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Il Sacro Bosco di Bomarzo Cecilia Maria Paolucci ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 24 Giugno 2003, n. 327 http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00327.html Nella seconda metà del Cinquecento, nella valle collinosa circondata dai Monti Cimini presso il lago di Vico, che secondo la leggenda era nato dal lancio della clava di Ercole che aveva così voluto dimostrare la sua forza ai contadini, le grandi casate romane fecero sorgere una miriade di palazzi e parchi, meraviglie del manierismo per testimoniare sia la loro potenza politica sia la sapienza platonica ed ermetica trasferendo, nel tufo, le tradizioni ricevute dalle Accademie fiorentina e romana. In questi santuari si ammisero solo dèi pagani. Lo stesso ideatore del bosco di Bomarzo, Pier Francesco Orsini detto Vicino, si liberò del timore di Dio rifiutandone sia il disegno provvidenziale sia la sua istituzione terrena, il papato, reputandolo meno del suo "puzzar selvatico" e detestandone tanto gli emblemi, la corte, la città e la politica, da farsi "cittadin de' boschi" applicando la norma epicurea del "Vivi Nascosto". Seguendo i dettami di questa filosofia egli si liberava anche del timore della morte, negandola e cercando invece la "Meraviglia", che era possibile solo illudendo i sensi. Il motivo centrale del suo progetto è proprio la "Meraviglia". All'Orsini erano anche chiari i messaggi provenienti dal suo ambiente quotidiano: le abitazioni contadine di Bomarzo, da sempre scalpellate nel tufo e poi prolungate a mattoni erano un segno tangibile della continuità tra creazioni naturali e creazioni umane. Senza dubbio, egli vide quanto Kircher descriverà nella sua opera Mundus Subterraneus, a metà del '600: il fumo che saliva dai campi della scomparsa Polimartium non erano vulcani, ma i camini scolpiti nel tufo delle antiche tombe etrusche, divenute le case dei contadini nelle quali anche gli arredi erano scolpiti nel tufo. Ugualmente nel Bosco i Mostri furono scolpiti direttamente nel suolo modellando il colle e dandogli voce. Il motivo per la creazione del "giardino", venne dato a Vicino da un funesto avvenimento: nel 1560 infatti moriva Giulia Farnese, la sua adorata consorte. Il duca iniziò la costruzione del parco per rendere viva e tangibile la memoria della consorte che tanto egli aveva amato. I lavori si protrassero a lungo: dal 1550 fino alla morte dello stesso Duca avvenuta nel 1586. Il Sacro Bosco è un assemblaggio contrastante di vicende e desideri privati, un'avventura emotiva ed intellettuale, contraddittoria ma unitaria nel suo tragico e materiale amore per la vita. Costellato di colossali e stravaganti sculture realizzate con massi di peperino locali, dal colore grigiastro, e non facilmente comprensibili se non alla fantasia dell'eccentrico committente, è concepito con un disegno pienamente antirinascimentale. Visto il lungo protrarsi dei lavori, gli studiosi non sono ancora oggi certi di attribuire ad uno specifico artista le opere di cui Vicino sarebbe stato l'inventore. Non si avanza nemmeno una data precisa e né tanto meno firme precise per i singoli manufatti che presentano i caratteri difformi di rusticità ed eleganza. Ma, prendendo come base concordanze stilistiche e cronologiche, analizzando il castello di Bomarzo, le altre fabbriche degli Orsini e le tracce negli epistolari soprattutto in quelli intrattenuti da Vicino con Annibal Caro e Giovanni Drouet, sono state formulate varie ipotesi che sembrano essere tutte in contrasto e tutte verosimili. È impossibile escludere qualsiasi forma di influenza da quella dei trattati, delle visite, dei consigli verbali o dei disegni elaborati da un imprecisato numero di persone reinterpretati poi dagli artigiani locali. Questo giardino infatti si differenzia molto da quelli prevalentemente geometrizzati che si realizzavano allora in Italia: fu creata una vera e propria selva incantata in cui, ancora oggi, ci si imbatte nella fantasia, nell'amore e nella morte seguendo molteplici itinerari. Con ogni probabilità è un viaggio catartico attraverso il quale Vicino cerca di ritrovare la donna amata; ma questo viaggio è anche un continuo "inganno", al quale si è introdotti da una serie di iscrizioni sparse qua e la nel bosco. Una in particolare, posta all'entrata principale recita così: fig. 1 Sacro Bosco di Bomarzo foto cortesia Stefano Colonna fig. 2 Sacro Bosco di Bomarzo foto cortesia Stefano Colonna fig. 3 Sacro Bosco di Bomarzo foto cortesia Stefano Colonna BTA - Bollettino Telematico dell'Arte / Testi / bta00327.html http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00327.html 1 of 15 9/2/2012 12:58 AM

Il Bosco Sacro

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Bomarzo et ses monstres...Il Bosco Sacro

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  • Il Sacro Bosco di Bomarzo

    Cecilia Maria PaolucciISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 24 Giugno 2003, n. 327http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00327.html

    Nella seconda met del Cinquecento, nella valle collinosa circondata dai Monti Cimini presso illago di Vico, che secondo la leggenda era nato dal lancio della clava di Ercole che aveva cosvoluto dimostrare la sua forza ai contadini, le grandi casate romane fecero sorgere una miriadedi palazzi e parchi, meraviglie del manierismo per testimoniare sia la loro potenza politica sia lasapienza platonica ed ermetica trasferendo, nel tufo, le tradizioni ricevute dalle Accademiefiorentina e romana. In questi santuari si ammisero solo di pagani.Lo stesso ideatore del bosco di Bomarzo, Pier Francesco Orsini detto Vicino, si liber deltimore di Dio rifiutandone sia il disegno provvidenziale sia la sua istituzione terrena, il papato,reputandolo meno del suo "puzzar selvatico" e detestandone tanto gli emblemi, la corte, la citte la politica, da farsi "cittadin de' boschi" applicando la norma epicurea del "Vivi Nascosto".Seguendo i dettami di questa filosofia egli si liberava anche del timore della morte, negandola ecercando invece la "Meraviglia", che era possibile solo illudendo i sensi. Il motivo centrale delsuo progetto proprio la "Meraviglia". All'Orsini erano anche chiari i messaggi provenienti dalsuo ambiente quotidiano: le abitazioni contadine di Bomarzo, da sempre scalpellate nel tufo epoi prolungate a mattoni erano un segno tangibile della continuit tra creazioni naturali ecreazioni umane. Senza dubbio, egli vide quanto Kircher descriver nella sua opera MundusSubterraneus, a met del '600: il fumo che saliva dai campi della scomparsa Polimartium nonerano vulcani, ma i camini scolpiti nel tufo delle antiche tombe etrusche, divenute le case deicontadini nelle quali anche gli arredi erano scolpiti nel tufo. Ugualmente nel Bosco i Mostrifurono scolpiti direttamente nel suolo modellando il colle e dandogli voce.

    Il motivo per la creazione del "giardino", venne dato a Vicino da un funesto avvenimento: nel1560 infatti moriva Giulia Farnese, la sua adorata consorte. Il duca inizi la costruzione delparco per rendere viva e tangibile la memoria della consorte che tanto egli aveva amato. Ilavori si protrassero a lungo: dal 1550 fino alla morte dello stesso Duca avvenuta nel 1586.Il Sacro Bosco un assemblaggio contrastante di vicende e desideri privati, un'avventuraemotiva ed intellettuale, contraddittoria ma unitaria nel suo tragico e materiale amore per lavita. Costellato di colossali e stravaganti sculture realizzate con massi di peperino locali, dalcolore grigiastro, e non facilmente comprensibili se non alla fantasia dell'eccentricocommittente, concepito con un disegno pienamente antirinascimentale.

    Visto il lungo protrarsi dei lavori, gli studiosi non sono ancora oggi certi di attribuire ad unospecifico artista le opere di cui Vicino sarebbe stato l'inventore. Non si avanza nemmeno unadata precisa e n tanto meno firme precise per i singoli manufatti che presentano i caratteridifformi di rusticit ed eleganza. Ma, prendendo come base concordanze stilistiche ecronologiche, analizzando il castello di Bomarzo, le altre fabbriche degli Orsini e le tracce negliepistolari soprattutto in quelli intrattenuti da Vicino con Annibal Caro e Giovanni Drouet, sonostate formulate varie ipotesi che sembrano essere tutte in contrasto e tutte verosimili. impossibile escludere qualsiasi forma di influenza da quella dei trattati, delle visite, dei consigliverbali o dei disegni elaborati da un imprecisato numero di persone reinterpretati poi dagliartigiani locali. Questo giardino infatti si differenzia molto da quelli prevalentementegeometrizzati che si realizzavano allora in Italia: fu creata una vera e propria selva incantata incui, ancora oggi, ci si imbatte nella fantasia, nell'amore e nella morte seguendo moltepliciitinerari.

    Con ogni probabilit un viaggio catartico attraverso il quale Vicino cerca di ritrovare la donnaamata; ma questo viaggio anche un continuo "inganno", al quale si introdotti da una serie diiscrizioni sparse qua e la nel bosco. Una in particolare, posta all'entrata principale recita cos:

    fig. 1Sacro Bosco diBomarzofoto cortesia StefanoColonna

    fig. 2Sacro Bosco diBomarzofoto cortesia StefanoColonna

    fig. 3Sacro Bosco diBomarzofoto cortesia StefanoColonna

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  • TU CH'ENTRI QUA PON MENTEPARTE A PARTEE DIMMI POI SE TANTEMERAVIGLIE SIAN FATTE PER INGANNOO PUR PER ARTE.

    La domanda dell'Orsini capziosa perch "arte" pu significare anche "inganno" o"incantesimo"; e nel Bosco l'arte al servizio dei suoi inganni e dei suoi incantesimi. Questa un'ulteriore prova del fatto che ci si muove nell'ambito cavalleresco del bosco stregato o SacroBosco; in questa letteratura infatti il termine sacro usato spesso come sinonimo di magico estregato.

    Alcuni studiosi hanno paragonato il bosco ad un labirinto, ed in effetti lo . Non dobbiamo perpensare ad un labirinto geometrico in cui basta il filo di Arianna per riavere la soluzione unica ebanale ma un labirinto aperto che non ammette automatismi, n conclusioni n controllipreordinati. Tanti percorsi sono possibili, ogni entrata pu essere quella principale.Infatti un primo percorso poteva iniziare dal basso; qui si veniva accolti dalle due sfingiappollaiate su piedistalli. Su uno di questi vi una scritta che recita:

    CHI CON CIGLIA INARCATE E LABBRA STRETTE NON VA PER QUESTO LOCOMANCO AMMIRA LE FAMOSE DEL MONDO MOLI SETTEOvvero: Guarda e Taci.

    Ma, nel lato sinistro dell'entrata c' una fenditura, creata artificialmente nella roccia, che invitaad attraversare il ruscello e ad iniziare un percorso senz'altro pi inquietante rispetto alprecedente dal momento che conduce al lato dell'Orco infernale sormontato dal castello degliOrsini. Questi percorsi non escludono per l'approccio dall'alto, ovvero dal Tempietto, dedicatoa Giulia, come premessa serena ai turbamenti dello spirito.Il parco fu progettato su tre terrazzamenti in cui gli scalpellini crearono balaustre emodellarono, a ninfeo, l'arco inferiore. Gli scultori sbozzarono le figure nelle rupi; i muratorieressero un tempietto e una casa pendente e i fontanieri crearono cascate e giochi d'acqua.

    La Storia

    P. F. Vicino Orsini (1523-1583) aveva ereditato il Ducato di Bomarzo a sette anni dalla mortedel padre a causa di un contenzioso per la successione risolto solo con l'intervento diAlessandro Farnese, nipote dell'omonimo religioso che sal al soglio pontificio con il nome diPaolo III (1534-1549).La moglie di Vicino, Giulia, era una stretta parente del cardinale amico. Egli la spos nel 1545legandosi all'altra grande famiglia in ascesa nella Roma rinascimentale. Ma, gi un anno dopo ilmatrimonio, Vicino dovette affrontare molte campagne militari che lo tennero lontano dallamoglie per molti anni e lo provarono sia fisicamente che intellettualmente. Egli infatti non fumai un uomo fortunato soprattutto in amore. Si era gi innamorato, precedentemente di unagiovane veneziana la cui morte prematura lo aveva segnato profondamente. Giulia, che ricolmla sua vita affettiva, non riusc per ad evitargli una vita travagliata.

    Alla fine degli anni '50, mentre era in guerra, fu fatto prigioniero e la sua carriera militaredeclin sia per la fine dei grossi conflitti internazionali (1559, Trattato di Cateau-Cambresis chepose fine alla guerra franco-ispanica), che per il suo rifiuto di continuare a combattere.Egli ritorn cos a Bomarzo per dedicarsi alla sua sposa che, in questi lunghi anni, lo avevasostenuto moralmente.

    Lei fece completare come ex-voto la Chiesa di Santa Maria della Valle (1546), parrocchia delpaese, iniziata dal suocero quando Vicino era in battaglia. Vicino, ormai pronto a dedicarsi allavita famigliare e alla moglie, perse la sua adorata consorte.Riusc superare il lutto grazie ai suoi interessi letterari e filosofici e al suo ritiro tra le selve delviterbese dove coltiv l'idea di dedicare proprio alla memoria di Giulia Farnese il parco sotto lasua dimora.

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  • La personalit del Duca si comprende leggendo alcune lettere dello stesso all'amico franceseGiovanni Drouet, che da anni viveva a Roma e datate dopo la morte prematura della moglie: Inqueste si legge la disperazione dell'uomo che non riesce pi a provare piacere al cospetto diuna donna. Nel feudo di Bomarzo infatti, proprio in quegli anni, nacquero delle leggende incui spose novelle "provate" dal signore potevano anche sparire nel "Parco dei Mostri".Nei suoi scritti Vicino ama definirsi uomo sbuffante; gli piace vedersi come un ariostescoAtlante, un mago che edifica un castello fatato. A "dame e paladini" dice:

    CHE OGNUNO VI INCONTRI CIO' CHE PIU' GLI STA A CUORE E CHE TUTTI VI SISMARRISCANO.

    Era molto interessato a nuovi libri e ad "avvisi dall'India" che suggeriva all'amico Drouet diprocurarsi dall'ambasciatore portoghese. Voleva libri che narrassero di "cose nove", "saporite","stravaganti". Allo stesso Drouet, pratico di distillatori e forse di pratiche alchemiche, chiedevaanche di procurargli colori tenaci per dipingere, alla maniera etrusca e greca, le statue del SacroBosco. Negli ultimi scritti per il tono spento; Vicino parla di s come di un gelido e aridoSaturno annoiato ormai anche dal parco. In tutto questo per non troviamo mai traccia dellafilosofia di cui pervaso tutto il parco.

    L'Orsini fece scalpellare sulle pareti del terrazzo dei dilemmi che diventarono la tavola dellesue antinomie etiche:

    1) MANGIA BEVI E GIOCA;2) SPREGIA LE COSE TERRENE;3) VIVI BENE E SARAI FELICE;

    1) DOPO LA MORTE NESSUNA FELICITA';2) DOPO LA MORTE VERA VOLUTTA';3) I BEATI TENNERO LA VIA DI MEZZO;

    1) IL SAPIENTE DOMINERA' GLI ASTRI;2) LA PRUDENZA E' DA MENO DEL FATO;3) E DUNQUE ?

    CONOSCERE. VINCERSI. VIVERE PER SE STESSI.NON GLI UOMINI PER I LUOGHI, MA I LUOGHI PER GLI UOMINI.

    Il castello , ancora oggi, tempestato dal simbolo che risponde a questi dilemmi e che ancheun'insegna di famiglia:LA ROSA D'ORO O ROSSA A CINQUE PETALI: simbolo di Venere e dell'amore platonicooltre che del segreto ermetico (la verit detta SUB ROSA).

    Il Sacro Bosco e l'arte dei giardini nel Rinascimento

    Come accennato, il Sacro Bosco noto anche come Parco dei Mostri per la presenza di figurefantastiche e grottesche, situato sotto il paese di Bomarzo alle pendici di un anfiteatronaturale. uno dei pi importanti giardini del Cinquecento ma anche quello che pi di tutti rimaneavvolto nel mistero; non se ne conosce infatti n il preciso programma iconografico e neppureil progettista.

    Nel Cinquecento avere un giardino era, per i nobili, una sorta di status symbol e, nelle capitalidel Rinascimento, si gareggiava per avere i migliori architetti del momento. proprio questoinfatti il periodo in cui a Roma si realizzano i giardini pi importanti della storia del paesaggio.

    Negli anni tra il 1504-1513, viene realizzato il Belvedere Vaticano di Bramante, un vero eproprio prototipo nell'evoluzione del giardino cinquecentesco. Questo fu commissionato daGiulio II della Rovere il quale aveva voluto uno spazio destinato sia alle incombenze solenni dirappresentanza, che alle funzioni ludiche e di spettacolo. L'architetto ebbe a disposizione

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  • un'ampia superficie nella quale costru il giardino prendendo spunto dalle numerose ville edimore degli imperatori romani tra cui la cittadina Domus Aurea, riscoperta in questo periodo,e la suburbana villa di Adriano nonch il santuario della Fortuna a Preneste. Lo spaziointermedio ordinato su tre piani, collegati da scalinate che sono la chiave dell'opera: dal primolivello che impiantato nel cortile con le gradinate per gli spettatori si passa al terrazzo dimezzo con il ninfeo; si sale infine alla terrazza superiore in cui il giardino si chiude conl'emiciclo terminale.

    Immediatamente susseguente a questo, la creazione nel 1517 del giardino di Villa Madama,alle pendici di Monte Mario, opera di Raffaello. Questa commissione fu data da Giulio IIde'Medici (divenuto papa nel 1523 con il nome di Clemente VII), cugino di Leone X (morto nel1521). La villa prendeva nome da Madama Margherita d'Austria, figlia di Carlo V e moglie delduca di Firenze Alessandro de' Medici, che la abit da giovane e poi da vedova. Il progetto diRaffaello, rimasto incompiuto per la prematura morte dell'artista (1520), recuperava anch'essomoduli antichi derivati soprattutto da quelli delle ville romane quali la Villa tiburtina di Adrianoe delle Ville di Plinio il Giovane al Tuscolo e a Laurento, descritte nelle sue lettere.Del progetto originale ci restano dei disegni e la accurata descrizione fatta dall'artista: una seriedi ambienti imperniati su un cortile circolare che diviene il centro armonico del complesso. Nelprogetto si prevedevano: un cortile rettangolare come accesso monumentale dal lato versoRoma, un teatro "all'antica", un criptoportico, e poi sale, logge, scuderie, terrazze e fontane nelgiardino che, su diversi livelli, scendeva verso il Tevere.Raffaello ebbe come aiuto nella realizzazione dell'opera l'architetto Antonio da Sangallo ilGiovane. Di tutto il complesso fu realizzata soltanto la parte verso nord che comprende menodi met del palazzo (destra), la loggia e la sistemazione dei giardini dietro di essa, con laterrazza che affaccia sulla peschiera e chiamata da Raffaelo "Xystus", nome ripreso daVitruvio.La loggia direttamente ripresa dalle strutture termali romane nelle quali gli spazi quadrativenivano dilatati con l'inserimento di esedre coperte da volte a botte. La facciata posterioredella villa fu invece concepita come uno spazio aperto verso il giardino in modo da creare unrapporto armonico tra interno ed esterno.

    La villa era adibita a soggiorno durante le stagioni calde e a luogo di riposo dagli affanni dellavoro. Ad abbellire i giardini si era dedicato Giovanni da Udine che aveva realizzato, nellaparte "selvatica" a cui si accede attraverso un elegante portale affiancato da due giganti instucco di Baccio Bandinelli, una "grande testa di leone" che coronava una sorta di ninfeonaturale, con grotte artificiali e fontane. Ma quasi tutte le sculture sono perdute.Resta per la bellissima Fontana dell'Elefante, al centro del giardino all'Italiana, detta cos perla grande testa di elefante che scolpita al centro dalla cui proboscide scaturisce l'acqua. questo il ritratto dell'elefante bianco di Ceylon, Annone, regalato dal re Emanuele delPortogallo al Papa Leone X.La volta della fontana decorata con mosaici di pietre e conchiglie con la raffigurazione disoggetti acquatici. Molte dovevano essere le fontane previste per decorare il giardino cheservivano anche per rinfrescare l'ambiente nelle stagioni calde. Ancora oggi la villa ornatadalla vasca del terrazzo, davanti alla loggia, e soprattutto dalla grande Peschiera.L'ampia e classica struttura del Giardino all'Italiana concepita come luogo di ristoro e lenicchie servivano per riparare dal sole chi voleva pescare nella vasca.

    Ancora negli anni tra il 1565- 1573, vengono progettati e costruiti gli Orti Farnesiani sulPalatino ad opera di Jacopo Barozzi detto il Vignola. Tutti questi giardini erano distribuiti sudislivelli pronunciati. Ma, circa dieci anni dopo, altri tre giardini tracciarono le linee costruttivesu cui si sarebbero confrontati tutti i progettisti successivi:

    1) il giardino di Palazzo Farnese di Caprarola progettato da Jacopo Barozzi detto il Vignola,realizzato tra 1559 e 1575 dove il Cardinal Farnese (amico di Vicino) costru un edificiopentagonale intorno al cerchio del cortile con la pinacoteca delle cui simbologie si era occupatoAnnibal Caro ed il parco la cui chiave , per Elmire Zolla, alchemica.Anche qui l'archetipo quello del Belvedere Vaticano.L'architetto realizz un giardino suddiviso in varie aree, abitate da erme e cariatidi che danno,ancora oggi, all'ambiente un carattere alquanto teatrale. C'era un disegno preciso e significativosoprattutto nei riguardi del clero romano: si dimostrava infatti la supremazia dello spirito delcommittente sulla spontaneit della natura aderendo cos, pienamente, ai dettami della

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  • Controriforma.

    2) il giardino di Villa Gambara, poi Lante a Bagnaia, costruita, forse su progetto del Vignolaintorno al 1568, dal Cardinal Gambara, divenuto Vescovo di Viterbo nel 1566.Nel programma iconografico, probabilmente, il cardinale si serv di Fulvio Orsini, bibliotecariodel Cardinale Alessandro Farnese nonch studioso di letteratura sia greca che latina, erudito dinumismatica ed esperto di epigrafia.Il principio sotteso all'iconografia del giardino quello dell'ut pictura poesis.In origine il giardino era costellato di fontane decorate ugualmente da animali fantastici comedraghi, unicorni, (simboli dell'et dell'oro, l'aetas felicior, descritta da Virgilio e Ovidio !) chereali come le anitre nonch dalla statua di Bacco.All'inizio dell'itinerario fantastico c' la Fontana di Pegaso e i Busti delle Muse, chepresiedono all'ispirazione artistica: la descrizione del volo del cavallo Pgaso, del furorepoetico e del culto delle muse, quasi ad indicarci che la collina sulla quale stiamo salendo , inrealt, il monte Parnaso.All'estremit superiore del giardino c' invece la Fontana del Diluvio Universale, cos comeviene rappresentato nelle Metamorfosi di Ovidio.

    Anche nella Fontana dei Delfini sono ricordati i versi dell'autore il quale descrive questianimali guizzanti fra i rami delle querce dopo l'alluvione. Altre statue e fontane, con citazioniprese in prestito dalla letteratura e dall'araldica come il Gambero -emblema del cardinale-,concludono la decorazione della villa insieme al parterre, squadrato e regolare, simbolo deldominio dell'estetica dell'arte sulla natura la quale, allo stesso tempo, viene soggiogata inmaniera serena e graduale regalandoci una sensazione di atemporalit.

    3) il giardino di Villa D'Este a Tivoli, progettata dall'architetto Galvani insieme all'esperto diiconografia Pirro Logorio, su commissione del Cardinale Ippolito II, con l'intento preciso dieclissare lo splendore del giardino dei Farnese.Anche qui posti su tre livelli, che si svolgono in salita, furono create fontane, giochi d'acqua,sculture e labirinti, sentieri e scalinate. Nella parte inferiore c' la Fontana dell'Organo(sculture simili in Porta nuova a Palermo); la zona centrale occupata dalla Fontana deiDraghi, vicino al cosiddetto viale delle Cento Cannelle o Fontane. L'iconografia del giardinosi fonda sull'iconografia del cardinale e di Ercole, eroe simbolo del coraggio e della forza, levirt che erano richieste ad un signore del tardo Rinascimento e nondimeno capostipite dellafamiglia D'Este. Di nuovo l'aspetto legato alla moralit che riporta, indiscutibilmente, al rispettoper i nuovi programmi del Concilio di Trento.Tutti questi progetti avevano dunque in comune sia il rigido tracciato geometrizzato chel'utilizzo di essenze arboree sempreverdi e aiuole ornamentali (parterres) e, infine, un precisoprogramma narrativo-iconografico.

    Queste caratteristiche, spesso mediate dalla mitologia greca e latina, connotarono quellatipologia chiamata: "Giardino all'Italiana".In realt, alla base di tutta questa nuova arte era un'opera letteraria pubblicata un secolo prima,nel 1499, la: Hypnerotomachia Poliphili (Il Combattimento Erotico in Sogno di Polifilo) scrittadal signore di Palestrina Francesco Colonna (e non dal frate domenicano Veneziano !) in cui ilpersonaggio principale si ricongiungeva all'amata dopo svariate peripezie condotte attraversouna serie di giardini, descritti nei dettagli e minuziosamente rappresentati da 170 illustrazioni.In questo testo, elaborato cinquanta anni prima della sua pubblicazione, si dichiaravano i nuovidettami dell'estetica e della concezione paesaggistica: il giardino diventava un microcosmo incui la ragione dominava la natura per il raggiungimento della perfezione, mentre la geometriarigorosa dei percorsi svelava l'ordine cosmico presente in tutte le cose.Siamo, come abbiamo gi ricordato, nella piena crisi dei valori che avevano caratterizzato ilRinascimento. Gli artisti della cosiddetta "maniera" vivono una sorta di "rifiuto" delle regolerinascimentali che li conduce a non conoscere pi il reale e quindi a non poterlo rappresentarenelle forme artistiche tradizionali.Nasce, in questo modo, l'uso del "natural artificio" che crea i giardini, appendici delle ville,gareggiando in "Meraviglia" con la Natura creatrice irrazionale.

    Tipica di quest'epoca anche la sperimentazione in ambito teatrale di nuovi effettiscenografici; allo stesso modo questi "effetti" vennero impiegati nella realizzazione degliscenari presenti nei giardini con la creazione di labirinti, trabocchetti, congegni semoventi e

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  • quant'altro servisse a sorprendere l'ospite durante la passeggiata.Anche le continue allusioni cosmologiche, quelle moraleggianti e quelle semplicemente ludichecreavano susseguenti rimandi tra la realt e l'apparenza, indice chiaro della perdita dellecertezze razionali dell'umanesimo rinascimentale. La natura non pi quindi rappresentatanella sua forma logica ma nel suo continuo divenire.

    Il gioco teatrale poi, che si realizza in tutte le stagioni, riprodotto in questi luoghi attraversol'uso di piante sempreverdi, di giochi d'acqua che creano l'habitat naturale per le ninfe e i satiri,creature del mito eterne ed in contrasto con la caducit umana.Questo effetto di selva aumentato dalla presenza delle grotte che, create dalla unione di varimateriali come il tufo, la vegetazione, le conchiglie e i muschi, rappresentano un ritorno allostato primitivo e al grembo di madre Terra da cui tutto ha origine. Questo concetto verrripreso appieno nel Sacro Bosco.Anche Ovidio, nelle Metamorfosi, aveva descritto la grotta sacra a Diana dove simulaveratartem ingenio natura suo ovvero la natura con il suo ingegno aveva simulato un'opera d'arte !

    Descrizione del Sacro Bosco

    Il giardino voluto da Vicino Orsini, invece, era lontanissimo da questa logica progettuale.Abbiamo gi ricordato che gli anni in cui visse l'Orsini erano quelli del declino delRinascimento. Era questa l'epoca in cui si iniziarono ad amare i giganti, i mostri e le invenzionisceniche, preludio dell'epoca immediatamente successiva che si espresse nel ridondante e"meraviglioso" Barocco.Pier Francesco era, in effetti, figlio di quell'epoca e di quel "gusto". Tutto nel giardino fu fattoper stupire: giganteschi animali fantastici, colossi grotteschi, figure mitologiche. Inoltre, neipoemi cavallereschi del Rinascimento, uno degli accenti pi vivi dato dal ricorrere spesso nel"bosco incantato" in cui l'Eroe si imbatte in fiere, giganti nonch in seducenti i ingannevolifanciulle. Questa volont del principe, di sorprendere i suoi ospiti e di rievocare, chiaramenteespressa dall'invito che egli fece incidere sulla cosiddetta Panca Etrusca:

    VOI CHE PEL MONDO GITE ERRANDO, VAGHIDI VEDER MERAVIGLIE ALTE E STUPENDE,VENITE QUA DOVE SON FACCE HORRENDE,ELEFANTI, LEONI, ORSI, ORCHI E DRAGHI

    Nelle lettere scritte da Annibal Caro a Vicino egli descrive gi nel 1564 il teatro, ovvero ilninfeo; il mausoleo ovvero il tempietto ed anche le sfingi, i mostri e le meravigliesoprannaturali ovvero le statue gigantesche create e da crearsi nel Parco di Bomarzo.Ed in effetti fin dall'entrata della Porta Monumentale, sovrastata dallo stemma degli Orsini, siincontra la prima meraviglia lo:

    Orco Araldico: con il globo terrestre, avvolto da bande un tempo verdi (nel 1574 Vicinoscrivendo a Drouet, gli annuncia di aver colorato variamente parecchie statue per renderlepi belle dando al boschetto un'altra forma), che sembra ruotare. Il globo sorregge ilmodello, in miniatura, del castello tetragono stemma degli Orsini.Stando a Macrobio, la Sfera dovrebbe essere identificata con la mente.La bocca dell'Orco spalancata e mostra dei denti giganteschi. Ma non , nel bosco, un unicocaso; tutte le sculture hanno infatti misure spropositate.In apparenza sembra che l'ideatore si sia divertito a spargere sul terreno in declivio un'ordascomposta di creature mitiche e infernali e che ogni episodio scultoreo sia stato ideato senzaalcun legame preciso in un percorso casuale e incoerente, vicino alle ricerche pittoriche escultoree dell'epoca, il Manierismo con i suoi continui scambi da un'arte all'altra: la dilatazionedella scultura post-michelangiolesca; lo straniamento dai canoni dell' architettura e l'impiegospregiudicato della scala metrica; il sentimento stregato della natura e la poetica dell'avventura,della sfida e dell'incantesimo propri dei poemi cavallereschi, mescolati con gli accentidell'orrido, del meraviglioso e del grottesco; la teatralit come invadente parametro discendentedalla nuova forma dello spettacolo che si fonda sulla sorpresa delle apparizioni e delcoinvolgimento dello spettatore; il gigantismo, desunto anche dagli apparati festivi e il ricorsoscenografico al falso rudere e al frammento simulato ed infine l'inganno e l'artificio come

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  • momento d'incontro tra natura e arte (Calvesi).

    La visione disordinata, che si presto accompagnata agli studi del Parco, in realt si deve aduna lettura delle generazioni successive fatta su di un unico piano mentre si sono sovrappostealmeno un paio di fasi precise.

    Nel secolo scorso, i critici e gli storici dell'arte hanno cercato di dare una chiave di letturadefinitiva e il nome del progettista (Pirro Ligorio, Vignola etc.) di questo "sogno" immerso trarocce e alberi, interpretandone le iscrizioni in pietra che quivi abbondano e studiando anche ilcarteggio di Vicino Orsini. Ma tutte le teorie non sono state mai scientificamente avallate.Tra queste, una forse quella pi calzante. quella che vede impegnato lo scultoreBartolomeo Ammannati, il quale proveniva dall'accademia michelangiolesca di BaccioBandinelli che aveva collaborato, a Venezia, con Jacopo Sansovino.Lo scultore del parco sembra infatti conoscere il Veneto come si vede dal confronto dei dueOrchi, a fauci aperte, con i precedenti di Bartolomeo Ridolfi tra Vicenza e Verona. Inoltre,come vedremo, Vicino stesso era stato nel Veneto dove aveva conosciuto anche l'opera diGiulio Romano.Ma, quello che in realt ha fatto maggiormente discutere gli studiosi era soprattutto lamancanza o meno di un "programma" iconografico coerente ossia di un tema che coordinassele varie invenzioni del bosco. In una recente lettura, Maurizio Calvesi ha visto tre fasi benprecise nella realizzazione di questo giardino. I due obelischi o cippi e la casa pendente,presenti all'interno del Parco, furono invece realizzati prima delle 3 fasi.Su uno dei cippi scolpita la data 1552 e la dimora inclinata fu realizzata, forse come voto, daGiulia Farnese negli anni della prigionia di Vicino (1555).Le 2 scritte alla base dei cippi sono state fondamentali per le interpretazioni degli oscurisignificati del giardino. La prima recita:

    VICINO ORSINO / NEL / MDLII

    La seconda:SOL PER / SFOGAR / IL / CORE

    Arnaldo Bruschi vide nella seconda scritta la chiave di interpretazione delle ragioni e dellostato d'animo del committente nel concepire il singolare complesso, quasi a giustificarepreliminarmente tante "follie" e meraviglie ovvero un divertimento, uno sfogo de core.Ma in realt fu certamente ispirata dalle poesie di Vittoria Colonna Scrivo sol per sfogarl'interna doglia/di che si pasce il cor (1538), i cui versi dilettavano Michelangelo nelle loropasseggiate.C' chi ha visto anche un collegamento col Canzoniere di Petrarca e precisamente il sonettoCCXCIII E certo ogni mio studio in quel tempo era / pur d'isfogare il doloroso core / inqualche modo, non d'acquistar fama /. La Casa Pendente, forse costruita nel decennio1551-1562 quasi all'estremit nord del bosco presenta, oltre allo stemma araldico degli Orsini,la dedica al cardinal Madruzzo, per intercessione del quale Vicino fu liberato dalla prigionia, eun cartiglio in cui scritto:

    ANIMUS QUIESCENDO FIT PRUDENTIOR

    Ovvero prova ad acquietarti in questa dimora sbilenca, entra e vedi se ci trovi pace.

    Entrandoci infatti, sia il pavimento in salita che le pareti storte creano un capogiro, comequando si giri su se stessi e sembra che tutto ci crolli addosso, come dice anche Lucrezio nelcanto delle illusioni ottiche. La casa fu realizzata per iniziativa di Giulia come augurio perevitare la caduta e la rovina della casata dopo il fallimento della missione militare del marito.

    La casa costituita da un unico masso su due livelli e ripropone il modello della casa patriziasemplice con uno zoccolo bugnato che sale angolarmente al primo livello, mentre al secondo sostituito da paraste di ordine tuscanico.Siamo nella zona in cui viene edificato l'elemento primordiale della Terra, dove non c' riposo.Siamo nel secondo livello, alle spalle abbiamo il regno infero delle acque di cui parleremo.

    I percorso (1561-1563): l'Hynerotomachia Poliphili (Sogno di Polifilo) filo conduttore delsogno di Vicino Orsini.

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  • L'influenza del Sogno doveva assolutamente esercitarsi su questo giardino soprattutto perchl'autore era un antenato della sua sposa.Mentre nei giardini rinascimentali il suo influsso fu di carattere ideologico-compositivo qui, nelSacro Bosco diventava il sostrato letterario che reggeva un preciso programma iconografico:sia il racconto di F. Colonna che il Giardino di Bomarzo erano dedicati alle rispettive donneamate e morte prematuramente.

    All'inizio del primo percorso troviamo infatti il: Tempietto: costruito nel 1552. dedicato aGiulia, decorato con Decorazioni Zodiacali (scomparse) simili a quelle del tempio che nel"Sogno" era dedicato a Venere Physizoa (che genera Vita) nel quale Polia, la donna di Polifilo,si manifestava e dal quale il protagonista iniziava il viaggio. uno dei manufatti pi importanti realizzati nel giardino; composto da un ampio pronaotetrastilo di ordine tuscanico, istoriato dalla rosa e innestato su un corpo a pianta ottagonalecon Cupola e Lanternino. questa una costruzione intrisa di simbolismo: ottagonali sono i Battisteri perch il numerootto equivale alla Resurrezione; l'ottava sfera corona le sette orbite dei pianeti; dopo il settimogiorno si riemerge dalla febbre; dopo il settimo mese il feto pronto alla nuova vita e in ambitoastrologico l'ottava casa quella della morte e della rinascita.

    Architettonicamente, la costruzione della Cupola del Lanternino accentua la verticalitdell'intero volume e conclude in modo ascensionale il promontorio naturale legando cos,inscindibilmente, Architettura e Natura (di nuovo il prolungamento tra opera della natura eopera dell'Uomo !).Vicino, nelle sue lettere paragonava la cupola del tempietto nel suo apparire da lontano a quellafiorentina di Santa Maria del Fiore.Non lontano, c'era un obelisco, perduto, simbolo dell'emanazione della luce da un puntoinesteso, dall'Uno che al di sopra delle forme in gi fino alla quadrata materia. Nella fontanadei Quattro fiumi, a Piazza Navona, Bernini consigliato da Athanasius Kircher far costruirel'obelisco come simbolo della illuminazione interiore che dall'Uno penetra nella caverna (che la mente), la quale attraverso i quattro sensi maggiori comunica con il Fiume del divenire.

    Tra il 1561 e il 1564 furono realizzate le sculture dei:

    - FALSI RUDERI;- TRE GRAZIE;- NINFEO;- VENERE;- MONCONE DI COLONNA;- FONTANA DI PEGASO;- FONTANA DELLA NAVICELLA;- INTERO TEATRO;- LAGHETTO ( ora scomparso).

    Questi elementi servivano per mostrare al visitatore che il viaggio interiore di Vicino era similea quello di Polifilo che, nell'immaginazione, faceva rivivere l'amata e catapultava il visitatorenell'Isola di Citera.

    Tra i "reperti archeologici" il:Sepolcro Pseudo-Etrusco, fu un ulteriore elemento d'ispirazione polifilesca. Esso fuposizionato in basso rispetto al tempietto dedicato a Giulia, riproponendo la medesimasequenza che nel percorso del romanzo vedeva il tempio cimiteriale dopo quello di Venere.Esso composto da un timpano che sormontava un ingresso mutilo, in cui una serie di loculi siaprono all'interno di una stanza ovale. Nel timpano vi sono dei bassorilievi: al centro c' laSirena Bifida, forse il simbolo del "FESTINA TARDE" che ritroveremo espressosimbolicamente nel gruppo della tartaruga e che era anche in Polifilo; a destra un delfino e unariete dal corpo di pesce e, a sinistra, un tritone che suona una conchiglia mentre con la sinistrasorregge un timone; di nuovo forse ci troviamo di fronte alla simbologia del "FESTINATARDE".Da questo complesso prende vita la "componente etrusca" del boschetto, supposta dall'Olesone da altri, a cui risalirebbe la qualit formale delle "statue", la cui determinazione espressiva,gi segnalata dal Benevolo, ne farebbe opera non gi di scalpellini ingenui ma di artefici

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  • smaliziati, forse attivi in quelle regioni.Questa componente testimoniata anche nei dettagli e negli insiemi scultorei della Villa diSoriano del Cardinal Madruzzo, delle Ville di Bagnaia e Caprarola e dei domini di altri Orsini, aBracciano e a Pitigliano (vicino Bomarzo), dove esiste una sorta di "parco dei mostri" distrutto,evidentemente etrusco.Questa concezione si pu inquadrare in un progetto pi generale riassunto nell'opus rusticum acui aderirono anche Vignola, Giulio Romano, Zuccari e Serlio.

    Ma il frammento viciniano, come sottile memoria di arcaiche reliquie visibili ancora ogginell'area della Polimartium etrusca (Bomarzo), potrebbe alludere ad un altro tema primordiale:il confronto tra l'integrit iniziale di un monumento, espressione di un momento storico benpreciso, e l'azione devastatrice del tempo.In quel momento l'interesse per l'antichit portava a scavare in siti dove affioravano tracce diresti, ricordo della sontuosit del passato, nascosti dalla terra come se fossero stati inghiottiti.Anche qui c' un riscontro nel Sogno di Polifilo e precisamente nel Tempio "destructo". Neltesto del Colonna si evince la natura cimiteriale del luogo dal fatto che dedicato a Plutone,dio degli Inferi, e che contiene un grande vaso con iscrizioni. Anche nel Bosco troveremo deivasi con iscrizioni dedicate a Plutone.Lungo il percorso, parallelo al ruscello, si concretizzarono altre forme derivate direttamentedalle iscrizioni di F. Colonna nel Sogno: un Ninfeo, forse costruito nel 1564, come si ricava daallusioni contenute nello scritto di Annibal Caro, ispirato probabilmente ad un edificio termaleillustrato nell'edizione francese dell'Hypnerotomachia (1546) in cui il protagonistas'intratteneva a parlare con 5 ninfe che personificavano i sensi, presenti in altrettante nicchie;di seguito l'autore descriveva una fontana con il gruppo delle Tre Grazie (Eurydomene;Eurymone ed Eurymedusa) ispirata al celebre modello classico che apparteneva alla famigliaColonna. Il bassorilievo che le rappresentava fu posto, qui a Bomarzo, su una pareteprecedente lo spazio del ninfeo, attrezzato a sua volta con sedili per la sosta degli ospiti.

    Di fronte ad esso una: Fontana a forma di barca (o dei Delfini), disposta come se fluttuassesopra il pendio (Bredekamp) che materializzava la leggera imbarcazione guidata da Cupido sucui Polifilo era trasportato sull'isola di Citera, l'isola dell'amore.

    Non casualmente, subito dopo, Vicino pose un: Sacrario di Venere. La divinit, nuda dallacintola in su, venne posta su una conchiglia simulante anche le ali di un essere mostruoso; nelsuo ombelico un foro permetteva la fuoriuscita di uno zampillo d'acqua, mentre altri gettisgorgavano dalla parte superiore della nicchia, facendo scorrere l'acqua su tutto il corpo dellastatua.Nel Sogno, il Sacrario e la Sacra Fonte erano immersi in uno scenografico "teatro"(strutturagradinata) ad arcate sovrapposte e, per analogia nel bosco si costru una struttura a esedra,anche se in forme pi semplici e povere.

    L'Orsini, che non era molto ricco anche se era membro di una influente famiglia forse, seavesse avuto pi denaro, avrebbe realizzato qualcosa di pi simile a Caprarola e Bagnaia.Il Teatro, sul cui zoccolo fu scolpita un'altra epigrafe, fu progettato con uno spazio antistantedelimitato da una serie di erme sorreggenti canestri di frutta (ora situate sulla strada che portaall'Orco con lo stemma degli Orsini), ricollegabili nel testo letterario a una processione ritualeguidata da Cupido con satiri e ninfe danzanti innalzanti rami fioriti e avvolti da un'ariaprofumata da frutti.Tutti questi episodi architettonici nacquero, molto probabilmente, in un medesimo periodopoich hanno in comune le dimensioni ridotte (rispetto ai colossi successivi), la realizzazioneuniforme ma grossolana, la disposizione topografica lungo il corso del ruscello (eccetto ilTempietto e il Sepolcro) e i costanti rinvii al Sogno di Polifilo.Per questi lavori bisogna ipotizzare una squadra di pi persone ma guidata da un unicoscultore-architetto. da tener presente anche l'ipotesi del Bredekamp che pensa agli scultoriFabio Toti e Ippolito Scalza che lavorarono insieme nella vicina Orvieto. In particolare, lostudioso ha in mente la statua nel Duomo di Orvieto di Eva, opera del Toti, messa a confrontocon la Venere bomarziana che il tedesco descrive come Iside.

    II percorso, creato dopo il 1565 e suggerito dall'Orlando Furioso di L. Ariosto.

    La donna alata sulla tartaruga e il Gigante Assassino , realizzata dopo il 1565.

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  • In alcune epistole di Vicino Orsini si riscontra un particolare interesse per il mondo dei Giganti.Egli avrebbe voluto far decorare il suo palazzo di Bomarzo con la Gigantomachia (1564),conoscendo bene gli affreschi realizzati da Giulio Romano (1498-1546) nel Palazzo del Te aMantova, dove forse si rec durante il viaggio in Veneto (1542 - 43). Ma, pi probabilmente, ilsuo interesse per il pittore e i suoi temi gli venne dalla conoscenza del Cardinale Madruzzo ilquale si era, da poco, trasferito da Trento a Soriano (feudo acquistato nel 1560 proprio dagliOrsini e che confinava con quello di Bomarzo). Quest'ultimo aveva incrementato il suointeresse per i Giganti collezionando anche ossa di giganti (probabilmente animalipreistorici).Il cardinale d'altronde aveva commissionato proprio nel suo palazzo di Soriano una fontana,scolpita direttamente nella roccia, che raffigura un'enorme figura femminile, una Fauna chestringe un putto; dietro di Lei ci sono un piccolo fauno eccitato, una capra che bruca dei rami eun pastore che suona lo zufolo di canne.Alla sua sinistra emerge, immenso, dal suolo e con lo sguardo acceso e scherzevole, Fauno, Panlatino che suscita il panico e accende i sensi (nel 1564 il Cardinale Madruzzo invita il CardinaleFarnese per mostrargli il nuovo disegno della fonte. La data coincide anche con il progettodella Gigantomachia di Vicino).

    Pan stringe e fa volteggiare per aria delle cinghie di cuoio caprino, le stesse alle cui sferzate,come recita Ovidio nei Fasti, offrivano la schiena nei riti di eccitazione lupercale le ragazzeromane che si volevano bene immedesimare con le ninfe rabbrividenti di metus e voluptas acospetto di Faunus Incubus Ficarius. Fauna la sua compagna e complice, detta anche IunoCaprotina. Si diceva che, come ogni uomo aveva il suo Genius, ogni donna aveva la sua Iuno.Genialit e Generare sono, in effetti, due parole affini; il genius anche visibile nel furoreerotico dell'uomo mentre nella donna c' la Iuno, alleata e complice del panico.

    Il Cardinale Madruzzo inoltre introdusse Vicino all'arte di quel Bartolomeo Ammannati(1511-1592) il quale aveva eseguito un colosso destinato alla fontana di Nettuno, a Piazza dellaSignoria in Firenze, prendendo spunto dalle macchine costruite in occasione dei festeggiamentinel 1565 per il matrimonio di Francesco de' Medici, figlio di Cosimo I.Gli apparati di questa festa emozionarono molto la fantasia di Vicino, come vediamo qui diseguito.Nel piano inferiore del Parco troviamo La tartaruga, colossale ed ispirata da una similemacchina scenografica realizzata sempre in quell'occasione, forse volendo ricordare untestuggine presente nello zoo della famiglia fiorentina. Ma la figura si incontra anche nei versidel Morgante di Luigi Pulci, dove Margotte, dopo aver ucciso un "fer gigante" avvista unatestuggine ch'un monte parea.La nostra figura ha, sopra la corazza, un vaso capovolto con sopra un globo dove una figurinafemminile mutila poggia appena con il calcagno. Quest'ultima possedeva, in origine, un paio diali e due trombe nelle mani; questi attributi erano tipici della Fama, come ci testimonia undisegno del Guerra: le ali ricordavano sia la sua fugacit sia la capacit di valicare i confini pilontani (Fama volat) le trombe la buona e cattiva sorte.

    La Fama rappresentata anche nel Palazzo Farnese a Caprarola e, pi tardi, nel soffitto diPalazzo Mattei a Roma (Faustina Orsini, figlia di Vicino, spos Fabio Mattei). Qui la Famasuona solo una tromba, quella della Buona Sorte mentre, a Bomarzo, entrambe. Vicino volevarappresentare la Fama come pura immagine allegorica; la statua poggia su un globo ed quindiin bilico: La Fama accomunata infatti alla Fortuna.Questa rappresentazione ripresa da alcuni apparati scenici, visti a Venezia (1542-43), ideatidal Vasari per la Talenta, opera di Pietro Aretino. Legata alla tartaruga riconduce, nuovamente,al significato del "FESTINA TARDE" o "FESTINA LENTE".

    Sotto la tartaruga, sulla riva opposta del ruscello, spalanca le fauci: Un'orca (o una Balena)che usciva dalle acque e che ripeteva l'illustrazione di un altro testo letterario, nell'edizione del1563, de L'Orlando Furioso di L. Ariosto. La redazione di questo testo fu curata da GiovanAndrea d'Anguillara, il quale era nativo di Sutri, cittadina vicina a Bomarzo.L'Orsini stesso ide che le acque le schiumassero attorno. Veniva sottolineata probabilmenteuna situazione di pericolo, da cui salvaguardarsi attraverso una condotta prudente e tempestiva:forse il simbolo della morte che per vinta dalla Fama.

    A fianco della tartaruga c' la Fontana Di Pegaso dove il cavallo alato, simbolo della poesia,

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  • svetta su una roccia.Qui il gruppo scultoreo concepito con la particolarit di due assi compositivi:1)quello dell'animale ben dritto2)quello della fontana molto inclinato.La pendenza della vasca voleva forse alludere agli effetti dei terremoti che, secondo laleggenda, Pegaso arrestava battendo lo zoccolo sul suolo dal quale poi faceva subito zampillarefonti d'acqua.

    L'iconografia dell'animale mitologico era molto diffusa all'epoca ma l'ispirazione venne da unaxilografia compresa tra le tante immagini del Sogno che rappresentava un modello di fontanacon Pegaso quasi identico a questa, su un simile piano inclinato. Una vasca inclinata che ha alcentro una caverna che regge un Pegaso, cavallo alato del furore poetico che sta per spiccare ilvolo.In questo percorso si pu leggere un'altra simbologia.Nel periodo in cui il Cardinale Chigi faceva dipingere alla Farnesina il suo oroscopo, illinguaggio degli astri era comune e in quest'angolo di parco si riconosce un pezzo di cielo.Sotto il ruscello, che rappresenta la divisione tra il nostro emisfero e quello meridionale, apparela costellazione della Balena e, a suo riscontro, nel nostro emisfero, fra essa e i pesci, appareuna piccola costellazione cui fu dato il nome di Tartaruga.Manilio dice nella sua opera: Quando, sorti i Pesci, il loro ventunesimo grado sull'orizzonteillumina la terra, Pgaso s'inclina, volando al cielo (vedi la vasca inclinata). Il cieloconfigurato quello dell'inizio della Primavera quando le tartarughe escono dal letargo. Ma laTartaruga ricorda anche quella dello stemma di Cosimo de'Medici, che sormontata da unavela: "Festina Tarde" ovvero ponderazione e celerit si devono unire. Il Wind ci dice che gliermetici del cinquecento interpretavano il detto in questo modo: rifletti lentamente e a lungo eagisci di furia e di scatto senza che l'una cosa intralci l'altra.Ancora, in alchimia, la Tartaruga la materia dell'opera, coperta da un involucro che non siscalfisce e il vaso capovolto quello delle cotture mentre la creatura liberata identifica gli oliivolatili.Anche se Vicino non la conobbe, questa statua identica ad un'icona ind identificata conVishnu ovvero la Base dell'essere.

    Da questa raffigurazione si giunge alla Fontana dei Delfini, di cui abbiamo gi parlato, dove sisvolge ancora la carta del cielo.Infatti, dopo Pegaso, brilla la piccola costellazione dei Delfini (o Nettuno) alla fine dei Pesci:chi ne riceve gli influssi il beniamino delle Grazie (nicchia delle Grazie).Dopo i Pesci c' l'Ariete, Zeus Ammone con testa arietina.Alla fine dell'Ariete c' una contemplazione del mistero dell'acqua, il principio ondulatorio chetutto plasma e discioglie.Non dimentichiamoci che al tempo di Vicino il Polifilo era tutto un invito a contemplare l'acquaexsurgente. Nei poemi di Bruno, Oceano il principio orfico di tutto e dalle fonti d'Oceanosorge Pegaso. Dopo molti secoli Goethe ricontempler il mistero dell'acqua e nel secondoFaust emergeranno le stesse creature che sono scorse nel parco: ninfe, sirene, delfini, arpie eanche la tartaruga.

    Accanto a queste composizioni Vicino fece realizzare i: Falsi Ruderi composti da una colonnaspezzata e un tronco d'albero, per dare l'idea di come la natura e il tempo modificassero l'operadell'uomo e di come poi il prodigio del cavallo alato (o della poesia) riportasse vita nelpaesaggio devastato dagli elementi naturali (il terremoto).Nell'enorme bocca dell'Orco (alterazione di Orcus re degli Inferi), entro cui furono scolpiti untavolo e un sedile perimetrale, continu la tematica dell'orrido e dell'incantato. Tutte questesculture erano state colorate per aumentare gli effetti di verosimiglianza nel loro aspetto irreale(molte tracce sono state osservate dallo storico dell'architettura Arnaldo Bruschi, che le hadettagliatamente descritte).Vicino si rif qui ad altre due opere, il De Raptu Proserpinae di Claudiano e la Teogonia diEsiodo.

    Il primo descrive la Spelunca Aevi con il serpente verde della sempiterna vita.Tranne quest'ultimo ci sono tutti gli elementi: la caverna che manda fuori e si riprende itempi un mascherone sulle cui labbra un verso, oggi mutilo, di Dante annunciava l'ingressoin un mondo occulto e misterioso:

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  • LASCIATE OGNI PENSIERO VOI CH'ENTRATE

    Nel realizzare uno dei gruppi mastodontici presenti nel parco, Vicino si ispir, nuovamente,all'opera di Ariosto creando la cosiddetta Lotta tra Giganti. Questa , probabilmente,laraffigurazione di Orlando impazzito per amore che, spogliatosi di tutte le armature scolpitedietro la scultura, squartava un innocente che gli contendeva il passo (nel 1578 scrivendo alDrouet Vicino dir di voler far deventar l'Orlando mezz'uomo dabbene forse eliminandonequalche aspetto scabroso in attesa di una probabile visita del papa).

    Accanto alla figura c' una terzina rimasta mutila in cui si legge:

    ... TIER GIGANTE

    ... O SCEMPIO

    ... ANGLANTE

    Da queste tracce si comprende che l' altier gigante incontra malauguratamente il signord'Anglante come spesso viene chiamato Orlando nel poema ariostesco.Alcuni studiosi nel passato sostennero che queste sculture rappresentavano la violenzaperpetrata ai danni di una fanciulla (un'amazzone per l'assenza di seno), a causa di unacontraffatta fenditura scavata successivamente sul pube ma, la postura dei colossi non pu farpensare ad una siffatta azione, per quanto violenta potesse essere.

    L'effetto drammatico anche se le proporzioni delle figure sembrano allontanare la tragicitdella rappresentazione, come se appartenesse ad un mondo lontano da quello degli uominireali.La pazzia di Orlando, che dunque non ha pi la ragione, diventa il simbolo della disposizionedelle figure del bosco che non segue pi i canoni compositivi del giardino rinascimentale.Accanto al gruppo scultoreo c' anche un'epigrafe che recita:

    SE RODI GIA FU DEL SUO COLOSSOPUR DI QUEST IL MIO BOSCO ANCHO SI GLORIAE PER PIU NON POTER RO QUANT IO POSSO,

    ovvero questo colosso supera l'Apollo di Rodi, l'isola della Rosa.

    III Percorso del Bosco Sacro creato dopo il 1573, alimentato dalle opere di B. T. Tasso: Laselva stregata e i temi infernali.

    Con gli anni, Vicino si appassion ai poemi cavallereschi dai quali trasse l'ispirazione perrealizzare un boschetto incantato; probabilmente da questi fu tratto anche l'attributo "Sacro",che in essi veniva utilizzato con un'accezione simile ad incantato.In verit, anche il Sogno di Polifilo si apriva con la descrizione della selva incantata di Circe.Anche l'idea delle gigantesche sculture, corredate da iscrizioni, risaliva alla tradizione del boscomagico descritto nell'Orlando Innamorato di Matteo Mattia Boiardo. Ma, l'ispirazione gli venneprobabilmente dal poema di Bernardo Tasso, L'Amadigi, in cui il bosco ha un ruolo dominantee dove si descrive la selva di Oronte (nel 1575, Vicino ebbe una figlia naturale che chiam"Oronthea"), un luogo magico popolato di creature e personaggi fantastici. In quest'opera, piche nell'Orlando Furioso, la prova della selva stregata o bosco incantato uno dei momenticruciali dell'iniziazione del cavaliere al coraggio e alla gloria.

    La revisione di quest'opera era stata fatta da Bernardo Capello, uno dei poeti della cerchia diVicino, che era conosciuto personalmente dall'autore il quale lo cit nell'ultimo capitolodell'opera. Ma, quando stavano per iniziare i lavori, la foresta di Saron descritta nellaGerusalemme Liberata, opera del figlio di Bernardo, Torquato, colp maggiormente la fantasiadell'Orsini: la selva stregata da un Plutone analogo a Oronte, con tutti i suoi richiami agli Inferi,divenne la linea guida del nuovo ampliamento.In Torquato Tasso l'orrendo non pi manipolazione demoniaca della natura ma divienecategoria del naturale che suscita il sentimento "tragico" del tema e sollecita il pathos dellapoesia.

    Il Sacro Bosco riproduce quindi la prova della selva incantata con evidenti margini di

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  • avventuroso divertimento. Ecco perch c' anche un alternarsi continuo di visioni spaventevolie allettanti (ninfe e sirene) fatto che era invece sembrato ai critici un'insanabile contraddizione.Una delle sculture pi enigmatiche, presente nel parco, proprio quella di Plutone, identificataspesso con Nettuno, rappresentato maestosamente seduto e affiancato da attributi iconograficiconsueti:1)la cornucopia (Plutone in greco significa: donatore di ricchezze);2)il mostro marino a fauci spalancate (rappresentante i fiumi infernali e il suo dominio su diesse). Alla sua destra c' un delfino, che egli accarezza. comunque un'iconografia che ricalca anche quella dei fiumi. Nell'Amadigi, Oronte il nomedi un grande fiume della Siria, che ricordato anche nell'Orlando Furioso.Inoltre l'Oronte dell'Amadigi ha molte affinit con le acque e con Oceano. Un particolareancora pi importante che la sua donna teneva i prigionieri "immersi in un profondo lago",proprio come avviene nella scultura presente subito dopo questa: una figura femminilemastodontica che tiene un'altra figura a testa in gi.

    Davanti al gigante maschio c'erano, inoltre, una serie di vasi in doppia fila che introducevanoalla sua fonte e che visibilmente richiamavano le urne funerarie del tempio distrutto dipolifilesca memoria (modello per il Sepolcro) e dedicato a Plutone. Ma in questi vasi ci sonodelle scritte che riportano al motivo delle fiere che nell'Amadigi vigilano su Oronte. Si leggeinfatti in alcune scritte mutile:

    FONTE NON FU ...CHINGUARDIA SIA DELLE PIU' STRANE BELVE

    NOTTE E GIORNO NOI SIAM VIGILI E PRONTE A GUARDAR D'OGNI INGIURIAQUESTA FONTE ...

    Le belve sono "strane" ovvero sono creature dell'inganno o di un incantesimo.Come si vede chiaramente c' il continuo riamando alle varie opere a cui si fa riferimento chevengono cos inglobate in un'unica grande rappresentazione.Un po' prima, nello spazio confinante con il sottostante Sacrario di Venere, fu posta un'enormefigura femminile addormentata, da tutti considerata una ninfa, ma che nel quadro dellaGerusalemme assume l'identit della bella maga Armida che, come Plutone, fu incaricata diostacolare gli eserciti cristiani; o forse la divinit orfica del Sonno e della Notte cuiMichelangelo dedic un sonetto:

    "O notte, o dolce tempo, bench nero,con pace ogn'opera sempr'al fin assalta.Tu mozzi e tronchi ogni stanco pensieroChe l'umid'ombra ogni quiet'appaltaE dall'infima parte alla pi altaIn sogno speso porti ov'io ire spero".

    Il Drago: dalle ali di farfalla, azzannato da un leone doveva dare corpo agli echi delle creatureche si muovevano dentro la selva di Saron, mentre:L'elefante, in assetto di guerra, munito di torre sul dorso e stritolante un legionario incarnaval'Africa, nemico e "mostro" da sopprimere per i militi di religione cristiana. Il pachidermapoteva essere pure un tributo al figlio dello stesso Vicino, Orazio, morto nella battaglia diLepanto (1571) contro i Turchi. Forse al primo percorso dedicato alla memoria di Giulia siaggiungeva quello in memoria del figlio.La figura seduta ai margini delle urne, quella di migliore fattura dell'intero Bosco Sacro, fuspesso identificata con Cerere, ma con ogni probabilit all'interno del comprensorio infernale sivolle rappresentare Proserpina (ninfa dello Stige), la compagna di Plutone e figlia di Cererestessa che, della madre, possedeva gli attributi.

    Il mondo dei morti continu ad animare il boschetto con il:Cantaro (o Vaso Gigante), sulla cui base compare Medusa, creatura sotterranea. Nel Timeoviene detto che in un cratere furono gettati i semi di tutte le cose e ogni anima li contiene tuttiquanti; e, come in quel cratere in cui c' la mescolanza di tutto, essa pu riconoscere ogni cosagrazie ad un'intima affinit.Nel bosco c' anche la presenza di Cerbero, custode tricipite dell'accesso agli Inferi, a cui

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  • salgono i pnici. Triplice perch, come insegna Pico, anche nel regno dell'oscurit vale la regoladella Triade: il regno infero quello delle Tre Parche:- la prima porge lo stame- la seconda lo avvolge- la terza lo annoda; il regno del gelido Saturno, dove:- Giove d inizio;- Nettuno svolge;- Plutone chiude.Le tre fauci di Cerbero sono aperte: perch, come cane, latra ad ogni ombra: in questo modoche Cerbero annuncia le ombre e i misteri.Salendo per un declivio si giunge al terzo livello del parco.

    Qui si viene accolti da due figure femminili:

    1) la Sirena Bifida con il volto aggraziato che finisce con un corpo di pesce che si divarica indue code scagliose. La si incontra spesso nelle pagine di Polifilo. una figura del panico sottileche pu suscitare il potere del grembo femminile, delle acque che nelle viscere della terrasollecitano la febbre delle geminazioni

    2) la figura senza braccia n gambe che alza le vaste ali di pipistrello, animale notturno efecondo e simbolo di paurose irruzioni della notte.Ancora leoni, tombe, uno spazio evocativo delimitato da grosse pigne e ghiande in peperino cuipresiedono due orsi che reggono, tra le zampe, la rosa. Gli orsi si nutrono di ghiande e di pinolie in loro si concentra la forza riproduttrice.Nel 1583, prossimo alla fine, Vicino si persuase di essere ancor bono per li diletti de Venere ...perch alle volte giova considerare e intendere una cosa come se fusse vera in ci coerente aquanto aveva fatto dire alla sfinge: e dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno opur per arte.Come per Aristotele, anche per Vicino la Meraviglia divenne il motivo della conoscenza: Chiammira e dubita sa di ignorare.Nei secoli successivi il Parco, opera di certo singolare, fu sempre considerato il curiosoesperimento di un sognatore.

    Il Sacro Bosco fu trascurato fino a quando, nella prima met del XX secolo, ad artisti e uominidi cultura sembr geniale l'idea di trasformare le rocce insignificanti del luogo in creature earchitetture immaginifiche.Fu Salvador Dal, esponente del movimento surrealista, tra i primi che cercarono di recuperarela memoria storica del Bosco Sacro e il suo recupero architettonico.

    Egli vide negli ignoti artisti di questo capolavoro a cielo aperto alcuni dei precursori delsurreale, come gi erano considerati sia Bosch sia l'Arcimboldo.A tutt'oggi per non c' una pubblicazione che abbia dato una risposta definitiva e ancora pimisteriosi risultano gli artefici, come se magicamente il Bosco stesso si fosse impossessato delleloro identit storiche per acquistare un'anima autoctona.

    Bibliografia

    Zolla Elmire, Nicoletti Manfredi e Lainez Manuel Mujica, Il Bosco Sacro, in "FMR",mensile di Franco Ricci, aprile 1983, pp. 39-70.

    Calvesi M., Il Sacro Bosco di Bomarzo, La prova della selva stregata, in "Art eDossier", N. 40, pp. 15-23, 1989.

    A.A. V.V., Ville e Giardini, pag. 24, Villa Lante. Il cielo pu attendere; pag. 46,Giardino di Bomarzo. Oh, le belle statuine, in "Bell'Italia", n. 8, Ottobre 1996.

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  • Zuccari A., Raffaello e le dimore del Rinascimento, in "Art Dossier", n. 7. AA.VV. , Il Cinquecento, Natura e Artificio, in Enciyclomedia, CD-ROM de

    "L'Espresso".

    Calvesi M. , Gli incantesimi di Bomarzo, Il Sacro Bosco tra arte e letteratura,Milano, Bompiani, 2000.

    Brio William Davide, Il Sacro Bosco di Bomarzo (Viterbo) tra incantesimi d'amore ecreature fantastiche, in "Italy Vision", n. 1, pp. 2-15, Gennaio - Febbraio, 2003.

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