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Il mondo, le virtù, l'angelo e Dio nel Diario postumo di Eugenio Montale di Paolo De Caro Vengono qui pubblicati, in redazione non definitiva e in ridotto apparato di note, i paragrafi centrali di un saggio sulle prime trentasei poesie (1986-1991) del Diario postumo di Eugenio Montale* che amplia ed approfondisce due conferenze da me svolte a Foggia nel marzo del 1991 e nell'aprile del 1992. La storia di questo strano libricino di versi è nota. Nel 1979, due anni prima di morire, il poeta consegnò al notaio, in lascito testamentario alla sua esecutrice Annalisa Cima, una serie di undici buste in ognuna delle quali erano riunite, senza criterio diacronico o tematico, sei poesie da rendere pubbliche di anno in anno, per undici anni, dopo la morte del testatore. ____________ *I titoli delle opere di Eugenio Montale sono stati abbreviati, quando si è ritenuto opportuno, nella seguente siglatura: OV = L'opera in versi. Edizione critica a cura di Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini, Torino, 1980, la cui lezione fa testo; Ossi = Ossi di seppia; OC = Le occasioni; BU = La bufera; SA = Satura; DI 71 = Diario del '71; DI 72 = Diario del '72 (pubblicati insieme in Diario del '71 e del ‘72); QQ = Quaderno di quattro anni; AV = Altri versi; QT = Quaderno di traduzioni; PD = Poesie disperse edite e inedite; FD = La farfalla di Dinard, Milano, 1969; FdC = Fuori di casa, Milano-Napoli, 1969; AF = Auto da fé. Cronache in due tempi, Milano, 1966; I titoli delle altre opere di Montale sono invece riportati per esteso. Strumenti indispensabili di lavoro sono stati: G. SAVOCA, Concordanza di tutte le poesie di Eugenio Montale: concordanza, liste di frequenza, indici, Firenze, 1987, v. 2; e L. BARILE, Bibliografia montaliana, Milano, 1977. 13

Il mondo, le virtù, l'angelo e Dio nel Diario postumo di Eugenio … · motore di una teodicea segreta che giustifichi il "brancolare", l'incertezza del poeta di fronte alla storia

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Il mondo, le virtù, l'angelo e Dionel Diario postumo di Eugenio Montale

di

Paolo De Caro

Vengono qui pubblicati, in redazione non definitiva e in ridotto apparato di note, iparagrafi centrali di un saggio sulle prime trentasei poesie (1986-1991) del Diariopostumo di Eugenio Montale* che amplia ed approfondisce due conferenze da me svolte aFoggia nel marzo del 1991 e nell'aprile del 1992.

La storia di questo strano libricino di versi è nota. Nel 1979, due anni prima dimorire, il poeta consegnò al notaio, in lascito testamentario alla sua esecutrice Annalisa Cima,una serie di undici buste in ognuna delle quali erano riunite, senza criterio diacronico otematico, sei poesie da rendere pubbliche di anno in anno, per undici anni, dopo la morte deltestatore.____________

*I titoli delle opere di Eugenio Montale sono stati abbreviati, quando si è ritenutoopportuno, nella seguente siglatura:

OV = L'opera in versi. Edizione critica a cura di Rosanna Bettarini e GianfrancoContini, Torino, 1980, la cui lezione fa testo;

Ossi = Ossi di seppia;OC = Le occasioni;BU = La bufera;SA = Satura;DI 71 = Diario del '71;DI 72 = Diario del '72 (pubblicati insieme in Diario del '71 e del ‘72);QQ = Quaderno di quattro anni;AV = Altri versi;QT = Quaderno di traduzioni;PD = Poesie disperse edite e inedite;FD = La farfalla di Dinard, Milano, 1969;FdC = Fuori di casa, Milano-Napoli, 1969;AF = Auto da fé. Cronache in due tempi, Milano, 1966;I titoli delle altre opere di Montale sono invece riportati per esteso.Strumenti indispensabili di lavoro sono stati: G. SAVOCA, Concordanza di tutte le

poesie di Eugenio Montale: concordanza, liste di frequenza, indici, Firenze, 1987, v. 2; e L.BARILE, Bibliografia montaliana, Milano, 1977.

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Pubblicate a partire dal 1986, a cura della Fondazione Schlesinger, le sessantaseipoesie (per ipotesi seriale, ma sembra che il numero alla fine risulterà maggiore) sarannointeramente a disposizione del lettore nell'autunno del 1996.

Nel gennaio del 1991 le prime trenta poesie sono state raccolte in libro, sotto il titolodi Diario postumo, nella collana mondadoriana de 'Lo Specchio', con apparato criticocurato da Rosanna Bettarini e postfazione di Annalisa Cima.

Il presente saggio si intende idealmente congiunto con un contributo interpretatìvo, diprossima pubblicazione, del racconto montaliano "Clizia a Foggia" e deve la sua vita allesollecitazioni di Annalisa Cima che desidero ringraziare per la sua disponibilità, incuriosita epaziente, mostratami durante tutto il corso del lavoro.

Alle sue premure devo anche le fotografie delle "petites divinitès " del Diariopostumo.

Il mondo e le virtù

Chi volesse tentare di dare armonia al testo, fornire di ordine ciò che èvolontariamente confuso, frenando il giudizio di valore sull'apparenza dellesingole liriche e andando alla ricerca del presupposto, del Vorhabenheideggeriano, per enucleare il senso profondo, il contenuto di veritàdell'operetta, potrebbe procedere (ma è solo una traccia, fra gli infiniti possibiliper arrivare all'Uno) secondo questo percorso ipotetico.

Il Vecchio si confronta con la vecchiaia del Mondo e la fine del Vecchiosi riflette nella fine del Mondo.

Per riferimenti speculari che a poco a poco si chiariranno, Montale sipresenta come esausto genearca, ramo sfrondato dai fortunali, naufrago chegetta la sua bottiglia: insomma autore che affida un estremo messaggioprofetico, enigmatico e beffardo; ed anche vendicatore della sua impotentevecchiaia.

L'intertestualità nascosta fa emergere autori e personaggi senili. Alcuni sipossono già svelare. Il marchingegno testamentario riporta all'episodio dellamorte del vecchio Buoso Donati e alla beffa dantesco-pucciniana di GianniSchicchi (non casualmente, nel melodramma, voce di baritono). La congetturaquasi enigmística che il mondo sia una burla (con quel che segue) è evidenteripresa e controcanto del sardonico e a suo modo disperato coro finale delFalstaff (ancora un baritono) dell'ultimo Verdi:

Tutto nel mondo è burla.L'uomo è nato burlone,La fede in cor gli ciurla,

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Gli ciurla la ragione.Tutti gabbati! IrrideL’un l’altro ogni mortal.Ma ride ben chi rideLa risata final,

e dove la "risata final" viene contestata da Montale: la burla del mondo, infatti,non risolve il "puzzle fondamentale".

Prendono così risalto connotativo, con nascosta referenzaparaenigmistica, le parole: congettura (La congettura del mondo), incastro(L'insonnia), inganno (Secondo testamento), gioco (Incontro, Tempo di distruzione), jeu(Die Fledermaus), chiave (L'inafferrabile tua amica scrive), margini (Incontro), illusione(La congettura del mondo); quasi a tradurre un mondo di mere rappresentazioni, dicontingenze, di camuffamenti: insomma una “follia" (vocabolo che denuncia lasua derivazione librettistica) che può essere accolta come fuga o difesa(rappresentazione euforica) o respinta come segno del caotico edell'incomprensibile (rappresentazione disforica), ma è comunque luogopsicologico dell'equivoco, motivazione precosciente dell'incertezza come witz,inganno letterario, comunicazione per interposto personaggio o autore o testoo oggetto col lettore. Nello stesso tempo, "incertezza", di tutto questovocabolario di sinonimi, diventa il lemma dei lemmi che intersecacostantemente i temi del mondo, dell'anima e di Dio. Infatti la consistenzatematica, la scelta dello stile e la qualità artistica, se visti alla luce di questoparadigma, riducono le altezza gerarchiche del giudizio di valore sulle singolecomposizioni, perchè il senso si ritrova nella totalità dell'operetta (come questariflette la totalità dell'Opera), e perchè queste individualmente si rappresentanosoltanto come fenomenologia, parti incompiute pur se significative dell'essereproblematizzato dall’"incertezza".

In nascosta allegoria le singole composizioni, nel loro apparentedisordine, diventano così forme rappresentative degli esseri, delle "virtù" (leanime) e del mondo; parvenze dileguanti del transeunte positivo e negativo,consolatorio e desolatorio.

Dalle forme elementari a quelle più complesse si possono distinguere:- poesie (inganni) che non hanno necessità di travestimento enigmistico o

di sovradeterminazione connotativo-enigmatica. Si rappresentano come purepercezioni o memoria: schede-ricordi, ingannevoli in quanto tali. E' il caso, peresempio, di L'estate è scossa da forti temporali (molto probabilmente ricordoarlettiano) o di Settembre o di Ricordo;

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- poesie (inganni) dell’ "illusione": l'illusione di un impossibile amoresenile (l'Adelheit di Agile messaggero eccoti) o l'illusione de La felicità o della "follia"(euforica) de L'esegeta;

- poesie dell'incontro con le "virtù" della grazia, dell'amicizia, dellapoesia, in leggero nascondimento enigmistico-onomastico: tregue con il mondodi cui sono ingannevoli difese. Marisa, Paola e Adelheit sono addiritturapreannunzi di apparizione, quasi coretidi faustiane che circondanofestevolmente il personaggio di Annalisa: mentre Solmi, Segre, Faggi, Rebay,Zanzotto e Marianne, Djuna ed Emily ne illustrano la presenza;

- poesie dell’ "incertezza" in cui l'incertezza esistenziale è tradotta nellametafora metalinguistica dell'inganno enigmistico (Incontro, Incertezze);

- poesie dell'íntermediazione sublime ai nascosti archetipi femminili emaschili, mondani e ultramondani, dalla con-fusione delle anime ispiratrici allaevocazione dei genitori fino a Dio e alla Poesia (Mattinata, Ma c'è chi, Il clou, Nelgiardino, Die Fledermaus, Come madre).

A queste poesie si contrappongono, in contrappeso tragico-grottesconella polifonia nascosta del testo, a volte all'interno stesso dei componimenti oin singole poesie, gli elementi negativi dell'incomprensione e deformazione del"virtuoso", che fanno tutt'uno con la continua, ossessiva descrizione infausta delmondo.

E' impressionante il cumulo dei paragoni, delle metafore e degli attributiche si scarica sul mondo:

- anfiteatro di brutture (Mattinata, 1969);- burla (La congettura che il mondo, 1970);- follia, desiderio di distruzione, pot-pourri (Tempo di distruzione, 1970);- "che scoppia", rumore, raffica, sventura, trionfo del caduco (A

sufficienza.... 1972);- nubifragio (Oggi è di moda, 1972);- pattume (Ma c'è chi, 1973); e poi come "vita" o "tempo":- [cammino] impervio (Agile messaggero, 1973);- fortunale, bufera, [tempo] illume (Ramo che i fortunali..., 1974).In tal modo la raccolta si ridefinisce come líbellus metaphysicus dove il

mondo, l'anima (le anime, le virtù) e, Dio (la poesia) sono tematizzaticontinuamente in forma poetica e gli enigmi (come referenze dell’ "incertezza")sono variati e digradati per sostanze.

Il rapporto fra anima (anime) e mondo, contenuto fondamentale dellibricino, fa emergere il ruolo salvifico dell'eterno femminile montaliano,

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motore di una teodicea segreta che giustifichi il "brancolare", l'incertezza delpoeta di fronte alla storia con il suo disordine e le sue brutture incomprensibili,e nello stesso tempo il "vago senso di speranza", un'incertezza positiva, di unriscatto per un mondo nuovo e migliore. Quel mondo nuovo e migliore cheviene finalmente affidato, come estremo messaggio testamentario, alla Poesia,presenza del divino, di cui le anime sono manifestazioni o sostanze pure,"mezze divinità" montaliane o "petites divinités" leibniziane che dir si voglia(Theod., § 147): le ispiratrici.

Questo dramma fra anima e mondo trasferisce in intertesto dueriferimenti.

Il primo, più immediatamente storico e vissuto, è indicabile in quelprezioso opuscolo, Incontro Montale (Milano, 1973), che raccoglie leconversazioni di Annalisa Cima con Montale sull'arte e sulla poesia, sulla societàdei consumi e dei mezzi di comunicazione di massa, sull'alienazione dell'uomoe sulla religione.

Mi limito a qualche esempio:

I. «A. [ ... ] E' venuto meno il pensare, l'avere delle idee, per lasciar postoall'informazione che diviene fine a se stessa, sproporzionata all'idea, alcontenuto da divulgare... Non si fa a tempo a mettere a fuoco un'idea,trasformarla in azione artistica, ed è già invecchiata.M. ...le idee sono diventate un genere d'uso: si indossano e si dimettonoal primo variare della moda. La moltiplicazione delle scienze e delle tecnicheè direttamente connessa alla scomparsa delle idee. E' chiaro che la poesiae la prosa di romanzo non potranno mettersi al corrente se nonrealizzando opere totalmente prive di idee e unicamente affondatenell'inconscio. Si dirà che anche la rinuncia alle idee è un'idea, è l'idea chenon esistono idee valide. Ma è un sostegno debole per una produzioneche dopo ottanta e più anni di nuovissimi ismi non ha nemmeno ilpregio della novità.» (Incontro Montale, p. 18-19).

OGGI E' DI MODAOgni giorno c'è una rivoluzionedi stagioni, di popoli, di idee.Sine die è rimandata ogni decisione.Nulla è più stabile, se non qualche canzoneripetuta sotto tutte le bandiere.Quanto si salverà, da questo nubifragio,

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non si sa. Forse dopo tanto sprecoanche la parola finirà in un botro.A noi rimane la speranza che qualcheanacoreta distilli resine doratedai tronchi marcescenti del sapere.

II. «A. [ ... ] Solo, alienato, posto di fronte ai problemi del nulla, dellasopravvivenza, l'uomo cerca un aggancio soprannaturale, un ritorno allereligioni.M. Per l'uomo posto di fronte al nulla o all'eterno, non esiste, non èpensabile che una sola possibilità, tangibile, evidente, infinitamente cara quantopiù è prossima a sfuggire: la vita di quaggiù, la vita stessa che abbiamovisto, conosciuto e toccato con le mani fin dai primi anni dell'infanzia.»(Incontro Montale, p. 24-25. Il corsivo è nostro).

MORTALINoi non abbiamo cognizionedella futurizione.La nostra previsione è limitata.Quanto al libero arbitriofarei qualche eccezione.Non vi è biforcazione, mapercorso obbligato.

III. «A. Resta il problema della comunicazione delle idee, attraverso laparola.M. [ ... ] il linguaggio è una finzione priva di ogni contenuto e ... l'uomo èsorto per caso dal nulla e... il nulla è la sua vera vocazione. Distruggendol'ipotesi stessa di ogni possibile arte, un artista di oggi può acquistarelarga fama e vivere alle spalle del mondo borghese da lui stessodetestato.L'uomo aspira al caos ma non rinuncia al confort, non rinunzia a unmargine di sicurezza fisica.Mai sono esistiti tanti mezzi per comunicare, nè così facili nè cosìirresistibili.L'importante è che tra questi mezzi sia sacrificata la parola che ha il tortodi non essere abbastanza polivalente e di pretendere a quaalche durevoleverità ... » (Incontro Montale, p. 32-33).

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A SUFFICIENZA...A sufficienza ne abbiamo di un mondoche già scoppia. Rumori di motorisculture fatte a strati, libriche s'ammucchiano su tutti gli scaffali.La raffica c'investe, induce ad acquistarefin l'ultimo giornale. Poi tutto bruceràdans l'espace d'un matin. Ignoroquali sventure porterà con séil trionfo del caduco e sesi salveranno poche parole imperiture.

Il secondo (che transcondifica letterariamente Annalisa in unasimbolizzazione spirituale, come più tardi vedremo) distanzia e sublimal'incontro con Annalisa nell'incontro con l'Ispiratrice Con-fusa, attraverso laripresa del tema anima-mondo, rimpianto dell'anima - disprezzo del mondo,cantato da John Donne in Anatomy of the world in cui viene rappresentata lafragilità e la caducità di quest'intero Mondo ("the frailty and the decay of thiswhole world") per celebrare l'immatura morte di Elizabeth Drury:

[...]Sicke world, yea dead, yea putrified, since sheeThy'ntrinsique Balme and thy preservatíveCan never be renew'd, thou never live...

(Anatomy, v. 56-58)("... mondo infermo, anzi, morto, anzi, putrefatto, dacchè colei/ che era

il tuo intrinseco balsamo e il tuo preservatore/ non potrà mai rinnovarsi, nè tupotrai mai più rivivere.. "J. Donne, Liriche sacre e profane. Anatomia del mondo.Duello della morte. Trad. it. di G. Melchiori, Milano, 1992, p. 105).

Le alchimie poetiche di cui John Donne era maestro rivelano in Montaleun rinnovato alunno, se, dalle antiche letture con Clizia, dapprima qualchesegnale trapela [dalla Bufera: "Il mio sogno di te non è finito", Sogno di unprigioniero, 1953: "My Dreame thou brok'st not, but continued'st it", The Dreame;al Diario del '72: "io e te siamo UNO", Diamantina: "If our two loves be one",The Good-morrow; alle titolazioni: The Storme, in comproprietà con la Dickinson,Valedction ... ], poi un nugolo di riferimenti dilaga in Altri versi (ma Le pulci sono,significativamente, del '74 e Interno/Esterno del '76); e se il gioco delletrasmutazioni e delle

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metamorfosi si paleserà nel libricino come trafila centrale della riflessionedell'essere nella trama dalle apparenze al divino.

Questa metafisica, anzi questa mistica del transeunte cometrasformazione, di scoperta origine ermetica, che il "monsignore delle pulci"declama nel Duello della morte:

"Quello che noi vita appelliamo non è che hebdomata mortium.. Il nostro nascimentomuor nell'infanzia, e la nostra infanzia muor nella giovinezza, e la giovinezza e il restomuoiono nella vecchiezza, e pur la vecchiezza more, a tutto ponendo termine..." (Death'sduel, trad. it. G. Melchiori cit., p. 143);

oppure:" ... O corruzione, tu sei mio padre,... tu [il verme] sei la madre e sorella mia.

Miserabile enigma, quando il medesimo verme debba essere mia madre e mia sorella e mestesso. Miserabile incesto, quand'io debba essere sposato a mia madre e a mia sorella edessere insieme e padre e madre alla mia propria madre e alla mia propria sorella..." (trad. it.cit. , ivi)

trova consonanza in quanto Montale pensava del procedimento mentaledello scrittore e che nel cosidetto Diario postumo si ritroverà in forme elusive:

" [ ... ] il Croce diceva: la poesia è dentro il cuore del poeta, che poi la scriva o non lascriva non toglie nulla. Invece non è vero, non è vero affatto, se uno si impegna a scrivere,questo fantasma interno cambia, a volte cambia sesso, età, peso, misura, sapore, odore".(Incontro Montale, p. 18).

Tuttavia questo perennemente e apparentemente, donniano "disordinedel mondo" è troppo disordinato per non avere un senso. Il quale, se mai, cisfugge e nel quale risiede quell'incertezza costitutiva del poeta (del genereumano). Il bisogno di un ordine superiore, di un disegno divino, di un'annoniasegreta, di un gioco (enigmistico) di cui non riusciamo a trovare la soluzione èmodalità psicologica coestensiva alla disperazione di fronte al Caso. La tensioneal finalismo dell'anima e del mondo e alla giustificazione del male troverannouna risposta nel libricino, sicchè l’”artefice del mirabile gioco", riferimentocriptico che Montale disvelerà ne Il clou, si pone ora come terza e finalesostanza di una riflessione metafisica:

TEMPO DI DISTRUZIONESe fu follia a guidare la manodegli eventi o desiderio d'autodistruzionenon ho capito mai.In questo pot-pourri l'uomo confuse

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i contorni delle cose. Smarrìil fine e dubitò del tutto.L'incertezza rimase a guidarne i passi.Un giorno l'artefice del mirabile giocodirà: basta, il viaggio è terminato.E intanto il tempo si sgrana nella desolatarealtà della vita, che è sempre stata amara.

Ma vediamo ora come l'esistenza delle anime, delle virtù, variamente sirappresenta nel mondo e nell'incerto nascosto dell'Essere.

Si osservi questo enigma leggero, cromaticamente raffinato e alquantogalante e salottiero, di quell’ "inusuale salotto" che si formava sottol'ombrellone sulla spiaggia di Forte dei Marmi nell'estate del ’72.

AL FORTEUn grande ombrello d'ombreche or rotonde ora oblunghedecidono il mezzogiorno o l'imbrunire.Sere e tramonti rosa, in questoinusuale salotto, dove ho vistosfilare le tue amiche. Paolala bruna dagli occhi smeraldoverrà ancora?

Paola, svelata nel nome solo alla fine del breve componimento, vieneevocata da un'insistente ritorno allitterativo delle iniziali del suo cognome,Brovedani, attraverso la ripetizione dei nessi /BR/, /OB/, /O ... BR/(OmBRello, OmBRe, OBlunghe, imBRunire, BRuna), e con testimonianze di/VE/ in "doVE" e in "VErrà", e di /AN/ in "ANcora", mentre gli "occhismeraldo" (ma "smERALDO" contiene cinque lettere di "bROvEDAni" e ilnesso /ND (/D ... N/) è contenuto in "ROtoNDE" e in "deciDoNo")sembrano parenti poveri degli "occhi d'acciaio" di Clizia, come pure l'ombradell'ombrellone dell’ "ombra della magnolia" di Nel parco (BU). Poesiaversiliese, si apparenta alle sue consorelle e, in modo speciale, alla coeva “Sullaspiaggia” del Diario del ‘72.

Molto più complessa la poesia su Marisa Bulgheroni:

L'inafferabile tua amica scrive

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e poi dilegua, sta per arrivareed è di nuovo... assente.Il dubbio è che non siase non nella tua mente.Eppure ho un nebuloso ricordo di lei.Mi prometti una sua visitada mesi. Ma la criticanon mostra il suo sembiante:che sia una estravagantedanzatrice di parole.Oppure quel suo nome che muoveda incertezza e finisce in risaè la chiave di tutto il suo mistero.Lo chiameremo a gran voce sull'ariadel bel noto Milanese, con sottofondodi corno-inglese. E a simile richiamocerto l'inafferrabile appariràimprovvisa.

I primi undici versi sono un segnale continuo di presenza-assenza, quasiun infantile gioco a nascondino. Il personaggio "dilegua" continuamente (1),crea dubbio (2), nebbioso ricordo (3), promette (4), non si mostra (5), è una"estravagante danzatrice di parole" (6). Ma in retroversione questi segnalipertengono a Montale stesso e alla sua scrittura, perchè si possa giustificare laseconda parte della poesia (v. 12-17). La "chiave" del mistero, cioèdell'indovinello, è semplice:

MA (l'incertezza) e - RISA (l'allegria).

Poi vi è uno scatto, un volo a zig-zag, un improvviso triplo salto mortaleenigmistico (v. 15-17).

Il "ben noto Milanese", cioè Stendhal, che, com'è noto, idolatraval'autore del Tancredi, nel primo capitolo della Vie de Rossini narra come fu scrittala celebre cavatina "Tu che accendi questo cuore", meglio conosciuta come "Ditanti palpiti" (atto I, scena V):

« [...] Une idée lui vient; il ecrit quelques lignes, c'est le fameux Tu cheaccendi, l'air au mond qui peut-étre a jamais été le plus chanté et en plus de lieuxdifférents. On raconte à Venise que la première. idée de cette

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cantilène délicieuse, qui dit si bien le bonheur de se revoir aprés une longueabsence, est prise d'une litanie grecque; Rossini l’avait entendue chanter quelquejours auparavant à vépres, dans l'eglise d'une des petites ìles des lagunes deVenise. Les Grecs ont porté l'air de bonheur de la Mythologie, meme dans lareligion terrible des chrétiens.

A Venise, cet air s'appelle l'aria dei rizi. J’avoue que c'est un nom vulgaire,et je suis assez embarassé pour raconter la petite anedocte plus gastronomiqueque poetique que le lui a valu. Aria dei rizi, puisqu’il faut l’avouer, veut dire l’airdu riz. En Lombardie, tous le diners, celui du plus grand seigneur, que celui duplus petit maestro, commencent invariablement par un plat de riz; et commeon aime le riz fort peu cuit, quatre minutes avant de servir le cuisinier faittoujour faire cette question: bisogna mettere i rizi? Comme Rossini rentrait chez luidésespéré, le cameriere lui fit la question ordinaire; on mis le riz au feu, et avantqu’il fut pret Rossini avait fini l’air Di tanti palpiti. Le nom d'aria dei rizi rappellequ'il a été fait en un instant".(STENDHAL, Vie de Rossini, Paris, 1854 p. 43-44).

Ma l'attenzione del poeta deve essersi rivolta anche a quella speciale frasemusicale che dice:

L'accompagnamento strumentale del brano è affidato all'oboe che inMontale diventa corno inglese1, per riprendere in senso letterario quanto l'ariaaveva suggerito (mi rivedrai - ti rivedrò), in omaggio all'anglista Marisa e inautocitazione del Montale giovane degli Ossi. E solo allora il miracolo dellariapparizione potrà avvenire (v. 17-19).

Il percorso enigmistico è dunque: Ma - risa = MARISA; il ben notoMilanese = Stendhal -> [Vita di] Rossini -> ARIa dei RISi -> Mi RIvedraitiRIvedrò -> oboe -> corno inglese = Marisa + Montale.

Questo simpatico teatrino che il poeta mette in scena (nello stesso tempocon uno, due o tre personaggi, a seconda di come noi vogliamo vederlo), sicommisura ad un ulteriore reticolo intertestuale, in testimonianza di unosbrigliatissimo immaginario scenico che richiama:

1) la recensione a Rome, Naples et Florence (trad. it. di Bruno Scha-_____________

1 - L. ROGNONI, Gioacchino Rossini, Torino, 1977, p. 104-106

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cherl, introd. di Glauco Natoli e Carlo Levi, Firenze, 1961) apparsa sul«Corriere della sera» del 24 febbraio 1961. In quell'articolo Montale facevanotare che in Stendhal "forse... tutto si riduceva ad una personale sensibilità peril nostro tradizionale bel canto... E' comunque chiaro che per lui musica volevadire soprattutto teatro, e teatro musicale doveva essere gesto, chiarezza, azione,esaltazione di energia... non siamo troppo lontani da quella che sarà poil'esaltazione di Nietzsche per la Carmen"; 2) una situazione teatrica, tratta dalcapientissimo keepsake musicale; e precisamente dal Faust di Gounod (atto IV,scena e serenata): ma non tanto la versione di cui in Satura: "Tanto tempo èpassato, nulla è scorso / da quando ti cantavo al telefono «tu / che fail'addormentata» con triplice cachinno" (L'Arno a Rovezzano, 1969), quanto lastessa citazione in una lettera del 18 maggio 1951 a Maria Luisa Spaziani: «... frapoco passerò fra via Cernaia fischiettando “tu che fai l'addormentata”, tu tiaffaccerai in abito da sera, con un cenno della mano. Un abito viola, aereo,destinato ad essere bruciato dal ghibli» («Il Corriere della sera», 1886/1986, Diecianni e un secolo: Montale e il Corriere, 4, 1986, p. 47). E' una situazione che asua volta si lega ai fischi di riconoscimento di “Sulla Greve” (1950, BU) e di“Avevamo studiato per l'aldilà” e “Qui e là” (1963 e 1969, SA).

Se, da lontano, appare il tableau vivant di Annetta (DI 72), (la poesiatende equivocabilmente all’hommage per Volpe e al ricordo di Mosca.

Per un motivo di contiguità tematica, leggiamo ora

INCONTROEsitammo un istante,e dopo poco riconoscemmodi avere la stessa malattia.Non vi è definizioneper questa mirabile tortura,c'è chi la chiama spleene chi malinconia.Ma se accettiamo il giocoai margini troviamoun segno intellegibileche può dar senso al tutto.

Anche questa poesia, della colleganza saturnale, può essere divisa in dueparti che enigmisticamente possono diventare l'esposto e la soluzione

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(v. 1-7 e 8-11). Il titolo, depistante, fa convergere l'attenzione sui primi versi (1-7), a loro volta suddivisi in un falso esposto (v. 1-3) e in una falsa soluzione (v.4-7). In effetti è alla seconda parte del testo (v. 8-12) che bisogna porreattenzione, perchè si tratta di una quasi-sciarada.

Il sintagma-chiave è in quel "segno intellegibile" [nel testo a stampal'aggettivo sovrabbonda di una "g"] fortemente straniato dal contesto finquando non lo si ricongiunga con il verso precedente: "ai margini troviamo / unsegno intellegibile" (in Quella del faro, 1977, QQ, Annetta ha lasciato tracce altrove,non nel mondo: “E’ un segno di elezione... il meno intellegibile” da chi vive).

Salendo ancora troviamo quel "MA se accettiamo il gioco" (= di parole)che contestualizza i versi 9 e 10 in direzione di un senso enigmistico (cfr.: "Dicerto resta il gioco delle sciarade incatenate / o incastrate che fossero di cui erimaestra", Annetta, DI 72). Ma, quali "margini"? La ripetizione delle prime duelettere a margine di MAlattia, di MAlinconia, di MArgini, oltre che di MA, dà ilsenso al tutto: è l'incertezza come MA già trovata ne “L’inafferrabile tua amicascrive".

Questo però è soltanto il primo rinvio interno, perchè un'altra poesia dellibricino, dalla linea leggera e descrittiva, si intitola Incertezze, mentre nellognomico, Tempo di distruzione, due ulteriori riferimenti confermano una tematicalegata a una forma espressiva di tipo enigmistico ("In questo pot-pourri l'uomoconfuse / i contorni delle cose. Smarrì / il fine e dubitò del tutto / l'incertezzarimase a guidarne i passi. / Un giorno l'artefice del mirabile gioco / dirà: basta, ilviaggio è terminato").

Il gioco delle incertezze viene capovolto nella lirica che non casualmenteriporta in referenza il titolo. Perciò in questo caso Incertezze diventa esposto diuna soluzione che porta al MA:

INCERTEZZENella scelta del mese più adattoa lunghi viaggi immaginari, indugiavamotra maggio salvato dall'arrivo dell'estatee settembre che non è disperato,ma neppur lieto. Aprile lo lasciammoad altri recensori. Fummo dell'opinionedi trascurare i mesi uccisi dalla morsa del gelo.Così il tempo inesorabile scorree improvviso, d'un balzo, s'arresta.

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La scelta dei mesi da salvare, in questo ricordo improvviso, che Montalemolto probabilmente registra nella sua memoria, di un incontro giovanile conAnnetta, si giustifica per i margini di incertezza di MAggio e SEttembre (MA eSE). Al verso 7 “i meSI ucciSI” dal gelo sono trascurati per il loro significatonascosto di SIcurezza (SI)2. Se si tien conto che la poesia fa trasparire come suaenigmatica ispiratrice Annetta in con-fusione con Annalisa, quell’ “Aprile”(molto eliotiano [“April is the cruellest month”], e dunque lasciato ad altrirecensori) è riferimento all'iniziale del nome (dei nomi): quella A che poitroviamo nell'ultima poesia del Libro montaliano: Ah!

In tutti questi casi la trama intertestuale diventa complicata. Il lessema“incertezza/e” entra nel vocabolario montaliano, dopo una breve apparizionein una poesia giovanile, soltanto nell'ultima produzione del poeta (per es. in DI71, L'imponderabile: “L’ incertezza è più dura del granito”; mentre in Violini,1922, PD, dedicata ad Annetta, si legge: “Sono qui in attesa del prodigio / e lemani mi chiudo nelle mani. / Forse è questa incertezza, / mattino che trabocchidal cielo, / la più vera ricchezza / e tu mi innimbi / tutto che tocchi!”).L'aggettivo “incerto”, inoltre, usato in frequenza assoluta 14 volte nell'operapoetica montaliana, appartiene soprattutto all'ultimo Montale: con 12realizzazioni da Satura ad Altri versi.

Si può notare che l'accentuazione sull'incertezza fu avvertita per tempodal Contini che proclarnò: “Montale non ha certezza del reale”3. Tuttavia ciòche davvero importa in questa serie di “incertezze” è che alla fine, quasi infiligrana, viene ribadita l'immagine della reale ispiratrice del testo che in ingannosembra essere soltanto Annalisa, mentre è schermo per quella vera, e cioèAnnetta.

Si pensi al titolo Incontro, che è eminentemente equivoco. Nella storiadella poesia montaliana Incontro designa anche il titolo in redazione finale, dopotravagliata gestazione titologica, di quella poesia degli Ossi, che Montaledapprima segnò in manoscritto come La Foce. Questa poesia fu____________

2 - Cfr. “margine di sicurezza” nella citazione di “Incontro Montale” a p. 16.3 - G. CONTINI, Montale e «La bufera», 1956, ora in Una lunga fedeltà, Torino,

1974, p. 82.

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in seguito pubblicata con il titolo Arletta sulla rivista “Il Convegno”nel 1926(cfr. OV, p. 890-892)4.

E se si tien conto che nella Ballata levantina, sempre dedicata ad Annetta,si legge di quel “nostro presentimento / d'essere entrambi feriti / dall'oscuromale dell'universo” e che il Mah! conclude formalmente l'ultima poesiaarlettiana del Libro, bisogna convenire che Montale costruisce giochi verbalisull'incertezza avendo come figura di riferimento Annetta, maestra di sciarade esodale in malinconia, e che, con tipica tecnica montaliana, il poeta ha intesoilludere ed eludere il lettore e con-fondere Annalisa con l'Antenata,trasfigurando nell'enigmismo una enigmatica vicenda della sua esistenza. Cosìdal significato del testo emerge, attraverso il gioco verbale, il senso del testo.

La sorprendente alchemica “ars combinatoria” della mente di Montale siripete nella poesia (anch'essa di matrice arlettiana, come abbiamo visto):

LA FOCENo non t'allontanaremio guerriero.Lungo il percorsoche conduce alla foceil vento furiososcuote i vecchi rami.E a ogni soffio di gelotremano i fogliami.A volte, pavento nel silenzioche arrivi la mannarae tronchi ogni esitare.Ma s'attenua il timorenell'attesa...che mi è più familiare.

In questo caso il titolo, che ha esaurito la sua natura di esposto grazie allaricostruzione filologica del testo, mantenendo solo il significato me-____________

4 - V. ancora L. REBAY, Sull'Autobiografismo di Montale, in Innovazione tematicheespressive e linguistiche della letteratura italiana del Novecento, a cura di V. Branca, Firenze, 1976,p. 78-80 e E. BONORA, La poesia di Montale, Ossi di seppia, Padova, 1982, p. 190-193.

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taforico di morte, ci indirizza immediatamente alla soluzione, e una citazione daIncontro (1926, già Arletta, già La Foce) ci rafforza nel convincímento. L’incipítdelle due poesie ha un’uguale apertura imperativo-negatíva: (Incontro: “Tu nonm'abbandonare”, La Foce: “No non t'allontanare”); mentre quel “ventofurioso” che scuote i vecchi rami riecheggia il “vento forano” della poesiagiovanile degli Ossi e anticipa l'immagine icastica di Ramo che i fortunali.

Oltre a questo segnale, la prima parte della poesia (v. 1-8) divisa in trebrevi frasi e introdotta da un implorante prolessi dell'avverbio negativo, nonpresenta per ora altri appigli investigativi. E' invece nella seconda parte (v. 9-14)che si intensificano le allusioni: la terribile “mANNAra” (della MORTE,contenuta in TIMORE), che ricorda il “duro colpo” dell'accetta di un mottettofamoso, rivela la presenza-assenza, la morta-viva nella fusione Anna-Annalisa epermette di sciogliere (almeno parzialmente per ora) il senso dei puntinisospensivi: il poeta sta aspettando la sua ispiratrice-interlocutrice che è insiemel'antica, “familiare” omonima ispiratrice nella quale tuttavia risiede il polisensoprofondo del testo. Più aleatorio, ma sempre da ricordare, il nesso /AR/(/ARE/) di “mannARA”, “esitARE”, “familiARE” in funzione di pontesemiotico per ARletta.

E si riferisce ad Annetta-Arletta (sempre in fusione con Annalisa)

MA C'E' CHIPotius mori quam foedariè l'illibato sensodel vivere che trasmettiin messaggi cifrati.Ma c'è chi non capiscee preferisce il mondocosì com'è: immerso in un pattume.

Ci troviamo di fronte ad una delle costruzioni più raffinate e complessedel libricino, dove la fusione è perfetta pur se non del tutto risolvibile, comeper altri casi, in questa sede. La nostra propensione ad individuare un archetipoarlettiano trova giustificazione nel v. 1 e nel v. 4: è un transfert del vecchioMontale all'esperienza giovanile d'amore per quell’ “adoloscente” che poi“scomparve”5 dalla vita del poeta tanto che egli,____________

5 - Sulla figura di Annetta-Arletta nella poesia di Montale E. BONORA, Anelli delciclo di Arletta nelle «Occasioni», in Le metafore del vero, Roma, 1981, p. 9-38.

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come è noto, la ritenne per sé come morta (cfr.: “potius mori”).Lo spostamento simbolico della passione enigmistica di lei nei più alti

“messaggi cifrati” ricompone la figura e la situa nell'indeterminatezza spazio-temporale.

I primi quattro versi non hanno tempo o, almeno, sembranoincollocabili in contesti diversi da quelli che comprendano l'intero svolgersi dellavita del poeta. Se si vuole, sono un non luogo, una pura situazione mentale.Come pure non precisamente collocabili, ma questa volta in visione prospetticacon una sorgente ottica nel presente, cioè nel punto terminale della vita, sono iversi finali de consummatione mundi, alla fine di un'esperienza storica che giustifica laradicalità di una condanna metafisica messa in rilievo dal procedimentocataforìco della frase finale. Insomma la poesia potrebbe dire: questo mondonon è degno di te, altro il mondo dal quale tu continui a parlarmi (ci): e tu nonhai che un sol mezzo per non contagiarti all'infezione del mondo: quello di nonfar parte di esso (“And [that] thou hast but one way, not t’admit / The worldsinfection, to be none of it”, Anatomy, v. 245-246).

Connesso e in opposizione ai messaggi cifrati di purezza c'è chì non capisce(v. 4-5), in cui pare di rinvenire anche una fuggevole e dolorosa tracciaautobiografica giovanile ma, alla fine, anch'essa tolta dalla chiusa condizione deltempo e dello spazio, universalizzata nel destino del genere umano. Si attua aquesto punto un processo dì transcodificazione. La stessa poesia diventaulteriore “messaggio cifrato”, perchè la citazione latina nasconde la fonte e nonpermette un immediato raccordo intertestuale. Reperita finalmente la fonte, lascena cambia improvvisamente e ci porta nella chiesa di San Miniato al Monte,a Firenze, nella città cioè dove Montale trascorse anni decisivi per la suaformazione poetica e per l'incontro con Clizia. In quella chiesa, un monumentofunebre, scolpito da Antonio da Rossellino, capolavoro della sculturaquattrocentesca, è dedicato al cardinale Jacopo di Lusitania (altrimenti:Giacomo di Portogallo), morto giovanissimo nel 1459 «di una malattiabizzarra... dovuta alla ostinata continenza, e che meravigliò assai i fiorentini diquel tempo, poco abituati a tanta virtù. Gli si attribuisce un motto eroico,“potius mori quam foedari”, che potrebbe essere sospettato di leggendario, senon lo confermasse l'epitaffio inciso sul bel sepolcro»6.____________

6 - G. FUMAGALLI, Chi l'ha detto?, Tesoro di citazioni italiane e straniere, di origineletteraria e storica, Milano, 1933, 10^ ed., p. 545.

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Se dal testo scritto della poesia trascorriamo al subentrante testo eìdeticodella scultura, saremo investiti da un nugolo di segni iconíci che, nel lorosimbolismo, circonfondono, dai bassorilievi dello zoccolo agli altorilievi e allefigure a tutto tondo racchiuse nell'arco, la quiete beata del corpo del defuntodisteso sul sarcofago.

André Chastel ha fatto notare che questa scultura non può intendersisenza richiamarsi alla tradizione neoplatonica e al commento ficiniano del Filebo,cioè a quella «dottrina dei “misteri ermetici” e dei miti antichi, dell'anima e dellasua vocazione attraverso i tormenti delle passioni e dei mutamenti terrestri»,nella inflessione nuova di quell'umanesimo fiorentino «dominatodall'affermazione dell'immortalità dell'anima e della trasfigurazione promessadopo la morte, che spiriti privilegiati possono sperimentare già in questomondo»7.

Ma soprattutto ciò che subito si afferma alla vista è una fenomenologiasimmetrica di angeli che dal Vasari in poi si è impressa nella tradizione critica:“angeli in volo che sembrano trapassare l'aria nelle loro vesti sottili” (Woelfflin),“fremiti d'ali”(Venturi) che tendono a verticizzarsi, attorno alla figura dellaVergine e del Bambino, convergendo nel loro movimento verso la chiavedell'arco.

Vedremo fra poco come questa figurazione potrebbe contestualizzarsi inMontale. Sarà invece da aggiungere che il motto latino, lievemente variato in“Malo mori quam foedari” apparteneva ad Anna di Bretagna, riferimentoonomastico possibile per la prima e seconda Anna ispiratrice, e consideratapure la compresenza numinosa di Clizia, che non può non essere entrata neldisegno equivoco della composizione8.

E' molto probabile che Montale, durante il periodo fiorentino, abbiavisitato la cappella del cardinale a S. Miniato; quello che invece mi pare certo èche il motto latino e le relative informazioni storiche, che io ho ripreso persommi capi, gli siano stati suggeriti dalla fortunata raccolta di citazioni a cura diGiuseppe Fumagalli, anch'egli bibliotecario in Firenze negli anni '30.

Ivi si trova la citazione che ci interessa, sotto il titolo: “Virtù, illibatezza,modestia”. Ora, “illibatezza” viene riecheggiato in aggettivo al v. 2____________

7- A. CHASTEL, Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico. Studi sulRinascimento e sull'umanesimo platonico, Torino, 1964, p. 45-47.

8 - G. FUMAGALLI, Chi l'ha detto? cit, ivi.

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del nostro testo; inoltre durante la consultazione del libro, mi sono imbattuto inquel paronomastico “Non Angli sed Angeli”, p. 309, di cui in Sul lago d'Orta(1975, QQ) e in Fuori di Casa, Milano-Napoli, 1969, p. 29 (e cfr. anche OV, p.1127).

Un angelo nascosto

Fra i “tu” montaliani, quello in apparenza tutto storico e presente diAnnalisa rappresenta una flagrante novità, non coincidente con nessun altro tipodelle figurazioni femminili del poeta.

Si potrà osservare che il processo di riduzione, caratteristico dell'ultimoMontale, anche in questo caso “agisce”, demistifica la sublimità dell'etemofemminile di Annalisa, ma, come vedremo, questo procedimento vienemantenuto non per smentire la sublimità bensì per nasconderla, perchè cioè sicompia allusivamente la sua lettura. A un primo sguardo, l'apparente naturatestimoniale di questo nuovo personaggio poetico non sopporta il pesoassoluto dell'attribuzione di “ispiratrice”, pur presente, come vedremo, in unaspecifica accezione (“ti sorvola / il favore di una musa che ritrovo / sulvolto”); ma pretende ad altro e più vario impegno sociale, morale. Portatrice-mediatrice attiva di saggezza mondana, in cui la felicità (l'edoné, la laetitiaepicureo-lucreziana) sia intesa come godimento della vita semplice e naturale,liberata dal timore della morte e dal turbamento delle passioni, il suo ruolo èpiuttosto quello di “interlocutrice” di valori - la purezza e l'amicizia, la memoriae la poesia -.

La sua visibilità storica è cosi assorbita in un simbolo di opposizione alle“brutture”, ai disvalori che stravolgono il mondo, affinchè - tramite lei -mondo e poeta (che ambedue si spengono) possano ancora esprimersi e fraloro, se pure a barlumi, comunicare. Ma va anche notato che il visibile storicodi Annalisa si esaurisce in un sociale disperatamente ristretto e senza esitiulteriori se non quelli insoddisfacenti, inautentici - e, si badi, avvertiti come tali -dell'illusione di una felicità che può albergare solo in un indicibile paradiso (cfr.:Resta nel tuo eliso), rivelando con ciò il progressivo, ineludibile senso d'isolamentoe di solitudine senile del poeta:

LA FELICITA'Ieri sentii che l'inverno mi avevariservata una sorpresa lieta.

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Svelavi ad alta voce i miei pensieri.- E se la vita fosse un mistero vano?- Resta nel tuo eliso, non essere crudeleverso quel vago senso di speranzache a noi, solo, rimane. Ben altroè la felicità. Esiste, forse,ma non la conosciamo.

Tramite Annalisa, l'effimero, in vario modo evocato, di un incontro conla grazia virtuosa, (Adelheit, e poi anche Paola e Marisa), assume non a casotimbri ironici di classicismo galante, quasi rococò-crepuscolari: messagiod'amore per una irraggiungibile, in parodica metrica barbara. Si potrebbe quasia tal proposito ricordare il gozzanismo nostalgico-salottiero delle "desiderate enon godute", figure transeunti, illusorie, resurrezioni fantastiche nelle tregueestive di Forte dei Marmi; l'intermeffiazione per l’ "amico ligure" si risolve inuna rinuncia e nella mera registrazione di uno slancio amicale; la mediazione conil "Serenissimo", se assicura l'investitura poetica, si risolve in una nuovamediazione di tipo intertestuale (Montale -> La Beltà), innocentemente galeottoper fissare il ricordo di una giornata trascorsa in un dialogo tenero-affettuoso ein una specie di possibile, ironica prenotazione di contatto futuro con l'oltrevita,sicchè vien da chiedersi se, in equivoco, l'investitura non sia da attribuirsi anchealla lettrice.

Queste amiche, insomma, e anche questi amici, sono evanescenti, comeappaiono si dileguano. E il lettore nutre più di un sospetto che l'intermediariosia il vero destinatario: in Annalisa, cioè, Montale deve vederci qualcosa di più.

Se prestiamo fede all'assunto del poeta, secondo cui "non c'è depositariadel suo cuore / che non sia nella bara", l'archetipo di amore-morte nonconnoterebbe questa Annalisa, coi risultato di escluderla dal novero delle muse.E tuttavia, se riteniamo che Annalisa non sia personaggio effimero,"occasionale" - come del resto ci sembra -, il problema della distanza artisticache si impose nel generarsi di un nuovo mitologema poetico, si dovetteanzitutto inverare in un flusso vitale, ormai esiguo ma intensissimo, dell’ "esautogenearca", in un sentimento tutt'affatto nuovo e sorgivo, in uno scambio diesperienze e di affetti a suo modo paritario ma non simmetrico e, almeno per ilpoeta, non direi solo metastorico, ma certo, si, oltremondano, di continuità delsuo essere.

L'inaudita, stupefacente espressione del desiderio di una putativa senile

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"patérnità" del poeta sconvolge quella primitiva storicità sociale della donna ene ridisegna l'immagine, approfondendola, perché la privatizza e la fatotalmente sua nel mondo. Ora capiamo perché Annalisa viene legata allaMosca, a quell'essere già presentato storicamente nella Ballata e successivamentepresentato nella mitologia ridotta di un insetto alato; a colei che fu, se così sipuò dire, una moglie putativa e che ora viene presentata, anch'essa, comeputativa madre:

(1971) Se la mosca ti avesse vistaanche una sola voltaquanto amore ti avrebbeaccordato. Non è facileper me dare se non,per interposta persona,cosa direbbe la Ginase decidessi d'esserepadre all'improvviso.

(1976) RICORDOLei sola percepiva i suonidei miei silenzi. Temevoa volte che fuggisse il tempoostile mentre parlavamo.Dopodiché ho smarrito la memoriaed ora mi ritrovo a parlaredi lei con te, tra spirali di fumoche velano la nostra commozione.Ed è questa la parte di me che ritrovomutata: il sentimento, per sé informe,in quest'oggi che è solo di rimpianto.

Nella prima poesia, che si avvale di un ritmo a predominante dattilica,l'intervento della Gina (come in DI 72) ha una duplice funzione: 1) èprocedimento di attenuazione ironica sulla clamorosa decisione, nelriconoscimento del temuto ruolo surrogatorio assunto dalla "servante"; 2)gerarchizza gli attanti e sposta in limine fra vita (la Gina) e morte (Mosca)Annalisa che, come personaggio, subisce una trasformazione generalizzante nell’"interposta persona" (non a caso posta nel testo graficamente in risalto), voce diconfine fra mondo (dell'aldiquà e dell'aldilà) e poeta.

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Nella seconda poesia, Annalisa, divenuta creatura terrena del congedo,testimone del trapasso e della trasmutazione, è fatta depositaria di unaconfidenza, di una confessione: la mutazione del proprio sé nell'accettazione diun'ansia della memoria (smarrita, non perduta) e nel cedimento al rimpianto.

Mi chiedo se in questo accenno alla memoria e al rimpianto non debbavedersi la sorpresa di un cambiamento riferito a quel famoso, duropronunciamento espresso, per voce di Clizia, (interlocutrice di confineanch'essa, in controcanto) in Voce giunta con le folaghe: "Memoria / non è peccatofinchè giova. Dopo / è letargo di talpe, abiezione / che funghisce su sè...": unpiegarsi al rimorso edipico; oppure se il poeta non voglia distanziare i dueeventi e le due paternità: la prima (di Voce giunta con le folaghe) nel rifiuto di unamemoria che insistita offenderebbe la pur vitale sofferenza nella continuità delfiglio; la seconda (di Ricordo), nell'accettazione della memoria cometrasmissione di reperti esistenziali, di vite che pretendono alla continuità di unadiscendenza, pur se solo mentale e tardiva.

Quale ulteriore trasformazione subirà questa paternità congiungendosi,secondo il processo mentale satumino e alchernico di Montale, col suoopposto, della maternità del poeta, sarà materia di riflessione successiva. Bastiper ora che il lettore lo annoti, perchè ciò che ora urge riconoscere è lametamorfosi originaria e dominante che fornisce di senso l'intero personaggiodi Annalisa come “interposta persona".

In generale si può dire che la figura di Annalisa fibrilla in un'immagine"leggera" che trascolora dalle sembianze d'un realismo arioso a un piùevanescente ma profondo modello sincretico-veicolare, un'angelica entelechia agrado zero. "Ma - per usare le parole del poeta - una trasformazione che nonsia / inidentità come si può immaginare?" (Gloria delle vite inutili, 1976, PD). Cosìquesta immagine leggera assicura la veicolarità, l’ "interposta persona", datoonnipresente e permanente del personaggio.

Il primo fattore dinamico, storico-realistico, è affidato al rapportogioventù-vecchiaia, alla comunicazione culturale, alla colleganza poetica, allaintermediazione affettiva, ecc. Lo abbiamo in parte già segnalato e qui noninsistiamo su questo. Annalisa veicola il tempo, la storia, il presente e permettecosì a Montale lo straniamento della visione artistica. La poesia e lo spleen, nellaspecularità delle esperienze, annullano la distanza delle età (cfr. Ex abrupto),fanno di Annalisa l’ "uguale in tempo diverso" (20 gennaio o 30 anni). Questotransfert autobiografico è anzitutto ascrivibile a una reincarnazione o, meglio,come vedremo, a una metamorfosi, a una

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mutazione in Annalisa del giovane di Monterosso nonchè poeta degli Ossi e diAnnetta. E' un procedimento tipicamente montaliano.

Il vecchio che rinasce in (un/una) giovane (a raddoppio), nascondetuttavia lo scacco di ogni esistenza dopo la caduta del desiderio (si pensi al ciclodi Dopo una fuga, 1968, in Satura, o alla "fuga" da Adelheit nella nostra raccolta)e il rimpianto del tempo (in questo caso, giovanile, della libido, vorremmo dire,della pulsione vitale), che come abbiamo visto a proposito di Mosca, èacquisizione sentimentale nuova in Montale (e come non ricordare l'esplosivo:"Ma ero pazzo, pazzo e non di te, pazzo di gioventù", Annetta, DI 72):nasconde l'inattingibilità dell'altro come oggetto di eros per tramutarlo in"anima viva" (20 gennaio o 30 anni, 1971) - lui "anima malviva", come si confessain A C[lizia] nel Diario del '71 - di fronte all'incombente thanatos.

Per comunicare con Annalisa, Montale deve sospendere l'immaginesessuata di lei, trasformare la di lei giovinezza nel contrario della di lui vecchiaia,sublimarla in progressione in una discendenza putativa per circonfonderla (lei,divenuta personaggio) di allusioni, coincidenti in un significato nascosto, entrocui avviene la migrazione dei simboli e la contestualizzazione finale degli eventi.

L'affollarsi dei rinvii al giovane poeta degli Ossi sbalordisce per la suaprogrammaticità: il sintomo denuncia una intenzione e l'intenzione si organizzain una poetica.

L'Esterina di Falsetto consuona stranamente con Annalisa: "La dubbiadimane non t'impaura" -> "La tua età m'impaura, / ti difende e m'accusa" (20gennaio o 30 anni); "Ciò intendi e non paventi. / Sommersa ti vedremo / nellafumea che il vento / lacera o addensa, violento. / Poi dal flotto di cenereuscirai... -> "Ignori il vento dell'affanno / col suo fardello" (ivi); "l’arcieraDiana" -> "mio guerriero" (La foce); "ecco per te rintocca / presagio d'elisiesfere" -> "Resta nel tuo eliso, non essere crudele" (La felicità); "La tua gaiezzaimpegna già il futuro" -> "Nè alcuna presenza potrà / turbare questa gaiezza /che ci riproponi" (Mattinata).

In altri casi, oltre quelli precedentemente ricordati, tracce consistenti ciconducono ancora ad una semiotica arlettiana: "Eccoti col girasole" -> Portamiil girasole", che insieme ad altri riferimenti al girasole negli Ossi convive con ilgirasole (l'eliotropio) di Clizia nelle Occasioni e nella Bufera; i titoli-allusione, di cuiabbiamo già fatto cenno, de La foce e di Incontro.

Si consideri ancora: "Rammento l'acre filtro che porgeste / allo smarritoadolescente" (Riviere) -> "sei come uno smarrito adolescente" (Die

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Fledermaus), in simbiosi con l’ "adolescente" [Annetta] dedicataria degli Accordi.In questa stessa poesia possibili richiami al "pipistrello" e all'ultimo verso ("iltempo consentito è già passato") -> "lo sciame dei pipistrelli", mentre l'ultimoverso ("il tempo consentito è già passato") riecheggia "sei passata e pur senti"(Marezzo, ma qui l'ispiratrice può essere anche Paola Nicoli); "discende verso ilmare" (Clivo), "sul viale che discende" (I morti), "Scendiamo la via che divalla" (1923,PD), "sul corso tu discendi... Discendi all'orizzonte... discendi in mezzo al buio"(Arsenio) -> "Discendi dal gran viale" (Nel giardino); "mi sento tutto fiorito nonso se d'ali o vele" (Scendiamo la via, cit.) -> "L’ala del grande pino marino /come vela spiegata ci trascina" (Nel giardino); "e s'anche il vento tace" (Clivo) ->"Ora anche il vento tace" (Nel giardino); il "parapiglia" di Secondo testamentorichiama il "parapiglia" di Oboe; in L'estate è scossa da forti temporali il fumo"livido" della petroliera ricorda il "mare livido" di Corno inglese (anche se, perquesta poesia, deve essere richiamata una vera e propria isotopia che si ritrovanegli ultimi versi di Fuscello teso dal muro e di Delta), oltre che la "luce d'unapetroliera" della Casa dei doganieri (ispiratrice: Annetta) e il "fumo strascicato diuna "nave" di Sotto la pioggia (ispiratrice: Paola Nicoli) di Occasioni; in Ramo che ifortunali... oltre al richiamo di un noto passaggio di una lettera a Svevo, si puòricordare il "tronco che addita... ogni rinato aspetto coi germogli fioriti" di S'èrifatta la calma; in Settembre: "Finirà questo piacevole ozio estivo / torneròanch'io alla solita / poltrona. L'estate sta sfumando / tra nebbie di ricordi.Chissà / se avrò memoria degli ultimi barbagli / nel più velato sole cittadino"-> "Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo / nelle città rumorose dovel'azzurro si mostra / soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase" (I limoni).

Altri richiami intratestuali saranno fatti opportunamente. Qui si vuoleaggiungere, come fondamentale, l'osservazione che il versante, alla grossa,storico-realistico del personaggio garantisce un porto sicuro alle sopravvenientifigure e al loro sincretismo mitico - e dunque l'oscillazione poetica del simbolo.

Il vecchio Eusebio non ha molto filo da tessere, ma costruisce sempre alegami astuti e si nasconde nell'esausto genearca. E certo la Clizia di Finisterre ol'Annetta degli, ultimi Ossi non sono l'Annetta o la Clizia di Altri versi. CosìAnnalisa emerge a poco a poco, in questo micro-macrocosmo poetico chelude e illude, elude e allude, per piccoli sapienti tratti realistici (il muflone blucobalto, il magazzino di una grossa borsa, il volo

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del cappello di paglia, l'indugio sulla porta, la gaiezza, la malinconia, l'ardore, loslancio amicale), per piccoli tocchi di colore-luce (il volto ispirato, le aureole[dei capelli e, forse, del cappello a larghe falde], l'aspetto primaverile eadolescenziale, il candore delle vesti e dell'animo), attraverso una iconografiafrantumata, musaica (gli epiteti); ma la sua figurazione fluttuante, quando la siindaghi oltre la sua apparenza, si svela, con sorpresa crescente fino a diventarecertezza, nella sua luminosa, tardo-cliziesca arcangelica essenzaraffael-gabriel-micaelica: un'aerea figura, un "segno che travalica gli umani",visiting angel, àggelos, angelus, messaggero, angelo compagno, nunzio e"guerriero", "interposta persona" fra mondo e Dio; per poi ripercorrere alcontrario il viaggio delle mutazioni, dall'angelo bianco della finis terrae, delcongedo, al suo ritorno in veste umana, nella "signora" borghese, angelo ormaidegradato. Il rapporto con l'altro grande angelo cliziesco si fa immediato: lamessaggera del suo Dio, Iride ecc., che ritorna donna attraverso le mutazioni ingallo cedrone e ragno.

Se l'angelologia montaliana (in opposizione alla demonologia dei messiinfernali, degli dii pestilenziali delle geldre e dei lemuri incarnati) ha precisato ilsuo modello letterario trascorrendo dalle sacre scritture, al dolce stil novo, aglielisabettiani, ai romantici tedeschi, fino a Rilke e Valéry (ma non vorreitrascurare l'elusivo ermetismo cristiano-teosofico del poeta), l'angelo nascostodi Annalisa si lega al suo archetipo cliziesco e post-cliziesco per due vie di cui laprima (l'altra la vedremo in seguito) segue una trafila prevalentementedonniano-tomistica (più precisamente una trafila Donne - Hoelderlin - Blake -Rossetti - Browning) con terminale in quella poesia di Donne intitolata Aire andAngels (con glossa tomistica: "angeli assumunt corpora ex aere") e in un cerchiodi poesie che hanno già fortemente segnato la mitizzazione e la demitizzazionedi Clizia e delle altre ispiratrici, grandi e piccole, "figure umane, angeli salvifici".

Mi riferisco ai Songs and Sonets - ai quali si potrebbe aggiungere incontrasto (un contrasto fra entelechie e mondo) Anatomy of the world -, al"Guardian angel" di Browning e all'angelo "chimney sweeper" di Blake: in talmodo l'angelo "agrodolce" di Annalisa si palesa finalmente come appartenentea quella straordinaria coorte anfibologica, fosca e bianca, cui ci ha abituato ilpoeta da lungo tempo, ma, in forme disvelate, soprattutto da Satura.

Sempre ineffata nel nome e nella sua natura angelica, Annalisa è uno diquegli "angeli inosservati" evocati in Satura (Che mastice.... 1969), un esemplare diquegli "angeli custodi" invocati nella produzione diaristica (Quel che più conta, DI72; Proteggetemi, 1976, QQ), di quelle "mezze

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divinità" che affollano il "politeismo" privato del poeta. Il contrasto di questoangelo col mondo si precisa, anche in questo caso, con effetto di trascinamentointertestuale alle funzioni oppositorie delle altre ispiratrici, ma in un più peculiareriferimento tanatologico e teratologico (è "anima viva" che emerge dalla morte)a John Donne.

Se ora leggiamo nella sua interezza Mattinata, questo titolo ne nascondeun altro che sarebbe, secondo una lettura già suggerita da Faggi9, piùpropriamente "Apparizione" o "Visitazione":

MATTINATASulla porta si profilaun'aerea figura.Eccoti col girasoledelle tue aureole.Nè alcuna presenza potràturbare questa gaiezzache ci riproponi.

Ad ogni apparizionefai rifiorire vegetazioní nuove.Non hai un cliché:emergi singolare. E' il segnoche travalica gli umani.A noi, in questo anfiteatrodi brutture, non restache ricordo e duliaqual duplice ristoro.

Attraverso questo nuovo paradigma non solo leggeremo in manieratrasparente la fusione di Annalisa con Clizia-Annetta (il girasole) e, forse, conEsterina (la gaiezza), ma, da quell’ "aerea figura", da quelle "aureole", da quell’"apparizione", da quell’ "emergere singolare”, "segno che travalica gli umani",anche se non esistessero altri apporti testuali esterni, leggeremmo un angelo. Mala spia più evidente che di questo si tratta è data dal fatto che il primo verso,"Sulla porta si profila", è citazione____________

9 - V. FAGGI, Su qualche inedito di Montale, in "Resine", n. 39, gennaio-marzo1989, p. 29.

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dantesca (Purg., XXI, 23) con stravolgimento delle funzioni grammaticali dellafonte: "che questi porta e che l'angel profila". Inoltre l'origine dantesca haun'ulteriore conferma nella figura dell'angelo portinaio (" l’angel di Dio chesiede in sulla porta", Purg., IV, 129) e in ripetuti riferimenti del Purgatorio, alcanto IX (v. 76, 90, 120, 130). Ma attraverso la trafila dantesca, come poi sivedrà, Montale invera nell'angelo di Annalisa un archetipo comune, sacrale eprofetico.

Se inoltre ci riportiamo a "figure umane, angeli salvifici" (L'immane farsaumana, 1976, QQ) in "aerea figura" l'aggettivo è motore di uno spostamentosemantico di "figura" che vale "angelo". Per cui i primi versi vogliono dire:"sulla soglia apparve un angelo arioso, fatto d'aria", in simiglianza a quello cheapparirà nel codice generativo.

Questo angelo, poi, negli ultimi quattro versi viene posto in contrasto colmondo, quasi a difesa del poeta piegato nel ricordo e nella venerazione(devozione) iniziatica10 - la dulia - (come nell'evocazione di Rebecca in Satura, macfr. varianti, OV, p. 1047). Ma ricordo e venerazione di che cosa, se non dicoloro che non sono più, che sono stati o avrebbero potuto diventare salvezza,"figure umane, angeli salvifici", mancate Rebecca, creature illusorie?

L'insistenza sul disvalore del mondo è, così, legato alla morte delle museispiratrici, ultrafanie che il poeta ha costretto a rivivere, angeli in precariato,"inespugnabili refusi" (cfr. Laggiù, 1969, SA), che rivivono nell'angelo illusorio etotalizzante di Annalisa come nel modello donniano di Aire and angels.

Allo stesso modo nell'Anatomia l'esistenza negativa del mondo, nella suainerzia mortale, si oppone alla morte-che-vive per nutrire altre vite, secondouna comune tradizione esoterica platonico-cristiana che, in richiamointertestuale, connota la poesia metafisica montaliana attraverso la ripresatematica e stilistica della poesia metafisica del poeta inglese.

Annalisa è dunque l'ultimo e riassuntivo angelo, nascosto nell'enigmapoetico, così come il libricino chiude e riassume tutto il libro delle poesie.L'ultimo angelo ha il compito di salvare il poeta dalla storia, dalla burla delmondo incomprensibile e caotico, dal mondo della chiacchiera e del____________

10 - P. GIOVETTI, Rudolf Steiner. La vita e l'opera del fondatore dell'antroposofia,Milano, 1992, p. 94-97. L'opera più nota di Steiner, Teosofia, fu pubblicata in traduzioneitaliana nel 1938.

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"trionfo del caduco" (della "frailty" e del "decay"), dell'inautentica quotidianitàdell'esserci che si riscatta heideggerianamente nell'anticipazione della morte,nell'essere-per-la-morte; solo che in Montale il mondo prefigura un nullanegativo, distruttivo, infernale, e cioè la morte come assenza dolorosa, alla qualeil poeta vuole sfuggire e il cui pensiero vuole scacciare per poter accedere ad unaltro nulla, ad un mondo intermedio, beatificante, prenirvanico, forse anch'essoillusorio, ma che lo sostenga negli ultimi giorni prima del trapasso ad "altro".

Per poter adempiere a quest'ultimo compito, l'angelo nascosto,inosservato - aerea figura che appare ed emerge singolare, travalicando l'umano- deve interporsi, essere ricordo, incorporare alchemicamente altre figure, cosìcome ognuna di queste ha a sua volta incorporato altre figure. E anche quiJohn Donne soccorre:

AIRE AND ANGELSTwice or thrice had I lov'd thee,Before I knew thy face or name;So in a voice, so in a shapelesse flame,Angells affect us oft, and worship'd bee;Still when, to where thou wert, I came,Some lovely glorious nothing I did see.…………………………………………Then as an Angell, face, and wings,Of aire, noi pure as it, yet pure doth weare,So thy love may be rny Ioves spheare...(v. 1-6 e 23-25)

("Due o tre volte ti amai / prima di conoscere il tuo volto, o il tuonome. / così, in una voce, in una fiamma informe, / gli angeli ci fan sentire laloro presenza, e sono da noi adorati; / perfino quando venni laddove tu erinon vidi che un amabile splendente nulla…… Come un Angelo dunque voltoed ali / d'aria recinge, non puri quanto lui, ma puri tuttavia, / così l'amor tuopuò essere la sfera governata dal mio amore…" trad. G. Melchiori; ma qui quel"worshipped" potrebbe tradursi anche "venerati", in quanto oggetto di "dulia",di devozione).

E il Montale del Diario del '72: "C'è chi muore per noi. E' cosa di tutti igiorni / e accade anche a me stesso per qualcuno ...... "

Siamo nel cuore della riflessione montaliana, qualla sull'essere e sulla

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catena degli esseri, della metamorfosi e della mutazione, che stringendo inun'unica trama i molti fili di una meditazione filosofico-religiosa aveva unificatosuggestioni pitagorico-neo platoniche alla patrologia, ai mistici medioevali, alladottrina ermetica rinascimentale dei poeti barocchi e dei metafisici inglesi, allafilosofia del romanticismo visionario, fino a sfociare nello scetticismoesistenziale (da Schopenauer a Kierkegaard a Chestov) e in una dottrinavagamente iniziatica, tra buddista e cristosofica che trova negli anni di Clizia,all'incirca dal 1935 al 1949 il periodo di massima tensione investigativa, dall'Estate di Occasioni (ma ispiratrice è Annetta) fino al racconto su "Clizia a Foggia"(in Farfalla di Dinard) e al "Gallo cedrone" della Bufera, quando questa gnosi vieneespunta degli aspetti più apertamente teosofistici, (blavatskiani, direi: si pensi aDonne del Karma, 1952, FD).

E deve tenere in equilibrio molti ricordi (e non sempre pacificati),incorporare molte figure questo essere acerbo e letificante, demiurgoermafrodito/asessuato, vita a sua volta di molte vite: un pò giovane Eusebio eun pò Esterina, qualcosa della Nicoli e qualcosa della Volpe, e Annetta e Clizia;e poi la Mosca e poi la madre e il padre (come vedremo) del poeta; Adelheit ele amiche e gli amici che si trasferiscono mutualmente in questo duetto di vite incolloquio! "Ahimè / la mia testa è confusa, molte figure / vi si addizionano, /ne formano una sola che discerno / a malapena nel mio crepuscolo" (Domande senzarisposta, 1975, QQ). Il "roccolo", il "paretaio costituzionale" (Reti per uccelli, QQ),la "rete a strascico" (SA) sono forse gestiti da questo angelo nascosto, innominatoe confuso, che a mala pena si discerne, di Annalisa? Una simile interpretazioneci sembra lecita.

Questo personaggio aereo e terreno, malinconico e mercuriale, è certoquella persona storica di Annalisa, la confidente, la complice, la consolatrice, eperfino, suprema sublimazione terrena, la ... figlia, cioè quella parola che alpoeta ("padre all'improvviso"), non gli riesce forse di pronunziare, se queipuntini sospensivi de La foce ("ma s'attenua il timore / nell'attesa... / che mi èpiù familiare"), allusivi e censori - e in quest'uso sono hapax o almeno piùtitolati comprimari di quelli di Pietà di sè... -, indicano anche un cambio diprogetto concettuale, una voluta afasia (per un nome in rima nascosta econtenuto nell'antecedente "mANNAra"? O per una rima facile con "timore"?)a sua volta nascondiglio di un ineffabile attributo, quella "figlia", risoltoenigmisticamente con una perifrasi: "che mi è più familiare" = di chi amo comeuna figlia.

Ma questa "figlia" che è parte della catena delle metamorfosi e si

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tramuta in angelo cliziesco è la stessa che ritorna mutata in Clizia-figlia, come laCordelia del vecchio Lear in Morgana (1977, QQ), in quel "pazzesco riepilogo"(lettera a Marchese, 15 ottobre 1977) che include fra le sue figure anchel'angelo-guerriero, con "spada e scudo", di Annalisa.

Questo nuovo angelo è cosi, nella sua figurazione riepilogativa, portatoredi un ulteriore significato profondo: è l'angelo intermediario con l'oltrevita,angelo guerriero e psicopompo che scorta il vecchio poeta al passo decisivo,alla "porta stretta", oltre le illusorie biforcazioni ossimoriche di chi vive e nonvede:

Non vi è biforcazione, mapercorso obbligato.

(Mortali)

Che l'angelo di Annalisa sia poi il ritorno di un angelo primigenio earchetipico, è suggerito da Montale nella fonte nascosta, rivelazione dirivelazione, dell'Apocalisse di Giovanni, il figlio adottivo ("Mulier, ecce filiustuus", Joan, XIX, 26-27). Adombrato in "Secondo testamento", il libellusdell'Apocalisse, libro "di fuoco", "di vendetta", libro "definitivo", che chiude eriapre, nell'esegesi biblica, tutto il Libro, esso stesso alpha et omega, principium etfinis, diventa ermeneuticamente il modello di riferimento del nostro libricino checontiene e riapre tutto il Libro dell'Opera montaliana.

L’ "oracolare tono della versificazione" che informa il visionarismo delleSilvae (penso soprattutto a Iride e a Primavera hitleriana) e in forme elusivamentedimesse allude ad un significato nascosto nella nostra raccolta, trova nel"veggente di Pathmos", in "quei che vide tutti i tempi gravi" (Par. XXXII, 127),l'archetipo ideale per il vecchio Montale. La stravolgente esegesi montalianatranscodifica il testo e chiede al lettore di ricostruire il recupero intertestuale. E'possibile che a ciò si riferisse il poeta quando in Ipotesi (1976, QQ) rivolgeva allettore la domanda: "L'Apocalisse sarebbe / da prendersi con le molle? E' piùche certo ma questo / non può insegnarsi nelle scuole".

Dunque l'incomprensibile è nella storia degli uomini e delle sueistituzioni, nel mondo che travaglia così drammaticamente le esistenze e chediventa un mitologico campo di battaglia delle divinità: "Nella valle diArmaggeddon / Iddio e il Diavolo conversano / pacificamente dei loroaffari... Fosse mai accaduto il miracolo, nulla era più impossibile / dell'esistenzastessa di noi uomini" (ivi). L'indifferenza gnostico-epicurea degli

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dei non toglie che illusoriamente noi abbiamo bisogno di pensarli comeinteressati al nostro destino, almeno attraverso i loro intermediari E lariflessione sul mondo e sulla tragedia dell'esistenza umana, come ognun sa, nonsopporta diacronie; ma pur sempre illusione e disperazione, affabulate insieme,sorgono da un humus concreto di fatti e di episodi storicamente determinati.

A chi giustamente sottolinea la presa di posizione che Montale in manierapiù o meno esplicita assunse nel periodo cruciale della seconda guerramondiale, come non si potrebbe ricordare la tanto più dimessa, strenua einconsolabile presa di posizione degli anni '70, nel periodo delle "stragi" e dell’"orrore" (Terminare la vita, 1975, QQ)?

Non a caso allora - e partendo da una sofferenza storica che si distanziadal mondo per una contemplazione degli éschata - due figure umane (Irma eAnnalisa) sono trasformate in uno stesso angelo salvifico (Michele e i suoi angeliche combattono col drago "proeliurn magnum in caelo") per poi sdoppiarsidaccapo simbolicamente in una rilettura, sì che tanto più si distanzia dalla storiaquanto più in essa si attualizza, del testo profetico, in una profezia a posteriori,nell'angelo del libellus e nell'angelo del Liber.

Et vidi aliuni angelum fortem descendentem de caelo, amictum nube et iris in capite eius,et facies eius erat ut sol et pedes eius tamquam colurnnae ignis: et habebat in inanu sualibellum apertum: et posuit pedem suurn dextrum super mare, sinistrum auteni superterram..." (Ap., 10,1).

Illustrato da una famosa xilografia dell'Apocalypsis cum figuris del Dürer,questo versetto traspare significativamente in Finisterre.

Scrivendo a Gianfranco Contini in occasione della pubblicazione dellaraccolta, il 21 aprile 1943, il poeta cosi. commentava: ",... ma non tutte le lirichesono di argomento apocalittico e così dovrai dirmi subito se il libruccio può reggereun simile titolo" (Tutte le poesie, a cura di G. Zampa, Milano, 1984, p. LXXII).Così in Iride (1943-44, BU):

Perchè l'opera tua (che della suaè una forma) fiorisse in altre luciIri del Canaan ti dileguastiin quel nimbo di vischi e pungitopi...

per continuare come "messaggera del suo dio", nell'infuriare della "tortura e deilamenti" nell'Orto e per specificarsi ancora una volta nel "cieco sole

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che in te porti" di Primavera hitleriana (e qui con un ulteriore riferimento ai "setteangeli" dell'Apocalisse, oltre che all'arcangelo Gabriele). Ma a questo stessoversetto, che segnala la visione di Clizia nella Bufera, si richiama cripticamentel'incipit di Nel giardino per eluderci o per confermarci sulla natura angelica diAnnalisa - Annetta - Clizia:

Discendi dal gran vialee ti sovrasta un cieloazzurro estivo. Una nuvolabianca di lini rinfrescala canicola al tuo arrivo...

L'arcobaleno, l'aureola, l'iride (ma poi = Iride, messaggera degli dei), lanube luminosa (il nimbo), il sole di Clizia si riaffacciano, nell'angelo di Annalisa,attraverso la ripresa del verbo "discendere", del "cielo", della "nuvola" biancadel vestito ("amictum nube") e della "canicola" (-> il sole). A questo puntoMontale si produce in uno sdoppiamento di angeli; e non si può sottacere ilfatto che questo angelo che ha "in manu sua libellum apertum" sia in raffronto,nel testo giovanneo, con un altro angelo (Ap., 5):

"et vidi angelum fortem praedicantern vocem magnam: Quis est dignus aperirelibrum et solvere signacula eius? ".

Nell'esegesi biblica il libellus apocalittico chiude e apre (Ap., 3) il Liber: enel nostro caso? Si è portati a dare questa interpretazione estensiva, che ci pareermeneuticamente e filologicamente corretta: come il libellus, il libricino, "facietamaricari ventrem tuum sed in ore tuo erit dulce tamquam mel" (10,9) per lasua natura enigmaticamente leggera in apparenza ma terribilmente seria nellasostanza svelata, così, tramite questo libellus, il Liber dell'Opera potrà esseresciolto dei suoi sigilli.

I riferimenti all'Apocalisse non finiscono qui, ma ora è tempo disottoporre ad indagine tutto il testo di Nel giardino e, con esso, il significatoancora più riposto dell'angelo: "et vidi angelum fortem descendentem decaelo..."

NEL GIARDINODiscendi dal gran vialee ti sovrasta un cielo

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azzurro estivo. Una nuvolabianca di lini rinfrescala canicola al tuo arrivo.Ci sediamo sulla solita panchina.Poi d'un tratto un soffio di ventoe la tua paglia comincia a turbinare.L'afferri, ti risiedi.L'ala del grande pino marinocome vela spiegata ci trascina.Vorremmo bordeggiareda questo litorale tutta la costiera,giungere in un duetto di nomi, di ricordifino a Nervi.Ma il sole già declina,diffonde il suo lucore in raggi obliqui,dispare, torna, e la memoria di sereuguali raddoppia gli orizzonti,traduce in altri giomiquel momento fugace che scompare.Ora anche il vento tace.

La serie di rinvii agli Ossi (Clivo, I morti, Arsenio, ecc.), già accennata nellepagine precedenti, mostra come la situazione di questa poesia ricalchi il toposgiovanile della "descensus ad inferos", ma con esito capovolto: qui c'è unatrasvolata angelica, un'ascensione. Un angelo discende per ascendere. L'angelo simanifesta, nel reticolo dei rinvii intratestuali, come angelo della morte beatificain opposizione al demone distruttivo e infernale della morte come nulla, comeinidentità assoluta, catastrofe, cancellazione del ricordo e ritorno del mondocaotico.

L'illusione realistica della donna, affidata stilisticamente ad una elusivaserie paratattica che scandisce gli eventi spazio-temporali, viene messa in forsedalla luminosa ambientazione e poi alleggerita dalle metafore-ipotiposi dellanuvola di lini, dell'ala del pino, quasi in contrasto con la progressivasmaterializzazione dei referenti in simboli, mentre il sole descrive la suaparabola dall'ora canicolare al tramonto. Ma in effetti anche qui è unaapparizione, una visitazione: discesa di un angelo per un ulteriore viaggionell'oltrevita.

L'immagine di tenera, favolosa freschezza utilizza, capovolgendone gliesiti, un immaginario che troviamo, come angosciata presenza di fantasmi

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("larve rimorse dai ricordi umani"), nella poesia arlettiana de I morti (1926, Ossi):il "mare", il "nembo" [di spume], il "viale che discende oltre lo sguardo", l’"azzurro", il "turbinare", i "ricordi", la costa, i "voli", i "rami cedui". Se il duettodei nomi e il raddoppio degli orizzonti sono una spia, essi sono anche riferibilitestualmente a questo gioco di contrappunto fra più voci di cui orariscontriamo la prima (Nel giardino) e la seconda (I morti), senza dimenticare leconsonanze con Arsenio negli Ossi e Scendiamo la via che divalla in Poesie diverse.

Nella poesia I morti, la morte vuole perversamente rivivere nel ricordo;nella poesia Nel giardino, il ricordo placato aspira alla morte. Ma "nomi" sonoanche le ispiratrici: la prima è evidentemente Arletta-Annetta; ma Nervi ciriporta anche alla madre del poeta, Giuseppina Ricci, nativa di quel luogo; ilduetto di nomi in simmetria di testi, situazioni e, anche, di significazionicapovolte. A queste due prime voci, la sovrapposizione testuale dell'Apocalisse,terza voce, aggiunge spessore simbolico e veicolo all’ "interposta persona", lafigura-angelo di Annalisa (Annalisa-AnnettaClizia). Interferiscono dunque: ilpoeta vecchio e quello giovane degli Ossi, Annetta e i morti, Annetta e la madre,Clizia, Clizia angelo, Annalisa, Annalisa angelo, Annalisa e Clizia angelidell'Apocalisse.

Non è soltanto l'incipit della poesia a riprendere i versetti iniziali delcapitolo 10 dell'Apocalisse, già ripreso a sua volta in Iride, L'orto, e in Primaverahitleriana, ma l'angelo del libellus giovanneo, che poggia i suoi piedi di fuoco sulmare e sulla terra, e con la destra indica il cielo (Ap. 10,3), qui "bordeggia" (stacioè tra mare e terra) e arretra la sua presenza, ricontestualizzandola, fino allapoesia degli Ossi, mentre il fremito delle ali si referenzializza nel turbinio dellafalda del cappello di paglia, e in un crescendo sublime di metafore ("et statimfui in spiritu", 4,2) la chioma del pino marino ("lignum vitae", Ap. 21,10 e22,2)) è vela, ala per un volo mistico a due, quasi chagalliano, sul paesaggio dellagiovinezza e dell'infanzia, dove il poeta ritrova gli archetipi femminili di Annettae della madre.

Questo volo edipico all'indietro è, nello stesso tempo, un volo verso l’"oltre": "quia tempus non erit amplius" (Ap., 10,6) e "nulla di buono è maipensabile nel tempo" (Ai tuoi piedi, 1976, QQ). Ora questo "oltre" è, sì,AVERNI (<A NERVI: è l'artiglio di Agosti)11, ma anche E NIRVANA____________

11 - S. AGOSTI, Un affabìle Montale che sfiora il paradiso. Un nuovo blocco di lirichelasciate dal poeta, "Corriere della sera", 27 novembre 1988.

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(< fiNO A NERVI, tenuto conto della sinalefe e della conseguente / a /lunga), anche qui perdizione e salvezza, angelo chiaro e nero (baudelairiano"Tete-à-tete, sombre et limpide / ... Puits de virité clair et noir", L'irrémédiable),baratro ed eliso, dragone e Michele.

Ma la presenza dell'angelo decide sulla biforcazione: è l'angelo per l'oltrevita, è l'immagine della morte come nulla beatifico. Il suo colore è il bianco, ilcolore degli angeli e dei beati (Ap. 3,4; 3,18; 7, 13-14), il colore funebre indiano,il colore di Emily, il colore-indizio di Clizia (Rebay, 1969, p. 45), il colore diAnnalisa (Immobilità, 13 e 60-61). Ed è il colore dell'integrità fisica e spirituale; diquell’ "illibato senso del vivere" difeso fino alla morte di fronte al "pattume"del mondo, rievocato nel richiamo al monumento funebre di Antonio daRossellino, che ora comprendiamo nella sua profondità intertestuale, popolatocom'è, nel candore dei marmi, di angeli, presenze numinose del ricordo, corodelle metamorfosi del divino in presenza del trapasso:

"E certamente a chi la [sepoltura del Cardinale] considera pare impossibile, non chedifficile, che ella sia condotta così; vedendosi in alcuni Angeli che vi sono tanta grazia ebellezza di arie, di panni e d'artifizio, che è non paiono di marmo, ma vivissimi. Di questi,l'uno tiene la corona della verginità di quel cardinale, il quale si dice che morì vergine, l'altrola palma della vittoria che egli acquistò contro il mondo"12.

La "nuvola bianca dei lini" (già indizio del numinoso in Montale: cfr."come un dio in una nuvola bianca", in Il lieve tintinnio del collarino, 1943) cheveste Annalisa, angelo della morte beatifica, si oppone alla "canicola",all'immagine del fuoco, in ripresa non solo dell'ossimoro cliziesco (fuoco digelo, fuoco e sinibbio, ecc.), ma recuperando un archetipo giovanile:

"Calore e color rosso = vitaFreddo " " bianco = morte"

di Quaderno genovese (8 febbraio 1917)13.____________

12 - G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori, da Cimabue insinoa' tempi nostri, a cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi, Torino, 1986, p. 412.

13 - E. MONTALE, Quaderno genovese, a cura di L. Barile, con uno scritto di S.Solini, Milano, 1983, p. 14; v. anche la nota della curatrice alle p. 110-111.

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Per altri aspetti, seguendo Vernant (come è già stato tentato dalla DeAngelis per Leopardi, ma in direzione diversa) Annalisa è l'immagine artemisiadella morte, cioè Annetta, è la Vergine, la Parthénos (cfr. Potius mori..., Emily), ilcui dardo causa omericamente una "tenera morte"14. Ermeneuticamentequest'ultima indicazione potrebbe apparire alquanto forzata sul contesto; se nonfosse che la presenza di Artemide (a non tener conto di Diana-Esterina inFalsetto) come divinità questa volta tragica, scura, degli inferi, come Ecate, figuranella Bufera (La frangia dei capelli, 1941: "... l'ala onde tu vai / trasmigratriceArtemide [= Arletta] ed illesa, / tra le guerre dei nati-morti "), in cui sembraorganizzarsi una stessa situazione iconica (apparizione, strada, cielo, volo, nubi,mare [in analogia]).

A questa Annalisa-Michele-Erines-Artemide è affidato dunque ilcompito di condurre il poeta alla foce, o, retrocedendo, alla giovinezza e poiall'infanzia fino al grembo materno ("a Genova" variante di "a Nervi"), perchèil cerchio della rappresentazione terrena si chiuda al tramonto, nel silenzio, nellafine dei tempo (con riecheggiamento ungarettiano: cfr. Cori descrittivi di statid'animo di Didone, III).

Tuttavia la fine del tempo è inizio di un'esperienza d'oltrevita, se il volodel vecchio-bambino15 è anche prefigurazione della metamorfosi ultima,dell'approdo ad una nuova condizione beatifica e se il titolo, fortementefaustiano (Nel giardino -> Faust, prima parte, Il giardino: «Marta -… E la nostracoppietta? Mefistofele, - Ha preso il volo verso quel viale. Liete farfalle!»)16, manon solo goethiano, ma a ramificazione culturale e tematica complessa, con unaspeciale, credo, predominanza di richiami operistici, e cioè berlioziano,gounodiano, boitiano, ecc., diventa una trascrizione realistica e mondana di quelpunto asintotico che è il mondo intermedio;____________

14 - J. P. VERNANT, La morte negli occhi. Figure dell'Altro nell'antica Grecia,Bologna, 1987, p. 19. Per Vernant Artemide è figura dei congedo, "non combatte, guida esalva" (p. 27), "dai margini dove regna, ella prepara il ritorno al centro" (p. 33).

15 - Sulla polarità-identità di questo archetipo v. J. HILLMAN, Senex et puer,Venezia, 1990. La doppia figura deve intendersi più propriamente come figura dellatransizione (p. 22-23). Per i "voli" dei puer v . p. 61-62. Sul percorso "a parabola"giovane-adulto-vecchio in Montale, G. Lonardi, il Vecchio e il Giovane e altri studi di Montale,Bologna, 1980, p. 105-106.

16 - «Marthe: Und unser Parchen? - Mephistopheles: Ist den Gang dort aufgeflogenMutwillge Sommervögel!». La traduzione è di G. V. Amoretti (W. Goethe, Faust.Urfaust, vol. I, Milano, 1987, p. 162-165).

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un sincretico luogo dell'apocatastasi, eliso, eden, nirvana che è appuntol'intermezzo montaliano, nel contempo ricordo e recupero di un paradisoperduto, luogo dell'innocenza e della purezza cui è possibile giungere,nell'iconografia alchemica e nella topica culturale occidentale "attraverso unaporta stretta e soltanto a condizione di aver superato grandi fatiche edifficoltà"17: "Ego sum ostium. Per me si quis introierit salvabitur et ingredieturet egredietur et pascua inveniet" (Johan., 10,9). E le parole dell'evanglista sono acapo di una trafila eidetico-letteraria che ci conduce alla porta purgatoriale pergiungere all'Eden e, sin dagli Ossi, a quelle "malchiuse porte" che immettonoagli "alti Eldoradi".

Il "locus arnoenus" del giardino sprofonda ben presto nell'intratesto delLibro, da luogo letterario diventa un vero e proprio luogo della memoria:

"E’ curioso pensare che ognuno di noi ha un paese come questo, che sia purediversissimo, dovrà restare il suo paesaggio, immutabile; è curioso che l'ordine fisico siacosì lento a filtrare in noi e poi cosi impossibile a scancellarsi".

(Dov'era il tennis, 1943, BU)E ancora:

"Quand'ero ragazzo io, villeggiare... voleva dire la casa paterna, l'orto, il giardino,l'acqua del pozzo ...... "

(Mutazioni, AF, p. 87)

E’ in questo luogo che sono convocati il giovane Eugenio de La finedell'infanzia (1924), Arletta di Vento e bandiere (1928) che riproducono, in parallelocon I morti, la stessa situazione di Nel giardino (vento, mare, cielo, scompiglio deicapelli, il "sommesso alito del giardino", l'amaca [cfr. ora la panchina]; il [non]raddoppio dei tempi, il vespero) a sua volta già riscontrata nelle variazioni diTempi di Bellosguardo (1939), (il brusio della sera, gli alberi, il cielo, i giardinipensili: "mondo sorpreso come sorpresa immobilità", Montale, Commento asé stesso), di Dov'era il tennis, 1943, (i pini selvatici, lo "sciacchetrà" , le "duesorelle, due bianche farfalle", il giardino, i personaggi defunti, il padre nella sera,ecc.) e de L'orto (1946) di Annetta-Clizia.____________

17 - [H. BIEDERMANN]. Enciclopedia dei simboli, Milano, 1991, p. 226 ( allavoce: giardino). V. ancora la voce: porta nell'Enciclopedia cit. e in J. CHEVALIER, A.GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, Vol. II Milano, 1987, ad vocem.

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Ma se questi di Arletta sono i referenti primari, più lenti ma pur presentisono quelli del giardino con il ciliegio di Volpe (Incantesimo, 1954, BU) e delgiardino della pensione Annalena di Clizia (Previsioni, 1977; Clizia nel '34, 1980,AV).

A questi elementi intertertestuali interni, devono poi aggiungersene altri,esterni, che rinviano ad un unico campo semantico: Twicknam Garden di JohnDonne, già notato da Cambon per Clizia-ragno18 dove il giardino èparagonato al paradiso; i giardini di Guillèn, poeta caro anche ad Annalisa,dove vengono evocate la "trasparenza / di sere unite insieme per l'eterno" el'infanzia (I giardini, 1931, QT) e soprattutto la panchina dei morti, dei fantasmidi Garden seat, sempre nel Quaderno di traduzioni, di Thornas Hardy (Vecchiapanchina, pubbl. 1975) poeta che com'è noto influì profondamente sull'ultimoMontale per le sue scelte stilistiche e tematiche (cfr. SP, 1968, p. 527-529).

Infine che l'angelo con-fuso di Annalisa-Annetta-Clizia sia l'angelo dellamorte, viene evidenziato indirettamente da un altro testo del libricino cheriguarda specificamente il significato di "imperatrice" di Quando sarai imperatrice(1973):

Quando sarai imperatricedue amici contenderannoil tuo fiancoin veste di ministri consiglieri.Ma nulla tornase non il rombo lumeggiantedei motori.Mi sorprende la vita stessain quest'ora, amical'ala del destino ignora se tragli assenti noi saremo insieme.

Ora, la funzione predicativa di "sarai imperatrice" risulta priva di sensoadeguato ove: 1) la copula al futuro non si colleghi ad uno stato di assenza, cioèdi morte (cfr. gli ultimi due versi); 2) il nome "imperatrice" venga adoperatocome semplice sinonimo di castellana o quissimile del castello-____________

18 - C. CAMBON, Eugenio Montal's poetry. A dream in Reason's Presence, Princeton,1982, p. 196.

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falansterio (L'esegeta, 1972), di questo luogo-non luogo elisio, illusione folliafantasia che Montale dir voglia, pur se tuttavia mutuava in poesia un sogno adocchi aperti fra il poeta ed Annalisa19. In effetti l'imperatrice si lega a doppiofilo con Annalisa lettrice di Emily e lei stessa "Emily della lombarda altaborghesia" (1971-1974), dal momento che Imperator, Old Imperator, per laDickinson, è apposizione-ipotiposi di Death!

Triumph - may be of several kinds –There's Triumph in the RoomWhen that Old Imperator - Death –By Faith - be overcome.

("Molte forme può avere - il trionfo - / C'è trionfo nella camera, /Quando l'antica imperatrice - morte / E' vinta dalla fede" Trad. G. Errante inE. Dickinson, Poesie, Vol. I, Milano, 1956, p. 442-443).

In tal modo risulta congruente il "noi" attribuito ad Annalisa e ai due"ministri-consiglieri", dignitari di provenienza giovannea ("et ambulabuntmecum in albis, quia digni sunt, Ap., 3,4), tutti e tre coinvolti nell'assenza.L'ultimo verso è tuttavia equivoco, perchè non scioglie il significato del "noi"(noi "tre" o noi "due"? e se "noi due", "noi due" chi? Di contro nell'Investitura ilpoeta affronta da solo gli "abissi di silenzio").

Ancora di questa poesia si può dare altro e complementare scioglimentoenigmistico-iniziatico che converge sul significato tanatologico del testo.

Se "fianco" non è metonimia, quel singolare può riferirsi al lessema"imperatrice", già ricodificato, ma ora inteso nella sua fisicità fonica disignificante. In tal caso si aprirebbe con "ImperatrICE (ICE che diventa"fianco" della parola, e confusione cliziesca dal tedesco [Brand]EIS all'ingleseICE) una serie di logogrifi che investirebbero MOToRI (=MORTI) e "tra gliasSEnti noi SAreMO inSieMe" (SE-SA-MO) che alludono a SEgre [SA ... =iniziale di un nome che è nascosto] e MOntale (SESAMO) che formano titoloequivoco di una raccolta poetica di Annalisa Cima: Sesamon del 1977. L'unicaobiezione, che soltanto la destinataria può sciogliere, è se nel 1973, data dicomposizione della poesia, il poeta fosse a conoscenza della seconda misteriosapresenza (il SA), in ogni caso non denunciata nel testo; o, se bisogna mantenerela presenza ermetica di SA,____________

19 - Conversazione con Annalisa Cima.

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questa sia da interpretarsi come verbo: SEgre SA MONtale20. Per cui la lettura(le letture) potrebbe(ro) essere: Quando sarai (arcangelo della morte) (Ecate)(fredda di gelo), due amici faranno a gara nello starti accanto. Qui sulla terra, diquel mondo non arriva se non un cupo indistinto rumore, interrotto dalbarbaglio dei morti che ritornano nella confusione del ricordo. Ora, (in questomomento) la vita con sorpresa non mi opprime (oppure: con sorpresa misento ancora vivo; benevolo) il destino ignora se noi, Segre ed io, saremoinsieme.

Scritta nel 1977, Die Fledermaus chiude (almeno finora) il tempo dellafigurazione angelica di Annalisa che si era aperto, otto anni prima, con Mattinata(1969). L'apparizione del personaggio, in entrambe le poesie, si stagliapittoricamente, come una sinopia ripetura, nel riquadro di una porta, insull'uscio, denunciando nella ripresa realistica dell'icona l'origine giovannea - contramite dantesco - del “liber propheticus”: “Sulla porta si profila un'aereafigura” (1969), “Indugi sulla porta nell'entrare” (1977):

“Ecce, dedi coram te ostium apertum, quod nemo potest claudere: quia modicamhabes virtutem, et servasti verbum meum et non negasti nomen meum” (Ap. 3,8);

“Ecce sto ad ostium et pulso: si quis audierit vocem meam et aperuerit mihi ianuam,intrabo ad illum et cenabo cum illo, et ipse mecum” (Ap. 3,20).

Ormai, quasi al termine del suo Libro, il poeta può gettare la bottiglia inmare, può distruggere, lui “che apre e nessuno chiude; che chiude e nessunoapre”, la chiave. Ma prima il Vecchio dovrà attraversare il tratto più aspro delritorno all'infanzia, saldare il cerchio nei due capi che sembrano respingersi,sfuggirgli continuamente alla presa. E' l'abbandono della a lungo sofferta,ricercata, bramata complementarietà col femminile. Tutte le figure sono statepercorse e fuse; ora, alla stretta finale, c'è solo il termine del viaggio nellametamorfosi più arcana di quell'incerto, nell'identità, sempre elusa, irrisa,respinta, col maschile, con il padre e con Dio.

E già un passo era stato mosso quando il poeta si era sorpreso adesiderarsi padre: ora quella figlia-angelo lo attende alla porta del giardino, maprima di attraversarla deve infrangere lo specchio che la occlude.____________

20 - Conversazione con Annalisa Cima.

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DIE FLEDERMAUSIndugi sulla porta nell'entrare,sei come uno smarrito adolescente.Con una aureola di cerchiettifumiganti - ti circonfondo.Oggi siamo ambedue convalescentifaremo un nouveau jeu:canterò un brano che dovrai indovinare:Fa re mi mi sol.Il titolo, il titolo, su presto.La vedo un pò confusabalbetta qualche cosa.Poi tutto d'un fiato: il pipistrello.Signora mi dispiace,il tempo consentito è già passato.

Considero Die Fledermaus poesia da leggere in simbiosi con Nel giardino. Iprimi quattro versi, introduttivi, sono ripartiti in due distici che definiscono lasituazione mitico-realistica dell'angelo. L’ “aerea figura” di Mattinata si umanizzanello “smarrito adolescente”, attraverso tecniche di mutazioni e raddoppi giàindicati: l'angelo nell'ermafrodito e Annalisa nel giovane Eusebio, lo “smarritoadolescente” della “guarigione prematura” di Riviere (“Rammento l'acre filtroche porgeste / allo smarrito adolescente, o rive: / nelle chiare mattine sifondevano / dorsi di colli e cielo; sulla rena / dei lidi era un risucchio ampio,un eguale / fremer di vite / una febbre del mondo; ed ogni cosa / in se stessapareva consumarsi”, 1920, Ossi). Poi ritorna l'icona giovannea dell'iride(l'aureola) e della nube (cfr. Mattinata e Nel giardino), unificati questa volta nelrealismo dei cerchietti luminosi di fumo, nubecole che circondano il visodell'angelo-adolescente.

Nella seconda quartina la scena cambia. Anche qui due distici cheintroducono, con sapientissima economia espressiva e in paratassi fulminante, ildimesso quadro di un colloquio quotidiano in un interno borghese: ilmetalinguaggio della chiacchiera del “come stai?”, l'aggiramento di unastanchezza arresa attraverso un tentativo di comunicazione, un passatempo, ungioco, se vuoi salottiero, meglio se, vuoi paterno, nella gerarchia familiare diuna volta dei “grandi” e dei “piccini” che continua nel rap-

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porto maestro-discepolo, la polarità senex-puer21. Poi un fascinoso,gallicizzante, “nouveau jeu”, che dia modo al genearca di sciogliere l'ascosaresistenza del trascorso: un canto giovanile, poche note, ancor più misteriose.

Una terza quartina indi si frange: prima un verso isolato, un distico, unaltro verso ancora (a bb a) e la scena cambia di nuovo, si modernizza, simimetizza nella parodia della retorica e dell'immaginario televisivo, il modoodierno del comunicare per geminazioni asindeto stile nominale. Un colpo dimagia e il vecchio Eusebio diventa un Mike Bongiorno, l'angelo-adolescente-figlia un concorrente. La risposta è affannosa, imprecisa, tardiva.Nè vale nel distico di clausola, per cancellarne la sanzione, l'attenuazione delverdetto negativo.

L'interpretazione letterale del testo, se sottoposta ad un ulterioresondaggio, si apre ad una diffrazione di significati che, al solito, sono filtrati dalcriterio illusorio-elusorio dell'indovinello (in questo caso il classico quiz) edell'intertestualità.

Chiave per la soluzione dell'enigma è, evidentemente, la citazionemusicale del “fa re mi mi sol”. Essa è da ritenersi fedelmente riprodotta nellanotazione sillabica sia per l'indiscutibile competenza dell'autore, sia perchè non ècredibile che un enigma sia proposto con citazione a memoria. Anzi il lettore èulteriormente scoraggiato dall'assenza, per altro consueta nella lettura disolfeggio, di riferimenti a possibili alterazioni delle note.

La cellula melodica, di sofferta agnizione (quasi a segnare una distanzadal popolare “do re la sol sol” delle Occasioni, e in inversione di rapporticulturali col contesto) conferma il sospetto sull'ingannevole esposto straussiano:non si tratta della Fledermaus.

L'esclusione dell'operetta chiama tutti i chirotteri, in referenza e inmetafora, all'appello. Se nel primo caso il campo può essere estremamentelimitato, nel secondo si apre a una serie di riferimenti che, in mancanza di unaspecifica competenza musicale o di un colpo di fortuna, rendono quanto maiimpervio il riconoscimento. Un elemento di cui tener conto è tuttavia quel“nouveau jeu” (cfr. il “gioco” [enigmistico] di Incontri e di Tempo di distruzioneche giustificherebbe il “nouveau”), preziosa indicazione enigmistica persuggerire un'area geografica di indagine: dovrebbe cioè trattarsi di un'opera oun'operetta di autore francese o scritta in___________

21 - J. HILLMAN, Senex et puer cit., p. 70.

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francese o che comunque abbia qualche relazione con la Francia. Altroelemento da considerare è l'uso della minuscola nelle iniziali del titolo proposto.

Se il “pipistrello” è usato in senso denotativo, oltre Die Fledermaus diStrauss, è da prendere in esame la “chauvesouris” de Venfant e les sortilèges diRavel, molto apprezzato del resto da Montale22 e oltre tutto facilmenteritematizzabile (la madre, il bambino, il giardino, le metamorfosi degli oggetti,gli animali-simbolo); ma, ahimè, nè puntualmente il brano del pipistrello, nèl'intera partitura dell'opera ci vengono in aiuto. Nè ci aiutano, per quanto nesappiamo le zoologie più o meno fantastiche, i bestiari in musica da Chausson aCanteloube a Saint-Saens, allo stesso Ravel a Poulenc, allo Stravinskij francese eneoclassico, che dalla fine dell'Ottocentoo al periodo entre-deux-guerrescaratterizzarono il simbolismo e postsimbolismo musicale francese e da cui nonscarse suggestioni trasse la fauna (l'avifauna) montaliana.

Ma se il pipistrello è usato in metafora, o come è probabile, con unoscarto di significato enigmografico (e Die Fledermaus diventerebbe l'esposto), ilpercorso logico di una soluzione di ritorno per riconoscere la citazionemusicale diventa disperante, ma in ogni caso “esiste” ed è di per sé portatore disignificato.

Allo stato, dunque, possiamo suggerire cinque allegorie di significato,basandoci solo sull'intertesto letterario e interno all'opera dì Montale:

1) il pipistrello (femm. chauversouris, Fledermaus) è autoironicamenteriferito al poeta come “topo” (souris, Maus) con le ali: cfr. “Botta e risposta”, I,1964, Satura: “ora sai che non può nascere / l'aquila dal topo”;

2) il pipistrello è riferito all'angelo-Annalisa che si umanizza, perde il suoalone mitico, al termine di un ciclo poetico: il pipistrello è l'angelo decaduto,degradato, capovolto in anima nera o in demone; oppure in una “signora”borghese;

3) il pipistrello è annunzio ambiguo del crepuscolo della vita e dei tempi:cfr.: “il fischietto del pipistrello ci parrà la trombetta del dies irae” (Le ore dellasera, 1976, QQ); “Quando il fischio del pipistrello / sarà la tromba delgiudizio” (1977 o 1978, AV);

4) il pipistrello è presenza di Mosca (cfr.:”... non sapevamo di essere vistidal tuo radar di pipistrello”, Non ho mai capito se io fossi, 1965, SA;____________

22 - E. MONTALE , Prime alla Scala, Milano, 1982, p. 240-241.

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e ancora, probabilmente “Il pipistrello” di FD) e più debolmente, credo,dell'ispiratrice (Paola Nicoli o Annetta) di Marezzo, 1925, Ossi;

5) il pipistrello è presenza ambigua del padre (cfr. “Il pipistrello “ di FD,già pubblicato col titolo “Notte difficile” in “Corriere della sera”, 19 ottobre1948) a sua volta cultore di giochi enigmistici che costituivano “elemento dicoesione” col giovane figlio Eugenio (cfr. “Racconto di uno sconosciuto” già in“Corriere di Informazione”, 20 gennaio 1946 e ora in FD). Vedi inoltre Dov'erail tennis in Occasioni (dove lo “scialle di lana” può diventare in metafora unchirottero [in Voce giunta con le folaghe, 1947, BU non a caso forse, “senzascialle”]) e la Variazione 18, 1970 (dove il padre appare nel sogno “investaglia”)23.

Per quel che può valere, in mancanza di una soluzione dell'enigma,tenderei a mantenere il polisenso macrotestuale, ma con una predilezionecongetturale per il punto 5, quello del padre del poeta. In ipotesi questa nuovafigurazione entrerebbe come presenza complementare e necessaria accanto aquella della madre, nascosta nel riferimento di “a Nervi” della poesia Nelgiardino.

Il movimento induttivo, però, a generico senso tanatologico, si carica ditroppi richiami demonici, angelici, genitoriali, affettivi, ecc. che tematizzanocopiosamente la storia del melodramma e dell'operetta la quale, pur arestringerla all'ambito francese, spazia attraverso troppi autori (da Gluck aThomas, da Gounod a Berlioz, da Massenet a Verdi (“Traviata”) a Puccini (“Iltabarro”, “La rondine”) a Stravinski (“Historie du soldat”); a Hoffenbach e ai suoitanti eredi.

Il mancato scioglimento dell'indovinello, come il lettore comprenderà, ciimpedisce di insistere sull'argomento: sicchè, nonostante il testo di questa poesiaci abbia depistato in lungo e in largo con gran “divertimento” del suo Autore, ilmantenimento di un ruolo ermeneutico dei punto 5) rappresenta, pur nella suaoggettiva referenzialità, un'ipotesi rischiosa.

L'Enigma

Se gli enigmi, entro cui il poeta ha nascosto i fenomeni dell'Essere, sonosvelati, nulla rimane al lettore se non quelle mere rappresentazioni; ma se questea loro volta, come un'allegoria della vita, in una concezione___________

23 - E. MONTALE, Trentadue variazioni, Milano, 1987, p. 55-57, spec. p. 55.

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figurale che a poco a poco trapela, attraverso un intermediario numinoso, ciriportano nella trasmutazione delle esistenze al punto originario, all'essenzaprima dell'Essere inconoscibile, il percorso degli enigmi diviene perciò stessoun percorso all'Enigma, al “puzzle fondamentale”. Questo è il significatoprofondo del libricino.

E così l'anello si richiude nel nome del Padre: una fine-inizio, unariconciliazione con i tempi di una esistenza, di una vita e delle molte vite che lacompongono: un movimento che ritorna all'immobile indentità del maschile(dal padre al Padre) e che coincide con la fine del Tempo, conquell'azzeramento di ogni dimensione storica che segna il passaggio. E'l'attraversamento della porta dal Tempo-ricordo, dal Tempo-occasione, dalTempo-passato al dissolvimento del tempo come “nozione esecrabile”(Quartetto, 1979, AV), perchè si ritorni al “varco”, alla “maglia che non tiene”,alle “malchiuse porte” degli Ossi giovanili: verso il “giardino”.

Il clou sin dal titolo rappresenta una resa, il termine di una lotta e, forse, ilriconoscimento della sua inutilità nel ricorso-soccorso ad un grande archetipo:all'Artefice, al Calafato, al Principe della Festa, a lungo circuito ed eluso: puntodella convergenza, Congettura suprema della catena degli enigmi.

Nello stesso tempo la poesia sembra ripercorrere (ma è ipotesi chenecessita di puntuale verifica) il tormentato itinerario di un assilloesistenziale-escatologico che, iniziando dalle note letture di Schopenhauer, diNietzsche e di Chestov, e dagli influssi spiritualistico-evoluzionisti del vitalismodi Bergson e del modernismo di Loisy (e di padre Trinchero) degli annigiovanili, si approfondisce, nella Firenze degli anni di Clizia, in una rinnovatariflessione di più nascosto carattere iniziatico, nella quale, se non erro, l'influssodelle “études traditionnelles” di Guénon (e, poi, di Coomaraswamy, autorecaro alla Brandeis), le quali si incentravano sulla tesi della “trasmutazione”psico-spirituale, prevale sulla credenza della metempsicosi come reincarnazione,di più marcata derivazione martiniano-teosofica (Papus e Blavatskij).

Registrerei tuttavia un punto di frattura dopo il 1938 (l'anno delle leggirazziali, della crisi prebellica e della partenza di Clizia dall'Italia: se gli indizitestuali ci fanno leggere qualcosa nel “rornance” tra Irma ed Eugenio), - oalmeno una più evidente oscillazione dottrinale ove, nell'emergere di una visionecristosofico-angelologica (antroposofica: Steiner?) si manifesta altresi unatensione verso la “(re)incarnazione” che investe tutti gli anni quaranta, primanella produzione poetica (dove però si scioglie più

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indistintamente nella alchemica “mutazione”) e poi nella prosa di riflessione enella produzione narrativa, fino alla sua irrisione ed espunzione tematica(1949-1952), come contenuto degradato dal consumo essoterico e daicomportamenti “di moda”24.

Ma in generale i due temi (della reincarnazione e della trasmutazione)continueranno ad intrecciarsi per mantenersi nel concetto mediano dellametamorfosi, della mutazione. Si pensi a Retrocedendo, a Trascolorando, a Il tuffatore(DI 71) oppure a A Pio Raina, a A ritroso (1974, QQ); o si pensi allatraduzione-addatamento (1973) di quell'alchemica, terribile apocalitticaTransfiguration di Djuna Barnes25: la poesia del ritorno dei tempi, quasi un filmche si riavvolga all'indietro (e collegata al filone ermetico della poesiaanglossassone, dagli elisabettiani ai Four Quartets

___________24 - Si considerino, a titolo di esempio e con l'ausilio di G. SAVOCA,

Concordanza cit, i seguenti lemmi-spie:INCARNARE (4 occorrenze: 3 in BU, I in DI 72)

l'iddia che non s'incarna, i desideri, Gli orecchini, v. 7, 1940 BUdi demoni incarnati, in fronti d'angiole, L'orto, v. 48, 1946, BUpuò incarnarsi se ai piedi della statua, So che un raggio di sole (diDio?) ancora... v. 2, 1949, BUquando s'incarna è lampo che si abbaglia, Annetta, v. 44, DI 72

MUTARE (24 occorrenze: 4 in Ossi, 7 in OC, 4 in BU, 3 in SA, 3 in DI 71 e72, 2 in QQ, 1 in AV, fra cui:)invano può mutarsi in alcunchè, Il ramarro, se scocca.... v. 26, 1939,OCche muta ed ignora: altra morte, Derelitte sul poggio…., v. 26, 1939,OCMa se ritorni non sei tu, è mutata, Iride, v. 40, 1943-1944, BUpure restando bipede mutarsi, Il furore, v. 5, 1975, QQe mi fece comprendere che il mondo era mutato, I nascondigli, v.28, 1978, AV

REINCARNARE (1 occorrenza)stupisca che il tuo fiore si rincarna, La danzatrice, v, 20, DI 72

RINASCITA (1 occorrenzasenza accorgersi ch'era una rinascita, Ho tantafede in te, 1979, AV

TRASFORMARE (5 occorenze: 1 in Ossi, 2 in BU, I in SA, 1 in DI 71)vedi che si trasforma questo lembo, In limine, v. 8, 1924, Ossisi trasforma) dev'esser continuata, Iride, v. 45, 1943-44, BU cerchioche tutto trasforma,“Ezekiel saw the Wheel….” v. 18, 1946, BUcancrene universali che trasformano, La morte non ti riguardava.... v.14, 1967, SAla foce di Bisagno dove ti trasformasti in Dafne, Postilla a “Unavisita”, v. 7, 1978, AV

TRASFORMAZIONE (1 occorrenza)Ma una trasformazione che non sia, Gloria delle vite inutili, v. 7,1976, PD

Si può notare che, mentre “(re)incamazione” s'incontra con riprese semanticamente“alleggerite” negli anni '40 e negli anni '70 (in “rincarnare” e in “rinascere”), il tema“mutazione-trasformazione” sia costante, con ipotetica connotazione di “metempsicosi”negli anni '30-40.

25 - La poesia figurava già nell'antologia Poesia americana contemporanea, a cura di C.Izzo, Modena, 1949; su cui vedi SP, pag. 120. Annalisa Cima mi ha riferito di aver ricevutoin prestito da Montale, in data imprecisata, il romanzo Nightwood.

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di Eliot, ai Quatre poèmes di Beckett); e di cui (della trasfigurazione, dellametamorfosi cioè) l'angelo rappresenta la veicolarità, l'interposta persona fra lefigure, l'incarnazione d'un messaggero celeste, fino a diventare qui, nell'angelonascosto di Annalisa, la somma delle figurazioni, l'esito delle trasfigurazioni.

Nel contempo la poesia trasferisce, stravolgendolo, il contenuto diconversazioni fra Montale e Annalisa: riflessioni reciproche, sulla religione e suDio, di cui rimane segno in alcune pagine di Incontro Montale, peraltro già citate(“A. Solo, alienato,... M. Per l'uomo posto di fronte ...... v. qui p. 6).

La poesia è stata scritta nel 1977, mentre l'opuscolo curato dalla Cima èstato pubblicato nel 1973. E' evidente che quest'ultimo è entrato in un giocointertestuale in cui non solo le posizioni razionalistiche assunte storicamentedagli interlocutori sono rovesciate nel riconoscimento di un ente superiore, main cui l'interlocutrice diventa addirittura intermediatrice del divino.

Si noti anche come Montale si trasmuti nel personaggio protagonista, inAnnalisa cioè, capovolgendo le sue stesse obiezioni ateistiche in un enunciato difede:

Incontro Montale: «M. - ... non è pensabile che una sola possibilità:... la vitadi quaggiù»;

Il clou: «Il clou / non è quaggiù - tu dici / ma il prosieguo, l'eterno».

Leggiamo la poesia:

IL CLOUCerto le Parche han filatolo stame e adduglianoi cavi delle nostre vite.Ma dei confini tra finitoe infinito, e dello spazioche ci separa dal baratro,non ne sappiamo niente.Siamo dentro un involucroserrati fino al colloe nulla torna, se non forseil ricordo. Il clou

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non è quaggiù - tu dici –ma è il prosieguo, l'eterno,v'è metamorfosi, non metempsicosi.Ratio ultima rerum... id est Deus.E fu così che il tuo parlaretimoroso e ardente, mi resein breve da ateo credente.

L'ottonario dattilico, a forte marca neoclassica, che nell'impegnodell'enjembement del secondo verso si distende in un endecasillabo impropriosegna l'incipit sul tema del tempo: il tempo dell'esistenza umana (v. 4-7) e ladistruzione del mondo a cui sopravvive il ricordo (v. 8-11).

I primi 11 versi riassumono dunque una lunga stagione speculativa suldestino dell'uomo e sul significato della vita e introducono - giocata su sei /u/,tre puntute e tre dolci, un'improvvisa interlocuzione, tanto breve quantoautorevolmente inappellabile, recante in clausola, a sostegno della tesi, una dottacitazione in latino, un epifonema tanto più sacrale quanto più avvolto in unamisteriosa anonimità: una teodicca minima nella ripresa, a lampi, dellameditazione del destino del mondo, dell'anima e di Dio.

Che il “tu” dell'interlocutrice, quasi nelle vesti di una più accessibileBeatrice, appartenga presumibilmente alla figura con-fusa di Annalisa-Clizia,può sembrarci sostenibile.

In Clizia, che ovidianamente - dantescamente “il non mutato amormutata serba” (La primavera hitleriana, 1946, BU), si afferma la metamorfosi piùalta e complessa (un vero e proprio ciclo), quella dalla donna all'angelo (dalleOccasioni a Finisterre) e, retrocedendo, quella più terrena, dall'angelo al “belsoriano” al “gallo cedrone” e al “ragno” e da questo di nuovo alla donna in unperiodo che potremmo chiamare “pitagorico” e che deve porsi in raccordocon racconti e riflessioni sulla metamorfosi e sulla metempsicosi (Quandos'incarnano i personaggi immaginari, 1946; Solitudine, 1946, ora in AF; Metamorfosi diKatia, 1948, ora in FdC; Mutazioni, 1949, ora in AF, Clizia a Foggia, 1949, ora inFD; Donne del karma, 1952, ora in FD).

Ma ad Annalisa si riferisce Montale per averle manifestato più volteinteresse per questa poesia di Sesamon26:___________

26 - Conversazione con Annalisa Cima.

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METAMORFOSI DEL CANTOMetamorfosi del cantomentre uno stesso volto

si moltiplicae segni si trasformanoe ferite a lacerare simboli

Qui i fiori usciti da dovefioriti ugualisu strade di grigiolà i fiori del non ancora dettosoli incerti cresciuti nel lettoche vieta generarli altrove

[dove “fiori” deve intendersi come metafora di “parole” e “letto” di “grembo matemo”]

e per altri riferimenti, focalizzati nella parola chiave “mutazione”, che quae là compaiono nella stessa raccolta di poesie (1974-77): “cerchiamo / ...mediazioni per - mutare distruzioni” (Quadri quadratì); “Alternanze stranianti /dissolventi / congegni postulati / a esplicare mutazioni / in semi-cerchi didesideri” (Alternanze); oppure: “ ... E come temporali d'autunno / tempestemarine / mattine / in improvviso mutamento / uscire dalle soglie del finito /disciolti” (Andare, v. 19-24); oppure “permutazioni sono / ammissioni di veritàdiverse” (Verità diverse); oppure: “e tu, mattina ritrovata / liaison di sogni e direaltà - mediatrice d'inganni / tu continuo dipani stupore / avvento a nuove forme”(Avvento a nuove forme), ecc.

A questa voce con-fusa di Clizia-Annalisa, o, se si vuole, a Clizia mutatain Annalisa, si affida in sintesi prima ed in ellissi dopo la citazione delleproposizioni 72 e 38 della Monadologia di Leibniz27:

§ 72 - Ita anima non mutat corpus nisi sensim sensimque, et per gradus ita utnunquam omnibus suis organis uno quasi ictu privetur. Et dantur saepius methamorphoses inanimalibus, sed nunquam Metempsychosis, seu transmigratio animarum, locum habet. Nequeetiam dantur animae prorsus separatae.___________

27 - Nel comunicarle la fonte leibniziana, Annalisa Cima si è ricordata di averprestato una volta al poeta, su sua richiesta, una copia della Monadologia.

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§ 38 - Propterea quoque ratio ultima rerum in substantia quadarn necessaria contineridebet, in qua series mutationum nonnisi eminter existat, tanquam in fonte suo. Atqueistud ens est quod Deum appellamus 28.

A quel che si vede, il gioco intertestuale si svolge dunque al fine dellacostruzione di un nuovo testo, di una riflessione metafisica in scorcio sul tempoe sulla morte, sull'anima, sul mondo e su Dio, per sfociare, utilizzando e allafine rifiutando materiali della memoria ed esperienze affettive e culturali, nelladichiarazione di un credo.

La “fides” di Annalisa (che è fede, ma anche fiducia giovanile) a forzarela porta stretta, a uscire disciolti “dalle soglie del finito” urge sull'attesa (che èpaura di un termine esistenziale, ma anche incertezza dell'ignoto) del vecchiopoeta che si arresta di fronte al “baratro tra finito e infinito”, rifiuta didisciogliersi, si nega all'assoluto, è tentato come Orfeo a voltarsi indietro nellamortale considerazione del vissuto e del suo residuo, il ricordo.

Si potrebbero qui ripetere le osservazioni sul tema del ricordonell'evoluzione della poesia montaliana, ma oltre a ciò è riscontrabile una nuovadimensione speculativa suggerita dalla stessa Monadologia, in quanto Leibnizconsidera la memoria (§ 19 e 26-30) qualità propria della sostanza spiritualedell'anima. Ma la memoria, attraverso le percezioni organizzate dall'attivitàappercettiva, se è qualità distintiva degli esseri viventi, non è ancora tuttaviaquella chiarezza teoretica della ragione che sola è in grado di elevarci allaconoscenza di noi e di Dio (“nos ad cognitionem nostri atque Dei elevat”).

Il ricordo, che è carico dell'esistere, non può perciò sostituire o annullareil bisogno di Dio, di un cammino verso l'essenza, verso l'Uno, verso la monadesuprema. Anzi il ricordo diventa scala a Dio, ad una superiore conoscenza seattraverso di esso si ricostruisce la mutevolezza della realtà che conduce aconcepire la ragione ultima delle cose.

Il ricorso alla ragion sufficiente di Leibniz non è di scarso momento percomprendere l'atteggiamento della riflessione montaliana nei confronfi deldivino, in quanto il poeta tien fermo un principio di indagine razionale (edunque altrove dissolvente) dell'assoluto, di per sè del resto inperscrutabile ecosì “assente” dal consorzio umano, come nel buddismo, cercando__________

28 - Una simile formulazione si può trovare anche in Dio e i possibili, § 3; altririferimenti alla metempsicosi nella Theodicea.

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di placare quella tensione mistico-platonica che probabilmente si era fatta stradanel periodo pre-finisterriano (e poi confliggente con la metempsicosi). Questatensione balena ancora qua e là pur sempre nella prevalente concezionescettico-nichilista della realtà, concezione per così dire costitutiva del pensieromontaliano anche nei confronti di un Dio eckhartiano “sunder bilde undforme”.

La lotta della ragione contro la scepsi vede invece questa voltaottimisticamente prevalere la prima sulla seconda e in coincidenza con unaposizione già precedentemente espressa nella citata Lettera da Albenga.

Perciò l'explicit della poesia risulta talmente nuovo e, per certi versi,inopinato che richiederebbe un'indagine più approfondita di quanto qui sipossa fare sull'influenza che il pensiero di Leibniz (in connessione con ladottrina ermetica del Seicento) ha esercitato sulla poesia montaliana, e non soloforse dell'ultimo periodo, ma in ogni caso in maniera conclamata nel Diario del'72 (Gli uomini si sono organizzati, Non c'è morte; Il mio ottimismo: settembre-ottobre1972; ma v. anche L'armonia, dedicata ad Adelheit, 1974, QQ).

Colpisce anzitutto quel rigetto della teoria della reincarnazione.Nella sua opera, Leibniz insiste spesso su questo concetto, per affermare

l'immortalità dell'anima (cfr. Theodicea, 7-8) in funzione anti-ateistica e inpolemica non tanto con l'averroismo, quanto soprattutto per prendere ledistanze dal materialismo scettico-libertino e dal naturalismo spinoziano(newtoniano), senza escludere una critica a quel pensiero ermetico-rosacrocianodi cui è pur tuttavia intinta la sua filosofia29, come lo è, forse, la poesia diMontale.

Ma in Montale la sottolineatura antireincarnazionista, essendo lametempsicosi in sè un elemento tutto sommato secondario dei pensieroleibniziano, è spia di un superamento di una visione del mondo e di una poetica(gli anni '35 - '50) che finora non hanno ricevuto l'attenzione dovuta.

La consonanza di Montale con Leibniz (e con ciò che questo ricorsosottintende: il pensiero seicentesco) sta in questo: che anche la filosofia diMontale tende al monismo (“noi due siamo UNO”, DI 72), è fondamen-___________

29 - G. PRETI, Il cristianesimo universale di G.G. Leibniz, Milano-Roma, 1953, p.127, 171, 185; F.A.YATES, L'arte della memoria, Torino, 1972, p. 352-362 e L'illuminismo deiRosa-Croce, Torino, 1976, p. 185; P. ARNOLD, Storia dei Rosa-Croce, Milano, 1991, p.189-190 (spec. la nota 14, p. 189).

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talmente sostanzialistica e adialettica; ma questo sostanzialismo è solo in ipotesi materialista, in quanto la metafisica negativa è continuamente attraversata da sussulti mistico-religiosi nei quali si manifesta l`”incertezza”.

E' indubbio che il dilemma positivistico-spiritualista del periodo giovanile30 (“Un ragazzo col ciuffo si chiedeva / se l'uomo fosse un caso o un'intenzione, / se un lapsus o un trionfo... ma di chi?”, L'educazione intellettuale, 1973, QQ), che non troverà mai risposta definitiva, in questo luogo eccezionalmente lo trova, sicchè l'accettazione di Dio - un Dio leibniziano, della filosofia, ma in definitiva un Dio cristiano universale molto vicino cioè a prendere barba e baffi - annulla ogni casualismo ed anzi fa perno su quella ragion sufficiente che, con soluzione extra-teoretica, investe di finalismo teologico-religioso (l'armonia prestabilita) il contingentismo della natura, la sua continua mutazione, il suo essere mossa da una forza vivente immateriale, (la “vis viva”) elementi tutti che in vario modo si ritrovano nei filosofi cari al giovane Montale (da Schopennauer a Boutroux a Bergson) e che caratterizzano gran parte di quella cultura francese fra ultimo Ottocento e primo Novecento su cui si formò il poeta.

All'interlocutrice “timorosa e ardente” (ma “ardeur” fa parte del voca-bolario leibniziano: “il faut joindre la lumière à l'ardeur”, cioè la ragione con la virtù, ed. Dutens, Theol, p. 28)31, il Vecchio risponde con la resa; ma l'esplosivo, eccezionale atto di fede del poeta stordisce il lettore, perchè lo priva di un'ambiguità fondamentale del pensiero montaliano, della sua “incertezza”.

Converrà però dire che un'affermazione così perentoria (“E fu così che il tuo parlare / timoroso e ardente, mi rese / in breve da aateo credente”) rappresenta un unicum nella produzione poetica montaliana; è, per così dire, una chiusura di conto con Annalisa nel momento in cui questa finisce di rappresentare l'ultima incarnazione delle altre ispiratrici, diventando l'estremo esito di un mutamento nella catena delle esistenze (e di riflesso anche di un mutamento del poeta nei confronti della realtà), attraverso quella poetica del ricordo come rimpianto, accettata sembra, con stupore (cfr.: “Ed è questa la parte di me che ritrovo / mutata”, Ricordo) che è indice di resistenza finale alla morte. ___________

30 - I. Svevo - E.MONTALE,Carteggio, con gli scritti di Montale su Svevo, Milano, 1976, p. XIV-XV, dove Giorgio Zampa cita due passi significativi di due lettere, degli anni 1922 e 1923, a Sergio Solmi.

31 - G. Preti, Il cristianesimo cit., p. 151.

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E' come se ritornasse d'un tratto quanto già aveva confessato a Camon, in polemica con il laicismo, neopositivista e marxista (così come Leibniz aveva polemizzato con lo spinozismo newtoniano e con il determinismo ateista), nella più disarmata confessione-intervista che forse il poeta abbia mai rilasciato, in un momento terribile per la vita del poeta, subito dopo la morte di Mosca, e che si ricollega fortemente a quel cristianesimo universale ed esoterico infuso nella suggestione leibniziana:

“Qualche fermento cristiano è senz'altro in me, ma non sono un

cristiano praticante: io rispetto tutte le Chiese come istituzioni... Io non credo che l'uomo possa avere un fine in sé stesso. L'uomo, e l'uomo di cultura specialmente, ha in sé un bisogno di perfezionamento morale. Noi desideriamo morire - no, forse non tutti lo desideriamo - io sì, comunque, ma per ragioni private - desideriamo morire dopo un'esperienza perfezionatrice. Posizioni teistiche, lei ha detto. Sono molto dubbioso. Non so, tante cose non so. Non sono nemmeno sicuro che il mondo esista, che la materia esita, che io esista. Non mi stupirei affatto che qualcuno mi dimostrasse che non esiste nulla... Gli scienziati stesso oggi sono in crisi: non hanno più fiducia neppur'essi nella scienza: la ragione umana ha limiti molto ristretti e parecchi grandi fisici sono d'accordo con me in questo. Credo di tutta evidenza che la vita debba avere un senso, ma non quello proposto dal naturalismo, dal pampsichismo, ecc. Quando dico che probabilmente il mondo non esiste, mi guardo bene dal pretendere che questa inesistenza sia priva di significato positivo: ha certo un significato il fatto che il mondo, per noi, esista. Non si può vedere contemporaneamente il recto e il verso della medaglia... L'uomo dell'umanesimo (intendo: da Cristo a oggi) non è che una piccola fase: cosa sono duemila anni nella storia dell'uomo? Si attendono altre fasi. L'uomo può, historia docet, trasformarsi in un animale diversissimo: è un'opinione degli ottimisti, Eco, Argan,... Eco dice che le antiche civiltà erano, per molti lati, dei letamai. E' vero. Ma anche la nostra civiltà è per molti lati un letamaio” (Il mestiere di poeta, a cura di F. Camon, Milano, 1965, p. 81-84).

E' quanto poi riprese, nel '72, con Il mio ottimismo: Il mio Artefice no, non è un artificiere che fa scoppiare il tutto, il bene e il male e si chiede perché noi ci siamo cacciati tra i suoi piedi, non chiesti, non voluti, meno che mai amati. Il mio non è nulla di tutto questo e perciò lo amo senza speranza e non gli chiedo nulla.

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Il “deus” è dunque da intendersi sempre con l'Artefiche che è traduzione del leibniziano (e della teologia filosofica del XVII secolo) “Architectus”, il Dio orologiaio della polemica con Newton, colui che prestabilisce armonia là dove noi vediamo solo caos (Monadologia, § 69), che non concepisce nascita e morte, eventi di trasmutazione continua, di un fluire continuo (“Atque ideo etiam nulla datur generatio, nec mors perfecta, rigorose loquendo”, § 73 e cfr. anche § 76. E Montale nel Diario del 72: “e non c'è morte dove mai fu nascita”, Non c'è mor-te); “lex continui” entro cui si relativizza a contingenza il concetto di tempo e di spazio (Leibniz: “Si l'Espace et le Tems étoient quelque chose d'absolue, c'est-à-dire s'ils étoient autre chose que certains ordres des choses, ce que je dis serait contradiction. Mais cela n'étant point, l'hypothèse est contradietoire, c'est-à-dire, c'est une fiction impossible”, ed. Dutens, II, p. 130; Montale: “A meno che ribatterei che tempo e spazio, fine / e principio non siano invenzioni umane”, Lungolago, 1977, QQ).

Ed è anche il punto limite a cui può giungere il Dio della religione cristiana, per quanto universalizzata, ma intesa pur sempre in senso positivo (un Deus absconditus con barba e baffi), o il Dio di una concezione deistica, scettico-razionalista, di una pensata presenza-assenza di Dio (del Dio psicologico, come surrogazíone del sé): un credere senza speranza e senza domande.

Ma al di là della definizione stessa e della stessa credenza religiosa, l'affermazione, pur se in un improvviso afflato, del Dio positivo, chiude, anche a non tener conto della successiva produzione poetica montaliana, il movimento delle trasmutazioni; pone un sigillo alla raggiunta identità col Padre. Ma “l’uno è la solitudine” (Il 3, 1968, PD): e un percorso alla speranza, “inaudita mainmise del bene sul male”, si deve pur aprire, qui, nel mondo terreno degli eletti, cioè degli esseri viventi. Fra gli innumerevoli possibili, questo mondo leibnizianamente è il migliore dei mondi possibili, il luogo degli eletti, “qui ad theatrum maius progrediuntur”, ma Montale, quasi riprendendo l'accusa donniana dell'Anatomia fa di questo teatro un “letamaio” e un “patturne”; deve pur esserci un atto di creazione che lo salvi a una rinnovata esistenza.

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Paola Brovedani

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Da sinistra: Marisa Bulgheroni – Cesare Segre – Annalisa Cima.

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Eugenio Montale, Annalisa Cima e Gina Tiossi sulla spiaggia di Forte dei Marmi

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I due angeli, il Liber e il Libellus nell’Apocalypsis cum figuris di A. Dürer.

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Antonio da Rossellino, Monumento al cardinale Iacopo di Lusitania (particolare).

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