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La grande guerra ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo 6 novembre 1993 anno i n. 1 l. 3.000 Dietro il Gatt il futuro dell’economia di tutti i paesi Europa / Stati Uniti Liberalizzazione dei commerci, protezionismo agricolo, eccezione culturale die zeit le monde diplomatique the guardian the wall street journal Cinema Woody Allen intervistato dai giornalisti dei cahiers du cinema Stati Uniti Il paese degli avvocati le monde diplomatique Reportage Cina, la prossima superpotenza el pais Russia “Attenzione, il fascismo è alle porte” segodnia Scienza Le zanzare e la febbre gialla new scientist

Il mitico numero 1 di Internazionale

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Il 6 novembre 1993 esce il primo numero del settimanale Internazionale, diventato da allora uno dei più autorevoli organi di stampa pubblicati in Italia

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Page 1: Il mitico numero 1 di Internazionale

La grandeguerra

ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo 6 novembre 1993 anno i n. 1 l. 3.000

Dietro il Gatt il futuro dell’economia di tutti i paesi

Europa / Stati Uniti

Liberalizzazione dei commerci, protezionismo agricolo, eccezione culturale

die zeitle monde diplomatiquethe guardianthe wall street journal

CinemaWoody Allen intervistato dai giornalisti dei cahiers du cinema

Stati UnitiIl paese degli avvocatile monde diplomatique

ReportageCina, la prossima superpotenzael pais

Russia“Attenzione, il fascismo è alle porte”segodnia

ScienzaLe zanzare e la febbre giallanew scientist

Page 2: Il mitico numero 1 di Internazionale

In primo piano

Un’occasione da non perdere, 5the wall street journal

Uno strumento della potenza americana, 8le monde diplomatique

Anche la cultura è merce, 11die zeit

L’isolazionismo europeo, 13the wall street journal

Noi e gli americani nemici per forza, 15the guardian

CinemaMorire dal ridere. Intervista a Woody Allen, 21cahiers du cinema

Russia“Attenzione il fascismo è dietro l’angolo”, 25segodnia

ReportageCina. La prossima superpotenza, 27el pais

Stati UnitiIl paese degli avvocati, 31le monde diplomatique

ScienzaFebbre nella giungla urbana, 35new scientist

IsraeleL’Intifada in prigione, 38ha'aretz

HaitiLa Cia: “Aristide è pazzo”, 41the nation

La settimana, 2In breve, 16Il resto del meglio, 43Tendenze, 45

Sabato 6 novembre 1993Anno 1, numero 1

Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,di quante se ne sognano nella vostra filosofia.– William Shakespeare, amleto

internazionale(issn 1122-2832)via Tiburtina 655, 00159 RomaTelefono (06) 43 94 971Telefax (06) 43 94 969

DirettoreGiovanni De MauroComitato di direzioneElena Boille, Chiara Nielsen, Savina Tessitore, Jacopo ZanchiniComitato di lettura e consulenzaFederigo Argentieri (Ungheria), RomeoBassoli (scienza e tecnologia), Eva Benelli(Brasile e Portogallo), Stefano Catucci(cultura e spettacoli), Marcella Emiliani(Africa), Sara Fortuna (Germania), PavelKozlov (Russia), Talal Khrais (mondoarabo), Barbara Lo Magistro (ex Jugoslavia),Federico Passi (Pacifico), Antonio PollioSalimbeni (economia e società), LiviaSansone (Scandinavia), José Luis Rhi-Sauzi(America latina), Zvi Schuldiner (Israele),Francesca Terrenato (Olanda), Titra(Africa), Carla Tonini (Polonia)TraduzioniMarina Astrologo (francese), Silvia Bonucci(francese), Annalisa e Giampiero Cara(inglese), Donata Carbone (tedesco),Giuseppina Cavallo (russo), Gianni Ferraradegli Uberti (inglese), Carla Patanè(francese), Bernardo Skolnik (ebraico),Bruna Tortorella (inglese), FrancescoVaranini (spagnolo)Ha collaboratoFederico ZanchiniProgetto graficoGiovanni Lussu e Daniele TurchiGrafici e cartineFederico Falcitelli (redazione), Luigi Perilli (realizzazione grafica)DisegniAnna Keen

Editoreinternazionale srlConsiglio di amministrazionePierluigi Borghini (presidente), PaoloAngelucci, Giovanni De Mauro, MauroMiccio, Francesco Varanini (consiglieredelegato)Sede legalevia Tiburtina 655, 00159 RomaSede amministrativavia Vasari 15, 20135 MilanoPreparazioniData Press srlvia Settala 55, 20124 MilanoStampaAzienda Grafica Milano srlstrada provinciale 114, località Faustina,20080 Albairate (mi)Distribuzione per l’ItaliaArnoldo Mondadori Editore spa20090 Segrate (mi)Copie arretratelire 9.000Inviare l'importo a: Arnoldo MondadoriEditore spa, ufficio collezionisti c/c postale numero 925206specificando sul bollettino il proprioindirizzo e i numeri richiesti.Per spedizioni all’estero aumentarel’importo di un contributo fisso di lire4.000 per le spese postaliAbbonamentiannuale 140.000 lire semestrale 70.000 lireInviare l’importo tramite assegno bancarioo circolare a: Internazionale srl, via Vasari15, 20135 MilanoCopyrightLe condizioni di utilizzo dei testi coperti dacopyright sono state concordate con idetentori prima della pubblicazione. Ove,per cause indipendenti dalla nostra volontà,non sia stato possibile, l’editore si dichiaradisposto a riconoscere il giusto compenso.È vietata la riproduzione, anche parziale,con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche a uso interno o didattico.Tutti gli articoli selezionati a partire dacirca 300 giornali stranieri sono pubblicatiintegralmente. Solo titoli, intertitoli ecappelli sono redazionali

RegistrazioneTribunale di Roma numero 433 del 4 ottobre 1993Direttore responsabileGiovanni De Mauro

La grandeguerra

ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo 6 novembre 1993 anno i n. 1 l. 3.000

Dietro il Gatt il futuro dell’economia di tutti i paesi

Europa / Stati Uniti

Liberalizzazione dei commerci, protezionismo agricolo, eccezione culturale

die zeitle monde diplomatiquethe guardianthe wall street journal

CinemaWoody Allen intervistato dai giornalisti dei cahiers du cinema

Stati UnitiIl paese degli avvocatile monde diplomatique

ReportageCina, la prossima superpotenzael pais

Russia“Attenzione, il fascismo è alle porte”segodnia

ScienzaLe zanzare e la febbre giallanew scientist

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ciò che viene definito un’Europa di geometria variabile, nellaquale si dia vita a un’ampia zona di cooperazione attorno a unnucleo costituito da un gruppo di paesi con vocazione piùfederalista”.

Italia

Visti dagli altriL’ordine di custodia cautelare emesso nei confronti di Carlo DeBenedetti sembra non aver colto di sorpresa la stampa estera:“Così fan tutti” titola the economist e prosegue “Sei mesi fa,con le purghe contro la corruzione che hanno travolto il paese,tutto sembrava cambiare in Italia e tutto aveva l’aria di andareper il meglio. Adesso, con l’accumularsi rapido delle accuse,tutto appare terribile, e nulla sembra cambiare”. Rincara la dosethe wall street journal con un servizio in prima pagina sulsistema di piccola e grande corruzione che da sempre avrebberetto il paese: “Pagare un piccolo extra per ottenere un servizioessenziale è sempre stato uno stile di vita in Italia da quando lamaggior parte degli italiani può ricordare. Per anni una tangen-te, o provvigione, ha permesso agli italiani di evitare le beghe diuna burocrazia inefficiente e di facilitare le transazioni d’affari inun’economia dominata dai partiti politici”. Gli scandali di questitempi stanno sicuramente cambiando le cose, ma l’articolo sichiude con una nota di pessimismo: “Sono in molti a dire cheun cambiamento della mentalità nazionale richiederà unagenerazione, se non di più”. el pais, titola: “Requiem per icondottieri”, termine con il quale indica la figura dell’imprendi-tore italiano degli anni Ottanta, entrata in crisi dopo la tempestadi Mani pulite. “Solo due anni fa, nel luglio 1991, una rivistaeconomica di prestigio come Uomini & Business, tracciava lamappa del potere economico con appena nove nomi: quelli diGianni Agnelli, Arturo Ferruzzi, Carlo De Benedetti, SilvioBerlusconi, Giampiero Pesenti, Gianni Varasi, Leopoldo Pirelli,Luigi Orlando e Salvatore Ligresti. Due anni dopo, questamappa risulta più che instabile”. Tanto instabile che, come dicele monde parlando della vicenda De Benedetti, “dopo il suici-dio di Raul Gardini in primavera, la caduta della Ferruzzi e i seriguai con la giustizia della Fiat, è con l’ultimo dei condottieri delsogno italiano degli anni Ottanta che se la prende oggi la giusti-zia”. Anche liberation è d’accordo con questo punto di vista:“È per questo che, al di là del personaggio Carlo De Benedetti, èil capitalismo nel suo insieme a ritrovarsi oggi sul banco degliimputati” e sottolinea come la linea difensiva scelta dal potereeconomico sia quella degli “industriali ostaggi, vittime del siste-ma politico”. Ma allo stesso tempo il caso De Benedetti suscitapreoccupazione: “La mossa dei magistrati contro una delle figurepiù importanti del mondo economico italiano arriva in unmomento di confusione crescente, dovuto al dissoversi delloscreditato sistema dei partiti” (financial times).

Algeria

Guerra civileDue geometri francesi, due cooperanti militari russi, due latino-americani e un filippino, tecnici della società italiana Sadelmi,

sono stati uccisi negli ultimi mesi. Il rapimento di tre agenticonsolari francesi, il 24 ottobre ad Algeri, ha definitivamentediffuso il panico tra gli stranieri: molti sono partiti e molti altrihanno chiesto la protezione delle ambasciate e dei consolati deiloro paesi; i tre ostaggi francesi sono stati liberati dalla polizia il31 ottobre seguente. Intanto il Fronte islamico di salvezza (Fis)ha negato qualsiasi coinvolgimento e ha lanciato appelli per laliberazione dei francesi catturati: “Prendersela con gli stranieri,far loro del male, non è affar nostro. Questa non è mai stata lapolitica del Fis. Abbiamo sempre detto che la nostra lotta nonera contro gli stranieri, ma contro la dittatura... Noi abbiamoper parte nostra scelto l’azione politica, ma il popolo può averereazioni diverse da quelle politiche, e non sono reazioni chepossano facilmente controllarsi” ha detto a liberation RabahKebir, leader del Fis in esilio. Dal gennaio 1992, i morti di questaguerra civile sono stati circa duemilacinquecento; il governo el’esercito hanno scelto come unica strada la repressione. Da parteloro i militanti islamici, riuniti in piccoli gruppi armati guidatida capi locali, su cui il Fis non può esercitare un controllo reale,sono andati verso una radicalizzazione dello scontro attraversoviolenze contro intellettuali e giornalisti. Scrive il giornale algeri-no el watan: “Il fascismo ha sempre cominciato con l’elimina-zione degli intellettuali, i soli autentici ostacoli di fronteall’assoggettamento dottrinale della società... Che convienedunque fare? Le coscienze che devono essere interpellate sonoquelle dei governanti, perché riconoscano di non aver ancorapreso tutte le misure per ostacolare il terrorismo, e che invececontinuano a credere che occorra dialogare con coloro che sisono ripromessi di mettere il paese a ferro e fuoco, in nome diuna divinità che non chiedeva tanto, e che tergiversando esauri-scono le loro ultime energie nel condannare attentati che colpi-scono coloro di cui questi sono stati incapaci di garantire lasicurezza”. le matin di Algeri pubblica una lunga e macabralista di attentati e violenze perpetrati nel breve spazio di un finesettimana. al wasat di Beirut sostiene che se l’esercito è dispo-sto a continuare per il momento la sua strategia di repressioneperché “molto attento nel difendere i vantaggi acquisiti e il suoruolo politico”, ciò non può certo avvenire per un tempo troppolungo: “Tuttavia il problema maggiore nello scontro tra esercitoe fondamentalisti è che il tempo gioca a favore di questi ultimi.Se gli attentati dovessero continuare, il rapporto di forza nonsarà indefinitivamente a favore dell’esercito. Infatti nemmeno ilpiù forte degli eserciti può resistere a una guerra di usura, e gliislamici hanno mostrato finora con quale efficacia hanno saputoprendere questa strada”.Si discute intanto di riforme economiche, in una situazionesull’orlo del disastro; alcuni esperti sottolineano la necessità dirompere col modello economico dirigista finora in vigore, maalgerie actualite sottolinea che questo vorrebbe dire che ilpaese, per modernizzarsi, dovrebbe affrontare sacrifici quasiinsormontabili con effetti sociali, soprattutto a breve termine,devastanti. Il contrabbando intanto si diffonde a macchia d’olio,con grave danno l’economia, come racconta el moudjahid diAlgeri, tanto che tutti i prodotti di prima necessità sono alcentro di traffici illegali.

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Internazionale

Ai lettori“Quando iniziammo le nostre pubblicazioni, nell’autunno del1943, ci sembrò che una delle necessità più urgenti, nei riguardidegl’italiani che leggono, fosse di metter loro davanti un saggio,il più variato ed esteso che si poteva, della sostanza intellettualedi cui si cibano normalmente i pubblici delle democrazie. Sequesta poi fosse o no più gustosa e più nutriente di quellasomministrata loro dal fascismo, toccava agl’italiani giudicare”.Cominciava così la breve nota che celebrava i primi due anni divita del mese, una rivista che alcuni antifascisti italiani pubblica-vano da Londra e in cui erano tradotti i migliori articoli deimigliori giornali stranieri. Nel 1943 nessuna delle persone cheoggi dà vita a internazionale era ancora nata, ma “l’urgenza”che avvertivano i promotori del mese ci pare intatta e crediamodi sentirla anche noi. Dopo cinquanta anni sarebbe sbagliatolasciarsi andare a facili similitudini. Però quel bisogno di provarea capire la complessità del mondo, quella voglia di accedereall’informazione senza filtri e di formarsi opinioni proprie senzamediazioni - bisogno e voglia che erano dietro a quella rivistacosì lontana da noi - ci sembrano gli stessi. Ogni settimana internazionale sceglierà, tradurrà e pubbli-cherà integralmente i migliori articoli comparsi sui migliorigiornali di tutto il mondo. Faremo un giornale di poche pagine:perchè pensiamo che la qualità non è data dalla quantità madalla capacità di selezionare poche informazioni veramente utili.Un articolo letto su internazionale non farà capire il mondo,ma aiuterà a capire come il mondo è complicato, vario e ricco. Ecome i destini di tutti noi siano incrociati e legati. Con ilsupporto di una rete internazionale di esperti e collaboratorisceglieremo ogni settimana gli articoli da pubblicare a partire dapiù di 300 tra quotidiani, settimanali e mensili sparsi per ilpianeta. I migliori traduttori cercheranno di garantire ottimetraduzioni e la massima fedeltà ai testi originali. Con un proget-to grafico semplice e sobrio e un editing accurato e per il possibi-le puntiglioso intendiamo confezionare un giornale che vorrem-mo preciso, funzionale, gradevole. Questi sono i nostri obiettivi, queste le nostre ambizioni.Sappiamo che forse non potremo raggiungerli tutti, subito ebene. Un giornale ha bisogno di vivere e crescere. E per vivere ecrescere, un giornale ha bisogno di lettrici e lettori esigenti, epazienti.

Europa

L’allargamento della Comunità“Ce la farà l’Europa a uscire da questo ‘periodo di attesa e dimorosità’ (secondo la formula di Jacques Delors) per mantenerele promesse del trattato di Maastricht?”, si chiede the econo-

mist. “Il trattato - scrive ancora il giornale britannico - prevedeuna cooperazione sul piano politico, una politica estera e disicurezza comune e, da qui al 1999 al più tardi, la costituzione diuna unione economica e monetaria (Uem). Promesse, soltantopromesse. Gli impedimenti pratici sono chiari a tutti”.Anche Charles Goldsmith, sul wall street journal, sottoli-

nea le difficoltà legate a una politica estera comunitaria: gliinsuccessi nell’ex-Jugoslavia dimostrano che la ComunitàEuropea “non è ancora pronta a giocare un ruolo di rilievo sullascena della politica estera”. Lluís Bassets, su el pais, spera che l’entrata in vigore delTrattato possa “aiutare la ripresa della costruzione europea daparte di un gruppo di paesi decisi a evitare la deriva verso unazona di libero scambio senza coesione politica, e senza capacitàdi decisione”. Intanto la già vacillante Comunità europea affron-ta ora un altro problema: l’allargamento dell’Unione ad altriStati. Su liberation Pascale Hugues scrive che “secondo Bonnl’adesione dell’Austria, della Svezia, della Norvegia e dellaFinlandia deve essere realizzata al più tardi entro la fine del1995”. E the economist nota come dietro l’allargamento si

nascondano rapporti di forza conflittuali: “I paesi più grandidispongono di più voti al Consiglio dei ministri, organo decisio-nale della Comunità, cosa che impedisce loro di essere messi inminoranza da una truppa di piccoli paesi. I piccoli paesi a lorovolta sono protetti dalla tirannia dei grandi da un sistema di votoa maggioranza qualificata. (...) Questo significa che i cinquegrandi, benché rappresentino i due terzi della popolazione Cee,non possono mettere i sette piccoli in minoranza. Per raggiunge-re la maggioranza qualificata i cinque grandi hanno bisogno delsostegno di almeno due piccoli paesi. Allo stesso modo i piccolipaesi alla ricerca di una maggioranza qualificata devono allearsicon almeno tre grandi stati. Il principio alla base è che lamaggioranza qualificata debba rappresentare il 70 per cento dellapopolazione Cee”. Accogliere Austria, Svezia, Norvegia e Finlandia nella Comunitàsignificherebbe accettare uno squilibrio a favore dei paesi menopopolati, a meno che non si cambino le regole del gioco. MaIgnacio Cembrero, su el pais, scrive che “gli stati più piccolidella Comunità europea non ne vogliono sapere di una riformaistituzionale prima della grande conferenza intergovernativa del1996”. Secondo Bassets, sempre su el pais, una soluzione aiproblemi posti dall’integrazione sarebbe quella di “organizzare

Una Cee con sedici paesiVoti nel consiglio dei Ministri e seggi nel parlamento Europeo

Paese Popolazione Voti nel Membri nella Membri nelal 1 gennaio consiglio Commissione parlamento

1993 dei Ministri Europea Europeo

Germania 80.600.000 10 2 99Italia 56.900.000 10 2 87Regno Unito 57.900.000 10 2 87Francia 57.500.000 10 2 87Spagna 39.100.000 8 2 64Olanda 15.200.000 5 1 31Portogallo 9.800.000 5 1 25Grecia 10.300.000 5 1 25Belgio 10.000.000 5 1 25Danimarca 5.200.000 3 1 16Irlanda 3.500.000 3 1 15Lussemburgo 400.000 2 1 6Totale Cee 346.400.000 76 17 567

Svezia 8.600.000 4 1 21Austria 7 900 000 4 1 20Finlandia 5.000.000 3 1 16Norvegia 4.300.000 3 3 15Totale Cee e candidati 372.200.000 90 21 639

Fonte: El País

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L’accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (Gatt),trattato internazionale in discussione da 45 anni che coinvolgecentoundici paesi per liberalizzare gli scambi commerciali, è a unastretta finale. L’ultima fase dei negoziati, il cosiddetto UruguayRound, si avvia alla conclusione, ma l’intesa sembra ancora lonta-na. Un contenzioso, nato intorno alla politica agricola, separa laFrancia dagli Stati Uniti. E adesso è la volta dei prodotti audiovisi-vi: la Francia chiede una “eccezione culturale” che escluderebbequesti prodotti dai negoziati, per difendere un mercato già invasodalla produzione statunitense. La disputa non è solo commerciale eindica un mutamento profondo nei rapporti internazionali. Da unlato gli Stati Uniti, rimasti soli sulla scena mondiale dopo la finedella guerra fredda e sempre più interessati ai mercati asiatici esudamericani. Dall’altro un’Europa politicamente debole che nonriesce a prendere atto della fine della sua posizione strategica e delmutamento degli equilibri.

il presidente degli Stati uniti Bill Clinton ha parlato per moltidei leader del mondo quando ha detto all’Assemblea generaledelle nazioni unite, qualche settimana fa, che “un forte accordoGatt creerà milioni di posti dilavoro in tutto il mondo”. Nonc’è praticamente nessuno, tra ileader politici del pianeta, chenon abbia espresso una convinzione analoga. È per uno spiace-vole fatto della vita che i discorsi benintenzionati debbano esseretradotti in azioni pratiche. E qui l’inciampo.

L’Uruguay Round dei negoziati commerciali, in corso dasette anni, si chiuderà il 15 dicembre. La posta in giuoco è nientedi meno che il sistema commerciale mondiale. Se i negoziatifalliscono, quegli stessi statisti avranno commesso una delle piùgrosse pazzie collettive del secolo. E tra le conseguenze di questapazzia potrebbe esserci il crollo delle speranze di molti paesi chestanno attraversando difficili fasi di transizione. Sarebbeun’ironia crudele se, dopo la scomparsa della Cortina di ferro, gliStati Uniti e la Comunità europea non fossero capaci di mante-nere in piedi un solido ed efficace sistema commerciale.

Potrebbe essere in giuoco il futuro delle nuove democraziedel mondo. Se le facciamo sentire economicamente isolate, c’è ilrischio che i loro elettori siano tentati di concludere che i metodidel passato erano in realtà migliori e meno dolorosi. HannaSuchocka, il primo ministro uscente della Polonia, ha affermatocon grande vigore che le sue riforme economiche sono state

indebolite dal protezionismo occidentale, e che ciò spiega l’attra-zione esercitata sugli elettori polacchi dal conservatorismoeconomico. In Russia, le avare offerte di modeste facilitazioniper l’accesso al mercato delle merci russe rimangono lontanissi-me dal livello delle necessità reali.

molte democrazie fragili

La Russia, la Polonia e le altre democrazie europee emergentinon sono sole. In Asia, in America Latina e in Africa sononumerosi i paesi in cui le riforme democratiche sono andate dipari passo con l’apertura dei mercati e il disimpegno del governodall’industria e dal commercio. Molte di queste nuove democra-zie sono politicamente ed economicamente fragili. I loro leaderhanno spesso dato prova di un grande coraggio nelle loro politi-che di liberalizzazione economica. Ciò di cui questi paesi hannobisogno è una piena assimilazione nel sistema commercialemultilaterale, e non certo un rifiuto da parte dei beneficiari dimaggior successo di tale sistema.

Queste considerazioni mirano a far capire che l’UruguayRound riguarda qualcosa di molto più vasto dei sussidi

all’agricoltura, dei dazi antidumping e deicontingenti d’importazione sui telefilm. Si trattadi qualcosa che va oltre uno stimolo alla crescitaeconomica (come indubbiamente sarebbe), e

anche oltre la battaglia per creare nuovi posti di lavoro (cheindubbiamente aiuterebbe). Perfino i benefici per i consumatori,sotto gli occhi di tutti, non rendono giustizia alla sua importan-za. Il punto davvero essenziale è ch’esso incide profondamentesulla maniera in cui le nazioni sono destinate a interagire - nelsenso più ampio - nei decenni a venire.

L’Urugay Round il più vasto e complesso negoziato econo-mico multilaterale che sia mai stato intrapreso. Molte sono leragioni che indussero a vararlo; ma la più persuasiva, e la piùsincera, è che il sistema multilaterale che aveva contribuito acreare tanta prosperità negli anni Cinquanta, Sessanta e Settantastava (e sta tuttora) crollando. Abbiamo assistito all’indeboli-mento di questo sistema ad opera di nuove forme di protezioni-smo - per esempio, i sussidi all’agricoltura su vasta scala, e, nelsettore industriale, gli accordi bilaterali per la divisione deimercati - che il Gatt non è stato in grado di contrastare.Contemporaneamente, e in parte a causa del successo iniziale delGatt, nella maggioranza delle economie l’importanza delcommercio è enormemente aumentata (negli anni recenti, la

Un’occasione danon perdere

Peter Sutherland, direttore generale del Gatt,sostiene che l’accordo rappresentaun’opportunità storicaper lo sviluppo dell’economia e della democrazia nel mondo

peter sutherland

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Una pesante responsabilità sta dinanzi ai governi dell’Europa,degli Stati Uniti e del Giappone, e soprattutto ai loro capi,chiamati a prendere le decisioni giuste nel periodo che ci separadal 15 dicembre. Essi possono prestare ascolto alle rispettivelobbie nazionali, e badare soltanto alle risultanze dei sondaggisulla loro popolarità politica. Oppure possono prendere decisio-ni che andranno direttamente a vantaggio delle loro economie, eovunque nel mondo miglioreranno le probabilità di successodelle riforme economiche e democratiche. Io sono fermamenteconvinto che il loro posto nella storia e la sicurezza futura delmondo dipendano da questa risoluzione.

■ Con o senza l’Europa. Questo articolo di Mickey Kantor èstato pubblicato per la prima volta sul financial times e poiripreso da el pais. Kantor è il responsabile per il commercio degliStati Uniti.

A novembre, gli Stati Uniti ospiteranno a Seattle un impor-tantissimo meeting, indetto dall’Asia pacific economic coopera-tion (Apec), che vedrà riuniti i ministri degli esteri, dell’econo-mia e del commercio di vari Paesi, nonché gli stessi leaderdell’Apec.

Benché la maggior parte della gente non abbia mai sentitoparlare dell’Apec, sono pronto a scommettere che, nei prossimianni, le cose cambieranno. Pur essendo un’organizzazione sortadi recente, l’Apec sta acquistando sempre maggiore importanza esta assumendo un ruolo di primo piano nell’agevolazione degliscambi commerciali in Asia.

Intanto, abbiamo portato a termine i negoziati relativi agliaccordi sull’ambiente e sul lavoro, che hanno integrato l’Accordoper il libero commercio del Nord America (Nafta). (...) Clintonha detto chiaramente di essere favorevole all’ingresso di altripaesi sudamericani nel Nafta(...).

L’Asia orientale costituisce il mercato più importante perl’esportazione dei prodotti statunitensi. Nel 1992, il commerciodegli Stati Uniti sul Pacifico è stato superiore del 50 per centorispetto a quello sull’Atlantico. Dal 1989, le esportazioni statuni-tensi in America Latina e nei Caraibi sono aumentate di più del50 per cento, e il loro tasso d’incremento continua ad essere piùche doppio rispetto a quello delle esportazioni statunitensi nelresto del mondo; ciò fa sì che la regione sudamericana e caraibicapossa collocarsi al secondo posto tra i nostri mercati in piùrapido sviluppo. Questi Paesi sono diventati un mercato inespansione per i prodotti statunitensi; il 43 per cento delleimportazioni dell’America Latina vengono dagli Stati Uniti.

Intanto, mentre la maggior parte dei sistemi economicimondiali si sta indirizzando verso una maggiore apertura,aumentano le tendenze europee al protezionismo, in particolarmodo nei settori automobilistico e agricolo. L’esempio piùrecente è rappresentato dall’insistenza della Francia per rivederel’accordo Blair House, che ridurrebbe i finanziamenti all’agricol-tura legati alla produzione.(...) Questa situazione fa sì che alcunisi chiedano se gli Stati Uniti stiano voltando le spalle all’Europa,che per decenni è stata sua alleata e sua affiatata partner incampo commerciale. Altri temono che il mondo stia entrando inun periodo caratterizzato da blocchi commerciali regionali in

competizione tra loro. Per quanto possiamo prevedere, gli Stati Uniti avranno un

ruolo attivo in Europa. Noi desideriamo che i prodotti statuni-tensi abbiano maggiore accesso in Europa, e non che gli interessicommerciali degli Stati Uniti si concentrino su altre parti delglobo. Se l’Europa ostacolerà gli sforzi per espandere il commer-cio, ciò andrà soprattutto a suo detrimento. Il commercio statu-nitense continuerà ad espandersi in Asia e in America Latina, el’Europa rimarrà esclusa. (...)

L’Amministrazione Clinton ritiene che gli accordi di caratte-re regionale possano agevolare gli scambi commerciali su scalamondiale in due modi. Innanzitutto, possono preparare le nazio-ni in via di sviluppo a fare il loro ingresso nel sistema commer-ciale globale. In secondo luogo, possono integrare gli scambicommerciali a livello mondiale e facilitare i negoziati. (...)

La politica commerciale dell’amministrazione Clinton sifonda su una nuova realtà: viviamo in un’economia globale postGuerra fredda. Siamo impegnati a costruire l’economia piùforte, produttiva e competitiva del mondo, nonché ad aumenta-re le opportunità di alti stipendi e di un lavoro qualificato per ilavoratori americani.

Ci siamo finalmente resi conto del fatto che la nostra econo-mia, come pure quella mondiale, sta cambiando. I sistemieconomici mondiali non sono più autosufficienti. Siamo tutti incompetizione reciproca all’interno di un’economia caratterizzatadalla mobilità del capitale e della tecnologia. Si tratta di tendenzedestinate a persistere. Non si tratta di stabilire se sia o no il casodi adattarvisi, bensì di capire in che modo si debba farlo.(...)

La nostra politica commerciale costituisce parte essenziale diquesta strategia. L’apertura di nuovi mercati è fondamentale aifini della creazione di nuovi posti di lavoro e dello sviluppoeconomico.

Perciò gli Stati Uniti sono ansiosi di trovare opportunità inaree in rapido sviluppo, quali l’Asia e l’America Latina, con lasperanza che i nuovi accordi commerciali stipulati in quelle zoneaumentino le opportunità di sviluppo per le compagnie e ilavoratori statunitensi, e contemporaneamente portano avantitrattative multilaterali. Ma l’esistenza di una nuova economiaglobale è un dato di fatto anche per i lavoratori europei. Varicordato che, in definitiva, la conclusione di trattative qualil’Uruguay Round andrà a vantaggio anche dei lavoratori e deiconsumatori europei.

Questi accordi commerciali a livello regionale - col Nafta, unvero e proprio accordo per il libero commercio; con l’Apec, unatribuna per i dibattiti tra le economie più dinamiche del mondo- garantiscono a queste nazioni la possibilità di continuare acrescere e di essere introdotte nel sistema commerciale mondiale.Per di più, questi accordi garantiscono la prosecuzione delcammino verso governi più democratici e sistemi politici edeconomici più aperti, ossia verso quei fattori che hanno determi-nato il notevole sviluppo economico dell’Asia e dell’AmericaLatina.

Pertanto, non stiamo voltando le spalle alle vecchie responsa-bilità in Europa; piuttosto, stiamo assumendo nuovi impegni enuove responsabilità in Asia e nelle Americhe.

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crescita netta dell’occupazione nei paesi del G-7 è imputabilequasi per intero all’espansione degli scambi); e lo stesso dicasidella sua complessità, giacché l’interscambio di beni, servizi ecapitali avviene ora tra un numero sempre maggiore di econo-mie.

La verità è che il sistema commerciale che ha costituito unodei pilastri della ricostruzione e della ripresa postbellica segnaormai il passo rispetto alle realtà degli scambi e degli investimen-ti negli anni Novanta. Per un decennio, più o meno, esso halottato per mantenersi a galla al disopra di una massa crescentedi dubbie pratiche commerciali - adottate specialmente nei paesiindustriali - e per risolvere le controversie impiegando un corpusdi regole commerciali sempre meno rilevante per l’esperienzaconcreta degli operatori. Queste manchevolezze sono apparsecon particolare evidenza ai numerosi paesi che hanno perseguitopropri, autonomi programmi di liberalizzazione economica ecommerciale, in anticipo sulle nuove opportunità di accesso almercato e su un sistema di sostegno credibile e basato su regoleprecise.

L’agenda dell’Uruguay Round è stata dunque a un tempovasta e approfondita. Una parte essenziale del negoziato hariguardato il lavoro tradizionale del Gatt: la riduzione delle tarif-fe e altri mezzi per migliorare l’accesso ai mercati. Il pacchettosull’accesso ai mercati è vitale per le singole imprese, ovunque sitrovino, e specialmente per quelle operanti nei paesi impegnatiin un processo di riforma economica. Dal vertice del G-7 svolto-si a Tokyo è uscito un embrione di pacchetto, ma ora abbiamourgente bisogno di ulteriori decisioni politiche per migliorarlo -specialmente a beneficio dei paesi non-industrializzati, per moltidei quali le decisioni di Tokyo non hanno avuto nessuna impor-tanza - se vogliamo assicurare il raggiungimento, e anzi il supera-mento dei nostri ambiziosi obiettivi.

È la nuova agenda che è particolarmente significativa riguar-do al lungo periodo. Per cominciare, esiste ora un virtuale accor-do sulle prime regole commerciali multilaterali per i servizi.Oltre alle nuove regole, destinate in linea di principio ad appli-carsi a qualcosa come tre-quattromila miliardi di dollari di servizil’anno, sono ormai in uno stadio avanzato i negoziati per unpacchetto iniziale di misure miranti a liberalizzare i mercati.

Al secondo posto nella nuova agenda, troviamo il piùcompleto accordo mai negoziato sulla proprietà intellettuale.Esso significa che per la prima volta esisteranno standard accetta-ti in tutto il mondo per i brevetti, i copyright, i marchi e moltialtri diritti attinenti alla proprietà intellettuale. Non solo, maavremo anche i mezzi per imporne il rispetto a livello nazionale,e la possibilità di risolvere i problemi mediante un sistema multi-laterale di regolamento delle controversie. Di quest’accordobeneficeranno molte imprese in innumerevoli settori, tra i qualil’alta tecnologia, la moda e i prodotti audiovisivi.

Inoltre, la nuova agenda include settori - per esempiol’agricoltura e i tessili - di cui i precedenti negoziati commercialinon si erano occupati che molto superficialmente. Una varietà dialtre intese condurrà a un generale irrigidimento delle regolecommerciali multilaterali, mentre un sistema di regolamentodelle controversie più efficace e più efficiente offrirà a tutti igoverni l’opportunità di porre rimedio ai problemi commerciali

bilaterali, e una buona ragione per abbandonare l’unilateralismo.È peraltro chiaro che l’Uruguay Round non è un accordo

basato sul minimo comun denominatore. Per molti aspetti, essoè ancor più ambizioso di quanto si potesse anche solo immagina-re quando fu varato, nel 1986. Con il procedere del negoziato, ilcompito di riformare il sistema commerciale è diventato piùcomplesso e urgente.

Occorre anche riconoscere che i risultati dell’UruguayRound sono in gran parte maturi. Abbiamo un certo numero digrossi problemi politici da superare, e ci attendono alcune tratta-tive molto intense. Ma siamo vicinissimi alla meta.

E ciò significa che abbiamo moltissimo da perdere se illavoro non è finito per il 15 dicembre. Un fallimento vorrebbedire che perdiamo tutto. Non sarebbe possibile salvare dalnaufragio un qualsivoglia accordo sulla proprietà intellettuale. Lesocietà di servizi dovrebbero dimenticare le nuove opportunitàsu cui avevano fatto assegnamento, e i manifatturieri in cerca dinuovi mercati verrebbero lasciati a destreggiarsi con quelli chegià hanno. Questo sarebbe, verosimilmente, il lato evidente delfallimento. Il lato celato sarebbe una rapida erosione del sistemaesistente: la crescita impetuosa di una massa di controversiecommerciali insolubili, un circolo vizioso di nuovi interventiprotezionistici dei governi, e una flessione delle prospettiveeconomiche su scala mondiale.

Chi sarebbero i grandi sconfitti? I consumatori, le industried’esportazione, i disoccupati, i giovani in cerca di lavoro, i paesiin via di sviluppo, e, per tornare al mio punto di partenza, laRussia e gli altri paesi impegnati in un processo di riformaeconomica e politica.

C’è chi dice - sento di queste voci su entrambi i latidell’Atlantico - che tutto andrebbe bene, se solo il 15 dicembre ciaccontentassimo di un “mini-pacchetto”, di un qualche maldefinito accordo parziale. Ma questo non succederà. Il Round èun tutto compatto. Se ne estraete un elemento distruggetel’equilibrio, e l’uno o l’altro gruppo abbandonerà il tavolo delnegoziato. Ciascun elemento del Round rappresenta gli irrinun-ciabili interessi nazionali di qualcuno.

illusioni

Altri dicono che, se il Round fallisce, potranno sempre ripiegaresul Nafta (accordo per il libero commercio del Nord America),sulla Comunità europea o su un qualche tipo d’integrazioneeconomica per il Bacino del Pacifico. Di nuovo, si tratta diun’illusione. I blocchi economici o rimangono aperti entro ilsistema commerciale multilaterale - se questo sistema è sano evitale - oppure si chiudono in se stessi e si trasformano in fortez-ze. In questa seconda ipotesi, le prospettive di lungo periodo inmateria di crescita e di creazione di posti del lavoro sarebbero,anche dentro la fortezza, completamente negative. E se la rispo-sta a un fallimento del Round è il regionalismo, dove finirà laRussia? E che cosa ne sarà del resto dell’Europa centrale e orien-tale, o della Cina? A chi guarderanno i paesi dell’Africa? E,quanto alle nazioni dell’America Latina, possono davvero aspet-tarsi di essere accolte a braccia aperte dai membri di un Naftaprotezionista? Stiamo parlando di lasciare nei guai la maggiorparte dell’umanità.

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no nell’istantaneità. Le grandi istituzioni internazionali - Banca mondiale,

Fondo monetario internazionale (Fmi), Gruppo dei Sette (G7), Gatt, Organizzazione di cooperazione e di sviluppo econo-mico (Ocse) - a cui bisogna aggiungere le istituzioni comuni-tarie (di cui il trattato di Maastricht, ratificato ma a brandelli,proclama l’economicismo), sono altrettante macchine finaliz-zate alla crescita del libero scambismo. Ricordiamo il “prerap-porto” dei ricercatori dell’Ocse che affermava, nel 1992, cheuna riduzione del 30 per cento dei diritti doganali nel mondoavrebbe portato (a partire dal 2002) un guadagno annuo di200 miliardi di dollari, cifra immediatamente ripresa senzaalcun controllo dai media. Gli stessi ricercatori hanno oggipresentato la loro relazione definitiva, pubblicata congiunta-mente dall’Ocse e dalla Banca mondiale, facendo balenare(sempre dopo il 2002) un guadagno ancora superiore: 213miliardi di dollari all’anno!

L’obiettivo di simili lavori, che illustrano semplicemente letesi dei loro accomandanti, è prima di tutto politico: si trattadi condizionare l’opinione pubblica e i governi e intimidirequelli che mettono in dubbio questi due postulati: il liberoscambio è buono in sé e deve applicarsi a tutti; il commerciotraina la crescita.

Il primo di questi postulati vale quel che vale ogni rivesti-mento ideologico di un rapporto di forze. Per fare un soloesempio, i prezzi degradati (ed erratici) di quelle fra le materieprime del Sud che non sono state rimpiazzate da sostitutisono imputabili a un’applicazione integrale delle leggi delmercato... fissate dai paesi del Nord. Quanto alla correlazionetra il tasso di crescita degli scambi commerciali e quello dellaproduzione nei paesi dell’Ocse, non ha alcuna base scientifica:le tabelle pubblicate dallo stesso Gatt lo dimostrano! Dal 1986si nota una sconnessione crescente fra i due tassi - il primoaumenta molto più rapidamente del secondo - che provoca lacreazione di una “bolla” commerciale artificiale.

propaganda

Un nuovo ingrediente si è aggiunto oggi a un dispositivo dipropaganda già molto efficiente: lo stato dei negoziati sarebbe,da solo, un fattore di crescita o di recessione. In breve, sel’Uruguay Round non fosse firmato alla data fissata da BillClinton per ragioni di politica interna (15 dicembre 1993),l’economia mondiale accuserebbe il colpo. Bisognerebbeallora credere, per esempio, che di fronte alla crisi delladomanda che affligge il loro paese, i francesi, sordi alle esorta-zioni di Balladur che li incita a consumare di più, aspettereb-bero in realtà il semaforo verde di Peter Sutherland, nuovodirettore generale del Gatt, per metter mano al portafoglio il16 dicembre 1993! Coloro che si fanno portavoce più o menoconsapevoli della propaganda del Gatt dovrebbero ricordarsiche dal 1991 al 1992, malgrado la mancata conclusione, neldicembre del 1991, del negoziato dell’Uruguay Round (chedura dal 1986), il commercio internazionale delle merci ècresciuto del 4,5 per cento in volume e del 5,5 per cento invalore, mentre quello dei servizi aumentava, nello stesso perio-do, dell’8 per cento

Quelli che sono ossessionati dalla scadenza del 15 dicembre1993 possono rassicurarsi: se l’accordo del Gatt non verràfirmato quel giorno, gli affari continueranno allo stesso ritmodella vigilia e nel quadro degli stessi regolamenti o in assenzadi qualsiasi regolamentazione. E a quelli che vanno ripetendoche “un francese su quattro lavora per l’esportazione”, il che èglobalmente esatto, bisogna rammentare che il 77 per centodel commercio francese è diretto verso la Comunità ol’Associazione europea di libero scambio (Aele), con le qualinon esiste alcun diritto doganale. Solo il restante 23 per centoè, in parte, sottoposto alle regole del Gatt e, nella maggioranzadei casi, con paesi con cui la Francia ha una bilancia commer-ciale deficitaria (Stati Uniti, Giappone) o appena in equilibrio(America latina). Quindi al massimo solo un francese sudiciassette “lavora per l’esportazione” nelle zone rette dal Gatt.Un editorialista parigino affermava recentemente che, al Gatt,“la Francia va diritta contro il muro, ma la sua eccezioneculturale fa sì che ci corra a bandiere spiegate” e condannavain seguito “l’ovazione brezneviana che ha salutato nelle filedella maggioranza la prestazione del primo ministro”, che siera espresso sull’argomento in tono assai fermo. Poiché lanostalgia dell’Unione Sovietica affiora ormai nelle metafore,perché non riprendere quella del famoso Signor “Niet” che fu,

per tutta la sua lunga carriera diministro degli esteri di Mosca,Andrej Gromyko? Ma oggi è delSignor o della Signora “No” chebisogna parlare, ruolo svolto successi-vamente da Bush e Carla Hills e daClinton e Kantor, rimasti intrattabilinel corso degli anni. Sarebbe stato

lecito immaginare che temendo il mancato rinnovo da partedel Congresso dopo la scadenza del 15 dicembre, della proce-dura detta del fast track, Clinton avrebbe fatto delle concessio-ni pur di concludere il negoziato al più presto, nella misura incui è il solo ad avere realmente un imperativo di calendario.

È giocoforza constatare che in occasione del suo incontrodel 13 ottobre a Bruxelles con Sir Leon Brittan (certamentepoco combattivo nel difendere idee in cui non crede) e ilcommissario all’agricoltura René Steichen, Mickey Kantor,rappresentante personale del presidente per il commerciointernazionale, ha seccamente affermato che il dossier agricoloera da lui considerato definitivamente regolato dal preaccordodi Blair House del novembre 1992. E già l’indomani, 14ottobre, Clinton respingeva pubblicamente l’idea di qualsiasitrattamento specifico del settore audiovisivo nell’ambito delGatt.

Questi due campi hanno la particolarità di essere fra igioielli dell’esportazione americana e di trovarsi di fronte,nella Comunità, un solo paese che possa tenergli testa, laFrancia - perché è una potenza esportatrice di prodotti agrico-li (191 miliardi di franchi nel 1992) e l’unica, in Europa, adisporre di un’industria cinematografica ancora vitale. Ora, gliStati Uniti sono determinati a utilizzare la propria capacità diesportazione in tutti i settori per aumentare la propria crescitae la creazione di posti di lavoro. I governi repubblicani, dal

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la russia schiacciata da una terapia d’urto neoliberale, ilTerzo mondo sottoposto per la maggior parte alle costrizionidell’ “aggiustamento strutturale” e, nel Nord, le società colpitedalla disoccupazione e dalle esclusioni: così progredisce lamondializzazione dell’economia. Divenuti ormai l’unicasuperpotenza, gli Stati Uniti si affrettano a consolidare lapropria egemonia in tutti i campi, e non soltanto sui mercati.Nei negoziati del Gatt, la loro intransigenza pone i governieuropei - in primo luogo quello francese - in una situazioneinsostenibile di fronte ai danni della recessione e al montaredelle agitazioni sociali. In mancanza di un progetto comune diricambio, la Comunità vede messa alla prova la sua solida-rietà, mentre il margine di manovra del governo Balladur èridotto dalle rivalità interne alla sua maggioranza.

Da una parte gli americanicampioni della libera circola-zione delle idee, delle merci edei servizi, in una parolarisolutamente moderni e preoccupati del benessere del consu-matore planetario; dall’altra i francesi aggrappati a privilegiarcaici: esportazioni agricole sovvenzionate dal contribuenteeuropeo e quote audiovisive che impediscono a cinefili etelespettatori di esercitare la loro libera scelta in favore di WaltDisney, Steven Spielberg o Woody Allen a vantaggio di filmnazionali volgari o esoterici. Ciascuno avrà riconosciuto iprotagonisti della battaglia dell’Accordo generale sulle tariffedoganali e il commercio (Gatt), così come vengono presentatida buona parte degli editorialisti della stampa americana, maanche europea e persino francese.

Poiché da anni è combattuta innanzitutto sul piano dellacomunicazione, avendo come obiettivo la conquista deglianimi, questa battaglia meriterà un giorno di figurare negliannali della mistificazione. Tanto più che essa oppone degliattori che in realtà recitano, ciascuno, in ruoli che non glicorrispondono; ma uno, il governo degli Stati Uniti, hasaputo a meraviglia infilarsi nel personaggio del “buono”,obbligando l’altro - la Francia e, in certa misura, l’Europa -impegolato nelle sue contraddizioni, a sposare la parte del“cattivo”, del guastafeste.

Mentre la vera posta in gioco dell’Uruguay Round -apertamente presentata come tale da Washington - è il mante-nimento, o la restaurazione, dell’egemonia americana in setto-ri economici chiave, il falso dibattito che occupa i media

contrappone i “benefici” del libero scambio ai “danni” delprotezionismo.

La libertà contro la restrizione, l’apertura contro la chiusu-ra, il consumatore contro il burocrate: già la terminologia,temibile potere delle parole, costringe sulla difensiva chi nonaderisce al dogma di un libero scambio eretto a valore supre-mo, rispetto al quale gli imperativi sociali, culturali, ecologicio altro appaiono come categorie subalterne. Il libero scambioha due principali tipi di difensori: quelli, i più realisti, che vivedono soprattutto il mezzo per penetrare i mercati degli altri,chiudendo il più possibile i propri, quando ne hanno i mezzi(è questo il caso, fra gli altri, degli Stati Uniti, del Giappone,di diversi paesi dell’Asia orientale); e quelli che ne hanno fattola loro impresa ideologica, foss’anche a detrimento dei propriinteressi, ed è il caso, in particolare, dei dirigenti di diversipaesi ex comunisti, del Regno Unito e, in modo caricaturale,della maggioranza della Commissione di Bruxelles, per cui gliStati membri hanno praticamente sempre torto e i terzi(soprattutto giapponesi) generalmente ragione. I primi sfrut-tano senza vergogna il fervore neoliberale dei secondi, senzaperaltro praticare la reciprocità. Da qui i conflitti che posso-no, nonostante tutto, contrapporli: pensiamo allo sfortunatocommissario europeo Sir Leon Brittan che, dispostissimo atrasformare la Comunità in un colabrodo commerciale, certonon capisce come mai il suo interlocutore americano, MickeyKantor, non abbia lo stesso progetto per gli Stati Uniti. Esisteanche un terzo tipo di interventi, quelli dei “pentiti del liberoscambio”, che pur avendo professato alto e forte - come isecondi - il loro attaccamento all’ortodossia economica, sirendono improvvisamente conto che se cedono troppo alleesigenze dei primi la loro sopravvivenza economica è minac-ciata.

È questa la situazione del primo ministro francese,Edouard Balladur, lacerato tra la sua naturale connivenza conl’establishment finanziario nazionale e internazionale e lerimostranze dei deputati della sua maggioranza, strapazzati dailoro elettori, soprattutto quando si tratta di agricoltori odisoccupati. E per complicare maggiormente la situazione,ecco che Jacques Chirac, ex primo ministro Rpr, denuncia“l’applicazione miope delle leggi del mercato” in materia diagricoltura. Gli ci sono voluti quasi trent’anni di carriera peraccorgersi che i mercati hanno la vista corta. Bisognerebbeanzi spiegargli che non hanno vista affatto, giacché funziona-

Uno strumento della potenza

americana

“La vera posta in gioco nelle discussioni sul Gatt è il controllo dell’economia mondiale e la definizione di nuovi equilibri”

bernard cassen

le monde diplomatique

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L’idea di un’identità culturale nazionale da custodire e da proteg-gere è secondo Nikolaus Piper un’idea anacronistica. I contendentidovranno mostrarsi flessibili per raggiungere un compromesso.

chi Ë dell’opinione che norme efficaci per lo scambio dellemerci fra gli Stati siano parte integrante del processo di civiliz-zazione riterrà il Gatt una struttura cui non si può rinunciare.Chi poi vede la pace messa in pericolo per il fatto che le nazionierigono barriere contro la cultura dei loro vicini non potrà cheinorridire dinanzi all’ardore con cui si sono gettati nella mischiai cineasti europei, convinti che sia proprio il Gatt a mettere arepentaglio i loro sussidi.

Il linguaggio è di per sé significativo. È di guerra che siparla. Di conquista, di casus belli, nonché dell’anima europeache non si è disposti a vendereper un piatto di lenticchie. Se il“settore audiovisivo”, vale adire il cinema e la televisione,verrà assoggettato alle regole del Gatt, sostengono i firmatari diun annuncio a tutta pagina (redatto in un tedesco notevolmen-te sciatto) apparso su numerosi quotidiani, ci si troverà difronte a un dumping culturale senza precedenti. Un grannumero di nomi e personalità del cinema europeo hanno datola loro firma: da Hark Bohm e Gérard Depardieu, VolkerSchlöndorff e Lina Wertmüller, a Wim Wenders ed EricRohmer, dalla Società per la valorizzazione delle arti figurativeall’Unione dei cineasti bulgari.

Se il Gatt sarà esteso al cinema europeo, sostengono unani-memente, verrà abolita la promozione cinematografica, e per ilcinema europeo sarà la fine. Cadrà, senza vie di scampo, vittimadi Hollywood. I politici che lo mettono in dubbio sono deicriminali, dice Jack Lang, ex ministro francese della cultura ecopromotore della campagna anti Gatt. Anche qui, come nelcinema vero e proprio, c’è un cattivo. Si chiama Jack Valenti, èpresidente dell’Associazione cinematografica statunitense Mpaae, quale massimo esponente di una lobby, è il consulente per lequestioni culturali dell’incaricato commerciale americano per inegoziati Gatt, Mickey Kantor. A quanto pare, questi intendedare il colpo di grazia al cinema europeo. Cosa che, peraltro, gliè quasi riuscita anche senza il Gatt.

La campagna anti Gatt ha suscitato grandi simpatie nellepagine culturali dei giornali tedeschi. Anche Andreas Kilb [DieZeit, n.41] scrive che la “Kulturkampf” che si combatte intorno

al Gatt deciderà del “destino del cinema europeo”.Qual è la situazione, per quanto riguarda il Gatt e il cinema?

Innanzitutto, contrariamente all’opinione comune, l’Accordonon impone affatto la totale libertà degli scambi. Gli attuali 108membri vengono unicamente vincolati a rispettare determinateregole nella loro politica commerciale. Devono riservare lostesso trattamento a tutti gli altri membri del Gatt (“clausoladella nazione più favorita”), sono proibiti i contingentid’importazione, e i dazi, una volta introdotti, non possono piùessere aumentati. Dal 1948, inoltre, una serie di colloqui per laliberalizzazione ha ridotto, con mutuo vantaggio, i dazi previstidal Gatt a una frazione dei precedenti livelli.

L’ultima tornata dei colloqui per la liberalizzazione ha avutoinizio in Uruguay alla fine del 1986. L’obiettivo di questo

“round uruguaiano” era innanzituttoquello di abbracciare i settori econo-mici fino ad allora non soggetti allenorme Gatt: il settore agricolo, ilsettore tessile ed il settore dei servizi,di cui fanno parte anche i prodottidell’industria culturale. Il rounduruguaiano è bloccato dal 1988,soprattutto per l’intransigenza

dimostrata dalla Francia nella battaglia per i sussidi agricoli.In particolare, i colloqui sul Gatt hanno compiuto progressi,

perlopiù inavvertiti dall’opinione pubblica, nel settore dei servi-zi. Il Segretariato del Gatt ha elaborato la bozza di un Accordogenerale sul commercio ed i servizi (Gats); gli esperti discutonoattualmente una serie di prime misure di liberalizzazione. Nelfrattempo, come sempre avviene in questi casi, dietro le quintele lobby più disparate si accaniscono le une sulle altre. Lecompagnie marittime dei paesi industrializzati, ad esempio,chiedono una tutela particolare, e così le compagnie aeree.L’industria culturale americana vuole liberi mercati, la concor-renza europea, non c’è da meravigliarsi, auspica il contrario.

Non si tratta di una situazione insolita e, prendendo comebase le norme Gatt e supponendo che tutti i partecipanti sicomportassero in modo razionale, sarebbe già pronta una lineadi compromesso. Gli europei, per esempio, potrebberoimpegnarsi a non superare determinate soglie massime per isussidi, le radio parastatali e la radio di Stato potrebbero conti-nuare a godere di ordinamenti speciali. Dal punto di vistaamericano, sarebbe sciocco insistere per ottenere di più.

Anche la cultura è merceIn Germania si discute dell’eccezione culturale per gli audiovisivi

rivendicata dai francesi

nikolaus piper

die zeit

germania

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canto loro, avevano puntato sulle spese di armamento e rifiu-tato il finanziamento attraverso le imposte, con la conseguen-za del buco gigantesco del deficit di bilancio e di un indebita-mento colossale: mille miliardi di dollari nel 1991 (dieci anniprima erano creditori di 141 miliardi di dollari). Come notaDenise Artaud in un pregevole studio: “Per forza di cose losviluppo del commercio estero si rivela quindi la soluzione piùfacile, la meno onerosa sul piano politico, per raddrizzare lasituazione economica e liberare le risorse necessarie percondurre la politica estera e quella di difesa, giacché,all’indomani della guerra fredda il governo americano è risolu-to a far sì che gli Stati Uniti restino la sola superpotenzamondiale, cercando contemporaneamente di mantenere illivello di vita della nazione”.

Quando, il 29 settembre scorso, Clinton affermava cheentro la fine del decennio gli Stati Uniti intendono aumentaredi due terzi le loro esportazioni, rivelava i suoi obiettivi dipolitica economica e di politica estera e insieme il ruolo cheriserva al Gatt. In campo agricolo l’America, che produce il 20per cento dei cereali mondiali ma controlla il 44 per cento delmercato (per quanto riguarda il frumento, la Comunità espor-ta il 20 per cento della sua produzione e gli americani più del50 per cento), vuole riservarsi la maggior parte dell’attesacrescita della domanda dei paesi del Maghreb, del VicinoOriente e dell’Asia, e quindi fare a pezzi la politica agricolaeuropea. Non si tratta in alcun modo di una battaglia teoricacontro le sovvenzioni alle esportazioni, effettivamente pratica-te sulle due sponde dell’Atlantico, ma di un’appropriazionemassimale della torta mondiale dell’agroalimentare. Stessalogica per il settore audiovisivo, dove qualsiasi ostacolo allabulimia di Hollywood è presentato come un’insopportabilecensura. Il procedimento è simile per gli altri dossier, in parti-colare l’aeronautica, l’acciaio, l’accesso al mercato, eccetera.

Ci sarebbero due autentici test di un sincero impegnodegli Stati Uniti in favore del libero scambio. Innanzitutto,integrazione dei problemi monetari in seno al Gatt, giacché ildollaro, moneta con cui si effettuano la maggior parte delletransazioni, è usato come un’arma di lotta commerciale, le cuivariazioni (ad esempio per l’aeronautica) sono sufficienti atrasformare, per Airbus Industrie, gli utili in perdite. Quindi,la rinuncia a ogni unilateralismo o a qualsiasi commercioamministrato. Invece, da più di trent’anni, gli Stati Unitimantengono contro Cuba un embargo commerciale assoluta-mente illegale secondo le regole del Gatt; nelle loro relazionicon il Giappone (a proposito dei semiconduttori, dei pezzistaccati per autoveicoli), come con l’Europa (il preaccordo diBlair House ne costituisce un esempio eloquente), così comecon il Messico, assegnano alle proprie esportazioni degli obiet-tivi quantitativi, cosa che contraddice il principio stesso dellibero scambio; infine non sono affatto pronti a rinunciare alloro dispositivo legislativo protezionista a vantaggio di unaOrganizzazione multilaterale del commercio.

Debitamente avvertita, ma paralizzata dalle sue divisioni(il Regno Unito e l’Olanda si comportano come sempliciportavoce di Washington) e avendo lasciato la briglia sul colloa una Commissione che antepone la propria frenesia libero-

scambista agli interessi degli Stati membri e alla loro necessa-ria solidarietà, la Comunità europea offre l’immagine dispe-rante di un gigante economico che si comporta da nanopolitico. È terrorizzata dall’idea di una guerra economica incui i suoi concorrenti, Stati Uniti e Giappone hanno daperdere più di lei, giacché compra da loro molto più diquanto non gli venda. E tocca al governo francese, esso stessoimpegolato nelle sue contraddizioni (la sua politica è neolibe-rale all’interno, neoprotezionista per necessità all’esterno),sostenere, contro tutti, la parte di difensore della preferenzacomunitaria contro il Gatt. Ma per essere credibile, dovrebbeapparire non come il difensore, naturalmente definito“egoista”, di interessi nazionali peraltro altrettanto legittimi diquelli degli Stati Uniti, ma come il demistificatore di unaconcezione del libero scambio che è un semplice strumentodella potenza americana. Ciò significherebbe rimettere indiscussione i principi stessi in base ai quali si è fatto eleggere ele forze che lo sostengono...

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che europee? Vi sono senz’altro molte buone ragioni per cuil’Inghilterra e la Francia non si sono precipitate in Bosnia, manei dibattiti sulla questione si è percepita la sensazione che laBosnia fosse lontana, che non appartenesse davveroall’Europa, ma si trovasse al di là di un confine psicologico.

È ormai da parecchi anni che i leader europei sono osses-sionati dalle istituzioni comunitarie. Si è trattato di un proces-so introspettivo che ha fatto perder tempo a coloro che avreb-bero dovuto occuparsi di politica estera. Frattanto, a farne lespese sono stati i rapporti col mondo esterno.

Persino la Svizzera, che si trova nel bel mezzo dell’Europa,si è sentita così estraniata dall’impulso tecnocratico dell’unifi-cazione europea che i suoi elettori hanno rifiutato di stringereun accordo Eea (European Economic Area) con la Ce, e

tantomeno di entrarne a farparte a tutti gli effetti.Intanto in Svezia, la stragran-

de maggioranza si oppone all’ingresso nella Comunità. InNorvegia, durante le ultime elezioni, il partito contrario allaCe è stato quello che ha guadagnato il maggior numero divoti.

I diplomatici svizzeri che hanno negoziato il trattato Eeadicono di essere rimasti colpiti dalla condiscendenza deinegoziatori della Ce. Le nazioni appartenenti alla Cee nontrattavano alla pari gli altri Paesi europei. Non c’è da stupirsi,dunque, se molte altre nazioni hanno reagito in maniera ostilealla comunità europea. Ancor peggiori sono i rapporti conl’Europa orientale. Negli ultimi anni, i leader dei Paesidell’Est hanno reagito male alle barriere commerciali comuni-tarie. Come ha rilevato su queste pagine il presidente del

Gatt, Peter Sutherland, glisforzi compiuti dalla Ce permigliorare la situazione sonostati insufficienti.Aggiungendo al danno labeffa, la Ce (e gli Usa)mantengono politiche inciviliper la concessione dei visti.Qualsiasi cittadinodell’Europa orientale che

desideri recarsi in Occidente (e, per forza di cose, chi viaggiafa opinione, è progressista e ha un orientamento commerciale)deve perder tempo con una serie di umilianti barriere

Di fronte al rimprovero di perseguire esclusivamente ipropri interessi, una voce americana rilancia l’accusa: èl’Europa che, ancorata alla sua antica centralità, si chiudeal nuovo.

molti europei sono stati colti di sorpresa quando il segreta-rio di Stato americano, Warren Christopher, ha affermato chela politica estera americana è stata troppo eurocentrica, e chel’Europa “non è più l’area dominante del mondo”.

A proposito di questa dichiarazione, va ricordato innanzi-tutto che proviene dallo staff addetto alla politica estera diClinton. Oggi i componenti di questo staff snobbanol’Europa, ma domani potrebbero tornare a dire che essariveste un ruolo centrale. Una volta i clintoniani proclamanoche la Bosnia rappresenta una questione divitale importanza per gli Stati Uniti, e la voltasuccessiva sembrano invece considerarla unPaese lontano che non può in alcun modo influire sugliinteressi americani.

Dichiarazioni come quella relativa all’Europa mirano asoddisfare le esigenze del momento. Non rappresentano unalinea politica, perché lo staff di Clinton non è ancora riuscitoa manifestarne una. E visto che procedono a tentoni, vi saran-no altre occasioni in cui i clintoniani esprimeranno la lorofrustrazione, ma speriamo che gli europei sappiano porle nellagiusta prospettiva.

Ma la nebulosità di Clinton e dei suoi uomini non devefarci desistere dall’occuparci di politica estera. La stampa hadato grande risalto agli articoli sulla rinascita dell’isolazioni-smo americano. In effetti, si avvertono, in questo senso, deisegni premonitori. Ma si è dato minor rilievo all’aumentodell’isolazionismo europeo. Negli ultimi anni, si è andatoformando un muro che separa l’Europa dal resto del mondo.

A costruirlo hanno contribuito soprattutto le leggi control’immigrazione. Una dopo l’altra, le nazioni europee hannointrodotto misure volte a rallentare il flusso di immigrati nonprovenienti dall’Europa occidentale. Il danno economicoprovocato da queste leggi è di per sé già abbastanza grave, malo è ancor di più l’impulso che ne è alla base. Evidentemente,molti europei cercano un ordine politico che favoriscal’omogeneità. Si tratta di un atteggiamento restio ad unostretto contatto con il resto del mondo. Chi può dire chequesto atteggiamento non abbia influito anche su altre politi-

L’isolazionismo europeo“L’Europa sta innalzandouna barrierache la separa dal resto del mondo”

the wall street journal

stati uniti

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Neanche i più incalliti fautori del libero scambio possonosostenere che il premio cinematografico federale sia un elemen-to di disturbo per il commercio internazionale. Il governofederale, ad esempio, non potrebbe approvare nessun accordolesivo della sovranità radiofonica dei länder. Se qualcuno lopretendesse, non si arriverebbe ad alcuna intesa sul Gatt. Ora,tuttavia, la Francia e la lobby del cinema europeo hanno intro-dotto nel dibattito un elemento del tutto nuovo: chiedono dieliminare dal Gatt la cultura in quanto tale. In ultima analisi,tale richiesta significa che i governi europei dovrebbero avere ildiritto di fare il bello e il cattivo tempo con i prodotti culturalistranieri. Quindi, all’occorrenza, potrebbero imporre alleemittenti televisive nazionali produzioni esclusivamenteeuropee, bandendo del tutto i film stranieri. Ciò potrà sembrareassurdo, ma, se qualcuno lotta con tanta veemenza per un dirit-to, può far nascere il sospetto che di tanto in tanto vorrà anchefarlo valere.

Le persone impegnate nella campagna anti Gatt finisconosempre col giustificare questa radicale richiesta con una frasechiave: la cultura non è una merce come le altre. I film, i libri ele serie televisive sono un serbatoio di memorie collettive,creano identità e, di conseguenza, non possono essere trattatialla stregua di un pezzo d’acciaio o di un camembert.

Ciononostante, proviamo a pensare per un attimo che lacultura sia una merce come tutte le altre. Come esperimentomentale non è difficile, dato che finora, quando si è trattato disussidi, ogni lobby ha sempre sostenuto che i suoi prodottifossero qualcosa di particolare. Visti in quest’ ottica, i cineastinon sono diversi dall’Associazione degli agricoltori tedeschi,dall’industria aeronautica ed aerospaziale o dalle miniere dicarbon fossile. È indubbio che anche i film e le serie televisivesono prodotti industriali. La loro produzione costadenaro,vengono commercializzati sui mercati ed i clientipagano per le merci perché si aspettano qualcosa in cambio:sogni, interpretazioni dell’esistente, fuga dalla realtà.

Il problema del cinema europeo è che attualmente non è ingrado di produrre sogni a prezzi competitivi. In altre parole, ilnumero delle persone che vogliono vedere i suoi film non èabbastanza alto da coprire i costi di produzione. Colpa del“potere di mercato” di Hollywood, dicono i produttori. Questopotere di mercato deriva dal fatto che ci sono molti più ameri-cani che olandesi, francesi o tedeschi, e che il cinema americanodispone di conseguenza di un mercato nazionale più ampio. InAmerica, inoltre, vi sono più persone facoltose che mettono ingioco patrimoni per un polpettone hollywoodiano, rendendodisponibili capitali a rischio, e le condizioni di finanziamentosono più vantaggiose. Ma soprattutto, cosa che i cineastieuropei dimenticano volentieri, gli americani fanno moltosemplicemente dei film che si possono vendere in tutto ilmondo, per buoni o cattivi che siano. In fin dei conti è suquesto che si basa il potere di Hollywood. E nessun contingen-tamento dei programmi televisivi potrà eliminarlo.

Il successo non è tutto, potrebbe obiettare a questo puntoun critico. Effettivamente, anche da un punto di vista economi-co si possono trovare dei motivi per giustificare il parziale aiutofornito, con l’autorità ed i fondi dello Stato, a prodotti di minor

successo. L’istruzione scolastica, ad esempio, è una merce che,se non fosse resa obbligatoria dallo Stato, sarebbe presumibil-mente molto meno richiesta. Nel caso di queste “merci merito-rie”, la coercizione statale è giustificata, in quanto gli odierniacquirenti non sono in grado di giudicare il reale beneficio cheessi e la società traggono dalla merce in questione. E poiché pernoi europei la cultura ha sempre qualcosa a che vedere conl’istruzione, in questo caso vale senz’altro il discorso delle mercimeritorie. Si può quantomeno opinare che oggi non possiamosapere cosa darà un giorno ai nostri figli il nuovo film di WimWenders. Ma significa veramente che per questo motivo sidebba giustificare ogni intervento statale nel settore?

I sussidi, a detta dei teorici dell’economia, sono un “dolceveleno” per i beneficiari. Possono aiutare un’impresa a sopravvi-vere, ma al tempo stesso inducono l’imprenditore a concentrarela sua attenzione su chi eroga i sussidi, distogliendola dallarealtà del mercato. Chi cede a questa tentazione, si trasformadefinitivamente in un caso da risanare. Le esperienze degliultimi vent’anni non sembrano indicare che le attività culturalisiano un’eccezione alla regola.

E c’è dell’altro: la polemica sul Gatt e la cultura imperversain un ambiente che è sempre più improntato al nazionalismoeconomico. Negli Stati Uniti, gli oppositori del Gatt e dellibero scambio si presentano con la parola d’ordine del“commercio equo”. In sostanza, essi chiedono che l’Americastessa ricominci a compartimentare più rigidamente la propriaeconomia e che il governo di Washington eserciti all’occorrenzala sua pressione politica per imporre ai partner commerciali piùpiccoli quanto non emerge dalla realtà economica. In Europa èsoprattutto il settore agricolo a desiderare il fallimento del Gatte del round uruguaiano. Dopo il notevole isolamento in cui siera venuto a trovare il governo francese per la sua ferma posizio-ne sui sussidi agrari, il tema cultura ha aperto a Parigi un nuovofronte.

Il concetto di nazionale diventa intanto sempre più anacro-nistico in un’economia mondiale interdipendente. Ma appareancor più anacronistico che gli operatori culturali definiscanol’identità culturale solo in base a criteri nazionali o eurocentrici.“Easy Rider” ha realmente marcato la coscienza di un’interagenerazione. Il fatto che tale film sia stato girato in Americanon è limitativo per la mia identità, come non lo è il fatto che ilromanzo “I fratelli Karamazov” sia stato scritto in Russia.Marilyn Monroe, James Dean e Clark Gable sono entrati a farparte della memoria collettiva dell’umanità. Qual è il problema?Per finire, l’intera polemica è anacronistica da un punto di vistatecnico. Nell’epoca delle antenne paraboliche, ci vorrebbe inogni isolato un addetto al controllo dei televisori per far sì che itelespettatori rispettassero il contingentamento dei film.

Magari la soluzione dell’enigma è molto semplice. “Culture,agriculture - même combat”: sembra che fosse questo lo slogandi una grande manifestazione svoltasi a Parigi. È del tuttoinfondato il sospetto che registi, attori e produttori si sianotrasformati in servi sciocchi della lobby agraria?

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Il sogno britannico di avere un ruolo prioritario neirapporti tra Europa e Stati uniti si è infranto. Un vivacecommento descrive il nuovo disordine mondiale.

a prima vista può sembrare soltanto un’altra lite infamiglia. Il presidente degli Stati Uniti, tormentato dalle criti-che dei suoi connazionali nei confronti della sua politicaestera stuzzica pubblicamente i fragili amici europeidell’America, compreso John Major. E il segretario di Statoamericano, altrettanto tormentato e forse in procinto di levarele tende prima del tempo, va addirittura oltre. Rapporti parti-colari? “L’Europa occidentale non è più l’area dominante delmondo”. Una diatriba ben orchestrata. All’improvviso, idiplomatici ufficiali si trovano impegnati ad indorare la pillo-la. Ai commentatori ufficiosi,invece, è venuto un travaso dibile: “Clinton ha fatto confu-sione su tutto il fronte della politica estera”. Ma vediamoqual’è la verità che si nasconde dietro i fatti.

Da quando è finita la guerra fredda e gli americani si sonoresi conto che ciò che accade in Europa non mette più inallarme missilistico i loro sistemi di difesa è cambiato quasitutto. I vincoli dell’interesse personale si sono allentati. Èvenuta finalmente a galla una stizza a lungo repressa. Il primoa farne le spese è stato l’ingenuo sogno degli inglesi di ricopri-re un ruolo particolare in qualità di interlocutori privilegiati aldi là dell’Atlantico. Pertanto, può darsi che, d’ora in avanti, loStudio Ovale attacchi con aperta ferocia le piccole difficoltàdel signor Major coi membri del suo parlamento.

Senza dubbio, alcune di queste esternazioni sono inquina-te dal risentimento e dalle attuali umiliazioni. Ma noi non leprendiamo troppo sul serio, a nostro rischio e pericolo. Haragione Warren Christopher. Adesso, per gli Stati Uniti, è piùimportante l’Asia, con i suoi spietati sistemi economici, che lepiù deboli sorelle europee. Aveva ragione, qualche settimanafa, Douglas Hurd. Il nuovo ordine mondiale di George Bushè sempre stato una frottola. E secondo le sue previsioni, ancheBoris Eltsin è sulla pista giusta. Si becca il sostegnodell’Occidente perché è l’uomo che abbiamo segretamentescelto per dirimere le controversie che ancora turbano ilvecchio impero sovietico. Nessuno dei giocatori più impor-tanti ha intenzione di puntare una grossa somma su un raffor-zamento dell’Onu. L’America non intende più assumersi la

responsabilità di tutto, devastata com’è dalle ondate debilitan-ti dell’opinione pubblica. E Clinton non ne può più deglieuropei, i rattoppatori della Bosnia, che ora si lamentanodell’inerzia degli Stati Uniti.

Tristi sviluppi. Tendono a dividere ulteriormente unmondo che ha bisogno di una parvenza di ordine. E nontengono conto di come le orribili immagini televisive di mortee distruzione scuotano momentaneamente l’America dal suoisolazionismo. Bill Clinton non può chiudere le finestre sulmondo ma, quando i cadaveri tornano in patria, non puòneppure avere una reazione adeguata. Perciò le forze realicontinueranno a determinare gli eventi. Una di tali forze èrappresentata dal rapido sviluppo dell’Asia, un’altra – segnala-ta oggi dall’ulteriore disperazione del Gatt – è l’incompatibi-lità tra la rivalità nel campo commerciale e la solidarietà inquello della difesa. Come potenza commerciale, l’Europa è unavversario, non un alleato. Dovremmo rassegnarci al fatto chei litigi di questo tipo diverranno sempre più frequenti eclamorosi.

Niente di tutto questo sta a significare che le ostilità incre-spano le acque da una sponda all’altra dell’Oceano Atlantico.Ma ciò segna certamente la morte ufficiale della vecchiasocietà. C’è materia per una profonda riflessione, soprattuttoin un’Inghilterra che si è guadagnata prestigio in Europabisbigliando all’orecchio degli americani. Il fatto che a BillClinton sia balenata all’improvviso la debolezza di John Majorha messo fine a questa situazione. È evidente che ci hannolasciato senza un ruolo, e ci tengono fuori dal ring quando sitratta di dar forma all’Europa cui non ci resta altro che appar-tenere. La risposta, naturalmente, consiste nel prendere salda-mente in mano il nostro futuro europeo. Ma questo, trapretesti e sarcasmi, è proprio ciò che il governo ha deciso dinon fare.

Noie gli americani, nemici

per forza “Come potenza commercialel’Europanon può più essere un alleato”

the guardian

gran bretagna

in primo

piano

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burocratiche. Ne risultano rabbia e risentimento. Ogni settimana si possono cogliere nuovi segni di una

xenofobia latente. I leader parlano della minaccia costituitadagli agenti di cambio anglosassoni, come se i mercati finan-ziari fossero degli invasori esterni. Jacques Delors ed EdouardBalladur parlano di introdurre controlli sul capitale, di costi-tuire una roccaforte finanziaria europea. Ormai si parladell’import-export dell’arte e delle idee in termini solitamenteriservati agli scontri missilistici.

E poi c’è il Gatt. William Pfaff, che ha dei buoni informa-tori a Parigi, sostiene che il signor Balladur sta forse cercandodi distruggere l’intero sistema del Gatt, convinto com’è che sitratti di uno strumento della politica estera americana. Inrealtà, soprattutto in Francia, la liberalizzazione viene assimi-lata all’America, divenendo così qualcosa di estraneoall’Europa. Non riusciamo proprio a capire come delle ideeche furono propugnate da personaggi quali Hayek, Erhard eTocqueville possano essere considerate estranee all’Europa.

Niente di tutto ciò vale per le imprese europee, che hannoconcluso un gran numero di alleanze e di accordi internazio-nali, giungendo ad impiantare stabilimenti industriali inmezzo ad altre “culture”. Ciononostante, chi di noi ritiene cheil resto del mondo beneficerebbe dello stretto contatto conl’Europa e i suoi ideali, non può non rimanere turbato dalleavvisaglie di un euro-isolazionismo politico.

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Borse, torna il boom?Francoforte + 30%, Londra e NewYork +11%, Parigi +20%, HongKong +69,2%. È una vera epropria euforia quella che si èscatenata nelle borse mondiali daun paio di settimane. Alla facciadegli scongiuri: sei anni fa, inautunno, erano i giorni del crack.Gli analisti sono divisi tra chisostiene che i mercati stannoanticipando la ripresa economica echi ringrazia la recessione: cala ilrendimento dei titoli pubblici e icapitali non vengono investitinell’economia reale per la bassadomanda di merci.

Ottimismo europeo Henning Christophersen,responsabile degli affari economicidella Cee, ritiene che questo mesele previsioni di crescita in Europapotrebbero essere riviste al rialzo inconseguenza del miglioramentodelle prospettive economiche dellaGermania. Dalla previsione di unacrescita per il 1994 dell’0,25 percento, si passerebbe all’1,5 o al 2percento. (the economist)

Prova di fantasiaIn Francia i disoccupati sono tremilioni, tanti quanti sono ifunzionari pubblici, tre volte piùnumerosi degli agricoltori, scrive

liberation. Così stannonascendo miriadi di associazioni,club per la ricerca di lavoro,comitati di solidarietà persconfiggere la nuova malattia. Ènato il porta a porta: squadre divolontari bussano a chi può offrirelavoro. Ma per l’altra malattiadell’anno non sembra essercirimedio per ora: l’indifferenza dichi un posto di lavoro ce l’ha.

Troppi disoccupati, ecotassiamociSecondo la Cee la tassa sull’energiae il risparmio energetico nelleabitazioni potrebbero lenire ildramma della disoccupazione emigliorare la competitivitàdell’industria europea. Sitratterebbe di diminuire il prelievofiscale su redditi da lavoro e profittie di tassare l’inquinamento e l’usodelle risorse scarse. Siguadagnerebbe l’equivalente delcosto di 35 milioni di posti dilavoro. (the economist)

La produttività si paga Fortunati i figli degli impiegati allaFel-Pro, azienda dell’Illinoisspecializzata nella produzione ditubi. Alla nascita godono già dimille dollari in certificati dirisparmio. Poi ci saranno icampeggi estivi gratuiti, le lezioniintegrative pagate se nonottengono buoni risultati a scuola,cento dollari per il diploma etremila dollari all’anno per ulterioriquattro anni di formazionesuperiore. “La produttività non sicrea da sola”, commenta RobertDewar, professore di managementalla Northwestern University. (los

angeles times)

Monetarismo in ritirataLa Federal Reserve ignora le sirenemonetariste: l’inflazione negli Usanon è più un pericolo; il Giapponesta traducendo in realtà la retoricakeynesiana; un importante istitutodi ricerca di Berlino, il Diw, hachiesto di incrementare la spesapubblica per rivitalizzarel’economia. Solo la Francia resistemantenendo il franco incollato almarco pagando per questo prezzielevatissimi. Il monetarismo è fuorimoda, torna Keynes. (financial

times)

Le petromonarchie non dimenticano Nonostante le pressioni americane,gli sceicchi del Golfo Persicoconsiderano Yasser Arafat “persona

non grata”. Hanno applauditol’accordo fra palestinesi e israeliani,ma hanno deciso di lesinare gliaiuti finanziari per la ricostruzionedi Gaza e Gerico. I sauditi si sonoimpegnati solo per 100 milioni didollari contro una necessità dialmeno 590. Le petromonarchienon si fidano di Arafat perché appoggiò Saddam Hussein durantela guerra del Golfo.

La corsa all’Est Mentre i rispettivi governi litiganoaspramente sulle regole delcommercio mondiale (Gatt), UsWest International e FranceTelecom hanno stretto un pattoper ottenere una quota diminoranza della compagniatelefonica ungherese in quella chepotrebbe essere la più grandeprivatizzazione dell’est Europa. Siala società americana che quellafrancese sono già impegnate nellaristrutturazione della telefonia inRussia. (the wall street

journal)

Manager contro manager È finita l’età dell’oro dei managergiramondo attratti dai paesidell’Europa centrale, coccolati esuperpagati. Nell’exCecoslovacchia, Ungheria ePolonia le imprese privatizzatecominciano ad assumere personalelocale preparato nelle universitàOccidentali. Costa meno e rendequasi lo stesso. Tre anni fa inUngheria un manager occidentalepoteva guadagnare fino a 130miladollari l’anno,mentre un localearrivava a fatica a 30mila. Ora lepaghe medie dei locali sonotriplicate. (herald tribune)

Renani o anglosassoni? Azioni del gigante industrialetedesco Daimler-Benz, informal’ap - dow jones, sono state trattateper la prima volta a Wall Street. Ilgruppo ha dichiarato che prevededi aumentare la quota di investitoriamericani dal 3 al 10 per cento delcapitale. L’industria dellaGermania unificata è a corto diliquidità. È il primo passo per unainaspettata rivincita del modelloeconomico anglosassone?

Americani, non esagerate Troppo pessimismo negli StatiUniti. È sbagliato continuare adipingere a tinte scure lo statodell’economia, scrive the

washington post. Adimostrarlo sarebbero duevoluminosi studi della McKinsey& Co. nei quali vengonocomparati i livelli produttivitàdell’industria manifatturiera negliUsa, in Germania e in Giappone.Fatto cento per gli Stati Uniti, itedeschi raggiungono quota 79, igiapponesi quota 83.

Lo <splash> di Eurodisney British Airways smetterà di offrirepacchetti scontati per Euro Disneyperché nessuno li acquista.Quest’anno ha riempito solo millestanze delle cinquemila prenotatenel parco dei divertimenti alleporte di Parigi. Le azioni EuroDisney vanno malissimo alla Borsadi Parigi collezionando ribassi suribassi. (bloomberg)

Hong Kong come l’Italia L’agenzia americana di rating deldebito Moody’s ha dichiarato chepotrebbe declassare la posizionedelle maggiori società di HongKong esposte con le banche.Motivo: l’integrazione con la Cinadal 1997 renderà le attivitàfinanziarie e monetarie troppovincolate alle scelte di Pechino.(reuters)

Messico al ribassoÈ finita l’euforia per leprivatizzazioni messicane che hafruttato allo stato 21 miliardi didollari. La vendita della società diesportazione di gamberi OceanGarden Products Inc. è statarinviata perché la controfferta èstata giudicata dal governoirrisoria. Lo stesso è accaduto perl’influente El Nacional e per alcuneraffinerie della compagniapetrolifera di Stato Pemex. Ilgoverno ora spera nel pattocommerciale con Usa e Canada.(the new york times)

Economiae finanza

Lavoro operaioOre di lavoro per anno per operaio

Giappone 2.080usa 1.912Italia 1.788Gran Bretagna 1.777Francia 1.771Paesi Bassi 1.732Germania 1.667

Fonte: Rexecode, bda, Euroscopie

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Nuovo sindacoa New YorkIl repubblicano Rudolph Giuliani èil nuovo sindaco di New York. Haottenuto il 51 per cento dei consensi(903.114 voti) contro il 48 per centodel sindaco democratico uscenteDavid Dinkins (858.868 voti).

Nuovo sindacoanche a GerusalemmeIl candidato della destra, Ehud Ol-mert, è il nuovo sindaco di Gerusa-lemme. Secondo dati non definitiviavrebbe ottenuto circa il 60 per cen-to dei voti, contro il 30 per centodel laburista Teddy Kollek, primocittadino per 28 anni.

Inverno in BosniaDue milioni e settecentoquaranta-mila persone avranno bisogno, du-rante il prossimo inverno, di assi-stenza in Bosnia Erzegovina; un mi-lione più che nel ‘92. Sarajevo siprepara a un nuovo inverno di guer-ra, e la sua unica speranza di soprav-vivenza è il ponte aereo umanitario.L’86 per cento dei bisogni alimenta-ri della Bosnia è coperto fino a di-cembre, secondo il Pam (Program-ma alimentare mondiale), ma il re-sto dell’inverno si annuncia dram-matico, in primo luogo in Bosniacentrale, dato che questa parte dellaregione è rifornita solo per vie terre-stri, ormai tagliate dall’intensificarsidei combattimenti tra forze croate emusulmane.

TrattativeFilippine-MindanaoIn indonesia sono cominciate letrattative tra il governo filippino e iseparatisti musulmani dell’isola diMindanao. È la prima volta daquando è scoppiata l’insurrezionevent’anni fa che le due parti si in-contrano formalmente.

L’Onusu CubaL’assemblea generale dell’Onu haapprovato una mozione che chiedela fine dell’embargo contro Cubaimposto dagli Stati Uniti nel 1960.

Clinton e le atomicheL’amministrazione Clinton ha co-minciato il primo inventario deldopo guerra fredda dell’arsenale nu-cleare statunitense. Ciò potrebbemodificare le dimensioni e la strut-tura delle forze nucleari Usa neiprossimi decenni. Il segretario alladifesa Aspin è preoccupato per la re-lativa facilità con cui le testate nu-cleari potrebbero finire nelle manidi gruppi terroristici. (the wall

street journal)

Il complottooccidentaleL’ex presidente georgiano, l’ultrana-zionalista Zviad Gamsakourdia, de-nuncia un complotto euro-america-no che lo avrebbe fatto cadere nelgennaio del 1992 perché la sua pre-senza impediva agli occidentali ditrasformare la Georgia in una colo-nia. Gamsakourdia definisce l’attua-le presidente georgiano Shevardnad-ze “un agente della Cia” e sostieneche l’Occidente vuole “distruggerel’indipendenza di tutti gli stati, esottomettere tutto il pianeta. Solo lacoscienza nazionale può opporsi aquesti piani”. (le monde)

Reagan e l’IrangateL’ex presidente degli Stati Uniti,Ronald Reagan, sarebbe coinvoltonello scandalo Irangate ben più diquanto si sostenesse in sede ufficiale.Citando il rapporto del procuratoreche ha indagato sette anni sulloscandalo, il settimanale americanous news and world report

afferma che Reagan era al correntedel progetto di fornire armi all’Iranper ottenere la liberazione degliostaggi americani, prigionieri diTeheran.

Guerra etnicain BurundiMassacri interetnici in Burundi,piccolo paese dell’Africa centromeri-dionale. Il primo presidente demo-craticamente eletto, Melchior Nda-daye, dell’etnia hutu, che si era ri-promesso di “guarire i Burundesidalla loro malattia etnica”, è statoarrestato e ucciso dai militari. Que-sti fatti hanno scatenato l’etnia hutu(85 per cento del 5,5 milioni di abi-tanti) contro quella tutsi (14 per

cento della popolazione, minoritariama dominante). Gli scontri sonocominciati il 21 ottobre. Difficile lastima delle vittime, tra 5 e 15 mila.

Tornala Pravda“Siamo tornati” dice il titolodell’editoriale sulla prima paginadella pravda del 2 novembre.Dopo essere stato bandito da Eltsinper un mese, il più famoso giornaledell’Unione Sovietica, fondato il 5maggio 1912 da Lenin, è di nuovo inedicola. Ma il giornale, che una vol-ta era letto da 20 milioni di comuni-sti deve ora competere con un caoti-co mercato di pubblicazioni e la ti-ratura precedente la messa al bando,appena sotto le 500mila copie, saràdifficile da mantenere. (financial

times)

Ufficiali israeliani contro la paceL’offensiva della destra israelianacontro gli accordi di pace trova pro-motori anche nell’esercito. Il quoti-diano ha'aretz pubblica un ap-pello di ufficiali superiori della riser-va, indirizzato a “poliziotti, soldati,e agenti della sicurezza pubblica”,che invita a “rifiutare qualsiasi ordi-ne di partecipare allo smantellamen-to dei villaggi ebraici nel Golan, inGiudea - Samaria (Cisgiordania ) e aGaza”. Un ordine del genere sareb-be, secondo i promotori dell’appel-lo, “totalmente illegale”.

Avanzata armena e profughi azeriL’avanzata delle truppe armene, se-condo fonti Onu, ha obbligato, ne-gli ultimi giorni, più di 50mila azeri

a spostarsi nel vicino Iran. I profu-ghi saranno poi dislocati in zone piùsicure dell’Azerbaigian. Le forze ar-mene si sono spinte al di là dellacontesa enclave del Nagorno-Kara-bakh, e controllano ormai il 20 percento dell’Azerbaijan. ( the wall

street journal).

Sangue infettoarresti in GermaniaLo scandalo sul sangue infettodall’Hiv ha portato a due ulterioriarresti per truffa tra il personale del-la ditta Ub-Plasma di Coblenza. Ilprocuratore parla di metodi di con-trollo totalmente insufficienti. Sa-rebbero più di 60 le istituzioni chesi sono rifornite di plasma presso laditta. (suddeutsche zeitung)

Hamas propone una tregua con IsraeleIl settimanale egiziano al-wasat,edito a Londra, ha pubblicato le let-tere di Ahmad Yassin, leader delmovimento islamico Hamas, in car-cere in Israele. Yassin sostiene, per laprima volta, la necessità di “una tre-gua” con Israele, e ritiene necessariala partecipazione di Hamas alle ele-zioni per il Consiglio dell’autono-mia palestinese, prevista per l’annoventuro, invitando i militanti a “fareopposizione dall’interno” utilizzan-do “sistemi civili”. Sembrerebbe uninvito alla sospensione della violenzaper un certo periodo.

Politicae cronaca

Bujumbura

rwanda

burundi

50 Km

zaire

tanzania

LagoTanganika

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Il prezzodel senoLe industrie che producono protesial silicone per il seno sonosommerse dalle cause. Nei soli StatiUniti sono già 12 mila le personeche sono ricorse ai tribunali perottenere dalle ditte rimborsi per losviluppo di malattie dovute,affermano, alle infiltrazioni disilicone nel corpo. Le aziendepaiono orientate a costituire unfondo di risarcimento di 4,75miliardi di dollari (circa 7.600miliardi di lire).

Disordine mentaleL’Organizzazione mondiale dellasanità stima che nel mondo circa 52milioni di persone soffrono di gravidisordini mentali come laschizofrenia, 155 milioni di personesoffrono di nevrosi di varia natura,120 milioni di ritardo mentale, 100milioni di disordini affettivi(sostanzialmente, depressione), 16milioni di demenza. (who press)

Se lo dicono i salmoniI salmoni, scrive le nouvel

observateur, saranno utilizzatiper realizzare un modello vivente sucui studiare i meccanismi implicatinella tremenda malattia umanachiamata mucoviscidosi. Dai pesci-cavia verrà anche un’indicazione suquali medicinali usare. L’idea è delCentro di trasfusione sanguigna diBrest, in Francia.

Un tunnel di dollariIl Congresso Usa hadefinitivamente deciso di noncostruire il più grande acceleratoredi particelle del mondo, l’Ssc che sistava realizzando sotto il deserto delTexas. Vengono cancellati 15.000posti di lavoro e 45 mila contrattiper un totale di 850 milioni di

dollari, circa 1.360 miliardi di lire.Resta un tunnel già realizzato diventi chilometri. (time)

Spermatozoi, una gara truccataLe donne partecipano molto piùattivamente di quanto non si credaal successo della gara traspermatozoi di diversi uomini perfecondare l’ovulo. Una ricercacondotta all’Università diManchester, e i cui risultati sonostati pubblicati da new

scientist, dimostra che le donneche raggiungono l’orgasmo duranteil coito o nei due giorniimmediatamente successivi(masturbandosi) aiutano il seme invagina a risalire nell’utero. Se hannoun rapporto che non provocal’orgasmo, o non si masturbanosubito dopo, questo ausilio aglispermatozoi non c’è e il seme hameno probabilità di fecondare.

Il grassoè paritarioNon è vero, come si credeva sino adora, che il 25 per cento del pesocorporeo della donna sia dovuto algrasso contro il 15 per centodell’uomo. Uno studio condotto daLee Katz di Yale (Usa) con unamacchina Mri (magnetic-resonanceimaging) dimostra invece che ilpeso corporeo di ambedue i sessi èper il 23 per cento dovuto al grasso,scrive the economist.

L’aeroporto in mareMacao, territorio cineseamministrato dal Portogallo, starealizzando un aeroporto sul mare.Ottanta milioni di metri cubi disabbia sono stati necessari perrealizzare una superficie di 150 ettarisu un fondale marino che si trova difronte all’isola di Taipa, scrivescience & vie. L’aeroportoentrerà in funzione nel 1995.

Ladri di felicitàCentotrenta bambini sono mortilavorando clandestinamente negliStati Uniti nel 1990. Secondoun’altra fonte ufficiale, dal 1980 al1987 nello Stato di New York 525ragazzini al di sotto dei 14 anni ognianno hanno avuto una mutilazioneo un’invalidità permanente, mentre31 bambini, sempre ogni anno, sonomorti. (scientific american)

L’atmosfera della LunaLa Luna ha un’atmosfera moltotenue che si estende però nello

spazio per cinque/otto volte ilraggio della Luna stessa. A scoprirequesta notevole estensione è statoun ricercatore della BostonUniversity. La pressionedell’atmosfera lunare è circa untrilionesimo di quella della Terra.(discover)

L’ormone fedeleUna varietà di topi campagnoli delMiddle West americano hanno unavita sessuale caratterizata daun’estrema fedeltà coniugale. Alcuniricercatori hanno scoperto chequesto comportamento sarebbedeterminato da un ormone,l’arginina-vasopressina prodottadall’ipotalamo. Se si inibiscel’attività dell’ormone, il maschio silancia alla conquista di nuovefemmine. (le figaro)

Cibo da paracadutareIl Pentagono ha sviluppato unnuovo tipo di cibo da paracadutarealle popolazioni in difficoltà. Nientepiù refrigerazione, niente più acquada aggiungere. Il nuovo cibo è privodi carne (per non offendere lediverse credenze religiose), siconserva per due anni e ogni paccopuò assicurare dalle 1.900 alle 2.200calorie al costo di 3,95 dollari, circa6.300 lire. (new scientist)

TecnologiepolariPartirà il 2 febbraio 1993 laspedizione che porterà treesploratori britannici ad attraversareil Polo Nord, dalla Siberia a CapeColombia, in Canada. I treutilizzeranno una tecnologia checonsentirà loro di percorrere 6miglia al giorno in linea retta tra ighiacci. Un particolare paracadute,spiega the guardian, funzioneràinfatti da vela e permetterà loro siadi muoversi rapidamente sugli sci,sia, sempre spinti dal vento, dicompiere lunghi salti o brevi voli.

Prevenzionee contraddizioneGrande dibattito tra gli oncologifrancesi sull’uso di un farmaco, ilTamoxitene, indicato per laprevenzione del tumore al seno. Ilproblema, scrive le figaro, èrappresentato dagli effetticollaterali. Se ad esempio sisomministra il farmaco a 100miladonne a rischio sopra i 50 anni, sipuò pensare di evitare circa milletumori al seno. Macontemporaneamente altre 500(forse addirittura mille) di quelle

donne avranno un cancrodell’endometrio, un’embolia o unaretinopatia.

Chipe ciopIl mercato dei giochi elettronici perbambini è in Giappone l’unicomercato che continua a tirare anchein tempi di recessione. Se infatti iconsumi elettronici degli adultisono scesi di un buon 7 per cento loscorso anno, i videogiochi e leversioni per bambini di agendeelettroniche e word processor sonoin costante aumento. Degli oltreseimila miliardi di dollari cherappresenta il mercato di giocattolidel Sol Levante, i giochi elettronicisi accaparrano il 60 per cento. Dueanni fa erano al 42 per cento.(newsweek)

Scienzae tecnologia

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Scrittori e politicaIntervistato da Fritz J. Raddatz peril settimanale die zeit, AlexanderSolgenitsin ha smentito le voci chelo volevano candidato a una caricadi governo nel futuro ordinamentorusso. Tale rifiuto, commenta loscrittore, non comporta un comple-to ritiro dalla scena pubblica: “se ilmio paese attraversasse un buonmomento, il mio ritorno avrebbe loscopo di osservare la vita russa perpoi descriverla nel lavoro creativo.Dopo le grandi epopee, sono moltoattirato dall’idea di scrivere piccoliracconti, e forse questo mi bastereb-be. Ma poiché la mia patria versa inuna grande infelicità, non posso re-stare in disparte rispetto a quel cheaccade”. L’intervento dello scrittore,tuttavia, deve avere un significatomorale e religioso, non direttamentepolitico o ideologico: “Per natura,l’uomo è portato tanto al bene,quanto al male. L’artista deve alloradecidere se vuole tentare di smuove-re nell’uomo la linea che separa ilbene dal male. Purtroppo, la lettera-tura del XX secolo ha in gran partedisatteso questo compito”. Mario Vargas Llosa, sconfitto alleelezioni presidenziali in Perù nel1990, ritiene che molte circostanzealimentino, in America Latina, unlegame naturale fra gli scrittori e lapolitica: “Nelle società avanzate, labase del modello sociale è condivisapiù o meno da tutti e gli scrittorinon sono portati ad intervenire. Main paesi nei quali nulla è risolto,dove le opzioni fondamentali sonoancora incerte, lì credo che gli scrit-tori siano maggiormente indotti apartecipare alla vicenda politica,come lo erano in Europa nel diciot-tesimo secolo” (the observer).

I nuovi chiericiAnche nelle società avanzate, l’inter-vento degli intellettuali non è venu-

to meno; per quanto si eserciti informe diverse rispetto a quelle delpassato, esso continua ad esercitareun forte condizionamento sulla vitasociale. È questa la tesi di un librodi Rémy Rieffel, La tribu des clercs,studio sociologico sugli intellettualifrancesi nell’età della V Repubblica(dal 1958 al 1990). Oggi, scrive Rief-fel, i nuovi “chierici” conducono leloro strategie più attraverso l’inten-siva presenza nei mass-media, au-tentica “eco dello spazio pubblico”,che non sotto “il segno dell’ideolo-gia e della politica”. Molte certezzesono andate perdute, il pluralismodelle idee si accompagna al compro-messo con il mercato, prevale la “lo-gica della spettacolarità”, ma l’arci-pelago degli intellettuali si ricompo-ne lentamente e inverte la sua ten-denza al declino (le monde).

Appello alla vigilanzaSignificativi riscontri e polemichesta suscitando, in Francia e in Ger-mania, l’Appel à la vigilance controla “seduzione” della Nuova Destra ea favore del pluralismo culturale,lanciato nel luglio scorso sulle pagi-ne di le monde, firmatari tra glialtri Pierre Bourdieu, Jacques Derri-da e Umberto Eco. Più di 500, finoad oggi, le adesioni. Ma numerose,anche, le prese di posizione che ri-ducono il tema a una “piccolezza”,come ha scritto il filosofo AlainFinkielkraut, o che contrattaccanoscreditando l’iniziativa e i suoi fir-matari. “Metodi da Stasi”, commen-ta su die zeit Lothar Baier, il qua-le vede con preoccupazione avanzaregli ideologi della Nuova Destra an-che in Germania. Per informazioni,Comité appel à la vigilance. Maisondes sciences de l’homme, 54, Boule-vard Raspail, F-75006 Paris.

La vera storiaSulla base di documenti emersi dagliarchivi del Kgb, Jean Claude Pressacha ricostruito la storia quotidianadel campo di Auschwitz e ha propo-sto nuove stime del genocidio (LesCrématoires d’Auschwitz, Cnrs, Pa-ris). Pressac ha studiato le relazioni ei diari di lavoro della direzione logi-stica del campo e ha seguito le mo-difiche apportate via via dagli espertiper elevarne la capacità di sterminio,concludendo che 800mila deportatisarebbero stati uccisi a partire dalluglio del 1942: 15mila prigionieri diguerra sovietici, circa 10mila zingari,altri 130mila ebrei e non ebrei cheavevano manifestato l’insorgere dimalattie varie, infine 600mila ebreidestinati alla camera a gas fin dal

momento della loro registrazionenei libri mastri del Lager (el pais).

Operazione EpsilonDagli archivi del servizio segretobritannico escono invece i protocollidell’”Operazione Epsilon”, trascri-zione dei dialoghi fra dieci scienziatitedeschi fatti prigionieri negli ultimimesi di guerra e reclusi nella tenutadi Farm Hall, in Inghilterra (Opera-tion Epsilon. The Farm Hall Tran-scripts, a cura di Charles Frank,University of California Press,Berkeley 1993). Werner Heisenberg,Carl Friedrich von Weiszäcker eOtto Hahn sono i più celebri fraquesti scienziati che, spiati dai regi-stratori inglesi, non rivelano infor-mazioni preziose, ma mettono afuoco una serie di drammi personalie collettivi: dal fallimento nella cor-sa alla bomba atomica al tentativodi ridefinire la propria identità nelmondo scientifico del dopoguerra;dalla speranza di negoziare la libertàdella ricerca scientifica alla volontàdi ripensare il proprio rapporto conil nazismo (the new york

times).

Hanns EisleroffresiSi è costituita a Berlino la “Akade-mie Berlin-Brandenburg”, erededella disciolta “Akademie der Kün-ste”, la più importante istituzioneper le arti della ex Germania est. Frai primi problemi, la liquidazionedell’Archivio Hanns-Eisler, forse de-stinato a una vendita all’asta, e la so-spensione dell’edizione criticadell’opera completa del musicista te-desco, la cui pubblicazione era pre-vista in 48 volumi. (die zeit).

Fratello vampiroSe Bram Stoker ha suscitato la pauradei vampiri e Stephen King ha datoper scontato l’odio nei loro confron-ti, nel romanzo Anno-Dracula (Car-rol & Graf, New York 1993) KimNewman sospetta che essi vivanotranquillamente fra noi, creaturepost-moderne ossessionate dallapropria immortalità e persino trop-po umane per poter incutere terro-re. Come riferisce Nina Auerbachsul supplemento domenicale delnew york times, il libro di New-man è una brillante reinterpretazio-ne del mondo evocato da Stoker. Ivampiri sono svuotati da ogni pas-sione, disamorati e intorpiditi comei cittadini di un’Inghilterra vittoria-na che si rispecchia in essi. Quandopoi un vampiro sposa la regina Vit-toria, vedova, Dracula diventa un

modello sociale che reclama ancheoggi la propria attualità, “nell’epocadel neo-puritaneismo e dell’Aids”.

Il Messico in mostraDiverse città del Belgio ospitanoquest’anno le manifestazioni di “Eu-ropalia”, multidisciplinare biennaled’arte fondata nel 1969 e da due edi-zioni aperta anche alla partecipazio-ne di paesi non europei. Fedele alsuo impianto monografico, la mo-stra ruota attorno al tema “Il Messi-co e l’Europa”, e sarà aperta fino allaprima metà di dicembre. 20 milionidi dollari il costo dell’allestimento,in parte finanziato dai proventi dellaLotteria nazionale del Belgio. L’ini-ziativa comprende seminari di lin-guistica, di storia letteraria, equita-zione e numismatica. Molte le espo-sizioni, con mostre divise per ambititematici e cronologici, dall’epocadei Maya ai giorni nostri. Per infor-mazioni e catalogo, tel.0032.71.629.0230 (financial ti-

mes).

Celebrazioniel pais dedica ampio spazio all’at-tualità dell’opera di Albert Camus,in occasione degli 80 anni dalla suanascita. Fernando Savater invita arileggerne il pensiero come esempiodi una ricerca di libertà sottratta aidogmi e alle ideologie. Così scrivevaCamus: “Si potrà formare il partitodi coloro che non sono sicuri di ave-re ragione? Sarà il mio”.

Culturae spettacoli

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Carol, il personaggio interpretato da Diane Keaton inMisterioso delitto a Manhattan, dice che l’inchiesta che svolgesul suo vicino di casa è la sua più grande esperienza di libertà.Mi sembra che lei possa, in quanto regista, dire la stessa cosa aproposito di questo suo film così vivace e libero.È da molto tempo che avevo voglia di girare una storia diomicidio e di mistero. Sono cresciuto provando un grandissi-mo piacere di fronte a questo tipo di storie, un piacere chenon mi ha mai lasciato. In Io e Annie, una delle scene dovevaall’origine orientare il film in tutt’altra direzio-ne: quella in cui aspetto davanti a un cinemaper vedere un film di Bergman e mi rendoconto che ormai è troppo tardi perché il film ègià iniziato. Dico a Diane Keaton che non voglio entrare, malei risponde che dobbiamo assolutamente riuscire a vederequesto film. Quando usciamo, compriamo alcuni giornali eun po’ di salmone affumicato e ce ne torniamo a casa.Prendiamo l’ascensore e lì incontriamo una coppia di vicini dicasa che ci invitano a bere un bicchiere da loro. Doveva esserel’inizio di una storia misteriosa di omicidio, proprio come inMisterioso delitto a Manhattan. Ma all’epoca mi sono dettoche non avevo un granché voglia di lasciar andare il film inquella direzione. Mi sono limitato a mantenere i personaggied è così che è nato Io e Annie. Ma quest’idea non mi ha maiabbandonato nel corso degli anni e così mi sono detto: devofare questo film. Manhattan Murder Mistery è effettivamenteuna delle esperienze più piacevoli che io abbia mai avuto, èstato un film molto divertente da girare, cosa che non capitaspesso con me perché sono solitamente molto serio sul set.Questa volta, ci siamo proprio divertiti. E in più, questo nonè uno di quei film pieni di conversazioni filosofiche, tutt’altro.Mi sono sempre piaciuti i film come La fiamma del peccato,molti film di Hitchcock, Vagone letto per assassini il film diCosta Gavras tratto dal libro di Simenon. Tutti questi film siinseriscono in una tradizione che amo molto, ma non sapevose sarei stato in grado di costruirne uno simile, malgrado ildesiderio che mi spingeva a farlo, perché la gente che ha giratoquesti film era molto dotata per questo tipo di esercizio cherichiede una sensibilità particolare. In fin dei conti, la regia diMisterioso delitto a Manhattan si è rivelata per me molto diver-tente sia da concepire che da realizzare.Misterioso delitto a Manhattan è un omaggio a quel tipo dicinema ma anche a Orson Welles, attraverso la scena ispirata alla

sequenza degli specchi di La signora di Shangai. In Mariti emogli, rendeva omaggio a Cassavetes. Ogni nuovo film sembraquindi darle l’occasione di convocare un maestro del cinema, enon più soltanto Bergman, per avere con lui una specie di dialo-go. Quale valore, quale importanza dà a questi riferimentiapparentemente pieni di carica affettiva e sentimentale?Durante la mia infanzia non ho letto molti libri ma andavospesso al cinema, e i film sono quindi stati il mio bagaglio, lemie radici e i miei punti di riferimento. Il mio modo di

rapportarmi al cinema assomi-glia a quello di un romanziereche cita altri scrittori comepunti di riferimento. Ho visto

tanti film e ne ho amati così tanti che il mio amore per ilcinema si esprime a ogni istante, anche in modo inconscio,automaticamente. Adoro La fiamma del peccato, adoro Lasignora di Shangai di Orson Welles, che è il più grande registamai esistito in America, ed è quindi naturale che dia lorospazio nel mio film.

In Mariti e Mogli vi era una dimensione diversa: lo stesso mododi girare diventava un riferimento al cinema di Cassavetes.Per niente. Non proprio. Non provo un interesse particolareper il cinema di Cassavetes. Con Mariti e mogli volevo fare unfilm che non fosse vincolato a nessuna regola, avevo voglia digirare con attori che andassero nella direzione che volevanosenza sentirsi costretti dallo spazio, avevo voglia di tagliaredove mi pareva senza preoccuparmi di nulla, ma facendo unacosa molto rapida perché i personaggi del film erano moltonervosi. Non ho pensato a Cassavetes perché non amo più ditanto i suoi film.

La regia di Misterioso delitto a Manhattan ha molti punti incomune con quella di Mariti e mogli, è anch’essa molto libera epoco vincolata alle convenzioni tecniche.Sì, perché gli attori di Mariti e mogli hanno apprezzato moltoquesto tipo di regia che ha lasciato loro una grandissimalibertà: Carlo di Palma illumina tutta la scena e loro fannoquello che vogliono. Per noi è un rompicapo, ma per gli attoriè fantastico. In Misterioso delitto a Manhattan ho voluto ripro-durre alcuni aspetti di questo modo di lavorare per permetterea Diane Keaton e a me di comportarci esattamente come lacoppia di newyorchesi che interpretiamo: andare e venire

Morire dal ridereDopo vent’anni di carriera

Woody Allen incontraper la prima volta, a Parigi,i giornalisti dei Cahiers du cinéma, la rivista simbolo del cinema francese Ecco un’intervistache parla di film, di metodo,di indipendenza e di spettatori

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In una scena di Misterioso delitto a Manhattan, la coppia costi-tuita da lei e Diane Keaton si trova a letto. Chiacchierate un po’e poi spegnete la luce: lo schermo rimane nero ma il dialogo vaavanti e una telefonata la costringe a riaccendere la luce. Si creacosì una nuova conversazione a tre e nel bel mezzo del dialogoche segue la telefonata, la scena viene finalmente tagliata. Questascena viene quindi interrotta più volte, ha un ritmo molto curiosoe mi sono chiesto se fosse stata scritta così o se nella sceneggiaturaera previsto che durasse qualche minuto in più o in meno.Questa scena era stata scritta esattamente come l’avete vista.Può capitare che una scena sia stata scritta con una o duebattute in più che spariscono perché non mi piace il modo incui finisce la scena e decido di tagliare quindi nel bel mezzo diuna sequenza, ma non succede spesso.

I personaggi di Misterioso delitto a Manhattan danno spessol’impressione di essere dei bambini: si divertono a spaventarsi dasoli con questa storia di omicidio e prendono sul serio l’inchiestache svolgono segretamente, si riuniscono per incastrare e fermarel’assassino. Dei bambini pieni di immaginazione che giocano agliinvestigatori si comporterebbero allo stesso modo, ma questibambini invece appartengono alla sua generazione e questa è unacosa che ci colpisce molto nei suoi film, in particolare dopoCrimini e misfatti: il fatto che i suoi personaggi invecchino assie-me a lei, che diano la misura del tempo che passa. È una cosamolto commovente ed è senz’altro uno degli elementi che rendonoi suoi film così pieni di vita.

Ho sempre vissuto davanti agli occhi di tutti attraverso i mieifilm. È da molto che giro un film all’anno e tutto ciò cheriguarda la mia vita privata ha trovato a un certo punto unsuo spazio nei miei film. Ho girato con Diane Keaton, conMia Farrow, e in generale con i miei amici e così la gente ècresciuta con me nei miei film. Adesso ho 57 anni e i miei filmesprimono i problemi di una persona di 57 anni. Il protagoni-sta del mio prossimo film è molto giovane, sarà interpretatoda John Cusak, ma anche se io non apparirò sullo schermo,l’idea che esprimo, il soggetto, rappresenta ciò che conta peruna persona della mia età. Non è certo un tema che mi sareb-be piaciuto trattare a trent’anni.

È da molto che non aveva girato con Diane Keaton, quale senti-mento ha suscitato in lei questa nuova collaborazione?Adoro Diane Keaton! La gente dice che ci ritroviamo dopotanti anni, ma io la vedo sempre e ci parliamo anche spessoper telefono, siamo molto vicini. È stato quindi molto facile emolto simpatico ritrovarmi a lavorare con lei. È stato anchedivertente perché Diane è un’attrice molto diversa da MiaFarrow, che ha una personalità fantastica quando si tratta dientrare nei personaggi, di diventare il personaggio. La suapersonalità profonda è molto sensibile ma non molto comica,semplicemente estremamente intelligente. Anche DianeKeaton può recitare molte parti diverse ma la sua personalitàprofonda è molto divertente. Lavorare con lei dopo tantotempo ha costituito un cambiamento molto interessante.

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nell’appartamento, scendere dal letto naturalmente, senzacalcolare nulla e senza pensare all’operatore che ci segue con lacinepresa. Questa libertà è molto piacevole quando si recita.Fra qualche settimana comincio un nuovo film per il qualenon penso invece di poter usare la stessa tecnica.

Per via della sceneggiatura?Per via della sceneggiatura, sì. La storia si svolge a New Yorknegli anni Venti, si tratta di un film in costume e mi sembrache questo stile di regia molto nervoso sia molto attuale,molto immediato e non sono sicuro che sia appropriato inquesto caso. Sono ancora indeciso, a volte penso che lo possofare così e altre volte invece mi dico che questo stile non potràrendere l’atmosfera degli anni Venti, che non corrisponderàalla sensibilità dell’epoca. Devo parlarne con Carlo di Palma.

Di solito fa molte prove prima di girare?No, non ne faccio mai. Do il testo agli attori o glielo mandoper posta e di solito gli attori non hanno nessuna domanda dafarmi. Ogni tanto succede che un attore mi telefoni perchiedermi il significato di una battuta. Ma succede raramente:sono tutti attori molto bravi, leggono la sceneggiatura, e dalmomento che accettano, significa che si sentono bene rispettoalla storia. Una volta che hanno accettato la parte, non glirivolgo più la parola prima dell’inizio delle riprese. Ci ritrovia-mo nei camerini e poi guardiamo la scenografia con Carlo e lichiamo per dir loro qualcosa riguardo agli spostamenti,dopodiché ci lanciamo, giriamo senza aver provato nulla.Spesso gli attori sono molto bravi subito, e quando gli parlomando tutto all’aria: non sono più bravi come la prima volta,quando si sentivano totalmente liberi. A volte non fannoesattamente quello che mi aspetto e do loro qualche indicazio-ne riguardo all’interpretazione, chiedo loro di seguire unadeterminata direzione, ma poi quando guardo i giornalieri miaccorgo spesso che ciò che hanno fatto al primo ciak, seguen-do il proprio istinto, è assolutamente perfetto. Non semprecorrisponde a ciò che avevo immaginato scrivendo la scena,ma funziona ed è pieno di vita. È per questo che non provo lescene.

In compenso, lei è famoso per rigirare molte scene del film dopoaver finito ciò che si potrebbe definire “il primo girato”. Questiretakes non costituiscono forse un lavoro simile, dopo il ciak, aquello delle prove che si svolgono normalmente prima di girare?No, i retakes di solito vengono resi necessari da un cambia-mento completo della sceneggiatura. Io giro, monto il film esolitamente gli errori, i punti deboli non nascono dalla recita-zione degli attori, ma dalla sceneggiatura. Gli attori sonobravi, la luce e l’inquadratura vanno bene – tranne rareeccezioni – ma i personaggi possono rivelarsi troppo pesanti,stupidi, e queste difficoltà nascono dalla scrittura. È perquesto che rigiro alcune scene, ma sarebbe più giusto dire chegiro scene diverse.

E ne avete rigirate molte per Misterioso delitto a Manhattan?No, non molte. Era un film più facile da fare di molti altri

perché la costruzione della trama doveva essere rigorosa eperciò le possibilità narrative venivano ridotte. In Mariti emogli e in Alice come nella maggior parte dei miei film, è tuttocentrato sui personaggi, e i personaggi sono molto liberi.Invece, quando si ha a che fare con un giallo, gli elementisono precisi e devono essere organizzati scientificamente, altri-menti non funziona.

Ma il ritmo di Misterioso delitto a Manhattan non è precisa-mente quello di un thriller o di un giallo.No, perché non volevo girare un thriller o un giallo ma lastoria di un marito e di sua moglie, due newyorchesi norma-lissimi – lui è editore e lei ha in mente di aprire unristorante – si tratta di gente innocente che presta attenzioneai propri vicini, la donna pensa che ci sia qualcosa di stranoma il marito le dice che è vittima della sua immaginazione.Hanno una vita sentimentale abbastanza tradizionale maentrano pian piano in una storia misteriosa di omicidio.Volevo che quella storia, non molto ordinaria, accadesse aquella gente, piuttosto ordinaria.

Pensa che vi sia una somiglianza tra le trame poliziesche e lapsicanalisi?Sì, capisco dove vuole arrivare... In entrambe le situazioni sitenta di scoprire qualcosa. Certo.

Sembra infatti che in Misterioso delitto a Manhattan la tramapoliziesca sostituisca il ruolo da lei dato alla psicanalisi in moltisuoi film. E la soluzione del mistero corrisponde anche allasoluzione della crisi attraversata dalla coppia di newyorchesi.Sì, il dottore e il detective svolgono senz’altro la stessa funzio-ne. Cercano indizi attraverso i sogni, il linguaggio e l’osserva-zione delle cose. La soluzione di un enigma poliziesco è comeun puzzle di cui si riuniscono i pezzi per scoprire finalmenteciò che rappresenta. Avviene lo stesso con la psicanalisi: siprogredisce lentamente, a volte può essere pericoloso e poi,alla fine, si capisce. Alcuni capiscono.

Il modo in cui taglia le scene è sempre più sorprendente, semprepiù libero, come lo diceva lei stesso a proposito di Mariti e mogli,ma è ancora più vero per Misterioso delitto a Manhattan. Qualè per lei l’importanza del montaggio?Per Mariti e mogli non mi sono minimamente curatodell’aspetto tecnico, ho usato gli zoom senza cercare sistemati-camente di avere un’immagine perfettamente a fuoco e taglia-vo dove volevo. Per Misterioso delitto a Manhattan ho usatouno stile meno rozzo. Il montaggio è stato facile per meperché è da quindici anni che giro scene lunghe, piani sequen-za all’interno dei quali sento raramente il bisogno di montare,basta metterli uno dietro l’altro. C’è poco montaggio nei mieifilm. Il montaggio dei film di Hitchcock è molto sofisticato,io non faccio nulla di simile. Il più delle volte, arrivo sul set,chiedo la luce e cerco di andare avanti il più possibile nellascena con gli attori perché loro amano molto questo modo dilavorare. Il montaggio quindi non è difficile. Spesso bastanodue settimane per completarlo.

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Gherman Dilighenskij è direttore del centro di ricerche socio-politiche comparate dell’Istituto di economia mondiale e relazioniinternazionali dell’Accademia delle Scienze russa; è ancheordinario di Storia e direttore della rivista “Economia mondiale erelazioni internazionali”. Per salvare la democrazia, Dilighenskijpropone misure come la repressione violenta dei “comu-fascisti”.E difende le decisioni di Eltsin, come quella di sciogliere il parla-mento.

i fiumi di sangue versati in quelle serene giornate di ottobrehanno mosso un mare di passioni civili. I tribuni del popolorumoreggiano. Alcuni esigono una punizione esemplare,arresti, persino una nuovaCeka. Altri temono che sianoviolati i diritti di quantihanno ordinato di distruggere,attaccare, uccidere, e conculcati i diritti dei giornali che hannoistigato al terrore. Ma di cosa discutiamo signori? È tuttoperfettamente chiaro: anche se i leader della rivolta sarannoseveramente condannati (il che alla luce delle recenti esperien-ze appare alquanto inverosimile), molti suoi organizzatori e lastruttura portante dei quadri resteranno dietro le quinte. Delresto è difficile che qualcuno voglia cercarli sul serio. E igiornali comu-sciovinisti dopo un paio di settimane torneran-no in edicola.

Fra giusti rimproveri alle autorità che hanno provocato lospargimento di sangue e timori ipocriti o sinceri di una ditta-tura presidenziale (è per questo allora che il presidente havoluto le elezioni di dicembre?), rischiamo di perdere di vistal’essenziale. Gli avvenimenti di Mosca hanno definitivamenteconfermato che il decrepito, agonizzante totalitarismo stalinia-no-brezneviano ha ceduto il posto a un giovane rampollomuscoloso e pronto a tutto: il comu-fascismo. La commoven-te alleanza di ammiratori di Stalin e Hitler sotto le mura delcomune e della Casa Bianca è il simbolo evidente di questonuovo fenomeno. Non sono stati i vecchi comunisti, nostalgi-ci del “glorioso passato” ad attaccare Ostankino impugnando imitra. No, erano ragazzi giovani e forti, molti dei quali perl’età non hanno avuto modo di militare nelle fila del Pcus.

Come corrente politica vasta e influente, il fascismo attra-versa nella sua evoluzione due fasi principali: è primamovimento di massa e poi potere statale totalitario.

La struttura dei movimenti fascisti è relativamente sempli-

ce: da un lato leader e attivisti – gente con una peculiarementalità totalitaria che anela a un potere senza limiti basatosulla violenza. Dall’altro la base di massa – esponenti di diver-si strati sociali sconvolti, sia materialmente che spiritualmente,dalle ripercussioni della crisi economica e sociale. Gli uni e glialtri hanno in comune una rozza ideologia fatta di nazionali-smo e razzismo bellicoso, xenofobia, odio per i “nemici”,sfrenata aggressività.

Sembra che nella Russia di oggi stia maturando la primafase del fascismo, quella di massa. Sì, proprio di massa! Nondobbiamo ingannarci con cifre che dimostrano come sialimitata la base sociale dei nazional-patrioti e dei neocomuni-sti. Anche se il fenomeno interessa solo il 5-10 per cento dellapopolazione adulta, si tratta sempre di milioni di persone. Frai difensori e i sostenitori della Casa Bianca non c’erano soltan-to lumpen e vecchi combattenti, ma anche operai, ingegneri,impiegati, offesi dal potere e delusi dalle riforme. Gli umori diqueste persone sono la ricompensa per le promesse populisti-che del 1991.

“la violenza contro i criminali Ë normale”Parlare di avanzata verso la democrazia chiudendo gli occhidavanti al pericolo di un fascismo di massa significa blaterarea vuoto. L’esperienza dell’Italia, della Germania e di altri paesidimostra che la coesistenza di fascismo e democrazia è impos-sibile. Come del resto è impossibile lottare contro la minacciafascista soltanto con articoli giornalistici, processi interminabi-li e mesi di fermo di polizia per i partecipanti ai “disordini dimassa”. Questo pericolo può essere combattuto solo con unefficace sistema di misure che investano la legislazione, ladifesa dell’ordine, l’educazione democratica delle masse, lapolitica economica e sociale. Ma questa strategia globale e alungo termine può avere successo solo se vengono risoltialcuni problemi prioritari e indifferibili.

Primo: mobilitare per la lotta al fascismo un’ampia opinio-ne pubblica democratica, creare un movimento antifascistaorganizzato; secondo: concentrare gli sforzi di tutte le istitu-zioni sull’attività antifascista; è opportuno, in particolare,costituire un comitato parlamentare-governativo per la difesadella democrazia dotato di ampie funzioni di controllo suquanto viene fatto in questo campo dalla procura, dagli organidegli affari interni e dai servizi per la sicurezza dello stato;terzo: creare un’affidabile base giuridica per la lotta al fascismo

“Attenzioneil fascismo

è dietro l’angolo”

Un accademico russo avverte dei pericoliche corre la democrazia. E chiede che vengano

duramente colpitii leader della rivoltadi ottobre

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Da diversi anni, il suo ritmo di lavoro è estremamente regolare:ogni anno la stampa annuncia “the new Woody Allen fallproject”, il nuovo film che girerà in autunno. Non ha paura diquesta regolarità che potrebbe trasformarsi in una specie di routi-ne?Non è un caso: l’autunno è la stagione migliore a New York,né troppo fredda, né troppo calda, e soprattutto grigia. Laluce è molto bella e rende benissimo sullo schermo. D’estatec’è troppo sole, d’inverno fa troppo freddo e in primavera c’ègià troppa luce. Soltanto l’autunno permette di ottenereun’immagine veramente bella. Diversi anni fa avevo presol’abitudine di girare d’estate. Io e Annie è stato girato d’estateed era un ritmo diverso. Andava bene anche quello, l’estate laluce dura più a lungo ed è un bel vantaggio. Ma preferiscocomunque l’autunno, se non altro per lavorare a New York.

Pensa che per un giovane regista indipendente americano sia piùfacile lavorare adesso che non vent’anni fa, ai tempi dei suoiesordi?È diventato più facile, non grazie a me, ma grazie ad altriregisti come Spike Lee, Soderbergh o i fratelli Hughes chehanno appena girato Menace II Society. Sono giovani registiche fanno i film con pochi soldi, anche se Spike Lee è ormaipiù affermato, e hanno tutti contribuito a fare in modo chel’ambiente diventi favorevole al loro ottimo lavoro. È grazie aloro che nuovi registi indipendenti riescono a loro volta alavorare.

Come sono i suoi rapporti con gli studios oggi?Normali. Non sono mai stato uno di quei registi che incassa-no. Ho girato dei film non molto cari che a volte hanno persosoldi, ma neanche tanti. Gli studios amano lavorare con meprima di tutto perché amano i miei film. A volte perdono unpo’ e a volte guadagnano, ma in genere le cose vanno piutto-sto bene. Non credo che mi si daranno mai troppi soldi perfare un film, i miei budget rimarranno attorno alla stessamedia. Mariti e mogli è costato 12 milioni di dollari (circa 19miliardi di lire ), che per l’America è pochissimo. Misteriosodelitto a Manhattan è costato 14 milioni di dollari (circa 22miliardi di lire), il che rimane molto al di sotto della mediadei budget che è ormai di 24 milioni di dollari (circa 38miliardi di lire). Le cose per me non sono cambiate negli anni:quando un film esce in America, se la critica lo accoglie conentusiasmo il pubblico può seguire, ma non è detto, se invecela critica è cattiva, nessuno va a vedere il film. Gli studiossono sempre stati gentilissimi con me, la Tristar era meravi-gliosa e anche Orion e United Artists, sono persone moltoindulgenti e simpatiche. Il mio prossimo film lo girerò con laSweetland, una nuova società i cui responsabili sono mievecchie conoscenze, persone vicine a me da tempo. È daquando ho iniziato che volevamo lavorare insieme, la donnache dirige la Sweetland è la mia migliore amica in assoluto e siè messa in società con mia sorella! L’anno scorso ha prodottoil primo film di Sven Nyvkist, The Ox. Girerò con lei i mieitre prossimi film, è una cosa molto gradevole per me perchémi piace molto questa atmosfera.

Per il suo prossimo film in costume, le occorreranno più soldi delsolito?Effettivamente avrò bisogno di più soldi, ma nessuno dei trefilm che girerò dovrà superare i 20 milioni di dollari (circa 32miliardi di lire). Forse uno costerà 20 milioni e l’altro dieci,ma il tutto rimarrà contenuto in una media modesta. Di tuttii film che ho girato in vita mia, solo due hanno superato i 20milioni di dollari.

Le capita di vedere dei film europei, si sente vicino ai registi delvecchio continente?Certo, vedo i film europei che escono in America. Sonocresciuto con i migliori registi europei, dato che sono quelliche arrivano in America. Quand’ero adolescente, potevovedere i western o i film di gangster ma anche La grandeIllusione o Ladri di biciclette o La Regola del Gioco. Persino a Brooklyn, dove vivevo, c’erano in quel periodomolti cinema che davano continuamente film stranieri. Oggi,è diventato difficile vederne anche a Manhattan, quelli chevedo mi piacciono molto, perché in realtà quelli che vengonodistribuiti sono i migliori: i film dei Taviani, di Bertolucci, diScola ma anche di registi francesi.

Una rivista francese ha annunciato qualche mese fa che avrebbegirato un film con Gérard Depardieu, è vero?Apprezzo molto Gérard Depardieu, è un grande attore e mifarebbe molto piacere girare con lui, ma non si tratta diun’informazione seria. Sogno spesso di poter lavorare conalcuni attori, fra cui indubbiamente Depardieu. Fra l’altro soanche che parla un buon inglese. Uno dei miei grandi sognisarebbe di girare un film a Parigi e in francese, sarebbe stupen-do.

Ha idea della gente che costituisce il suo pubblico in America?No, non ne ho idea perché non ho mai avuto un pubblicomolto numeroso. Il pubblico di fedelissimi è molto ristretto inAmerica. Ma c’è un altro pubblico, non grande ma più grandeche non mi è sempre fedele. Le persone che vengono ognivolta a vedere i miei film il giorno in cui escono non sonomolto numerose e non so chi siano. Abbiamo tentato dianalizzare questo pubblico col passare degli anni per tentare didefinirlo. Abbiamo tentato ogni mezzo, ma non ce n’è unoche abbia funzionato. Abbiano provato a fare molta pubbli-cità, e non è andata bene, abbiamo provato a farne pochissimaed è stato lo stesso, abbiamo provato a orientare la campagnapubblicitaria unicamente verso le università, ma senza succes-so, abbiamo tentato di lanciare i film soltanto nelle grandicittà: New York, Los Angeles, Chicago, Boston e anchequesto sistema non ha dato grandi risultati. È talmente diffici-le sapere chi viene e perché.

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pechino. Lord Birkenhead scrisse nel 1930 che la Cina siincamminava verso la propria distruzione, incapace di metterefreno alle mire autonomistiche dei suoi caciques, alle sangui-nose divisioni interne e all’eredità della sua stessa storia. Ilpolitico britannico sottolineava che, così come Bismark evitòla disintegrazione della Germania e trasformò il paese in unaformidabile macchina militare, la Cina aveva bisogno di unleader nazionale: un Napoleone che trasformasse la confusio-ne in una forza imbattibile. Birkenhead, il cui paese costruìparte della sua colonizzazione grazie a molticomportamenti del colosso, notò che, se ilcaudillo fosse stato un soldato, i suoi esercitiavrebbero occupato l’Asia con una campagnainevitabilmente vittoriosa. “Se invece il Napoleone cinesefosse mosso da ambizioni pacifiche e concentrasse i suoi sforzinella creazione di ricchezza, con il tempo metterebbe ko i suoirivali su tutti i mercati del mondo”. Mao Tse Tung ha unifi-cato la Cina con un partito unico e dogmi che si sonodimostrati rovinosi, perché né le purghe né il volontarismohanno dato da mangiare. È arrivato poi Deng Xiaoping,soldato dell’esercito comunista che ha combattuto control’invasore giapponese e contro il nazionalismo fuggito aTaiwan. A partire dal 1978 è stato il capo più simile alla secon-da variante dello scrittore londinese. Quindici anni dopo, irisultati dell’apertura economica intrapresa da questa nazionedi dimensioni straordinarie sono tanto stupefacenti quantogravi e distruttivi sono i fenomeni apparsi lungo il camminoverso la costruzione dell’impero.

Il brillante futuro immaginato da Birkenhead è possibile,ma lo è anche il catastrofico avvenire annunciato da osservato-ri più contemporanei. Peter Sherwood, uno di loro, evocaquesto paesaggio: “Centomila Rolls Royce che scivolano per lestrade delle principali città della costa, una inflazione galop-pante, e alla fine, il caos”.

una transizione enorme

Il timore del caos se la riforma dovesse abbattere il vertice delPartito comunista cinese (Pcc); lo spaventoso spettacolo dimilioni di persone che si ammazzano a Pechino, Shangai, nelTibet, nella Cina mongola o musulmana, sul litorale capitali-sta in mano a funzionari che sputano, appena possono,sull’autorità del partito; i milioni lanciati verso Corea del Sud,Russia, Thailandia o Australia; i milioni in armi che si dispu-

tano l’eredità di un patriarca vicino all’estrema unzione. DengXiaoping ha compiuto 89 anni in agosto e la permanenza alcomando dell’attuale triumvirato, e anche il futuro del paese,dipenderanno dalla sua capacità di tenere sotto controllo unatransizione enorme. Così come dall’equilibrio tra le crescentiambizioni della tecnocrazia in cerca del successo economico el’atteggiamento prevenuto di quelle forze che, costrette aimargini ma poderose, si rendono conto che l’ampia privatiz-zazione finirà col togliere peso al potere politico. “Dobbiamo

organizzarci per assicurare la stabilità e lasicurezza del paese”, ha chiesto Jian Zeming,segretario generale del partito e, sulla carta,successore di Deng. Ma senza manovre o

mutamenti politici sostanziali e senza istituzioni in grado dicanalizzare gli interessi di una società sempre più diseguale, ilregime continuerà a essere esposto alla protesta pubblica, e lacoda davanti a una agenzia di viaggi potrà concludersi in unasanguinosa rivolta.

Quella che deve essere combattuta ora non è una crisi disuccessione: è una crisi economica, lo sconvolgimento causatodal rapido mutamento nazionale in ogni campo e dall’assenzadi una adeguata infrastruttura legale. La brutalità governativanella repressione degli abusi va in molti casi al di là del reatocommesso. Non molto tempo fa, ammanettato e a testa bassa,piangendo tra soldati che sostenevano per le braccia il suocorpo inanimato, un condannato a morte per traffici bancari

Cina, la prossima superpotenza

Un capitalismo selvaggio e caotico si innesta nel cuore della dittatura comunista

Il paese affrontauna crescita senza precedenti ma dagli esiti incerti

juan jesus aznarez

el pais

spagna

reportage

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e al razzismo; dovranno essere leggi applicate efficacemente enon normative “d’emergenza” a vietare la propagandadell’odio e della violenza; probabilmente per l’esame di talicasi sarà necessario costituire un apposito ufficio giudiziariodiretto da giuristi di professione, con giurati democraticamen-te eletti fra personalità note per le loro idee antifasciste eantitotalitarie.

Per privare il comu-fascismo di ogni reale e potenziale basedi massa è indispensabile considerarlo alla stregua dei criminipiù gravi. E la violenza contro i criminali è un fenomenonormale in qualsiasi società civile.

È strano che si debbano ricordare queste verità in un paeseche ha combattuto una guerra mondiale contro il fascismo.Eppure è necessario, perché la società russa vive nel costantetimore di un totalitarismo “dall’alto”, da parte delle strutturedirigenti. E ha dimenticato che esso nasce “dal basso” e “dilato”, negli strati marginali ed emarginati. Il presidente ha pergiunta sciolto il parlamento e – pensate, che orrore! – per duemesi interi il paese sarà guidato solo dal potere esecutivo. E leelezioni, ci dicono, rischiano di svolgersi senza un’opposizio-ne.

“calcoli astuti”Certo, dietro questo genere di discorsi si nascondono calcoliastuti: denunciando “il soffocamento della democrazia”, unacerta parte dei vertici politici spera di conquistare una fetta dipotere o, nella peggiore delle ipotesi, giustificare la probabilesconfitta elettorale. Ma il timore di una minaccia allademocrazia proveniente dalle attuali strutture di potere è realee assolutamente sincero.

È un timore giustificato? Non posso dare una rispostaunivoca. Da un lato sono convinto che non corriamo alcunrischio di rimanere senza opposizione. Indipendentementedalla composizione del futuro parlamento, al suo internocome al suo esterno non potrà non continuare la lotta sullaquestione centrale per la vita del paese: quale deve essere la viadella riforma. Per dirla in breve, se dobbiamo costruire uncapitalismo di stato che presuppone uno stato centralizzatocon probabili pretese da grande potenza imperiale, o sedobbiamo aspirare a un’economia di mercato liberale, a unasocietà più preoccupata del proprio benessere che delle “zonedi influenza” nel vicino e lontano estero. Fra i partecipanti allabattaglia elettorale sicuramente vi saranno sostenitori dell’unae dell’altra tesi, e solo il futuro ci dirà a chi andrà il potere echi resterà all’opposizione.

D’altro lato però, anche se due mesi sono un periodopiuttosto breve, carne al fuoco se ne può mettere parecchia.Indipendentemente dai progetti e dalle idee dei leader delpaese, il nostro apparato burocratico è una forza che general’arbitrio autoritario. Con queste strutture difficilmente saràpossibile quell’ “autoritarismo illuminato” che sognano alcunidemocratici delusi dalla democrazia. Ancora una volta, comegià dopo l’agosto 1991, la lotta per la democrazia comincia conuna spartizione degli edifici. E speriamo che non ci si limiti aquesto! Ben più complesso è il problema della messa al bandodei partiti, dei giornali e delle organizzazioni di opposizione.

È chiaro che i fascisti e i fascisteggianti non devono avere ildiritto di partecipare al processo democratico. È chiaro ancheche la legislazione non può rispettare i tempi, di una brevitàsenza precedenti, dell’organizzazione delle elezioni. Ma lachiusura di organizzazioni e giornali che hanno masse disostenitori e lettori è una questione delicata, e i criteri chepresiedono alle decisioni repressive (ad esempio, istigazionealla violenza, propaganda razzista, organizzazione di azioniarmate) devono essere perfettamente comprensibili. E lemotivazioni devono essere accessibili a tutti. Fino a quandomanca tutto questo, si può avere l’impressione che sianosemplicemente “messi al bando” coloro che hanno manifesta-to la loro opposizione al presidente e la loro lealtà al parla-mento. Sarebbe molto triste se quest’impressione venisseconfermata.

Schiacciare il comu-fascismo e rafforzare la democrazia, laglasnost e l’ordine democratico nel nostro paese e ai nostrigiorni sono due aspetti indissolubili dello stesso problema.Separarli è semplicemente impossibile.

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illeciti ha chiesto clemenza. Non l’ha ottenuta, né per sé, néper gli altri giovani funzionari che avevano messo in pratica amodo loro la raccomandazione del leader: “arricchirsi è glorio-so”. Dopo aver ascoltato la sentenza, inginocchiati tra lesterpaglie, hanno ricevuto un colpo di pistola nella nuca.Pochi giorni prima del 1 ottobre scorso, giorno festivo, in unpaese che punisce con la pena capitale 49 reati, corti militari eplotoni d’esecuzione pernottavano accanto ai tribunali di 119città. In una sola giornata e in una sola provincia sono stategiudicate 2.900 persone per sequestro, traffico di stupefacenti,concussione, truffa, smercio di materiale pornografico, trattadi donne e di minori, vendita di armi o costituzione di societàsegrete. E il dollaro è il denominatore comune. Più di 350persone sono state condannate a morte o all’ergastolo. AJiangxi sono stati in 80 a cadere a faccia in giù nella fossa; aSichuan altri 32, e ancora 13 a Nanjing. L’esecuzione di assassi-ni o violentatori è frequente, ma il colpo di pistola per reati dinatura economica è terapia di nuovo conio. L’obiettivo èquello di mettere paura, neutralizzare la corruzione semprepiù diffusa tra funzionari e militanti, mettere sull’avviso attra-verso la forca quei cittadini che trasferiscono in Svizzera o alleBarbados le fortune accumulate durante l’ultimo periodo diconfusione.

La sbrigativa e ostentata esecuzione degli impiegati dibanca, che avevano fatto sparire circa sei milioni di dollari inmandati e lettere di credito, non è che un aspetto della crocia-ta cominciata a giugno contro il crescente caos finanziario, lafrode, la speculazione frenetica, il mercato nero, il contrab-bando e la sotterranea ribellione delle province favoritedall’ingresso di operatori stranieri e dai meccanismi capitalisti-ci. La scorsa settimana vari funzionari del partito si sonoincamminati verso il patibolo. Lin Qihui, alto funzionario delConsiglio di Stato, fa sapere che nelle aree in cui i poteri localidispongono di capacità decisionale, i capitali godono di untrattamento di favore e dove nasce una nuova Cina “è parago-nabile all’intera Spagna e ospita 300 milioni di persone”.Queste zone franche che fanno perdere la testa ai contadini da50 dollari all’anno sono l’origine delle disgrazie che il partitotenta di attutire con dure misure punitive e un pacchetto di 16misure economiche. Il vicepresidente del governo, ZhuRongji, 65 anni, epurato perché “di destra” durante l’aberran-te rivoluzione maoista, è l’uomo scelto per mettere in riga glioperatori accusati di portare alla rovina con il loro affarismo lefinanze dello stato. Lo farà “con la forza del tuono e con lavelocità del vento”, sostiene l’agenzia di stampa ufficiale.L’esercito e la polizia collaborano all’impresa.

una diaspora di 55 milioni di persone

Il problema fondamentale della Cina è la crescita sfrenata epoliticamente destabilizzante dei bienni 1984-85 e 88-89. Lestrutture cigolano quando le cifre degli investimenti o delconsumo interno raddoppiano. Si tappa un buco, se ne apreun altro e l’enormità dei mutamenti mette alle corde unregime che ha perso in una diaspora di 55 milioni di personemolti dei suoi migliori cervelli. L’obiettivo di quest’anno eraun aumento di otto punti del prodotto interno lordo, ma la

locomotiva cinese avanza a tutto vapore su traversine e rotaieinstallate troppo tempo fa. L’incredibile sviluppo, al di sopradei 14 punti nella prima metà dell’attuale esercizio, ha luogoin un paese che ha aggiunto da poco il companatico al pane eche approfitta fino all’indigestione della prosperità e delleopportunità. È un benessere precario, perché l’inflazioneurbana supera il 23 per cento, il che rende indispensabilimeccanismi di controllo; ed è diseguale, perché aumentano ibattaglioni di mendicanti e di ricchi: più di un milione sonocoloro che possiedono un milione di dollari. Il Pcc, con unocchio particolare per i cenacoli di questi ultimi, intendepassare nei prossimi sette anni da un contingente di 80 milio-ni di poveri o indigenti a gruppi isolati in zone montagnose odesertiche, chiusi in sacche condizionate da un clima avverso eda una scarsa assistenza medica. Secondo i dati del partito, inotto anni sono stati strappati alla fame 20 milioni di anime.

L’amministrazione della giustizia alla buona, la defenestra-zione o l’incarcerazione di dirigenti compromessi con il malaf-fare, la sostituzione di banchieri eccessivamente indebitati el’emanazione precipitosa di sempre nuove norme occupano ilvuoto lasciato dall’assenza di un quadro di legalità in grado diincanalare l’apertura e di ridurre le possibilità di abuso. “Ora,per limitare il deficit pubblico, obbligano la gente a comprarebuoni del Tesoro. Così vanno le cose”, commenta un impren-ditore. La concussione, la raccomandazione e l’arbitrio sisostituiscono alle leggi mancanti. La maggioranza delle societàdi Hong Kong, secondo un’inchiesta, hanno confessato comepratica abituale il pagamento di tangenti.

la tortura per i dissidenti

Nel corso di quest’anno gli indicatori avevano avvertito che ilprocesso faceva acqua dal lato economico, l’unico praticabile,dato che il bastone e la carota importati dall’estero hannoriconvertito in commercianti o manager i manifestantimalmenati dai militari il 4 giugno 1989 sulla piazza di TienAn Men. I dissidenti sono torturati e chiusi in prigione, otacciono per evitarlo. “La gente arriverà di nuovo a nonsopportare più la corruzione o l’aumento del costo della vita,ma non chiederà maggiori libertà politiche”, sostengonoresidenti occidentali di lunga data. E quando escono dalcarcere lo slancio non è più lo stesso. Wei Jingsheng, liberatosei mesi prima di scontare una condanna a 14 anni, ha affer-mato di “essere maturato”. L’ha detto pochi giorni prima chePechino perdesse la sede olimpica. Quando era stato messo inprigione, Wei, che ha 43 anni, aveva scritto che “il popolo habisogno della democrazia. Chiede qualcosa che gli è dovutoper natura, e chi contrasti questa aspirazione è un bandito allostesso modo dei capitalisti che rubano ai lavoratori”. Lademocrazia è così impossibile o sconosciuta nella storia nazio-nale che in Cina se ne parla appena, e una sorta di fatalismo,di noia esistenziale o di sarcastica condivisione degli attualivalori si è impossessata della gioventù intellettualmente piùinquieta.

I problemi che pretende di risolvere il regime comunista,per chiamare in un qualche modo un sistema disposto aperpetuarsi con le stesse maniere dell’autoritarismo capitalisti-Pr

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Il presidente Clinton, che come sua moglie ha una formazionegiuridica, aveva promesso che la sua amministrazione sarebbestata “a immagine e somiglianza dell’America”. E infatti tredicidei diciotto componenti del suo gabinetto sono ex avvocati.Il ruolo centrale che avvocati e tribunali svolgono nella societàamericana, esaltato anche dal cinema e dalla televisione, sollevaalcuni interrogativi di fondo, sia economici che politici. Comearginare la marea giudiziaria? Come evitare che i tribunaliproteggano chi viene abbandonato dal mercato?

sono insediati alla Casa Bianca e nei corridoi delCongresso, quasi altrettanto numerosi dei proprietari diaziende agricole, molto più degli ingegneri. Sebbene malvistadall’opinione pubblica, la loro professione è osannata – neilibri e sullo schermo – da romanzieri e lettori, da attori espettatori.

La destra repubblicana imputa alla rapacità deipiantagrane di professione la perdita di competitivitàdell’economia; la sinistra democratica rimprovera loro di averprofittato largamente dell’era reaganiana per piantare le loroinsegne su ogni particella dell’apparato pubblico smantellatoin quegli anni; Steven Spielberg immagina uno di essi

inghiottito vivo da undinosauro appena uscito dachissà quale Jurassic Park. Nel giugno scorso, un folle ha

superato ogni limite uccidendo otto persone in uno studiolegale di San Francisco. Basta? Sentendosi ormai “incapaci difare il proprio lavoro senza timore”, gli avvocati americanihanno recentemente invocato una tregua.

Ma come difendere dalle critiche – sia pureparticolarmente feroci – questa professione tentacolare e inascesa, i cui adepti (sei volte più numerosi che in Francia)sono triplicati nel giro di trent’anni? È la stessa professione dicui ha fatto parte quasi un eletto alla Camera deiRappresentanti su due e due membri del gabinetto Clinton sutre; che ogni anno istruisce e patrocina diciotto milioni dicause civili e tredici milioni di penali; che sa imbeccare ameraviglia i pazienti che citano in giudizio i loro medici, masoddisfa soltanto il venti per cento del fabbisogno giuridicodei poveri.

Robert Reich, ministro del Lavoro, anch’egli giurista diformazione, non ha esitazioni. Nel suo ultimo libro equipara

gli avvocati ai finanzieri e ad altri “manipolatori di simboli”,trionfatori degli anni Ottanta e grandi parassiti della societàamericana: “Ogni ingegnosa argomentazione legale vienecontrobattuta da un’argomentazione ancor più ingegnosadella parte avversa. L’escalation non ha limiti: gli incartamentidiventano sempre più pesanti, gli schedari, le deposizioni, gliinterrogatori sempre più numerosi (...) I clienti si sentonoobbligati a spendere sempre di più per ottenere vantaggiesigui, o almeno per evitare costose sconfitte. Dal punto divista della società nel suo insieme, spese del genererappresentano uno spreco (...) Come per i missili balistici chetrasportano bombe H, il semplice fatto che [gli avvocati]esistano induce a farvi ricorso, costringendo tutti gli altri anon essere da meno”.

Quest’alta marea giudiziaria ha poi messo in circolazioneaneddoti stravaganti (ma non straordinari) su querelanti pienid’inventiva, come quello del consumatore che, fattosi malealla schiena trasportando il frigorifero, fa causa al produttoreche ha avuto l’imprudenza di fabbricarlo senza avvisarequanto fosse pesante; o quello della signora risarcita per nonessere stata ammonita circa il pericolo di fare asciugare il suocagnolino nel forno a microonde; o ancora quello di certiavvocati e animatori di talk show che, visto che era stato loroimpedito di conferire con il folle religioso David Koreshdurante l’assedio di Waco, nel Texas, hanno citato in giudiziol’Fbi, colpevole di aver loro fatto perdere un cliente. E infinequello, ancor più recente, dei superstiti di un tornadoassassino che, giudicando di non essere stati sufficientementemessi in guardia circa l’imminenza del pericolo, hanno fattocausa al servizio meteorologico...

In ciascuno di questi casi, l’idea di fondo è la stessa: dalmomento che la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776garantisce a ogni cittadino americano il “diritto inalienabilealla ricerca della felicità”, tutto quel che l’ostacola, compresol’incidente o la sbadataggine, la stupidità o la mancanza difortuna, può aprire la strada a un procedimento giudiziario.Forti di quel principio, gli avvocati sono incoraggiati a istruirepratiche e incrementare i loro redditi.

Durante la campagna elettorale del 1992, il passaggio piùapplaudito del discorso di George Bush alla conventionrepubblicana è stato quello in cui il Presidente uscenteosservava con condiscendenza: “Bill Clinton ha il sostegno diquasi ogni avvocato che abbia indossato almeno una volta la

Il paesedegli avvocati

Negli Stati Unitiè concentratoil quaranta per centodegli avvocatidi tutto il mondoOsannata da romanzierie lettoriquesta professioneè malvistadall’opinione pubblica

serge halimi

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francia

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co di Singapore o di Taiwan, sono cominciati con l’insorgeredella speculazione immobiliare, inevitabile in una transizioneeconomica di questa portata.

Incontrollabile e malata, si è riprodotta come un esercitodi cavallette, e perfino i mongoli hanno offerto le loro terrealla Sony. La credenza diffusa che Pechino sarebbe fiorita coni giochi del Duemila ha fatto salire i prezzi alle stelle.Convinto che presto avrebbe potuto ricavare di più, unabitante di Shandong ha rifiutato 300mila dollari, circa 480milioni di lire, per una casa la cui valutazione è crollata con lacampagna di austerità e di raffreddamento dei prezzi di Zhu;un altro chiedeva 9mila dollari all’anno, circa 14 milioni dilire, per l’affitto di una stanza. Parallelamente, funzionari delpartito, esaurite le riserve monetarie, saccheggiavano milionidi agricoltori con balzelli scandalosi e investivano il bottino inappezzamenti messi in vendita come aree edificabili. L’attesomiglioramento dei trasporti, la costruzione di reti stradalinelle regioni isolate, il risanamento delle grandi imprese statalio il consolidamento di una base industriale moderna si sonofermati. Non è stato facile soffocare le violente rivoltescoppiate nelle campagne, dove vivono 800 milioni di personee dove fu reclutato l’esercito che portò Mao alla vittoria nellaguerra civile del 1949. La cultura urbana, più aggressiva epotente, si impone ai contadini, che perdono terreno nelprocesso di riforma. Gli abitanti in rivolta di dodici provinceridotte allo stremo si sono arresi solamente quando il governoha accettato in tutta fretta le loro richieste. “Ci imponevanotasse sulla radio, sulla televisione, su tutto. E ci davano buoniche poi non servivano a niente. Chi non pagava lo mettevanoin carcere”, ricorda un agricoltore di Annui. In zone vicinealla costa, i grandi coltivatori di riso hanno cercato di semina-re discoteche invece che cereali, e voraci intermediari hannocostretto famiglie intere a sloggiare da terreni appetiti dalcapitale. Anche se le prime valutazioni sono moderatamenteottimistiche, i risultati definitivi dell’offensiva governativacontro il caos si attendono per il prossimo anno. Zhu Rongjiha aumentato i tassi d’interesse, ridotto la spesa pubblica diun 20 per cento, sospeso la riforma dei prezzi, soppresso ladistribuzione di buoni agli agricoltori, obbligato i costruttori avendere un 20 per cento delle opere ai residenti locali e si èinsediato alla presidenza della banca centrale. Nonostantetutto questo, e di fronte a un’evasione fiscale generalizzata, ilGoverno centrale registra un’allarmante diminuzione delleentrate. Lo spreco praticato in molti comparti dell’ammini-strazione ha assestato un altro colpo: l’autonomia di spesa si ètradotta in automobili, turismo contrabbandato per viaggi dilavoro o fotocopiatrici gigantesche in uffici di quattro personee tre scaffali.

Ji Jusheng, direttore aggiunto del ministero incaricatodelle zone speciali, sostiene che l’austerità decretata per evitareun marasma di conseguenze sociali imprevedibili non provo-cherà una contrazione economica. “Non è una marcia indie-tro, è una canalizzazione del denaro verso progetti più produt-tivi. Si tratta di farla finita con i finanziamenti sconsiderati,ma non con quelli indirizzati a progetti interessanti o allosviluppo della produzione agricola”. Il rappresentante di una

impresa basca confessava a Hong Kong che in Cina lamancanza di liquidità appare evidente. Lontani dalle scherma-glie macroeconomiche, la maggior parte del miliardo eduecento milioni di cinesi vive con 30 dollari al mese nellecittà, circa 50mila lire. E con un bel po’ di meno nelle campa-gne. I redditi crescono per altre vie, e la massa di doppiolavo-risti e professionisti del raggiro avanza.

Il nuovo peso politico ed economico della Cina, e l’aviditàdei suoi abitanti, sono notori. Pechino si riconcilia con nazio-ni asiatiche prima nemiche, compra armi dalla Russia o daIsraele, le vende al Pakistan e all’Iran e sperimenta arminucleari per ricordare al mondo che il Napoleone cineselavora come imprenditore ma potrebbe tornare a fare il solda-to. Anche la strada subisce le conseguenze dello sviluppo: tra i25mila tassisti di Pechino crescono la tendenza alla violenza e icomportamenti truffaldini. Il mondo rurale è, nei suoi parti-colari, una galassia ignota, perché addentrarsi nella Cinaprofonda richiede ancora oggi una preparazione da Parigi-Dakar. E arriva notizia del fatto che malattie come il feudale-simo, la peste bubbonica, la lebbra, il colera, l’analfabetismo ela polio non sono scomparse.

Anche l’arroganza della nuova borghesia rampante dellecittà è un valido indicatore sociale. Un sabato sera, duerampolli del jet set locale stanno ballando sulla pista di unadelle discoteche più lussuose della capitale. Lui ha posteggiatosul tavolo il telefono cellulare e lei una borsetta di pelledorata. Si sono sistemati di fronte a due grandi colonnefoderate di specchi e ballano eleganti, seri, con lo sguardofisso. Sulla porta del locale, compatrioti con tracce di rivolu-zione culturale nell’uniforme, ma del tutto allineati all’obietti-vo nazionale di far soldi, offrono il loro triciclo ai clienti chetornano verso casa. A quella stessa ora, a Canton e in altrelocalità del Sud, milioni di residenti che hanno abbandonatol’aratro in cerca di piaceri urbani si disputano impalcature epiatti da lavare in cambio di un salario quattro volte più altodi quello del lavoro agricolo.

il divario tra il sud e il resto del paese

Den Xiaoping aveva già avvertito pubblicamente che con lariforma si sarebbe dovuto accettare “che qualcuno raggiungaprima la prosperità”, ma il Governo prepara leggi per livellarei salari, consapevole che i consigli del patriarca possono risul-tare superati, e che il divario nella qualità della vita tra il suddella Cina e il resto del paese si allarga pericolosamente. Gliinvestimenti sembrano avere poco timore del deragliamento, ei progetti dotati di finanziamento estero si sono quadruplicatidall’anno scorso a quest’anno: sono già 135mila le imprese conpartecipazione straniera e 170mila i milioni di dollari deicontratti, circa 272mila miliardi di lire. Con in testa HongKong, che entro quattro anni sarà territorio nazionale,Taiwan, gli Stati Uniti, il Giappone, Singapore, la Germania,il Regno Unito, la Thailandia, la Francia e il Canada, per untotale di cento paesi, si sono uniti alla seconda “lunga marcia”cinese. Il tratto più difficile del percorso è appena cominciato.

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toga e il tocco”. Del resto, l’aveva già spiegato chiaramente ilpresidente di una sezione dell’Ordine degli avvocati,firmatario di una lettera che sollecitava finanziamenti a favoredel candidato democratico, avvocato di formazione ed exSegretario della giustizia dell’Arkansas, sposato ad una dellepiù brillanti giuriste del paese: “Non ricordo neppure unacircostanza in cui Bill Clinton non abbia agitoconformemente ai nostri auspici di avvocati”.

gerarchie necessarie

L’offensiva repubblicana, che minaccia di svilupparsi neglianni a venire, permette di raggiungere bersagli diversi dalpresidente degli Stati Uniti. Attaccare l’“avvocato” (thelawyer) significa condannare simultaneamente chi “vezzeggia icriminali” e manipola la legge col rischio di mettere inpericolo l’ordine. Chi usa le proprie competenze pertramutarsi in agente d’influenza a favore degli interessi dicategoria che lo retribuiscono, ottenendo ora un’esenzionefiscale, ora la bocciatura di un progetto di legge. E infine chi aforza di procedimenti legali scoraggia l’assunzione di rischi efa rincarare la produzione di beni. Insomma, l’avvocato vieneaccusato di essere a un tempo il professionista che diffondefermenti di insicurezza, il lobbista che perverte la democraziarappresentativa, lo scroccone che sfibra lo spirito d’impresa.

È soprattutto quest’ultima questione ad aver suscitato unvero dibattito. Per gli ultraliberali e per la stampa che,sull’esempio il wall street journal, è la loro vedettainfaticabile, non serve a nulla aver indebolito l’apparatopubblico, se poi gli industriali si vedono erodere la libertàritrovata dalle cause civili intentate contro di loro daconsumatori e vittime. Nell’agosto 1991, in uno dei raridiscorsi significativi della sua carriera, il vice presidenteQuayle, egli stesso ex avvocato (e tornato in seguito allaprofessione), si lamentava: “A volte il nostro sistema digiustizia civile si traduce in un disastro concorrenziale cheinfliggiamo alle nostre imprese. È proprio necessario chel’America abbia il 70 per cento degli avvocati del pianeta?”.Ciò dicendo Quayle non faceva che testimoniare (violentandoun tantino le statistiche) la sua preferenza per un’economia dimercato interamente deregolamentata. Un anno dopo, ilgiornalista conservatore più onnipresente d’America precisavaquelle affermazioni: “Certe gerarchie sono necessarie, e nonspetta alla giustizia il compito di contrastarle fabbricandoun’uguaglianza che scoraggia lo spirito d’iniziativa, che ignorale differenze genetiche, fisiche e intellettuali (...), chebalcanizza l’America fra gruppi diversi che si lamentano dellediscriminazioni e rivendicano una spartizione delle spoglie perrazza, sesso o gruppo etnico”.

Dunque non si tratta più soltanto di scambiare esempi diaccanimento procedurale e di contabilizzarne i costi per lacollettività (fra i 120 e i 300 miliardi di dollari l’anno, secondole stime). La professione di avvocato è anche e soprattutto ilpretesto di uno scontro sociale e politico di primaria entità. Ladestra, scontenta di veder generalizzare le lagnanze – e idiritti – di gruppi un tempo sfavoriti ma silenziosi (neri,donne, consumatori, omosessuali, ecologisti...), paventa in

questa marea giudiziaria montante la rimessa in causa da partedei tribunali di privilegi ormai ben radicati nella morale, nelcostume o nel mercato. Secondo questa destra, “la sinistra,predisposta a scorgere in ciascuno una vittima, utilizza i‘diritti’ dei gruppi come un ariete contro il buonsenso dellecomunità”. A esser giusti occorre riconoscere chel’ingranaggio può sembrare inestricabile: un famiglia delMaryland intenta causa allo Stato perché la figlia è rimastaferita giocando al football americano; ma se la ragazza nonavesse potuto praticare tale sport (la cui violenza èleggendaria), il Maryland si sarebbe esposto a una denunciaper discriminazione sessuale...

I problemi nati dall’ipertrofia giudiziaria non sono dunquesoltanto il prodotto dell’immaginazione inquieta dei nostalgicidello statu quo. Persino il presidente Clinton, pur incline ascegliere un avvocato per ogni posto di responsabilità, è statocostretto a precisare, per difendere uno dei suoi bilanci:

“Questo denaro ci servirà aripulire l’ambiente, anziché apagare avvocati”. E su unaquestione capitale come lariforma del sistema sanitario(sistema che esclude 37milioni di americani puressendo, in proporzione, ilpiù costoso del mondo),l’amministrazionedemocratica ha capito che, seintende veramente estenderealla generalità dellapopolazione la coperturamedica senza per questoaumentare il livello diprelievo fiscale, dovràlimitare i procedimenti legaliper responsabilità intentaticontro il personaleospedaliero. Infatti durante il“decennio folle” fra il 1975 e

il 1986, l’ammontare delle polizze d’assicurazione sottoscritteda medici per premunirsi contro le conseguenze di un’azionelegale è aumentato del 250 per cento. Secondo l’Ama,American Medical Association, queste polizze costano aimedici (e quindi ai loro clienti, che le pagano sotto forma dionorari o di premi assicurativi più elevati) un totale di 5,6miliardi di dollari l’anno, cui vanno aggiunti i 20,1 miliardi didollari sprecati sotto forma di “medicina difensiva”: gliospedali moltiplicano gli esami inutili per proteggersi dalleeventuali azioni penali intentate dai pazienti o dalle loroassicurazioni. Questo timore, rovinoso per la collettività, èperaltro legittimo: nel 1960, soltanto un medico su cento èstato perseguito per errore diagnostico o terapeutico; nel 1986,la proporzione è salita a 1 su 6. Lo stesso dicasi per i premiassicurativi: una polizza di responsabilità civile costa ormai inmedia 16 mila dollari l’anno (dieci volte più che in Europa).Per gli ostetrici l’ammontare è addirittura di 250 mila dollari,W

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3

0 usa ItaliaFonte: Le Monde diplomatique, ministero di Grazia e giustizia (Italia)

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alcune malattie non si decidono a scomparire. Fino a qualcheanno fa, ad esempio, l’Occidente pensava di aver sconfitto latubercolosi. Ma eccola di ritorno, con l’aiuto dell’Hiv e del suoeffetto depressivo sul sistema immunitario. E adesso gli espertiin malattie tropicali temono che anche la febbre gialla - unamalattia che terrorizzava gli abitanti delle città portuali europeee americane nei secoli diciottesimo e diciannovesimo - stiapreparando il proprio ritorno sulle scene. Se ciò accadesse,avremmo una quantità divaccino sufficiente per affron-tarla? David Magrath, direttoredell’Unità prodotti biologicidell’Organizzazione mondiale della sanità, che controlla leforniture di vaccini in tutto il mondo, è quasi sicuro che laquantità di vaccino disponibile a livello internazionale è insuffi-ciente per affrontare l’eventuale scoppio di epidemie in grandiaree urbane.

Una ventina di anni fa questa carenza non sarebbe statapreoccupante. Ma negli ultimi anni, nell’Africa tropicale, unodei due territori più tradizionalmente colpiti da questa malattia,si è verificato un costante aumento nel numero di epidemie difebbre gialla e di morti. Nel secondo, l’America Latina, lezanzare portatrici di questo virus, che si credeva fossero statecompletamente sterminate nella prima metà di questo secolo,sono tornate in forze.

A detta degli epidemiologi, ormai il terreno è pronto perchédalla foresta amazzonica, dove già covano parecchie epidemie,la febbre gialla si diffonda fino a raggiungere le sovraffollatecittà della costa orientale dell’America Latina. E da lì il viruspotrebbe andare ancora più lontano, sostiene Jim Le Duc, unvirologo ed epidemiologo che lavora per l’Organizzazionemondiale della sanità. Le zanzare in grado di portare il virussono diffuse in molti altri paesi oltre all’Africa e all’AmericaLatina, inclusi gli Stati Uniti e l’Australia. Che cosa accadrebbese il virus si facesse dare un passaggio in questi paesi da qualchepasseggero in volo su un aereo proveniente da qualche cittàdell’America Latina? Le Duc teme il peggio: “Se non facciamoqualcosa, potremmo andare incontro a un’enorme catastrofe alivello mondiale”.

E non è l’unico a chiedere un intervento urgente. ThomasMonath, vice-presidente della OraVax Inc., una compagniaamericana di Cambridge, nel Massachusetts, specializzata inbiotecnologia, e autorità mondiale in materia di febbre gialla

lamenta “l’indifferenza di coloro che si occupano della sanità alivello mondiale” di fronte alla minaccia rappresentata da questamalattia. E Robert Shope, che dirige l’Unità di ricerca arbovirusdi Yale, crede che esista un altro buon motivo per agire rapida-mente. In futuro, sostiene, l’aumento di temperatura del globoterrestre potrebbe incoraggiare le zanzare aedes, il tipo di zanzareche trasmettono la febbre gialla, a spostarsi verso nord, aumen-tando così il rischio di contagio nell’America del Nord.

Che cosa si può fare? Anche se per la febbre gialla non esistenessuna cura, circa 50 anni fa è stato trovato un eccellente vacci-no. Il problema è che oggi questo vaccino viene usato perbloccare le epidemie già in atto lasciando così indifesa lamaggior parte della gente e soprattutto i bambini. Per cambiarequesta situazione e per attaccare le zanzare, che è l’unico altromodo per tenere la malattia sotto controllo, sarebbe necessariauna trasfusione di fondi da parte dei paesi più ricchi, dice LeDuc. Il pessimismo di Le Duc è comprensibile. Passa infatti lamaggior parte del suo tempo a seguire la diffusione delladengue, una malattia trasmessa dalle zanzare simile alla febbregialla ma meno letale. Secondo l’Organizzazione mondiale dellasanità, la dengue “si sta diffondendo... in tutto il globo terrestree colpisce decine di milioni (di persone) ogni anno”. La cosapiù preoccupante è che le zanzare Aedes aegypti , che trasmetto-no la dengue, sono anche le principali portatrici di febbre giallanelle città. Le Duc sa che in ogni regione dove c’è un ritornodella dengue potrebbe scoppiare un’epidemia di febbre gialla.“In molti paesi si stanno verificando epidemie di dengue per laprima volta”, dice Le Duc, e tra questi ci sono il Brasile, ilVenezuela e l’Australia.

E questa non è l’unica tendenza preoccupante. In tutto ilmondo, le epidemie di febbre gialla si verificano ormai quasiogni anno, soprattutto in Africa. E il numero di casi, che apartire dal 1948 - quando i vari paesi hanno cominciato adenunciarli all’Organizzazione mondiale della sanità - agli inizidegli anni Ottanta si limitava a qualche centinaio, negli ultimianni è salito oltre i 3mila, stando alle cifre ufficiali. Quelle realiprobabilmente sono dalle 10 alle 500 volte più alte, a giudicaredagli studi epidemiologici condotti sulla febbre gialla in Africanegli ultimi 25 anni. In realtà, a detta dell’Organizzazionemondiale della sanità, in Africa si verificano probabilmentecirca 200mila casi di febbre gialla all’anno, 30mila dei qualisono mortali. Si è già in allarme anche per la diffusione di una“nuova” potenziale portatrice di febbre gialla nota come zanzara

Febbre nella giungla urbanaI casi di febbre gialla

sono in aumento in Africa e in America LatinaCosa succederebbe se il virus si propagasse fino alle grandi metropoli occidentali?

john maurice

new scientist

gran bretagna

scienza

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probabilmente perché il 75 per cento di questi specialisti è giàstato o sarà perseguito. Altrettanto dicasi per il 52 per centodei chirurghi.

carenza dello stato

Questo stato di cose rappresenta naturalmente una rendita diposizione per gli avvocati e per gli assicuratori, tanto più chela metà dei risarcimenti assegnati alle “vittime” serve a coprirele spese legali. Ma essa contribuisce anche a scoraggiarel’innovazione che, quasi per definizione, è più irta di pericoliche foriera di certezze. E, in fin dei conti, un camminoimpedito dal timore di azioni legali non minaccia forse dicondurre a un “mondo in cui si praticano metodi eugeneticiper evitare i rischi legati al parto, si creano ghetti per gli

ammalati di Aids al fine dievitare i rischi legati allacontaminazione, si escludonole donne dal mercato dellavoro per evitare i rischi diinfezioni, più frequenti nelledonne, proprio perchésuscettibili di restare incinte”?Tuttavia, al di là dellerichieste fantasiose , chespesso assomigliano a vere eproprie estorsioni, dei

querelanti che simulano invalidità e inscenano falsi incidenti,degli avvocati che fanno i piazzisti pubblicitari (oltre 100milioni di dollari nel 1992), c’è da chiedersi che conseguenzeavrebbe la limitazione delle vie d’accesso all’azione legale perresponsabilità. Il presidente dell’ordine americano degliavvocati non aveva del tutto torto quando osservava – certonel tentativo di perorare la propria causa – che a volte leriparazioni imposte dal tribunale “puniscono e scoraggianoimbrogli colpevoli che è impossibile sanzionare altrimenti [dalmomento che] le istituzioni governative responsabili dellatutela della salute e della sicurezza della popolazione nonhanno fatto il loro dovere”. Insomma, l’eccesso diprocedimenti giudiziari è anche frutto della scarsa presenzadello Stato, lo scudo che dovrebbe proteggere un po’ ilcittadino dalle conseguenze della deregolamentazioneeconomica e di una protezione sociale insufficiente, il revolveralla tempia delle grandi imprese e delle potenze finanziarie chealtrimenti godrebbero di un’intollerabile impunità.

In parte ci spiega forse il fatto che il giudizio– complessivamente molto negativo – degli americani sullafigura dell’avvocato nasconde enormi divari di classe, di razzae di sesso. Neri, ispanici, donne, poveri e giovani apprezzanola professione con indulgenza infinitamente maggiore rispettoad altri gruppi. Sarà perché la frequentano più raramente e laconoscono meno bene?

Infatti i paladini del “diritto senza Stato” tendono adimenticare un po’ troppo facilmente l’assenza di diritto perchi non ha risorse. Se per gli avvocati i fallimenti e leristrutturazioni d’impresa hanno rappresentato un’industriaaltamente redditizia (“le casse del mio studio hanno tintinnato

senza posa, tutti i mesi, per quattordici anni”, si è vantato unavvocato); se, per i clienti danarosi, non sarà lesinato alcunosforzo (richiesta di nuova inchiesta, consulenti capaci difiltrare i “cattivi” giurati, grafici, perizie...), per gli indigenti,in genere, ci si dà meno da fare. L’ordine degli avvocati ha unbell’incoraggiare i suoi appartenenti a fare cinquanta ore divolontariato l’anno: di rado l’idealismo ha la meglio suincentivi più allettanti. Così, mentre il 40 per cento dellecondanne a morte sono revocate in appello, quasi un terzo dei350 condannati a morte californiani non ha più un difensoreche intenti l’estremo ricorso: una volta pronunciata lasentenza, l’assistenza legale d’ufficio, già handicappata daonorari fissi scandalosamente bassi, non interviene più.

Negli Stati Uniti, la potenza della lobby degli avvocati liprotegge verosimilmente da ogni rimessa in questione dei loroprivilegi. E all’estero il loro orizzonte si presenta più radiosoche mai: il mercato unico europeo ha attratto gli studi legaliamericani, e lo stesso vale per le privatizzazioni all’Est.Migliaia di nuove imprese, spesso con proprietari stranieri,avranno dunque bisogno di consigli legali. Robert Reichmette in guardia contro la professione: “Via via chel’economia americana si lega sempre più strettamente al restodell’economia mondiale, le occasioni di manipolazione legalee finanziaria aumentano (...) Eserciti di avvocati si tengonopronti a dar battaglia in tribunale per la spartizione di utiliprovvidenziali o di perdite mozzafiato”.

Il socioAvvocati rispetto alla popolazione totale, ’92

usa 0,3Italia 0,1

Avvocati rispetto al numero stimato di avvocati nel mondo

usa 40Italia 3,3

Fonte: Le Monde diplomatique, ministero di Grazia e giustizia (Italia)

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in cui serve entro 48 ore” dice Kwon, secondo il quale vienefabbricato vaccino sufficiente per affrontare l’attuale ondata diepidemie in atto in Africa, nonché le necessità molto minoridell’America Latina.

Ma questo non rassicura Monath. “Servirebbe quasi l’interaproduzione disponibile in tutto il mondo soltanto per affronta-re un’epidemia, supponiamo, a Rio o a San Paolo”. Messeinsieme queste due megalopoli avrebbero bisogno di circa 25milioni di dosi di vaccino. E se possiamo basarci sull’attualediffusione della dengue e della zanzara che la trasmette, fanotare Monath, potrebbero essere necessari altri tre milioni didosi per vaccinare gli abitanti del Territorio del Nord e del

Queensland in Australia. Poi c’è l’Asia,dove l’Aedes aegypti abbonda, ladengue dilaga e il numero di personeche dovrebbero essere vaccinate è, adetta di Monath, “sconvolgente”. Findall’apertura del Canale di Panama nel1914, l’Asia si è sentita minacciata dalrischio che la febbre gialla attraversasse

il mare dall’America (non dall’Africa, la cui costa orientale èrimasta relativamente immune dal contagio). Alcuni esperimen-ti hanno dimostrato che il tipo di Aedes aegypti che si trova inAsia è capace di portare la febbre gialla e di contagiare glianimali. Il motivo per cui la malattia non è ancora arrivata inAsia rimane, a detta di Monath, “uno dei grandi misteri dellavirologia”.

medici imperiali

Le Duc è tutt’altro che ottimista per quanto riguarda la minac-cia di epidemie di febbre gialla nelle città. Ma a suo parere inAfrica c’è un problema più immediato da affrontare. Il 95 percento dei casi riportati in tutto il mondo si verifica in Africa e lafebbre gialla è endemica in 33 dei 46 paesi del continente. Daquando la Francia ha rinunciato alle sue colonie negli anniSessanta, le campagne di vaccinazione sono state usate solo per“respingere” le epidemie; non ci sono stati tentativi diimmunizzare intere popolazioni prima che l’evento si verificas-se. Tuttavia, l’eredità delle vecchie campagne francesi dà ancorai suoi frutti.

Dei 33 paesi africani in cui la febbre gialla è o potrebbeessere un problema, la maggior parte delle epidemie si è verifi-cata in quelli che non hanno mai fatto parte dell’impero france-se. I medici imperiali inglesi avevano invece deciso di lasciare iloro sudditi indigeni alla mercé del virus, probabilmente perchépreoccupati degli effetti collaterali, a volte fatali, causati dalvaccino usato dai francesi in Africa occidentale - l’unico vaccinodisponibile all’epoca sufficientemente facile da somministrarenelle condizioni disagiate della boscaglia africana. Tra le ex-colonie britanniche, la Nigeria è stata colpita dal virus conparticolare durezza, avendo subito nove epidemie tra il 1950 e il1991. Anche l’Etiopia, il Gambia, il Ghana e il Sudan hannoavuto la loro parte di epidemie. E l’ultimo contagio sviluppatosiin Africa è stato proprio in Kenya, dove sono stati riportati 54casi e 28 morti. La cosa che preoccupa di più Susan Robertson,un ufficiale medico che lavora per il Programma allargato di

immunizzazione dell’Organizzazione mondiale della sanità, èche la percentuale di bambini contagiati sembra aumentare aogni nuova epidemia. “Abbiamo un vaccino favoloso. Proteggequasi per tutta la vita con una sola iniezione. Esiste da 50 anni.E tuttavia non lo usiamo per proteggere i milioni di bambiniafricani che ogni anno corrono il rischio di prendere la febbregialla”.

Insieme ad altri medici impegnati nel Programma, la dotto-ressa Robertson ha iniziato una crociata perché il vaccinocontro la febbre gialla venga incluso nel “pacchetto” di vacciniche al momento vengono iniettati a quasi l’80 per cento deibambini del mondo per proteggerli contro la poliomielite, ilmorbillo, la tubercolosi, la difterite, la tosse convulsa e il tetano.Secondo la dottoressa “sarebbe facile aggiungere il vaccinocontro la febbre gialla al pacchetto”. Per quanto riguarda i costi,i ricercatori calcolano che comporterebbe una spesa dai 65 ai 78centesimi in più dei 6 o 7 dollari del costo attuale del pacchettodistribuito a ciascun bambino. Si è invece calcolato che vaccina-re le persone dopo lo scoppio di un contagio, come ad esempioè avvenuto in Nigeria, viene a costare circa 8 dollari a persona.

Undici dei 33 paesi africani ad alto rischio hanno già comin-ciato a vaccinare i bambini con il sostegno finanziario di unaserie di donatori. Altri sei paesi hanno dichiarato che seguiran-no il loro esempio. Ma i progressi sono lenti: solo 2 dei 19milioni di bambini che si calcola vivano in questi 33 paesi sonostati vaccinati. Monath ritiene “intollerabile che si sia dovutoaspettare fino ad ora, dopo tante epidemie e migliaia di morti,perché la comunità internazionale prendesse sul serio la febbregialla”. La dottoressa Robertson e Le Duc stanno cercando diraccogliere fondi non solo per il vaccino - che comporta unaspesa di circa 5 milioni di dollari l’anno - ma anche per la ricer-ca, l’addestramento di personale e le attrezzature di laboratorio -per cui servono circa 100mila dollari - al fine di assicurare unarapida e accurata diagnosi del contagio. Solo allora, dicono,potremo farci un’idea precisa di quanto sia esteso. Senza attrez-zature di laboratorio piuttosto sofisticate, è abbastanza facilescambiare la malattia per qualcos’altro, in particolare per l’epati-te virale, la malaria e il tifo.

Almeno per quanto riguarda l’Africa, sembra che lacomunità sanitaria internazionale si stia dando abbastanza dafare nella lotta contro la febbre gialla. Ma nel Nuovo mondo,dove il pericolo sta covando e potrebbe far scoppiare epidemieche interesserebbero l’intero pianeta, a detta di Le Duc, si èappena cominciato a fare qualche tentativo per ridurre ilrischio. La ricetta è semplice e chiara: migliorare le condizioniigienico-sanitarie di base e garantire gli approvvigionamenti diacqua, rimuovere i rifiuti per eliminare i possibili luoghi diriproduzione delle zanzare e, dove è possibile, immunizzare lepersone a rischio. L’unico problema è vedere quando il mondosi renderà conto del pericolo e comincerà a stanziare i fondinecessari.

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gnia che opera nel campo della biotecnologia per cui lavora dal1992, è specializzata nella preparazione di vaccini orali per ladiarrea, l’epatite e il cancro allo stomaco, e non ha nessuninteresse commerciale a fabbricare o a vendere vaccini contro lafebbre gialla. Ma questo non impedisce a Monath di occuparsidel problema. Secondo i suoi calcoli, circa 121 milioni di perso-ne non immuni vivono sulle coste del Brasile infestate dall’Aedesaegypti. E per di più, l’Aedes albopictus - che diversamentedall’Aedes aegypti vive bene sia nella foresta che in città - si stadiffondendo attraverso tutto il continente. Si teme che questazanzara possa svolgere la funzione di intermediaria, trasferendoil virus dalla foresta alla città. “Ci sono tutte le condizioni, ciavvisa Monath, per una grossa esplosione della malattia nellecittà”.

Se ciò avvenisse, dovremmo stare attenti ai viaggi in aereo.Secondo Monath, infatti, un passeggero infetto in poche orepotrebbe portare il virus da Rio a Miami o a New Orleans,dove da tempo si sono insediate ampie popolazioni di Aedesaegypti. L’ultima epidemia urbana che ha colpito gli Stati Unitisi è verificata nel 1905 a New Orleans, con 5mila casi e mille-morti. La storia potrebbe ripetersi? “È molto probabile - diceMonath - anche se con gli efficienti sistemi di controllo dellamalattia in uso oggi negli Stati Uniti, e la diffusione di zanzarie-re e aria condizionata, il rischio sta diminuendo”.

Ma questo non è un motivo sufficiente per rilassarsi, insiste:“Non esistono quasi più esperti sulla febbre gialla negli StatiUniti e c’è solo una ditta che produce piccole quantità di vacci-no contro la febbre gialla del tipo approvato dalla Food anddrug administration”. L’Istituto di medicina americano è piùpreciso nel suo pessimismo. Il suo rapporto più recente sulle“Infezioni emergenti” prevede “che con molta probabilità (incaso scoppiasse un’epidemia di febbre gialla a New Orleans) siammalerebbero 100mila persone... e probabilmente 10milamorirebbero entro 90 giorni... (soprattutto) perché non sonodisponibili pesticidi “accettabili” per il controllo del virus... nonesistono medicine efficaci e... nessuna ditta americana potrebbeprodurre in tempo una quantità di vaccino sufficiente”. ILaboratori Connaught di Swiftwater, in Pennsylvania, sono, ineffetti, gli unici produttori del vaccino approvato dalle autoritàstatunitensi. Un portavoce della compagnia dichiara che laproduzione è di almeno un milione di dosi di vaccino all’anno,più 50mila di riserva e una “notevole quantità” di vaccino sfusoche potrebbe essere pronto all’uso in circa una settimana.Sarebbe sufficiente per affrontare un’ipotetica epidemia a NewOrleans che minacciasse la vita di 500mila persone?Probabilmente no, dice Magrath dell’Organizzazione mondialedella sanità. Nel suo complesso, aggiunge, la produzione divaccino per la febbre gialla “viene fatta quasi su scala artigiana-le” ed è “troppo poco flessibile per affrontare una crisi seria intempi brevi ”.

carenza letale

L’Unicef compra quasi tutto il vaccino che si produce nelmondo - tra i 6 e i 20 milioni di dosi l’anno secondo l’addettoagli acquisti dell’organizzazione Hyuk-Soo Kwon. “Di solitotrasportiamo il vaccino dal luogo dove viene prodotto a quello

tigre asiatica (Aedes albopictus ). Nel 1985 questo insetto haviaggiato dal Giappone al sud degli Stati Uniti con un carico dipneumatici usati. Ormai è abbondantemente diffuso negli StatiUniti e in Brasile, sembra che si stia diffondendo in altri paesidell’America Latina, e si è definitivamente stabilito in Africa.Gli esperimenti fatti dimostrano che può facilmente raccoglieree trasmettere virus, compresi quelli della dengue e della febbregialla. Di recente, alcuni ricercatori brasiliani hanno scopertonelle regioni selvagge dell’Amazzonia esemplari di Aedes albopic-tus portatori di dengue.

velocit‡ di riproduzione

Ma la cosa ancora più preoccupante, dicono gli esperti, è ladiffusione dell’Aedes aegypti nelle città. Diversamente dalleprime epidemie verificatesi in America Latina, finora in Africala febbre gialla ha colpito soprattutto le comunità che vivevanonella savana o ai limiti della foresta. Specie come l’Aedes aegyptiavevano ben poco a che fare con queste epidemie. Ma la situa-zione sta cambiando. Le città sempre più grandi e le loro perife-rie sovrappopolate offrono alle zanzare una scelta sempre piùampia di luoghi dove deporre le uova, come vecchi pneumaticipieni di acqua o altri oggetti cavi abbandonati. L’Aedes aegypti sista diffondendo rapidamente in Africa e, di conseguenza, ilrischio che scoppi un’epidemia di febbre gialla nelle cittàaumenta di anno in anno.

In America Latina, nel frattempo, l’Aedes aegypti sta risor-gendo come Lazzaro dalla tomba. Nel 1947, i nove paesi piùafflitti da casi di febbre gialla nelle città - Panama, Venezuela, leGuyane, Suriname, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador e Colombia- hanno lanciato una vasta campagna contro le zanzare attac-candole con il Ddt e distruggendo tutte le uova deposte nellecittà. Nel 1965 il virus era ormai stato ricacciato nella forestaamazzonica tra le zanzare e le scimmie della giungla. Ma adessole zanzare di città stanno tornando all’attacco, hanno comincia-to di nuovo a riprodursi tra la spazzatura delle proliferantibidonville e a causare epidemie di dengue, sebbene non abbianoancora scatenato nessuna epidemia di febbre gialla. Secondo irapporti ufficiali, in America Latina la febbre gialla colpisceogni anno solo qualche centinaio di taglialegna e altre personeche lavorano nella foresta. Ma si tratta di una tregua instabile. Ilnumero sempre crescente di zanzare cittadine potrebbe facil-mente prendere il virus dalle migliaia di immigranti che dallecampagne vanno ogni anno in città a cercare lavoro, o addirit-tura dalle scimmie che si avventurano nei pressi delle periferie.Per peggiorare le cose, le zanzare hanno cominciato a mostrareuna certa resistenza a molti insetticidi standard.

“Siamo tornati alla situazione dell’inizio del secolo”, diceMonath. “La zanzara era presente in tutte le città della costa delBrasile. Il virus era diffuso nella foresta amazzonica. E navipiene di immigranti non immuni arrivavano dal Vecchiomondo”.

dalla foresta alla citt‡

Monath ha sviluppato il suo interesse per la febbre gialla nelCentro per il controllo delle malattie infettive di Atlanta, doveha lavorato come virologo per 20 anni. La OraVax, la compa-

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dell’arresto non era stato loro permesso di fargli visita.Quando sono arrivati in ospedale hanno trovato il figlio privodi sensi, collegato alla macchina per la respirazione artificiale,in preda alle convulsioni provocate dalle scosse elettriche perla rianimazione. (...)

Lo stesso giorno Hassin è morto per una meningite,procuratagli dall’infezione alle orecchie. I genitori hannosaputo della sua morte alla radio, durante il tragittodall’ospedale verso casa. I fratelli detenuti a Ketsiot hannosaputo della morte di Hassin da Hammed Bitani, giudicepalestinese di Nablus, detenuto amministrativo del carcere. Ladirezione di Ketsiot voleva usare il suo prestigio per calmaregli animi. Durante la revisione della causa di morte (durata unanno e mezzo), il procuratore capo militare ha dato la colpadell’accaduto all’ospedale Soroka, schierandosi contro le testi-monianze dei medici e di altri testimoni .“Il detenuto è statoportato in ospedale un giorno prima della sua morte”. Ilprocuratore capo militare ha ammonito il medico del carceredi Ketsiot che sull’accaduto “sono stati perpetrati gravi errorinell’assistenza del defunto”, ordinando di prendere “misureper migliorare le disfunzioni”. La Corte di Gerusalemme sipronuncerà sull’eventualità di dare alla famiglia un risarci-mento.

La prigione di Ketsiot è destinata allo smantellamentodopo la liberazione dei detenuti, che è parte integrante delletrattative di pace. Ketsiot è stata costruita nel 1988, dovesorgeva un campo di detenzione militare (carcere 7). Tsahal(esercito per la difesa dello Stato di Israele) considerava lacostruzione “una necessità militare vitale per la soluzioneradicale del crescente problema dell’Intifada”. In poco tempoè diventata la prigione con la fama peggiore. Colui che haordinato la sua costruzione è stato il ministro della difesa diallora, Isaac Rabin. Già dall’inizio era destinata a ricevere finoa 5mila detenuti, i primi 3mila entro 3 o 4 settimanedall’ordine.

Gli arabi dei territori occupati vedono in Ketsiot la realiz-zazione della prima parte del piano israeliano sul “transfer”palestinese, piano destinato ad allontanare l’intellighenziadella rivolta in una zona desertica, lontana e dentro i confinidella linea verde (i confini prima del 1967), tagliandola cosìfuori dai centri della rivolta. Nei primi due anni a Ketsiotsono stati internati solo detenuti amministrativi: attivistidell’Intifada, lanciatori di pietre, leader potenziali e di fatto.Molti erano intellettuali e liberi professionisti, arrestati senzaprocesso, alcune volte senza un’accusa precisa. Gli avvocatiche si occupano dei detenuti dei territori occupati dichiaranoripetutamente che le loro condizioni erano e sono rimaste lepeggiori di tutte le prigioni di sicurezza. Senza un’assistenzamedica ragionevole, senza un’alimentazione e senza condizio-ni di vita adeguate. Nei territori occupati, Ketsiot è vistocome il simbolo dell’angoscia israeliana causata dall’Intifada.

“È stato un inferno”, dice l’avvocato Adnan Abu Lailla,uno dei capi dell’Organizzazione al Fatah a Ramallah, detenu-to amministrativo per tre mesi nel 1988: “Il posto scelto per laprigione è terribile; allora non c’era neanche l’asfalto.Dormivamo sulla sabbia e la sabbia entrava in qualsiasi posto,

dentro le orecchie, negli occhi, nei pori della pelle, nelle co-perte, dentro il cibo e nell’acqua. Durante l’inverno alcunevolte la temperature scendeva fino a zero gradi. In estate ilcalore era insopportabile. Ci sono stati momenti in cui l’acquanon arrivava per due o tre giorni. Quando iniziavano letempeste di sabbia, i giudici militari che venivano alla prigio-ne per deliberare le istanze d’appello (che normalmente finiva-no nel nulla) fermavano i processi a metà e scappavano via. Lesevizie sui detenuti erano particolarmente dure. I soldati eranomolto nervosi. Gli schieramenti per contarci erano una seriecontinua di umiliazioni, eravamo seduti per terra, ammanetta-ti, coloro che venivano chiamati dovevano saltare e fare ungiro su se stessi. Era vietata la visita delle famiglie. Non cipermettevano di ascoltare la radio o di vedere la televisione,oppure di leggere giornali o libri. Le mutande erano un artico-lo raro. Chi osava aprire bocca veniva picchiato”.

Negli ultimi quattro anni i detenuti amministrativi sonostati gradualmente sostituiti da detenuti legalmente processati.La detenzione non doveva superare i cinque anni. Si trattavadi minorenni e di adulti non accusati “di essere coinvolti infatti di sangue”, e in linea di massima colpevoli solo del lancio

di molotov senza feriti o difar parte di un’organizzazioneterroristica. Hanno comun-que continuato a soffrirecondizioni di detenzionemolto più difficili di quelliche si trovano nel carcerecentrale di Nablus, dovescontano la pena quelli chevengono condannatiall’ergastolo. Ketsiot esprime

così il paradosso dell’occupazione, con una cieca e crudelecasualità. Le distinzioni alle quali Tsahal si appella oggi, inquesto periodo di nascita della pace, quali quelle di “detenutigravi macchiati di sangue” e detenuti con “lievi colpe”, “co-loro che disturbano la quiete pubblica” o “gli attivisti dellapropaganda dell’Intifada”, svaniscono dietro le sbarre di Ket-siot. “Il pericoloso nemico” di ieri è diventato oggi un dete-nuto “lieve” ; così come sono diventati “attivisti di bassorilievo” tutti quelli che non hanno fatto attentati a coloni esoldati. La mentalità dell’occupazione, che ha analizzato ilconcetto di “nemico” con tutta la sua vasta gamma di aggetti-vi, non cambia facilmente. Soltanto i confini si sono spostati,al servizio di nuovi scopi, politici e propagandistici.

Il dibattito sul prossimo smantellamento della prigione diKetsiot ha preceduto tutti gli altri di fronte alla Corte supre-ma. Su istanza di un’associazione di medici guidatadall’avvocato Leker, la controparte ha chiesto la chiusura delcarcere o almeno l’adeguamento delle condizioni di vita aglistandard dei sistemi carcerari civili e militari vigenti. Nonrispettandoli, vi è una chiara violazione del codice civile edegli stessi decreti per lo stato d’emergenza. Ci sono moltidubbi che un’istanza del genere possa essere approvata dallaCorte suprema; i giudici che la compongono accettanoabitualmente i suggerimenti degli esperti dei servizi segreti,

Israele e i territori occupatiValori indicativi 1992

Palestinesi arrestati 25.000

Palestinesi in carcere 10.000

Civili israeliani uccisi da palestinesi 19

Palestinesi uccisi da forze israeliane 120

Palestinesi uccisi da palestinesi perché sospettati di collaborazionismo 200

Fonte: Amnesty International

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attraverso gli anni tutte le lotte legali per migliorare lecondizioni dei reclusi nella prigione di Ketsiot sono statevane. Ketsiot è la più grande di tutte le prigioni del Paese equella con la fama peggiore.

La popolazione dei Territori occupati vede in essa il primopasso del “progetto di transfer” degli intellettuali e dei leaderpalestinesi. Oggi, con l’accordo, diventa uno dei primi can-didati allo smantellamento.

Il ricordo più forte della detenzione a Ketsiot che èrimasto a Monir e Annuar Harb, abitanti di Beit Ulla vicino aHebron, è la morte del loro fratello Hassin di 19 anni. I trefratelli sono stati arrestati nei mesi di novembre-dicembre1990, durante l’ondata di arresti amministrativi.

Il carcere di Ketsiot è stato creato nei primi annidell’Intifada, vicino al confine egiziano. Dopol’appello del 1988 alla Corte Suprema israelia-na per le difficili condizioni di vita all’internodi Ketsiot, è stata cambiata la regola di separa-re i parenti e gli amici detenuti. I fratelli Harb hanno abitatonella stessa tenda, al blocco E 1/3. Le giornate, racconta ilprimogenito Annuar, erano particolarmente fredde e piovose.In ogni tenda erano stipati 28 detenuti, l’acqua piovanascorreva sotto i materassi messi a terra. Il telone sopra Annuarera bucato, l’acqua gocciolava sul suo viso mentre dormiva.Questa insopportabile condizione non lasciava a nessuno lapossibilità di sistemarsi meglio. Tutto ciò era niente a con-fronto delle grida di dolore di suo fratello Hassin che teneva latesta dolorante appoggiata sulla pancia del fratello o dormivatra le sue braccia, pregando Annuar di massaggiargli il collo.

Hassin ha iniziato a sentire dolore nelle orecchie alla finedi gennaio. Il medico di Ketsiot gli aveva prescritto un analge-sico - l’acamol - che, secondo le testimonianze di moltidetenuti, era la medicina per tutte le malattie. La situazione diHassin peggiorava. Diventava debole, soffriva di giramenti ditesta e rifiutava il cibo. Secondo i fratelli, le loro continuerichieste per aver un medico furono accolte solo una volta, e ladiagnosi finale fu: “Non ha niente, sta solo recitando”. (...)

“Nella notte gridava dal dolore e io impotente piangevo”,racconta il fratello Annuar (...) “Non potevo aiutarlo innessun modo, né con le medicine né col cibo. Ci siamo sentitiabbandonati. Gli ho detto di pregare, di chiedere ad Allah, malui rispondeva ‘voglio dimenticare le preghiere’. Non mirimaneva niente da fare, pregavo Allah di salvarlo”. Quando è

iniziata la guerra del Golfo, le condizioni di detenzione sonopeggiorate ulteriormente. “Gli Scud hanno fatto impazzire isoldati, si vendicavano su di noi”. Ogni volta che suonaval’allarme, i soldati dagli altoparlanti gridavano “coprifuoco,coprifuoco”. Questo era il segnale per i detenuti di chiudersinelle loro tende, di coprire il viso con asciugamani e coperte alposto delle maschere antigas. I soldati usavano tutti i sistemidi difesa e si rifugiavano nei bunker di pietra. Al terminedell’allarme, si passava agli abusi e soprusi dei soldati, con lecontinue perquisizioni notturne. Venivano buttate fuori lecoperte e i pochi oggetti personali. I controlli per contarci sisusseguivano innumerevoli volte, nel periodo di gennaio,durante le gelate notturne in mezzo al deserto.(...)

Quando è arrivato il momento di presentarsi alla Corted’Appello per la richiesta della riduzione dellapena, Hassin non era già più in grado dimantenersi in piedi. Aveva perso la memoria eparlava appena. Lo hanno portato nella barac-

ca della Corte militare di Ketsiot, mettendolo “nel pollaiod’attesa” sotto un sole cocente. I soldati non hanno accettatola richiesta dei familiari di poter parlare a suo nome. Quandoè uscito, Hassin ha sussurrato: ‘ho chiesto al giudice un dotto-re”. Fino a oggi la famiglia Harb non ha la minima idea dicosa sia successo durante la seduta della Corte militare. Èpossibile che il giudice militare non abbia voluto ascoltare larichiesta d’aiuto di Hassin? Il protocollo della seduta è copertodal segreto militare. L’avvocato della famiglia, Naila Hattia,ha fatto causa civile allo Stato d’Israele, ma non le è statougualmente permesso di vedere gli atti processuali.

In ogni caso Hassin non ha ricevuto l’assistenza medica. Idetenuti del blocco E 1/3 hanno protestato. Le loro grida“guardie, guardie, portate Hassin in infermeria per curarlo!”hanno sicuramente disturbato la quiete dei dirigenti carcerari.All’inizio di febbraio, Hassin è stato portato via, in barella,dalla sua tenda. I suoi fratelli e gli amici credevano che loavessero trasferito all’ospedale Soroka di Beer Sheva. Di fattoè stato portato alla prigione numero 7, a tre chilometri dal suoblocco. Questa prigione è destinata ai “rivoltosi”.

Dopo 10 giorni, alla mezzanotte del 13 febbraio, Hassin èstato trasferito d’urgenza in elicottero all’ospedale Soroka incondizione di morte cerebrale, secondo le testimonianze deimedici curanti. Il giorno dopo i suoi genitori sono statichiamati dall’amministrazione civile di Hebron. Dal giorno

L’Intifadainprigione

Dal racconto di una giornalista israeliana la vita dei palestinesi nel peggiore campo di detenzione di IsraeleViolenze e diritti calpestatiNella speranza che la pace chiuda il carcere di Ketsiot per sempre

ada ushpiz

ha'aretz

israele

israele

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Nonostante le affermazioni di principio, la diplomazia interna-zionale e quella americana in particolare, così determinate inaltre occasioni, non si preoccupano di garantire il ritorno dellegittimo presidente Aristide ad Haiti. Il rischio, a questo punto,è che i sostenitori del presidente haitiano, dopo aver subìto laferoce repressione dell’esercito e degli irregolari, si ribellino scate-nando una guerra civile che potrebbe definitivamente affossare ilprocesso democratico in questo piccolo e poverissimo paese.Aristide è stato il primo presidente di Haiti eletto in consultazio-ni libere e democratiche.

a manchester, durante le primarie del 1992 nel NewHampshire, decisi di rendere più luminosa una giornata grigiae fredda assistendo a una conferenza stampa di Pat Buchanan.Una delle denunce più violen-te del candidato era indirizzataall’uomo da lui definito “ilprete pazzo”: una graziosaallusione al presidente di Haiti Aristide. Buchanan, che non èsolito accostare due termini come “prete” e “pazzo”, pensavache Bush fosse troppo tenero con Aristide; una lamentelarivelatasi priva di fondamento. Quando era addetto allepubbliche relazioni della presidenza Reagan, Buchanan avevacontribuito a sviluppare una strategia chiamata “linea delgiorno” per mezzo della quale tutti i repubblicani concordava-no di esprimersi con voce unanime su un determinatoargomento. All’improvviso, il mese scorso, a Washington èrispuntata la “linea del giorno”. In coro, Elliot Abrams, HenryKissinger, Bob Dole e Dick Cheney hanno cominciato a dire,nei talk show, che il presidente Aristide è un pazzo, uno psico-patico, un maniaco depressivo, un elemento instabile.

Per quanto ne so io, Aristide è un pazzo. Di certo è unprete. Ma non credo che la destra americana ce l’abbia con luiper questo. E la cosa interessante di questa improvvisa manife-stazione coordinata di unanimità – coincisa con il momentodi crisi della politica governativa nei confronti degli haitiani,traditi per ben tre volte – è il fatto che sia stata alimentata estimolata dall’interno del governo. Le affermazioni su Aristidenascono da un vecchio documento di disinformazione dellaCia risalente a un periodo in cui il sostegno statunitenseall’oligarchia haitiana era ancor più entusiastico di adesso. Mal’improvvisa riesumazione di quel rapporto anonimo e inveri-ficabile si può imputare al Dipartimento alla difesa , che l’ha

riciclato attraverso i mass media proprio quando la naveamericana Uss Harlan County si è arresa a un rimorchiatoredella giunta militare haitiana di dimensioni quindici volteinferiori alle sue.

Intervistato dalla Cnn nel fine settimana successivo, dopoaver inflitto quest’umiliazione alla sua superpotenza preferita,il tenente generale Raoul Cédras ha rivelato la sfrontatezza deldittatore. Ha detto di voler mantenere con gli Stati Uniti lepiù cordiali relazioni, e di ricordare con affetto il particolarerapporto militare esistente da lungo tempo tra i due paesi. Infin dei conti, come ha sottolineato Cédras, “il 75 per cento deinostri soldati viene addestrato negli Stati Uniti”.

Credo che il buon generale sappia qualcosa. Si comportacome se sapesse qualcosa che Clinton non sapeva. Inoltreparla e agisce come se non gli mancassero amici aWashington, ufficiali e non.

gli amici dei golpisti

Quelli non ufficiali sono abbastanza noti: si tratta della solita,prevedibile feccia politica del sud. Elliott Abrams è statoingaggiato come lobbista da un gruppo commerciale che hacercato (con successo, a quanto pare) di mitigare e quindiabolire le sanzioni contro la giunta militare. La lobby diHenry Kissinger è stata utile a coloro che, nella Repubblica

Domenicana, forniscono rinforzi alla dittatura della portaaccanto e, offrendoci un eccellente esempio di ciò che noistrizzacervelli dilettanti chiamiamo “proiezione”, lo stessoKissinger ha pubblicamente definito il presidente Aristide“uno psicopatico e un assassino”. Dick Cheney, che vuoleottenere la nomination repubblicana per il 1996, ha usato isuoi vecchi contatti col Dipartimento alla difesa per metterein imbarazzo Clinton su Haiti.

Più importanti, tuttavia, sono coloro che danno appoggioincondizionato alla giunta militare da posizioni di potere

La Cia:“Aristide è pazzo”

“Il 75 per cento dei nostrisoldati viene addestratonegli Stati Uniti”ha dichiarato il generalegolpista CedrasÈ per questoche Clintonnon riesce a farsi obbedire dai propri militarinella questione di Haiti?

christopher hitchens

the nation

stati uniti

usa e haiti

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appellandosi a “ragioni di sicurezza nazionale” per giustificarequalsiasi realtà.

Queste chiacchiere interne non cambiano i fatti e le te-stimonianze, accumulatesi sul tavolo dell’avvocato Leker,basate su lettere di detenuti e visite alla prigione, fornisconoun’immagine da cui si ricava che ciò che è successo a Ketsiotfa ancora parte del nostro presente.

Secondo l’avvocato Leker, dal momento della deliberadella Corte suprema nel 1988 “di creare, all’interno delpenitenziario, condizioni di vita tali da ridurre l’affollamen-to”, la situazione è invece peggiorata, benché il numero deidetenuti sia calato negli ultimi anni. La direzione del carcereha infatti preferito chiudere blocchi e reparti interi, senzadiminuire la densità di popolazione all’interno delle tende.Sono stati apportati pochi miglioramenti alla vita dei prigio-nieri: la visita delle famiglie una volta la mese, l’ascolto dellaradio una volta al mese e l’introduzione di un piccolo numerodi giornali. Questi miglioramenti non hanno però cambiato lepessime condizioni di detenzione. Alla fine del 1988 e all’iniziodel 1990, varie costruzioni sono state ingrandite, aggiungendoal panorama di Ketsiot quelli che vengono chiamati, dai carce-rati, i “pollai” o le “gabbie”. Il sistema carcerario di questoposto è unico, non esiste in nessuna altra parte di Israele o deiTerritori occupati. (...)

I detenuti di Ketsiot, nonostante le difficili condizioni,sono riusciti a creare una vita politica intensa, in molti casisono diventati i leader dell’Intifada. Uno degli ex procuratorimilitari ha detto: “I detenuti sono diventati cavie per lasoppressione del terrorismo in condizioni di isolamento”. (...)

Racconta un ex carcerato: “Ogni detenuto dorme su delletavole di legno; la distanza fra le tavole che compongono il‘letto’ causa un forte dolore alla schiena. I materassi sonovecchi e maleodoranti. Le coperte sono piene di buchi e nonesistono cuscini. Ogni tenda è illuminata con due lampadineda 25 watt, che non permettono la lettura notturna. I secchidella spazzatura sono scoperti, attirando zanzare e altri insetti.Nei bagni non c’è luce; ci sono insetti, serpenti, topi escorpioni. I pasti sono sempre uguali: fave, hummus (pasta diceci orientale), uova e alcune volte labane (un tipico formag-gio acido mediorientale). Tre o quattro volte la settimanariceviamo carne o pesce in scatola, gli altri giorni riso e fagioli.Tutto ciò non è sufficiente né per quantità né per qualità. Idetenuti non sanno cosa gli è consentito per legge e quandochiedono miglioramenti nell’alimentazione gli viene rispostosempre che ‘questa è la legge’.

“Così nascono le malattie: anemia, epatite, malattie dellapelle, malattie intestinali e indebolimento del corpo; spesso idetenuti devono protestare con lo sciopero della fame perottenere di essere curati. Molte volte i malati soffrono didolori atroci durante la notte e non c’è mai nessuno che vogliaoccuparsene, e se anche accadesse non riceverebbero l’assisten-za medica adeguata. A ciò si aggiungono sistemi disumani perfar pressione sui malati, per fargli tradire il loro popolo e laloro patria. Quando i genitori fanno visita ai figli vengonospessi umiliati e denudati per passare i controlli di sicurezza. Isoldati usano un linguaggio offensivo, e per giunta non c’è un

posto per poter parlare tranquillamente. Anche i genitorianziani, insieme a tutti gli altri, devono aspettare il loro turnoin piedi fino a che cominciano a tremare dalla stanchezza. Ibambini non possono toccare il padre o il fratello, il padrenon può abbracciare i propri figli. In breve, le condizioni divita nel carcere di Ketsiot non sono adatte agli esseri umani.L’umanità ha già superato la mentalità criminale che portal’oppressore a godere delle pene dell’oppresso. Non è esagera-to dire che, dopo tutte le sofferenze e le torture, noi resistere-mo con onore e continueremo a combattere le difficoltà”(...).

Sostiene Furg’ia, un ex carcerato di Ketsiot: “Non c’ènessuno che è entrato nel carcere di Ketsiot e ne è uscitoindenne. Anche io ho ancora dei dolori. Sono molto tacitur-no. Quando vedo che qualcosa non va intorno a me non diconiente, ho soltanto paura. Ho paura di girare per strada e diessere accusato del lancio di pietre. Ho paura di tutti, dalleguardie di frontiera ai soldati. Non ce la farei a ritornare aKetsiot. Voglio la pace, così tutto sarà migliore. L’Olp hacambiato la sua politica. Con la via della violenza non si ottie-ne la vittoria. Adesso faremo la pace e potremo vivere insie-me”.

Ecco la risposta ufficiale del portavoce di Tshal, l’esercitoisraeliano: “Le condizioni di vita a Ketsiot sono adeguate aogni livello: l’alimentazione, l’abbigliamento, le tavole rialzateper dormire, le coperte, l’assistenza medica, il camper mobileper le cure odontoiatriche, eccetera. È permessa in qualsiasimomento la visita dei rappresentanti delle organizzazioniinternazionali e della Croce Rossa fatta eccezione per giornali-sti o reporter”.

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del solito. Ah! sono stati più veloci dime. Dall’anno scorso mi capita sem-pre più spesso di incontrare dei “nuo-vi”. La concorrenza è sempre piùdura. Noi vecchi prendiamo i bento;ma i sacchi li richiudiamo, per nondar fastidio ai negozianti. Megliocomportarsi bene, no? Invece loro, igiovani, se ne fregano e rovescianotutto. Allora per proteggersi i com-mercianti hanno cominciato a chiu-dere a chiave i locali dove tengono lepattumiere. No, non siamo alla guer-ra... ma in effetti ci mettiamo i basto-ni fra le ruote a vicenda.“Porca miseria, sono le cinque passa-te. Ti rendi conto che sono già dueore che camminiamo? Vagabondan-do per i quartieri di Hyakunincho,Okubo, Kabukicho abbiamo visitatosette supermercati, ma il bottino èmagro. Mi capita di non mangiareper due giorni di seguito: niente distraordinario. Sono le sette passate,guarda: tutti quelli che non hannodormito in una baracca di cartone alriparo di un pilastro se ne sono anda-ti. Gli altri ripiegano i cartoni, raccat-tano i panni e si allontanano, chi dauna parte chi dall’altra, per procurarsida mangiare. Sembra ci sia gente cheper cercare un lavoro a giornata arrivafino al quartiere di Takadanobaba. Iocammino di notte. Di giorno restospesso nella mia capanna. Ma adessoquesto diventerà il quartiere dei sa-larymen e delle impiegatucce che la-vorano al municipio o in altri gratta-cieli.“Casa mia? Ha quasi le dimensioni diun tatami [3,3 mq]. Per fare i muri e iltetto ho preso cinque scatoloni, e liho fissati bene. Per terra ho messo suicartoni una stuoia e una coperta.Non ho freddo. I passanti, discuten-do e camminando, fanno rumore, maci sono abituato.“Qualche giorno fa c’è stata una reta-ta. Mi hanno portato via tutti i carto-ni. È per questo che sono in piena ri-costruzione. Quando dico retata in-tendo il servizio di nettezza urbanadel comune, che due volte al mese fale pulizie a fondo. Alle otto e mezzodel mattino arriva un furgone, caricatutti i cartoni e se non ci sei si portavia tutti gli effetti personali. Ma è uncircolo vizioso: quelli smontano e turicostruisci. Trovare il materiale ne-cessario non è difficile: i grandi ma-gazzini e i negozi di elettrodomesticidel quartiere buttano via ogni giornouna grande quantità di scatoloni.“Vedi, all’interno è tutto in ordine.Nello scatolone che ho accanto al cu-scino ho messo dei pullover, dei vesti-ti invernali e un paio di scarpe dicuoio. Ho persino un radioregistrato-re e qualche tascabile. Quella scatolalì mi serve da pattumiera. Se qualcu-

Giappone

Numa-sanarchitettoe barbonesatosh nakagawa

asahi shimbun

giappone

La sua baracca di cartone, sistemataall’ombra del nuovo gigantesco mu-nicipio di Tokyo, ha le dimensioni diun tatami: poco più di tre metri qua-drati. Numa-san il barbone l’ha at-trezzata con radioregistratore, libri ta-scabili e – lusso supremo – una sal-vietta rinfrescante a disposizione deivisitatori. Il tutto viene regolarmentespazzato via, insieme alle altre im-mondizie, dalla nettezza urbana.Lo chiamano Numa-san, ma il suovero nome lo conoscono in pochi. Haquarantasei anni. Se gli chiedono ilsuo indirizzo, risponde: Nishi-shinjuku, il nuovo centro della città(dove si trova il municipio di Tokyo),dove svettano i grattacieli. È qui chedorme, in una baracca di cartone,dietro uno dei pilastri del sottopassag-gio della stazione di Shinjuku.Numa-san non ha domicilio fisso,non ha lavoro: un vagabondo. Quan-do è arrivato qui, due anni fa, appenaun centinaio di persone condivideva-no la sua sorte. Adesso sono quattro-cento. Il vento che s’ingolfa fra gli altiedifici è più pungente che mai. Mal’approssimarsi dell’inverno non sem-bra l’unico responsabile del freddoche lo tormenta. Ecco la sua storia.“Io mi sveglio sempre molto presto:alle due e mezzo del mattino, quandoper il sottopassaggio non passa piùnessuno. Apro la porta della mia ca-panna di cartone. Bel tempo oggi,non trovi? Se lascio la porta aperta,qualcuno potrebbe portarmi via laroba, perciò devo chiuderla come sideve. Mi lavo la faccia e mi rado neibagni della stazione. Mi strofino ilcorpo con un asciugamano umido:per evitare i pidocchi bisogna tenersipuliti! Ogni tre giorni faccio il buca-to: vado al parco di Shinjuku e lavo labiancheria e la camicia sotto il rubi-netto. A volte uso il sapone dei bagnipubblici, ma preferisco non dirlotroppo in giro.“Quando ho finito, cerco da mangia-re. Per prima cosa prendo di mira lestradine piene di ristoranti. I migliorisono i piccoli supermercati che resta-no aperti tutta la notte. A quell’orabuttano via il pane e i bento [gallettegiapponesi] invenduti, che ormai nonsono più buoni. Accidenti, oggi cisono in giro un sacco di giovani, più

no viene a trovarmi, sono persino ingrado di offrirgli una salvietta rinfre-scante. L’ho trovata vicino a un bar,nel quartiere di Kabukicho. Sai, chinon ha paura di camminare trova ditutto! Per utilizzare un apparecchioelettrico basta una presa. Per la bian-cheria intima è più seccante: è l’unicacosa che compro. È disgustoso porta-re quella degli altri, no?“In questo momento ho in tasca solo20 yen [circa 300 lire]. È così da unasettimana. Io non lavoro. Vivo deglispiccioli che trovo per terra. Tempofa mi riusciva ancora di mettere insie-me 300 yen [4.500 lire] in una gior-nata. Con la crisi è più raro trovareper terra monete da 100 yen. È chiaroche chi le trova le raccoglie subito.“Come sono arrivato a Shinjuku? Be’,io qui ci lavoravo e ci venivo a diver-tirmi. Ero impiegato in uno studio diarchitetti. A venticinque anni misono sposato. Ogni giorno facevostraordinari, ogni giorno. A forza diannegare lo stress nel sakè, sono di-ventato un alcolizzato. A trentadueanni ho divorziato e mi sono licenzia-to. Sono stato persino ricoverato inospedale. A quarant’anni, visto che imiei si facevano anziani, sono tornatoad abitare con loro in un apparta-mento della prefettura di Kanagawa.Qualche anno più tardi sono mortientrambi. La tristezza mi ha fattosprofondare di nuovo nell’alcool. Lacasa non era di loro proprietà. È statoallora che sono venuto qui.“È l’una e mezzo del pomeriggio? Al-lora debbo andare a cercar da man-giare. Facciamo un giro dalle parti diYoyngi e di Shibuya... Visto che erabel tempo mi sono addormentato inun giardino pubblico. Però sono riu-scito a trovare due bento! Uno lo pas-serò a zio Furuya. È lui che mi ha in-segnato a costruire le baracche. È unapersona molto discreta... Mi ha detto:“Non preoccuparti per me, ho qual-cosa da mangiare...”. È vero che zioFuruya ha sessantott’anni e prende180 mila yen [circa 2 milioni e 700mila lire] al mese di pensione. Ma sic-come non vuole affittare un apparta-mento, abita negli scatoloni. Ci si tro-va bene. Fra i barboni ce n’è diversicome lui.“Finita la cena, pensavo di potermi ri-posare. Ma dopo le dieci è arrivato ilmio vicino, Sakimoto, con tre bento.Lui ha cinque o sei anni meno di me.Deve sentirsi solo, perché viene spes-so a trovarmi.“Questa vita può sembrare libera esenza legami... a chi ha i soldi. C’è chidice che dopo tre giorni non si riescepiù ad abbandonare questo mestiere.È completamente falso. Lo hai vistoquant’è faticoso camminare tutto ilgiorno in cerca di un boccone per sfa-

marsi. E poi... mi vergogno. Noi nonabbiamo il diritto di piazzarci sullapubblica via. La polizia chiude un oc-chio. Comunque, nulla vale più di unlavoro fisso, un tetto per dormire euna vasca da bagno per lavarsi. Unavolta che ci si abitua a campare comei senzatetto e i vagabondi, smettere èimpossibile, anche a volerlo. E poi c’èla solitudine. Ogni volta che mi chie-do perché faccio questa vita, mi vieneda piangere. Ah! si è fatto tardi. Deb-bo andare a letto: domani mi alzopresto. Sarebbe bello se il tempo fossebuono, e magari facesse un po’ piùcaldo”.

Africa

Lettera di unpotenzialeministrochallenge hebdo

camerun

Dalla rubrica delle lettere.Mi chiamo Karim Danfaga. Hotrentun’anni. Sono capitanonell’esercito del mio paese. Sapetecosa significa essere capitano nelleforze armate di un paese africano?Vuol dire che posso diventarepresidente della Repubblica da ungiorno all’altro! Per dirigere un paesenon vi chiedono né diplomi néconcorsi. Il cammino più rapido peraccedere alla magistratura supremapassa per le forze armate:innanzitutto essere ufficiali, il restodipende dalla fortuna e dal coraggio...Da due anni sono capitano e aspettoogni giorno la nomina per un postoimportante nel governo. Il paese hagià avuto quattro colpi di statomilitari. A ogni rinnovo dell’équipedi governo un numero importante dimilitari diventano ministri. Dopo lariuscita dell’ultimo colpo di statomilitare tre miei amici intimi,luogotenenti come me, hannooccupato poltrone ministeriali...Il capo dello Stato mi ritiene troppogiovane per dirigere un dipartimentoministeriale. Ma anche lui non hache trentatré anni... Penso, in realtà,che mi rimproveri di amare le donnefino alla frivolezza: tutto l‘esercito michiama con il nomignolo di“jouisseur”... In effetti tra le donne eme c’è una lunga storia d’amore. Sindalla tenera infanzia ho eletto il miodomicilio sotto il loro perizoma, esono convinto che il paradiso non siaaltro che la donna e le sue delizie... Amo che mi chiamino il “jouisseur”,perché questo mi rituffa nel ricordocommosso di quel piacere di trenta

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esecutivo. Mi è bastato fare una telefonata alla Casa Biancaper scoprire l’estremo fastidio provocato dalla tempestivadiffusione, da parte del Pentagono, della vecchia indaginepseudo-psichiatrica della Cia. E un funzionario dell’ambascia-ta di Port-au-Prince ha parlato del suo sconcerto nel vedere ilmaggior generale dei marines John Sheehan “chiacchierareamichevolmente” con il generale Cédras durante un ricevi-mento tenutosi nel mese di settembre. “Un solo sparo e ce neandiamo”, ha detto un portavoce del Pentagono a propositodella missione della Harlan County, quasi ad avvertire imilitari haitiani del rischio insignificante che avrebbero corsoinfrangendo l’accordo di Governors Island. Tale accordo eragià così indulgente nei confronti della giunta militare cheLawrence Pezzullo, uno degli eroi del Dipartimento di Statoin Nicaragua e “inviato speciale” di Clinton, dovette imporload Aristide con la forza.

Tempo fa, un membro dell’entourage del presidenteAristide mi disse con amarezza: “Tutto il mondo sa che adHaiti ha avuto luogo un colpo di Stato dell’esercito. Ma chicrederebbe che anche negli Stati Uniti ha avuto luogo untacito colpo di Stato? Non si può definire altrimenti la politicagovernativa di Bush, determinata dalle forze armate”. Le sueparole acquistano maggior significato quando si ricorda che lamaggior parte degli agenti di Clinton sono personaggi rimastiin carica dall’epoca in cui era presidente Bush, come BernardAronson, o abietti reazionari come l’ottuso sostituto diAronson, Alex Watson, che, durante una seduta delle NazioniUnite, ha difeso i progressi della giunta militare nel campo deidiritti umani.

Sarebbe lecito dire che non si verificava uno scandalo cosìpalese da quando si scoprì che, nel Salvador, gli “ambienti”militari e spionistici se la intendevano con i loro vecchi amicidi Fort Benning e di West Point. Ma nel caso del Salvador lemenzogne e la corruzione derivarono da un ordine specificodel presidente. Ciò che risulta sinistro e degno di nota riguar-do alla vicenda haitiana è l’atmosfera di ammutinamento ed’insubordinazione che la circonda. Ancora una volta, daquando è entrato in carica Clinton, si sono avuti chiari indizidel fatto che le forze armate seguono leggi proprie. I capimilitari hanno apertamente sabotato la promessa riguardante idiritti degli omosessuali, che è stata alla base dell’elezione delpresidente. Colin Powell si è impossessato dell’etere e deglieditoriali dei giornali per formulare il programma di resa alfascismo in Bosnia. Ci è stato detto che, per errore, l’ordinedella Casa Bianca di abbandonare la folle ricerca del generaleAidid “non è stato trasmesso” al comandante competente inSomalia, il quale ha perciò continuato il rovinoso assalto allaparte meridionale di Mogadiscio. Questo corpo di ufficiali cuivengono concessi lauti finanziamenti e privilegi viene pagatoper obbedire agli ordini o per darli?

Dal punto di vista morale, Clinton e Aspin, segretario allaDifesa, sono degli smidollati giunti persino a sorridere mentresi sorbivano la storia della famiglia nazificata del generaleShalikashvili. Lascino pure che il Pentagono li spinga nelladirezione che segretamente vogliono seguire. Ma ricordate ilritornello della canzone dedicata alla Harlan County. Da che

parte state? Una buona domanda da porre non tanto allagiunta militare haitiana quanto alla nostra.

■ Mentre gli squadroni della morte versione locale massacra-no gli oppositori, “I vescovi di Haiti, salvo uno, tacciono.Scandalosamente” scrive su liberation il sacerdote franceseCharles Antoine, direttore dell’agenzia Dial (Diffusionedell’informazione sull’ America latina).

“La diplomazia vaticana paga il prezzo del suo riconosci-mento ufficiale dell’illegittimità: la Santa Sede non è stataforse l’unico Stato al mondo ad accreditare il proprioambasciatore presso il governo uscito dal colpo di Stato?Triste bilancio per la Chiesa cattolica e per la sua opzionepreferenziale per i poveri”.

Aggiunge ancora il prelato: “L’anno scorso il Papa si èrecato a Santo Domingo, capitale della repubblica vicina chesi trova nella stessa isola. Port-au-Prince è a meno di mezz’orad’aereo. Il Papa non c’è andato. Perché? Nell’agosto dellostesso anno sulla strada per il Messico e per gli Stati Uniti,Giovanni Paolo II si è fermato in Giamaica, un’isola vicina:non ha fatto scalo ad Haiti. Questo paese è forse appestato? Intutta la sua recente enciclica sulla morale, Veritatis Splendor,Giovanni Paolo II insiste ‘sugli atti intrinsecamente cattivi’.Parla anche di forme gravi di ingiustizia sociale ed economicao di corruzione politica di cui sono vittime popoli e nazioniintere”.

E allora perché, si chiede preoccupato il sacerdote, “lagerarchia della Chiesa cattolica non applica questi principi allarealtà concreta di Haiti? Visto che non lo fa, dobbiamo forsepensare che l’ostacolo maggiore sia il presidente Aristide,perché è un prete? Se, per sventura, le cose stessero in questomodo, non potremmo, vista la tragicità della situazione, cheesserne atterriti”.

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In queste quattro pagine pubbliche-remo ogni settimana diversi impor-tanti indicatori di tendenza.Alcuni indicatori saranno fissi, comele previsioni del tempo su scalamondiale e l’immagine della terradal satellite (forniti dal WeatherService Corporation, Massachus-setts, Stati Uniti). O come le quotedella Ssp di Londra sui principaliavvenimenti sportivi della settima-na. Altri indicatori avranno cadenzamensile, come l’indice Mac che dàinformazioni sulla lira incrociando ilprezzo del Big Mac MacDonald’s invari paesi del mondo.Altri ancora, infine, comparirannosolo saltuariamente.

Sport

Calcio, ItaliaInter - Milan1 : 3.30, 2 : 2.50, x : 2.10Parma - Juventus1 : 2.40 2 : 3.50, x : 2.10 Formula 1, Gp d’AustraliaDomenica 7 novembreProst : 2.75Hill : 2.80Boxe, mondiale Wba e Ibfgiovedì 8 novembreRiddick Bowe : 2.00 ai puntiEvander Holyfield : 5.50 ai puntiTennis, Bercy Open di ParigiFinale, domenica 7 novembreSampras : 3.25Becker : 4.50Galoppo, Breeder’s CupSabato 6 novembreLure : 2.75 nel miglioBerdonthewire : 4.50 nello sprintFonte: Ssp, Londra

TendenzeAfrica

Medio oriente

Algeri

Abidjan

Ankara

Beirut

Casablanca

Damasco

Gerusalemme

Kuwait City

Il Cairo

Istanbul

Johannesburg

Las Palmas

Nairobi

Rijad

Tel Aviv

Tripoli

Tunisi

America

Bogotà

Brasilia

Buenos Aires

Caracas

Chicago

Città del Messico

Edmonton

Guadalajara

Hamilton

Kingston

La Paz

L’Avana

Lima

Los Angeles

Montreal

Nassau

New York

Panama City

Port-au-Prince

Rio de Janeiro

San Paolo

Santiago del Cile

Toronto

Vancouver

Winnipeg

Asia

Pacifico

Bangkok

Bombay

Calcutta

Dhaka

Giacarta

Hanoi

Karachi

Katmandu

Kuala Lumpur

Manila

Melbourne

Nuova Delhi

Osaka

Pechino

Perth

Pyongyang

Pusan

Sapporo

Seul

Shangai

Sidney

Singapore

Taipei

Tokyo

Victoria

Europa

Aberdeen

Amburgo

Amsterdam

Innsbruck

Barcellona

Basilea

Belgrado

Belfast

Berlino

Bonn

Bordeaux

Bruxelles

Bucarest

Budapest

Colonia

Copenhagen

Dublino

Edimburgo

Firenze

Francoforte

Ginevra

Helsinki

Lione

Lisbona

Londra

Lussemburgo

Madrid

Manchester

Marsiglia

Milano

Monaco

Mosca

Napoli

Nizza

Oslo

Palermo

Plymouth

Parigi

Praga

Reykjavik

Roma

Salisburgo

Salonicco

San Pietroburgo

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Strasburgo

Torino

Valencia

Varsavia

Venezia

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Le temperature il tempo nel mondo sabato 6 e domenica 7 novembre 1993, su informazioni del Wsc

sabato domenica sabato domenica sabato domenica

n : nuvoloso, pn : poco nuvoloso, t : temporali, s : sole, ne : neve, p : pioggia

Scandinavia: mite e secco sabato-domenica. Nuvolosità in aumento lunedì. Possibilità dipioggia martedì o mercoledì. Neve giovedì o venerdì. Temperature in diminuzione duran-te la settimana. Isole britanniche: rovesci, basse temperature sabato e domenica. Da sere-no a parzialmente coperto lunedì e martedì. Ventoso e temperature in diminuzione merco-ledì e giovedì con possibilità di pioggia ogni giorno. Da soleggiato a poco nuvoloso ve-nerdì. Francia e Spagna: acquazzoni occasionali e pioggia. Basse temperature sabato e do-menica. Permanenza di acquazzoni nell’est e nel sud lunedì e martedì, poco nuvoloso altro-ve. Basse temperature, nuvolosità variabile con rovesci e temperature stagionali mercoledì egiovedì. Sereno venerdì. Germania-Europa centrale: rovesci a ovest, secco a est, tempera-ture miti sabato e domenica. Parzialmente nuvoloso e freddo lunedì e martedì. Più caldocon rovesci mercoledì. Acquazzoni e basse temperature giovedì e venerdì. Italia, Grecia,Europa meridionale: rovesci e freddo in Italia. Generalmente secco e mite in Grecia saba-to e domenica. Rovesci e freddo nella regione lunedì e martedì. Da soleggiato a poco nu-voloso e mite mercoledì e giovedì. Parzialmente nuvoloso con possibili rovesci, venerdì.Stati Uniti: schiarite lungo la costa orientale sabato. Acquazzoni e raffiche si spingono alnord delle regioni centrali. Aria fredda nel centro e ad est, a ovest tempo più mite. I rovescisi muovono dal Midwest all’est lunedì e martedì. Rovesci a nord ovest. La temperatura èinferiore alle medie stagionali. Precipitazioni e possibili temporali dal sud ovest alle pianuremeridionali da mercoledì a venerdì. Più caldo e soleggiato a sud est in questo stesso perio-do. Poco nuvoloso con possibili precipitazioni a Nord. Sud America: Acquazzoni o tem-porali da isolati a diffusi sul Brasile occidentale e nei paesi nord occidentali. Rovesci sparsisi spingono dall’Argentina nord orientale attraverso i paesi centrali fino al Brasile centro

orientale, con una leggera tendenza a rinfrescare sabato e domenica. Precipitazioninell’estremo sud lunedì e martedì. Le temperature sono appena inferiori alla media. Piùcaldo e più secco nel sud mercoledì e giovedì. Piove e rinfresca venerdì. Rovesci giornaliericontinuano nel Brasile nord occidentale e nei paesi settentrionali in questo periodo. Tem-perature vicino alla media. Europa orientale: secco e mite sabato e domenica. Piove e rin-fresca lunedì. Poco nuvoloso e fresco martedì. Più caldo e secco mercoledì. Piove e rinfrescanuovamente giovedì e venerdì. Ex Urss occidentale: freddo a est, più caldo a ovest sabatoe domenica con possibilità di rovesci o raffiche di vento. Freddo con pioggia o precipitazio-ni nevose lunedì e martedì. Sole e fresco mercoledì e giovedì. Rovesci e caldo venerdì.Cina: caldo sabato e domenica. Precipitazioni a nord, sole a sud, più freddo con piogge oneve nel nord est lunedì e martedì. Caldo con precipitazioni al centro. Sole a sud. Poco nu-voloso a nord, precipitazioni al centro da mercoledì a venerdì. Fresco a nord, caldo al cen-tro e al sud. Giappone: poco nuvoloso con temperature nella media sabato e domenica.Temperature in aumento e rovesci lunedì o martedì. Pioggia o acquazzoni e temperature indiminuzione mercoledì o giovedì. Poco nuvoloso e fresco venerdì. Africa: possibilità di ro-vesci nel estremo nord ovest. Precipitazioni e temporali da isolati a diffusi nelle zone cen-trali. Generalmente secco altrove. Temperature al di sotto della media a nord ovest, vicinoalla media a nord est e nelle zone centrali, al di sopra della media a sud. Australia: precipi-tazioni a sud est, poco nuvoloso altrove sabato e domenica. Fresco a sud est. Caldo altrove.Rovesci a sud ovest e nell’estremo nord lunedì e martedì. Sole sulle altre regioni. Tempera-ture elevate. Precipitazioni a sud est e a nord, sole a sud est da mercoledì a venerdì. Tempe-rature moderatamente fredde a sud, temperature stagionali a nord.

Il tempo nel mondo da sabato 6 a venerdì 12 novembre 1993, su informazioni del Weather Service Corporation, Massachussets, Stati Uniti

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secondi che esigo diverse volte algiorno... Da capitano ho già molteamanti. Quando sarò ministro neavrò di più e di più belle.I miei inchini di fronte al capo delloStato sono tuttavia senza futuro: peruna volta la stabilità del governo vuoldire qualcosa. Durante il precedenteregime il governo cambiava tutti glianni, eccetto il presidente dellaRepubblica.Nel governo attuale non sopporto lapresenza dei civili. Li detesto perchémi assomigliano: inefficienti e“jouisseur”.

Germania

Tagliper i GoetheInstitutfrankfurter allgemeine

germania

Con una seduta straordinaria, la pre-sidenza del Goethe Institut a Monacoha deciso, a fronte delle misure eco-nomiche restrittive che gli sono stateimposte a medio termine, di chiuderenel 1994 quattro istituti di cultura. Sitratta delle sedi di Medellín (Colom-bia), Viña del Mar (Cile), San Juan(Argentina) e Malmö (Svezia). Inquesto modo si risparmieranno 12,5posti di lavoro; altri dieci dovrannoessere recuperati. Nei prossimi annisarà necessario, di volta in volta, ta-gliare ancora 30 posti. Anche i fondiche il ministero degli Affari Esterimette a disposizione del Goethe Insti-tut per le attività culturali all’esterosubiranno un taglio. Invece di 330milioni di marchi, l’organizzazione ri-ceverà per il 1993 solo 317 milioni, enel prossimo anno solo 312. Contem-poraneamente, per volere del gover-no, dovranno essere aperte nuovesedi, per esempio a Tiflis e Hanoi, el’attività delle sedi recentemente co-stituite nell‘ex blocco orientale dovràessere intensificata. L‘organizzazionepotrà far fronte a questa restrizione dibilancio, per ora fissata fino al 1997,solo a patto di chiudere complessiva-mente 17 sedi estere.Il Goethe Institut ha manifestato dis-senso nei confronti di una manovradi bilancio che lo priva di quella “fa-coltà di agire in modo flessibile” eser-citata per trent‘anni. Fino a questomomento le entrate in eccedenza de-rivanti dai corsi di lingua all’estero(nell‘ultimo anno ammontavano adieci milioni di marchi) potevano es-sere utilizzate per programmi di cul-tura e informazione, sempre all‘este-ro, come anche per situazioni di

emergenza. Queste entrate frutto diutili propri, ora i politici di Bonn vo-gliono farle confluire nella “cassa fe-derale” comune.Non stupisce, dunque, che il nuovopresidente del Goethe Institut, Hil-mar Hoffman, durante una conferen-za stampa abbia parlato di un “copio-ne dell‘horror”. Un commento dellapresidenza dice che “nel caso in cui lemisure di restrizione economica ven-gano protratte fino al 1997, si pro-durrà un danno assai notevole, nonsolo per la politica culturale d’oltrefrontiera, ma anche per la politicaestera della Repubblica Federale”.Tali misure di risparmio sono dun-que considerate ingiustificate.

Russia

Storiadi influenzee ambulanzeandreij kirillov

kuranty

russia

Mio padre si è gravemente ammalato.Ha quasi quaranta di febbre. Mia ma-dre mi telefona in lacrime, senza sape-re che fare. Ha chiamato la guardiamedica due ore fa – tutto tace. E papàsta sempre peggio. Mi preparo e salgo in macchina. In-tanto sono passate quasi tre ore dallatelefonata al pronto soccorso. La si-tuazione è immutata. Non mi restache andare di persona alla stazionedelle ambulanze. Appena entro nel cortile della stazio-ne numero 19, vengo fermato da alcu-ni ragazzi con tanto di manganello inspalla. Cerco di spiegare lo scopo del-la mia visita. Mi credono. Accompa-gnato dal guardiano salgo nella sala dicontrollo. Dietro una finestrella mu-nita di sbarre, il telefono squilla di-speratamente, un’anziana signora haappena il tempo di registrare le chia-mate. Sono tutte urgenti. Accantoallo stanzino alcuni medici scambia-no pigramente qualche parola. In unprimo momento questa scena mi la-scia perplesso. Ma rendendomi contoche con urla e lamenti non otterreinulla, cerco di convincere qualcunoad aiutarmi. Finalmente una delledottoresse assorte nella conversazionemi rivolge l’attenzione. Le spiego lagravità del caso. “Ha la febbre? – miinterrompe – datemi il numero di te-lefono, ci penso io”. Senza capire cosasta succedendo, detto le cifre. La dot-toressa telefona davvero e... in un atti-mo fa la diagnosi e indica la terapia.Intanto precisa che le è assolutamente

impossibile visitare il malato a domi-cilio. E' piena di lavoro fino al collo,ma non può fare un bel niente perchémancano i mezzi di trasporto. Intanto il custode, che non mi ha maiabbandonato, mi racconta solidaleche anche lui qualche tempo fa haavuto una crisi. Ma è comunque so-pravvissuto. Alla fine perdo la pazienza. Pieno dientusiasmo per le geniali conquistedella patria medicina, che riesce a cu-rare via telefono persino i casi più ur-genti, domando se per caso un medi-co può recarsi a visitare il malato conla mia macchina. Mi rispondono chele disposizioni lo vietano categorica-mente. E per giunta le apposite vali-gette di medicinali si trovano soltantonelle ambulanze, che peraltro non cisono. Fantastico! Comunque, dopolunghe trattative, la mia interlocutriceaccetta di venire con me, riuscendopersino a ottenere in prestito da qual-cuno una valigetta di riserva. E lungola strada ho sentito le storie che mihanno spinto a scrivere quest’articolo. Tutti sanno quant’è pronto il nostropronto soccorso. Ma non possonoimmaginare fino a che punto! Sullacarta la stazione 19 può contare su 14veicoli. Di fatto ne ha 11, di cui trefunzionanti. Gli altri sono catorci. Equesti automezzi devono provvederealle necessità di un intero quartiere.In primo luogo le chiamate dalla stra-da che, com’è noto, adesso sono in-credibilmente numerose. Inoltre, nel-la categoria dei casi superurgenti rien-

trano i bam-bini grave-mente am-malati: equesto è sa-crosanto.Poi ci sono

gli attacchi di cuore. E infine i malatiche hanno bisogno di un interventochirurgico. In tutto i casi consideratiurgentissimi sono cinque. E gli altri?Potete avere la febbre a centoventi,aspetterete comunque mezza giorna-ta. Se avrete fortuna... Del resto alcuni “malati” hanno dav-vero fortuna. Il medico ricorda un re-cente episodio di intossicazione acuta.Era successo che un uomo, dopoquattro anni di galera, aveva brindatoalla libertà e aveva esagerato decisa-mente. In casa oltre al “malato” c’era-no quattro uomini. Il medico nonpoteva fare altro che prestare le curedel caso. La punturina al “malato” erapiaciuta e allora anche gli altri aveva-no manifestato interesse per la tera-pia. Era stata costretta a praticareun’iniezione anche a loro. Una voltatornati in sé, i signori avevano decisodi “baciare” la liberatrice. Si può facil-mente immaginare con quanta fatica

fosse riuscita a sottrarsi alla loro grati-tudine. Storie come questa se ne possono sen-tire parecchie dai medici delle ambu-lanze. Capita spesso, infatti, che deb-bano andare da soli: manca il perso-nale. Lo stipendio medio è intorno aicinquantamila rubli, circa 67mila lire.Gli aumenti promessi più volte sonostati rapidamente dimenticati, nelportafoglio dei medici è arrivato solol’ultimo, quello del comune di Mo-sca. Meglio di niente. E per quantoriguarda la sicurezza... Si diceva che imedici del pronto soccorso avrebberoavuto una bomboletta di gas per la di-fesa personale. È triste e ridicolo altempo stesso. Ridicolo, perché il nostro “pronto”soccorso continua a vantare orgoglio-samente questo nome. Un po’ di mo-destia, via... Triste, perché questo ser-vizio molto spesso rappresenta l’ulti-ma speranza. E qualcuno ha mai fattouna statistica dei casi in cui anchequesta speranza è stata tradita? Credoche ciascuno di noi potrebbe raccon-tare almeno un paio di episodi in cuiil pronto soccorso è arrivato solo perconstatare che non c’era più nulla dafare. Tutti ricordano i tentativi disciopero dei medici delle ambulanze.E cosa è successo? Ho già parlato del-la cattiva memoria delle autoritàquando si trattava di concedere gliaumenti promessi. Ma non è neppurequesto il punto. Anche se i mediciguadagnassero di più, non potrà cam-biare niente fino a quando non verràgarantita la condizione indispensabileper il funzionamento di questo servi-zio: la possibilità di spostarsi normal-mente. Oggi questa possibilità nonesiste, quindi non esiste neanche ilservizio. È inutile chiudere gli occhi.Naturalmente, io ho avuto fortuna.Ho avuto fortuna perché il medico haaccettato di usare il mio mezzo di tra-sporto, ho avuto fortuna perché que-sto mezzo funzionava. Ma quantisono i fortunati? Mi rendo perfetta-mente conto che oggi nessun bilanciosarebbe in grado di tappare tutte lenostre falle. Dovunque si guardi, lasituazione appare catastrofica. Alloracominciamo con l’ammettere questaverità e ricordiamo che qualsiasi cata-strofe si affronta innanzi tutto alle-stendo un ospedale. Nel nostro caso,assicurando il normale funzionamen-to del pronto soccorso. Però la dottoressa ci ha veramenteaiutato. La situazione è andata mi-gliorando. E andandosene mi hachiesto un’unica cosa: di non fare ilsuo nome. Potrebbe passare dei guaiseri. Dopo tutto, ha violato le disposi-zioni.

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La terrafotografatadai satellitimercoledì3 novembre1993alle ore 12.00delmeridianoGreenwhich

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Cambi, l’indice MacIl Big Mac, l’hamburger di MacDonald’s, viene utilizzato come metro perstabilire la correttezza del tasso di cambio delle monete. Questo indice fa rife-rimento alla teoria della parità del potere d’acquisto (Ppa) secondo la quale iltasso di cambio tra due valute è in equilibrio quando eguaglia i prezzi di pa-nieri identici di beni e servizi sul mercato di entrambi i paesi. In sostanza laPpa dell’indice Mac è il tasso di cambio che fa costare lo stesso prezzo in tuttii paesi l’hamburger di MacDonald’s.

Prezzi del Big mac tasso reale Ppain valuta locale in lire al 6.11.93 lira

Stati Uniti dollaro 2,28 3.640 1.636 1.973

Belgio franco belga 109 4.924 45 41

Canada dollaro can. 2,76 3.472 1.258 1.630

Francia franco 18,50 5.106 276 243

Germania marco tedesco 4,60 4.439 965 978

Giappone yen 391 5.943 15 11

Gran Bretagna sterlina ingl. 1,79 4.335 2.422 2.513

Italia lira italiana 4.500 4.500 - -

Olanda fiorino 5,45 4.681 859 825

Spagna peseta 325 3.900 12 13

Svizzera franco sviz. 5,70 6.201 1.088 789

Il mondo e il Giappone

Stati Uniti, indicatori

Nuove commesse per i beni durevoli sttembre agosto lugliovariazione percentuale mensile 0,7 2,6 2,0

Vendite immobiliari sttembre agosto lugliovariazione percentuale mensile 129,478 118,158 123,760

Richieste di lavoro settimanali 22 ottobre 15 ottobre 8 ottobrein migliaia 347 351 344

Produzione di carbone 22 ottobre 15 ottobre 8 ottobremigliaia di tonnellate nette, tot. settimanale 82.163 78.558 72.780

Petrolio greggio, W. Texas Intermediate 29 ott. 22 ott. 15 ott.Prezzo spot per barile del venerdì $16,92 $18,07 $18,27

Fonte: The New York Times

Russia, prezzi di borsa per le principali merci di materia prima

Merce Prezzo medio Valore complessivo Volume equilibrato dell’offerta fisso della

(Rubli/tonnellate) (tonnellate) partita

Petrolio grezzo 35.291 356.000 > 10 t

Benzina 76 ottani 162.000 10.000 > 1 t

Alluminio primario A7 1.150.000 1.200 > 50 t

Rame raffinato 1.570.000 570 > 50 t1.300.000 1.500 > 50 t

Frumento morbido 3^ classe 89.636 22.000 > 200 t

Zucchero in sacchetti 525.000 1.500 > 50 t

Stati Uniti, i principali voti delsenato Usa la scorsa settimana1. TasseVoto procedurale che tentava dibloccare l’aumento della tassaretroattiva inclusa nel progetto dilegge per la riduzione del deficit delpresidente Clinton. Ha perso con50 voti a favore e 44 contrari; votirichiesti: 60. [26 ottobre]2. Sussidi disoccupazioneEmendamento del progetto di leggeche prevede indennità didisoccupazione d’emergenza chenegherebbero indennitàsupplementari a ogni disoccupatocon un reddito ’92 superiore a12mila dollari (circa 19 milioni dilire). Approvato con 52 voti a favore e 43contrari. [27 ottobre]3 . Sussidi disoccupazioneSi è votato su un emendamento delprogetto di legge che prevedeindennità di disoccupazioned’emergenza che convertirebbero inlegge la proposta della Casa Biancadi ridurre la forza lavoro federale di252mila dipendenti. Approvato con 82 voti a favore e 14 contrari. [28 ottobre]4. Sussidi disoccupazioneVoto su un una parte di unprogetto di legge per rinnovare unprogramma di due anni fa chegarantisce tredici settimane di

sussidi supplementari ai disoccupatiche hanno esaurito i loro normalisussidi. Approvato con 76 voti a favore e 20 contrari. [28 ottobre]5 . Ostruzionismo Voto per eliminare l’ostruzionismoche blocca il pianodell’amministrazione sulle piùimportanti modifiche in merito aiterreni di proprietà federale, inclusoil raddoppiamento delle tasse sulpascolo. Respinto con 54 voti afavore e 44 contrari, mancavano 6voti ai 60 richiesti. [28 ottobre]

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Borse, il mondo e il GiapponeOgni settimana, a rotazione, unconfronto tra l’andamento dell’in-sieme delle borse del mondo e delleborse di singoli paesi o gruppi dipaesi.

Fonte: The New York Times

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