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Jakob Lorber
1851-1864
IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI
Volume 2
La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione
Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium”
Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber
Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Copyright © by Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber e.V., D-74321
Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982
Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber
Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione Via Vittorio Veneto, 167,
24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)
www.jakoblorber.it
www.gesu-lanuovarivelazione.com
Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo
1 Braccio = 77,8 cm 1 Libbra = 560 g 1 Linea = 2,2 mm 1 Pertica = 3,8 m 1 Spanna = 20 cm
VAI ALL’INDICE
http://www.jakoblorber.it/http://www.gesu-lanuovarivelazione.com/
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SOGGIORNO DI GESÙ E DEI SUOI A CHIS E A NAZARET
(Matt.13)
Cap. 1
Sulla punizione dei criminali
1. A sera già avanzata arrivano i tesori tratti fuori dalla caverna di Kisjonah, consistenti in oro, argento ed
in una grande quantità di pietre preziose di grandissimo valore, parte in stato grezzo e parte già lavorate: ci
sono circa 3 libbre di diamanti lavorati e 3 libbre ancora grezze, poi altrettanto in peso delle due qualità di
rubini, nelle stesse proporzioni un’uguale quantità di smeraldi, giacinti, zaffiri, topazi ed ametiste, ed infine
circa 4 libbre di bellissime perle grosse come un pisello. C’erano più di 20.000 libbre di oro e 5 volte tanto
d’argento.
2. Quando Fausto ebbe ispezionato queste enormi ricchezze, rimase strabiliato ed esclamò: «O Signore!
Io, come figlio di uno dei ricchi patrizi di Roma, ho avuto pure occasione di vedere dei tesori di questa
Terra, ma una cosa simile non è mai capitata sott’occhio! Questo sorpassa tutto quanto si legge dei Faraoni e
di Creso, il quale, secondo la leggenda, era tanto ricco che quasi non sapeva cosa fare dei suoi tesori e infine
si sarebbe sul serio costruito un palazzo tutto d’oro se il suo vincitore non gli avesse sottratto il troppo oro
che aveva.
3. Ma adesso, o Signore, Tu, cui niente può rimanere nascosto, dì a me, povero peccatore, come si spiega
che questi dodici servitori di Satana siano venuti in possesso di tanta enorme ricchezza? È da escludere che
ciò sia accaduto in modo anche solo relativamente onesto e nemmeno in un tempo troppo breve! Com’è
dunque stata possibile una simile cosa?»
4. Io gli dico: «Amico, ormai non dartene pensiero più di tanto! Non vale affatto la pena di sprecare altre
parole a causa di questi escrementi di Satana. Di una cosa posso assicurarti: che cioè fra tutti questi tesori
non c’è uno statere di onesta provenienza e se si volesse illustrare punto per punto come e con quali
svariatissime abominevoli mascalzonate questa razza di serpenti e di vipere abbia carpito ed accumulato
tanta ricchezza, si andrebbe molto ma molto per le lunghe.
5. Spero che tu stesso non avrai altri dubbi sul fatto che qui si tratta di birbanti della specie più astuta; che
però essi siano sotto certi aspetti ancora qualche cosa di più dei soliti birbanti, questo non occorre che altri lo
sappiano.
Secondo le leggi di Roma, essi hanno meritato già dieci volte la morte soltanto per la rapina perpetrata a
danno della carovana imperiale delle imposte e quest’altra rapina, di cui abbiamo la prova in questo enorme
tesoro che ci sta davanti agli occhi, non è affatto meno abominevole, per quanto non concerna così
direttamente gli interessi dell’amministrazione imperiale.
6. Dunque, anche se tu sapessi tutto, non potresti ucciderli più di una volta. Tu puoi bensì rendere loro la
morte più dolorosa, ma a quale scopo? Se il martirio è del tipo più doloroso, per usare un termine del vostro
linguaggio giuridico, esso risulta immediatamente mortale, se invece è più lieve, ma in compenso di maggior
durata, allora esso causa al condannato una sensazione non molto più forte di quanto ne causerebbe a te una
mosca noiosa, poiché l’anima, in questo caso, per quanto anche materiale, terrorizzata oltre ogni dire dalla
certezza dell’imminente morte del proprio corpo, si raccoglie e si ritira immediatamente nei suoi più
reconditi recessi e comincia di propria volontà a sciogliersi dal corpo nel quale non è più possibile rimanere,
e il corpo, in simili occasioni, diventa completamente insensibile. In tali condizioni puoi tormentare un
corpo quanto vuoi, ma esso non sentirà che un minimo dolore o non lo sentirà affatto. D’altro canto, come
detto, se tu sottoponi un corpo improvvisamente ad un tormento atroce, l’anima non potrà sopportarlo a
lungo e se ne libererà, separandosi con un violento e istantaneo strappo dal corpo. Ora un corpo
completamente inanimato puoi farlo bollire o bruciare, ma esso non proverà più gli effetti della tua
punizione.
7. Io, di conseguenza, non sono a favore della pena di morte, perché essa non ha nessuna importanza per
l’ucciso né meno ancora torna a decoro e a vantaggio del concetto di giustizia per il seguente motivo: “Se tu
ne uccidi solo uno, mille ti giureranno vendetta!”. Però, riconoscendo le necessità dell’Ordine divino, Io
sono assolutamente d’accordo che con un malfattore si debba fare uso giusto ed energico della sferza e che
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non si lasci riposare questa fino a che non sia subentrato un generale miglioramento! La flagellazione usata
secondo giustizia ed a tempo debito, è migliore del denaro e dell’oro puro, poiché in tal modo l’anima viene
sempre più liberata dagli elementi materiali che vi si sono infiltrati e termina infine con il rivolgersi al
proprio spirito. Quando la flagellazione ha conseguito ciò, ha già salvato l’anima dalla perdizione e di
conseguenza tutto l’uomo dalla morte eterna.
8. E perciò ciascun giudice nell’Ordine di Dio non deve punire neanche il peggiore dei delinquenti con la
pena di morte che non serve a nulla, ma con la pena della flagellazione applicata secondo la gravità richiesta
dal misfatto. Se egli fa così, è un giudice degli uomini per il Cielo; ma se non fa così, allora è un giudice per
l’inferno e non potrà mai aspettarsi da Dio alcuna ricompensa, bensì per il regno per il quale egli ha
giudicato gli uomini, dallo stesso regno egli deve ricevere anche la ricompensa! Ed ora tu ne sai abbastanza;
non hai bisogno d’altro che di far mettere sotto custodia questi tesori. Domani arriveranno anche gli altri da
Corazin, dopo non resterà che procedere alla spartizione ed alla spedizione di tutta questa immondizia del
demonio. Ma adesso rechiamoci nella grande sala dove la cena ci attende già! In verità Io sono già stanco di
tutta questa storia, tanto più che il Mio tempo Mi sospinge a Nazaret»
9. Dice Fausto: «Signore! Vedo anche troppo bene che questa storia talmente ignominiosa debba
ripugnarTi a dismisura, ma come si può mettervi riparo una volta che si è presentata così? Ed io vorrei
inoltre pregarTi, o Signore e mio più grande e migliore amico, di non partire da qui prima di me, poiché,
senza di Te, in primo luogo, non posso fare niente e, in secondo luogo, nonostante io abbia con me la mia
carissima moglie, senza di Te morirei qui dalla noia! Perciò Ti prego nuovamente di non lasciare questo
luogo fino a quando io non abbia visto la fine di questa fastidiosissima faccenda! Con il Tuo aiuto spero di
avere sistemato tutte le cose entro domani a mezzogiorno.
10. Dico Io: «Ebbene sia! Però Io non voglio più vedere né sentir niente, tanto dei tesori quanto degli
undici farisei, perché ciò Mi ripugna più di qualsiasi putredine»
11. E Fausto risponde: «Avrò cura che venga fatto come Tu desideri».
[indice]
Cap. 2
Giuda Iscariota, ladro dell’oro
1. Dopo di ciò entriamo nella stanza, precisamente nella sala da pranzo, dove ci attende una ricca cena.
Ma abbiamo a mala pena terminato di mangiare che ecco comparire Giuda Iscariota, scortato da due
servitori della casa, che riferiscono al giudice superiore che questo discepolo, od altro che sia, ha tentato di
rubare due libbre d’oro, ma essi lo hanno colto sul fatto e, toltogli l’oro, lo hanno condotto da lui per
rispondere della sua mala azione.
2. E Giuda, vergognandosi tremendamente, dice: «Non era neppure lontanamente mia intenzione
appropriarmi dell’oro, ma ho voluto semplicemente convincermi, prendendo in mano le due verghette, che
esse fossero davvero tanto pesanti quanto si assicura, ma questi due pazzi qui mi si sono lanciati addosso e
mi hanno trascinato fin qui come un volgarissimo ladro! Io ti prego, o Fausto, che mi venga tolta questa
macchia che io non merito affatto!»
3. Risponde Fausto, e dice ai due servitori: «Per questa volta, sia! È un discepolo del Signore e voglio
risparmiargliene le conseguenze».
(Rivolto poi a Giuda) «Tu però per il futuro, a meno che tu non divenga un addetto alle stime imperiali,
guardati dal toccare verghe d’oro, specialmente durante la notte, altrimenti andresti inevitabilmente incontro
alla condanna comminata per il tentato furto! Hai compreso quello che ti ha detto Fausto, il giudice
superiore?»
4. Dice Giuda, ancor più rosso dalla vergogna: «Signore, ti assicuro che non c’è stata la benché minima
traccia di un tentato furto, ma si è trattato invece soltanto di una curiosità, sia pure alquanto inopportuna, che
mi ha spinto a provare il peso di quelle verghe»
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5. Dico Io: «Vattene e cercati un giaciglio! Infatti a quel male, al quale tutti i ladri soccombono per mano
di Satana, soccomberai fra non molto anche tu, perché eri, sei e resterai un ladro! Finché il rigore della legge
ti trattiene, tu non sei un ladro nell’azione propriamente detta, ma nel tuo cuore lo sei già da molto tempo!
Se Io abrogassi oggi tutte le leggi, tu saresti il primo a mettere le mani sui tesori che sono qui custoditi,
perché ogni sentimento di diritto e d’equità è ben lontano dal tuo cuore. Peccato che sotto la tua testa non
batta un cuore migliore! Va’ ora a dormire e vedi di essere domani più sincero di oggi!»
6. Dopo questo rimprovero Giuda, vergognandosi molto, si ritira e va a coricarsi, ma per due ore non può
prendere sonno, perché va arrovellandosi il cervello studiando il modo per poter sfuggire alla predizione da
Me fatta, ma il suo cuore non può additargli nessuna via d’uscita, tormentato com’è dalla sete prepotente
dell’oro; alla fine egli si addormenta. Noi pure andiamo a riposarci, essendo affaticati dal lavoro delle due
notti precedenti, però il mattino non si fa attendere a lungo.
7. Fausto era appunto in procinto di voltarsi per fare un’ultima dormitina, quando fu annunciato l’arrivo
dei conducenti della carovana con i tesori di Corazin. Egli viene svegliato e deve, per ragioni d’ufficio,
uscire subito fuori per ispezionare i tesori, per farli stimare e per prenderli in consegna. Anche noi frattanto
ci siamo alzati tutti e la comitiva si raduna nella grande sala dove, già pronta su molte mense, ci aspetta la
colazione che consiste in pesce fresco, allestito benissimo. Fausto, quasi già stanco dal lavoro fatto, si
affretta a raggiungerci abbracciato alla sua giovane sposa e prende posto vicino a Me.
8. Appena terminata la colazione, rallegrata da un buon bicchiere di vino, Fausto Mi racconta che quella
mattina il suo lavoro, che in condizioni normali avrebbe richiesto un paio di settimane di diligenti cure, è
ormai sbrigato e tutto è già partito per il rispettivo luogo di destinazione. Tutti i documenti erano già in
pieno ordine e pronti sul tavolo nella grande stanza dell’ufficio e così pure le relative lettere legali
accompagnatorie. Il tesoro ritrovato nella caverna di Kisjonah era stato ripartito e il tutto corredato da
documenti per i luoghi di destinazione, lo stesso si dica dei denari delle imposte e del grosso tesoro del
Tempio ritrovato a Corazin e così tutto era partito in buon ordine, nella grande stanza d’ufficio non era
rimasta che una quantità considerevole di attrezzi ed utensili da falegname, dei quali non s’era trovato
ancora il proprietario»
9. Allora Io dissi: «Là in fondo, all’estremità della tavola, vicino alla madre Maria, siedono due dei figli
di Giuseppe e precisamente Giosoe e Gioele; essi ne sono i proprietari! Tutte queste cose sono state loro
sequestrate assieme alla casetta di Nazaret e bisogna che vengano loro restituite!»
10. Dice Fausto: «Signore! E anche la casa, ben s’intende! Te lo posso garantire! O Signore ed amico,
quante noie e dispiaceri mi hanno già procurato questi loschi figuri! Una sciocca legge li ha finora
spalleggiati e con tutta la migliore buona volontà non si è potuto incastrarli da un qualche loro lato debole.
Davanti ai miei occhi essi hanno perpetrato le più orrende ingiustizie e, benché dotati di tutto il potere, non
si poté far loro nulla. Questa volta però pare che Satana non li abbia assistiti ed io ho nelle mie mani un tale
rapporto sul conto loro da farli tremare come una foglia che viene percossa dall’uragano! Il rapporto al
governatore superiore Cirenio è un capolavoro e lo si trasmetterà immediatamente vidimato a Roma,
unitamente ai denari delle imposte. Da Tiro, Sidone e Cesarea una buona nave imperiale, munita di forti vele
e timone, con ventiquattro rematori e con un discreto vento, può raggiungere in dodici giorni la costa
romana, vale a dire che il rapporto può essere circa entro questo tempo nelle mani dell’imperatore!
Godetevela ancora questi dodici giorni, loschi figuri! Sapremo ben mettere dei freni adatti al vostro
smisurato orgoglio!»
11. Osservo Io: «Amico, Io ti dico davvero che non devi gioire anzitempo! Le cornacchie non si
strappano gli occhi a vicenda! È certo che non andrà troppo bene fra le mura del Tempio agli undici: non li
condanneranno a morte, ma verranno rinchiusi per tutta la vita nelle celle di penitenza, per quanto però
concerne le pubbliche scuse verso Roma, vedrai che sapranno farli apparire innocenti e candidi come la
neve, allora soltanto ti verranno richiesti ulteriori rapporti ed informazioni e tu farai molta fatica a
rispondere alle domande che ti verranno rivolte da Roma. È certo che a te non verrà torto un capello, ma ti
sarà difficile sfuggire a qualche angustia, se non saprai raccogliere in tempo i testimoni e le prove
necessarie. A questo scopo Io lascio presso di te Pilah, egli ti renderà buoni servizi in tale occasione. Abbi
cura però di procurargli sollecitamente una veste di tipo romano, affinché non possa venire riconosciuto dai
colleghi che stazionano a Cafarnao, perché Io posso dirtelo: Satana non ha di gran lunga tanto astutamente e
perfidamente organizzato il suo governo quanto questa razza di vipere. Perciò, oltre all’essere mansueto
come un agnello, sii pure astuto come un serpente, altrimenti non verrai mai a capo di nulla con questa
progenie!»
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12. Dice Fausto: «Grazie infinite Ti siano rese per questo consiglio. Ma, essendo questa faccenda ormai
sbrigata nel miglior modo possibile, non potremo dedicarci a qualche cosa di più lieto e piacevole?»
13. Ed Io gli rispondo: «Sicuramente! Io ci sto senz’altro, soltanto aspettiamo che venga ancora Kisjonah
il quale sarà ben presto in regola con le sue casse».
[indice]
Cap. 3
Il corretto uso della capacità di operare miracoli e di guarire
1. Noi non attendiamo a lungo e compare anche Kisjonah, che saluta tutti nel modo più affettuoso ed
amichevole e dice: «O carissimo amico mio Gesù! Così Ti chiamo soltanto per una formalità esteriore,
perché sai bene cosa e Chi Tu sei per me nel mio cuore. Tutto quanto di bene mi accadde in questi giorni lo
devo soltanto a Te. Non fu complessivamente che di misere 5.000 libbre l’importo del debito da me
volutamente condonato ai poveri abitanti di Cana, ma Tu me ne hai date ora 50.000 senza calcolare tutti gli
altri tesori il cui valore deve essere di almeno altrettanto! Io però Ti prometto, per tutto l’immenso amore
che ti porto, che farò del mio meglio per impiegare tutta questa ricchezza a vantaggio dei poveri e degli
oppressi, così che alla fine debba anche questa immondizia del demonio convertirsi in oro puro per i Cieli di
Dio!
2. Certamente non mi propongo di dare oro ed argento in mano agli uomini, perché ciò costituisce un
veleno per i loro cuori deboli ed inclinati alla materia, invece procurerò ai privi di tetto e di beni un ricovero
e darò loro un terreno e bestiame e pane e vesti. A chiunque avrò soccorso, però, verranno annunciati la Tua
Parola e il Tuo Nome, affinché egli possa serbare viva coscienza che ad Uno solo è dovuta tutta la
gratitudine, mentre io non rimango che un servitore pigro ed inetto! Ma Tu, o Signore, assistimi e
rafforzami, quando servirò nel Tuo Nome, e se mai dovesse il mio cuore cedere alle lusinghe del mondo, fa’
che le mie forze vengano meno e che io così mi accorga di non essere che un uomo debole, incapace di
compiere qualcosa con la mia sola forza!»
3. Io allora, posta la Mia mano sul suo cuore, gli dico: «Amico e fratello Mio! Tu non hai che da
custodirMi qui dentro e la forza per compiere opere nobili e buone non ti mancherà mai. Sì, con la fede viva
e con l’amore puro e totale verso di Me e con la brama ardente di operare il bene per il tuo prossimo nel Mio
Nome, potrai comandare agli elementi ed essi ti obbediranno. I venti non resteranno sordi al tuo richiamo e
il mare riconoscerà la tua voce e tu potrai dire all’uno od all’altro dei monti: “Levati e scagliati nel mare”, ed
avverrà come gli avrai comandato.
4. Ma se qualcuno, per credere, vorrà domandarti dei segni, non concederglieli. Chi non vuole
riconoscere la verità per amore della verità stessa e questa non gli è una prova sufficiente, è meglio che
rimanga nella sua cecità, poiché, se è costretto ad accettare la verità per la potenza di un segno, ma poi non
conforma le proprie azioni alla dottrina, allora il segno torna a doppio giudizio per lui. Infatti, in primo
luogo, il segno è un duplice giudizio per lui, perché egli è costretto ad accogliere la verità quale verità per la
forza del segno, e non fa differenza se egli la riconosce o no nel suo stato di accecamento e, in secondo
luogo, egli deve evidentemente incorrere in sé in una condanna più aspra, secondo l’Ordine divino, qualora
egli dopo non agisca secondo la verità imposta per forza di segni, non importa che egli riconosca pienamente
la verità per tale oppure no, poiché la riuscita del segno gli ha fornito una prova che lo vincola. E questo è
già abbastanza, perché il discernimento od il non discernimento in tal caso non giustifica nessuno.
5. Infatti se qualcuno domanda un segno a conferma della verità appresa e dice: «Veramente tramite le
tue parole non mi riesce ancora di giungere al fondo della verità, ma qualora ti sia possibile fornirmi un
segno quale una prova di fatto da operare in conformità all’essenza di tale dottrina propostami, io accetterò
questa dottrina quale piena verità», ebbene al richiedente viene concesso il segno! Dopo di ciò egli non può
più fare a meno di accettare la verità della dottrina, la riconosca esso per tale fino in fondo oppure no, poiché
il segno gli sta di fronte come una prova inconfutabile.
6. Ma siccome a causa della sua cecità non è gli possibile giungere al fondo della verità e siccome a causa
dell’osservanza della dottrina di verità gli deriverebbe, secondo i suoi concetti, una considerevole
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diminuzione nelle comodità della vita, egli fa questo ragionamento: “Ci sarà ben qualcosa di vero in tutto ciò
altrimenti il miracolo non sarebbe stato possibile, ma tuttavia la cosa, in fondo, non mi riesce ben chiara e se
io volessi operare in conformità ad essa mi costerebbe una spaventosa abnegazione. Per questa ragione
preferisco non farlo e proseguo nel mio antico tenore di vita, che è veramente privo di segni straordinari, ma
nonostante ciò mi è molto gradito!”
7. Ecco, in ciò sta già appunto la condanna che colui che richiede il segno si è preparato da se stesso per
mezzo del segno operato su sua stessa richiesta e che gli ha fornito la prova inoppugnabile contro cui egli
non può presentare nessuna controprova; e così egli, continuando nel suo sistema sbagliato di vita, diventa
un avversario della verità eterna e di fatto la rigetta assolutamente, quantunque egli in eterno non possa
considerare come non avvenuto il segno incancellabile – che gli venne fornito per corroborare la verità –
quale conseguenza della verità rivelata. Perciò è incomparabilmente meglio non fare nessun segno a riprova
della verità!
8. Però, qualora si tratti di giovare veramente agli uomini e di illuminarli, puoi operare tacitamente, senza
che te ne venga in qualche modo fatta richiesta, quanti segni tu vuoi e allora ciò non trarrà nessuno in
peccato né, ancora meno, costituirà per nessuno un giudizio. E quando per giovare all’uomo hai operato
anticipatamente qualche segno, tu puoi ben fare seguire degli insegnamenti, se la persona per cui hai operato
il segno te ne fa richiesta. Se essa però non te ne fa richiesta, fa’ seguire soltanto una seria ammonizione a
guardarsi dal peccato, ma non iniziare ad esporre la dottrina, perché in tal caso coloro che saranno stati
beneficati dal tuo segno riterranno che tu sia un medico esperto anche nelle arti magiche e il segno stesso
non avrà per loro alcun ulteriore effetto costrittivo.
9. Tutti coloro ai quali, però, viene impartita la facoltà di operare segni e miracoli, qualora se ne presenti
la necessità, tutti devono seguire fedelmente questo Mio consiglio, se vogliono veramente fare il bene.
10. Soprattutto ognuno si guardi dall’operare segni essendo in uno stato di eccitazione o di ira! Infatti
ogni segno può e deve avere come fondamento soltanto la mansuetudine e l’amore più veri e puri, perché se
esso è compiuto in uno stato di rabbia e di ira, ciò che è anche possibile, allora vi ha parte pure l’inferno, e
un tale segno non solo non porta benedizione, ma al contrario è causa di maledizione.
11. Ora, se Io già ripetute volte vi ho insegnato che voi dovete benedire perfino coloro che vi maledicono,
quanto meno dovete fare oggetto della vostra maledizione i ciechi nello spirito che non vi vengono incontro
con la maledizione, ma soltanto con la vana cecità del loro cuore!
12. Dunque ponderate bene quanto ora vi ho detto ed operate conformemente a ciò, in questo modo voi
spargerete ovunque benedizione, se anche non sempre spiritualmente almeno corporalmente, come ho fatto
Io finora e come faccio tuttora, poiché avendo dinanzi qualcuno oppresso da ogni miseria, spesse volte un
beneficio puramente corporale influisce sul suo cuore e sul suo spirito molto di più che non cento dei
migliori insegnamenti. Perciò sta anche nel buon ordine delle cose, propagando il Vangelo, che si debba
prima appianare la via al cuore dei miseri mediante benefici corporali e soltanto dopo esporre il Vangelo al
loro animo risanato, piuttosto che far precedere la predica del Vangelo e soltanto dopo colpire la mente dei
miseri ascoltatori con un miracolo, preparando loro così manifestamente un giudizio in una miseria
spirituale più grande ancora di quella che concerne unicamente il corpo da cui erano prima afflitti.
13. Quando tu sarai chiamato al letto di un infermo, va’ e prima della predica imponigli le mani affinché
egli ne ottenga un miglioramento e se poi ti chiede: “Amico, come ti è stata possibile una simile cosa?”.
Soltanto allora digli: “Per la forza della viva fede nel Nome di Colui che Dio ha mandato dal Cielo per la
beatitudine vera degli uomini!”. Se poi egli ti domanderà qual è questo Nome, dagli, secondo la sua capacità
d’intelletto, quel tanto di spiegazioni preliminari che basteranno a fargli intravedere la possibilità di un
simile fenomeno.
14. E quando sarà arrivato a questo punto, istruiscilo in adeguata misura sempre di più. Se poi tu dovessi
accorgerti di un’attività sempre maggiore che si manifesta nel suo cuore, allora digli infine tutto ed egli
certamente accoglierà ciascuna delle tue parole e ci crederà. Se però tu volessi dirgli troppo in una sola
volta, questo lo opprimerebbe, ed in questo caso dovresti compiere una bella fatica per ristabilire l’equilibrio
in lui.
15. Dunque, come al neonato non si porge subito un cibo che è confacente all’uomo maturo poiché con
questo lo si ucciderebbe, così pure non si deve concedere all’uomo ancora bambino nello spirito già
dall’inizio un cibo spirituale virile, ma solo un cibo che sia adeguato al grado di sviluppo spirituale di un
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simile uomo-bambino, altrimenti lo si ucciderà e sarà poi cosa difficilissima il rianimarlo nuovamente nello
spirito. Avete tutti voi ben compreso quanto vi ho ora esposto?»
16. Esclamano tutti con il cuore commosso: «Sì, o Signore! Ogni cosa ci è ormai chiara come il Sole di
mezzogiorno e noi l’osserveremo anche fedelmente»
17. Ed Io concludo: «Sta bene, ma adesso andiamocene alla caverna, perché questa non è la sola caverna,
ma ce n’è anche un’altra alla quale si accede dalla prima e noi vogliamo esplorarle. Provvedetevi però di una
buona quantità di fiaccole nonché di pane e vino: noi troveremo là degli esseri che avranno grande fame».
[indice]
Cap. 4
Visita e descrizione di una caverna stalattitica
1. Kisjonah allora ordina che si appronti ogni cosa e Baram, che non aveva potuto ancora separarsi da
noi, dal canto suo, fa mettere assieme dalla sua gente quanto gli era rimasto delle sue provvigioni di pane e
vino, così pure Jonaele e Jairuth, al quale pure non è possibile allontanarsi da Me, e Mi pregano di concedere
loro di partecipare alla spedizione.
2. Ed Io dico: «Certamente, perché la vostra presenza sarà anzi necessaria ed anche Archiele ci presterà
buoni servizi nel suo genere. Io però devo avvertirvi ancora di una cosa e cioè che in questo istante una
delegazione composta di vostri acerrimi nemici è in procinto di abbandonare Sichar per venir qui, allo scopo
di indurvi a fare prontamente ritorno alla vostra città, poiché il popolo si è sollevato contro di loro e già
l’altro ieri è stato deposto il nuovo sacerdote insediato di recente. Quest’ultimo fa anche parte della
deputazione. Essi arriveranno qui ancora questa sera e noi avremo alquanto da discutere con loro, ora però
mettiamoci in cammino! Allora anche le donne e le ragazze manifestarono il desiderio di accompagnarci e
Mi pregarono per questo.
3. Io però risposi loro: «Mie care figliole, questa non è un’escursione per voi, restate quindi a casa per
oggi ed abbiate cura che questa sera, al nostro ritorno, sia pronta una discreta cena! Le donne si adeguarono
al Mio consiglio, così pure Maria e tutte si diedero ad accudire alle faccende di casa. Ed anche Lidia, la
quale particolarmente sarebbe stata lieta di venire con noi, visto che ciò era contro la Mia Volontà, non
insistette e se ne restò a casa per aiutare le altre donne nel loro lavoro.
4. Noi frattanto c’eravamo incamminati ed in un paio d’ore raggiungemmo la grotta o caverna, che dir si
voglia, e vi penetrammo subito, muniti di fiaccole accese. La meraviglia di Kisjonah fu grande quando poté
persuadersi della vastità di quella caverna e delle formazioni stalattitiche quanto mai interessanti di cui era
ricca, tanto anzi che di simili non si possono riscontrare in nessun punto dell’Asia anteriore, dove di tali
caverne pure se ne conta in gran numero: figure gigantesche d’ogni tipo si presentavano ogni qual tratto
all’occhio timido dell’esploratore.
5. E Fausto stesso, che, sempre memore delle gesta eroiche dei romani, era poco accessibile al timore,
non poté sottrarsi ad un certo senso di sgomento e mormorò: «Davvero qui, anche senza volerlo, si potrebbe
venir indotti a credere che dentro la terra abbia dimora una specie di deità le quali, con la loro potenza
enorme, mandano a compimento opere colossali di questa specie! Ecco qui delle immagini di uomini, di
animali e di alberi, ma in che proporzioni! Che figura farebbero qui i templi giganteschi e le statue di Roma?
Vedi quest’Arabo com’è ben disegnato! In verità, se si volesse e potesse salire fino al suo capo, ci sarebbero
da fare gradini per un’ora buona, per di più è raffigurato seduto e, nonostante ciò, mi viene il capogiro se il
mio occhio vuole arrivare alla sommità della figura. Ah, tutto ciò è sul serio una cosa straordinariamente
meravigliosa e degna di essere vista! Non è possibile che queste opere siano il prodotto del puro caso! Ecco
nuovamente un gruppo di guerrieri armati di spada e di lancia e là, proprio in fondo, ci viene incontro
barrendo un elefante di proporzioni colossali ed anche questo è disegnato alla perfezione! O Signore, in qual
maniera meravigliosa hanno avuto origine tutte queste cose?»
6. Rispondo Io: «Amico Mio, accontentati per ora di ammirare quello che si presenta al tuo sguardo e non
fare molte domande, non mancherà poi la naturale spiegazione di tutto ciò. Qui avrai occasione di vedere
ancora ben altre cose che susciteranno in te meraviglia molto maggiore, ma anche allora non domandare
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nulla! Quando noi saremo usciti all’aperto, fuor da questa grotta, Io vi darò spiegazioni riguardo a tutte
queste cose».
7. Noi proseguiamo dunque e perveniamo ad una caverna vastissima ed alta, che non era oscura come
l’altra, anche se discretamente illuminata, siccome vi facevano capo diverse piccole sorgenti di petrolio già
molti anni prima accese da uomini cui la caverna aveva servito di ricovero e che da quella volta avevano
continuato ad ardere senza interruzione, qual più, qual meno, fornendo luce ad una gran parte di quella
spaziosa cavità. Oltre a ciò, in un punto dell’enorme cupola, un’apertura abbastanza grande dava accesso
all’aria ed alla luce esterna, cosicché ci si poteva muovere discretamente a proprio agio per quanto
concerneva l’illuminazione.
8. Sul suolo di questa grotta, o meglio sala sotterranea, apparivano, come scolpite, numerose e
svariatissime figure: qui serpenti, là gigantesche lucertole ed ogni altro genere di figure animali, parte molto
bene e parte incompletamente disegnate, c’era altresì una quantità grandiosa di formazioni cristalline dai più
svariati colori e dalle dimensioni che andavano dal minutissimo al colossale e tutto ciò conferiva
all’ambiente un’imponenza ed una bellezza sorprendenti.
9. E Fausto non poté trattenersi dall’esclamare: «Signore, qui ci sono ornamenti imperiali in grande
abbondanza, quale certamente nessun regnante ha mai potuto nemmeno sognarli! Ma, d’altro canto, ci
sarebbe davvero da credere all’esistenza del profondo Tartaro com’è descritto dalla mitologia greca! Non vi
mancano che lo Stige, il vecchio Caronte, i tre ben noti giudici inesorabili delle anime: Minosse, Eaco,
Radamante ed infine Cerbero, il cane dalle tre teste, alcune delle Furie e poi forse Plutone con la bella
Proserpina, dopo di che il Tartaro, con i suoi tormenti, sarebbe completo! Tutte queste numerose fiamme
provenienti dal suolo e dalle pareti, le migliaia di raccapriccianti figure animalesche sul suolo, per quanto
morte e pietrificate, ed una quantità di altre cose mi sembrano quasi giustificare la supposizione che, se non
proprio nel Tartaro stesso, noi siamo almeno sulla via che più direttamente vi conduce, oppure, ciò che mi
sembra più probabile, che dall’esistenza di questa o di una qualche altra grotta simile abbia tratto origine il
mito greco del Tartaro!»
10. Dico Io: «Nella tua ultima supposizione, benché non tutto, c’è però molto di vero, perché le caste
sacerdotali, per lo più sempre astutissime, presso tutti i popoli ed in ogni tempo hanno saputo sfruttare a loro
vantaggio e nel più raffinato dei modi simili fenomeni della natura. In maniera non differente sono
continuate le cose anche in Grecia ed a Roma, con l’aggravante che la fantasia male inspirata dei sacerdoti
non conobbe più freno, cosicché fino ad oggi popoli e popoli sono stati precipitati nelle tenebre della
superstizione e lo saranno ugualmente, ora più ora meno, fino alla fine del mondo.
11. Fino a tanto che la Terra, nella sua necessaria costituzione molto svariata, dovrà presentare all’occhio
umano delle formazioni o figure simili, i suoi uomini, che per diverse ragioni sono in spirito ciechi e schivi
della luce, sempre si creeranno nella loro fantasia ogni specie di forme sconnesse ed attribuiranno loro
facoltà straordinarie e forze divine e ciò per il motivo che nella loro cecità non possono vedere la ragione di
questi fenomeni.
12. Guarda qui! Ecco anche il tuo Stige, il nocchiere Caronte ed al di là del fiume, largo circa dodici tese
e profondo al massimo un braccio, il quale è veramente una specie di stagno molto facilmente guadabile nel
punto più basso, puoi vedere in mezza luce altresì i tuoi tre giudici, alcune Furie, Cerbero ed infine Plutone
assieme a Proserpina! Tutte figure, queste, che soltanto ad una certa distanza ti appaiono tali, mentre
osservate da vicino e in piena luce somigliano a qualsivoglia altra cosa che non sia appunto quello che la
fantasia degli uomini ha voluto immaginare. Ora però andiamocene a piedi oltre lo Stige e non ci sarà
bisogno di pagare tributi a Caronte, giunti al di là ci occuperemo di esaminare un pochino anche il Tartaro!»
13. Noi passiamo dunque a guado oltre il cosiddetto Stige nel punto meno profondo ed attraverso un
corridoio piuttosto stretto penetriamo nel Tartaro, il quale, illuminato dalle nostre fiaccole, ci rivela ben
presto la presenza di altri considerevoli tesori, dei quali nessuno dei farisei aveva ancora rivelato l’esistenza,
e così grazie a Me ritorna alla luce tutto quello che era stato nascosto, per quanto accuratamente.
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Cap. 5
Storia dei tesori trovati
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1. Fausto a quella vista arretra strabiliato e poi chiama a sé Pilah e gli dice: «Di tutto ciò non ne sapevi
proprio niente, dato che non me ne hai fatto assolutamente parola? Parla, altrimenti si mette male per te!»
2. E Pilah risponde: «Signore, davvero io non ne sapevo niente! Oggi è la prima volta che ho avuto
occasione di penetrare così dentro in questa caverna; i miei vecchi colleghi saranno stati certo a conoscenza
della cosa, ma non avranno voluto rivelarla per avere almeno un’ultima risorsa nel caso in cui fosse loro
occorso trarsi da qualche grave impiccio. Ma ormai prendi in consegna ogni cosa, perché, grazie al cielo, è a
te che appartiene»
3. Fausto Mi domanda se Pilah ha detto la verità ed Io glielo confermo ed aggiungo: «Amico Mio,
quando qualcuno si prende in moglie una giovane di famiglia ragguardevole, egli ha il diritto di aspettarsi
una dote. Finora tu hai avuto moltissimo da fare e, nonostante ciò, nella ripartizione degli altri beni non ti è
toccata nessuna parte, di conseguenza prendi ora in tuo legittimo possesso tutto intero questo tesoro che
secondo la valutazione di questo mondo ha un valore di 1000 volte 1000 libbre.
4. Il maggior valore però è rappresentato da perle, ciascuna delle quali ha la grossezza di un uovo di
gallina. Un’intera cassetta di ferro, da 1000 dramme di volume, è ricolma di queste perle straordinarie, già
una sola delle quali ha veramente un valore inestimabile. Perle simili non si trovano più, quali nuove
formazioni, in nessun luogo di questa Terra, poiché le speciali conchiglie nelle quali erano contenute,
nonché una grande quantità di altri animali che vivevano nelle epoche primordiali di questo pianeta, ora non
esistono più. Veramente queste perle non vennero neppure tratte dal mare, bensì furono rinvenute nella terra
ai tempi del re Ninia, detto anche Nino, durante gli scavi fatti per la costruzione della città di Ninive ordinata
da questo re. Dopo moltissime vicende esse furono portate a Gerusalemme, in parte già ai tempi di Davide,
ma il maggior numero durante l’epoca di Salomone, però in questa caverna giunsero appena al tempo della
conquista dei romani, quando questi ebbero preso possesso di quasi metà dell’Asia.
5. I principali fra i sacerdoti, ai quali era nota già da molto tempo prima l’esistenza della caverna, quando
ebbero sentore dell’imminente invasione romana, misero assieme in fretta tutti i maggiori tesori mobili del
Tempio e riuscì loro di portarli felicemente qui dentro in salvo. I leoni d’oro, che portavano il trono di
Salomone e che in parte ne sorvegliavano i gradini, rimasero sepolti sotto le macerie, quando i babilonesi
distrussero Gerusalemme, ma in seguito, durante la riedificazione, furono ritrovati e ripresi in consegna dai
sacerdoti per il Tempio. Ora anche questi leoni si trovano per la maggior parte qui, perché al tempo della
conquista romana tutto quello di più prezioso che si poté ammassare in fretta fu portato in questo luogo,
come pure, al tempo della conquista dei babilonesi, allora potenti, una considerevolissima quantità di tesori
del Tempio venne trasportata nella ormai conosciuta caverna presso Corazin, quantunque nel Tempio stesso
ne fossero rimasti abbastanza anche per i babilonesi, che si impossessarono specialmente dei vasellami degli
arredi consacrati in perpetuo al servizio del Tempio e li trasportarono a Babilonia. Dà quindi ordine alla tua
gente di togliere tutto ciò e di portarlo fuori, dopodiché Archiele sbarrerà l’ingresso di questa grotta in modo
che piede umano non potrà mai più accedervi»
6. Allora Fausto dà immediatamente ordine ai servitori di trasportare fuori tutti quei tesori, ma quando
essi si accingono a sollevare le numerose casse di ferro che giacciono là, si accorgono che le loro forze non
bastano e si rivolgono a Me con la preghiera di infondere loro il vigore necessario per venirne a capo.
7. Io però chiamo Archiele e gli dico: «Ebbene, porta fuori tutta questa immondizia e depositala
addirittura a Chis, nel magazzino grande!». Nello stesso istante tutte quelle pesanti casse sparirono, però
Archiele fu di ritorno immediatamente, cosicché nessuno poté accorgersi, quando veramente egli fosse stato
assente.
8. E Fausto stupefatto esclama: «Questa cosa non ha oramai più del favoloso, ma dell’incredibile! I miei
servitori avrebbero dovuto impiegare certo almeno tre giorni per compiere un lavoro simile ed ecco che in
un attimo assolutamente non percettibile non c’è più nemmeno una delle casse che avevamo sott’occhio! È
però inutile che io domandi come una cosa tale sia possibile, poiché, per comprendere ed apprezzare al loro
giusto valore dei fenomeni di questa specie, si esige un senso divino che io non possiedo!»
9. Gli dico Io: «Sì, certamente tu hai ragione; d’altro canto non sarebbe affatto vantaggioso all’uomo se
gli riuscisse di comprendere in una sola volta il come e il perché di tutti i fenomeni che si manifestano ai
suoi sensi. Infatti sta scritto: “Se tu mangerai dell’albero della conoscenza, certamente tu morirai!”. È meglio
dunque prendere qualsiasi fatto, per quanto miracoloso, così come esso si manifesta ai sensi e rendere in pari
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tempo sempre più viva nella propria mente l’idea che nulla vi è di impossibile a Dio, piuttosto che voler
esplorare il fatto stesso nelle sue intime origini, nel qual caso l’uomo ne sa, dopo la spiegazione, altrettanto
poco quanto prima.
10. È abbastanza che tu veda come la Terra sia atta a portare ed a nutrire l’uomo! Se tu volessi penetrare
il mistero della sua origine e del suo processo di formazione, essa perderebbe per te ogni attrattiva e non ne
avresti più alcun compiacimento, non ti rimarrebbe invece che una brama ardente di esplorare le origini di
un qualche altro mondo. E, qualora tu avessi infine constatato essere state ed essere identiche le cause nel
processo di formazione e di manutenzione per questo secondo mondo e così pure per un terzo, quarto e
quinto mondo, non saresti più invogliato ad esplorarne ulteriormente un sesto ed un settimo; la conseguenza
sarebbe che tu diverresti pigro e svogliato, la noia e l’ira ti farebbero disprezzare la vita e finiresti con il
maledire l’ora che ha segnato per il tuo intelletto l’inizio in tanta scienza! Ed ecco che un tale stato di cose
sarebbe veramente una morte per la tua anima.
11. Siccome però, secondo gli ordinamenti divini, è disposto che tanto l’uomo quanto altresì ogni spirito
angelico possano concepire gli elementi della natura divina in sé, come pure in tutte le cose create, soltanto a
gradi ed anche ciò solamente fino ad un punto determinato, gli viene conservato l’intangibile tesoro della
gioia sempre crescente del vivere, dell’amore a Dio e dell’amore verso il prossimo, cose queste che da sole
possono renderlo e lo rendono anche beato per l’eternità. Comprendi questa verità?»
12. Risponde Fausto: «Sì, o Signore ed amico mio, la comprendo perfettamente, e perciò non Ti farò più
alcuna domanda riguardo alle origini delle formazioni di questa grotta».
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Cap. 6
Origine e crollo della caverna stalattitica
1. Dico Io: «Del resto, la cosa non ha grande importanza. Che tu lo sappia o no, ciò non può rendere la
tua vita né più ricca né più povera. Questo tuttavia posso dirti, che mano d’uomo non ha mai contribuito al
prodursi di tali formazioni, ma esse sono dovute unicamente al lavorio, per così dire causale, delle forze
naturali. Le montagne assorbono sempre un’umidità dissolvente dall’aria, a ciò bisogna aggiungere l’azione
delle frequenti piogge e delle nevi e nebbie che molto spesso avvolgono le sommità delle montagne. Tutta
questa umidità, che si deposita sui monti, in gran parte penetra attraverso terra e rocce e qualora giunga al di
sopra di qualche cavità interna della montagna, allora si raccoglie in gocce composte quasi per metà di calce
disciolta. Queste gocce cadono nella cavità e il contenuto acqueo, se il terreno lo concede, penetra ancora
più in fondo, oppure evapora nella cavità stessa, mentre il limo calcareo si solidifica e con il sovrapporsi
delle gocce vengono formandosi ogni tipo di figure che, più o meno, somigliano all’una od all’altra di quelle
che appaiono sulla terra. E così, anche in questa grotta, tutte le formazioni che ti sono cadute sott’occhio
ebbero la loro origine nella stessa maniera naturale, quantunque, però, è bene ammettere che allo scopo di
accecare gli uomini deboli anche i servitori di Satana abbiano, e non poco, contribuito a perfezionare il
disegno di svariatissime figure umane.
2. Di conseguenza sarà anche meglio che una simile grotta, tanto atta a dare alimento alla più tenebrosa
superstizione, venga resa per tutti i tempi inaccessibile. Ritorniamo dunque ormai all’aperto, affinché
Archiele possa compiere il suo incarico nei riguardi di questa caverna»
3. Fausto Mi ringrazia caldamente per i chiarimenti dati e dice: «Questa spiegazione mi riesce tanto più
comprensibile, poiché quasi la stessa cosa, benché in forma di ipotesi, io l’ho intesa asserire a Roma da più
di uno scienziato. Però il fatto della occulta cooperazione di Satana ha anch’esso un grande significato,
perché il nemico della vita non si è certo mai lasciato scappare simili occasioni a lui favorevoli e le relative
conseguenze maligne ci stanno del resto sott’occhio in tutte e tre le parti del mondo! Tutto ciò mi è dunque
ormai chiaro come la luce del Sole, ma di una cosa sola non posso formarmi ancora un concetto ben preciso
e questa è la beatitudine di Dio!
4. Dimmi! Quale gioia può avere Dio della Propria vita indistruttibile, Egli a Cui dalle eternità e per le
eternità in maniera sempre uguale e con la chiarezza più evidente devono essere note nella loro più intima
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essenza le ragioni di ogni essere? Come può essere per Lui una fonte perenne di beatitudine questa
necessaria perpetua visione sempre ugualmente perfetta, senza poter provocare mai in Se stesso un
cambiamento qualsiasi, stato questo di cose che dovrebbe finire con l’uccidere dalla noia qualsiasi uomo?»
5. Gli rispondo Io: «Guarda qui gli uomini. Questi sono la gioia di Dio, quando essi nell’Ordine divino
diventano quello che sono chiamati a diventare, in essi Egli ritrova il Suo simile, e il loro continuo assurgere
a sempre maggiore perfezione in ogni campo della conoscenza e con ciò nell’amore, sapienza e bellezza,
costituisce la Sua gioia più pura e la felicita indistruttibile! Infatti tutto quello che l’Infinito comprende,
esiste soltanto per amore del piccolo uomo e nell’Eternità non c’è nulla che non sia per amore del piccolo
uomo. Ecco che tu ora conosci anche questo. Ma adesso usciamo da questa caverna, perché Archiele possa
quanto prima adempiere il suo compito!»
6. Noi ci affrettiamo ad abbandonare la grotta ed in breve tempo raggiungiamo l’uscita e quando ci
troviamo tutti all’aperto Io faccio un cenno ad Archiele. Si ode nello stesso istante uno scoppio violento e,
dove prima c’era l’ingresso molto ampio, non si vede più ormai che un’alta parete di granito, attraverso la
quale per qualunque mortale sarebbe difficilissima cosa penetrare dentro la caverna, per quanto si
proponesse seriamente di farne il tentativo, tuttavia, allo scopo di rendere la caverna per così dire del tutto
inaccessibile, dopo che noi fummo a circa 3000 passi dal punto dove essa si apriva, Io feci provocare là uno
sprofondamento del terreno, cosicché il punto di accesso venne a trovarsi ad oltre 100 altezze d’uomo dal
terreno e si sarebbe quindi dovuta usare una scala alta più di 100 uomini per arrivare alla sommità della
parete verticale, dove prima c’era stato l’ingresso della caverna, fatica questa tuttavia vana, essendo, come
detto, ormai ostruito anch’esso dalla parete granitica più ripida e solida.
7. Quando Fausto e tutti gli altri presenti si accorgono del cambiamento avvenuto in quel luogo della
montagna, Fausto esclama: «Signore ed amico. In verità io non posso più raccapezzarmi! Questi fenomeni
mi inducono a credere che noi siamo ritornati ai periodi della Creazione, essi sono ormai distanti già
un’eternità dal mio orizzonte conoscitivo! Io non so proprio davvero se vivo ancora oppure se sogno! Qui
succedono cose tanto strane, enigmatiche e meravigliose che, pur essendo perfettamente sobri, si rimane
come ubriachi fradici che nella loro incoscienza non sanno giurare se sono maschi o femmine. Guardate un
po’ questa formidabile parete di roccia! Dove era essa prima, quando noi percorrevamo comodamente il
viottolo a gradini tracciato nella caverna?
8. Ma quello che mi appare più sorprendente ancora è che, nonostante questo improvviso mutamento
verificatosi su di uno spazio di parecchie migliaia di iugeri, non si può riscontrare la benché minima traccia
di una distruzione violenta. Sembra veramente come se qui dai tempi preistorici della Terra non vi fosse
proprio niente di cambiato. Davvero, se 1000 uomini avessero lavorato qui per 100 anni, sarebbe tuttavia
ancora lecito il dubbio che in questo tempo fosse stato possibile allontanare dal posto una tale massa di
materiale da mettere soltanto a nudo una simile parete di roccia alta 150 lunghezze d’uomo e larga più di
un’ora di cammino, come ci sta davanti agli occhi, laddove pochi istanti prima non ce n’era nemmeno la
traccia, per non parlare poi del fatto che tutto ciò è avvenuto senza lasciar dietro di sé alcun segno di
distruzione! È una cosa assolutamente inaudita! Io sono in verità curioso di sapere che faccia faranno i molti
barcaioli quando si accorgeranno che al posto della rigogliosa zona boschiva non c’è qui più che questa
parete colossale. È certo che molti non ne capiranno nulla affatto e che si guarderanno intorno sbalorditi,
come fa il bue davanti ad una nuova porta attraverso la quale non è ancora abituato a passare!»
9. Ed Io osservo: «Per questo motivo Io dico a voi tutti che di quanto è avvenuto è necessario che non
facciate parola con nessuno, nemmeno con le vostre donne, poiché appunto per questo non ho concesso loro
questa volta di accompagnarci, essendo ben noto che in caso di avvenimenti molto straordinari, nonostante
qualsiasi divieto di parlare, non è possibile ottenere che le loro lingue obbediscano. Dunque, vi ripeto che
non dovete raccontare alle vostre donne assolutamente nulla riguardo ai fatti meravigliosi qui capitati; voi
potete bensì parlare loro della grotta, come essa era formata ed anche dei tesori ora ritrovati, ma all’infuori
di ciò non una parola!». Tutti promettono solennemente di attenersi alla Mia raccomandazione e dopo noi
continuiamo il nostro cammino verso Chis, dove arriviamo appunto al tramontare del Sole. Naturalmente,
appena scorti da lontano, le donne e le ragazze rimaste in casa ci corrono prontamente incontro e ci fu subito
un gran domandare da parte loro riguardo a cosa noi avessimo visto di notevole. Esse però ebbero in risposta
che non era allora il momento di diffondersi in particolari e che in fondo non si era veramente trattato che di
asportare ancora un tesoro la cui esistenza era stata sottaciuta da parte dei farisei. Con ciò fu intanto
soddisfatta la curiosità delle donne che non fecero più molte altre domande.
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10. Noi però ci affrettiamo a cena, perché tutti coloro che avevano partecipato alla spedizione avevano
dovuto rinunciare al pranzo e siccome la fame si faceva sentire più del solito, ciascuno non desiderava di
meglio che prendersi la rivincita con una buona cena.
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Cap. 7
Fausto trova i tesori, nel deposito, ben ordinati e custoditi
1. Soltanto dopo aver terminato la cena Fausto se ne andò, dietro Mio invito, al grande magazzino per
constatare se i tesori, trasportati grazie ad Archiele dalla grotta fino a Chis, si trovassero in buon ordine.
Tutto fu trovato in piena regola; era già pronta anche una grande lista con l’indicazione dettagliata dei
diversi tesori, nonché del loro valore, tali e quali erano stati ritrovati nella grotta. Fausto domandò ai
sorveglianti chi avesse approntato la lista.
2. Ed essi gli risposero: «Signore, noi l’abbiamo trovata già quando fummo mandati qui di guardia. Chi
abbia potuto farla, non potremmo dunque davvero dirtelo»
3. Dice poi Fausto: «Raccontatemi allora come sono capitati qui questi tesori e chi li ha portati»
4. Rispondono i sorveglianti: «Anche a questo riguardo non sappiamo niente, semplicemente è venuto qui
un giovane che già da qualche giorno si trova in compagnia del medico miracoloso di Nazaret ed ordinò che
i tesori venissero costantemente sorvegliati. Allora, da parte del sottogiudice romano, noi fummo comandati
qui e come vedi sono già due buone ore che facciamo la guardia. Questo è tutto quello che noi sappiamo
circa il tesoro stesso e il suo trasporto qui, ma più di tanto non potremmo davvero raccontarti».
5. Fausto prende allora con sé la lista e va a trovare il suo collega subalterno, per tentare di ottenere
qualche informazione, ma anche l’altro non sa niente di più dei sorveglianti interrogati prima di tutta la
questione e Fausto, persuasosi che a Chis tutti ignoravano l’avvenuto trasporto dei tesori, pensa fra sé che
considerato che nessuno ne sa nulla, non vuole essere già lui a destare l’attenzione altrui con altre ricerche e
a diffondere inutilmente fra il popolo la notizia di questo avvenimento.
6. Dopo questo soliloquio Fausto se ne va alla propria abitazione, dove l’aspetta a braccia aperte la sua
giovane sposa. Ma prima di coricarsi egli ritorna nuovamente da Me, per parlare di questioni importanti.
Però Io gli dico di rimandare il colloquio a domani e lo consiglio di andare a prendersi il riposo che anzitutto
gli è necessario per il corpo e per l’anima. Fausto allora parte e va a chiedere al sonno quel ristoro di cui,
come tutti gli altri, ha estremo bisogno.
7. Dormendo profondamente, la notte trascorre molto veloce e anche qui fu così; pareva di essersi
addormentati appena da pochi minuti che già la luce mattutina invitò ciascuno a lasciare le coltri amiche ed a
riprendere il lavoro giornaliero. La colazione preparata molto di buon’ora attirò tutti gli ospiti fuori dalle
diverse stanze nella grande sala e, come i giorni precedenti, noi vi facemmo onore. Terminata poi la
colazione, per la prima volta tutti gli ospiti, per renderMi in nome di Jehova onore e grazie, intonarono il
Salmo (33) di Davide, che dice:
8. «Voi giusti giubilate nel Signore: “I devoti lo devono lodare con belle parole. Celebrate il Signore con
arpe e salmeggiateGli con il salterio a dieci corde. CantateGli un nuovo cantico, suonate maestrevolmente
con giubilo, perché la Parola del Signore è diritta e tutte le sue opere sono fatte con verità. Egli ama la
giustizia e la rettitudine, la terra è piena della benevolenza del Signore. I cieli sono stati fatti per la Parola del
Signore e tutto il loro esercito per il soffio della sua Bocca. Egli ha adunato le acque del mare come in un
mucchio. Egli ha disposto gli abissi come in tesori. Tutta la terra tema il Signore, abbiano spavento tutti gli
abitanti del mondo, perché Egli disse la Parola e la cosa fu; Egli comandò e la cosa sorse. Il Signore dissipa
il consiglio delle genti e annulla i pensieri dei popoli. Il consiglio del Signore dimora in eterno, i pensieri del
Suo Cuore dimorano per ogni età. Beata la gente di cui il Signore è l’Iddio; beato il popolo il quale Egli ha
eletto per Sua eredità. Il Signore riguarda dal Cielo, Egli vede tutti i figli degli uomini. Egli guarda, dalla
stanza del suo seggio, tutti gli abitanti della Terra. Egli è quel che ha formato il cuore di tutti loro, che
considera tutte le loro opere. Un re non si salva grazie alla grandezza dell’esercito, un gigante non si salva
grazie alla sua grande forza. I cavalli non sono d’aiuto e la loro grande forza non dà la salvezza. Ecco,
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l’occhio del Signore è sopra quelli che lo temono; sopra quelli che sperano nella sua benignità, per riscuotere
l’anima loro dalla morte e per conservarli in vita in tempo di fame. L’anima nostra attende il Signore; Egli è
il nostro aiuto e il nostro scudo. Certo il nostro cuore si rallegra in lui, perché noi ci siamo confidati nel
Nome della Sua Santità. La Tua Benignità, o Signore, sia sopra noi, dato che noi abbiamo sperato in Te”».
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Cap. 8 Del Regno dei Cieli
1. Dopo che tutti Mi ebbero reso omaggio con quest’inno mattutino, Fausto, che era stato naturalmente
pure presente alla colazione ed aveva udito l’inno di lode, Mi domanda subito: «Dove mai attinsero i Tuoi
discepoli parole tanto elevate, veritiere e tanto degne di Te? Davvero non mi è stato mai dato di udire
un’allocuzione così nobile e così eccellente!»
2. Ed Io gli rispondo: «Fatti dare da qualcuno, tra i farisei, la Scrittura di Dio e leggi i Salmi di Davide
che vi sono contenuti; tutte queste cose le troverai scritte là. Il capo della sinagoga, Giairo, del quale
dovremo ancor oggi nuovamente occuparci, potrà procurarti facilmente questi scritti, perché due giorni fa
egli ha seppellito sua figlia: essa gli è morta! Egli è amaramente pentito delle sue colpe verso di Me e perciò
gli verrà inviato soccorso ed egli non andrà perduto per il Regno dei Cieli!»
3. Chiede Fausto: «Signore! Che cosa è questo Regno e dove si trova?»
4. Gli dico Io: «Ecco, Mio caro amico, il proprio e vero Regno divino dei Cieli si trova dappertutto, per
chi è veramente amico di Dio, ma per chi Gli è nemico, in nessun luogo, poiché, per quest’ultimo, tutto è
inferno, dovunque tu possa o voglia volgere i tuoi occhi o gli altri sensi, sopra o sotto è tutt’uno. Non
contemplare le stelle lassù, perché esse sono dei mondi come quello sul quale tu vivi, e non guardare la terra
all’ingiù, poiché essa sottostà al giudizio come la tua carne, che un giorno dovrà morire ed imputridire!
Esplora invece e cerca con tutta diligenza nel tuo cuore, là troverai ciò che vai cercando. Infatti nel cuore di
ciascun uomo è posto il seme vivente, dal quale può germogliare l’aurora eterna di una vita senza fine.
5. Osserva lo spazio nel quale si libra questa Terra, nonché il Sole immenso, la Luna e le stelle
innumerevoli che pure non sono che altrettanti soli e mondi: questo spazio è infinito. Tu potresti lasciare
questa Terra con la velocità del pensiero e solcare in linea retta gli spazi sempre con la stessa velocità, ma
per quante eternità di eternità di tempo tu impiegassi nel tuo volo fulmineo, pure non ti sarebbe mai
possibile avvicinarti alla fine! Dappertutto invece troveresti creazioni delle specie più straordinarie e
meravigliose che in tutte le direzioni popolano ed animano lo spazio senza confini.
6. Un giorno tu pure, dopo la morte del tuo corpo, uscirai attraverso il tuo cuore nell’infinito spazio di
Dio e, secondo la qualità del tuo cuore, quello stesso spazio sarà per te o Cielo od inferno!
7. Infatti non esistono in nessun luogo né un Cielo né un inferno appositamente creati, ma tanto l’uno che
l’altro traggono le loro origini nel cuore stesso dell’uomo, cosicché ciascun uomo si crea nel proprio cuore il
Cielo o l’inferno a seconda che egli operi il bene od il male; ed a seconda di come egli creda, voglia ed
operi, così anche vivrà della propria fede, la quale ne avrà nutrita la volontà, che si traduce poi nell’azione.
8. Di conseguenza ognuno esamini le inclinazioni del proprio cuore, così gli sarà facile rilevare di quale
spirito esso è ricolmo. Se il cuore e l’amor suo tendono al mondo, se egli sente una brama di diventare, nei
riguardi di questo, qualcosa di grande e di ragguardevole, se il cuore che inclina all’orgoglio ha in sdegno il
proprio fratello povero e sente in sé lo stimolo a signoreggiare sul proprio simile senza essere egli a ciò
eletto e consacrato da Dio, allora è segno che nel cuore c’è già il seme infernale che, se non è combattuto e
soffocato in tempo, non potrà evidentemente preparare all’uomo che l’inferno dopo la morte del suo corpo.
9. Ma se, invece, il cuore dell’uomo è pieno di umiltà e si sente felice di essere il minimo fra i suoi simili,
di servire tutti, di non badare affatto a se stesso per amore dei propri fratelli e sorelle e di obbedire
volonterosamente ai propri superiori in tutte le cose buone ed in un modo o nell’altro utili ai fratelli e se oltre
a ciò ama Dio sopra ogni cosa, allora la semente divina nel cuore dell’uomo cresce rigogliosa; diventa un
vero Cielo eterno e vivente, e l’uomo, che in questo modo custodisce nel proprio cuore già l’intero Cielo in
tutta la sua pienezza, Cielo ricolmo di vera fede e della speranza ed amore più puri, dopo la morte del corpo
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non può giungere assolutamente in nessun altro luogo che non sia lo stesso Regno divino dei Cieli, che egli
ha portato già da molto tempo in tutta la sua integrità nel proprio cuore! Se tu consideri bene quello che ti ho
detto, non ti sarà difficile comprendere come veramente vadano intese le cose tanto nei riguardi del Regno
dei Cieli quanto in quelli dell’inferno».
10. Dice Fausto: «O Signore e mio caro Maestro ed amico, davvero le Tue parole suonano supremamente
sagge, però questa volta non mi è riuscito di comprenderle in tutta la loro profondità. Come Cielo ed inferno
possano trovarsi assieme, per così dire nello stesso tempo in uno stesso punto, cosicché evidentemente l’uno
dovrebbe penetrare nell’altro, questa cosa appare pur sempre impossibile a me, abituato certo a pensare
ancora troppo materialmente! Ma quello che ancora di più non posso comprendere è infine come dal mio
cuore possa fiorire un’eternità supremamente beata od infinitamente infelice! Perciò io Ti prego affinché Tu
voglia fornirmi a questo riguardo qualche chiarimento più accessibile al mio intelletto, altrimenti, nonostante
tutta la luce di questo mezzogiorno spirituale, dovrei far ritorno alla cieca a casa mia!»
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Cap. 9
Il Signore illustra con esempi quale sia l’essenza del Cielo e dell’inferno
1. Gli dico Io: «Ebbene, fa attenzione a quello che ti dirò, perché ho piacere che tu faccia ritorno a casa
tua vedendo!
2. In una stessa casa dimorano due uomini. L’uno si accontenta di quel che gli rende il terreno con il
sudore della propria fronte e con la benedizione di Dio, sempre soddisfatto e sereno si gode il frutto, sia pure
parco, del suo diligente lavoro e la sua gioia più grande è quella di dividere con i fratelli più poveri il suo
poco bene faticosamente raccolto. Se viene da lui un affamato, è lietissimo di poterlo saziare e non gli
chiede mai con voce irosa la ragione della sua povertà e non gli proibisce affatto di ritornare, qualora la fame
dovesse farsi di nuovo sentire.
3. Egli non mormora né impreca mai contro le istituzioni terrene dello Stato e quando deve pagare
qualche imposta egli esclama sempre come Giobbe: “Signore, Tu me l’hai dato, ma tutto appartiene a Te.
Ciò che Tu hai dato, puoi sempre riprenderlo; sia fatta sempre unicamente la Tua santa Volontà!”
4. In breve, niente può turbare quest’uomo nella sua serenità d’animo né nel suo amore e nella sua fiducia
in Dio né, di conseguenza, nel suo amore verso i propri fratelli terreni: l’ira, l’invidia, il litigio, l’odio e
l’orgoglio sono tutti concetti a lui estranei.
5. Ma, al contrario, suo fratello è l’uomo più scontento; egli non crede in Dio e dice: “Dio è una parola
vuota con la quale gli uomini classificano il più alto grado dell’eroismo terreno; soltanto il più sciocco fra gli
uomini può essere felice nella miseria, come sono felici gli animali privi di ragione e di intelletto, quando
trovano il poco che il loro istinto naturale domanda. Ma un uomo che tramite la ragione si è elevato molto al
di sopra del regno animale, non deve più accontentarsi del comune cibo animalesco, non deve impiegare le
proprie mani destinate ad altre e migliori opere nello smuovere e sconvolgere il terreno – ciò che si addice
soltanto alle bestie ed agli schiavi –, ma deve in vece impugnare la spada ed alla testa di potenti eserciti
entrare sotto archi trionfali nelle grandi città del mondo conquistate. La terra deve tremare sotto i passi
poderosi del destriero che, scintillante d’oro e di pietre preziose, porta superbo il signore delle potenti
schiere.
6. Con tali sentimenti in cuore un tale uomo impreca poi contro la propria misera esistenza, maledice la
povertà e si arrovella la mente per escogitare il modo con il quale procurarsi grandi tesori e ricchezze per
poter per mezzo loro realizzare i propri ideali di ambizione.
7. Egli ha in spregio suo fratello che è contento del proprio stato ed ha in abominio chiunque sia ancora
più povero di lui. In lui non c’è affatto traccia di misericordia; per lui essa non significa che una qualità
ridicola degna di un vile schiavo o di un commediante; all’uomo si addice tutt’al più la generosità, ma anche
questa il più raramente possibile! Se un povero gli si presenta dinanzi, lo accoglie con le parole più aspre e
gli dice: “Vai via, pigra bestiaccia, mostro vorace camuffato cenciosamente da uomo, lavora, animale, se
vuoi avere di che ruminare! Va’ dal fratello snaturato del mio corpo, ma mai del mio spirito superiore:
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quello sì, come bestia da soma egli stesso, lavora per il proprio simile ed è misericordioso come uno
schiavo! Io che non sono generoso, per questa volta ancora ti lascio in dono la tua volgarissima vita da
verme della terra”.
8. Ed ora intendi: questi due fratelli, figli dello stesso padre e della stessa madre, vivono assieme in una
stessa casa; il primo è un angelo, mentre il secondo è quasi un compiuto demonio. Per il primo la misera
capanna che lo ricovera è un Cielo, per il secondo la stessa capanna, senza cambiare nulla, è un vero inferno
pieno del più amaro tormento; vedi, dunque, adesso come Cielo ed inferno possano trovarsi assieme in uno
stesso luogo?
9. Certamente tu dirai fra te e te: “Ebbene, perché ciò? Lasciamo che l’ambizioso raggiunga il suo trono,
così egli sarà perfettamente atto a proteggere i popoli e ad annientarne i nemici!”. Sì, certo, questo potrebbe
ben essere possibile! Ma dov’è la misura che gli prescrive fino a quale punto egli debba perseguire i piani
suggeritigli dalla sua ambizione? Cosa farà egli degli uomini che non vorranno inchinarsi fino a terra dinanzi
a lui? Ecco, egli li farà martoriare nella maniera più crudele possibile e della vita umana egli si curerà tanto
quanto di un fuscello di paglia che ogni viandante calpesta. Ma che cosa è allora un tale uomo? Vedi, egli è
simile a Satana!
10. Devono esserci certo anche dei reggenti e dei condottieri, ma, intendi bene, questi devono in origine
essere scelti e chiamati da Dio a tali compiti e in seguito devono essere discendenti di re anticamente già
consacrati. Questi, allora, sono chiamati a reggere, ma guai a qualsiasi altro che abbandoni la sua povera
capanna ed esca fuori per conquistarsi, usando ogni mezzo, uno scettro od una insegna di comando! In
verità, sarebbe meglio per lui non essere mai nato!
11. Io però voglio esporti ancora un’immagine del Regno divino dei Cieli. Esso è del tutto simile ad un
buon terreno, sul quale crescono e maturano tanto le viti più nobili, quanto, vicino a queste, i cespugli delle
spine e dei cardi, eppure si tratta sempre di uno e dello stesso buon terreno. La differenza sta unicamente nel
modo in cui viene utilizzato: la vite lo converte nel bene, la pianta delle spine e dei cardi invece nel male,
nell’inutile e in tutto ciò che per l’uomo è immaginabile.
12. Così anche il Cielo manda il suo alito tanto sul demone quanto sull’angelo di Dio, ma ciascuno dei
due lo impiega altrimenti!
13. Ed ancora il Cielo è simile ad un albero da frutto, che produce frutta buona e dolcissima, ma se
avviene che sotto ai suoi rami ben forniti si raduni della gente per mangiare tali frutti, alcuni modesti e
parchi prendono riconoscenti solo quel tanto di cui loro hanno bisogno e ne mangiano; altri invece, poiché la
frutta piace loro molto, non vogliono che rimanga niente sull’albero e per un sentimento di invidia verso i
modesti che – pensano essi – potrebbero ritornare per veder se qualcosa è rimasto ancora, consumano e
mangiano finché non c’è più frutta. Questi però si ammalano e devono morire, mentre i parchi e modesti dal
moderato uso della frutta dell’albero traggono forza e ristoro! E tuttavia sia gli uni che gli altri hanno
mangiato dallo stesso albero!
14. Così pure il Cielo è simile ad un buon vino che rafforza il sobrio, mentre rovina ed uccide chi ne beve
smodatamente e così lo stesso vino è per il primo un Cielo, mentre per l’altro è un puro inferno, eppure esso
viene preso sempre dal medesimo otre!
15. Dimmi, amico Mio, se ora comprendi cosa sia veramente il Cielo e cosa sia l’inferno!»
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Cap. 10 La legge dell’Ordine
1. Dice Fausto: «Signore, ora comincia a farsi chiaro nella mia mente. In tutta l’immensità non c’è che un
Dio, una forza ed una legge, quella cioè dell’Ordine eterno. Chi fra gli uomini fa propria questa legge, per
lui tutto e dappertutto è Cielo; chi invece, per proprio libero volere, la ripudia e la contrasta, per lui
dappertutto c’è l’inferno, il tormento e il martirio!»
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2. Dico Io: «Sì, è così! Il fuoco è certamente un elemento quanto mai utile; chi l’adopera con ordine,
saggezza e con senso di opportunità, ne ritrae un vantaggio incalcolabile. Si andrebbe troppo per le lunghe
volendo enumerare tutti i vantaggi che possono derivare all’uomo che giustamente, saviamente ed
opportunamente sa mettere a profitto l’energia del fuoco, ma se invece qualcuno volesse adoperare il fuoco
alla leggera, quindi molto stoltamente, unicamente per proprio diletto, così da accenderlo sui tetti delle case
o nel punto più fitto del bosco, quell’uno e stesso fuoco distruggerebbe ed annienterebbe ogni cosa.
3. Quando d’inverno gela, ognuno si avvicina volentieri al camino e gode nel riscaldarsi al fuoco
scoppiettante che lancia nel solido camino le allegre fiammate che riscaldano, ma chi invece cadesse nel
fuoco, costui resterebbe ucciso e ne verrebbe consumato.
4. Però Io ti dico ancora: “Gli uomini di questo mondo, per diventare veramente figli di Dio, devono
venire condotti attraverso l’acqua e il fuoco: il Cielo nella sua essenza prima è acqua e fuoco; quello che non
è affine all’acqua, viene ucciso dall’acqua e ugualmente quello che non è in se stesso fuoco, non può
resistere nel fuoco”»
5. Dice Fausto: «Signore, questa è di nuovo una cosa che io non posso comprendere! Com’è da intendere
ciò? In qual modo si può diventare contemporaneamente acqua e fuoco? Infatti è noto che l’acqua e il fuoco
sono gli elementi più impari e più in opposizione fra loro: l’uno distrugge ed annienta l’altro. Se il fuoco è
potente e vi si versa sopra dell’acqua, questa si converte rapidamente in vapore e in aria, se invece l’acqua è
più potente del fuoco, questo si spegne quando viene inondato dall’acqua. Dunque, se per rendersi simili al
Cielo si deve essere acqua e fuoco nello stesso tempo, bisognerebbe alla fine, per così dire, disciogliersi. E
che ne sarebbe allora della consistenza eterna della vita?»
6. Rispondo Io: «Oh, la cosa si accomoda molto bene! Presi ambedue nella giusta proporzione, ognuno
produce e mantiene l’altro reciprocamente e continuamente. Infatti, vedi, se nella Terra ed intorno ad essa
non vi fosse fuoco, non vi sarebbe neppure acqua e, d’altro canto, se nella Terra ed intorno ad essa non vi
fosse acqua, non vi potrebbe essere neppure il fuoco, perché l’uno genera l’altro senza interruzione»
7. Domanda Fausto: «Come è ciò possibile e come va inteso?»
8. Gli dico Io: «Togli via dalla Terra tutto il fuoco che da solo genera il calore e tutta la Terra diverrà un
masso di ghiaccio duro come il diamante, completamente inadatto a qualsiasi manifestazione vitale. Porta
via invece dalla Terra tutta l’acqua ed essa ben presto si convertirà in un ammasso di polvere inutile! Infatti
senza l’acqua il fuoco non potrà mantenersi, ed esso è supremamente necessario alle nuove formazioni sulla
Terra, perché, qualora la serie sempre susseguente delle neoformazioni si arrestasse, subentrerebbero la
morte e la putrefazione.
9. Osserva come esempio un albero che ha perduto i propri succhi e ti accorgerai che in breve tempo
l’albero imputridirà e andrà in rovina. Comprendi tu adesso?»
10. Risponde Fausto: «Sì, o Signore, noi tutti comprendiamo ora anche questo e riconosciamo che Tu sei
pieno dello Spirito di Dio e che Tu stesso sei il Creatore di tutte le cose. Infatti, qual è l’uomo che può capire
in se stesso e che può enunciare fuori da se stesso la ragione, il come e il perché dell’intera Creazione e delle
leggi che la governano? Tale cosa può essere chiara e nota in tutte le profondità più recondite soltanto a
Colui che possiede in Sé quello Spirito, per la forza del Quale tutte le cose sono state fatte e come tali
continuano ad esistere anche adesso. E per tutti i benefici inestimabili, sia materiali che spirituali elargiti da
Te, io non posso offrirTi che dei ringraziamenti dal profondo del mio cuore pieno del più sincero amore per
Te! Infatti cos’altro potrei mai offrire io, povero e debole peccatore, a Te che sei il Signore dell’Infinità?»
11. Gli dico Io: «Tu hai ragione; però, per il momento tieni per te tutto quello che sai e che hai visto ed
udito qui, non Mi rendere di pubblico dominio prima del tempo e nella tua attuale felicità terrena non ti
dimenticare dei poveri! Infatti tutto quello che avrai fatto ai poveri nel Mio Nome, l’avrai fatto a Me, e ne
riceverai la ricompensa nel Cielo. Ora però, dato che qui a Chis noi abbiamo terminato tutto ciò che c’era da
fare e da spianare, ci disporremo per il viaggio verso Nazaret».
[indice]
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Cap. 11
Partenza del Signore e dei Suoi discepoli verso Nazaret
(Matt.13,53)
1. Dice Fausto: «Allora bisogna che io dia ordine di trasportare tutte le mie cose sulle navi?»
2. Gli rispondo Io: «Tutto è ormai già fatto” Siccome i tuoi battelli non sarebbero bastati, Baram e
Kisjonah hanno messo a disposizione le loro due grandi navi, cosicché tutto è in pieno ordine ed altro non ci
resta che partire»
3. Dice Fausto: «Davvero più non mi meraviglia che sia certamente così, perché cosa c’è di impossibile
per l’Onnipotente?».
4. A questo punto si fanno avanti anche Jonaele e Jairuth assieme ad Archiele, Mi ringraziano di tutto e
quando, dopo essersi congedati da Me con parole di ossequio e di gratitudine, si sono appena accinti a
ritornare a Sichar, ecco farsi loro incontro, come da Me predetto, la deputazione dei sichariti i quali li
accolgono con tutti gli onori ed in particolare pregano Jonaele di voler accettare la dignità di capo dei
sacerdoti: allora, tanto Jonaele quanto Jairuth si ricordarono di quello che Io già prima avevo loro
annunciato.
5. In quanto a noi, quando Io ebbi finito di esporre le nuove parabole del Regno dei Cieli e quando ebbi
congedato i sichariti e Mi fui congedato da Kisjonah che questa volta, dietro Mio consiglio, rimase a casa
senza accompagnare nemmeno Fausto – il quale ebbe però da Me la promessa di un Mio non lontano ritorno
–, ci recammo, quando mancavano due ore a mezzogiorno, su di un grosso battello ed assieme a Fausto, che
aveva preso posto sulla Mia nave con la sua giovane moglie, ci dirigemmo verso un luogo vicino a
Cafarnao, dove c’era l’usuale punto d’approdo tanto per questa città quanto per Nazaret che, com’è noto,
non era situata lontano da Cafarnao.
6. E quando fummo sbarcati, Fausto disse: «Signore, io verrò con Te a Nazaret, affinché a Tua madre,
nonché ai Tuoi fratelli e sorelle terreni, vengano restituite le loro proprietà»
7. Ma Io gli dico: «Anche questo è già avvenuto, così pure sia a casa tua che fuori, nel tuo interno ed
esteso distretto giudiziario, troverai tutto nel migliore ordine possibile, perché il Mio Archiele ha già
sbrigato fino ad ora al tuo posto tutti gli affari. Tu dunque va’ a Cafarnao e qualora dovessi incontrare
Giairo, ciò che certo accadrà ed egli ti narrerà le sue dolorose vicende, digli che Io ora mi tratterò qui a
Nazaret per un po’ di tempo! Se egli vuole qualcosa, che venga da Me personalmente, però egli solo!»
8. Dice Fausto: «Non potrei forse accompagnarlo io?»
9. Ed Io rispondo: «Oh, certo, ma vieni tu solo con lui!». Con queste parole ci separammo.
10. Io M’incammino assieme ai Miei numerosi discepoli verso la Mia patria terrena, Nazaret, mentre
Fausto, fatti venire in fretta dei portatori e dei carri, vi carica su i tesori che aveva portato con sé e la
carovana parte verso casa sua, a Cafarnao. È superfluo rilevare come l’arrivo del giudice superiore, scortato
da tutte quelle ricchezze ed al fianco di una bellissima consorte, suscitasse nella città grande scalpore e non
deve d’altra parte meravigliare se, in quella occasione, per varie ragioni, venne incontro al giudice superiore
anche il capo dei farisei che dimoravano là, di nome Giairo, perché egli pure aveva avuto qualche sentore
della famosa spedizione dei dodici farisei a Gerusalemme ed aveva saputo che Fausto era stato chiamato a
Chis a causa loro.
11. Fausto lo accolse con il dovuto onore e gli disse: «Un galantuomo è stato salvato e tutte le cose, che i
farisei di nascosto avevano ingiustamente sequestrato ed estorto ai poveri ebrei, sono state restituite a questi
ultimi fino all’ultimo statere, gli altri undici poi sono ormai a Gerusalemme, nel Tempio, dove riceveranno
la ricompensa adeguata agl’inganni inauditi ed alle ruberie commesse da loro ovunque. Andrei troppo per le
lunghe, se volessi raccontarti tutte le male cose perpetrate dagli undici, ma se un giorno avrai tempo, vieni
da me a prendere visione dei numerosi atti che ho portato con me e vedrai che ti si rizzeranno i capelli sulla
testa! Ma ora parliamo d’altro! Cosa ne è della tua cara figliola? Vive essa ancora, oppure è morta?»
12. Risponde Giairo, afflittissimo e scoppiando subito in pianto: «Oh, amico mio! Perché richiamarmi
questa cosa alla memoria? Ahimè, essa purtroppo è morta! Nessun medico ha potuto trovare rimedio al suo
male. Soltanto Boro, il medico di Nazaret, disse che egli avrebbe potuto bensì darle aiuto, ma che non
voleva perché ho peccato troppo gravemente contro il suo amico Gesù che è stato il suo Maestro. E così mia
figlia, che io tanto amavo, è morta. Straziava davvero il cuore sentire come la poveretta invocava Gesù
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affinché l’aiutasse e come in punto di morte mi rivolse parole aspre, perché io avevo offeso Gesù, il più
grande benefattore della povera umanità sofferente, in modo tanto grave da doverne essa morire senza più
alcuna speranza di soccorso! Io feci il possibile e l’impossibile per trovare Gesù, affinché l’aiutasse! Ma
Gesù non ha voluto ascoltare il messo che gli avevo mandato incontro, quantunque io abbia ormai deplorato
mille volte amaramente le mie mancanze verso di Lui! E adesso ahimè – è troppo tardi! Essa già da quattro
giorni giace nella tomba e puzza orribilmente! Ormai Jehova usi grazia e misericordia alla sua bella anima!»
13. Dice Fausto: «Amico, io deploro di tutto cuore la disgrazia che ti ha colpito, però, comunque sia,
devo avvertirti che Gesù, il Signore onnipotente, si trova adesso a Nazaret. Ora, secondo le mie molteplici
esperienze fatte di persona, per Lui non c’è niente di impossibile! Che ne dici di rivolgerti a Lui? Io posso
assicurartelo: Egli certo ha potere sufficiente per richiamare in vita tua figlia e per ridonartela!»
14. Osserva Giairo: «Anche se ciò non fosse più possibile, io voglio ugualmente recarmi da Lui e
domandarGli mille volte perdono per averLo, certo non di mia volontà, ma costretto dalle circostanze, offeso
e conturbato!»
15. Dice Fausto: «Ebbene, vieni allora con me; noi Lo troveremo a Nazaret, in casa di Sua madre. Però,
in ossequio alla sua decisione, nessuno deve accompagnarci!» Giairo, animato da una vaga speranza che lo
fa sussultare dalla gioia, accoglie subito la proposta di Fausto e, fatti sellare velocemente due robusti muli,
ambedue partono di buon trotto per Nazaret. Già due ore prima del tramonto essi arrivano, lasciano le
cavalcature in uno stallaggio ed a piedi si recano alla casa di Mia madre Maria. Là trovano Me, assieme a
Boro, il quale era stato fra i primi a venirMi incontro a braccia aperte, avendo avuto notizie che Io sarei
venuto in quei giorni a Nazaret.
16. Quando dunque Fausto e con lui Giairo entrarono nella stanza dove Io Mi trovavo, il secondo scoppiò
in un pianto dirotto e prostratosi ai Miei piedi Mi supplicò ad alta voce di perdonargli il grave peccato di
ingratitudine commesso contro di Me!
17. Io però gli dissi: «Alzati! Il tuo peccato ti è perdonato, ma guardati bene dal caderci una seconda
volta. Dove è sepolta tua figlia?»
18. Risponde Giairo: «Signore, Tu sai che non lontano da qui ho fatto erigere una scuola per i figli del
paese, con vicino un piccolo oratorio. In questo oratorio ho fatto costruire una tomba per me, ma, poiché mia
figlia mi ha preceduto, io la feci portare lì e la feci deporre nella tomba nuova, dove prima di lei nessuno
ancora era stato accolto. Questa tomba dista appena 2000 passi da qui, se Tu, o Signore, volessi vederla,
sarebbe per me una consolazione grandissima, poiché io sono conturbato fino alla morte!»
19. Gli dico Io: «Ebbene conduciMi lì, però nessuno deve accompagnarMi all’infuori di te e di Fausto!»
20. E gli apostoli domandarono se potevano essere presenti anche loro.
21. Risposi Io: «Questa volta, tranne i due nominati, non deve venire nessuno!»
22. E Boro a sua volta chiese: «Signore, Tu mi conosci e sai che io, se voglio, sono muto come un pesce,
non sarebbe bene che io, nella mia qualità di medico, vi accompagnassi?»
23. Ma Io non acconsentii e gli dissi: «Questa volta no. Rimanga perciò valida la Mia prima decisione:
noi tre soli e nessun altro!»
[indice]
Cap. 12
Il secondo risveglio di Sara dalla morte
1. Poi nessuno si azzardò a domandare altro o a pregare. Noi ce ne andammo alla tomba ed Io contemplai
il cadavere già fortemente putrefatto e chiesi a Giairo se egli ormai pensasse, o addirittura credesse, che sua
figlia fosse morta soltanto in apparenza.
2. E Giairo rispose: «Signore, in cuor mio neppure la prima volta ho creduto una cosa simile, perché
sapevo troppo bene che Sara, la mia cara figlia, era proprio morta davvero! Quando si trattò di testimoniare
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il falso contro di Te, io vi fui tirato per i capelli e se io non avessi firmato il perfido documento, Tu saresti
stato perseguito ancora più ferocemente, ciò che, lo dichiaro solennemente, io non volevo avvenisse in
nessun caso, ma, avendo firmato la falsa testimonianza, Tu fosti considerato piuttosto come un semplice
vagabondo cui è a noia il lavoro, il quale opera qua e là qualche guarigione e che ambisce a crearsi in Israele
una fama di profeta suscitato da Dio, più che non quella dello stesso Messia, il quale è temuto più di
qualsiasi altro dalla casta sacerdotale, ben provvista di agi e di ricchezze, poiché sta scritto che quando il
Gran Sacerdote nell’ordine di Melchisedek scenderà dall’eternità su questa Terra, la casta di tutti gli altri
sacerdoti avrà completa fine e il nuovo Melchisedek regnerà poi in eterno con i suoi angeli sopra a tutte le
nazioni della Terra.
3. Io Te lo dico: “Tutti i sacerdoti, dai più alti agli infimi, non temono né il fuoco né la tempesta che
passò davanti alla grotta dove stava nascosto Elia, il grande profeta, ma quello che soprattutto li spaventa è il
dolce alitare del vento intorno alla stessa grotta del grande profeta, perché dicono sempre: Il Messia
nell’ordine di Melchisedek verrà nel profondo silenzio della notte come un ladro e toglierà loro tutto quello
che essi si sono acquistati! Per questa ragione nessuno fra i sacerdoti vuole attendere in questa vita la venuta
dell’Unto del Signore fin dall’eternità, ma brama invece ardentemente di vederla rimandata ad un futuro, il
più possibile lontano”.
4. Ora, siccome tutta la casta sacerdotale, particolarmente la parte anziana, deve rilevare senza dubbio
possibile, desumendolo dalle opere e dai Tuoi straordinari insegnamenti che in Te vanno avverandosi tali
profezie, essa fa i maggiori sforzi allo scopo di provocare, se mai possibile, la Tua rovina! Se ciò non fosse
possibile, dato il caso che Tu fossi nella piena realtà quello che temono che Tu sia, essi faranno più tardi
penitenza con sacco e cenere per le loro malvagie fatiche ed aspetteranno trema