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ORGANO UFFICIALE DEL DUCATO DI PIAZZA PONTIDA Sodalizio per la salvaguardia e la diffusione della tradizione bergamasca Cos’è la tradizione? É il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi costituirà la tradizione di domani SAN GIOVANNI XXIII - PAPA GIOPÌ: scarpe gròsse e servèl fì. ANNO 127 N. 7 - 15 APRILE 2020 Poste Italiane - Spedizione in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) articolo 1, comma 1, LO/BG «IL NEMICO PIÙ FORMIDABILE È QUELLO CHE NASCONDE I SUOI DISEGNI» ma… «VINCE COLUI CHE SOFFRE E DURA» H o trovato le due massime poste nel titolo in un vecchio libro (stare in casa lascia anche più spazio alla lettura) e subito me ne sono appro- priato ritenendole attinenti al momento. Nella prima c’è il nemico irriconoscibile che insidia la nostra salu- te, nella seconda la forza per resistergli e reagire. Ciò non significa non temerlo, anzi, la paura stimolando lo spirito di conservazione, induce a mettere in atto ogni utile contromisura. Anche il nostro giornale tenta di reagire, fino a quando l’autorità non revocherà lo stop alle restrizioni, l’edizione cartacea del Giopì dovrà at- tendere. Stiamo vivendo una tragedia talmente ano- mala da sembrare incredibile, vorremmo fosse come un brutto sogno che al risveglio ci restituisca il mondo di prima. Purtroppo non sarà così. E quando questo triste periodo sarà archiviato, dal modo in cui la so- cietà civile riprenderà le normali funzioni, capiremo se la dura prova avrà innescato i necessari cambia- menti delle nostre coscienze e stili di vita, da troppo tempo ingombri di arroganti egoismi e futili chimere. Onde raggiungere almeno una parte dei nostri letto- ri, anche questa prima pagina del giornale n° 7 circo- lerà in forma digitale. Doveva essere il giornale della Pasqua, tempo di Resurrezione, mentre invece ci troviamo sepolti da un flagello tremendo. Troppi i lutti e le sofferenze, specialmente nelle cittadine sorelle di Albino, Alzano e Nembro e diventa incalcolabile la perdita del patrimonio umano insita nel vissuto dei nostri anziani deceduti, tanti senza la vicinanza di un volto familiare e molti, poi, senza un gesto di benedizione. Non ci resta che la sommessa preghiera, per nutrire la speranza che Dio, da Padre buono, non ci abbia completamente ab- bandonati ad una prova che pare ci sovrasti. Papa Francesco ci è stato d’esempio, un piccolo grande uo- mo nello scenario di una piazza San Pietro immensa- mente vuota, grondante di pioggia, quasi un commise- rando pianto universale. Attoniti, rivolgiamo un solidale pensiero alle fami- glie bergamasche toccate da una dolorosa perdita e a coloro che, oltre al lutto, vivranno la solitudine. Date le circostanze, abbiamo deciso di ospitare in questa pagina unica del giornale la testimonianza di una persona che ha subito l’attacco del morbo: dal racconto affiorano sia le incertezze della condizione umana, ma pure le risorse interiori all’animo. Una cronaca angosciosa che forse esce dagli schemi abitua- li del Giopì. Se però tra qualche anno i nostri figli o nipoti rileggeranno queste righe, avranno certamente più cognizioni per recepire i nostri tempi e saranno più consci sulle imprevedibilità della vita. Noi stessi scopriremo come ogni avversità ci aiuti ad apprezzare il dono della vita, a tenacemente custo- dirla, a riconoscere che l’esistenza, senza gli umani valori, sia solo un arido campare. Da qui lo spirito, la volontà e la forza per rimboccarci le maniche e ripartire, quasi come una Resurrezione. Silverio Signorelli GIORNALE A PAGINA UNICA IN FORMA DIGITALE, CAUSA I DECRETI GOVERNATIVI LIMITANTI ALCUNE ATTIVITÀ LAVORATIVE Cronaca di una quarantena Q uando si è iniziato a parlare del coronavirus, a metà feb- braio, non avremmo mai im- maginato che saremmo arrivati al punto in cui siamo. I primi casi era- no successi nella lontana Cina. Troppo distanti per sentirci coinvol- ti. Pensavamo ad epidemie come la SARS o l’Ebola, che hanno toccato altri. Poi, via via che il tempo passa- va, le cose si sono complicate. Quan- do il virus è arrivato in Italia, il Servizio Sanitario Nazionale ha in- cominciato a rendersi conto che non era una semplice influenza, ma qualcosa di più terribile. Ed è co- minciata l’emergenza. Scrivo questo a metà marzo. È dal 25 febbraio che sono chiuso in casa con mia moglie. Sono in isolamento. Per fortuna ho due figlie che mi forniscono del necessario. Ho avuto una febbriciattola per tre giorni. Non ho mai superato i 37,5°. Come me anche mia moglie che ora sta me- glio. Io sono ancora un po' frastorna- to. Come cambiano le cose. Il 22 febbraio io e un mio amico eravamo seduti a 2000 mt nella conca dell’Alben ad ammirare il sole e a man- giare al sacco con un metro di neve attorno. Ora sono seduto in pol- trona e mi sento a disagio. Dal divano alla poltrona, dalla sedia al computer. Sento della musica classi- ca, leggo libri, ma dopo tre ore di lettura uno si rompe. Mi manca il mio Archivio Parrocchiale, mi mancano le ricerche. Non avrei mai pensato che si potesse arri- vare a questa situazione. Una volta a certi morbi, non c’erano cure. La peste del 1630 in Alzano ha mietuto quasi 900 vittime, metà della popo- lazione. La gente fuggiva sui monti e aspettava che il morbo cessasse. Ora è costretta in casa sgomenta. Rifletto sulla mia Quaresima. So- no come Gesù nel deserto. Mi sento solo. Non ho mai avuto questa brut- ta sensazione nella vita. Da casa tutti i giorni, a qualsiasi ora, sento il suono delle sirene della Croce Rossa e le campane delle chiese che an- nunciano nuovi morti. Il pensiero va con una pre- ghiera a queste persone. Gli amici mi telefonano, per chiedermi della salute. Mi giungono notizie di tanti morti. Anche di amici e conoscenti. Non so che pensare… i giorni passano e magari la Donna con la falce potrebbe passare an- che qui. Dalle notizie intu- isco che tanti sono morti praticamente soli. È una delle sorti più terribili che possano capitare, quando nel momento del trapasso non c’è nessuno. Mi chiedo: ma Dio dov’è? È quasi una bestemmia, ma siamo uomini smarriti. Queste mie riflessioni non hanno un filo logico. I pensieri si accavallano e nella con- fusione non so dare ad essi una coe- sione. Quando tutto finirà non sare- mo più come prima. Ci siamo sco- perti vulnerabili. Le nostre cono- scenze e certezze hanno avuto un crollo. Alcuni filosofi, anni fa, han- no decretato la morte di Dio, ma l’Uomo senza Dio che cosa è? Non si può decretare la morte di Dio come se fosse un teorema superato. L’uo- mo ha bisogno di Dio. Specialmente in questi frangenti in cui si sente inerme di fronte a forze che non rie- sce a soggiogare e di cui pensava di essere il dominatore. Il decreto del Governo ha imposto praticamente un coprifuoco. La gen- te pare rispondere con grande digni- tà. Tutto questo quando finirà? Le previsioni di medici e scienziati di- cono che sarà ancora lunga. E quan- do tutto sarà passato dovremo cam- biare stile di vita. Intanto il persona- le sanitario si prodiga al massimo, nonostante la precarietà e le difficol- tà in cui opera. Gli dobbiamo pro- fonda riconoscenza. Un’unica con- vinzione ci guida. Anche questa volta ce la faremo. Efrem Colombo Una Pasqua inedita, quasi sottovoce, che interroga le nostre coscienze U na Pasqua buia, quella del 2020. Senza popolo, senza lavanda dei piedi, senza solenni via Crucis, senza «noi». La pandemia globale di Covid 19 ha spogliato la Pasqua dei suoi riti e tradizioni. Ma come si è vissuto gli uni senza gli altri questo momento della vita cristiana, cuore e significato dell’anno liturgico? Certo la data è rimasta invariata. 12 aprile. «La Pasqua non è una festa come le altre» si legge nel decreto vati- cano «celebrata nell’arco di tre giorni, il Tri- duo Pasquale, preceduta dalla Quaresima e coronata dalla Pentecoste, non può essere trasferita». Lo sappiamo. È perciò una Pasqua inedita, in cui la comunità dei fedeli si è po- tuta riunire solo attraverso i mezzi di comu- nicazione di massa. A me dispiace tanto. Dice ma non eri laica? Sì. Cosa c’entra? Io amo, da laica, i riti della settimana santa e frequento le chiese solo in questo periodo dell’anno, spinta, se non dalla devozione, dalla consapevolezza che ogni essere umano tende a rinascere ogni giorno perché in ciascuno di noi pulsa una scintilla divina. Di quale Dio? Non so. Ma quello che so è che la mia Pasqua la vivo così. Come la possibilità di tene- re aperta la porta sull’infinito, di liberare la mente da tutte quelle certezze che sembrano assolute e assolute non sono, da tutto quello che non mi fa riflettere. Ecco. La mia Pasqua è la Pasqua della riflessione. E del dubbio. Nessun Coronavirus al mondo mi toglierà da un esame di coscienza annuale circa la mia volontà di confrontarmi con me stessa, di esaminare i miei valori, le mie convinzioni, il mio bisogno di trascendente. Dice ma non puoi farlo tutti i giorni questo esame di coscienza? Devi pro- prio aspettare la Pasqua? Difficile rispondere. Nelle Pasque passate c’erano cose che mi aiutavano. La Veglia del Sabato Santo, per esempio. L’accensione del fuoco, del cero pasquale, i battesimi che si celebravano in tutte le chiese, le processioni e le espressioni della pietà popolare. Niente di tutto questo nel 2020. E allora? Forse non è così male ri- nunciare a un po’ di religiosità esteriore ed è sicuramente un vantaggio dell’anima evitare le rumorose riunioni familiari, le grigliate all’aperto (perché poi a questo si riduce la Pasqua laica). L’anima invece c’è. E, anche quella laica, reclama il suo spazio. Il suo tempo. Ecco. Il tempo. Quello che voglio riservare al pensiero e al ricordo di quanto il maledetto virus mi ha portato via. Il tempo che mi serve per meditare su tutte le sciocchezze che mi sono sembrate impor- tanti, per impegnarmi a non dare troppo peso al giudizio degli altri, a non pretendere d’essere capita da tutti. Anche quest’an- no Gesù è un modello. Ha creduto fermamente nella sua mis- sione senza lasciarsi confondere da lodi e critiche, con l’esem- pio della sua persona (è stato, per scelta, un uomo come noi). Forse riuscirò in questa Pasqua diversa, a dare un significato all’apparente silenzio di Dio in un momento così difficile e doloroso, riconoscendolo non come assente ma come un padre presente, un padre che sfugge forse alle nostre categorie senso- riali, ma non per questo meno vivo. Perché forse in Gesù, Dio ci è più vicino e forse ha saputo spiegare a ciascuno di noi, come la parola «fine» non esista. E’ solo un passaggio (eccola, la Pasqua!). E forse Dio è già arrivato nel mio, nel nostro tempo. Ci ha già visitato. E allora sì, Dio è risorto. Corona Virus o no. Giusi Bonacina PREG.MI LETTORI E ASSOCIATI AL DUCATO Mi pregio farvi partecipi del contributo che il Ducato di Piazza Pontida ha versato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per l’emergenza coronavirus. Dopo una rapida consultazione tra il Duca e i componenti del Consiglio della Corona, si è deciso un immediato aiuto agli urgenti bisogni del nostro ospedale. Così tra i primi, in data 12 marzo, il Ducato ha offerto la somma di 5.000 euro, onde sopperire alle prime urgenti necessità. Siamo convinti d’aver interpretato anche il vostro pen- siero, sia per l’amore che ci lega a Bergamo, sia per la solidale vicinanza a coloro che, in un momento tanto avverso, tutelano la salute della nostra Comunità. Smiciatöt Duca di Piazza Pontida Mario Morotti Papa Francesco mentre il 27 marzo si reca ad elevare la supplica in una piazza S. Pietro deserta

«IL NEMICO PIÙ FORMIDABILE È QUELLO CHE NASCONDE I …...Una Pasqua inedita, quasi sottovoce, che interroga le nostre coscienze U na Pasqua buia, quella del 2020. Senza popolo,

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ORGANO UFFICIALE DELDUCATO DI PIAZZA PONTIDA

Sodalizio per la salvaguardiae la diffusione della

tradizione bergamasca

Cos’è la tradizione?É il progresso che è stato fatto ieri,

come il progresso che noi dobbiamo fare oggicostituirà la tradizione di domaniSAN GIOVANNI XXIII - PAPA

GIOPÌ:scarpe gròsse e servèl fì.

anno 127 n. 7 - 15 aprile 2020Poste Italiane - Spedizione in abb. postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)articolo 1, comma 1, LO/BG

«IL NEMICO PIÙ FORMIDABILE È QUELLO CHE NASCONDE I SUOI DISEGNI» ma… «VINCE COLUI CHE SOFFRE E DURA»Ho trovato le due massime poste nel titolo in un

vecchio libro (stare in casa lascia anche più spazio alla lettura) e subito me ne sono appro-

priato ritenendole attinenti al momento. Nella prima c’è il nemico irriconoscibile che insidia la nostra salu-te, nella seconda la forza per resistergli e reagire. Ciò non significa non temerlo, anzi, la paura stimolando lo spirito di conservazione, induce a mettere in atto ogni utile contromisura. Anche il nostro giornale tenta di reagire, fino a quando l’autorità non revocherà lo stop alle restrizioni, l’edizione cartacea del Giopì dovrà at-tendere. Stiamo vivendo una tragedia talmente ano-mala da sembrare incredibile, vorremmo fosse come un brutto sogno che al risveglio ci restituisca il mondo di prima. Purtroppo non sarà così. E quando questo triste periodo sarà archiviato, dal modo in cui la so-cietà civile riprenderà le normali funzioni, capiremo se la dura prova avrà innescato i necessari cambia-menti delle nostre coscienze e stili di vita, da troppo tempo ingombri di arroganti egoismi e futili chimere.

Onde raggiungere almeno una parte dei nostri letto-ri, anche questa prima pagina del giornale n° 7 circo-lerà in forma digitale. Doveva essere il giornale della Pasqua, tempo di Resurrezione, mentre invece ci troviamo sepolti da un flagello tremendo. Troppi i lutti e le sofferenze, specialmente nelle cittadine sorelle di Albino, Alzano e Nembro e diventa

incalcolabile la perdita del patrimonio umano insita nel vissuto dei nostri anziani deceduti, tanti senza la vicinanza di un volto familiare e molti, poi, senza un gesto di benedizione. Non ci resta che la sommessa preghiera, per nutrire la speranza che

Dio, da Padre buono, non ci abbia completamente ab-bandonati ad una prova che pare ci sovrasti. Papa Francesco ci è stato d’esempio, un piccolo grande uo-mo nello scenario di una piazza San Pietro immensa-mente vuota, grondante di pioggia, quasi un commise-rando pianto universale.

Attoniti, rivolgiamo un solidale pensiero alle fami-glie bergamasche toccate da una dolorosa perdita e a coloro che, oltre al lutto, vivranno la solitudine.

Date le circostanze, abbiamo deciso di ospitare in questa pagina unica del giornale la testimonianza di una persona che ha subito l’attacco del morbo: dal racconto affiorano sia le incertezze della condizione umana, ma pure le risorse interiori all’animo. Una cronaca angosciosa che forse esce dagli schemi abitua-li del Giopì. Se però tra qualche anno i nostri figli o nipoti rileggeranno queste righe, avranno certamente più cognizioni per recepire i nostri tempi e saranno più consci sulle imprevedibilità della vita.

Noi stessi scopriremo come ogni avversità ci aiuti ad apprezzare il dono della vita, a tenacemente custo-dirla, a riconoscere che l’esistenza, senza gli umani

valori, sia solo un arido campare. Da qui lo spirito, la volontà e la forza per rimboccarci le maniche e ripartire, quasi come una Resurrezione.

Silverio Signorelli

GIORNALE A PAGINA UNICA IN FORMA DIGITALE, CAUSA I DECRETI GOVERNATIVI LIMITANTI ALCUNE ATTIVITÀ LAVORATIVE

Cronaca di una quarantena Quando si è iniziato a parlare del coronavirus, a metà feb-braio, non avremmo mai im-

maginato che saremmo arrivati al punto in cui siamo. I primi casi era-no successi nella lontana Cina. Troppo distanti per sentirci coinvol-ti. Pensavamo ad epidemie come la SARS o l’Ebola, che hanno toccato altri. Poi, via via che il tempo passa-va, le cose si sono complicate. Quan-do il virus è arrivato in Italia, il Servizio Sanitario Nazionale ha in-cominciato a rendersi conto che non era una semplice influenza, ma qualcosa di più terribile. Ed è co-minciata l’emergenza.

Scrivo questo a metà marzo. È dal 25 febbraio che sono chiuso in casa con mia moglie. Sono in isolamento.

Per fortuna ho due figlie che mi forniscono del necessario. Ho avuto una febbriciattola per tre giorni. Non

ho mai superato i 37,5°. Come me anche mia moglie che ora sta me-glio. Io sono ancora un po' frastorna-to. Come cambiano le cose. Il 22

febbraio io e un mio amico eravamo seduti a 2000 mt nella conca dell’Alben ad ammirare il sole e a man-giare al sacco con un metro di neve attorno.

Ora sono seduto in pol-trona e mi sento a disagio. Dal divano alla poltrona, dalla sedia al computer. Sento della musica classi-ca, leggo libri, ma dopo tre ore di lettura uno si rompe. Mi manca il mio Archivio Parrocchiale, mi mancano le ricerche. Non avrei mai pensato che si potesse arri-vare a questa situazione. Una volta a certi morbi, non c’erano cure. La peste del 1630 in Alzano ha mietuto quasi 900 vittime, metà della popo-lazione. La gente fuggiva sui monti e aspettava che il morbo cessasse. Ora è costretta in casa sgomenta.

Rifletto sulla mia Quaresima. So-no come Gesù nel deserto. Mi sento solo. Non ho mai avuto questa brut-ta sensazione nella vita. Da casa tutti i giorni, a qualsiasi ora, sento il suono delle sirene della Croce Rossa e le campane delle chiese che an-

nunciano nuovi morti. Il pensiero va con una pre-ghiera a queste persone. Gli amici mi telefonano, per chiedermi della salute. Mi giungono notizie di tanti morti. Anche di amici e conoscenti. Non so che pensare… i giorni passano e magari la Donna con la falce potrebbe passare an-che qui. Dalle notizie intu-isco che tanti sono morti praticamente soli. È una delle sorti più terribili che possano capitare, quando nel momento del trapasso

non c’è nessuno. Mi chiedo: ma Dio dov’è? È quasi una bestemmia, ma siamo uomini smarriti. Queste mie riflessioni non hanno un filo logico. I pensieri si accavallano e nella con-fusione non so dare ad essi una coe-sione. Quando tutto finirà non sare-

mo più come prima. Ci siamo sco-perti vulnerabili. Le nostre cono-scenze e certezze hanno avuto un crollo. Alcuni filosofi, anni fa, han-no decretato la morte di Dio, ma l’Uomo senza Dio che cosa è? Non si può decretare la morte di Dio come se fosse un teorema superato. L’uo-mo ha bisogno di Dio. Specialmente in questi frangenti in cui si sente inerme di fronte a forze che non rie-sce a soggiogare e di cui pensava di essere il dominatore.

Il decreto del Governo ha imposto praticamente un coprifuoco. La gen-te pare rispondere con grande digni-tà. Tutto questo quando finirà? Le previsioni di medici e scienziati di-cono che sarà ancora lunga. E quan-do tutto sarà passato dovremo cam-biare stile di vita. Intanto il persona-le sanitario si prodiga al massimo, nonostante la precarietà e le difficol-tà in cui opera. Gli dobbiamo pro-fonda riconoscenza. Un’unica con-vinzione ci guida. Anche questa volta ce la faremo.

Efrem Colombo

Una Pasqua inedita, quasi sottovoce, che interroga le nostre coscienze

Una Pasqua buia, quella del 2020. Senza popolo, senza lavanda dei piedi, senza solenni via Crucis, senza «noi». La

pandemia globale di Covid 19 ha spogliato la Pasqua dei suoi riti e tradizioni. Ma come si è vissuto gli uni senza gli altri questo momento della vita cristiana, cuore e significato dell’anno liturgico? Certo la data è rimasta invariata. 12 aprile. «La Pasqua non è una festa come le altre» si legge nel decreto vati-cano «celebrata nell’arco di tre giorni, il Tri-duo Pasquale, preceduta dalla Quaresima e coronata dalla Pentecoste, non può essere trasferita». Lo sappiamo. È perciò una Pasqua inedita, in cui la comunità dei fedeli si è po-tuta riunire solo attraverso i mezzi di comu-nicazione di massa. A me dispiace tanto. Dice ma non eri laica? Sì. Cosa c’entra? Io amo, da laica, i riti della settimana santa e frequento le chiese solo in questo periodo dell’anno, spinta, se non dalla devozione, dalla consapevolezza che ogni essere umano tende a rinascere ogni giorno perché in ciascuno di noi pulsa una scintilla divina. Di quale Dio? Non so. Ma quello che so è che la mia Pasqua la vivo così. Come la possibilità di tene-re aperta la porta sull’infinito, di liberare la mente da tutte quelle certezze che sembrano assolute e assolute non sono, da tutto quello che non mi fa riflettere. Ecco. La mia Pasqua è la Pasqua della riflessione. E del dubbio. Nessun Coronavirus al mondo mi toglierà da un esame di coscienza annuale circa la mia volontà di confrontarmi con me stessa, di esaminare i miei

valori, le mie convinzioni, il mio bisogno di trascendente. Dice ma non puoi farlo tutti i giorni questo esame di coscienza? Devi pro-prio aspettare la Pasqua? Difficile rispondere. Nelle Pasque passate c’erano cose che mi aiutavano. La Veglia del Sabato Santo, per esempio. L’accensione del fuoco, del cero pasquale, i battesimi che si celebravano in tutte le chiese, le processioni e le espressioni della pietà popolare. Niente di tutto questo nel 2020. E allora? Forse non è così male ri-nunciare a un po’ di religiosità esteriore ed è sicuramente un vantaggio dell’anima evitare le rumorose riunioni familiari, le grigliate all’aperto (perché poi a questo si riduce la Pasqua laica). L’anima invece c’è. E, anche

quella laica, reclama il suo spazio. Il suo tempo. Ecco. Il tempo. Quello che voglio riservare al pensiero e al ricordo di quanto il maledetto virus mi ha portato via. Il tempo che mi serve per meditare su tutte le sciocchezze che mi sono sembrate impor-tanti, per impegnarmi a non dare troppo peso al giudizio degli altri, a non pretendere d’essere capita da tutti. Anche quest’an-no Gesù è un modello. Ha creduto fermamente nella sua mis-sione senza lasciarsi confondere da lodi e critiche, con l’esem-pio della sua persona (è stato, per scelta, un uomo come noi). Forse riuscirò in questa Pasqua diversa, a dare un significato all’apparente silenzio di Dio in un momento così difficile e doloroso, riconoscendolo non come assente ma come un padre presente, un padre che sfugge forse alle nostre categorie senso-

riali, ma non per questo meno vivo. Perché forse in Gesù, Dio ci è più vicino e forse ha saputo spiegare a ciascuno di noi, come la parola «fine» non esista. E’ solo un passaggio (eccola, la Pasqua!). E forse Dio è già arrivato nel mio, nel nostro tempo. Ci ha già visitato. E allora sì, Dio è risorto. Corona Virus o no.

Giusi Bonacina

PREG.MI LETTORIE ASSOCIATI AL DUCATO

Mi pregio farvi partecipi del contributo che il Ducato di Piazza Pontida ha versato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per l’emergenza coronavirus. Dopo una rapida consultazione tra il Duca e i componenti del Consiglio della Corona, si è deciso un immediato aiuto agli urgenti bisogni del nostro ospedale. Così tra i primi, in data 12 marzo, il Ducato ha offerto la somma di 5.000 euro, onde sopperire alle prime urgenti necessità.Siamo convinti d’aver interpretato anche il vostro pen-siero, sia per l’amore che ci lega a Bergamo, sia per la solidale vicinanza a coloro che, in un momento tanto avverso, tutelano la salute della nostra Comunità.

SmiciatötDuca di Piazza Pontida

Mario Morotti

Papa Francesco mentre il 27 marzo si reca ad elevare la supplica in una piazza S. Pietro deserta