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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 62 IL GRADIENTE TERMICO DELL’ATMOSFERA Il gradiente termico verticale, in senso meteorologico, viene definito come la variazione della temperatura rispetto alla quota, ovvero rispetto al geopotenziale: d dT g dz dT Nel prosieguo della discussione si è ritenuto opportuno impiegare come variabile caratteristica dell’atmosfera la temperatura virtuale v T con il relativo gradiente termico v . Prima di studiare il concetto di stabilità nell’atmosfera, vengono di seguito presentati alcuni casi teorici di ausilio alla comprensione dei meccanismi termodinamici e dei limiti fisici del problema. Atmosfera con densità omogenea Il primo caso di studio è quello relativo ad un’atmosfera ipotizzata avente una densità costante con la quota. Rappresenta ovviamente un caso irrealistico, in quanto è noto come l’atmosfera terrestre presenti una densità decrescente con la quota, eventualmente approssimabile in una sommatoria di piccoli strati omogenei al loro interno ma aventi tutti densità decrescente. Applicando le equazioni di stato dei gas perfetto e dell’idrostatica si ottiene facilmente che: dz dT R dz dp g v d E’ immediato derivare il concetto che, con il crescere della quota, la diminuzione della pressione determina un corrispondente decremento della temperatura. Algebricamente si ha che: 1 1 , 34 km K R g dz dT d v v OM Tale valore risulta essere circa sei volte superiore rispetto a quello medio della bassa troposfera proprio a causa dell’ipotesi const . Integrando inoltre l’equazione dell’idrostatica tra il suolo ed una quota H alla quale si può ipotizzare che la pressione si annulli: 0 0 0 0 p H gH p dz g dp Introducendo i valori a livello medio del mare: 0 0 0 p p T T z v v nell’equazione di stato dei gas perfetti si ha che: 0 0 v d T R p da cui deriva che il limite superiore di un’atmosfera con densità omogenea è solamente funzione della temperatura del suolo ed è quindi dato dalla quota: g T R H v d l 0

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 62

IL GRADIENTE TERMICO DELL’ATMOSFERA

Il gradiente termico verticale, in senso meteorologico, viene definito come la variazione della temperatura

rispetto alla quota, ovvero rispetto al geopotenziale:

d

dTg

dz

dT

Nel prosieguo della discussione si è ritenuto opportuno impiegare come variabile caratteristica

dell’atmosfera la temperatura virtuale vT con il relativo gradiente termico v .

Prima di studiare il concetto di stabilità nell’atmosfera, vengono di seguito presentati alcuni casi teorici di

ausilio alla comprensione dei meccanismi termodinamici e dei limiti fisici del problema.

Atmosfera con densità omogenea

Il primo caso di studio è quello relativo ad un’atmosfera ipotizzata avente una densità costante con la quota.

Rappresenta ovviamente un caso irrealistico, in quanto è noto come l’atmosfera terrestre presenti una densità

decrescente con la quota, eventualmente approssimabile in una sommatoria di piccoli strati omogenei al loro

interno ma aventi tutti densità decrescente.

Applicando le equazioni di stato dei gas perfetto e dell’idrostatica si ottiene facilmente che:

dz

dTR

dz

dpg v

d

E’ immediato derivare il concetto che, con il crescere della quota, la diminuzione della pressione determina

un corrispondente decremento della temperatura. Algebricamente si ha che:

11,34 kmKR

g

dz

dT

d

vvOM

Tale valore risulta essere circa sei volte superiore rispetto a quello medio della bassa troposfera proprio a

causa dell’ipotesi const .

Integrando inoltre l’equazione dell’idrostatica tra il suolo ed una quota H alla quale si può ipotizzare che la

pressione si annulli:

0

0

0

0p

H

gHpdzgdp

Introducendo i valori a livello medio del mare:

000 ppTTz vv

nell’equazione di stato dei gas perfetti si ha che:

00 vdTRp

da cui deriva che il limite superiore di un’atmosfera con densità omogenea è solamente funzione della

temperatura del suolo ed è quindi dato dalla quota:

g

TRH

vd

l0

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 63

per la quale se:

mHKT lv 80002730

Atmosfera con gradiente termico costante

Nel caso di atmosfera avente gradiente termico verticale costante è possibile studiare la situazione a partire

dal concetto di temperatura virtuale funzione lineare della quota )(zfTv :

00

0

1v

v

v

v

vvv

T

z

T

T

zTT

in cui si è tenuto conto nuovamente che a livello medio del mare:

000 ppTTz vv

Applicando le equazioni di stato dei gas perfetto e dell’idrostatica si ottiene facilmente che:

zT

dz

R

g

p

dp

vvd 0

Integrando sullo strato interessato si ha pertanto che:

0

0ln1

ln0 v

vv

dv T

zT

R

g

p

p

Sviluppando l’espressione rispetto al termine di gradiente si ottengono le due seguenti forme:

pd

Td

R

g v

d

vln

ln (2.58 a)

OMv

vdv

p

p

p

p

T

T g

R

v

v

000

(2.58 b)

in cui l’esponente rappresenta il rapporto tra il gradiente termico reale e quello di un’atmosfera omogenea.

Esplicitando ora rispetto alla pressione:

dvR

g

v

v

T

zpp

0

10 (2.59)

Dall’analisi della (2.59) si comprende immediatamente che tale espressione non è ovviamente applicabile per

atmosfere isoterme. Inoltre esiste una quota per la quale il termine in parentesi si annulla. Per:

01

0

pT

z

v

v

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 64

La quota:

v

v

l

TH 0 (2.60)

rappresenta il limite superiore di un’atmosfera con gradiente verticale costante oltre il quale non può essere

presente aria. Nel caso in cui:

mHkmKKT lvv 420005,6;273 1

0

Atmosfera adiabatica secca

Nel caso di una atmosfera avente caratteristiche adiabatiche secche, è possibile sviluppare il modello a

partire dall’equazione di Poisson rappresentativa del processo:

d

p

p

T

T

v

v

00

Il gradiente verticale sarà quindi distribuito lungo la curva dell’adiabatica secca. Differenziando tale

espressione ed applicando nuovamente le equazioni di stato e dell’idrostatica si ha che:

176,9

11

kmKc

g

c

g

dz

dT

dz

dp

pdz

dT

T

d

p

v

p

vd

v

v

d

d

Allo scopo di calcolare il limite superiore di tale atmosfera, riprendendo ancora le espressioni sviluppate nel

caso di atmosfera con gradiente costante, si ha che:

zc

gTT

dp

vv 0

d

d

zTc

gpp

vd

1

0

0

1

Il limite superiore di un’atmosfera adiabatica secca è dato in questo caso dalla quota:

g

TcH

vp

ld 0

per la quale se:

mHKT lv 280002730

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 65

Atmosfera isoterma

Nel caso in cui:

00 vvv constTT

Applicando come in precedenza le equazioni di stato dei gas perfetti e dell’idrostatica ed integrando tra il

livello medio del mare e p si ottiene:

z

vd

p

p

dzTR

g

p

dp

00

Da cui:

H

zzTR

g

eep

pvd

0

Il limite verticale, tendendo la pressione esponenzialmente a zero con la quota, risulta essere quindi infinito.

Nel caso in cui:

eppHz 0

ATMOSFERA STANDARD

E’ importante definire un’atmosfera standard come approssimazione dell’atmosfera reale in alcune

applicazioni quali, per esempio, la calibrazione degli altimetri montati a bordo degli aeromobili.

Di seguito viene riportata la definizione ICAO dell’atmosfera.

Il punto di partenza è l’altezza H corretta per variazioni di gravità:

dzggg

Hz

000

11 (2.61)

in cui se 0g è il valore standard della gravità, g ne rappresenta il valore dipendente da latitudine e

longitudine.

Trascurando le variazioni di gravità con la quota (decresce di circa lo 0,3% per ogni km10 di altezza) è

chiaro che zH .

Pertanto le condizioni che definiscono l’atmosfera standard sono:

1) l’aria è un gas perfetto;

2) l’aria è pura e secca ed ha:

• composizione chimica verticale costante;

• peso molecolare 9644,28M ;

3) equilibrio idrostatico;

4) a livello del mare si hanno i valori di:

• KCT 15,288150 ;

• hPap 25,10130 ;

• 2

0 81,9 smg ;

5) il gradiente termico verticale è:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 66

• per slmmH 11000 : constkmCdH

dT 15,6 ;

• per slmmH 2000011000 : constCT 5,56 ;

• per slmmH 3200020000 : constkmCdH

dT 10,1 .

Fig. 24. L’atmosfera standard in un diagramma di Herloffson.

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 67

LA STABILITA’ VERTICALE

Verrà ora trattato il problema della determinazione (ovvero della previsione) dello spostamento verticale di

una massa d’aria, a partire dalle sue caratteristiche termiche, in un’atmosfera ipotizzata in condizioni

idrostatiche, cioè con accelerazioni verticali trascurabili.

IL METODO PARTICELLARE

Si discutono di seguito le condizioni di stabilità relative ad uno spostamento verticale di una “particella”

atmosferica in un ambiente ipotizzato in equilibrio idrostatico.

Nella trattazione seguente una “particella” atmosferica rappresenta una massa d’aria, individuabile nello

spazio mediante tre coordinate, che abbia dimensioni tali per cui sono costanti le grandezze termodinamiche

che la rappresentano.

Tale particella assume una propria connotazione termodinamica non appena si discosta dal resto di quelle

che si trovano nel suo “intorno” e che rimangono a riposo nel livello iniziale di riferimento.

Gli assunti di base sono i seguenti:

durante il moto la particella mantiene le proprie caratteristiche senza mescolarsi con l’ambiente

circostante.

Tale ipotesi è valida per spostamenti infinitesimi, ma diviene irrealistica e soggetta a correzioni

empiriche nel caso di differenze finite;

il moto della particella non produce perturbazioni nell’ambiente.

Tale ipotesi non è rigorosamente valida in quanto, ogni sollevamento di massa d’aria ha in qualche luogo

una corrispondente discesa compensativa. Se l’ambiente non viene perturbato, la curva di stato del

radiosondaggio è quindi rappresentativa delle condizioni effettive dell’atmosfera.

Nel caso di convezioni isolate è comunque una buona approssimazione;

il processo è adiabatico.

Tale ipotesi è ragionevole, in quanto i processi atmosferici di diffusione turbolenta, radiazione e

conduzione molecolare sono in genere lenti rispetto ai moti convettivi;

ad ogni istante la pressione della particella che si trova in un determinato livello è uguale a quella

dell’ambiente circostante.

Tale ipotesi è valida in quanto la pressione raggiunge rapidamente l’equilibrio ed i moti non sono così

violenti da determinare apprezzabili perturbazioni idrodinamiche.

Come risulta chiaro, il metodo fornisce validi risultati per spostamenti infinitesimi dz producendo errori

considerevoli nel caso finito.

Criteri di stabilità

L’analisi sarà incentrata sull’individuazione della stabilità verticale, per cui quando una particella, soggetta

ad una qualunque forza perturbativa verticale, tende:

a ritornare nella sua posizione iniziale si è in condizioni di STABILITA’;

ad allontanarsi dalla posizione iniziale, si è in condizioni di INSTABILITA’.

Nell’ipotesi in cui siano trascurabili le accelerazioni verticali, per l’equazione dell’idrostatica:

0gz

p (1)

Una particella di aria che subisce uno spostamento verticale, non essendo più in equilibrio con l’ambiente

circostante, è soggetta ad una forza per unità di massa uguale alla risultante tra le forze gravitazionali e

quelle di gradiente della pressione. Tale risultante produce un’accelerazione rappresentata dalla seguente

espressione:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 68

zgz

p'' (2)

in cui è stata applicata l’ipotesi di equivalenza tra la pressione della particella e quella dell’ambiente

circostante ( pp ').

Le variabili relative alla particella, nel resto della trattazione, saranno sempre distinte da un apice.

Sottraendo le due precedenti espressioni si ottiene:

'

'

gz (3 a)

in cui il termine a destra rappresenta il “galleggiamento”.

Utilizzando la legge dei gas perfetti è possibile riscrivere la (3 a) come:

T

TTg

v

vvgz

''

(3 b)

Impiegando inoltre le definizioni di vT e , si ottengono le ulteriori forme:

v

vv

T

TTgz

'

(3 c)

'

gz (3 d)

Le (3) esprimono formalmente il fondamentale concetto che una particella atmosferica meno densa

dell’ambiente circostante è soggetta ad un’accelerazione verso l’alto.

Per lo spessore dz , differenza tra la quota del livello di riferimento e quella in cui viene a trovarsi la

particella, le variazioni di temperatura dell’ambiente e di quella della particella, si ottengono mediante lo

sviluppo in serie al 1° ordine:

dzTT 0 (4 a)

dzTT '

0

' (4 b)

in cui sono stati introdotti, rispettivamente, i gradienti termici verticali dell’ambiente e della particella:

zd

Td (5 a)

zd

Td ''

(5 b)

Nel caso in cui sia possibile trascurare gli scambi termici tra particella ed ambiente circostante (ipotesi

adiabatica), vale l’espressione:

p

dp

T

dT

R

cp (6)

Applicando la (1) e l’equazione dei gas perfetti alla (6), il gradiente termico verticale della particella è

esprimibile come:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 69

padc

g

dz

dT ''

(7)

Sostituendo quindi le (4 a,b) alla (3 b) si ottiene infine l’espressione che fornisce l’accelerazione subita dalla

particella nel caso di uno spostamento infinitesimo dz :

dzT

gz )( ' (8 a)

riscrivibile facilmente nel caso si impieghi la vT come:

dzT

gz vv

v

)( ' (8 b)

Chiaramente l’accelerazione avrà segno e verso concorde con lo spostamento qualora il termine in parentesi

risulti positivo. E’ pertanto possibile definire i criteri di stabilità in funzione dei gradienti termici verticali. Se

quindi:

vv

': instabilità. L’accelerazione è diretta come lo spostamento dz e la particella tende ad

allontanarsi dalla posizione iniziale (galleggiamento positivo);

vv

': stabilità. L’accelerazione è opposta allo spostamento dz e la particella tende a tornare nella

posizione originale (galleggiamento negativo);

vv

': neutralità. La particella, dopo aver subito lo spostamento dz , tende a rimanere nella sua

nuova posizione (equilibrio indifferente).

Un sondaggio termodinamico fornisce le grandezze T , p e wU alle diverse quote, permettendo di calcolare

facilmente v e quindi la stabilità.

Gradiente termico per sollevamento atmosferico

La precedente espressione (7) rappresenta il caso generale di un gradiente verticale della particella nel caso

di sollevamento adiabatico. E’ tuttavia opportuno definirne i valori nei casi:

secco: d ;

umido: m ;

saturo: w .

Il gradiente termico di una atmosfera adiabatica secca ( 0r ) è:

dp

dc

g (9)

Nel caso in cui sia presente del contenuto di vapore ( 0r ), l’espressione per l’atmosfera adiabatica umida

è:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 70

p

mc

g (10)

in cui:

04,0

)87,01(

r

rccdpp

La differenza tra questi due gradienti è piccola:

)87,01(87,01

rr

dd

m

La derivazione delle espressioni in condizione di saturazione è più laboriosa e si tralasciano i passaggi.

Nel caso di espansione satura reversibile:

2

2, )()(

1

61,01

TRc

rrl

c

rrcrc

rRT

l

ep

p

ddp

wwe

dp

wwtwwvp

we

wdw (11)

Nel caso di espansione satura non reversibile:

2

2 )(1

61,01

TRc

rrl

c

rc

rRT

l

ep

p

ddp

wwe

dp

wvp

we

wdw (12)

E’ possibile tuttavia ottenere delle espressioni semplificate per:

w

dp

wvp

w

e

r

c

rc

ep

p

TR

l

101,0

1

61,0

per cui si ottiene:

2

2

1

1

TRc

rl

TR

lr

ddp

we

ew

dw (13)

Inoltre, se:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 71

d

ww

RR

p

er

si ottiene:

pTRc

el

pTR

le

ddp

we

d

ew

dw

2

22

1

1

(14)

da cui, essendo sempre:

pTRc

el

pTR

le

ddp

we

d

ew

2

22

si ha:

dw (15)

L’analisi di tali espressioni permette di comprendere come la differenza tra i due gradienti:

cresca con la temperatura;

diminuisca con la quota.

Ciò risulta ovviamente evidente dall’analisi delle curve riassunte sul diagramma di Herloffson.

In atmosfera, i valori di w dovranno essere attentamente analizzati in funzione del tipo di massa d’aria

presente. In particolare:

14 kmCw nei pressi del suolo quando, in condizioni di aria calda ed umida, dTdU è grande;

15,6 kmCw nella media troposfera;

dw laddove il contenuto di vapore è trascurabile, cioè negli strati prossimi alla tropopausa.

Ovviamente, per temperature decrescenti, l’adiabatica satura tende a coincidere con quella secca avente la

stessa pe .

Esempio numerico:

0163,00123,04,19100017 twww rrhPaehPapCT

140,4 kmKrev

w

1.. 42,4 kmKadps

w

153,4 kmKappross

w

Gradiente termico della particella e dell’ambiente

Nel criterio di stabilità descritto in precedenza, il processo termodinamico deve essere adiabatico.

Nel caso di particella non satura (senza mescolamento con l’ambiente):

il rapporto di mescolamento è costante;

il processo è una espansione (compressione) adiabatica umida.

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 72

Differenziando rispetto a z e cambiando di segno la:

'

0

' )61,01( TrTv

si ottiene:

dmv rrr )87,01()61,01()61,01( 000

'

dv r )26,01( 0

' (16)

Pertanto, per una particella non satura:

dv

' (17)

Nel caso di aria satura il rapporto di mescolamento wr deve diminuire durante il sollevamento. Quindi:

dz

drTr w

wwv

'''' 61,0)61,01( (18)

Poiché anche '

wr e le sue derivate decrescono con il sollevamento:

0'

dz

drw

si ha che:

wv

' (19)

ed in particolare:

wv

' (20)

Nella bassa troposfera il secondo termine della (18) è circa il 10% di w . Per una particella satura si ha in

prima approssimazione che:

wv

' (21)

Si considera ora, in modo analogo, il gradiente termico dell’ambiente. Ricordando la trattazione “geometrica

delle derivate” piuttosto che il processo fisico generale si ha:

dz

rdTr

TrT

v

v

61,0)61,01(

)61,01(

La distribuzione verticale del contenuto di vapore ( dzdr ) influenza, in alcuni casi significativamente la

crescita o la diminuzione della stabilità verticale.

Esempio:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 73

Si assume per semplicità che 0 .

Si cerca quella distribuzione (oppure r ) per la quale:

d

p

v

dc

l

Sarà:

15106608,0

mgpTd

dr d

vera se, per esempio:

mgpd

dr

150

106,8 3

Variazione possibile in uno strato saturo con:

base a hPapCT 900,10 e sommità secca.

E’ possibile ora definire le condizioni di stabilità impiegando sia la v che un parametro di stabilità statica

ad essa associata.

Nel caso di atmosfera non satura, differenziando la:

d

pTvv

1000

si ha che:

zd

pd

pzd

Td

Tzd

d dv

v

v

v

11 (22)

da cui, applicando l’equazione di Poisson, e le definizioni di d e v si ottiene:

)( vd

v

vv

Tdz

d (23)

rappresentativo del gradiente verticale (a meno del segno) di v che risulta quindi proporzionale alla

differenza )( vd .

Dalla (23) deriva immediatamente la definizione del parametro di stabilità statica:

z

1

In tal modo, il criterio di stabilità, assume anche la forma:

instabilestabilez

vdv 0)( (24)

Nel caso di atmosfera adiabatica (o neutra):

vd

constv (25 a)

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 74

0 (25 b)

Criteri di stabilità per processi adiabatici

I criteri di stabilità, rispettivamente per processi non saturi e saturi, possono essere riscritti come:

instabilestabile

instabilestabile

wv

dv

(26 a,b)

Poiché:

i gradienti termici sono derivate rispetto alla quota z ;

z ,

la crescita delle variabili p , pln , p è monotona in z . La derivata di T rispetto a queste grandezze

è quindi dello stesso ordine di .

Ciò che varia nei diversi diagrammi è l’inclinazione del gradiente di T .

Fig. 25. Rappresentazione schematica della condizioni di instabilità.

Con il termine “assoluto” si indica che le condizioni di stabilità (o instabilità) valgono indipendentemente

dalla saturazione dell’aria.

Si consideri ora una particella non satura nel caso di instabilità ( dv ) la curva di stato è più inclinata

rispetto alle curve rappresentative del processo adiabatico. In particolare, le curve 321

rappresentano le adiabatiche secche aventi temperature potenziali decrescenti.

Pertanto, al crescere di z , la curva di stato interseca le adiabatiche secche a partire da quelle aventi

temperature potenziali più elevate (figura 26). Quindi:

0dz

d v

Fig. 26. Analisi grafica schematizzata delle condizioni di instabilità in relazione alla temperatura potenziale.

v<0

(inversione)

Stabilità assoluta Instabilità assoluta

Adiabatica

secca

Isoterma

Adiabatica

satura

Direzione

del vento

v= d v= w v=0

d

3 2 1

v

a)

v

d

3 2 1

b)

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 75

a) caso instabile; b) caso stabile.

Nel caso di una particella non satura e stabile ( dv ) il risultato è ovviamente opposto.

In modo simile è possibile trattare il caso di una particella satura. Il gradiente adiabatico secco dovrà

tuttavia essere sostituito con quello saturo e la temperatura potenziale con quella potenziale di bulbo bagnato

(temperatura equivalente potenziale), un’invariante dei processi adiabatici saturi.

La figura 26, può essere considerata rappresentativa dei casi di instabilità (a sinistra) e di stabilità (a destra),

anche del processo di espansione satura poiché l’andamento delle pseudoadiabatiche è simile a quello delle

adiabatiche secche, sebbene meno inclinato.

Fig. 27. Rappresentazione schematica della stabilità statica in funzione del profilo di v.

ST = Stabilità; INST=Instabilità; NE=Neutralità; ND=Non definito. Adattato da Stull (1988).

E’ possibile quindi riscrivere la stabilità, rispettivamente per processi non saturi e saturi, come:

instabilestabile

instabilestabile

dz

d

dz

d

w

v

0

0

(27 a,b)

Dall’analisi della figura 27 che rappresenta diversi profili termici verticali è possibile identificare le

caratteristiche dell’atmosfera.

z ST ST ST NE ND ND ST ST

v z ST ND INST INST INST

v

z ST ST ST ST INST INST INST INST

ST

v

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 76

Instabilità condizionale

L’instabilità condizionale si sviluppa per valori di wd .

Lo studio di tale instabilità verrà svolto in uno strato che si estende dalla superficie (P) al punto R della

curva di stato. La precedente trattazione della stabilità è stata effettuata per un singolo punto/livello, mentre

in questo caso si studierà ciò che avviene quando una particella, proveniente da differenti livelli, sale lungo

la verticale con spostamenti finiti.

Fig. 28. Diagramma termodinamico ideale in cui è presente un’instabilità condizionale.

RS (curva blu scuro) è il radiosondaggio; AS (viola) sono le adiabatiche (secca + satura) del sondaggio; r è

la relativa isoigrometrica (rossa punteggiata) e Ps il livello di saturazione; AS1 (tratteggio puntato blu) e AS2

(tratteggio puntato rosso) sono le adiabatiche relative ai processi che iniziano ai livelli P1 e P2 con

isoigrometriche r1 e r2; ASm (tratteggio verde) sono le adiabatiche relative al processo con isoigrometrica rm

e Tm; l’area A- (celeste) è l’energia di inibizione convettiva (CIN); l’area A+ (fucsia) è l’energia potenziale

convettiva disponibile (CAPE). EL è il livello di equilibrio; LCL è il livello di condensazione per

sollevamento; CCL è il livello di condensazione convettiva; LFC è il livello di convezione libera. Adattato da

Iribarne-Godson (1976).

RS AS

r2

ASM

AS1

EL

A+

AS2 R

P2

LFC

r1

CCL

A-

rm

r

P1

P

LCL Ps

TM

A-

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 77

Facendo riferimento alla fig. 28, sviluppata su di un diagramma di Herloffson, la curva RS è la curva di stato

(radiosondaggio), mentre le curve AS, AS1, AS2, rappresentano i processi a cui vengono sottoposte le

particelle che provengono dai livelli di riferimento P, P1, P2.

Quando una particella sale lungo la verticale, una certa quantità di lavoro viene prodotta dalle (o contro le)

forze di galleggiamento ed è proporzionale all’area racchiusa tra le curve e le isobare dei livelli iniziali e

finali del processo. Tale lavoro sarà positivo o negativo a seconda che la curva del processo AS sia a destra o

a sinistra della curva di stato RS.

Fig. 29. Rappresentazione schematica del lavoro in

un diagramma termodinamico. La curva di

stato è in verde continuo; l’adiabatica è in

blu continuo; in tratteggio le isobare.

Esempio (figura 29):

Il lavoro fatto dalle forze di galleggiamento sulla particella per unità di massa è:

b

a

dzzw

Essendo:

b

a

ememd

b

a

vvd

b

a

v

vv

RpdTTRdpvvdzv

vvgw

T

TTg

v

vvgz

vdpd

)()ln()()'('

'

''

'

in cui l’ultimo termine in parentesi rappresenta l’area compresa tra le due curve e le due isobare.

Il lavoro ricevuto dalla particella per unità di massa sarà pertanto trasformato in energia cinetica:

)(2

1 22

a

b

a

b

b

a

b

a

zzzdzdzzdt

ddzzw

Si deduce quindi che la particella:

accelera quando le forze esterne di gravità e pressione esercitano un lavoro su di essa (AS a destra di

RS), e viceversa;

per salire, deve essere sempre rifornita di un’energia pari all’area negativa calcolabile attraverso il

diagramma termodinamico.

L’analisi della figura 28 permette di identificare un livello caratteristico dello stato termodinamico

dell’atmosfera, definito come livello di condensazione per sollevamento (lifting condensation level – LCL)

ed indicato con il punto Ps. Esso rappresenta la quota in cui una particella atmosferica, partendo dalla sua

temperatura iniziale e seguendo un processo adiabatico secco, condensa. Un ulteriore sollevamento si

svilupperà attraverso un processo adiabatico saturo AS. La temperatura dell’LCL è in genere definita come

temperatura di condensazione isentropica.

C

L>0 C1

b

a

T

-lnp

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Spostando l’indagine sulla curva di stato, si può notare che, in prossimità del suolo, a parità di pressione essa

si trova a destra dell’adiabatica di riferimento. Una particella che seguisse la curva AS, presenterebbe una

temperatura inferiore rispetto a quella dell’ambiente circostante. Sarebbe più densa e pesante tendendo

quindi ad opporsi ad un movimento ascensionale.

Con il crescere della quota, la distanza tra le due curve si riduce fino al livello in cui la curva di stato

interseca la curva dell’adiabatica satura e definito come livello di condensazione libera (level of free

convection - LFC).

L’area compresa tra la superficie e l’LFC rappresenta quindi la quantità di energia che deve essere fornita

alla particella atmosferica, per esempio attraverso l’assorbimento di energia termica da parte del suolo,

affinché essa si sollevi fino al livello di libera convezione ed identifica la resistenza a tale movimento. E’

conosciuta come energia di inibizione alla convezione (convective inhibition – CIN) A-: minore è il valore di

A-, minore è l’energia necessaria alla formazione di cumuli convettivi.

Proseguendo con la quota, la temperatura ambiente diviene inferiore a quella della particella determinando

delle condizioni di instabilità che permetterebbero il sollevamento spontaneo della particella stessa e che

permangono finchè l’adiabatica satura e la curva di stato si intersecano di nuovo ad una quota definita come

livello di equilibrio (equilibrium level – EL).

In analogia a quanto visto in precedenza, si può individuare un’area A+ che misura l’instabilità latente al

livello Ps rappresentativa della quantità di energia disponibile affinché al processo di libero sollevamento.

Tale area viene in genere viene presentata nei diagrammi termodinamici con l’acronimo CAPE (convective

available potential energy – energia potenziale disponibile per la convezione). Più elevato è il suo valore,

maggiore sarà l’energia disponibile, maggiore la quota che la particella potrà raggiungere e quindi più forte il

flusso che permette lo sviluppo della cella nuvolosa. Nel successivo paragrafo saranno presentati i valori

caratteristici della CAPE.

Al di sopra del livello di equilibrio la curva AS rappresentativa della temperatura della particella sarà di

nuovo inferiore a quella dell’ambiente circostante determinando la formazione di una seconda area negativa

A-. Tale area rappresenta condizioni di stabilità, ovvero l’energia di sbarramento allo sviluppo dei processi

convettivi di sollevamento spontaneo.

Attraverso l’impiego di nuovi livelli di riferimento caratterizzati dai punti Pi, è possibile sviluppare ulteriori

considerazioni mostrate graficamente in figura 28.

Si ipotizzi inizialmente che il punto P1, rappresentativo delle condizioni termodinamiche al suolo, abbia una

temperatura 1T ed un contenuto di vapore 1r . Il processo di sollevamento della particella si svilupperà

dapprima lungo l’adiabatica secca per poi seguire, al di sopra dell’intersezione con l’isoigrometrica 1r , la

risultante adiabatica satura AS1.

Dalla figura 28 si evince che la curva di stato non interseca mai la pseudoadiabatica, risultando al limite

tangente nel solo punto R. In conseguenza di ciò l’area di instabilità latente si annulla.

Qualora il processo iniziasse dal livello corrispondente al punto P2, tutto il sondaggio sarebbe a destra delle

adiabatiche, in una condizione di stabilità assoluta.

E’ possibile inoltre comprendere anche graficamente che l’instabilità cresce al crescere di T ed r .

Con l’incremento del contenuto di vapore, l’isoigrometrica r trasla verso destra. In tal modo il segmento PPs

si riduce determinando il conseguente incremento di A+ e la diminuzione di A-.

Nei casi in cui la temperatura superficiale cresce per irraggiamento solare, il gradiente termico aumenta,

raggiungendo ed eventualmente superando il valore d . Ciò in quanto gli strati superiori tendono a

mantenere una sostanziale omotermia dovuta alla limitata inerzia termica atmosferica.

Lo strato diviene quindi instabile ed inizia un processo di mescolamento verticale caratterizzato dalla

conservazione delle grandezze ed r . In particolare l’isoigrometrica risultante potrà essere considerata

come il valore medio del contenuto di vapore iniziale dello strato mr .

Quando la sommità dello strato mescolato raggiunge il livello di saturazione è possibile definire tale quota

come il livello di condensazione convettiva (convective condensation level – CCL). In tal caso la particella,

durante il suo processo di sollevamento libero condensa senza l’ausilio di forze esterne. E’ possibile trovare

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 79

in letteratura tale livello definito come CCLML in cui viene aggiunto il pedice ML (mixed-layer) in ragione

del procedimento impiegato per il calcolo.

A partire da un sondaggio mattutino è pertanto possibile determinare il probabile livello di condensazione

convettiva intersecando la curva di stato con l’isoigrometrica mr corrispondente al contenuto di vapore

medio della bassa troposfera. Lo strato compreso tra il suolo ed il livello di hPa950 (corrispondente ad una

quota di circa m400 ) rappresenta una buona approssimazione della ragione interessata dal mescolamento.

Tale ipotesi è utilizzata da molti Servizi Meteorologici nazionali, tra i quali quello dell’AM.

Un ulteriore possibile valore per la stima del CCL è rappresentato dalla regione interessata dello strato limite

(boundary layer - BL) planetario, cioè quella compresa tra il suolo ed il livello di hPa850 , corrispondente

alla quota di circa m1500 .

Il CCL rappresenta pertanto una buona stima per identificare la base delle nubi cumuliformi prodotte dal

mescolamento superficiale, ovvero per la previsione del livello di formazione dei cumuli di bel tempo.

Allo scopo di prevedere la quota di formazione dei CB è stato definito il livello di condensazione per

mescolamento (mixing condensation level – MCL), definito talvolta anche come CCLp (in cui il pedice

indica il metodo di indagine particellare). Tale livello rappresenta la quota minima alla quale avviene la

saturazione dopo il mescolamento completo dello strato. Graficamente ciò si ottiene intersecando

l’isoigrometrica di riferimento della dT al suolo con la curva di stato (fig. 30).

Una volta individuata la quota dell’MCL, è possibile stimare il valore della temperatura massima (o di

innesco) MT attraverso un processo di compressione adiabatica. La MT rappresenta quindi la soglia termica

che, qualora raggiunta durante il riscaldamento diurno, permetterebbe lo sviluppo di processi convettivi

spontanei. Ovviamente tali processi possono portare alla formazione di nubi solo nel caso in cui il contenuto

di vapore sia maggiore dell’umidità specifica massima dello strato.

Graficamente, pertanto, la MT si ottiene prolungando fino al livello di riferimento l’adiabatica secca

intersecante la curva di stato al MCL.

Fig. 30. Schematizzazione del metodo per il calcolo del MCL e della temperatura di innesco.

Allo scopo di approfondire il significato dei predetti livelli che caratterizzano l’atmosfera istantanea, è

possibile inoltre specificare che:

TM

Td

Td

MCL

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la sostanziale differenza esistente tra l’LCL e l’LFC è rappresentata dal meccanismo che sottende alla

formazione dello strato nuvoloso e di conseguenza al tipo di nube sviluppatesi. Nel primo caso la

condensazione avviene per sollevamento di una massa d’aria a seguito di un lento movimento relativo

rispetto ad un’altra più pesante e fredda (scorrimento caldo) o ad un rilievo orografico. La nuvolosità

sarà di tipo stratiforme, in genere compatta e distribuita uniformemente per vaste regioni orizzontali. Nel

secondo caso la condensazione avviene per sollevamento convettivo di una massa d’aria soggetta a

riscaldamento dal basso. La nuvolosità sarà di tipo cumuliforme in cui è privilegiato lo sviluppo verticale

rispetto al quello orizzontale.

allo scopo di comprendere il livello di mescolamento esistente nei bassi strati è possibile confrontare il

valore di LCL individuato su di un diagramma termodinamico con la quota della base delle nubi

osservata. Qualora le due quote fossero tra loro simili, lo strato atmosferico compreso tra la base ed il

suolo sarebbe interessato da un forte mescolamento; evidenti differenze indicano invece un moderato

rimescolamento atmosferico;

in uno strato ben mescolato il LCL, l’MCL ed il CCL dovrebbero trovarsi alla stessa quota.

Una stima dell’energia disponibile per lo sviluppo delle correnti ascensionali può essere ottenuta mediante il

confronto tra i valori, in modulo, della CAPE (A+) e della CIN (A-). In sintesi, l’instabilità condizionale è

quindi classificata come:

latente per : CAPE > CIN;

pseudolatente per : CAPE < CIN;

stabile per : CAPE = 0.

INDICI DI STABILITA'

Allo scopo di ottenere valori indicativi del potenziale disponibile alla convezione, nelle applicazioni pratiche,

essendo troppo lungo il calcolo delle aree, si possono utilizzare alcuni indici di stabilità facilmente

determinabili a partire dai parametri osservati nel sondaggio.

I valori empirici di riferimento, presentati di seguito per ciascun indice, devono essere utilizzati con estrema

cura in quanto possono variare in funzione di fattori diversi, quali la conformazione del territorio, la

climatologia locale, la stagione dell’anno, ecc. Al fine di valutare la probabilità che si verifichi instabilità

termodinamica, il previsore dovrà pertanto di volta in volta analizzare in dettaglio tutte le informazioni

possedute, per stabilirne la validità ed il grado di confidenza.

Indice di Whiting (o K index).

E’ una stima dell'instabilità di una massa d'aria basata sui valori termici ed igrometrici presenti nello strato

compreso tra hPa500850 (medio-bassa troposfera). Non dovrebbe essere impiegato in condizioni

convettive associate al passaggio di un fronte. Si valutano l'innesco e lo sviluppo dei temporali in funzione

dei seguenti fattori:

gradiente termico verticale tra hPa500850 ;

umidità dell'aria nei bassi strati ottenuta a partire dalla dT a hPa850 ;

estensione verticale degli strati umidi stimata tramite la differenza tra T e dT a hPa700 .

Si ha pertanto l’espressione:

)()()700()700()850()500()850( dd TTTTTK (28)

i cui risultati possono essere eventualmente modificati da considerazioni di dinamiche. In tal caso, qualora le

correnti a hPa500 abbiano:

curvatura ciclonica oppure siano confluenti a componente meridionale;

curvatura anticiclonica oppure siano diffluenti a componente settentrionale o al limite rettilinee,

al valore ottenuto potrà essere rispettivamente sommato o sottratto un termine 5.

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I risultati preliminari emersi dalle analisi svolte presso il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica, hanno

mostrato che l’indice K non può essere considerato un parametro identificatore univoco dello stato di

instabilità atmosferica, sebbene esso costituisca un discreto predittore dei fenomeni convettivi.

Delle due classificazioni dell’indice Whiting schematizzate nella seguente tabella, la prima è quella usata più

frequentemente: 15 25

Stabilità

Bassa probabilità di temporali

Instabilità Potenziale Medio-Bassa

Moderata probabilità di temporali

Instabilità Potenziale Medio-Alta

Elevata probabilità di temporali

0 15 20 25 30 35 40

Probabilità di temporali

0%

Probabilità di temporali

0-20%

Probabilità di temporali

20-40%

Probabilità di temporali

40-60%

Probabilità di temporali

60-80%

Probabilità di temporali

80-90%

Probabilità di temporali

~100%

Indice di Showalter (o SSI – Showalter Stability Index).

E’ una stima della dimensione e delle potenzialità di un temporale. E’ particolarmente utile quando ad uno

strato di aria fredda posto al di sotto degli hPa850 ne è sovrapposto uno con più elevata potenzialità

convettiva. L’indice è quindi:

)500()850()500( TTSSI (29)

in cui il secondo termine della (29) rappresenta la temperatura di una particella di aria umida che si espande

adiabaticamente tra i livelli hPa500850 . Non dovrebbe essere usato in presenza di forti inversioni tra i

livelli hPa500850 . Di seguito sono schematizzate due classificazioni dell’indice SSI:

- 4 2

Instabilità’ potenziale medio-alta

Instabilità potenziale medio-bassa

Stabilità

- 6 - 4 0

Estrema instabilità

Elevata Instabilità

Moderata Instabilità

Stabilità (eventuale debole

condizione)

Indice di Sollevamento (Ascensionale) (Lifted Index - LI).

E’ una stima dell’instabilità potenziale dal suolo a hPa500 5 ed è applicabile sia per analizzare le

condizioni convettive frontali che quelle di masse d’aria isolate. E’ molto simile all’SSI, ma tiene meglio in

considerazione l’umidità presente nei bassi strati al disotto degli hPa850 :

)500()()500( suoloTTLI (30)

in cui il secondo termine della (30) rappresenta la temperatura di una particella di aria umida in espansione

adiabatica dal suolo al livello hPa500 .

- 9 - 6 - 3 0

Estrema instabilità

Elevata Instabilità

Moderata instabilità

Instabilità Marginale

Stabilità (eventuale debole

convezione)

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Indice TT (TTI - Total Totals Index).

E’ un indice applicabile per analizzare sia le condizioni convettive frontali che quelle di masse d’aria isolate

e dovrebbe essere utilizzato quando anche gli indici SSI e LI indicano la presenza di attività temporalesca.

Consta di due componenti, una verticale (VT) ed una trasversale (CT). VT rappresenta la stabilità statica tra

hPa500850 e trascura la presenza dell’umidità, mentre CT la include attraverso il valore di dT a

hPa850 . Tale indice potrebbe non essere rappresentativo in situazioni in cui l’umidità nei bassi strati

risiede al di sotto del livello di hPa850 . Nel caso in cui a tale quota vi sia una significativa inversione

(capping inversion) indicativa del limite superiore dello strato limite, non sarà possibile uno sviluppo

convettivo anche in presenza di elevati valori di TTI.

)500()850()850( 2TTTCTVTTTI d (31)

45 50 55 60

Possibilità di temporali

Probabilità di temporali (alcuni forti)

Elevata probabilità di forti temporali

Studi relativi all’impiego di questo parametro mostrano come un elevato numero di condizioni non

temporalesche ricada all’interno degli intervalli in cui l’indice le predica. Attraverso l’uso di tecniche di

ausilio decisionale dette “fuzzy logic” è tuttavia possibile ottenere un certo miglioramento.

Indice SWEAT (Severe Weather ThrEAT).

E’ una stima di condizioni meteorologiche potenzialmente pericolose. Si tiene conto delle informazioni

cinematiche e termodinamiche attraverso i seguenti parametri:

umidità dell'aria nei bassi strati ottenuta a partire dalla dT a hPa850 ;

instabilità convettiva ottenuta a partire dall’indice TTI;

velocità del vento nei bassi e medi livelli troposferici ( hPa850 e hPa500 );

avvezione di aria calda attraverso l’analisi della variazione della direzione del vento tra i livelli

hPa500850 .

A differenza dell’indice K (Whiting), lo SWEAT viene utilizzato per individuare condizioni convettive

estreme:

hPaxxxagradiinventodeldirezioneddd

hPaxxxanodiinventovelocitàff

dddddds

sffffTTITSWEAT

xxx

xxx

d

)(

)(

)850()500(

)500()850()850(

)(sin

)2,0(1252)49(2012

(32)

Tutti i termini della (32) devono essere positivi, altrimenti vengono posti uguali a 0 . L’ultimo termine della

(32), lo shear, in particolare, è posto uguale a 0 qualora non sia verificata una delle seguenti condizioni:

la direzione del vento a hPa850 è compresa tra 250130 ;

la direzione del vento a hPa500 è compresa tra 310210 ;

la differenza tra le direzioni del vento a hPa500 e hPa850 è positiva;

le velocità del vento ad entrambi i livelli sono almeno di nodi15 .

300

Alta probabilità di condizioni estreme

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E’ necessario infine sottolineare che:

se A- è sufficientemente grande da prevenire l’inizio di un processo convettivo, la differenza (A+-A-)

diviene poco significativa;

piccole aree A- possono essere facilmente rimosse dall’incremento termico dovuto all’insolazione.

Tra i parametri oggettivi rappresentativi delle condizioni di instabilità atmosferica, nell’ambito del

diagramma termodinamico del Servizio Meteorologico dell’AM, sono inseriti anche i due seguenti indici:

Indice KO.

E’ stato sviluppato dal Servizio Meteorologico tedesco per stimare la probabilità di innesco di condizioni

temporalesche risultando migliore rappresentazione delle caratteristiche atmosferiche europee. Si basa sul

concetto di Temperatura pseudo-potenziale (temperatura potenziale equivalente) quale grandezza

conservativa dei processi adiabatici (umidi e saturi), tenendo in maggiore considerazione il contenuto di

vapore presente nella media e bassa troposfera:

22

)850()1000()500()700( eeeeKO (33)

- 4 2

Instabilità potenziale medio-alta

Instabilità potenziale medio-bassa

Stabilità

I risultati preliminari emersi dalle analisi svolte sui fenomeni che caratterizzano il nostro territorio, hanno

mostrato che l’indice KO non è un buon predittore dei fenomeni temporaleschi.

Indice LT:

),,,,max( )()1000()925()850()700( suoloeeeeeesLT (34)

-4 2

Instabilità potenziale medio-alta

Instabilità potenziale medio-bassa

Stabilità

CAPE:

Sebbene l’energia potenziale convettiva disponibile non sia realmente un indice di stabilità è comunque

opportuno fornirne i valori caratteristici (in 1kgJ ):

0 1000 2500 3500

Debole Instabilità

Moderata instabilità

Elevata instabilità

Altissima instabilità

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 84

Oscillazioni in uno strato stabile

Il metodo particellare non tiene conto degli effetti di mescolamento turbolento che avvengono tra la

particella e l’ambiente circostante. Ciò non permette di valutare correttamente il movimento oscillatorio

smorzato intorno al livello di equilibrio che assume una particella soggetta ad una perturbazione in uno strato

stabile.

Per spostamenti finiti, la (8b) potrà essere riscritta come:

zT

gz vv

v

)( ' (35)

che rappresenta l’equazione del moto di un oscillatore armonico lineare:

02zNz (36)

in cui N è la frequenza di Brunt-Vaisala definita come:

2

'2 2)( vv

vT

gN (37)

e è il periodo.

La soluzione della (36) è un’onda di gravità:

tNaz sin (38)

il cui periodo:

)(2

'

vv

v

g

T (39)

è inversamente proporzionale ai gradienti termici.

Confrontando la (37) con le precedenti espressioni (8), (23) e (24) risulta evidente che il termine:

2N

rappresenta una nuova forma per lo studio delle condizioni di stabilità per cui:

02N il sistema è in equilibrio in condizioni di neutralità;

02N il sistema è instabile;

02N il sistema è stabile e quindi caratterizzato da onde interne smorzate;

Esempi:

masc

gCT

dp

dvvv 20033500 '

1max 7,3

335

2200msaNz

inmssNkmCv 5,9570011,05,6 11

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 85

IL METODO DELLO STRATO

Nel metodo particellare si assume che l’ambiente sia privo di perturbazioni, permettendo quindi solo

convezioni isolate che non coinvolgano un volume significativo di aria. Tale ipotesi è generalmente violata

(l’errore commesso è significativo) in quanto il sollevamento verticale di una massa d’aria avviene su di una

consistente porzione orizzontale e deve essere quindi necessariamente compensato dalla discesa di aria

circostante.

Allo scopo di permettere un moto compensativo discendente, Bjerknes sviluppò il metodo dello strato che si

basa sulle seguenti ipotesi:

atmosfera inizialmente “barotropica”, in cui le isobare coincidono con le superfici di densità costante,

quindi con quelle di uguale temperatura virtuale. E’ necessario chiarire che tale ipotesi tende a cadere

con l’innesco di moti verticali atmosferici che distruggono le iniziali condizioni barotropiche. Le reali

condizioni atmosferiche sono in genere “barocline”;

la sezione orizzontale dello strato è molto ampia e quindi lo spessore risulta essere sottile;

la divergenza di massa orizzontale, attraverso i bordi verticali, è trascurabile;

i processi sono adiabatici;

le colonne di aria ascendenti e discendenti non si mescolano.

Dall’analisi delle predette condizioni si evince che anche questo metodo non è esente da errori.

Si consideri quindi uno strato posto al di sopra di una superficie sufficientemente ampia da coprire un

numero rappresentativo di possibili correnti ascensionali.

Nel processo si ha il sollevamento di una particella atmosferica in corrispondenza della superficie 'A ,

compensato lateralmente dalla subsidenza di aria verso la superficie contigua A (figura 31).

Avendo definito una velocità ascensionale d’intensità 'U ed una subsidenza dell’aria d’intensità U , si

ipotizza che:

lo strato sia inizialmente uniforme;

per la legge di conservazione della massa AUUA ''.

Fig. 31. Schema del metodo dello strato. Il flusso ascensionale (linee rosse più marcate) si sviluppa al di sopra della

superficie 'A (area in grigio) con velocità

'U (frecce rosse). Il flusso discendente (linee blu più fini) si

sviluppa sulla superficie (area in chiaro) 'AA con velocità (frecce blu)

'UU .

In un intervallo di tempo infinitesimo dt gli spostamenti di aria saranno rispettivamente 'dz e dz . Quindi,

con i valori in modulo:

A

A

dz

dz

dtdz

dtdz

U

U '

''' (40)

Allo scopo di calcolare vv TT ', riconducibile all’accelerazione delle equazioni di base della stabilità, si

considerino:

0z = livello dello strato all’istante dt ;

dzz0 = livello da cui proviene l’aria in discesa;

U’

A’

U’

A’

U A

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 86

'

0 dzz = livello da cui proviene l’aria in sollevamento;

v = gradiente dell’atmosfera a 0z ;

' e = gradienti termici dell’aria ascendente e discendente;

0vT = temperatura iniziale a livello 0z .

Al tempo dt si ha:

''

'''

''''''

)()()()(

)(

)(

00

00

dzA

AdzdzTTT

dzTdzdzTT

dzTdzdzTT

vvvvvvv

vvvvv

vvvvv

ovvero:

''

' )()( dzA

A

T

gz vv

v

(41)

da cui si ottiene il nuovo criterio di stabilità:

instabilestabilevv

A

A0)()(

''

(42)

Nel caso in cui la sezione orizzontale delle masse d’aria ascendenti sia trascurabile e quindi l’ambiente

circostante possa essere considerato indisturbato ( 0; '' AAAA ), si può quindi considerare il

metodo particellare come caso particolare del metodo dello strato.

Si analizzano ora i diversi casi possibili rappresentati graficamente nelle figure 32:

Caso n. 1) - moti verticali in un ambiente privo di nubi:

d

'

I processi termodinamici sono adiabatici secchi.

Sviluppando la (42) si ottiene:

instabilestabileA

Adv 0)(1

'

(43 a)

Qualora:

dv

' l’espressione è sempre positiva: condizioni di instabilità;

dv

' l’espressione è sempre negativa: condizioni di stabilità;

In entrambi i casi, il metodo particellare sottovaluta i processi, ovvero il vT risultante sarà minore che nel

metodo dello strato.

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 87

Tv<0

Fig. 32. Schema del metodo dello strato rappresentativo delle condizioni discusse nel testo.

Sono riportati: il livello 0z dello strato all’istante dt ; il livello dzz0 da cui proviene l’aria in discesa;

il livello '

0 dzz da cui proviene l’aria in sollevamento; il gradiente dell’atmosfera (in blu) v a 0z ;

i gradienti termici (in verde) dell’aria ascendente ' e discendente ; le temperature

0vT , vT e '

vT a 0z .

a) Caso n. 1 e 2 – Instabilità;

b) Caso n. 1 e 2 – Stabilità;

c) Caso n. 3 – Instabilità assoluta;

d) Caso n. 3 – Stabilità assoluta;

e,f,g) Caso n. 3 – Instabilità condizionale.

Caso n. 2) - moti verticali in seno alle nubi:

w

'

L’aria segue processi adiabatici saturi (pseudoadiabatici).

Sviluppando la (42) si ottiene:

instabilestabileA

Awv 0)(1

'

(43 b)

Tv>0

z0+dz

z0

z0-dz’

a)

v> , ’

Tv>0

Tv Tv0 T’v

b)

Tv<0

v< , ’

T’v Tv0 Tv

e) f) g)

z0+dz

z0

z0

z0-dz’

z0+dz

z0

z0-dz’

Tv<0

Tv0 T’v Tv

d v

w

v

Tv0 Tv T’v

v

Tv0 Tv T’v

z0+dz

z0

z0-dz’

Tv Tv0 T’v

v> > ’

Tv>0

c) d)

Tv<0

T’v Tv0 Tv

’ v< ’<

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 88

Qualora:

wv

' l’espressione è sempre positiva: condizioni di instabilità;

wv

' l’espressione è sempre negativa: condizioni di stabilità;

Anche in queste condizioni il metodo particellare sottovaluta i processi. E’ opportuno tuttavia considerare

che, affinché il moto discendente avvenga in ambiente saturo (segua un processo pseudoadiabatico), è

necessaria evaporazione di acqua.

Caso n. 3) - moti ascendenti delle nubi (processi pseudoadiabatici);

moti discendenti in atmosfera priva di nubi (processi adiabatici secchi):

L’aria che:

si solleva, segue un’adiabatica satura (moti ascendenti delle nubi) per cui w

';

scende, segue un’adiabatica umida o quasi secca (moti discendenti in ambiente privo di nubi) per la

quale d .

Le condizioni permettono quindi un sollevamento di aria satura in ambiente non saturo. Il livello di

riferimento 0z rappresenta la quota di saturazione.

In questo caso, di estremo interesse applicativo, l’espressione risultante è:

instabilestabileA

Avdwv 0)()(

'

(43 c)

Per la quale si possono distinguere le seguenti situazioni:

wdv : instabilità assoluta, indipendentemente dal valore del rapporto tra le superfici;

dwv : stabilità assoluta, indipendentemente dal valore del rapporto tra le superfici;

dvw : instabilità condizionale. La condizione (43 c) diviene quindi:

instabilestabileU

U

A

A

vd

wv

'

'

(43 d)

La stabilità, oltre che da v , dipende dall’estensione orizzontale della convezione, ovvero dal rapporto

tra colonne ascendenti e discendenti, e quindi dalle velocità verticali.

In una regione interessata da nubi convettive l’atmosfera può essere stabile se gli impulsi verticali (le

velocità ascensionali) sono di piccole dimensioni ('UU grande), o l’estensione dell’aria che si solleva

( AA') è grande, altrimenti risulterebbe instabile per impulsi più elevati.

Ciò può spiegare le forme torreggianti che assumono le nubi cumuliformi. Qualora esse incontrino uno

strato più stabile:

in presenza di impulsi deboli la nube tende ad appiattirsi e distribuirsi orizzontalmente;

in presenza di impulsi più forti, l’atmosfera diviene più instabile ed è possibile che il livello di

stabilità venga superato dinamicamente permettendo un ulteriore sviluppo verticale.

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Si può pertanto concludere che il metodo dello strato evidenzia l’effetto della subsidenza AA' nei processi

convettivi e migliora quello particellare fornendo uno strumento per l’analisi della stabilità in considerazione

di moti infinitesimi. Infatti, nel caso in cui:

il metodo particellare indichi instabilità (o stabilità) assoluta, la subsidenza rende l’instabilità (o la

stabilità) ancora più pronunciata )()( reparticellavstratov TT ;

nel caso di instabilità condizionale, il termine di subsidenza può rendere meno pronunciata l’instabilità

fino a convertirla in stabilità in ragione della convezione e del particolare valore di v .

Il limite di applicabilità del metodo è rappresentato dalla necessità di conoscere o stimare il parametro AA'

, eventualmente introducibile come “guess”.

LA TEORIA DELLE BOLLE

Il processo di formazione di una nube convettiva può essere esemplificato dall’analisi di una singola

particella di aria calda di ridotte dimensioni, definita ora come “bolla”, che si espande verticalmente

interagendo con l’ambiente circostante a partire dalle regioni di contatto (figura 33). L’aria ambiente

sovrastante si solleva raffreddandosi adiabaticamente per poi scorrere verso il basso lateralmente alla bolla.

Fig. 33. Schema ideale del processo di sviluppo di un pennacchio. In alto: l’aria vicina al suolo è più calda di quella

sovrastante (sinistra); l’aria tende a salire in una regione limitata (centro); si forma una bolla che tende a

staccarsi (destra). In basso: inizia il processo di produzione di diverse bolle (sinistra) che tenderanno ad

orientarsi in direzione del vento medio; le bolle si aggregano formando una struttura verticale coerente, il

pennacchio, inclinato in direzione del vento medio e caratterizzato da flussi ascensionali interni (updraft).

Per semplicità non sono stati presentati i flussi discendenti esterni (downdraft).

Tale bolla, nel suo processo ascensionale, tenderà a “diluire” le proprie caratteristiche termodinamiche

lasciando una sorta di scia caratterizzata da una temperatura intermedia rispetto a quella dell’ambiente

circostante.

L’espansione di tale bolla termina con il completo rimescolamento con l’ambiente, ma la regione atmosferica

interessata dalla sua risalita ha assunto una temperatura superiore che, per galleggiamento, può tendere a

sollevarsi seppure molto lentamente.

Una successiva bolla verrà a svilupparsi in un ambiente meno freddo di quello incontrato dalla precedente. Il

processo di rimescolamento sarà quindi meno efficace, permettendo alla nuova bolla di salire fino ad una

quota superiore.

Ipotizzando che l’apporto energetico (termico) della superficie terrestre mantenga efficiente la produzione di

nuove bolle, si avrà la formazione di strutture coerenti (pennacchi) che si estendono verso l’alto. Poiché tale

Aria più fredda

Aria più calda

Fronte del pennacchio

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 90

processo in genere non è isolato, condizioni analoghe si verificano nelle vicinanze di ciascuna struttura

finora considerata. I singoli pennacchi avranno pertanto la possibilità di unirsi formando processi più

significativi (dimensionalmente e fisicamente) che, qualora le condizioni termodinamiche lo consentano,

potranno svilupparsi in strutture coerenti che superando lo strato superficiale interessano l’intero strato

mescolato (termiche).

Qualora l’alimentazione termica dal basso e l’azione meccanica orizzontale del vento lo permettano, nel

corso della giornata possono determinarsi strutture relativamente ampie e continue conseguenti

all’aggregazione di bolle contigue. Con la quota esse tendono a diffondersi creando configurazioni coerenti

di maggiori dimensioni ( m310 ), le termiche che, in ragione delle condizioni termodinamiche

dell’atmosfera, potranno ulteriormente svilupparsi in nubi convettive di tipo cumuliforme.

IL TRASCINAMENTO (ENTRAINMENT)

La teoria delle bolle, precedentemente illustrata, interessa i processi termoconvettivi a partire dagli strati più

prossimi al suolo ed è caratterizzata dalla considerazione che una bolla debba necessariamente interagire con

la porzione di ambiente a lei circostante. In tal caso la curva di stato viene a modificarsi in funzione del

rimescolamento convettivo associato al trascinamento (o incorporamento, entrainment) di aria all’interno

delle strutture in via di sviluppo e del fenomeno opposto (detrainment) con aria persa verso l’ambiente

esterno.

Nei metodi esaminati per la determinazione della stabilità atmosferica è stata sempre ipotizzata l’assenza di

mescolamento tra la struttura ascendente (particella, strato) e l’ambiente circostante. L’analisi dei processi

reali evidenzia tuttavia il fenomeno dell’incorporamento di aria esterna - in genere più fredda e secca -

all’interno della bolla, con particolare riferimento alle strutture già sviluppate quali le nubi. Ciò determina

un’interazione tra le due masse d’aria e la conseguente modifica delle caratteristiche termodinamiche del

processo, cioè del profilo verticale della temperatura, del contenuto di vapore e di acqua liquida all’interno

della nube.

L’assenza di mescolamento tra la particella e l’ambiente circostante è quell’ipotesi che, nel caso particellare,

rappresenta la principale sorgente di errore per l’analisi dell’instabilità condizionale. Ignorando il

mescolamento turbolento, in genere molto attivo, si ottengono valori eccessivi per il gradiente termico tra

particella ed ambiente, per l’energia cinetica acquisita da una particella satura e per il suo contenuto di acqua

liquida.

Il rapporto di trascinamento è un parametro altamente variabile e difficile da stimare che dipende da

molteplici fattori dei quali i principali sono:

il livello di sviluppo della nube;

le dimensioni della massa d’aria ascendente;

l’intensità della convezione, ovvero delle velocità verticali.

Per uno strato di hPa100 gli effetti del trascinamento possono essere dell’ordine del 20%.

Con una semplice procedura grafica è possibile mostrare gli effetti dell’incorporamento di aria sui parametri

convettivi. Si supponga di suddividere il processo ascensionale in un numero di passi successivi, ciascuno

costituito dai tre seguenti processi termodinamici:

1. sollevamento adiabatico saturo di una massa d’aria. Il processo avviene senza mescolamento con

l’ambiente esterno, si applica pertanto il metodo particellare;

2. mescolamento isobarico della particella atmosferica con una determinata porzione di aria circostante;

3. evaporazione dell’acqua liquida finchè:

la fase gassosa divenga nuovamente satura (evaporazione adiabatica isobarica);

l’acqua sia evaporata completamente (processo non necessario nel caso in cui la particella non sia

satura prima o dopo il mescolamento).

Ripetendo tale procedura per tutti i successivi passi, qualora fosse possibile stimare la quota d’aria esterna

incorporata in ciascuno di essi, si otterrebbe una curva maggiormente rappresentativa delle proprietà della

particella in moto ascensionale.

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 91

S E C B A p1

a)

S’

E’ B’ A’ D p2

C’

In figura 34 è rappresentato un singolo passo del processo in cui si ipotizza per semplicità di incorporare il

50% di aria esterna senza alcuna perdita di aria interna.

Fig. 34. Rappresentazione schematica del trascinamento.

a) metodo grafico relativo ad un singolo strato. Sono mostrate: la porzione del diagramma di stato (EE’ - segmento

rosso continuo); la risultante del modello (CC’ – segmento blu continuo); le due adiabatiche secche (BS e B’S’ –

segmenti punteggiati in violetto); le tre adiabatiche sature (AD, CA’ e quella che si sviluppa da C’ – curve

tratteggiate in verde);

b) confronto tra il diagramma di stato iniziale (in rosso continuo) ed il diagramma risultante dal modello del

trascinamento (in blu continuo).

Dall’analisi di tale figura si evince che:

EE’ è la curva di stato dell’ambiente tra le temperature ET e 'ET ;

se l’espansione adiabatica satura senza mescolamento (processo 1. che ha permesso all’aria di

raggiungere il punto A, non mostrato per semplicità), continuasse in assenza di mescolamento,

seguirebbe la curva AD tra le temperature AT e DT ;

a livello p1, tuttavia, ha luogo un mescolamento isobarico (processo 2.) per il quale, in ragione del

mescolamento delle due masse di aria secondo le proporzioni date, la BT rappresenta la media pesata tra

ET e AT . Nell’ipotesi di trascinamento di una quota pari al 50%, il segmento BA risulterà essere quindi

31 di EA;

il processo 3. può essere ben approssimato dalla trasformazione in cui si definisce la pwT : un’espansione

adiabatica secca fino alla saturazione S (con temperature ST ) ed una discesa lungo l’adiabatica satura

fino al punto C (che rappresenta la particella a livello p1 con temperatura di bulbo bagnato wCT );

il successivo passo (attraverso il processo 1., espansione adiabatica satura) porterà la particella nel punto

A’ (livello 2p e temperatura 'AT ) dove si svilupperanno i conseguenti processi 2. e 3. rappresentati dai

punti B’ e C’ (temperature 'BT e 'wCT );

il segmento CC’ rappresenta la traiettoria finale della particella tra i livelli 1p e 2p con temperature di

bulbo bagnato wCT e 'wCT .

Ripetendo la procedura, si ottengono nuovi segmenti che permetteranno la costruzione del profilo termico

verticale della nube a partire dal livello di condensazione convettiva.

Analizzando la figura 34, è chiaro che la temperatura della nube varia più rapidamente di quella che si

avrebbe in un processo adiabatico saturo. Infatti il gradiente verticale (segmento CC’) risulterà sempre più

inclinato del gradiente adiabatico saturo (curva CA’).

CCL

p0

p1

p2

b)

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Pertanto l’effetto del trascinamento modifica sostanzialmente il profilo termico verticale ed il contenuto di

acqua in seno alla nube. Qualora l’aria dell’ambiente circostante sia molto secca possono non concretizzarsi

le condizioni per lo sviluppo di una nube cumuliforme, anche imponente, prevedibili a partire dal diagramma

di stato. In pratica, tale fenomeno comporta un incremento della sezione orizzontale della nube a scapito di

quella verticale ed una diminuzione del contenuto di acqua. Di conseguenza il profilo termico verticale della

nube tenderà ad essere più simile a quello dell’aria circostante.

Da quanto è stato presentato finora, risulta evidente l’impossibilità di ottenere dei valori realistici che

permettano di analizzare dettagliatamente il processo e quindi la necessità di sviluppare adeguati modelli

fisico-matematici.

Tra questi è possibile citare la stima di uno dei parametri caratteristici dell’entrainment, il tasso di

mescolamento tra la massa di aria interna m e quella incorporata dall’esterno dm , relativa allo strato

interessato dal sollevamento dz . Definendo tale grandezza come:

e

edz

dm

m

11

si evince che, dimensionalmente, essa rappresenta l’inverso di un’altezza di scala, confrontabile con le

dimensioni orizzontali R della massa d’aria risorgente. Valori di laboratorio hanno mostrato che per un

processo ascensionale caratterizzato da:

pennacchi: )(3

5pennacchioe R ;

nube: )(5 nubee R .

E’ possibile citare inoltre un secondo modello sviluppato per stimare le velocità verticali. In particolare la

velocità di entrainment è direttamente proporzionale alla velocità verticale turbolenta, secondo l’inverso del

numero di Richardson, parametro che sarà approfondito nel seguito:

*

1*

Riwwe

Esempi di trascinamento nelle nubi

Sebbene il trascinamento laterale potrebbe essere il meccanismo dominante del mescolamento all’interno

delle termiche non sature, tale fenomeno sembra giocare un ruolo minore per molte delle nubi cumuliformi

studiate, in quanto predomina l’entrainment verticale, principalmente attraverso la sommità della nube.

In questo processo, l’aria incorporata alla sommità della nube mescola le proprie caratteristiche

termodinamiche con una frazione di aria già presente nella nube. La soluzione tende a raffreddarsi

ulteriormente (cessione di calore latente) a causa dell’evaporazione di una quota parte delle goccioline. In tal

modo, per ciascun livello, l’attività ascensionale viene ostacolata e ridotta dalla forza di galleggiamento

negativo determinando lo sviluppo incoerente delle masse d’aria e la formazione di protuberanze isolate.

L’energia disponibile per i processi convettivi diminuisce fino a generare moti verticali discendenti. In

estrema sintesi, lo sviluppo a cupola di una singola protuberanza, indica un limite all’attività convettiva, cioè

al galleggiamento.

Come conseguenza del processo di trascinamento, il riscaldamento e la deumidificazione dello strato

mescolato determinano la tendenza al sollevamento della base della nube ed alla frammentazione e

dissoluzione della sua sommità.

Volendo presentare l’azione del trascinamento in una nube di tipo stratiforme, è possibile schematizzare il

fenomeno attraverso l’incorporamento di aria calda e sufficientemente secca alla sommità di uno

stratocumulo. Ciò determina un processo di evaporazione e quindi un moto discendente, in quanto il basso

contenuto di umidità contribuisce ad un considerevole incremento del raffreddamento per evaporazione delle

goccioline di nube circostanti. In tal modo si viene a creare una corrente discendente, legata ad un

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 93

galleggiamento negativo e quindi un incremento dell’instabilità tipica dei fenomeni del mescolamento e

dell’entrainment. Qualora si presentino le condizioni termodinamiche idonee alla formazione di un processo

a catena, la quantità di aria incorporata crescerebbe continuamente, favorendo l’aumento dell’evaporazione e

quindi della dissoluzione della nube.

Nel caso di formazioni cumuliformi, nelle quali il processo di saturazione raggiunge il massimo sviluppo, il

principale meccanismo di mescolamento, attribuibile al trascinamento verticale, avviene alla sommità delle

nubi. Il processo risulta essere analogo a quello già descritto nel caso degli stratocumuli. Una prima

indicazione di ciò emerge dalla constatazione che la distribuzione verticale della dimensione delle particelle

di acqua contenute nelle nubi è abbastanza omogenea con la quota. Qualora fosse presente trascinamento

orizzontale, la distribuzione verticale mostrerebbe diversi massimi d’intensità in corrispondenza delle zone in

cui si verifica il fenomeno. Analizzando un profilo verticale relativo alla regione interna alla nube rispetto a

quello dell’ambiente circostante, è possibile notare come i dati osservati siano in genere disposti secondo un

andamento di tipo lineare, indicativo di un processo di mescolamento in cui, strato per strato, vengono

interessate miscele di aria di proporzione crescente con la quota. Andamento che risulta essere intermedio tra

quello di un processo adiabatico saturo e quello ambiente.

Nelle nubi cumuliformi, l’interazione con l’ambiente esterno, laterale o verticale, determina un elevato

gradiente orizzontale delle principali grandezze termodinamiche. I massimi delle velocità verticali, della

temperatura e del contenuto di vapore saranno sempre concentrati nella regione centrale della nube.

Quest’ultima, adeguatamente alimentata, raggiungerà attraverso uno sviluppo colonnare le regioni più

elevate della troposfera assumendo le caratteristiche tipiche di un cumulo congesto ed eventualmente

sviluppando la forma ad incudine in corrispondenza della tropopausa.

INSTABILITA’ POTENZIALE O CONVETTIVA

E’ importante studiare i moti verticali di uno strato atmosferico abbastanza esteso come quello che si ha nel

caso di sollevamento forzato su di un ostacolo orografico o su di una superficie frontale.

Caso di uno strato inizialmente non saturo che rimane tale.

Si consideri uno strato z che si solleva acquisendo un nuovo spessore 'z . Inizialmente lo strato è

caratterizzato da una pressione p ed area A ; al termine del processo si trova al livello pp ' con un’area

AA' (figura 35).

Nell’ipotesi di sollevamento adiabatico, le temperature virtuali della base e della sommità dello strato

rimangono costanti, così come la loro variazione v .

Per la conservazione della massa totale dello strato si ha che:

v

v

TAp

TAp

A

A

z

z

zAzA

''

'

''

'

'''

Figura 35.

Instabilità potenziale. Caso di uno strato non

saturo che, sollevandosi, rimane tale.

C’

z’ ( p)

B’

v v+ v

C

z ( p)

B

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 94

Poiché:

z

const

v

v

1

si ottiene che:

v

vvvv

TAp

TAp

zz

z

zz ''

'

'

'

' (44)

Dividendo per g , introducendo la (23) e risolvendo per v , si ha:

Ap

Ap

Ap

Apvdvvddv

''''' 1)()( (45)

Nel caso in cui:

dv , vdv

': lo strato è neutro ed il sollevamento avviene lungo l’adiabatica secca;

dv : il gradiente verticale cresce e lo strato diviene meno stabile. Ciò a causa della riduzione della

sezione orizzontale ( 1' AA ), legata al restringimento della colonna ed alla convergenza orizzontale,

sia per il moto ascensionale ( 1' pp ).

Nell’ipotesi opposta di subsidenza e divergenza orizzontale si avrà ovviamente una tendenza alla

stabilizzazione dello strato;

dv : caso irrealistico in atmosfera corrispondente ad instabilità assoluta.

Dalla (45) si ha che per valori di pApA':

crescenti il segno del gradiente può cambiare determinando più o meno pronunciate inversioni ( 0'

v );

decrescenti (e tendenti a zero), dv

'.

Questi casi avvengono in situazioni a grande scala di tipo:

anticiclonico, dove la subsidenza fa sorgere frequentemente inversioni;

ciclonico, in cui la convergenza può determinare gradienti quasi adiabatici.

Parte dello strato si satura nel sollevamento

L’analisi verrà svolta qualitativamente su di un diagramma attraverso le ipotesi relative al profilo verticale di

temperatura potenziale. Nel caso in cui:

0z

w

lo strato è più umido alla base che non alla sommità. Pertanto, nel processo ascensionale, la saturazione

avverrà inizialmente alla base dello strato, che seguirà un’adiabatica satura, mentre la sommità

continuerà un processo adiabatico secco.

E’ facile comprendere dalla figura 36 a) che, a causa della diversa pendenza delle due curve, il

sollevamento rende lo strato potenzialmente instabile. In atmosfera ciò produrrebbe nubi cumuliformi

con possibilità di precipitazioni convettive.

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 95

Fig. 36. Rappresentazione schematica di uno strato che si satura nel sollevamento.

a) strato potenzialmente instabile; b) strato potenzialmente stabile.

0z

w

lo strato è più umido alla sommità dove, nel processo ascensionale, avverrà dapprima la saturazione. La

figura 36 b) mostra come, a causa della diversa pendenza delle due curve, il sollevamento renda lo strato

potenzialmente stabile con produzione di nubi stratiformi.

0z

w

lo strato è potenzialmente neutro.

C’

p B’ rB rC C

BS p

B

C’ rC

p rB B‘

CS

C

p

B

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 96

Riassunto della stabilità verticale

A) Condizioni di stabilità locale

Metodo particellare:

0

0

'

saturonond

wsaturow

vv

Metodo dello strato:

instabilestabilevv

A

A)()(

''

Se:

assolutastabilità

Btacondizionaàinstabilit

assolutaàinstabilit

wv

wvd

dv

)

B) Spostamenti verticali finiti: instabilità latente

stabileA

ntepseudolateAA

latenterealeAA

0

C) Spostamenti verticali dello strato: instabilità potenziale o convettiva

Caso non saturo:

zionestabilizzalateraledivergenzaA

A

zionestabilizzasubsidenzap

p

zazionedestabilizlateraleaconvergenzA

A

zazionedestabiliztosollevamenp

p

1

1

1

1

'

'

'

'

Caso saturo:

instabilestabile

entepotenzialmw 0

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 97

Analisi della stabilità per moti verticali atmosferici

Allo scopo di esaminare, anche se in modo schematico, i processi verticali dell’atmosfera è necessario

analizzare il grado di conservazione della stabilità dell’aria.

Ciò è possibile a partire dal parametro ),( tp in funzione di tipiche configurazioni dei moti verticali.

La prima espressione che viene mostrata, rappresenta la variazione della stabilità lungo il moto in condizioni

quasi adiabatiche:

td

dp

ppdt

dp

yv

xu

tdt

d

ppp

(46)

La seconda espressione, derivata dalla legge di conservazione della massa, rappresenta l’equazione di

continuità in coordinate isobariche che stabilisce l’assenza di scambio di massa tra superfici isobariche:

isobaricadivergenzaisobaricaaconvergenzy

v

x

u

td

dp

ppp

0 (47)

Il termine a destra rappresenta quindi una condizione di riduzione o di accumulo di massa esprimendo la

velocità di variazione della massa attraverso moti quasi orizzontali. Quello a sinistra è l’effetto dei moti

attraverso le superfici isobariche sulle variazioni di massa di uno strato.

Dalle (46) e (47) si ottiene:

isobaricadivergenzaisobaricaaconvergenzy

v

x

u

pd

d

pp

0ln

(48)

Le principali conseguenze del rilascio della stabilità sono in genere associate ai soli processi di

condensazione, quali le nubi convettive.

Qualora si debba estendere la trattazione a masse di aria satura dovranno essere modificate le relazioni

impiegate, inserendo per esempio il rilascio di calore latente, e l’analisi sarà sviluppata attraverso concetti

dinamici e termodinamici.

E’ ora possibile estendere le precedenti considerazioni sulla divergenza e convergenza integrando

l’equazione di continuità dal livello del suolo 0p ad un livello qualsiasi p :

0p

p p

dpy

v

x

u

td

pd (49)

Specificando che in tre dimensioni:

wgwgy

pv

x

pu

t

p

z

pw

y

pv

x

pu

t

p

td

pd (50)

si ottiene che, a livello del suolo, per:

00td

pdpp .

Dalle (48), (49) e (50) discende che:

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 98

divergenzaaconvergenz

dpy

v

x

u

td

pdwg

p

p p

00

(51)

Quindi, in uno strato di divergenza alla e sulla superficie, valori positivi corrispondono a velocità verticali

negative (subsidenza). Viceversa, in uno strato di convergenza si hanno moti ascensionali con 0w .

E’ ormai noto che la troposfera è caratterizzata da moti verticali e presenta in genere un livello di divergenza

nulla (LDN) nelle sue regioni intermedie. In particolare sono presenti moti:

subsidenti, con convergenza al di sopra e divergenza al di sotto del LDN;

ascensionali aventi convergenza al di sotto e divergenza al di sopra del LDN.

Riprendendo i concetti di stabilità precedentemente sviluppati è possibile inoltre affermare che, nel caso di:

debole stabilità (piccoli valori di d ) gli effetti di convergenza e divergenza saranno comunque

deboli;

elevata stabilità (grandi valori di d ) gli effetti saranno invece più importanti.

E’ opportuno approfondire ora l’analisi dei processi verticali in relazione a condizioni sinottiche legate a

passaggi di fronti.

In tale discussione verranno trascurati eventuali processi avvettivi orizzontali.

Si consideri dapprima una condizione ascensionale associata a divergenza isobarica nell’alta troposfera e

convergenza nelle regioni inferiori. E’ possibile verificare che:

in alto:

00,0ttd

pd

p (incremento di stabilità);

in basso:

00,0ttd

pd

p (riduzione della stabilità).

Si consideri poi una condizione di subsidenza, tipicamente riscontrabile in configurazioni sinottiche di alta

pressione, dove si ha che:

in alto:

00,0ttd

pd

p (riduzione della stabilità);

in basso:

00,0ttd

pd

p (incremento della stabilità).

In figura 37 sono rappresentate le variazioni di stabilità associate a tali condizioni.

In particolare è possibile individuare, sia in fig. 37 a) che in fig. 37 b), una debole discontinuità nel profilo

verticale finale.

L’esame poco approfondito di un diagramma termodinamico potrebbe provocare interpretazioni erronee

dello stato atmosferico in quanto:

il passaggio di un debole fronte freddo presenta in genere una discontinuità di tipo frontale che potrebbe

essere confusa con quella legata ai moti ascensionali di figura 37 a);

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 99

il passaggio di un fronte caldo caratterizzato da una discontinuità associata ad una inversione, potrebbe

essere invece confuso con l’inversione legata ai moti subsidenti di figura 37 b).

L’analisi completa dei parametri termodinamici e della configurazione sinottica aiuta a risolvere eventuali

ambiguità legate alla visione parziale delle curve di stato.

Fig. 37. Rappresentazione schematica delle variazioni di stabilità in un diagramma termodinamico.

a) processo ascensionale con convergenza nella bassa troposfera e divergenza in quota;

b) subsidenza con convergenza in quota e divergenza nella bassa troposfera.

Lo stato iniziale è dato dalle curve continue, quello finale dalle curve tratteggiate.

Le frecce tratteggiate rosse indicano la direzione e l’intensità della variazione di stabilità.

La classificazione di Pasquill

Le osservazioni dei profili verticali delle principali grandezze meteorologiche utili per l’analisi della stabilità

atmosferica, con particolare riferimento agli strati del PBL non sono disponibili con la frequenza spazio-

temporale idonea alle esigenze operative.

Allo scopo di risolvere questo problema è stato spesso utilizzato il metodo di analisi della stabilità alla

Pasquill, che nel 1961 sviluppò uno studio basato su sei classi di instabilità, perfezionato da Turner che ne

elaborò sette, in funzione dei tre principali osservabili atmosferici che la influenzano: l’insolazione, la

copertura nuvolosa (notturna) ed il vento.

Chiaramente il metodo di Pasquill dipende dal luogo di osservazione.

L’applicazione operativa richiede una propedeutica campagna di osservazione diretta e di verifica della bontà

ed eventualmente di adeguamento delle classi. Effettuato ciò si può considerare di aver costruito un

“prontuario climatologico locale” immediatamente impiegabile in ragione dei parametri osservati al suolo.

Le tabelle successive illustrano completamente la classificazione alla Pasquill ed un operatore è in grado di

stabilire empiricamente il grado di stabilità atmosferico:

Categoria Condizioni Gradiente atmosferico ( °C / 100m)

A Instabilità elevata Superadiabatico: > 1,9

B Instabilità moderata 1,7 1,9

C Instabilità debole 1,5 1,7

D Neutralità Adiabatico: 0,5 1,5

E Stabilità debole Sottoadiabatico: -1,5 0,5

F Stabilità -4,0 -1,5

G Stabilità elevata < -4,0

dp/dt = 0

dp/dt < 0

dp/dt << 0

dp/dt < 0

dp/dt = 0

a) b)

dp/dt = 0

dp/dt > 0 dp/dt >> 0

dp/dt > 0

dp/dt = 0

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F. Travaglioni - Appunti di Stabilità verticale 100

Velocità del

vento

(nodi)

Indice N

3 2 1 0 -1 -2

Insolazione (ly/min)

Coperto Notte Forte

(1)

Moderata

(0,5 1)

Debole

(0,5)

0 1 A A B D F G

2 3 A B B D F F

4 5 A B C D E F

6 7 B B C D E E

8 9 B C C D D E

10 12 C C D D D D

13 C D D D D D

In mancanza di misure dirette della radiazione solare, è necessario calcolare l’indice N della precedente

tabella in base al tipo ed all’altezza delle nubi ed in funzione dell’altezza del sole sull’orizzonte. La

successiva tabella completa lo schema.

Altezza del

sole ( °)

Indice N

Nubi basse (ottavi) Nubi medie (ottavi) Nubi alte (ottavi)

0 3 4 5 7 8 0 3 4 5 7 8 0 3 4 5 7 8

< 10 -2 -1 -1 0 -2 -1 -1 0 -2 -1 -1 0

10 20 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

20 35 1 1 0 0 1 1 0 0 1 1 1 0

35 55 2 2 0 0 2 2 1 0 2 2 2 1

> 55 3 3 1 0 3 3 2 0 3 3 3 2

In particolare, l’altezza del sole sull’orizzonte viene ottenuta applicando l’espressione:

)12(12

coscoscossinsinsin t

in cui:

= altezza del sole sull’orizzonte;

= latitudine della località;

)82(365

2sin23 g = declinazione solare;

t = ora locale;

g = giorno giuliano.