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Il "Capitale Sociale" Robert D. Putnam Questo documento è stato reso consultabile su www.wowlearn.com dal responsabile del sito di provenienza. Tutti i diritti di utilizzo sono riservati all’autore dello stesso: sono vietate copie totali o parziali, distribuzione a terzi o altre forme di sfruttamento commerciale. 1 1 Il "Capitale Sociale" Di Robert D. Putnam Pubblicato su www.bdp.it/adi/, Marzo 2004 Educazione, Diversità, Coesione Sociale e "Capitale Sociale" Che cosa è bene per l'educazione? E a cosa serve l'educazione? Questa duplice domanda sulle ragioni e gli effetti dell'educazione è oggi al primo posto nell'agenda dei più avanzati paesi del mondo. Le risposte correnti alla prima domanda (almeno nei paesi che conosco meglio) consistono in maggiori investimenti, standard più elevati, e responsabilità per i risultati (accountability). Competitività economica, progresso tecnologico, e crescita economica sono le risposte correnti alla seconda domanda. In linea di massima, non contesto queste risposte. Dovremmo seriamente pensare di investire in capitale umano perché i rendimenti economici sono elevati e chiaramente in aumento. Tuttavia, quei temi, per quanto importanti essi siano, non sono il centro d'attenzione di questo convegno, e non sono l'argomento della mia breve relazione. Invece, noi siamo qui per discutere il contesto sociale e gli effetti dell'educazione, definiti in senso ampio. L'espressione usata nel nostro convegno per inquadrare queste questioni è “coesione sociale”, una scelta assolutamente corretta, poiché richiama la nostra attenzione sui nodi della giustizia sociale, della tolleranza, dell'inclusione e dell'integrazione sociale. Nel mio lavoro (e in quello di illustri esperti di molti altri governi e paesi dell'OCSE), tuttavia, un concetto collegato viene ora sempre più utilizzato per inquadrare molti di questi problemi - quello di capitale sociale (nota1). Spero che mi perdonerete, pertanto, se presenterò questo concetto prima di rivolgermi alle importanti questioni di sostanza, poiché penso che possa aiutarci a comprendere con maggior precisione le preoccupazioni che condividiamo sul contesto sociale e sugli effetti dell'educazione. Sono conscio, naturalmente, del fatto che questo è un dibattito sulla politica educativa, e non sulla teoria sociale! nota1. Ricercatori in molti campi differenti e in molti paesi differenti hanno contribuito ad una crescita esponenziale della ricerca sul capitale sociale nell'ultimo decennio.

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IIll ""CCaappiittaallee SSoocciiaallee""Di Robert D. Putnam

Pubblicato su www.bdp.it/adi/, Marzo 2004

EEdduuccaazziioonnee,, DDiivveerrssiittàà,, CCooeessiioonnee SSoocciiaallee ee ""CCaappiittaallee SSoocciiaallee""

Che cosa è bene per l'educazione? E a cosaserve l'educazione? Questa duplicedomanda sulle ragioni e gli effettidell'educazione è oggi al primo postonell'agenda dei più avanzati paesi del

mondo.

Le risposte correnti alla prima domanda (almeno nei paesi che conosco meglio)consistono in maggiori investimenti, standard più elevati, e responsabilità per irisultati (accountability). Competitività economica, progresso tecnologico, ecrescita economica sono le risposte correnti alla seconda domanda. In linea dimassima, non contesto queste risposte. Dovremmo seriamente pensare diinvestire in capitale umano perché i rendimenti economici sono elevati echiaramente in aumento.

Tuttavia, quei temi, per quanto importanti essi siano, non sono il centrod'attenzione di questo convegno, e non sono l'argomento della mia breverelazione. Invece, noi siamo qui per discutere il contesto sociale e gli effettidell'educazione, definiti in senso ampio. L'espressione usata nel nostroconvegno per inquadrare queste questioni è “coesione sociale”, una sceltaassolutamente corretta, poiché richiama la nostra attenzione sui nodi dellagiustizia sociale, della tolleranza, dell'inclusione e dell'integrazione sociale.

Nel mio lavoro (e in quello di illustri esperti di molti altri governi e paesidell'OCSE), tuttavia, un concetto collegato viene ora sempre più utilizzato perinquadrare molti di questi problemi - quello di capitale sociale (nota1). Speroche mi perdonerete, pertanto, se presenterò questo concetto prima dirivolgermi alle importanti questioni di sostanza, poiché penso che possaaiutarci a comprendere con maggior precisione le preoccupazioni checondividiamo sul contesto sociale e sugli effetti dell'educazione. Sono conscio,naturalmente, del fatto che questo è un dibattito sulla politica educativa, e nonsulla teoria sociale!nota1.Ricercatori in molti campi differenti e in molti paesi differenti hanno contribuito ad una crescitaesponenziale della ricerca sul capitale sociale nell'ultimo decennio.

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CCAAPPIITTAALLEE SSOOCCIIAALLEE

La nozione di capitale fisico siriferisce agli strumenti materiali cheaumentano la produttività (diqualunque cosa si tratti, da uncacciavite a un motore). Parecchiedecine d'anni or sono, gli economistici hanno insegnato a pensare alleabilità e all'istruzione come adun'altra forma di capitale che puòanch'essa aumentare la produttività -il capitale umano. Più recentemente,gli scienziati sociali in molti paesihanno osservato che le reti sociali (ele regole connesse di reciprocità efiducia) possono anch'esse avere fortieffetti sulla produttività, in sensoampio, e hanno usato il termine

capitale sociale per riferirsi a tali effetti.

L'idea centrale è molto semplice: le reti sociali hanno un valore. Hanno unvalore per le persone che fanno parte delle reti - è ad esempio dimostrato cheil “far rete” è una buona strategia per fare carriera. Fitte reti sociali neiquartieri - grigliate in compagnia o associazioni di vicinato o altro - possonoessere un deterrente per la criminalità, recando vantaggio anche a quei viciniche non partecipano alle grigliate o non fanno parte delle associazioni.

I sostenitori dell'interpretazione del “capitale sociale” hanno parlatodell'esistenza di forti correlazioni, in vari paesi, tra vivaci reti sociali eimportanti risultati sul piano sociale, quali più bassi tassi di criminalità,maggior benessere infantile, migliore salute pubblica, un'amministrazione piùefficiente, riduzione della corruzione politica e dell’evasione fiscale, miglioriprestazioni dell'economia di mercato, e così via. Per esempio, diversi sofisticatistudi econometrici, effettuati di recente in Italia, hanno mostrato che, tenendosotto controllo tutti gli altri fattori che si potrebbero ipotizzare come rilevanti, iluoghi caratterizzati da un elevato capitale sociale hanno anche mercati delcapitale e del lavoro più efficienti, proprio come predice la teoria. E come iosottolineerò in breve, studi in vari paesi dell'OCSE suggeriscono che il capitalesociale è un importante fattore dei risultati ottenuti sul piano educativo.

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Non tutte le esternalità del capitale sociale sono positive. Alcune reti sono stateusate per finanziare e servir da tramite al terrorismo, per esempio. Propriocome un'aeronave fisica o la conoscenza della chimica, ad esempio, possonoesser usate per scopi distruttivi, così può esserlo anche il capitale sociale.Inoltre, come il capitale fisico e quello umano, il capitale sociale si presenta inmolte forme, non tutte fungibili (vale a dire, utili per gli stessi scopi). Untrapano da dentista e una piattaforma per l'estrazione del petrolio non sonointerscambiabili, sebbene tutt'e due rappresentino un capitale fisico.

Similmente, è necessario distinguere tra differenti tipi di capitale sociale, comela differenza tra il capitale sociale della “coesione interna” (bonding socialcapital), costituito dai legami tra persone che sono simili per etnia, età, classesociale, ecc., e il capitale sociale “che getta ponti” (bridging social capital),costituito dai legami che passano attraverso varie linee di diversità sociale(nota 2). (Ritornerò a questa distinzione fra poco). Ma il punto essenziale è chele reti sociali possono essere un bene di grande valore, sia per gli individui cheper le comunità.

Nel mio libro Bowling alone, ho sostenuto che molte forme di legami con lafamiglia e gli amici, le associazioni civiche, i partiti politici, i sindacati, i gruppireligiosi, e così via sono in declino negli Stati Uniti già da 30-40 anni a questaparte. Molte persone in altri paesi ritengono che un analogo declino nei legamicomunitari si sia verificato anche da loro. Tuttavia, il capitale sociale non èsincronizzato con un singolo metronomo globale, e non so se le tendenze aquesto riguardo siano sfavorevoli o no fuori dagli Stati Uniti. Ma qualunquesiano le tendenze, è bene prestare attenzione alle reti sociali e alle regole direciprocità e fiducia, poiché esse sono intimamente collegate alle cose di cui cipreoccupiamo, compresa la coesione sociale.

Per evitare di essere frainteso, vorrei aggiungere, per concludere, che ilcapitale sociale non è il sostituto di un'efficace politica pubblica, ma piuttostoun suo prerequisito e, in parte, una sua conseguenza. Parlando sul pianoideologico, quella di capitale sociale è un'idea che non appartiene ne’ alladestra ne’ alla sinistra.nota2.La distinzione fra due tipi di capitale sociale, cui fa qui riferimento Putnam, risale al sociologo americanoMark Granovetter, il quale però parla a tale proposito di "legami forti", cioè le relazioni che si hanno con ifamiliari e con gli amici più stretti, in una parola con tutti coloro che ci sono vicini per parentela o sono anoi sociologicamente simili (per razza, età, sesso, classe sociale, religione, ecc.), e di "legami deboli",cioé le relazioni che si hanno con gli altri in generale, con quelli che sono diversi da noi. Mentre il primotipo di legami tendono a chiudere le persone all'interno della famiglia e della comunità d'appartenenza, isecondi le mettono in contatto col mondo più ampio, al di là delle differenze (M. Granovetter, "Thestrenght of weak ties", American Journal of Sociology 78, 1973, pp. 1360-80) (NdT)

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In che modo il capitale sociale, nel senso limitativo ed essenziale in cui uso quiil termine - reti e regole di reciprocità e fiducia - è in relazione con la coesionesociale? Dal mio punto di vista, quello di capitale sociale è un concetto piùristretto e più chiaramente definito, che richiama l'attenzione su unacomponente cruciale della coesione sociale, nel senso di una società giusta,equa, tollerante e ben integrata. Naturalmente, altri fattori oltre al capitalesociale, sono rilevanti per la coesione sociale; ad esempio, un welfare efficientee politiche antidiscriminatorie sono altrettanto importanti. Così, secondo me uncapitale sociale ricco e del giusto tipo può esser considerato come un obiettivopolitico intermedio che, se raggiunto, potrebbe aiutare governi e società aprogredire verso il più ampio obiettivo della coesione sociale.

CCOOMMEE IILL CCOONNTTEESSTTOO SSOOCCIIAALLEE IINNFFLLUUEENNZZAA II RRIISSUULLTTAATTII EEDDUUCCAATTIIVVII

Su questo sfondo, desidero ora indicarealcune possibili risposte alle nostrequestioni centrali: in che modo ilcapitale sociale e la coesione socialeinfluenzano l'educazione? E (cosa piùimportante) in che modo l'educazioneinfluenza il capitale sociale e la coesionesociale?

La correlazione tra capitale umano ecapitale sociale è molto stretta, non perdefinizione o tautologicamente, ma

empiricamente. Gli individui e le comunità con alti livelli di capitale umano(educazione e formazione) sono anche caratterizzati da alti livelli di capitalesociale nelle sue varie forme. Una correlazione non è sempre la dimostrazionedell'esistenza di un rapporto causale, ma vi sono in questo caso provesufficientemente attendibili che la causalità agisce in entrambi i sensi, vale adire che il capitale sociale promuove l'acquisizione di capitale umano e a suavolta l'educazione promuove l'accumulazione di capitale sociale. Per taleragione, chiunque sia interessato ad uno dei due lati dell'equazione dovrebbeessere interessato anche all'altro. Desidero illustrare, per prima cosa, in chemodo il capitale sociale può favorire il processo educativo, e quindi comel'educazione possa contribuire al capitale sociale e sviluppare per questa via lacoesione sociale. Per il tipo di conoscenze che possiedo, mi baso soprattutto suconstatazioni riferite agli Stati Uniti, ma non ho ragioni di dubitare che in sensoampio tali generalizzazioni si applichino anche ad altri paesi dell'OCSE.

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Noi siamo interessati ai risultati dell'educazione, come i punteggi conseguiti neitest di profitto e le percentuali di studenti che completano gli studi. Un'ampiavarietà di studi indica che il capitale sociale è un input importante del processoeducativo. Parlando in termini generali, possiamo distinguere tra il capitalesociale “dentro le pareti scolastiche”, e cioé le reti sociali all'interno dellascuola, e il capitale sociale “fuori dalle pareti scolastiche”, cioè le reti socialiche legano la scuola alla più ampia comunità. “Dentro le pareti scolastiche” èampiamente riconosciuto che, fra gli studenti, le reti di pari hanno una forteinfluenza sia sulle loro aspirazioni che sul processo educativo stesso. Questofenomeno è ancora più marcato, negli Stati Uniti almeno, al livellouniversitario, dove è provato che gli studenti dei College imparano di più gliuni dagli altri che dalla istruzione formale (ad Harvard, per esempio, il fattoreche maggiormente incide sulla formazione, è l'eccezionale qualità degli altristudenti, non la qualità del corpo docente, un fatto che tende ad abbassarel'auto-stima mia e dei miei colleghi).

Un altro aspetto del capitale sociale “dentro le pareti scolastiche”, che direcente è stato dimostrato avere forti effetti educativi, è il grado di fiducia ecoesione tra docenti e organi di direzione. Si è scoperto che una caratteristicadistintiva delle scuole altamente efficaci è un clima di cooperazione all'internodella comunità scolastica (nota 3).

Fuori dalle pareti della scuola, i legami sociali coi genitori e le comunità sonouna risorsa altrettanto importante. La letteratura americana che documenta glieffetti del coinvolgimento dei genitori sul successo scolastico dei figli èdavvero vasta, e può essere sintetizzata con questa semplice citazione:“Quando i genitori sono coinvolti a scuola, i loro figli vanno più avanti neglistudi e le scuole che essi frequentano sono migliori” (nota 4).

nota 3Per l'evidenza sperimentale su questo punto, vedi: Anthony Bryk e Barbara L. Schneider, Trust inSchools: A Core Resource for Improvement (New York: Russell Sage Foundation Press, 2002)

nota 4Henderson, A. T. e Berla, N. (Eds.), A New Generation of Evidence: the Family is Critical to StudentAchievement (Washington, D.C.: National Committee for Citizens in Education, 1994), p. 1

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Al di là dei genitori, il proverbio africano “Ci vuole un villaggio per crescere unbambino” è diventato un luogo comune nelle discussioni contemporaneesull'educazione in America. Un'interessante questione che sorge da questoappello al coinvolgimento della comunità è se certi tipi di villaggio facciano unlavoro migliore di altri nel crescere ed educare i bambini. I dati statistici che ioed altri abbiamo raccolto indicano chiaramente che gli atteggiamenti e ilcomportamento che i genitori hanno verso il processo educativo sonoinfluenzati più profondamente e direttamente dalla forza dei legami familiari ecomunitari che non dal livello socio-economico o dal carattere etnico dellecomunità. In effetti, le prove indicano che i punteggi dei test o i tassi diabbandono scolastico sono meglio predetti da misure del capitale sociale dellacomunità che non da misure della qualità degli insegnanti o dalla dimensionedella classe o dalla spesa per alunno (nota 5) . Per fare un esempio moltodiverso di come il contesto sociale possa favorevolmente influenzarel'apprendimento, vorrei citare l'esempio del “modello di Reggio Emilia”, oggettodi tanti elogi; non è un caso che tale modello sia emerso nella regione italianache, in base a molte altre misure, ha uno fra i più alti livelli di capitale sociale,di impegno civile, e di coesione sociale in Italia. Similmente, prove recentiraccolte nel Regno Unito indicano, stando a ciò che ci è riferito, che il capitalesociale della comunità è un predittore significativo dei risultati scolastici deglistudenti, al netto dell'influenza di altre variabili.

Una ragione per cui gli studenti che provengono da gruppi minoritari o daambienti di povertà sono svantaggiati dal punto di vista scolastico è proprioche essi mancano della possibilità di accedere ad un produttivo capitale sociale,sia all'interno che all'esterno della scuola. Pertanto una strategia per sostenerele scuole con risultati sotto la media è stata di promuovere una comunità piùattiva e di collegare più direttamente i genitori e i membri della comunità conle scuole(nota 6).

nota 5Robert D. Putnam, "Community-Based social capital and Educational Performance", in Making GoodCitizens: Education and Civil Society , Diane Ravitch e Joseph Viteritti, eds. (New Haven: Yale UniversityPress, 2002). La generalizzazione nel testo è robustamente dimostrata, una volta che si tengano sottocontrollo molte altre potenziali variabili confondenti, come la povertà, la razza, la dimensione della classe,la spesa educativa, la struttura familiare, e così via.

nota 6Dennis Shirley, Community Organizing for Urban School Reform (Austin: University of Texas Press,1997); Mark R. Warren, Dry Bones Rattling: Community Building to Revitalize American Democracy(Princeton, NJ: Princeton University Press, 2001); e Archon Fung, Empowered Participation: ReinventingUrban Democracy (Princeton, NJ: Princeton University Press, 2004).

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Una strategia complementare che si è dimostrata efficace è l'uso di mentori(ossia insegnanti non professionisti a tempo parziale del posto) che possonoportare abilità, esperienza, energia, e attenzione dalla comunità nella scuola.Per esempio, un programma che ha avuto successo negli Stati Uniti,denominato Gruppi d'Esperienza, poggia su adulti in pensione specificamenteformati (spesso essi stessi membri di gruppi minoritari) per fare da mentore aragazzi svantaggiati nella scuola in modo sistematico (nota 7).

Nessun dubbio che i momenti e le modalità specifiche in cui il capitale socialeinfluenza i risultati educativi variano da un paese all'altro, e che ciò chefunziona in un contesto culturale può non funzionare in un altro. Ma l'evidenzaempirica indica con forza che i decisori politici interessati ad elevare glistandard educativi debbono preoccuparsi del contesto sociale dell'educazione(sia dentro che fuori la scuola), tanto quanto si curano dei computers, dei libridi testo e della qualificazione degli insegnanti.

CCOOMMEE LL''EEDDUUCCAAZZIIOONNEE IINNFFLLUUEENNZZAA IILL CCAAPPIITTAALLEE EE LLAA CCOOEESSIIOONNEE SSOOCCIIAALLEE

La coesione sociale è oggetto di crescentepreoccupazione nella maggioranza dei nostri paesi.In parte, ciò accade perché la diversità sociale edetnica sta rapidamente aumentando ovunque, e lediseguaglianze sociali ed economiche stannoanch'esse crescendo in molti (anche se non tutti)paesi dell'OCSE. In effetti, la predizione più sicurache possa esser oggi fatta riguardo a qualunquepaese avanzato è che esso sarà più differenziatoetnicamente fra vent'anni di quanto non lo sia ora,sia a causa dell'immigrazione che del diverso tasso

di fertilità. Diversità ed immigrazione possono costituire importanti vantaggisociali ed economici, ma il processo di diversificazione implica sfide che sono lestesse in tutti i nostri paesi. In parte, ciò dipende dal fatto che la stessaimmigrazione tende ad essere un'esperienza che isola socialmente, poiché ilegami familiari e comunitari rimangono nel paese d'origine, e nuovi legamihanno bisogno di tempo per svilupparsi in un ambiente nuovo.

nota 7Vedi: Robert D. Putnam e Lewis Feldstein (con Don Cohen), Better Together: Restoring the AmericanCommunity (New York: Simon & Schuster, 2003), cap. 9.

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Reagendo alla situazione, i gruppi di emigranti hanno sempre fatto particolarisforzi per minimizzare l'inevitabile perdita di capitale sociale per mezzo distrumenti come le enclaves etniche e l'“immigrazione a catena”, ma icambiamenti restano difficili.

In questo contesto, la distinzione tra il capitale sociale della “coesione interna”e il capitale sociale “che getta ponti” (costituito cioé da legami tra i gruppi) èmolto importante: come il nostro corpo ha bisogno sia di vitamina A che divitamina C, così la salute sociale richiede adeguate riserve sia di capitalesociale formato da legami interni a uno stesso gruppo che di capitale socialeformato da legami tra gruppi diversi. Se uno si ammala, quelli che gli portano ilbrodo di pollo rappresentano probabilmente il suo capitale sociale del primotipo, ma una società che disponga solo di questo tipo di capitale è in seriopericolo di chiudersi su di sé. Così una moderna democrazia pluralista haparticolarmente bisogno di capitale che crei ponti. Ma è un dato dellacondizione umana che questo secondo tipo di capitale sociale è più difficile dacostruire del primo. Così i governanti in tutte le società moderne debbono oggipreoccuparsi soprattutto di promuovere reti e condizioni di reciproca fiduciache superino le divisioni.

L'inclusione sociale dev'essere una priorità fondamentale per ragioni morali,sociali e politiche. Ma la stessa economia della conoscenza dipende in modoparticolare dal capitale sociale. Non è casuale che la Silicon Valley (come le suecontroparti altrove) sia un luogo di intensa costruzione di reti. L'immaginedell'inventore solitario, dalla vita simile a quella d'un eremita, non è mai statadel tutto rispondente alla realtà da un punto di vista storico, ma è del tuttofalsa oggigiorno. Così, anche da un punto di vista strettamente economico, legenerazioni future nei nostri paesi debbono essere fornite non soltanto dicapacità e conoscenze intellettuali, ma anche della capacità di lavorare ingruppo e di capitale sociale “che getti ponti”.

Per qualunque governo preoccupato di aumentare il capitale sociale e lacoesione sociale, il processo educativo costituisce la leva politica piùimportante e efficace. In questo senso, i ministri dell'educazione debbonogiocare un ruolo centrale nel perfezionare strategie per costruire capitalesociale. Quest'evidente affermazione poggia su molti fatti specifici.

Prima di tutto, nella maggior parte dei paesi (forse in tutti) il miglior predittoredi un alto capitale sociale è dato semplicemente dal numero di anni diistruzione formale. Anche tenendo costanti altri fattori, compresa la razza, ilreddito, il genere, l'etnia, l'occupazione, e molti altri, le persone più istruitehanno più vaste, più profonde e più forti reti sociali e partecipano di più alla

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vita sociale, comunitaria e politica. (Dato il luogo dove si svolge il nostroconvegno, viene a proposito che uno degli studi più recenti che dimostraquesto fatto sia Irlandese) (nota 8).

Lasciando del tutto da parte la semplice quantità di istruzione, altrecaratteristiche del processo educativo si sono dimostrate importanti perfavorire il capitale sociale, la partecipazione civica, e la coesione sociale. Perragioni di tempo e di spazio, ne elencherò brevemente alcuni:

§ Pedagogia e curricoli adeguati hanno mostrato di avere durevoli econsistenti effetti sul grado d'impegno degli studenti nella società e nellacomunità nella vita successiva. Negli USA e nel Regno Unito, peresempio, ci sono prove che indicano che l' “educazione civica” ol'“educazione del cittadino” possono trasmettere non solo l'informazionefattuale sulla vita pubblica (che è a sua volta una pre-condizione perprendervi parte), ma anche regole di comportamento e capacità, comel'esser tolleranti, il saper parlare in pubblico, e abitudini allacollaborazione. Una pedagogia che incoraggi un attivo lavoro di squadrasembra avere maggiori probabilità di essere efficace nell'inculcare abilitàsociali rispetto a una pedagogia che promuova solo l'apprendimentoindividuale, sebbene naturalmente le due esigenze vadano bilanciate.

§ Di recente, scuole e università in molte parti d'America hanno fattoesperienza di “apprendimento del servizio sociale” o di “servizio allacomunità”, ossia, programmi che combinano forme d'intervento nellacomunità con la riflessione disciplinare. (Per esempio, studenti di uncorso di biologia ambientale possono impegnarsi in qualche progettolocale di ripulitura dell'ambiente). Le prime verifiche sperimentali diquesti programmi sono molto incoraggianti, in quanto gli studenti chehanno partecipato a tali corsi hanno maggiori probabilità di essereimpegnati civilmente negli anni successivi rispetto a studenti con lestesse caratteristiche che non hanno avuto una simile esperienza (nota9).

nota 8Ricerca non ancora pubblicata di Thomas Healy del Dipartimento irlandese di Scienza dell'Educazione.

nota 9Su questo specifico punto, così come per le altre mie generalizzazioni sull'impatto della scuolasull'impegno civile e il capitale sociale, due preziose fonti di rigorosa, non viziata, informazione praticacirca l'evidenza sperimentale negli USA sono:1) CIRCLE, il Centro per l'Informazione e la Ricerca sull'Apprendimento e l'Impegno Civile, che ha sedeall'Università del Maryland, con il suo eccezionalmente utile website: http://www.civicyouth.org/;2) Carnegie Corporation di New York e CIRCLE, La missione civile delle scuole (New York: 2003), unrapporto comprensivo sull'educazione civica con 57 autori/sostenitori.

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§ Fuori dall'aula stessa, le scuole possono promuovere il capitale sociale,l'impegno civile, e la coesione sociale in altri modi. Per esempio, almenonegli Usa, ci sono consistenti evidenze sperimentali che indicano che lapartecipazione ad attività extra-curricolari durante la scuolasecondaria (atletica, musica, autogoverno studentesco, e così via) è unforte predittore dell'impegno civile da adulti, anche a distanza ditrent'anni. Inoltre, sport e arti varie rappresentano contestiparticolarmente congeniali al cui interno costruire capitale sociale “chegetti ponti”, perché sono meno immediatamente dipendenti da abilitàverbali.

§ Similmente, le scuole possono fungere da luoghi particolarmente utili oda punti focali per la costruzione di capitale sociale nella più ampiacomunità. In verità, il concetto di “capitale sociale” stesso è statoinventato nel 1915 da L. J. Hanifan, un educatore di campagna neldepauperato stato della Virginia Occidentale, come parte di unappassionato discorso a favore di quelle che sarebbero ora chiamate“scuole di comunità”, scuole che anche dopo l'orario scolastico servonocome luogo d'incontro dei membri della comunità per scopi condivisi.

§ Risolvere il dilemma della dimensione (nota 10). Come regola generale,'piccolo' è meglio per promuovere la solidarietà e per costruireconnessioni. Le piccole città, le piccole classi, le piccole scuole, le piccolefabbriche, i piccoli paesi, ecc. in genere manifestano più alti livelli difiducia reciproca ed impegno. Ascoltare, comunicare, prendersiresponsabilità, e costruire fiducia è più facile in contesti più intimi,mentre i contesti più ampi favoriscono l'anonimato e l'alienazione. Peraltro verso, spesso 'grande' è meglio ai fini dell'efficienza tecnica etavolta anche di una maggiore diversità. Gli educatori sono divenuti benpresto consapevoli di questo dilemma della dimensione in quanto hastretti legami con l'apprendimento, ma esso è decisivo nel campo delcapitale sociale. Una strategia per risolverlo può esser quella del cosìdetto approccio cellulare - inserire gruppi più piccoli in un'organizzazionepiù grande e più comprensiva. Questa fondamentale strategiaorganizzativa (famigliare ai comandanti della guerriglia e ai Rotariani)porta, nel caso dell'educazione, a un approccio chiamato (negli USA)“scuole all'interno delle scuole”.

nota 10Su questo problema, vedi: Putnam e Feldstein, Better Together (2003), pp. 275-279 et passim.

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Ma al di là che tale approccio sia il migliore in ogni particolare contesto, idecisori delle politiche dell'istruzione debbono riconoscere che la fusionedi scuole in unità sempre più grandi può avere effetti fortemente negativisulla capacità di tali scuole di promuovere il capitale sociale e la coesionesociale.

§ Integrazione sociale di scuole. In molti paesi, ma sicuramente negliUSA, alcune delle più aspre controversie sulla politica educativa hannocoinvolto i nodi del mix etnico e sociale degli studenti all'interno di unadata scuola. Non è casuale che la più importante questione dellarivoluzione dei diritti civili in America abbia riguardato l'integrazionerazziale delle scuole. I rapporti di ricerca indicano oggi una preoccupanteripresa della segregazione razziale de facto (anche se non de iure ).Meno ampiamente discussa, ma ugualmente problematica è la crescentesegregazione di fatto delle istituzioni educative secondo linee di classesociale. Ovviamente, la ragione per cui la segregazione (per razza o perclasse) è così preoccupante dal punto di vista della coesione sociale è cheessa indebolisce radicalmente la capacità delle scuole di promuovere laforma di capitale sociale che crea ponti fra gruppi diversi. Le abitudini adattraversare (o a non attraversare) i confini di classe e di razza siformano presto nella vita.

§ Linguaggio e assimilazione culturale. Poiché la piena integrazione inuna comunità richiede la padronanza della sua lingua, la lingua con cui siimpartisce l'istruzione nella scuola è materia di acceso dibattito in alcuneparti degli USA (e forse in altri paesi). Personalmente sono più serenoriguardo a questo problema di altri miei colleghi, poiché ritengo che,qualunque sia la politica delle scuole, più ampie necessità d'ordineeconomico e culturale forniscono agli immigrati forti incentivi adimparare la lingua nazionale. In realtà, nel mio paese almeno, questiconflitti non sono affatto nuovi: negli anni 1890 un argomento di radicalecontroversia in alcuni stati americani riguardava l'uso dello Svedese o delTedesco nelle scuole pubbliche!

§ La lingua, tuttavia, è solo un aspetto di un'importante e complessaquestione relativa ai due tipi di capitale sociale. È facile sostenere che lostabilire ponti e il rinsaldare legami di coesione interna sianoincompatibili, ma alcuni fatti indicano che ciò non è necessariamentevero. Ricercatori tedeschi, per esempio, hanno scoperto che gliimmigranti turchi che sono più attivamente integrati nella più ampiasocietà tedesca sono proprio quelli che sono anche più attivamentecoinvolti nella vita della comunità turca stessa. Il rinsaldare i legami di

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Il "Capitale Sociale"Robert D. Putnam

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coesione interna, in breve, può costituire una condizione preliminare allacreazione di ponti, piuttosto che essere un ostacolo. Questa questione èd'immediata rilevanza per i problemi di politica che sono stati di recentealla ribalta del dibattito internazionale in alcuni paesi OCSE, come laquestione del velo per le studentesse mussulmane. Chiaramente, vi sonoimportanti differenze nazionali sia nella filosofia politica che nelleconcezioni della cittadinanza. Parlando in generale, i Nord-Americanisono più aperti e persino entusiasti verso gli approcci multiculturali cheabbracciano ed esaltano la diversità, mentre alcuni paesi continentalisono molto più scettici, ritenendo che i “cittadini della repubblica”debbano rinunziare o porre limiti alla propria identità etnica, almenoall'interno dei cancelli della scuola. Non ho alcuna intenzione di prenderposizione su tale nodo in questo contesto!

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La conclusione più importante che vorrei trarre è duplice: per prima cosa,l'educazione influisce sul capitale sociale e sulla coesione sociale e viceversa;secondariamente, i decisori delle politiche dell'istruzione dei paesi dell'OCSEhanno molto da imparare l'uno dall'altro su ciò che funziona, in qualicircostanze e con quali modalità, rispetto al legame vitale tra educazione ecoesione sociale.

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Il concetto di capitale sociale , venuto in primo piano negli ultimi anni dopouna lunga fase di gestazione, è stato elaborato e variamente formulato, inriferimento a differenti quadri teorici, soprattutto da Jane Jacobs (The Deathand Life of Great American Cities, Random, New York, 1961), Pierre Bourdieu(“The forms of capital” in J.C. Richardson, Ed., Handbook of Theory andResearch for the Sociology of Education, Greenwood Press, New York, 1983),James Coleman (“Social capital in the creation of human capital”, AmericanJournal of Sociology , 94, S95-S120) e Robert Putnam.

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Il "Capitale Sociale"Robert D. Putnam

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La definizione che Putnam ne dà in Bowling Alone (p. 19) è la seguente:

«Mentre il capitale fisico fa riferimento agli oggetti materiali e ilcapitale umano alle caratteristiche degli individui, il capitalesociale si riferisce alle relazioni fra le persone – reti sociali eregole di reciprocità e mutua fiducia che ne derivano. In questosenso il capitale sociale è strettamente connesso a ciò che alcunichiamano “virtù civica”. La differenza è che il “capitale sociale”richiama l'attenzione sul fatto che la virtù civica è assai più solida

quando è radicata in una significativa rete di relazioni sociali di reciprocità. Unasocietà di individui virtuosi ma isolati non è necessariamente ricca di capitalesociale».