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IL MONDO È TUTTO
QUELLO CHE
ACCADE
Cecilia Noemi Príncipe
Filología Italiana: litteratura Italiana Neorrealismo fino ai nostri giorni
2012
INDICE
PRESENTAZIONE DI: ITALO CALVINO E DI LUDWING WITTGENSTEIN.
SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE (SCHEDA).
LUDWING WITTGENSTEIN: IL “PRIMO” E IL “SECONDO” WITTGENSTEIN,
D’ACCORDO ALLE SUE OPERE.
CONFRONTO TRA ITALO CALVINO-LUDWING WITTGENSTEIN.
CONCLUSIONE
Italo Calvino nasce il15 ottobre a Santiago de las Vegas, presso L’Avana. Il suo padre, Mario, è un
agrónomo di vecchia familia sanremese, che si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale
di agricultura e una scuola agraria. La familia Calvino fa ritorno in Italia nel 1925. I Calvino vivono
tra la Villa Meridiana e la campagna avita di San Giovanni Battista. Nel 1929-1933 frequenta le
Scuole Valdesi. Fra il 1939-1940 comincia ad scrivere. Scrive brevi racconti, poesie, testi teatrali;
coltiva anche il suo talento e la sua passione per il disegno, la caricatura, la vignetta: fra la
primavera e l’estate del 1940 il “Bertoldo” di Giovanni Guareschi gliene pubblicherà alcune,
firmate Jago, nella rubrica “Il Cestino”. Nel quadro del suo interesse per il cinema, scrive recensioni
di film. Nel maggio del1942 presenta senza successo alla casa editrice Einaudi il manoscritto di
Pazzo io o pazzi gli altri, che raccoglie i suoi primi racconti giovanili, scritti in gran parte nel 1941.
Le sue opzioni politiche si vanno facendo via via più definite. Il 25 di luglio, la noticia dell’incarico
a Pietro Badoglio di formare un nuovo governo lo raggiunge nel campo militare di Mercatale di
Vernio (Firenze); dopo l’otto settembre, renitente alla leva della Repubblica di Salò, passa alcuni
mesi nascosto. È questo-secondo la sua testimonianza personale-un periodo di solitudine e di letture
intense, che avranno un grande peso nella sua vocazione di scrittore. Comincia a lavorare nella casa
editrice Einaudi vendendo libri a rate. Pubblica su periodici “l’Unità”, “Il Politecnico”, numerosi
racconti che poi confluiranno in Ultimo viene il corvo. In maggio comincia a tenere sull’ “Unità” di
Torino la rubrica “Gente nel tempo”. Incoraggiato da Cesare Pavese e Giansiro Ferrata si dedica
alla stesura di un romanzo, che conclude negli ultimi giorni di dicembre. Sarà il suo primo libro, Il
sentiero dei nidi di ragno. Nel 1948 alla fine di aprile lascia l’Einaudi per lavorare all’edizione
torinese dell’Unità, dove si occuperà, fino all settembre del 1949, della redazione della terza
pagina. Comincia a collaborare al mensile del Pci “Rinascita” con racconti e note di letteratura. In
noviembre del 1956 escono le Fiabe italiane. Il successo dell’opera consolida l’immagine di un
Calvino “favolista”, che diversi critici vedono in contrasto con l’intelletuale impegnato degli
interventi teorici. Nel 1957 esce Il barone rampante. La sua notorietà va sempre più consolidandosi.
Di fronte al moltiplicarsi delle offerte, le richieste di collaborazioni da tutte le parti: quotidiani,
settimanali, cinema, teatro, radio, televisione ecc..
Nel anno 1963 in cui prende forma in Italia il movimento della cosidetta neovanguardia; Calvino,
pur senza condividerne le istanze, ne segue gli sviluppi con interesse. Dell’attenzione e della
distanza di Calvino verso le posizioni del Gruppo “63” è significativo documento di polémica con
Angelo Guglielmi seguita alla pubblicazione della Sfida al labirinto. Nel 1964 sposa Chichita.
Viaggia a Cuba e sarà un’occasione per visitare i luoghi natali e la casa dove abitavano i genitori.
Fra i vari incontri, un coloquio personale con Ernesto “Che” Guevara. Scrive una fondamentale
prefazione per la nuova edizione del Sentiero dei nidi di ragno. Sul “caffè” in noviembre di questo
stesso anno escono le prime quattro cosmicomiche: La distanza della luna, Sul far del giorno, Un
segno nello spazio, tutto in un punto. Nella seconda metà di giugno del anno 1967 si trasferisce con
la familia a Parigi; finisce di tradurre I fiori blu di Raymond Queneau da una conferenza sul tema
“Cibernetica e fantasma” ricava il saggio Appunti sulla narrativa come proceso combinatorio, che
pubblica su “Nuova Corrente”. Nel anno 1969 nel volumen Tarocchi. Il mazzo visconteo di
Bergamo e New York di Franco Maria Ricci appare Il castello dei destini incrociati. Prepara la
seconda edizione di Ultimo viene il corvo. In primavera esce La Lettura. Di concezione interamente
calviniana sono i capitoli Osservare e descrivere, nei quali si propone un’idea di descrizione come
esperienza conoscitiva. In 1970 rielaborando il materiale di un ciclo di trasmissioni radiofoniche,
pubblica una scelta di brani del poema ariostesco, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato
da Italo Calvino. Nel 1972 pubblica Le città Invisibili. Nel 1979 pubblica il romanzo Se una notte
d’inverno un viaggiatore, dil qualle farò special attenzione più avanti. Nel 1980 raccoglie nel
volumen Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, la parte più significativa dei suoi
interventi saggistici dal 1955 in poi. Nel 1983 nel pieno della grave crisi che ha colpito la casa
editrice Einaudi esce in noviembre Palomar. Nel mese di aprile del 1984 viaggia insieme alla
moglie a Argentina, accogliendo l’invito della Feria del Libro di Buenos Aires. In settembre è a
Siviglia, dove è stato invitato insieme con Borges a un convegno sulla letteratura fantástica. Nel
anno 1985 s’impegna con la casa editrice Einaudi a srcrivere un’introduzione per America di Kafka.
E soppratutto prepara il testo delle conferenze (six Memos for the Next Milennium) che dovrà tenere
all’Università di Harvard nel anno academico 1985-1986. Colpito da un ictus in settembre, viene
ricoverato e operato all’ospedale Santa Maria della Scala di Siena. Muore in seguito a emorragia
cerebrale nella notte fra il 18 e 19.
Ludwing Wittgenstein nasce a Vienna il 26 di aprile nel anno 1889, di famiglia borguese
dell’impero asutroungarese. La sua familia era d’origine ebraico, ma pronto avevano lasciato dietro
il suo passato diventando cosi protestanti e occuppando un luogo di preminenza nella società
Vienesa. Ludwig era il minore di cinque fratelli e tre sorelle. Studiò fino ai 14 anni privatamente,
poi frequentò per 3 anni la Realschule a Linz, una scuola statale che oggi definiremmo a indirizzo
tecnico-meccanico. Benché fosse cresciuto a Vienna e avesse rivendicato per tutta la vita le proprie
origini austriache, il nome di Wittgenstein è legato specificamente agli ambienti inglesi del Trinity
College di Cambridge, dove egli studiò e collaborò subito attivamente con Bertrand Russell,
dal 1911 al 1914, e dove ritornò nel 1929 per continuare le sue ricerche. La vita di Ludwing subisce
un cambio radicale quando s’arruola volontariamente nell'esercito austriaco come soldato semplice
in fanteria, quindi successivamente è promosso ufficiale di artiglieria: combatte sul fronte russo e su
quello italiano (altopiano di Asiago), dove si guadagna diverse onorificenze e medaglie al valor
militare nella prima guerra mondiale. Wittgenstein aveva il abito di plasmare i suoi pensamenti che
aveva rumiato in forma di diario.
I suoi primi scritti sono profondamente influenzati dai lavori sulla logica dello stesso Russell,
di Alfred North Whitehead e del logico tedesco Gottlob Frege, ma anche dalle opere di
Schopenhauer e di Moore, oltre che, anche se in apparenza solo superficialmente, da Nietzsche. La
pubblicazione del Tractatus fu un problema. Non c'erano editori disponibili a pubblicare un lavoro
filosofico sviluppato in quella forma, che al di là dei contenuti assolutamente inconsueti, risultava
piuttosto striminzita agli occhi degli editori stessi, abituati a trattazioni più ampie. Per farla breve ci
volle l'introduzione scritta da Bertrand Russell perché il libriccino di Wittgenstein risultasse
"idoneo" o quantomeno appetibile in vista di una pubblicazione. Nella convinzione di avere risolto
definitivamente "tutti" i problemi, come diceva il finale della sua prefazione, Wittgenstein
abbandonò coerentemente l'ambiente accademico e metaforicamente anche la filosofia. Questa
opera l’accettano Routledge e Kegan Paul, che pubblicò nel 1922 un’edizione bilingüe con
traduzzione inglese di C.K. Odgen realizzata con l’aiuto di Frank P. Ramsey. Così s’inaugura la
tradizione di pubblicare le opere di Wittgenstein in edizioni bilingüe, cosa che, insieme al suo
proprio carattere, ha contribuito a dargli un certo carattere oracolare. Appena pubblicato,
il Tractatus logico-philosophicus, diventò punto di riferimento per il Circolo di Vienna al quale il
filosofo austriaco non aveva mai aderito ufficialmente, pur frequentandolo, criticandone i
fraintendimenti della sua opera.
Il pensiero di Wittgenstein ha profondamente influenzato lo sviluppo della filosofia analitica (in
particolare la filosofia del linguaggio, la filosofia della mente e la teoria dell'azione) e gli sviluppi
recenti della cosiddetta filosofia continentale. La sua opera ha avuto una certa eco anche oltre la
filosofia strettamente intesa, in campi quali la teoria dell'informazione e la cibernetica, ma anche
l'antropologia, la psicologia e altri settori delle scienze umane. Wittgenstein è stato un pensatore
anomalo per vari motivi (per la personalità, la condotta di vita, l'avversione alla filosofia
tradizionale, il carattere spesso criptico ed enigmatico dei suoi scritti, il lungo silenzio), e la sua
opera è oggetto di continue reinterpretazioni (spesso assai differenti tra loro). Lo stesso titolo della
sua opera, l'unica pubblicata dall'autore, può essere frainteso; significa che l'interesse è logico in
una dimensione prioritaria. Infatti Wittgenstein rifiutò titoli consimili come logica filosofica (lettera
a Ogden), intendendo affermare una priorità assoluta della logica e, insieme, l'idea che la logica è
essenzialmente filosofica (si tenga conto che in quegli anni la logica aveva assunto valore
matematico, soprattutto con Russell, Peano e Frege) e come tale non ha bisogno dello specifico
aggettivo.
Dal 1920-1926 Wittgenstein lavora come proffessore nella scuola di vari villaggi della Bassa
Austria. Nel’periodo che va dal suo ritorno di Cambrigde fino al inizio della seconda guerra
mondiale è probàbile che ne sia il maggior prodduttivo di tutta la sua carriera. Per l'ottenimento di
una borsa di studio, scrive una serie di appunti, pubblicati postumi col titolo di Osservazioni
filosofiche. L'opera tuttavia non contiene l'intera mole di scritti che Wittgenstein elaborò in questo
periodo. Un'altra parte di essi è raccolta in due opere intitolate Grammatica filosofica e The Big
Typescript. Tutti questi appunti confluiscono poi nell'opera matura Ricerche filosofiche, pubblicata
anch'essa postuma. Capita che stessi pensieri siano ripetuti in diverse opere. Ciò è dovuto anche al
carattere particolare di composizione dei manoscritti, da alcuni definito ossessivo e basato sul fatto
che Wittgenstein soleva ritagliare pezzetti di scrittura e poi incollarli. Finita la seconda guerra
mondiale riprende di maniera piena la sua attività come proffessore a Cambridge. Alla fine di
questo anno 1947 rinuncia come proffessore. Nel’anno sucessivo si stabilisce nella costa
occidentale Irlandesa e più tardi in un hotel a Dublin, dove compie la sua seconda parte dil testo
delle Ricerche filosofiche. Wittgenstein sapeva che aveva un’cancro. Nonostante, in quelli due anni
finali della sua vita ha lavorato mentre soffriva la sua malattia. Muore a Cambrigde circondato da
alcuni amici alla fine di aprile nel’anno 1951.
Se una notte d’inverno un viaggiatore
Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo di Italo Calvino pubblicato nel 1979, come ho
segnalato più sopra. La trama principale dil libro, è formato da dieci capitoli inseriti all'interno di
una cornice: i singoli capitoli in realtà sono costituiti da dieci incipit di altrettanti romanzi. La storia
della cornice, che si sviluppa parallelamente alla lettura dei diversi incipit, narra invece del Lettore
(chiamato esplicitamente Lettore) e Ludmilla (la Lettrice), e della loro storia d'amore, che segue
uno schema narrativo tradizionale in cui non manca il lieto fine. Apprestatosi a leggere un nuovo
libro, Se una notte d'inverno un viaggiatore, il Lettore si accorge dopo poche pagine che la storia si
interrompe per una cattiva impaginazione del volume, senza che sia possibile procedere. Va
alla libreria per reclamare e incontra la Lettrice, Ludmilla, che ha lo stesso problema. Forniti
entrambi dello stesso volume sostitutivo, cominciano insieme la lettura del libro, ma essendo
anch’esso incompleto vanno alla ricerca del finale, imbattendosi in un terzo libro, del tutto
differente. La ricerca della conclusione li porta sempre, per i più svariati collegamenti, alla scoperta
di libri nuovi ma sempre incompleti.
La donna si dimostra essere collegata in qualche modo a Ermes Marana, il capo di una immensa
quanto assurda organizzazione segreta che falsifica dei libri d’autore e che assume un'importante
parte nella ricerca del "vero" testo dei romanzi, cercato dai personaggi. Superati gli ostacoli, alla
fine della loro avventura letteraria, i due si innamorano e si sposano. In un sottile, elaborato e
originale gioco letterario, divertente e divertito, gli artifici, gli ingranaggi, i trucchi e le trappole
della scrittura e della lettura vengono messi in opera, e a lo stesso tempo, nella finzione narrativa,
esplicitamente scoperti e messi a nudo. Attraverso il procedimento di “messa a nudo”, l’artificio
attraverso il quale il soggetto dell'opera viene trasferito a livello dei personaggi, la teoria del
romanzo si rende visibile e trasparente, proprio nei progetti e nelle idee espresse dai due personaggi
complementari: Silas Flannery (alter ego di Calvino) e Ermes Marana (responsabile di tutte le
sostituzioni, traduzioni, falsificazioni dei testi, che costituiscono i romanzi «inscatolati» nella
cornice).
Il primo: Se una notte d’inverno un viaggiatore ci porta in una stazione ferroviaria di provincia
dove il protagonista è costretto a fermarsi per vicissitudini che non ci verranno svelate, questo
viaggiatore è in possesso d’una misteriosa valigia a cui si riferisce più volte infondendo all’lettore
un profondo senso di inquietudine. Il racconto si arresta nel punto in cui il viaggiatore, dopo aver
ricevuto istruzioni da un organizzazione misteriosa riparte con un treno senza lasciar traccia. Nel
secondo racconto: Fuori dell’abitato di Malbork. Il protagonista è un ragazzo che si trova costretto
a lasciare la sua casa per andare ad vivere da dei parenti. Nella famiglia arriva un altro ragazzo che
prende il suo posto. La vicenda s’interrompe con un litigio fra i due. In questo spezzone salta
all’occhio la cura nella descrizione degli ambienti. Il terzo racconto, Sporgendosi dalla costa
Scoscesa, ci conduce in Polonia dove un uomo che si trova li per motivi di salute cerca di
conquistare una ragazza che invece lo usa per poter liberare un suo amico da una prigione che si
trova in città, quando l’uomo si ritrova coinvolto in un organizzazione che ha lo scopo di far
evadere tutti i detenuti dalla prigione, come di consueto, il racconto s’interrompe e lascia posto al
quarto: Senza temere il vento e la vertigine, dove, in una città tormentata dalla guerra e dalla
rivoluzione il protagonista è un giovane poliziotto doppiogiochista che viene a scoprire che i suoi
migliori amici hanno avuto ordine di ucciderlo. Il quinto racconto: Guarda in basso dove l’ombra
s’addensa, ci porta a Parigi, dove, un uomo uccide con la complicità dell’amante un vecchio amico,
ma mentre i due cercano di liberarsi del cadavere vengono scoperti…In una rete di linee che
s’allacciano è il sesto racconto e ci mostra l’ossessione d’un professore universitario per lo squillo
del telefono, questa sua mania lo porterà a rispondere ad un telefono in una casa disabitata,
l’interlocutore è un rapitore che senza permettergli di replicare gli lascia un indirizzo e gli dà
mezz’ora per poter salvare l’ostaggio che si trova con loro e che si scopre essere una sua alunna. Il
settimo racconto: In una rete di linee che s’intersecano s’apre con un soliloquio sugli specchi d’un
uomo disonesto, ossessionato dalla paura d’essere rapito e allo stesso tempo rapito da se stesso, in
una strana circostanza l’uomo si trova in una sala di specchi e sprofondando nella follia crede
d’aver raggiunto la completezza dell’essere. Nell’ottavo racconto, Sul Tappeto di Foglie Illuminate
dalla Luna, la trama è confusa, sappiamo quasi con certezza di trovarci in Giappone dove un
ragazzo che segue un tirocinio a casa d’un professore, si innamora di sua figlia ma alla fine si
ritrova ad avere un rapporto con la moglie del maestro che pur sorprendendolo non dice nulla forse
con lo scopo di usare l’accaduto come ricatto per screditarlo agli occhi di altri docenti universitari.
Il nono spezzone: Intorno a una Fossa Vuota è ambientato nell’america della metà dell’ottocento,
dove un ragazzo, dopo la morte del padre, si ritrova a cercare la madre che non ha mai conosciuto,
arrivato in un paese vicino, le storie che sente su suo padre si addensano fino a formare un ritratto di
lui che il ragazzo non immaginava, prima che la storia s’interrompa, per una serie di coincidenze il
ragazzo si trova a ripercorrere gli stessi passi del padre che aveva combattuto attorno a una fossa
vuota uccidendo il suo rivale e assicurandosi la sopravvivenza. Il decimo racconto: Quale Storia
Laggiù attende la Fine? È sicuramente il più profondo ed il più bello, racconta d’un uomo che
decide di cancellare tutti gli elementi che lo infastidiscono nell’ambiente che lo circonda, dopo una
serie di ragionamenti arriva alla conclusione che al mondo possono rimanere solo lui e la sua amata.
Quel uomo può con facilità divenire metafora dell’autore tradizionale, quel «fantasma dai mille
volti e senza volto», che dietro ogni libro «garantisce una verità a quel mondo di fantasmi e
d'invenzioni» che fanno la letteratura e la rendono più vera del vero. L’ultimo titolo che và a posarsi
in fondo ai dieci è l’ipotetica intestazione di una dei racconti delle mille e una notte: Chiede,
desideroso d’ascoltare il racconto.
Con questa “introduzione” al libro Se una notte d’inverno un viaggiatore, voglio fare una piccola
presentazione del tema che voglio elaborare in confronto al filosofo Ludwing Wittgenstein. La
relazione che questi due autori fanno tra il linguaggio e il mondo, specialmente il vincolo che
Calvino ci presenta fra il mondo e il libro (questo mondo è composto d’elementi), di fronte a
Wittgenstein dove ci presenta il mondo figurato attraverso il pensamento e il linguaggio, quindi
pensare è creare, elaborare la realtà.
Come ho segnalato più sopra Ludwing Wittgenstein ha pubblicato in vita solo un’opera: Tractatus
logico-philosophicus. Come ho già detto questo autore sostenne una “teoria raffigurativa” del
linguaggio, second la quale il senso delle proposizioni linguistiche è dato dal loro raffigurativa stati
di cose possibili. Ne deriva, di conseguenza, l’affermazione dell’insensatezza di tutte le
proposizioni che non esprimono stati di cose, ovvero quelle riguardanti le questioni più importanti
per l’umanità: l’etica, l’estetica, la religione. Su di ese, sostenne Wittgenstein, non si può parlare
corretamente, per cui bisogna tacere. Se invece di concepire quello che è possibile alla raggione
teorica in termini psicologici (quello che è “intuitivo”, “immaginabile”, “intelligibile”) lo facciamo
in termini di quello che è “pensabile” e tenniamo in conto che un pensamento è per Wittgenstein
una figura lógica dei fatti, una proposizzione con senso, ci incontramio che la ricerca sulle
caratteristiche più generali di tutti sistema di rapresentazione è una ricerca su i confini di quello che
può dirsi con senso. Lo stesso Wittgenstein è perffettamente coscente di quello. Leggiamo nella sua
prefazione: “il libro vuole diseganre un limite al’pensare o, meglio, non al’pensare anzi alla
espressione dei pensamenti”; perche, per potter disegnare un limite al’pensare, avremmo potuto
pensare entrambi parti di quel’confine (avremmo potuto pensare quello che non si può pensare”).
Per questa ragione, il limite solo può disegnarsi nel’linguaggio e quello che sta al di là dil limite
sarà, semplicemente, un senza senso”. Questo è: l’scopo dil Tractatus, stabilire confini a quello che
può dirsi con un senso compiuto, già che tutto pensamento si può espressare attraverso proposizioni,
equivalente ad stabilire confini al pensamento. Il confine solo può fissarsi internamente, solo può
essere rapresentato dalle caratteristiche più generali di qualsiasi rapresentazione. Il centro dal qualle
si sviluppa il compito del’senso è quello si conosce come la teoría della figura. Quella nozione di
maniera lógica consente a Wittgenstein generalizare la sua tesis della representazione figurativa di
modo che si possa applicare ai pensamenti,- un pensamento è una figura lógica dei fatti-e
finalmente alle proposizioni la qualle caratteristica principale è che tutti i suoi elementi costituenti
sono parole. Così i pensamenti come le proposizioni sono figure logiche. Questo vuol dire che
entrambi sono fatti che si compongono di elementi che condividono forma figurativa con l’realtà.
Il Tractatus logico-philosophicus è un’opera breve. Le proposizioni dell’opera hanno in un primo
viso la forma di aforismi. Infatti il Tractatus non vi descrive fatti possibili ne fatti dil mondo,
altrimenti parla dil linguaggio e della lógica che regge il nostro pesamento e il nostro mondo. La
lógica stabilisce qualle è il confine dil linguaggio, del pensamento e dil mondo, e in questa maniera
ci presenta il proprio limite del linguaggio che, obviamente, già non fa parte dil mondo, ritenendosi
così fuori del area di quello pensabile ed espressabile. A causa di questo, come v’insegna
Wittgenstein: “essiste certamente l’inespressabile. Si mostra, è l’mistico” (Tractatus 6.522).
L’scopo della filosofía è, quindi, precisamente, arrivare fino ai limiti dei fatti del linguaggio, dove
già non parliamo del mondo però, comunque, si resta dimostrato l’inespressabile. Questo è il caso
delle tautologie, le contraddizzioni, e in generale, le proposizzioni proprie della lógica.
Segno proposizionale, proposizione e pensamento (3.5-4.001), un segno proposizionale è un fatto
quando vienne applicato, pensato, è un’pensamento que ha allo stesso tempo elementi ed strutture.
La totalità delle proposizioni costituisce il linguaggio di una maniera paralela a come il mondo è la
totalità dei fatti e non dei suoi componenti, le cose. Per tanto sarebbe un’errore concepire il
linguaggio come la totalità dei componente degli segni proposizionali, i nomi.
La proposizione come figura della realtà (4.011-a.0311), benchè, in un primo viso le proposizioni
non sembrano essere le figure della realtà, Wittgenstein difende nel Tractatus che si sono in effetto
figure. Pertanto anche se neppure la nota musicale sembra essere a un primo viso una figura della
muscia, ne l’sctittura fonética una figura dil linguaggio parlato, tutti questi notazioni sono figure
perché stanno fra di se nella relazione interna della figurazione che vi da tra il linguaggio e il
mondo.
In una seconda fase della sua riflessione, di dui sono espressione le Ricerche fiiosofiche (1953) e
molte altre opere postume, Wittgenstein rivide questa sua prima teoría lingüística e si convise del
fatto che il linguaggio, lunghi dall’avere la funzione di raffigurare la realtà, è come un “gioco”,
ovvero un isieme di regole utile a organizzare una specifica attività umana: di conseguenza, a
seconda delle diverse “forme pratiche di vita” umane, si avranno diversi giochi linguistici, da quelli
della comunicazione quotidiana ai linguaggi specialistici e scientifici. Queste riflessioni furono
particularmente importante per lo sviluppo della filosofía del linguaggio (la branca della filosofía
che ha per oggetto il linguaggio umano e in generale i sistema di comunicazione elaborati
dall’uomo) e indicarono un’importante via nell’interpretazione lingüística contemporánea, anche in
questo caso non legata a una visione rigida della scientificità.
La parola non è l’sfiguramento della vita, una decorazione, un’ “extra”, anzi è la capacità per poter
vedere la realtà più profonda è intima delle cose e così poter espressarli. Il Tractatus è una teroia dil
pensamento, come ho segnalato più sopra, attraverso di una teoría dil linguaggio; è già che il
pensamento versa circa dello reale, sarà anche in un ultimo termino una teroria della realtà. Il
Tractatus versa sul’isomorfismo dil’linguaggio e il mondo, e la reduzzione dil linguaggio alla sua
funzione descittiva. Linguaggio e mondo hanno un’elemento comune: la sua forma. Per questo il
Tractatus non solo è una riflessione sulla lógica e il linguaggio, bensì supporre una riflessione
sul’essere; il studio dil linguaggio si costituisce a condizione necessaria (ma anche sufficente) dil
conoscimento dil mondo.
Con questo breve “analissi” dell’intenzione del Tractatus ho voluto presentare quello che possiamo
dopo collegare con Italo Calvino e le sue opere. Credo che si può collegare con Italo Calvino per
una semplice raggione: se una notte d’inverno un viaggiatore è insomma un metaromanzo,ossia
romanzo dui modi di fare un romanzo, che mette a frutto, e in parte parodizza, molte della
acquisizioni della teoría letteraria sulla funzione del lettore e sull’esaurimento di tutte le storie
possibili: la tensione conoscitiva pare tutta rivolta al testo e alla sua lógica, ed è fundamentalmente
la rappresentazione narrativa delle varie “risposte previste” da parte del destinatario, persino in
rapporto alla continua frustazione del desiderio e della curiosità, dato che gli inizi dei vari romanzi
non trovano mai una prosecuzzione. Ma questo testo, sicuramente il più postmoderno di Calvino,
dopo il grande successo iniziale è stato spesso considerato eccessivamente artificioso o
manieristico.
Quindi, in se una notte d’inverno un viaggiatore, non racconta più storie, secondo la prassi del
raccontare tradizionale; ma, sollecitato dalla teoría della letteratura formulata nell’ambiente della
rivista “Tel Quel”-per il quale “lo scrivere non consiste più nel raccontare, ma nel dire che si
racconta-narra, con un linguaggio “galileiano”, preciso, concreto, razionale ed elegante, le forme
della narrazione. E così, in questo “romanzo della teoría del romanzo”, il Lettore che
tradicionalmente ama le storie compiute, e che solitamente ocupa la posizione terminale nella
catena comunicativa, viene a trovarsi a inmediato contatto con un anónimo ed impersonale
Narratore, che lo chiama a farsi protagonista di una avventurosa lettura continuamente interrota.
Dunque, l’intertestualità, la potenzialità riposta in ogni singolo testo di entrare in relazione con altri
testi, non solo è implícitamente pratica da Calvino, il cui romanzo sembra richiamare altri libri, in
particolare di Borges. Ma è anche, realizzata e concretizzata, nella funzione narrativa,
seppurinvolontariamente, dal Lettore protagonista. Questi, infatti, nella speranza di giungere alla
storia compiuta, ogni volta rimane impigliato in frammenti di storie che continuano a rinviare l’uno
all’altro, in una specie di labirinto.
Un collegamento chiaro che io vedo con Wittgenstein, lo possiamo comprovare in Lezioni
americane, sei proposte per il prossimo milennio. Nel ultimo capitolo 5 della Molteplicità, citto:
“… mi pare che si presti molto bene a introdurre il tema della mia conferenza, che è il romanzo
contemporáneo come enciclopedia, come método di conoscenza, e soprattutto come rete di
connessione tre i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”. Qui si puo vedere una chiara
influenza, almeno in quanto al concetto di connessione fra mondo e linguaggio con Wittgenstein.
Continua dicendo più sotto, quando spiega perchè sceglie Gadda come autore: “…perchè la sua
filosofía si presta molto bene al mio discorso, in quanto egli vede il mondo come un “sistema di
sistemi”, in cui ogni sistema singolo condiziona gli altri e ne è condizionato”. In questo capitolo se
comprende chiaramente la intenzione di Calvino con questo suo testo: “l’èccessiva ambizione dei
proposti può essere rimproverabile in molti campi d’attività, non in letteratura. La letteratura vive
solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là d’ogni possibilità di realizzazione. Solo se
poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà
ad avere un funzione… la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e
i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”.
Nel stessa opera, nel capitolo sulla Visibilità, credo che c’è anche un collegamento in quanto a
concetti dil’pensamento sul linguaggio di Wittgenstein; per esempio, secondo l’ipotesi di Sergio
Albano su Wittgenstein e il liguaggio, lui fa un’appartato su la esistenza semiótica. Parte dalla
materialità dil linguaggio, il postulato d’esistenza semiótica, attraverso operazioni splicite, fa
possibile la localizzazione e identificazione di una multitudine di occhi disponibili per la sua
ricuperazione secondo i criteri di demarcazione e delimitazione che vi fissa li ogni enunciato. A
l’stesso tempo, ogni enunciato o formazione discorsiva, sotto alcuni regole, è un’produttore naturale
di esistenze semiotiche, per quanto lascia valori di esistenza sul soggetto o oggetto. A questo punto,
il soggetto della enunciazione risulta obbligatorio, già che l’esistenza semiótica si stabilisce grazie
alla relazione transitiva che vincola ad un soggetto conscitivo con un’oggetto o attinente (relatum).
Così, la funzione comprensione si costituisce come un’oggetto d’esistenza semiótica dopo di
proiettare su di essa alcune marche semantiche le cui regole di formazione depende dal tipo di
discorso sotto il qualle s’organiza detta funzione. La funzione comprensione mostra comportamenti
diversi secondo il piano conoscitivo nel qualle si affetta.
Nel capitolo sulla Visibilità, Calvino vi dice: “Mi pare che in questa situazione il problema della
priorità dell’immagine visuale o dell’espressione verbale (che è un po’come il problema dell’uovo
e della gallina) inclini decisamente dalla parte dell’immagine visuale.”
A questo punto credo che si vede chiaramente questo stesso concetto sulla visibilità dell’immagine
in questi due autori. I due autori stanno d’accordo con il fatto di che qualche enunciato verbale è
produtto di un’ “rifflesso” previo della realtà, o dil mondo che vi circonda, quindi d’immagini che
farà a noi comprenderé qualche realtà.
Sergio Albano vi continua spiegando nella sezione II, L’teoria del riflesso, dove privilegia su di
essa il carattere figurativo dil linguaggio sulla funzione descriptiva o semántica, la concepzione
“pittórica dil’linguaggio”. È importante anche capire che le realizazioni grammaticali e il non senso
mostrano che il “significato” di una proposizione debe stabilire una rigorosa dipendenza rispetto ai
“fatti” che descrive. Gli analisti logici, da sua parte, credevano che la teoría del conoscimento deve
lasciare la dicotomía “vero/falso” e ricuperare la dicotomía “proposizione/fatto”.
Calvino finisce il capitolo sulla Visibilità dicendo:”comunque, tutte le “realtà” e le “fantasie”
possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e
io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale; le visioni polimorfe degli
occhi e dell’anima si trovano contenute in righe uniformi di caratteri minuscoli o maiuscoli, di
punti, di virgole, di parentesi; pagine di segni allineati fitti come granelli di sabbia rappresentano
lo spettacolo variopinto del mondo in una superficie sempre uguale e sempre diversa, come le dune
spinte dal vento del deserto”.
A questo punto, si vede che i due autori stanno d’accordo in quanto alla maniera di rappresentare la
realtà. Wittgenstein difende che quella relazione lógica-fatica stabilita tra la proposizione e la
“realtà”, è vero, “articolazione” reciproca di elementi prima che una corrispondenza o
rapresentazione. Quindi il fatto di poter essere una figura, è tener qualcosa in comune con
l’figurativo. Per Wittgenstein, se il linguaggio può figurare la realtà è perche ambi due possono
condividere l’stessa forma lógica. Il concetto di proposizione come figura lógica della realtà ha
bisogno di tre elementi: a) il mondo (i fatti) come aspetto obbiettivo della realtà figurativa, b) il
linguaggio (le proposizioni) come aspetto soggettivo e, c) la forma lógica che sta fra i due. La
funzione dil linguaggio è confirmare o no il fatto, non centra il tipo di discorso non descrittivo
(discorso valorativo, o poetico). Questa concezione da una considerazione fática dil linguaggio. La
ricerca sul’linguaggio è la via di acceso al conoscimento di quello che è reale. L’espresione per
eccelenza dil pensamento è il linguaggio verbale. Cosi il linguaggio costituisce la miglior forma di
espressare il pensamento.
Con questi esempi si è capito la teoría dil riflesso al meno, e Wittgenstein continua ancora di più, ci
vuole anche una “sintassi lógica”, dove lui capisce che sono le regole di costruzione e di formazione
di un linguaggio perfetto; lui continua adesso con la questione dil significato, che sarebbe il
risultatto di alcune regole di funzionamento sanzionate a causa dil uso. Così, comprendere il
significato di una parola, dice Wittgenstein, è sapere come si usa. È adesso vediamo un
cambiamento, già non si trata di un linguaggio solo come riflesso pittorico della realtà, bensì di
regole di gioco in virtù delle qualli non solo si producono i significati secondo le regole di uso,
altrimenti anche le comprensioni reciproci fra i parlanti. Ma questa sarebbe un’altra questione che
nel mio analissi non è necessaria. D’accordo a come sviluppa il pensamento di Wittgenstein
vediamo che rinnuncia la teoría figurativa della proposizione e il uso prende il primo posto come
criterio único di significato: chiedere per il significato di una parola o di una frase corrisponde a
chiedere come si usa; e questa maniera d’usare la parola ci aiuta per sapere se una persona ha
capito o no il suo significato. D’altre parte, la varietà d’usi dil linguaggio appare ingranditta fino al
massimo: ci sono molti classi d’enunciati, e incomputabili usi possibili dil linguaggio.
In quanto alla “sintassi lógica” c’è un rapporto chiaro con Calvino e la sua comprensione della
Esattezza, nel capitolo terzo delle Lezione americane. Comincia il capitolo con la definizione, che
Calvino ci compone di tre temi fondamentali: 1. Un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato;
2.l’evocazione d’immagini visuali, incisive, memorabili; 3. Un linguaggio il più preciso possibile
come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione. Nel secondo punto
l’ho definito già più sopra. Adesso è importante capire come quell’linguaggio preciso c’è a che
vedere con la sintassi lógica che ci presenta Wittgenstein (non in tutta la sua spiegazione, ma in
parte). Calvino vi dice che in quanto al lessico il linguaggio deve essere preciso è deve a che vedere
con il pensiero e l’immaginazione, quindi di nuovo con il concetto di visibilità e d’immagine
figurativa dei fatti. Ma c’è anche un’altro punto importante, per il qualle il linguaggio si materializa,
come ho detto prima, ed è la costruzione fra questi segni logici. Per Wittgenstein un segno
acquisisce un’carattere lógico nella missura in che queste ci presenta con altri segni. Questo segno
si può capire che ci sia un parola inserita nella supeficie di una catena testuale o discorsiva. Quello
che vi dice anche Calvino, la precisione dil linguaggio in quanto al lessico aplicato. In effeto, tutte
le parole portano con se un significato è questo succede solo per il fatto che ci s’articolano con altri
parole e formano dei sintagmi e comportano un’ordine lógico fra di loro secondo le sue categoríe.
L’intuizione di fondo è che il incontro con la realtà, con se stesso, con gli’altri, con il universo, sia
attraverso le mediazioni, cioè la parola, il pensamento, i sentimenti. Perchè Ludwing Wittgenstein
era cosciente dil simplismo che questo supporre credere che la realtà si poteva concepire súbito.
A questo punto secondo me Ludwing Wittgenstein e Italo Calvino, condividono alcuni concettti ed
aspetti dell’significato dil linguaggio in quanto a relazione con la realta e il mondo. Possiamo dire
che ambi due comportano una visione molto materializata del’linguaggio. Niente potreve essistere
se non attraverso il linguaggio. Wittgenstein l’applica d’una maniera sempre più analítica è Calvino
ha questo appendice che c’è a che vedere con il simbolismo della parola nella letteratura.
Wittgenstein vuole la perfezione della sintassi, del rapporto tra le parole, e se non si può è meglio
non dire niente. Calvino vuole anche questa perfezione della sintassi ma con questo valore
sopraggiunto che sarebbe secondo me il simbolismo è il sentimento che ci trasmette attraverso il
linguaggio. La realtà per Calvino è anche l’immaginazione, i sogni, e quello che possiamo chiamare
surrealista. Calvino se ha convinto di che il universo linguistico ha scavalcato la realtà e utiliza il
romanzo come un’meccanismo che gioca con le possibile combinazioni delle parole, e questo è
precisamente quello che ha fatto nella sua opera Se una notte d’inverno un viaggiatore. Per
Wittgenstein la percezione sulla realta viene condizionata sempre dalla visione, dell’immagine che
per poter essere trasmessa deve contenere un collegamento lógico o almeno simbolico con la realtà.
Questo linguaggio afferra dei significati, questi significati vengono dalle parole che hanno la
funzione di rapresentare la realtà, già siano cose fisiche o no, cioè il linguaggio può rapresentare i
sentimenti, il dolore, la felicità, la morte, il pensamento, e con questo accostare il mondo a noi ed
agli altri.
Quindi a modo di conclusione solo dire che Italo Calvino e Ludwing Wittgenstein, sono un chiaro
esponente dil pensamento che s’svolge in tutto il secolo XX. Ognugno ha portato al linguaggio una
nuova concezione della realtà e dil mondo che vi circonda.
BIBLIOGRAFÍA
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ANTOLOGÍA E STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA ED EUROPEA.
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