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Il Giubileo della misericordia PUBBLICAZIONE SCOUT PER EDUCATORI 2015 3 I.R.

Il Giubileo della misericordia - Roberto Cociancich · Il Giubileo della misericordia Editoriale 1. Il volto di Dio misericordioso: Nell’ebraismo Dicembre 2015 – CHAGALL, La crocifissione

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Il Giubileo della misericordia

PUBBLICAZIONE SCOUT PER EDUCATORI 20153

I.R.

S O M M A R I O

Il Giubileo della misericordia

Editoriale

1. Il volto di Dio misericordioso:Nell’ebraismoDicembre 2015 – CHAGALL, La crocifissione biancaNell’islamGennaio 2016 – VAN GOGH, Il buon samaritano Nel cristianesimo Febbraio 2016 – REMBRANDT, Ritorno del figliol prodigo

2. Misericordiae vultusMarzo 2016 - LEONARDO DA VINCI, Madonna del latte

3. Pensare la misericordiaAprile 2016 – GEORGES ROUAULT, Miserere

4. Le opere di misericordia corporaleMaggio 2016 – Affresco di Poggiridenti spiritualeGiugno 2016 – CARAVAGGIO, Sette opere di Misericordia

5. Fare opere di misericordiaFine pena: MAILuglio 2016 – BANSKY, What we do in life…Accogliere i forestieriAgosto 2016 – PALADINO, Porta di Lampedusa – Porta d’EuropaEssere misericordiosi nel CreatoSettembre 2016 – CANOVA, Insegnare agli ignoranti

6. Un anno misericordiosoOttobre 2016 – GHIRLANDAIO, Madonna della misericordia

7. Tra l’ombra e la luce: sette opere di misericordiaNovembre 2016 - CARAVAGGIO, Sette opere di Misericordia

Andrea Biondi

Michele Tedeschi

Valeria Piacentini Fiorani

Giuseppe Grampa

Anna Scavuzzo

Gian Maria Zanoni

Federica Fasciolo

Gege Ferrario

Agostino Migone

Claudia Cremonesi

Franco La Ferla

Anna Cremonesi

Roberto Cociancich

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orpresa e dono sono le due parole concui abbiamo accolto l’annuncio di PapaFrancesco di indizione del GiubileoStraordinario della Misericordia. Sorpresaperché “mentre i media di tutto il mondo sisbizzarrivano con bilanci, interviste e retrospet-

tive sui primi due anni di pontificato, Papa Francesco ha mostrato lasua sollecitudine per il presente e il futuro. Il presente e il futuro del-l’annuncio del vangelo nel mondo contemporaneo: ha indetto un giu-bileo straordinario che avrà al suo centro la misericordia di Dio (E.Bianchi, La Repubblica, 14 Marzo 2015). Dono perché ilGiubileo è tempo di grazia, di gratitudine da ritrovare con ilSignore, con noi stessi, con il nostro prossimo.Ed è con questa consapevolezza che ci siamo avvicinati co-me Redazione al tema della misericordia, su cui PapaFrancesco ha voluto invitare a guardare avanti verso “unanuova tappa del cammino della chiesa nella sua missione di por-tare a ogni persona il vangelo della misericordia” (MisericordiaeVultus, MV, n 4). “La misericordia possiede una valenza che vaoltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e al-l’Islam” (MV, n.23). Michele Tedeschi ci ricorda che nella fede ebraica, il te-ma della Misericordia di Dio è centrale, “perché Dio è pron-to al perdono di qualunque peccato, purché vi sia da parte del-

l’uomo un pentimento vero, maturato attraverso un percorso di ri-torno di Dio”. Valeria Piacentini Fiorani introduce il suoarticolo con i versetti della Sura Aprente con cui inizia ilCorano: “Nel nome di Dio, clemente misericordioso – Sia lodea Dio, il Signore del Creato – il Misericorde, il Misericordioso –il Padrone del dì del Giudizio – Te noi adoriamo, Te invochiamoin aiuto – Guidaci per la retta via, la via di coloro su cui hai fat-to discendere la Tua grazia, la via di coloro coi quali non sei adi-rato, la via di coloro che non vagolano nell’errore”. Don Giu-seppe Grampa ci accompagna attraverso le tre parabolededicate alla misericordia e richiamate da Papa Francesco(MV, n.9). Nella quarta (del “servitore spietato”) che PapaFrancesco ci propone, cogliamo il richiamo all’instancabi-le amore di Dio (il “padrone generoso”) ma anche all’e-sperienza estrema di un amore infinito che lascia ognunodi noi nell’esperienza di libertà di agire in modo diame-tralmente opposto alla sua volontà. Non c’è sconto al cam-biamento senza un cuore che lo desidera! Anche se poi lenostre categorie umane non comprendono il mistero di unvolto di Dio che sarà sempre Misericordia.Misericordia: sintesi della nostra fede... ma quanto lonta-na ed estranea! Gli articoli di Anna Scavuzzo e GianMaria Zanoni ci aiutano a riscoprirne il senso. Anna lopropone attraverso la lettura di Misericordiae vultus (ottimo

SGiubileo della misericordia:

sorpresa e dono

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strumento per un Capitolo!); Gian Maria offrendoci unariflessione che a partire dal senso di estraneità o semplifi-cazione che la parole misericordia può generare, ci fa co-gliere quanto l’atteggiamento misericordioso vissuto nellapienezza del suo significato evangelico, metta profonda-mente in discussione alcuni dei tratti dominanti dei nostricomportamenti.“Aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esi-stenziali...” (MV, n.15). Non abbiamo bisogno di fare l’e-lenco. Il problema è che ci siamo abituati a tutto e il no-stro cuore è sempre più indurito nella “abitudinarietà cheanestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismoche distrugge” (ibidem). Federica Fasciolo e Gege Ferra-rio ci ricordano che le opere di misericordia corporale espirituale non sono solo ricordi del nostro catechismo(quando c’è stato); ci aiutano a declinarle con un linguag-gio più vicino e accessibile che dice del qui ed ora di unprossimo che ci è drammaticamente vicino. Possiamo ti-rarci fuori, ma il tempo del Giubileo può essere occasio-ne per rompere la “barriera dell’indifferenza che spesso regnasovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo” (ibidem).“Vai e cammina”: è un espressione che ci è familiare. Ilrichiamo non è solo al pellegrinaggio (MV, n.14) ma allaricerca instancabile di soluzioni alla complessità del tem-po che viviamo. Non esistono soluzioni semplici all’eser-cizio della misericordia quando le sfide sono: Accogliere iForestieri - Avere cura della nostra casa comune: il creato– Esercitare la giustizia nei confronti di chi sbaglia. Gli ar-ticoli di Claudia Cremonesi, Franco La Ferla e Ago-stino Migone provano a fornirci almeno un percorso,guidati dall’umiltà e dalla consapevolezza che “Non possia-mo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giu-dicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chiha sete” (MV, n.15).“Che sia un anno misericordioso” è l’invito che ci rivol-

ge Anna Cremonesi. Lo rivolge a ognuno di noi, adultie capi, perché con l’intelligenza del cuore lo si possa de-clinare in tempi, azioni, esperienze.

La bellezza della Misericordia

Questo numero di R-S Servire ha una novità: ogni arti-colo è commentato da un’opera d’arte che fa riferi-mento al tema della Misericordia, opera che viene ri-chiamata nell’indice del numero e in calce a ogni artico-lo. I lettori potranno così andare a cercare subito le operein rete, che comunque saranno ripresentate nel numeroonline. Per fortunata coincidenza gli articoli sono 12, come i me-si dell’Anno Giubilare indetto da Papa Francesco, dall’8dicembre 2015 al 20 novembre 2016. Ecco il motivodella datazione mensile di ogni opera, che costituisce uninvito ad ammirare mensilmente una delle opere, testimo-nianze del legame fra la bellezza della misericordia di Dioche ci invita a una uguale bellezza. “Tra l’ombra e la luce: sette opere di misericordia”è il titolo del racconto che Roberto Cociancich ha im-maginato, tra realtà e fantasia, per introdurre questa novità.“Le sette opere di Misericordia” è il soggetto dell’opera di Ca-ravaggio, realizzato tra la fine del 1606 e l’inizio del 1607e conservato a Napoli, presso il Pio Monte della Miseri-cordia. Il racconto non si può descrivere, bisogna leggerloe lasciarsi trasportare, avendo sotto gli occhi l’immagine,facilmente trovabile online. La battuta ironica del Cara-vaggio che chiude il racconto, “Io ve l’ho detto: la vera mise-ricordia viene solo da Dio”, chiude bene anche questo nu-mero di R-S Servire che speriamo ci aiuti a vivere opero-samente questo Anno Giubilare.

Andrea Biondi

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Attenzione: è attivo il nuovo sito www.rs-servire.org, rinnovato nella grafica, nei contenuti enell'accesso agli archivi. Lì potete trovare altri articoli, testi di canzoni, rimandi a libri, film ecc. che

toccano l’argomento monografico del quaderno. E potete lasciare il vostro contributo.

Jahvè il misericordiosoIn questo tempo, dove il farsi caricodelle proprie responsabilità non rap-presenta un atteggiamento, ahimè, co-sì diffuso, parlare di Misericordia diDio mi porta a guardare al ruolo diciascuno di noi nella realtà in cui vi-ve.Nella fede ebraica, non esistono inter-mediari tra l’uomo e Dio, e il Rabbi-no, il saggio, l’officiante del rito reli-gioso rappresenta solo una figura pre-parata a rappresentare il punto di rife-rimento religioso della comunità, peril quale ruolo ha studiato e si è diplo-mato, e a guidare i fedeli nella cele-brazione dei riti e delle preghiere.Non ha tuttavia alcun ruolo o potere,non rappresentando alcun ruolo dimediatore tra uomo e Dio, in tuttaquella che è la sfera delle attività del-l’uomo, dei peccati commessi, delpentimento e della assoluzione daipeccati stessi.

La Misericordia nel CoranoNel nome di Dio, clemente misericordioso– Sia lode a Dio, il Signore del Creato –il Misericorde, il Misericordioso – il Padro-ne del dì del Giudizio – Te noi adoriamo,Te invochiamo in aiuto – Guidaci per laretta via, la via di coloro su cui hai fatto di-scendere la Tua grazia, la via di coloro coiquali non sei adirato, la via di coloro chenon vagolano nell’errore!

Con questi versetti della SuraAprenteinizia il Corano, il Libro rivelato daDio agli Arabi che ancora vagolavanonell’ignoranza, nell’idolatria e nel po-liteismo per mezzo del Suo inviato,Maometto. Maometto (Muhammad)è un uomo come tutti gli altri, pre-scelto dal Signore, risvegliato al divinoper mezzo di un Angelo verso i qua-rant’anni perché diffonda la Sua paro-la, il Suo messaggio, e La reciti fra gliuomini così come era stata recitata alui. È una specie di dettatura divina.

Le parabole della misericordiaNel documento di indizione dell’An-no Santo della misericordia, la BollaMisericordiae vultus, Papa Francesco ri-prende le parabole dedicate alla mise-ricordia contenute nel cap. 15 del Van-gelo di Luca: la pecora smarrita, lamoneta perduta e il figlio prodigo. Èsignificativo che la tradizione abbiadato a questi tre racconti tre titoli ne-gativi che sottolineano la nostra capa-cità di smarrirci, di perderci, di sot-trarci all’abbraccio del Padre, mentredecisiva nelle tre parabole è la certez-za della misericordia. Più grande delnostro peccato è l’instancabile fedeltàdi Dio. Stiamo di fronte a Dio consa-pevoli del nostro non essere all’altez-za... del nostro non essere degni... ep-pure cercati instancabilmente da Co-lui che è venuto perché niente e nes-suno vada perduto. Si intrecciano inqueste tre parabole la consapevolezzaamara del nostro peccato ma non nel-

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Il volto di Dio misericordiosoIl quaderno si apre con tre interventi che esplorano il tema della misericordia di Dio nella

religione ebraica, islamica e cristiana. Pur nelle differenze teologiche e rituali, appare evidente

come il perdono e la misericordia di Dio siano concessi gratuitamente a tutti gli uomini.

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Solo a Dio spetta la parola, e il Cora-no, “parola di Dio l’Altissimo” è deri-vato da un archetipo celeste; resta an-cora oggi un Libro sacro, increato,coeterno, infallibile e immutabile. Leprime rivelazioni, del 612 d. Cr. circa,annunciano un messaggio teologico, esono la manifestazione di un Dio ri-gorosamente monoteistico, trascen-dente, robustamente etico, Colui che“ha creato l’uomo da un grumo disangue” e vi ha infuso il soffio della Vi-ta. Un Dio ricolmo di Misericordia(Rahman wa Rahim) e che ama effon-dere sugli uomini la Sua Misericordia.Parlare nell’Islam di misericordia divi-na vuol dire ricondursi al Corano; quivi sono i termini essenziali, e i limiti.E da questi nessun uomo, ricco o po-vero, umile o potente, colto o igno-rante può sottrarsi.Il termine “Corano” (Qur’an) signifi-ca in origine lettura ad alta voce, pro-clamazione, recitazione salmodiata.Esteriormente il Corano – quale orapossediamo – si presenta come un vo-lume diviso in 114 capitoli detti “su-re”, a loro volta divisi in “ayat” o ver-setti. Ogni sura (ad eccezione della IX,che anticamente faceva parte dell’-VIII) si apre con la cosiddetta “basma-la”, ossia la formula rituale “nel nomedi Dio, clemente e misericordioso”. Ilconcetto di misericordia è parte in-trinseca del Corano. E non solo. Dioè anche “il Generosissimo”, Colui che

Non esiste confessione, né assoluzioneda parte di un prete. Ma tutto si svolgedirettamente nel rapporto tra l’uomo eDio.L’agire dell’uomo dipende esclusiva-mente dal suo libero arbitrio, dalla scel-ta di compiere il bene o il male; e al-trettanto la possibilità di pentirsi deipropri peccati.La discussione sull’esistenza del male, edi come possa conciliarsi con la pre-senza Divina in ogni cosa, trova unacondivisione sul fatto che il male è da-to dall’assenza del bene e che ognuno,proprio per l’esistenza del libero arbi-trio, può scegliere liberamente qualeperseguire.È a questo punto che torniamo a par-lare di Misericordia di Dio, perché Dioè pronto al perdono di qualunque pec-cato, purché vi sia da parte dell’uomoun pentimento vero, maturato attraver-so un percorso di ritorno a Dio.La Misericordia di Dio è quindi infini-ta, ma per potervi accedere è necessa-rio un percorso interiore che suggelli ilvero pentimento e quindi il perdono.L’uomo quindi non ha scuse; non puòcercare dei sotterfugi o degli strumen-ti alternativi per ottenere il perdono.Non può confessarsi con un prete chegli dia l’assoluzione o neppure rispetta-re solo formalmente il digiuno del Kip-pur (il Giorno della Espiazione, che ca-de 10 giorni dopo Rosh ha Shanà, il ca-podanno ebraico, durante il quale ci si

la disperazione o nell’indifferenza,bensì nella certezza che c’è qualcunoche aspetta solo di fare festa perché lapecora smarrita è stata trovata, la mo-neta perduta è stata ricuperata e il fi-glio sbandato è tornato a casa. Mi sof-fermo sulla parabola detta del figlioprodigo. Sarebbe meglio cambiarlenome e intitolarla: il padre ricco dimisericordia. Il Papa la indica comeparabola del padre e dei due figli. In-fatti protagonista della parabola è il pa-dre e questo termine ritorna ben tre-dici volte nel testo. Vorrei anzituttoguardare questo padre, le sue bracciache non trattengono a tutti i costi il fi-glio minore ma lo lasciano partire.Leggo in questo gesto un singolare ri-spetto della libertà di questo giovanefiglio, del suo desiderio di fare espe-rienze nuove, alternative. Di fronte aDio siamo esseri liberi, non costretti astare nella casa, ma chiamati a starvi li-beramente, non per consuetudine maper scelta consapevole. Anche nellachiesa si sta liberamente, non tanto perossequio a abitudini del passato, mapiuttosto per scelta che nasce dallapropria coscienza. Rispettiamo quan-ti da essa si allontanano, tentiamo dicomprenderne le ragioni, non chiu-diamo mai la porta e, come il padredella parabola, stiamo pronti a una ac-coglienza che conosce solo gesti e pa-role di festa. Un secondo dettaglio: l’e-vangelo raccoglie l’atteggiamento del

astiene per 25 ore dal mangiare, bere,fumare e svolgere qualsiasi attività chenon sia la riflessione e la preghiera, perchiedere il perdono dai propri peccati).Ma non basta, perché per primi, per es-sere perdonati, siamo chiamati a perdo-nare il prossimo per i torti subiti. E, an-che in questo caso, il perdono verso glialtri deve essere sincero...Quante volte mi è capitato di conside-rare, di fronte a persone che commette-vano del “male” e che poi, dopo averepregato e digiunato diligentemente du-rante il Kippur, ricominciavano il gior-no dopo a comportarsi come se nientefosse stato, quale fosse stato il significa-to del loro digiuno.O, altrettanto, mi domando a che cosaserva una confessione seguita da una as-soluzione da parte di un prete, se l’uo-mo subito dopo ricomincia a peccarenello stesso modo, certo di avere co-munque una nuova assoluzione dopo lanuova confessione.Dio ha stipulato un patto con l’uomo equesto patto deve essere rispettato perdavvero. L’uomo può sbagliare e pecca-re, ma poi se ne deve pentire. E il pen-timento deve essere vero e Dio ne è ildiretto interlocutore.Penso che la rilevanza di questa affer-mazione debba essere davvero unospunto di riflessione per tutti.Il mondo, per come lo viviamo oggi,è sempre più un luogo dove il momen-to della riflessione e della comunicazio-

ha insegnato l’uso del calamo, Coluiche punisce chi scaccia l’orfano e noninvita a nutrire il povero, Colui chepunisce coloro che pregano per farsivedere e rifiutano l’aiuto ai bisognosi(sura CVII), è il Re, il Dio, il Signoredegli Uomini, che loro aiuta e difen-de dal male del “sussurratore furtivo”che sussurra nei cuori degli uomini(Satana), Colui che li difende dal ma-le degli uomini e dei jinn (s. CXIV).Questi ultimi sono spiritelli della na-tura, che spiano l’uomo ora benigniora maligni, e spesso invidiosi lo indu-cono in tentazione e nell’errore. Gliattributi di Dio sono 99, e anche in es-si ricorre con il termine/concetto del-la infinita misericordia quello della su-periore sapienza divina. Il concetto di Misericordia e Clemen-za si associa quindi a quello di SupernoSapere e Giustizia (“Dio è il più Giustodei Giusti”, s. XCIV), Il Signore nonabbandona né odia, dà riparo agli orfa-ni e ai poveri ed esorta a non scacciareil mendicante (s. XCIII). Misericordia èperdono verso chi si pente e si ravvede(“Dio è Colui che molto perdona”), èpietà per chi è nell’errore. Ma terribilesarà la punizione divina per chi persistenell’errore; il Giorno del Giudizio que-sti “brucerà in un Fuoco fiammeggian-te...con attorno al collo una corda di fi-bre di palma” nonostante la sua ric-chezza in terra e quello che si è guada-gnato da vivo (s. CXI).

padre in un verbo solo di straordina-ria intensità e bellezza: il padre ebbecompassione. Traduzione disperata-mente scialba: certo è difficile rendereil trasalire delle viscere, del grembomaterno. Altre volte nella ScritturaDio ha viscere di tenerezza materna.Così in Isaia: “Si dimentica forse unadonna del suo bambino così da noncommuoversi del figlio del suo seno?Anche se ci fosse una donna che si di-menticasse io invece non ti dimenti-cherò mai...” (Is 49,15ss.). Questo Pa-dre è capace di una tenerezza mater-na. E infine un terzo dettaglio: il pa-dre esce fuori, va incontro anche al-l’altro figlio che, persuaso della sua di-rittura morale, giudica il fratello e nonvuole accettarlo. Anche questo figlioche è sempre stato nella casa, lavoran-do, non ha fino ad ora conosciutodavvero chi è il padre, lo considerapiuttosto un padrone: “ecco io ti ser-vo da tanti anni”. E proprio perchénon conosce il padre non riconosceneppure il fratello: “ora che questotuo figlio che ha divorato i beni...”.

Così Papa Francesco commenta le treparabole: “Nelle parabole dedicate al-la misericordia, Gesù rivela la natura diDio come quella di un Padre che nonsi dà mai per vinto fino a quando nonha dissolto il peccato e vinto il rifiu-to, con la compassione e la misericor-dia. Conosciamo queste parabole, tre

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ne si riducono a favore dell’azione, del-la competizione e di una condivisionedi messaggi/stereotipi favorita dalla re-te e dai social network. Non c’è dubbioche tutto questo abbia trasformato lamodalità comunicativa tra i soggetti,creando di fatto un ambito nel qualel’azione del singolo viene amplificatacoinvolgendo una platea di soggetti,grazie ai quali, l’azione stessa diventapartecipata da tutti. Ma quante delle azioni condivise han-no per oggetto finalità positive, o sonopiuttosto l’occasione per mettere in evi-denza le proprie aggressività e la propriavolontà di prevalere sugli altri? E tuttoquesto non rischia di togliere responsa-bilità a chi l’azione l’ha commessa? Un percorso di riflessione, di autocritica,di consapevolezza e di pentimento di-venta quindi sempre più necessario e,dove questo avviene, la Misericordia diDio non fa mai mancare la sua presenza.Ma la Misericordia di Dio si esprimeanche attraverso altri aspetti del suo pat-to con l’uomo, di cui, di questi tempi,sembra ne sia rimasta scarsa traccia.I rapporti con la natura, con gli anima-li, ma soprattutto con il prossimo, do-vrebbero essere improntati alla giustiziae al rispetto e non allo sfruttamento.Questo significa tutelare le risorse na-turali, gli ambienti, gli alberi e non pie-garle al solo profitto dell’uomo.Significa rispettare, ad esempio nelmondo del lavoro, l’uomo e la sua di-

Misericordia e Pietà; entrambe sonoassociate all’Elemosina, all’Aiuto per ipoveri e gli infermi, alla Compassioneper gli ignoranti che devono essereistruiti. Ricorrono nel Corano conti-nue ammonizioni a non amare le ric-chezze e i beni terreni, a non prevari-care appena ci si crede di essere ricchiperché al Signore si finirà col tornare(s. XCVI), ma ad operare il bene, e di-videre i propri beni con gli altri. Equindi a pagare regolarmente la deci-ma (zakat) sui propri beni e distri-buirla fra chi non ha. Esortazioni allamisericordia, alla pietà, alla clemenza,alla giustizia e all’equità; ma terribilirisuonano i castighi per colui che nonha fede, per chi smentirà Dio e la Suaparola, per chi non è timorato e daràdel suo per ottenere favori terreni, perchi verrà meno alla parola del Signo-re. E qui si impone una precisazione:punizione eterna e pene non sonoterrene, non appartengono all’uomo,bensì eterne. Solo il Signore giudi-cherà quando arriverà il Giorno delGiudizio, in quanto il giudizio nonspetta agli Uomini ma è Divino, per-ché “solo Dio tiene in pugno la vitafutura e la prima” (s. XCII).Queste sono le prescrizioni. Esorta-zioni ed ammonizioni scandiscono iversetti del Libro per eccellenza, tuo-nano con metafore avvincenti, visionipoetiche espresse in suggestiva prosarimata e ritmata. Ma purtroppo spes-

in particolare: quella della pecorasmarrita e della moneta perduta equella del padre e dei due figli (Lc15,1-32). In queste parabole, Dio vie-ne sempre presentato come colmo digioia, soprattutto quando perdona. Inesse troviamo il nucleo del vangelo edella nostra fede, perché la misericor-dia è presentata come la forza che tut-to vince, che riempie il cuore di amo-re e che consola con il perdono” (Mi-sericordiae vultus, n.9).Questa parabola ci aiuta a tracciare ilvolto della chiesa, comunità di pecca-tori, luogo del perdono, luogo dove ilpeccatore è sempre accolto. Nel corsodella storia non sono mancate le posi-zioni fanatiche di coloro che riteneva-no la chiesa riservata ai soli giusti, aipuri e duri e che quindi pretendeva-no di estromettere da essa i peccatori.Contro queste tendenze la Chiesa hasempre affermato che le parole inse-gnateci dal Signore “Rimetti a noi inostri debiti...” descrivono la nostracondizione, appunto di debitori neiconfronti di Dio. Una chiesa che nonsolo non estromette coloro che hannofatto l’amara esperienza del peccato,ma anzi diviene per loro luogo di ac-coglienza e perdono.

Beati i misericordiosiA queste tre classiche parabole dellamisericordia, Papa Francesco ne ag-giunge una quarta, la parabola detta

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gnità, senza sfruttarlo in nome di ununico interesse.Meritano di essere ricordate alcune re-gole stabilite per l’Anno Sabbatico (unoogni sette anni) e per il Giubileo (unoogni 50 anni).Nel corso dell’Anno Sabbatico, adesempio, era proibito coltivare i campi,al fine di lasciarli riposare e di racco-glierne i prodotti. Ma era anche doveredi lasciare che tutto quello che cresces-se spontaneamente potesse essere rac-colto dai poveri, dagli orfani, dalle ve-dove, dai forestieri o da chi ne avesseavuto bisogno. Non solo, ma nel corso dell’Anno Sab-batico era anche dovere di cancellareogni debito e di consentire quindi a chine avesse contratti di potere ricomin-ciare da zero.Per quanto riguarda il Giubileo, oltre aquanto previsto per l’Anno Sabbatico, siaggiunge l’obbligo di liberare gli schia-vi e di restituire ai proprietari originalicase e terreni.Si tratta evidentemente di regole rivo-luzionarie e utopiche, ma il cui sensopiù profondo è quello di evidenziarecome tutte le cose siano in realtà di Dioe noi ne siamo, alla fine, non dei pro-prietari assoluti e definitivi, ma solo de-gli utilizzatori a cui Dio le ha affidate.Come sarebbe diverso il mondo se que-ste regole fossero anche solo parzial-mente applicate...Oggi la logica dominante è esattamen-

so uomini di potere e uomini che ri-tengono di avere il potere perché han-no la forza si sono sostituiti a Dio, ap-plicandone in terra i castighi futuri. E la Gente del Libro? E il jihad? Co-me si coniugano con la Misericordia?La Gente del Libro, o Ahl al-Kitab, so-no coloro che hanno ricevuto il LibroRivelato e appartengono alle due al-tre grandi religioni monoteistiche, os-sia Giudaesimo e Cristianesimo e, peranalogia e assimilazione giuridica, Zo-roastrismo e, recentemente, Buddi-smo. Costoro non fanno parte dellacomunità islamica, ma non sono inpeccato e costretti alla dannazioneeterna come gli idolatri e i politeisti.La Rivelazione ricevuta precedeMaometto, e non è loro la colpa se iloro Libri si sono corrotti nel tempo.Nel Corano ricorrono esortazioni adaccettare l’ultima Rivelazione, “la Pro-va Chiara”, ma nessun castigo eternoè previsto se compiono le loro pre-ghiere in sincerità di culto e pagano lazakat, ossia la decima. Le Genti del Li-bro godono di uno statuto speciale evengono definiti dhimmi (letteralmen-te “protetti”). Giuridicamente, laDhimma è una forma di contratto bi-laterale fra gli dhimmi e la comunitàmusulmana. In altri termini, pur nonfacendo parte della comunità islamica,a questi viene concessa la facoltà di ri-siedere o soggiornare in territorioislamico, viene garantita la libertà di

del ‘servitore spietato’. Notiamo comeanche in questo caso come nelle treprecedenti, il titolo dovrebbe essere: ‘Ilpadrone generoso’ per mettere l’ac-cento sull’agire generoso del padronepiuttosto che su quello ‘spietato’ delservo. Parabola della misericordia per-ché racconta l’instancabile amore diDio. Ecco il commento di Papa Fran-cesco: “Provocato dalla domanda diPietro su quante volte fosse necessarioperdonare, Gesù rispose: «Non ti dicofino a sette volte, ma fino a settantavolte sette» (Mt 18,22), e raccontò laparabola del ‘servo spietato’. Costui,chiamato dal padrone a restituire unagrande somma, lo supplica in ginoc-chio e il padrone gli condona il debi-to. Ma subito dopo incontra un altroservo come lui che gli era debitore dipochi centesimi, il quale lo supplica inginocchio di avere pietà, ma lui si ri-fiuta e lo fa imprigionare. Allora il pa-drone, venuto a conoscenza del fatto,si adira molto e richiamato quel servogli dice: «Non dovevi anche tu averpietà del tuo compagno, così come ioho avuto pietà di te?» (Mt 18,33). EGesù concluse: «Così anche il Padremio celeste farà con voi se non per-donerete di cuore, ciascuno al propriofratello » (Mt 18,35). La parabola con-tiene un profondo insegnamento perciascuno di noi. Gesù afferma che lamisericordia non è solo l’agire del Pa-dre, ma diventa il criterio per capire

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te opposta: quello che conta è il profit-to, a qualunque costo, senza tenere con-to della natura, dell’ambiente, degli ani-mali, degli alberi, dell’uomo, dei dirittidei più deboli. Ma questo ricade poi,inevitabilmente, anche sulla vita diognuno di noi.Ricordare questi principi e ridare quin-di all’uomo la sua possibilità di percor-rere un cammino virtuoso diventa quin-di di fondamentale importanza.Proprio in virtù del libero arbitrio di cuil’uomo dispone e della sua possibilità discegliere, diventa centrale la scelta dioperare per il bene e con una coscienzaindividuale del nostro agire; avere la ca-pacità di fare autocritica davanti ai no-stri errori, di pentirci e di essere umili erispettosi di fronte al prossimo e di fron-te alle scelte che andiamo a fare.Un cammino, un percorso, che ognunodi noi ha la possibilità di fare per entra-re sempre di più in sintonia con Dio econ il Creato.

Michele Tedeschi *

* Michele Tedeschi, medico oncologo eagopuntore, responsabile della RicercaClinica all’IRCCS Humanitas di Roz-zano (Milano); autore con Rav Giu-seppe Laras di Maimonide, un percorsoverso il benessere (Milano, GEM, 2010).

culto, la tutela dei beni, la sicurezzadella vita e delle proprie attività (agri-cole, commerciali, professionali). Daparte dei “protetti”, è richiesto osse-quio e fedeltà alla autorità musulmana– di cui deve essere riconosciuta la su-periorità politica; non è consentita at-tività di propaganda della loro fede, esono obbligati al pagamento di un tri-buto particolare sui beni e le persone.Nel corso dei secoli, le discriminazio-ni non sono mancate, soprattutto po-litiche, e a volte anche molto violen-te. Oggi, parecchi stati islamici si ispi-rano alla clemenza divina e ricono-scono a queste comunità religiose an-che diritti politici, perfino l’accesso acariche politiche (purché non rag-giungano determinati livelli) e la pos-sibilità di eleggere propri rappresen-tanti al parlamento e/o al consigliodella corona (quote riservate). Quanto al jihad, anche questo si rap-porta ai precetti coranici e trova unasua definizione e raccordo nella mise-ricordia e clemenza divina. Le devia-zioni anche più estremiste, purtroppo,sono squisitamente umane. Letteral-mente, il termine (impropriamentetradotto come “guerra santa”) signifi-ca “sforzo”. Secondo una tradizione,Maometto tornando da una spedizio-ne militare alla sua casa a Medinaavrebbe esclamato: ora torniamo dalpiccolo jihad al grande jihad. Il Gran-de Jihad è il jihad dell’anima, volto a

chi sono i suoi veri figli. Insomma, sia-mo chiamati a vivere di misericordia,perché a noi per primi è stata usatamisericordia. Il perdono delle offesediventa l’espressione più evidente del-l’amore misericordioso e per noi cri-stiani è un imperativo da cui non pos-siamo prescindere. Come sembra dif-ficile tante volte perdonare! Eppure, ilperdono è lo strumento posto nellenostre fragili mani per raggiungere laserenità del cuore. Lasciar cadere ilrancore, la rabbia, la violenza e la ven-detta sono condizioni necessarie pervivere felici. Accogliamo quindi l’e-sortazione dell’apostolo: «Non tra-monti il sole sopra la vostra ira» (Ef4,26). E soprattutto ascoltiamo la pa-rola di Gesù che ha posto la miseri-cordia come un ideale di vita e comecriterio di credibilità per la nostra fe-de: «Beati i misericordiosi, perché tro-veranno misericordia» (Mt 5,7) è labeatitudine a cui ispirarsi con partico-lare impegno in questo Anno Santo.Come si nota, la misericordia nella Sa-cra Scrittura è la parola-chiave per in-dicare l’agire di Dio verso di noi. Eglinon si limita ad affermare il suo amo-re, ma lo rende visibile e tangibile. L’a-more, d’altronde, non potrebbe maiessere una parola astratta. Per sua stes-sa natura è vita concreta: intenzioni,atteggiamenti, comportamenti che siverificano nell’agire quotidiano. Lamisericordia di Dio è la sua responsa-

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MARC CHAGALLLa crocifissione bianca - olio sutela, Art Institute Chicago, 1938

Un Cristo vergognoso più chesofferente ricoperto con il tallit,lo scialle da preghiera ebraico, cir-condato da un quadro di violenzae devastazione dove tutti i perso-naggi umani sembrano troppo oc-cupati a fuggire per occuparsi dilui. “Padre perdona loro, perchénon sanno quello che fanno” (Lc23,34). Anche quando tutto sem-bra crollare, risuona la parola diGesù: perdonare per essere per-donati, usare misericordia per tro-vare misericordia.

combattere le passioni e il male, cheogni uomo deve compiere per tutta lasua vita; è lo sforzo che ogni uomodeve fare per superare i propri istinti eoperare il bene seguendo i precettimisericordiosi che Dio ha dato. Mol-to schematicamente, si può dire cheesistono quattro tipi di jihad: il “jihaddella mente”, ossia la battaglia cheogni uomo deve compiere quotidia-namente contro le tentazioni e il ma-le; il “jihad della lingua”, ossia lo sfor-zo che ogni uomo deve compiere perspiegare e migliorare coloro che nonsanno; il “jihad della mano”, ossia lacarità, donare ai poveri, pagare lazakat, aiutare con ogni mezzo a di-sposizione chi ha bisogno, orfani, an-ziani, vedove. E poi, c’è il PiccoloJihad, quello che viene combattutocon le armi. Ma quando è giuridica-mente lecito? Il Corano aggiunge:purché sul cammino di Dio. Ossia: ilricorso alle armi è lecito solo quandola comunità musulmana è in pericolo,solo per sua difesa. L’attacco preventi-vo è anche lecito, se necessario, per di-fendere la comunità da un pericoloche impende e ne minaccia la soprav-vivenza. Ma nessun ricorso alle armi èammesso per interessi di potere perso-nale (ossia “non sul cammino diDio”), o per conquiste armate a sco-po di bottino, lucro e arricchimentopersonale. Come non sono ammessi ilsuicidio o gli attacchi “bomber/ka-

bilità per noi. Lui si sente responsabi-le, cioè desidera il nostro bene e vuo-le vederci felici, colmi di gioia e sere-ni. È sulla stessa lunghezza d’onda chesi deve orientare l’amore misericor-dioso dei cristiani. Come ama il Padrecosì amano i figli. Come è misericor-dioso Lui, così siamo chiamati a esse-re misericordiosi noi, gli uni verso glialtri”.

Fin qui il commento del Papa. Mipermetto di aggiungere una osserva-zione. La parabola che si apre con ilgesto magnanimo del padrone checondona un grande debito si conclu-de con il rifiuto da parte del servo dicondonare a sua volta un piccolo de-bito. Quest’uomo che ha sperimenta-to su di sé la forza della generosità delpadrone non è minimamente scalfitonella sua durezza, servo spietato, ap-punto. Confesso che questa parte del-la parabola mi inquieta. Il mio cuorepuò restare chiuso all’amore smisura-to di Dio, può non essere intaccatodalla sua misericordia. L’agire di Diorispetta a tal punto la mia libertà che,pur avvolgendomi nel suo perdono,mi lascia libero di agire in modo dia-metralmente opposto. La misericordiadi Dio cambia il mio cuore solo se lovoglio, se la accolgo e da essa mi lasciotrasformare.

Giuseppe Grampa

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mikaze” come arma per combattere ilnemico: la vita è sacra più di ogni al-tra cosa, dall’alba al tramonto, dal tra-monto all’alba, in ogni suo soffio e inogni suo momento. Su questo il Co-rano è lucidamente chiaro, e la Mise-ricordia divina non perdona.

Valeria Piacentini Fiorani*

* Già docente di storia e istituzioni delmondo mussulmano nella facoltà diScienze Politiche dell’Università Cat-tolica del Sacro Cuore di Milano.

VINCENT VAN GOGHIl buon samaritano – olio su tela,1890

Delle numerose immagini del“buon samaritano” scelgo questadi Van Gogh, artista grandissimoe travagliato, un’opera eseguita,pensate, solo tre mesi prima dellasua morte.È un’immagine plastica: guardateche sforzo fa il samaritano permettere il poveretto in sella! Inar-ca la schiena, punta il piede, sirimbocca le maniche, mentre altrisono passati senza nemmeno vol-tarsi. Le opere di misericordia im-plicano sforzo e fatica. Misericor-dia non è solo emozione del cuore,ma impegno quotidiano.

REMBRANDTRitorno del figliol prodigo Amsterdam 1668

Per questo quadro Rembrandt siispira alla parabola del Figliolprodigo, ricordata anche come“Parabola del padre misericordio-so”. Qui la misericordia diventaperdono di chi ha il coraggio delpentimento. L’abbraccio del padreè amorevole e protettivo. Interes-sante un particolare: le mani delpadre non sono uguali, ma sonouna maschile e una femminile:Dio è nostro Padre, ma anche no-stra Madre. È tutto.

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Misericordiae vultusBolla di indizione del Giubileo straordinario

della Misericordia.

damentali: una riflessione sul misterodella misericordia, architrave che sorreg-ge la vita della Chiesa; un percorso chela Chiesa, in ogni comunità, potrà se-guire per vivere l’Anno Giubilare allaluce della parola del Signore: Miseri-cordiosi come il Padre, che diviene il “mot-to” dell’Anno Santo; alcuni appelli chechiamano alla conversione e che tro-vano piena espressione in una invoca-zione a Maria, Madre della Misericordia.

Il mistero della Misericordia, ar-chitrave che sorregge la vita del-la ChiesaL’8 dicembre, Solennità dell’Immaco-lata Concezione di Maria, sarà ancheil cinquantesimo anniversario dellaconclusione del Concilio Vaticano II,una data che Papa Francesco definiscecarica di significato per la storia recente del-

È durante la Celebrazione penitenzia-le nella Basilica di San Pietro che Pa-pa Francesco annuncia l’indizione diun Anno Giubilare straordinario dellaMisericordia, che la Chiesa vivrà apartire dal prossimo 8 dicembre, conl’apertura della Porta Santa in Vatica-no, per poi concludersi il 20 novem-bre 2016, Solennità di Cristo Re. Cir-ca un mese dopo, in occasione deiPrimi Vespri della Domenica della Di-vina Misericordia, pubblica la Bolla diindizione del Giubileo: in essa, Fran-cesco, servo dei servi di Dio, rivolge pa-role illuminanti a quanti leggerannoquesta lettera e su essi invoca grazia, mi-sericordia e pace. Un’apertura dellaChiesa al mondo fin dalle prime ri-ghe, in un abbraccio che arriva a tut-ti e a ciascuno.Il testo si articola in tre passaggi fon-

la Chiesa, che ne segna una novità im-portante nel percorso della sua storia:abbattute le muraglie che per troppo tempoavevano richiuso la Chiesa in una citta-della privilegiata, era giunto il tempo di an-nunciare il Vangelo in modo nuovo. Il ri-chiamo esplicito alle parole scelte dasan Giovanni XXIII indica il sentieroda seguire: “la Sposa di Cristo preferisceusare la medicina della misericordia, inve-ce di imbracciare le armi del rigore”. E an-cora: “La Chiesa Cattolica, mentre conquesto Concilio Ecumenico innalza la fiac-cola della verità cattolica, vuole mostrarsimadre amorevolissima di tutti, benigna, pa-ziente, mossa da misericordia e da bontàverso i figli da lei separati”1.Francesco abbraccia le comunità ditutto il mondo: dopo l’apertura dellaPorta Santa, si aprirà una Porta dellaMisericordia nella Cattedrale di Ro-ma - la Basilica di San Giovanni in La-terano – e poi nelle altre Basiliche pa-pali e a seguire in ogni Chiesa Catte-drale e nei Santuari, affinché il Giubi-leo possa essere vissuto come mo-mento straordinario di grazia e di rin-novamento spirituale, segno visibiledella comunione di tutta la Chiesa, intutte le diocesi del mondo.Numerosi sono i riferimenti bibliciche il Papa sceglie per accostarci almistero della misericordia di Dio: essaè divenuta viva, visibile e ha raggiun-to il suo culmine in Gesù di Nazareth,volto della misericordia del Padre. È la via

che unisce Dio e l’uomo, perché apreil cuore alla speranza di essere amatiper sempre, nonostante il limite delnostro peccato. Molte sono le defini-zioni che Papa Francesco dà della mi-sericordia, che non è un segno di de-bolezza, ma piuttosto la qualità del-l’onnipotenza di Dio. “Eterna è la suamisericordia” recita il salmo 136 – ilGrande hallel per i fratelli ebrei - per-ché per l’eternità l’uomo sarà sempresotto lo sguardo misericordioso delPadre. Francesco richiama in partico-lare tre parabole: quella della pecorasmarrita e della moneta perduta, equella del padre e i due figli (Lc 15, 1-32). E rileggendole con noi ci mostracome Gesù stesso affermi che la mise-ricordia non è solo l’agire del Padre, ma di-venta il criterio per capire chi sono i suoiveri figli.Tutti siamo chiamati a viveredi misericordia perché a noi per pri-mi è stata usata misericordia: il perdo-no delle offese è un imperativo da cuinon possiamo prescindere. Pur nellafatica che talvolta accompagna il per-dono, esso è lo strumento posto nellefragili mani di noi uomini per rag-giungere la serenità del cuore. Lasciarcadere il rancore, la rabbia, la violenza e lavendetta sono condizioni necessarie per vi-vere felici.Papa Francesco fin dalla sua elezioneci ha proposto un invito a guardare al-la misericordia del Padre, scegliendocome motto episcopale l’espressione

“miserando atque eligendo”, che ci ri-corda Gesù che guardò Matteo conamore misericordioso e lo scelse. E prose-gue sottolineando “l’urgenza di an-nunciare e testimoniare la misericor-dia nel mondo contemporaneo1”, con“un nuovo entusiasmo e con una rin-novata azione pastorale”, perché ciò èdeterminante per la Chiesa e per lacredibilità del suo annuncio. Pertantodove la Chiesa è presente, là deve essereevidente la misericordia del Padre. Nellenostre parrocchie, nelle comunità, nelle as-sociazioni e nei movimenti, insomma, do-vunque vi sono dei cristiani, chiunque de-ve poter trovare un’oasi di misericordia.

Misericordiosi come il Padre (Lc,6,36)Un programma di vita tanto impe-gnativo quanto ricco di gioia e di pa-ce, che richiede la capacità di porsi inascolto della Parola di Dio, contem-plare la sua misericordia e assumerlacome proprio stile di vita. L’AnnoSanto potrà essere un’occasione digrande conversione e Francesco indi-ca un percorso da seguire per viverloin pienezza spirituale.Sia un anno di pellegrinaggio. Se-gno che anche la misericordia è metada raggiungere e richiede impegno esacrificio: ciascuno secondo le proprieforze si metta in cammino, richiaman-do alla memoria che la vita è un pel-legrinaggio e l’essere umano è viator,

pellegrino che percorre una strada fi-no alle meta agognata. Risuonano conparticolare intensità per noi scout pa-role che ci riportano a misurarci conla Strada, luogo provvidenziale e maicasuale, dove abbiamo l’occasione diritrovare noi stessi, gli altri e una rela-zione con Dio a cui impariamo ad af-fidarci con fiducia. Una Strada che cidà l’occasione di mettere i nostri pie-di sulle orme di quanti prima di noi sisono incamminati, sulle orme di unAltro che dà senso al nostro cammino. Sia un anno di opere di misericor-dia corporale e spirituale. Aprire ilcuore alle periferie esistenziali, por-tando consolazione, solidarietà e at-tenzione a quanti vivono situazioni diprecarietà e sofferenza nel mondo dioggi, ai tanti fratelli e sorelle privatidella dignità. Che il loro grido diven-ti il nostro – esorta il Papa – e insie-me possiamo spezzare la barriera diindifferenza che spesso regna per na-scondere ipocrisia ed egoismo. Com-piere con gioia le opere di misericor-dia corporale e spirituale, per risve-gliare le nostre coscienze assopite da-vanti al dramma della povertà. La mis-sione di Gesù è proprio questa: porta-re consolazione ai poveri, annunciarela liberazione ai prigionieri delle mo-derne schiavitù, restituire la vista a chiè curvo su se stesso, ridare dignità a chine è stato privato, divenendo capaci divincere l’ignoranza in cui vivono mi-

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lioni di persone, soprattutto i bambiniprivati dell’aiuto necessario per essereriscattati dalla povertà.Sia un anno di Riconciliazione. LaQuaresima di questo Anno giubilare,in particolare, sia vissuta più intensa-mente come momento per incontrarela misericordia di Dio. Molte persone– e molti giovani! - si stanno riavvici-nando al sacramento della Riconcilia-zione, che offre loro l’occasione disperimentare la tenerezza di Dio, ri-trovare il cammino che porta al Si-gnore, vivere un momento di intensapreghiera e riscoprire il senso dellapropria vita. L’attenzione del Papa sirivolge ai confessori di tutto il mon-do, affinché siano un segno della mi-sericordia del Padre, fedeli servitoridel perdono di Dio, capaci di guarda-re ai fratelli penitenti con lo sguardoamorevole del padre della parabola delfigliol prodigo, chiamati a essere sem-pre, dovunque, in ogni situazione enonostante tutto, il segno del primatodella misericordia. La misericordia, inoltre, possiede unavalenza che va oltre i confini dellaChiesa e ci relaziona con Ebraismo eIslam, che la considerano uno degli at-tributi più qualificanti di Dio: l’auspi-cio di Papa Francesco è che il Giubi-leo possa favorire l’incontro con que-ste religioni e con le altre nobili tradi-zioni religiose, rendendo più aperti aldialogo, eliminando ogni forma di

chiusura e disprezzo ed espellendoogni forma di violenza e di discrimi-nazione.

Per il vostro bene, vi chiedo dicambiare vitaL’invito alla conversione che PapaFrancesco rivolge a tutti è una chia-mata a sperimentare la misericordia,con l’auspicio che essa non lasci alcu-no indifferente. Con ancor più insi-stenza si rivolge a quelle persone chesi trovano lontane dalla grazia di Dioper la loro condotta di vita: uomini edonne che appartengono a un gruppocriminale, alle persone fautrici o com-plici di corruzione, a chi ha commes-so il male e crimini gravi. Questo è il momento favorevole per cam-biare vita! – dice loro il Papa – È suf-ficiente accogliere l’invito alla conver-sione e sottoporsi alla giustizia, men-tre la Chiesa offre la misericordia. Giu-stizia e misericordia, non aspetti in con-trasto fra loro, ma dimensioni di un’u-nica realtà che si sviluppa progressiva-mente fino a raggiungere il suo apicenella pienezza dell’amore. Discostan-dosi da una visione puramente legali-sta, dalla mera osservanza della legge,Gesù mostra il grande dono della mi-sericordia che ricerca i peccatori peroffrire loro il perdono e la salvezza: lamisericordia non è contraria alla giu-stizia, ma esprime il comportamentodi Dio verso il peccatore, offrendogli

un’ulteriore possibilità per ravvedersi,convertirsi e credere. Ciò non signifi-ca svalutare la giustizia o renderla su-perflua, al contrario: chi sbaglia, dovràscontare la pena. Solo che questo nonè il fine, ma l’inizio della conversione,perché si sperimenta la tenerezza delperdono perché l’amore è a fonda-mento di una vera giustizia.

Maria, Madre della MisericordiaIl pensiero infine si volge a Maria,Madre della Misericordia, auspicandodi essere accompagnati dalla dolcezzadel suo sguardo, viatico per riscoprirela tenerezza di Dio. Nessuno comeMaria ha conosciuto la profondità delmistero di Dio fatto uomo, tutto nel-la sua vita è stato plasmato dalla pre-senza della misericordia fatta carne.Maria attesta che la misericordia delFiglio di Dio non conosce confini eraggiunge tutti, senza escludere nessu-no.Lasciamoci sorprendere da Dio, chenon si stanca mai di spalancare la por-ta del suo cuore. A tutti, credenti e lontani, possa giungereil balsamo della misericordia come segno delRegno di Dio, già presente in mezzo innoi.

Anna Scavuzzo

1 Discorso di apertura del Conc. Ecum.Vat.II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre1962, 2-3

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LEONARDO DA VINCI Madonna del latte – tempera sutavola, Lombardia 1490 oggi al-l’Hermitage

Il dipinto della Madonna Litta,attribuito a Leonardo ma proba-bilmente eseguito dagli allievi, ècertamente uno dei più delicati ri-tratti della Madonna del latte.Qui la misericordia diventa tene-rezza, ma anche nutrimento di vi-ta: lo sguardo è un elemento fon-damentale e ci ricorda che la mi-sericordia è sempre relazione, im-plica la presenza dell’Altro.

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Un aspetto trascuratoIl termine misericordia è poco diffu-so nella nostra società. Si usa per si-gnificare un sentimento di pietà versoil colpevole o il bisognoso e gli si at-tribuisce un’origine religiosa e unamaggiore diffusione nel passato.Ma, al di là della questione linguistica,la realtà che il termine indica ha unarilevanza oggi?Bisogna riconoscere che non solo lacultura laica ha relegato in spazi angu-sti l’idea di misericordia, ma anche trai credenti, fino all’avvento di PapaFrancesco, il termine e il concetto nonhanno certo occupato un posto di pri-mo piano. Naturalmente la catechesi ela pastorale, come la teologia o l’ese-gesi hanno ampiamente considerato

questo aspetto tanto fondamentale percomprendere la forma dell’incontrocon Dio. Ma l’insistenza, l’uso, la fa-miliarità che altri aspetti del bonum fi-dei hanno avuto e hanno nella vita delpopolo dei credenti non sono certoparagonabili a quelli goduti dall’ideadi misericordia. Basti pensare all’iniziodel Credo, sia Apostolico che Niceno,o a certe definizioni del Catechismodi Pio X. Alla domanda “in che Diocredi?” è molto facile che si risponda“in un Dio Padre, onnipotente, crea-tore, buono, giusto, in un Dio dell’a-more, in un Dio uno e trino, ‘perfet-tissimo’, eterno, trascendente”, ma so-lo in seconda o terza battuta, e forsegrazie a una formazione particolare, sidirà “in un Dio misericordioso”. È più

facile che, tra i cristiani che hanno ri-cevuto una formazione religiosa nelcuore del secolo scorso, emergano, trale norme fondamentali della vita cri-stiana, le sette opere di misericordiacorporale e le sette opere di miseri-cordia spirituale.Così, nel sentire comune, la miseri-cordia sembra essere soprattutto il sen-timento che spinge verso le opere, ap-punto, di misericordia, verso il soccor-so dei poveri, verso il sostegno ai de-relitti. Ma in tal modo si rischia dicompiere un’operazione riduttiva epuò risultare difficile spiegare perchéla parabola fondamentale, per capire lamisericordia del Dio di Gesù Cristo,del Dio della Bibbia, sia quella del “fi-gliol prodigo” e non quella del “buonsamaritano”.Anche l’altro aspetto dell’atteggia-mento misericordioso, il perdono delcolpevole, rischia, se male inteso, ditradire la realtà cui si riferisce.

Un aspetto complessoForse è per l’oggettiva complessitàdell’idea di misericordia che, moltospesso, si è preferito lasciare ai margi-ni questo dato, benché tutti implicita-mente riconoscessero che la miseri-cordia è il carattere fondamentale delDio biblico, l’origine della storia del-la Salvezza, la causa della venuta diCristo e il senso della sua morte e re-surrezione. Senza misericordia non c’è

Pensare la misericordiaLa parabola del figliol prodigo è il paradigma della

misericordia. È proprio la misericordia che pratica

l’autentico perdono, con la sua chiara visione della colpa, con

la sua vera capacità�di giustizia.

Redenzione, ma quale misericordia?Il primo aspetto, che forse si è appan-nato nel passaggio dalla cultura ebrai-ca a quella cristiana, e che pure è fon-damentale nell’idea di misericordia, èquello del legame. Un legame cheunisce Dio agli uomini e gli uominitra loro. È un legame fatto di lealtà, dibontà e di fedeltà, un legame che spin-ge Dio a cercare l’uomo, a chiamarloe a richiamarlo. È il legame che Dioesplicita nell’Alleanza, ma che caratte-rizza tutta la storia d’Israele e tutta lastoria umana, una storia che risultacosì segnata da questa reciproca ap-partenenza. È il legame che spinge ilpadre, nella parabola del “figliol prodi-go”, ad attendere il figlio a lungo, in-sistentemente e che spinge il figlio,perduto, a ritornare alla casa del padre;un legame che non sembra esserecompreso e vissuto dal figlio ubbi-diente.La misericordia di Dio crea questo le-game, ed essere misericordiosi signifi-ca viverlo, cogliere questa reciprocaappartenenza, riconoscere questo de-stino comune.Il secondo aspetto, che forse deve es-sere colto in tutta la sua complessità, èquello del perdono.La misericordia di Dio è senza limiti epuò apparire eccessiva... Almeno cosìsembra pensare il figlio ubbidientedella parabola evangelica.Forse questa generosità sconfinata,

questo versare il sangue del proprio fi-glio per giustificare ogni uomo invirtù della Grazia, questa continua di-sponibilità a perdonare e ad accoglie-re anche chi ha fatto della malvagità ilproprio stile di vita, ha indotto alcunia porre la misericordia in secondo pia-no, a circoscriverne la profondità el’importanza. Per costoro l’enfasi sullamisericordia può far pensare a un diopermissivo, poco incline alla difesa in-transigente dei valori, incapace dicondannare inesorabilmente i malva-gi; in definitiva un dio troppo buonoe condiscendente per essere giusto edesemplare. Ciò che sfugge a questaprospettiva, è il fatto che può esserciperdono solo se l’individuazione dellacolpa è chiara, ferma, sicura. Senza unasolida giustizia, senza un sereno crite-rio per riconoscere le colpe, non ci so-no colpe e non può esserci perdono.Ma l’autentico rapporto tra misericor-dia e giustizia non si realizza in que-sto meccanismo esteriore. In realtà lamisericordia incrementa la forza dellagiustizia, rendendola più vera ed effi-cace. Il male e il bene non si confon-dono nell’azione misericordiosa, mal’uno viene trasformato dall’altro.L’accettazione, il sostegno e l’amoreche nascono dal perdono misericor-dioso liberano la giustizia dal vicolocieco del castigo e della pena, e apro-no la possibilità di un cammino versoil riscatto e la redenzione.

La giustizia autentica c’è, o non c’è,fuori dai tribunali, nel mondo degliuomini. Nei tribunali, se va bene, lagiustizia viene rabberciata, riaggiusta-ta, perché evidentemente si era rotta.La giustizia vera e profonda non esistequando le carceri sono piene, maquando gli uomini vivono nel rispet-to, nella libertà e nella pace. Per la mi-sericordia la giustizia si realizza grazieall’amore e non in forza della puni-zione.Emerge così l’ultimo e intrinsecoaspetto della misericordia, la sua fina-lità profonda. Ciò che veramente im-porta alla misericordia non è la com-passione, non è il soccorso del soffe-rente. Il padre della parabola noncompatisce il figlio ritrovato, non losoccorre dandogli qualcosa, ma gioisceper una comunanza rinata, per unafamiliarità di nuovo possibile. Ciòche veramente importa alla misericor-dia è che l’uomo si converta e viva.

Un aspetto costruttivoAppare chiaro, quindi, come l’atteg-giamento misericordioso metta in di-scussione alcuni tratti caratteristicidella mentalità dominante. Tratti chespesso vengono vissuti e difesi in pie-na buona fede, malgrado la loro limi-tatezza e la loro intrinseca contraddit-torietà.L’intransigente difesa dei valori nonnegoziabili e la minuziosa codificazio-

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ne di ciò che è permesso e di ciò cheè proibito possono sembrare la stradamaestra per riportare nel mondo giu-stizia e rispetto. Ma ciò che la miseri-cordia insegna è che valori e precettinon vanno puntigliosamente codifica-ti e insistentemente imposti, ma van-no generosamente vissuti e testimo-niati.Solo chi profondamente possiede igermi dell’autentica bontà, può per-donare e accogliere.Proprio la dinamica del perdono mo-stra l’inconsistenza e la pericolositàdell’antidoto adottato dalla mentalitàdominante contro l’intransigenza econtro la tirannia dei valori. Il permis-sivismo individualistico, la sfrenatezzaprivata, circoscritti solo dalla forza del-l’ordine pubblico, non concepiscono enon tollerano la dinamica del perdo-no. Il permissivismo e la sfrenatezzanon sanno che farsene del perdono,perché hanno abolito la colpa, cioè laresponsabilità. Al più strumentalizzanoil perdono, irridendone la presuntadebolezza.Invece, proprio la misericordia, prati-cando l’autentico perdono, con la suachiara visione della colpa, con la suavera capacità di giustizia, dimostra lavacuità e la debolezza della logica per-missiva.L’atteggiamento competitivo e vin-cente, la concorrenza, la suddivisionemeritocratica sono modelli che esa-

sperano la lontananza dall’altro.I miei simili diventano autentici o po-tenziali concorrenti, autentici o po-tenziali alleati; in ogni caso assumonouna natura strumentale nel camminodella mia affermazione. Il legame vita-le e salvifico della misericordia èignorato e perso, il destino non è piùsentito come comune.L’appartenenza non si fonda su rico-nosciuti tratti umani, sulla dignità, chetutti nobilita. L’appartenenza diventamanifestazione di casta e non nascedalla disposizione del cuore, ma dalleesteriorità condivise, non rispetta ledifferenze, ma opera omologazioni.Nella lotta per il successo non c’è mi-sericordia, perché in questa lotta nonesistono legami autentici.La misericordia ha in sé un profondoorientamento all’altro ed è capace difondarlo, rendendolo possibile e signi-ficativo anche per le fragili capacitàumane.

Gian Maria Zanoni

ROUAULTMiserere – incisioni, Parigi1917/1927

Il Miserere si presenta come unaserie di 58 incisioni realizzate daRouault tra il 1917 e il 1927. Solonel 1948 tuttavia l’opera è statadiffusa. In essa si sente l’eco del-l’esistenzialismo di Maritain. Itemi dominanti sono quelli dellaprotesta per la miseria, l’ingiusti-zia, la guerra, la morte e l’impo-tenza dell’uomo davanti a questedisgrazie. Solo una nota di spe-ranza sembra capace di riscatto:la tenerezza, l’amore, la compas-sione e soprattutto il sacrificio diCristo.

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Le opere di misericordiaSiamo chiamati a essere misericordiosi, a compiere atti di

misericordia. Il catechismo della Chiesa cattolica (al numero

2447) ci suggerisce i comportamenti virtuosi, che sono

commentati nei due articoli che seguono.bergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermoe mi visitaste; carcerato e veniste a trovar-mi. Allora i giusti gli diranno: Signore,quando mai ti vedemmo affamato e ti dem-mo ristoro; assetato e ti demmo da bere?Quando ti vedemmo pellegrino e ti allog-giammo o nudo e ti rivestimmo? Quandoti vedemmo infermo o carcerato e siamo ve-nuti a visitarti? E il re risponderà loro: Inverità vi dico: ogni volta che voi avete fat-to queste cose a uno dei più piccoli di que-sti miei fratelli, l’avete fatto a me”.Ma sono anche il frutto di un rappor-to costante tra società civile e religio-sa, tra una realtà che produce doman-de alle quali non sempre è in grado dirispondere e una coscienza religiosache cerca di darvi risposte concrete.Per chi ha vissuto il cammino scout

Opere di misericordia corporale

“Dar da mangiare agli affamati, dar dabere agli assetati, vestire gli ignudi, al-loggiare i pellegrini, visitare i carcera-ti, curare gli infermi, seppellire i mor-ti”. I meno giovani tra noi le impara-vano a memoria nel catechismo, i piùgiovani ne avranno sentito parlare, poisono scomparse dal libro e anche dal-la vita: sono le sette opere di miseri-cordia corporale.Sono, in un certo senso, il riflesso diuna tradizione cristiana che deriva di-rettamente dalla lettura del Vangelo diMatteo al cap. XXV (34-40) “Perchéebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi se-te e mi deste da bere; fui pellegrino e mi al-

sono state anche incontri significativilungo la strada, momenti di condivi-sione in hike, occasioni di servizio, ri-cordi e testimonianze di chi ci ha pre-ceduto. La misericordia è stata spessola linfa che ha tenuto accesa la fiacco-la nei momenti di fatica e di scorag-giamento lungo la strada, momentiche ci hanno reso solidali nel con-fronto con il limite, nel tentativo di ri-sanare ferite, di accogliere il diverso,nel fluire del tempo che ha reso “l’al-tro” amico e fratello.“Il Signore passa, non so se ritorna...”Così avevo scritto nel mio quadernodi strada, così ho cercato di testimo-niare, ai rover e alle scolte che mi era-no stati affidati, che l’amore miseri-cordioso di Gesù può proseguire be-nefico in questo mondo anche attra-verso il nostro operato.

1. Dar da mangiare agli affamatiTra le opere di misericordia il “dar damangiare agli affamati” evoca la beati-tudine che più volte la Scrittura pro-mette: li dice beati non perché hannofame ma perché verranno saziati, la-sciando a bocca asciutta ricchi e poten-ti. Dar da mangiare è un problema digiustizia, di ordine economico, di pro-spettiva politica, solidale, fraterna e lun-gimirante. Ma la sazietà ultima è il pa-ne che spegne ogni fame e la fame è ri-ferita a una prospettiva assolutamentenuova, quella del Regno di Dio.

Chi ha vissuto l’esperienza dell’hike, sache il pezzo di pane custodito nellozaino come bagaglio prezioso, diventacondivisione fraterna con il compa-gno di strada, ricerca dell’essenziale,“anticipazione” di quel pane eucaristi-co che sazierà la fame di ogni vivente.

2. Dar da bere agli assetatiIl racconto della creazione e il pere-grinare di Israele nel deserto sono ri-chiami continui all’acqua nella sua va-lenza concreta, metafora di una op-portunità dissetante, purificatrice, re-dentiva e comunque sempre legata al-la vita. Il diritto all’acqua è allora unanecessità vitale dell’umanità.Anche nei Vangeli le parole di Gesùriconducono all’invito ad attingere al-l’acqua di vita che Egli stesso è.L’esperienza del deserto scout, vissutonella concretezza di un percorso di fa-tica, di preghiera e di solitudine, ci hainsegnato la preziosità dell’acqua, nel-la ricerca di una fonte che rinfreschi inostri volti e calmi la nostra sete, sim-bolo di quella sorgente perenne e ine-sauribile, radicata nella compassione diDio per la sua creatura.

3. Vestire gli ignudiLa nudità e la consapevolezza che nederiva rappresentano la presa di co-scienza della fragilità umana. Gesù stes-so ha incarnato questo limite: alla na-scita è stato avvolto in fasce; processato,

ha subito l’infamia di essere denudato.Coprire la nudità allora è un nostro do-vere, come riconoscimento della dignitàumana. Avere rispetto dell’altro e ope-rare per riconoscere i suoi diritti, la suaparola, la sua autonomia, è segno di unacarità che oltrepassa il perseguimento diuna concreta necessità.Chi non ha sperimentato, al campo o inroute, il limite fisico dell’essere bagnatidalla pioggia o intirizziti dal freddo e ilconforto risanante di una copertaasciutta o un caldo maglione?Vestire gli ignudi allora è saper accetta-re anche la propria fragilità, usare com-passione verso se stessi, riconoscere diessere avvolti dall’amore di Dio comeuna veste che protegge.

4. Alloggiare i pellegriniL’essere forestieri e pellegrini su que-sta terra rappresenta da sempre l’iden-tità del popolo di Dio, segno continuodi un incedere verso la meta. Allora,alloggiare i pellegrini vuol dire farsiprossimo, accogliere il viandante, ac-costare una presenza, visitare una me-moria.Oggi l’accoglienza ineludibile diventaquella dello straniero. L’opera di mise-ricordia si interfaccia così con il temadell’immigrazione: dinanzi a storiedolorose come è possibile chiudere ilnostro cuore verso chi cerca dignità,diritti, libertà, un futuro per sé e per ipropri figli?

Forse il nostro camminare sulle stradedell’hike bussando alle porte di sco-nosciuti e diffidenti in cerca di ospita-lità per la notte, non è che un timidotentativo di sperimentare il rifiuto, lanegazione di un diritto, il respingi-mento del proprio essere?

5. Visitare i carceratiFra tutte le opere di misericordia quellache richiede di “visitare i carcerati” è si-curamente la più provocatoria, perchénon indica solo i presupposti del viverecivile, ma affronta un pregiudizio radi-cato, una separazione fra chi sta “dentro”e chi sta “fuori”. Significa riconoscere ilpeso della solitudine e dell’umiliazione,del rimorso e della disperazione, e cer-care di colmare un abisso che solo l’ac-coglienza e la solidarietà possono inqualche modo fare propri.Conosco clan e comunità capi che, inquesto scenario di condanna ed emargi-nazione, hanno saputo creare percorsi diriscatto e redenzione, cammini di recu-pero e reinserimento. Perdono e miseri-cordia travalicano dunque la dimensio-ne dell’aiuto temporaneo: sono segnotangibile di carità e riconciliazione.

6. Curare gli infermiLa misericordia di Dio, che a noi perprimi è stata riservata, si caratterizzaanche in mani soccorrevoli e cuoregeneroso verso chi vive situazioni didebolezza, di malattia, di precarietà.

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Nella crisi dei sistemi contemporaneiinadeguati a garantire a tutti un acces-so alle cure primarie, curare gli infer-mi non significa solo assistere gli am-malati, lenire le loro sofferenze e so-stenere percorsi di guarigione. Signi-fica anche recuperare la dimensionedel colloquio, della pazienza, della con-divisione, consapevoli della finitezza edella caducità della condizione umana.Qualcuno, che ha vissuto il suo servizioscout tra le corsie ospedaliere o accom-pagnando i sofferenti a Lourdes, ha ma-turato poi la decisione di vivere la pro-fessione in ambito sanitario, cercandocosì di coniugare carità e giustizia.Operare in ambito professionale conquesto spirito e con questa ricchezza diamore è calarsi davvero nella misericor-dia di Gesù.

7. Seppellire i mortiIl ritorno alla terra che ci accoglie, tipi-co della tradizione cristiana, assume un

valore particolare nell’epoca attuale do-minata da realtà scientifiche che presu-mono di dominare la terra stessa. Cosìsi tende a rimuovere la morte dalla pro-pria coscienza, dimenticando la caducitàdella vita e la fine di tutte le vanità.Seppellire i morti significa allora accetta-re ed elaborare “il passaggio” con tutto ilmistero che lo accompagna, con tutti gliinterrogativi e le angosce che suscita. Il rito della sepoltura aiuta a ricercareun “senso” al “nonsenso”, nella prospet-tiva dell’umana compagnia che, in pro-spettiva cristiana, trova la propria forzanel mistero pasquale.Lo scautismo che guarda avanti, poi,non dimentica il suo passato: seppellirei morti, per noi che abbiamo fede e spe-ranza nel Risorto, vuole dire anche te-nere viva la memoria di chi ci ha pre-ceduto. Si tratta di comprendere il mes-saggio che molti scout ci hanno lascia-to con la loro vita e rispondere a que-sto messaggio con la nostra esistenza:

mostrare l’amore di Dio anche dopo laloro morte.

L’esercizio della misericordia non è de-legabile, perché essenziale alla vita cri-stiana: la parola di Dio ci indica la stra-da in modo molto chiaro e semplice.“Il Signore passa, non so se ritorna...”:questi passaggi del Signore vicino a noinon sono opere programmate e orga-nizzate, sono momenti di vita, spessoimprevisti e scomodi. È a questi passag-gi del Signore che occorre dire di sì,perché accogliendolo nel volto dei sof-ferenti possiamo cambiarne la condi-zione. È entrando in questa dinamicache potremo cambiare la nostra vita:sentirci parte di questo progetto di mi-sericordia, di questo stile di vita che loscautismo ci ha fatto sperimentare si-gnifica allora entrare nella logica dellacomunione dei Santi.

Federica Fasciolo

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Opere di misericordia spirituale

Ritornano alla mente vaghi ricordidell’insegnamento catechistico di tan-ti anni fa. Una rilettura attenta, mi ha fatto sco-prire la necessità di esaminare conprofonda riflessione, queste opere checi vengono proposte.Chi sono i destinatari delle “opere dimisericordia spirituale”? Ciascuno dinoi, senza alcuna distinzione tra bene-fattori e beneficiari. Infatti, mentre perle opere di misericordia corporali c’èun donatore e un bisognoso, nelleopere di misericordia spirituali, siamotutti coinvolti e destinatari delle ope-re stesse. Le opere di misericordia spi-rituale ci invitano di continuo ad unapratica di ascesi personale. Dobbiamoprendere coscienza di essere peccatorie giusti, saggi e dubbiosi, consolatori ebisognosi di essere consolati, offensori ecapaci di perdonare le offese ricevute,ignoranti e sapienti, pazienti e capaci difar perdere la pazienza ad altri, attentiai bisogni degli altri e bisognosi dellapreghiera fraterna di tutti.

1. Consigliare i dubbiosiQuest’opera di misericordia, oggimolto attuale, potremmo chiamarla“ascolto”. Quante perplessità, tituban-ze, insicurezze rendono difficoltose lenostre decisioni e diventano quotidia-

namente un esercizio di discernimen-to e riflessione. Personalmente credoche vada temuto chi possiede certez-ze e conosce senza esitazioni la stradacorretta da percorrere, senza porsi deidubbi e chiudendosi al dialogo. Im-portante è trovare quelle certezze cri-stiane che, fatte nostre nel nostro ani-mo, diventano Spirito di verità, in co-munione con tutta la Chiesa. Sonoqueste certezze indubitabili che dob-biamo offrire a noi stessi e a tutti gliuomini che si trovano disorientati.

2. Istruire gli ignorantiChi siamo noi, cosa siamo al mondo afare, qual è il nostro destino, qual è ilnostro disegno d’amore? Quale la no-stra autentica identità? Perché sono almondo e cosa mi viene richiesto?Questo deve essere il nostro grido diricerca e di accoglienza per la nostrasalvezza e quella dei nostri fratelli.Ignoranza è vivere senza chiedersi ilperché della propria esistenza. Aiutarechi cerca e non trova, chi non riesce adare un significato al proprio essere.Scoprire il bello della nostra vita checi è stata donata, che dobbiamo acco-gliere e far fruttificare con le nostreopere, per la nostra salvezza. Non sem-pre è facile accogliere e accettare cer-ti avvenimenti e la tentazione dell’ab-bandono e del rifiuto diventa moltoforte. È proprio allora che il fidarsi eaffidarsi a Lui diventa vera fede.

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Affresco di Poggiridenti

Dipinto verosimilmente tra il1400 e il 1420 da un autore scono-sciuto e visibile oggi al Museovaltellinese di storia e arte di Son-drio, rappresenta le sette opere dimisericordia corporale.È stato rinvenuto in una casa pri-vata di Poggiridenti (SO) (Pendo-lasco fino al 1929) nel corso diun’opera di restauro, al di sotto diun altro affresco che rappresenta-va lo stesso soggetto. La sovrap-posizione delle due opere proba-bilmente va ricercata nella proble-matica della peste. Infatti, in casodi contagio, si procedeva a disin-festare gli edifici non solo conl’imbiancatura a calce ma anchecon la stesura di un nuovo intona-co. È possibile che i proprietarinon abbiano voluto rinunciare aun dipinto così prezioso, per cui nehanno fatto sovrapporre uno cheriproducesse il precedente.La linearità dei tratti, la sempli-cità delle figure, la suggestionederivante dalla presenza di questoaffresco in una casa privata, e nonin un istituto religioso, mi hannoreso familiare queste immagini.Le varie scansioni mi hanno ac-compagnato nelle riflessioni che sisono tradotte in ricerca e testimo-nianza nelle parole del mio articolo.

3. Ammonire i peccatoriSicuramente siamo tutti peccatori equesta è una disgrazia grossa. Sappia-mo però che Gesù è venuto per i pec-catori e non per i giusti e questo ciconsola e ci aiuta a riconoscere i no-stri peccati e a cercare di liberarci daquesta schiavitù. Aiutare quindi i no-stri fratelli a uscire dal peccato, attra-verso la correzione fraterna con amo-re e dolcezza è un dovere. Certo nonè azione priva di rischi: “come potraidire al tuo fratello ‘tolgo la pagliuzzache hai nel tuo occhio’, mentre nel-l’occhio tuo c’è la trave?” (Mt 7,4).Occorre prima di tutto che il nostrocomportamento sia coerente conquanto andiamo predicando e dicendo.Come in tutte le opere di misericordiaspirituale, la Chiesa ci invita a rivisitarei nostri atteggiamenti e comportamen-ti spirituali, distinguendo il bene dalmale, e aiutare il nostro prossimo a uncomportamento che conduca allo stiledi Gesù Maestro Buono.

4. Consolare gli afflittiIn quest’opera c’è molto da fare e tut-ti siamo impegnati a consolare chi hapreoccupazioni, sofferenze, tristezze.La vita spesso è molto dura e la feli-cità difficile da vivere. Se l’uomo cer-ca la gioia e la felicità con solo le sueforze, questi rimarrà deluso da effime-ri divertimenti e illusioni.È in questo contesto che il vero cristia-

no trova la pace e la gioia attraverso ilmessaggio evangelico: “la buona noti-zia”. È la vera e unica salvezza che civiene preannunciata da Gesù la sera pri-ma di essere crocifisso: “La vostra affli-zione si cambierà in gioia” (Gv 16,20).

5. Perdonare le offeseCredo che quest’opera di misericordiasia la più difficile da applicare. Vienepersino detto “benedite coloro che viperseguitano”. Quante volte teniamonel nostro animo risentimenti e ran-cori per parole e atteggiamenti che cihanno in un qualche modo ferito, ma-gari anche involontariamente.Non è certo la vendetta o l’odio chepossono interrompere la catena di of-fese subite con le relative sofferenze.L’unico mezzo che la Chiesa ci pro-pone e ci invita ad applicare è quellodel “perdono”.Impariamo allora a chiedere scusa an-che per quelle azioni che involonta-riamente hanno offeso il nostro pros-simo e a perdonare coloro che delibe-ratamente o involontariamente cihanno in qualche modo offeso. Chedifficile, ma che meraviglioso insegna-mento!

6. Sopportare pazientemente le persone molesteFacendo mentalmente l’elenco dellepersone moleste, mi accorgo di avertralasciato il mio nome.

Errore fondamentale se penso a quan-te persone, a partire dalla mia famiglia,agli amici, ai colleghi di lavoro, in tan-te occasioni mi sopportano. È unavirtù che dobbiamo di continuo im-parare. Tutti siamo chiamati alla sop-portazione e anche a divenire consa-pevoli che molte volte, con il nostromoralismo, la nostra pignoleria, l’altaconsiderazione di noi stessi, il deside-rio sfrenato di dover fare il bene a tut-ti i costi, il voler avere l’ultima parola,il credere di avere la certezza in ta-sca..., per un verso o per l’altro ci ren-diamo fastidiosi e molesti per il nostroprossimo. Di fronte a una società chesempre di più diventa aggressiva e in-tollerante, la Chiesa ci propone questasesta opera di misericordia che si fon-da sulla pazienza.

7. Pregare Dio per i vivi e per i mortiLa preghiera è l’atto più grande di mi-sericordia. La preghiera per i vivi e peri morti è un atto di fede. Pregare pergli altri è un atto d’amore che va ol-tre al nostro egoismo. Così la celebra-zione eucaristica diventa l’espressionepiù alta di intercessione per tutta l’u-manità. Questa ultima opera di mise-ricordia ci ricorda che dobbiamo im-plorare su tutti gli uomini la grazia sal-vifica del “Padre di Tutti”.

Le opere di misericordia spirituale, ciricordano quale deve essere la nostra

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fame. Questa figlia non avrebbepotuto passare a suo padre nes-sun cibo, ma nessuno poteva im-pedirle di nutrirlo di se stessa.Questa icona, se vale per le operedi misericordia corporali, puòesprimere ancora di più l’efficaciadelle opere di misericordia spiri-tuali perché, come diceva Her-mann Hesse, “il male radica solodove l’amore non basta.” Misembra allora che appaia eviden-te come il vero autore di tutte leopere di misericordia spiritualesia il Signore Gesù.

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MICHELANGELO MERISIDA CARAVAGGIO(1571-1610) - Sette opere di Misericor-dia (1606-1607)(particolare sulla destra delquadro)

Per illustrare le opere di miseri-cordia corporali, Caravaggioesprime la carità compassionevo-le mettendo in scena la figura al-tamente drammatica di una figliache nutre al suo seno, attraversole inferriate del carcere, il suo vec-chio padre condannato a morire di

visione della presenza operativa deicristiani verso il nostro prossimo equale deve essere la vera missione del-la Chiesa nel mondo. Così dobbiamoprendere esempio dal vero protagoni-sta delle opere di misericordia spiri-tuale: il Signore Gesù.

Gege Ferrario

Alcuni spunti di riflessione sono tratti daGiacomo Biffi: “Eucarestia e opere di mi-sericordia” - Congresso Eucaristico di Sie-na, 3 giugno 1994.

È l’indicazione – poco nota fuori del-la cerchia dei legulei – che comparesul foglio matricolare degli ergastola-ni, che da l’idea di una pena infinita,tanto nei colpevoli quanto in colorocui viene fatto del male, al di qua co-me al di là dei muri delle carceri odelle aule di tribunale. Essa costituisce

un banco di prova per tutti noi, percapire se da qualche parte abita anco-ra un po’ di misericordia o se, più omeno evidentemente, pietà l’è morta.Scriveva Montesquieu (ed è oggettodi questa riflessione) che per capire ilgrado di civiltà di un popolo si devecominciare a visitarne le prigioni: ma

prima di considerare le criticità cheaffliggono gli edifici carcerari e, ancorpiù, la loro popolazione, credo sia im-portante esplorare l’idea che ci portia-mo dentro della punizione che la so-cietà, organizzata nello Stato di dirit-to, ritiene di dover infliggere a chidebba rispondere nei confronti di es-sa di violazioni ritenute, in base a nor-me prefissate, riprovevoli in sé e lesivedella coesione della società stessa, del-l’incolumità personale e/o dell’inte-grità patrimoniale dei suoi compo-nenti: il tutto senza dimenticare che laregola astratta (de iure) deve accompa-gnarsi alla considerazione delle circo-stanze del caso singolo (de iustitia), co-sa non sempre facile o scontata.

Quale domanda di giustizia?Che si faccia giustizia, garantendoequità e indipendenza, è una delle do-mande fondamentali di ogni societàorganizzata, pena delegittimarne lagovernance e mettere a repentaglio lacoesione e la sopravvivenza stesse delsuo ordinamento. Ma come tutte lecose umane anche la giustizia è affida-ta a uomini e donne e si evolve assie-me alla società che regola. Essa postu-

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Fare opere di misericordiaIn questa sezione del quaderno raccogliamo tre testimonianze-esortazioni all’agire con misericordia.

Fine pena: MAIIn questo “mese” il nostro percorso si snoda lungo un duplice

filo conduttore: da un lato alcuni riferimenti alla domanda

profonda di giustizia del genere umano ed ai suoi fondamenti

spirituali e giuridici; dall’altro alcune indicazioni concrete di

criticità constatabili e di esperienze da incontrare – o da

andare a ricercare - nella propria realtà, in quanto è ben

probabile che ve ne siano, per fortuna, di analoghe che

meritano di essere conosciute e fatte conoscere.

la quindi in primo luogo che chi l’am-ministra abbia per essa un’attenzionecontinua e competente (il richiamo èforte: “nunc, reges, intelligite: erudimini,qui iudicatis terram”1(Salmo 2, 10); insecondo luogo che chi vi è soggettone rispetti le regole con lealtà e coe-renza (ad es. senza incolpare il giudi-ce, soprattutto se ha fatto bene il suodovere, come ripiego per [ri]afferma-re la propria posizione anche quandola stessa non sia stata riconosciuta); interzo luogo che la normativa siaespressione di una civiltà sempre ca-pace di tenere il passo dei tempi, pre-venire la commissione di reati, limita-re il ricorso alla carcerazione2 e ridur-re il rischio delle recidive3.Solo l’avvento definitivo del Regno diDio potrà garantire, essendo la “sua”giustizia tale da rendere tutto il resto unsovrappiù (Mt. 6, 33), quell’equilibrioperfetto in cui “misericordia e verità siincontreranno, pace e giustizia si bace-ranno” (Salmo 85, 11). La giustizia de-gli uomini può e deve impegnarsi afondo per avvicinarsi quanto più possi-bile a quella perfezione, pur essendo perdefinizione imperfetta; essa si fonda in-fatti su una “verità processuale”, chepuò non coincidere con l’effettività deifatti (basandosi su una ricostruzione aposteriori che dipende fortemente dal-la prova che le parti in causa devonofornire al giudice) e che si traduce inuna decisione, auspicabilmente circo-

stanziata e ponderata, che può da un la-to esprimere una condanna e irrogareuna sanzione, dall’altro imporre un ri-sarcimento a favore di chi abbia soffer-to un danno ingiusto a causa della vio-lazione accertata4. Quanto sopra dovrebbe già aiutare aleggere criticamente le uscite spesso su-perficiali e frettolose di molti media,preoccupati di conquistare l’audience,sollecitandone i sensi più viscerali evendicativi ma promuovendo così l’im-magine, diffusa quanto falsata e disgre-gante, della sentenza che “fa giustizia” afavore di uno e a danno dell’altro, in ge-nere chiudendo il soccombente “iiin ga-leeeraaaa!” il più a lungo possibile e ma-gari buttando via, o dimenticando do-ve si è messa, la chiave. Lungo tutto il percorso gli ostacolinon mancano: il sovraffollamento e laristrettezza degli spazi, che ammucchia-no più detenuti là dove ce ne dovrebbeessere uno, finiscono per rendere il car-cere una “istituzione totale”, caratteriz-zata, per dirla con le parole di un dete-nuto, dalla “violenza da sottrazione”, os-sia “riduzione della mia identità al miocorpo prigioniero,… sottrazione diogni individualità, di ogni significato distoria rappresentabile, di ogni indivi-dualizzazione dell’ambiente”. A ciò siaggiunge una radicalizzazione del con-fronto fra detenuti ed operatori (agentidi custodia, educatori, personale ammi-nistrativo e dirigenziale) che porta ad

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una situazione in cui ognuno è al tem-po stesso carceriere e carcerato. Su tut-to pesa spesso un’ottusità burocraticache, come ad es. all’inizio di quest’an-no con la gestione delle mense da par-te di cooperative di/con detenuti, can-cella un’esperienza significativa di lavo-ro all’interno del carcere che consenti-va di apprendere o mantenere unacompetenza non solo utile ai fini delreinserimento – e, come attestato dallestatistiche, potente riduttore del rischiodi recidiva – ma anche per consentireun ricavo di attività “onesta” da trasfe-rire alle famiglie.

Un contratto sociale rinnovatoEppure l’individuazione e l’applicazio-ne della pena dovrebbero rispondere adun principio tutt’altro che punitivo odunilaterale-conflittuale. Si stabilisce unnuovo rapporto, volto a ristabilire l’e-quilibrio alterato dal reato: la privazio-ne della libertà – ce lo ricorda la nostraCostituzione all’art. 27 – che conseguead una condanna (definitiva!) non può“consistere in trattamenti contrari alsenso di umanità” e deve “tendere allarieducazione del condannato”. A fron-te della detenzione ci dev’essere un im-pegno della società a promuovere (e ri-conoscere quando vi sia, ovviamentecon adeguato controllo) l’impegno deldetenuto a porsi in un cammino nonpiù “inquinato” dal reato: impegno,questo, spesso ignorato5 o disatteso6.

Il nuovo rapporto non è pieno se si li-mita ad un dialogo tra lo Stato che im-pone la pena ed il detenuto che la su-bisce: infatti la commissione di un rea-to provoca un danno spesso irreparabi-le ad altre persone, meno direttamentecoinvolte ma che da esso vedono di-strutta o gravemente compromessa lapropria esistenza e serenità: anche perloro il “fine pena” non arriva mai. Al-cuni percorsi, coraggiosamente intra-presi nei mesi scorsi, fra brigatisti e fa-miliari delle loro vittime mostrano ades. come l’effettività della pena si con-cretizzi e raggiunga il suo scopo nel-l’incontro, nella coscienza piena e reci-proca della gravità dei fatti per tutte leparti e nella comune scelta di un per-

corso di riconciliazione: così si attua l’o-biettivo della legge e lo si supera nel ri-dare a persone adulte la percezione au-tentica del perdono, che non può cheessere reciproco. Il Papa Francesco si muove contempe-rando il forte e innovativo rigore dellescelte pastorali che opera nella Chiesacon un’aperta e non pregiudiziale com-prensione della relazione umana in cuiessa si viene ad inserire. Non a caso si èscelto come motto “Miserando atque eli-gendo” – si noti, prima l’uno e poi l’altro. All’indomani dell’annuncio dell’AnnoGiubilare e in concomitanza con un in-contro con i detenuti di Poggioreale (20marzo 2015), egli ha preso posizionecontro la pena di morte, ma anche con-

tro l’ergastolo, “pena di morte occulta”al pari o quasi delle pene che “compor-tano per il condannato l’impossibilità diprogettare un futuro di libertà”. NellaBolla di indizione (11 aprile), richia-mando le parabole del servo crudele edel figliol prodigo, identifica chiara-mente la vera giustizia cui tendere; nel-la lettera di concessione dell’indulgen-za (1 settembre) tocca il tema di una“grande amnistia”, paragonando la por-ta di ogni cella ad una Porta Santa da at-traversarsi – in ingresso come in uscita!– da parte di detenuti e non (pensiamoalla Polizia Penitenziaria, al personale cheamministra e dirige le case di reclusione,ai volontari che vi prestano la loro ope-ra) “perché la misericordia di Dio, capa-

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BANSKY – murales – quartiere Queen a Londra

“Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’Eternità”. Non cancelliamo questa frase con la spugna: è l’essenza del-la misericordia che non si esaurisce in un gesto o un’opera, ma diventa un pezzo di eternità, per noi e per gli altri.Bansky è uno dei maggiori esponenti della street art, non si conosce il suo vero nome o la sua origine, come la mi-sericordia è nascosto, ma le sue opere hanno reso i muri di tante periferie più... umani.

ce di trasformare i cuori, è anche in gra-do di trasformare le sbarre in esperienzadi libertà”. Il suo non è un approccio ra-gionieristico al calcolo/riduzione dellapena, né la preoccupazione per il so-vraffollamento delle carceri (tutti proble-mi rilevanti e da non trascurare): è unaproposta di sguardo nuovo per ricolloca-re gli strumenti, limitati e necessitati, deldiritto in una dimensione comunitariache, laddove non riesca a prevenire, nonsi limiti ad assistere alla condanna, ma se-gua l’intero percorso (interiore ed ester-no) della pena e ne sappia salutare congioia l’estinzione.

Cosa possiamo fare?Un Capitolo da proporre ai ragazzi diuna Comunità R/S potrebbe incen-trarsi su:• documentazione sulla realtà carcera-ria italiana ed internazionale e suesperienze di incontro/riconciliazio-ne detenuti/familiari delle vittime;

• conoscenza della realtà carcerariadel luogo in cui si vive e delle ini-ziative prese per ridurre gli steccatifra “dentro” e “fuori” (ad es. attivitàdel Garante delle persone privatedella libertà, Commissioni Carceridi Comuni e Regioni, Poli Uni-versitari Penitenziari, laboratori in-terni al carcere 7, attività sportive eteatrali); incontri con volontari, vi-sione di film o documentari 8;

• una visita in carcere, adeguatamen-

te preparata ed accompagnata;• perché no? il mantenimento comecomunità di un rapporto di corri-spondenza con dei detenuti: scambia-re lettere o cartoline – impossibile co-municare via mail o social media!! –è spesso un sollievo enorme quandosi hanno poche prospettive e moltegiornate vuote (o quasi…) davanti.

Agostino Migone

1 “Ed ora, o re, comprendete: istruitevi,voi che giudicate la terra”.

2 Cfr. l’iniziativa recente (21.10.2015) diun centinaio di responsabili di carceri epolizie statunitensi per un adeguamentocontinuo della legislazione e delle pene:www.lawenforcementleaders.org

3 Il New York Times ha pubblicato nel suomagazine alcuni articoli che comparanoil sistema carcerario statunitense (con lapiù elevata popolazione carceraria almondo in proporzione alla popolazionetotale) e quello norvegese dove la penamassima è di 21 anni di carcere:http://www.nytimes.com/2015/04/12/magazine/re-prison-planet.html

4 È opportuno ricordare che in diritto pe-nale le due cose NON sono le facce del-la stessa medaglia: la pena è irrogata suimpulso dello Stato (unico titolare del-l’azione penale, esercitata tramite il Pub-blico Ministero, che nel processo davan-ti al Giudice si contrappone, come par-te, alla difesa dell’imputato); il risarci-mento consegue invece all’esercizio diun’azione individuale ed autonoma chela “parte civile” propone, nell’ambito delprocesso penale, per vedersi compensareil danno economico conseguente al rea-to. La giustizia civile, pur essendo in es-sa preminente l’impulso di parte, segue

un criterio analogo: il processo mira adidentificare chi ha torto e chi ha ragio-ne (ad es. in una lite condominiale)NON per affermare che l’uno è buonoe l’altro è cattivo, ma per ristabilire, at-traverso una corretta applicazione nelcaso concreto della regola (astratta) di di-ritto, la coesione interna alla comunità,che ogni controversia viene comunque adiminuire.

5 Ad es. da cronisti-sciacalli che una voltasbattuto il mostro in prima pagina” ce loriportano sadicamente a distanza anchedi decenni: sempre mostro è, non im-porta se nel frattempo ha riconosciuto lapropria responsabilità, scontato la pena erisalito la china fino ad occupare conpieno merito un nuovo posto nella so-cietà (Milano, febbraio 2012).

6 Ad es. da esponenti politici di governo odi opposizione, in cerca di consensi “dipancia”, che sparano autentiche idioziegiuridiche della serie “se uno è condan-nato a dieci anni deve farseli tutti, finoall’ultimo giorno!”: come se non esistes-se un Libro X del Codice di ProceduraPenale intitolato “Esecuzione della pe-na”, che espressamente disciplina le mo-dalità della sorveglianza e l’applicabilitàdi misure alternative o riduttive (Milano,settembre 2015).

7 Segnalo le esperienze in corso nel car-cere di Milano-Opera, cui partecipo, nelcampo della lettura e della scrittura/poe-sia: https://www.facebook.com/La-boratorio-di-Lettura-e-Scrittura-Creativa-1532824793630104/timeli-ne?ref=page_internal; https://it-it.fa-cebook.com/leggereliberamente.it

8 Celebre “Cesare deve morire” dei fratel-li Taviani; segnalo https://www.youtu-be.com/watch?v=HY_c2_4kHa4http://www.levarsilacispadagliocchi.it/levarsilacispadagliocchi.it_-_home.html

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Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7)

Il nostro tempo ci chiama in modomolto forte a una scelta di campo:operare o non operare secondo mise-ricordia. L’occasione per praticareopere di misericordia si trova a ogniangolo di strada e pervade le nostresocietà. A noi scegliere quale cammi-no intraprendere. A noi decidere seaderire all’appello forte di Papa Fran-

cesco nell’annuncio di questo annogiubilare: “In questo Anno Santo, potre-mo fare l’esperienza di aprire il cuore aquanti vivono nelle più disparate periferieesistenziali, che spesso il mondo modernocrea in maniera drammatica. Quante si-tuazioni di precarietà e sofferenza sonopresenti nel mondo di oggi! Quante feritesono impresse nella carne di tanti che nonhanno più voce perché il loro grido si è af-fievolito e spento a causa dell’indifferenzadei popoli ricchi. In questo Giubileo anco-

ra di più la Chiesa sarà chiamata a curarequeste ferite, a lenirle con l’olio della con-solazione, fasciarle con la misericordia e cu-rarle con la solidarietà e l’attenzione do-vuta. Non cadiamo nell’indifferenza cheumilia, nell’abitudinarietà che anestetizzal’animo e impedisce di scoprire la novità,nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostriocchi per guardare le miserie del mondo, leferite di tanti fratelli e sorelle privati delladignità, e sentiamoci provocati ad ascoltareil loro grido di aiuto. Le nostre mani strin-gano le loro mani, e tiriamoli a noi perchésentano il calore della nostra presenza, del-l’amicizia e della fraternità. Che il loro gri-do diventi il nostro e insieme possiamospezzare la barriera di indifferenza chespesso regna sovrana per nascondere l’ipo-crisia e l’egoismo”1.In questi ultimi anni, in particolare, as-sistiamo a una vera e propria tragediache si compie quasi quotidianamentesotto i nostri occhi: quella dei mi-granti e dei loro viaggi verso la spe-ranza che si trasformano troppo spes-so in viaggi disperati.Molto è stato scritto e detto, anzi trop-po, quasi tutto: da considerazioni altee approfondite alle stupidaggini piùassurde. Tutti ne parlano e molto spes-so con poca conoscenza del fenome-no, cosicché le informazioni più erro-nee e devianti si diffondono giornal-mente nella nostra società. Alle discus-sioni sul tema delle migrazioni si asso-cia una generale ignoranza del feno-

Accogliere i forestieriCosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di

infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco.

Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo

animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci

consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una

Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?Risposta di un emigrante italiano a un ministro italiano nel sec. XIX,(Costantino Ianni, Homens sem paz, Civilização Brasileira, 1972,

poi esposta nel Memoriale dell’immigrato di San Paolo)

dere in considerazione l’esistenza delsingolare che ci apre all’universale. Ineffetti è sempre attraverso l’esplorazio-ne di un’esperienza singolare che sor-ge l’universale, l’incontro con l’altropuò costituire quindi una porta, un’a-pertura verso l’amore universale e lafratellanza universale. L’altro, che é fra-tello perché figlio come me e quindidegno di amore come me. «Lo scoglio maggiore in questo con-fronto deriva dal fatto che nella mag-gior parte dei casi ci troviamo in pre-senza di pensieri binari, cioè di ragio-namenti in forma di dilemma, defini-ti come se fosse possibile scegliere fratermini posti preliminarmente in ma-niera del tutto esclusiva: selvaggi o ci-vilizzati? Conosciuto o sconosciuto?Vicino o lontano?»2 E potremmo ag-giungere: amico o nemico? Perbene odelinquente?Abbiamo paura di perdere qualcosa,perdere le nostre radici, la nostra cul-tura, la nostra religione, la nostra lin-gua. Un cambio di paradigma è ne-cessario per immaginare l’incontrocon l’altro non più come una perdita,ma come fonte di arricchimento. Difficilissimo: dobbiamo disimparareciò che abbiamo imparato e provare aparlare linguaggi nuovi e a cercareesperienze di incontro nuove. Dob-biamo provare a cercare risposte crea-tive alle questioni poste dalla migra-zione. Chiudere la porta non servirà a

molto. Apriamola e con coraggioesponiamo il nostro essere all’incontrocon l’altro, con il fratello, poiché è l’al-tro a renderci veramente noi stessi. Ciandrà sempre bene? Dubito. Esperien-ze e incontri negativi sono dietro l’an-golo. Ma se non mettiamo piede fuo-ri penso che ciò che perderemo varràmolto di più.Abbiamo paura che l’arrivo dei mi-granti ci porti progressivamente a per-dere le nostre tradizioni e ad abbando-nare la nostra religione. Ma la nostra re-ligione ci dice che per essere davveroun cristiano bisogna compiere le ope-re di misericordia. Papa Francesco èmolto chiaro in proposito: “la misericor-dia è il metro di giudizio: “Gesù afferma chela misericordia non è solo l’agire del Padre,ma diventa il criterio per capire chi sono isuoi veri figli. Insomma, siamo chiamati avivere di misericordia, perché a noi per pri-mi è stata usata misericordia”.3

Se non agiamo conformemente a que-sti insegnamenti, siamo noi stessi ad ab-bandonare la nostra religione, prima an-cora che venga qualcuno a imporcelo.“Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uo-mo, perché apre il cuore alla speranza di es-sere amati per sempre nonostante il limite delnostro peccato”4. Misericordia è la condi-zione della nostra salvezza.Una fotografia ha però risvegliato re-centemente le coscienze europee.Un’immagine che da sola ha comuni-cato il dramma umano di queste mi-

meno migratorio, dei suoi numerireali, delle sue cause e della sua porta-ta che oltrepassa di molto il confineitaliano perché planetaria.Quella dei migranti é la tragedia delsecolo, una tragedia dell’umanità. Unatragedia di cui è certamente necessa-rio capire ciò che succede a monte, iconflitti, la distruzione. Il problemaurgente però ora è l’accoglienza. E l’I-talia e l’Europa stanno dimostrandotutta la loro incapacità e incoerenza difronte a questo tema.L’Accoglienza dei forestieri é una del-le opere di misericordia corporale cheoggi ci interroga in modo profondo. Ilmigrante ci mette paura perché ri-mette in causa il nostro universo dicertezze acquisite, perché la sua diver-sità interroga profondamente le nostreidentità. Le certezze identitarie si creano perreazione a un’epoca agitata che dubi-ta della coerenza del mondo. Ma lanostra epoca, di cui troppo spesso sot-tolineiamo unilateralmente solo le dif-ficoltà, costituisce una sfida estrema-mente stimolante per l’immaginario.La nozione di identità è oggi episte-mologicamente molto povera, maideologicamente potente: molti uomi-ni sono morti e continuano a morirein nome dell’identità. Il pensiero iden-titario consiste nella riproduzione diciò che distingue e particolarizza. Es-so non permette nemmeno di pren-

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grazioni in modo inequivocabile. E hafatto trasalire le viscere dei cittadinieuropei, esattamente come il padredella parabola che ebbe compassioneper quel figlio perso e poi ritrovato.Una sensazione fisica che ci fa dire “lamisericordia di Dio non è un’idea astratta,ma una realtà concreta con cui Egli rivelail suo amore come quello di un padre e diuna madre che si commuovono fino dalprofondo delle viscere per il proprio figlio.È veramente il caso di dire che è un amo-re “viscerale”. Proviene dall’intimo comeun sentimento profondo, naturale, fatto ditenerezza e di compassione, di indulgenzae di perdono”5.Lasciamoci prendere dalla compassionee dalla misericordia e cominciamo a co-struire il futuro, incontrando il fratellonella sua difficoltà e nella sua dispera-zione. La costruzione di ponti e legamidi solidarietà sarà la via che condurrà al-la costruzione di un mondo più giustoed equo, un mondo in pace.

Claudia Cremonesi

1 Misericordiae Vultus, Bolla di indizionedel Giubileo straordinario della miseri-cordia, Francesco, Vescovo di Roma,2015.

2 G. Bocchi, M. Ceruti, Origini di storie,Feltrinelli, Milano, 2000

3 Papa Francesco Misericordiae Vultus, cit.4 ivi5 ivi

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MIMMO PALADINOPorta di Lampedusa – Portad’Europa

Amani e Arnoldo Mosca Mon-dadori sono stati i promotori diun’opera dedicata alla memoriadei migranti che hanno perso lavita in mare: un monumento diquasi cinque metri di altezza e ditre metri di larghezza, realizzatoin ceramica refrattaria e ferro zin-cato, inaugurato il 28 giugno 2008.La porta si ispira alla drammati-ca vicenda delle migliaia di mi-granti che, affrontando incredibi-li avversità, tentano - troppospesso invano - di raggiungerel’Europa alla disperata ricerca diun destino migliore

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Dovendo scrivere sul “fare opere dimisericordia in tema di terra e natu-ra”, mi sono rifatto al dettato tradi-zionale del nostro catechismo sulleopere di misericordia corporale, sol-lecitato essenzialmente dalla letturadell’enciclica di Papa Francesco, Lau-dato si’. È uno scritto magistrale, nelsenso ecclesiale del termine; non èuno scritto breve; ed è necessario percapire una volta per tutte due inte-grazioni fondamentali: quella del-l’uomo con tutti gli altri elementidella biosfera (e qui siamo nelle con-vinzioni da tempo consolidate inecologia); e quella del legame diamore, bellezza e lode di tutta la bio-sfera con Dio creatore (e qui siamonel campo della fede). È necessario

che tutti leggiamo questa enciclica,che spesso citerò ma che mi guarderòbene dal riassumere.1

Cercherò di sottolineare come tut-te e sette le opere di misericordiacorporale siano anche inerenti l’e-cosistema-biosfera, partendo dalleprime due, citate nel mio titolo, echiudendo in modo più sinteticocon le altre cinque. La linea-guidache seguirò è che “oggi non possia-mo fare a meno di riconoscere cheun vero approccio ecologico diventa sem-pre un approccio sociale, che deve in-tegrare la giustizia nelle discussionisull’ambiente, per ascoltare tanto ilgrido della terra quanto il grido dei po-veri” [49].

Essere affamati e assetati2

Le principali questioni cui occorre fa-re riferimento per gli effetti sulla famee sulla sete sono: il clima come benecomune [23-26]; la questione dell’ac-qua [27-31]; la perdita di biodiversità[32-42]. Si tratta di tematiche moltocomplesse, studiate da tempo sul cam-po, con la produzione di modelli in-terpretativi, non semplici e molto di-scussi, per poter fare previsioni per ilfuturo prossimo e prendere misureorientate a uno sviluppo sostenibile.Le misure sono definite in coerenzacon il “principio di precauzione” che,gestendo situazioni di incertezza, sol-leva contrarietà e incompleto rispettodi scelte prese a livello mondiale.3

La questione dei cambiamenti clima-tici è la più ardua e la più controver-sa, sia per la necessità di confrontare si-tuazioni di territori vasti a partire datempi lontani, sia per la difficoltà deipaesi sviluppati di cambiare radical-mente alcuni comportamenti perso-nali e collettivi. Paradossalmente, quigioca a favore il fatto che questi com-portamenti hanno effetti globali, nelsenso che non c’è un “giardino del vi-cino” in cui riversare proditoriamen-te il proprio inquinamento, che si ri-versa invece nel giardino comune anoi tutti, con la necessità quindi pernoi tutti di prendere provvedimentiglobali. La questione dell’acqua è rilevante, sia

Essere misericordiosi nel Creato

“Lottare per il bene difficile contro il male facile”:

è la strada dello scout per vivere da uomo libero.

per la qualità di quella destinata all’u-so umano, sia per la disponibilità inaree climatiche avverse, sia ancora perla tendenza emergente a non conside-rarla un bene comune, ma un beneprivato commerciabile. La questione della perdita di biodiver-sità, infine, è anch’essa ardua: è rimastasotto traccia nel tempo di una agricol-tura meno invasiva; ma poi, sia il pas-saggio a monocolture integrate da im-portazioni da altri continenti, sia so-prattutto l’imposizione di monocolturesu vasti terreni disboscati che hannostravolto il vivere di molte comunità lo-cali creando allarmi a livello mondiale.Sono questi tre elementi, credo, le cau-se principali della fame e della sete nel-le parti povere del pianeta; se si aggiun-gono gli inaccettabili regimi politici e leconseguenti guerre, ci spieghiamo lemigrazioni di massa cui oggi assistiamosenza sapere come gestirle. La mia conclusione in questa situazio-ne è purtroppo di una banalità estre-ma: farsi samaritani e cambiare il mon-do; che è quanto si suggerisce semprein tutte le situazioni analoghe.Farsi samaritani significa innanzi tuttodar da mangiare e dissetare le singolepersone, con le quali condividiamo lastessa umanità. Ed essere anche capacidi assumere comportamenti personaliorientati al corretto uso delle risorsecavate dall’ambiente: qui le indicazio-ni concrete sono ormai talmente chia-

re e condivisibili da restare attoniti chenon si riesca ancora a farle diventareprassi quotidiana generalizzata.Cambiare il mondo significa esseretutti pietre vive di un cambiamento didirezione; che tecnicamente vuol direessere soggetti politici, impegnati,ognuno come può, nel costruire strut-ture sociali per il bene comune. PapaFrancesco, nel capitolo quinto della suaenciclica (Alcune linee di orientamen-to e di azione), tocca apertamente i te-mi politici dei quali mi limito a citarei titoli: Dialogo sull’ambiente nella po-litica internazionale - Dialogo versonuove politiche nazionali e locali –Dialogo e trasparenza nei processi de-cisionali - Politica ed economia in dia-logo per la pienezza umana - Le reli-gioni nel dialogo con le scienze”. Cheogni titolo contenga il termine “dialo-go” è elemento di valore per poter poigenerare norme cogenti finalizzate aun ambiente migliore. Infine, soprat-tutto da noi scout, va letto il capitolosesto che chiude l’enciclica, dedicato a“Educazione e spiritualità ecologica”.

Altre opere di misericordia corporaliSi tratta di altre cinque esortazioni delcatechismo: Vestire gli ignudi - Allog-giare i pellegrini - Visitare gli infermi- Visitare i carcerati - Seppellire imorti. Come si vede, si tratta di averecura dell’uomo nella sua fisicità ferita

o confinata in vario modo. Dilatandole categorie “ignudi, pellegrini, infer-mi, carcerati, morti” possiamo scorge-re l’uomo sofferente che muore in so-litudine e percepire la necessità dellanostra cultura di essere capace di pre-venire e guarire il male. E dato che lanostra cultura è il fattore che interagi-sce con la natura per dare luogo al-l’ambiente, rieccoci nell’esortazione diPapa Francesco, sopra citata, di “ascol-tare tanto il grido della terra quanto ilgrido dei poveri”.

E, perché no, le opere di misericordia spiritualiIl catechismo suddivide le opere dimisericordia in ‘corporali’ e ‘spiritua-li’, ma riferendosi alla persona umananon bisogna cadere nel dualismo. Idualismi sono degli artifizi che aiuta-no a esplorare le situazioni complesse,ma occorre leggerli quasi sempre solocome utili espedienti per cercare dicapire meglio, usando la logica. Quin-di, se leggiamo questa seconda cate-goria di opere di misericordia (Consi-gliare i dubbiosi - Insegnare agli igno-ranti - Ammonire i peccatori - Con-solare gli afflitti - Perdonare le offese- Sopportare pazientemente le perso-ne moleste - Pregare Dio per i vivi eper i morti), se leggiamo queste esor-tazioni in chiave ambientale, non netroviamo una che sia scartabile per vi-vere una vita migliore nel Creato che

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Dio ci ha gratuitamente donato. Sono esortazioni che ci spingono adagire generosamente e amorevolmen-te con dubbiosi, ignoranti, peccatori,afflitti, eccetera. Ma emerge ancheun’altra via, un trucco che mi sembrainteressante. Occorre mettersi seduticomodamente davanti a uno specchioe recitare a memoria più volte e ad al-ta voce le sette opere di misericordiaspirituali. Un paio di volte è per mesufficiente; per riconoscere me stessonel dubbioso, ignorante, peccatore, af-flitto, eccetera; e per sentire il deside-rio di tacere, ascoltare, guardare, stu-diare, inginocchiarmi, camminare, ec-cetera per prendere strade più giuste.Questo trucco, se non si cade nell’au-tocommiserazione o, peggio, in derivemasochiste, ci aiuta a essere misericor-diosi anche noi stessi e a operare nel-l’ambiente-dono-di-Dio con buonavolontà e costante ricerca della verità.

Franco La Ferla

1 L’enciclica è leggibile in http://w2.va-tican.va/content/vatican/it.html Nel mio scritto, i numeri citati fra pa-rentesi quadre rimandano all’enciclica.

2 Sul combattere la fame, rimando alquaderno di RS-Servire n. 3/2014,Moltiplicazione dei pani e dei pesci, in cuiil tema è stato trattato sia negli aspettigenerali-mondiali, sia nelle esperienzein atto e nelle indicazioni educative.

3 Non c’è qui lo spazio di trattare il“principio di precauzione”, ma è ne-cessario conoscerlo. Una via agevolepuò essere la sintesi e poi la Comuni-cazione della Commissione, 2.2.2000,

sul ricorso al principio di precauzione[COM(2000) 1 def., consultabile inhttp://eur-lex.europa.eu/legal-con-tent/IT/TXT/?uri=uriserv:l32042

ANTONIO CANOVA

Canova aveva realizzato fra il 1784 e il 1792 il monumento commemorati-vo di Papa Clemente XIII. Per riconoscenza verso il committente, Ab-bondio Rezzonico, Canova gli inviò una serie di bassorilievi in gesso aforma persa, conclusa da questo, relativo a una delle opere di misericordiaspirituale e pensato per la scuola istituita presso villa Rezzonico.Guardato con gli occhi di oggi resta l’ammirazione per la sua bellezza e su-scita alcuni pensieri impossibili da riassumere in un bassorilievo: non si vin-ce l’ignoranza solo a scuola; il maestro è consapevole della sua ignoranza einteressato a colmarla; non solo i bambini sono spronati a leggere ma an-che le bambine, non più impegnate solo nel cucire e nel filare. Per fortuna Canova si è disinteressato di queste occhiate postmoderniste...

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Misericordia non è certo un vocaboloin uso oggigiorno, anzi credo proprioche sarà piuttosto complesso riuscire aparlarne con i bambini, con i ragazzie con i giovani.Nell’uso comune, misericordia forseresta soltanto un’esclamazione!È da 15 anni, dal 2000 cioè che nonviene lanciato lo stimolo di un Giubi-leo; pertanto, probabilmente, i bambi-ni-ragazzi-giovani dell’Agesci non so-no stati toccati da tale occasione.

Il Giubileo – un tempoNella tradizione biblica, a partire dallibro del Levitico (Lv 25,8-11), il sen-so del giubileo è di tempo dedicato auna profonda, dettagliata e periodicarevisione delle relazioni del popolo diIsraele in un’ottica di giustizia e ri-

conciliazione, che comporta la restitu-zione delle terre agli antichi proprie-tari, la remissione dei debiti, la libera-zione degli schiavi e il riposo della ter-ra. A intervalli regolari, Dio chiede dipoter intervenire a liberare il suo po-polo. Prescrive di attivare processi diliberazione e misericordia in un’otticacollettiva, di esperienza condivisa e so-lidale per un futuro rispettoso della di-gnità di ciascuno attraverso praticheconcrete di solidarietà, di prossimità,di aiuto.

Nel Vangelo, Gesù dice, citando il pro-feta Isaia (Is 61), di esser venuto ainaugurare un anno di Grazia (Lc 4,14-28)1 e la grazia è intesa come ka-ris, cioè dono squisitamente di Dio o,ancor più, grazia come Dio che si do-

na. Un anno di grazia allora significache Dio si fa dono attraverso la carnedi Gesù, entra in relazione e si comu-nica attraverso una persona. Gesùsvincola il senso del giubileo da untempo chiuso, riservato: il tempo nonè kronos, il tempo che si cronometra,ma kairos, il tempo cioè provvidenzia-le, slegando da una chiusura cronolo-gica il dono di grazia che il Buon Dioci vuole fare, non più circoscritto néa un tempo né a uno spazio (la terrapromessa). Pertanto è sempre e ovun-que sabato! Il mistero grande è nellafesta di Dio con noi, è Dio che giubi-la prima che noi giubiliamo per il do-no ricevuto, e la buona novella è sem-pre, dobbiamo cercare di vederlo, diriconoscerlo.Il Giubileo è riconoscere la potenzadello Spirito Santo che, come ha con-dotto Gesù a predicare, così conduceanche noi verso la nostra risposta.

La Misericordia – un modoLa misericordia è la modalità con cuiFrancesco propone di declinare il giu-bileo. Nelle parole della bolla di indi-zione emergono alcuni aspetti interes-santi; innanzitutto, la misericordia è untratto dell’essere di Dio, ci rivela chiLui è quindi, la sua sostanza, e citandoSan Tommaso spiega “È proprio diDio usare misericordia e specialmen-te in questo si manifesta la sua onni-potenza”2; e cioè attraverso la dinami-

Un anno misericordiosoIl Giubileo della Misericordia: un’occasione educativa per

far crescere nei nostri ragazzi comportamenti positivi.

ca amorevole del padre che si muovespinto dalla compassione. Così, la mi-sericordia è il tratto sia del suo essereche del suo manifestarsi, del suo agire.Diventa anche criterio per capire chisono i suoi figli, i cristiani, cioè noi.“...siamo chiamati a vivere di miseri-cordia, perché a noi per primi è statausata misericordia. Il perdono delle of-fese diventa l’espressione più evidentedell’amore misericordioso...”3.Quando Dio vede un povero si inte-nerisce, non capisce più nulla, perchéama svisceratamente. Proprio in que-sto modo Gesù ci indica una segnatamodalità del tutto ri-significata diguardare ai poveri, ci aiuta a valutarela povertà non solo sotto il profilo so-cio-economico, ma sotto il profilo spi-rituale, teologico, soprannaturale, mi-stico, sacramentario. Il povero divieneun sacramento. Gesù ci dice: questopovero è un sacramento della mia pre-senza. Già nelle parole della EvangeliiGaudium Francesco ricordava “Quan-do San Paolo si recò dagli apostoli aGerusalemme per discernere se stavacorrendo o aveva corso invano (Gal2,2) il criterio chiave di autenticitàche gli indicarono fu che non si di-menticasse dei poveri (Gal 2,10).Questo grande criterio, affinché le co-munità paoline non si lasciassero tra-scinare dallo stile di vita individualistadei pagani, ha una notevole attualitànel contesto presente, dove tende a

svilupparsi un nuovo paganesimo in-dividualista. La bellezza stessa del Van-gelo non sempre può essere adeguata-mente manifestata da noi, ma c’è unsegno che non deve mai mancare:l’opzione per gli ultimi, per quelli chela società scarta e getta via”4.Comincio a comprendere allora chequesta misericordia non è solo un sen-timento, ma che mette in campo an-che la sfera dell’agire concreto: è uninsieme di sentimenti quali la pietà, latenerezza, l’intima e viscerale compas-sione che si delineano concretamentecon un atto di risposta in soccorso, difattivo aiuto.

“Siate misericordiosi come il Padrevostro è misericordioso (Lc 6,36) è unprogramma di vita tanto impegnativoquanto ricco di gioia e di pace”5 chechiede di metterci in ascolto della Pa-rola e ci costringe a recuperare la di-namica della liberazione, attraverso ilpellegrinaggio, mettendosi in cammi-no sulla strada a noi scout tanto cara ericca di possibilità, fino alla meta so-gnata. È proprio la misericordia, ricorda an-cora Francesco, la meta da perseguire,in un percorso impegnativo con tap-pe ben segnate dal Vangelo stesso“Non giudicate e non sarete giudica-ti; non condannate e non sarete con-dannati; perdonate e sarete perdonati.Date e vi sarà dato...” (Lc 6, 37-38). Il

perdono diviene il segno della giusti-zia di Dio, quella dinamica quasi disu-mana mossa dalla grammatica del do-no disinteressato; il tratto essenzialedell’essere del cristiano ad immagine esomiglianza. Come ha ricordato Enzo Bianchi nelrecente Dono e perdono6, il dono èalla base della comunità (communitas =cum + munus), e segnatamente dellacomunità cristiana: comunità di vita,della Parola, della presenza, della fidu-cia, di tutti gli altri beni. Il dono ponela persona insieme con altre persone,in una logica di condivisione, servizio,fraternità e gratuità. Il dono è la quin-tessenza dell’amore, non l’amore di séma l’amore dell’altro.La giustizia di Dio è il perdono, per-dono o dono al quadrato!La sollecitazione diventa davvero sti-molante e impegnativa. La prioritàdell’attenzione al povero nel linguag-gio di Francesco assume il significatodi solidarietà; ma misericordia e soli-darietà non possono risolversi in qual-che atto sporadico di generosità madevono diventare forza strutturante diuna nuova mentalità, che sappia valu-tare il futuro solidale e rispettoso del-la dignità delle persone, che pensi intermini di fraternità e di condivisione,di possibilità di vita piena. E così apri-re al cambiamento per operare tra-sformazioni strutturali nelle persone enei contesti sociali.

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Allora il Giubileo certamente ha deirisvolti sociali, perché è attenzione aipoveri, orfani, vedove e stranieri. So-no temi che ci richiamano situazionidifficili anche oggi, che si trovano neinostri contesti sociali, al nord come alcentro e al sud del nostro Paese. Vieneda lanciare una sfida a tutti noi: un an-no di opere concrete, di aiuto costan-te e continuativo, feriale, settimana persettimana, mese per mese.

Alcune possibilità possono essereidentificate in piste di lavoro, seguen-do le indicazioni date da Gesù (Mt 25)che la Chiesa ha recepito e rilancia at-traverso le Opere di misericordia Cor-porale e Spirituale, oltre alle piste cheFrancesco stesso ci sta dando nei dueanni di pontificato, che interessano lasfera sia dell’economia, vista come for-za che uccide invece di lavorare peruna riduzione dell’iniquità, sia dell’e-cologia (in merito vedasi l’enciclicaLaudato Sii) affrontata nell’ottica siste-mica che tutto è connesso, tutto è inrelazione, e infine che identificanocammini di riconciliazione, di acco-glienza e integrazione. Sono tre ambi-ti che possono, per le diverse branche,divenire piste in cui tradurre le indi-cazioni evangeliche.Inoltre, la possibilità del pellegrinaggiodeve divenire esperienza concreta pertutte le età; negli ultimi anni si sonomoltiplicate le possibilità di peregri-

nare (andar per agros – campi), in per-corsi significativi ed interessanti. La di-namica del pellegrinaggio ha, a mioavviso, tre tratti significativi: il primo èquello dell’origine, cioè presupponesempre una partenza. Si parte da unluogo per lasciarsi alle spalle il già no-to e mettersi in cammino per un ol-tre. Il secondo è il fine o il punto diarrivo, cioè la meta, un dove verso ilquale ci si muove che è la ragionestessa del viaggio. Infine, il terzo è ladistanza, il percorso stesso, che è lospazio dell’andare e dell’accadimento.L’uomo viator è cercatore, nel pelle-grinaggio attua lo stile biblico del pas-saggio, dell’attraversamento, per giun-gere ad un incontro, con se stesso econ l’altro. Un incontro che presup-pone un appuntamento, a cui tutti sia-mo chiamati.

La riconciliazione è un altro spazio daincentivare per fare esperienza inten-sa della tenerezza di Dio. La dinamicapiù stravolgente è proprio l’attesa diun incontro da parte di Dio nei con-fronti dell’uomo, che naturalmentedubita e si allontana. La fede in fondonon è sedentaria, non è certezza ac-quisita: partecipa dell’insicurezza checaratterizza la libertà. Il dubbio, cheporta alla lontananza, fa parte del cre-dere, dell’essere fedeli e pellegrini. Ladimensione del donare e ricevere ilperdono, personale e comunitaria, aiu-

ta a ritrovare la strada durante il cam-mino, a sentirsi attesi ed accolti, a sen-tirsi parte di un cammino comunita-rio per essere segno del primato dellamisericordia di Dio.

La sfida dunque è proprio quella di vi-vere concretamente (“si impara facen-do”, sembra quasi essere la sollecita-zione!) con costanza e continuità unapratica solidale. Già B.-P. sostenevafosse adatto alla formazione moralel’esercizio di due azioni: l’assunzionedi responsabilità e la Buona Azione,che dovrebbe essere compiuta ognigiorno, come un dovere, perché l’a-zione buona, anzi le azioni buonehanno al forza di far diventare buoni.Lasciamoci interrogare nel profondosu come si possano educare e stimola-re i bambini, i ragazzi e i giovani aoperare misericordia, apriamo le por-te delle nostre sedi e chiediamo qualisiano i bisogni del nostro tempo; sfor-ziamoci di mettere in pratica per tut-to l’anno gesti concreti di aiuto, espe-rienze autentiche, che costino fatica echiedano impegno, e proprio nellacontinuità possano lentamente ma conperseveranza, nell’ordinario e conumiltà, modellare l’animo e le attitu-dini verso l’assunzione, libera, della re-sponsabilità di far fronte ai bisogni al-trui, oltre che ai propri.

Anna Cremonesi

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1 “18 Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l'unzione,e mi ha mandato per annunziare ai poveriun lieto messaggio, per proclamare ai prigio-nieri la liberazione e ai ciechi la vista; perrimettere in libertà gli oppressi, 19 e predi-care un anno di grazia del Signore”.

2 Tommaso D’Aquino, Summa Theolo-giae, II-II, q.30, a. 4

3 Papa Francesco, Misericordiae Vultus4 Papa Francesco, Evangelii Gaudium n.195

5 Papa Francesco, Misericordiae Vultus6 Enzo Bianchi, Dono e perdono, EinaudiEditore.

GHIRLANDAIO – Madonna della misericordiaaffresco, Firenze 1472

Forse una delle più note immagini della Madre di misericordia, con largomantello ad accogliere e proteggere i fedeli che la circondano inginocchia-ti. Sul gradino su cui poggia i piedi si legge: “Misericordia Domini ple-na est terra” (La terra è piena della misericordia del Signore). S. Oddone, abate di Cluny nel X secolo, è il primo che utilizza il termine“Madre di misericordia” riferito a Maria, che è madre clemente e tene-rissima e ha generato Gesù, misericordia visibile di Dio.

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“Sebbene giustizia sia ciò che chiedi,considera questo, secondo giustizia

nessuno di noivedrebbe salvezza;

noi chiediamo misericordiae quella stessa preghiera

insegna a noi tuttia compierne gli atti.”

Shakespeare, Il mercante di Venezia

Napoli, una sera di gennaio dell’Annodel Signore 1607. Avvolto nel suo scu-ro mantello Padre Vincenzo si affrettasui ciottoli del vicolo che conduce alPio Monte della Misericordia. La lucedella luna trapela fra le nuvole e si al-lungano furtive ombre notturne: figu-

re di una umanità ricurva alla ricerca diun giaciglio si muovono con rassegna-ta indolenza. Saranno pochi, stanotte,coloro che potranno permettersi unalocanda: per i più il riparo sarà il porti-co di una chiesa, più probabilmente untetto spiovente all’angolo di una piaz-za. Il frate spinge il pesante portale delpalazzo e si incammina verso la scali-nata che conduce alla Quadreria. Unadonna, una zingara gli passa accanto esenza degnarlo di un saluto si intrufoladi corsa verso l’uscita. “Che strano – mormora fra sé il religio-so - cosa ci fa una malafemmina a quest’orain questo luogo? Dovrebbe essere vietato...”.La torre campanaria scandisce sette

rintocchi con suono cupo e sordo.“Sono in ritardo, speriamo che il pittore nonse ne sia già andato...” . Giunto in cimaalla scalinata apre una porta di legnoche lo introduce a un lungo corridoioverso l’appuntamento. “D’altronde, an-dato dove? Mi sembra un disperato, un po-veraccio, un uomo in fuga, non credo abbiaalternative se non stare qui da noi”.La grande sala è immersa nell’oscurità,sulla parete di fondo giace la grandetela ancor fresca dei colori a olio stesidal pittore. Sul lato opposto una pic-cola lucerna illumina debolmente unafigura rannicchiata su se stessa, un uo-mo accovacciato e meditabondo chesembra non far caso all’arrivo del sa-cerdote. “Ah, ecco il famoso artista” pen-sa Padre Vincenzo “ecco il celeberrimo eal tempo stesso famigerato MichelangeloMerisi che si fa chiamare Caravaggio”. Ilpittore alza il volto e mostra unosguardo di brace ma al tempo stessodisilluso e stanco. “Avete portato il denaro, Padre?”. “A cosa vi riferite?” risponde il prete.“Non fate il furbo con me, sapete bene acosa mi riferisco: la paga che mi avete pro-messo, anzi che vi siete impegnati a darmicon tanto di contratto e altri biscazzi da le-gulei: 470 ducati tondi tondi...”.“Non penserete che possa portare con meuna simile somma di danaro” - ma poisoggiunge: “ma non vi preoccupate: do-mani l’avrete”.“Padre, il mio lavoro l’ho fatto, non mi fa-

Tra l’ombra e la luce: setteopere di misericordiaLa contemplazione della straordinaria opera di

Michelangelo Merisi chiude la riflessione sulla misericordia.

Il racconto di Roberto ci invita ad ammirare

il dipinto e a coglierne la profondità.

te scherzi se non volete che ne faccia ancheun altro... sapete che ne sono capace” ag-giunge con tono minaccioso mentrecon la mano sinistra solleva legger-mente la giubba. La lama affilata di uncoltello brilla nell’oscurità.“Calma, calma figliolo, vi accendete comeun fiammifero! Io sono un frate, un uomodi Dio, potrete bene fidarvi di un uomo diDio, no? Perché dubitate di me? Non ave-te rispetto per la tonaca che porto?”“Padre, io non mi fido di me stesso, figu-rarsi di un prete!” e scoppiò in una ri-sata sarcastica. “Quanto alla Vostra tona-ca io la rispetto ma mi fa anche orrore”.“E per quale ragione Benedetto Iddio?”.“Da quando il Vostro Capo, il grande pon-tefice bianco che se ne sta a Roma nei suoipalazzi decorati di oro, ha emesso il decre-to che chiunque lo voglia mi può spiccaredal tronco la testa io vivo nell’orrore e nel-l’angoscia”.“Si lo so, il Papa ha emesso questa sen-tenza ma Voi avete ucciso un uomo!”Un ghigno si allarga sul viso del Ca-ravaggio: “Forse più d’uno padre, piùd’uno... e potrei non avere finito la se-rie...”. Poi facendosi serio e grave ag-giunge: “Era malvagio, uno che approfit-tava della sua ricchezza per sfruttare ancordi più i poveracci, gente come quella con cuisto io, che non ha i denti neppure per man-giare il pane; ma questo poi non è un granproblema perché tanto il pane non ce l’ha.Voi, che vivete protetto da queste mura,neanche ve lo immaginate di quanti si so-

no approfittati di me, con i trucchi o la pre-potenza e la forza dei loro sgherri. È faci-le per chi è ricco ottenere ragione, perché nelnostro tempo chi è ricco ha sempre con séla forza del potere e chi ha ragione è quel-lo che è più forte e ha più potere, mentrequello che le busca ha sempre torto. Dov’èla giustizia? Io quello l’ho sbudellato eccotutto, la giustizia gliela ho cavata fuoriio...”.“È stato scritto sulle tavole: non uccidere.Nulla di quel che avete detto può giustifi-care l’uccisione di un uomo”. “E cosa dunque vi autorizza a giustifica-re la mia? Decapitazione! DE-CA-PI-TA-ZIO-NE, - scandisce Caravaggiofacendo un ampio segno attorno allagola - questo sta scritto nella sentenza chemi riguarda. Chiunque, chiunque ne abbiavoglia, piacere o interesse può tagliarmi latesta e ne avrà per ricompensa il plauso delSanto Pontefice. Anche voi, magari per ri-sparmiare i 470 ducati che mi dovete. Iosono un morto che cammina, ogni tocco dicampana che odo dalla torre potrebbe esse-re l’ultimo, ogni ombra che esce dalla stra-da quella del mio carnefice. Voi non sapetecosa ciò significa: la vita è per me solo an-goscia, anzi un calvario che anticipa unsupplizio finale, quando finalmente qual-cuno tirerà fuori la spada e metterà la miatesta in un cesto”. Il Caravaggio tirafuori la lingua e rotea gli occhi agi-tando le mani vicino alla testa simu-lando il singulto che il condannatoesala insieme al suo ultimo respiro.

Sembrava lo sguardo della Medusa pie-no di terrore e sorpresa nel momentoin cui Perseo le mozza il capo. Poi siferma di colpo, come pietrificato dalsuo stesso sguardo. Lacrime gli riganoin volto che da truce torna a essere mi-serevole e lo sguardo quello di un bam-bino che chiede compassione.“Via via, non fate così, dice Padre Vin-cenzo, qui nessuno vi vuole fare del malee siete al sicuro. Domani vi darò la paga evoi avrete tutti i soldi che vi servono per fa-re della vostra vita qualcosa di buono. Sem-pre che lo vogliate veramente. Ma ricorda-te: ciò che importa è la salvezza dell’ani-ma. A che serve l’integrità del corpo se l’a-nima è malata o perduta? Dovreste consi-derare questa vostra sofferenza interiore co-me un dono della Chiesa che vi consentedi ritrovare la via perduta, la rettitudine divita, il discernimento tra ciò che è giusto perl’uomo e ciò che è disordine, perdizione.”Risponde Caravaggio: “Belle parolema, vede Padre, temo che sia troppo tardi,la mia vita è andata come è andata, sonosolo l’ombra di ciò che sarei potuto diven-tare, ho cercato la luce ma sono condanna-to a rifugiarmi nelle tenebre, unica mia si-curezza. Per i poveracci come me, mi cre-da, le belle parole eleganti della liturgia, lasapienza dei confessori, la saggezza dei li-bri di morale sono semplicemente un lussoche non ci si può permettere. I vostri ser-moni, non li discuto, saranno buoni ma nonmi toccano il cuore. Sento invece il ferro del-la spada che mi cerca il collo, lo sento gior-

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no e notte e già mi ha tolto il respiro an-che se ancora cammino.”“Non è mai troppo tardi, c’è sempre untempo, uno spazio, un attimo in cui tuttala nostra vita può cambiare; ricordate le pa-role di Sant’Agostino: Fra l’ultimo no-stro respiro e l’inferno, c’è tutto l’o-ceano della misericordia di Dio”.Replica Caravaggio: “Ah certo, l’infernoe la misericordia di Dio... Dio ci ama?questo desidero tanto crederlo anch’io. Soper certo che sono gli uomini che non siamano e non si portano misericordia”.Il frate rimane in silenzio per qualcheistante e poi commenta: “L’amore tra gliuomini non nasce spontaneo, bisogna edu-carne lo sguardo. Il rischio è quello di ri-manere solo bestie, di guardarci gli uni co-me prede degli altri. Se guardo al mio pros-simo solo come a qualcuno che può servireai miei scopi egli resta per me una preda(ma anche io rimango una bestia), se inve-ce lo guardo come qualcuno a cui voglio ser-vire egli diventa un fine, una meta e tornaa essere un uomo (e anch’io riacquisto lamia umanità)”. “Siete abile con le parole Padre, ma allagente non bastano, vuole i fatti, le opere.”“Questo è il motivo per il quale Vi abbia-mo chiesto di realizzare questo dipinto e ditratteggiare in esso le opere della misericor-dia affinché per il tramite della Vostra artefossero di ispirazione per i fedeli e ador-nassero questo santo luogo”.“È quello che ho fatto, Padre” - dice ilCaravaggio avvicinando la lampada al-

la tela - “Vedete, esso è diviso in due par-ti: in quella superiore sta la Vergine Santacon il Suo Figlioletto in braccio; sono sor-retti da due angeli con grandi ali. Nellaparte inferiore c’è una moltitudine confusadi donne e uomini. Qui nella parte destra,dietro le sbarre, sta Cimone condannato amorte per fame e a cui la figlia Pero fa vi-sita e offre il seno per nutrirlo. In questomodo ho descritto il precetto di visitare icarcerati e dare da mangiare agli affamati.Vicino a loro un uomo porta a sepoltura uncadavere di cui si vedono i piedi avvolti nelsudario. Al centro San Martino dona il suomantello al povero (vestire gli ignudi) e po-co più in là un uomo che ospita a casa pro-pria un pellegrino in cammino verso San-tiago; infine Sansone che beve dalla ma-scella d’asino (dar da bere agli assetati). Ec-co dunque Padre raccolte, come desiderava-te, le sette opere di misericordia raccoman-date dalla Chiesa in unica immagine. Sie-te soddisfatto?”.Padre Vincenzo non risponde e osser-va a lungo in silenzio il dipinto. Ne èper certi versi ammirato e per altri di-sturbato. È molto diverso da quelloche si aspettava. Non tanto perché nonfa alcun cenno all’attività caritativa delPio Monte della Misericordia (anchese sa bene che i suoi superiori nonavrebbero mancato di farglielo pre-sente) e neppure perché il volto dellaMadonna è senza dubbio alcuno quel-la della prostituta incontrata sulle sca-le, ma perché coglie una forza pole-

mica dalle figure ritratte che lo diso-rienta. Alla fine commenta: “Si, è un di-pinto complesso, ha una sua forza ma qual-cosa mi sfugge: perché nessuno sorride?Perché nessuno di questi uomini e nem-meno quella donna che offre il seno appa-re felice, contento di un gesto di misericor-dia che pure lo nobilita? Perché nessunoscambio di sguardi? Perché nessuno si ri-volge al cielo? Sembrano due mondi di-stanti. La presenza divina c’è ma nessunopare accorgersene. Anzi a ben guardare tro-vo una ambiguità in queste figure umane:davvero san Martino offre il suo mantello?Sembra quasi volerlo trattenere mentrel’uomo nudo glielo vuole strappare. E que-sta donna con la gonna rialzata sta davve-ro compiendo un gesto di misericordia? Ame sembra altro, non mi faccia dire cosa. Ve-do tumulto, passione, violenza, non vedomisericordia”.Sorride il Caravaggio: “Padre Voi aveteun occhio acuto ma il significato di un’o-pera dipende anche da chi la osserva. Fateanche voi uno sforzo: sollevate lo sguardoverso il cielo. Vedete la Vergine? guardatecon quanto amore, con quanta tenerezzatiene il Bambino. Non è questa una bellaimmagine della misericordia celeste di cuitanto mi avete parlato? E guardate il sor-riso del Figliolo: non è forse velato di be-nevolenza verso gli uomini che si affanna-no? Io ve l’ho detto: la vera misericordiaviene solo da Dio; gli uomini sono capacidi beneficenza ma l’amore, la misericordiaquella no, non sanno neppure dove abiti.

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Credetemi, a differenza vostra, che passatele serate in preghiera tra gli incensi e i pen-sieri spirituali, so di cosa parlo, perché lamia vita l’ho passata tra i ladri e le prosti-tute e se non avessi imparato a usare il pu-gnale oltre al pennello non potrei essere quia disquisirne con voi. La vita è lotta, san-gue, conflitto, passione, amore carnale, tra-dimento. Dio ci ama ma a noi non inte-ressa, noi siamo quaggiù a pugnalarci nel-le tenebre, non abbiamo neanche il tempoper guardare la luce del cielo. Cerchiamo lagiustizia ma troviamo solo il diritto, vor-remmo la pace ma otteniamo solo una tre-gua”.Risponde Padre Vincenzo: “Certo, lafonte di ogni bene è in Dio. Solo da lui vie-ne il vero amore, la vera misericordia. Staperò anche scritto: Et misericordia a pro-genie in progenies, timentibus eum -vale a dire: di generazione in generazionela sua misericordia si stende su quelli chelo temono. Dunque la misericordia di Dioè come una rugiada che disseta nell’alba lenostre vite inaridite. Non siamo stati crea-ti solo per la morte né per camminare solosulla Terra. Abbiamo una speranza piùgrande. Un destino celeste. Siamo uominima non solo. Cosa mi dite di questi ange-li che avete dipinto al centro? sembra chestiano lottando”.Così risponde Caravaggio: “Sono dueangeli, uno con le ali bianche, l’altro con leali nere. Quest’ultimo tende le braccia ver-so il basso, forse sta precipitando, vorrebbescendere sulla Terra, condividere il destino

degli umani, le loro gioie e le loro sofferen-ze. Stare in cielo forse gli dà noia. L’altrolo trattiene, vuole evitare che egli cada. Aparte le ali, sono uguali fra loro. Forse so-no la stessa creatura. Forse in ciascuno dinoi, sicuramente in me stesso, c’è un ange-lo nero e un angelo bianco. La lotta che Leiintravede, Padre, è in noi stessi. La miseri-cordia di Dio Padre ci spinge a scendere tragli uomini; condividerne il destino ci rendefragili, infelici, mortali. Vorremmo aggrap-parci al cielo ma non possiamo fare altroche cadere”. Padre Vincenzo annuisce e recita: “Si-gnore non sono degno di partecipare allaTua mensa ma dì soltanto una parola e iosarò salvato”. Cala fra loro un lungo silenzio e infi-ne “Amen” conclude Caravaggio.

Roberto Cociancich

Post Scriptum: tre anni dopo la consegnadel dipinto Caravaggio venne trovato ca-davere vicino a Ladispoli ucciso da un si-cario. Verrà sepolto in una fossa comune.La sua opera resta immortale, rischiara diluce la condizione umana.

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MICHELANGELO MERISI DACARAVAGGIO - Sette opere diMisericordia (Napoli, 1606-1607)

L’opera concentra in una visione d’in-sieme diversi personaggi, ma può es-sere confusa con una semplice scena digenere, ambientata in un tipico vicolopopolare di Napoli. Nella parte superiore del dipinto, laMadonna col Bambino, accompagnatada due angeli, osserva l’intera scena incui hanno luogo le sette opere di mise-ricordia corporale: Seppellire i morti(sulla destra con il trasporto di un ca-davere di cui si vedono solo i piedi): Vi-sitare i carcerati e Dar da mangiare agliaffamati (a destra, concentrati nell’epi-sodio di Valerio Massimo che, condan-nato a morte per fame in carcere, fu nu-trito dal seno della figlia Pero); Vestiregli ignudi (sulla sinistra San Martinodi Tours che fa dono del mantello ad unuomo visto di spalle); Curare gli infer-mi (lo storpio in basso nell’angolo più asinistra, episodio che ancora fa riferi-mento alla agiografia di Martino); Darda bere agli assetati (l’uomo, Sansone,che beve da una mascella d’asino);Ospitare i pellegrini (l’uomo in piedi al-l’estrema sinistra che indica un puntoverso l’esterno e l’altro con la conchi-glia del pellegrino sul cappello).

SERVIREPubblicazione scout per educatori

Fondata da Andreae Vittorio Ghetti

Direttore: Andrea Biondi

Condirettore: Gege Ferrario

Capo redattore: Stefano Pirovano

Redazione: Alessandro Alacevich, p. Davide Brasca,Roberto Cociancich, Anna Cremonesi, ClaudiaCremonesi, Maurizio Crippa, Roberto D’Alessio, FedericaFasciolo, Laura Galimberti, Mavi Gatti, Piero Gavinelli,don Giuseppe Grampa, Franco La Ferla, GiancarloLombardi, Davide Magatti, Agostino Migone, LucaSalmoirago, Anna Scavuzzo, Saula Sironi, Gian MariaZanoni.

Collaboratori: Stefano Bianchi, Achille Cartoccio, MariaLuisa Ferrario, p. Giacomo Grasso o.p., Cristina Loglio,Giovanna Pongiglione, p. Remo Sartori s.i.Grafica: Gigi Marchitelli Disegni: Fabio Bodi

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luglio 1944

I. Uomini vanno a Dio nella distretta loro; piangono aiuto, invocano felicità e pane salvezza da malattia, colpa e morte. Così fan tutti, tutti: cristiani e pagani.

2. Uomini vanno a Dio nella distretta sua; lo trovano povero, umiliato, senza tetto o pane lo vedono smunto da peccati, debolezza e morte. I cristiani stanno accostati a Dio nella sua sofferenza.

3. A tutti gli uomini va Dio nella distretta loro; sazia il corpo e l’anima con il suo pane muore di morte di croce per cristiani e paganie ad ambedue perdona.

Dietrich Bonhoeffer, Poesie, Qiqajon, Magnano (BI), 1999

I.R.

Cristiani e pagani