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LA STAMPA SABATO 14 GENNAIO 2017 . V IL PRIMO ROMANZO CHE DENUNCIÒ L’OMOFOBIA NELLO SPORT Sulle piste dell’America machista i tre gay correvano più veloci dei pregiudizi La sfida di Billy, dei suoi amici e del suo allenatore-amante contro paure e tabù fino a conquistare la medaglia d’oro alle Olimpiadi: un libro-cult degli Anni 70 che ha venduto 10 milioni di copie ed è diventato un simbolo nella lotta per i diritti civili e arriva fino alle Olimpiadi. Ovviamente è l’amore sba- gliato, una relazione con il proprio allenatore, quella che non si dovrebbe avere e infat- ti il povero Harlan se l’era proibita, solo che l’urgenza sa rompere gli argini con una certa facilità. E infatti succe- de in modo brutale, con un rapporto sessuale furioso e necessario che sposta defini- tivamente l’orizzonte. Si corre ancora, stavolta più consapevoli, decisi a di- mostrare il proprio valore a provare che i gay non sono checche, che il mito dell’atleta non appartiene a una sessua- lità predeterminata, si viag- gia verso l’autodeterminazio- ne e la medaglia d’oro. Il libro è del 1974, è stato un testo di culto, un punto di rife- rimento per la comunità che oggi si chiama Lgbt e allora era un gruppo di persone in cerca di diritti. Al momento della riedizione, 40 anni dopo, è cambiato tutto eppure an- cora non abbastanza. Ora si può essere gay, anche atleti gay, ma ormai, trascinati dal- l’urgenza di «Front runner», titolo originale, capiamo che Billy Sive vuole molto di più. Si agita per le occhiate di tra- verso, perde la pazienza per le frasi offensive, si stanca di dover sempre spiegare chi è. Essere accettato non basta, serve essere come gli altri, di- versi solo per il talento. A quel punto le Olimpiadi arrivano e non sono più il cen- tro del mondo, il sogno di sempre diventa contorno, «Una Woodstock, però in tu- ta»: un palco per quella corsa inarrestabile. I Giochi sa- pranno riprendersi la scena, ricordare al lettore, e pure a Billy, che catalizzano l’atten- zione del mondo e per questo scatenano emozioni e reazio- ni incontrollabili. Dovrete smettere di correre, ma non per sempre. c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI Patricia Nell Warren, nata nel 1936, apertamente lesbica, ha fondato la casa editrice Wild Cat Press. Tra i suoi romanzi, «La sfida di Harlan» (seguito della «Corsa di Billy», tradotto da Fazi), e «The Wild Man», appassionata denuncia delle pratiche antiabortiste. «La corsa di Billy» ha ispirato i club ginnici «Frontrunners», punto di riferimento per la comunità gay-lesbo-transgender di Los Angeles, e molte altre città degli States L’AUTRICE RICORDA COME NACQUE IL BESTSELLER “Scrissi la storia in ufficio nelle pause pranzo per paura di essere scoperta” “A quel tempo non avevo ancora fatto coming out ero sposata e mio marito avrebbe scatenato l’inferno” N on avrei mai scritto La corsa di Billy se non avessi iniziato a correre io stes- sa. Tutto cominciò nel 1968. All’epoca non avevo ancora fatto coming out ed ero spo- sata. Io e mio marito facem- mo un patto con un’altra cop- pia della nostra età. Eravamo tutti un po’ sovrappeso e de- cidemmo di allenarci per la maratona di Boston del 1969. Tuttavia, in base alle regole della federazione sportiva americana, che all’epoca controllava gli sport amato- riali, oltre che l’accesso alle Olimpiadi e alle competizioni internazionali, le donne non potevano competere nelle gare di resistenza. Così decisi di dare il mio contributo affinché fossero cambiate le regole: il Road Runners Club, l’associazio- ne atletica dilettantistica, ci sosteneva fino in fondo, ma all’assemblea della federa- zione ci furono violenti scontri e la dirigenza dichia- rò che non avrebbe modifi- cato lo statuto. Fu solo nel 1971 che final- mente la federazione con- sentì alle donne di parteci- pare ufficialmente alla mara- tona di New York: potei final- mente indossare una di quelle agognate pettorine numerate e arrivai quarta nella catego- ria femminile. Nel 1972, a una festa del Road Runners Club, mi ritrovai a parlare con un at- leta che ai tempi dell’universi- tà correva i 1500 metri: era il secondo più veloce del paese nella sua categoria. Mi dichia- rò la sua omosessualità e di aver preso la decisione di non partecipare alle Olimpiadi, stanco di mentire… Per giorni non riuscii a to- gliermi dalla testa la sua con- fessione. Poi la mia immagina- zione si mise in moto: cosa sa- rebbe accaduto a un corridore intenzionato ad avere en- trambe le cose, la medaglia d’oro e la possibilità di uscire allo scoperto? Quattro mesi più tardi, nel- l’aprile del 1973, consegnai al mio agente, John Hawkins, una scatola piena di fogli. Li avevo scritti durante le pause pranzo in ufficio, dove li avevo custodi- ti sotto chiave in un cassetto della mia scrivania. Se avessi scritto a casa e mio marito, che era omofobo, li avesse trovati, si sarebbe scatenato l’inferno. Qualche giorno più tardi, Hawkins chiamò: «È un tema per cui i tempi sono maturi». Nella primavera del 1974, La corsa di Billy fece il suo coming out, finendo nella lista dei be- stseller del «New York Ti- mes». Hawkins aveva ragione: i tempi erano maturi. Poco do- po la pubblicazione, molti atle- ti LGBT uscirono allo scoper- to a mezzo stampa, dimo- strando che lo sport è uno dei più duri campi di battaglia per l’uguaglianza LGBT. Ancora oggi, nonostante i mezzi di informazione parlino tranquillamente di omosessua- lità nello sport, e molti atleti o allenatori, uomini e donne, di- chiarino apertamente il loro orientamento, non si può dire che l’uguaglianza sia stata rag- giunta: negli Stati Uniti gli ul- traconservatori religiosi han- no annunciato l’intenzione di far abrogare tutti i diritti con- quistati dalle persone LGBT, continuando a creare un clima in cui gli atleti omosessuali di- chiarati potrebbero essere vit- time di violenze. Avvisaglie di un clima anti-gay ci sono anche in altri paesi – notoriamente in Russia, dove il governo di Putin ha cercato di occultare la pre- senza degli omosessuali ai gio- chi invernali di Sochi, mentre in tutta Europa ci sono espo- nenti della chiesa ultraconser- vatori, cattolici e protestanti, che contestano i diritti civili garantiti dall’Unione Europea. Questo crescente clima re- visionistico è la ragione per cui così tanti lettori conti- nuano a scrivermi che la mia storia è ancora attuale e per cui, a quarant’anni dalla sua prima pubblicazione, La cor- sa di Billy è ancora stampato e tradotto in tutto il mondo. [Traduzione di Nicola Vincenzoni] P ATRICIA NELL WARREN L a corsa di Billy» non è una storia di sport e neanche una storia d’amore, è il racconto di un’urgenza e come tale può solo andare veloce, scatenar- si. Si muove a falcate, ampie e precise, per pagine che non puoi lasciare perché hanno un ritmo proprio: l’andatura della gara, l’adre- nalina della rivalità, la spinta della motivazione e la frene- sia del traguardo. Ci sono libri che consuma- no per la loro intensità, quello di Patricia Nell Warren inve- ce trascina. All’inizio ti stana, per essere precisi. Tu te ne stai bello comodo nella corni- ce di una università america- na, in un territorio noto, quasi familiare, si parla de- gli Anni Settanta ma lo scenario è sempre quello: ambizioni di provincia, muscoli e aspettative ca- denzate da una routine che a un certo punto ce- de. Harlan Brown, un tecnico con lo stile da marine e l’anima del gay represso, tratta il lettore come i suoi ragazzi sulla pi- sta. Mette a disagio, detta fa- tica, ti spreme, testa i limiti e racconta, senza fermarsi un attimo. Senza omettere nes- sun particolare. Descrive un passato sprecato a mentire, attimi di vita rubata nei locali per omosessuali ancora tra- volti dalle retate della polizia. Si dilunga sui rapporti consu- mati al cinema e soprattutto su marchette liberatorie, fru- ste e sospensori. Tutto in un’unica sessione. Non è un racconto educato, l’urgenza non lo è mai, e quando Harlan Brown ti ha allenato, ti ha preparato ad ascoltare, arriva il protagoni- sta. Billy Sive è un atleta gay come il suo tecnico, come i due amici che con lui cercano rifugio da chi li può capire. «Sembravano tre rockettari, provati dal viaggio di ritorno da Memphis dove le avevano prese di santa ragione. Ave- vano lo sguardo spento e la barba lunga». I tre vogliono correre e scattano sulla pista in carbonella di un campus che si emancipa in mezzo a un’America schifata dagli omosessuali. Vanno, con i tendini tirati e reggono alle tante trappole che ogni tipo di avversario piazza sulle cor- sie. La burocrazia subdola che prova a levare loro il per- messo di gareggiare, i compa- gni retrogradi, confusi dallo stereotipo macho, i politici ansiosi di ordine. Voci, chiac- chiere, pettegolezzi che obbli- gano i tre a strade sempre più lunghe, ma non li rallentano di certo. Loro vanno come treni, soprattutto Billy che aggiunge l’amore al percorso GIULIA ZONCA «A una festa di maratoneti conobbi il vero Billy che mi confessò la sua storia» Patricia Nell Warren «La corsa di Billy» (traduzione Silvia Nono) Fazi pp. 332, € 18,50 Tutto è cambiato o quasi: essere accettato non basta, serve essere come gli altri, diversi solo per il talento

IL PRIMO ROMANZO CHE DENUNCIÒ L’OMOFOBIA NELLO … · La sfida di Billy, dei suoi amici e del suo allenatoreamante contro paure e tabù fino a conquistare la medaglia d’oro alle

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Page 1: IL PRIMO ROMANZO CHE DENUNCIÒ L’OMOFOBIA NELLO … · La sfida di Billy, dei suoi amici e del suo allenatoreamante contro paure e tabù fino a conquistare la medaglia d’oro alle

LA STAMPASABATO 14 GENNAIO 2017 .V

IL PRIMO ROMANZO CHE DENUNCIÒ L’OMOFOBIA NELLO SPORT

Sulle piste dell’America machistai tre gay correvano più veloci dei pregiudiziLa sfida di Billy, dei suoi amici e del suo allenatore­amante contro paure e tabù fino a conquistare la medaglia d’oro alle Olimpiadi: un libro­cult degli Anni 70che ha venduto 10 milioni di copie ed è diventato un simbolo nella lotta per i diritti civili

e arriva fino alle Olimpiadi.Ovviamente è l’amore sba-

gliato, una relazione con ilproprio allenatore, quella chenon si dovrebbe avere e infat-ti il povero Harlan se l’eraproibita, solo che l’urgenza sarompere gli argini con unacerta facilità. E infatti succe-de in modo brutale, con unrapporto sessuale furioso enecessario che sposta defini-tivamente l’orizzonte.

Si corre ancora, stavoltapiù consapevoli, decisi a di-mostrare il proprio valore aprovare che i gay non sonochecche, che il mito dell’atletanon appartiene a una sessua-lità predeterminata, si viag-gia verso l’autodeterminazio-ne e la medaglia d’oro.

Il libro è del 1974, è stato untesto di culto, un punto di rife-rimento per la comunità cheoggi si chiama Lgbt e alloraera un gruppo di persone incerca di diritti. Al momentodella riedizione, 40 anni dopo,è cambiato tutto eppure an-cora non abbastanza. Ora sipuò essere gay, anche atletigay, ma ormai, trascinati dal-l’urgenza di «Front runner»,titolo originale, capiamo cheBilly Sive vuole molto di più.Si agita per le occhiate di tra-verso, perde la pazienza perle frasi offensive, si stanca didover sempre spiegare chi è.Essere accettato non basta,serve essere come gli altri, di-versi solo per il talento.

A quel punto le Olimpiadiarrivano e non sono più il cen-tro del mondo, il sogno disempre diventa contorno,«Una Woodstock, però in tu-ta»: un palco per quella corsainarrestabile. I Giochi sa-pranno riprendersi la scena,ricordare al lettore, e pure aBilly, che catalizzano l’atten-zione del mondo e per questoscatenano emozioni e reazio-ni incontrollabili. Dovretesmettere di correre, ma nonper sempre.

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Patricia Nell Warren,nata nel 1936,

apertamente lesbica, ha fondatola casa editrice Wild Cat Press.Tra i suoi romanzi, «La sfida di

Harlan» (seguito della «Corsa diBilly», tradotto da Fazi), e

«The Wild Man», appassionatadenuncia delle pratiche

antiabortiste.«La corsa di Billy» ha ispirato i

club ginnici «Frontrunners»,punto di riferimento per la

comunità gay-lesbo-transgenderdi Los Angeles, e moltealtre città degli States

L’AUTRICE RICORDA COME NACQUE IL BESTSELLER

“Scrissi la storia in ufficionelle pause pranzoper paura di essere scoperta”“A quel tempo non avevo ancora fatto coming outero sposata e mio marito avrebbe scatenato l’inferno”

Non avrei maiscritto La corsadi Billy se nonavessi iniziato acorrere io stes-

sa. Tutto cominciò nel 1968.All’epoca non avevo ancorafatto coming out ed ero spo-sata. Io e mio marito facem-mo un patto con un’altra cop-pia della nostra età. Eravamotutti un po’ sovrappeso e de-cidemmo di allenarci per lamaratona di Boston del 1969.Tuttavia, in base alle regoledella federazione sportivaamericana, che all’epocacontrollava gli sport amato-riali, oltre che l’accesso alleOlimpiadi e alle competizioniinternazionali, le donne nonpotevano competere nellegare di resistenza.

Così decisi di dare il miocontributo affinché fosserocambiate le regole: il RoadRunners Club, l’associazio-ne atletica dilettantistica, cisosteneva fino in fondo, maall’assemblea della federa-zione ci furono violentiscontri e la dirigenza dichia-rò che non avrebbe modifi-cato lo statuto.

Fu solo nel 1971 che final-mente la federazione con-sentì alle donne di parteci-

pare ufficialmente alla mara-tona di New York: potei final-mente indossare una di quelleagognate pettorine numeratee arrivai quarta nella catego-ria femminile. Nel 1972, a unafesta del Road Runners Club,mi ritrovai a parlare con un at-leta che ai tempi dell’universi-tà correva i 1500 metri: era ilsecondo più veloce del paesenella sua categoria. Mi dichia-rò la sua omosessualità e diaver preso la decisione di nonpartecipare alle Olimpiadi,stanco di mentire…

Per giorni non riuscii a to-gliermi dalla testa la sua con-fessione. Poi la mia immagina-zione si mise in moto: cosa sa-rebbe accaduto a un corridoreintenzionato ad avere en-trambe le cose, la medagliad’oro e la possibilità di uscireallo scoperto?

Quattro mesi più tardi, nel-l’aprile del 1973, consegnai almio agente, John Hawkins, unascatola piena di fogli. Li avevoscritti durante le pause pranzo

in ufficio, dove li avevo custodi-ti sotto chiave in un cassettodella mia scrivania. Se avessiscritto a casa e mio marito, cheera omofobo, li avesse trovati,si sarebbe scatenato l’inferno.

Qualche giorno più tardi,Hawkins chiamò: «È un temaper cui i tempi sono maturi».

Nella primavera del 1974, Lacorsa di Billy fece il suo comingout, finendo nella lista dei be-stseller del «New York Ti-mes». Hawkins aveva ragione:i tempi erano maturi. Poco do-po la pubblicazione, molti atle-ti LGBT uscirono allo scoper-to a mezzo stampa, dimo-strando che lo sport è uno deipiù duri campi di battaglia perl’uguaglianza LGBT.

Ancora oggi, nonostante imezzi di informazione parlinotranquillamente di omosessua-lità nello sport, e molti atleti oallenatori, uomini e donne, di-chiarino apertamente il loroorientamento, non si può direche l’uguaglianza sia stata rag-giunta: negli Stati Uniti gli ul-traconservatori religiosi han-no annunciato l’intenzione difar abrogare tutti i diritti con-quistati dalle persone LGBT,continuando a creare un climain cui gli atleti omosessuali di-chiarati potrebbero essere vit-time di violenze. Avvisaglie diun clima anti-gay ci sono anchein altri paesi – notoriamente inRussia, dove il governo di Putinha cercato di occultare la pre-senza degli omosessuali ai gio-chi invernali di Sochi, mentrein tutta Europa ci sono espo-nenti della chiesa ultraconser-vatori, cattolici e protestanti,che contestano i diritti civiligarantiti dall’Unione Europea.

Questo crescente clima re-visionistico è la ragione percui così tanti lettori conti-nuano a scrivermi che la miastoria è ancora attuale e percui, a quarant’anni dalla suaprima pubblicazione, La cor-sa di Billy è ancora stampatoe tradotto in tutto il mondo.

[Traduzione di Nicola Vincenzoni]

PATRICIA NELL WARREN

La corsa di Billy»non è una storia disport e neancheuna storia d’amore,è il racconto di

un’urgenza e come tale puòsolo andare veloce, scatenar-si. Si muove a falcate, ampie

e precise, per pagine chenon puoi lasciare perchéhanno un ritmo proprio:

l’andatura della gara, l’adre-nalina della rivalità, la spintadella motivazione e la frene-sia del traguardo.

Ci sono libri che consuma-no per la loro intensità, quellodi Patricia Nell Warren inve-ce trascina. All’inizio ti stana,per essere precisi. Tu te nestai bello comodo nella corni-ce di una università america-na, in un territorio noto,quasi familiare, si parla de-gli Anni Settanta ma loscenario è sempre quello:ambizioni di provincia,muscoli e aspettative ca-denzate da una routineche a un certo punto ce-de. Harlan Brown, untecnico con lo stile damarine e l’anima del gay

represso, tratta il lettorecome i suoi ragazzi sulla pi-sta. Mette a disagio, detta fa-tica, ti spreme, testa i limiti eracconta, senza fermarsi unattimo. Senza omettere nes-sun particolare. Descrive unpassato sprecato a mentire,attimi di vita rubata nei localiper omosessuali ancora tra-volti dalle retate della polizia.Si dilunga sui rapporti consu-mati al cinema e soprattuttosu marchette liberatorie, fru-ste e sospensori. Tutto inun’unica sessione.

Non è un racconto educato,l’urgenza non lo è mai, equando Harlan Brown ti haallenato, ti ha preparato ad

ascoltare, arriva il protagoni-sta. Billy Sive è un atleta gaycome il suo tecnico, come idue amici che con lui cercanorifugio da chi li può capire.«Sembravano tre rockettari,provati dal viaggio di ritornoda Memphis dove le avevanoprese di santa ragione. Ave-vano lo sguardo spento e labarba lunga». I tre voglionocorrere e scattano sulla pistain carbonella di un campusche si emancipa in mezzo aun’America schifata dagliomosessuali. Vanno, con itendini tirati e reggono alletante trappole che ogni tipodi avversario piazza sulle cor-sie. La burocrazia subdolache prova a levare loro il per-messo di gareggiare, i compa-gni retrogradi, confusi dallostereotipo macho, i politiciansiosi di ordine. Voci, chiac-chiere, pettegolezzi che obbli-gano i tre a strade sempre piùlunghe, ma non li rallentanodi certo. Loro vanno cometreni, soprattutto Billy cheaggiunge l’amore al percorso

GIULIA ZONCA

«A una festa di maratoneticonobbi il vero Billyche mi confessòla sua storia»

Patricia NellWarren

«La corsadi Billy»

(traduzioneSilvia Nono)

Fazipp. 332, € 18,50

Tutto è cambiato o quasi: essere accettato non basta, serve essere come gli altri, diversi solo per il talento