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Alfonso Piazza, Coturnici *** Eugenio Giannone Il Fascio dei lavoratori di Cianciana (1893-94) Biblioteca Comunale, Cianciana 1997 Cianciana, per l’esiguità del suo territorio, povero tra l’altro di sorgenti d’acqua, non ha mai avuto una vera vocazione agricola e le sue terre sono state coltivate dagli stessi proprietari. Diversa era la situazione del settore estrattivo, perché dagli anni ’40 erano state attivate delle miniere di zolfo nelle quali, attorno al 1890, erano occupati circa un migliaio di addetti, che spesso, per le gravi e ricorrenti crisi del settore, per il crollo dei prezzi e per le misere condizioni di vita e di lavoro, come già sottolineato, come tutti gli zolfatari della provincia di Girgenti, avevano dato vita a numerosi scioperi, come quello seguito alla serrata delle miniere il 15 settembre 1893, quando un’imponente dimostrazione si organizzò al grido di pane e lavoro, percorrendo le vie del paese”, che suscitò la seria preoccupazione delle forze dell’ordine, che s’incontrarono al Municipio con i rappresentanti della classe padronale e dei lavoratori, convenendo di tornare al lavoro con i prezzi di estirpazione ribassati e, quindi, i salari decurtati. Non 1

Il fascio dei lavoratori a Cianciana

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Il fascio dei lavoratori a Cianciana

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Alfonso Piazza, Coturnici

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Eugenio GiannoneIl Fascio dei lavoratori di Cianciana (1893-94)

Biblioteca Comunale, Cianciana 1997

Cianciana, per l’esiguità del suo territorio, povero tra l’altro di sorgenti d’acqua, non ha mai avuto una vera vocazione agricola e le sue terre sono state coltivate dagli stessi proprietari. Diversa era la situazione del settore estrattivo, perché dagli anni ’40 erano state attivate delle miniere di zolfo nelle quali, attorno al 1890, erano occupati circa un migliaio di addetti, che spesso, per le gravi e ricorrenti crisi del settore, per il crollo dei prezzi e per le misere condizioni di vita e di lavoro, come già sottolineato, come tutti gli zolfatari della provincia di Girgenti, avevano dato vita a numerosi scioperi, come quello seguito alla serrata delle miniere il 15 settembre 1893, quando “un’imponente dimostrazione si organizzò al grido di pane e lavoro, percorrendo le vie del paese”, che suscitò la seria preoccupazione delle forze dell’ordine, che s’incontrarono al Municipio con i rappresentanti della classe padronale e dei lavoratori, convenendo di tornare al lavoro con i prezzi di estirpazione ribassati e, quindi, i salari decurtati. Non tutti i produttori riaprirono le zolfare e i “disordini [scioperi] continuarono fino al 21 dello stesso mese. Tuttavia, al di là di quel momento particolarmente contingente, mai i tutori dell’ordine, come si apprende dalle relazioni dei delegati di P. S. al Sottoprefetto di Bivona, eran dovuti intervenire per sedare incidenti tra la popolazione, né mai s’erano preoccupati di partiti politici in grado d’intorbidire la civile convivenza avendone spesso ignorato o negato l’esistenza. C’era stato in passato qualche “facinoroso”; c’era, è vero, qualche repubblicano convinto come Pietro Antinori e qualche radicale o papista, ma la maggioranza della popolazione era fedele all’istituzione monarchica e festeggiava i genetliaci di casa reale. Dei socialisti nemmeno l’ombra. Eppure l’elemento operaio e bracciantile ciancianese era tutt’altro che inerte. Anzi la prima società di mutuo soccorso nel XII distretto di Bivona, che comprendeva comuni che vanno da Lucca Sicula e Burgio a Casteltermini, era sorta proprio a Cianciana.

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Essa ebbe vita breve a causa delle esorbitanti pretese del medico dott. Giuseppe Antinori e a nulla valsero i tentativi del sindaco cav. Gaetano Di Giovanni di rivitalizzarla.i Sicuramente, più che la coscienza di classe e la formazione politica, era la consapevolezza dell’indigenza e del comune sfruttamento a spingere zolfatari e lavoratori delle campagne ad azioni unitarie. I socialisti, come d’incanto, si sarebbero materializzati al momento della costituzione del Fascio. Essi incisero poco sul comportamento degli associati perché, pressoché come in tutta la Sicilia, i proletari ciancianesi si mossero, autonomamente e spontaneamente, anche dietro il Crocefisso, mischiando e confondendo il messaggio evangelico e le più moderne teorie economico-rivoluzionarie di redenzione sociale, anche a livello inconscio. Nella sala del Fascio, come vedremo, facevano mostra ben tre quadri di Gesù Nazzareno. L’elemento meno politicizzato, in qualche modo, era il contadino, sia perché anarchico per natura, sia perché, come con acume rilevava il delegato di P. S., signor Gaetano Tarantino, il territorio di Cianciana è di estensione molto esiguo, e le terre per lo più vengono coltivate dagli stessi proprietari e quindi, dati i piccoli appezzamenti che richiedevano poca manodopera esterna, non potevano sussistere gli elementi per una lotta di classe tra bracciante e proprietario. Restavano gli addetti all’estirpazione dello zolfo, la cui condizione era alquanto misera, percependo gli zolfatari dei salari, solo nominali per la loro esiguità, che consentivano appena la sopravvivenza per continuare a lavorare. Nei 1883 un picconiere guadagnava due lire al giorno, un caruso fino a dieci anni lire 0,35 e un caruso più grande fino a lire 1,30. Nello stesso anno su 597 occupati in miniera ben 90 erano donne ii costrette ad umiliarsi in occupazioni che mai, in tempi normali, un marito o padre avrebbe consentito. Né dieci anni dopo la loro sorte sarebbe migliorata. La guerra delle tariffe doganali con la Francia, la crisi mondiale dello zolfo, la scarsità degli ultimi raccolti avevano aggravato la situazione delle campagne e delle miniere siciliane. La paga del minatore (picconiere) a Cianciana nel 1893 oscillava dalle 1,50 a 2 lire, mentre un agricoltore guadagnava poco più di lire 1,25. Era, dunque, chiaro che contadini e zolfatari non avrebbero tardato ad organizzarsi se avessero trovato una guida credibile (eccezionalmente credibili e di grande carisma furono B. Verro, R. Garibaldi Bosco, N. Barbato, G. De Felice Giuffrida e, nella nostra zona, G. Bivona a Casteltermini e Lorenzo Panepinto a Santo Stefano Quisquina, socialisti) o se li avesse indotti l’esempio di qualche altro paese, come in effetti avvenne. Testardamente, ancora in data 7 settembre 1893, il delegato Tarantino ribadiva che “in questo comune non esistono partiti politici di sorta “ e che, quindi, la situazione era sotto controllo. Il Fascio dei Lavoratori di Cianciana fu tra gli ultimi ad essere costituito in Sicilia. Ad accelerare la sua formazione avevano contribuito l’onda emotiva dell’eccidio di Caltavuturo, gli scioperi e il Congresso di Corleone (primavera-estate ’93), la nascita Reggio Emilia del Partito Socialista, il Congresso di Grotte dei Fasci zolfatari, allineatisi sulle stesse posizioni di quelli contadini, nonché il ministero Giolitti, autenticamente liberale per quei tempi. Gli scioperi – come accennato – avevano interessato anche i lavoratori di Cianciana, dove nel settembre del ’93 era stato dislocato un distaccamento militare che dal 19 avrebbe iniziato un servizio di pattuglia con i Reali Carabinieri “allo scopo di vigilare e

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impedire che i zolfatai invadino i fondi dei proprietari per danneggiarli”iii e per il mantenimento dell’ordine pubblico. In un clima di crescenti sospetti e tensioni e su sollecitazione del De Luca e del Bidona, il Fascio ciancianese venne fondato il 15 ottobre 1893 con uno Statuto che fu tra i più avanzati dell’Isola prevedendo, oltre al miglioramento delle condizioni morali ed economiche delle classi subalterne, anche un ruolo preciso e di primo piano dei “lavoratori della mente” e di “quanti han mostrato di avere a cuore la redenzione delle classi lavoratrici”iv. Nella relazione del dlegato di P. S. al sottoprefetto di Bivona si legge che suo scopo “occulto invece è di fare propaganda socialista”.v

Esso era costituito “per la maggior parte di zolfatai, alcuni calzolai, pochi barbieri, qualche sarto ed altri operai in genere”vi per un totale di duecento associati. Ne fu presidente provvisorio Domenico Di Rosa, minatore, sostituito subito dopo da Francesco Impallari, calzolaio senza precedenti penali e “di principi avanzati”; segretario Alfonso Cosenza, pastaio originario di Bivona, incensurato, che tenne i contatti con altri Fasci;cassiere Giuseppe Prazza, “agiato produttore di zolfaia”. Sul finire di settembre Ignazio Acquisto, zolfataro originario di Casteltermini, aveva chiesto oralmente l’autorizzazione, negata in mancanza dell’elenco ufficiale dei soci, per aprire un magazzino per l’inaugurazione del fascio alla cui costituzione lo aveva spinto un individuo di Menfi, probabilmente il presidente del Fascio della cittadina belicese. Nonostante la mancata autorizzazione, la sezione del Fascio venne inaugurata ugualmente – in Corso Nazionale – con la partecipazione di “quasi tutta la popolazione della classe operaia”vii e una rappresentanza del Fascio di Girgenti e il Prazza “rimase tra gli scritti tutta la giornata nella qualità di cassiere del sodalizio. Ciascun socio nell’atto dell’iscrizione deponeva sul tavolo lire 1,29” viii. I festeggiamenti continuarono fino a tardi e nella sede del Fascio vennero suonati “La marcia reale e dei ballabili. Non procedettero grida di sorta … L’ordine si è mantenuto perfetto”ix. Non mancarono gli ostruzionismi da parte delle pubbliche autorità, i “consigli” e gli ammonimenti velati. Il clima era così teso che – parecchi giorni prima – anche un gruppo di bambini innocenti che giocavano al “fascio” (se n’era presentato uno in strada con una fascina di legna dalla quale pendeva un fazzoletto rosso) era riuscito ad innervosire il delegato che il 17 ottobre convocò in caserma il Di Rosa, presso cui avevano dormito il 14 sera gli amici del Fascio agrigentino, “invitandolo” a fargli pervenire l’elenco dei soci e “più specialmente per istruirlo di non fare conferenze, né passeggiate in pubbliche vie, a meno che non fosse stato legalmente autorizzato”x. Di Rosa, intuito il carattere provocatorio dell’”istruzione” del Tarantino, protestò per iscritto. Di ciò il delegato si lamentò col Sottoprefetto (consolandosi che “se i firmatari, che si propagano anche promotori, sono tutti pregiudicati, senza dubbio i soci devono esserlo con più ragione”xi), allentò la presa ma non cessò di stuzzicare gli aderenti al Fascio e continuò la “massima sorveglianza”, quantunque, stando a quanto scriveva in data 18 novembre, nessuno sembrava voler attentare alla quiete pubblica: “Finora in questo Comune non sono deplorati scioperi da parte dei contadini, avvegnacchè la giornata di mercede che essi ritraggono ondeggia da lire 1,25 a 1,50 ch’è quanto si possa pretendere e si domanda dagli stessi agricoltori. Però vi è stato un numero sparuto di contadini che si sono ammutinati a non riprendere i lavori campestri, chiedendo terra e semenza dal proprietario o gabellato, pretesa che non venne accolta dai proprietari: né per questo vi furono scioperi e tumulti da destare l’attenzione delle autorità locali in tutela della p. s..

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V. S. Ill.ma non ignora che il territorio di Cianciana è di una estensione molto esigua, e le terre per lo più vengono coltivate dagli stessi proprietari, e quindi la ragione precipua di non potersi accentuare la lotta tra proprietario e proletario. Resterebbero le industrie minerarie ove migliaia di operai non hanno di che sostentarsi. La loro condizione attuale è abbastanza misera, con la crisi solfifera che da più tempo imperversa alle aspirazioni dei produttori e dei lavoratori, giacché il prezzo degli zolfi è avvilito a dismisura, e il proprietario o conduttore di miniera limita la mercede al prezzo corrente in piazza; e quindi l’operaio in atto guadagna una giornata molto insufficiente per sé e per la famiglia. Ma se questa industria possa risolversi allora anche l’operaio ne risentirebbe i benefici effetti, dappoiché, se oggi guadagna la sua giornata da lire 1,50 a 2 lire, è giocoforza che in un avvenire migliore, detta mercede gli venga vantaggiata. E’ questa una circostanza che gli stessi operai non ignorano; e non ignorando, non dovrebbero irrompere in scioperi e disordini; a meno che non avessero l’intenzione riprovevole di turbare l’ordine pubblico. So con certezza che i promotori del Fascio imponevano a quei pochi contadini ammutinatisi al lavoro, di non andare a lavorare le terre, se non avessero ottenuto le concessioni desiderate; e che i giornatari per recarsi al lavoro dovevano presentarsi al fascio, allo scopo d’imporre una mercede in più di quella che in atto viene loro offerta.E infatti siffatto incidente persiste tuttavia, dappoiché chiesto a diversi proprietari informazioni opportune in riguardo venni assicurato che i contadini non si erano recati in quelle terre, rimaste finora incoltive. Le riunioni di questo Fascio, per suo principio autonomo, sono quotidiane e come sopra ho accennato tutt’altro che a scopi di beneficenza,o di miglioramento delle classi proletarie; desse hanno carattere sovversivo, e contro le istituzioni e la forma di governo. Anzi si discorre pubblicamente che allorquando si sarà istruito di tutto quanto gli è necessario conoscere, propagherà la rivoluzione, in qual caso governo e proprietari ne risentiranno le conseguenze. Però per arrivare a questo attendono mosse generali in tutta l’isola di Sicilia”xii. Potenza dell’istruzione, che turbava i sogni dei borghesi, depositari della sapienza (!), e dei socialisti, nati, cresciuti e moltiplicatisi in così breve tempo! Nella notte il delegato, nonostante il buio, comincia a vedere chiaro l’occasione d’un movimento rivoluzionario gli apre la mente sulla popolazione di Cianciana: “Il Fascio dei Lavoratori di questo Comune ha tenuto riunioni anche notturne, cioè due o tre ore prima di giorno. Veramente non andai mai all’idea che dette riunioni possano avere avuto qualche scopo settario; immaginavo soltanto che i promotori di detto Fascio per non far perdere la giornata ai lavoratori soci, approfittavano di quelle ore mattutine per procedere alle conferenze. Però attinte all’uopo accurate informazioni venni a conoscere che ogni qualvolta o per prevenzione d’arrivo di personaggi di verso loro, o per causa della misura graduata degli zolfi, si atteggiavano a pubbliche dimostrazioni, che non seguirono mai, perché non guidate da persone competenti. E’ inutile ripetere quanto con la mia nota odierna le sottomisi relativamente alle riunioni che si tengono permanentemente nel Fascio di carattere sovversivo. Il mio giudizio è fermo nell’idea di una non lontana sommossa che, per indole perversa di tutta questa popolazione – per istinto sanguinaria – potrebbe avere effetto. Da parte mia, d’accordo anche con questo sig. Capitano e Brigadiere comandante la Stazione dell’Arma, abbiamo disposto perché venga attivata la massima vigilanza nella sala del Fascio allo scopo di osservare le mosse dei socialisti”xiii.

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Venne intensificata la vigilanza sui “maneggi” dei socialistixiv, perlustrate le campagne alla ricerca di armi e punzecchiati costantemente gli affiliati al Fascio. Il 2 dicembre Francesco Impallari e Francesco Oliveti furono avvertiti che ogni turbamento dell’ordine pubblico ad opera degli operai avrebbe comportato gravi responsabilità. L’Oliveri promise che avrebbe indotto alla calma i compagni, ma, data la “sordità” dell’Amministrazione Comunale, composta in gran parte da proprietari di zolfara, il risentimento operaio sarebbe stato di difficile ricomposizione. L’Oliveri lamentava soprattutto il fatto che “allorché lo zolfo si esitava a lire 5,15 diminuirono la mercede agli operai portando una cassa di zolfo greggio da lire 19 a 17, ora che gli stessi zolfi sono stai aumentati di 40 centesimi avrebbero sperato [gli operai] anch’essi un aumento di mercede”xv. Nel mese torna alla guida del governo il Crispi. Sciolta una seduta del Consiglio Comunale per “propaganda sovversiva” (forse fu in quell’occasione che si dimise il sindaco F. Martorana), il 14 sera venne arrestato mentre tornava dal lavoro Vincenzo Acquisto, membro del fascio, perché in possesso d’arma di fuoco senza regolare licenza, e condotto in carcere. Durante il tragitto, Silvestro, fratello di Vincenzo, e un folto gruppo di persone imprecano all’arbitrio delle forze dell’ordine accusandole di privare del mezzo di lavoro [carretto] un onesto lavoratore che tornava dalla campagna. “Ladri” – gridava la gente. “Non potendo resistere all’audacia del Silvestro accompagnato da una massa d’individui, tutti pregiudicati, appartenenti …al sodalizio”xvi, il Tarantino ne dispose l’arresto immediato. L’ultima settimana dell’anno fu carica di tensione per l’insolito fermento tra la cittadinanza proletaria che popolò “oltre la consuetudine la strada principale” del paese ed affisse cartelli contro il dazio e il municipio, facendo “dubitare seri inconvenienti”, anche se poi “nulla si ebbe a deplorare”xvii. Evidentemente gli amministratori non avevano recepito le direttive governative di alleviare il carico fiscale. Il nuovo anno si aprì con la proclamazione (04.01.1984) dello stato d’assedio in Sicilia, dove era stato mandato come commissario straordinario, con pieni poteri, il tenente generale Roberto Morra di Lavriano. Lo sgomento tra la popolazione di Cianciana fu notevole. Il 6 gennaio l’Impallari si rivolse al delegato e al capitano chiedendo se era possibile cambiare “denominazione da Fascio a Circolo Operaio o Mutuo Soccorso”xviii. Ottenne una risposta evasiva. Prima ancora che venisse cambiato il nome del sodalizio, l’8 gennaio vennero chiusi il Circolo Operaio e il casino di Compagnia dei civili. Il 17, alle ore nove, venne sciolto ufficialmente il Fascio, mentre due giorni prima erano stati arrestati i capi agitatori: Martorana Nicola, Impallari Francesco, Cosenza Alfonso, Bellavia Antonino, Trafficante Giuseppe, Taormina Benedetto, Di Rosa Domenico, Ferrara Antonino, Oliveti Antoninoxix. Altri arresti seguirono nel mese successivo nelle persone sospettate di volere ricostituire il Fascio. Il 5 marzo il Brigadiere comandante la Stazione di Cianciana, alla presenza del delegato di P. S. signor Tarantino, consegna, perché ingombrante, al sig. felice Raggio il materiale mobile sequestrato il 17 gennaio nella sala del Fascio: “Due tavoli d’abete con cassetti Due tavolini dello stesso legname rotti Una lavagna di tela Tre quadri di Gesù Nazzareno

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Un Crocifisso Un campanello di nichel Un lume con globo Un altro di latta Un fanale di sala con campana rotta Quattro latte di petrolio vuote Un cassettino contenente matite di gesso Otto cartelloni per classi elementari Tre bicchieri di vetro Due portalumi Otto panche Un telaio portalavagna Sedici sedie tra quali cinque vecchie rotte Diciannove tavoli d’abete colorato giallastro Una scaletta uso archivio”.xx

Il verbale è firmato dal consegnatario Br. Anselmo Tommaso, dal ricevente Felice Raggio e dal delegato di P. S. Tarantino, che ebbe consegnate bandiere, gonfalone e carte relative al sodalizio. Il 7 marzo il Sottoprefetto di Bidona autorizzava la riapertura del circolo dei Civili. Domenico Di Rosa, Alfonso Cosenza, Raffaele Barcellona e Giuseppe Trafficante presero la via del domicilio coatto a Lampedusa. A tutti i proletari venne proibito di cantare l’inno dei lavoratori (“inno della canaglia”, “marcia dei ribelli”). Mai i soci del Fascio di Cianciana, che il delegato definisce spesso pregiudicati ma relazionando sui singoli scrive “incensuarato” o “senza precedenti penali”, diedero vita con la loro condotta ad avvenimenti spiacevoli, accettando quasi con rassegnazione ogni inconveniente ed anche lo stato d’assedio e la chiusura della loro”casa”. L’unico episodio, marginale, che in qualche modo avvelenò l’atmosfera fasciante, è legato alla nomina a ministro dell’Istruzione pubblica dell’onorevole Nicolò Gallo. Avutasi notizia della carica del deputato agrigentino, il socialista e consigliere del fascio Gerlando D’Angelo si recò a casa del prof. L. Martorana, dove si festeggiava l’avvenimento e lo pregò di comporre un telegramma di congratulazioni al neo ministro a nome di tutti i soci del Fascio. Il testo, pubblicato su alcuni periodici, suscitò il risentimento dell’on. Napoleone Colajanni che pretese l’espulsione del D’Angelo, come in effetti avvenne. G. D’Angelo però non si rassegnò e sbraitò al punto di convincere il presidente Impallari ad iniziare pratiche per riammetterlo. Per il rapido epilogo degli eventi non sappiamo come si concluse la vicenda. Pare con soddisfazione del D’Angelo. Si concludeva così, nella maniera meno auspicata, con la frustrazione di contadini, commercianti, casalinghe, artigiani e zolfatari che avevano accarezzato la possibilità di realizzare un sogno di modernità, la parentesi fasciante, strozzata dall’inganno perpetrato dal potere centrale che, invischiato negli scandali della Banca Romana e della Borsa, gettò polvere negli occhi dell’opinione pubblica nazionale, agitando spettri rivoluzionari e secessionisti in una Sicilia che era ben lungi da simili intendimenti e reclamava, invece, diritti che altrove era impensabile credere non fossero già stati riconosciuti. Ma l’esperienza dei Fasci non fu vana perché le masse, vittime dell’inesperienza e di un’ignoranza plurisecolare, non avrebbero tardato a riorganizzarsi su basi nuove. Esse si convinsero che la causa prima del loro servaggio risiedeva proprio in quella forma di discriminazione (analfabetismo, ignoranza). Per questo motivo, grazie anche ai

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dirigenti, i Fasci si proposero come obiettivo l’educazione dei proletari, convinti che la cultura avrebbe reso ognuno più libero perché conscio dei propri diritti. Per lo stesso motivo la borghesia osteggiò l’istruzione: un contadino o un minatore ignorante sarebbe stato facile da raggirare e mai sarebbe stato in grado di riscattarsi, condannando a vivere nella stagnazione i suoi figli, costretti ancora a rompersi la schiena in zolfara o ad arrostirsi al sole dei campi con una falce in mano. I socialisti giocarono un ruolo importante ma non del tutto fondamentale nei Fasci; vero è che i personaggi più rappresentativi dell’organizzazione erano aderenti a tale partito, ma la maggioranza degli iscritti era scarsamente politicizzata. La borghesia sapeva, però, che le teorie di redenzione sociale propugnate da Carlo Marx avrebbero potuto facilmente attecchire tra quelle masse di diseredati e morti di fame. Né a Cianciana ci furono benestanti benpensanti o lungimiranti come altrove (es. Casteltermini), pronti a tendere la mano ai reietti della società o quanto meno a discutere. Fu torto dei socialisti avere usato un linguaggio virulento tale da spaventare qualche proprietario. I veri socialisti, che all’inizio non capirono la vera portata del movimento siciliano, erano al Nord; la borghesia fece finta di non saperlo e, arroccata su posizioni di retroguardia, arrivò addirittura ad accusare come eretico Crispi per il suo tentativo di una timida riforma agraria e a chiedere l’abrogazione della Legge Coppino sull’istruzione. Turati ebbe io merito di schierare tutto il partito, al momento della repressione, dall’unica parte dove esso, per natura costituzionale, doveva stare: con i più deboli. Molti errori commisero le sezioni dei Fasci: parlare troppo, non avere una direzione che decidesse per tutti, agitare spettri rivoluzionari che mai si sarebbero potuti concretizzare. Fu colpa gravissima della borghesia imprenditoriale e terriera essere rimasta insensibile alle esigenze di miglioramento delle condizioni di vita e di rinnovamento della società italiana, e siciliana in particolare, che provenivano dalle classi subalterne e non rendersi conto che sconfiggere il proletariato non significava sanarne i bisogni o eliminare le cause del malcontento. Era chiaro che la classe padronale, perpetuando l’equivoco modale dell’unità nazionale, non sempre avrebbe trovato un Crispi disposto a difenderne i privilegi anacronistici; così trent’anni dopo si sarebbe prostituita ad un tizio che dei Fasci aveva usurpato il nome. I lavoratori per la prima volta si accorsero dell’importanza dell’istruzione, dell’etica del lavoro, della dignità umana e dell’azione unitaria. Più che di uno scontro tra le classi sociali c’era forse bisogno, come sottolinea Luigi Pirandello in quel grande affresco della società siciliana di fine Ottocento che è il romanzo I vecchi e i giovani, di una collaborazione (oggi concertazione) fra le stesse per il comune progresso contro le ipocrite convinzioni che volevano l’operaio sempre schiavo e il padrone sempre gaudente. I Fasci: una sfida alla sopraffazione, all’ingiustizia, alla rassegnazione e al fatalismo; il sogno di una società migliore, nuova, più giusta e moderna. I Fasci: un’occasione perduta da tutte le forze in campo: proletari, governo e soprattutto la borghesia che non si rese conto che la storia prendeva un’altra direzione.

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Lo Statuto

Costituzione e scopo

Art. 1.E’ costituito in Cianciana un fascio dei Lavoratori, che si propone il miglioramento delle classi bisognose, con la graduale e legittima attuazione di un nuovo sistema sociale, informato alle idee di vera libertà ed uguaglianza. Art. 2. Per conseguire nell’attualità questo scopo, il Fascio tende alla riunione di tutti i lavoratori della città e della campagna, che, compatti in un vincolo di solidarietà, avranno:a) L’istruzione della mente, per mezzo di scuole e di conferenze;b) Il mutuo soccorso, che provvede gratuitamente al mantenimento e all’assistenza

medica nelle malattie;c) L’assicurazione collettiva, che, mediante una contribuzione individuale dei soci, di

50 centesimi, darà diritto alla famiglia del socio defunto a quella somma che nel modo cennato sarà raccolta;

d) Le cooperative di consumo e di lavoro che combattono le illecite speculazioni sui generi di prima necessità e sulla mano d’opera.

Inoltre il fascio, disponendo di tutte le forze dei lavoratori, stabilisce la misura del salario e le ore del lavoro, in maniera che l’operaio abbia da vivere senza stenti e trovi il tempo di educare sé ed i suoi. In fine, il Fascio, quando le occasioni lo permetteranno, piglierà parte alle lotte elettorali con candidati propri. Art. 3. Per lo scopo che si propone, il Fascio di Cianciana aderisce al Programma votato al Congresso di Palermo nel maggio 1893, e s’iscrive tra le Sezioni del Partito dei Lavoratori Italiani.

Dei soci

Art. 4. Possono far parte del fascio gli operai di qualsiasi mestiere e quanti hanno mostrato di avere a cuore la redenzione delle classi lavoratrici purché abbiano compiuto l’età di 16 anni e non superato quella di 65. Art. 5. E’ vietato essere soci:a) Agli impiegati governativi, provinciali, comunali, ed altre pubbliche

amministrazioni; a meno che non siano fondatori del fascio;b) Agli appaltatori;c) Ai pregiudicati e ai condannati ad una pena infamante o restrittiva della libertà

personale per oltre tre anni; beninteso che se siano stati riabilitati, tenendo una condotta irreprensibile, il divieto è tolto;

d) A quei che hanno tradito lo scopo del Fascio, o del partito in cui il fascio è schierato, o che si siano resi, in qualsiasi modo, indegni della pubblica stima;

Art. 6. Per l’ammissione nel fascio bisogna fare domanda al presidente Generale, il quale esaminerà insieme al Consiglio Direttivo se chi vuol essere socio abbia le qualità richieste dallo statuto. In caso affermativo la domanda sarà trasmessa al Presidente della sezione, nella quale dovrebbe essere iscritto pel suo mestiere il candidato. L’assemblea della sezione si potrà occupare della domanda di ammissione dopo otto giorni che è stata affissa nel locale Sociale, e il candidato sarà ammesso, se avrà riportato la maggioranza dei voti dei presenti, secondo il disposto dell’art. 15. Art. 7. Tutti i soci indistintamente pagano al cominciare di ogni mese una retta di centesimi cinquanta, oltre ad una tassa d’entrata che sarà per tutti di L.1.

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Art. 8. Il socio che non paga per tre mesi consecutivi sarà cancellato dall’elenco degli iscritti, se invitato a mettersi in regola, non lo farà entro otto giorni. Art. 9. Saranno soggetti ad una riprensione, fatta dal Presidente Generale, quei soci i quali non tengono nel locale della Società un contegno corretto. Se il socio terrà fuori il Sodalizio una condotta riprovevole, per qualsiasi causa, gli verrà inflitta dal Consiglio Generale una sospensione che dai quindici giorni potrà estendersi a due mesi. La sospensione consiste nel privare il socio del diritto di frequentare il locale del fascio, e nella temporanea decadenza dai benefici sociali. Art. 10. Saranno espulsi i soci i quali commetteranno quelle colpe, per cui, secondo l’art. 4 dello Statuto, è vietata l’ammissione.

Consiglio Direttivo

Art. 11. Il Fascio ha un Presidente Generale, due vice-Presidenti, un Segretario, due vice-Segretarii, un Cassiere, un Ragioniere e dodici Consiglieri, in modo che ogni sezione abbia un rappresentante ; e se le sezioni crescono,, si aumenterà il numero dei consiglieri. Costoro formano il Consiglio Direttivo ed i consiglieri sono di diritto revisori dei conti. I membri di esso durano in carica due anni e possono essere rieletti.Metà però del Consiglio Direttivo sarà rinnovata ogni anno a settembre. Nel primo anno i membri da scadere saranno estratti a sorte. Art. 12. Il Consiglio Generale decide quando v’è almeno la maggioranza dei suoi componenti. A parità di voti quello del Presidente è preponderante. Art. 13. Il fascio è rappresentato, amministrato e diretto dal Consiglio Generale, il quale alla fine di ogni mese farà presentare dal cassiere i conti all’Assemblea generale.

Assemblea generale

Art. 14. Tutti i soci del Fascio formano la Assemblea Generale, la quale si riunisce in seduta ordinaria una volta al mese e straordinaria quando lo creda il Presidente o il Consiglio Direttivo. O lo chiedano 40 soci. Art. 15. L’Assemblea generale si occupa degli interessi generali del Fascio e nella prima convocazione le sue sedute non sono legali se non v’è la maggioranza dei soci iscritti; nella seconda convocazione basta il terzo degli iscritti, nella terza almeno quaranta. Le deliberazioni si pigliano con la metà più uno dei voti dati presenti. Art. 16. L’Assemblea non può discutere che su quelle questioni che si trovano iscritte all’ordine del giorno; a meno che gli intervenuti, con apposita deliberazione, non ne riconoscano l’urgenza.

Sezioni

Art. 17. Il fascio è diviso per Arti e mestieri, che ne costituiscono tante sezioni. Art. 18. Per costituire una sezione si richiedono almeno 20 soci dello stesso mestiere. Art. 19. Ogni sezione elegge un Presidente, un vice-Presidente, un Segretario e quattro Consiglieri, i quali non possono far parte del Consiglio Direttivo, e le sue assemblee, costituite nel modo detto per l’assemblea generale, si occupano esclusivamente degli interessi speciali e degli affari relativi al proprio mestiere. Art. 20. Il Presidente Generale può intervenire alle sedute delle sezioni e avervi voto consultivo.

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I soci delle altre sezioni possono assistere alle sedute, in cui interverrà senza alcun voto il Segretario od un vice-Segretario del Consiglio direttivo, nel caso manchi il segretario della sezione. Art. 21. I soci che non potranno formare una sezione speciale, per mancanza di numero, si aggregheranno tra loro in una sezione mista. Art. 22. Il fascio ha una fanfara. Art. 23. Ogni socio dovrà uniformarsi al presente Statuto, difendere l’onore sociale come il proprio, assistere ed aiutare i proprii compagni in qualsiasi occasione. Art. 24. Il presente Statuto non potrà essere modificato se non dopo un anno dalla sua approvazione; dopo la quale si faranno dei regolamenti per le discussioni, per il mutuo soccorso, per le cooperative, per l’assicurazione collettiva, per le scuole e per la fanfara.

i Cfr. A. Marrone, Il Distretto, il Circondario e il Collegio elettorale di Bivona (1820-1880), Bivona, 1996, pag. 170.ii V. Savorini, Condizioni economiche e morali dei lavoratori nelle miniere di zolfo, Girgenti, 1881 (ristampa anastatica del 1993, Tip. Sarcuto) pag. 11.iii Relazione del delegato di P. S. di Cianciana al Sottoprefetto di Bivona in data 18.09.1893, in Archivio di Stato di Agrigento (d’ora in poi ASA), inv. 19, vol. 107.iv N. Capria, “La sorprendente sconfitta”, in Cronache parlamentari siciliane, Palermo, giugno 1993, pag. 76.v Il Delegato, 30.10.1893, in ASA cit..vi Ibidem.vii Il Delegato, 15.10.1893, ASA cit..viii Ibidemix Il Delegato, 15.10.1893, ASA cit..x Il Delegato, 19.10.1893, ASA cit..xi Ibidem.xii Il Delegato, 18.11.1893, ASA cit..xiii Il Delegato, 19.11.1893, ASA cit.. xiv Il Delegato, 25.11.1893, ASA cit..xv Il Delegato, 02.12.1893, ASA cit..xvi Il Delegato, 15.12.1893, ASA cit..xvii Il Delegato, 02.02.1894, ASA cit..xviii Il Delegato, 06.01.1894, ASA cit.. xix Elenco ufficiale degli arrestati. Il Delegato, 19.01.1894, ASA cit..xx Il Sottoprefetto, 07.03.1894, ASA cit..

Francesco PULIZZI, Il sole dell’Isola, ed. Thule, Palermo 1993di Eugenio Giannone

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Un libro coraggioso che rivela una sedimentata cultura e un esame attento, meditato del carattere del siciliano, scrutato nei suoi pregi e nei suoi difetti, nelle convinzione che, al di là dei torti subiti dalla burocrazia d’uno stato alungo accentratore e da un’amministrazione ereginale a volte inerte, la palingenesi è ancora possibile. Basta volerlo, perché la Siclia, secondo Pulizzi, ha tutte le potenzialità per il suo riscatto e rilancio economico: uomini, mezzi e risorse per diventare una California Mediterranea.Il volume vuol contribuire al recupero dei dispersi valori ideali; è un ato di fede nei confronti della nostra Terra, così maltrattata e bistrattata, e tende a valorizzare la lunga tradizione culturale e l’intelligenza dei siciliani per fare acquisire a noi isolani la consapevolezza della nostra realtà storico-sociale e sviluppare il seno di solidarietà, “principio basilare di una reale speranza di cambiamento”, senza la quale il nostro futuro si tingerebbe di tinte fosche, riconsegnando la Sicilia e i Siciliani a uomini e a logiche vecchie che ne hanno condizionato il percorso storici e infangato costantemente il nome. Proprio per questo, credo, F. Pulizzi ha voluto dedicare il libro “ai giovani, affinché sappiano fronteggiare le situazioni nuove e impreviste sul cammino del loro avvenire e, insieme, concorrere alla formazione di una nuova società” (e. giannone, 1994).

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