi possibile cogliere gli ele-menti “in pietra” caratterizzanti la fortificazionedi Gorfigliano con uno scarto cronologico di pocopiù di un secolo dalla sua prima attestazione do-cumentaria come “castello”.Oltre ai dati stratigrafici ricavati dal suddetto sag-gio e da quello condotto nel vano interno dellatorre (diversamente il saggio nei pressi della Portadi San Paolo non ha apportato elementi utili), al-tri particolari tipologici ancora percepibili in ele-vato attestano l’unità strutturale fra la torre e iltratto di recinto che interessa, sia pure in modoassai lacunoso, il versante meridionale. Si trattadel paramento murario a filari regolari (tecnicaA) e delle caratteristiche delle feritoie che, ester-namente, si presentano come strette aperture ret-tangolari, mentre strombate internamente, tali daconsentire il posizionamento di una persona diguardia (Figg. 38, 39).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 51: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

83

gnana a partire dal XII secolo sono dotati di solidetorri in muratura, per le quali il caso di Gorfiglia-no pare emblematico e i cui schemi strutturali siripeteranno anche nelle torri isolate che, in un se-condo tempo e con funzione di raccordo visivo,sorgeranno in più punti del territorio12, nel XV se-colo si verifica l’introduzione delle torri a piantasemicircolare in aggetto dal recinto castellano, rea-lizzate in tecnica muraria “caotica”, ricca di malta.Per Gorfigliano questa datazione è stata ricavatadal saggio 2100 (fase 4a), dal quale è tra l’altropercepibile l’aggiunta per addossamento dellanuova torre al vecchio circuito murario.Similmente nel castello delle Verrucole (Comunedi San Romano) un frammento di graffita emilianainglobato nella struttura muraria della torre semi-circolare della cortina sud-orientale ha permessodi datarne l’impianto all’ultimo quarto del Quat-trocento (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2000, p. 288).I castelli dell’alta Garfagnana presentanti questestrutture sono numericamente ridotti (quasi ecce-zioni)13 e nella maggior parte dei casi le torrettesemicircolari risultano un’aggiunta al recinto piùantico, dunque frutto di interventi di ristruttura-zione avvenuti allo scadere del Medioevo. A Gor-figliano questo fenomeno coincide anche con l’am-pliamento del circuito murario: relativamente alversante settentrionale come emerso dal saggio3500 (fase 4a) e secondo una tecnica costruttivairregolare.Sullo scorcio del XV secolo, per volontà del Go-verno di Lucca e non più dei domini loci da tem-po decaduti, si ha dunque l’ultimo significativointervento costruttivo sul recinto di questo castel-lo, probabilmente interpretabile come rispostapolitica e militare al subentrare del dominio estensenel vicino territorio di Vagli e in molti altri comu-ni dell’alta Garfagnana.

2.5.2 Le tipologie abitative di Gorfigliano:uno sguardo diacronico

Il primo documento scritto disponibile per Gorfi-gliano risalente al 793 e contenente citazioni digeneriche “case” ha trovato un riscontro archeo-logico sul pianoro sommitale del colle del castello(saggio 1100) dal quale sono emerse le labili trac-

Nonostante sussistano forti dubbi sull’identifica-zione dell’andamento del recinto originario a par-tire dall’angolare NW della torre e relativamentea tutto il versante settentrionale e orientale delcolle, quanto è dato ancora di vedere è sufficienteper far rientrare Gorfigliano nel modello di forti-ficazione più attestato in Garfagnana, costituitocioè da un recinto cingente una torre sommitale,anche se per questo caso notiamo un’insolita con-giunzione fra questi due elementi con una conse-guente vistosa dissimmetria nella planimetria delcastello. La ragione di ciò pare essenzialmente “na-turale”: lo strapiombo presente sul fianco occi-dentale dell’altura non necessitava certo di esserecompreso entro il circuito artificiale la cui realiz-zazione, dunque, fu qui risparmiata.Se la tecnica costruttiva del recinto, sia in facciavista, sia in sezione, e il suo spessore (60 cm) trova-no numerosi confronti ancora in elevato negli altricircuiti murari dei castelli tipologicamente più an-tichi della Garfagnana (GIOVANNETTI 1998, p. 315),la torre di Gorfigliano, invece, grazie alla sua avve-nuta trasformazione in campanile nella secondametà del XVIII secolo, rappresenta, fra tutte, quel-la meglio conservata in pianta e in alzato. Con basequadrata di 5 m di lato (vano interno: 1,64×1,76m) e un’altezza massima di 9 m ha i suoi più imme-diati riscontri nella torre di San Giorgio di Filattie-ra (Fig. 84), anch’essa di simile planimetria(3,75×3,9 m), datata stratigraficamente all’XI se-colo (CABONA, MANNONI, PIZZOLO 1982, p. 336) ein quella del castello di Zeri (GALLO 1995). Verosi-milmente avrebbe potuto svolgere anche funzioniabitative rese possibili da un ampliamento della su-perficie interna per il progressivo assottigliamentodei perimetrali in relazione ai due piani superioricaratterizzati da solai lignei sostenuti da riseghe dellamuratura. Significativamente al primo di questi cor-rispondono, sui lati W e N, feritoie di ampiezzamaggiore rispetto a quelle presenti nel piano terre-no; di fatto piccole finestrelle rettangolari.Territorialmente più vicino, ma solo in relazionealle dimensioni di base e alla posizione topografi-ca, è il raffronto con la torre del castello della Ca-priola (Comune di Camporgiano), ubicata nel pia-noro di quota 523,8 m e, ancora alla fine degli anniSessanta, registrabile sulla base di tracce in negati-vo lasciate sulla roccia dai suoi perimetrali in mu-ratura (GIANNICHEDDA 1989, pp. 413-414). Per que-sta struttura, di 6 m di lato e spazio interno di 2,4×3m, fu a suo tempo supposta, ma non appurata ar-cheologicamente, la contemporaneità con il sotto-stante nucleo di capanne invece assegnato, grazieai dati di scavo, al corso del XII-XIII secolo (GIAN-NICHEDDA 1989, p. 421; NOTINI et alii 1996, pp.279-282).Se dunque la maggior parte dei castelli della Garfa-

12. Per un’analisi più dettagliata di queste strutture si ri-manda a CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998, pp. 285-286 perla torre di Montaltissimo e GIOVANNETTI 2000, pp. 388 ss.per la torre del Sillico, trasformata in rocca durante la fasedi dominazione estense.13. Si tratta dei castelli: San Donnino, Roccalberti, Dalli diSopra, Verrucole, Sillico e Rocca Soraggio (GIOVANNETTI1998, p. 311).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 52: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

84

ce di un abitato capannicolo prevalentemente in-diziato da buche di palo, direttamente ricavatenella roccia di base. La datazione per queste strut-ture, di pianta ellittica ampia oltre 15 mq e inte-ramente costruite in materiale deperibile con te-laio portante in legno di quercia e castagno, sicolloca fra i secoli VIII-X. In relazione a questaprima fase di vita del villaggio emerge già la ten-denza riscontrabile nei successivi periodi, vale adire il modellamento artificiale del pendio median-te tagli della roccia di base al fine di creare piano-ri adatti ad essere insediati. Proprio a diretto con-tatto della roccia di base si pone il primo livellopavimentale in terra battuta cui si associa un sem-plice focolare formato da lastre di arenaria acco-state. Nello stesso modo che in altri contesti re-gionali, si può pensare che costruzioni di questanatura siano da attribuire agli stessi abitanti co-struttori del villaggio, trattandosi di culture co-struttive pienamente ancorate nelle comunità con-tadine (BIANCHI 2003, p. 261).Questa tipologia abitativa tipicamente altomedie-vale (VALENTI 1994) è attestata anche nel vicinocastello della Capriola, posto su un colle di quo-ta 523 m morfologicamente simile a quello diGorfigliano ma interpretabile in senso prettamen-te militare (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2000, p.282) dove la durata di queste strutture precariecui sono da relazionare numerosi frammenti diconcotto recante le impronte di canne e rami eprobabile sede della guarnigione armata del ca-stello, si spinge fino al XIII secolo. Comunque,lo studio della architettura in legno e di materia-le deperibile altomedievale nella Lucchesia è an-cora agli inizi, dovuto all’assenza di ritrovamen-ti archeologici significativi. Finora si dispone sol-tanto di tracce di queste costruzioni, oltre ai sitisegnalati, a Lucca (CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990),Pescia (MILANESE, QUIRÓS CASTILLO 1997), San Lo-renzo a Vaiano (MILANESE, PIERI 1997), Monte-catini (MILANESE, BIAGINI, BALDASSARRI 1997),Terrazzana, Valle Caula (QUIRÓS CASTILLO 1999a)e Fucecchio (VANNI DESIDERI 1986). L’impossibi-lità di individuare l’articolazione planimetrica diqueste capanne non permette di far confronti conaltre tipologie ben definite (VALENTI, FRONZA

1997; VALENTI 1996, pp. 159-218).Nel X secolo, in significativa coincidenza dellaprima attestazione documentaria del castello deCorfiliano (a. 997) si data anche la prima costru-zione con zoccolo in pietra e alzato in materialedeperibile le tracce del cui cantiere si dispongo-no sullo strato di abbandono della capanna 1 pro-ponendo un’ennesima situazione confrontabilecon altri contesti della Toscana centro-meridio-nale – come nel caso di Montarrenti (CANTINI

2003, pp. 231-232), di Scarlino (CUCINI, FRAN-

COVICH, PARENTI 1989, pp. 65-65); o di Campi-glia Marittima (BIANCHI 2003) – e della stessaGarfagnana14. Notizie su strutture realizzate intecnica mista sono comunque riscontrabili anchenella documentazione scritta lucchese almenodall’VIII secolo sia in città (BELLI BARSALI 1973,pp. 491-492) che nel territorio rurale, come nelcaso della piana di Lucca a Gurgite, dove si men-ziona in un contratto agrario l’obbligo di manu-tenzione di una casa recludendum cum petra ettabula (a. 773, MDL V/2), fino all’attestazionenel X secolo nel castello di Moriano di case adue piani dotate probabilmente di basamenti inpietra (ad es. MDL V/3 1482). Tuttavia, soltantodalla fine del X secolo si diffondono nella cittàdi Lucca delle costruzioni attestate a livello do-cumentario con la formula a petra et calcina seu

Fig. 84 – Torre di San Giorgio di Filattiera, Massa-Carrara.

14. Per strutture realizzate prevalentemente in legno nelcastello della Capriola cfr. CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998,pp. 279-280).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 53: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

85

harena constructi, presenti nel territorio ruralesoltanto dall’XI secolo in strutture di caratteresignorile più complesse e sofisticate (QUIRÓS CA-STILLO 2002, p. 95). Questo è il caso della casasolarita seo turre super se abentes ad petre et cal-cina seo arena constructa attestata a Castiglionenell’anno 1033 come proprietà del vescovo, ealtri siti indagati archeologicamente nella Luc-chesia.A Gorfigliano la “petrificazione” completa dell’ar-chitettura è attestata soltanto dal XII secolo. Strut-ture rettangolari di circa 16 mq di superficie, realiz-zate interamente in muratura, anch’esse dotate diun focolare a livello del piano di calpestio, e tetto adunico spiovente ricoperto da lastre di arenaria15 sonoinvece emerse dal saggio 2100, nel pianoro posto aipiedi meridionali della torre. Databili al XII secolotrovano un parallelo nel modello edilizio più diffu-so nei secoli X-XV nella vicina Lunigiana, imposta-to sul pendio16 e realizzato a un solo piano in pietra(FERRANDO CABONA 1990, p. 164) e possono essererapportate alla fase costruttiva più rilevante dellastoria signorile del castello in quanto pianificata daisuoi signori e contrassegnata da una notevole dura-ta visto che i primi strati di abbandono risalgono alXVII secolo. Da quanto testimoniato finora, questeedificazioni impostate sul pendio sono autonome,configurando un urbanesimo molto articolato nelquale si potevano alternare le unità abitative con al-tre edificazioni ausiliari secondo un modello benattestato in villaggi appenninici coevi quale MonteZignago o Terrazzana. Vengono a mancare, invece,strutture abitative disposte a schiera, invece attesta-te dal Quattrocento in villaggi quali Minucciano oCasola di Lunigiana (FERRANDO CABONA, CRUSI 1980,pp. 258 ss.).Nell’arco cronologico di quattro secoli si colgonodunque, a livello archeologico, tre diverse tipolo-gie abitative la cui evoluzione è sostanzialmentecontrassegnata da un progressivo passaggio delmateriale ligneo a quello lapideo. Se per questosito nel XII secolo i precari schemi costruttivi al-tomedievali appaiono dunque soppiantati da piùsolide case in muratura, è verosimile pensare checontinuassero a coesistere modelli di abitazioni“misti”. Questo è del resto quanto emerge, a li-

vello documentario e ancora alla fine del Trecen-to, per il vicino territorio di Massa di Lunigianadove alcuni nuclei abitati si contraddistinguonoper case completamente in muratura e tetto inpiastre e altri, invece, per case partim murata etpartim de tabulis (LEVEROTTI 1982, pp. 247-250).E tutto ciò mentre la contrapposizione funzionalee strutturale fra “casa” e “capanna” è già ampia-mente viva e percepita.Non è stato possibile invece analizzare in modoesauriente a Gorfigliano le strutture residenzialidell’area signorile del castello, in quanto assai tra-sformate nelle fasi successive. Si conoscono altrestrutture analoghe in castelli vicini, come l’edificiodi funzione sconosciuta realizzato in pietra e paretiinterne divisorie in legno di fine XI-inizi XII seco-lo rinvenuto nella sella esterna alla cinta murariadel castello della Capriola (CIAMPOLTRINI, Notini,Rossi 1998, p. 280), la domus communis dei Ghe-rardinghi a Verrucole identificata grazie ad attesta-zioni documentarie degli anni ’80 del Duecentonell’area poi occupata dalla “Rocca Tonda” dellafortezza rinascimentale e al grande edificio in mu-ratura a filari, con un minimo di due piani ancoratiad uno spuntone roccioso, presente nel castello diBacciano databile alla prima metà del XIII secolo(CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000, pp. 188-190).La progressiva crescita del borgo di Gorfigliano pro-cedendo dall’alto verso il basso lungo i fianchi delpendio è stata dimostrata dal saggio 3200 da cui èemersa parte di un nucleo abitativo impiantato frala fine del XV secolo o gli inizi del successivo insignificativa concomitanza con l’ampliamento delrecinto murario nel versante settentrionale del col-le. Rispetto alle strutture più antiche si nota adessouna planimetria molto più ampia e articolata an-che su più piani in elevato, con la presenza di unvano (probabile dispensa) ricavato tagliando la roc-cia di base. Quest’ultimo è afferente all’ambientedella cucina così interpretato grazie alla presenzadi un focolare delimitato da pietre disposte in cir-colo e legate con malta. I perimetrali sono intera-mente in muratura, con aspetto caotico e abbon-danza di malta, rifiniti con elementi lapidei riqua-drati in relazione alle aperture; il tetto è realizzatoin lastre di arenaria. L’addossamento alla primacellula abitativa di un ambiente posto sul pianorosottostante avvenuta un secolo dopo circa, propo-ne chiaramente le modalità di crescita di questiborghi: attraverso l’accostamento di nuovi corpi difabbrica ai preesistenti sfruttando le differenze diquote offerte dal pendio.Tutto ciò trova, a livello documentario, un signifi-

15. La tecnica della copertura dei tetti in lastre di arenariaè adesso relegata agli insediamenti più conservativi quali iborghi storici (ne offre un bell’esempio San Pellegrino inarea appenninica) e gli alpeggi.16. La disposizione dell’abitato sul pendio ha in questa zonauna lunga tradizione, archeologicamente nota a partire dal-l’età ligure (CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000). Le abitazioni impo-state sul pendio costituiscono, comunque, un modello abita-tivo ampiamente esteso in tutto l’Appennino Toscano set-tentrionale, come nella Valdinievole (QUIRÓS CASTILLO 1999a,pp. 53-58), e più generalmente in tutta la montagna medi-terranea dall’età medievale (CAGNANA et alii 2001, p. 134).

17. Cap. 60: Delle finestre le quali s’hanno à fare sopraquello del suo vicino per havere il lume (NESI, RAGGI, ROSSI1993, p. 118).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 54: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

86

cativo riscontro: nello statuto della Vicaria di Ca-stelnuovo Garfagnana del 147617, dunque solo dipochi decenni anteriore all’impianto della cellulaabitativa più antica, risulta “codificata” la tenden-za ad una serrata articolazione di case “solariate”(cioè a più piani) di varia altezza, mediante condi-visione di muri (“muri comuni”) e spazi aperti (“cor-ti” – cioè le aie – o orti), situazione questa che spie-ga l’obbligo, in determinati casi, di “graticolare”(cioè munire di inferiate in legno o ferro) le fine-stre, in altri, addirittura, di murarle18.Dalla vivacità di questa evidenza scritta si posso-no tra l’altro intuire quali implicazioni sociali de-rivassero dall’abitare in stretta vicinanza e soprat-tutto dalla salvaguardia degli spazi aperti tra le

case, come appunto le aie, funzionali alla trasfor-mazione dei prodotti agricoli e gli orti19.Nella complessa dinamica costruttiva di tali borghiè dunque ipotizzabile che i due ambienti indagatinel saggio 3200 costituissero parti di unità abitati-ve indipendenti, quindi non necessariamente col-legate internamente mediante una scala lignea, néappartenenti a membri di una medesima famiglia.Gli esempi di case ancora sopravvissute in elevatonel borgo meridionale, di più recente abbandono,permettono di constatare la lunga durata di talefenomeno di crescita per aggregazione di corpi difabbrica. In queste ultime è tra l’altro ancora benpercepibile la funzionalità dei vari ambienti postia quote del pendio diverse: in relazione al piano-ro di quota minore si situa in genere la stalla le cuiaperture si riducono all’ingresso, di dimensionimaggiori rispetto a quello dell’abitazione e a pic-cole finestre rettangolari; nel soprastante pianorotroviamo il pianterreno della casa le cui presenzericorrenti sono un camino a parete rifinito constipiti in pietra arenaria lavorati e una o più nic-chie sempre ricavate nei perimetrali. Infine colle-gato a questo ambiente di ingresso-cucina median-te una scala in legno interna è il piano-notte so-stenuto da solaio ligneo su travi portanti ingloba-ti nella muratura delle pareti.

L.G., J.A.Q.C.

LUCIA GIOVANNETTI,JUAN ANTONIO QUIRÓS CASTILLO

18. Riportiamo per esteso i passi più significativi di questocapitolo: Vogliamo che à ciascuno sia lecito si nel suo muro,come nel muro commune, ò sopra il terreno, ò sopra la Casapiù bassa del Vicino, di fabbricarvi le Finestre et Luminari,per onde riceva Lume in Casa sua: purche dette Finestre sidebbino graticolare, con Ferrate, ò con graticole di legno;ne si debba per dette Finestre gettar cosa niuna: et se essesaranno sopra la Corte ò Terreno discoperto ò, Horto delVicino, ne siano lontane per braccia cinque; et similmentequando e siano sopra il Tetto della Casa del Vicino, ne sia-no lontane per braccia quattro.Concediamo però che se alcuna Finestra sarà sopra il tettodella Casa del Vicino lontana per dieci braccia ò più, nonfaccia di mestiero graticolarla; pur che fuor d’essa non sigetti cosa alcuna.Mà se la Finestra sia sopra la Corte ò, Horto, ò altro Terrenodiscoperto del Vicino, siane quanto si voglia lontana debbasigraticolare: purch’ella non vi si faccia meno alta di bracciacinque dalla parte di fuora, et quattro sia dal Solaio distantedalla parte di dentro: di qualità che non si possa per detteFinestre riguardare sopra il Terreno discoperto d’esso Vicino.(…)Et quando avvenisse poi, che’l vicino sopra del suo terrenovolesse fabbricare, et ch’egli vi edificasse, ò, vero che la casasua più bassa ergesse in alto; et ch’egli si volesse accostare,et haver l’appoggio del muro, dove fussino le Finestre;debbansi in tutto et per tutto chiudere et murare, non ostanteprescrittione di qual si voglia tempo, che si potesse inqualunche maniera allegare.Et quando il muro non fusse Commune sia tenuto quegliche vorrà fabbricare, pagare la metà del muro non commune.19. L’aggregazione di spazi chiusi (case e stalle) e spazi aperti(aie e orti) formano la caratteristica principale dei villaggi ru-rali della Garfagnana, ancora spesso chiaramente leggibilenonostante le profonde trasformazioni avvenute negli ultimidecenni. Due esempi di borghi rispettivamente posti nel ver-sante apuano (Minucciano) e appenninico della Garfagnana

(Sassorosso), più conservativi rispetto ad altri, mostrano unasignificativa analogia nelle relazioni spaziali fra i suddetti am-bienti. Per entrambi si rileva infatti la disposizione della stal-la-fienile di fronte o a fianco della casa, mentre l’aia lastricatatende a creare fra di loro un nesso più organico. La posizionemarginale di alcune stalle rispetto al nucleo insediativo origi-nario pare invece essere stata indotta, a seguito della progres-siva espansione dell’abitato, dall’esaurirsi degli spazi “inter-ni” disponibili. La fascia degli orti è posta immediatamenteall’esterno del nucleo abitato e sfrutta la vicinanza delle stalleper il concime. (per Minucciano cfr. MARTINELLI, NUTI 1974,pp. 62 ss.). Sulla scorta di questi esempi, posti peraltro neidue opposti versanti montani della Valle, non pare azzardatopensare che i borghi con case a corte costituiscano, qui comein Lunigiana, il tipo insediativo prevalente e di più antica tra-dizione (BOCCARDO 1990, p. 67) e che i successivi sviluppi eingrandimenti siano sempre riferibili ad un sistema di aggre-gazione che, prendendo per centro tale spazio scoperto, ten-da a circondarlo e a recingerlo (MAFFEI 1990, p. 137).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 55: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

87

Nel corso dello scavo archeologico di Gorfiglia-no sono stati recuperati più di 4300 frammenticeramici e altri reperti archeologici, che si carat-terizzano essenzialmente per il loro elevato gradodi frammentazione e le dimensioni minute. Que-sta frammentazione è molto rilevante nei contestidi età bassomedievale e postmedievale, giacchésono numerosi i riporti rinvenuti che contengonomateriali di questi secoli, per i quali non è statopossibile ricostruire profili completi.I criteri seguiti per lo studio dei reperti archeologi-ci sono diversi secondo la loro tipologia, ma si èdisegnato un sistema di informazione per la lorogestione. A questo proposito si è utilizzata una sche-da informatizzata ispirata a quella dello studio deireperti del contesto dell’Ospedale di Santa Mariadella Scala di Siena (MILANESE 1991), che permetteil ricorso a criteri di quantificazione diversificati.Tenendo conto dell’importanza che acquista laquantificazione dei reperti, in modo particolare inun sito come Gorfigliano dove molti materiali sitrovano in giacitura secondaria, si è voluto ricorre-re a una strategia diversificata che combini la quan-tificazione numerica, per peso e per numero mini-mo (ORTON, TYERS, VINCE 1997, pp. 35-36).In modo parallelo si è proceduto al disegno delleforme e dei decori più significativi, che sono poiconfluiti in un breve catalogo allegato allo studiodelle singole classi di reperti.Una volta realizzato questo primo approccio aireperti ceramici, è emersa la necessità di realizza-re delle analisi archeometriche degli impasti cera-mici con lo scopo di riuscire ad ottenere una clas-sificazione più approfondita e stabilire le aree diprovenienza dei singoli reperti.In realtà la necessità di questo tipo di approccio erastata già evidenziata nel corso di altri lavori realizza-ti nella valle del Serchio, e in particolare nel casodello scavo dell’Ospedale di Tea (QUIRÓS CASTILLO

2000), poiché finora sono assai scarsi gli studi rea-lizzati di questa natura. Inoltre, l’ubicazione dellaGarfagnana tra grandi aree di produzione (Toscana,Emilia, Liguria), sottoposta a diverse dominazionipolitiche nel corso del medioevo e del postmedioe-vo, poneva il problema sull’incidenza in termini com-merciali di questi settori e la sua conoscenza attra-verso la circolazione dei materiali ceramici. Ma lostudio archeometrico si è posto anche come un mo-mento di conoscenza di gran rilevanza per lo studiodei modelli produttivi della ceramica e dei modellidi consumo nella lunga durata.

Per questo motivo sono stati presi in considera-zione 66 campioni ceramici provenienti sia delcastello di Gorfigliano che dall’Ospedale di Tea,che sono stati sottoposti ad analisi petrograficheda parte della Società LARA di Genova. Attraver-so un dialogo serrato interdisciplinare si sonopotuti individuare diversi raggruppamenti chehanno permesso di intravedere la provenienza deimateriali e la loro incidenza in termini quantitati-vi attraverso la banca dati informatizzata.A seguito si presentano i reperti ceramici attraversola discussione delle singole classi di produzione, se-guendo una classificazione di carattere tecnologico(ceramica priva di rivestimento, ceramica invetriata,ceramica ingobbiata, ceramica graffita, ceramicasmaltata, terraglia, porcellana). A modo di conclu-sione si è realizzata, inoltre, un’analisi contestualefinale, dove si sono evidenziate le principali tenden-ze storiche riscontrate nello studio archeologico.Per quanto riguarda i restanti reperti archeologici(litici, malte, antracologici, vetri, monete, fauni-stici, malacologici) sono stati affidati all’analisi dispecialisti nei diversi settori. Il lungo elenco diautori che hanno partecipato alla stesura del vo-lume attesta l’intenzione di integrare letture va-riate e diversificate su questi materiali. Con tuttigli autori si è cercato di stabilire un dialogo inter-disciplinare tendente al dibattito sugli aspetti in-terpretativi dei singoli registri informativi. Entroil limite del possibile e della capacità degli autorisi sono volute integrare nelle diverse sezioni delvolume, e in modo particolare nelle conclusioni,le principali informazioni ottenute da questi stu-di. Tuttavia è anche certo che la complessità e l’ete-rogeneità dei contributi presenti possono averportato a non sfruttare appieno le potenzialità of-ferte da tutti i contributi, e quindi sarà necessarioun maggior impegno nella seconda fase dei lavoriarcheologici di Gorfigliano.I reperti antropologici meritano un’ultima precisa-zione. Gli scavi condotti ai piedi della chiesa han-no permesso di recuperare un numero limitato diresti antropologici in posizione secondaria, fruttodegli intensi lavori di restauro e ampliamento rea-lizzati nel corso del XVIII secolo. Un’analisi preli-minare condotta da Elena Cecconi ha permesso difare una prima classificazione, anche se la loro scarsaentità, la loro posizione in giacitura secondaria (nonin connessione anatomica) non ha permesso la rea-lizzazione di uno studio complessivo. Soltanto al-l’interno degli ossari presenti nella Chiesa, costrui-

3. I REPERTI ARCHEOLOGICI

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 56: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

88

ti nel corso del XVIII, si conservano i resti di centi-naia di individui che costituiscono un importantecampione di riferimento per lo studio antropologi-co degli abitanti di Gorfigliano di età medievale epostmedievale. Lasciamo comunque per una secon-da fase di lavoro l’analisi di questi reperti.

J.A.Q.C.

3.1 I REPERTI CERAMICI1

3.1.1 Ceramica priva di rivestimento (Fig. 85)

La ceramica priva di rivestimento restituita dai saggiin condizioni di alta frammentarietà, è suddivisibilein tre classi sulla base degli impasti: a) ad “inclusicalcitici” (188 frammenti), b) “sabbiosa” (76 fram-menti), e c) “depurata” (92 frammenti); tipologica-mente riconducibile a forme chiuse da cucina (olle)e da mensa (boccali), e aperte (testi e catini).La classe ad “inclusi calcitici”2, rappresentata datesti (n. 1) e olle dal bordo estroflesso, fondo sab-biato (n. 2-4) e una foggiatura frequentementeottenuta con il tornio lento3 è quella più ricorren-te nei contesti di IX-XII secolo venuti alla luce,accompagnando quindi la nascita e le prime fasidi sviluppo del castello, in linea con i dati archeo-logici disponibili per il contesto geografico in cuiGorfigliano si pone, inerenti siti incastellati (GIAN-NICHEDDA 1989, CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998;GIOVANNETTI 1995-96) ma anche altri centri reli-giosi e abitativi (NOTINI et alii 1994; CIAMPOLTRI-NI, NOTINI, ROSSI 1996; NOTINI et alii 1998) attiviin Garfagnana nei secoli centrali del Medioevo.Nel gruppo di olle l’unica differenza rilevabile èdata dalla resa del bordo che può essere a termina-zione arrotondata (n. 2) oppure appiattita (n. 3),quest’ultima probabilmente più funzionale a soste-nere un eventuale coperchio. Queste tipologie, performe e impasto, trovano ampi riscontri nei conte-sti indagati in Garfagnana negli ultimi anni rappre-

sentando una costante dei primi due secoli dell’in-castellamento4. Più anomala è invece la presenza didue testi nella fase 2 di X secolo5 dal momento chequesto tipo di manufatto, assai diffuso in tutti i gia-cimenti medievali del restante Appennino Toscano(QUIRÓS CASTILLO 1998, p. 188) e Ligure, è statofinora considerato assente nei contesti medievalidella Garfagnana (CIAMPOLTRINI 1984, pp. 300-301;CIAMPOLTRINI, NOTINI ROSSI 1998, p. 288)6.La classe ad “impasto sabbioso”7, numericamentemeno incisiva, almeno nel caso di Gorfigliano, ri-spetto alla classe ad “inclusi calcitici”, è testimonia-ta da olle a bordo estroflesso e orlo a sagoma profi-lata (nn. 5, 7)8 e fondo costantemente piano (n. 6).Decisamente isolata, rispetto alla suddetta olla e aquella con bordo ripiegato ad angolo retto ed orloingrossato (“tipo 19”: MANNONI 1975, p. 36, fig.21, 1-2) che, nel territorio della Garfagnana se nonproprio a Gorfigliano stando alle attestazioni fino-ra rilevate, rappresenta il tipo più frequente, appa-re invece l’olla con orlo modanato a becco di civet-ta (n. 7), caratterizzata dal motivo della “filettatu-ra” sulle pareti esterne ottenuta a pettine. Questotipo, infatti, sembra contrassegnare l’ambito urba-no di Lucca9 e il suo più vicino territorio10.La ceramica depurata è rappresentata soprattuttoda frammenti minuti di pareti di boccali; l’unicoparzialmente ricostruibile (n. 9), presente nella

1. I numeri dei reperti che compaiono nei cataloghi allega-ti allo studio delle singole classi ceramiche corrispondonoa quelli delle figure che illustrano questo capitolo.2. Detta anche “vacuolata” (o “ad impasto vacuolato” comein MANNONI 1975, p. 24) per effetto della dissoluzione degliinclusi di calcite spatica triturata, aggiunta come degrassan-te intenzionalmente soprattutto quando si presenta in gra-nuli medi e grandi (MANNONI 1974, pp. 181-182), a seguitodella cottura o, più frequentemente, di una permanenza insuoli acidi (NOTINI et alii 1994, pp. 171-172). Per questomotivo la vacuolarità risulta, il più delle volte, una conse-guenza postdeposizionale più che non una conseguenza le-gata al processo di cottura del manufatto. Questa calcite sicaratterizza per un basso indice di trasmissione del calore,anche se maggiore di quello dei gabbri.3. “Tipo 9” in MANNONI 1975, fig. 10, p. 24.4. Si vedano, ad esempio, le olle recuperate dallo strato 5 delsaggio condotto nel piano terra della rocca di Castelnuovo,datato alla 2° metà dell’XI secolo, o, al più tardi, agli inizi del

XII secolo (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998, p. 263, fig. 7,nn. 6, 10) e quelle caratterizzanti i contesti di XI-XIII sec. delcastello della Capriola (Ibidem, figg. 20-21, pp. 271-272).5. Per la forma cfr. MANNONI 1975, p. 146, fig. 112, 1.Pun-tuali confronti provengono anche – ma senza riferimenti stra-tigrafici – dal castello di Farnocchia (Stazzema), nel vicino ter-ritorio apuo-versiliese (ABELA 1995, fig. 178-30-31, p. 187).6. Sono da segnalare i due testi, tipologicamente simili aquello in oggetto, emersi dallo strato di crollo dell’ospeda-le di S. Nicolao di Tea (GOBBATO, GRASSI, QUIRÓS CASTILLO1988, p. 219, fig. 5, 10) e l’esemplare (privo di riferimentistratigrafici) pertinente alle fasi di vita medievali della roc-ca di Sillico (GIOVANNETTI 2000, p. 399, tav. I, 2).7. Per ceramica a “impasto sabbioso” si intende il tipo de-finito da MANNONI 1975, p. 35 come “foggiato al tornioveloce con fine impasto sabbioso” differenziandosi dallaceramica depurata per presentare un dimagrante sabbiosoche, seppur fine, è visibile ad occhio nudo.8. Questo caso presente come materiale residuo in uno stra-to di deposito recente (US 2203) ha analogie nella resa delbordo all’olla proveniente dallo “strato 3” (XI-XII secolo)del castello della Capriola (GIANNICHEDDA 1989, p. 419, tav.V, fig. 13).9. Corpo ovoide e labbro pendulo modanato a becco dicivetta sono caratteristici delle olle restituite dagli scavi diCorte dell’Angelo e Palazzo Lippi di XII secolo (CIAMPOL-TRINI 1992, p. 723, fig. 31, 1-2). Con una più elaborataversione di labbri modanati si presentano le restituzioniurbane di Lucca di XIII secolo (Piazza della Grotta: CIAM-POLTRINI 1996, fig. 1, 5-6).10. CIAMPOLTRINI, NOTINI 1987, fig. 13, 106, 160; Prive di“filettatura” ma con una medesima elaborazione dei bordi,riconosciute come afferenti alla sfera culturale lucchese allesoglie del X secolo, sono anche tre olle recupero di super-ficie dalla Capriola (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998, p.272, fig. 21, 1-2).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 57: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

89

Fig. 85 – Ceramica priva di rivestimento rinvenuta nel castello di Gorfigliano (il n. 12 è riprodotta a scala 1:2).

US 1126 (fase 2), per il quale si avanza l’ipotesi diuna capacità originaria di circa 80 dl, costituiscela forma da mensa in acroma di più antica data-zione – relativamente al periodo medievale – fi-nora rinvenuta in Garfagnana11. Questo dato cro-

nologico pare motivare le diversità formali inter-correnti fra l’esemplare in questione e gli altri –di circa due secoli più tardi – richiamati per con-fronto: l’assenza del collo e la consistente larghezzadell’ansa del primo non si riconoscono nei secon-di, al contrario caratterizzati da collo cilindrico epiù stretta ansa. Si intravedono, in questo modo,problemi evolutivi di base che, allo stato delle ri-cerche, non sono ancora risolvibili.

11. Altri boccali (significativamente sempre in associazionealle olle ad inclusi calcitici) sono infatti emersi dal già citatosaggio nella Rocca di Castelnuovo (strato 5 della 2° metàdell’XI secolo-inizi del XII secolo, dal vecchio sondaggio ef-fettuato presso la torre di Petrognano (IV strato; XII secolo) edal castello della Capriola (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998,p. 263, fig. 7, 1-3); infine dallo scavo nell’area della canonicadi Pieve Fosciana, contesto ben databile, anche grazie ai rela-tivi reperti numismatici, nel periodo a cavallo fra XII (2° metà)

e XIII sec. (inizi) (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1996, p. 304,fig. 5, 1-3). Questi tipi sono attestati anche in contesti urbanidi XII da Lucca (Corte dell’Angelo e Palazzo Lippi) (CIAMPOL-TRINI 1992, p. 723, fig. 31, 6-7).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 58: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

90

Anche due forme aperte in depurata, peraltro didifficile ricostruzione grafica per la piccolezza deiframmenti e avulse dal proprio contesto in quan-to provenienti da depositi relativamente recenti(US 3501, 2203), trovano insolito posto fra i moltopiù abbondanti boccali12. Si tratta di un probabilecatino a pareti sottili e bordino estroflesso arro-tondato (n. 10) come suggerisce un confronto dallaValdinievole (QUIRÓS CASTILLO 1999a, fig. 14, 1-2) e di un fondo con piede sagomato (n. 11).Infine comparse isolate, difficilmente interpretabilinel loro reale significato ma ovviamente esterne al-l’ambiente della cucina, sono due fuseruole, rispet-tivamente a impasto depurato (n. 12) e “sabbioso”(n. 8) e da un frammento di tubolo (n. 13) in depu-rata ancora dalla US 1126 (fase 2), con evidenti traccedi regolarizzazione della superficie interna ed ester-na a coltello come l’esemplare, anch’esso frammen-tario, pertinente all’abitato trecentesco di Verrucole(CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000, p. 182).In sintesi sono le US 1126, 1138 (entrambe data-bili al X secolo) e l’US 1131 (XII secolo), in quan-to relative a livelli di vita, ad offrire i contesti ce-ramici di ceramica priva di rivestimento più signi-ficativi, anche dal punto di vista numerico, da cuisi ricavano due importanti spaccati di cultura ma-teriale, entrambi relativi a momenti centrali dellavita del castello di Gorfigliano.Nel X secolo (US 1126 e 1138) gli oggetti cerami-ci di cui un’abitazione era dotata consistevano inalcune olle (in numero minimo di sei), due testitutti caratterizzati da impasto a “inclusi calcitici”,un boccale in acroma depurata e una non rico-struibile forma ad “impasto sabbioso”. Allo scor-cio del XII secolo (US 1131) il panorama delleforme non è sostanzialmente mutato a sottolinea-re la lunga tenuta di questi tipi ceramici: si riscon-trano le medesime olle a “inclusi calcitici” (in nu-mero minimo di 4) con le stesse caratteristiche deibordi e del fondo (sabbiato) e la minoritaria pre-senza del boccale, solamente testimoniata da dueminuti frammenti di pareti. L’unico elemento chediversifica i due contesti è offerto dall’olla ad “im-pasto sabbioso” che, per i suoi connotati estetici(orlo modanato a becco di civetta e pareti filettate)presupponenti tecniche di produzione di diversamatrice rispetto a quelle della “ceramica calciti-ca”, ma con le medesime finalità pratiche, viene avivacizzare il monotono corredo tradizionale.I risultati delle analisi sugli impasti condotte sudiversi campioni di grezze da Gorfigliano13 unita-

mente a quelli su altri frammenti dallo scavo del-l’ospedale medievale di San Nicolao di Tea14 per-mettono alcune considerazioni sui possibili ambi-ti di produzione di questi manufatti, dando cosìmaggiore consistenza e puntualità alle supposizioniavanzate al momento della loro prima edizione(QUIRÓS CASTILLO et alii 2000, p. 160).La classe “ad inclusi calcitici”, secondo l’esame dilaboratorio, si presenta unitaria (V gruppo) e la cal-cite macinata che la caratterizza deriva dai marmitriassici delle Alpi Apuane. Risulta così confermatauna produzione di ambito locale circoscritta allavallata del Serchio, alla Versilia e alla Lunigiana orien-tale (aree immediatamente a ridosso del massiccioapuano) (GIANNICHEDDA, QUIRÓS CASTILLO 1997) ana-logamente a quanto emerso per la medesima classeceramica recuperata nel non lontano sito di Grondadi Luscignano (MS) (DAVITE 1988, p. 401). La capil-lare diffusione di tale manufatto lascia dunque ipo-tizzare piccoli centri di produzione sparsi nel terri-torio che foggiavano manufatti tipologicamente uni-tari, verosimilmente secondo una produzione di tipocasalingo, dato che per molti pezzi è constatabilel’esecuzione al tornio lento quando non a mano. Maquesta definizione non è certo sufficiente a far lucesui loro dettagli tecnologici e organizzativi (BROGIO-LO, GELICHI 1988, p. 223) che, per il momento, ri-mangono totalmente sconosciuti.La certezza che comunque i prodotti ceramici otte-nuti con l’aggiunta di calcite apuana per conferireresistenza al fuoco coprissero l’intero fabbisognointerno di questa sub-regione è data dall’assenzadelle grezze ad impasto gabbrico, di analoga fun-zione, ben attestate invece in tutto il territorio orien-tale di Lucca (QUIRÓS CASTILLO 1999a, p. 72) e del-la Lunigiana occidentale (MANNONI 1974, p. 191).Per le ceramiche ad “impasto sabbioso” e depuratoi possibili ambiti di produzione che le analisi la-sciano intravedere non sono invece altrettanto uni-tari. Per quelle ad “impasto sabbioso” relative aGorfigliano si riconoscono infatti due raggruppa-menti (gruppi II B e III B) che, rispettivamente, nonescludono zone limitrofe alla Garfagnana e indi-rizzano verso l’area di pianura dello sbocco del Ser-chio. In altre parole è possibile che la produzionedi olle di questo impasto, tecnicamente evolute ri-spetto a quelle ad “inclusi calcitici” (MANNONI 1975,p. 35), si collocasse nel contesto urbano e peri-ur-bano di Lucca come del resto lasciava già presup-porre l’olla a pareti filettate e orlo sagomato (n. 7)proveniente dalla US 1131, la cui peculiare forma,attestata soprattutto in contesti lucchesi, è ricon-ducibile alla mano di artigiani specializzati.

12. La rarità delle forme aperte figuline in ambito luccheseè stata sottolineata da CIAMPOLTRINI 1998, p. 215.13. Si tratta di 5 frr. di ceramica “ad inclusi calcitici”, 3“ad impasto sabbioso” e 4 di depurata.

14. Si tratta di 1 fr. di ceramica “ad inclusi calcitici”, 1 “adimpasto sabbioso” e 3 di depurata.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 59: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

91

La ceramica depurata, le cui forme chiuse da men-sa, in associazione alle forme da cucina ad “inclusicalcitici” e “impasto sabbioso”, dominavano anchein Garfagnana prima dell’introduzione dei boccaliin maiolica arcaica, indirizza anch’essa verso centridi produzione esterni a questo ambito rurale.Un unico frammento di boccale, proveniente dallaUS 1192 (fase IIIc) di Gorfigliano e un altro daicontesti bassomedievali di Tea sono infatti con si-curezza da considerare di produzione pisana (grup-po I A) mentre tutti i restanti, rientrando nei grup-pi III A e III B, riconducono ancora allo sbocco inpianura del Serchio e dunque all’area lucchese. Intal senso l’ipotesi di una produzione pisana per ilboccale dalla US 1126 avanzata a suo tempo (QUI-RÓS CASTILLO et alii 2000, 160, in part. nt. 33) vie-ne smentita e al suo posto si sostanzia un rapportocommerciale privilegiato fra Lucca e il suo entro-terra già nel X secolo. Significativamente l’US 1126(X sec.), rapportabile alla nascita di Gorfiglianocome castello e dunque entità politica signorile, con-tenendo frammenti di ceramica depurata e ad “im-pasto sabbioso” dello stesso gruppo III, suggeriscel’immagine di Lucca impegnata, in questo periodo,a rifornire il suo entroterra montuoso dei conteni-tori fini di cui una mensa, anche la più ordinaria,doveva essere provvista nonché dei manufatti dacucina ad “impasto sabbioso”, tecnologicamente eformalmente più accurati rispetto alle diffuse pro-duzioni locali caratterizzate da calcite spatica.

Catalogo

Impasto “ad inclusi calcitici”1. US 1126. Testo con parete bassa, bordo ispessito efondo sabbiato; impasto di colore chiaro (beige-rosa-to) e lisciatura sulla superficie interna.2. US 1126. Olle con bordo caratterizzato da lieve estro-flessione con terminazione arrotondata; impasto dicolore scuro.3. US 1126. Orlo svasato e bordo quasi piatto (forsefunzionale a sostenere un coperchio) di olla; sono pre-senti sottili striature sulle superfici ed annerimenti daesposizione al fuoco. Impasto di colore scuro.4. US 1126. Fondi piano sabbiato pertinente ad un’ollacaratterizzata da corpo ovoidale, di diametro e spessoredelle pareti variabile da 0,6 a 1,4 cm. Impasto scuro.

Impasto sabbioso5. US 2203. Olla con breve orlo estroflesso e bordo pro-filato, corpo globoso; tracce di lisciatura a panno inter-na; impasto beige con annerimenti da fumo superficiali.6. US 2136. Olla con fondo piano e pareti inclinate, siscorgono due righe ravvicinate lasciate internamentedal tornio; lisciatura a panno esterna; impasto rosatonel lato interno, e grigio in quello interno.7. US 1131. Bordo di olla con breve labbro obliquo eorlo modanato a becco di civetta, con pareti filettate

esternamente; corpo globulare ed impasto di coloregrigio esternamente, mentre rosato all’interno.8. US 2214. Fuseruola di forma sferoide schiacciata,conversata per metà. Impasto rosato, ruvido al tatto,con millimetrici inclusi e pagliuzze di mica.

Impasto depurato9. US 1126. Boccale parzialmente ricostruibile con brevecollo, orlo lievemente svasato, bordo piatto inclinatoall’esterno, bocca trilobata, e ampia ansa a nastro com-planare all’orlo con lieve solcatura mediana. Fondopiano dove sono evidenti i segni del distacco a cordi-cella. Impasto fine (micaceo) a nucleo grigio e di colo-re marrone chiaro in prossimità delle superfici.10. US 2130. Forma aperta con bordo estroflesso e orloarrotondato; pareti sottili; impasto rosa.11. US 3501. Forma aperta con fondo a disco sagoma-to; pareti sottili. Lievi solcature da tornio interne; im-pasto di colore rosa acceso.12. US 1126. Fuseruola di forma bitroncoconica e consottile linea incisa in prossimità del punto di massimaespansione del corpo13. US 1126. Fr. di tubulo con pareti interne ed ester-ne regolarizzate a coltello.

3.1.2 Ceramica invetriata

La ceramica invetriata versa in condizioni di altaframmentarietà; si contano 827 frammenti dai qua-li si ricostruiscono 11 forme (Fig. 86). Le attestazio-ni di questa tipologia ceramica nel caso di Gorfiglia-no iniziano dal periodo 3c (XIV-XV sec.) ma i re-perti che consentono una più articolata discussioneprovengono dalle US inquadrabili nel corso del XVIIIsecolo, identificabili con riporti di terreno agricolo(US 1176, 2130, 3506, 1116) e da quelle costituentidepositi recenti (US 2201, 2203, 3502). Pertanto seè possibile farci un’idea assai dettagliata del corredodi invetriate in uso nel villaggio nel periodo finaledelle sue vicende insediative, quando sicuramentequeste dominavano sugli altri generi, rimane al con-trario in ombra il momento in cui la stessa ceramicainiziò ad affiancarsi alla grezza segnando, come noto,un sensibile miglioramento tecnologico nella cottu-ra dei cibi. Se in altri contesti archeologici toscaniquesta introduzione avviene nel corso del XIII seco-lo (GRASSI 1999), nel caso di Gorfigliano e più ingenerale della Garfagnana, come di norma in ambitirurali più marginali (FOSSATI, MANNONI 1981, p. 247),pare slittare al secolo successivo15.

15. La lentezza nel processo di sostituzione dell’acroma conil pentolame invetriato risulta evidente, ad esempio, dallerestituzioni dell’ospedale medievale di S. Nicolao di Tea(Argegna, Com. di Minucciano) (GRASSI 2000, pp. 190-191)e dai contesti trecenteschi del castello di Verrucole (Com.di San Romano) dove prevalgono ancora nettamente le for-me nude sulle invetriate rappresentate solo da un tegame euna probabile pentola (CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000, p. 182).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 60: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

92

Fig. 86 – Ceramica invetriata e ingobbiate chiare rinvenute nel castello di Gorfigliano.

Nel corredo domestico di invetriate di Gorfiglianoche offre, per le suddette caratteristiche dei conte-

sti di rinvenimento, un quadro piuttosto staticosenza possibilità di seriazioni cronotipologiche,prevalgono nettamente i manufatti ad uso cucina:in particolare pentole e tegami, quasi sempre inte-ressati da incrostazioni carboniose sulle pareti ester-Sempre in Garfagnana non compare l’invetriata nel conte-

sto di Pieve Fosciana databile a cavallo fra XII e XIII seco-lo (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998) nel villaggio abban-donato in loc. Bivio, presso Vagli di Sotto (NOTINI et alii1998) mentre se questa classe è attestata nel castello dellaCapriola in contesti anteriori al XIII secolo, riveste tutt’al-tro significato e funzione rispetto alle più tarde tipologieda cucina (per il boccalino: “tipo 26” in MANNONI 1975,

p. 41; per la scodella ad invetriatura verde solo interna:CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998, p. 93, fig. 21 e per l’an-foretta di colore avana: Ibidem, p. 278, 21, 6).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 61: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

93

ne ad indicarne un utilizzo a diretto contatto conla fiamma del focolare. In base ad un esame macro-scopico dei pezzi si rileva, pur variando le forme,una certa omogeneità nelle caratteristiche dell’im-pasto e dunque un ambito di produzione tipologi-camente differenziato nel quale però pare costantenel tempo l’impiego di determinate argille16. Ri-corrono infatti le medesime caratteristiche di du-rezza e frattura irregolare con cottura generalmen-te ossidante condotta in atmosfera omogenea; icolori degli impasti variano da beige a rosa accesoe le superfici si presentano scabre per l’affioramen-to degli inclusi, prevalentemente quarzitici, con ogniprobabilità aggiunti intenzionalmente per garanti-re la refrattarietà e dunque la buona tenuta dei pezzi.Nella maggior parte dei reperti si riscontra inoltremica polverizzata. Quanto al rivestimento vetrosoquesto interessa generalmente solo la parte internadel recipiente per ovvi motivi di risparmio sconfi-nando anche esternamente ma solo limitatamenteal bordo e all’attacco superiore delle anse quandopresenti; solo nel caso di un fondo piano, verosi-milmente riferibile ad un tegame (n. 21), la vetrinaè stesa anche sulle pareti esterne17. Quest’ultima èper lo più trasparente, molto sottile e ben assorbitae solo in pochi manufatti colorata in verde e mar-rone mediante l’aggiunta di ossidi metallici.Le analisi condotte su due campioni di invetriateda Gorfigliano, come del resto supposte analogiecon le altre regioni del centro e del nord Italia dovefornaci che producono ceramica di uso comune fio-riscono abbondantemente e ovunque nel periodopost-medievale, (ARDITI, GOBBATO 2000 e GELICHI,LIBRENTI 1997, pp. 186-190) orientano verso unaproduzione circoscritta alla vallata del Serchio (cfr.“III gruppo” della classificazione di Sfrecola in que-sto volume). Tuttavia siamo ancora lontani dal po-ter identificare fornaci da ceramica nelle vicinanzedi Gorfigliano e al momento abbiamo certezza so-lamente di una, attiva a partire dagli inizi dell’Ot-tocento fra Pieve Fosciana e Castiglione, sul corsodel fiume Esarulo, i cui prodotti, caratterizzati daspessa invetriatura tendente al marrone sopra on-dulazioni di ingobbio bianco, non sembrano peròraggiungere questo centro18.

Scendendo nei dettagli delle forme, la più attesta-ta è la pentola a fondo piano di scarso diametro,con corpo globoso impostato su piede più o menoalto, brevi anse a nastro (di larghezza variabile da2,4 a 4 cm) attaccate appena sotto il breve orloestroflesso (nn. 14, 15), spesso interessate da unadigitatura centrale in prossimità dell’attacco su-periore che meglio le salda all’orlo (n. 16). Lepareti vanno assottigliandosi a mano a mano chesi procede verso l’alto e quasi una costante sono ilarghi solchi lasciati internamente dal tornio. Di-verse sono le attestazioni di questa forma di largadiffusione, sicuramente di lunga durata e fortuna(MANNONI 1970a, tav. IX) anche nel territorio dellaGarfagnana nel Post-medioevo. I più diretti con-fronti con le pentole di Gorfigliano, pur non sup-portati da una datazione stratigrafica, provengo-no dalla Rocca del Sillico (GIOVANNETTI 2000, p.400, tav. II, 7-8;11) e dal Convento di San Fran-cesco (GIOVANNETTI 2002, p. 285, tav. VI, 4-5) postientrambi a pochi km da Pieve Fosciana. I prece-denti di queste pentole invetriate che, almeno nelcaso di Gorfigliano, parrebbero riferibili allo scor-cio del XVIII secolo, si riscontrano, nella versio-ne monoansata, tra i materiali restituiti dal saggiocondotto nel mastio della Rocca di CastelnuovoGarfagnana con termine cronologico post-quemfissato alla seconda metà del Quattrocento (CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2000, p. 313, fig. 21, 5).L’altra tipologia di pentola presente a Gorfiglia-no, caratterizzata da corpo cilindrico, fondo con-vesso, bordo ingrossato internamente e piccoleanse a bastoncello rappresentata da un esemplarericostruibile quasi per intero (n. 19) e da diversialtri bordi, talvolta solcati esternamente da duerighe parallele, di cui però non si conservano leanse (n. 20), fa significativamente la sua compar-sa anche negli strati di fine Settecento delle Ver-rucole (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 239,fig. 15, 9) e trova stringenti confronti, per forma,impasto (di colore rosso fegato e ricco di inclusiquarzitici) e rivestimento vetroso (trasparente emolto sottile), con manufatti rinvenuti a Savona(Priamàr) e Genova (rispettivamente: BANDINI, DE

FERRARI 1994, p. 70, fig. 1; MILANESE 2001, p. 66,fig. 52) collocabili fra la seconda metà del XVIII egli inizi del XIX secolo per i quali rimane al mo-mento ancora incerta l’attribuzione a centri di pro-duzione provenzali o liguri.A completare le funzioni delle pentole appenadescritte, per la cottura di cibi asciutti, troviamo itegami, in tre varianti: 1) a pareti inclinate, fondopiano e orlo appuntito, leggermente estroflesso(n. 22) che, in taluni altri casi diffusi nel vicinoterritorio, sono corredati anche di beccuccio ver-satoio (GIOVANNETTI 2002, p. 285, tav. VI, 2 e CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 241, fig. 17) que-

16. Il costante utilizzo di un’argilla refrattaria di colore ros-so-arancio e con piccolissimi inclusi bianchi è stata ad esem-pio osservata per i manufatti prodotti in una fornace a Roma(PANNUZI 2001, p. 187).17. In vero la limitatezza della superficie conservata lasciadei leciti dubbi interpretativi.18. Le produzioni di invetriate di questa fornace, menzio-nata anche dallo storico locale R. Raffaelli nella secondametà dell’Ottocento (RAFFAELLI 1879, 243), sono in corsodi studio da parte di Paolo Notini che ringrazio per avermimostrato i relativi materiali. Il panorama della distribuzio-ne di questi manufatti nel territorio rimane ancora da defi-nire.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 62: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

94

st’ultimo integro da contesti databili fra Cinque eSeicento dalle Verrucole); 2) come il suddetto macon piccole prese a sezione triangolare; 3) semprea fondo piano ma a pareti pressoché diritte (n.21). In vero, per quest’ultimo, l’esiguità della su-perficie conservata lascia molte perplessità rico-struttive anche se è probabile che termini in unsemplice orlo arrotondato come certi bassi tega-mi attestati a Verrucole in strati della fine del Set-tecento (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 239,fig. 15, nn. 7, 8).La possibilità di trovare confronti assai puntualifra i manufatti invetriati di Gorfigliano e quelli dialtri più antichi contesti scavati in Garfagnana,come Verrucole e la Rocca di Castelnuovo è, essastessa, una prova tangibile dell’immobilismo checaratterizza questa classe ceramica, del resto datempo rilevato anche per altri ambiti geografici19.Il recupero ceramico dall’area del baluardo di S.Donato Vecchio a Lucca (ABELA, GUIDI 1991) per-mette inoltre di constatare stringenti analogie frai manufatti invetriati da cucina in uso in città apartire dallo scorcio del Basso Medioevo e quellidiffusi a Gorfigliano e, più in generale, nel terri-torio della Garfagnana.A Gorfigliano le forme aperte (pentole e tegami)prevalgono decisamente su quelle chiuse (olle),rimanendo così la piccola olla dal corpo filettato(n. 23), probabilmente utilizzata come contenito-re da mensa e/o da dispensa, data anche la man-canza di tracce di incrostazioni carboniose sul cor-po, un caso isolato. Tutto ciò, unitamente all’as-senza dei coperchi, almeno nei contesti indagati,permette di avvicinare la situazione di questo cen-tro a quella registrata in molti altri villaggi fortifi-cati della Toscana Meridionale sia pure relativa-mente a fasi cronologiche più alte (GRASSI 1999,p. 433).Infine, le riscontrabili analogie fra il pentolame in-vetriato in uso per la preparazione dei cibi a Gorfi-gliano verosimilmente in associazione a paioli me-tallici ancora utilizzati fino a qualche decennio faper la cottura delle “basilari” polente di farina gial-la e di castagne, per loro natura non restituiti dagliscavi ma ben rappresentati, ad esempio, nella rac-colta etnografica di San Pellegrino, e quello pro-prio di complessi militari (Rocca di Castelnuovo,fortezza di Verrucole e Rocca del Sillico) e religiosi(Convento di San Francesco) testimoniano l’omo-

geneità, almeno nell’ambito delle dotazioni da cu-cina, nei diversi contesti sociali.Un’occasione di approfondimento su questa clas-se ceramica in relazione alle fasi post-medievalipotrà essere fornita, in futuro, dall’individuazio-ne di eventuali fabbriche locali che i risultati delleanalisi condotte su alcuni dei campioni di Gorfi-gliano sembrano indiziare.

Catalogo

14. US 1176. Pentola con bordo estroflesso e dirittosul quale si impostano anse simmetriche a nastro digi-tate. Internamente presenta sottili righe da tornio. Im-pasto sabbioso fine di colore marrone chiaro con radiinclusi quarzitici. Rivestimento vetroso interno di co-lore marroncino; esterno nudo.15. US 1116. Fondo piano di pentola, ventre ovoide,breve bordo svasato e doppie anse a nastro contrappo-ste. Impasto duro di colore arancio, con abbondantiinclusi quarzitici. L’interno è rivestito di vetrina mar-roncina, sottile e aderente che ricopre anche parzial-mente l’orlo e l’ansa.16. US 2201. Anse simmetriche a nastro impostate ap-pena sotto l’orlo che si presenta diritto e interessate dauna digitatura in prossimità dell’attacco superiore. Im-pasto fine sabbioso di colore rosato con radi inclusibianchi. Rivestimento vetroso trasparente interno scon-finante anche esternamente sull’ansa (GIOVANNETTI

2000, p. 400, tav. II, 7-8, 11).17. US 2130. Pentola con fondo piano; ampie solcatu-re da tornio interne. Fine impasto sabbioso di coloremattone chiaro con radi inclusi quarzitici. Spesso stra-to di vetrina di colore marrone, a tratti saltata all’inter-no; esterno nudo lisciato con un panno.18. US 3502. Come 17 ma con vetrina interna spessadi colore verde cupo.19. US 2203. Pentola con corpo cilindriforme e paretisottili, fondo concavo; bordo appuntito con sagomaturainterna, corte anse simmetriche a bastoncello quasi ade-renti al corpo. Impasto color camoscio con molti inclusiquarzitici anche affioranti in superficie rendendola sca-bra. Rivestimento vetroso interno con colature irregola-ri anche sulla superficie esterna nuda (BANDINI, DE FER-RARI 1994, p. 70, fig. 1; MILANESE 2001, p. 66, fig. 52).20. US 2101. Pentola con pareti sottili e leggermentearcuate in direzione del fondo; bordo rastremato e sa-gomato internamente, mentre all’esterno è interessatoda due linee parallele incise a punta sottile. Impasto dicolore camoscio scuro con inclusi quarzitici affiorantianche in superficie che la rendono scabra. Rivestimen-to vetroso interno; esterno nudo.21. US 3506. Tegame con fondo piano sul quale si im-postano pareti diritte. Fine impasto sabbioso con mi-nutissimi inclusi quarzitici. Vetrina interna ed esternatrasparente, molto sottile ma coprente. Sul fondo sinotano pesanti incrostazioni carboniose (CIAMPOLTRINI,NOTINI, ROSSI 2002, p. 239, fig. 15, nn. 7, 8).22. US 2130. Tegame con pareti inclinate e bordo ap-puntito, leggermente estroflesso, fondo piano. Impa-

19. Le forme del pentolame con il secolo XV si uniforma-no in tutto il territorio ligure e probabilmente anche oltrei suoi confini; i manufatti di uso comune seguono schemifunzionali e di linea uniformi in tutto il territorio (MANNO-NI 1970a, p.. 313). Sulla lunga durata dei recipienti inve-triati in associazione a tegami di varia foggia fino a tutto ilXVIII secolo anche in contesti emiliani cfr. GELICHI, LIBRENTI2001, p. 23.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 63: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

95

sto sabbioso di colore beige con inclusi quarzitici. Spessorivestimento vetroso interno marroncino che assumetonalità madreperlacee sulla tesa; esterno nudo conminute righe parallele da lisciatura a panno.23. US 2130. Olletta dal bordo estroflesso ed arroton-dato appena sotto il quale si impostano due piccole ansesimmetriche a nastro con digitatura saldate a crudo alcorpo emisferico dopo che questo era stato filettato.Impasto sabbioso di colore beige con frequenti inclusiquarzitici. Sottile stato di copertura vetrosa trasparen-te solo interna.

L.G.

3.1.3 Ceramica ingobbiata

INGOBBIATE CHIARE

La ceramica cosidetta ingobbiata chiara si contrad-distingue dalle forme monocrome, per il tipo dirivestimento, che, analogamente ai prodotti graf-fiti e dipinti, è una vetrina incolore o con tonalitàleggermente paglierine, che grazie all’ingobbiosottostante risulta bianca. Per questo motivo inmolte pubblicazioni compare anche sotto la defi-nizione di ingobbiata monocroma bianca.Dallo scavo di Gorfigliano provengono 395 fram-menti di questo tipo ceramico, pari a 1,500 kg, checorrispondono al 9% della ceramica totale, con va-lori quindi che si avvicinano molto a quelli della ce-ramica ingobbiata monocroma. Nell’esame delleproduzioni ingobbiate sono stati classificati in que-sta categoria molti frammenti, che per le loro di-mensioni potrebbero anche appartenere alle zonenon decorate di forme dipinte e graffite. Le analogieformali e tecnologiche con le tipologie decorate nonpermettono infatti di distinguerle se non in casi incui il frammento conserva tracce anche minime didecorazione o si tratti di forme ricostruibili.La distribuzione di questi reperti nelle aree di sca-vo è abbastanza omogenea, con una maggiore at-testazione nei livelli di riporto settecenteschi.Come per gli altri tipi ceramici postmedievali,anche in questo caso non abbiamo materiale cheproviene dai livelli d’uso.Dall’esame di questo campione si evidenzia la pre-dominanza assoluta delle forme aperte (Fig. 86), circa70, di cui riconoscibili tre piatti e tre ciotole, mentreè documentato un numero minimo di 10 forme chiu-se, di cui tre boccali. Le forme delle ingobbiate chia-re riprendono in genere i tipi propri delle produzio-ni graffite. Si tratta di un fenomeno ampiamentedocumentato nelle fabbriche che producono formedecorate, sia ingobbiate che smaltate, dove la pro-duzione di versioni monocrome permette di diffe-renziare l’offerta, anche dal punto di vista economi-co. Gli studi realizzati negli ultimi anni hanno evi-

denziato comunque la riduzione morfologica in al-cune di queste produzioni con l’inserimento di nuo-ve forme, generalmente più funzionali20 (GOBBATO

1996).Tra le forme aperte sono attestate soprattutto cio-tole con cavetto emisferico su piede a disco, e piattisenza tesa, ma con bordo estroflesso. Per quantoriguarda invece le forme chiuse sono stati rinve-nuti beccucci versatoi relativi a boccali con borditrilobati, e anse a nastro, la cui morfologia trovastretti confronti con i tipi graffiti.L’area di provenienza di questo materiale è sicura-mente emiliana, prodotto nelle stesse fabbriche dacui provengono le ceramiche graffite e ingobbiatemonocrome. Confronti stringenti con produzioniemiliane databili tra la metà del XVI e la metà delXVII secolo si osservano ad esempio per la forma28, attestata anche con decorazione dipinta poli-croma e in monocromia gialla-marrone21.

Catalogo

24. US 1176. Ciotola con cavetto emisferico, bordo ret-tilineo con orlo arrotondato. Impasto rosa cuoio, duro edepurato. Rivestimento interno con vetrina incolore,sottile e poco aderente su ingobbio bianco, esterno nudo.25. US 3507. Forma chiusa con ventre globulare, sufondo a disco concavo, esternamente scanalato. Impa-sto rosa cuoio, tenero con inclusi bianchi. Rivestimen-to con vetrina incolore, sottile e cavillata su ingobbiobianco all’esterno, e sola vetrina all’interno.26. US 2101. Forma aperta su fondo piano. Impastorosa, duro e depurato. Rivestimento con vetrina inco-lore, sottile e aderente su ingobbio bianco.27. US 2130. Boccale con collo svasato e orlo arroton-dato, conserva l’attacco dell’ansa a nastro. Impasto rosachiaro, duro e depurato. Rivestimento esterno con ve-trina incolore, sottile e brillante su ingobbio bianco,all’interno vetrina marroncina. (GELICHI, MINGUZZI

1986, p. 89, tav. XXXVI, n. 4)28. US 3501. Piatto con bordo estroflesso non distintodal cavetto. Impasto cuoio, tenero con inclusi rossi.Rivestimento interno con vetrina incolore, sottile e pocoaderente su ingobbio bianco (CORNELIO CASSAI 1992, p.195, fig. 5, nn. 2 e 4).29. US 2101. Ciotola con bordo dal profilo leggermentecarenato, orlo arrotondato e cavetto emisferico. Impa-sto rosa cuoio, duro e depurato. Rivestimento internocon vetrina incolore, sottile e poco aderente su ingob-bio bianco.30. US 2130. Fondo su piede concavo con esterno sa-gomato, di forma aperta. Impasto rosa, duro e depura-to. Rivestimento interno con vetrina incolore, sottile e

20. È evidente la semplicità di produrre forme saltando lafase della decorazione, mentre più significativa è l’adozio-ne di nuove forme.21. Vedi il n. 38 delle ceramiche ingobbiate monocrome

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 64: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

96

aderente su ingobbio bianco (CORNELIO CASSAI 1992, p.195, fig. 5, nn. 6 e 10)31. US 2130 Ciotola con profilo carenato e orlo arro-tondato. Impasto rosa cuoio, tenere, con vacuoli. Ri-vestimento interno con vetrina incolore, sottile e pocoaderente su ingobbio bianco.32. US 1167 Forma aperta su fondo con piede piano,leggermente distinto all’esterno dal cavetto. Impastocuoio rosato, duro con inclusi bianchi. Rivestimentointerno con vetrina incolore, sottile e aderente su in-gobbio bianco Si tratta probabilmente di un piatto (NE-POTI 1992, p. 305, fig. 8.76, anche se in questo caso sitratta di forme con vetrina verde)33. US 1170. Piccola ciotola con cavetto dal profilocarenato e alto piede svasato con fondo piano. Impastocuoio rosato, tenero con inclusi rossi. Rivestimento in-terno con vetrina incolore, poco aderente su ingobbiobianco (GELICHI MINGUZZI 1986, p. 87, tav XXXIV, 22,attestata nelle forme graffite)

INGOBBIATE MONOCROME

La ceramica ingobbiata monocroma rinvenuta nelcastello di Gorfigliano costituisce un gruppo di285 frammenti, pari a un peso di circa 1,500 kg, ecorrispondenti al 7% del materiale ceramico to-tale. Bisogna comunque sottolineare che come nelcaso delle ingobbiate chiare, le ridotte dimensionidella maggior parte dei frammenti impedisconodi determinare in molti casi se si tratti di formetotalmente monocrome o con decorazioni graffi-te al centro del cavetto o sui bordi.Questo tipo di ceramica, che affianca le produ-zioni graffite o dipinte, si concentra nei livelli diriporto agricoli della fase 6c, provenienti soprat-tutto dai settori 2100 e 2200, dove questa attivitàè documentata in modo più consistente. Sporadi-ca e occasionale è la sua presenza nei livelli di can-tiere e d’uso delle case del borgo, soprattutto neisecoli XVII e XVIII; mentre solo due frammentiprovengono dai lavori di ricostruzione della cintamuraria databili al XVI secolo.Grazie alle analisi petrografiche realizzate su unadiscreta quantità di campioni si è potuto determi-nare che la maggior parte delle ingobbiate mono-crome rinvenute a Gorfigliano provengono dal-l’area emiliana, e più precisamente dall’area mo-denese o da aree limitrofe alla Garfagnana. Esistepoi un gruppo più ridotto di prodotti caratteriz-zati da un corpo ceramico carbonatico, tenero edi colore cuoio chiaro, che trova confronti conscarti di fornace dell’area costiera romagnola22.Si tratta di una conferma di ciò che emerge dallericerche archeologiche realizzate nel resto dell’al-

ta Garfagnana dove risulta dominante la presenzadi prodotti emiliani, con una modesta concorren-za da parte delle ceramiche toscane (CIAMPOLTRI-NI, NOTINI, ROSSI 2000). Secondo i dati editi sul-l’Emilia Romagna, la produzione di forme ingob-biate monocrome non graffite si afferma soprat-tutto a partire dalla seconda metà del XVI secolo,mutuando il repertorio formale dei prodotti de-corati, ma con l’aggiunta di nuovi tipi funzionali(GELICHI, LIBRENTI 1997, p. 198).Dallo studio di questo gruppo ceramico emerge lapresenza di circa 80 forme aperte, di cui 4 ciotole, 5catini, 2 piatti e 4 forme chiuse (Fig. 87). La mag-gior parte di queste forme è rivestita con una vetrinadi buona qualità di colore giallo-marrone, talvoltalionata, mentre più raro è l’utilizzo di vetrine verdi,che, data la frammentarietà dei reperti, non possia-mo determinare se questa diversa colorazione indi-chi anche una differenziazione morfologica23.I frammenti relativi alle forme chiuse indicano lapresenza di boccali con fondo piano e piede ester-namente sagomato e con ansa a nastro, mente nonabbiamo elementi per determinare il tipo di colloe se erano dotate di beccuccio versatoio.Le forme aperte presentano variazioni nel cavettoe nel bordo ma si caratterizzano tutte per il fondocon piede a disco concavo. Sono attestati solo duepiatti con tesa confluente e bordo estroflesso (n.37), mentre la forma decisamente più frequente èquella del catino con bordo carenato e orlo estro-flesso (nn. 38-41), che sembra derivare dalle cio-tole della graffita a stecca monocroma, tipichedell’area ferrarese (NEPOTI 1992, p. 312, fig. 12,nn. 99-100). Per questa forma non sono stati tro-vati confronti in area emiliana, e non si escludeuna produzione locale, databile tra il XVII e ilXVIII secolo24. È interessante inoltre che questotipo di forma non compaia neanche tra le ingob-biate graffite o dipinte, o nelle monocrome chia-re, trattandosi forse di una forma peculiare di unaproduzione monocroma di diffusione locale.Tra le forme con rivestimento lionato è presenteuna piccola ciotola, con profilo carenato e dotatadi due anse ad occhiello contrapposte.

Catalogo

34. Recupero superficiale. Catino troncoconico, conbordo rettilineo e orlo arrotondato. Impasto arancio

23. Nei contesti emiliani, e specialmente in quelli ferraresisi osserva infatti una differenziazione morfologica con l’uti-lizzo preferenziale di vetrine verdi soprattutto in grandicontenitori funzionali come catini e versatori (NEPOTI 1992,pp. 302-307).24. Una fabbrica che produce ceramiche ingobbiate e ma-culate è documentata a Castiglione di Garfagnana, nel XVIIIsecolo (MILANESE 1994a, p. 90).

22. Si fa riferimento al gruppo IV identificato da SergioSfrecola, vedi Par. 3.2 in questo stesso Capitolo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 65: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

97

Fig. 87 – Ceramica ingobbiata monocroma e policroma rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

tenero, depurato. Rivestimento interno con vetrina gial-la, sottile e aderente, su ingobbio bianco.35. US 3202. Forma aperta su fondo con piede a discoconcavo, distinto all’esterno dal cavetto. Impasto cuo-io rosato, duro, con inclusi di chamotte. Rivestimento

interno con vetrina gialla, sottile e poco aderente suingobbio bianco.36. US 2130. Forma aperta con cavetto emisferico supiede a disco concavo, distinto all’esterno. Impasto rosaarancio, tenero, con inclusi bianchi e vacuoli. Rivesti-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 66: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

98

mento interno con vetrina gialla, sottile e poco aderen-te, su ingobbio bianco.37. US 2130. Piatto con tesa confluente, bordo estro-flesso e orlo appuntito. Impasto cuoio rosato, duro convacuoli. Rivestimento interno con vetrina gialla, sottilee aderente su ingobbio bianco.38. US 3506. Catino o ciotola con profilo carenato, bor-do estroflesso e orlo arrotondato. Impasto rosa arancio,tenero, con inclusi bianchi. Rivestimento interno convetrina gialla, sottile e cavillata su ingobbio bianco.39. US 2130. Catino o ciotola con profilo carenato,bordo estroflesso e orlo arrotondato. Impasto rosa cuo-io, duro depurato. Rivestimento interno con vetrinagialla, spessa e aderente su ingobbio bianco.40. US 2207. Catino o ciotola con profilo carenato,bordo estroflesso e orlo appuntito. Impasto cuoio ro-sato, duro, con inclusi rossi e bianchi. Rivestimentointerno con vetrina gialla, sottile e poco aderente suingobbio bianco.41. US 3210. Catino con profilo carenato, ma menoaccentuato rispetto alle forme precedenti, bordo estro-flesso e orlo arrotondato Impasto rosa cuoio, duro coninclusi bianchi arrotondati. Rivestimento interno convetrina gialla, sottile e aderente su ingobbio bianco.42. US 2203. Forma aperta su fondo con piede a discoconcavo. Impasto arancio, tenero e depurato. Rivesti-mento interno con vetrina gialla, sottile e aderente suingobbio bianco.43. US 3202. Ciotola con bordo estroflesso e orlo ap-puntito, cavetto dal profilo carenato e doppia ansa adocchiello contrapposta. Rivestimento interno ed ester-no con spessa vetrina gialla e lionata, aderente e cavil-lata, su ingobbio bianco (GELICHI, MENGUZZI 1986, p.67, tav. XVIII, n. 8, nella versione graffita).

INGOBBIATA POLICROMA

La ceramica ingobbiata policroma proveniente dalcastello di Gorfigliano è rappresentata da 133frammenti, pari a circa 750 grammi di peso, rin-venuti in gran parte nei livelli di riporto agricolosette e ottocenteschi.La maggior parte dei frammenti appartiene a for-me aperte, e in particolare a catini o ciotole, esolamente 22 frammenti sono riconducibili a boc-cali (Fig. 88). La quantificazione di questa classepotrebbe comunque essere leggermente alterataper la presenza di piccoli frammenti, appartenen-ti forse alle coeve produzioni graffite.Le analisi realizzate sugli impasti permettono didelimitare l’area appenninica e modenese comezona di provenienza di queste ceramiche, anche senon escludiamo la presenza di prodotti di area pi-sana come attestato dal campione n. 64. Le carat-teristiche degli impasti, piuttosto omogenei, e deirivestimenti impedisce però di distinguere per ilmomento le ceramiche emiliane da quelle pisane.L’esemplare più antico individuato proviene dalriempimento della torre semicircolare US 2111,

appartenente alla ristrutturazione delle mura nelcorso del XV secolo. Si tratta del fondo di una for-ma aperta con piede a disco e il cavetto piuttostoschiacciato forse attribuibile ad un piatto. L’impa-sto e il rivestimento sono di buona qualità sebbenela decorazione sia realizzata con colori molto dilu-iti, di cui si intravede solo una linea verde.Lo studio del resto del materiale ha permesso diindividuare due gruppi principali. Il primo è com-posto da forme aperte con una decorazione in gial-lo e verde o solo in verde, che affiancano nel corsodel XVI secolo le produzioni graffite, imitando tal-volta le ultime forme e decorazioni di maiolica ar-caica. L’altro gruppo, numericamente meno rile-vante, è rappresentato da catini con una decora-zione affrettata ma molto caratteristica, dipinta inverde scuro e barbottina, che, presente anche nellaversione graffita, viene prodotta nella Toscana set-tentrionale nel corso del XVIII secolo.Tra i prodotti databili al XVI secolo abbiamo ungruppo di forme aperte decorate in verde e giallo,il cui motivo meglio identificato è quello del gra-ticcio dentro un ovale, che trova confronti in areabolognese ma anche in diversi centri emiliani (NE-POTI 1991, p. 330), riprendendo motivi della coe-va produzione graffita. Gli altri frammenti sonoinvece decorati con bande in giallo e verde, cheformano probabilmente un motivo di tipo geo-metrico. A bande è anche la decorazione che com-pare sui boccali, anche se si tratta per lo più dipiccoli frammenti che non ci permettono di rico-struire il tipo di forma.Per quanto riguarda le forme aperte si conserva-no soprattutto fondi su piede concavo, mentrepochi sono gli orli, riconducibili a piccole ciotolecon bordo estroflesso e un catino con bordo a fa-scia ingrossato (n. 47).Una produzione a parte sembra essere quella delleingobbiate con decorazione in monocromia verde,

Fig. 88 – Attestazione della ceramica ingobbiata policromanel periodo postmedievale.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 67: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

99

con motivi raggiati e bande orizzontali sotto l’or-lo, che presenta talvolta esemplari di buona quali-tà. Si tratta di motivi tratti evidentemente dallaproduzione tardiva della maiolica arcaica. Anchein questo caso si tratta soprattutto di ciotole sufondo a piede concavo e orlo estroflesso. In unsolo caso (n. 50) l’orlo ingrossato verso l’internopotrebbe appartenere ad un piccolo catino. Gliimpasti si presentano piuttosto omogenei e depu-rati con una colorazione sul rosa aranciato, e i ri-vestimenti, che coprono quasi sempre solo l’inter-no della forma, sono piuttosto scadenti con ampidistacchi di vetrina. I motivi sono tracciati in modomolto corsivo, con colori spesso molto diluiti.Un solo frammento di ciotola presenta invece unadecorazione geometrica in monocromia azzurra,rivestito con una vetrina di qualità che copre l’in-tera forma. Le dimensioni sono piuttosto ridotteper permettere una migliore identificazione del-la forma e quindi una sua attribuzione, sebbenela produzione di ingobbiate dipinte in blu sia am-piamente attestata nel Ferrarese e nel Modenese(GELICHI, LIBRENTI 1997, p. 198).Questi prodotti che affiancano le ceramiche graf-fite costituiscono una produzione minore dal pun-to di vista quantitativo che tende a scomparirenella seconda metà del cinquecento, soppiantatadalle marmorizzate e maculate. Un esempio ca-ratteristico dell’andamento di questa produzio-ne è rappresentato dallo scavo della fornace diSan Giovanni in Persiceto dove le ingobbiate po-licrome costituiscono gran parte della produzio-ne nella prima metà del XVI secolo, per ridursinotevolmente nella seconda metà (GELICHI 1986b,p. 60). La diffusione di queste ceramiche in Gar-fagnana è comunque rilevante, facendo supporrela loro produzione in ambito locale, insieme allegraffite e alle invetriate.Infine un gruppo più ridotto di ingobbiate poli-crome, di soli 14 frammenti appartiene ad unaproduzione databile tra il XVIII e il XIX secolo,che comincia ad essere nota in seguito alla pub-blicazione di diversi rinvenimenti nel nord dellaToscana, inclusa la Garfagnana (MILANESE 1994a).Si tratta quasi esclusivamente di catini troncoco-nici con orlo estroflesso e le linee del tornio benmarcate all’esterno della forma, su fondi con pie-de piano o concavo. Gli impasti sono sempre piut-tosto depurati, mentre il rivestimento che copresolo l’interno della forma, può variare molto nellaqualità. Questa produzione presenta due varian-ti, una graffita e l’altra solo dipinta.Tra gli esemplari dipinti abbiamo un grande cati-no con decorazione a girandola in verde al cen-tro del cavetto, forse da associare ad un fram-mento di orlo con dipinto un ricciolo in verde(n. 52). Un’altra decorazione attestata è quella a

pennellate in verde sul bordo che trova confronticon un esemplare rinvenuto nella fortezza delleVerrucole (n. 53; CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI

2002, fig. 21, n. 2). In alcuni frammenti però, dipiccole dimensioni, ricorre il motivo di pennella-te in verde e rosso, analogo a quello delle formegraffite.Questa produzione è stata finora attribuita a nonmeglio precisati centri del Valdarno, dove la suadiffusione sembra rilevante. Le analisi realizzatesu di un campione di Gorfigliano indicano peròcome area di provenienza la pianura emiliana, di-mostrando quindi la possibilità della diffusione diquesto tipo di ingobbiata policroma anche in areatransappenninica dove per il momento non sononoti confronti editi.

Catalogo

44. US 2132. Forma aperta con fondo su piede a discoconcavo. Impasto rosa aranciato, duro con diffusi va-cuoli, presenta un annerimento esterno per esposizio-ne al fuoco. Rivestimento interno con vetrina giallopaglierino, aderente e cavillata su ingobbio bianco.Decorazione interna poco visibile, di cui si distingueuna linea dipinta in verde molto diluito che attraversail cavetto. Emilia, XV secolo (seconda metà?).45. US 1167. Forma aperta su fondo con piede piano.Impasto rosa aranciato tenero, con piccoli inclusi bian-chi e rossi. Rivestimento interno con vetrina giallo pa-glierino, sottile e aderente su ingobbio bianco. Delladecorazione dipinta solo si conserva parte di una fasciaorizzontale in giallo a metà della parete del cavetto.Emilia, XVI secolo.46. US 2201. Forma aperta su fondo con piede a discoconcavo. Impasto rosa aranciato, tenero con schiari-mento superficiale. Rivestimento interno con vetrinaincolore, sottile e aderente su ingobbio bianco. Deco-razione centrale con graticcio in giallo e verde, concolori molto diluiti. Emilia, XVI secolo (NEPOTI 1991,p. 330, n. 352).47. US 2139. Catino con bordo a fascia ingrossato, ca-renato. Impasto arancio duro, con inclusi di chamotte.Rivestimento interno con vetrina giallo paglierino sot-tile e poco aderente, su ingobbio bianco, all’esternovetrina marroncina. Decorazione limitata al cavetto conpennellate in verde. Emilia, XVI secolo.48. US 3202. Forma aperta su fondo con piede a disco.Impasto rosso duro, depurato. Rivestimento interno convetrina incolore sottile e aderente su ingobbio bianco.Decorazione interna con raggiera in verde al centro delcavetto. Emilia, XVI secolo.49. US 1116. Ciotola con cavetto emisferico e bordoingrossato. Impasto rosa arancio, duro, depurato. Ri-vestimento interno con vetrina incolore, sottile e pocoaderente su ingobbio bianco. La decorazione consistein macchie e colature verdi sulla superficie interna.50. US 3508. Catino con orlo ingrossato e appiattito.Impasto arancio, duro depurato. Rivestimento internocon vetrina incolore, sottile e aderente su ingobbio bian-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 68: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

100

co. Decorazione formata da una fascia sotto l’orlo chesi incrocia con una linea che attraversa il cavetto, inverde. Emilia, XVI secolo.51. US 1167. Ciotola con orlo ingrossato ed estrofles-so. Impasto arancio, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina incolore, spessa e brillante su in-gobbio bianco. Decorazione interna con pennellate inverde, che formano probabilmente un motivi geome-trico. Emilia, XVI secolo.52. US 3202. Forma aperta su fondo con piede a disco.Impasto rosso, duro con inclusi bianchi. Rivestimento in-terno con vetrina incolore, sottile e brillante su ingobbiobianco, che ricopre anche l’esterno della forma. Decora-zione interna con girandola in verde. Area valdarnese,XVIII-XIX secolo (MILANESE 1994b, p. 205, fig. 12).53. US 3502. Catino con orlo estroflesso con le linee deltornio marcate all’esterno. Impasto arancio, duro convacuoli. Rivestimento interno con vetrina incolore, sot-tile e aderente su ingobbio bianco. Decorazione con pen-nellate in verde sulla tesa. Valdarno, XVIII-XIX secolo(CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 243, fig. 21, n. 2).

S.G.

MARMORIZZATA

La classe della ceramica “marmorizzata”, così defi-nita per gli effetti decorativi conferiti ai pezzi dal-l’abbondante uso di ingobbio, sparso a pennellateondulate sotto il rivestimento vetroso, introdottanelle officine pisane nella seconda metà del XVIsecolo (BERTI 1994a, p. 373; BERTI 1997, p. 46) èrappresentata a Gorfigliano da 97 frammenti daiquali sono parzialmente ricostruibili una decina diforme, tutte aperte (Fig. 89). Questi sono stati prin-cipalmente rinvenuti decontestualizzati negli stratidi riporto agricolo notando una particolare con-centrazione nei settori di scavo 3500 e 3200. Pro-prio due frammenti di “marmorizzata” permetto-no di circoscrivere entro il XVI secolo l’US 3230costituente il battuto pavimentale relativo all’abi-tazione messa in luce nella parte bassa del borgoorientale, nei pressi del vecchio cimitero.Sulla base delle caratteristiche cromatiche del rive-stimento vetroso e del sottostante ingobbio si rico-noscono nel nostro caso tre gruppi di “marmorizza-te”: 1) a bicromia bianco-marrone, ottenuta attra-verso ingobbio bianco e copertura con vetrina piom-bifera incolore; 2) a bicromia giallo-marrone risul-tato di un rivestimento vetroso di colore giallognolosopra ingobbio bianco; 3) a policromia bianco-ver-de-marrone effetto dell’uso congiunto di ingobbi diqueste tonalità sotto vetrina trasparente.I primi due gruppi costituiscono senz’altro i piùnumerosi. Nel primo sono ben identificabili alcunitipi morfologici della più antica produzione pisanadello scorcio del XVI secolo; soprattutto scodellea calotta, prive di tesa (n. 54: cfr. BERTI 1994a, p.390, fig. 30, tipo Ac 7; n. 55: cfr. Ibidem, p. 389,

fig. 29, Tipo Ab 3) o a tesa appena accennata (n.56: cfr. Ibidem, p. 389, fig. 28, tipo Ab 2), tuttecaratterizzate da un buon rivestimento vetroso an-che nella parte esterna, di frequente recante la me-desima decorazione “marmorizzata” dell’interno.In questi casi sono osservabili l’assottigliamentodelle pareti e il loro buon modellamento, peculia-rità che, unitamente alla raffinatezza del rivestimen-to, fanno della “marmorizzata” la classe di mag-gior pregio fra le ingobbiate (BERTI, TONGIORGI 1982,p. 173), evidentemente destinata, anche nel casodi Gorfigliano, a soddisfare le mense più ricercate.Il secondo gruppo, differisce tipologicamente dalprimo oltreché per la tonalità di colore, per un piùlimitato effetto “marmorizzato” relativamente adalcuni pezzi, spesso ridotto a brevi tratti o a mac-chie e per un rivestimento esterno di più scadentequalità: abbiamo generalmente solo vetrina moltoassorbita ma sono diversi i casi nei quali questa èassente. I tipi morfologici riconoscibili orientanoverso produzioni probabilmente di una fase piùavanzata rispetto alle precedenti come sembra in-diziare una loro minore cura formale, per le qualirisulta difficile avanzare l’area di provenienza. Leforme permangono a calotta con bordino in lieveaggetto (n. 57: cfr. BERTI 1994a, p. 379, fig. 1, tipoAa) o semplicemente arrotondato, fondo piano leg-germente concavo (n. 58: cfr. Ibidem, p. 382, fig.13b), pareti caratterizzate da uno spessore general-mente maggiore rispetto ai tipi del I gruppo.Il terzo gruppo è il più esiguo, con pochi fram-menti e talmente minuti da impedire un’analisimorfologica, fatta eccezione per due forme. Si trat-ta di una scodella a pareti sottili e bordo arroton-dato (n. 60) e di una ciotola presentante fondopiano (n. 61). Le analisi di laboratorio (campionen. 62; cfr. Sfrecola in questo volume) non esclu-dono un’area di produzione emiliana ed in parti-colare del modenese. Significativamente le pro-duzioni “marmorizzate” caratterizzate nella fini-tura da ferraccia, ramina e manganese sono quel-le di Carpi (GELICHI, LIBRENTI 1997, p. 200)

Catalogo

Ingobbio bianco sotto vetrina trasparente54. US 2130. Recipiente tronco-conico, bordo arro-tondato e lievemente estroflesso. Impasto duro e depu-rato di colore rosso mattone. Analogo rivestimento dibuona qualità sia interno sia esterno (cfr. BERTI 1994a,p. 390, fig. 30, tipo Ac 7; seconda metà XVI secolo).55. US 2214. Recipiente tronco-conico, bordo ingros-sato esternamente. Impasto duro e depurato di colorerosso mattone. Analogo rivestimento di buona qualitàsia interno sia esterno (BERTI 1994a, p. 389, fig. 29,Tipo Ab3, seconda metà XVI secolo).56. US 3505. Scodella a piccola tesa percorsa da un

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 69: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

101

solco sottile. Impasto duro e depurato di colore rossomattone. Effetto marmorizzato solo all’interno; ester-no con spessa vetrina trasparente almeno nella partesuperiore del pezzo (Cfr. BERTI 1994a, p. 389, fig. 28,tipo Ab 2, seconda metà XVI secolo).

Ingobbio bianco sotto vetrina gialla57. US 3202. Scodella a calotta, fondo piano, bordinolievemente in aggetto verso l’esterno. Impasto durorosato con minuti inclusi bianchi. Il rivestimento ve-troso, molto spesso, travalica appena il bordo; per ilresto l’esterno è nudo con tracce da lisciatura a panno(BERTI 1994a, p. 379, fig. 1, tipo Aa; GIOVANNETTI 2002,p. 283, tav. IV, 6).58. US 3202/I. Recipiente a corpo emisferico, fondoleggermente concavo. Impasto rosato, duro e depura-to. L’ingobbio si presenta a macchie e striature sporadi-che. Il rivestimento vetroso interessa solo l’interno. Lasuperficie esterna si presenta scabra; sul fondo concre-zioni di argilla in prossimità dei margini (BERTI 1994a,p. 382, fig. 13, b).59. US 3202/I. Fondo piano leggermente concavo. Im-pasto rosato e depurato. Rade striature di ingobbio al-l’interno. Spessa vetrina interna e all’esterno, ma quiassai assorbita, tranne che sul piede. Ingobbio bianco-verde-marrone sotto vetrina trasparente

Ingobbio bianco-verde-marrone sotto vetrina trasparente60. Recupero superficiale. Scodella a pareti sottili cul-minanti in un bordo arrotondato. Impasto rosato e depu-rato. All’interno ingobbio bianco con diverse striature in

verde e marrone sotto vetrina trasparente. Esterno nudo.61. US 2206. Ciotola a fondo piano. Impasto depurato dicolore rosa. Ingobbio bianco con larghe e diffuse pennel-late ad ingobbio in diverse tonalità di ramina e ferraccia.Spesso e cavillato rivestimento vetroso interno. Esternonudo.

MACULATA

La classe ceramica della “maculata” cosiddetta perpresentare maculazioni di ingobbio sotto vetrina,produzione da mensa prevalentemente espressa daforme aperte, assai diffuse nelle fasi post-medie-vali e in relazione alla quale diversi centri di pro-duzione sono in via di definizione (MILANESE

1994a), è rappresentata a Gorfigliano da 10 fram-menti circoscrivibili entro il XVIII secolo (Fig. 89).Questi provengono dagli strati tardi di riportoagricolo e dalle unità stratigrafiche legate al can-tiere di ristrutturazione della torre sommitale con-dotto nella seconda metà del Settecento. Sono daessi parzialmente ricostruibili tre forme aperte,nelle seguenti varianti concernenti il rivestimen-to: a) esterno nudo ed interno con rada macula-zione in verde sbiadito su ingobbio bianco (nn.62-63); b) interno come sopra ed esterno con sot-tile strato di ingobbio bianco (n. 64); c) esternoed interno con il medesimo spesso rivestimento estessa decorazione maculata in verde cupo.

Fig. 89 – Ceramica marmorizzata, maculata e slip ware rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 70: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

102

Dagli scarsi contesti post-medievali noti della zonaricaviamo confronti per la scodella con accenno ditesa e labbro estroflesso (n. 64). Infatti esemplaripressoché identici si riscontrano fra i materiali discarico dello scorcio del XVIII secolo dal castellodi Verrucole (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p.243, fig. 21, 5) e, senza però un riferimento strati-grafico, dal convento di San Francesco di PieveFosciana (GIOVANNETTI 2002, p. 283, tav. IV, 2).In quest’ultimo contesto ritroviamo significativamen-te anche il grande catino privo di tesa con macula-zioni in verde più intenso e spesso rivestimento divetrina trasparente sia all’interno sia all’esterno (Ibi-dem, p. 283, tav. IV, 4) attestato a Gorfigliano daquattro minuti frammenti. Nel caso dei materiali diVerrucole la medesima scansione del piede a disco,la sequenza di costolature da tornio all’esterno, l’im-pasto depurato di colore rosso-mattone e le caratte-ristiche del rivestimento hanno permesso di identi-ficare un gruppo omogeneo, verosimilmente ricon-ducibile ad un unico centro manufatturiero (CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 247).Nel complesso, pur in assenza delle analisi degliimpasti di questi specifici casi ma su analogia conle altre classi di larga diffusione come lo “slip ware”e l’invetriata, possiamo ritenere le forme in “macu-lata” qui presenti il prodotto di botteghe di ambitosub-regionale, ubicate nella stessa Garfagnana e/op-pure nelle sue immediate vicinanze. Non sembraperò da escludere a priori anche un possibile ap-porto dalle fabbriche d’Oltreappennino conside-rando l’ampia attestazione di “maculate” a mac-chie verdi registrata in particolare nell’area fra Ar-genta e la Romagna (GELICHI, LIBRENTI 1997, p.200).

Catalogo

62. US 3506. Catino a pareti tendenzialmente verticalie bordino arrotondato leggermente estroflesso. Impa-sto depurato di colore rosso cuoio. All’interno ingob-bio bianco sotto vetrina sottile con macchie in verdeappena percettibili. Esterno nudo con colature di vetri-na e larghe solcature da tornio.63. US 2132. Catino a breve tesa estroflessa e corpoemisferico. Impasto depurato di colore rosa. Coper-tura ad ingobbio interna con tracce quasi evanidi dimaculazione sotto vetrina ormai scomparsa. Esternonudo.64. Recupero superficiale. Catino a corpo emisferico;breve tesa e bordo leggermente estroflesso a termina-zione arrotondata. Impasto depurato di colore rossocuoio. Rivestimento di ingobbio bianco esterno ed in-terno dove sono macchie in verde tenue; rivestimentovetroso solo interno. All’esterno colature di vetrina elarghe solcature da tornio (MILANESE 1994b, p. 205,fig. 10; per la forma e la decorazione GIOVANNETTI 2002,p. 283, tav. IV, 2 e CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p.243, fig. 21,5).

SLIP WARE

La classe dello “slip ware” – recipienti invetriatiall’interno e solo parzialmente all’esterno, deco-rati ad ingobbio con semplici linee parallele o on-dulazioni (GELICHI, LIBRENTI 1994, p. 17) – è rap-presentata a Gorfigliano da 37 frammenti di mi-nute dimensioni (Fig. 89). Questo tipo di cerami-ca fa la sua prima comparsa nel periodo 5a (XVIIsecolo), nell’US 3515, con un minuto frammentodi parete al limite della leggibilità recante un trat-to di ingobbio bianco di forma circolare sotto ve-trina marrone; mentre all’esterno vetrina paglie-rina molto deteriorata. Ma le più consistenti atte-stazioni si concentrano nel periodo 6c (XVIII se-colo), decontestualizzate in riporti di terreno dinatura agricola, e in misura molto minore, neisuccessivi periodi 7 e 8 (XIX-XX secolo).L’unica forma molto parzialmente ricostruibile èquella di un’olla o pignatta ansata (o biansata ?)con ansa a nastro, presentante digitatura nel pun-to di contatto con il bordo che si presenta breve eleggermente ingrossato, decorato al culmine constriscia sottile e continua di ingobbio giallognolo(n. 65). Per tipologia, rivestimento (vetrina mar-rone spessa e brillante sia all’interno sia all’ester-no), decori lineari e ondulati (?) ma corsivi, pareavvicinarsi all’esemplare rinvenuto negli strati difine XVIII secolo nel castello di Verrucole (CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 244, fig. 22), rap-presentante un contenitore adatto sia ad uso cuci-na sia mensa, in coesistenza con il più abbondantepentolame invetriato.La maggior parte dei rimanenti frammenti di Gor-figliano costituiscono pareti sottili pochi milli-metri, plausibilmente relative alla suddetta tipo-logia di contenitore, tutti caratterizzati da spes-so rivestimento vetroso sia interno sia esterno(per lo meno nella parte superiore del pezzo) edecorazione ad ingobbio, resa a sottili ed assairavvicinate righe parallele con un colore variabi-le dal bianco al giallo tenue. La presenza di in-crostazioni carboniose su due di questi pezzi te-stimoniano un loro utilizzo per la cottura dei cibia riverbero del focolare. Confronti stringenti perdecorazioni, tipo di rivestimento e impasto (al-meno ad un’analisi macroscopica) provengonoda Lucca, dal nucleo di materiali recuperato dalbaluardo di San Donato Vecchio tra i quali sonostati significativamente segnalati alcuni scarti dilavorazione testimonianti una produzione in loco(ABELA, GUIDI 1991, p. 19, tav. I).Isolato appare invece il frammento di pomellorelativo ad un coperchio, in vero molto deterio-rato, di cui rimane l’attacco cilindriforme, perpresentare una disordinata “maculazione” scurasotto la spessa vetrina marrone; ma che per for-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 71: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

103

ma non sembra discostarsi dagli omologhi in in-vetriata largamente diffusi nelle cucine post-me-dievali (GELICHI, LIBRENTI 1998, p. 28, tav. 5, 14).Chiaramente complessa, anche alla luce delle con-siderazioni generali condotte sulla proliferazionedei centri di produzione di ceramiche non smaltatenel corso del XVII secolo e dei mercati sub-regio-nali ad essi connessi (MILANESE 1994a; MILANESE,QUIRÓS CASTILLO 1994 per il caso della Valdinievo-le), rimane ad oggi la definizione delle possibilibotteghe che rifornirono Gorfigliano e più in ge-nerale la Garfagnana di questo genere di ceramica.A tal proposito i due campioni di “slip ware” fattianalizzare rientrano nei gruppi II B e III B (cam-pioni n. 53 e n. 36; cfr. classificazione di S. Sfrecolain questo volume) che, rispettivamente, non esclu-dendo zone limitrofe alla Garfagnana e indizian-do l’area di sbocco in pianura del Serchio, orien-tano proprio verso centri di produzione geografi-camente non lontani da Gorfigliano.

Catalogo

65. US 3202. Pentola caratterizzata da breve orlo arro-tondato, con ansa a nastro digitata e saldata al bordo.Impasto rosato, duro contenente millimetrici inclusibianchi. Spessa vetrina marrone interna ed esterna; sot-tile striscia di ingobbio biancastro corrente sul bordo(CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002, p. 244, fig. 22, fineXVII secolo).

L.G.

3.1.4 Ceramica graffita

GRAFFITE A PUNTA POLICROME

Sotto la definizione di ceramica graffita a punta po-licroma si presentano quei prodotti ingobbiati, la cuidecorazione è ottenuta tramite l’incisione con unpunta più o meno fine dell’ingobbio, e successiva-mente dipinti con pennellate in verde, giallo o blu.Per quanto riguarda il XV e XVI secolo diventa piùcomplicato distinguere queste ceramiche da quelle afondo ribassato, dato che le due tecniche decorativeconvivono spesso nelle stesse forme, soprattutto neiprodotti più riccamente decorati di provenienzaemiliana. Per questo motivo questi ultimi sono staticompresi in questa categoria, lasciando per la classedelle graffite a fondo ribassato, quelle ceramiche cheutilizzano in modo prevalente questa tecnica e chesi identificano soprattutto con le produzioni mono-crome cinque e seicentesche.Le ceramiche ingobbiate e graffite costituiscono ilgruppo più rilevante tra i reperti rinvenuti nel ca-stello di Gorfigliano, e in particolare le graffite apunta policrome rappresentano il 14% del totale,

per un peso complessivo di circa tre chilogrammi.Queste ceramiche provengono quasi esclusivamen-te dai livelli di riporto per la sistemazione agricoladel castello e dagli strati di riempimento per la ri-strutturazione della torre. Solo in rari casi apparten-gono a contesti in fase, come il frammento di sco-della di graffita arcaica padana rinvenuta in un crol-lo dell’edificio medievale documentato nell’area3500 (n. 67), associata a maiolica arcaica tarda. Ilparticolare tipo di giacitura, soggetto a ripetuti mo-vimenti di terra e arature, è la causa dell’elevato gra-do di frammentazione di queste ceramiche, per lequali solo in pochi casi si può risalire alla forma e altipo di decorazione. Per questo motivo risulta mol-to alta la percentuale di materiale che non è statopossibile identificare, il 37 per cento del totale.Trattandosi di ceramica quasi esclusivamente re-siduale la sua classificazione è stata realizzata at-traverso le caratteristiche tecnologiche degli im-pasti e dei rivestimenti, e soprattutto con i motividecorativi e le forme, quando questi erano rico-noscibili. Si è dovuto quindi ricorrere alla biblio-grafia nota per le attribuzioni sia delle distinteproduzioni che per la collocazione cronologica deimateriali, per i quali sono risultati molto utili iconfronti con i reperti analoghi rinvenuti in altricontesti della Garfagnana.La campionatura per l’analisi degli impasti è statarealizzata secondo i gruppi identificati in base so-prattutto alla decorazione, data la grande omoge-neità almeno apparente dei corpi ceramici, neiquali si distinguono chiaramente i prodotti pisa-ni, per i quali era superflua l’analisi petrografica.Un problema ancora aperto per le ceramiche graf-fite sia di area valdarnese, esclusa Pisa, che per l’Emi-lia-Romagna è infatti l’attribuzione della provenien-za, presentando impasti, rivestimenti e decorazio-ni molto simili, soprattutto nel XV e XVI secolo.Gli studi realizzati negli ultimi anni, soprattutto sulversante emiliano e romagnolo, su reperti di scavoe scarti di fornace evidenziano questa profondaomogeneità della produzione, con solo alcune mi-nime differenze morfologiche e decorative.Per questo motivo si è tentato, attraverso l’analisipetrografica degli impasti, di definire la provenien-za di questi materiali, che circolano nell’alta valledel Serchio. Sebbene non siano stati esaminati tuttii reperti, risulta piuttosto significativo il risultatosecondo il quale la quasi totalità dei campioni siaattribuibile alla pianura emiliana, e in particolarequella modenese, e ad aree limitrofe alla Garfa-gnana25. Ciononostante data l’omogeneità degliimpasti e dato che l’analisi non ha interessato tut-

25. Vedi la relazione di S. Sfrecola e G. Predieri in questostesso Capitolo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 72: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

104

ti i reperti rinvenuti, non escludiamo la possibilepresenza di prodotti valdarnesi.Come si può osservare dal grafico della Fig. 90,l’attestazione di ceramica graffita policroma diproduzione emiliana-modenese è piuttosto costan-te tra il quattro e il settecento con un picco nelcorso del XVII secolo. Questi valori rispecchianoperò una realtà più complessa dove si affiancanoe alternano produzioni molto diverse tra loro.Nei valori del quattrocento sono compresi dueframmenti di graffita arcaica padana, databili nel-la prima metà del secolo e le produzioni cosiddet-te rinascimentali della seconda metà, con un nu-cleo relativamente povero quantitativamente mapiuttosto ricco dal punto di vista qualitativo e de-corativo, con prodotti di probabile provenienzaferrarese. A partire dal XVI secolo iniziano ad af-fiancarsi alle forme rinascimentali, eredità direttadella tradizione del secolo anteriore, le prime pro-duzioni di uso corrente, con decorazioni più af-frettate e rivestimenti più scadenti che testimo-niano la fondazione di nuove fabbriche dislocatenelle aree rurali, secondo un fenomeno ben docu-mentato in Emilia e più in generale nell’Italia cen-tro-settentrionale (GELICHI, LIBRENTI 1997).Questo fenomeno trova la sua massima espressio-ne nel XVII secolo, con la diffusione di numerosebotteghe lungo l’appennino modenese e forse an-che nell’alta valle del Serchio, sebbene a riguardonon disponiamo ancora di riscontri archeologici.Ciò si rispecchia evidentemente nella presenzacospicua di graffita policroma nel castello di Gor-figliano per questo periodo, con un tipo di pro-dotto che evidentemente rispondeva alle esigenzedi una classe media locale, facendo diretta con-correnza alle forme provenienti da fabbriche piùlontane, e perciò evidentemente più costose. Lasituazione si ridimensiona nel corso del XVIII se-colo a causa del parziale spopolamento del castel-lo ma anche per la comparsa di nuovi prodotticeramici di ampia diffusione come le taches noires(vedi conclusioni di questo capitolo).Per quanto riguarda i prodotti pisani, questi fannola loro comparsa solo nel XVI secolo con pocheforme, mentre più decisa è la loro presenza nel se-colo seguente con le ceramiche decorate con uccel-lino o ramo fiorito centrale, che rappresentano nellaproduzione pisana una delle classi che ha riscossopiù successo ed è stata ampiamente esportata.Passando ad una discussione più analitica dellaclasse vediamo come le prime ceramiche graffiteche compaiono tra i reperti del castello di Gorfi-gliano sono due scodelle che possiamo classifica-re nel gruppo della “graffita arcaica padana”(Fig. 91). Si tratta di una produzione molto diffu-sa nella pianura padana a partire dalla metà delXIV secolo, sebbene i frammenti rinvenuti a Gor-

figliano sono probabilmente databili nella primametà del Quattrocento. Le due scodelle presenta-no caratteristiche tecnologiche, sia di impasto chedi rivestimento, molto simili. Entrambe sono de-corate con un motivo ad archetti sulla tesa e conuna decorazione centrale di tipo vegetale stilizza-to, dipinte con pennellate dense in verde e bruno.Difficile è determinare se questi frammenti appar-tengono alla fase arcaica di questa classe o allafase tardiva, collocabile intorno alla metà del XVsecolo. Secondo gli studi realizzati dal Nepoti suimateriali di Ferrara, una delle discriminanti po-trebbe essere il rivestimento esterno, presente conuna vetrina sottile nelle forme più antiche (NEPO-TI 1992, p. 323). In entrambi i frammenti rinve-nuti compare questo rivestimento sebbene la for-ma carenata del n. 67 trovi confronti più direttinella “graffita arcaica padana tardiva” (NEPOTI

1992, p. 319, fig. 16, nn. 149-150). A confermadi questa attribuzione sarebbe anche il motivo de-corativo centrale con foglie cuoriformi che sem-brano comparire proprio nella fase più tarda diquesta produzione. Il frammento n. 66 appartie-ne invece probabilmente alla fase arcaica dato chela forma della scodella con cavetto emisferico sem-bra scomparire in quest’ultimo periodo produtti-vo (NEPOTI 1992, p. 318, fig. 15, nn. 136-137).Per quanto riguarda i contesti di provenienza il n.66 fa parte dei materiali residuali rinvenuti neglistrati di riporto settecenteschi dell’area 2100,mentre il n. 67 proviene dall’abbandono dellastruttura medievale dell’area 3500, in fase con unframmento di maiolica arcaica tarda.La produzione di ceramica graffita aumenta deci-samente in Emilia Romagna nella seconda metàdel Quattrocento quando si affermano i tipi co-siddetti “rinascimentali”. Tra i frammenti più an-tichi di questa produzioni abbiamo due pareti diciotole emisferiche nei quali è presente il motivoa foglie accartocciate su fondo tratteggiato, che

Fig. 90 – Quantificazione delle graffite a punta policromeper secoli e provenienze (in nero i materiali provenienti da

Pisa e tratteggiati quelli emiliani).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 73: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

105

Fig. 91 – Ceramica graffita a punta policroma rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 74: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

106

fanno da contorno a un motivo centrale dentrouna cornice polilobata (nn. 69-70). Entrambi i pez-zi sono databili nella seconda metà del XV seco-lo, e più precisamente nel terzo venticinquennio,e trovano stretti confronti con prodotti ferraresi(NEPOTI 1992, p. 193, nn. 22-23).A questo stesso periodo appartengono quattroboccali molto frammentati, dei quali uno conser-va attraverso vari frammenti non contigui la riccadecorazione a foglie accartocciate e dentellate sufondo tratteggiato e solo l’accenno del profilo diuna figura che costituiva il motivo decorativo cen-trale della forma (n. 72). Gli altri tre boccali inve-ce sono rappresentati da esigui frammenti per iquali non è possibile ricostruire la decorazione.Solo nel n. 73 si conserva parte del medaglionecentrale con una conchiglia, che potrebbe inter-pretarsi come lo stemma araldico della famigliamodenese dei Rangoni, nel quale compare questosimbolo (NEPOTI 1991, nn. 243 e 158). È comun-que significativa la presenza di queste forme chiu-se, che generalmente risultano più diffuse proprionell’area emiliana, tra Modena e Ferrara, mentresono più scarse in Romagna (NEPOTI 1991, p. 115).Questo dato, supportato dalle analisi petrografi-che, conferma la possibile provenienza modenesedi questi materiali.Particolarmente diffuse nella seconda metà del XVe agli inizi del XVI secolo sono una serie di cioto-le con profilo leggermente carenato e bordo estro-flesso, che si caratterizzano per l’assenza di deco-razione all’esterno, mentre l’interno è decoratocon un motivo centrale entro medaglione con bustimaschili e femminili, figure animali, scudi, cuoriinsanguinati e motivi geometrici, associati a unafascia di nastro spezzato o sinusoidale sul bordo(nn. 78-79: NEPOTI 1992, pp. 332-334, n. 278).Questa produzione è ancora presente a San Gio-vanni in Persiceto intorno alla metà del XVI seco-lo (GELICHI, MINGUZZI 1986, p. 128, tav. XLI, nn.1-3).Tra il materiale della seconda metà del XV secolosono documentate a Gorfigliano alcune piccolescodelle con tesa, decorate con sequenze con em-bricature di penne o petali (nn. 80-81). Questotipo di decorazione, pressoché assente nelle pro-duzioni romagnole e ferraresi, dove compare piùtardi e su fondo ribassato, è invece ben documen-tato con numerosi scarti rinvenuti a Campogallia-no, che presentano strette analogie con le formerinvenute in Garfagnana, tra cui il rivestimentoesterno con ingobbio e vetrina. Questo decoro siassocia inoltre ad una precoce comparsa del colo-re blu (RONZONI 1983, p. 117, tav. VII, i).Con il XVI secolo alcuni dei motivi più tipici del-la produzione quattrocentesca si conservano macon tratti più affrettati e modelli più ripetitivi (Figg.

91, 92). È questo il caso di alcune forme aperteche presentano una decorazione centrale entromedaglione, con raffigurazione di busti e scudi,su uno sfondo che va perdendo la rotellatura e lecampiture a rosette, e con una siepe sempre piùstilizzata. Anche le pennellate di colore si fannopiù occasionali e l’esterno della forma è soventeprivo di rivestimento. Si tratta probabilmente diprodotti attribuibili a fabbriche decentrate dovela domanda si accontentava di ceramiche menoelaborate. I frammenti rinvenuti a Gorfigliano (nn.87-88) trovano stretti confronti con la produzio-ne di San Giovanni in Persiceto datata nella se-conda metà del XVI secolo, e si ricollegano allaproduzione di ciotole iniziata nel secolo preceden-te (nn. 78-79; GELICHI, MINGUZZI 1986, pp. 130-131, tav. XLII, nn. 1-4).Deriva da modelli decorativi del XV secolo anchela sequenza della tesa del frammento n. 84, pro-babilmente delle foglie dentellate, per il quale nonsono stati trovati confronti in ambito emiliano,mentre l’unica decorazione analoga si ritrova inprodotti lucchesi cinquecenteschi.Il XVI secolo si caratterizza in Garfagnana per l’ar-rivo massiccio di una serie di boccali, con unadecorazione piuttosto stilizzata, con bande verti-cali nel corpo e fiammelle a raggiera sul collo,motivo ripreso anche in alcune forme aperte.Questa produzione è ben nota, grazie al rinveni-mento di scarti di fornace a Modena e a Carpi,della seconda metà-fine del XVI secolo (REGGI

1971, nn. 251-253; RIGHI 1974, tavv. LVII e LIX).I nostri frammenti sembrano forse un po’ più tar-di, per la minor accuratezza del disegno e soprat-tutto per il rivestimento esterno che non ricopreinteramente la forma, lasciando il piede nudo.Intorno alla metà del XVI secolo si afferma il mo-tivo dello scudo araldico, spesso associato a deco-razioni di contorno su fondo ribassato, decorazio-ne molto ricorrente tra le produzioni graffite siaemiliane e romagnole che toscane. In Garfagnanasono noti frammenti analoghi, ed in particolare loscudo araldico con stella a otto punte dipinta ingiallo, attestato anche a Lucca (NOTINI, ROSSI 1993).Compaiono inoltre nella seconda metà del secoloforme aperte, soprattutto ciotole, con decorazionigeometrico-floreali, tracciate con pochi tratti graf-fiti e sottolineate da alcune pennellate in verde egiallo. A questa produzione appartiene gran partedei frammenti rinvenuti a Gorfigliano, che per leloro dimensioni non permettono una maggioreidentificazione del decoro.Nella seconda metà del cinquecento arrivano aGorfigliano anche le prime importazioni di cera-miche graffite di produzione pisana, tra le qualispicca un piatto in cui la decorazione tarda dellacorona si associa ancora alle filettature con tratti-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 75: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

107

ni obliqui, che generalmente sono invece attribu-ite alla prima fase di questa produzione, quandola corona era più elaborata (BERTI, TONGIORGI

1982). Sono poi attestati diversi frammenti ricon-ducibili invece alla più tipica produzione del fiorestilizzato e dell’uccellino posato, che continuaanche nella prima metà del XVII secolo.Questa tipologia propriamente pisana, presentaun’imitazione anche sul versante emiliano, e piùprecisamente modenese, con piatti che presenta-no gli stessi motivi centrali della ceramica pisana,ma associati ad una sequenza sul bordo totalmen-te originale, rappresentata da una serie di archetticon un punto o un trattino centrale. Lo stesso tipodi decoro si ritrova come motivo periferico anchein fiasche e boccali di produzione carpigiana (REG-GI 1971, nn. 354 e 357).Al XVII secolo è probabilmente attribuibile an-che un piatto rinvenuto nel castello (n. 99), per il

quale non sono stati trovati confronti, ma che sem-bra derivare da una produzione seicentesca bolo-gnese, dove la decorazione geometrica-floreale ètracciata con maggiore elaborazione e dipinta inpolicromia verde, giallo e azzurro.La produzione di ceramica graffita nel corso delXVII secolo limita decisamente la varietà morfolo-gica e decorativa, con forme e decori sempre piùstilizzati e affrettati. Questa tendenza si accentuaancora di più nel corso del secolo successivo, conforme solamente aperte in cui la decorazione graf-fita si limita a pochi tratti e filettature che sottoli-neano i motivi ottenuti con rapide pennellate inverde e rosso. Questo tipo di ceramica è documen-tata ampiamente nella valle dell’Arno, a Lucca, ein tutta la Garfagnana. Uno dei frammenti analiz-zati riconduce la sua produzione all’area modene-se, anche se non si esclude per questa classe unaprovenienza locale, attribuibile alle fabbriche che

Fig. 92 – Ceramica graffita a punta policroma rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 76: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

108

nel corso del settecento sono attive in tutto l’ambi-to rurale dell’Italia centrosettentrionale. Tra i fram-menti riconducibili a questa classe, che è documen-tata a Lucca ancora agli inizi del XIX secolo (ABE-LA, BIANCHINI 2001), è presente un esemplare disicura provenienza pisana.

Catalogo

Area emiliana-modenese. Graffita arcaica padana (pri-ma metà-metà XV secolo)66. US 2130. Scodella con breve tesa confluente, bor-do appiattito e cavetto emisferico. Impasto rosa, duro,con alcuni vacuoli. Rivestimento interno con vetrinagiallo paglierino su ingobbio bianco; all’esterno vetri-na spessa e aderente. Decorazione interna con motivovegetale stilizzato e sequenza di archetti sulla tesa.Emilia, prima metà del XV secolo (NEPOTI 1992, p. 318,fig. 15, nn. 136-137).67. US 1170. Scodella con tesa confluente, bordo ap-piattito e cavetto carenato. Impasto rosa, duro, con al-cuni vacuoli e rari inclusi millimetrici neri. Rivestimentointerno con vetrina giallo paglierino su ingobbio bian-co; all’esterno vetrina spessa e aderente, che non coprela fascia immediatamente sotto il bordo. Decorazionegraffita all’interno della forma con un motivo vegetalestilizzato nel cavetto e sequenza di archetti sulla tesa,dipinta con pennellate dense in verde e giallo. Emilia,metà del XV secolo (NEPOTI 1992, p. 319, fig. 16, nn.149-150).

Area emiliana-modenese. Graffita rinascimentale (metà-seconda metà XV secolo)68. US 3522. Scodella con tesa confluente e cavettoemisferico. Impasto rosa chiaro, duro e depurato. Ri-vestimento interno con vetrina giallo paglierina su in-gobbio bianco ed esterno con vetrina incolore. Il rive-stimento e l’impasto sono praticamente identici a quel-li del n. 72. Decorazione nel cavetto a foglie frastaglia-te su fondo tratteggiato. Ferrara, secondo venticinquen-nio del XV secolo (NEPOTI 1991, pp. 189-190, n. 15).69. US 2101. Ciotola con cavetto emisferico. Impastorosa, duro, con alcuni vacuoli. Rivestimento internoed esterno con vetrina giallo paglierina, spessa e ade-rente su ingobbio bianco. Decorazione nel cavetto conserie di foglie polilobate su fondo tratteggiato che con-tornano una cornice polilobata, dipinta in verde e gial-lo; all’esterno sequenze di archetti. Emilia, seconda metàdel XV secolo (NEPOTI 1991, pp. 198-199, n. 33).70. US 3515. Ciotola con bordo appuntito e cavettoemisferico. Impasto rosa, duro, depurato. Rivestimen-to interno ed esterno con vetrina giallo paglierina, spessae aderente su ingobbio bianco. Decorazione interna confascia con tralcio di foglie contrapposte, che il Reggiidentifica come di quercia, su fondo tratteggiato, di-pinta in verde e giallo; all’esterno serie di archetti. Fer-rara, seconda metà del XV secolo (NEPOTI 1991, p. 214,n. 60; REGGI 1971, p. 46, n. 38).71. US 2130. Scodella con tesa confluente e bordo ap-piattito. Impasto rosa aranciato, duro con rari vacuoli.Rivestimento interno ed esterno con vetrina giallo pa-

glierina, sottile e aderente su ingobbio bianco. Decora-zione interna sotto il bordo con una fascia con nastrosinusoidale intrecciato su fondo tratteggiato, dipinta inverde e giallo: all’esterno sequenza di archetti sotto unafascia verde. Emilia, seconda metà del XV secolo (NE-POTI 1991, p. 214, n. 60; REGGI 1971, n. 59)72. US 3515. Boccale formato da cinque frammenti noncontigui, con ansa a nastro e orlo trilobato. Impastorosa chiaro, duro e depurato. Rivestimento esterno convetrina giallo paglierino, sottile e aderente; interno convetrina incolore, sottile. Decorazione esterna con unmedaglione centrale con un profilo umano, e motivi dicontorno tra i più diffusi nella ceramica rinascimentaledi questo momento: le foglie dentellate e le foglieaccartocciate su fondo tratteggiato che coprono l’inte-ra superficie della forma, graffite con una punta fine.Ferrara, seconda metà del XV secolo (NEPOTI 1991, p.201, n. 37).73. Recupero superficiale. Boccale. Impasto rosa, duroe depurato. Rivestimento esterno con vetrina incolore,sottile e aderente, su ingobbio bianco; interno con vetri-na incolore. Decorazione esterna con un medaglione delquale si conserva la raffigurazione di una conchiglia, forseda ascrivere ad uno scudo araldico, su fondo rotellato,dipinta in verde e giallo. Emilia, seconda metà del XVsecolo (NEPOTI 1991, nn. 243 e 158).74. US 2130. Boccale. Impasto arancio rosato, duro edepurato. Rivestimento esterno con vetrina incolore,sottile e aderente, con la superficie granulosa, su in-gobbio bianco; interno con vetrina incolore. La deco-razione esterna, non ricostruibile, è sicuramente partedi una scena figurata, dipinta in verde e giallo. Emilia,seconda metà del XV secolo.75. US 2201. Forma aperta con cavetto schiacciato.Impasto arancione, duro e depurato. Rivestimento in-terno ed esterno con vetrina incolore su ingobbio bian-co. Decorazione all’interno con motivo centrale figu-rato su sfondo rotellato, inserito dentro una cornicepolilobata, circondata da un motivo con foglie accar-tocciate o dentellate su sfondo ribassato. Emilia, secondametà del XV secolo (NEPOTI 1991, n. 29).76. US 1190. Forma aperta con tesa. Impasto rosa, duroe depurato. Rivestimento interno ed esterno con vetri-na incolore, spessa e finemente cavillata all’interno, piùsottile all’esterno, su ingobbio bianco. Decorazione conil motivo di contorno definito della “robbiana” confoglie d’alloro o a squame. Emilia, fine XV secolo (REGGI

1971, p. 59, n. 127).77. US 1101. Forma aperta con tesa, con bordo ingros-sato. Impasto rosa, duro e depurato. Rivestimento in-terno con vetrina incolore, spessa e poco aderente suingobbio bianco grigiastro; all’esterno vetrina incolo-re. Decorazione interna di contorno con cordone a nodi.Ferrara, fine del XV secolo (NEPOTI 1991, p. 221, n.72).78. US 1167. Ciotola carenata con orlo leggermenteestroflesso e bordo appuntito. Impasto rosa, duro edepurato. Rivestimento interno ed esterno con vetrinaincolore, sottile e aderente su ingobbio bianco. La de-corazione all’interno è costituita da una fascia con na-stro spezzato lungo il bordo che contornava probabil-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 77: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

109

mente un motivo figurato centrale, dipinto in giallo.Emilia, fine del XV-inizi del XVI secolo (NEPOTI 1991,pp. 232-233, nn. 99-100).79. US 1167. Ciotola carenata con orlo leggermenteestroflesso e bordo appuntito. Impasto aranciato, duroe depurato. Rivestimento interno ed esterno con vetri-na incolore, sottile e aderente su ingobbio bianco. Ladecorazione all’interno è costituita da una fascia connastro spezzato lungo il bordo che contornava proba-bilmente un motivo figurato centrale, dipinto in giallo.Il frammento presenta un foro di riparazione. Emilia,fine del XV-inizi del XVI secolo (NEPOTI 1991, pp. 232-233, nn. 99-100).80. US 1176. Scodella con tesa confluente. Impasto rosa,duro con alcuni inclusi millimetrici bianchi. Rivestimen-to interno ed esterno con vetrina incolore, sottile eaderente su ingobbio bianco. La decorazione internapresenta probabilmente nel cavetto un motivo figuratosul sfondo con siepe molto stilizzata, e sulla tesa se-quenza di embricature di penne o petali, dipinti conpennellate in verde, giallo e blu. Modena, fine del XV-inizio del XVI secolo (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 2000,p. 31, fig. 23, nn. 1-2).81. US 2214. Forma aperta con ampia tesa. Impastorosa, duro con alcuni inclusi millimetrici bianchi. Rive-stimento interno ed esterno con vetrina incolore, sotti-le e aderente su ingobbio bianco. Della decorazione siconserva la sequenza di embricature di penne o petalisulla tesa, dipinti in verde e giallo. Modena, fine delXV-inizio del XVI secolo (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI

2000, p. 31, fig. 23, nn. 1-2).82. Recupero superficiale. Scodella con tesa confluentee bordo ingrossato. Impasto arancio, duro e depurato.Rivestimento interno ed esterno con vetrina incolore,sottile e aderente su ingobbio bianco. Della decorazionesi conserva la sequenza di embricature di penne o petalisulla tesa, alternati a fiori stilizzati, dipinti in verde egiallo. Si tratta probabilmente di una variante dei tipiprecedenti. Modena, fine del XV-inizio del XVI secolo.83. US 1190. Ciotola con orlo estroflesso e bordoarrontondato, cavetto carenato. Impasto rosa, duro edepurato. Rivestimento interno ed esterno con vetrinagiallo paglierino su ingobbio bianco. Decorazione in-terna con fascia di contorno con raggiera di fiammelle,dipinta in giallo e verde. Questo tipo di motivo accom-pagna di solito un medaglione centrale con il trigram-ma bernardiniano. Emilia, fine del XV-inizi del XVIsecolo (NEPOTI 1991, p. 223, nn. 74-75; REGGI 1971,nn. 168-156).

Area emiliana-modenese. Graffita a punta policroma(XVI secolo)84. US 1101. Forma aperta con tesa con bordo ingros-sato e arrotondato. Impasto arancio, duro e depurato.Rivestimento interno con vetrina incolore, sottile eaderente su ingobbio bianco; esterno con vetrina inco-lore. Decorazione sulla tesa con una sequenza di moti-vi vegetali, derivanti probabilmente dalle foglie dentel-late del quattrocento. Emilia o Lucca?, fine del XV-prima metà del XVI secolo (BERTI 1993, p. 190, fig. 3).85. US 3507. Forma aperta con tesa con bordo ingros-sato. Impasto cuoio rosato, duro, con rari vacuoli. Ri-

vestimento interno con vetrina incolore, spessa, pocoaderente e finemente cavillata su ingobbio bianco; al-l’esterno vetrina incolore, sottile e aderente. Decora-zione sulla tesa con il motivo della rosetta gotica tri-partita, dipinta in giallo e verde. Emilia, fine del XV-metà del XVI secolo (GELICHI, MINGUZZI 1986, p. 186,fig. 16, n. 5; REGGI 1971, n. 82).86. US 1205. Forma aperta con tesa, con bordo ingros-sato. Impasto rosso, duro con alcuni inclusi bianchi.Rivestimento interno con vetrina incolore, sottile eaderente su ingobbio bianco; all’esterno vetrina inco-lore sottile. La decorazione sulla tesa presenta una se-quenza di archetti capovolti, formati da tre linee con-centriche. Emilia, metà-seconda metà del XVI secolo(MINGUZZI 1986, p. 72, tav. XXI, n.Bs 18; in questocaso gli archetti sono pero disposti nel senso opposto).87. US 2139. Ciotola con orlo appuntito e cavettoemisferico. Impasto rosa chiaro, duro, con rari inclusibianchi. Rivestimento interno con vetrina giallo paglie-rino, sottile, cavillata su ingobbio bianco; esterno nudo.Decorazione interna con motivo della ghirlanda sul-l’orlo e al centro una scena figurata su sfondo con sie-pe stilizzata, dipinta con scarse pennellate in verde egiallo diluito. È possibile che il motivo centrale sia rap-presentato da uno scudo. Emilia, seconda metà del XVIsecolo (GELICHI, MINGUZZI 1986, tav. XLII, nn. 1-4, perla forma tav. XXXV, n. 4).88. US 2130. Catino con bassa carena, bordo ingrossa-to e ripiegato all’esterno e cavetto troncoconico. Impa-sto rosa chiaro, duro, con rari inclusi bianchi. Rivesti-mento interno con vetrina giallo paglierino, sottile,cavillata su ingobbio bianco; esterno nudo. Decorazio-ne interna con una fascia con nastro spezzato sull’orloe al centro motivo figurato su sfondo con prato fiorito,dipinto con limitate pennellate in verde e giallo diluiti.Emilia, seconda metà del XVI (GELICHI, MINGUZZI 1986,tav. XLII, nn.1-4, per la forma tav. XXXVIII, n. 6 eNEPOTI 1991, p. 117, fig. 38, n. 154).89. US 2214. Ansa a nastro di boccale. Impasto rosa,tenero e depurato. Rivestimento con vetrina giallo pa-glierino, sottile e aderente su ingobbio bianco. Decora-zione esterna con una linea ondulata tra due serie dilinee parallele e verticali, dipinta con bande orizzontaliin verde e giallo alternate. Modena o Carpi, secondametà-fine del XVI secolo (REGGI 1971, nn. 251-253;RIGHI 1974, tavv. LVII e LIX).90. US 2130. Boccale su piede sagomato, ventre ovoi-de, collo verticale distinto, con orlo trilobato. Impastoarancio chiaro, duro e depurato. Rivestimento esternocon vetrina giallo paglierino, sottile e aderente su in-gobbio bianco, escluso il fondo; all’interno vetrina in-colore, sottile e irregolare. Decorazione esterna a ban-de ondulate alternate a linee verticali, marcate da pen-nellate in verde; sul collo motivo derivante dalla rag-giera di fiammelle, dipinte in verde e giallo. Modena oCarpi, seconda metà-fine del XVI secolo (REGGI 1971,nn. 251-253; RIGHI 1974, tavv. LVII e LIX).91. US 2201. Boccale su fondo sagomato. Impasto aran-cio chiaro, duro e depurato. Del rivestimento esternosi conservano solo alcune gocciolature con il coloregiallo, e all’interno vetrina incolore, sottile e irregola-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 78: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

110

re. La decorazione esterna è riconducibile alla tipolo-gia dei frammenti precedenti, della quale si conserva-no le estremità delle linee verticali. Modena o Carpi,seconda metà-fine del XVI secolo (REGGI 1971, nn. 251-253; RIGHI 1974, tavv. LVII e LIX).92. US 1167. Boccale su fondo sagomato. Impasto rosachiaro, duro e depurato. Del rivestimento esterno siconservano solo alcune gocciolature in giallo e verdesu ingobbio bianco che copre la forma fino al piede;all’interno vetrina incolore, sottile e brillante. La deco-razione esterna è rappresentata da alcune linee oriz-zontali tracciate rapidamente. Modena o Carpi, secon-da metà-fine del XVI secolo.93. US 1103-1116-1134. Scodella ricomposta parzial-mente da tre frammenti con cavetto emisferico e tesaconfluente. Impasto rosa aranciato, duro e depurato.Rivestimento interno con vetrina gialla paglierino, sot-tile e poco aderente su ingobbio bianco; esterno convetrina giallo paglierino. La decorazione sia nel cavet-to che sulla tesa è rappresentata dal motivo derivantedalla raggiera di fiammelle, molto stilizzato e dipintoin verde e giallo. Modena o Carpi, seconda metà-finedel XVI secolo.94. US 2214. Forma aperta su fondo con piede a discosagomato. Impasto arancio, abbastanza tenero, con al-cuni inclusi bianchi. Rivestimento interno ed esternocon vetrina giallo paglierino, sottile e opaca su ingob-bio bianco. Decorazione interna con uno scudo araldi-co campito con stella a otto punte, dipinto in giallo everde. Provenienza ignota, XVI secolo (NOTINI, ROSSI

1993, fig. 1, n. 3).95. US 1103. Ciotola con bordo arrotondato e cavettoemisferico. Impasto rosa aranciato, duro e depurato,con schiarimento superficiale all’esterno. Rivestimen-to interno con vetrina incolore, sottile e poco aderentesu ingobbio avorio. Decorazione interna con un moti-vo geometrico-vegetale stilizzato, dipinto in verde egiallo. Emilia, seconda metà del XVI secolo (GELICHI,MINGUZZI 1986, pp. 130-131, tav. XLII, n. 5).96. US 1166. Ciotola con bordo arrotondato e cavettoemisferico. Impasto arancio, duro e depurato. Rivestimen-to interno con vetrina incolore, sottile e poco aderente suingobbio avorio; all’esterno colature di vetrina. Decora-zione interna con un motivo geometrico-vegetale stilizza-to, dipinto in verde e giallo. Modena, seconda metà delXVI secolo (GELICHI-LIBRENTI 1998, p. 87, fig. 42).97. US 2208. Catino con cavetto troncoconico carena-to, e orlo ingrossato ripiegato all’esterno. Impasto aran-cio, duro con vacuoli. Rivestimento interno con vetri-na incolore, sottile e aderente su ingobbio bianco; ester-no con vetrina incolore, sottile. Decorazione internacon un motivo non identificato, di tipo geometrico-vegetale. Emilia, metà del XVI secolo (per la formaGELICHI, MINGUZZI 1986, tav. XVII, nn. 4 e 7).

Area emiliana-modenese. Graffita a punta policromatarda (XVII secolo)98. US 2201. Piatto con tesa indistinta, e bordo appun-tito. Impasto rosa cuoio, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina giallo paglierino, sottile e aderentesu ingobbio bianco. Decorazione interna sulla tesa con

sequenza di archetti con un punto centrale. Modena oCarpi, XVII secolo (NOTINI, ROSSI 1993, fig. 2, n. 7)99. US 2206. Piatto con tesa confluente, orlo estroflesso ebordo appuntito. Impasto arancio, duro e depurato. Ri-vestimento interno con vetrina gialla su ingobbio bianco;esterno nudo. Decorazione interna con riccioli graffiti al-ternati a bande dipinte in giallo e verde. Emilia, XVII se-colo (NEPOTI 1991, p. 290, n. 251; REGGI 1971, n. 322)

Area emiliana-modenese. Graffita a punta policroma(XVIII-XIX secolo)100. US 2214. Forma aperta su fondo con piede a di-sco. Impasto arancio, tenero e depurato. Rivestimentointerno con vetrina incolore, sottile e aderente su in-gobbio avorio. Decorazione interna con una croce graf-fita sottolineata da pennellate alternate in verde e ros-so. Emilia o Garfagnana, XVIII-inizi XIX secolo101. US 1116. Catino con cavetto emisferico, doppiagola esterna e bordo estroflesso. Impasto arancio, duro,depurato. Rivestimento interno con vetrina giallo pa-glierino, sottile e aderente su ingobbio avorio; esternocon vetrina incolore, molto sottile. La decorazione con-siste in due linee concentriche graffite che racchiudonouna sequenza con doppie pennellate alternate in rosso everde. Emilia o Garfagnana, XVIII-inizi XIX secolo

Area Pisana102. US 2130. Forma aperta su piede a disco sagoma-to. Impasto rosso, duro con alcuni vacuoli. Rivestimentointerno con vetrina giallo paglierina, spessa e aderente,su ingobbio avorio; esterno rivestito con la stessa vetri-na. Decorazione interna con un motivo centrale entromedaglione, forse una stella o una girandola, e in pare-te una sequenza con il motivo tardo della corona che siripete su due fasce divise da filettature tratteggiate. Pisa,metà del XVI-inizio del XVII secolo (BERTI 1994a, figg.2-3; ALBERTI, TOZZI 1993, p. 611, n. 19).103. US 2130. Catino o piatto con breve tesa estrofles-sa e solcata. Impasto rosso, duro con alcuni vacuoli.Rivestimento interno con vetrina giallo paglierina, spes-sa e aderente, su ingobbio avorio; esterno rivestito conla stessa vetrina. Decorazione interna con una filettatu-ra tratteggiata sotto l’orlo. Pisa, metà del XVI-iniziodel XVII secolo (BERTI 1994a, figg. 2-3; ALBERTI, TOZZI

1993, p. 611, n. 19).104. US 2130. Piatto con ampia tesa confluente e orloleggermente estroflesso. Impasto rosso, duro e depura-to. Rivestimento interno con vetrina giallo paglierina,spessa e aderente, su ingobbio avorio; esterno rivestitocon la stessa vetrina. Decorazione interna con tre filettisotto l’orlo. Il motivo centrale potrebbe essere quellodell’uccellino posato o del fiore stilizzato. Pisa, fine delXVI-prima metà del XVII secolo (Berti 1994a, p. 383,fig. 15, tipo B1).105. US 3201. Forma aperta su fondo con piede a di-sco sagomato. Impasto rosso, duro e depurato. Rivesti-mento interno con vetrina giallo paglierina, spessa eaderente, su ingobbio avorio; esterno rivestito con lastessa vetrina. Decorazione interna con motivo centra-le riconducibile al tipo dell’uccellino posato, dipinto inverde e arancio. Pisa, fine del XVI-prima metà del XVIIsecolo (BERTI 1994a, p. 383, fig. 15, tipo F4).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 79: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

111

106. US 2201 Piatto con ampia tesa confluente e orloleggermente estroflesso. Impasto rosso, duro e depura-to. Rivestimento interno con vetrina giallo paglierina,spessa e aderente, su ingobbio avorio; esterno rivestitocon la stessa vetrina. Decorazione interna con tre filettisotto l’orlo e l’accenno della decorazione centrale inverde e arancio. Il motivo centrale potrebbe essere quel-lo dell’uccellino posato o del fiore stilizzato. Pisa, finedel XVI-prima metà del XVII secolo (BERTI 1994a, p.383, fig. 15, tipo B1).107. US 2203. Forma aperta su fondo con piede a di-sco sagomato. Impasto rosso, duro e depurato. Rivesti-mento interno con vetrina giallo paglierina, spessa eaderente, su ingobbio avorio; esterno rivestito con lastessa vetrina. Decorazione interna con motivo centra-le riconducibile al tipo dell’uccellino posato, dipinto inverde e arancio. Pisa, fine del XVI-prima metà del XVIIsecolo (BERTI 1994a, p. 383, fig. 15, tipo F4).108. US 2204. Piatto con tesa confluente e orlo legger-mente estroflesso. Impasto rosso, duro e depurato. Ri-vestimento interno con vetrina giallo paglierina, spessae aderente, su ingobbio avorio; esterno rivestito con lastessa vetrina. Decorazione interna con sequenza concorona stilizzata entro filettature. Pisa, fine del XVI-pri-ma metà del XVII secolo (BERTI 1993, p. 191, fig. 5).109. US 2201. Piatto con tesa confluente. (XVIII seco-lo) Pisa. Impasto rosso, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina giallo paglierina, spessa e aderente,su ingobbio avorio; esterno con colature di ingobbio.Decorazione interna con sequenza di doppie pennella-te in verde e rosso, tra filettature concentriche. Pisa,XVIII secolo (BERTI, TONGIORGI 1982, p. 169, fig. 13).

GRAFFITA A STECCA

La ceramica graffita a stecca rinvenuta nel castel-lo di Gorfigliano è rappresentata da un esiguogruppo di 48 frammenti, appartenenti esclusiva-mente a forme aperte e provenienti da livelli diriporto sette e ottocenteschi. Nella maggior partedei casi non è possibile, per le dimensioni dei fram-menti, ricostruirne la forma o i motivi decorativiprincipali, sebbene si tratti per lo più di prodottidi larga diffusione per i quali esistono confrontisia in ambito emiliano che pisano (Fig. 94).Si tratta di forme ingobbiate monocrome o poli-crome decorate attraverso la graffitura della super-ficie interna con una stecca. È una produzione piut-tosto diffusa tra il XVI ed il XVII secolo, tra i cen-tri del nord e centro Italia. In area emiliana sembracaratteristica dell’area modenese-carpigiana la pro-duzione di graffita a stecca cinquecentesca con lecomplesse decorazioni, attestate tra i reperti diGorfigliano (NEPOTI 1991, n. 129).La particolare posizione di Gorfigliano ha eviden-ziato la compresenza di materiali di produzioneemiliana accanto ai più noti prodotti pisani, comed’altra parte si è potuto osservare anche per altreclassi ceramiche (Fig. 93). Mentre le forme cin-

quecentesche si caratterizzano per decorazioni divaria complessità, con motivi geometrici o vege-tali stilizzati che coprono la maggior parte dellasuperficie, con il XVII secolo la decorazione si li-mita ad una serie di tratti a girandola al centrodella forma, delimitata talvolta da motivi di con-torno. Il colore prevalente è il giallo o marrone,anche se è attestato il verde, mentre è documenta-to un solo piatto con decorazione policroma.Tra le produzioni emiliane del XVI secolo risal-tiamo la presenza di piccole scodelline emisferi-che con breve tesa confluente, ricoperte con ve-trina verde o gialla, che si caratterizzano per unadecorazione sul bordo con barrette verticali (nn.110-112). Questo tipo di forma e decorazione, dicui purtroppo non si conservano i motivi centra-li, non trova per ora confronto con i materiali editidi area emiliana, anche se sembra per la sua origi-nalità, un prodotto di alcune fabbriche circoscrit-te, forse sul versante modenese.All’area carpigiana e modenese sono invece sicu-ramente ascrivibili alcuni frammenti di forme aper-te con una ricca decorazione geometrica (nn. 113,114 e 117; NEPOTI 1991, n. 326).Le graffite a stecca cinquecentesche di produzionepisana sono invece leggermente inferiori di nume-ro, con 14 frammenti, tutti di forme aperte tra lequali prevalgono quelle con rivestimento in giallo,mentre una forma presenta vetrina incolore e unaverde. I motivi sono quelli più noti della prima metàdel XVI secolo con girandola centrale ed elementiscalari come decorazione di contorno.Per quanto riguarda le produzioni più tarde delXVII secolo è molto probabile che si diffondano inquesta parte della Garfagnana, ceramiche prove-nienti dalle piccole fabbriche che proprio a partiredal Seicento iniziano a documentarsi sul versanteemiliano dell’Appennino. L’analisi realizzata su uncampione di questi prodotti evidenzia infatti rile-vanti affinità con l’area circumlocale appenninica.Le graffite a girandola rappresentano accanto allegraffite policrome un prodotto di ampia diffusio-ne, per il quale non escludiamo una produzionelocale affiancata alle forme da cucina, ma per laquale non abbiamo ancora riscontri archeologici.Le forme e i decori ricordano molto da vicino iprodotti pisani, per cui i confronti citati provengo-no essenzialmente dai cataloghi elaborati da Gra-ziella Berti e Liana Tongiorgi. Solo due delle formeindividuate sembrano di produzione pisana, soprat-tutto per la qualità dei rivestimenti, mentre gli impa-sti sono meno depurati e omogenei, rispetto allegraffite del secolo precedente.Nella categoria delle graffite a stecca includiamo unaserie di bordi, 72 frammenti, decorati con filettatu-re in monocromia verde e gialla, la cui limitata esten-sione impedisce di determinare il tipo di decorazio-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 80: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

112

ne centrale. La rappresentazione delle graffite mo-nocrome in Emilia e in area pisana e valdarnese sem-bra piuttosto scarsa rispetto alle produzioni policro-me, e le ceramiche documentate presentano di soli-to una decorazione estesa quasi all’intera forma. Lasemplicità di questi bordi che dovevano accompa-gnare un decoro limitato alla parte centrale dellaceramica, unitamente alla loro forma, si tratta quasisempre di orli di tazze o ciotole con bordi estroflessio piatti, ci fa supporre la loro appartenenza alle graf-fite a stecca, e specialmente alla produzione più tar-da. Naturalmente non possiamo esserne del tuttosicuri, ma non si riteneva opportuno presentarli comesemplici graffite monocrome, anche perché le lorodimensioni non ci forniscono dati utili alla discus-sione di questa classe.

Catalogo

110. US 2130. Scodella con tesa confluente e cavettoemisferico. Impasto rosa, duro con inclusi rossi anchemacroscopici. Rivestimento interno con vetrina giallasu ingobbio avorio, esterno nudo. Decorazione internasulla tesa ottenuta con serie di tratti orizzontali graffiticon una stecca dalla punta larga. Emilia, XVI secolo.111. US 2101. Scodella con tesa confluente e cavettoemisferico. Impasto rosa aranciato, tenero con piccolivacuoli. Rivestimento interno con vetrina gialla, sottilee poco aderente su ingobbio bianco; esterno nudo.Decorazione sulla con fascia con tratti verticali e filet-tatura all’interno del cavetto. Emilia, seconda metà delXVI secolo (GELICHI, MINGUZZI 1986, tav. XXIII, Bs38).112. US 2130. Scodella con tesa confluente e cavettoemisferico. Impasto grigio, duro con piccoli vacuoli, pro-babilmente stracotto. Rivestimento interno con vetrinaverde, sottile e aderente su ingobbio grigio; esterno nudo.Decorazione sulla con fascia con tratti verticali e filetta-tura all’interno del cavetto. Emilia, seconda metà del XVIsecolo (GELICHI, MINGUZZI 1986, tav. XXIII, Bs38).113. US 3506. Forma aperta con tesa con bordo arro-

tondato. Impasto rosa, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina gialla, spessa e brillante su ingobbiobianco; esterno nudo. Decorazione interna con motivodella palmetta graffito a stecca sulla tesa. Emilia, secon-da metà del XVI secolo (NEPOTI 1991, p. 313, n. 308).114. US 3102. Forma aperta con tesa con bordo arro-tondato. Impasto rosa, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina giallo scuro, spessa e aderente, suingobbio bianco; esterno con vetrina sottile e aderen-te. Decorazione interna con fascia con linee verticalitratteggiate, ottenute a fondo ribassato. Si tratta di unmotivo solitamente associato ad una decorazione cen-trale di tipo geometrico graffita a stecca. Emilia, XVIsecolo seconda metà (GELICHI, MINGUZZI 1986, p. 74,tav. XXIII, Bs 41; SIVIERO, MUNARI 1974, p. 66, n. 76).115. US 2130. Forma aperta con bordo estroflesso e orloarrotondato, con cavetto carenato. Impasto arancio, te-nero e depurato. Rivestimento interno con vetrina ver-de, sottile, e poco aderente, su ingobbio bianco; esternonudo. Decorazione interna con una fascia con tratti ver-ticali entro filettature. Emilia, seconda metà del XVI se-colo (GELICHI, MINGUZZI 1986, tav. XXIII, Bs38).116. US 2130-2214. Catino con bordo estroflesso eorlo appuntito. Impasto arancio, tenero con vacuoli.Rivestimento interno con vetrina giallo paglierino, sot-tile e cavillata, su ingobbio bianco; esterno nudo concolature di vetrina. Decorazione interna con archettientro filettature, dipinti con macchie di colore verde.117. US 1170. Forma aperta su fondo piano con esternosagomato. Impasto arancio, duro e depurato. Rivestimentointerno con vetrina marrone, spessa e aderente su ingob-bio bianco; esterno nudo. Decorazione interno con moti-vo geometrico realizzato a stecca. Emilia (Modena?), XVIsecolo (GELICHI, LIBRENTI 1997, fig. 11, n. 10).118. US 2214. Forma aperta. Impasto arancio duro, conpiccoli inclusi bianchi. Rivestimento interno con vetrinaverde, spesso e coprente su ingobbio bianco, esternonudo. Decorazione al centro del cavetto con sbaffi dalleestremità appuntite. Presenta un foro di riparazione. Pisa,XVI secolo (BERTI, TONGIORGI 1982, tav. III/6).119. US 1116-2130. Piatto ricomposto da 5 frammen-ti non contigui, con breve tesa confluente e orlo arro-tondato, cavetto emisferico e fondo piano. Impastoarancio duro, con piccoli inclusi bianchi. Rivestimentointerno con vetrina giallo scuro, aderente e brillante suingobbio bianco avorio, esterno nudo. Decorazione alcentro del cavetto con motivo formato da serie di pon-ticelli, che si ripete anche sulla tesa, delimitata da filet-tature. Pisa, XVI secolo (BERTI, TONGIORGI 1982, fig.6,e tav. III/2, tipo 1b).120. US 2130. Forma aperta su fondo piano. Impastorosa chiaro, tenero con inclusi rotondeggianti rossi an-che macroscopici. Rivestimento interno con vetrinagiallo limone, sottile e poco aderente su ingobbio bian-co avorio. Decorazione al centro del cavetto con unagirandola graffita a stecca. Area appenninica, XVII se-colo (BERTI 1994a, p. 388, fig. 26/4).121. US 2203. Forma aperta su fondo con piede conca-vo. Impasto arancio tenero con piccoli inclusi bianchi.Rivestimento interno con vetrina giallo ocra, sottile epoco aderente su sottile ingobbio rosato. Decorazione

Fig. 93 – Attestazione della ceramica graffita a steccadi produzione emiliana e pisana nei secoli XVI-XVII.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 81: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

113

Fig. 94 – Ceramica graffita a stecca e a fondo ribassato rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

al centro del cavetto con girandola graffita a stecca. Pisa(?), XVII secolo (BERTI 1994a, p. 388, fig. 26, n. 4).122. US 2201. Forma aperta su fondo con piede con-cavo. Impasto rosa, abbastanza duro e depurato. Rive-stimento interno con vetrina gialla, spessa e aderentesu spesso ingobbio bianco. Decorazione al centro delcavetto con girandola graffita a stecca. Area appenni-nica, XVII secolo (BERTI 1994a, p. 388, fig. 26, n. 10).123. Recupero superficiale. Forma aperta su fondo pia-no. Impasto arancio, duro, con sporadici inclusi bian-chi, anche macroscopici. Rivestimento interno con ve-trina gialla, sottile, aderente su ingobbio bianco avorio.Decorazione al centro del cavetto con girandola realiz-zata con brevi virgolette. Pisa, XVII secolo (BERTI 1994a).

124. US 2201. Forma aperta su piede concavo. Impa-sto rosa, tenero e depurato. Rivestimento interno convetrina marrone, spessa e poco aderente su ingobbiorosato. Decorazione al centro del cavetto con girando-la graffita a stecca. Area appenninica, XVII secolo (BERTI

1994a, p. 388, fig. 26, n. 8).125. US 2130. Ciotola con bordo estroflesso e orlo in-grossato. Impasto rosso, duro e depurato. Rivestimen-to interno con vetrina giallo marrone, sottile e aderen-te su ingobbio rosato. Decorazione all’interno del bor-do con tre linee parallele incise a punta. Il frammentopresenta un foro di riparazione.126. US 2130. Ciotola con bordo retto e orlo ingrossa-to. Impasto arancio, tenero con inclusi bianchi. Rive-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 82: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

114

26. Si ringrazia vivamente la Dott.ssa Graziella Berti peraver preso visione del materiale fornendoci preziosi consi-gli e spunti di studio e riflessione.

stimento interno con vetrina giallo chiaro, sottile e pocoaderente, su ingobbio bianco. Decorazione all’internodel bordo con tre linee parallele incise a punta.127. US 2206. Ciotola con bordo retto e orlo ingrossa-to. Impasto arancio, duro con numerosi inclusi millime-trici bianchi. Rivestimento interno con vetrina verde,spessa e aderente su ingobbio bianco. Decorazione al-l’interno del bordo con tre linee parallele incise a punta.

S.G.

GRAFFITA A FONDO RIBASSATO

La classe della “graffita a fondo ribassato”, così defi-nita per essere interessata dalla tecnica di asporta-zione di ingobbio a tratti sottili e paralleli mettendoa nudo il corpo ceramico e creando motivi orna-mentali di natura geometrica e vegetale (BERTI 1993,p. 198), è rappresentata a Gorfigliano da 71 minutiframmenti. Sono tutti pertinenti a pareti e bordi diforme aperte per le quali risultano dunque identifi-cabili a grandi linee solo i motivi decorativi periferi-ci. L’analisi dei pezzi è inoltre resa ancor più com-plessa dallo stato del rivestimento, in molti casi de-teriorato quando non in gran parte saltato.Tra i reperti leggibili è identificabile la prima pro-duzione di “graffita a fondo ribassato” attuata dallebotteghe di Pisa inquadrabile nel corso del XVIsecolo, ritenuta qualitativamente migliore rispet-to alla successiva (BERTI 1993, p. 198) ed espressada grandi piatti dotati di tesa con decoro secon-dario a tralcio vegetale (n. 128: BERTI, TONGIORGI

1982, p. 158, figg. 8-13; n. 129: BERTI 1993, p.193, figg. 9-10). Non stupisce che, nel nostro caso,di quest’ultimo siano presenti tre diverse varianticostituendo esso un motivo di grande persistenzae versatilità nell’ambito degli ateliers pisani (BER-TI, TONGIORGI 1982, p. 157).La conferma dell’appartenenza di questi esempla-ri alla fase più antica della produzione pisana, ol-treché dall’esame tipologico, viene dall’analisi dilaboratorio che ha con sicurezza permesso di in-serire uno di questi nel gruppo I A (campione n.65; cfr. SFRECOLA in questo volume).Più attestata rispetto alla suddetta risulta a Gorfi-gliano la successiva produzione pisana collocabilefra fine XVI-prima metà del XVII secolo. Ad essaappartengono più che altro i grandi catini con orloestroflesso a formare una piccola tesa decorata damotivi geometrici (n. 130: BERTI 1994a, p. 382,tipo Aa; ABELA 1994, p. 37, tav. VI, n. 33) di con-torno a decori centrali consistenti generalmente inscudi, nel nostro caso perduti; resi in modo corsi-vo. Esempi di questo tipo sono stati rinvenuti annifa anche da sterri nei pressi di Castelnuovo (NOTI-NI, ROSSI 1994, p. 193, fig. 1, n. 5).A fianco di queste sicure produzioni pisane si inse-riscono diversi frammenti non classificabili con fa-

cilità soprattutto per il pessimo stato di conserva-zione. Di questi si leggono molto parzialmente sem-plici decorazioni periferiche lineari e a trattini pa-ralleli obliqui (BERTI 1994a, fig. 7, 2 a 2; 2 d a 2; 2b d 4), attribuibili ad una fase produttiva avanzatachiaramente ispirata alla precedente ma di esecu-zione molto più corsiva, probabilmente frutto dialtre botteghe dislocate della Toscana centro set-tentrionale (BERTI 1993, p. 201).Le analisi dell’impasto condotte su una forma aper-ta di corpo emisferico, brevissima tesa riflessa a for-mare un accenno di piccolo “ricciolo” e coperturadi vetrina di colore giallognolo su interno ed ester-no, non escludono una produzione emiliana e inparticolare modenese (campione n. 66, cfr. S.Sfrecola in questo volume), indicando in questomodo un’affluenza di tali manufatti da mensa anchedai territori d’oltreappennino oltreché dai centritoscani.Infine i fori funzionali alla riparazione dei pezzirotti mediante grappe in ferro riscontrati su moltidi questi frammenti lasciano pensare ad un lungoriuso di tali forme, attestando indirettamente il va-lore ad essi attribuito da parte dei loro utilizzatori.

Catalogo

128. US 2130. Bordo arrotondato. Impasto duro e de-purato di colore cuoio. Ingobbio bianco sotto vetrinatrasparente sia all’interno sia all’esterno. All’interno siintravede parte del motivo del tralcio vegetale delimi-tato verso l’alto da tre cerchi concentrici. Pisa, XVIsecolo (BERTI, TONGIORGI 1982, p. 158, figg. 8-13).129. US 2130. Bordo arrotondato. Impasto duro e de-purato di colore tendente all’arancione. Ingobbio biancosotto vetrina trasparente molto deteriorata sia all’in-terno sia all’esterno. All’interno si intravede laculminazione di un motivo a tralcio vegetale compresofra tre cerchi concentrici (ABELA 1991, p. 25, tav. V;BERTI 1993, figg. 9-10, p. 193).130. US 2210. Parte di piccola tesa. Impasto duro e depu-rato di colore tendente all’arancione. Ingobbio bianco sottospessa vetrina trasparente. Decorazione a motivo geome-trico entro doppi cerchi concentrici sormontati da sequen-za di trattini obliqui paralleli (BERTI 1994a, p. 382, tipoAa; ABELA 1994, tav. VI, n. 33; ABELA 1997: 20; tav. II, 5;BERTI,TONGIORGI 1982, fig. 10, 12: 160).

3.1.5 Ceramica smaltata

MAIOLICA ARCAICA26

La “maiolica arcaica” restituita dai saggi di scavoe recuperata in superficie in condizioni di altissi-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 83: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

115

ma frammentarietà, pone per questo motivo grandidifficoltà di analisi sia a livello formale sia deglischemi decorativi. Basti dire che dei 97 frammen-ti totali si distinguono 49 come appartenenti aboccali di cui solo uno parzialmente ricostruibilee 24 forme aperte delle quali ne sono leggibiliappena 7. Inoltre, fatta eccezione per 4 frammen-ti rapportabili ai livelli di abbandono delle strut-ture del periodo 3c (XV secolo), tutti gli altri co-stituiscono materiali residuali, emersi dai riportidi terreno di natura agricola.Nel complesso nelle forme aperte prevalgono net-tamente le scodelle monocrome a bordo assotti-gliato frutto di una fase di produzione cronologi-camente avanzata e standardizzata (Fig. 95).Tre esemplari (dalle US 2130 e US 2165) sonoinvece con sicurezza riconducibili allo schema de-corativo della raggiera (IV gruppo di: BERTI 1997,tav. 75, fig. 26, p. 115) anch’esso in auge a partiredalla seconda metà del XIV secolo. Il frammentoproveniente dall’US 2207, con motivo decorativoirriconoscibile, presentando esterno nudo, pareinvece legato alla produzione del Valdarno fioren-tino, ancora della seconda metà dello stesso seco-lo; oppure a imitazioni di quei precisi modelli daparte delle officine lucchesi (BERTI, CAPPELLI 1994,p. 200; 203).In sintonia con i dati relativi alle forme aperte, an-che le decorazioni lineari e diluite che si notano suciò che resta delle forme chiuse, sebbene non clas-sificabili con puntualità, sembrano testimoniare unrepertorio alquanto standardizzato e qualitativa-mente ormai livellato. Alla luce di tutto ciò, dun-que, non troviamo elementi per poter affermare,da parte del castello di Gorfigliano, una precocericezione di maiolica arcaica, nel momento in cuiquesta, prodotta da pochi “centri-guida” (BERTI,CAPPELLI, FRANCOVICH 1986, p. 484) costituiva an-cora un manufatto di pregio e dunque elitario.Nettamente isolata appare la presenza di “maiolicaarcaica blu” con tre soli frammenti di pareti perti-nenti a forme chiuse dalle US 2201 e 2203, non ri-costruibili né a livello morfologico né decorativo.Se le conclusioni tratte dallo studio morfologico edecorativo di questi pezzi sono per forza di coselimitate, i risultati delle analisi degli impasti in-troducono invece degli importanti elementi dinovità nel panorama dei centri produttivi che ri-fornirono di maiolica arcaica questo villaggio nelBasso Medioevo, almeno a partire da una fase inol-trata del XIV secolo. Infatti, i cinque campionianalizzati, pertinenti sia a forme chiuse sia aperte,monocrome e decorate, rientrano tutti nel “grup-po I”, varianti D-B (cfr. classificazione Sfrecola)orientanti verso un’area di produzione emilianaed in particolare modenese. Vengono così confer-mate le supposizioni avanzate in occasione del-

l’edizione preliminare della prima campagna ar-cheologica a Gorfigliano (QUIRÓS CASTILLO et alii2000, p. 161) ma anche in relazione ad alcunedelle “maioliche arcaiche” rinvenute nello scavodell’ospedale medievale di Tea per le quali, datele caratteristiche tecnologiche già rilevabili ad unesame autoptico, era di fatto fortemente dubbiaun’attribuzione agli atelier Pisani27.Se in altri contesti dell’alta valle del Serchio sonostate rinvenute maioliche arcaiche con sicurezzaattribuite all’ambito pisano (NOTINI et alii 1994,p. 184, fig. 4; CIAMPOLTRINI,NOTINI, ROSSI 1998,pp. 274-276) e lucchese (CIAMPOLTRINI, NOTINI

2000, p. 183, fig. 11, 2-5), nel caso di Gorfiglia-no e più in generale dell’alta Garfagnana le analisidegli impasti prospettano dunque l’apporto dinuovi centri fornitori dislocati in area emiliana,ma ancora da individuare. Significativamente èstato notato come proprio nei decenni a cavallofra la prima e la seconda metà del XIV secolo sia-no proliferate un po’ ovunque botteghe che dif-fondevano maioliche arcaiche, ormai divenuteoggetto di largo consumo, anche in aree margina-li e ruralizzate (BERTI, CAPPELLI 1994, p. 203; CHIESI

1998, p. 186).In questo panorama anche la rara presenza di“maiolica arcaica blu”, variante tipica dell’Emiliae in particolare di Bologna a partire dalla primametà del XIV secolo (NEPOTI 1986, p. 412), sem-brerebbe inserirsi coerentemente.Da questi dati archeometrici dunque, già con la“maiolica arcaica” si preannuncia quella vivacecorrente commerciale fra la Garfagnana e l’Emi-lia attestata poi in abbondanza dai successivi ge-neri ingobbiati e graffiti.

Catalogo

131. US 1111. Orlo di ciotola con bordo leggermenteingrossato. Impasto duro di colore rosso, depurato. L’in-terno è rivestito con smalto bianco molto cavillato,l’esterno con vetrina marroncina.132. US 1116. Orlo di ciotola con bordo leggermenteingrossato. Impasto duro, di colore cuoio, depurato.L’interno e l’esterno sono rivestiti con smalto grigia-stro, non omogeneo.133. Recupero superficiale. Fondo di ciotola dal piede

27. Ad un’analisi macroscopica questi frammenti si carat-terizzano per una sottile copertura di smalto di colore gri-gio, decisamente assorbito che in un caso di forma apertapresenta fitti micropori e in due forme chiuse risulta estesoanche all’interno almeno relativamente alla scarsa superfi-cie conservata. Le facce principali di queste ultime sonointeressate da due linee sottili tracciate in manganese dilu-ito, esigua parte di un non decifrabile schema decorativo.Il colore degli impasti che si presentano depurati varia in-vece dal cuoio chiaro all’arancione.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 84: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

116

Fig. 95 – Ceramica smaltata rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

ad anello. Impasto depurato di colore rosa. Rivestitainternamente da uno spesso strato di smalto grigiomonocromo e all’esterno da un’altrettanto spessa ve-trina di colore marrone.

134. US 3201. Bordo di ciotola a pareti sottili e orlo ap-puntito. Impasto depurato di colore beige. Sottile copertu-ra stannifera all’interno di colore grigio e ruvida al tatto.Esterno nudo recante righe sottili da lisciatura a panno.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 85: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

117

135. US 2201. Orlo di ciotola dal bordo appuntito e cor-po emisferico. Fine impasto sabbioso di colore beige.Smalto grigio e coprente steso all’interno e all’esterno pocoal di sotto dell’orlo. La restante superficie si presenta nuda.136. US 3202. Orlo di ciotola dal bordo sottile e ap-puntito. Repentino ispessimento delle pareti appenasotto l’orlo. Impasto depurato di colore marrone chia-ro. Smalto grigio e coprente all’interno; spessa vetrinamarrone all’esterno.137. US 2130. Orlo di ciotola dal bordo arrotondato ecorpo emisferico. Fine impasto sabbioso di colore mar-rone chiaro. Smalto grigio e coprente all’interno edesternamente poco al di sotto dell’orlo; esterno nudocon sbaffi di vetrina.138. US 3500. Boccale dal fondo piano e svasato. Im-pasto depurato di colore rosa, con radi inclusi bianchiche talvolta dissoltisi, hanno lasciato dei vacui. Sottilee trasparente rivestimento vetroso all’interno; all’ester-no lo stesso si localizza nella gola fra corpo del reci-piente e piede.

ZAFFERA A RILIEVO

I soli 9 minuti frammenti di “zaffera a rilievo” rile-vati a Gorfigliano provengono dagli strati superfi-ciali del settore 2100 e sono attribuibili ad uno stes-so boccale non ricostruibile, caratterizzato da impa-sto depurato, colore cuoio chiaro e del quale rimanetra l’altro un’esigua parte dell’ansa a bastoncello.Quanto è dato di leggere della sintassi decorativa(“gocciole” in blu cobalto a rilievo e motivi geo-metrici in manganese, su copertura stannifera bian-ca) permette di inserire questo esemplare nel re-pertorio più diffuso e corrente, prodotto in areafiorentina fra la fine del XIV secolo e la metà delsuccessivo (BERTI 1997).A Gorfigliano l’incidenza di questo genere cera-mico di pregio pare assolutamente modesta se nonaddirittura sporadica riflettendo le tendenze ri-scontrate in ambito urbano lucchese (BERTI, CAP-PELLI 1994, p. 202).

L.G.

MAIOLICA RINASCIMENTALE E MODERNA

Le maioliche rinascimentali e moderne rinvenutenel castello di Gorfigliano costituiscono un pic-colo gruppo di 116 frammenti per un totale dicirca 849 grammi, che rappresentano il 3% delleceramiche raccolte (Fig. 96). In mancanza di li-velli d’uso postmedievali, tutta la ceramica smal-tata rinascimentale e moderna è decontestualiz-zata, provenendo da strati di crollo, successivi al-l’abbandono delle case del borgo, e in riporti perla sistemazione agricola delle aree abbandonate.Data la conformazione del castello in un’altura sipuò affermare che questi movimenti di terra sia-no circoscritti all’area dell’abitato o ai versanti

esterni alle mura, dove venivano gettati i rifiutidomestici, permettendoci così di interpretare que-sti materiali come quelli effettivamente utilizzatidagli abitanti del castello nel postmedioevo. Èquindi possibile ricostruire un ipotetico corredoda mensa, senza poter distinguere però ambiti pri-vilegiati tra i vari settori dello scavo.Il materiale è stato suddiviso secondo il luogo diprovenienza e successivamente per cronologia.Sono stati così individuati tre gruppi principali,che si riferiscono alle produzioni di Savona, Mon-telupo e un terzo più genericamente indicato comeemiliano. Un quarto gruppo è costituito dallemaioliche monocrome che sono produzioni co-muni alle maggiori manifatture in età moderna, eper le quali non è stato possibile distinguere lelocalità di provenienza.La condizione altamente frammentaria dei reper-ti, dovuta principalmente al tipo di deposito, hainoltre impedito la classificazione di quasi un ter-zo del materiale. Il peggiore stato di conservazio-ne riguarda soprattutto le tipologie più antiche,oggetto di frantumazioni successive causate dal-l’attività continua di aratura dei terreni a orto doveprobabilmente si trovavano in origine, mentre piùgrandi e meglio conservati sono i frammenti delleceramiche più recenti, soprattutto settecentesche,quindi di poco anteriori alla formazione delle ter-razze agricole, utilizzate come castagneto dome-stico e prato. Come accade per le produzioni graf-fite, le maioliche rinascimentali di manifatturetoscane e emiliane presentano una grande omo-geneità di impasti, rivestimenti e in diversi casi didecorazioni. In questa occasione si è preferito re-alizzare una analisi mineralogica delle produzionigraffite data la loro rilevanza numerica rispettoalle altre classi e la difficoltà di attribuzione deiprodotti postmedievali. Gli obbiettivi e i tempi di

Fig. 96 – Attestazioni delle ceramiche smaltaterinascimentali e moderne.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 86: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

118

Fig. 97 – Le maioliche nel postmedioevo.

questa pubblicazione non hanno infatti permessodi affrontare analisi fisico-chimiche sistematichesu tutte le classi, che speriamo di poter realizzareprossimamente, con l’avanzare delle ricerche ar-cheologiche sul territorio.Come si può osservare nella Fig. 96 il gruppo de-cisamente più rilevante è costituito dalle maioli-che di Montelupo, seguito dalle maioliche mono-crome, mentre risulta più sporadica la presenza dimaioliche di produzione ligure e emiliana. La di-stribuzione risulta abbastanza omogenea per tuttele classi, con una maggiore concentrazione neisettori 3000 e 2200 dove più consistenti sono sta-ti i riporti agricoli.Confrontando la distribuzione nel tempo delle ti-pologie individuate (Fig. 97), in base alle fabbrichedi provenienza dei singoli tipi, si osservano fortisquilibri tra il 500 e il 700. Il XVI secolo si caratte-rizza infatti per la presenza nel castello di pocheforme smaltate, tutte di buona qualità e policrome,appartenenti alle produzioni rinascimentali più notedelle fabbriche liguri, toscane e emiliane. Il rappor-to percentuale tra i vari tipi evidenzia una attesta-zione diversificata tra le tre produzioni, ma convalori piuttosto vicini, con una leggera prevalenzadei tipi emiliani, sicuramente inseriti nel flusso com-merciale di prodotti graffiti che provengono dal-l’Emilia con continuità a partire dal XIV secolo.Dal punto di vista numerico si tratta comunque dipresenze molto occasionali e poco importanti, for-se da attribuire a contesti socioeconomici medioalti, presenti nel castello in questo periodo. La scarsapresenza di maioliche è in ogni caso un fenomenopiuttosto comune in aree rurali, anche se si trattadi contesti privilegiati, così come più in generale inarea emiliana data la forte concorrenza esercitatadai prodotti graffiti.Per il XVII secolo assistiamo a un rilevante vuotonella presenza di maioliche, con la solo attesta-zione di un frammento di maiolica ligure e uno diproduzione montelupina, che potrebbe però col-locarsi anche nella seconda metà del secolo pre-cedente (n. 300). A questa lacuna seicentesca con-trasta la situazione documentata per il XVIII se-colo, quando si registrano i più alti valori di pre-senza di forme smaltate nel castello, e in partico-lare nelle case settecentesche che occupano l’area3000. Le uniche produzioni attestate sono le ma-ioliche di Montelupo, con la presenza quasi esclu-siva di un tipo decorativo e morfologico, associa-te a forme monocrome. Scompaiono invece com-pletamente sia le produzioni liguri che quelle emi-liane, attestate solo nel XVI secolo.Per quanto riguarda la Liguria nel corso del XVIIIsecolo si impone come prodotto di esportazionela taches noires, che affianca i prodotti smaltatinelle case settecentesche di Gorfigliano, mentre

le forme smaltate policrome e monocrome sem-brano avere una distribuzione più regionale. InEmilia invece la produzione dei famosi “bianchi”faentini, provoca la scomparsa già alla fine del XVIsecolo delle maioliche policrome, spiegando quin-di l’assenza di questi prodotti a partire del seicen-to (GELICHI, LIBRENTI 1997).Anche nelle manifatture di Montelupo si osservauna riduzione nella produzione dei tipi smaltatinel corso del seicento, crisi che però sembra con-tinuare anche nel settecento, con la fabbricazionequasi esclusiva di prodotti più standardizzati ecorrenti, come le “spirali verdi” (BERTI 1986).

Maiolica ligureLa maiolica ligure è attestata a Gorfigliano consoli 5 frammenti di piccole dimensioni distribuitiin quasi tutti i settori di scavo. Si tratta di produ-zioni a smalto berettino databili tra il XVI e il XVIIsecolo, sebbene le ridotte dimensioni dei frammen-ti impediscano di definire con più precisione letipologie decorative e quindi la loro cronologia.Si tratta di 5 forme, di cui 4 aperte e 1 chiusa, chesi caratterizzano per un impasto bianco avorio,tenero e depurato e per lo smalto spesso e cavilla-to, che tende a staccarsi dal corpo ceramico.Gli unici due frammenti meglio identificabili sonoun piatto con la decorazione “calligrafica tipo C”(n. 139), secondo la classificazione del Farris, eun secondo piatto con un decoro figurato, che po-trebbe rientrare nelle produzioni con raffigurazionidi scene e paesi del XVII secolo (n. 141).Questi pochi frammenti costituiscono le primeimportazioni dalla Liguria, attestate nel castello,aprendo un mercato che si rafforzerà nel corso

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 87: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

119

del XVIII secolo con le importazioni di tachesnoires. Si tratta di un fenomeno piuttosto genera-lizzato che vede i prodotti savonesi e albisolesidiffondersi in Europa e nelle Americhe proprio apartire dal XVI secolo. Le maioliche con decorocalligrafico sono tra le forme più standardizzatedi questa produzione, mentre più significativa è lapresenza di una maiolica con decoro figurato. Al-trettanto interessante è il rinvenimento di un fram-mento di boccale, forma poco estesa al di fuoridell’ambito ligure.

Maiolica di MontelupoLa maiolica proveniente dalle fabbriche dell’areadi Montelupo, rappresenta il gruppo più consi-stente tra le smaltate rinascimentali e moderne con40 frammenti, pari a circa 430 grammi di peso. Ireperti si distribuiscono in forma abbastanza omo-genea nelle aree 2000 e 3000, dove i riporti agri-coli sono più consistenti. Da questi settori pro-vengono anche i 3 frammenti più antichi, ricon-ducibili alla produzione di italo moresca, o secon-do la recente ridefinizione del Berti, a “decoroazzurro prevalente”. Si tratta di tre boccali deco-rati in blu e bruno, con motivi geometrici di con-torno e con impasti cuoio chiaro, caratteristici del-la fase avanzata di questa produzione, probabil-mente la seconda metà del XV secolo.Nove frammenti di piccole dimensioni apparten-gono invece alle più classiche produzioni cinque-centesche di Montelupo, sebbene anche in questocaso, rischiando di essere ripetitivi, non si è potu-to identificare il tipo di decoro date le ridotte di-mensioni dei frammenti e della perdita frequentedei rivestimenti. Per questo motivo non si escludeche questi frammenti possano in parte essere ri-conducibili alle produzioni posteriori del XVIIsecolo. Le forme attestate sono 7, di cui 4 chiuse,forse boccali, e tre forme aperte.Tra queste risulta interessante la presenza di unacrespina, il cui decoro, sebbene lacunoso, sembraavvicinarsi ai motivi delle grottesche, databilequindi alla fine del XVI secolo (Tav. 9, n. 146).L’unico pezzo ben riconoscibile, sia come forma checome decoro, è il n. 148, un piatto con una deco-razione policroma della foglia di vite, che rappre-senta una variante della tipologia monocroma inblu. Questo piatto si colloca cronologicamente trala fine del XVI e gli inizi del XVII secolo.Una importante assenza di questi prodotti carat-terizza il seicento, soppiantati da altre classi cera-miche, come la graffita. In questo secolo potreb-be comunque collocarsi il piatto con la decora-zione a foglia di vite e altri non identificati.Il settecento, e in particolare la seconda metà,appare invece come un secolo di grande movimen-to ceramico, caratterizzato oltre che dalle impor-

tazioni di taches noires dalla Liguria, da un im-portante numero di maioliche di Montelupo.Compaiono in questa fase 21 forme aperte, so-prattutto catini o “catinelle”, decorate con il moti-vo delle “spirali verdi”. All’interno di questo grup-po che si presenta molto omogeneo come impastie decori, compaiono esemplari con i rivestimentipoco uniformi, che lasciano affiorare il coloredell’impasto e dai decori più diluiti, forse riferibi-li a prodotti non di prima qualità.Oltre al tipo “spirali verdi” è presente un piattocon la decorazione del “mazzetto verde” anch’es-so della seconda metà del XVIII secolo. Comemolti altri frammenti di maiolica, anche questopiatto presenta una riparazione, attività diffusa inambito rurale per prolungare la vita della forma,nella difficoltà di sostituirla con una nuova.Alcuni frammenti, il cui decoro non è stato iden-tificato, potrebbero collocarsi in questa fase dellaproduzione di Montelupo che si caratterizza perimpasti più rossastri e per una decorazione limi-tata al centro del cavetto e talvolta sul bordo. Sitratta sempre della forma del catino, con bandearancio e gialle sull’orlo e nel cavetto, dove rac-chiudono un motivo a punti e gocce in verde oazzurro (nn. 147, 157, 159).La diffusione della maiolica di Montelupo in am-bito toscano nel postmedioevo, soprattutto neisecoli XVI e XVII, interessa soprattutto i centriurbani che si trovano lungo la valle dell’Arno,mentre la sua presenza è più sporadica nelle zoneperiferiche o rurali, e quasi sempre giustificata daun tipo di contesto privilegiato (MILANESE 1994a,fig. 3). Si osserva inoltre un calo importante nellapercentuale delle attestazioni di produzioni smal-tate in presenza di prodotti altamente competiti-vi, quali le graffite, che invadono il mercato dideterminate aree, come accade in Garfagnana.Questo andamento documentato dai ritrovamen-ti archeologici trova una ulteriore conferma nelcastello di Gorfigliano, dove la presenza di cera-miche smaltate rinascimentali è percentualmentepoco rilevante. Risulta invece molto interessantel’importante presenza di maioliche valdarnesi nellaseconda metà del XVIII secolo, insieme con altreceramiche di ampia diffusione come la tachesnoires.

Maiolica emilianaTra le ceramiche smaltate rinvenute nel castello diGorfigliano sono stati identificati alcuni frammentidi probabile produzione emiliana. Anche in que-sto caso risulta difficile trovare confronti con ilmateriale edito, per l’alto grado di frammentazio-ne dei reperti, sebbene alcuni elementi come il tipodi rivestimento e gli impasti, escludano la prove-nienza ligure o toscana, giustificando una possibi-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 88: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

120

le produzione emiliana. Si tratta di solo 10 fram-menti, per un peso totale di 29 gr., riconducibili a5 forme, di cui 4 chiuse, probabilmente boccali, e1 aperta. Queste ceramiche si caratterizzano perun impasto bianco avorio, depurato, che in alcunicasi presenta inclusi puntiformi neri e rossi, e peril rivestimento sempre piuttosto spesso e cavilla-to. Le decorazioni presenti sono policrome, in gial-lo, arancio e blu su fondo bianco, tranne in unframmento che appartiene ai tipi con decorazio-ne in blu su smalto berettino.Il frammento più significativo è un fondo di for-ma aperta (n. 164) con una ricca decorazione agirali nel cavetto.La scarsa presenza di prodotti smaltati emiliani sispiega, come per la maiolica di Montelupo, per laposizione periferica di Gorfigliano e per la forteconcorrenza sul mercato dei prodotti graffiti. Neglistessi contesti urbani e rurali dell’Emilia Roma-gna l’attestazione percentuale della maiolica rispet-to ad altre ceramiche è quasi sempre bassissima,con valori non molto più alti di quelli riscontratiper Gorfigliano (GELICHI, LIBRENTI 1997). Secon-do questa stima i 10 frammenti rinvenuti rappre-sentano quindi un elevato status sociale dei suoiproprietari, data la collocazione del castello inposizione marginale rispetto alla pianura. Signifi-cativa è invece l’assenza nel XVII secolo dei fa-mosi “bianchi” faentini, che hanno in Emiliaun’ampia diffusione, causando la scomparsa dellemaioliche policrome.Lo studio non ha per il momento permesso di in-dividuare le località di provenienza di queste ma-ioliche. In seguito al rinvenimento infatti di scartidi fornace in altre località oltre che a Faenza si èevidenziato un panorama molto più complessosulla produzione delle ceramiche smaltate in Emi-lia, ancora non del tutto analizzato, soprattuttoper l’area emiliana (NEPOTI 1992).L’arrivo di questi materiali comunque confermal’inserimento di Gorfigliano sulle vie commercialiche da Modena attraversavano l’Appennino e ri-fornivano di prodotti emiliani le mense dei castel-li del Ducato modenese.

Maioliche monocromeIl 21% delle ceramiche smaltate rinascimentali emoderne di Gorfigliano è rappresentato dalle ma-ioliche monocrome. Si tratta di 24 frammenti perun peso totale di circa 250 grammi, formato da 12forme aperte, 1 chiusa e 1 acquasantiera. Tutte que-ste forme si caratterizzano per un impasto biancocon tonalità che vanno dall’avorio al rosato, e untipo di rivestimento di ottima qualità, spesso e ade-rente, di color bianco latte o bianco grigiastro. Ledimensioni dei frammenti permettono di afferma-re che si tratti di forme non decorate.

La produzione di maioliche monocrome accantoalle forme policrome si osserva in quasi tutte leprincipali manifatture postmedievali, in Liguria,in Toscana e in Emilia Romagna, tra il XVII e ilXVIII secolo (GELICHI, LIBRENTI 1997, BERTI 1986).In tutti questi casi le nuove ceramiche, piuttostoche costituire la versione non decorata delle for-me policrome, presentano nuovi repertori mor-fologici e anche tecnologici. Le maioliche mono-crome sono rappresentate infatti, oltre che dallepiù comuni forme da mensa, anche da contenitoriper conserve, vasi, grandi orci, contenitori igieni-ci, ecc. D’altra parte si caratterizzano per rivesti-menti e impasti di ottima qualità che aumentanola robustezza di queste forme, soggette a urti eall’uso, probabilmente più delle forme decorate.Queste caratteristiche tecnologiche sono una verainnovazione nel caso delle fabbriche di Montelu-po, la cui produzione rinascimentale e ancora post-medievale utilizza dei rivestimenti molto sottili epoco aderenti. Questo giustifica la presenza consi-stente di questo tipo ceramico in un contesto comeGorfigliano, accanto a prodotti come le tachesnoires, più funzionali e sicuramente più economicidelle maioliche policrome, in una fase in cui il ca-stello si era trasformato in un borgo contadino.Le forme attestate a Gorfigliano sono quasi esclu-sivamente piatti, concentrati nei settori dell’area3000, provenienti dai corredi settecenteschi delleultime abitazioni. Si tratta di forme con cavettobasso, in un caso senza tesa differenziata, su fondipiani o concavi. Si conserva anche una ciotola conparete verticale che trova confronto con produ-zioni settecentesche di Montelupo (n. 169). È in-vece documentata una sola forma chiusa, di pic-cole dimensioni, probabilmente un boccale (n.166). Singolare è stato invece il rinvenimento diun’acquasantiera proveniente dal crollo di unadelle case settecentesche, molto semplice e privadi qualsiasi decorazione dipinta o a rilievo (n. 168).

Catalogo

Maiolica policroma ligure139. US 3239. Piatto con bordo svasato e ripiegato versol’esterno, con orlo arrotondato. Impasto bianco avo-rio, compatto e duro. Rivestimento interno ed esternocon smalto di color azzurro, spesso e cavillato. Presen-ta all’interno un filare di foglioline disposte a coppie eall’esterno archetti incrociati, dipinti in blu. La decora-zione è riconducibile al tipo “calligrafico a volute tipoC”. Savona, prima metà del XVI secolo (FARRIS, FERRA-RESE 1969; VARALDO 1992, fig. 30b, per la forma e fig.11 per il decoro)140. US 2200. Boccale su piede svasato. Impasto bian-co avorio, compatto e tenero. Rivestimento interno edesterno con smalto, spesso, cavillato, di color azzurroall’esterno e bianco all’interno. Non si conservano, date

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 89: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

121

le dimensioni del frammento, elementi decorativi. Sa-vona, XVI secolo.141. US 3507. Piatto con tesa confluente distinta dalcavetto da una carenatura. Impasto bianco avorio, com-patto e tenero. Rivestimento interno ed esterno consmalto azzurro, spesso e cavillato. Presenta sulla superfi-cie interna una decorazione in blu che rappresenta unascena figurata non identificata. Savona, XVII secolo.

Maiolica policroma di Montelupo142. US 2101. Forma chiusa con collo distinto dal ven-tre probabilmente ovoide. Impasto cuoio, tenero convacuoli. Rivestimento interno ed esterno con smaltobianco, sottile e aderente. La superficie esterna è deco-rata con motivi geometrici in blu, dai contorni moltosbavati. Potrebbe trattarsi di una italomoresca o secon-da la nuova denominazione della classe, ceramica adecoro in azzurro prevalente. Montelupo, XV secolo143. Recupero superficiale. Forma aperta su fondo conpiede a disco (?). Impasto cuoio, tenero con vacuoli. Ri-vestimento interno ed esterno con smalto bianco, sottile epoco aderente. La superficie interna è decorata con unmotivo a raggiera in blu campito in parte con il giallo.144. US 2201. Forma chiusa. Impasto cuoio chiaro, te-nero con rari vacuoli. Rivestimento esterno con smaltobianco, sottile e cavillato. L’interno ha perso la coper-ta. Il frammento presenta una decorazione a fasce ver-ticali blu, gialle e verdi, con barrette oblique marroni.Si tratta probabilmente di una maiolica valdarnese delXVI secolo, sebbene l’esiguità del frammento impedi-sca una maggior precisione cronologica.145. Us 3101. Piatto con tesa confluente. Impasto cuoiochiaro, tenero e compatto. Rivestimento interno ed ester-no bianco, sottile e poco aderente. All’interno si conser-va una decorazione in blu non identificata. Per la tipolo-gia dell’impasto e del rivestimento può comunque inclu-dersi nella produzione di Montelupo del XVI secolo.146. Us 3507. Forma con pareti ondulate, probabilmen-te una crespina. Impasto bianco avorio, tenero con alcu-ni vacuoli. Rivestimento interno ed esterno con smaltobianco, sottile e cavillato. La superficie interna presentaun decoro non identificato in giallo, arancio, blu e ver-de, sottolineato da tratti in manganese; l’esterno presen-ta una serie di bande in blu e arancio. Sebbene le ridottedimensioni dei frammenti non permettano una defini-zione più precisa, il decoro ricorda il genere dellaraffaellesca, Montelupo, fine XVI, inizi XVII secolo (BER-TI 1986, p. 385, n. 35).147. US 3203. Forma aperta su fondo con piede a di-sco. Impasto rosa cuoio, duro con vacuoli e qualcheincluso di chamotte. Rivestimento interno ed esternocon smalto bianco, sottile, meno omogeneo all’ester-no. Presenta sulla superficie interna una decorazionelimitata al centro del cavetto con bande concentrichearancioni, gialle e azzurre che racchiudono una fascia apunti allungati azzurri. (BERTI 1986, n. 138). Il decorodi confronto è con il motivo centrale degli spirali ver-di, sebbene in questo frammento si apprezza uno spa-zio bianco tra il cavetto e una possibile decorazione delbordo. Montelupo, XVIII secolo.148. US 2206. Piatto con bordo estroflesso e orlo arro-tondato. Impasto cuoio chiaro, tenero e compatto. Ri-

vestimento interno ed esterno con smalto bianco, sot-tile e poco aderente. Decorazione interna con tralci confrutta e foglie di vite e motivo di contorno sull’orloformato da una fascia con barrette. Il decoro, noto come“foglie di vite”, è dipinto in verde, blu, giallo e senapesu fondo bianco. All’esterno una serie di fasce concen-triche in bruno manganese. Montelupo, seconda metàdel XVI-inizi del XVII secolo (RICCI 1985, p. 395,tipo140I e G).149. US 3101. Forma aperta. Impasto cuoio rosato,duro con alcuni vacuoli. Rivestimento interno ed ester-no con smalto bianco, sottile e poco aderente. La su-perficie interna è decorata con il motivo delle “spiraliverdi”, di cui si conserva la parte della cerchiatura delcavetto in giallo e in minima parte il decoro della pare-te. Il frammento presenta un foro di riparazione. Mon-telupo, seconda metà del XVIII secolo (BERTI 1986, p.399, n. 366).150. US 3506. Forma aperta. Impasto cuoio chiaro,duro con alcuni vacuoli. Rivestimento interno ed ester-no con smalto bianco, sottile e poco omogeneo. La su-perficie interna è decorata con il motivo delle “spiraliverdi”. Il frammento presenta un foro di riparazionecon residui del filo di ferro. Montelupo, seconda metàdel XVIII secolo.151. US 3507. Catino. Impasto cuoio chiaro, duro conalcuni vacuoli. Rivestimento interno con smalto bian-co, abbastanza spesso e uniforme, mentre all’esterno sipresenta lacunoso con colature gialle e verdi. La super-ficie interna è decorata con il motivo delle “spirali ver-di”, dipinto in verde, giallo con barrette in bruno.Montelupo, seconda metà del XVIII secolo.152. US 2130. Forma aperta. Impasto cuoio rosato, durocon alcuni vacuoli. Rivestimento interno con smaltobianco, sottile e poco aderente, l’esterno ha perso lacoperta. La superficie interna è decorata con il motivodelle “spirali verdi”. Montelupo, seconda metà delXVIII secolo.153. US 2130. Catino con bordo estroflesso e orlo ar-rotondato, cavetto abbastanza profondo. Impasto cuo-io, tenero con alcuni vacuoli. Rivestimento interno consmalto bianco, sottile e uniforme, poco aderente. Lasuperficie interna è decorata con il motivo delle “spira-li verdi”, dipinto in verde, giallo con barrette in bruno.Montelupo, seconda metà del XVIII secolo.154. Recupero superficiale. Forma aperta con fondoapodo leggermente concavo. Impasto cuoio, duro conalcuni vacuoli e inclusi puntiformi rossi. Rivestimentointerno ed esterno con smalto bianco, abbastanza spes-so e uniforme, che ha assunto tonalità grigiastre a se-guito di una esposizione al calore o per il tipo di depo-sizione. La superficie interna è decorata con il motivodelle “spirali verdi”, dipinto in verde, giallo, arancio econ barrette in bruno. Montelupo, seconda metà delXVIII secolo.155. US 2130. Catino con bordo estroflesso e orlo ar-rotondato. Impasto cuoio chiaro, duro con alcuni va-cuoli e inclusi puntiformi rossi. Rivestimento internocon smalto bianco, sottile e uniforme, mentre all’ester-no si presenta lacunoso. La superficie interna è decora-ta con il motivo delle “spirali verdi”, dipinto in verde,

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 90: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

122

28. La denominazione di questa classe ceramica, suggeritada Giuseppe Liverani nel 1970, deriva dal prefetto france-se di Montenotte Chabrol de Volvic, che nel 1824 descrivequesta produzione per una relazione statistica delle attivitàdi questo dipartimento, a cui apparteneva Albisola (CHABROLDE VOLVIC 1824).

giallo, arancio con barrette in bruno. Montelupo, se-conda metà del XVIII secolo.156. US 3505. Catino con bordo estroflesso e orlo ar-rotondato. Impasto rosa chiaro, duro con alcuni va-cuoli e inclusi puntiformi neri. Rivestimento internoed esterno con smalto bianco, sottile e uniforme. Lasuperficie interna è decorata con il motivo delle “spira-li verdi”, dipinto in giallo con barrette in bruno. Mon-telupo, seconda metà del XVIII secolo.157. Recupero superficiale. Piatto con bordo estroflessoe orlo arrotondato. Impasto rosa chiaro, duro con vacuo-li e millimetrici inclusi rossi e neri. Rivestimento internoed esterno con smalto bianco, sottile, poco aderente. Lasuperficie interna è decorata con fasce concentriche ingiallo e arancione sul bordo. Potrebbe essere associato adun motivo centrale in verde. Montelupo, XVIII secolo.158. US 2130. Piatto con breve tesa piana, distinta dalcavetto schiacciato, su fondo con piede concavo. Im-pasto cuoio rosato, duro, con vacuoli e inclusi rossi al-lungati. Rivestimento interno con smalto bianco, sotti-le, omogeneo e abbastanza aderente, all’esterno lacu-noso. Presenta una decorazione centrale con un moti-vo vegetale, un ramo con foglie allungate, e sul bordoarcheggiature dipinte in verde, noto come “mazzettoverde”. La forma è composta da due frammenti noncontigui, che presentano ciascuno un foro di riparazio-ne. Montelupo, seconda metà del XVIII secolo (BERTI

1986, n. 132; MILANESE 1994, fig. 5).159. US 3215. Piatto. Impasto rosa chiaro, compatto,duro con occasionali inclusi rotondeggianti bianchi. Ri-vestimento interno ed esterno con smalto bianco grigia-stro, sottile e cavillato, poco omogeneo sulla superficieesterna, lasciando trasparire il colore dell’impasto. Pre-senta una decorazione sulla superficie esterna limitataprobabilmente al centro del cavetto con un motivo inverde non identificato dentro cerchiatura in giallo, cir-condato con gocce triangolari in verde. Montelupo, se-conda metà del XVIII secolo (BERTI 1986, n. 141).160. Recupero superficiale. Catino con breve tesa con-fluente, distinta dal cavetto probabilmente emisferico.Impasto rosso, duro, con vacuoli. Rivestimento inter-no ed esterno con smalto bianco verdognolo, spesso ecavillato. La superficie interna è decorata con monticellicapovolti alternati in verde e giallo, e delimitati da duebande in giallo sul bordo. Si tratta probabilmente diuna derivazione tarda del motivo a monticelli di Mon-telupo, visto il tipo di smalto e impasto più caratteristi-co delle produzioni settecentesche.

Maiolica policroma di probabile produzione emiliana161. US 2201. Boccale formato da 6 frammenti prove-nienti dallo stesso strato ma non contigui. Impasto bian-co avorio, compatto, tenero, con occasionali inclusi ros-si puntiformi. Rivestimento interno ed esterno biancoazzurrognolo, spesso e cavillato. All’esterno è presenteuna decorazione dipinta a fasce orizzontali alternate inblu, giallo e arancio, attraversate da barrette marroni.L’esiguità dei frammenti non permette di determinare laforma e il motivo decorativo. Emilia, XVI secolo (?).162. US 3506. Boccale su fondo con piede sagomato eventre probabilmente globulare. Impasto bianco avorio,duro, con vacuoli. Rivestimento interno ed esterno con

smalto bianco, spesso ed omogeneo. La superficie ester-na è decorata con un ovale in bruno circondato da unafascia in blu e giallo, che racchiude un motivo dipinto ingiallo, non identificato. Emilia, XVI secolo (?).163. US 2201. Forma chiusa. Impasto bianco avorio,compatto, tenero, con occasionali inclusi rossi punti-formi. Rivestimento interno con smalto grigiastro, spes-so dalla superficie granulosa. Rivestimento esterno consmalto azzurrognolo, spesso e cavillato. Della decora-zione si conserva solamente una linea dipinta in blu.Emilia, XVI secolo (?).164. US 3507. Piattino su fondo con piede concavo.Impasto bianco avorio, tenero, con inclusi puntiformineri. Rivestimento interno ed esterno con smalto bian-co, spesso e aderente. La superficie interna è decorataal centro del cavetto da un motivo calligrafico epseudoepigrafico in blu (sembra di poter leggere una Bgotica), racchiuso da bande concentriche in giallo earancio e con un decoro sulle pareti in blu non identi-ficato. Emilia, XVI secolo (?).165. US 3507. Forma chiusa. Impasto Bianco avorio,duro con inclusi puntiformi neri. Rivestimento internoed esterno con smalto azzurro scuro, spesso e omoge-neo. La superficie esterna è decorata con una serie dilinee curve in blu. Emilia, XVI secolo (?).

Maiolica monocroma166. US 2109. Forma chiusa su fondo piano con piedesagomato, appena distinto dal ventre ovoide. Impasto bian-co avorio, duro e compatto. Rivestimento interno ed ester-no con smalto bianco, spesso, aderente, escluso il fondo.167. US 2214. Piatto su fondo con basso piede ad anel-lo. Impasto bianco avorio, duro con alcuni vacuoli.Rivestimento interno ed esterno con smalto bianco,spesso e omogeneo.168. US 3202. Acquasantiera. Impasto giallo chiaro,duro, con vacuoli e occasionali inclusi puntiformi neri.Rivestimento interno ed esterno con smalto bianco,spesso e aderente, escluso il retro, nudo con alcunecolature. Montelupo. XVIII secolo.169. Recupero superficiale. Ciotola con bordo estro-flesso e orlo arrotondato, con pareti verticali e fondodel cavetto piano. Impasto bianco avorio, duro e com-patto. Rivestimento interno ed esterno con smalto bian-co grigiastro, spesso e aderente.

3.1.6 Taches noires

La ceramica cosiddetta taches noires è una produ-zione ben nota del centro ligure di Albisola (SV)documentata tra gli anni 20 del XVIII e la primametà del XIX secolo28 (CAMEIRANA 1977; MILANE-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 91: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

123

Se, BIAGINI, VEntURA 1994). Le attestazioni archeo-logiche di questa classe ceramica indicano però nellaseconda metà del XVIII secolo il periodo di mag-gior produzione e di diffusione di questi prodotti,che si trovano oltre che in tutta Europa, anche invarie località del Nord America. Questa produzio-ne che si caratterizza per la sua semplicità tecnolo-gica, presenta un ricco repertorio formale, copren-do tutte le forme del servizio da mensa, ma anchecon pentolame da cucina e forme accessorie e piùartistiche come immagini religiose, acquasantiere,vasi da fiori e veilleuse. Ciononostante le formemaggiormente commercializzate sono soprattuttoi piatti, fondi e piani, che costituiscono la parte piùrilevante di questa manifattura.Tutta la produzione si caratterizza per il rivesti-mento piombifero, addizionato di ossido di ferro,che produce nella vetrina una colorazione varia-bile tra l’arancio chiaro al marrone scuro. La de-corazione realizzata a pennello, consiste in bandeondulate tracciate in modo casuale sulla superfi-cie principale della forma. Questo è il tipo di de-coro più ricorrente, anche se sono attestati motivicomplessi o figurativi, limitati però a prodotti re-alizzati su commissione.La Taches Noires è presente nel castello di Gorfi-gliano con 325 frammenti, per un peso di circa 1,2chilogrammi, corrispondenti all’8% della cerami-ca rinvenuta. La maggior parte dei frammenti, 167,è decontestualizzata, provenendo da strati che sonoil risultato di movimenti di terra all’interno del ca-stello, soprattutto relativi ai lavori svolti nell’areatra il XIX e il XX secolo, quando il borgo era quasidel tutto abbandonato. Una parte considerevole diquesto materiale, 156, proviene invece dai livellisettecenteschi, di riorganizzazione interna del ca-stello e dagli ultimi livelli abitativi (Fig. 98).Come si osserva dalla Fig. 99 la presenza di tachesnoires si concentra soprattutto nei settori dell’area1100 e in quelli dell’area 3000. Nel primo caso sitratta di livelli di cantiere relativi alla ristruttura-zione della torre come campanile della nuova chie-sa, lavori ben databili cronologicamente dalle fonti

scritte e epigrafiche, che si concludono nell’anno1762. I frammenti provenienti da questi livelli, so-prattutto riempimenti seguiti ai lavori di scavo efondazione del nuovo campanile, sono infatti mol-to frammentari e sono riconducibili a diverse for-me. È quindi presumibile che provengano da de-positi che si trovavano probabilmente alla base dellatorre. La scarsa presenza di questa classe nelle areeadiacenti alla torre, settori 2100 e 2200, confermainoltre l’interpretazione stratigrafica di un abban-dono di questa zona nella prima metà del XVIIIsecolo e la successiva rioccupazione agricola.Decisamente diversa è la situazione dell’area 3000,dove una parte di questi prodotti proviene dai li-velli d’uso e dagli abbandoni delle case che anco-ra nel XVIII secolo occupano questo versante delcolle (settore 3200). La maggior parte dei fram-menti proviene invece dai riporti agricoli che siformano nelle aree abbandonate in questo perio-do, ma che sono comunque attribuibili alle disca-riche delle case settecentesche, i cui resti sonoancora in parte visibili in questo versante del colle(settore 3100, 3500). Da questi contesti proven-gono le forme meglio conservate con 12 piatti ri-costruibili e 1 tegame.Tenendo conto dell’alto grado di frammentarietàdelle ceramiche provenienti dai contesti di ripor-to e dai recuperi, si è calcolato un numero mini-mo di forme dalla quantificazione degli orli, veri-ficando la possibilità di ricondurre alla stessa for-ma più frammenti. Si è così ottenuto il numerominimo di 49 piatti, di cui 6 fondi o catini, e 2tegami. L’incidenza particolarmente bassa dei te-gami è abbastanza comune nelle aree rurali, dovequesto tipo di forma era sostituito da prodotti in-vetriati locali, di più facile approvvigionamento esicuramente più economici.I piatti, forma evidentemente molto diffusa sulle

Fig. 98 – Distribuzione della Taches noires nellesingole fasi.

Fig. 99 – Distribuzione dei rinvenimenti di Taches noiresnel castello.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 92: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

124

29. La sicurezza di questo dato ci proviene dalla stratigra-fia dato che uno degli strati di livellamento è compostonella sua quasi totalità dai resti del cantiere, con grandiquantità di calce, scaglie della lavorazione dei cantonali delcampanile e scorie di ferro (US 1170).

mense del castello, presentano una certa varietàmorfologica negli orli. I piatti piani si caratterizza-no per la breve tesa confluente più o meno diffe-renziata dal cavetto schiacciato e poco profondo,che solo in alcuni casi presenta una leggera carena-tura esterna. I fondi sono sempre piani, talvoltadifferenziati dal cavetto con un piede concavo.Tutti i frammenti di taches noires individuati pre-sentano lo stesso impasto, rosso, compatto e duro,con frattura granulosa e inclusi arrotondati di colo-re bianco, la cui omogeneità riflette il processo qua-si industriale della sua produzione. Il rivestimento èaltrettanto omogeneo con vetrine di ottima qualità,abbastanza spesse e distese uniformemente all’inter-no delle forme, mentre si presentano più lacunoseall’esterno nella zona del fondo. Le vetrine si carat-terizzano per due tonalità predominanti, una di co-lor marrone, quella maggiormente documentata, el’altra di color miele. La decorazione, tracciata nellamaggior parte con un pennello di medio spessore,consiste in bande leggermente ondulate, che forma-no all’interno delle forme individuate disegni infor-mali, che solo in un paio di casi si possono osservarenella loro totalità, dato la elevata frammentarietàdei pezzi presentati.Le poche differenze morfologiche e di rivestimentonon sembrano però rappresentare scansioni cro-nologiche all’interno della produzione, che si pre-senta soprattutto per la forma del piatto comemolto omogenea. Per quanto riguarda la sua cro-nologia il continuo apporto dei dati archeologiciha permesso di definire per il momento la sua pro-duzione tra gli anni 20 del XVIII secolo, fino allametà del XIX, anche se negli ultimi decenni sem-bra attestata solo in Francia (MILANESE, BIAGINI,VENTURA 1994, pp. 337-338). Per quanto riguar-da Gorfigliano la taches noires arriva intorno allametà del XVIII secolo, dato che una parte deimateriali proviene dai livellamenti realizzati into-rno alla torre, a conclusione dei lavori per la suaristrutturazione che terminano nel 176229. Si trattaquindi di una attestazione piuttosto precoce nelpanorama descritto per le esportazioni di questaceramica, che si diffonde in forma consistente nellaseconda metà del XVIII secolo, giustificata dallaposizione di Gorfigliano all’interno di un merca-to attivo e vivace tra Toscana, Liguria e PianuraPadana, anche se non sappiamo attraverso qualecentro di smistamento. Il resto del materiale, datala sua posizione in livelli decontestualizzati non cipermette maggiori definizioni cronologiche.

Catalogo30

170. US 1116. Ciotola frammentaria con cavetto emi-sferico e orlo ingrossato. Rivestimento interno ed ester-no con vetrina marroncina, brillante e sottile con alcuneimpurità. La decorazione presente sulla superficie inter-na è resa con larghe pennellate di bruno manganese.171. US 1116. Forma aperta su fondo con piede piano.Rivestimento interno ed esterno con vetrina marronci-na, brillante e sottile con alcune impurità. La decora-zione presente sulla superficie interna è resa con larghepennellate di bruno manganese.172. US 1116. Scodella con tesa confluente e bordoingrossato. Rivestimento interno ed esterno con vetri-na marroncina, brillante e sottile con alcune impurità.173. US 1103-1111-1116. Piatto frammentario con tesaconfluente, appena distinta dal cavetto poco profon-do. Rivestimento interno ed esterno con vetrina giallo-gnola, brillante e aderente. La decorazione sulla super-ficie interna è resa con limitate e strette pennellate inbruno manganese.174. US 3202. Piatto piano ricostruito per circa 2/3della forma, con tesa confluente, orlo appuntito, leg-germente differenziata dal cavetto poco profondo, sufondo concavo. Rivestimento interno ed esterno convetrina marroncina, brillante e sottile con alcune im-purità. Il decoro informale consiste in due bande trac-ciate a pennello medio (MILANESE, BIAGINI, VENTURA

1994, fig. 3, n. 7).175. US 3501. Tegame con bordo estroflesso e orloingrossato e appuntito, parete verticale su fondo pia-no. Rivestimento interno ed esterno con vetrina di co-lor miele, cavillata. Decorazione interna con pennella-te in bruno manganese. (MILANESE, BIAGINI, VENTURA

1994, fig. 7, nn. 1 e 5).176. US 3506. Piatto piano con tesa confluente, orloingrossato e arrotondato, cavetto schiacciato leggermen-te differenziato all’interno. Rivestimento interno edesterno con vetrina marroncina, brillante e sottile conalcune impurità. Decorazione interna con pennellatein bruno manganese. (MILANESE, BIAGINI, VENTURA 1994,fig. 3, nn. 2-3).177. US 3506. Piatto fondo o catino con breve tesaconfluente con orlo arrotondato ed estroflesso, legger-mente differenziato dal cavetto emisferico. Rivestimentointerno ed esterno con vetrina di color marroncino,brillante e cavillata. Decorazione interna con pennella-te in bruno manganese. (MILANESE, BIAGINI, VENTURA

1994, fig. 3, n. 10).178. US 3506. Piatto piano con tesa confluente e orloingrossato e arrotondato, il cavetto schiacciato si diffe-renzia dalla tesa con una carenatura esterna. Rivesti-mento interno ed esterno con vetrina marroncina, ca-villata. Decorazione interna con pennellate in brunomanganese. (MILANESE, BIAGINI, VENTURA 1994, fig. 3,n. 8).

30. Data la totale omogeneità di impasti, rivestimenti e de-corazioni, nel catalogo si descriveranno solamente le for-me e particolarità rilevate.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 93: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

125

179. Recupero superficiale. Piatto piano con cavettoschiacciato su fondo piano. Rivestimento interno edesterno con vetrina marroncina, cavillata. Decorazio-ne interna con pennellate in bruno manganese. (MILA-NESE, BIAGINI, VENTURA 1994, fig. 3, n. 7).180. Recupero superficiale. Catino, con bordo svasa-to, appiattito e orlo arrotondato, cavetto probabilmenteemisferico. Rivestimento interno ed esterno con vetri-na marroncina, cavillata. (MILANESE, BIAGINI, VENTURA

1994, fig. 6, n. 2).

3.1.7 Terraglia nera

La terraglia nera è un’altra importante produzio-ne albisolese, che sorge probabilmente alla finedel XVIII secolo all’interno delle stesse fabbrichedella taches noires. Con questa classe condivideinfatti il tipo di impasto e molte forme, ma si dif-ferenzia per il rivestimento che in questo caso ècompletamente nero, o marrone molto scuro, ot-tenuto con una miscela di manganese alla vetrinapiombifera (CAMEIRANA 1970). La terraglia nerasoppianta la taches noires nei primi decenni delXIX secolo, senza però raggiungere lo stesso suc-cesso e i livelli di fabbricazione della ceramica set-tecentesca. La diffusione della terraglia nera siosserva infatti soprattutto nell’ambito ligure, men-tre risulta piuttosto scarsa sul mercato d’esporta-zione. Questo fenomeno si spiega per una fortecrisi economica che si documenta nelle attivitàceramiste di Albisola, causata dall’imposizione allafine del XVIII secolo di un dazio sull’importazio-ne di ceramica da parte della Spagna e dalle guer-re napoleoniche che provocano la fluttuazione delprezzo del piombo, indispensabile per i rivestimen-ti vetrosi, oltre a rendere meno sicure le vie dicomunicazione e di commercio (CAMEIRANA 1970).Per far fronte a questa situazione di instabilità glistessi ceramisti albisolesi stabiliscono un rigidoregolamento, che limitava ad una determinataquantità la produzione annuale di ceramica. Ilnumero stesso delle fornaci risulta quasi dimezza-to tra il 1789 e il 1806, come attestano le fontiscritte (CAMEIRANA 1970).La terraglia nera è presente a Gorfigliano con soli35 frammenti, per un totale di 118 grammi, perlo più di piccole dimensioni, che rappresentanosolo l’1% della ceramica rinvenuta in tutto il ca-stello.Come si può osservare nella Fig. 101 la sua pre-senza si concentra nei livelli di abbandono dellecase sei e settecentesche, fase 7a, e negli strati diriporto realizzati per la risistemazione agricola cheinteressa parte del borgo, fase 7b. Un numeroimportante di frammenti proviene dai recuperi edai riporti più recenti del XIX secolo. Questa ce-ramica, insieme alla taches noires, costituisce, no-

nostante la sua scarsa attestazione, un indicatorecronologico importante per questa fase di abban-dono del borgo, che coincide con la crescita delvillaggio postmedievale.La sua distribuzione all’interno del castello (Fig.102), sebbene il numero dei frammenti sia pocorilevante, riflette quello che si è osservato per lataches noires, con una presenza maggioritaria neisettori 1100, 3200 e 3000, mentre è attestata conun solo frammento nel settore 2100. Tranne nelcaso del settore 3200, i cui frammenti provengo-no da livelli di crollo di un’abitazione, i restantiframmenti sono documentati in strati decontestua-lizzati, per cui valgono le osservazioni proposteper la taches noires.L’analisi dei frammenti ha evidenziato la presenzadi un numero minimo di 21 forme, determinatodall’alta frammentarietà dei pezzi e della loro di-spersione nei vari settori di scavo, impedendo lapossibilità di ricostruire dei profili o ricondurrepiù frammenti alla stessa forma (Fig. 100).La forma più attestata è il piatto con tesa con bor-do arrotondato, distinta dal cavetto troncoconicosu fondo piano.A una forma più elaborata appartiene un bordodi un catino con decorazione a rilievo, baccellata,realizzata a stampo, che imita forme analoghedell’argenteria genovese (CAMEIRANA 1970). È sta-ta inoltre rinvenuta una piccola ansa ad ala, conprofilo poligonale, realizzata a stampo, con deco-razione a rilievo, appartenente a una scodella condoppie presine. Questi esemplari, insieme con unframmento di una forma chiusa non identificabileci mostrano un contesto, sebbene scarso da puntodi vista numerico, abbastanza ricco per quantoriguarda le tipologie di contenitori rappresentati,che costituivano evidentemente un complementopregiato del servizio da mensa. Questo confermal’interpretazione di questa classe, considerata comepiù pregiata rispetto alla taches noires.

Catalogo

181. US 1111. Piatto frammentario con tesa confluen-te. Impasto duro, cuoio rosato con inclusi micromilli-metrici bianchi e vacuoli allungati. Rivestimento inter-no ed esterno con vetrina nera, brillante e aderente,più spessa sulla superficie interna.182. US 3202. Piatto con fondo piano e tesa confluen-te leggermente differenziata all’interno dal cavetto tron-coconico. Impasto arancio, compatto, duro con occa-sionali inclusi bianchi. Rivestimento interno ed ester-no con vetrina di color nero, spessa, aderente e brillan-te, più lacunosa all’esterno del fondo (CAMEIRANA 1970,tipoA).183. US 3502. Piatto con tesa confluente, orlo arroton-dato, non differenziata dal cavetto, con una decorazionebaccellata realizzata a stampo. Impasto arancio, compat-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 94: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

126

Fig.100 – Taches noires, Terraglia nera e Terraglia rinvenuta nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 95: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

127

to, duro con occasionali inclusi bianchi. Rivestimento in-terno ed esterno con vetrina di color nero, spessa, ade-rente e brillante (CAMEIRANA 1970, tese piatto tipo B).184. US 3502. Ansa ad ala con profilo poligonale edecorazione a rilievo, realizzata a stampo, appartenen-te ad una ciotola con doppie prese. Impasto arancio,compatto, duro con occasionali inclusi bianchi. Rive-stimento con vetrina di color nero con sfumature mar-roni, spessa, aderente, con addensamenti nelle pieghedel decoro (CAMEIRANA 1970).

3.1.8 Terraglia

La terraglia ad uso inglese è una classe ceramica moltodiffusa in Italia soprattutto a partire dal XIX secolo.Questa ceramica che si caratterizza per l’impastobianco e poroso, rivestito con vetrina trasparenteè un’invenzione inglese della metà del XVIII se-colo. Nella seconda metà del ’700 questi prodotticircolavano già in tutta Europa, fomentando l’im-pianto dove ciò fosse possibile di fabbriche, cheebbero più o meno fortuna.Tra le più rinomate fabbriche di “terraglia all’usodi Inghilterra” sono documentate quelle di Este,Savona, Napoli, Venezia, solo per citarne alcune,dove i modelli morfologici e decorativi inglesi era-no imitati ma anche arricchiti dal repertorio tra-dizionale e dal gusto locale.Se sono abbondantemente studiati e catalogati iservizi più pregiati e noti di questa classe, databilisoprattutto tra il XVIII e il XIX secolo, rimaneancora molto lacunosa la conoscenza di quellaterraglia che più comunemente si trovava sullemense, e che caratterizza quasi tutta la sua produ-zione. Per questo motivo risulta difficile a tutt’og-gi attribuire gran parte di questi prodotti a tipolo-gie o a fabbriche note, se non si è in presenza dimarchi distintivi. Industrie di produzione dellaterraglia si diffondono infatti rapidamente in tut-ta Italia nella prima metà del XIX secolo, affian-

cando e, in molti casi, soppiantando la produzio-ne smaltata e ingobbiata nelle aree periferiche erurali, perdurando fino agli inizi del 1900. La ter-raglia diviene così una ceramica d’uso comune,soprattutto con modelli standardizzati monocro-mi o con decorazioni realizzate a decalcomania,la cui meccanica fabbricazione permetteva un for-te abbattimento dei prezzi. Le continue imitazio-ni degli originali inglesi ma anche dei prodotti ita-liani, insieme con la conservazione per lunghi pe-riodi delle forme e dei decori, creano inoltre con-fusione nelle cronologie di questi manufatti.Per quanto riguarda la Garfagnana le aree di ap-provvigionamento potevano essere diverse ed èdifficile a questo livello dello studio e per la scar-sità di materiale poter indicare con sicurezza an-che solo una di queste fonti. Le ipotesi sono di-verse e vanno dalle produzioni savonesi, seguen-do il flusso di esportazioni che aveva segnato ilXVIII e gli inizi del XIX secolo, a quelle dell’areamodenese che come si è visto, è dal medioevol’area di approvvigionamento preferenziale per laGarfagnana. A Sassuolo, centro ceramico del mo-denese, sorge proprio verso la metà del XIX seco-lo una rinomata fabbrica di terraglie, che presen-ta nel suo tariffario del 1846 i prezzi per il tra-sporto dei suoi prodotti, testimoniando quindi unacerta circolazione delle sue ceramiche, anche senon conosciamo l’area della loro diffusione31.La terraglia è attestata nel castello di Gorfiglia-

31. «…Chiunque farà caricare articoli di questa Fabbrica econdurli nei diversi luoghi dello Stato dovrà pagare cente-simi 60 per ogni miglio…come pure cent.20 per l’opportu-no certificato che la Fabbrica rilascerà, acciò le cose acqui-state possano liberamente circolare per lo Stato» (LIVERANI1977, p. 252).

Fig. 101 – Distribuzione della terraglia nera nelle diversefasi d’occupazione.

Fig. 102 – Distribuzione dei rinvenimenti di Terraglianera nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 96: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

128

Fig. 103 – Distribuzione della terraglia nelle singole fasi d’occupazione (A), e nei singoli setttori di scavo (B).

no con soli 52 frammenti per un totale di 175grammi, che rappresentano l’1% della ceramicatotale. La maggior parte dei reperti proviene inol-tre da livelli decontestualizzati, legati ai lavorirealizzati intorno alla chiesa nel XX secolo, chehanno comportato importanti movimenti di ter-ra (Fig. 103A). Il materiale rinvenuto, che si datatra la seconda metà del XIX e la prima metà delXX secolo, proviene probabilmente dalle disca-riche e dagli orti delle ultime case abitate nelborgo, che vengono abbandonate intorno allametà del 1900.La Fig. 103B ci dimostra come la distribuzionedi questa ceramica si concentri soprattutto nellearee 1100 e 3500. Per quanto riguarda la prima,bisogna ricordare che tutto il settore intorno allatorre è stato oggetto di successivi rimaneggiamen-ti e riporti negli ultimi secoli, ed è quindi moltoprobabile che il materiale provenga dall’area sot-tostante dove ancora nel XIX secolo esistevanocase d’abitazione. Lo stesso si può dire per l’area3500, dove si osservano una serie importante diriporti, realizzati per la sistemazione a terrazzedegli spazi vuoti tra le case, destinati a orti e acastagneto. Nonostante la provenienza deconte-stualizzata del materiale, queste ceramiche ci in-dicano comunque una continuità d’uso di alcuneparti del borgo, dove si continuava a vivere an-cora tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.Il confronto inoltre con la quasi completa assen-za di porcellana nel castello, mostra l’evidentepredominanza della terraglia, che rimane il pro-dotto da mensa preferito, accanto alle maiolichetarde probabilmente fino alla fine dell’800. Lacarenza di materiale edito di confronto per que-sto periodo nell’alta Garfagnana impedisce diverificare se questa situazione si deve a scelteprecise da parte degli ultimi abitanti del castello,o se si tratti di un fenomeno più generalizzatoche sposta l’arrivo della porcellana al ’900 avan-zato.Dati l’elevato grado di frammentarietà e la disper-

sione di questi reperti nel castello, è stato possibi-le individuare un numero minimo di 29 forme,tra cui 8 piatti, 2 tazzine, 1 tazza, 2 vasi, 2 formechiuse e 15 forme aperte (Fig. 100). Gli impastisebbene leggermente variabili nella colorazione,si presentano sempre porosi, leggeri privi di in-clusi e generalmente di colore bianco. Per quantoriguarda i rivestimenti si osserva invece l’utilizzodi una vetrina incolore piuttosto sottile nelle for-me decorate, mentre è più spessa e cavillata inquelle monocrome, da attribuire forse a una fasepiù tarda della produzione o semplicemente aduna differente destinazione d’uso. I catini indivi-duati presentano ad esempio il secondo tipo dirivestimento.La forma più documentata è il piatto, di cui peròsi conservano quasi esclusivamente frammentidella tesa, impedendo una ricostruzione del fon-do o del cavetto e la distinzione tra piatti piani efondine. Al piatto è associata la forma di una taz-za abbastanza capiente, forse da brodo, come sem-bra indicare l’ansa laterale, e il catino, con tesa ocon bordo estroflesso. Interessante sono alcuniframmenti del servizio da caffè, tra cui un piatti-no e due tazzine, e due forme chiuse, di cui unapotrebbe essere una caffettiera.Poche sono le decorazioni individuate, tra cui la“colandine” che ha permesso di riconoscere alcunipezzi di un probabile servizio, con due piatti, un piat-tino e una forma chiusa. Si tratta di uno dei decoricinesizzanti più sfruttati dalle fabbriche inglesi nelsettecento, che viene ampiamente imitato in Italianella seconda metà del XIX secolo, da importantimanifatture come la Richard (PINNA 1985, p. 451).Dal punto di vista cronologico una buona partedella terraglia rinvenuta nel castello si data nel XIXsecolo, probabilmente la seconda metà, sulla basedel dato stratigrafico. In particolare si includonoin questa fase alcuni piatti con un decoro conmotivi vegetali o con gocce in blu sulla tesa, la cuidecorazione è di difficile identificazione, per leridotte dimensioni dei frammenti.

BA

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 97: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

129

Catalogo

Terraglia non decorata185. US 1111. Piatto con tesa a profilo ondulato, di-stinta dal cavetto. Impasto bianco, poroso, duro. Rive-stimento interno ed esterno con una vetrina incolore,sottile e aderente.186. US 1111. Catino con breve tesa con orlo ingrossa-to. Impasto bianco, poroso e duro. Rivestimento inter-no ed esterno con una vetrina incolore, sottile e aderen-te (PINNA 1985, tav. LIX, 716).187. US 2132. Tazza, forse da brodo con bordo assotti-gliato e orlo appuntito, indistinto dal cavetto emisferi-co. Sotto l’esterno del bordo si conserva l’attacco diuna piccola ansa a nastro, è presumibile che avesse unaseconda nel lato opposto. Impasto bianco avorio, po-roso e tenace. Rivestimento interno ed esterno con unavetrina incolore, che sull’impasto avorio assume unacolorazione crema chiaro.188. US 3501. Fondo frammentario, probabilmente adanello, di forma aperta, con inciso a stampo il mar-chio, di cui solo si possono leggere le lettere G e Cdella sigla della manifattura. Impasto bianco, poroso,duro. Rivestimento interno ed esterno con vetrina in-colore, spessa e cavillata.189. US 3501. Catino o vaso con bordo ripiegato ver-so l’esterno con orlo ingrossato. Impasto bianco, poro-so, duro. Rivestimento interno ed esterno con vetrinaincolore, spessa e cavillata.190. US 3501. Tazzina con orlo appuntito e corpo ci-lindrico. Impasto bianco, poroso e tenace. Rivestimen-to interno con vetrina incolore e esterno con vetrinamarrone, opaca e coprente.191. US 3501. Forma aperta su fondo piano apodo. Sitratta probabilmente di un piatto. Impasto bianco avo-rio, poroso e tenace. Rivestimento interno ed esternocon vetrina color crema, sottile e cavillata.192. US 3505. Piatto con tesa confluente e orlo arro-tondato. Rivestimento interno ed esterno con vetrinaincolore, sottile (PINNA 1985, tav. LVI, 671)

Terraglia decorata193. US 1116. Tazzina di forma troncoconica con orloappuntito. Impasto bianco, poroso, duro. Rivestimen-to interno ed esterno con una vetrina incolore, sottile eaderente. All’esterno è decorata con un filetto doratosotto il bordo.194. US 1116. Piatto piano con ampia tesa confluentecon orlo arrotondato, distinto dal cavetto poco pro-fondo. Impasto bianco, poroso e duro. Rivestimentointerno ed esterno con una vetrina incolore, sottile eaderente. La superficie interna presenta una decorazionea decalcomania in bruno manganese, con motivi di con-torno del tipo “colandine”. Il pezzo costituisce serviziocon i numeri 195, 196, 197 e 198 (PINNA 1985, tav.LVI, 674, fig. 119, n. 39a).195. US 1236. Forma chiusa con parete all’esterno sca-nalata. Impasto bianco, poroso e tenace. Rivestimentointerno ed esterno con vetrina incolore, sottile e leg-germente cavillata. Presenta una decorazione in man-ganese sulla superficie esterna realizzata a decalcoma-

nia, in cui si intravede una colonna e forse il tetto diuna pagoda. Potrebbe trattarsi di una caffettiera o altraforma analoga decorata con il motivo della “colandine”,e appartenente a un servizio insieme con i numeri 194,196, 197, 198; PINNA 1985, fig. 119, n. 39a)196. Recupero superficiale. Piattino di tazza con tesa con-fluente e orlo arrotondato. Impasto bianco, poroso e duro.Rivestimento interno ed esterno con vetrina incolore, sot-tile e cavillata. La superficie interna è decorata con volutee motivi vegetali, tipiche del contorno del motivo tipo“colandine” (CASTELLI, DEFERRARI, LAVAGNA, RAMAGLI, TRUC-CO 1989, fig. 53)197. Recupero superficiale. Piatto piano con tesa con-fluente, ingrossata al centro e orlo appuntito, distintadal cavetto poco profondo. Impasto bianco, poroso eduro. Rivestimento interno ed esterno con vetrina in-colore, sottile e cavillata. La superficie interna è deco-rata con volute e motivi vegetali, tipiche del contornodel motivo tipo “colandine” (PINNA 1985, tav. LVI, 677,fig. 119, n. 39a).198. Recupero superficiale. Piatto con fondo piano. Im-pasto bianco, poroso e duro. Rivestimento interno ed ester-no con vetrina incolore, sottile e cavillata. La superficieinterna conserva tracce di una decorazione floreale chepotrebbe appartenere al motivo tipo “colandine”.199. US 2200. Forma chiusa. Impasto bianco, poroso etenace. Rivestimento interno ed esterno con vetrina in-colore, sottile e brillante. Presenta sulla superficie ester-na una decorazione a nido d’ape in blu, realizzata adecalcomania. Le ridotte dimensioni del frammento nonpermettono di osservare il motivo a cui è associata que-sta decorazione.200. US 3505. Piatto con breve tesa confluente, conorlo arrotondato, distinta dal cavetto. Impasto bianco,poroso e tenace. Rivestimento interno ed esterno convetrina incolore, sottile e brillante. Presenta sulla tesauna decorazione con motivi vegetali in blu chiaro, rea-lizzata a decalcomania.201. US 3507. Piatto con tesa confluente e orlo arro-tondato, distinta dal cavetto. Impasto bianco, poroso etenace. Rivestimento interno ed esterno con vetrinaincolore, sottile e leggermente cavillata. Presenta sullatesa una decorazione a gocce in blu.

3.1.9 Porcellana

La porcellana rinvenuta nel castello di Gorfiglianoproviene unicamente da due riporti superficiali,ubicati sul lato N della torre, che risultano moltodisturbati da recenti interventi, tra cui l’inserimen-to di catene nella struttura a seguito del terremotodel 1920 e successivamente per la collocazione diun parafulmine sulla torre, con il conseguente sca-vo alla sua base per il cavo della messa a terra.I frammenti rinvenuti sono attribuibili a due piat-ti, di cui uno quasi intero, con decorazione flore-ale stampata, databili entrambi nella seconda metàdel XX secolo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 98: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

130

La scarsa attestazione di questa classe, praticamenteassente dalla stratigrafia, è una ulteriore confermadel generale stato di abbandono che vive il castellonel corso del XX secolo. I pochi frammenti docu-mentati sono sicuramente attribuibili all’ultima casaabitata nel castello, e abbandonata negli anni sessan-ta del XX secolo, localizzata nei pressi della torre.

S.G.

LUCIA GIOVANNETTI, SONIA GOBBATO,JUAN ANTONIO QUIRÓS CASTILLO

3.1.10 Riflessioni finali sulle ceramiche diGorfigliano

INTRODUZIONE

Dopo aver realizzato una discussione analitica perogni singola classe ceramica, si è ritenuto opportu-no presentare in modo contestuale i materiali rinve-nuti, evidenziando la circolazione e uso delle cera-miche nel castello di Gorfigliano per ogni periodo,confrontando questo contesto con la situazione piùgenerale della Garfagnana e dell’Italia settentriona-le. Il caso di Gorfigliano offre infatti un interessantespaccato della cultura materiale di un villaggio ap-penninico che comprende un arco cronologico piut-tosto ampio, compreso tra il IX e il XX secolo.I reperti rinvenuti durante lo scavo provengono nel-la stragrande maggioranza da livelli di riporto, frut-to di risistemazione agricola all’interno del villaggioo a seguito dei lavori di ricostruzione dell’area in-torno alla chiesa. Gli unici contesti d’uso documen-tati riguardano le fasi di vita e di abbandono dellecapanne e poi successivamente delle prime strutturein tecnica mista localizzate sulla sommità del castelloai piedi della torre, databili tra il IX e il X secolo. Perquanto riguarda il bassomedioevo, la continuità in-sediativa del villaggio ne ha quasi del tutto cancella-to le tracce, conservando unicamente i poveri livellid’uso di una casa del XIV secolo rinvenuta a valledella chiesa parrocchiale e a ridosso delle mura (area3500). Dobbiamo quindi passare al XVIII secolo perdocumentare i livelli di vita di una delle ultime casedel borgo, posta a ridosso del cimitero ottocente-sco, abbandonata probabilmente nella prima metàdel XIX secolo (area 3200). Per ricostruire quindi icontesti materiali dei secoli intermedi e soprattuttoper completare quelli documentati, che, tranne cheper quelli altomedievali, si presentano comunquepiuttosto scarsi, si è dovuto ricorrere alle ceramicherinvenute nei livelli di riporto. In questo modo pocopossiamo apportare allo studio cronotipologico delleclassi analizzate, se non in casi molto puntuali, men-tre si può ricostruire un quadro sulla circolazione eproduzione della ceramica medievale e postmedie-vale in quest’area dell’Appennino toscano.

Nella sintesi che presentiamo è stata realizzata unaserie di quantificazioni per illustrare la presenzadelle varie classi ceramiche per ogni periodo indi-viduato con l’indagine archeologica. Per la parti-colarità dei contesti queste quantificazioni tengo-no conto dei materiali in fase ma anche dei repertiresiduali dei periodi posteriori, databili cronologi-camente nella fase considerata. In diverse occasio-ni queste quantificazioni non considerano invecealcune classi che sono comunque testimoniate perdeterminati periodi: si tratta di classi ceramiche dilunga durata, per le quali è impossibile definirne lascansione temporale, non avendo tra l’altro aggan-ci di tipo stratigrafico, e per le quali risulterebbequindi del tutto aleatoria una loro ripartizione neidiversi secoli. Le quantificazioni presentate riguar-dano il peso e il numero dei frammenti, mentre èstato escluso il possibile conteggio delle forme peri secoli postmedievali, data l’elevata frammentarie-tà della ceramica e la carenza dei contesti d’uso.

S.G.

PERIODO 1 (SECOLI VIII-IX)

I materiali ceramici rapportabili alla più antica fasedi occupazione del villaggio di Gorfigliano, com-presa fra l’VIII e il X secolo, consistenti in pochi enon ricostruibili frammenti di ceramica a “inclusicalcitici” e depurata, preannunciano i tipi di im-pasto ricorrenti nei secoli successivi. Questi con-testi, peraltro scarsissimi qualitativamente e quan-titativamente, non mostrano infatti analogie conquelli altomedievali della zona che ad oggi riman-gono dunque solamente rappresentati dal nucleoda Monte Croci (Piazza al Serchio) e da pochi al-tri recuperi da grotte (CIAMPOLTRINI 1990, pp. 689-693; CIAMPOLTRINI 1996).Un confronto assai significativo proviene invecedal non lontano sito di Gronda (MS) in Alta ValleAulella. Anche in questo villaggio, infatti, già neisecoli IV-VI, troviamo attestate olle ad inclusi cal-citici e boccali in depurata, in una percentualenettamente inferiore dei secondi rispetto alle pri-me e rispettivamente frutto di produzioni locali edi importazione dall’area pisana (DAVITE 1988).

PERIODO 2 (X SECOLO)

I successivi contesti di X secolo, vale a dire le US1126 e 1138, costituenti i battuti pavimentali del-la struttura abitativa rinvenuta sul pianoro som-mitale del castello, entrambi sicuramente ascrivi-bili al X secolo, consentono un quadro più leggi-bile e articolato del suddetto.I materiali riscontrati (alcune olle a corpo globu-lare e orlo svasato e due testi tutti caratterizzatida impasto a inclusi calcitici, un boccale in acro-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 99: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

131

ma depurata e una non ricostruibile forma ad im-pasto sabbioso) si inseriscono coerentemente nelpanorama della cultura materiale propria del pe-riodo di nascita e sviluppo dei castelli in Garfa-gnana come in particolare confermano i dati stra-tigrafici emersi dal Castello della Capriola e dallaRocca di Castelnuovo (CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI

1998, figg. 7, 20, 21) e i recuperi a seguito dellaricognizione generale delle alture incastellate (GIO-VANNETTI 1995-96). La sola presenza del testo co-stituisce un elemento di novità che pare al mo-mento maggiormente avvicinare il caso di Gorfi-gliano ai siti rurali di area lunigianese e ligure.L’associazione della moneta battuta a Pavia tra il983 e il 1002 alle forme ceramiche costituenti l’US1126 oltreché fornire un assai puntuale appigliocronologico è spia di flussi commerciali interes-santi Gorfigliano già a partire da questa fase; flus-si commerciali del resto indirettamente testimo-niati dai risultati delle analisi di laboratorio con-dotte sui manufatti in depurata. Infatti le officineceramiste lucchesi in questo periodo risultano ap-provvigionare l’entroterra montuoso di quei mi-noritari boccali da mensa destinati a completare ilcorredo di ogni abitazione. Alle olle ad inclusicalcitici frutto di produzioni locali – secondo an-cora quanto dicono le analisi sulla composizionedei corpi ceramici –, si affiancano dunque pro-dotti di ambito urbano riproponendo, anche perquesto specifico caso, il doppio registro produtti-vo riscontrato nei castelli della Toscana meridio-nale per i quali, però, la città rifornitrice per ec-cellenza risulta Pisa (BOLDRINI, GRASSI 1997, pp.354-357).

PERIODO 3 (SECOLI XII-XIV)

La lunga durata di questi tipi ceramici è conferma-ta, a Gorfigliano, dal contenuto della US 1131, al-tro battuto pavimentale circoscrivibile al XII seco-lo. Infatti il panorama delle forme non è sostan-zialmente mutato e si riscontrano le medesime ollea inclusi calcitici (in numero minimo di 4) con lestesse caratteristiche dei bordi e del fondo (sabbia-to) e la minoritaria presenza del boccale, solamen-te testimoniata da due minuti frammenti di pareti.L’unico elemento che diversifica questo più tardocontesto dai precedenti di X secolo è offerto dal-l’olla ad impasto sabbioso che, per i suoi connotatiestetici (orlo modanato a becco di civetta e paretifilettate) e sulla base di confronti di ambito urbano(CIAMPOLTRINI 1992, p. 723, fig. 31, 1-2) pare an-ch’essa esser stata foggiata da vasai di Lucca.Associazioni di olle a inclusi calcitici e boccali mo-noansati a impasto depurato compaiono ancora neicontesti di Pieve Fosciana (CIAMPOLTRINI, NOTINI,ROSSI 1996, p. 304) e della torre di Petrognano (GIO-

VANNETTI 1995-96) di poco più tardi, in quanto col-locabili a cavallo fra XII e XIII secolo.Nel momento in cui i domini loci in fase di ascesae significativamente mantenenti un solido legamecon la realtà politica urbana (WICKHAM 1997),davano vita ai propri centri incastellati in Garfa-gnana, anche a livello materiale pare dunque cor-rispondere un privilegiato rapporto commercialefra Lucca e questo territorio.Sembra ribadire tale concetto l’assenza di pentoleacrome, a corpo emisferico e foro di sospensioneappartenenti alla sfera di produzione emiliana epiù in generale padana invece rinvenute in alcunicastelli della Garfagnana posti nel versante appen-ninico e in stretta relazione coi passi verso l’Emi-lia (GIOVANNETTI 2000, p. 114, figg. 54-55).Oltre alla “chiusura” verso i traffici padani che –almeno sulla base dei dati ceramici –, traspare perGorfigliano in relazione alle fasi di VIII-XII seco-lo, colpisce anche la totale mancanza di manufatti“esotici” che invece fanno la loro comparsa in con-testi “privilegiati” del vicino territorio. A PieveFosciana, infatti, frammenti di ceramica siriana(Raqqa) o egiziana, suppellettili in bronzo e ferroe molti bicchieri in vetro, accompagnano il cor-rente corredo acromo da cucina (CIAMPOLTRINI,NOTINI, ROSSI 1996, p. 310): quello che, nelle va-rie abitazioni di Gorfigliano, pare invece costitui-re l’unico standard. Gli strati sociali più abbientidi questo castello, risiedenti sulla sommità dell’al-tura, non si mostrarono dunque ricettivi nei con-fronti di tali “beni di lusso”, diversamente da quan-to è stato riscontrato, sia pure con diversità dacaso a caso, in relazione ad altri centri fortificatitoscani della costa tirrenica meridionale (BOLDRI-NI, GRASSI, MOLINARI 1997).Nel periodo di transizione dal dominio signorile aquello del Comune di Lucca, corrispondente allaterza fase di occupazione del villaggio (secoli XII-XV), assistiamo a importanti elementi di svolta nellacultura materiale del castello con la comparsa deimanufatti da mensa e cucina dotati di rivestimen-to. Dai livelli di abbandono delle precedenti strut-ture sono infatti emersi frammenti di maiolica ar-caica molto minuti (a scapito della ricostruzionedelle forme) e di invetriata da fuoco. La natura deicontesti non consente una datazione autonoma edè dunque su base analogica con altre situazioni delvicino territorio, in particolare del castello dellaCapriola e di Verrucole (CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000,p. 182), che, anche a Gorfigliano, dobbiamo vero-similmente collocare nell’avanzato XIII secolo l’ini-zio della diffusione di questi generi.Le analisi sugli impasti di alcune delle maioliche ar-caiche rinvenute hanno introdotto importanti ele-menti di novità sulla discussione di questa classe ce-ramica in relazione all’alta valle del Serchio. Infatti

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 100: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

132

tutti e cinque i campioni analizzati indiziano un’areadi produzione emiliana ed in particolare modenese,evidenziando un afflusso di questo genere ceramiconon solo da Pisa ma anche da officine impiantatenei territori d’Oltre-appennino e probabilmente at-tive dopo la metà del XIII secolo come suggerirebbela sintesi regionale offerta da Sergio Nepoti per l’Emi-lia Romagna (NEPOTI 1986, p. 412-413). In questosenso risulta significativa anche l’attestazione dimaiolica arcaica blu, come noto produzione tipicadi questa regione e in particolare di Bologna a parti-re dalla prima metà del XIV secolo (NEPOTI 1986, p.412) ma decontestualizzata in strati di riporto agri-colo di XVIII secolo (fase 6c). Con questi dati allamano, nel caso particolare di Gorfigliano ma anchedell’ospedale medievale di S. Nicolao di Tea, vienemeno il concetto di dominio della maiolica arcaicadi produzione pisana come invece ben sottolineatoper gli altri siti della Garfagnana (NOTINI et alii 1994;CIAMPOLTRINI, NOTINI, ROSSI 1998) e si sostanzia unrapporto commerciale fra la Garfagnana e l’Emiliamolto prima rispetto la fase di dominazione estensedella Valle, dal lato materiale simboleggiata dallamassiccia affluenza della ceramica graffita. Eviden-temente la dominazione politica del Comune sul suocontado non è tale da impedire i traffici commercia-li oltreappenninici a dimostrare che questi ultimi simostrano slegati da motivazioni di ordine politico.Più in generale si prospetta la necessità di proce-dere, in futuro, non solo con una classificazionedella maiolica arcaica rinvenuta in Garfagnanasulla base di schemi tipologico-decorativi bensìanche e soprattutto su analisi archeometriche. Si-curamente questa problematica, adesso solo ac-cennata, sarà da approfondire magari contandosu rinvenimenti più consistenti e leggibili di quellidi Gorfigliano, arrivando in questo modo a piùpuntuali interpretazioni di natura economica.Anche nella terza fase di occupazione del castellonon compaiono manufatti ceramici di pregio e si-gnificativamente minima risulta l’incidenza di for-me chiuse in zaffera a rilievo rilevate come ele-menti residuali in depositi agricoli della fase 6c(XVIII secolo).

L.G.

PERIODO 4 (METÀ DEL XV-XVI SECOLO)

I dati relativi alla seconda metà del XV secolo sonopiuttosto scarsi, con la presenza di due graffite ar-caiche padane, di un ridotto gruppo di graffite ri-nascimentali di probabile produzione estense o fer-rarese e di alcuni frammenti di italo-moresche pro-venienti da Montelupo. A queste si affiancano leultime produzioni di maioliche arcaiche monocro-me. Tutte queste ceramiche, soprattutto le graffite,sembrano riflettere un ambito socioeconomico piut-

tosto elevato, da individuare in una classe dirigen-te del castello. Rimane però da chiarire quali sianole ceramiche in uso tra i ceti medi in questo perio-do, tenendo conto che mancano le importazionipiù diffuse in questo momento lungo la costa, comele maioliche spagnole. È possibile che gli abitantidel castello utilizzino ancora forme in legno asso-ciate ad alcuni prodotti acromi o invetriati, insie-me con le ultime produzioni graffite e smaltate ditradizione medievale, la cui incidenza doveva co-munque essere poco importante. Gli studi sullacultura materiale nell’Italia centro settentrionalehanno infatti evidenziato come è a partire dal XVIsecolo che avviene un fondamentale cambiamentonel corredo da mensa e da cucina, con l’adozionesempre maggiore di forme in ceramica rivestita alposto del legno o del metallo, fenomeno che si dif-fonde nelle aree rurali anche più periferiche (GELI-CHI, LIBRENTI 1997, p. 188).Il primo dato che emerge con forza dalle quantifi-cazioni realizzate in base al numero di frammentie al loro peso per questo periodo è, infatti, la no-tevole differenziazione e aumento dei prodottidecorati a partire dal XVI secolo (Fig. 104). Deci-samente più scarsi sono invece i dati riguardantile ceramiche da cucina e da dispensa, la cui lungadurata impedisce di definire con chiarezza la dia-cronia morfologica. Sono, infatti, presenti pochepentole invetriate, mentre sono del tutto assentile forme da dispensa prive di rivestimento.A questo aumento numerico nella presenza di pro-dotti rivestiti si associa la diversificazione delle areedi provenienza di queste ceramiche, con una net-tissima predominanza dei prodotti ingobbiati egraffiti di area emiliana, seguiti dalle produzionipisane, mentre episodiche sono le attestazioni diarea ligure e valdarnese. Per quanto riguarda leimportazioni dall’area emiliana bisogna sottoline-are la diffusione di prodotti di Modena e Carpi,mentre le ceramiche ferraresi o estensi si manten-gono su valori molto ridotti. È inoltre significati-va la presenza di importazioni da Pisa che in que-sto secolo si fa più presente, con alcune tra le pro-duzioni più diffuse come le graffite a stecca e leprime marmorizzate, che convivono con le stesseclassi provenienti dall’Emilia.Le maioliche sono ancora rappresentate da pocheforme, soprattutto chiuse, tra cui prevalgono an-cora le produzioni di area emiliana.Il confronto fra le due quantificazioni evidenziauna certa omogeneità, sebbene i rapporti tra alcu-ni valori si accentuino nella tabella del peso, e siinvertono nel caso delle marmorizzate. Significa-tiva è inoltre la presenza di un’unica forma apertadi produzione pisana di graffita policroma.Soffermandoci un momento sulla circolazione e laprovenienza dei reperti ceramici rinvenuti nel pe-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 101: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

133

riodo rinascimentale a Gorfigliano (Fig. 105), i datidisponibili mostrano l’importanza dei materiali pro-dotti in area emiliana, in linea con altri contesti vici-ni come Nicciano e Camporgiano. A questo propo-sito va sottolineato come proprio tra il 1429 e il1451 gran parte della Garfagnana passa sotto domi-nio estense, mentre soltanto la Vicaria di Minuccia-no, alla quale appartiene Gorfigliano, resterà sottoil dominio lucchese (PUCCIINELLI 1987). È interessanteosservare come la circolazione delle ceramiche emi-liane non risenta comunque di questi nuovi confinipolitici, dato che è ampiamente documentata anchenei comuni lucchesi, come Gorfigliano, raggiungen-do la stessa città di Lucca, spesso in percentuali do-minanti rispetto ad altri prodotti ceramici, come legraffite pisane o le maioliche valdarnesi (CIAMPOL-TRINI, NOTINI, ROSSI 2000, pp. 314-315).Come infatti si può osservare nel grafico (Fig. 105),in un momento in cui Gorfigliano è ancora sotto ildominio lucchese, la maggior parte del materialerivestito e da mensa in uso nel castello è di prove-nienza emiliana, con pochi prodotti di alta qualitàprobabilmente ferraresi, e la restante parte di piùprobabile area modenese. Ciò rispecchia una situa-zione generalizzata per l’alta Garfagnana, che gra-zie al dominio estense, presentava flussi commer-

ciali privilegiati con l’area emiliana. Il castello diGorfigliano è infatti in questo momento realmenteaccerchiato dai possedimenti estensi. In questo pa-norama che rispecchia ciò che avviene negli altricentri della valle del Serchio, bisogna comunquesottolineare il carattere modesto di queste impor-tazioni emiliane rispetto ai pregiati corredi da mensarinvenuti nella rocca di Camporgiano o nel castel-lo delle Verrucole, avvicinando Gorfigliano ad un

Fig. 104 – Quantificazione numerica della ceramica del periodo 4 (IF = invetriata da fuoco; IP=Ingobbiatapolicroma; GPE = graffita policroma emiliana; GFP=graffita policroma pisana; IMP = marmorizzata pisana;IME = marmorizzata emiliana; GFE = Graffita a fondo ribassato emiliana; GFP = graffita a fondo ribassatopisana; GSE = graffita a stecca emiliana; GSP = graffita a stecca pisana; MM = maiolica di Montelupo; ML =

maiolica ligure; ME = maiolica emiliana).

Fig. 105 – Calcolo delle provenienze ceramiche delperiodo 4.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 102: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

134

Fig. 106 – Quantificazione numerica della ceramica del periodo 5 (IF = invetriata da fuoco; GPE = graffita policromaemiliana; GPP = graffita policroma pisana; GFE = graffita a fondo ribassato emiliana; GFP = graffita a fondo ribassato

pisana; GG= graffita a girandola; MM= maiolica di Montelupo; ML=maiolica ligure).

contesto più urbano come Castelnuovo (CIAMPOL-TRINI, NOTINI, ROSSI, 2000, pp. 300-301).La presenza privilegiata di prodotti emiliani nonimpedisce comunque la circolazione di altre cera-miche, anche se con percentuali decisamente in-feriori. Tra queste la presenza più importante èrappresentata dalla ceramica pisana, soprattuttocon forme graffite o ingobbiate, mentre decisa-mente poco attestate sono le maioliche provenientida Montelupo e dalla Liguria.Poco sappiamo sulle produzioni locali, di cui si sonorinvenuti solo alcuni frammenti di invetriate dafuoco. Supponiamo che la produzione d’uso co-mune e da cucina fosse più importante di quantoappare dalle quantificazioni, occulta probabilmen-te dalla scarsa conoscenza di questo materiale edall’elevato grado di frammentazione e residualitàche caratterizza i livelli cinque e seicenteschi.Il panorama che ci offre il repertorio ceramico èquindi quello di un ambiente sociale piuttostoomogeneo con un importante e probabilmentenumeroso ceto medio, che si muove in un ambitocommercialmente molto vivace.

PERIODO 5 (XVII SECOLO)

Il XVII rappresenta nella storia del castello diGorfigliano una fase di transizione tra il riassettorinascimentale e la sua conversione in area preva-lentemente ecclesiastica che si sviluppa in modoparallelo al consolidamento del nuovo villaggiodi Gorfigliano. Dal punto di vista della culturamateriale questo secolo si caratterizza per un’im-portante diminuzione quantitativa delle cerami-

che presenti (Fig. 106). Scompaiono i prodotti dipregio sia graffiti che smaltati, per lasciare spazioa produzioni più correnti, realizzate probabilmentenelle numerose fabbriche documentate in questosecolo lungo l’Appennino modenese (GELICHI, LI-BRENTI 1997, pp. 186-190). Si tratta infatti di pro-dotti ingobbiati e graffiti con decorazioni affret-tate, tra cui prevalgono i boccali decorati a bandeprovenienti da Carpi (REGGI 1971; RIGHI 1974) ei piatti con il fiore stilizzato ad imitazione deimotivi pisani di probabile area modenese (NOTI-NI, ROSSI 1993, p. 198). Sul versante pisano com-paiono le forme aperte con la decorazione conl’uccellino o il fiore centrale, sebbene in numerodecisamente inferiore rispetto ai prodotti emilia-ni. Scompaiono quasi totalmente le maioliche de-corate di Montelupo o di area ligure, che sembra-no mantenere un ruolo marginale e forse privile-giato sulle mense del castello, e compaiono le pri-me maioliche monocrome, provenienti probabil-mente da area emiliana. Insieme a queste maioli-che compaiono le ingobbiate monocrome, cheiniziano a diffondersi nel corso del XVI secolo, ele ingobbiate chiare esclusivamente di produzio-ne emiliana, e più concretamente di area mode-nese e appenninica. Queste forme prive di deco-razione si affiancano numerose ai prodotti deco-rati, attraverso una produzione e distribuzionecapillare nel territorio, che le vede associate a con-tenitori d’uso invetriati o privi di rivestimento. Lefornaci che le producono mantengono quasi inal-terate forme e decorazioni tra il XVII e il XVIIIsecolo, impedendo nella maggior parte dei casi,soprattutto con materiali molto frammentati e in

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 103: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

135

assenza di contesti d’uso, di poter attribuire unachiara diacronia a questi reperti.L’analisi dei materiali di questoperiodo evidenziaun calo importante nella presenza e nella qualitàdei prodotti che si acquistano e circolano nel ca-stello, con una netta prevalenza di ceramiche ilcui raggio di provenienza e produzione si circo-scrive all’area appenninica, dove le fonti scrittedocumentano proprio nel XVII e nel XVIII seco-lo una rilevante moltiplicazione delle fabbriche diceramiche. Questo fenomeno è spiegabile per ilprogressivo abbandono del villaggio, e lo sposta-mento dei suoi abitanti nel nucleo a valle delleCapanne, evidenziato dalle fonti scritte, dallo stu-dio dell’architettura e dai contesti di scavo. Inquesto periodo si abbandonano infatti importantiporzioni del castello, che vengono adibite a pa-scolo o trasformate in aree di coltivo, con impor-tanti riporti di terreno.

PERIODO 6 (XVIII SECOLO)

Il XVIII secolo rappresenta per il castello di Gorfi-gliano un periodo relativamente florido con la rico-struzione della chiesa parrocchiale, ampliata per l’im-portante crescita demografica registrata nel nuovovillaggio, e la conversione della torre in campanile.Anche nel borgo si documenta la ristrutturazione dialcune case e la creazione di nuove aree a destina-zione agricola, nonostante il progressivo abbando-no del castello. Il panorama dei manufatti che costi-

tuiscono la mensa e la cucina delle ultime case delborgo si presenta nettamente distinto dal periodoprecedente (Fig. 107). Come si può osservare dallatabella delle quantificazioni abbiamo una predomi-nanza importante delle forme da cucina, rappresen-tate dalle pentole e tegami in invetriata da fuoco,dai tegami in taches noires, e dalla comparsa dei pro-dotti in slip ware. I tegami in taches noires, che rap-presentano solo una minima parte delle forme dafuoco, sono importati da Albisola insieme con i piùnumerosi piatti, mentre il resto delle pentole e tega-mi sono da attribuire a fabbriche locali o appennini-che. Queste fabbriche non sono ancora state identi-ficate nel territorio della Garfagnana, mentre sul ver-sante dell’Appennino modenese le fonti testimonia-no una distribuzione capillare di questi impianti, cheproducono ceramiche d’uso comune, invetriate eingobbiate, secondo una tendenza che riguarda unpo’ tutta l’Italia centrosettentrionale in età moderna(GELICHI, LIBRENTI 1997).Decisamente più ridotto è il numero delle formeda mensa, tra le quali spiccano i piatti in tachesnoires dalla Liguria e quelli in maiolica policroma,provenienti da Montelupo, questi ultimi presentiquasi unicamente con la serie decorata a spirali ver-di. Con valori decisamente inferiori completano ilservizio da mensa le ceramiche graffite, le ingob-biate policrome e le marmorizzate di provenienzaprobabilmente modenese, o dalle stesse fabbricheappenniniche che producono le forme da fuoco.Tra queste ceramiche ingobbiate troviamo le for-

Fig.107 – Quantificazione numerica della ceramica del periodo 6 (IF = invetriata da fuoco; GPE = graffitapolicroma emiliana; IPE = ingobbiata policroma emiliana; IM = marmorizzata; MM = maiolica di Montelupo;

TN = Taches noires; SW = slip ware).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 104: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

136

me chiuse che completano il servizio da mensa, rap-presentato quasi esclusivamente da piatti.Non dobbiamo inoltre dimenticare le maiolichemonocrome bianche che sono attestate in discre-ta quantità nei riporti agricoli di questo periodo,insieme con le ingobbiate monocrome e chiare,difficilmente quantificabili per questo periodo.Dall’analisi dei materiali risulta quindi un abban-dono delle importazioni dall’Emilia, sostituite dal-le più economiche produzioni locali o subregiona-li, che riescono a soddisfare le richieste più diversi-ficate ma anche più modeste degli abitanti del ca-stello, affiancate da alcune delle ceramiche più dif-fuse e commercializzate tra il XVIII e il XIX seco-lo, le taches noires. Interessante è la presenza di ungruppo cospicuo ma molto omogeneo di maioli-che di Montelupo, forse da mettere in relazionecon una importazione circoscritta nel tempo. Al-trettanto significativa è la scomparsa delle produ-zioni pisane, che sembrano esaurirsi con il XVIIsecolo (BERTI 1993).Il quadro delle provenienze dei reperti rinve-nuti a Gorfigliano appartenente a questo perio-do presenta quindi notevoli differenze rispettoai secoli anteriori. I valori osservati per il pe-riodo 4 sono in questo secolo invertiti, con i trequarti dei prodotti utilizzati nel castello cheprovengono da fabbriche locali o prossime al-l’Appennino, venendo a mancare la differenzia-zione di provenienza tra le ceramiche da cucinae quelle da mensa. Bisogna inoltre tenere in con-siderazione che il valore attribuito nel graficoai prodotti emiliani (Fig. 108), vale a dire in-gobbiate e graffite policrome, potrebbe forma-re comunque parte di questa produzione appen-ninica-locale. Si osserva inoltre una minor va-rietà nelle provenienze della ceramica, sebbenequesto non debba necessariamente indicare uncalo nei contatti commerciali, ma piuttosto unasituazione forse marginale del castello, che an-drebbe confrontata con contesti d’uso coetaneidel nuovo nucleo postmedievale.L’analisi ceramica ci mostra quindi un ambientemolto diverso da quello cinquecentesco, formatoessenzialmente da contadini che ancora non hannolasciato il castello, e che comprano i loro prodotti ingran parte sul mercato locale e tra questi soprattuttoforme da cucina, acquistando in modo più occasio-nale ceramiche di importazione per la mensa.

PERIODO 7 (XIX SECOLO)

Il periodo 7 corrisponde all’abbandono di granparte delle ultime case del borgo nel corso delXIX secolo. In questo caso, a differenza dei pe-riodo precedenti, disponiamo di alcuni buonicontesti rappresentati dai crolli delle case suc-

cessivi all’abbandono, nei quali sembrano piut-tosto ridotti gli inquinamenti e i reperti residua-li. Proprio il tipo di contesto ha permesso la re-stituzione per questo periodo forme quasi com-pletamente ricostruibili, e si sono potute inclu-dere anche classi ceramiche di lunga durata comele ingobbiate chiare e monocrome nel calcoloquantitativo.Dalla quantificazione di questi contesti (Fig. 109)emerge soprattutto l’importante rilevanza della ce-ramica marmorizzata, con catini di produzioneemiliana, o molto più probabilmente di area ap-penninica. Continuano a rivestire un ruolo rile-vante nella mensa di queste case i piatti in tachesnoires, associati ad alcune rare forme in terraglianera, sempre di produzione albisolese. Scompaio-no invece completamente le maioliche policromecon solo qualche eccezionale forma monocromabianca. Tra le forme da mensa continuiamo a tro-vare i prodotti ingobbiati, nella versione mono-croma o policroma, che finiscono per sostituire leproduzioni graffite.Importante è anche la presenza di forme da cu-cina, sia da fuoco che da dispensa, tra le qualiprevalgono, sebbene non eccessivamente le pen-tole invetriate, accanto agli scaldini e ai tegamiin slip ware e ai grandi catini in ceramica macu-lata. Come per il periodo precedente, anche inquesto caso ci troviamo di fronte ad una produ-zione d’uso comune, sia per la cucina che per lamensa, molto diversificata nei rivestimenti enelle forme, anche se con decorazioni affretta-te, provenienti probabilmente dalle stesse fab-briche localizzabili in area appenninica. È signi-ficativa l’assenza della terraglia ad uso inglese,attestata nei riporti del XX secolo. Questo datoci permette di datare questi contesti entro lametà del XIX secolo, quando ancora i prodotti

Fig. 108 – Calcolo percentuale delle provenienze delleceramiche del periodo 6.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 105: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

137

invetriati di Albisola sembrano reggere la con-correnza delle economiche terraglie.In questo periodo si osserva un’accelerazione nel-l’abbandono del castello, con la formazione diimportanti crolli, ora coperti dalla vegetazione, ela sopravvivenza solo di alcune sporadiche abita-zioni. Questo spiega anche la diminuzione quan-titativa dei reperti rinvenuti.

PERIODO 8 (XX SECOLO)

Per il periodo 8 abbiamo solo materiali deconte-stualizzati, provenienti dai livelli formatisi sopra icrolli delle case e gli ultimi riporti agricoli, rima-neggiati dalle recenti opere di ristrutturazione. Nonsi ritiene quindi opportuno in questo caso presen-tare una tabella con la quantificazione dei reperti,nell’impossibilità di distinguere i rifiuti delle caseabitate tra il XIX e il XX secolo, dai materiali resi-duali dei periodi anteriori. Risulta comunque si-gnificativa la comparsa della terraglia ad uso ingle-se, sia monocroma che decorata, in particolare conforme databili alla seconda metà del XIX secolo.Queste ceramiche, insieme ad alcune sporadicheporcellane, provengono sicuramente dai corredidelle ultime case del castello, abbandonate nel cor-so del 1900.

S.G.

SONIA GOBBATO, LUCIA GIOVANNETTI

3.2 INDAGINI ARCHEOMETRICHE SULLECERAMICHE DEL CASTELLO DI GORFIGLIANO(MINUCCIANO, LUCCA)

Su un gruppo piuttosto cospicuo di ceramicheprovenienti dalla Garfagnana e più precisamentedalle aree archeologiche del Castello di Gorfiglia-no (Fig. 111) e dell’Ospedale di Tea (Fig. 110),nel Comune di Minucciano (Lucca), si è condottauna ricerca sugli impasti ceramici mediante anali-si mineralogiche in sezione sottile al microscopioin luce polarizzata (Tav. 10).Le indagini sono state eseguite su sessantasei fram-menti appartenenti a determinate tipologie cera-miche, comprendenti: grezze, depurate, maiolichearcaiche, graffite, ingobbiate, invetriate, marmo-rizzate e slip ware, inquadrabili cronologicamen-te tra il X ed il XVIII secolo.I risultati ottenuti hanno permesso di rilevare pergli impasti ceramici sei principali raggruppamentiminero-petrografici, che sono stati confrontati conla cartografia e bibliografia geologica ed in alcunicasi con campioni di sicura provenienza.In generale dai risultati emersi i raggruppamenti in-dividuati, confortati anche dai dati archeologici, pre-sentano caratteristiche mineralogiche riscontrabilicon i sedimenti derivanti dal trasporto ed elabora-zione dei materiali dell’Appennino Tosco-emiliano.

Fig. 109 – Quantificazione numerica della ceramica del periodo 7 (IF = invetriata da fuoco; TN = Taches noires;TeN = terraglia nera; IC = ingobbiata chiara; IM = ingobbiata monocroma; IP = ingobbiata policroma; MC =

maculata; IM = marmorizzata; SW = slip ware)

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 106: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

138

Fig. 110 – Catalogo dei campioni di materiali: Ospedale di Tea (Minucciano, Tea).

Fig. 111 – Catalogo dei campioni di materiali: Castello di Gorfigliano (Minucciano, Tea).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 107: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

139

In particolare per il gruppo primo, si è rilevato unimpasto fine caratterizzato da argille ferriche al-luvionali con abbondanti lamine micacee. Unamaggior suddivisione ha consentito di individua-re quattro sottogruppi, che si discostano per lievidifferenze mineralogiche. Il confronto con cam-pioni ceramici di sicura provenienza pisana (1),ha consentito per il sottogruppo A) di trovare unastretta analogia d’impasto. Per i restanti sottogrup-pi non si esclude, in base anche alle tipologie ce-ramiche, una provenienza emiliana, in particola-re dalla pianura modenese, dove sono presenti neisedimenti ferrettizzati minerali derivanti dalle ar-gille appenniniche, ricche soprattutto in illite, concomponenti non argillosi costituiti in prevalenzada quarzo, con feldspati accessori e talora concalcite e dolomite in tracce (BERTOLANI et alii 1982;PALMONARI et alii 1974).Il secondo gruppo si differenzia prevalentementedal I per la massa di fondo illitica; in particolare ilsottogruppo B presenta abbondanti granuli resi-duali d’origine metamorfica, che, in sintonia coni dati archeologici, non esclude zone limitrofe al-l’area della Garfagnana.Il terzo gruppo caratterizzato prevalentemente daabbondanti cristalli di quarzo e granuli d’originemetamorfica, può trovare riscontro con le argilleferriche alluvionali presenti allo sbocco in pianu-ra della Valle del Serchio, nell’area di Lucca. Ilquarto gruppo si differenzia nettamente dai re-stanti raggruppamenti per la massa di fondo pre-valentemente carbonatica, che trova corrisponden-ze con i depositi lacustri o marini, presenti in areecostiere, ma non troppo distanti dagli apporti ter-rigeni fluviali; troverebbe inoltre similitudine an-che con gli scarti di fornace di Forlì, Ferrara e Ri-mini (D’AMBROSIO, MANNONI, SFRECOLA 1986).Il quinto gruppo è rappresentato da calcite maci-nata che può essere messa in relazione con i mar-mi triassici presenti nelle Alpi Apuane, che costi-tuiscono il primo tratto dell’Antiappennino tirre-nico nella Toscana nordoccidentale (province diMassa-Carrara e Lucca).Il Campione 17 si discosta dai restanti gruppi perla presenza di grossolani calcari arrotondati edattualmente risulta molto problematico, senza unacorrispondenza con campioni di sicura provenien-za, suggerire precise aree d’approvvigionamento,basandosi solo sui dati analitici.La ricerca preliminare condotta su un numeropiuttosto consistente di ceramiche di differentitipologie e prodotte in un ampio periodo crono-logico, non è certamente da considerarsi conclu-sa. Allo stato attuale lo studio ha fornito signifi-cativi raggruppamenti mineralogici, che in alcu-ni casi, mediante il confronto con campioni d’at-tribuzione certa, ha suggerito possibili aree di

provenienza. Risulta indispensabile quindi, dataanche l’estensione del territorio in esame, conaree geologicamente omogenee, la realizzazionedi un’ampia banca dati, mediante l’impiego d’ul-teriori analisi complementari di tipo chimico emineralogico su scarti di fornace e campioni disicura provenienza, alfine di caratterizzare e con-frontare con maggior precisione gli impasti ce-ramici.

Gruppo I

A) Impasto con granulometria fine e ben classata di di-mensioni medie 0,08 mm, caratterizzato da granuli diorigine metamorfica (-), selce (- -), quarzo (++), feld-spati (-); la massa di fondo ricca di ossidi di ferro edabbondanti lamine fini di muscovite e poca biotite. Ta-lora è presente poca chamotte rossa.Campioni: 6 – 7 – 10 – 19 – 46 – 64 – 65B) Impasto con granulometria fine di dimensioni me-die 0,08 mm; si osservano pochi granuli più grossolanidi 0,15 mm, di quarzo (+), feldspati (+); la massa difondo contiene ossidi di ferro ed abbondanti laminefini di mica (Tav. 10, Foto 1)Campioni: 8 – 14 – 18 (presenta un ingobbio con ab-bondanti cristalli silicei e lamine micacee, spesso 0,06mm ed un rivestimento vetroso spesso 0,05 mm) – 20(presenta un ingobbio con abbondanti cristalli silicei,spesso 0,10 mm ed un rivestimento vetroso spesso 0,07mm) – 22 – 23 (presenta un ingobbio con abbondanticristalli silicei, spesso 0,16 mm ed un rivestimento ve-troso spesso 0,06 mm) – 25 – 26 - 30 – 31 (presenta unrivestimento a smalto, opacizzato con biossido di sta-gno, spesso 0,14 mm) – 32 (presenta un rivestimento asmalto, opacizzato con biossido di stagno, spesso 0,10mm) – 33 – 57 – 58 – 59 – 60-) massa di fondo ferrico-carbonatica e granulometriadel dimagrante più fineCampioni: 21 (presenta uno strato di ingobbio mica-ceo con cristalli silicei spesso 0,10 mm ed una vetrinadiscontinua spessa 0,08 mm) – 62 – 63C) Impasto depurato con pochi cristalli silicei; la mas-sa di fondo contiene ossidi di ferro ed abbondanti la-mine di muscovite e biotite di dimensioni finissime.Campioni: 12 (presenta un ingobbio con abbondanticristalli silicei spesso 0,37 mm ed un rivestimento ve-troso spesso 0,24 mm) – 15 (presenta un ingobbio conabbondanti cristalli silicei spesso 0,18 mm ed un rive-stimento vetroso spesso 0,07 mm)D) Impasto con granulometria ben classata di dimen-sioni medie 0,20 mm, caratterizzato da quarzo (+), feld-spati (-); la massa di fondo ricca di ossidi di ferro edabbondanti lamine di muscovite e biotite di dimensionimedie e fini (Tav. 10, Foto 2).Campioni: 11 – 13 (Tav. 10, Foto 3, presenta un ingob-bio con abbondanti cristalli silicei spesso 0,22 mm ed unrivestimento vetroso spesso 0,12 mm) – 16 – 27 (pre-senta un ingobbio micaceo con cristalli silicei spesso 0,16mm ed un rivestimento vetroso spesso 0,10 mm) – 28 –29 (presenta un rivestimento a smalto, opacizzato conbiossido di stagno, spesso 0,14 mm) – 50 – 61 – 66

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 108: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

140

Gruppo II

A) Impasto con granulometria di dimensioni medie 0,10mm, con pochi clasti di dimensioni 0,5 mm, caratteriz-zato da granuli di origine metamorfica (-), quarzo (+),feldspati (-), chamotte (-); la massa di fondo è illitica(Tav. 10, Foto 4).Campioni: 24 – 54B) Impasto con granulometria di dimensioni medie 0.15 mm, caratterizzato da granuli di origine metamor-fica (+), quarzo (+), feldspati (-); la massa di fondo èillitica.Campioni: 41 – 43 – 44 – 53

Gruppo III

A) Impasto con granulometria di dimensioni medie 0,20mm, caratterizzato da granuli di origine metamorfica(+), quarzo (-), feldspati (+); la massa di fondo contie-ne ossidi di ferro.Campioni: 34 – 47 – 48 – 49B) Impasto con granulometria di dimensioni medie 0,40mm, caratterizzato da granuli di origine metamorfica(+), quarzo (+), feldspati (-); la massa di fondo contie-ne abbondanti ossidi di ferro, con lamine fini di mica(Tav. 10, Foto 5).Campioni: 2 – 9 – 35 – 36 – 45 – 55 – 56C) Impasto con granulometria fine di dimensioni medie0,1 mm, classazione sufficiente, caratterizzato da quarzo(+), feldspati (-); la massa di fondo contiene abbondantiossidi di ferro, con lamine fini di mica (Tav. 10, Foto 6).Campioni: 4 – 5

Gruppo IV

Impasto con granulometria molto fine di dimensionimedie 0,05 mm, caratterizzato da calcari (-) e quarzo(++); la massa di fondo è carbonatica con lamine dimuscovite e biotite di fini dimensioni (Tav. 10, Foto 7).Campioni: 51 (presenta un ingobbio, parzialmente ve-trificato, con pochi cristalli di quarzo spesso 0,18 mmed un rivestimento vetroso spesso 0,12 mm) – 52 (pre-senta un ingobbio, parzialmente vetrificato, con pochicristalli di quarzo spesso 0,20 mm ed un rivestimentovetroso spesso 0,10 mm)

Gruppo V

Impasto con granulometria grossolana di dimensionimedie 1,25 mm, caratterizzato da calcite macinata; lamassa di fondo è birifrangente con finissime lamine dimuscovite e biotite (Tav. 10, Foto 8).Campioni: 3 – 37-) massa di fondo annerita.Campioni: 1 – 38 – 39 – 40 – 42

Gruppo VI

Impasto con granulometria fine di dimensioni medie0.18 mm con pochi granuli di dimensioni medie 1,0

mm, caratterizzato da granuli di origine metamorfica(-), calcari grossolani arrotondati (+), quarzo (+), feld-spato (+); la massa di fondo contiene ossidi di ferro.Campione: 17

GIULIO PREDIERI*, SERGIO SFRECOLA*

3.3 I METALLI

Il repertorio degli oggetti in metallo, restituiti dalloscavo del castello di Gorfigliano, conta un totaledi oltre 360 pezzi. Dal punto di vista quantitativosi annota un’alta percentuale (oltre il 96%) di re-perti in ferro, rispetto all’uso limitato di leghe dirame od altri metalli, e ciò, a causa dell’elevatogrado di ossidazione di tale materiale, comportal’alta frammentazione degli oggetti, molti dei qualirestano tipologicamente non identificabili. Perquanto riguarda la divisione funzionale i repertimetallici del castello di Gorfigliano, così comecomunemente avviene per i contesti di abitato, sicaratterizzano per la vastità delle funzioni rappre-sentate (vedi Fig. 114); tuttavia il carattere pecu-liare del sito, che vede una lunga continuità di vita,fa sì che il corredo degli oggetti in metallo restitu-ito dallo scavo sia abbastanza povero e, per certecategorie funzionali addirittura assente o rappre-sentato da pochi pezzi sporadici. È chiaro che inassenza di abbandoni repentini, o comunque de-finitivi, la gran parte degli oggetti in metallo – chein ogni caso possiede un alto potenziale di riuti-lizzo, quali manufatti, o in ultimo come materiaprima – sia rimasta in uso. Quest’idea interpreta-tiva, che dà ragione dello scarso numero di atte-stazioni riguardanti gran parte delle categorie fun-zionali, può esser ritenuta valida tanto per gli stru-menti d’uso in ferro, per i quali sono la continuitàfunzionale delle tipologie morfologiche e spessole grandi dimensioni degli oggetti a giocare a fa-vore del riutilizzo del manufatto, quanto per i pic-coli elementi d’ornamento e di vestiario in lega dirame o in metallo prezioso, sui quali la ricchezzadel materiale costituente o la particolarità dellaforma (decori, trattamenti superficiali etc.) puòrisultare basilare nello spiegare l’innescarsi di unasorta di tesorizzazione del bene. Ritengo, dunque,si possa a ragione ipotizzare che, durante il lungoarco cronologico di vita dell’insediamento, nelle

* Laboratorio Analisi Ricerche Archeometriche (LARA,Genova).Si ringrazia la Dott.ssa F. Grassi che ha contribuito alla ri-cerca fornendo due campioni ceramici di sicura produzio-ne pisana (Brocca pisana, Rocca San Silvestro seconda metàXIII sec.; Maiolica Arcaica, Castello di Donoratico fine XIVsecolo).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 109: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

141

fasi medievali, come in quelle posteriori il medio-evo, le unità abitative siano state letteralmente ri-pulite da tutto ciò che in qualche modo potevaessere ancora utilizzato. Non a caso, infatti, glioggetti più rappresentati risultano quelli legati allestrutture abitative, quali i chiodi, i ganci, i serra-menti e altri elementi da applicazione a funzionespecifica non definibile, ma comunque probabil-mente assemblati a parti di arredo o di infissi. Ildato appena descritto limita considerevolmentel’analisi funzionale degli spazi indagati e non per-mette di esaminare a pieno l’economia di consu-mo nelle diverse fasi cronologiche dell’insediamen-to. Inoltre, la scarsità di strumenti d’uso, sia do-mestico sia artigianale non permette d’individua-re specifiche attività lavorative all’interno del ca-stello e, anche per quanto riguarda in particolaregli strumenti artigianali, il repertorio dei metallinon fornisce elementi determinanti per la defini-zione dello strumentario riguardante le successi-ve fasi di cantiere edile. Infine, sempre rimanen-do all’osservazione delle assenze, si sottolineanoaltri due elementi fondamentali; da una parte lacompleta assenza di manufatti riferibili alle attivi-tà agricole, che nell’ambito del castello di Gorfi-gliano, credo rappresenti un’ulteriore prova diquanto ipotizzato sopra; dall’altra l’attestazioneesclusivamente sporadica di armi di tipo medie-vale, che figura quale anomalia nel panorama deirepertori di castelli, i quali, per quanto spesso interritori non interessati da eventi bellici, in gene-re, almeno nelle fasi bassomedievali, ospitano unaguarnigione di armati.Dal punto di vista cronologico, come spesso avvie-ne per i manufatti metallici, anche in riferimento aimedesimi fenomeni di riutilizzo, si nota una forteresidualità. Infatti, per quanto gran parte del mate-riale provenga dai livelli associabili alle fasi poste-riori al XVI secolo, si percepisce abbastanza chiara-mente la presenza di oggetti relativi a contesti me-dievali o tutt’al più quattrocenteschi, sebbene la stessacontinuità tipologica di determinati manufatti osta-coli la netta quantificazione dei reperti residui.Del resto circa questa problematica i contesti stra-tigrafici e le associazioni a materiale ceramico for-niscono un elemento basilare per la datazione diparte del repertorio. In particolare una maggiorepercentuale di residualità si attesta nelle stratigra-fie di riporto relative alle risistemazioni agricole delXVII e del XIX secolo e nelle stratigrafie recenti.Considerando il fattore residualità, si ottiene unadistribuzione più uniforme delle attestazioni, nellevarie fasi del sito, per quanto si constati comunqueuna debole presenza di restituzioni nelle fasi cur-tensi dell’insediamento, databili anteriormente alX secolo. Quest’ultimo dato deriva sicuramente inparte dal carattere dello scavato che si limita ad

un’area più ristretta rispetto ai saggi relativi allefasi successive, ma in parte da un fattore legato allaproduzione metallurgica, sia oggetti che materiaprima, la quale, fino all’XI secolo, rimane vincola-ta ad ambiti territoriali ristretti e a modesti livellitecnologici, oltre che orientata in gran parte allaproduzione di metallo monetabile. Tale dato, inol-tre, si allinea perfettamente con quanto comune-mente attestato nei contesti di abitato in gran partedell’ambito territoriale toscano.Poste queste premesse, ci si accosta al materiale diGorfigliano con l’intenzione di presentare in for-ma completa i reperti identificabili, seguendo lascansione dei contesti cronologici di ritrovamento.

PERIODO I

Come abbiamo già accennato sopra, le capanne in-dividuate nell’area sommitale dell’insediamento han-no restituito una modestissima quantità di reperti inmetallo, pari circa all’1% del totale dei metalli. Sitratta di quattro piccoli oggetti per lo più frammen-tari, restituiti dai livelli di vita e di abbandono dellacapanna 1. In particolare dal livello d’uso (1142)provengono due frammenti non identificabili in fer-ro, mentre dalle stratigrafie di abbandono (1146-1150) provengono un chiodo in ferro e una laminadi applicazione in lega di rame frammentaria e tipo-logicamente non identificabile.

PERIODO II (Fig. 112)

Nel X secolo, periodo relativo alla costruzione delcastello in pietra, le attestazioni di manufatti me-tallici crescono considerevolmente, anche tenutoconto delle dimensioni dell’area scavata. Dai li-velli di vita (1126-1138) di una delle strutture in-dividuate nell’area sommitale proviene un mode-sto corredo contenente 20 oggetti in ferro. In talegruppo di reperti, oltre ai chiodi, spicca la per-centuale abbastanza elevata degli elementi relati-vi al cavallo, costituiti da 3 chiodini da ferratura(n. 1) riferibili al tipo con testa a chiave di violi-no32 e da un ferro di cavallo (n. 2) con bordi aprofilo lineare, con estremità prive di tacco33. In-sieme ai chiodi di medio-piccole dimensioni, pro-

32. Il tipo a chiave di violino in genere si associa agli esempla-ri più antichi di ferri da cavallo e da mulo ed è spesso l’unicotipo attestato fino al X secolo e comunque il tipo di riferi-mento anche per l’XI e il XII secolo, quando cominciano adentrare in uso le forme più semplici a testa rettangolare. Peralcuni confronti in ambito toscano vedi BELLI 2002, p. 149 eBELLI 2003, pp. 59-60.33. Non si attestano a Gorfigliano i ferri da cavallo conbordi a profilo ondulato, i quali costituiscono la morfolo-gia relativa ai primi secoli medievali, associata ai chiodini achiave di violino.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 110: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

142

Fig. 112 – Reperti metallici rinvenuti nel castello di Gorfigliano (periodi 2-5).

babilmente è da riferire a parti di mobilio o diinfissi anche l’elemento di serratura (n. 3), costi-tuito da un boncinello articolato a un gancio acerniera34. Fra lo strumentario si attesta esclusiva-mente un frammento di lama di coltello (n. 4),con dorso diritto e taglio parallelo. Purtroppo laframmentazione del pezzo non permette di distin-

guerne il tipo di immanicatura, tuttavia le mediedimensioni e la forma elementare della lama con-ducono ad ipotizzarne una funzione polivalente ecomunemente usato nelle attività domestiche.

PERIODO III (Fig. 112)

La fase del pieno bassomedioevo, individuata inun’area estesa anche alle parti sottostanti il pia-noro sommitale, non ha restituito una quantità dioggetti sufficiente all’analisi dei corredi relativi alleabitazioni. Si tratta di 20 reperti, fra i quali spicca

34. Si tratta di un sistema di chiusura comunemente usatosia in associazione ad una vera e propria serratura, sia, dasolo, per la chiusura di mobili.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 111: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

143

l’alta presenza di oggetti in ferro che rappresenta-no il 95% del totale. Per quanto riguarda la gene-rale distribuzione dei reperti l’area sommitale harestituito un totale di 11 elementi, provenienti datutte e tre le fasi di costruzione, vita ed abbando-no delle strutture individuate, l’area 3000 ha re-stituito esclusivamente 3 reperti provenienti dallefasi di costruzione e di abbandono delle strutture,mentre l’area 2000 ha restituito 6 chiodi associa-bili esclusivamente ai livelli di abbandono. Talireperti forniscono pochi indizi riguardo la fun-zione delle strutture indagate, tuttavia l’uso abita-tivo sia della struttura individuata sull’area som-mitale, sia di quella situata nel borgo è recato intraccia da alcuni oggetti particolari.Dal piano d’uso (1205) e dai livelli di abbandono(1192) di uno degli ambienti individuati sull’areasommitale, oltre a numerosi chiodi di medio-pic-cole dimensioni, abbinabili all’arredo della casa,provengono due fibbie entrambe riferibili al ve-stiario della persona. La prima (n. 7) è frammen-taria, in ferro, di medie dimensioni e di forma ret-tangolare, con staffa con traversa superiore a se-zione rettangolare, ardiglione non conservato. Sitratta di una morfologia elementare, a caratterepolifunzionale, ma comunemente usata per la chiu-sura di cinture di cuoio. La seconda (n. 8) è unafibbia di piccole dimensioni, in lega di rame, diforma rettangolare, con traverse laterali a sezionecircolare e traversa superiore spessa, trattata condecoro a linee incise, l’ardiglione non si conserva.In genere questo tipo prevede l’articolazione aduna placchetta doppia, passante, la quale venivaapplicata a cuoio con rivetti o cucita su stoffa. Lepiccole dimensioni dell’esemplare fanno ipotizza-re un uso su calzature o su piccoli lacci da vestia-rio. La morfologia del tipo rimanda ad un ambitocronologico di XIII secolo (BELLI 1997-98, p. 237,tipo 10c; GAMBARO 1990, pp. 400-401, tav. XIV,n. 69)Dalla casa del borgo nord (area 3000) provengo-no i due oggetti frammentari (n. 6), in ferro, diapplicazione a supporti lignei o di assemblaggio astrumenti domestici35.

PERIODO IV (Fig. 112)

La scarsità di restituzioni relative alla fase databi-le ai secoli XV-XVI deriva in parte dal caratteredello scavato che si identifica in un’ampia attivitàdi interventi edilizi, ai quali, spesso, non si asso-

ciano i relativi contesti di vita. Come abbiamoaccennato nella parte introduttiva, le ampie stra-tigrafie di cantiere, che in questa fase sono sostan-ziali, non hanno comunque restituito strumentimetallici particolari. Fra i 6 oggetti in ferro riferi-bili alla fase e provenienti perlopiù dall’area 3000,oltre ai chiodi, si sottolinea la presenza di un fer-ro di cavallo (n. 11), frammentario e di una grap-pa (n. 10) da legno della quale rimane comunquedifficile identificare la funzione specifica.

PERIODO V (Fig. 112)

Nel XVII secolo le attestazioni di manufatti metal-lici crescono sensibilmente. Alla fase si attribuisceun totale di 60 manufatti, restituiti in maggior par-te (46 attestazioni) dalle stratigrafie di abbandonoe di risistemazione agricola dell’area 2000. Perquanto solo una minima parte di oggetti possa es-sere attribuita ad un ambito cronologico certo eristretto, si può comunque ipotizzare che il gruppocontenga una considerevole quantità di reperti as-sociabili al corredo tardo medievale delle case. Pur-troppo l’alta frammentazione dei pezzi comportaun’elevata percentuale di non identificabili. Fra glioggetti in ferro si contano 36 chiodi (n. 12) di va-rie dimensioni, attribuibili in minima parte alla tra-vatura e in massima parte all’arredo. Abbastanzaben attestato risulta ancora l’uso del cavallo, conun’alta presenza di chiodini da ferratura (n. 13) deltipo a testa alta, rettangolare, forma che già dallafine dell’XI secolo si affianca al tipo con testa achiave di violino, diventando la più comunementeusata dai secoli centrali del bassomedioevo.Lo strumentario domestico è attestato in minimaparte da vari ganci, fra cui un gancio ad uncino (n.14) a funzione specifica non definibile36, mentre sisottolinea la presenza di alcuni elementi di chiusu-ra e di applicazione riferibili al vestiario. Fra le fib-bie, l’unica integra (n. 15) e tipologicamente iden-tificabile è di medie dimensioni, in ferro con staffadi forma pressoché esagonale, a sezione circolare,ispessita in corrispondenza della traversa superio-re, e ardiglione avvolto. Si tratta ancora una voltadi una morfologia elementare, difficile da ancora-re ad una cronologia definita e ad una funzionespecifica determinata. Sempre parte di abbigliamen-to sono i bottoni (nn. 17, 18), in lega di rame. Ilprimo è del tipo globulare, con picciolo sommitaleper l’applicazione, prodotto tramite la saldatura didue semisfere cave, forma comunemente attestatadal XIII secolo, soprattutto nell’abbigliamento fem-minile, dove in genere è usato per la chiusura o

36. In genere questi ganci sono utilizzati come perni di sno-do per la sospensione di strumenti tramite catene.

35. Il n. potrebbe essere una fascetta d’applicazione comeun frammento di manico di un qualche strumento o conte-nitore e anche il n. potrebbe riferirsi sia all’applicazione amobilio, sia ad un frammento di immanicatura di coltello.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 112: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

144

anche il semplice decoro (nei tipi a bubbolino) del-le vesti in corrispondenza degli avambracci e dellespalle37. Il secondo, che conserva la sola semisferasuperiore, con il picciolo d’applicazione, rappre-senta una variante del tipo precedente, probabil-mente di passaggio dalla forma globulare al botto-ne schiacciato, che viene più comunemente usatodalla fine del medioevo38.La frammentazione del pezzo non permette l’iden-tificazione certa della placca in ferro (n. 19), laquale, tuttavia, sia per la sezione leggermente bom-bata, sia per la presenza di quattro rivetti di appli-cazione a testa piatta, potrebbe riferirsi ad un’ar-matura in piastra del tipo della corazzina39, inter-pretazione che, anche a fronte della minima pre-senza di armi nel contesto totale del castello, vacomunque presa con cautela.

PERIODO VI (Fig. 113)

I 90 reperti metallici restituiti dal periodo VI, da-tabile al XVIII secolo, si distribuiscono abbastan-za uniformemente fra l’area sommitale e l’area2000, mentre le case dell’area 3000 hanno resti-tuito solo una minima parte di pezzi. I reperti del-l’area sommitale provengono dai livelli di cantie-re funzionali alla ricostruzione della torre, men-tre il gruppo degli oggetti restituiti dall’area 2000,si associa alla fase di risistemazione agricola e con-tiene un certo numero di residui.Gli unici reperti funzionalmente riferibili al can-tiere dell’area sommitale sono 24 chiodi in ferro,perlopiù di medie dimensioni, due ganci ad L (n.20), di piccole dimensioni, un anello di catena, inferro, di forma circolare (n. 22) e un oggetto dinon chiara identificazione (n. 12), simile ad unapinza, ma probabilmente funzionale quale grappada legno.Sempre dalle stratigrafie di cantiere dell’area 1000,inoltre, provengono quattro fibbie, di cui tre inferro e una in lega di rame, ed una chiave. La fib-bia n. 6, in ferro, di medie dimensioni, con staffadi forma ovale e traversa di base diritta rappre-senta un tipo a lunga continuità di vita e a funzio-ne polivalente, ma perlopiù associabile alla chiu-sura dei lacci da cintura. La stessa forma si ritrova

nell’esemplare, n. 8, sempre in ferro, ma di piùpiccole dimensioni, usato probabilmente per lecalzature. Il medesimo uso si può abbinare allapiccola fibbia in lega di rame (n. 9), con staffacircolare, filiforme, frammentaria e priva di ardi-glione, mentre l’esemplare n. 2, in ferro, di mediedimensioni, ma di forma più massiccia può rife-rirsi tanto al vestiario, quanto alla bardatura delcavallo40. L’uso del cavallo è altresì attestato dallapresenza di due chiodini da ferratura del tipo atesta rettangolare (n. 3).La chiave n. 17 è in ferro, del tipo bernarda, conpresa ad anello, canna a sezione quadra ed inge-gno rettangolare asimmetrico. Le medie dimen-sioni del pezzo e il tipo di ingegno fanno ipotizza-re un uso su una parte di mobilio.I manufatti provenienti dalle stratigrafie di ripor-to per le sistemazioni agricole dell’area 2000 re-cano la traccia di un corredo domestico abbastan-za completo, costituito da ganci (es. n. 21), da ele-menti di serratura (chiave, serratura e cardine; nn.16, 18, 19) da porta e da strumenti domestici (nn.13, 14, 15). Fra questi si sottolinea la presenza didue coltelli, uno frammentario di medie dimen-sioni, usato probabilmente per la mensa ed uno digrandi dimensioni, del tipo con immanicatura adinnesto, con codolo rastremato a sezione quadra,impostato in linea col taglio e lama triangolare.Le dimensioni dell’oggetto e la particolare posi-zione del manico rispetto alla lama informanosull’uso del coltello, atto alla battitura, più che altaglio e dunque probabilmente funzionale allamacellazione e preparazione delle carni. Sono inol-tre ancora documentati elementi di ferratura rife-ribili a muli (ferri n. 4), elementi di vestiario, qua-li la fibbia rettangolare n. 7, in ferro, a caratterepolivalente e la piccola placchetta di applicazionen. 10, in lamina di lega di rame, abbinabile al de-coro di vesti o cinture41. Particolare è la presenzadi un frammento di cuspide di freccia (n. 5), dicui si conserva esclusivamente la gorbia, le qualidimensioni fanno ipotizzare che si tratti di un tipoabbastanza massiccio, probabilmente usato su frec-ce da balestra.Fra i pochi reperti attribuibili alla fase 6e, di co-struzione di un nuovo ambiente, nell’area 3000,si sottolinea il rinvenimento di una punta di tra-pano (n. 11), di medie dimensioni, con corpo asezione circolare, proveniente dallo strato di vita(US 3216) dell’ambiente 2.

37. Per alcuni confronti in ambito toscano vedi: AMICI 1986,tav. 5, nn. 8-14; AMICI 1989, p. 469, tav. XIX, n. 25; BELLI1997-98, tav. XXX, n. 1-2; BELLI 2002, tav. 14, n. 1; BELLI2004, tav. 1, n. 1; BUERGER 1975, pp. 207-208, fig. 12; CIAM-POLTRINI 1984, pp. 304-306, figg. 9-10; VANNINI 1985, p.468.38. Per un confronto vedi LEBOLE DI GANGI 1993, p. 471,tav. 5, n. 43.39. Per le armature in piastra vedi i lavori di Mario Scalini,fra cui, fra i più recenti quello riguardo alle corazzine pro-venienti dalla Rocca di Campiglia Marittima: SCALINI 2004.

40. Per un confronto vedi COLARDELLE-VERDEL 1993, fig.147, n. 9.41. Per un confronto vedi DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980, p.511, tav. 476, n. 15.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 113: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

145

Fig. 113 – Reperti metallici rinvenuti nel castello di Gorfigliano (periodi 6-8).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 114: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

146

PERIODO VII (Fig. 113)

Il periodo VII non conta molti esemplari (totale26), tuttavia i livelli di abbandono delle case delborgo restituiscono alcuni oggetti riferibili al cor-redo domestico, fra i quali, oltre ad alcuni fram-menti in ferro di lamine non chiaramente identi-ficabili (n. 27), ma forse funzionali all’applicazio-ne a mobilio, si sottolinea la presenza di una for-chetta (n. 25) in lega di rame e di una lucerna (n.26) in lamina. Dalle stratigrafie, invece riferibilialla fase 7b di risistemazione agricola provengo-no 14 elementi in ferro, molto frammentati, co-stituiti da chiodi di medie dimensioni, da un fram-mento di ferro di cavallo o di mulo (n. 24) e dapiccoli frammenti non identificabili.

Periodo VIII (Fig. 113)Con 134 attestazioni, le stratigrafie recenti costi-tuiscono il periodo di maggior restituzione di ma-teriale metallico, anche se, dal punto di vista fun-zionale, i reperti relativi a tale fase abbraccianoun numero abbastanza basso di categorie funzio-nali. Col crescere delle attestazioni, infatti, cresceconsiderevolmente anche il numero dei chiodi,che, nel gruppo, rappresenta circa l’86,5% deltotale. Tralasciando la presenza sporadica di ele-menti da ferratura e di piccoli frammenti riferibiliin generale all’arredo delle case, il repertorio sicaratterizza per quattro oggetti fondamentali. Inprimo luogo si attesta la presenza di una cuspidedi freccia (n. 31), sicuramente residua, in quantoriferibile ad un tipo abbastanza comune nel pe-riodo bassomedievale e caratterizzato da un cor-po molto lungo e affusolato (nel nostro caso fram-mentario), indistinto dalla gorbia avvolta, e benseparato tramite una strozzatura dalla punta pira-midale a sezione triangolare. Tale morfologia acorpo sottile rendeva queste cuspidi praticamenteinefficaci contro un armamento difensivo in plac-che di ferro e questo rappresenta la ragione prin-cipale della pressoché comune caduta in disuso

del tipo nel corso del XIV secolo (DE LUCA, FARI-NELLI 2002).Gli altri tre elementi caratterizzanti del repertoriosono strumenti artigianali. Col numero 33 si iden-tifica una raspa di medie dimensioni con corpo asezione triangolare ed immanicatura a codolo stret-to, mentre il numero 34 è rappresentato da unoscalpello, abbinabile alla lavorazione del legno ecostituito da un corpo a sezione quadra con termi-nazione superiore rastremata, atta all’immanicatu-ra su di un manico ligneo. L’oggetto n. 32, semprein ferro, è una sorta di raschietto o, data la profon-dità dei denti, pettine da lana; la parte superioreprevede una immanicatura su manico ligneo a ri-vetti, per i quali si conservano due fori.

MADDALENA BELLI

3.4 I REPERTI NUMISMATICI

I reperti numismatici rinvenuti sino ad oggi nelCastello di Gorfigliano permettono di formularesolo alcune considerazioni generali, che devonotenere conto della relativa esiguità del numero dipezzi rinvenuti, oltreché del tipo di giacitura nellaquale le monete sono state trovate durante le ope-razioni di scavo. Tutti gli esemplari, ad eccezionedell’ottolino di Pavia, sono stati infatti scopertidurante la rimozione stratigrafica di depositi for-matisi tramite operazioni di riporto artificiale diterreno: erano dunque in giacitura secondaria emescolati a materiali di differente cronologia (Fig.115).In casi come questi la moneta perde parte del suovalore informativo sia dal punto di vista del postquem cronologico (rappresentato dalla data dellasua emissione e messa in circolazione), sia perquanto riguarda la migliore cognizione delle di-namiche che hanno portato questi oggetti ad es-sere immobilizzati nel deposito antico e dei pro-

Fig. 114 – Tabella distributiva dei reperti metallici rinvenuti nel castello di Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 115: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

147

cessi formativi del deposito stesso (STHAL 1989,SUCHOLDOSKI 1998). Tuttavia, anche in tali situa-zioni le monete portate alla luce con lo scavo pos-sono offrire informazioni interessanti e contribu-ire a ricostruire il quadro della circolazione mo-netaria nell’area in oggetto nei secoli compresi trail X e il XVIII secolo.Anzitutto colpisce l’assenza di nominali di zecchemolto importanti e vicine al sito di ritrovamento.Per il momento infatti non sono state rinvenutemonete di Lucca, né di Pisa o di Genova. Tutti gliesemplari medievali di Gorfigliano provengono dalocalità dell’oltregiogo appenninico e possono te-stimoniare i contatti di quest’area con la Garfa-gnana ed in particolare la posizione del castello,che doveva trovarsi presso una delle vie di colle-gamento tra la Tuscia e l’Italia padana.A tale proposito è interessante la presenza del de-naro pavese, che d’altro canto sembra conferma-re la circolazione della monete di questa zecca inGarfagnana già testimoniata dal ritrovamento diun altro esemplare analogo, avvenuto presso ilCastello di Colle la Formicola nel 1930 (ROSSI

1998, p. 372). Altre attestazioni di denari pavesisi hanno anche in aree limitrofe come in alcunelocalità della Lunigiana (ad esempio sul MonteLiberio, GALLO 2002, p. 339).Il dato non è sorprendente se si pensa che i denaripavesi, insieme con i coevi lucchesi, fino al XIIsecolo rappresentarono le principali monete di zec-ca italiana circolanti nell’Italia centro-settentrio-nale. Anche se è vero che in questa zona i tipimonetali documentati archeologicamente, che disolito accompagnano le fasi di incastellamento (XI-XII secolo), sono rappresentati da denari di offi-cina lucchese, non bisogna scordare che i pavesi,soprattutto sino alla fine dell’XI secolo, circola-rono liberamente insieme alle monete della cittàdel Volto Santo. Sia la documentazione archivisti-ca, sia quella archeologica infatti confermano lapenetrazione del denaro pavese anche nelle zonemeridionali della penisola fino dalla prima età ot-toniana (vedi ROVELLI 1995, p. 83-86). Solo le sva-lutazioni del XII secolo, accompagnate dall’aper-

Fig. 115 – Le monete rinvenute con lo scavo archeologico del sito.

tura di nuove zecche in ambito interregionale, ri-dussero la moneta pavese ad essere usata nei mer-cati locali, come del resto avvenne tra la fine delXII ed il XIII secolo anche alla produzione mone-tale di Lucca (HERLIHY 1974; BALDASSARRI 2000). Irinvenimenti noti ed in particolare i ripostigli, co-munque, confermano una lunga durata di circola-zione per gli ottolini del X secolo, che di frequen-te si trovano immobilizzati, e per ciò ancora incorso, con esemplari battuti da altre zecche italia-ne posteriormente al 1150 (ROVELLI 1995, pp. 88-89).Abbastanza comune è il ritrovamento dei quattriniferrarese e bolognese, entrambi databili tra la finedel XIV secolo e gli inizi di quello successivo, chesembrano avere avuto un’abbondante produzioneed una circolazione piuttosto ampia in tutta l’Italiacentro-settentrionale.Nelle zone più circoscritte della Lunigiana e dellaGarfagnana deve aver circolato il duetto (corrispon-dente ad un terzo di bolognino) fatto coniare daAlberico I Cybo Malaspina posteriormente alla suaelevazione a Principe di Massa. Secondo le ipotesiricostruttive di Ricci questo nominale rientrerebbetra le monete di Alberico appartenenti al terzo edultimo periodo di emissione (1593-1618), secon-do lo studioso caratterizzato da una certa ripresadell’«attivismo albericiano» in fatto di coniazioni(RICCI 1989, pp. 8-9). Per quanto il lavoro di Riccisia accurato dal punto di vista storico-numismati-co, tuttavia non affronta il problema delle aree dicircolazione (RICCI 1991), sopratutto per quantoriguarda i nominali minori delle serie massesi, edin conseguenza non è agevole dare una valutazionepiù precisa del ritrovamento di questo duetto a Gor-figliano.La moneta più tarda rinvenuta si data al 1777 eappartiene alle coniazioni milanesi al nome diMaria Teresa d’Austria. Anche per quanto riguar-da il periodo postmedievale dunque prevalgonole produzioni lombarde ed emiliane, che sottoli-neano la particolare collocazione geo-politica, maanche economica di questo territorio prossimoall’Appennino tosco-emiliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 116: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

148

Tutti questi reperti provengono da strati di ripor-to che cominciano ad invadere il sito dopo il XVIsecolo, quando il castello viene abbandonato egradualmente diventa sede di attività agricole.Come tali fanno parte di associazioni piuttostoampie di materiali, disparati sia per varietà cro-nologica sia per località di provenienza (Emilia,Liguria, Toscana settentrionale).

Catalogo (Fig. 116)

c. = cerchio o contorno; g = peso espresso in grammi;mm = diametro massimo e minimo del tondello espres-so in millimetri; ° = asse dei conii espresso in gradi suangolo giro di 360°; s.c. = stato di conservazione

1. US 1126, fase 2Pavia, Ottone III di Sassonia, 983-1002, denaroArgento, 16.5 mm, 1.130 g, 335°, s.c. buonoD/(…)PIVS(…)

OTTO in croce intorno a globetto, in c. perlinatoR/+IHPERATOR in c. perlinatoPAPIA in croce intorno a globetto, in c. perlinatoCNI, IV, p. 482, n. 18, tav. XI, n. 13

2. US 1170, fase 6bMassa di Lunigiana, Alberico I Cybo Malaspina princi-pe, 1596, duetto o da due quattriniBassa mistura, 18.5×18 mm, 1.385 g, 360°, s.c. me-diocreD/ALBE°C(…)MA°96, in c. perlinato

Stemma Cybo semiovale in cartella sormontato dacorona a 5 punte, senza c.

R/ °SANTVS° // °P(…)VS°Santo nimbato, stante in piedi, di fronte, che inter-

seca leggenda in alto e in basso, senza c.CNI, XI, p. 228, n. 153, tav. XIV, n. 15RICCI 1991, p. 335, n. 33 var.

3. US 1237, fase 8aMilano, Maria Teresa Imp. d’Austria, 1777, soldoRame, 23 mm, 7.350 g, 360°, s.c. mediocreD/ M.(THER)ESIA°D°C°R°I°H°B°R°A°A°D°MED°

Busto dell’Imp. coronata a destra. Sotto iniziale S(per Schmöllinitz)

R/UN//SOLDO//1777., in ghirlanda di palma e di allo-ro annodata con nastro in bassoCNI, V, p. 396, n. 97, Tav. XXV, n. 19

4. US 3501, fase 8aBologna, Pontificia, anonima, 2a m. XIX-1a m. XV,quattrinoMistura, 15.5×14.5 mm, 0.390 g, 360°, s.c. mediocreD/ (segno) (BON)ONIA°

Due chiavi decussate con quattro occhielli, forse nonlegate, fiocco pendente sulla leggenda

R/ IlleggibileSanto seduto, di fronte, con pastorale nella sin. ecittà sulla des. appoggiata sul ginocchioCNI, X, p. 30, nn. 73-74, tav. II, n. 15 var.

5. US 3507, fase 6cFerrara, anonima, attribuita a Nicolò II, 1361-1388,quattrinoBassa mistura, 16 mm, 0.870 g, 350°, s.c. mediocreD/ + DE ° FE ° RA° RA aquiletta

Scudo semiovale con arme della città, in c. perlinatoR/ S. MAVR // ELI (VS), in c. perlinato

Santo stante in piedi, di fronte, nimbato e mitrato,che interseca la leggenda in alto e in basso, senza c.CNI, X, p. 420, n. 7

MONICA BALDASSARRI

Fig. 116 – Monete rinvenute nel castello di Gorfigliano (scala 1:1).

1 2

34

5

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 117: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

149

3.5 I VETRI DI GORFIGLIANO

Tra i materiali provenienti dallo scavo di questosito è documentata una modestissima presenza dimanufatti vitrei. Nonostante l’importanza, ormaiaccertata, di considerare il materiale vitreo pro-veniente da contesti abitati perché attestante ilconsumo di vasellame vitreo usato nella vita quo-tidiana (STIAFFINI 1991, p. 177; STIAFFINI 1999, pp.95-97), i frammenti vitrei provenienti da questocontesto – per la loro scarsità numerica e fram-mentarietà – non arrecano un utile contributo néall’edizione dei risultati dello scavo del sito in esa-me, né alla più vasta problematica dell’uso e delconsumo degli oggetti vitrei in epoca medievale epost-medievale in area italiana. Nonostante ciò,per la completezza delle informazioni deducibilida questa ricerca archeologica si danno qui di se-guito i risultati che si sono potuti ricavare dalmateriale vitreo rinvenuto in questo contesto.Dal sito in esame sono stati recuperati complessi-vamente settantuno frammenti di vasellini vitrei perlo più costituiti da minutissimi pezzettini, dei qualisolo undici frammenti (per un minimo di otto esem-plari) sono riconducibili a forme identificabili, ol-tre a un piccolo vago di collana ed a un probabilescarto di lavorazione del vetro (Fig. 117).La maggior parte dei frammenti vitrei provengo-no dagli strati relativi al periodo 3, databile allefasi di vita e poi di abbandono del sito riferibili alXII-XV secolo (Fig. 118). Si tratta di ben ventot-

to frammenti, di cui solo due identificabili comefiale fusiformi. Più precisamente, venti frammen-ti di pareti di spessore molto sottile (variabile da0,2 a 0,4 millimetri), privi di motivi decorativi,per lo più di vetro incolore (diciannove frammen-ti incolori, uno incolore con sfumature verde chia-ro) sono stati ritrovati in strati relativi alla fase3a, inerente alla costruzione delle strutture; cin-que frammenti di pareti molto sottili (0,3 milli-metri di spessore), di vetro incolore, privi di de-corazione, non riferibili ad alcuna forma identifi-cabile, sono stati recuperati nella fase 3b, relativaai livelli di vita, dell’abitato dal XII-XV secolo;tre frammenti, dei quali un frammento pertinentead una parete di vasellino vitreo non identificabi-le, di spessore ugualmente sottile ed incolore, edue frammenti di pareti prossime al fondo di duefiale fusiformi (una di vetro verde, l’altra incolo-re) sono stati recuperati negli strati relativi allafase dell’abbandono delle strutture (fase 3c). Quin-di gli unici frammenti riferibili ad una forma iden-tificabile, per tutto l’arco cronologico dal XII alXV secolo, sono due frammenti di pareti, prossi-me al fondo, di due fiale a corpo fusiforme (cat.nn. 1-2). Si tratta di due frammenti, riferibili adue esemplari (uno di vetro incolore, l’altro divetro verde), di piccole fiale a corpo cilindricomolto allungato e fondo apodo, con base proba-bilmente convessa. La forma trova il suo antece-dente tipologico nei balsamari in uso fin dal I-IIsecolo d.C., nati come contenitori di unguenti,profumi o sostanze medicamentose da usare in

Fig. 117 – Quantità numerica e tipologia dei reperti vitrei in relazione alla sequenza stratigrafica.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 118: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

150

vita, ma associati ben presto al rito funerario perl’usanza di cospargere l’inumato di balsami, e rin-venuti in grande quantità (STIAFFINI, BORGHETTI

1994, pp. 47-56; DE TOMMASO 1999, pp. 115-136)nelle sepolture dal I al III secolo d.C. Anche se neicontesti tra tarda antichità e altomedioevo (dalIV al X secolo) il balsamario appare in modo piùsporadico, il tipo continua ad essere prodotto eusato sia nei contesti in vita che nel rito funebre,tramandando di fatto la forma delle fiale fusifor-mi al medioevo, epoca nella quale la sua funzioneè prevalentemente legata ai contesti in vita, ado-perata, ad esempio, per contenere sostanze medi-camentose o essenze profumate e vendute insie-me al contenuto nelle spezierie (STIAFFINI 1999,pp. 120-122).Se da un lato, quindi, mi sembra particolarmentesignificativo il rinvenimento dei due frammentidi fiale negli strati relativi all’età medievale, per-ché costituisce una ulteriore attestazione della so-pravvivenza della forma in epoca medievale ed ilsuo uso nella vita quotidiana; dall’altro lato misembra singolare che in questo contesto e in que-sta fase cronologica non siano stati ritrovati fram-menti relativi a vasellame vitreo da mensa, soprat-

tutto bicchieri che costituiscono in genere la mag-gioranza dei reperti recuperati negli strati archeo-logici relativi all’epoca medievale, soprattutto neicontesti abitativi (STIAFFINI 1999, pp. 96-116). Allostato attuale delle ricerche si possono avanzare soloalcune ipotesi. Si può pensare che gran parte deiventisei minutissimi frammenti di pareti di spes-sore sottile (da 0,2 a 0,4 millimetri) potrebberoessere pertinenti ad alcuni esemplari di bicchieridi vetro, caratterizzati in epoca medievale dai sot-tilissimi spessori delle pareti e il resto dei fram-menti sia stato gettato negli immondezzai o av-viato al riciclo del vasellame vitreo usato e rottopresso le officine vetrarie per un nuovo ciclo pro-duttivo (STIAFFINI 1999, pp. 32-34).Anche ammesso che i ventisei frammenti corri-spondano a ventisei esemplari, il numero dei pez-zi appare comunque così esiguo per il vasto arcocronologico considerato, da dare adito ad una se-conda ipotesi: ovvero che in questo contesto, du-rante il medioevo, si usassero prevalentementerecipienti potori diversi dal vetro, ad esempio, inceramica o in stagno.Ancora più critica appare la situazione della pre-senza del vasellame vitreo per il periodo 4, rela-

Fig. 118 – Tipologia di vetri rinvenuti a Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 119: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

151

tivo alla frequentazione dell’area durante il XV-XVI secolo. Si tratta del rinvenimento di tre fram-menti di pareti non riferibile ad alcune forme perlo più di vetro incolore (due frammenti incolori,uno celeste chiaro) rinvenuti nella fase 4b riferi-bile alla costruzione della struttura, e un fram-mento non identificabile di vetro incolore rinve-nuto nella successiva fase del restauro della casa(fase 4c).Di poco superiore è la quantità numerica dei fram-menti provenienti dal periodo 5, relativo al XVIIsecolo. Si tratta di nove frammenti recuperati ne-gli strati pertinenti all’abbandono dell’area verifi-catosi nel XVII secolo (fase 5b) e più precisamen-te tre frammenti di pareti (due di vetro incolore,una di vetro azzurro) non riconducibili a formeidentificabili, sei frammenti, per un numero mini-mo di tre esemplari, di tre forme potorie di vetroincolore e di quattro frammenti di pareti di vetrosottilissimo ed incolore non riconducibile a for-me identificabili rinvenuti nella risistemazioneagricola del sito avvenuta durante il XVII secolo.Per quanto concerne i pochi frammenti di bordi epareti riconducibili a forme identificabili recupe-rati in questi strati si deve osservare quanto segue.Si tratta di sei frammenti di vasi potori (per unnumero minimo di tre esemplari) recuperati nellafase di abbandono del XVII secolo (fase 5b). Perl’esiguità dei frammenti conservati (relativi ai bordie alle pareti), non è possibile stabilire se si tratti diun bicchiere a corpo tronco-conico o cilindricosu fondo apodo, oppure allo coppa di un calice sustelo. Essendo entrambe le forme attestate nellostesso ambito cronologico, si è preferito optareper la più generica definizione di bicchieri/calici.È attestata sia la presenza del bicchiere/calice aparete liscia, con orlo arrotondato, supposta pa-rete di forma tronco-conica soffiata a canna libe-ra (cat. n. 3) (US 2147) che del bicchiere/calicecon decorazione geometrica reiterante impressa astampo in fase di soffiatura (US 2147, 2136). Dinotevole interesse è l’esemplare decorato da unaserie di piccoli cerchietti, del quale restano quat-tro frammenti fra bordo e pareti non combaciantima inerenti alla stessa forma (cat. n. 5) (US 2136),mentre l’attestazione del recipiente decorato dagrosse bolle è dato da un frammento di parete (cat.n. 4) (US 2147). In tutti i tre casi si tratta di vasipotori di uso comune, venduti sul mercato a prez-zi contenuti, correntemente prodotti in aree to-scane ed in particolare a Pisa nelle officine vetra-rie di Giovanbattista Guerrazzi che provvedeva-no, come attestano le fonti documentarie, al ri-fornimento del mercato lucchese e lunigianese(STIAFFINI 1993, pp. 365-374; STIAFFINI 1995, pp.89-98).L’esiguità delle attestazioni materiali non permette

di avanzare alcuna ipotesi su una maggiore presen-za di vasellame vitreo da mensa in età post-medie-vale rispetto al medioevo anche se questa tendenzasembrerebbe trovare una conferma nei ritrovamentirelativi al secolo successivo. Infatti negli strati per-tinenti al periodo 6 (XVIII secolo) sono stati recu-perati quindici frammenti di vetro, fra i quali unbordo di bicchiere/calice (cat. n. 7) e uno stelo dicalice (cat. n. 6). Più precisamente dalla fase 6b,relativa alla ricostruzione della Torre del 1762, pro-vengono sei frammenti di vetro (due di vetro inco-lore, due celesti ed uno verde) relativi a pareti diforma non identificabili; della fase 6c, pertinentealla risistemazione agricola del sito, sono stati por-tati alla luce sei frammenti, dei quali cinque relativia pareti di forma non identificabile e per lo piùincolori (un frammento di vetro verde e quattroincolori) e un grosso stelo di calice con nodo divetro incolore (US 3505); del periodo 6d, perti-nente alla trasformazione delle case, proviene unframmento di bordo di bicchiere/calice di vetro in-colore, a parete liscia (US 3210); mentre degli stra-ti del periodo 6e (costruzione nuovo ambiente) sonostati recuperati soltanto tre frammenti di pareti nonidentificabile rispettivamente di vetro incolore, ver-de chiaro e celeste.Di notevole bellezza è lo stelo di calice di vetropieno, decorato da un nodo centrale sottolineatoda tre nervature concentriche (cat. n. 6) che ricor-da gli steli di alcuni massicci calici settecenteschiconservati nelle maggiori collezioni museali ita-liani (OMODEO 1970, p. 113, n. 2; p. 127, n. 27;p. 130, n. 33).Con i vasi potori del XVIII secolo cessano le attesta-zioni di vasellame vitreo da mensa provenienti daquesto contesto. Infatti della fase di abbandono del-le case del borgo, avvenuta durante il XIX secolo(periodo 7, fase 7) si ha la sola presenza di un vagodi collana di pasta vitrea (cat. n. 8) e quattro fram-menti di pareti non identificabili per lo più di vetroincolore (tre frammenti incolore e uno verde).Dai depositi più recenti, ascrivibili al XX secolo(periodo 8, fase 8a), si ha l’attestazione di cin-que frammenti di pareti non identificabili per lopiù di vetro incolore (quattro frammenti incolo-ri e uno celeste), uno stelo di calice decorato daun nodo (US 3501) e un probabile scarto di la-vorazione del vetro (US 1236). Lo stelo di cali-ce, in gran parte frammentato, di una tipologiamolto comune (cat. n. 9) non aggiunge nientealla nostra conoscenza ed anche il ritrovamentodel probabile scarto di lavorazione del vetro, chein genere desta l’attenzione negli studiosi del ve-tro perché indice di una produzione vitrea nellazona, in questo caso gran parte della sua impor-tanza perché proveniente da uno strato di recen-te formazione.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 120: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

152

Catalogo

Periodo 3

Fiale1. Periodo 3, fase 3c, US 2210Vetro verde, bolle d’aria piccola, sparse.H. cons. 1,2 cm; spess. 0,6 cmPorzione di parete in prossimità del fondo2. Periodo 3, fase 3c, US 2210Vetro incolore, bolle d’aria piccolissime o piccole, spar-se, molteH. cons. 1,5 cm; spess. 0,5 cm.Porzione della base, priva del fondo convesso

Periodo 5

Bicchieri/calici3. Periodo 5, fase 5b, US 2147Vetro incolore, bolle d’aria, piccole e sparse; patina digiacitura brunastraH. cons. 2,1 cm; spess. orlo 0,4; spess. parete 0,2 cmPorzione di bordo, orlo arrotondato, bordo diritto,parete con probabile andamento tronco-conico

4. Periodo 5, fase 5b, US 2147Vetro incolore, bolle d’aria piccole e sparseH. cons. 2 cm; spess. 0,2Porzione di parete in prossimità del bordo. Decorazio-ne impressa a stampo in fase di soffiatura costituita dauna serie reiterante di grosse bolle

5. Periodo 5, fase 5b, US 2136Vetro incolore, bolle d’aria, piccole, sparse, molteH. cons. 2,5, spess. parete 0,2; spess. orlo 0,3Porzione di bordo, orlo arrotondato, bordo diritto divetro non decorato, parete leggermente cilindrica condecorazione impressa a stampo in fase di soffiatura co-stituita da una serie reiterante di piccoli cerchietti

Periodo 6

Calici6. Periodo 6, fase 6c, US 3505Vetro incoloreH. cons. 2,3 cmPorzione di stelo di calice di vetro piano decorato daun nodo centrale sottolineato da tre nervature concen-triche

Bicchieri/calici7. Periodo 6, fase 6d, US 3210Vetro incolore, bolle d’aria poche e sparseH. cons. 3,5 cm, spess. parete 0,3 cm; spess. orlo 0,5cmPorzione di bordo, orlo arrotondato, bordo diritto,corpo presumibilmente tronco-conico

Periodo 7

Vago di collana8. Periodo 7, fase 7, US 3202Vetro verde chiaroDiam. 0,5 cm.Vago di collana di pasta vitrea con foro pervio, priva didecorazione

Periodo 8

Calice9. Periodo 8, fase 8a, US 3501Vetro incoloreH. cons. 2 cm10. Porzione di stelo a corpo cilindrico cavo, decoratoda un nodo schiacciato

DANIELA STIAFFINI

3.6 IL MATERIALE OSTEOLOGICO ANIMALEDEGLI SCAVI NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO(MINUCCIANO – LUCCA)

Il materiale osteologico animale, recuperato nelletre campagne di scavo condotte dal 1999 al 2001nel Castello di Gorfigliano (Minucciano – Luc-ca), con la sua distribuzione numerica e quantita-tiva e la sua ripartizione per parti ossee, è un’ec-cellente testimonianza della presenza in loco didiverse specie animali nei vari momenti di frequen-tazione del sito e rappresenta uno spaccato di vitaanche socio-economico, che illustra l’“uso” e lo“sfruttamento” di questi animali da parte dellegenti del luogoIl materiale osteologico assomma complessivamen-te a 1647 reperti dei quali 1179 (il 71,6%) sonorisultati costituiti da schegge e da frammenti nondeterminabili. La distribuzione per campagne discavo è riportata nella Fig. 119, e la ripartizioneper specie animali è riportata nella Fig. 120.Considerando i dati illustrati nella Fig. 120, si evin-ce che la Fauna domestica è quella che ha la mas-sima importanza ed è totalmente surclassante quel-la selvatica, con una percentuale di presenze chetocca l’87,8% dell’insieme dei reperti ossei: le spe-cie domestiche sono il fulcro della attività prima-ria dell’economia di sussistenza e di vita nella eco-nomia locale. Esaminando l’uso e il “consumo”degli animali domestici, si vede che la maggiorparte di essi sono stati usati direttamente dall’uo-mo come fonte primaria sia per l’alimentazione(carne, latte, formaggi: bovini, ovicaprini, suini;carne e uova: il pollame domestico) sia per il la-voro (agricolo e da soma, da trasporto: bovini,equidi). Ci sono anche altri animali con compitidiversi: i cani sia per la guardia sia anche da com-pagnia come il gatto.La Fauna selvatica, con i suoi pochi reperti, appe-na 58 (il 12,2%), rappresenta una attività secon-daria, spesso anche testimoniata anche solo daqualche esemplare unico: infatti alcuni animalisono presenti solo in una singola fase, spesso an-che con un solo reperto del tutto occasionale. Fraquesti animali selvatici ci sono quelli che hannoavuti rapporti diretti con l’uomo, che ne ha fatto

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 121: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

153

Fig. 119 – Materiale osteologico rinvenuto a Gorfigliano.

Fig. 120 – Le specie animali presenti a Gorfigliano.

oggetto di attività venatoria (Cervo, Capriolo, Le-pre e gli uccelli), ma ci sono anche i normali abi-tatori dell’ambiente naturale quali micromammi-feri e anfibi. Sono stati individuati 8 periodi dioccupazione che vanno dal VIII-X sec. (periodo1) fino al XX sec. (periodo 8) con una complessaserie di fasi. La distribuzione stratigrafica del ma-teriale osteologico viene illustrata nella Fig. 121.La ripartizione dei reperti per specie animale e laloro distribuzione stratigrafica per periodo sonoriportate nella Fig. 122. Per la determinazione delmateriale osseo e le valutazioni sulle età di mortesi sono utilizzati il Barone (1974) per il materialescheletrico, il Silver (1969) e il Wilson (1982) peri denti e le usure dentarieVisto che nei vari periodi la quantità numerica delmateriale osteologico si presenta in maniera mol-to varia, in quanto il luogo a volte non è statofrequentato o abitato con continuità per cui laquantità stessa e il tipo di animali cambia note-volmente da momento a momento, si è dato mag-gior peso ed importanza a quei livelli di vita ove ilmateriale osseo è risultato essere abbastanza con-sistente quantitativamente da essere significativo.Il confronto percentuale tra le varie specie è statofatto quindi solo per i periodi 8 (XX sec.), 6 (XVIIIsec.) e 3 (XII-XV sec.).Come si evince dalla tabella la Fauna domestica èsempre presente in tutti i periodi ma non semprenella stessa quantità e tipo di animale. Infatti intutte le varie fasi del lungo periodo di frequenta-zione del Castello, gli animali domestici sono sem-pre presenti anche se in quantità a volte molto

variabili (Fig. 123) e rappresentano, come si è giàvisto, l’attività primaria di economia di sussisten-za e di vita delle genti del luogo.I Capro-ovini e i Suini sono le specie animali sem-pre presenti in tutte le fasi, con una prevalenzadei primi (46,6%) sui secondi (36,8%): ad esse, ilpiù delle volte si accompagna il Gallo (5,1%). IBovini hanno una presenza più ridotta (8,3%),spesso anche il più delle volte con un numero piut-tosto esiguo di reperti. Ci sono attestazioni di usodegli Equidi, ma con presenze molto saltuarie: ilCavallo (1,5%) si trova appena in due momenti:compare infatti solo nel periodo 2 (X sec. vita delcastello) e nel periodo 6 (XVIII sec., fase 6b rico-struzione della torre).L’Asino ha una presenza minima (1,0%); di essosi hanno infatti solo quattro reperti, in quattroperiodi diversi che sono il periodo 3 (XII-XV sec.),il periodo 4 (XV-XVI sec.), il periodo 5 (XVII sec.)e nel periodo 6 (XVIII sec.). Il gatto (0,7%) com-pare solo nel periodo 6 (XVIII sec., fase 6b-rico-struzione della torre).Per quanto riguarda la composizione dei gruppipiù importanti degli animali domestici, la situa-zione appare molto variegata ed eterogenea. Ilgruppo dei Capro-ovini si presenta composito:accanto a pochi individui giovani (età di qualchemese) ci sono due gruppi più consistenti uno co-stituito da esemplari semi-adulti (metà dai 18 ai20 mesi) e l’altro da animali adulti (età dai 24 mesi)a cui si affianca anche qualche bestia vecchia (etàoltre i 5 anni). Anche i Suini presentano un grup-po molto composito: ci sono pochi esemplari gio-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 122: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

154

Fig. 121 – La stratigrafica e il materiale osteologico di Gorfigliano.

Fig. 122 – Distribuzione delle specie animali per periodi stratigrafici.

vani (età sui 12 mesi) mentre il gruppo più nume-roso è quello delle bestie adulte (età dai 24 ai 36mesi): è attestata anche una componente più vec-chia con qualche esemplare oltre i 5 anni. I Bovinisono rappresentati solo da esemplari adulti, comepure gli Equidi.La Fauna selvatica ha restituito appena 58 reperti(il 12,2%). Il solo gruppo dell’Avifauna è il piùrappresentato (65,5%) ed è anche quello che ha

la maggior diffusione nei vari periodi. Tutti gli al-tri animali selvatici hanno presenze del tutto oc-casionali e spesso rappresentate da un unico re-perto. Il Cervo ha dato solo tre reperti, uno nelperiodo 6 (XVIII sec.), uno nel periodo 3 (XII-XV sec.) e uno nel periodo 1 (VIII-X sec.). Il Ca-priolo è attestato solo da un unico reperto nelperiodo 7 (XIX sec. abbandono della casa). LaLepre dà tre reperti, tutti nel periodo 6 (XVIII

Fig. 123 – Raffronto tra le diverse specie animali.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 123: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

155

sec.) ma uno viene dalla fase 6b e due dalla fase6c.Viene riportata, infine, la ripartizione delle variespecie animali nei vari periodi, fase per fase (Fig.124).

CLAUDIO SORRENTINO (coordinatore),ELENA SCALERA, PAOLO CESARETTI,SARA PISANI, COSTANZA PERROTTA*

3.7 I MOLLUSCHI

Gli scavi del Castello di Gorfigliano, situato su diuno sperone roccioso ad una altezza di m 730s.l.m., hanno restituito i resti di 497 molluschi dicui 496 sono gasteropodi terrestri tutt’ora viventi

ed uno è un gasteropode marino fossile. Il sito diindagine è situato a circa 20 km dal mare all’in-terno dell’Appennino Toscano in un contesto eco-nomico-culturale considerato come una situazio-ne marginale (WICKHAM 1988, pp. 17, 24 e 62).L’ecosistema attualmente presente nel circonda-rio di Gorfigliano è quello della foresta decidua.La Fig. 125, presenta la lista di tutte le specie dimolluschi rinvenuti e la loro frequenza, insiemeai nomi scientifici sono stati anche riportati quellicomuni inglesi e francesi.Nella Fig. 126 è mostrata, invece, la distribuzionedei molluschi terrestri rinvenuti nelle varie fasi iden-tificate durante gli scavi archeologici. È abbastanzaevidente come la percentuale di gasteropodi terre-stri commestibili non è tale da giustificare la loropresenza come resti di alimentazione. Infatti, pren-dendo spunto da questa tabella, dove si va un si-gnificativo aumento della quantità di molluschi. Nelperiodo 6 (XVIII) e successive il numero di esem-plari è nuovamente scarso. Sembrerebbe che tra ilXII e il XVII secolo l’uso dello spazio favorisse sia

Fig. 124 – Attestazioni delle diverse specie animali nelle singole fasi.

* I lavori sono stati eseguiti presso il Laboratorio Faunadel Dipartimento di Scienze Archeologiche, Università de-gli Studi di Pisa.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 124: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

156

la presenza di un numero più elevato di individuiche una maggiore ricchezza di specie.Analizzando in maniera più approfondita le associa-zioni faunistiche rinvenute dal punto di vista ecolo-gico-ambientale (Fig. 127) è possibile osservare comeil mollusco che più può essere associato ad un habitatigrofilo e boscato è il Discus rotundatus. All’internodel gruppo igro-mesofilo l’elemento più importanteè rappresentato dall’Oxychilus sp, al quale si aggiun-gono, in alcuni casi la Vitrea sp. e l’Helicodontaobvoluta. Nel complesso le forme mesofile sonodominanti, tra cui di gran lunga la più importante èla Caecilioides acicula che prevale su C. nemoralis eH. pomaia. Anche se, lo ribadiamo, C. acicula po-trebbe essere in parte un intruso più recente. Nel

complesso cosa ci suggeriscono le associazioni rin-venute (cfr. PINTO-GUILLAUME 2002, pp. 50-52)? Sem-brerebbe che siamo in presenza di un habitat chevaria da igro-mesofilo a meso-xerofilo, con la domi-nanza del primo rispetto al secondo. Questo potrebbeessere in buon accordo con la presenza della forestaumida e decidua presente a Gorfigliano. L’attualevegetazione dell’ambiente circostante è costituita es-senzialmente da un terreno boscoso di querce e ca-stagni. L’analisi archeobotanica ci indica che questespecie arboree sono state dominanti fin dalla primaoccupazione del sito (VIII sec.) e continuano ad es-serlo fino ai nostri giorni (QUIRÓS CASTILLO et alii2000). Il tipo di ecosistema a Gorfigliano è ancheconosciuto come Quercetum, caratterizzato da suo-

Fig. 125 – Elenco dei molluschi da Gorfigliano.

Fig. 126 – Distribuzione cronologica dei molluschi da Gorfigliano.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 125: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

157

Fig. 127 – Caratteristiche ecologiche delle specie rinvenute negli scavi di Gorfigliano.

li marrone-neri ricchi di una grande quantità di so-stanze nutrienti e da un’alta diversità biologica(MARCUZZI 1979, 93-94).Un altro elemento di comprensione delle associa-zioni a molluschi terrestri è la presenza della chiesa.Il periodo in cui abbiamo il più alto numero di mol-luschi e la maggiore abbondanza di specie e proprioi periodi 4 e 5, che è stata suggerita come la fasedelle trasformazioni medievali tardive del sito tra ilXV ed il XVII secolo. Possiamo quindi suggerire che:1) parte dei molluschi potrebbero essere stati intro-dotti dal clero per il loro consumo. Purtroppo lazona di scarico delle cucine a Gorfigliano non è sta-ta ancora identificata; 2) un’altra ipotesi suggerisceun incremento dell’attività di giardinaggio e di orto,che comporta l’aumento di determinate specie digrosse dimensioni, spesso dannose. Durante il me-dioevo l’orto ha svolto un ruolo importante nell’eco-nomia di sussistenza (ROUCHE 1999, pp. 441-443).In aggiunta, numerosi chiostri, tra i secoli XVII eXX hanno coltivato e avuto i molluschi terrestri comecomponente della loro dieta (WILDHABER 1950, pp.158 e 161). Nonostante ciò l’ipotesi che parte deimolluschi rinvenuti nello scavo a Gorfigliano sianoresti di pasto dovrebbe essere considerata con cau-tela poiché le evidenze sono ancora scarse. È piùplausibile che l’aumento del numero di specie e diindividui durante i periodi 4-6 sia da imputare alcambio di destinazione degli spazzi, messi a colturadurante il periodo tra il XVI ed il XVIII.

EZEQUIEL M. PINTO-GUILLAUME*

3.8 ANALISI ARCHEOBOTANICHE

Introduzione

Nell’ambito delle campagne di studio archeologi-co del sito di Gorfigliano (località Chiesa Vecchia),furono rinvenuti numerosi frammenti di legno car-bonizzato che sono stati sottoposti ad analisi an-tracologica al fine di trarne informazioni sia per laricostruzione dell’ambiente circostante, sia comefonte di notizie su aspetti dell’economia e della tec-nologia della società locale in diversi periodi stori-ci. Naturalmente, il valore di questi dati è tantomaggiore quanto più essi vengono integrati contutte le altre fonti disponibili (archeobotaniche,archeologiche, storiche, paleoambientali, etc.): solouna visione complessiva della documentazione puòvalorizzare i singoli contributi specialistici.

Lineamenti vegetazionali

L’interpretazione delle tracce della vegetazione delpassato non può prescindere dalla conoscenza dellacopertura vegetale attuale, sia per un confronto flo-ristico diretto, sia come espressione delle condizioniecologiche (clima, grado di naturalità, attività uma-ne, etc.). Per questa area geografica, ci si può basaresullo studio di FERRARINI (1972) che descrive in det-taglio i tipi di vegetazione presenti sulle Alpi Apua-ne e zone limitrofe e li riporta in una carta dellavegetazione a scala 1:50.000; di questa, utilizziamouno stralcio che riguarda i dintorni di Gorfiglianoper un raggio di circa 2,5-3 km (Tav. 11). Si tratta diun territorio fondamentalmente boscoso, con pre-

* Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, Via Omero 14,00197 Roma, email: [email protected].

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 126: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

158

valenza di formazioni di latifoglie mesofile, più omeno termofile. Le pianure di fondovalle presso Gor-figliano e Gramolazzo sono occupate da coltivi ecentri abitati (attualmente, in buona parte anche daun ampio specchio d’acqua); al di sopra dei 1500m, lungo la dorsale M. Pisanino-M. Tambura, com-paiono aspetti di vegetazione ipsofila, rappresentatisoprattutto da formazioni erbacee discontinue su li-tosuoli e rupi.Tra i boschi submontani e montani, il castagnetoè certamente uno dei più estesi, soprattutto sulversante orientale della valle; si tratta di un tipodi coltivazione forestale che ha rivestito una im-portanza particolare, soprattutto nel passato, e chequindi ha un ruolo fondamentale, come si vedrà,anche nella discussione dello studio antracologi-co. Il castagneto è stato impiantato al posto diboschi misti di querce, carpini, frassini o di fagge-ti, per cui occupa diverse fasce altitudinali, rap-presentando un aspetto colturale di sostituzionedi questi diversi tipi forestali.Un lembo di castagneto, presente oggi sulla roccadel castello, mostra una composizione floristicamolto interessante per la sua corrispondenza con glispettri antracologici: oltre al Castagno, dominante,sono presenti il Ciliegio (Prunus avium), l’Amareno(P. cerasus) il Prugnolo (P. spinosa), la Roverella(Quercus pubescens), il Maggiociondolo (Laburnumanagyroides), il Nocciolo (Corylus avellana), l’Ace-ro (Acer campestre), il Sambuco (Sambucus nigra), ilGinepro (Juniperus communis), il Frassino (Fraxinusornus) (E. GABRIELLI, com. pers.). Va segnalata anchela presenza locale di Tasso (Taxus baccata) e Bosso(Buxus sempervirens): si tratta di specie sempreverdiche frequentemente si trovano piantate presso chie-se, santuari e cimiteri (spesso insieme ad altre qualiAgrifoglio (Ilex aquifolium) e Cipresso (Cupressussempervirens), con un evidente riferimento al sacroe all’eternità.Si estendono su ampie superfici anche i boschi aCerro (Quercus cerris) e carpini (Carpino nero,Ostrya carpinifolia e Carpino bianco, Carpinusbetulus), mentre il Cerro compare anche da solo,con copertura discontinua, su praterie secondarie.Al di sopra degli 800 m di quota, su substrato siasiliceo sia calcareo, il tipo di bosco più comune è ilfaggeto in cui al Faggio (Fagus sylvatica) dominantesi può accompagnare il Carpino bianco. Anche ilFaggio, in molti casi, si trova in formazioni aperteche sono in realtà delle praterie alberate, in passatoutilizzate per il pascolo. Praterie pseudoalpine a do-minanza di Graminacee possono derivare appuntoda faggete diradate e/o ceduate (con Brachypodiumpinnatum, Sesleria tenuifolia, etc.), oppure da bru-ghiere a mirtilli, diradate dal pascolo (con Nardusstricta, Anthoxantum odoratum, Brachypodiumpinnatum, etc.).

Lungo il crinale appenninico, prevalentemente aldi sopra dei 1500 m, anche la cotica erbosa divie-ne discontinua e la roccia scoperta è colonizzatada specie pioniere che formano cespi isolati o zol-le discontinue; grazie all’isolamento di queste vettee alla presenza di substrati diversi, si tratta degliambienti più interessanti e di pregio dal punto divista fitogeografico.Anche in quest’area, la vegetazione risente dell’usoplurisecolare e si trova oggi in una fase particolare,dovuta all’abbandono di gran parte delle praticheche l’hanno plasmata fino ad un recente passato: ilcastagneto da frutto si va perdendo in larga misu-ra, a favore del ceduo invecchiato, le praterie se-condarie tendono a rimboschirsi con specie oppor-tuniste (specialmente Carpino nero e Frassini).Prima delle riforme del XVIII sec., le risorse foresta-li costituivano la maggiore fonte di sostentamentoper gli insediamenti al di sopra dei 500 m ed eranosfruttate in maniera intensiva ed articolata, anchegrazie al diverso regime di proprietà che prevedevaun’ampia porzione di gestione comune, scomparsadel tutto nel XX secolo. NICE (1952) cita valori del90% per la proprietà privata e del 10% per la comu-nale; secondo lo stesso autore, alla metà del XX sec.nelle Alpi Apuane il bosco rappresentava il 45% delpaesaggio rurale, nell’ambito del quale il castagnetocostituiva circa la metà ed il 95% delle fustaie; illimite superiore del castagneto coincideva con il li-mite altimetrico delle abitazioni permanenti e, trat-tandosi di castagneti da frutto con tappeto erboso,venivano sfruttati anche come pascolo di ovini (4mesi all’anno) e di bovini (1,5 mesi). Due alberi dicastagno, con una produzione media di 1-2 q. dicastagne ciascuno in ambiente montano, bastavanoa garantire l’alimentazione di un uomo per un anno.A parte il frutto, inoltre, il castagno forniva legna-me, carbone vegetale e foglia. Alla luce di questeconsiderazioni, i risultati delle analisi antracologi-che assumono un particolare interesse.

Criteri e metodi di studio

La campionatura dei resti di legno carbonizzato èstata condotta a vista, a cura degli archeologi chehanno condotto gli scavi, con raccolta a mano deiframmenti o con setacciatura a secco per il recupe-ro del materiale più minuto. Per l’analisi antraco-logica, sono stati presi in considerazione in tutto49 campioni, corrispondenti ad altrettante UnitàStratigrafiche; alcuni erano costituiti da centinaiadi carboni, altri solo da pochi frammenti. Ad oggi,ne sono stati analizzati 37 (75%), scelti in manierache fossero rappresentate la maggior parte di US etutte le fasi di insediamento individuate. Questacostituisce dunque una relazione preliminare, sulla

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 127: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

159

base di risultati che riteniamo tuttavia rappresen-tativi delle tracce antracologiche disponibili.L’osservazione dei caratteri anatomici utili perl’identificazione è stata condotta su frattura frescadel carbone secondo i tre piani principali (trasver-sale, longitudinale radiale, long. tangenziale). Sonostati esaminati in tutto 1519 frammenti di carbo-ne, nell’ambito di 37 unità stratigrafiche diverse(Fig. 78); il numero per campione non è omoge-neo, a causa delle diverse quantità rinvenute: perogni US sono stati determinati da un minimo di 1-2 (US 1218 e 1234) ad un massimo di 150 fram-menti (US 1158). Per l’identificazione, ci si è riferi-ti agli atlanti di Schweingruber (SCHWEINGRUBER

1990a; SCHWEINGRUBER 1990b), Greguss (GREGUSS

1959) e allo studio di Cambini (CAMBINI 1967).Per definire il numero minimo di frammenti esa-minati che possa garantire la rappresentatività delcampione si sono costruite, come ormai è consue-tudine, alcune curve tassonomiche: queste varianoda un campione all’altro, permettendo di indivi-duare il limite a partire da cui la ricchezza specificasi stabilizza, superato il quale i risultati ottenuti nongiustificano il tempo dedicato all’analisi. Per es.,nel caso dell’US 1205 che presenta una notevolericchezza floristica, la maggior parte dei taxa oltrea quelli dominanti, compare dopo l’analisi dei pri-mi 50 frammenti; l’analisi di un’ulteriore parte delcampione (fino a 128 carboni) ha portato all’indi-viduazione di tre soli nuovi taxa poco comuni inquesta US (Fig. 128). Per la US 1175, la curva si èstabilizzata dopo soli 10 taxa, cosicché il conteggioè stato interrotto dopo 50 frammenti (Fig. 129).Per commentare questi dati, vengono utilizzati sche-mi sintetici in cui gli spettri sono disposti secondoun ordine stratigrafico e cronologico, riferito allefasi definite dallo studio archeologico e da datazioniradiocarboniche; l’arco temporale esplorato spaziadal VIII-X (periodo 1) al XIX secolo AD (periodo7). Riguardo ai campioni delle 17 fasi esaminate,per 5 il conteggio supera i 100 frammenti, per 10

supera i 50 e in due casi è al di sotto di 50 (Figg.130-131). Poiché per gli standard antracologici at-tuali si tratta di quantità relativamente modeste, sipreferisce riportare i soli valori numerici, rinuncian-do per il momento a quelli percentuali.Come di consueto, il termine taxon (plurale taxa)si riferisce ad un livello tassonomico non definito(specie, genere, famiglia, etc.).

Analisi antracologica

La quantità di resti di legna carbonizzata è moltovariabile: se la si analizza per ciascuna US, tenendoconto del contesto attribuito a ciascuna, sembra chein corrispondenza dei livelli più rimaneggiati (bu-che di palo, fasi di crollo, riempimenti) il numerodi carboni sia sempre molto modesto; viceversa, laquantità di carbone è massima negli strati relativi afasi di costruzione (capanne, castello, ampliamen-to di mura o del borgo) (Fig. 131).Anche la ricchezza floristica è in accordo con quan-to sopra osservato (Fig. 131): il numero di taxaper strato è massimo in relazione ai periodi di at-tività e di espansione, mentre scende vistosamen-te negli strati detritici. Le dimensioni dei fram-menti sono sempre modeste (per lo più inferiori a1 cm3), tali cioè da consentirne l’identificazione,ma non deduzioni sull’impiego; spesso, però, sonostati riconosciuti rami di piccolo diametro che in-dicano chiaramente un uso come combustibile.I taxa individuati sono complessivamente 19, conun certo margine di approssimazione dovuto adincertezze nel distinguere piccoli frammenti di taxacon struttura anatomica molto simile comeCarpinus e Ostrya o Rosaceae. Non si sono potutideterminare in tutto 28 carboni (1,8%), soprat-tutto a causa di perdita delle strutture anatomi-che caratteristiche (aspetto vetroso o altro). Leuniche Gimnosperme presenti appartengono algenere Juniperus (Ginepro); tutte le altre sono la-

Fig. 128 – Curva tassonomica relativa all’US 1205. Fig. 129 – Curva tassonomica relativa all’US 1175.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 128: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

160

tifoglie, più o meno mesofile. Solo 4 o 5 possonoriferirsi a piante con portamento arbustivo olianoso (Prunus, Sambucus, Viburnum, Juniperus,Vitis, Leguminosae). Ad una prima osservazione,la distribuzione dei taxa nelle diverse US può ap-parire relativamente omogenea; tuttavia, sembra-no emergere delle correlazioni tra fasi di occupa-zione e spettri antracologici. A questo proposito,vale la pena di ricordare che, soprattutto nel caso

dello studio dei carboni di un sito, è di crucialeimportanza la comprensione del contesto archeo-logico in cui essi sono stati ritrovati (BOURQUIN-MIGNOT et alii 1999); effettivamente, nel nostrocaso, sembra di poter leggere queste tracce comeeffetti delle attività svolte nel sito, siano esse col-tivazione di specie legnose, lavorazione di mate-riali di carpenteria o disboscamento per amplia-mento delle colture, ecc. Il rischio è quello di la-

Fig. 130 – Diagramma antracologico sintetico: i risultati dell’analisi antracologica sono raggruppati per fasi di insediamento.Il diagramma è stato realizzato mediante il programma GpalWin (Goeury 1997)

Fig. 131 – Varietà floristica e quantitàdi carboni identificati in ciascuna delle

US analizzate.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 129: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

161

sciarsi trasportare da un eccesso di “determinismoantropico”, così come può accadere, invece, peril “determinismo ambientale” nel caso di vegeta-zione spontanea di siti non insediati. Certamente,ci si deve chiedere in ogni caso che significato sipossa attribuire alla presenza di frammenti di car-bone in uno strato: per lo più, un dato abbastanzasicuro è la testimonianza della presenza della spe-cie nei dintorni, soprattutto se derivano da foco-lari. L’incendio di strutture evidenzia specialmen-te il materiale da costruzione, così come la com-bustione di scarti di cantiere. Abbiamo cercatoquindi di correlare il tipo di occupazione nei di-versi periodi, ricostruito dalle ricerche archeolo-giche (QUIRÓS Castillo et alii 2000) con le tracceantracologiche, in modo da evidenziare un even-tuale significato di causa/effetto.Tra le entità arboree, spicca per quantità e diffu-sione il Castagno (Castanea); è questa, senza dub-bio, la specie più abbondante e più costante a te-stimonianza, evidentemente, della sua ininterrot-ta presenza nei dintorni della rocca di Gorfiglia-no e del suo intenso utilizzo. Come è noto, il ca-stagneto è una coltura forestale che è stata diffu-sa, fin dai primi secoli DC, a scapito del bosco dilatifoglie collinare e submontano (ROTTOLI, NE-GRI, 1998; QUIRÓS CASTILLO 1998); in effetti, il li-vello più antico (che tra l’altro è anche il più riccoper numero di carboni, fase 1a – VIII-X sec.) mo-stra, accanto al Castagno predominante, una quan-tità non molto inferiore di Querce decidue (tipoRoverella, Rovere o Cerro) che già nella fase 1bcrollano a valori molto bassi, per scomparire qua-si del tutto a partire dalla fase 5c (XVII sec.).Nell’esposizione dei dati, non abbiamo distinto ilcastagno domestico da quello selvatico, come in-vece è stato fatto nel caso di ricerche precedenti,anche nello stesso sito (FOSSATI 1982, 1990; QUI-RÓS CASTILLO et alii 2000); innanzitutto, bisogne-

rebbe definire che cosa si intende con questi duetermini: se, cioè, per “selvatico” si debba intende-re il ricaccio da ceppaia dopo una ceduazione o lapianta nata spontaneamente da seme e se nell’am-bito del “domestico” esistano differenze tra il le-gno delle ramificazioni principali degli esemplarida frutto e quello dei rami potati periodicamente.Certamente esistono differenze anatomiche, cheabbiamo rilevato qui ed in altre occasioni special-mente nel caso del Castagno, tra porzioni di le-gno a rapido accrescimento (cerchie ampie) edaltre a crescita lenta (strette) (SCIPIONI, 2000; PRO-NO, 2000; MONTANARI et alii 2002) (Fig. 132): ciòappare chiaramente dal numero di cerchie annua-li per centimetro di raggio. Non sembra tuttaviafacile discriminare tra effetti dovuti ai fattori bio-logici e ambientali e conseguenze delle cure col-turali. La situazione rilevata a questo propositoper i carboni di Gorfigliano è quella illustrata nel-la Fig. 133: su 30 spettri considerati, si nota chia-ramente una prevalenza di cerchie larghe (2,5-4mm); se andiamo a vedere la corrispondenza diquesti picchi con le fasi di occupazione, sembre-rebbe di notare una certa corrispondenza del le-gno a rapido accrescimento con i periodi di co-struzione (castello del X, ampliamento delle muradel XV-XVI, con focolare e riempimento connes-si, ma anche con riporti e crolli del XVIII-XIX).Se le cerchie larghe indicano legno selvatico (FOS-SATI 1982; FOSSATI 1990), questo coinciderebbe conil materiale da costruzione che certamente fu im-piegato (travature, tavolame, ponteggi) e con i suoiscarti che verosimilmente potevano essere utiliz-zati come combustibile. Il maggior numero di cer-chie strette (c. 0,5 mm) sono state osservate incorrispondenza delle capanne dell’VIII-X e anco-ra in una fase a cavallo tra il XVI e il XVII sec.(occupazione della sommità, restauro di case). Intutti questi casi, comunque, erano compresenti

Fig. 132 – Cerchie strette (A) e cerchie larghe (B) nella sezione trasversale di legno carbonizzato di Castagno.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 130: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

162

Fig. 133 – Frequenza dei diversi tipi di cerchieannuali (ampie, medie, strette) nei resticarbonizzati di Castagno, in relazione alnumero totale di frammenti di questa specie.

frammenti dei due tipi e altri con cerchie di di-mensioni intermedie; esclusivamente cerchie lar-ghe sono presenti nella fase 1b (abbandono ca-panne), in due US successive.Da quanto esposto, non è chiaro se e fino a chepunto queste indicazioni si possono interpretarecorrettamente, ma è certo che varrebbe la pena diapprofondire l’argomento, con sperimentazionimirate; sarebbe molto utile avere anche indica-zioni più precise sull’impiego del legno da cuiquesti resti derivano, dal momento che il selvati-co doveva essere prevalentemente utilizzato comemateriale da costruzione, mentre gli scarti deldomestico (potature o abbattimento di esemplarinon più produttivi) fornivano combustibile.Tra le querce decidue, il Cerro (Quercus cerris) èspesso riconoscibile dai resti carbonizzati, per lomeno secondo i criteri distintivi indicati daCambini (CAMBINI 1967); come sopra accennato,tuttavia, l’insieme delle querce decidue mostra unnettissimo andamento discendente, venendo amancare quasi del tutto nel XIX sec. Una tenden-za analoga sembra evidente anche per le quercesempreverdi (Leccio), benché la presenza moltopiù sporadica fornisca indicazioni meno sicure.Carboni di Faggio (Fagus) sono presenti quasi co-stantemente, ma abbondano solo tra il X-XII e nelXVII sec. È possibile che la quantità di carboni dilatifoglie quali Querce e Faggio abbia a che farecon la gestione degli spazi montani e, particolar-mente per quest’ultimo, con l’espansione delle areedi pascolo alle quote elevate; la piccola quantitàdi carboni di faggio presente nel XIV-XVI sec. ca-drebbe in effetti in un periodo di maggiore pres-sione pastorale, originata dalla transizione dallagestione signorile alla comunitaria dell’allevamen-to. Anche i resti di Carpino nero, Carpino biancoe Nocciolo (Corylus) mostrano un andamento ana-logo. Secondo un’interpretazione ecologica clas-sica, dall’ambiente di piana alluvionale del vicino

fondovalle proveniva probabilmente il legno diPioppi e Salici (Populus/Salix), Ontano (Alnus) eforse Acero (Acer) i cui resti carbonizzati sono statiosservati di frequente, ma sempre in quantità mo-deste (Fig. 130). Tuttavia, come si è visto nei line-amenti vegetazionali, molte di queste specie sonotuttora presenti anche sulla rocca di Gorfigliano.Ancora minori sono i ritrovamenti di speciearborescenti o arbustive (Sorbus, Laburnum,Sambucus, Viburnum, Leguminose); quantità scar-se ma costanti di cfr. Prunus potrebbero riguarda-re sia specie arbustive spontanee (es. Prugnolo),sia specie coltivate (es. Ciliegio, Amareno) chesono presenti anche oggi nel sito. Degna di nota èla comparsa, in buona quantità ma isolata, delGinepro (Juniperus): il Ginepro comune è unaspecie che invade tipicamente gli ambienti ruraliabbandonati ed è significativo che le uniche suetracce carbonizzate si osservino in corrisponden-za di una fase di abbandono delle colture agrarie(XVII sec.).Sporadica e testimoniata da pochi frammenti, madi grande interesse, è anche la presenza di specielegnose chiaramente coltivate quali il Noce(Juglans) (Fig. 134) e la Vite (Vitis) (Fig. 135): ilprimo si ritrova tardivamente, in una fase di risi-stemazione agricola del XIX sec., cui corrispondeil minimo assoluto (pochi frammenti) di Casta-gno. La Vite, invece, compare precocemente nel-la fase 1b (VIII-X) e scompare dopo il XVII sec.;ciò potrebbe corrispondere allo spostamento delvillaggio e della coltivazione della Vite verso lapiana (in località Capanne), oppure al suo effetti-vo abbandono, in favore di altre. I carboni dellaUS 1182 (fase 5a) sono solo 4 frammenti di me-die dimensioni (1-2 cm3), tutti di Vite, ritrovati inun livello di uso; il contesto degli altri due ritro-vamenti è di riempimento di buca di palo (US1193) e di ceneri di focolare (US 2115). Questacronologia per la Vite sarebbe in accordo con il

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 131: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

163

tipo di economia ipotizzata: la vite era coltivatain sede curtense come fonte di reddito indirizzatoall’autoconsumo e nel periodo signorile si indiriz-zava alla fornitura dei mercati urbani, mentre lasussistenza delle popolazioni locali era garantitaessenzialmente dalla castagnicoltura e dalle altreattività connesse (risorse forestali, allevamento).I risultati di queste analisi antracologiche si pos-sono confrontare con quelli dei siti di Filattiera-Sorano (Massa) (ROTTOLI, NEGRI 1998) e di Luni(CASTELLETTI 1977) in Lunigiana; il periodo stori-co (I-VI sec. d.C e II a.C.-XI sec. d.C.) ed il conte-sto ambientale non sono gli stessi, ma si prestanougualmente ad alcune considerazioni, anche allaluce di quanto ha già osservato Quirós Castillo(QUIRÓS CASTILLO 1998). Nel caso di Filattiera,infatti, gli spettri differiscono floristicamente pocodai nostri, rispecchiando un ambiente simile, perla posizione a quota minore ed in fondovalle, mapiù lontana dal mare. È interessante notare, tra ilII ed il VI sec., la presenza di Abete bianco (Abies),che non è stato per ora trovato a Gorfigliano; sitratta di una specie che ha svolto un ruolo di pri-mo piano nel popolamento forestale olocenico, ilcui legno è spesso difficile da distinguere da quel-lo del Ginepro; nel nostro caso, tuttavia, l’identi-ficazione del Ginepro sembra certa (Fig. 136). AFilattiera, la comparsa del Castagno e la sua pro-gressiva sostituzione delle querce decidue si regi-stra tra il I e il II sec., con la massima presenza nelV-VI, risultando quindi complementare rispettoalla “finestra storica” di Gorfigliano. Gli autori,forniscono un quadro generale delle tracce (ma-croresti) di Castagno in Italia, nell’ambito del qualesi possono ora inserire anche quelle di Gorfiglia-no e di Tea.A proposito di quest’ultima località, vale la penadi segnalare che sono in corso di studio anche iresti di legno carbonizzato recuperati negli scavi

dell’Ospedale medievale di Tea, un sito non mol-to lontano da Gorfigliano, posto a 950 m sullospartiacque tra Lunigiana e Garfagnana, il cui stu-dio archeologico è già stato pubblicato (QUIRÓS

CASTILLO 2000a): le analisi antracologiche preli-minari da noi svolte su 7 US relative ai sec. XI,XIII, XVI, confermano la grande abbondanza diCastagno che risulta in alcuni campioni la speciearborea dominante; sono però presenti, e talvoltain prevalenza, anche Leccio e Pino.A Luni, carboni di Castagno compaiono con unacerta abbondanza in strati dei sec. VIII-XI (CA-STELLETTI 1977), quindi in un periodo intermedio,di raccordo tra i reperti di Filattiera e quelli diGorfigliano. Risulta presente (1 solo frammento)anche l’Abete ma in quel caso, accanto a moltespecie mesofile (tra cui il Faggio) è evidente una

Fig. 134 – Sezione trasversale di legno carbonizzatodi noce (Juglans).

Fig. 136 – Sezione longitudinale radiale di legnocarbonizzato di Ginepro (Juniperus).

Fig. 135 – Sezione trasversale di legno carbonizzato diVite (Vitis).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 132: III. LO SCAVO NEL CASTELLO DI GORFIGLIANO · al 1920, a seguito dei danni del rovinoso terremoto che sconvolse la Garfagnana e la vicina Lunigiana: da allora soltanto poche case rimasero

164

buona componente mediterranea (Pinus cfr. pinea,Pistacia lentiscus, Cistus cfr. salvifolius, Erica ar-borea/scoparia, Arbutus unedo).Durante gli scavi di Gorfigliano, sono stati rinve-nuti solo pochi resti carpologici: sono una venti-na di semi nella US 2139 e una metà di seme nellaUS 3512. Si tratta esclusivamente di Leguminose,per la maggior parte tipo Vicia sativa e, in duecasi, Vicia faba var. minor (Favino); è significativala presenza di Favino e di Veccia in corrisponden-za di una fase (US 2139, fase 5c) di risistemazioneagricola del XVII sec. Anche da questo punto divista i dati concordano, per tipologia, con quellidi Filattiera.

CONCLUSIONI

L’analisi dei carboni recuperati nell’ambito degliscavi archeologici della rocca di Gorfigliano, an-che se non del tutto conclusa, ha permesso diincrementare notevolmente le precedenti cono-scenze in proposito (QUIRÓS CASTILLO et alii 2000),offrendo un ampio quadro della copertura vege-tale legnosa nei dintorni del castello. L’accura-tezza degli studi archeologici e storici e della cro-nologia (QUIRÓS CASTILLO 2000b) fornisce unquadro socio-economico indispensabile per unacorretta interpretazione delle tracce archeobota-niche. Le informazioni ricavate coincidono, avolte in maniera impressionante, con le attivitàche erano presumibilmente svolte nel sito e nei

suoi dintorni, confermando puntualmente le ipo-tesi basate su dati storici ed archeologici. Il bo-sco, ed in particolare la castagnicoltura, sembraaver rappresentato, con continuità, la principalefonte di sussistenza, accompagnandosi, fino al VIsec., alla coltivazione della Vite che aveva, evi-dentemente, un significato economico diverso.Il fatto che il Castagno fosse dominante già nellefasi più antiche (fase 1a, a capanne, VIII-X sec.),benché insieme alle Querce, indica come la suacoltivazione locale risalga almeno all’alto medio-evo, in accordo con quanto risulta dalle altre ri-cerche svolte in quest’area. Alcuni aspetti che sa-rebbe utile approfondire ancora sono: a) l’origi-ne dei carboni (contestualizzazione), per affinar-ne l’interpretazione; b) la possibilità di distin-guere il legno di Castagno “domestico” da quel-lo “selvatico”; c) ulteriori informazioni sull’am-biente, complementari a quelle antracologiche,che si possono ottenere per mezzo di altri studipaleoambientali, in particolare pollinici: i terre-ni sedimentari del fondovalle potrebbero conser-vare tracce utilissime da questo punto di vista;d) maggiori informazioni sulle specie coltivate,specialmente erbacee, attraverso il recupero e lostudio di abbondanti resti carpologici.

CARLO MONTANARI, SARA SCIPIONI*

* Dip.Te.Ris. – Laboratorio di Palinologia e Archeobotani-ca e LASA, Università di Genova.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale