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Scuole dell’infanzia e primaria
I.I.S.S. “GOBETTI MARCHESINI CASALE ARDUINO”
SEDE “VERA E LIBERA ARDUINO”
Via Figlie dei Militari, 25 - 10131 TORINO Tel. 011/8399326 Fax 011/8393757
sito internet www.necessitaeducativespeciali.it e-mail [email protected]
Dott.ssa Lilian M. Landriel [email protected]
Torino 1-03-17
I Incontro
Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi complessse tra didattica ed emozioni"
L’apprendimento: il ruolo delle emozioni
Difficoltà di apprendimento e comportamento problematico
Comportamenti “problema”: Quali criteri per identificarli?
Osservare. Ascoltare. L’empatia
L’impotenza appresa.
Lavoro in piccoli gruppi (analisi e riflessione sui casi/autocasi)
Perché didattica ed emozioni?
Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi complessse tra didattica ed emozioni"
Premessa
interazioni con gli altri
La scuola
Scissione conoscenza
emozioni
(Blandino; Granieri, 2002)
incidono
Sfera cognitiva
si sviluppano
(Brazelton , 2000)
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dispersione scolastica
(Media Nazionale)
20% / 2010 21,1% / 2011 22,7%/2013
(Rapporto Censis,)
Impatto sociale
insuccessi scolastici
Prevenzione del disagio psichico degli allievi
Formazione affettiva del docente
Fattore di protezione del burnout (Cherniss, 1980)
(Media del Sud) 31,9%/2013
Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi complessse tra didattica ed emozioni"
(Schore, 2003)
Attuali ricerche evidenziano che gli interventi cognitivi che non
includono anche la motivazione e le emozioni diventano sempre
inefficaci
Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi complessse tra didattica ed emozioni"
«… le emozioni sono i mezzi fondamentali con cui si strutturano i rapporti
umani»
(Keith Oatley , 2004, p. 110)
«organizzano le nostre motivazioni.»
Stabiliscono le coordinate x, y, z dello spazio sociale:
(lunghezza, larghezza e profondità delle interazioni sociali)
Attaccamento Affermazione di sé Collaborazione
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Giocano un ruolo fondamentale nel comportamento degli individui
Le emozioni sono un sistema complesso di interazione tra l’organismo e il suo ambiente
Con funzione adattiva e di sopravvivenza consentendo di reagire a uno stimolo
(Keith Oatley, 2004)
Componente principalmente biologica e innata
Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi complessse tra didattica ed emozioni"
(Keith Oatley , 2004, p. 18)
Le emozioni sono per lo più provocate dal modo
di giudicare gli eventi (o di valutarli) in rapporto
ai nostri interessi, obiettivi, aspirazioni
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Le emozioni costituiscono esperienze multiformi che influenzano e
pervadono tutto il nostro organismo in ogni suo aspetto.
Configurano una realtà conflittuale ambigua
Così complessa che spesso risulta difficile dare un nome alle
proprie esperienze emotive
Spesso difficili da regolare
Si sottraggono al controllo trasformandosi in forme disturbate e
disordinate
(Keith Oatley , 2004, p. 7).
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Vivere le proprie emozioni
ponendo però degli argini di regolazione
e di gestione
Imparando a riconoscerle per affrontarle
e gestirli in modo positivo e costruttivo
(Keith Oatley , 2004, p. 7).
La strategia vincente
Permette di raggiungere i propri
obiettivi e interessi
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Gestirle Affrontarle
Comportamenti
Fuggire Mangiare Fumare
Spostamenti «nego che ho paura del mio
papà: ho paura dei cani»
Sostituirle con un sintomo: «non imparo»
«Non mi concentro»
Accettarle Riflettere
Con l’aiuto dell’adulto/insegnante capace di offrire «una
mente» in grado di accogliere/contenere le
paure/sofferenze del piccolo restituendole
elaborate
(B. Granieri, 1995)
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• di raggiungere una condizione di benessere soggettivo, consentendogli di vivere
al meglio la propria vita
“Competenza emotiva”
Il soggetto è in grado di:
• riconoscere le emozioni proprie e altrui, di comprenderle, definirle e
gestire la loro manifestazione, senza inibirle, ma anche senza accentuarle
ne mascherarle
(L. Anolli, in Keith Oatley, 2004)
• di ottenere un equilibrio fra i propri desideri, le emozioni, le risorse disponibili
e le opportunità dell’ambiente
(ad es.: evitando l’ansia di ottenere sempre l’eccellenza )
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«L’autoconsapevolezza [delle proprie emozioni]
(metaemozione) è una modalità neurale della
mente che sostiene l’introspezione anche in
mezzo a emozioni turbolente» (Goleman, 1995)
(P. Salovey; J.D. Mayer, 1990 , 1995)
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È un buon predittore della soddisfazione professionale
L’empatia
«Si basa sull’autoconsapevolezza» (Goleman,D., 1995)
«…quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo anche nel leggere i sentimenti
altrui» (Goleman,D., 1995)
(Zellars, Perrewé, 2001; Beterot, 2006).
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L’educazione è relazione
incide
capacità di gestirle (in maniera adeguata)
Il prerequisito per raggiungere il senso di benessere
relazioni interpersonali
consapevolezza delle proprie emozioni
(Goleman, 1997)
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L’ apprendimento inizia e si sviluppa nella relazione
Nella diade “madre-bambino”, prima relazione oggettuale,
precursore delle relazioni sociali (R. Spitz, 1958)
È un sistema chiuso che appaga i bisogni di nutrizione e di soddisfazione quando il bambino è allevato in maniera normale (R. Spitz, 1958)
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influenzando tutto ciò che avverrà in seguito
Schore, 2008
Determinano la vita affettiva del soggetto in
via di sviluppo
La possibilità del bambino di sintonizzarsi con la mente della madre e le altre persone è fondamentale per la maturazione dei circuiti
cerebrali che mediano le sue capacità di autoregolazione
Permette imparare a regolare il mondo affettivo e organizzare il Sé
La relazione madre-bambino produce veri e propri cambiamenti cerebrali
Organizzano i modelli di crescita strutturale favorendo l'espansione
delle capacità funzionali
Le esperienze precoci
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Ricerche empiriche fondate sulle teorie dell’attaccamento evidenziano che:
Il comportamento è il mezzo di comunicazione tra il bambino e la figura di accudimento
Questa interpreta e da un significato al comportamento
Feedback positivo o negativo
Feedback positivo o negativo
Sintonizzazione Desintonizzazione
Il bambino percepisce
disagio agio
con i propri sentimenti
fraintendimento del significato del
comportamento
(Schore, 2008)
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La mente inizia a svilupparsi nelle prime relazioni vitali
Granieri, A., (a cura di),«Incontrare l’altro. Dimensione affettiva e psicologia clinica», UTET, Torino, 2004, p. 5, e IX-X)
Ogni essere umano è diverso da tutti gli altri
e tale diversità è il risultato di una storia di relazioni (Crittenden, P.M., 1994)
I bambini piccoli mostrano differenze individuali relative al Sé emergente dalle loro relazioni con figure genitoriali
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Il Sé è un «concetto sovraordinato» che «oltrepassa la nostra conoscenza empirica; una configurazione che trascende la somma delle singole parti» e che da coesività spaziale e continuità temporale alle esperienze vissute ( Kohut, H., 1978)
• Organizza la nostra esperienza conferendo un senso di continuità all’esistenza
• Si configura come un processo di natura relazionale coerente, costante e in continua evoluzione
• Include aspetti più stabili di natura genetica e di personalità, legate ad abitudini, credenze radicate, modalità di organizzazione delle esperienze basate su influenze familiari, sociali, culturali
Nelle prime relazioni inizia a costruirsi il Sé
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Configurandosi come un «un flusso di reciproca e mutua influenza»
(Storolow e Atwood, 1992)
L’incontro con l’altro
cambiamenti nell’esperienza del Sé in relazione con l’altro e con il mondo
Le relazioni intersoggettive determinano cambiamenti nei soggetti che si manifestano sia a livello esplicito (conscio
verbale) sia a livello implicito (inconscio e non verbale)
nel momento presente
si radica nelle storie individuali primarie
producono
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Passaggio del bambino dalla famiglia (luogo di legami stretti: scarse relazioni sociali)
Alla scuola dell’infanzia/primaria
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Sofferenza familiare
chiusura
aggressività
SCUOLA Apprendimento
Strutturazione del Sé
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L'apprendimento è un processo complesso
Sfera cognitiva
Sfera affettiva
Sé
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Ambiente come holding
Nello scambio affettivo con la madre si realizza un processo di mentalizzazione in cui rappresentazioni primarie di stati mentali e corporei vengono organizzate in rappresentazioni secondarie le quali permettono al soggetto non solo di conoscere in modo più adeguato se stesso e l’ambiente, ma anche di valutare in modo sintonico le relazioni che si vengono via via costruendo con la realtà
A scuola la funzione di «contenimento emotivo» la dovrebbe compiere l’insegnante
«Attribuisce alla necessità del bambino di essere tenuto fisicamente tra le braccia per poter sviluppare la sensazione, prima corporea e successivamente psichica, di essere contenuto e compreso nei suoi bisogni fisici e relazionali»
(«tenere insieme»)
(Winnicott, D.W, 1965)
(Granieri, A., 2003)
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Scuola dell’infanzia
Forte cambiamento: Famiglia/scuola
Scuola primaria
Forti cambiamenti: Famiglia/scuola dell’infanzia/ contesto diverso:
Apprendimento: nuovi saperi/discipline
Grandi aspettative sociali
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«cura»
Fatica Presenza Attenzione
Ascolto autentico attento e partecipe Accoglienza Conoscenza dell’altro
La scuola dell'infanzia e primaria
Crea un’atmosfera relazionale ed emotiva
Il bambino interagisce e cresce facendo esperienza Che permea continuamente il suo Sé
Configurandosi come holding
(R. Bosi, 2007)
(Granieri, A., 2004)
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La prevenzione!
La scuola
eccellente «osservatorio»
di possibili difficoltà che prese precocemente
possono evitare consolidamenti che potrebbero determinare psicopatologie
Bambini irrequieti Con difficoltà di attenzione
Comportamenti «problematici»
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Difficoltà di apprendimento e comportamento problematico
Quando parte la richiesta di aiuto degli insegnanti ? Quando l’alunno: • «non vuole imparare»
• «non si applica» • «fa capricci»
• «è irrequieto»
• Ha comportamenti dirompenti nella classe/scuola»
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I genitori chiedono aiuto quando il figlio:
• Non riesce a scuola e vengono richiamati
dall’insegnante
• Non rispetta le regole • Non fa i compiti
• È aggressivo con i fratelli e con i compagni a scuola, nel cortile …
• Ma… ci sono anche dei bambini «invisibili»
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L’insegnante come professionista dell’educazione
Consapevole
Responsabile
Osserva
Previene il disagio
Ruolo sociale
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… che non c’è…. Che l’adulto non ha per il bambino… Il tempo perso …
I tempi dei bambini sono diversi da quelli dell’adulto
Il tempo
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Caso di Otilia
Incapacità di leggere le emozioni
Difficoltà di progettare interventi adeguati
Pratiche coercitive
Aumenta la demotivazio
ne
Ansia
Stress
Rabbia
incapacità cognitiva
(Zillmann, 1993)
Sono manifestazione dell’inefficacia percepita (Bandura, 1997)
3° elementare
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Distacco delle relazioni professionali
Caratteristiche degli atteggiamenti
Sintomi o precursori del burnout Incapacità di adattamento in situazioni di stress emotivo continuo derivato
dall’ambiente di lavoro (Maslach, Jackson, 1981)
Deresponsabilizzazione Fuga dei compiti
Esaurimento emozionale
Percezione di inadeguatezza al lavoro
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«… inutile difendersi …!»
«… inutile impegnarsi …!»
Insuccessi scolastici
Bocciature
Interruzione dello studio
Scarsa autostima.
(Walter)
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Deresponsabilizza la scuola
L’espressione «abbandono scolastico» attribuisce all’allievo l’azione dell’abbandono (Migliorini,L., Piermari, A., Rania, N., 2008)
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Analisi della situazione problema a doppio livello
Comportamento problema
Situazione familiare
Motivazione intrinseca verso la relazione
Motivazione intrinseca verso il compito
Relazione affettiva con il docente
Percezione di Sé
Relazione affettiva con il gruppo dei pari
Bisogni sottesi
superficiale
nascosta
sociale
psicologica
Dimensione Dimensione
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Lettura del messaggio come comunicazione di un bisogno
sotteso A doppio livello
Il problema della diagnosi
Una strada/guida per interventi mirati
Un blocco cognitivo per l’insegnante
Un etichetta per l’alunno
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Quale rappresentazione del CP e dell’alunno da parte del docente?
l’agire docente e le scelte degli interventi
determina È una mappa/strumento per capire, orientarsi, agire
Modelli di riferimento
Lenti oscuranti, arginanti, fuorvianti che limitano la possibilità di scoprire strategie e interventi adeguati e in alcuni casi paradossali e improduttive
possono costruire
funzionano quali
Effetto Pigmalione
Credenze
(D.B. McLeod, 1988)
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Preconcetti degli insegnanti
Quando l’insegnante presuppone che l’allievo «non riuscirà a…», «non sarà capace di…», si gioca nell’inconscio una sorta di «non autorizzazione a…»
determinando l’esclusione dell’alunno dal gruppo dei pari che sì sono in grado di imparare. La posizione negativa del docente ostacola la capacità di
apprendimento dell’allievo (Rosbaco, I.C., 2005)
La sentenza di una diagnosi può determinare atteggiamenti negativi rispetto allo sviluppo dell’ figlio/allievo:
«Suo figlio non potrà leggere»
Può decidere che i genitori/insegnanti non promuovano delle esperienze capaci di sviluppare le funzioni compensative del cervello, bloccando il
processo di apprendimento
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Studi francesi hanno evidenziato che quanto più tardivamente i genitori
venivano informati dall’handicap dei loro figli questi ottenevano maggiori
possibilità di sviluppare la funzione mentale colpita (Rosbaco, I.C., 2005)
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• Comportamenti aggressivi e/o dirompenti
• Difficoltà di concentrarsi
• Difficoltà a relazionarsi
• Fuggire dalle situazioni di gioco
• Tentativi di evadere il compito
• Tristezza, pianti frequenti
Osservare attentamente il sistema (famiglia, classe, scuola) quando si evidenziano:
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…ma dal holding emotivo e dal contenimento cognitivo della rabbia e delle distruttività che costringe l’allievo ad
esprimersi con comportamenti aggressivi (Granieri, B., 2008)
… dall’adulto/contenitore capace di offrire una mente per pensare il disagio
Saper gestire la difficoltà di apprendimento e il comportamento problema…
Non dipende da un esercizio strategico
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Come contenere gli alunni difficili?
Può riuscire solo l’insegnante fiducioso nella propria capacità professionale, che sa programmare le attività con accuratezza, inventando strategie per motivare gli studenti più difficili, che non pone aspettative molto alte, ma auspicabili per gli allievi, né inferiore alla soglia prevista a seconda della loro potenzialità
I comportamenti problema sono inestricabilmente interconnessi alla scarsa motivazione degli alunni rispetto ai processi di apprendimento scolastico
Persino le migliori strategie e le lezioni più accuratamente programmate possono essere sopraffatte da un gruppo di alunni scarsamente motivati
Blum, P., Sopravvivere nelle classi difficili. Manuale per gli insegnanti, Erickson, Trento, 2003 Dott.ssa Lilian M. Landriel_"Gestire classi
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Dario è un bambino “problematico”, con tratti di carattere oppositivi e provocatori. Mette a dura prova gli insegnanti, motivando la richiesta di supervisione educativa. Dario non resta fermo un secondo. In qualche attività, che pare interessargli, riesce solo a mantenere l’attenzione per pochi minuti. Corre in continuazione tra i banchi buttando per terra gli strumenti di lavoro dei compagni. Esce dalla classe senza permesso e quando l’insegnante prova a” contenerlo” inizia a fare scenate di rabbia, graffiando, morsicchiando e sputando in faccia all’insegnante nel momento in cui questa tenta di tenerlo in braccio. Quando l’insegnante minaccia di chiamare la mamma, Dario mostra timore, e per qualche minuto riesce a contenerlo. Pochi minuti dopo diventa nuovamente ingestibile . La madre del bambino, precedentemente, ha consigliato, agli insegnanti di utilizzare la metodologia usata in famiglia in casi come questi (metodologia comune nel suo paese di origine: una popolazione africana), cioè picchiare il bambino quando fa simili «caprici». La mamma, infatti, afferma che a casa, Dario, non fa mai ciò che gli insegnanti raccontano. Dalla narrazione degli insegnanti emerge un forte stress, difficile da gestire, e un profondo calo dell’autostima professionale.
Caso Dario Scuola dell’infanzia:
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Interventi usuali
• Volti a eliminare il sintomo senza individuare la motivazione sottostante al comportamento
• Utilizzo del time out tecnica di intervento comportamentista cui scopo è: Aumentare la frequenza e/o durata dei comportamenti ritenuti adeguati
• Diminuire la frequenza e/o durata dei comportamenti ritenuti inadeguati
Fase di osservazione precedente agli interventi
Registro in una scheda : frequenza durata e intensità del comportamento che s’intende modificare
Fondamentale
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Il proprio successo è percepito come dipendente dal successo-insuccesso dell’intervento educativo
I docenti si sentono «bravi» se gli alunni riescono
È come se l’insegnante si dicesse: «Non sei capace di fermare un alunno», «Non riesci nemmeno a farti ascoltare da lui/lei», «Non sei
un’insegnante competente»
In un legame di tipo simbiotico il fatto di non riuscire a gestire il comportamento problema è percepito come una «prova» del proprio
fallimento
Non riconosce l’individualità e la soggettività dell’alunno come diverso da sé e che tali comportamenti non dipendono dalla propria
competenza professionale
Il comportamento problema colpisce il senso di autoefficacia dell’educatore
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Si tratta di promuovere
Esperienze ottimali (apprendimento/insegnamento)
(percezione di efficacia, attivazione cognitiva e qualità affettiva),
motivazione intrinseca
apertura a nuove esperienze
favorisce il benessere soggettivo
capacità di flusso (coinvolgimento emotivo verso il compito)
(Mesurado, B. 2010; Bassi, M.; Steca, P.; Monzani, D.; Greco, A.; Fave, A.D, 2013)
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Tuttavia …
M. Recalcati, L’ora di lezione p. 5
«Quel che resta della scuola è la funzione insostituibile dell’insegnante»
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Grazie per l’attenzione
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