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CASA DEL FASCIO REGGIO CALABRIA Il partito fascista tra il 1922 fino all’inizio del conflitto mondiale distribuì sull’intero territorio nazionale più di undicimila case del fascio, compresi i possedimenti coloniali. E poiché tali architetture divennero espressione principale del partito, necessitavano sempre di maggiori spazi e servizi. negli anni ‘20 “il regime fornì i parametri di carattere generale cui uniformarsi” per progettare queste sedi, furono stipulate tutte le indicazioni necessarie per delineare le funzioni delle future case del fascio. “Essa avrà sale di ritrovo, affinché la consuetudine della vita amichevole tra i soci ne accresca e faciliti la solidari- età; avrà sale per la biblioteca, che dovrà essere ricca e varia perché il fascismo crede profondamente nel sapere… ; avrà sale di scherma e di educazione fisica perché accanto al coraggio sia la forza; avrà un teatro ove si alternino con le rappresentazioni le conferenze e le lezioni, ed una scuola…; avrà un ristorante…; avrà stanze per gli uffici del fascio.” Queste funzioni obbediscono a precise scelte di una politica che ha in progetto di seguire l’educazione e l’organizzazione dei singoli cittadini in ogni momento della loro vita. In più in tutti questi progetti, il de- siderio di monumentalità portò a privilegiare la magnifica armonia prospettica, si curarono gli elementi di facciata con una certa rigidità delle distribuzioni interne. Bugnati e lesene, assai diffusi, continuarono a solcare le gigantesche facciate delle case del fascio fino ai primissimi anni trenta.

Casa del fascio di Reggio Calabria

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Page 1: Casa del fascio di Reggio Calabria

CASA DEL FASCIOREGGIO CALABRIA

Il partito fascista tra il 1922 fino all’inizio del conflitto mondiale distribuì sull’intero territorio nazionale più di undicimila case del fascio, compresi i possedimenti coloniali. E poiché tali architetture divennero espressione principale del partito, necessitavano sempre di maggiori spazi e servizi. negli anni ‘20 “il regime fornì i parametri di carattere generale cui uniformarsi” per progettare queste sedi, furono stipulate tutte le indicazioni necessarie per delineare le funzioni delle future case del fascio. “Essa avrà sale di ritrovo, affinché la consuetudine della vita amichevole tra i soci ne accresca e faciliti la solidari-età; avrà sale per la biblioteca, che dovrà essere ricca e varia perché il fascismo crede profondamente nel sapere… ; avrà sale di scherma e di educazione fisica perché accanto al coraggio sia la forza; avrà un teatro ove si alternino con le rappresentazioni le conferenze e le lezioni, ed una scuola…; avrà un ristorante…; avrà stanze per gli uffici del fascio.” Queste funzioni obbediscono a precise scelte di una politica che ha in progetto di seguire l’educazione e l’organizzazione dei singoli cittadini in ogni momento della loro vita. In più in tutti questi progetti, il de-siderio di monumentalità portò a privilegiare la magnifica armonia prospettica, si curarono gli elementi di facciata con una certa rigidità delle distribuzioni interne. Bugnati e lesene, assai diffusi, continuarono a solcare le gigantesche facciate delle case del fascio fino ai primissimi anni trenta.

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LE CASE DEL FASCIOLA STORIA FUNZIONI

PICCOLI CENTRI E GRANDI CITTA’

L’ESTETICA TRA CLASSICO E MODERNO

La storia inizia quando il fascismo, dopo aver pro-mosso il progressivo annientamento delle istituzi-oni assistenziali create dal movimento operaio, avverte la necessità di riempire il vuoto con delle istituzioni analoghe capaci di assicurargli consen-so sociale. “la recente chiusura dei circoli sovver-sivi - scrive il ministro Nava - rende impellente la necessità di provvedere alla occupazione dei loro locali per installarvi i nostri dopolavoro”. La sede di un “dopolavoro” viene realizzata per la prima volta a Ponte d’Olmo . Nel 1925, l’anno della conquista definitiva del potere e della abrogazione delle is-tituzioni democratiche, il dopolavoro si istituzion-alizza nell’Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.) completata subito dall’ Opera Nazionale Balilla che riguarda la formazione politiche e la attività sporti-va dei giovani al di sotto del 21 anni. La presenza nella città e nelle campagne di edifici che assicura-no al partito nazionale fascista una forte visibilità e una capillare capacità di servizio si arricchisce gradualmente durante tutti gli anni e culmina nel-la creazione delle Case del Fascio che riprendono la tematica delle Case del popolo socialiste. Questi edifici rappresentano la testa di ponte della fasci-stizzazione che si espleta nel tesseramento, nel‘in-dottrinamento ma anche nello svago e nei vari tipi di festeggiamento. A seconda della presenza o meno nelle vicinanze di una sede autonoma del’ O.N.B. nelle Case del Fascio si trovavano anche i locali necessari alo svolgimento specifico delle funzioni dell‘organizzazione giovanile del parti-to. La prima casa del fascio pare che sia stato un palazzo vecchio “ Il palazzo Fava”. L’Assalto com-mentò l’acquisto scrivendo “La nostra casa sorge nel cuore della città per dominarla”. Le prima case costruite ex novo d’altra parte sorsero in un clima di nostalgia per il valore simbolico dell’antico, Ar-pinati affermò “La nostra casa deve essere come la loggia dei cavalieri trecenteschi e come i palazzi del’età comunale” Fino all’inizio degli anni trenta il fascismo utilizza per le sue iniziative architettoni-che lo storicismo eclettico, sopravvissuto nella vi-cenda italiana alla breve parentesi del Liberty di cui si avverte l’influenza solo nella grafica delle prime tessere del partito. Alla ispirazione neo-medievale dei palazzi comunali rispondono perfettamente la casa del fascio di Porretta Terme, un palazzo vec-chio in miniature e quelle progettate per Vinci e Va-glia da Andolfo Coppedè.

Man mano che questa tipologia si sviluppa, ac-crescono le sue funzioni, soprattutto nei centri più piccoli , con servizi di assistenza quali pronto soccorso, e ambulatorio, aiuto materno e viene istituito anche un giardino d’infanzia. Quindi, se le attività delle prime case del fascio si dividono in soli tre gruppi: il primo destinato agli uffici e alla celebrazione dl partito, il secondo allo svago e al ristoro, il terzo all’educazione fisica e culturale, si arricchiscono col tempo di un quarto gruppo di attività, quelle assistenziali.La presenza di questi servizi varia però in funzi-one dei bacini d’utenza. In una grande città la casa del fascio ha soprattutto una funzione di rappre-sentanza, con gli uffici dei gerarchi, degli organi direttivi e delle associazioni in genere. Nei gruppi rionali, c’è una maggiore attenzione alle attività assistenziali e ricreative. Nelle zone rurali, invece, il numero delle attività dei luoghi di ricreazione è minimo, così come la presenza di attività politiche, mentre nelle zone operaie, il partito pone una particolare attenzione all’organizzazione dopolav-oristica.

“Casa del Fascio” o “Casa Littoria”La dicitura “Casa del Fascio” o “Casa Littoria” fu applicata indistintamente a tutte le sedi, piccole, medie o grandi che fossero. Tuttavia in riferi-mento ad alcune provincie importanti, ai capo-luoghi di regione e alla capitale si preferì usare generalmente il termine palazzo del littorio. La realizzazione di tali palazzi, che, date le dimen-sioni, avrebbe certamente comportato una spesa gravosa per le disponibilità economiche del par-tito, venne quasi sempre effettuata a seguito di un concorso che, adeguatamente pubblicizzato, sarebbe servito a raccogliere fondi per la costru-zione dell’edificio.

Per quanto riguarda le scelte estetiche la maggior parte di questi concorsi segnarono una decisa sconfitta del movimento moderno, in particolare quelli che si svolsero nella seconda metà degli anni ‘30. Nei concorsi banditi in questo periodo, i progetti degli architetti del movimento moderno vennero sempre scartati, sia pure con le più vive congratulazioni della commissione giudicatrice. La maggior parte dei progetti vincitori di questo periodo vestiva le proprie sedi con la tipica e rigida semplificazione formale piacentiniana: ordine gigante all’ingresso, e un’ossessiva itera-zione delle bucature che non concedeva nulla alla massa bloccata. È per questo che il modo di oper-are degli architetti italiani è incanalato verso l’uso di canoni e principi che, pur non rinnegando gli apporti più essenziali del movimento moderno, si riallacciano alla grande tradizione dell’architettura classica italiana, cioè al palazzo a blocco, sobrio, squadrato, tipico della migliore architettura itali-ana. Diversa invece la situazione per la realizzazione delle case dei fasci di combattimenti, realizzate solitamente nei piccoli centri, dove il segretario politico o il fiduciario erano le voci più autorevoli, anche in presenza di commissioni giudicatrici. Bastava quindi che uno di questi fosse incline ad accettare un linguaggio moderno che le possibilità di veder realizzato un progetto senza archi, bug-nato e colonne, aumentassero concretamente.Gran parte dei progetti delle case del fascio ebbe la comune inclinazione a proporre edifici com-posti per volumi ben distinti, a ognuno dei quali corrispondeva una precisa funzione. La compo-sizione prevedeva una serie di blocchi collegati attraverso semplici elementi di raccordo. In alcuni casi, invece, le masse erano individuate solo da uno scatto dimensionale evidenziato general-mente da un diverso trattamento delle superfici. Questo modo di operare accomuna le case del fascio di media grandezza e quelle dei piccoli cen-tri rurali, dove le modeste dimensioni favorirono probabilmente questo tipo d’articolazione volu-metrica. Per le grandi città, invece, si preferì un unico volume capace d’inglobare tutte le funzioni; solo nei progetti a chiara matrice funzionale si propose una composizione per masse funzionali.

Casa del Fascio di Vinci (Firenze), 1928, arch. Adolfo Coppedè(R. Bossaglia e M. Cozzi, I Coppedè, Genova, Sagep, 1982)

Casa del Fascio di Signa (Firenze), 1927, arch. Adolfo Coppedè,foto d’epoca (Carlo Cresti, Architettura e fascismo, Firenze, Verlecchi, 1986)

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LE CASE DEL FASCIO 2

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ci di medio-piccole dimensioni e difficilmente per sedi federali.I terzo gruppo raccoglie progetti caratterizzati da una composizione che associa un preciso volume a ogni funzione principale:Torre Littoria, cinema-teatro, uffici politici. In alcuni casi anche i locali del dopolavoro e dei servizi d’ assistenza furono distinti dal resto della composizione. I primi tre esempi, nei quali le masse sono completamente staccate tra di loro, si riferiscono ad edifici progettati per piccoli centri dell’entroterra e di confine. Nei restanti ideogrammi e f g , la differen-ziazione volumetrica è determinata da uno scatto di-mensionale delle masse che rimangono a contatto tra loro. Alcune di queste architetture mostrano un chiaro riferimento alla produzione di Robert Mallet-Stevens: la totale assenza di cornici e decorazioni in rilievo, le finestre ad angolo, gli oblò, il volume della scala a vi-sta con il tetto pensilina, furono segni di un linguaggio sfruttato da molti progettisti di Case del Fascio.Nel quarto gruppo, troviamo tutte quelle sedi di partito progettate in lotti, che costrinsero i progettisti a collo-care l’ingresso e l’eventuale Torre Littoria in una posi-zione d’angolo o sul lato corto di un terreno di forma rettangolare. Generalmente si tratta di sedi federali e Gruppi Rionali presenti nelle grandi città, dove era più facile trovare terreni con questo tipo di conformazioni. Il primo ideogramma segnala la presenza di soluzio-ni che non prevedono la Torre Littoria e in alcuni casi neanche l’arengario. Gli edifici si presentano come semplici palazzi per uffici. Nel secondo ideogramma troviamo edifici la cui Torre Littoria raggiunge notevo-li dimensioni, assumendo un carattere autonomo. Un esempio significativo è la Casa del Fascio di Messina progettata dall’architetto Samonà nel 1940. Nel terzo ideogramma, invece,la torre, pur non trovandosi sul fronte, ha solamente una funzione simbolica e s’innal-za dall’edificio che le fa da basamento. Nel sottogruppo c , abbiamo una variante del precedente, con la torre che poggia direttamente sul basamento che, anche in questo caso, è svuotato per creare una copertura allo scalone d’accesso. Negli ideogrammi d-e la torre tro-va varie sistemazioni in funzione dei diversi rapporti che l’edificio stringe con gli spazi che lo circondano. Le soluzioni f-g indicano delle scelte compositive pre-senti esclusivamente nel concorso per il Palazzo del Littorio di Roma. In particolare, nel sotto-ideogramma g l’edificio è suddiviso in più volumi con propria fun-zione e con dimensioni differenti che vano a digradare verso la torre, posta come elemento di chiusura della composizione;questo è il caso dei progetti dei ‘gruppi’ di Mario Ridolfi e Giuseppe Terragni.

Il concorso per la casa del fascio ‘tipo’ a Bologna diviene un’occasione per dare forma e seleziona-re i vari elementi per un’arte fascista. La rivista ‘la Casa Bella ‘sarà l’unica pubblicare gli esiti del concorso mettendo in evidenza l’attenzione posta dai partecipanti sia nel disegno chiaro e sintetico, sia alle soluzioni planimetriche, verso la ricer-ca di un concetto planimetrico ‘tipico’ basato su di una pianta chiara, semplicissima e facilmente snodabile a seconda dell’accidentalità del terre-no e suscettibile tanto di una esecuzione a serie quanto di successivi ampliamenti. Il concorso im-pone delle direttive dove si suggeriva:Tutto quello che nella Casa del Fascio si compie e si svolge deve chiaramente osservarsi anche dall’esterno, poiché il Fascismo nulla ha da nascondere:quindi grandi ambienti semplici che diano più l’idea del-la serra che del sepolcro, al contrario dei palazzi, carichi di simboli e pesanti come tombe. La Casa del Fascio deve possedere invece un’impronta di schietta giovinezza:deve avvicinarsi più allo stadio che al cimitero, meno uffici e più sale di convegno, meno decorazioni e più semplicità, meno prospettive sforzate e maggiore visibilità del panorama. E soprattutto aria e sole. Fra le nu-merose istanze che diedero vita al concorso vi è anche quella dell’inserimento della Casa del Fa-

scio nell’ambito del sistema urbano. Troviamo speso un riferimento alla sue inevitabile col-locazione nel cen-tro strategico della vita cittadina, dove il suo compito sarà quello di surroga-re le funzioni ur-bane della chiesa e del municipio. La piazza, antistante la casa del fascio, diventa l’agorà (per le manifestazioni

di massa) su cui si affaccia l’arengario; la torre littoria (analoga al campanile e alla torre munici-pale) si innalza sullo sfondo e con espliciti stile-mi richiama il fascio littorio proponendosi come nuovo perno urbano; il sacrario dei caduti, vero e proprio simbolo della mistica fascista. Un altro aspetto interessante che si propone il concorso è la definizione di tre tipi di Case del Fascio:per i

paesi dai 5.000 ai 10.000 abitanti, per cittadine da 10.000 ai 50.00 abitanti e per città oltre i 300.000 abitanti. Que-sta differenza aprirà la strada ad altri interessanti con-corsi a tema indetti dal PNF come quello per le Case del Fascio nei piccoli paesi dell’entroterra e di confine, dai quali usciranno spunti interessanti sia per la ricerca tipologica in sè che per il nuovo spirito tecnico.Il concorso di Bologna del 1932 si conclude con lo sfor-zo di presentare l’architettura moderna come un’archi-tettura ‘italianissima’, una vittoria del sud dell’Europa: contro il verticalismo nordico, un ritorno alla chiarezza e alla semplicita’ come allo spirito classico. Si defini-scono infine le linee generali di una Casa ‘tipo’ che do-vranno essere quelle di un edificio dalle vastissime sale che dovranno essere inondate di aria e di sole, con la violenta tinteggiatura degli intonaci ed il brillare festo-so dei metalli. La presenza della Torre Littoria fu una costante, un elemento indispensabile ai fini della rico-noscibilità di questa tipologia nel territorio. La presen-za dei Fasci Littori, delle Aquile Imperiali, dei materiali trattati a faccia vista e dell’arengario, fece in modo che questo ‘faro’ del fascismo non fosse confuso con al-tre torri presenti anche in edifici come scuole, colonie, chiese ecc. Per cercare di ordinare questa vastissima produzione si è definito uno schema ideogrammatico capace di contenere gruppi di Case del Fascio morfolo-gicamente simili, in modo da avere un quadro generale delle diverse soluzioni formali adottate sia per i centri piccoli rurali, sia per le grandi sedi federali. Negli edifici che costituiscono il primo gruppo la sala delle confe-renze e il blocco degli uffici sono contenuti in un uni-co volume. Quest’ultimo, nella maggior parte dei casi, sarà accompagnato dalla Torre Littoria, che assumerà posizioni differenti all’interno della composizione. Ne-gli ideogrammi b c d la torre coincide con la proiezio-ne verticale di una parte del fronte. Nei rispettivi sot-toesempi, la torre viene proiettata verso l’esterno. Era possibile che i due volumi fossero rivestiti con materiali differenti:questo permetteva di aumentare la riconosci-bilità delle singole parti, che avendo funzioni diverse, subivano un diverso trattamento delle bucature. Infine negli ideogrammi e f g h la torre e il blocco salone-uffici, sono preferiti da architetti con una chiara inclinazione al razionalismo. Probabilmente questa soluzione, per-mettendo di collegare i volumi tramite ponteggi, pensi-line, balconate, consente una migliore articolazione sia degli spazi di circolazione sia delle superfici esterne.Nel secondo gruppo, dove il volume degli uffici e la sala conferenze assumono una conformazione a L, si crea un ambito spaziale esterno di stretta competenza della Casa del Fascio, utilizzato sia per attività all’aperto, sia per piccole adunate. L’impianto ad L è usato per edifi-

MORFOLOGIA DI UN NUOVO TIPO EDILIZIO 3

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Ideogrammi del primo gruppo morfologico della Casa del Fascio

Ideogrammi del secondo gruppo morfologico della Casa del Fascio

Ideogrammi del terzo gruppo morfologico della Casa del Fascio

Ideogrammi del quarto gruppo morfologico della Casa del Fascio

Centro rurale di tipo medio, assonometria del centro urbano. (Palermo, Istituto vittorio emanuele III per il Boni-ficamento della Sicilia , 1937)

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LE CASE DEL FASCIODI NUOVA FONDAZIONEDal 1928 fino a primi degli anni ‘40, vengono fondate le città nuove del fascismo, dove il palazzo del mu-nicipio, la chiesa e la Casa del Fascio costituiscono il cuore politico,religioso e ideologico. Questi centri si possono dividere in due gruppi:il primo, nato a seguito del programma di bonifica integrale, com-prende per l’appunto le città di bonifica; il secondo, invece le città autarchiche. In quest’ultimo troviamo le città del carbone, nate per sfruttare i giacimenti carboniferi della Sardegna e dell’Istria; la città della cellulosa e dell’aria. Nelle sedi della città di nuova fondazione la diversità stilistica è determinata da questioni di natura economica che condizionano la scelta dei materiali. Nell’Agro pontino, l’esclusione del ferro condizionò profondamente i progettisti, chiamati ad esaltare con l’uso dei materiali lo-cali, le caratteristiche ‘estetiche’ regionali. Anche nell’adozione dei tipi costruttivi si farà affidamento a materiali locali (tufo, selce, pomice, pozzolana), sono escluse le strutture in ferro e cemento armato. Le Case del Fascio di nuova fondazione non trovano mai una loro autonomia compositiva:la progettazi-one fu condizionata dalle scelte fatte per realizzare la sede dei municipi, al quale era subordinata. La

torre Littoria, considerata dal partito fascista un elemento fondamentale per la riconoscibilità di questo tipo edilizio, doveva confrontarsi sia con la torre civica, sia con il campanile della chiesa. Capitò anche che nella Casa del Fascio la torre mancasse, per lasciare posto al campanile della chiesa. Questo è il caso della prima città di boni-fica, Littoria, nella quale era prevista solo la torre civica inserita nella parte centrale del fronte del palazzo comunale. Qui non si sente l’esigenza di imporre la presenza del partito, per il sem-plice fatto che l’intera città era sorta per mano del fascismo. Nei progetti in cui la Casa del fas-cio e il palazzo comunale furono sistemati su due piazze differenti, la torre è presente in entrambi i fabbricati con la stessa forma e la stessa di-mensione. Nel caso in cui il municipio e la sede del partito furono sistemati nella stessa piazza, vennero adottate due soluzioni differenti:la prima prevede la presenza di entrambe le torri, quella ‘civica’ più alta e slanciata e quella dei ‘martiri’ più bassa e tozza; nella seconda, abbiamo una sola torre, staccata di pochi metri dal fabbricato di cui faceva parte (generalmente il municipio). In sintesi, nelle città di

bonifica, come si è potuto notare, è il municipio con la sua torre ad as-sumere un ruolo di primo piano nella piazza principale del paese. Nelle citta autarchiche, al contrario, la torre civica non esiste più e quella della casa del Fascio deve competere, in alcuni casi, solo con il campanile della chiesa. Le dimensioni della Casa del Fascio cambiano: per sedi di media importanza è praticamente la metà (730 mc) di quella prevista per i grandi ‘centri’(1500 mc). Per quanto riguarda le bucature, esse sono disegnate in modo da smembrare finestre a nastro con un unico davanzale, poste in sequenza e divise da esili pilastrini di colore scuro. In alcuni casi si spin-gono sino al filo di facciata, proseguono oltre l’angolo, e creano una con-tinuità tra i due prospetti. I tetti sono piani. La presenza del partito è seg-nalata, oltre che dalla scritta PNF, posta in prossimità all’ingresso e accompagnata da un Fascio Littorio, dal piccolo arengario:un balconcino con ringhiera dal quale è possibile parlare alle masse.

Casa del Fascio di Querceta (Lucca), 1933-34, foto d’epoca dell’edificio in costruzione.

Borgo Antonino Cascino (Enna), arch. Giuseppe Marletta, foto d’epoca.

Casa del Fascio di Mussolinia (Cagliari), 1934, arch. Giovan Battista Ceas,foto d’epoca («L’Architettura italiana», marzo 1937).

Casa del Fascio (Centri rurali, Palermo, IstitutoVittorio Emanuele III per il Bonificamento dellaSicilia, 1937), assonometria.

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3 36CONFRONTO TRA REGGIO E MESSINALa Casa del Littorio e la Caserma dei Giovano Fas-cisti si fronteggiano sulle acque dello stretto. La prima sorge proprio sulla cortina del porto, la sec-onda è più arretrata ma svetta su tutte le costruzioni circostanti. Entrambe si distaccano dal linguaggio architettonico diffuso nelle rispettive città, anche se la Casa del Littorio, per la disposizione planimet-rica e per i materiali, s’inserisce nel disegno della Palazzata. Quest’ultima fa parte del concorso per la Palazzata di Messina, che si conclude nel 1931 con la vittoria del gruppo:Camillo Autore, Raffele Le-one, Giuseppe Samonà e Guido Viola. I termini del concorso richiedono un’opera monumentale dove lo spirito moderno va a fondersi con la tradizione, attraverso un’alternanza di partiti verticali con par-titi orizzontali molto felicemente trovata per evitare i pericoli della monotonia lungo il fronte. La Casa Littoria sorge sull’isolato 345, ha un andamento rettangolare, il lato lungo 66 mt e quello breve 14 mt. l’altezza, fissata dal bando di concorso è di 14,5 mt. Inquadra la piazza Municipio, dove sporgono la torre e l’arengario. La distribuzione planimetrica è molto semplice:un disimpegno centrale divide in due l’edificio collegando la torre con il vano a sud dove alloggiano due rampe semicircolari. Sulla cortina del porto la Casa Littoria, al posto del basa-mento consigliato dal bando di concorso in pietra siciliana, ha una lunga fila di aperture regolari. Il primo livello e il secondo sono scanditi da paraste raccordate, in basso, dalla fascia lunga e stretta del balcone, in alto, dal nudo telaio che nasconde l’ultimo piano arretrato. Sulla via Garibaldi il pros-petto non segnato dalle stesse lesene che carat-terizzano quelle sulla via Vittorio Emanuele II. Sulla cortina del porto, infatti, il motivo delle lesene rich-iama le colonne presenti nella vecchia Palazzata. Il prospetto su via Garibaldi sottolinea la presen-za della scala con un grande finestrone verticale. La Casa Littoria e la Caserma dei Giovani Fascisti sono modelli architettonici pensati per aderire alle tematiche propagandistiche del regime, modelli di un moderno concepito a Roma, ed esportabile nelle zone arretrate del mezzogiorno, a cambiare saranno unicamente i riferimenti. I singoli elementi sono confrontati con quelli delle Case per la gio-ventù realizzate in tutta Italia. I modelli cui queste si riferiscono se da un lato sono evidenziati da manu-ali editi dal’Opera Nazionale Balilla e ribaditi nelle mostre e negli esiti dei concorsi nazionali, dall’altro attingono alle avanguardie europee.Nella Caserma dei Giovani Fascisti a Reggio Cal-abria la distinzione delle funzioni in volumi isolati

non è rigida ma, ciò nonostante, sono ben eviden-ziati il corpo dei dormitori, più alto, e quello degli uffici concluso da un volume convesso. Nella Casa Littoria a Messina sono evidenti il volume della torre Littoria a nord e quello del vano scale a sud. La soluzione dell’angolo ha un ruolo centrale nella composizione. In altri casi esso si manifesta come vuoto a causa dell’arretramento dei volumi o per la presenza di grandi superfici vetrate. La quantità di superfici vetrate deriva in parte da intenti salutisti, tesi a garantire il massimo di luminosità e ariosità degli ambienti in cui si svolgono le attività sport-ive, e in parte da esigenze simboliche:la Casa del Fascio una casa di vetro e simboleggia la coeren-za e l’onestà. Le finestre a nastro illuminano, nela Caserma dei Giovani Fascisti, il corpo degli uffici, mentre la continuità delle aperture nei dormitori è interrotta dai pilastri della facciata. Il basamento, lungo la via Roma, è scandito da oblò che alludono alla prora della nave. Nei prospetti della Casa Lit-toria a Messina, le finestre hanno tutte la stessa dimensione e scandiscono il ritmo della compo-sizione. L’unica eccezione, il finestrone del vano scala, accompagna la posizione asimmetrica dei tre portali sulla via Garibaldi. Le finestre quadrate che illuminano il piano terra sottolineano il pieno del basamento. La torre,nella Caserma di Reggio, segnala su via Amendola il cambiamento di direzione della maglia urbana e la via più importante verso il porto; nella

Casa Littoria a Messina richiama, nelle proporzioni, quella della sede Fascista di Crespi a Milano.Il portale: la soluzione adottata nella Caserma di Reggio è semplice, collocato in un ampio vano in-cassato, è sottolineato dalla finestra circolare che illumina l’atrio; nella Casa Littoria a Messina, i due portali principali occupano le testate dell’edificio. Il primo,disposto sotto l’ arengario, ha un semplice architrave rettilineo, il secondo prolungato verso l’alto dal doppio ordine di cornici che includono la vetrata sul corpo scala.

Casa del Fascio di Messina, 1940, arch. Giuseppe Samonà e ing. Guido Viola, veduta dello stato attuale

La Casa Littoria a Messina. L’ordine gigante e la disposizione plani-metrica richiamano la struttura della vecchia palazzata. Le alte paraste del bando di concorso, ricordano le semicolonne che scandivano il prospetto a mare della palazzata. La torre con l’arengario sottolinea la presenza della piazza municipio e la brusca interruzzione della cortina muraria

Page 10: Casa del fascio di Reggio Calabria

BIBLIOGRAFIARosa M. Cagliostro, Ricostruzione e linguaggi, schedatura dei principali edifici urbani di carattere pubblico e privato, Reggio Cal-abria 1981, Gangemi Editori.Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006Ornella Milella, La caserma dei giovani fascisti , in << Calabria sconosciuta>> n. 6 , Reggio Calabria 1979Luciana Menozzi, Architettura e ‘regime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio CalabriaRenato Laganà, L’intervento fascista dopo il terremoto del 1908, in Urbanistica Fascista ( a cura di Alberto Mioni) Angeli, Milano 1980, pp. 185,218Ferdinando Cordova, Il fascismo nel mezzogiorno: le Calabrie, Rubbettino editore, 2003http://it.wikipedia.org/wiki/Casa_del_Fascio_(Reggio_Calabria) http://www.mostracasedelfascio.it/leggi.php?id=4

ICONOGRAFIA1.Casa del fascio di Reggio Calabria, Foto d’epoca , da:Rosa M. Cagliostro, “Ricostrusione E Linguaggi. Reggio Calabria: per una storiografia delle strutture architettoniche dopo il 1908”, Casa del Libro, Reggio Calabria 1981 2.Casa del fascio di Vinci (Firenze), 1928, Arch. Adolfo Coppedè da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”3.Casa del fascio di Signa (Firenze), 1927, Arch. Adolfo Coppedè da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”4.Casa del fascio di Asti, 1937, Arch. Ottorino Aloisio da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”5.Ideogrammi del primo gruppo morfologico delle case del fascio da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”6.Ideogrammi del secondo gruppo morfologico delle case del fascio da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”7.Ideogrammi del terzo gruppo morfologico delle case del fascio da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”8.Ideogrammi del quarto gruppo morfologico delle case del fascio da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”9.Casa del fascio di Querceta (Lucca) 1933, Foto d’epoca da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”10.Borgo Antonino Cascino (Enna) Arch. Giuseppe Marletta, foto d’epoca da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Sof-fitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”11.Casa del fascio ( centri rurali, Palermo) Assonometria da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”12.Casa del fascio di Mussolinia (Cagliari) 1934, Arch. Giovan Battista Ceas, foto d’epoca da:“Paolo Portoghesi, Flavio Man-gione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”13.Casa del Fascio di Littoria, 1938, arch. Oriolo Frezzotti, prospetto principale da:“Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”14.Casa del fascio di Reggio Calabria, 1935, arch. F. De Mojà, pianta piano terra da: Rosa M. Cagliostro, “Ricostrusione E Linguaggi. Reggio Calabria: per una storiografia delle strutture architettoniche dopo il 1908”, Casa del Libro, Reggio Calabria 1981 15.Casa del fascio di Reggio Calabria, 1935, arch. F. De Mojà, prospetti da :Luciana Menozzi, “Architettura e ‘regime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio Calabria16.Casa del fascio di Reggio Calabria, 1935, arch. F. De Mojà, Sezione scala da :Luciana Menozzi, “Architettura e ‘regime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio Calabria17.Casa del fascio di Reggio Calabria, 1935, arch. F. De Mojà, dettagli architettonici da: Luciana Menozzi, “Architettura e ‘re-gime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio Calabria18.Casa Littoria a Messina, arch. Giuseppe Samonà, Planimetria e prospetti da: Luciana Menozzi, “Architettura e ‘regime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio Calabria19.Casa del Fascio di Messina, 1940, arch. Giuseppe Samonà e ing. Guido Viola, veduta dello stato attuale da : Luciana Menozzi,”Architettura e ‘regime’. Reggio Calabria negli anni venti”, Gangemi, Reggio Calabria20.Titoli di testata su casa del fascio , “L’assalto” 13 gen. 1927, 2-19 mag. 1923, 20-28 mag. 1923, 21-16 giu. 1923,24-16 ago. 1923, 33 da “Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”21.Ufficio stampa e propagande della sede federale di Reggio Calabria da “Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Sof-fitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”22.Concorso per una casa del fascio “tipo” , arch. Renzo Bianchi, 1° premio per la 3° categoria. (“ L’assalto” , 18 giu 1932, 25) da “Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”23.Casa del fascio di Messina , 1940, arch. Giuseppe Samonà ed Ing. Guido Viola, Foto d’epoca da : “Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Soffitta, a cura di. L’Architettura delle Case del fascio. Firenze, ALINEA, 2006”