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A voler essere ottimisti a tutti i costi si potrebbe dire che il malato - l’Italia - è grave ma non moribondo, ma una dichiarazione del ge- nere potrebbe portare i poli- tici nostrani a tirare un sospi- ro di sollievo e permettere loro di continuare a tempo indefinito il tira e molla di di- chiarazioni e comportamenti che da decenni ingessano la vita istituzionale, e non solo, del Paese. Invece ragionando a mente fredda senza lasciarsi tra- sportare dalle barriere ideo- logiche che la rivalità politica molto spesso riesce ad innal- zare o dalle paure che neces- sariamente la situazione eco- nomica attuale può generare, dobbiamo trarre insegna- mento da questa realtà e qualche beneficio dal mo- mento storico che ci ritrovia- mo ad affrontare. Insomma in parole povere il dilemma è solo uno: rischiare di affondare definitivamente tutti insieme per ottenere una “vittoria di Pirro” oppure tro- vare le forze e lo scatto men- tale che ci consenta non solo di ripartire di slancio ma pure di pianificare su solide basi il futuro delle generazioni ven- ture e cercare di essere, alme- no in Europa, il contraltare al- l’asse Parigi - Berlino che a poco a poco sta assoggettan- do l’economia dell’intero con- tinente. La gravità dell’attuale fran- gente non è data solo dai pa- rametri economici italiani che sono effettivamente scadenti, ma non più di altri periodi storici e molto meno negativi rispetto a quanto altri Paesi europei concorrenti vanno sbandierando a destra e man- ca, ma soprattutto dal fatto che ancora una volta solo una parte delle riforme ne- cessarie al Paese sono state messe in cantiere nonostante l’enorme forza politica, in ter- mini numerici in Parlamento e di consenso popolare nel Paese, di cui la maggioranza di governo poteva fino a qualche mese fa godere lar- gamente. Insomma non c’entra - o per lo meno non solamente - né il tasso di disoccupazione, né la forza delle banche italiane, né la capacità del tessuto produttivo italiano di “reset- tarsi” per affrontare le sfide sempre nuove che il mercato globale impone ogni giorno, né l’aumentare continuo del- lo “spread” Bund - BTP o il Prodotto Interno Lordo da troppi lustri posizionati su li- velli di crescita appena de- centi. Quello che veramente sembra “piombare” le ali del Paese - del resto le parole di Obama che tra le righe ha di- chiarato non essere la per- manenza di Berlusconi il problema dell’Italia a livello economico - è l’impasse po- litico-istituzionale con cui da troppo tempo ci ritroviamo a convivere. Rappresentanti delle Istitu- zioni che diventano capi po- polo, funzionari dello Stato autorivalutatisi alle dimen- sioni di piccoli feudatari, bu- rocrazia attorcigliata su se stessa, sindacati buoni solo a bloccare il rinnovamento, classe politica a tutti i livelli e di tutti i partiti inadeguata - culturalmente e tecnicamen- te - a trovare le soluzioni ad annosi problemi. I mercati internazionali e gli specula- tori finanziari puniscono o approfittano non solo dei pa- rametri macroeconomici ita- liani ma soprattutto della de- bolezza che caratterizza il mondo politico italiano: co- me possono avere fiducia dell’Italia all’estero se neppu- re con una maggioranza am- pia come quella uscita fuori dalle elezioni del 2008 si rie- scono a fare le riforme ne- cessarie? Insomma, ritornando all’at- tuale momento politico, è il caso di sfruttare l’attuale de- bolezza del Governo pur di mandare a casa Berlusconi ma rischiare di interrompere il percorso delle riforme fi- nanziarie che l’Unione Euro- pea ha appena avallato? Un “governicchio” tecnico o di larghe intese avrebbe poi la capacità di portare a termine e guidare per mano tali tra- sformazioni sociali ed econo- miche? L’unico obiettivo non può es- sere quello di sbarazzarsi de- finitivamente di Berlusconi sapendo che qualunque altra maggioranza di governo di- versa dall’attuale o comunque senza PdL e Lega sarebbe co- sì piena di contraddizioni che potrebbe essere capace solo di traghettare il Paese verso una nuova campagna eletto- rale senza alleanze politiche garantite e soprattutto senza approvare nulla di più di quanto fatto dall’esecutivo gestito dal Cavaliere in queste ultime settimane. Il vero punto di svolta deve essere quello di mettere per un momento da parte le pro- prie ambizioni personali - sia a destra che a sinistra pas- sando per il centro - conver- gendo su pochi interventi ve- ramente necessari seppur impopolari senza indugiare ancora un minuto di più in un clima che ha lo scopo so- lo di demonizzare gli avver- sari. Come saggiamente dice il Presidente Napolitano - ve- ro faro istituzionale in questo momento politico confuso - bisogna trovare a tutti i costi un momento di coesione po- litica nazionale, pur rimanen- do con le proprie differenze culturali, per poter imporre scelte difficili e iniziare quel cambiamento dello stile di vita degli italiani o del mo- dello del mondo del lavoro, sociale ed economico che la situazione contingente ci im- pone. La politica italiana non deve lasciarsi trascinare dal furore delle piazze, dall’odore del sangue dell’avversario o da prese di posizioni personali- stiche. Deve necessariamen- te riprendere a tutti i livelli la funzione che le compete, gestire al meglio l’intero Paese, senza cercare scorcia- toie nefaste come potrebbe essere un governo tecnico delegittimato politicamente pronto a determinare solo il vantaggio di pochi nel Paese e in Europa. COPIA OMAGGIO Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy — Fondato da Turchi — Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - dcb-Roma 1-15/16-31 Settembre-Ottobre 2011 - Anno XLV - NN. 119-120-121-122 E 0,25 (Quindicinale) ECONOMIA — a pagina 4 — ESTERI — a pagina 5 — LA PIAZZA D’ITALIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 il rilancio a cura di FRANZ TURCHI I l decreto sviluppo deve esse- re un’occasione vera, reale di rilancio dell’economia del paese e soprattutto dell’occupazione. Inizio così il mio articolo perché sono preoccupato che tale de- creto possa invece diventare un’occasione persa ed irripetibi- le di uscire da un momento dif- ficile e duro per le famiglie in generale. Anche io come molti nel gover- no e nell’opposizione penso che non si può “friggere” con l’ac- qua ma solo con l’olio; intendo che una manovra a costo zero non avrebbe nessun effetto. Infatti o con la vendita del pa- trimonio pubblico (beni reali, spa locali e anche un po’di azioni di società statali) i soldi ci sarebbero per fare un piano di riduzione del debito struttu- rale: quindi pagare meno inte- ressi sul debito ed innescare quel circolo virtuoso che tanti di noi si augurano, per far libe- rare risorse da investire nella piccola e media impresa, agri- coltura e infrastrutture. Già con tutto questo si farebbe molto facendo ripartire l’occupazione soprattutto al sud. Quindi si eviterebbe una patrimoniale, che a mio avviso sarebbe de- vastante sul mercato nazionale ed internazionale, ed invece con risorse prodotte da beni non utilizzati e sotto utilizzati del settore pubblico, potrem- mo finalmente vedere la luce al di la del tunnel, nel quale dal 2007/2008 ci siamo infilati; ben inteso non solo noi ma an- che il resto dei paesi europei, che ovviamente dovrebbero seguire il nostro percorso an- che con nuove regole e nuovi strumenti, per esempio gli eu- ro bond; ma questa è un’altra partita! Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia www.lapiazzaditalia.it Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti Una risata ci seppellirà L’impegno dell’Italia in una lettera all’UE Per una volta è necessario che maggioranza ed opposizione collaborino al raggiungimento Il fine non giustifichi i mezzi www.lapiazzaditalia.it

Il fine non giustifichi i mezzi - 1-15/16-31 Settembre/Ottobre 2011 - AnnoXLV-NN. 119-120-121-122

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il rilancio - Il fine non giustifichi i mezzi - Cara europa ti scrivo - Il sacco di Roma - La crisi della volatilità della finanza internazionale - Crescita e risanamento dei conti - Accordo UE sul piano anti-crisi - L’impegno dell’Italia in una lettera all’UE - Gheddafi: violenza ed ingiustizia - Una risata ci seppellirà - Libia, the day after - Ottavo corso informativo per inviati di guerra - Il rallentamento congiunturale e l’instabilità sui mercati - Quando la contabilità pubblica e la realtà economica non sono un’opinione... - Ciao Sic! - Stay hungry. Stay foolish

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Page 1: Il fine non giustifichi i mezzi - 1-15/16-31 Settembre/Ottobre 2011 - AnnoXLV-NN. 119-120-121-122

Avoler essere ottimisti atutti i costi si potrebbe

dire che il malato - l’Italia - ègrave ma non moribondo,ma una dichiarazione del ge-nere potrebbe portare i poli-tici nostrani a tirare un sospi-ro di sollievo e permettereloro di continuare a tempoindefinito il tira e molla di di-chiarazioni e comportamentiche da decenni ingessano lavita istituzionale, e non solo,del Paese.Invece ragionando a mentefredda senza lasciarsi tra-

sportare dalle barriere ideo-logiche che la rivalità politicamolto spesso riesce ad innal-zare o dalle paure che neces-sariamente la situazione eco-nomica attuale può generare,dobbiamo trarre insegna-mento da questa realtà equalche beneficio dal mo-mento storico che ci ritrovia-mo ad affrontare.Insomma in parole povere ildilemma è solo uno: rischiaredi affondare definitivamentetutti insieme per ottenere una“vittoria di Pirro” oppure tro-vare le forze e lo scatto men-tale che ci consenta non solodi ripartire di slancio ma puredi pianificare su solide basi ilfuturo delle generazioni ven-ture e cercare di essere, alme-no in Europa, il contraltare al-l’asse Parigi - Berlino che apoco a poco sta assoggettan-do l’economia dell’intero con-tinente.La gravità dell’attuale fran-gente non è data solo dai pa-rametri economici italiani chesono effettivamente scadenti,ma non più di altri periodistorici e molto meno negativirispetto a quanto altri Paesieuropei concorrenti vannosbandierando a destra e man-ca, ma soprattutto dal fattoche ancora una volta solouna parte delle riforme ne-cessarie al Paese sono statemesse in cantiere nonostantel’enorme forza politica, in ter-mini numerici in Parlamentoe di consenso popolare nel

Paese, di cui la maggioranzadi governo poteva fino aqualche mese fa godere lar-gamente.Insomma non c’entra - o perlo meno non solamente - néil tasso di disoccupazione, néla forza delle banche italiane,né la capacità del tessutoproduttivo italiano di “reset-tarsi” per affrontare le sfidesempre nuove che il mercatoglobale impone ogni giorno,né l’aumentare continuo del-lo “spread” Bund - BTP o ilProdotto Interno Lordo datroppi lustri posizionati su li-velli di crescita appena de-centi. Quello che veramentesembra “piombare” le ali delPaese - del resto le parole diObama che tra le righe ha di-chiarato non essere la per-manenza di Berlusconi ilproblema dell’Italia a livelloeconomico - è l’impasse po-litico-istituzionale con cui datroppo tempo ci ritroviamo aconvivere.Rappresentanti delle Istitu-zioni che diventano capi po-polo, funzionari dello Statoautorivalutatisi alle dimen-sioni di piccoli feudatari, bu-rocrazia attorcigliata su sestessa, sindacati buoni solo abloccare il rinnovamento,classe politica a tutti i livelli edi tutti i partiti inadeguata -culturalmente e tecnicamen-te - a trovare le soluzioni adannosi problemi. I mercatiinternazionali e gli specula-tori finanziari puniscono o

approfittano non solo dei pa-rametri macroeconomici ita-liani ma soprattutto della de-bolezza che caratterizza ilmondo politico italiano: co-me possono avere fiduciadell’Italia all’estero se neppu-re con una maggioranza am-pia come quella uscita fuoridalle elezioni del 2008 si rie-scono a fare le riforme ne-cessarie?Insomma, ritornando all’at-tuale momento politico, è ilcaso di sfruttare l’attuale de-bolezza del Governo pur dimandare a casa Berlusconima rischiare di interrompereil percorso delle riforme fi-nanziarie che l’Unione Euro-pea ha appena avallato? Un“governicchio” tecnico o dilarghe intese avrebbe poi lacapacità di portare a terminee guidare per mano tali tra-sformazioni sociali ed econo-miche?L’unico obiettivo non può es-sere quello di sbarazzarsi de-finitivamente di Berlusconisapendo che qualunque altramaggioranza di governo di-versa dall’attuale o comunquesenza PdL e Lega sarebbe co-sì piena di contraddizioni chepotrebbe essere capace solodi traghettare il Paese versouna nuova campagna eletto-rale senza alleanze politichegarantite e soprattutto senzaapprovare nulla di più diquanto fatto dall’esecutivogestito dal Cavaliere in questeultime settimane.

Il vero punto di svolta deveessere quello di mettere perun momento da parte le pro-prie ambizioni personali - siaa destra che a sinistra pas-sando per il centro - conver-gendo su pochi interventi ve-ramente necessari seppurimpopolari senza indugiareancora un minuto di più inun clima che ha lo scopo so-lo di demonizzare gli avver-sari. Come saggiamente diceil Presidente Napolitano - ve-ro faro istituzionale in questomomento politico confuso -bisogna trovare a tutti i costiun momento di coesione po-litica nazionale, pur rimanen-do con le proprie differenzeculturali, per poter imporrescelte difficili e iniziare quelcambiamento dello stile divita degli italiani o del mo-dello del mondo del lavoro,sociale ed economico che lasituazione contingente ci im-pone.La politica italiana non develasciarsi trascinare dal furoredelle piazze, dall’odore delsangue dell’avversario o daprese di posizioni personali-stiche. Deve necessariamen-te riprendere a tutti i livellila funzione che le compete,gestire al meglio l’interoPaese, senza cercare scorcia-toie nefaste come potrebbeessere un governo tecnicodelegittimato politicamentepronto a determinare solo ilvantaggio di pochi nel Paesee in Europa.

COPIA OMAGGIOAbb. sostenitore da EE 1000 - Abb. annuale EE 500 - Abb. semestrale EE 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romaninaper la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy

— Fondato da Turchi —

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - dcb-Roma 1-15/16-31 Settembre-Ottobre 2011 - Anno XLV - NN. 119-120-121-122 E 0,25 (Quindicinale)

ECONOMIA

— a pagina 4 —

ESTERI

— a pagina 5 —

LA PIAZZA D’ITALIA

Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727

il rilancio

a cura di FRANZ TURCHI

Il decreto sviluppo deve esse-re un’occasione vera, reale di

rilancio dell’economia del paesee soprattutto dell’occupazione.Inizio così il mio articolo perchésono preoccupato che tale de-creto possa invece diventareun’occasione persa ed irripetibi-le di uscire da un momento dif-ficile e duro per le famiglie ingenerale.Anche io come molti nel gover-no e nell’opposizione penso chenon si può “friggere” con l’ac-qua ma solo con l’olio; intendoche una manovra a costo zeronon avrebbe nessun effetto.Infatti o con la vendita del pa-trimonio pubblico (beni reali,spa locali e anche un po’diazioni di società statali) i soldici sarebbero per fare un pianodi riduzione del debito struttu-rale: quindi pagare meno inte-ressi sul debito ed innescarequel circolo virtuoso che tantidi noi si augurano, per far libe-rare risorse da investire nellapiccola e media impresa, agri-coltura e infrastrutture. Già contutto questo si farebbe moltofacendo ripartire l’occupazionesoprattutto al sud. Quindi sieviterebbe una patrimoniale,che a mio avviso sarebbe de-vastante sul mercato nazionaleed internazionale, ed invececon risorse prodotte da beninon utilizzati e sotto utilizzatidel settore pubblico, potrem-mo finalmente vedere la luceal di la del tunnel, nel qualedal 2007/2008 ci siamo infilati;ben inteso non solo noi ma an-che il resto dei paesi europei,che ovviamente dovrebberoseguire il nostro percorso an-che con nuove regole e nuovistrumenti, per esempio gli eu-ro bond; ma questa è un’altrapartita!

Ricco, continuamente aggiornato:arriva finalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per unnuovo modo di fare politica in Italia

www.lapiazzaditalia.itUna Piazza di confronto aperta aldibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuoveidee e nuovi contenuti

Una risata ci seppellirà

L’impegnodell’Italia in una

lettera all’UE

Per una volta è necessario che maggioranza ed opposizione collaborino al raggiungimento

Il fine non giustifichi i mezzi

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Mentre i titoli della Borsa diMilano affondano ed il

contagio della crisi all’economiagreca sembra poter diffondersi amacchia d’olio pure a quelle dialtri Paesi dell’Unione Europea -compreso il Nostro - cosa fa lapolitica italiana per tentare di ar-ginare e superare tale situazionecongiunturale?Mostra tutta la sua vacuità cultu-rale e propositiva attorcigliando-si intorno alle solite stantie pro-poste e recriminazioni non sola-mente evitando di proporre so-luzioni adeguate ma attaccandochi - il Governo del Berlusconi -almeno alcune di queste propo-ste di riforma ha il coraggio dicondurre in porto, preoccupan-dosi solo di discutere di governidi salute pubblica, allargamentidi maggioranza, rottamazioni ealleanze varie, eventuali governitecnici, scrivere lettere, proclami,manifesti che hanno solo unoscopo: mettere in cattiva lucel’operato di Berlusconi comun-que vada e tentare di farlo fuoripoliticamente.L’esempio delle reazioni seguitealla lettera contenente l’enuncia-zione delle riforme strutturali an-ti crisi che il governo italiano siripropone di avviare e che re-centemente Berlusconi ha fattorecapitare ai colleghi del Consi-glio d’Europa, è un esempio la-palissiano di quale sia la condi-zione comatosa del dibattito po-litico nel nostro Paese.Berlusconi, data la situazione di-sastrosa dei conti pubblici italia-ni e l’improcrastinabilità ad at-tendere ulteriormente al lororiallineamento, si è trovato perl’ennesima volta quest’anno adoperare la proposizione di inter-venti di rara durezza che hannomesso in forse la stessa tenutadella maggioranza politica e nu-merica che sostiene il propriogoverno.Ma che cosa ha scritto e promes-so di realizzare di così dannosoe perverso per il nostro Paese ilPresidente del Consiglio tanto dainnescare la reazione stizzita dialleati di maggioranza, dei politi-ci dell’opposizione, di sindacati,Confindustria e Co.?Berlusconi ha dichiarato chel’Italia deve raggiungere il pareg-gio di bilancio nel 2013 dimi-

nuendo strategicamente il grava-re del peso del debito pubblicosulla bilancia dei pagamenti in-troducendo - oltre ai provvedi-menti già programmati negli ulti-mi tempi - degli ulteriori accorgi-menti che nei prossimi otto mesiporteranno il nostro Paese in li-nea con le aspettative dell’UE.Tali obiettivi potranno essereraggiunti attraverso una riformache renda più efficiente e snellala Pubblica Amministrazione -mettendo mani pure alla famige-rata legge Bassanini che ha datoenorme potere alla casta dei fun-zionari e dirigenti pubblici - op-pure facendo uscire le PubblicheAmministrazioni dalle societàpartecipate che drogano il mer-cato in alcuni settori come tra-sporti, rifiuti e distribuzione del-l’acqua aumentandone a dismi-sura i costi e rendendone pleto-rici e insostenibili economica-mente, nell’attuale situazione fi-nanziaria, gli organici.Altro intervento di indiscutibiledurezza e impopolarità è il pro-grammato aumento dell’età pen-sionabile dei lavoratori a 67 anni- per uomini e donne - a partiredal 2026, che dovrà essere paral-lelamente affiancato a urgentiprovvedimenti che rendano piùelastico l’ingresso nel mondo dellavoro per i più giovani. Pari-menti Berlusconi ha programma-to tagli al funzionamento dellapolitica nazionale e locale attra-verso l’abbandono del Bicamera-lismo e la diminuzione delle ca-riche elettive oltre che la chiusu-ra degli enti provinciali. La razio-nalizzazione della spesa pubbli-ca avverrà inoltre pure attraversola dismissione di beni di proprie-tà della Pubblica Amministrazio-ne oltre che con il passaggio diquote azionarie ancora in pos-

sesso dello Stato di aziende inparte pubbliche attive però sulmercato.Ma quali sono state invece lereazioni - all’interno della coa-lizione di maggioranza e tra leopposizioni - all’annuncio ditali provvedimenti condivisibilio meno che essi siano? Critichedi merito? Proposte alternative?Niente di tutto questo, ma sola-mente comportamenti ed azio-ni che hanno l’unico scopo difar precipitare la situazione po-litica per arrivare ad una solu-zione futura che accontenti isoliti noti.Tremonti che sentendosi messoin disparte dal Cavaliere addirit-tura non appone la propria firmaal documento spedito all’UE.Proprio Lui che da super Mini-stro dell’economia - grazie allagià citata e famigerata Bassaniniovviamente - ha guidato le scel-te di politica economica delPaese negli ultimi anni senza, aquanto pare, porre eccessivi ri-medi alla situazione disastrosadelle finanze italiane. A questopunto è necessaria l’apertura diuna discussione che preveda,come richiesto dall’ex ministroMartino, oltre ad una rivaluta-zione del peso politico del fisca-

lista di Sondrio, pure un ridi-mensionamento del dicasteroche Tremonti ricopre, a prescin-dere questo dalla sua persona:alcune decisioni vanno per for-za di cose prese con maggiorecollegialità.La Lega che pur di non perderel’appoggio dei suoi votanti difen-de le rendite di posizione otte-nute da alcune categorie di lavo-ratori oltre che appoggiare poli-ticamente l’intoccabilità delleProvince. Del resto la Lega nonsi è neppure mai spesa control’incomprensibile aumento deimembri onorevoli che tutti i con-sigli regionali italiani hanno indi-stintamente votato negli ultimianni dimostrando che qualchevolta ai fedeli di Bossi la moltipli-cazione delle competenze buro-cratiche oltre che la crescita del-le poltrone politiche può purefar piacere se ha una provenien-za locale e non romana.Del resto il “Senatur” deve af-frontare un attacco interno allapropria leadership come dimo-strato ad esempio al congressoprovinciale leghista di Varese do-ve le sue decisioni e i suoi uomi-ni sono state accolte per la primavolta con bordate di fischi e ladiminuzione di peso all’interno

della maggioranza e la scompar-sa di posti da assegnare ai suoifedelissimi non farebbero al casoproprio.Il centro sinistra ha reagito pren-dendo prontamente per mano ilmondo sindacale ed inscenandouna serie di inutili proteste cheservono solo a perdere giornatedi lavoro in un momento in cuidi lavoro ce n’è ben poco pertutti e soprattutto per i più giova-ni visto che il tanto auspicato ri-cambio generazionale in Italianon c’è stato grazie anche allenorme sessantottesche che neregolano il mercato. Lo stato diintontimento del quartier genera-le del Partito Democratico è evi-dente a tal punto che l’ottimoBersani - dal punto di vista delCavaliere e di tutto il centrode-stra ovviamente - mette la testasotto la sabbia come uno struzzoevitando di seguire giuste solu-zioni come sono alcune di quel-le proposte dai “rottamatori”. In-fatti preferendo ascoltare le sire-ne di Montezemolo o di ban-chieri sinistrorsi come Bazoli cheintendono perseguire la nascitadi governi tecnici o di larghe in-tese, con lo scopo finale di salva-guardare solo gli interessi deigrandi gruppi industriali e finan-ziari del paese, Bersani sta cor-rendo l’ingrato rischio di rotta-mare definitivamente la politicaitaliana ed abdicare alle proprieeventuali responsabilità di gover-no gettandosi in braccio a gover-ni tecnici.Il gruppo dirigente del PD mo-stra inoltre tutta la sua pochezzapolitica e culturale rischiando diseppellire per sempre ogni pro-spettiva di rinnovamento internoutile per creare una classe diri-gente alternativa a quella di cen-tro destra.

Del resto se si hanno compagnidi viaggio come l’Italia dei Valo-ri o futuribili alleati come Vendo-la che sono intenzionati a spedi-re una missiva alle autorità euro-pee in cui si afferma che - grattagratta - le soluzioni per uscirefuori dalla crisi sono le stesse in-dicate da Berlusconi, ma senzaBerlusconi ovvio, ai voglia il ca-ro Renzi a rottamare e i nostripartners europei a dormire son-ni tranquilli.L’unico del gruppo che sta ini-ziando a pensare di disfarsi ditutta questa vecchia ferraglia -ma ancora è trattenuto dal mal-mostoso Fini - sembra essereproprio Casini che è ancora in-certo su quale direzione prende-re in futuro riguardo nuove alle-anze elettorali e politiche. Il suonetto rifiuto alla possibilità discrivere una lettera congiunta-mente a Di Pietro e SEL da reca-pitare all’Europa è stata in questosenso un fulmine a ciel serenoche forse mette da parte la crea-zione di una coalizione momen-tanea anti Berlusconi che va dalPD all’estrema sinistra passandoper il terzo polo.Del resto non sappiamo quan-to possa aiutare questa varia-zione di strategia di Casini l’an-nuncio che il PdL ha superato ilmilione di tessere in vista delsuo primo congresso popolare:una grande spinta dal bassoche se ben indirizzata ed ascol-tata può, oltre che strutturare almeglio il partito, definitivamen-te accantonare un modo vec-chio di far politica e favorirecontemporaneamente gli ultimimesi di riforme del GovernoBerlusconi, ringalluzzitosi dalrinnovato vigore decisionistamostrato dal Cavaliere negli ul-timi infuocati giorni.

Pag. 2 1-15/16-31 settembre-ottobre 2011

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La crisi economica che il paese sta attraversando rende più tesi i rapporti non solo tra la maggioranza e l’opposizione…

Cara europa ti scrivo

Fin quando ancora i civili cit-tadini italiani - di Roma so-

prattutto, ma di tutte quelle cit-tà o zone del paese dove si so-no svolte o si svolgeranno an-cora manifestazioni di protesta- potranno più sopportare divedersi distrutte le proprie au-to, imbrattate le proprie case,messe in pericolo le loro vite oquelle dei loro cari dalle bandearmate - i così detti Black -block - che puntualmente ir-rompono impunemente in ognitipo di corteo lungo tutto ilPaese?Fino a quando coloro i qualimanifestano pacificamente illoro dissenso verso una qualsi-voglia politica governativa overso un disagio economicosociale esistente potrannoesprimere liberamente le pro-prie idee senza essere strumen-talizzati dalle centinaia di delin-quenti in divisa nera che da an-ni ormai tengono in “ostaggio”molte manifestazione che si tie-ne in Italia?Fino a quando il tessuto demo-cratico del Paese sopporteràancora senza reagire la presen-za di consistenti sacche di im-punito estremismo politico ca-ratterizzato da nebbiose ideolo-gie e violenza gratuita?Ma sopra ogni cosa comeemarginare fino all’annulla-mento tale “espressione” dellasocietà incivile?Innanzitutto è imperioso obbli-go individuare le colpe e lemancanze del nostro sistemasociale ed istituzionale che fati-ca a controllare queste frange

violente - e coloro i quali vi siaggiungono soprattutto per spi-rito di emulazione - a cui mol-to spesso addirittura consape-volmente o inconsciamente dàaiuto a sostenersi e svilupparsi. Il primo punto da affrontare èquello relativo alla pura e sem-plice repressione e contrastodel fenomeno in questione.E’ subito da chiarire che nonservono leggi speciali da Statodi Polizia ma far applicarequelle che già esistono e cheegregiamente sono servite acontrastare il brigatismo rossoo la mafia in tempi più o menorecenti. Per fare ciò è necessa-rio che la politica dei Governiin carica vada in questa direzio-ne rafforzando e non indebo-lendo ulteriormente finanzia-menti, personale e strumentidelle forze di pubblica sicurez-za deputate al controllo l’ordi-ne pubblico.A questo scopo bisogna am-mettere con estrema franchezzache pur scontando il depoten-ziamento degli organici delleforze dell’ordine che ha radicinegli anni passati, la politicadell’attuale esecutivo è stataquantomeno controversa a ri-guardo. Infatti, per i problemidi carattere finanziario che l’in-tero Paese si trova ad affronta-re, i tagli che stanno subendoCarabinieri, Polizia e tutte leforze armate sono indiscutibil-mente troppi .Come d’altro canto troppa di-sorganizzazione c’è tra chi de-ve coordinare gli uomini in di-visa. Infatti è mai possibile che

tutti gli addetti ai lavori - politi-ci, amministratori, ma anche glialti gradi delle forze armate odi polizia - da anni si lamenti-no chi giustamente, chi versan-do lacrime di coccodrillo a cau-sa della continua diminuzionedei danari a disposizione per lagestione dell’ordine pubblico eperò non si riesca ad ottimizza-re in tutto il Paese la presenzadei numerosi “corpi” esistenti?Non è peccare di lesa maestàiniziare una discussione riguar-dante l’eventuale riorganizza-zione e ristrutturazione dellevarie strutture di controllo delterritorio.Non vagheggiamo certo la di-smissione delle “guardie” o del-l’Esercito nazionale come vor-rebbero gli anarchici, ma per-ché non confrontarci con quan-to accade negli altri Paesi del-l’Unione Europea che non ve-dono la presenza contempora-nea di Carabinieri, Polizia, Vigi-li Urbani, Polizia Provinciale,Guardia di Finanza e GuardiaForestale?Sempre più sarà necessarioprovvedere con gli scarsi mez-zi economici a disposizione alcontrollo del territorio italianosia per contrastare il radica-mento delle mafie sia per laposizione strategica che l’Italiaha nel mediterraneo all’internodelle rotte migratorie clandesti-ne in un periodo come quelloattuale che vede i Paesi dellecoste Africane che si affaccianosul “Mare Nostrum” ribollire difermenti politici e sociali chepotrebbero portare ad un au-

mento esponenziale di sbarchidi clandestini.Ma il compito di aprire il di-battito in merito e trovare nelpiù breve tempo possibile lasoluzione a tali problemi èdella Politica e dovrebbe esse-re proprio un Governo di cen-tro destra - storicamente piùsensibile all’ascolto delle esi-genze provenienti dall’internodelle forze dell’ordine - ad ini-ziare questo percorso virtuosoed indicare le strategie da se-guire al fine di non vederesmantellata negli anni futuri,da governi magari più attentialle istanze della piazza di si-nistra, la rete protettiva che glioperatori della pubblica sicu-rezza hanno così efficiente-mente saputo tessere nel cor-so dei decenni.E a questo punto dovrebbero fa-re un “mea culpa” anche i rap-presentanti della carta stampatae dei media di centro destra. In-fatti come si sarebbero compor-tati se a governare, fare tali de-curtazioni o ad operare nel mo-do che abbiamo visto ci fossestato un esecutivo di sinistra? Cisaremmo stracciati le vesti par-lando di politica contigua al-l’area anarco-insurrezionale op-pure di Governo lassista se noncomplice dei delinquenti che in-festano le piazze. Ovvio che po-liticamente nessuna delle forzeche attualmente costituiscono lamaggioranza possa essere tac-ciata di tale accusa ma di certoda un Governo di centro destraci si sarebbe dovuto aspettareuna programmazione politica

più ferma. Insomma vedere leforze di Polizia che scioperano escendono in piazza per protesta-re contro i tagli ricevuti dal Go-verno attuale sinceramente famale. Che questa stampa facciada pungolo e chieda un cambia-mento di rotta ai politici di cen-tro destra con la certezza che so-lo questa parte politica potràmettere in pratica le azioni ne-cessarie a ribaltare tale andazzo.Gli interventi da porre in opera- oltre a quello della riorganiz-zazione delle forze dell’ordine -devono andare anche verso uncambio di direzione culturalerispetto alla risoluzione delproblema della presenza di cel-lule violente di anarco-insurre-zionalisti.Purtroppo tra tutte le forze po-litiche vale ancora la teoria -fatta propria durante gli anni dipiombo - che è meglio avereuna soglia di tensione conside-rata bassa come può esseregiudicata a torto o a ragionequella delle manifestazioni incui fanno la loro apparizione iblack block pur di non averedegli avvenimenti parossisticipiù violenti stile anni di piom-bo appunto, che potrebberoscatenarsi reprimendo con piùfermezza il “brodo di coltura”anarchico presente in numero-se città italiane. Insomma mol-to spesso pare che per le istitu-zioni sia quasi meglio tenereun po’ sollevato il coperchiodella pentola a pressione e nonchiuderlo del tutto per nonavere guai maggiori.

Giuliano Leo

Roma devastata dai nuovi lanzichenecchi

Il sacco di Roma

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Il quadro macroeconomico emicroeconomico dell’Italia

continua a preoccupare l’Unio-ne Europea anche se ad ago-sto il debito pubblico scende a1.899 miliardi di euro. A lan-ciare l’allarme sulla situazioneeconomica e finanziaria del-l’Italia è anche Bankitalia. Lacrescita italiana è modesta: nelcorso dell’estate “il quadrocongiunturale è peggiorato”el’attività “si sarebbe indebolitanel terzo trimestre”. È l’istanta-nea scattata dal Bollettino eco-nomico di Bankitalia. Per que-sto risultano particolarmenteurgenti “le politiche economi-che che assicurino il risana-mento dei conti pubblici, con-tribuendo a contenere i tassi diinteresse”.Ad agosto il debito pubblicoitaliano è sceso a 1.899 miliar-di di euro da 1.911 mld di lu-glio. Mentre le entrate tributa-rie, nei primi otto mesi dell’an-no, ammontano a 250,079 mi-liardi di euro, in progressionedel 2,38% rispetto ai 244,263miliardi, registrati nello stessoperiodo dell’anno. Resta mo-desta anche nel secondo tri-mestre 2011 la spesa delle fa-miglie. La crescita, infatti, è sta-ta contenuta nello 0,2% sul pe-riodo precedente, mentre flettequella legata a beni di consu-

mo durevoli. E dopo il parzia-le recupero nella seconda me-tà del 2010, torna a scendereanche il reddito reale delle fa-miglie. Un sensibile ribasso asettembre è atteso anche per laproduzione industriale, peg-giorano le aspettative delle im-prese sul fronte occupazione,mentre aumenta a ritmi soste-nuti il ricorso al lavoro interi-nale, le imprese continuano aprivilegiare le assunzioni conforme contrattuali flessibili. Lebanche italiane rimangono so-lide, ma vi è il rischio che ilprotrarsi delle tensioni si riflet-ta in misura crescente sullecondizioni di accesso al credi-to.Il problema è che in Europa viè una crisi generale del siste-ma economico caratterizzatadalla crisi del debito sovranodegli Stati membri e dalla stes-sa crisi valutaria. Il resto delmondo sta aspettando chel’Europa si decida a varare unpiano di riforme credibile estrutturale, ma questo passa at-traverso la volontà dei Paesimembri di voler riformare il si-stema nazionale con decisionianche impopolari. Fino ad orai decreti sviluppo sono statipraticamente assenti dall’agen-da dei governi nazionali, inItalia dovrebbe essere messo a

punto il DDL sviluppo entro lafine di ottobre ma è inutile ri-badire che questo andava fattomolto tempo fa insieme allamanovra di risanamento deiconti pubblici.Non ci sono soluzioni imme-diate per l’economia ed oggi,purtroppo, le ore sono davve-ro contate per l’Europa e per lacredibilità del suo sistema mo-netario. Era evidente, fin dallasua costituzione, che l’econo-mia europea sarebbe entrata incrisi nel momento in cui l’in-tervento pubblico nelle econo-mie nazionali sarebbe giuntoin ritardo e non sarebbe statomirato. Le politiche nazionali,invece, di bloccare l’emorragiadel debito pubblico hanno la-sciato che l’emorragia conti-nuasse ad infierire sul sistemalinfatico dell’’economia met-tendo in seria difficoltà il mec-canismo stesso che governa ladomanda e l’offerta del merca-

to e quello della finanza pub-blica. La spesa pubblica trop-po spesso è stata abbandonataa politiche di espansione sen-za copertura, un processo chedura da decenni il cui finanzia-mento era previsto in deficit.Questo deficit accumulato nonè che sarebbe stato ripianatoper magìa o si sarebbe polve-rizzato nel nulla ma non face-va altro che aumentare e bom-bardare lo squilibrio del bilan-cio pubblico. Chiara ed evi-dente la responsabilità dei po-licy makers, purtroppo a paga-re sono i cittadini.Le autorità europee, i governinazionali ogni giorno procla-mano interventi mirati, struttu-rali ed immediati che diano unserio impulso alla ripresa e alrisanamento dei conti. La real-tà, invece, è che non si fa altroche inviare proclami questo te-stimonia l’oggettiva difficoltàdegli esecutivi di trovare solu-zioni politiche concrete all’at-tuale situazione economica efinanziaria. In pratica non c’èricetta economica che possaconiugare rigore e svilupposenza una politica di program-mazione che a monte avrebbedovuto evitare questa recessio-ne. Se un paziente malato peg-giora a causa di terapie noncorrette si individua la terapia

corretta e la si applica median-te una semplice correzione far-macologica. Se, invece, la tera-pia non viene proprio applica-ta al paziente malato è chiaroche l’intervento ex post po-trebbe risultare quasi dispera-to. Questo è quello che è acca-duto al sistema economico na-zionale ed europeo. Inutile at-tribuire le colpe alla crisi inter-nazionale, l’Italia era già inPaese malato, in termini diconti pubblici, non è che il de-bito pubblico è lievitato a cau-sa della crisi finanziaria ameri-cana e del suo relativo conta-gio. Il non intervento di unapolitica di risanamento struttu-rale da venti anni questa parteha determinato una soglia dideficit e di debito intollerabilee molto pericolosa per i contidello Stato. Lo sfondamentodei debiti sovrani provocano ilbombardamento della finanzapubblica europea fino al disfa-cimento del suo equilibrio. Diqui il proliferare di interventisalva-Stati che incontrano co-munque difficoltà di approva-zione da parte di alcuni Statiche, invece, hanno dimostratomaggiore responsabilità istitu-zionale nel mantenimento deiconti.A peggiorare la situazione eco-nomica delle collettività nazio-

nali, dunque, è intervenutoquesto immobilismo istituzio-nale. Questo è lo stesso immo-bilismo che ha paralizzato iconsumi e i redditi delle fami-glie, anche se qui c’è da direche l’Italia ancora sta pagandoquel cambio scellerato lira/eu-ro che fu applicato nel mo-mento della conversione valu-taria per l’ingresso nel sistemaeuropeo della moneta unica.Un cambio che ha raddoppia-to il valore della moneta e di-mezzato i redditi delle famigliee di conseguenza i consumi.Gli economisti più illustri au-spicavano un lento ma sicuroadeguamento dei prezzi e deiredditi al costo della monetaciò, invece, non è ancora av-venuto.L’Italia per difendere il propriosistema economico deve asso-lutamente dare segnali di ri-presa mediante un decretosviluppo che intervenga a farripartire le dinamiche con-giunte di consumi, occupazio-ne e imprenditorialità. Se ciònon avviene nel breve perio-do la crisi potrebbe diventareancora più forte e allora po-trebbe essere veritiera la pre-visione di alcuni economistiche il peggio deve ancora ar-rivare.

Avanzino Capponi

Il grande problema dei mer-cati finanziari è la volatilità.

Per definizione essa è un indi-ce di variazione dei prezzi neltempo. In altri termini, rappre-senta la misura della correla-zione tra variazione del rendi-mento del titolo rispetto almercato di riferimento. Si sen-te spesso parlare di volatilitàdei mercati finanziari, soprat-tutto in questi ultimi anni, ciòsignifica che esiste un proble-ma. Ci sono mercati a bassavolatilità e mercati ad alta vola-tilità. Le azioni rappresentanol’esempio più tipico e noto dimercato ad elevata volatilità inquanto hanno una volatilitàappunto molto spiccata. La vo-latilità, dunque, si pone comeindicatore statistico di misuradella velocità di movimentodel mercato. È noto che la ve-locità dei movimenti finanziarisottostanti al mercato di riferi-mento (azionario) la possibilitàdi prevederli, siano di grandeimportanza nel calcolo delprezzo di mercato in una op-zione (o di un warrant) tantodal punto di vista del vendito-re che dell’acquirente.Il terzo trimestre del 2011 è sta-to caratterizzato da un marcatoaumento della volatilità suimercati finanziari, che ha inte-ragito, specie nell’area dell’eu-ro, con le tensioni sul debitosovrano e sul sistema bancario.L’accresciuta avversione al ri-schio ha accelerato il processodi ricomposizione dei portafo-

gli, sospingendo la domandadi titoli pubblici dei paesi rite-nuti più solidi, nonché di benivalute rifugio; ciò ha provocatoforti ribassi dei corsi azionari eobbligazionari privati, più ac-centuati nel comparto banca-rio. I rendimenti dei titoli pub-blici hanno riflesso la preferen-za degli investitori per attivitàfinanziarie ritenute più sicure(cosiddetto flight-to-quality),scendendo a livelli storicamen-te molto bassi. Dall’inizio di lu-glio negli Stati Uniti i rendi-menti sono scesi (di 110 puntibase), nonostante il declassa-mento del debito sovrano an-nunciato il 5 agosto dall’agen-zia Standard & Poor’s (da AAAa AA+ con prospettive negati-ve); variazioni simili si sono re-gistrate in Germania (110 pun-ti base) e nel Regno Unito (90punti), più contenute in Giap-pone (20 punti).Dall’inizio di luglio i differen-ziali di rendimento dei titoli diStato di diversi paesi dell’areadell’euro sono tornati ad am-pliarsi in misura marcata. Al-l’inizio di agosto i differenzialihanno raggiunto nuovi massi-mi dall’introduzione dell’euro,risentendo sia dei timori perun rallentamento dell’econo-mia mondiale, sia dei dubbidegli operatori circa l’adegua-tezza degli strumenti esistenti.L’intensificarsi delle tensionisul debito sovrano a partire daiprimi di luglio ha indotto i Ca-pi di Stato e di governo del-

l’area dell’euro ad adottare al-cune importanti misure a dife-sa della stabilità finanziarianell’area, lungo tre direttriciprincipali. In primo luogo, alfine di accrescere la sostenibi-lità del debito greco, il Consi-glio ha concordato un nuovoprogramma di assistenza fi-nanziaria destinato alla Greciaper circa 160 miliardi di euro,di cui 109 di competenza con-giunta del FMI e dell’EFSF e 50del settore privato.Il Consiglio ha anche modifi-cato le caratteristiche dei finan-ziamenti che saranno erogatiin futuro dall’EFSF, inclusi inuovi prestiti all’Irlanda e alPortogallo: la scadenza saràcompresa tra i 15 e i 30 anni(contro l’attuale massimo di 7anni e 6 mesi) e i tassi di inte-resse saranno uniformati aquelli del meccanismo di so-stegno alla bilancia dei paga-menti, attualmente pari al3,5%. In secondo luogo, ilConsiglio ha definito una seriedi misure atte ad arginare il ri-schio di contagio finanziarionell’area. In particolare, è stataaccresciuta la flessibilità di in-tervento dell’EFSF e, a partiredal 2013, dello European Sta-bility Mechanism; tale flessibi-lità rimane comunque vincola-ta all’esistenza di specifichecondizioni. In terzo luogo, ilConsiglio ha ribadito la volon-tà di completare la riforma del-la governance economica eu-ropea, esortando a convergere

rapidamente verso un accordosul pacchetto legislativo fina-lizzato al rafforzamento delPatto di stabilità e crescita e al-l’estensione della sorveglianzamultilaterale anche agli squili-bri macroeconomici.Lo scorso 28 settembre il Par-lamento europeo ha approva-to le proposte legislative; leprincipali innovazioni concor-date riguardano le proceduredi voto del Consiglio nella par-te preventiva del Patto di stabi-lità, l’introduzione di una par-ziale simmetria degli indicatoridi squilibri macroeconomici,un rafforzato dialogo fra le isti-tuzioni europee, un maggiorecoordinamento delle politicheeconomiche e di bilancio nellacornice del semestre europeoe l’introduzione di una sanzio-ne in caso di manipolazionefraudolenta di dati statistici na-zionali. Il pacchetto legislativoè stato approvato dai Ministrifinanziari dell’Unione europealo scorso 4 ottobre.Nel terzo trimestre del 2011 ilbrusco calo delle domanda diattività finanziarie ritenute ri-schiose ha penalizzato in mi-sura più accentuata il settorebancario, in particolare quelloeuropeo, esposto al rischio so-vrano a causa della consisten-za di titoli pubblici in portafo-glio. I premi sui credit defaultswap (CDS) delle banche degliStati Uniti e dell’area dell’eurosono saliti in misura significati-va in entrambe le aree, ma nel-

la seconda metà si collocanoattualmente su livelli molto piùelevati. Anche i premi per il ri-schio sulle obbligazioni socie-tarie sono fortemente aumen-tati: alla fine della prima setti-mana di ottobre i premi sui ti-toli denominati in euro si sonoattestati attorno a 280 punti ba-se per le obbligazioni con me-rito di credito più elevato(BBB) e a oltre 1.000 punti perquelle giudicate più rischiose(high yield). Per i corrispon-denti titoli denominati in dolla-ri, i premi si sono collocati acirca 290 e 850 punti base, ri-spettivamente; tali valori non siosservavano dalla metà del2009. L’ulteriore forte aumentodell’avversione al rischio hacausato drastici ribassi dei cor-si azionari, la variabilità attesa,implicita nei prezzi delle op-zioni sugli indici di borsa, èaumentata fortemente portan-dosi su livelli che, nell’areadell’euro, non si osservano damaggio 2010. Anche nei paesiemergenti le condizioni finan-ziarie si sono fortemente dete-riorate, in un contesto caratte-rizzato da una repentina ri-composizione dei portafogliinternazionali verso attivitàmeno rischiose.Vi sono stati deflussi di capita-le, particolarmente consistentinel comparto azionario, e sisono arrestati gli afflussi inquello obbligazionario. I mer-cati azionari hanno subìto per-dite ampie e generalizzate, che

hanno condotto le quotazioniai livelli più bassi degli ultimidue anni. La debolezza dellevalute nei confronti del dolla-ro, già emersa in agosto, si èintensificata in settembre. Nelterzo trimestre il tasso di cam-bio dell’euro si è fortementedeprezzato nei confronti deldollaro (-7%), della sterlina (-4%) e ancor più marcatamentedello yen (-11%); la valutagiapponese si è fortemente ap-prezzata anche nei confrontidel dollaro, come già avvenu-to in passato nelle fasi di ral-lentamento dell’economia sta-tunitense.La volatilità dei mercati finan-ziari, dunque, ha reso i merca-ti sempre più instabili e questainstabilità ha creato notevolisquilibri al sistema finanziariointernazionale e soprattutto alsettore bancario. Anche se ilconcetto di equilibrio finanzia-rio è complesso, sfaccettato emultiforme, alcuni analisti ri-tengono che un equilibrio fi-nanziario c’è se la somma deigiudizi sui singoli aspetti ècomplessivamente favorevole,basterebbe questo per affer-mare che tale equilibrio nonesiste assolutamente perché igiudizi sono davvero dramma-tici e sfavorevoli. Purtroppo ildisequilibrio finanziario gene-ra uno sfasamento tra entrateed uscite monetarie un gapche ha penalizzato gli Stati intermini di incremento dell’in-debitamento pubblico.

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA

Il debito pubblico scende a 1.899 miliardi di euro, mentre salgono le entrate tributarie +2,38%

Crescita e risanamento dei conti

La volatilità innescata dal deterioramento delle aspettative di crescita nelle economie avanzate

La crisi della volatilità della finanza internazionale

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA

Via libera all’aumento delfondo salva-Stati (Efsf) e

alle misure presentate dal-l’Italia. Per il Presidente fran-cese Nicolas Sarkozy l’Euro-pa ha evitato una “catastrofe”mondiale con l’accordo per ilsalvataggio dell’eurozona ierinotte a Bruxelles. “Se non cifosse stato accordo ieri sera,non solo l’Europa sarebbeprecipitata nella catastrofe,ma il mondo intero”. Il falli-mento del vertice avrebbecomportato “l’inimmaginabi-le” ha aggiunto Sarkozy, ov-vero “il fallimento della Gre-cia”.Dopo una maratona negozia-le durata dieci ore e conclusa-si dopo le 4 del mattino, iPaesi dell’Eurozona hannocosì raggiunto l’accordo sullemisure da adottare per affron-tare la crisi, con il salvataggiodella Grecia attraverso una ri-duzione del 50% del suo de-bito, mobilitazione di millemiliardi da parte del fondosalva-Stati per impedire ilcontagio nell’area euro, unaricapitalizzazione delle ban-che e un apprezzamento perle misure presentate dall’Ita-lia. In particolare, per quantoriguarda l’Italia i leader euro-pei hanno dato atto al Gover-no di aver messo a punto “unpacchetto ambizioso” nel-l’ambito della necessità diconsolidare ulteriormente le

proprie finanze pubbliche edi procedere alle riformestrutturali, ma raccomandano,nelle conclusioni scritte alsummit, “di presentare urgen-temente un ambizioso calen-dario per queste riforme”, cheè stato subito dopo presenta-to dal Governo italiano.Anzi, afferma con forza il pre-sidente della CommissioneUe Josè Manuel Barroso, “èimperativo che l’Italia concre-tizzi gli impegni e lo faccia inmodo chiaro”. “Sono lieto chel’Italia si sia assunta impegniper portare avanti le richiestedell’Ue, e questo è stato con-fermato non solo da una let-tera indirizzata a me e al pre-sidente Van Rompuy ma an-che dalle conclusioni del ver-tice dell’Eurozona”.“Il summit dell’euro accogliecon favore il chiaro impegnodell’Italia a raggiungere que-sti obiettivi”, ha fatto eco VanRompuy.Considerando, invece, quantoè stato stabilito nel piano perl’Eurozona, in base all’accor-do negoziato a Bruxelles cheha coinvolto capi di Stato e digoverno, i banchieri centrali,gli istituti di credito interessa-ti e l’Fmi, il settore privato haaccettato volontariamenteuna riduzione del 50% del va-lore nominale dei bond greci,pari a circa 100 miliardi di eu-ro, il che consentirà di porta-

re il debito pubblico di Ateneal 120% nel 2020, contro il160% attuale. In cambio, iPaesi dell’Eurozona offriran-no al settore privato garanzieper 30 miliardi di euro.L’obiettivo è di concludere inegoziati sul pacchetto, checosì raggiungerà un valorecomplessivo di 130 miliardi dieuro, rispetto ai 109 concor-dati al vertice del 21 luglioscorso, entro la fine dell’an-no.C’è da dire che i leader del-l’eurozona hanno raggiuntoun accordo grazie al quale lapotenza di “fuoco” del Fondosalva-Stati sarà quintuplicata,arrivando a mille miliardi dieuro, attraverso il ricorso alla

“leva finanziaria”. Il rafforza-mento del Fondo salva-Staticontro il contagio avverrà at-traverso due strumenti: dauna parte verranno fornitegaranzie fino al 20% per leemissioni di titoli di debitodei Paesi sotto-attacco deimercati, dall’altra, verrannocreati uno o più fondi ad hoc(Special purpose vehicles),che potranno giovarsi dellegaranzie dell’Efsf per attrarreinvestimenti internazionali(soprattutto quelli delle eco-nomie emergenti).“La prossima settimana, ha ri-vendicato il presidente dellaCommissione europea Barro-so, saremo in grado di dimo-strare ai nostri partner nel

G20 che l’Europa è in gradodi fare quelle che serve: unaccordo su misure per ripristi-nare la fiducia nel settorebancario, assicurare adeguatebarriere antifuoco, accelerarela nostra agenda ambiziosaper la crescita e rafforzare ul-teriormente la sorveglianzaed il coordinamento econo-mici”.Sicuramente le misure previ-ste al vertice di Bruxelles rap-presentano un decisivo passoin avanti nelle cooperazionee nel processo di integrazionedecisionale. L’Europa non do-vrà ripetere gli errori del re-cente passato, gettando le ba-si per il futuro, e tutti i Paesimembri sembrano davvero

decisi e determinati a seguirequesto percorso.Mentre in Europa si decidonomisure importanti per la sta-bilizzazione finanziaria laSpagna mette a segno un col-po negativo facendo registra-re 5 milioni di disoccupati nelterzo trimestre del 2011, atte-standosi ad un tasso del21,52% della forza lavoro, ilpiù alto tasso di disoccupa-zione in 15 anni dal 1996. Ciòdimostra come le debolezzestrutturali dei singoli Statimembri possono continuaread incidere negativamentesull’economia e sul mercatodel lavoro europeo, per cui iproblemi dell’Europa non so-no soltanto di finanza pubbli-ca, ma anche di crescita eco-nomica. Come i Paesi membrihanno difficoltà a crescereper i malesseri dei consumi,degli investimenti e dei reddi-ti, così anche l’Europa soffredelle medesime difficoltà.Tutti gli Stati europei, allora,dovrebbero fare gli stessisforzi che sono stati fatti aBruexelles, accelerare il pro-cesso decisionale delle mag-gioranze parlamentari e/o go-vernative in modo tale da in-tervenire rapidamente nei ri-spettivi mercati. Finalmenteun esempio di interventopubblico strutturale lo ha for-nito per il momento solo l’Ita-lia almeno sulla carta!

Se sarà sufficiente una lette-ra d’intenti a tranquillizza-

re le istituzioni europee sa-ranno i fatti poi a confermar-lo tant’è che il premier SilvioBerlusconi finalmente ha fattochiarezza e con un pizzico diironia ha fatto quello cheavrebbe dovuto fare già datempo, rassicurando l’Europacirca il mantenimento degliimpegni del nostro Paese intema di crescita e sviluppoeconomico mediante l’ado-zione di riforme strutturali. Iltesto fa riferimento alle duemanovre che consentiranno ilraggiungimento del pareggiodi bilancio nel 2013. C’è unpiccolo problema, la lettera èstata presentata e firmata di-rettamente da Silvio Berlusco-ni, mentre non c’è traccia delMinistro dell’Economia GiulioTremonti in quanto la letteraè stata definita dallo stessotroppo ambiziosa: “quella let-tera non è mia facciano comevogliono” raccontano dal Te-soro che abbia detto Tremon-ti. La lettera risponde ad unaprecisa richiesta della UE re-lativa all’indicazione dei tem-pi di attuazione delle misureproposte, una sorta di sca-denzario per dare credibilitàagli interventi previsti. Nelparagrafo b si specifica che lequattro direttrici sulle quali ilgoverno italiano intende ope-rare, dovranno svolgersi neiprossimi otto mesi. Il pianod’azione dovrà essere definitoentro il 15 novembre. Altradata suggerita dalla Commis-sione europea è quella del 31

dicembre per attuare i prov-vedimenti della riforma uni-versitaria. Stessa sorte per lemisure a sostegno dell’im-prenditoria e dell’innovazio-ne: il timing prevede che en-tro la fine dell’anno dovrà es-sere utilizzata la leva fiscaleper agevolare la capitalizza-zione delle aziende con mec-canismi di deducibilità delrendimento del capitale di ri-schio. Ci saranno, invece, seimesi di tempo per la sempli-ficazione amministrativa.Quattro, dunque, le linee di-rettrici su cui, si legge nellalettera, intende operare il Go-verno nei prossimi otto mesi.Entro due mesi, la rimozionedi vincoli e restrizioni allaconcorrenza e all’attività eco-nomica, così da consentire, inparticolare nei servizi, livelliproduttivi maggiori e costi eprezzi inferiori. Entro quattromesi, la definizione di uncontesto istituzionale, ammi-nistrativo e regolatorio che fa-vorisca il dinamismo delle im-prese. Entro sei mesi l’adozio-ne di misure che favoriscanol’accumulazione di capitale fi-sico e di capitale umano e neaccrescano l’efficacia. Entrootto mesi, il completamentodelle riforme del mercato dellavoro, per superarne il duali-smo e favorire maggiore par-tecipazione. Nei prossimiquattro mesi è, a ogni modo,prioritario aggredire con deci-sione il dualismo Nord-Sudche storicamente caratterizzae penalizza l’economia italia-na. Tale divario si estrinseca

in un livello del Pil del Cen-tro-Nord Italia che eguaglia illivello delle migliori realtà eu-ropee, e quello del Mezzo-giorno, che è collocato infondo alla graduatoria euro-pea.Entro il primo trimestre del2012 saranno poi rafforzati glistrumenti dell’Antitrust so-prattutto per evitare contrasticon la legislazione a livellolocale.Oltre al risanamento dei con-ti pubblici, nel 2014 il bilan-cio pubblico chiuderà con unavanzo pari allo 0,5% del Piled un avanzo primario pari al5,7% del Pil e un debito pub-blico al 112,6%. L’impegnodel Governo italiano è tuttoincentrato sulle misure strut-turali per favorire la crescitaeconomica. Per tale ragioneverranno utilizzati al massimoi fondi strutturali medianteuna revisione globale dellaprogrammazione dei medesi-mi per il periodo 2007-2013.La revisione punterà sul raf-forzamento delle risorse a so-stegno degli investimenti perrilanciare la competitività e lacrescita del Paese, interve-nendo principalmente sul po-tenziale non utilizzato al Sud.La strategia che definisce leazioni e gli interventi struttu-rali volti a favorire la crescitae lo sviluppo riguarda la re-visione di alcuni indirizziprogrammatici e di alcunepolitiche economiche: unamaggiore apertura dei mer-cati rafforzandone la capaci-tà di concorrenza, promozio-

ne e valorizzazione del capi-tale umano, riforma struttura-le del mercato del lavoro, ri-forma dell’architettura costi-tuzionale dello Stato, realiz-zazione di infrastrutture perammodernare il paese e ri-lancio dell’edilizia, snelli-mento dell’amministrazionedella giustizia e della pubbli-ca amministrazione nella di-rezione di un vero e proprioammodernamento.Per quanto concerne l’effi-cientamento del mercato dellavoro è prevista l’adozionedi misure concernenti il mer-cato del lavoro, mediante in-terventi volti a favorire l’occu-pazione giovanile e femmini-le, con la promozione di con-tratti di apprendistato, delcredito d’imposta in favoredelle imprese la cui politica diassunzione è praticata in areepiù svantaggiate. Si intervie-ne, inoltre, per soddisfare leesigenze di efficienza delleimprese favorendone i licen-ziamenti per motivi economi-ci nei contratti di lavoro atempo indeterminato.Il Governo provvederà a ri-qualificare le aree di crisi tra-sformandole in aree di svi-luppo, operazione che si in-tende effettuare attingendodalle risorse comunitarie.L’impegno del Governo ver-so le PMI si comprende inquesta politica di destinazio-ne del 50% delle risorse nonutilizzate ogni anno al FondoRotativo per il Sostegno alleimprese e per gli investimen-ti in ricerca.

In tema di semplificazioneamministrativa e normativa sitende a semplificare la disci-plina del bilancio delle S.R.L., lo snellimento in materia divigilanza delle società di capi-tali e degli organi di control-lo. Non si capisce bene peròin che modo questa semplifi-cazione interverrà per leS.R.L. visto che dopo la rifor-ma del diritto societario e tri-butario del 2003 non è statoeffettuato più alcun migliora-mento della disciplina di rife-rimento. La riforma della so-cietà a responsabilità limitataè avvenuta appunto nel 2003,il legislatore ha elaborato unmodello societario nettamen-te differenziato da quello del-la s.p.a. soprattutto nel fun-zionamento e ha creato unadisciplina propria per la s.r.l.Per quanto concerne il rilan-cio dell’edilizia e la realizza-zione di infrastrutture il Go-verno solleciterà una maggio-re partecipazione degli inve-stitori privati facilitando il ri-

corso al project financing.Viene confermato nella lette-ra, la nuova età pensionabileportata a 67 anni per uominie donne nel 2026. Il principiosottostante è l’aggancio del-l’età pensionabile alla speran-za di vita. Razionalizzazionedella spesa pubblica, riduzio-ne del debito pubblico, di-smissioni del patrimonio del-lo Stato, riduzione dei costidegli apparati istituzionali, ela previsione di eventuali mi-sure correttive rappresentanoil pacchetto di interventi strut-turali messo a punto dal Go-verno e rappresentano sicura-mente una grande sfida ambi-ziosa ma non impossibile.Tutto dipenderà dal rispettodei tempi e della compattezzadella maggioranza parlamen-tare.Finalmente un piano di cre-scita e sviluppo degno di unPaese come l’Italia che si at-tendeva da tempo. E chissàchi avrà ragione Tremonti oBerlusconi?

L’Europa fa un bel balzo in avanti nella concertazione intergovernativa

Accordo UE sul piano anti-crisi

La missiva del premier è arrivata a Bruxelles ma Tremonti non la firma

L’impegno dell’Italia in una lettera all’UE

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LA PIAZZA D’ITALIA - ESTERI

Èvero, siamo in ritardo nelfare quelle riforme che

servono a dare un futuro alnostro Paese.E’ vero, la vita privata del no-stro Presidente del Consiglioè stata messa sotto gli occhidi tutti e c’è chi ne approfitta.E’ vero, Bini Smaghi deve di-mettersi dal board della BCE.E’ vero, nella Libia “liberata” icontratti per le risorse energe-tiche devono essere confer-mati o ridistribuiti dal CNT.Queste quattro verità sonoprobabilmente oggetto di ten-sione in seno al Consiglio Eu-ropeo e soprattutto con laFrancia.E’ normale quindi che qual-cosa possa trasparire nell’at-teggiamento di qualcuno maa tutto deve esserci un limite.Il teatrino stile Gianni e Pinot-to che il Presidente Sarkozy ela Cancelliera Merkel hannotenuto alla conferenza stampadi fronte a tutto il mondo èstato indecente e va a colpirenon solo la dignità delle isti-tuzioni italiane ma l’interopopolo.Quella risata, quel dileggiareleggero è un offesa cheavrebbe richiesto toni moltodiversi dai nostri rappresen-tanti perché mai nessunopuò permettersi di offendereil più alto rappresentante diun Paese nell’espressionedella Sua volontà democrati-ca, anche se non si apprezzala sua persona ed il suo ope-rato.La Farnesina avrebbe dovutopretendere un chiarimentoimmediato sulla spinta di unaindignazione popolare chetarda a manifestarsi.Noi riusciamo sempre a farcimale da soli, pochi sono staticoloro che sono rabbrividitidi fronte a quei pochi secon-di di umiliazione di un’interanazione o quantomeno in po-chi lo hanno manifestato.Ad aggravare la situazione c’è

il fatto che un atteggiamentodel genere non è mai stato ri-servato a nessun Paese, nean-che a quelli che di soldi nehanno presi, e tanti, dall’UE,vedi Grecia o Irlanda.Qualcuno si è mai permessodi schernire il Sarkozy ubriacodopo un colloquio con Putin?Rivederlo su youtube potreb-be far capire a molti da qualepulpito viene la predica.Sappiamo che in questo mo-mento è facile approfittaredella situazione per prendersirivincite o semplicemente

mostrare il proprio peso ma ècerto Monsieur le Presidentche la cosa non abbia dan-neggiato anche lui, incapacedi tenere un comportamentoconsono alla carica che ha eal luogo in cui stava, dandospazio ad un comportamentoda bar dello sport? Fu propriolui in un faccia a faccia du-rante le presidenziali a ripren-dere la sua avversaria di allo-ra, Ségolène Royal, perchéreagì in maniera a suo direscomposta ad una sua affer-mazione mentre avrebbe do-

vuto controllarsi se aspirava adiventare Presidente.Forse tutto fa parte di un pia-no per risollevare le sue sortielettorali e, come si sa, nonc’è limite a quello che un po-litico in difficoltà possa arri-vare a fare. Meno male che insuo aiuto, oltre al sentimentoanti italiano, è arrivata sua fi-glia, forse un altro 2% per lariconferma all’Eliseo. Nobles-se oblige.A’ jamais Monsieur le Presi-dent.

Gabriele Polgar

Nessuno può ridicolizzarci, tantomeno un franzoso

Una risata ci seppellirà

Malgrado la volontà dimarcare differenze tra

Italia e la Libia, malgradopossa essere doloroso e for-zato, i due paesi hanno unpercorso comune nella libe-razione dalla dittatura. A dir-celo è la crudeltà delle im-magini che girano il mondoed il web, inaudite per unpopolo cresciuto in oltre ses-santa anni di pace apparen-te, almeno entro le sue mura,e ci riportano alla mente al-cune immagini che hannosegnato la nostra storia, dicui paghiamo ancora le con-seguenze: quelle di PiazzaleLoreto con Mussolini e Cla-retta Petacci massacrati or-mai esanimi dalla folla ebbradi vittoria.A tanti anni di distanza, in unmondo profondamente diver-so, dove tutto è immagine ele immagini sono tutto, vede-

re il linciaggio e l’esecuzione“a freddo” del leader libico faorrore perché nulla sembracambiato, o forse si.A differenza di quanto acca-duto tanti anni fa da noi, chistava perpetrando questo attodi volgare supremazia su unuomo ferito e ormai inoffen-sivo, sapeva di essere ripresoe per questo ha cercato il mo-do per poter rendere l’eventounico e irripetibile.Un atto di protagonismo col-lettivo che esula dalla vogliadi vendetta ma dimostra sem-plicemente la volontà di ren-dersi protagonisti per un mo-mento, illudendosi magari didiventare quell’icona dellanuova Libia che sostituirà conla sua immagine quelle delrais in giro per il paese.E’ questo il senso della cru-deltà di quanto si vede inquesti momenti ed è questo

quello che rimarrà per moltotempo. La necessità di unapacificazione in Libia sareb-be passata più facilmenteper un processo vero al lea-der, la sua crudeltà sarebbe

stata messa in luce dallacondanna implacabile di untribunale che rappresentaquello stesso popolo vessatoe poi rinato.Ha detto bene il Segretario di

Stato Clinton: “la guerra nonè finita”, e difficilmente finiràa breve. Le immagini diffusesaranno lo stimolo per tutticoloro che parteggiavano, an-che solo parzialmente per il

regime di Gheddafi, per cer-care un riscatto.Questa violenza sarà l’attoche dividerà un popolo maiunito, sarà il motivo per in-colpare la fazione avversariae per dimostrare che non èdiversa dall’altra.Un’occasione persa che unpopolo ancora non prontoper la libertà ha lasciato sulcampo anche grazie all’inca-pacità dei nuovi leader di do-minare gli istinti di una massaviolentata per decenni ed incerca di una rivalsa di qual-siasi tipo, anche con il vili-pendio di un cadavere di unuomo un tempo potente e fe-roce dittatore, un implcabileterrorista, poi negli ultimi atti-mi un vecchio ferito e poi fi-nito, nel peggiore dei modi,senza alcuna pietà ma soprat-tutto senza lungimiranza.

Gabriele Polgar

L’esecuzione in mondovisione ci riporta indietro di molti anni

Gheddafi: violenza ed ingiustizia

La fine e l’inizio

Libia, the day afterPremessa.

Anche quando il peggioredei criminali patisce la

peggiore delle sorti, subentra– specie per chi è spettatore enon ha dovuto subire alcunadelle angherie perpretate –una sorta di pietas, di sensodel limite che ci fa vederepersino il mostro semplice-mente uomo.Con la cruenta fine di del Co-lonnello Gheddafi, che mal-destramente – essendo statisconfessati dagli stessi filmatiprodotti dai suoi esecutoricon semplici telefonini – si ètentato di descrivere comefortuita si chiudono 42 annicontroversi.E come al solito, deposto il ti-ranno, viene il diffiile. Perchéa prescindere dal tipo di go-verno, al netto della moralità,da una certezza si piomba inuna fase di incertezza. L’in-certezza del domani.Tuttavia certissime sono le in-tenzioni di chi ha potente

mente contribuito a far fuori ilregime di Gheddafi.Gli anglofrancesi, spalleggiatidagli Usa in versione “low pro-file” – per vari motivi – hannofatto la parte del leone guada-gnandosi una nuova interes-

sante fetta della torta energeti-ca presente sul mercato.Sia dunque fatta la volontà diTotal e BP? Ebbene sì. Tutta-via non sarà facile scalzarel’italiana ENI dal proprio feu-do. Non per le rassicurazioni

dei ribelli che lasciano il tem-po che trovano visto che daquell’orecchio comprendonosolo inglese e francese.Ma piuttosto perché anni eanni di rapporti – ed argo-menti - non possono essere

azzerati nemmeno da CarlaBruni.E l’Italia?Senza meno l’instabilità – ilcosiddetto fronte interno – hainevitabilmente nuociuto insede di salvaguardia dell’inte-resse nazionale.Il patto di amicizia italo-libicoche sia pur discusso in qual-che aspetto aveva di fattoblindato le relazioni politicoe-conomiche italo-libiche è sal-tato. E, non potendosi am-mettere per ragioni di sconve-nienza politica e d’immagine,ad onor del vero la caduta diGheddafi ha senza menodanneggiato più che favoritoil nostro Paese.Senza dubbio chi ha impe-gnato più mezzi e uomini asostegno dei ribelli avrà ilproprio tornaconto. Per gl’in-glesi, Lockerbie è vendicata.Per i francesi, il cambio di re-gime in Tunisia con susse-guente messa in dubbio delloro primato, tamponato.

Francesco di Rosa

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LA PIAZZA D’ITALIA - ESTERI

Il 3 Ottobre è iniziato l’Ottavocorso informativo per giornali-

sti inviati in aree di crisi ed è ter-minato il 14 dello stesso mese; lasede di svolgimento è stata ilCOI, il Comando Operativo diVertice Interforze, presso l’aero-porto militare “Francesco Barac-ca”. Lo scopo è stato quello didare una maggiore conoscenzadei rischi e dei pericoli che sipossono presentare nei teatrioperativi.Per certi aspetti si è trattato piùdi un addestramento minimoche di un corso, ma è giusto co-sì, almeno si comprende che glieroi non esistono e che ognunoè responsabile non solo dellapropria incolumità ma anche diquella altrui.Il corso indubbiamente ha forni-to molti spunti di riflessione nonsolo per ciò che concerne la vi-ta e le attività militari, ma ancheper ciò che riguarda il particola-re mondo dei giornalisti a parti-re dai vertici, visto che esso èstato organizzato grazie alla col-laborazione della FNSI e del Mi-nistero della Difesa.I primi due giorni sono stati teo-rici con l’esame delle varie mis-sioni in atto ed effettuate, la par-tecipazione italiana in operazio-ni e missioni internazionali, no-zioni di pronto soccorso, quindigiusta alimentazione e vaccina-zioni, l’organizzazione della PIadeguatamente illustrata dal Ge-nerale Fogari, quindi le compe-tenze specifiche di SMD PI, itanto “sospirati” rapporti tra mi-litari e mezzi d’informazione egestione delle crisi mediatiche;si è discusso anche sul radicali-smo islamico, sulla fondamenta-le importanza di conoscere gliusi, le tradizioni dei territori incui ci si reca e si è sfiorato l’ar-gomento spionaggio, con op-portuna illustrazione delle nor-me a tutela del segreto dei docu-menti classificati, ma si sa, noivolevamo più “segreti”.Il terzo giorno ha visto la nostrapartenza per Taranto, al fine disvolgere le attività con la MarinaMilitare. Salire sulla Portaerei Ca-vour ha scatenato il giubilo dinoi colleghi, che come dei veri“giornalisti d’assalto”, felici eonorati di essere accolti con un“tappeto rosso” tutto per noi, cisiamo persi a scattare foto su fo-to immortalando l’ingresso trion-fale nella nave, mentre l’equi-paggio giustamente ci aspettavapaziente come si è paziente coni bimbi.Nave Cavour gioiello della Mari-na Militare: lunga 244 metri, lar-ga 40, una velocità che supera i30 nodi. Concepita per lanciarein volo, supportare e ospitare siaaerei che elicotteri, sensori ra-dar, elettro-ottici ed infrarossiche consentono di sorvegliareun’area circolare attorno alla na-ve di 300 Km e una sala di pron-to soccorso e operatoria impo-nente e attrezzatissima. È la na-ve più grande mai costruita perla Marina, dotata dell’apparatopropulsivo marino non nuclearepiù potente al mondo e capacedi assolvere diversi compiti tracui supporto di operazioni dipace, prevenzione di crisi, dife-sa delle vie di comunicazione. Atutto questo si aggiunge in “do-tazione” alla Cavour un coman-dante esperto, cordiale e orgo-glioso della “sua” nave, il co-mandante Aurelio de Carolis,Capitano di Vascello.Il giorno successivo, il Cacciator-pediniere Lanciamissili Mimbellici ha ospitati e “mostrato” tutto ilsuo armamento, differenziatoper la minaccia aerea, di super-ficie e subacquea. Tra il 2006 e il2009 l’Unità ha subito un note-

vole processo di rinnovamentoche ha portato alla sostituzionedi più componenti del Sistemadi Combattimento. In una gior-nata splendida, in occasione del-l’addestramento di Reparto delleUnità delle Forze Navali d’Altu-ra, abbiamo studiato le modalitàorganizzative in caso di attaccoaereo, di superficie con spari dicannoni e difesa in caso di attac-co dal mare. Da segnalare ancheun equipaggio serio (difficile re-stare impassibili di fronte al no-stro atteggiamento felice, ten-dente a “gita scolastica”) orga-nizzato, preparato e anche, sep-pur non siano qualità in partico-lare richieste dalla Marina, sim-patico e socievole.Il 10, l’11, il 12 e il 13 il nostro“addestramento” ci ha visti nellacaserma Lustrissimi e a Valle Ug-gione per teoria e attività con labrigata Folgore, presso CISAMSan Piero a Grado per attività acura della 2 Brigata Mobile Cara-binieri e successivamente attivitàa cura dell’ Aeronautica Militare(46 Brigata aerea). Non potersisoffermare a sufficienza su ognicosa è un peccato, rapporti in-terpersonali compresi, ma il bri-fieng sulle mine, l’imboscata si-mulata, il sequestro, i checkpoint legali e illegali e il volo tat-tico col C130 sono state espe-rienze non solo a dir poco utili eistruttive, ma anche necessarieper non considerare più deter-minate professioni e circostanzelontane da noi.Indubbiamente diversi sono glispunti di riflessione stimolati daqueste due settimane e vannodalla vita militare al mondo delgiornalismo.Il soldato, il militare fa il suo me-stiere, si addestra alla guerra enei tempi di pace si esercita adattacchi e conflitti; ogni giornomastica attività, esercitazioni esimula scenari di crisi, studia emaneggia armi, impara a spara-re e a colpire, quindi parlargli dimissioni di pace o peace kee-ping sembra razionalmente unpo’ fuori luogo.A paragone il mondo del giorna-lismo, prova ma non sempre ciriesce a chiamare le cose col lo-ro nome; non ci riesce quando adisposizione della FNSI ci si in-contra con i giornalisti che con-tano, di quelli che stranamente,per qualche esoterico motivo,più famosi sono e meno hannobisogno di presentazione (la-sciando una fila intera di perso-ne ignare di chi stia parlando) eci si sente dire che Ilaria Alpi e ilsuo operatore sono morti per-ché si sono soffermati troppo inun posto. Va bene, si concedapure il beneficio del dubbio,magari in quel momento c’erabisogno di andare di corsa per-ché c’era poco tempo, ma in-somma, attenzione a descriverele situazioni con le giuste e mo-derate parole.Il giornalismo non riesce achiamare le cose col nome cor-rispondente quando ci si sente

paternamente suggerire che an-dare “embedded” alla fine po-trebbe essere limitativo; va be-ne, ma forse in questa circo-stanza si stanno volutamente, opeggio ancora, ingenuamente,tralasciando due aspetti: in pri-mo luogo, che seguire il corsodella storia anche da un puntodi vista strettamente militare hail suo fondato motivo, perchéal di là di ogni parola di circo-stanza e di parte, gli effetti del-la guerra si osservano, si com-prendono profondamente e siascoltano anche dai soldati, iquali sono persone come altre;in secondo luogo, non tuttihanno una copertura economi-ca tale da soddisfare ogni esi-genza operativa e professiona-le, poichè non tutti ovviamentelavorano per testate giornalisti-che economicamente e com-mercialmente solide.Non è pensabile che si debbanofar notare al sindacato “lì pre-sente” queste due questioni tan-to evidenti e dunque, trovare laparola giusta per definire il mo-tivo per cui questi due aspettinon siano stati sottolineati è dif-ficile.L’opinione pubblica ha per tuttida sempre il suo fascino indub-bio e questo è assodato; alloraforse, la questione più interes-sante da rilevare e più sconcer-tante potrebbe essere un’altra enon affatto scontata: perché ilsindacato, consapevole dell’esi-stenza di queste verità, soprat-tutto della seconda, non ha foca-lizzato e non è intervenuto peraprire una discussione sul mon-do del lavoro di oggi, che evi-denzia una forte disuguaglianzadi condizioni, piuttosto che la-sciar ragionare su embedded onon embedded? La cosa avrebbeincoraggiato un’ampia riflessio-ne su problematiche che ognu-no di noi, a parte i più afferma-ti (fatto che non giustifica unamancanza di attiva solidarietàcon chi ha maggiori difficoltà)sente certamente più che vivasulla propria pelle.Il problema dunque, non sta inquesta o quell’altra alternativa;il nocciolo a monte di ogni con-siderazione sta nel fatto che ilprincipale nemico dell’indipen-denza professionale, è quando illavoro viene messo in pericoloda una mancanza di mezzi e didiritti in quanto ne perde in qua-lità. Questo sta creando un si-gnificativo e triste divario socia-le, sia che si tratti di un qualsia-si operaio Mirafiori, sia che sitratti dei 30 mila dipendentipubblici in esubero in Grecia,sia che si tratti di giornali chenon assumono più da oltre 15anni, sia che si tratti di giornali-sti professionisti, pubblicisti,praticanti, free lance e chi più neha più ne metta, sia che si trattidell’assurdità d’incrementare lacrescita economica rendendopiù flessibile il mercato e facili-tando i licenziamenti.Quando questa dinamica riguar-

da il mondo del giornalismo, na-sce un pericoloso limite alla li-bertà, all’indipendenza e allaqualità dell’informazione.Dignità è forse la parola miglio-re con la quale esprimere l’au-spicio di esercitare ogni profes-sione, cosa che dovrebbe essereripresa e riconsiderata da tutticome elemento fondamentaledella nostra Costituzione.Per terminare questo reportage,fatto di lavoro e di lezioni im-portanti, di ricordi scritti, ma an-che di alcuni non espressi per-ché più intimi, cari e personali,solo un’intervista a qualcunoche di certo può comprenderebene ciò di cui si è parlato, puòdare valore a quanto effettiva-mente vissuto e appreso in quel-le due settimane, così veloce-mente trascorse:

Una domanda, tanto per toglier-mi una prima curiosità: lei sache ho fatto il Corso per giorna-listi e operatori inviati in aree dicrisi, ma alla Folgore mangiatesempre quegli spinaci in scodellecalde di plastica dall’odore edall’aspetto “dubbi”oppure è sta-to un simpatico trattamento pernoi giornalisti?

S. No è un po’ che non mi capi-ta di mangiarne per fortuna, oranon posso di certo lamentarmi,ma ai corsi o in attività esternami è capitato di “gustarne” abba-stanza, quindi so di cosa parla.

Lei crede che questo corso siastato utile per noi?

S. Si, anche se quello che voiavete vissuto in quei giorni, for-tunatamente non è che una per-centuale davvero minima di ciòche può accadere in un teatrovero e proprio e glielo dico sin-ceramente, spesso voi giornalistisiete un peso per noi. Consideriche a volte un soldato può esse-re un problema per gli altri suoicompagni, si figuri un giornalistache non è in grado di muoversi,di badare a se stesso o che nonda ascolto e vuole fare cose cheè meglio che non faccia. L’espe-rienza che lei mi ha raccontatosulla giornalista che mise in pe-ricolo diversi militari perché ave-va preso l’imprudente decisionedi scrivere un articolo fuori dalcampo, su un bel prato ver-de…minato, è l’esempio di ciòche le sto dicendo; o potrei rac-contarle di quella volta in Afgha-nistan che un’altra giornalistadoveva uscire con noi, ma ci fe-ce perdere un sacco di tempoperché era indecisa sul da farsi:sapeva che se saltavamo in arianoi, sarebbe saltata anche lei equindi noi dovemmo aspettareche lei facesse pace con le suepaure e che capisse se se la sen-tiva o meno. Quindi che benvenga un po’ di umile consape-volezza.

È facile immaginare che tipi diluoghi comuni girino sul vostroconto, ma devo dire sincera-mente che ho avuto a che farecon persone efficienti, pratiche,professionali e molto modeste equest’ultima qualità mi ha enor-memente colpito perché invece,per diversi e certi aspetti ho nota-to (già da diverso tempo) unapunta di snobismo/esaltazionenella nostra categoria e un’atti-tudine nel valutare in generale,non sempre sgombra da precon-cetti. Certo, ovvio che sono con-sapevole che per voi era impor-tante sopportarci nella manierapiù elegante possibile.

S. Le mele marce ci sono ovun-que, ma a chi ci “giudica” fretto-

losamente, dico che tanti di noinon dormono a casa con i pro-pri cari, sia che si tratti di uomi-ni che di donne, che tanti nonhanno neanche la televisionenei loro alloggi; noi facciamo unlavoro incredibile in quantodobbiamo imparare l’umiltà,perchè sul campo in ogni situa-zione, anche nella più difficilenon possiamo esitare, noi dob-biamo sapere cosa fare con co-scienza di sacrificio, anchequando dobbiamo salvare voigiornalisti che magari per vostranegligenza, vi siete cacciati neiguai. Per esempio, una volta hosentito parlare una giornalistache tanto illustrava i sacrifici chele donne della sua categoria fan-no per conciliare lavoro e fami-glia, come se solo queste lavo-rassero; tutte le donne che lavo-rano e che hanno famiglia han-no problemi a riguardo e perl’appunto, figuriamoci una don-na militare.

Che cosa è la Patria per lei?

S. Non voglio essere retorico,ma io morirei per la Patria. Perme è tutto, è un insieme di valo-ri a cui ho creduto da sempre,fin da piccolo, innamorato delRisorgimento e dei nostri eroi.Ma sarebbe meglio che un veroonore per la Patria esistesse inmaniera più estesa e vera, alloraio mi sentirei ancora più vicinoad essa.

In che senso?

S. Nel senso che i primi servito-ri della nostra Patria dovrebberoessere i nostri rappresentanti, iquali dovrebbero davvero pen-sare a risolvere i problemi cheabbiamo in Italia, solo così mo-strerebbero vero rispetto per es-sa; ecco una buona dose diumiltà sarebbe salvifica ancheper loro, che per primi dovreb-bero essere i più devoti alla Pa-tria, operando responsabilmenteper il suo bene. Se chi più diogni altro dovrebbe servire laNazione, non lo fa in manieraadeguata, non è di buon esem-pio per chiunque, figurarsi pernoi soldati.

Bene, adesso mi dica: noi inter-veniamo in un conflitto, interve-niamo per difendere i famosi in-teressi nazionali e credo si possadire che per interesse nazionales’intenda interesse economico ocomunque un equilibrio che cida una certa sicurezza nazio-nale in generale, perché altri-menti già da tempo dovevamoessere presenti anche in Siria,per dirne una. Allora, quandola Patria la chiama a interveni-re in un teatro di guerra, dovelei rischia in prima persona, co-me fa a conciliare il suo altoideale di Patria con la consape-volezza che si va su quel territo-rio per difendere interessi chepossono anche non essere cosìromantici e non direttamente le-gati a lei?

S. Allora, indubbiamente non sipuò negare che l’interesse eco-nomico/politico ci sia, ma since-ramente la giustificazione ideo-logica che si da’ non è per medel tutto rilevante perché io so-no consapevole che quando va-do lì faccio il mio, mi do da fa-re, svolgo i miei compiti con at-tenzione e passione e tocco conmano i risultati. Quindi per mela cosa fondamentale è fare ilmio dovere e vederne i frutti.

Va bene, ma generalizzando emantenendo ferma una rico-struzione con una “Afghan Fa-

ce” per una governance locale alungo termine, si può dire checiò che facciamo noi in Afgha-nistan sia paragonabile in uncerto modo ad un Piano Mar-shall che fu nei nostri confronti:per la serie, io vengo dopo i bom-bardamenti, ti aiuto a ricostrui-re (certo magari sarebbe meglionon distruggere prima), impian-to le basi perché maturino i semidi una democrazia e tu Statoentri nell’orbita amica? Certo,noi eravamo un popolo ben di-verso rispetto all’assetto socialeAfghano….

S. Bhe si secondo me il parago-ne ci potrebbe stare.

Scusi, ma alcuni addestratorihanno detto che quando cerca-no di formare corpi di polizia ef-ficienti e preparati si creano pro-blemi perché i futuri poliziottinon si presentano puntuali agliorari previsti, non ci sono i mez-zi necessari, etc.. insomma qua-si un disastro. Ma allora se è dif-ficile costituire un corpo di poli-zia puntuale ed equipaggiato,ma come si può pensare di par-lare obiettivamente di esporta-zione di democrazia ed esserecredibile? Come si fa a pensared’installare forzatamente istitu-zioni che garantiscano certiequilibri? Magari la soluzionenon sta solo in un intervento ar-mato, ma magari la questione èpiù ampia e profonda.

S. Dunque, si, è scoraggiante avolte quando vedi queste cosema la voglia indubbiamente daparte nostra c’è ed è fondamen-tale il nostro contributo; ancheda parte loro c’è e la situazioneprenderà la giusta piega quandole mafie locali non ci sarannopiù o quanto meno andranno adepotenziarsi anche grazie alnostro impegno; allora tutto saràpiù facile. Ma ovvio ci vorrà tan-to tempo, è un’ impresa difficile,ma anche in questo senso ope-riamo per la democrazia.

Ritornerebbe in Afghanistan?Perché si? Perché no?

S. Si assolutamente; il contattoumano, l’accorgersi che i proble-mi sono ovunque gli stessi e cheaccomunano tutti, il prodigarsi,l’aiutare altri e vederne i frutti, èbello e poi mi permetta un po’di cinismo… i paesaggi afghanisono splendidi. Davvero, perquesti motivi, il pericolo e lapaura non sarebbero un ostaco-lo, inoltre sono consapevole deirischi.

Ho letto che l’Italia in Afghani-stan è il paese leader nell’operadi riforma del sistema giudi-ziario (dalla ricostruzione del-le strutture, alla formazionedel personale); mi scusi ma contutti i problemi e le ambiguitàche abbiamo noi con la giusti-zia, palazzi da occupare, car-riere da riformare, la giustiziapoliticizzata.. questo compitonon è per noi un paradosso?Insomma “non è che rischiamodi formare anche lì giudici disinistra”…?

S. bhe, in questi casi i colori del-la politica non contano. L’Italia,anche con i suoi problemi inter-ni è un grande paese e lo dimo-strerà, ne sono certo.. e poi co-munque, diciamo che lì è piùcomplicato “ragionare conun’ottica solo all’italiana”.È stato bello e continuerà ad es-serlo, nella fatica, nella pratica enel ricordo di ognuno.

Ilaria Parpaglioni

Spunti di riflessione

Ottavo corso informativo per inviati di guerra

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Dall’estate sono bruscamentepeggiorate le prospettive del-l’economia globale. È rallen-tata significativamente l’attivi-tà nelle economie avanzate,frenata non solo da fattoritemporanei, quali il rialzo deiprezzi dell’energia e le conse-guenze del terremoto inGiappone, ma anche dallaperdurante debolezza dell’oc-cupazione. Nei paesi emer-genti l’attività economica halievemente decelerato, pur ri-manendo su ritmi elevati. Gliorganismi internazionali han-no rivisto significativamenteal ribasso previsioni per lacrescita mondiale nell’anno incorso e nel prossimo.Il brusco ridimensionamentodelle prospettive di crescitaha determinato una marcatainstabilità sui mercati finan-ziari. Le tensioni hanno inte-ressato i titoli del debito so-vrano di un numero crescen-te di paesi dell’area dell’euro,con ricadute anche sulla ca-pacità di raccolta e sulle valu-tazioni di borsa delle banche.È aumentata la volatilità. Unageneralizzata “fuga verso laqualità” ha sospinto la do-manda di titoli pubblici degliStati Uniti e della Germania,di beni e valute rifugio comel’oro e il franco svizzero; haprovocato forti ribassi deicorsi azionari e obbligaziona-ri privati, più accentuati nelcomparto bancario; ha deter-minato un deflusso di capitalidai paesi emergenti.

La crescita dell’area dell’eurosi è significativamente inde-bolita. Su questo indeboli-mento hanno inciso la revi-sione al ribasso delle prospet-tive di crescita dell’economiamondiale e l’estendersi delletensioni finanziarie. La pro-spettiva è che nel terzo equarto trimestre dell’anno visarà un ulteriore indeboli-mento.Il problema vero che riguardatutte le istituzioni è che lalentezza nella predisposizio-ne di procedure di gestionedella crisi ha alimentato idubbi degli operatori sul-l’adeguatezza degli strumentia disposizione delle autoritàdell’area dell’euro. Il 21 luglio2011 è stato approvato unnuovo programma di soste-gno finanziario la Grecia e so-no state adottate alcune misu-re per rafforzare la capacità diintervento dello European Fi-nancial Stability Facility, il cuiprocesso di ratifica è statocompletato il 13 ottobre.I differenziali di rendimentorispetto al Bund tedesco deititoli di Stato di molti paesidell’area, tra i quali l’Italia e laSpagna, dopo una flessionein agosto hanno nuovamenteraggiunto livelli molto elevatiin settembre. L’Italia ha risen-tito in misura particolarmenteaccentuata l’evoluzione del-l’economia globale e le turbo-lenze sui mercati. Nonostantela sostanziale solidità del si-stema bancario, il ridotto li-

vello di indebitamento dellefamiglie e l’assenza di signifi-cativi squilibri sul mercatoimmobiliare, il nostro paese èstato investito dalla crisi conparticolare intensità per effet-to dell’elevato livello del de-bito pubblico, della forte di-pendenza dell’attività econo-mica dall’andamento delcommercio internazionale edelle deboli prospettive dicrescita nel medio termine.Nel secondo trimestre del2011 il Pil dell’Italia è aumen-tato dello 0,3% sul periodoprecedente, dopo due trime-stri di sostanziale stagnazio-ne. Le esportazioni hannocontinuato a fornire il princi-pale sostegno alla crescita; ladomanda interna è rimastadebole. Questa ha rappresen-tato un vero e proprio freno,ed è tuttora ferma. Se non ri-parte la domanda interna dif-ficilmente l’economia nazio-nale potrà riprendere a cre-

scere. Per far ripartire la do-manda interna e quindi i con-sumi occorrono misure di sti-molo quali ad esempio am-pliamento del credito, tagliodelle tasse e una massicciaspesa per infrastrutture, comeparte di un programma di svi-luppo di ampio respiro desti-nato a compensare le avversecondizioni sui mercati mon-diali potenziando appunto ladomanda domestica. Le prin-cipali aree di spesa dovrebbe-ro essere: alloggi per la popo-lazione a basso reddito, infra-strutture rurali, acqua, elettri-cità, trasporti, ambiente, inno-vazione tecnologica. I massi-mali di credito delle banchecommerciali dovrebbero es-sere aboliti per indirizzare i fi-nanziamenti verso progettiprioritari, aree rurali, piccolee medie imprese, innovazio-ne tecnica e razionalizzazionedell’industria tramite fusioni eacquisizioni. In particolare,

l’offerta del credito è stata mi-rata e focalizzata soprattuttoalla sfera del credito al consu-mo. Occorrerebbero, in ulti-ma analisi, politiche volte adaccelerare il processo di libe-ralizzazione su alcuni merca-ti. Le politiche suindicata im-plicano un massiccio inter-vento di spesa pubblica cheoggi, l’Italia non può assolu-tamente permettersi. Ecco al-lora qual è il vero problemadel nostro sistema economi-co: muovere la spesa pubbli-ca significa aumentare le usci-te e un bilancio che ha unaposta passiva come quella deldebito enorme tale da pregiu-dicarne gli equilibri verrebbebombardato qualora dovesseesserci una politica di spesapubblica in uscita. Ma questaè l’unica leva che potrebbestimolare la ripresa e se nonla si muove allora diventa uncircolo vizioso è come il caneche si morde la coda. Pur-troppo la realtà è una sola:stimolare la crescita di unpaese con un debiti pubblicocosì alto e accumulato in ma-niera troppo elevata nel corsodei decenni diventa quasi im-possibile soprattutto se attesain tempi brevi. L’unica scossaal sistema economico potreb-bero darla le imprese me-diante assunzioni, ma è an-che vero che le imprese sonoin difficoltà perché non rie-scono a vendere quantitatividi merce sufficiente a coprirei costi di produzione.

Le politiche pubbliche, cheper troppo tempo non hannoarginato la crescita esponen-ziale e indiscriminata del de-bito, purtroppo hanno provo-cato seri danni all’economiareale. La soluzione non è innessun colpo di bacchettamagica. Tutti gli indicatoriconfermano la debolezza del-la domanda interna, e nelcorso dell’estate il quadrocongiunturale è addiritturapeggiorato. In settembre l’in-flazione è salita al 3,1% ri-spetto allo stesso periodo del2010.Sono state adottate alcuneprime misure volte a favorirela crescita economica; essecomprendono norme per li-beralizzare i servizi pubblicilocali nonché l’accesso el’esercizio delle attività eco-nomiche. Le regole sulla rap-presentanza sindacale e sullapossibilità per i contratti na-zionali di derogare al contrat-to collettivo nazionale, intro-dotte con il recente accordointerconfederale ed estesedalla legge 148 del 2011.Le tensioni che hanno inve-stito il nostro Paese rafforza-no l’urgenza di politicheeconomiche che assicurino ilrisanamento dei conti pub-blici, contribuendo a conte-nere i tassi di interesse, eche affrontino le debolezzestrutturali italiane per so-spingere la crescita e facilita-re l’aggiustamento della fi-nanza pubblica.

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA

L’economia globale è in sofferenza, le banche rimangono solide ma le tensioni condizionano la capacità di raccolta

Il rallentamento congiunturale e l’instabilità sui mercati

La crisi europea è nata nelletasche degli Stati membri ed

è ancora intrappolata nelle fi-nanze pubbliche di questi al-largandosi anche al settorebancario. Non è una novità chel’attuale situazione finanziariadegli Stati e la preoccupanteentità dei relativi debiti sovranirappresentino ancora una feritaprofonda nei bilanci pubblici enel sistema finanziario euro-peo. Quello che andrebbe evi-tato però è che questi debitidovrebbero cominciare a scen-dere. Tremonti, a latere del-l’Ecofin a Lussemburgo, sostie-ne che il governo italiano hafatto le cose giuste nel tempogiusto. “L’Italia è tra i pochipaesi con avanzo primario.

L’avanzo primario dell’Italia èquindi “una dato oggettivo”,per cui altri hanno il debito chesale, noi abbiamo il debito chescende, e non a parole”, ha os-servato il ministro, ricordandoche questo trova riscontro an-che dai dati del Fondo Moneta-rio Internazionale.In contabilità nazionale l’avan-zo primario del bilancio delloStato può essere definito comela differenza fra le entrate e lespese pubbliche, senza consi-derare gli interessi da pagaresul debito pubblico. In econo-mia il debito pubblico si inten-de il debito dello Stato nei con-fronti di altri soggetti, individui,imprese, banche o Stati esteri,che hanno sottoscritto un cre-dito allo Stato sotto forma diobbligazioni o titoli di stato(quali BOT, CCT, BTP in Italia)destinate a coprire il disavanzodel fabbisogno finanziario sta-tale ovvero l’eventuale deficitpubblico nel bilancio dello Sta-to. Se il tasso di crescita del Pilrisulta minore del tasso di inte-resse dei titoli di Stato e si è in-

tervenuti aumentando le tasse,per cui non c’è un disavanzoprimario (uscite maggiori delleentrate) e quindi le entrate so-no maggiori delle uscite si haun avanzo primario comequello dichiarato da Tremonti.In tal caso il rapporto debitopubblico/Pil dovrà decrescereannullandosi dopo un certoperiodo di tempo e ciò accadròse, e solo se, il rapporto debi-to/Pil iniziale è maggiore diquello stazionario. In particola-re, affinchè il rapporto debi-to/Pil decresca, occorre che ladifferenza tra il tasso di cresci-ta del Pil ed il tasso di interes-se dei titoli di Stato sia suffi-cientemente piccola e che leentrate siano sufficientementegrandi. Attualmente lo Stato ita-liano ha un tasso di crescita delPil intorno all’1,10% ed un tas-so di interesse dei titoli di Statoche dipende dal programma diemissioni redatto dal Diparti-mento del Tesoro su base an-nuale. Per quanto concerne iltasso di interesse medio dei ti-toli di Stato si oscilla attorno al

2,10%. La differenza tra le duegrandezze non è sufficiente-mente piccola in pratica è parial doppio, cioè il Paese crescedell’1,10% e dovrà sostenerecosti per interessi mediamentepari al 2,10%.È agevole notare come il rap-porto debito/Pil non può certa-mente ridursi per effetto diquesta forbice troppo rilevantein termini di oneri finanziari.Quanto afferma Tremonti, intermini di riduzione del debitopubblico non è propriamentevero. L’avanzo primario esistema non è tale da determinareuna riduzione del debito pub-blico. Tale debito non fa altroche registrare su base mensilelivelli record. Non bisogna di-menticare che l’Italia non cre-sce quindi il Pil è troppo vicinoallo zero e il debito pubblico,invece, sale vertiginosamente.Sarebbe più coerente afferma-re che i debiti sovrani sono an-cora molto lontani dall’abbas-sarsi così come auspicato dalleistituzioni europee. Anche se ildato dell’avanzo primario ita-

liano è oggettivo. È oggettivoperò anche il dato sui livelli re-cord del debito pubblico italia-no: al 31.12.2010 era pari a1.843.015 milioni di euro cioèal 119% del Pil, nel 2007 am-montava a 1.602.115 milioni dieuro, nel 2008 a 1.666.603 nel2009 a 1.763.864 milioni di eu-ro. La composizione del debitoera costituito per l’83% dai tito-li di Stato e per il restante 17%da altro.Per quanto concerne, invece,l’ammontare di debito stimatoalla fine di settembre è pari a1.907.000 milioni di euro. Iltrend è disastrosamente cre-scente e quindi Tremonti èsmentito da questi dati ogget-tivi. In un momento così diffi-cile non si può fare demagogiasui conti pubblici. La manovradi risanamento italiana è in at-to ma ci vuole molto tempoprima che questa trovi riscon-tro nell’ottimismo contabile delministro Giulio Tremonti.L’Europa si è espressa a favoredella manovra italiana anche senutre qualche perplessità sulla

capacità del Governo di mante-nere gli impegni assunti. Il Mi-nistro dell’Economia Tremontifa presente, inoltre, che “abbia-mo la tenuta dei conti pubblicianche in assenza di crescita”.Quindi, è evidente la politica acompartimenti stagni dell’attua-le maggioranza parlamentare,risanamento e stabilizzazionedei conti pubblici e poi cresci-ta. Questa è forse la peggior cri-tica che si deve e si può muo-vere a questo governo. Occor-reva una manovra che legasseil risanamento alla crescita, al-meno in termini temporali, ciònon è accaduto e ciò produrròinevitabilmente effetti compres-sivi e contrattivi nel sistemaeconomico nazionale.Ma se il Pil non cresce e il de-bito pubblico cresce a tempi elivelli record come si può pen-sare di ridurlo visto che il saldodel rapporto che va ridotto ècostituito proprio da questedue grandezze debito/Pil?Se la matematica non è un’opi-nione solo Tremonti riesce arenderla tale.

Tremonti a margine dell’Ecofin tenutosi a Lussemburgo ha affermato che in Europa la crisi è nella finanza pubblica…

Quando la contabilità pubblica e la realtàeconomica non sono un’opinione...

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Domenica 23 ottobre2011, circuito di Se-

pang, Marco Simoncelli (Sico SuperSic se preferite) muo-re dopo aver perso il con-trollo della sua moto alla cur-va 11.La morte di un pilota è sem-pre una tragedia, amplificataoltre modo dalla direttamondiale e dalla ripetizionefino allo sfinimento delle im-magini dello schianto. D’al-tronde a quasi 30 anni dal 8maggio del 1982 le immaginida Zolder dell’incidente del-l’indimenticabile Gilles Ville-neuve, che come una bam-bola di pezza veniva strap-pato dal suo abitacolo e do-po un volo impressionante siandava ad abbattere sul ter-reno in corrispondenza di unpaletto della rete di protezio-ne, sono incise dentro di me,come un filmato che se pursbiadito non perde la forzadi una verità che non vorre-sti accettare.Muore a soli 24 anni, con ilpadre e la fidanzata ai box,

muore investisto dall’amicodi sempre Valentino Rossi, dicui qualcuno sperava avreb-be saputo raccogliere l’eredi-tà sportiva. Muore il ragazzo“antico” dal sorriso aperto esincero, muore il pilota velo-ce ed aggressivo, spesso sulconfine labile tra il sorpassostraordinario e la manovraeccessiva. Muore con lui lanostra speranza che esserericchi e famosi ci renda an-che immortali.Ma c’è una cosa che non ca-pisco. Già dopo pochi mi-nuti dopo l’incidente si sonospesi fiumi di parole, e diconseguenza di titoli di gior-nale, su cosa “non ha fun-zionato”, sulla causa dell’in-cidente di Marco, sul perchéfosse morto. Non dubito chei tecnici della Honda ed i re-sponsabili del motomondia-le debbano fare una indagi-ne puntuale ed approfondi-ta per verificare se esistonodelle cause tecniche all’inci-dente di Marco Simoncelli,così che l’evento non si ri-

proponga (si pensi alla rot-tura dello sterzo nell’inci-dente che causò la morte diSenna nel 1994), ma l’opi-nione pubblica perché se lodomanda? A me sembrastraordianriamente chiarocosa ha ucciso Marco: Mar-co Simoncelli è stato uccisodalla passione che avevaper guidare una moto al li-

mite. Trovo irritante e fintoscrivere sui giornali che èstata l’elettronica o le gom-me ad uccidere Marco Si-moncelli. Perché è così diffi-cile accettare che alcunepersone scelgono di viverededicandosi completamen-te, ed accettando il rischiodi morire, per una passione.Karl Unterkircher, Patrick de

Gayardon, Audrey Mestresolo per citarne alcuni insport diversi da quello dellecorse, hanno trovato la mor-te in quello che per loro erala vita: la montagna, il cieloed il mare.Inizio a pensare che per tut-ti coloro che passano la vitasenza essersi potuti dedicarealla propria passione, quindicompreso il sottoscritto, c’èinvidia e quindi l’impossibili-tà di accettare che qualcunolo abbia fatto e che di conse-guenza abbia accettato lapropria morte con il sorrisosulle labbra. Non esiste una“montagna assassina” o un“mare crudele” e pertantoneanche una“elettronica/pneumatici omi-cida”, esistono solo gli esseriumani, con le loro passioni ei loro margini di scelta, con illoro destino e la possibilitàdi mutarlo.Zanardi, che la morte in fac-cia l’ha vista sulle 4 ruote, hascritto di Marco: “Se Marcoera lì a correre era perchè lo

aveva scelto, aveva realizza-to il suo sogno. Poi ci sonooperai che cadono dalle im-palcature e muoiono sul-l’asfalto: rischiano la vitasenza averlo scelto” (Leggodel 24 ottobre 2011 pagina3). Nelle interviste di ieri ilgrande Giacomo Agostiniparlava delle gomme: “Forsele gomme attuali hanno deiproblemi ad entrare in tem-peratura, d’altronde siamonoi piloti che chiediamo chesiano sempre più performan-ti e lo siano dal primo all’ul-timo giro, non si può preten-dere tutto”.Pertanto chiediamo a questainformazione di lasciarcipiangere la perdita di MarcoSimoncelli, uomo e pilota, edi non cercare a tutti i costicause “non umane” ad unevento naturale quale lamorte, anzi che questi eventici riportino alla caducità del-la vita ed alla necessità di vi-vere ogni giorno di essa pie-namente, sapendo che la vi-ta dura poco.

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LA PIAZZA D’ITALIA - ATTUALITÀ

Visionario, creativo, profe-ta, tagliatore di teste, ine-

sauribile innovatore e fino aieri per molti immortale.Tutti i suoi fans, vedendolodeperire apparizione dopoapparizione, pensavano chece l’avrebbe fatta, che luinon poteva essere come altrisfortunati, lui, baciato dallafortuna di avere una mentediversa, non poteva essereuguale agli altri nel suo de-stino umano.Steve Jobs è stato qualcosadi enorme nel mondo dellatecnologia prima e del mon-do poi.Non è un’esagerazione per-ché una parte della storia re-cente è stata fortemente in-fluenzata da una visione cheJobs aveva da tempo. Quelloche la tecnologia ha permes-so ai giovani iraniani, adesempio, portando all’ester-no dei confini quanto avveni-

va durante la repressione delregime, è stato il frutto dellavisione di Steve Jobs. Graziea lui la condivisione dei con-tenuti in mobilità ha acquisi-to una forma che prima nonsi poteva immaginare.I grandi social network, i ser-vizi internet sono stati pla-smati intorno a quello cheJobs ha immaginato e realiz-zato nella sua vita.L’impatto che Jobs ha avutosul mondo è paragonabile aquello di poche altre personenell’ultimo secolo.Ha inventato il PC, il Macin-tosh, il primo palmare, l’iPod,l’iPhone e l’iPad ma anche al-tro. Quando fu cacciato dallasua creatura fondò la Next,rilevò la Pixar e la portò alvertice del cinema di anima-zione tanto da essere poi ac-quistata dalla Disney portan-do il genio di Cupertino adessere uno dei maggiori azio-

nisti della storica casa cine-matografica.Indimenticabile il suo inter-vento a Stanford nel 2005 do-ve, già consapevole del suomale, dava agli studenti e almondo la visione della vitache lo ha guidato da sempre.La morte è la cosa che ogniessere vivente condivide congli altri, è l’unica certezza edè per questo che non biso-gna vivere la vita di qualcunaltro ma seguire le propriepassioni ed intuizioni. Essereaffamati e folli.Senza andare troppo indie-tro, Jobs ha ripreso in manola Apple, dopo l’esilio forza-to impostogli dai suoi stessi manager, in una situa-zione estremamente difficile,schiacciata dallo strapoteredella Microsoft e imballatada una autoreferenzialità chela stava affossando. A quelpunto la creatività è stata lastella polare di un’aziendache in poco più di dieci anniè divenuta leader in settoriche al tempo erano separatinettamente: grafica, musica,informazione, lavoro e tem-po libero.Alla fine degli anni ‘90 la re-te si stava espandendo cosìvelocemente che molte dellegrandi aziende del tempo fa-cevano fatica a capire dove ciavrebbe portato. Jobs invecegià sapeva cosa fare, i com-puter dovevano permettere atutti di sfruttare al massimoquello che ancora doveva av-venire.Nasce l’iMac, bello e costosoma con qualcosa in più checominciava a dividere gliutenti della mela dagli altri.

Cominciava a propagarsi unafede quasi religiosa nellagrande capacità di questaazienda che metteva a dispo-sizione degli utenti applicati-vi complessi indissolubil-mente legati ad una sempli-cità d’uso che sistemi diversidal Macintosh non si sogna-vano.Una nicchia piccola di utentiche si sentiva parte di unqualcosa che solo anni dopola massa avrebbe visto. Ilconcetto di “all in one” e deltutto è possibile.Quando il keynote (evento incui vengono presentate lenovità) del mago della Appleera un evento per addetti ailavori e pochi altri era co-munque incredibile vedere ilcarisma e l’energia che ema-nava quando parlava dellanuova creazione di quel mo-mento, non era una voglia dipromuovere, Jobs credevafermamente di fornire almondo in quel preciso istan-te qualcosa che lo avrebbepotuto migliorare.La sua grande invenzione ful’iPod. Non il primo lettoremp3 ma, in un periodo in cuitutti i giganti facevano laguerra a Napster, Jobs tiròfuori dal cilindro il modo perpoter portare non pochi me-ga ma giga (centinaia di ore)di musica ovunque in un ap-parecchio grande quanto unpacchetto di sigarette. Unadifferenza immensa che hafatto uscire il mondo da unutilizzo della musica in movi-mento e non solo, fino a quelmomento fermo praticamen-te da 25 anni. Inimmaginabi-le è stato poi l’impatto sul

mercato discografico il suc-cessivo avvento di iTunes edel suo store.Il movimento si è ingigantito,Jobs ha acquisito un creditoche non aveva prima e ognianno ha portato sempre piùavanti un mondo votato apermettere a tutti di farequello quante più cose con ipropri mezzi.L’iMac è cambiato nel tempo,da bel computer a elementodi design sempre più poten-te, i portatili sempre piùavanti ma soprattutto il siste-ma Macintosh che ha fattodella semplicità e della stabi-lità la sua arma vincente. Nel2007, quando Apple era ridi-ventato un colosso, Jobs inun’indimenticabile keynotepresentò l’iPhone, parlò ditre grandi innovazioni quelgiorno: un iPod con controllitouch, un rivoluzionario tele-fono e un innovativo internetcommunicator. Le tre iconeche simbileggiavano questitre argomenti, sul grandeschermo alle sue spalle, si al-ternavano sempre più velo-cemente fino a quando an-nunciò che non erano tre ap-parecchi ma uno solo. Il suomodo di vedere la comunica-zione di tutti i giorni. Avantianni rispetto agli apparecchiche eravamo abituati ad usa-re. Il mondo della comunica-zione e tutto il resto non fupiù lo stesso.Da quel giorno Apple diven-ta la lepre che tutti inseguo-no, il marchio che tutti vo-gliono avere in casa o in ta-sca trascurando il costo, avolte eccessivamente elevato,ma il prezzo dell’innovazio-

ne, che diventa una fintaesclusività, si paga, Steve losapeva e ha reso Applel’azienda con la maggiore ca-pitalizzazione (da 50 a 400miliardi di dollari in 10 anni).Grazie poi anche alla sua ul-tima creatura: l’iPad.Tutti i suoi “nemici” lavorava-no per la sua creatura perchévolenti o nolenti da tempoApple è un insieme di dogmiche rappresentano qualità einnovazione e quindi unmarchio di garanzia per unamoltitudine di aziende, quasiuna certificazione di qualitàper chi ci collabora. Micro-soft, Google e tanti altri,apertamente in concorrenza,hanno fornito servizi sia sullapiattaforma Mac che su quel-la iOS di iPhone e iPad.Per molti tutto questo è soloparlare di gadget tecnologicima in realtà è molto di piùperché l’impatto che questioggetti hanno avuto nella no-stra vita, nell’annullare le di-stanze tra le persone, nelportare e far arrivare notiziee contenuti, ad esempio, so-no molto di più.“Voglio lasciare un segnonell’universo” diceva, forsenon è arrivato a tanto ma loha fatto nella vita di tutti noiche quotidianamente usiamoqualcosa che è uscito dallasua mente e questo non sifermerà ora che non c’è più,il suo lascito all’umanità siesaurirà tra molti anni, nonc’è dubbio.Apple ed il team di dirigentifatto crescere da Jobs succe-derà al suo creatore. Il re èmorto, lunga vita al re.

Gabriele Polgar

Una passione che ha presentato un conto altissimo, ma fa parte del gioco

Ciao Sic!

Steve Jobs 1955 - 2011

Stay hungry. Stay foolish