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Il Sommelier - La rivista bimestrale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori
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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010
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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2010
®
speciale ToscanaFranco Biondi Santi
Il Manzoni bianco perché? Ce lo spiega una vignaiola trevigiana - Luisella Rubin 8
Che buona la birra giù al nord! Enza Bettelli 12
Lavori in corso... sulla Strada del Cesanese di Patrizia Vasta e Paola Cambria 16
Il Brasile presenta la XVIII edizione della valutazione nazionale dei vini vendemmia 2010 - Roberto Vitali 19
Un grappolo d’uva uscito dal mare - Giancarlo Roversi 22
Côte des Bar: Les Riceys, non solo ChampagneSilvana Delfuoco 25
18° Concorso Internazionale dei Vini di Montagna Virgilio Pronzati 27
Brindisi sul vulcano per celebrare i trent’anni della “ViniMilo” - Antonio Iacona 32
Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV 38
AGRILANGA Agricoltura Biologica - a cura della redazione di Quality ADV 42
Tornano i “Maestri del Gusto” di Torino e provincia - a cura della redazione di Quality ADV 44
46
Il vino emiliano dei contadini: il Pagadebit Luca Iacopini e Massimo Bracci 124
L’opinione del Presidente Pag. 2
La contraffazione alimentare vale 60 miliardi - Roberto Rabachino 4
L'opinione di Marcello Masi 6
News dall'Italia 125
In famiglia 126
La Segreteria Comunica 139
ComuniCazione istituzionale
ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà
SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI
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speciale Toscana
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 62
E con questo editoriale siamo giunti alla fine del 2010 e anche alla conclusione del primo anno di attività di questo Consiglio Nazionale: troppo
presto per gli auguri di fine anno, visto che la nostra ri-vista, essendo bimestrale, esce a novembre così come è prematuro fare il bilancio del primo anno di gestione. Ma l’autunno è caratterizzato, oltre che dal vino novello, castagne e funghi, anche dall’uscita delle Guide dei Vini, straordinario carosello di punteggi, Bicchieri, Grappoli, Corone ecc., una corsa all’accaparramento di quella, o quelle, che saranno le “bibbie”per i consumatori del net-tare di Bacco, che spesso scelgono il vino da acquistare solo sulla base del punteggio (per non dire del costo, secondo un’antica equazione: + costoso = + buono); guide che dettano mode e fanno tendenze, adesso è il momento degli autoctoni, un tempo accantonati e bi-strattati, per fare posto agli internazionali cabernet, mer-lot, syrah e chardonnay, possibilmente caratterizzati da una evidente, quanto invadente, nota di barrique o “le-gno”, per i più esperti, e come tutte le mode, effimere e sfuggenti, ecco il revival farsi largo: No Barrique, Si Allogeni! Beh, a ognuno il suo. Con la nota curiosa che pur trovando ai vertici delle classifiche sempre gli stessi vini, delle stesse aziende, non tutti i vini che occupano i primi posti sono uguali per tutte; come dire quello che è eccellente per una guida è semplicemente ignorato da un’altra Lo scorso anno sono stati solo otto i vini ricono-sciuti “Eccellenti” da tutte e cinque le Guide. Se è vero che ognuno ha il proprio gusto, forse non tutti hanno gli stessi interessi… Tuttavia e nonostante tutto, dobbiamo brindare alla nascita di una nuova guida; infatti dal di-vorzio editoriale tra Gambero Rosso e Slow Food ecco quest’anno spuntare sul mercato la nuova guida edita da Slow Food che si chiama Slow Wine 2011. Una guida che ha un modo originale di classificare i prodotti, senza competizione; infatti la selezione è stata fatta non solo guardando il contenuto della bottiglia, ma “indagando” anche su chi e come produce, in pratica “…dare for-za all’insieme dei tanti elementi che compongono una cantina e un vino, piuttosto che unicamente al prodot-
to finito che si ritrova nel bicchiere. Incentrare l’interes-
se solo sulla bottiglia avrebbe reso meno comprensibile
tutto l’insieme degli elementi che il consumatore attento
ha voglia di conoscere, e ha il diritto di conoscere, pri-
ma di acquistare un vino. . . un insieme di informazioni
che ne descrivesse le vigne, i vitigni piantati e la filosofia
che accompagna il lavoro dei viticoltori.” Un’altra scelta
che trovo assolutamente giusta è quella di non recensi-
re i campioni prelevati dalla “vasca”, quindi vini ancora
non pronti e pertanto non in commercio al momento ma
sicuramente in futuro, e neanche prossimo. Così come
hanno evitato di scrivere di quei vini, seppur premiati,
che ancora si “devono fare” che “non sono pronti, ma si
faranno grandi”; roba da veggenti! La guida è divisa in tre
categorie: “i Vini Quotidiani (prodotti che costano fino
a 10 € in enoteca, dall’eccellente rapporto tra la qualità
e il prezzo), i Grandi Vini sotto il profilo squisitamente
organolettico, per finire con i Vini Slow: bottiglie che,
oltre a una qualità organolettica eccellente, riuscissero a
condensare nel bicchiere valori di tipo territoriale, storico
e con una identità ben precisa”.
Una guida che è attenta anche a quelle Aziende che
praticano un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e
dell’ecosistema, un sistema vitivinicolo che non guardi
solo il proprio ombelico, ma sappia far crescere il sistema
agricolo nella sua interezza.
Sono anche io convinto che la battaglia contro
l’omologazione dei gusti e l’appiattimento delle
caratteristiche organolettiche dei vini possa passare solo
attraverso la conoscenza dei territori, dei vitigni e degli
uomini che compongono il terroir italiano. Chissà, forse
con questi nuovi criteri di valutazione e presentazione sarà
più facile trovare accanto ai nomi blasonati e acclamati
nuove realtà, fin’ora sfuggiti alla critica; forse.”Qualcosa
sta cambiando nel mondo della critica enologica”.
Auguri a Slow Wine e ai curatori, Giancarlo Gariglio e
Fabio Giavedoni e naturalmente ai nostri lettori e che il
nostro calice sia sempre colmo!
Presidente Vittorio Cardaci Ama
per comunicare con il Presidente:[email protected]
Quando il ragionare è meglio
del solo leggere
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 3
Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo
Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier
Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01
Editore: Vittorio Cardaci AmaPresidente Nazionale FISARe-mail: [email protected]
Direttore Responsabile: Roberto RabachinoC.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino
Tel. +39 011 5096123 Fax +39 011 19706172e-mail: [email protected]
Segreteria di Redazione: Gladys Torrese-mail: [email protected]
Correttore di bozze: Mario Del Debbioe-mail: [email protected]
Ufficio Stampa: Ufficio Stampa FISARe-mail: [email protected]
Amministrazione: Sede Nazionale F.I.S.A.R.Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI)
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Grafica e Stampa: Tipografia RossiVia Casalpiano, 28 - 53048 Sinalunga (SI)
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Responsabile Comitato Scientifico:Il Comitato Tecnico Nazionale FISAR
Comitato di Redazione e Controllo:Nicola Masiello, Mario Del Debbio, Graziella Cescon,
Luigi Terzago, Alberto Giustarini
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Swww.tipografiarossi.com
Distribuzione della rivistaLa rivista viene inviata a tutti i soci Fisar, a tutti gli organi di informazione, atutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni,a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta
tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.
La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana
Hanno collaborato a questo numeroMarcello Masi, Giancarlo Roversi,
Enza Bettelli, Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati,Luca Iacopini, Massimo Bracci, Silvana Delfuoco,
Saverio Scarpino
Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,
Roberto Rabachino, Enza Bettelli, Alberto Doriae immagini di Redazione.
Per la vostraPUBBLICITÀ
Responsabile Piemonte e Valle d'AostaAlessandro MACCHI
Cell. +39 [email protected]
Responsabile TrivenetoMarilena ANDREATTA
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Responsabile SiciliaVincenzo CUCURULLOCell. +39 3407279242
Francesco PINGITORECell. +39 380 3956293
Responsabile Calabria
Concessionario di Pubblicità per l’Italia
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Paolo ALCIATI - Direzione CommercialeCell. +39 335 6063373
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www.ilsommelier.com
Responsabile Puglia - Basilicata - Abruzzo - MoliseValeria GRIMALDICell. 320 4127588
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Il falso made in Italy alimentare
in Italia e all’estero vale circa 60
miliardi con la pirateria internazio-
nale che utilizza impropriamente pa-
role, colori, località, immagini, deno-
minazioni e ricette che si richiamano
all’Italia per prodotti taroccati che non
hanno nulla a che fare con la peni-
sola, ma anche con l’utilizzo a livello
nazionale di materie prime importa-
te da vendere come italiane per la mancanza
dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta.
Lo si legge in un comunicato della Coldiretti,
associazione che è impegnata in una mobi-
litazione ai valichi di frontiera ed ai porti a di-
fesa del vero made in italy, in occasione
della “Giornata nazionale dell’anticontraffa-
zione” promossa, per sensibilizzare sul cre-
scente fenomeno della contraffazione, dalla
Confindustria con il patrocinio e la diretta col-
laborazione della Direzione generale per la lot-
ta alla contraffazione-Uibm del Ministero dello
sviluppo economico, oltre che del Dipartimento
per le politiche comunitarie della presidenza
del consiglio e del Ministero degli affari esteri.
All’estero, secondo le stime della Coldiretti,
sono falsi tre prodotti alimentari
di tipo italiano su quattro. Un fe-
nomeno che frena la diffusione
del made in Italy e che, precisa
la Coldiretti, causa di danni eco-
nomici, ma anche di immagine.
Il rischio reale e’ che si radichi nelle
tavole internazionali un falso made
in Italy che toglie spazio di merca-
to a quello autentico e banalizza le
specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni
e territori unici e inimitabili. È il caso, spiega la
Coldiretti, dei formaggi tipici dove il Parmesan
è la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mon-
do, dagli Usa all’Australia, ma ci sono anche il
Romano, l’Asiago e il Gorgonzola prodotti negli
Stati Uniti dove si trovano anche il Chianti ca-
liforniano e inquietanti imitazioni di soppressa-
ta calabrese, asiago e pomodori San Marzano
“spacciati” come italiane. Per non parlare del
Prisecco, un vino rosso diffuso in Germania
che imita il celebre e rinomato Prosecco.
E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere
“taroccati” come nel caso della mortadella San
Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in
Canada.
La contraffazione alimentare
vale 60 miliardi
Secondo un’analisi condotta dalla Coldiretti all’estero sono falsi tre prodotti alimentari di tipo italiano su quattro.
Un fenomeno che frena la diffusione del made in Italye che è causa di danni economici, ma anche di immagine
“”
4
per comunicare con il Direttore:[email protected]
fonte Ministero delle Politiche Agricoledi Roberto Rabachino
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 66
Come è noto il linguaggio si evolve di
continuo. Nascono tutti i giorni nuove
parole e nuovi modi di dire. Tra le nuo-
ve generazioni la comunicazione si rinnova, gra-
zie alla rete globale, ancor più rapidamente. In
questa trasformazione senza pause è coinvolta
tutta la società. Naturalmente alcune epoche,
alcuni periodi storici, sono stati più fecondi altri
meno dinamici. Le novità linguistiche di tutte le
epoche hanno formato il linguaggio che scrivia-
mo e parliamo tutti i giorni, indispensabile per
comunicare le nostre idee, le nostre esigenze,
i nostri pensieri. Eppure i nostri anni ci hanno
ormai abituato a qualcosa di rivoluzionario.
Grazie alle immagini, infatti, molte parole sono
diventate quasi superflue. Le distruzioni provo-
cate da un cataclisma, la morte violenta di un
uomo o un bacio appassionato visti in tv, sul
computer o al cinema hanno travolto il nostro
modo di comunicare. In questo senso la pubbli-
cità è l’esempio più evidente di questa rivoluzio-
ne senza precedenti. In molte campagne l’uso
delle parole è stato semplicemente abolito. Del
resto l’emozione si trasmette più facilmente con
un’immagine che tutti possono immediatamen-
te comprendere piuttosto che con una frase,
magari complessa. Inoltre l’immagine è univer-
sale e non ha bisogno né di traduzione né di
traduttori. Di conseguenza anche la parola ha
subito un’accelerazione violenta. Per rimanere
al passo della forza dirompente dell’immagine
la parola si è trasformata in concetto, in titolo, in
slogan. Se a un nostro figlio o nipote gli si chiede
come va e lui risponde “scialla”, questo significa
molte cose insieme. Questa parola arabeggian-
te, di origine controversa, ma usatissima da gli
under 30, più che una parola è un contenitore
di stati d’animo, di emozioni, non necessaria-
mente positivi e non necessariamente negati-
vi. La traduzione di “scialla” va supportata, per
essere pienamente compresa, dalle espressioni
del viso di chi la pronuncia. Nello stesso tempo
“scialla” è un concetto omnicomprensivo capa-
ce di sintetizzare un discorso. Anche i media
sempre più spesso rincorrono l’immaginazione,
l’unica alternativa efficace dell’immagine. Ed
Chilometri zero?Scialla!
di Marcello MasiVice Direttore TG2 RAI
e responsabile rubrica Eat Parade
Siamo davvero sicuri che semplificaresia la cosa migliore da fare?“ ”
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 7
ecco spuntare: “mani pulite”, “calcio scommes-
se”, “riscaldamento globale”, “furbetti del quar-
tierino”, “films pulp”, “Milano da bere”, “Roma
ladrona”, “cerchiobbottismo”, “metanolo” ec-
cetera, eccetera…eccetera. Insomma la parola
per difendere la sua dignità e la sua stessa so-
pravvivenza oggi cerca aiuto nei migliaia di col-
legamenti immediati che i nostri neuroni posso-
no realizzare in un istante leggendo o sentendo
un concetto. Una semplificazione linguistica che
apre, però, un universo. Un contenitore capace
di sintetizzare vicende sulle quali sono stati ver-
sati mari d’inchiostro chimici, naturali o virtuali
che siano. Questa rivoluzione è ormai nel Dna
di ognuno di noi e non possiamo più farne a
meno. Per farsi comprendere da sempre più va-
ste platee i comunicatori fanno spesso ricorso a
parole che colpiscono immediatamente, senza
spiegazioni e tanto meno approfondimenti. Ed
è proprio in questa coda che si nasconde il ve-
leno. Siamo davvero sicuri che semplificare sia
la cosa migliore da fare? A mio modesto parere
una cosa è parlare correttamente e con termini
comprensibili da tutti, altra cosa è semplificare
ad ogni costo. Un esempio per tutti: “chilome-
tri zero”. Questa espressione negli ultimi mesi
è diventato un vero e proprio tormentone. Non
c’è discorso “ecosostenibile” che non contenga
questa espressione. Eppure “chilometri zero”
non sono sinonimo di qualità e garanzia di at-
tenzione all’ambiente. Vi ricordo che potrebbe-
ro servirvi un bel piatto di spaghetti alle vongole,
o una bella pizza al pomodoro rigorosamente a
chilometri zero senza che voi siate felici. Se nel
primo caso vi trovaste in un ristorante di porto
Marghera e nel secondo in una pizzeria che in-
naffia i propri pomodori con le acque del fiume
Sarno. Buon appetito.
Torre di Babele di Bruegel
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 68
Tra i numerosi vitigni autoctoni che ca-
ratterizzano il panorama vitivinicolo del
Veneto, il Manzoni Bianco o Incrocio
Manzoni 6.0.13 può essere considerato il più
giovane e il più interessante tra quelli a bacca
bianca della provincia di Treviso. E’ il risultato
ottenuto dall’incrocio di due varietà: Riesling
Renano e Pinot Bianco.
Figlio della genetica, è stato creato nei vigneti
della Scuola Enologica di Conegliano, in provin-
cia di Treviso, dal professor Luigi Manzoni negli
anni trenta. Il numero 6.0.13 fa riferimento alle
coordinate delle piante impollinate nei filari del
vigneto sperimentale, nel quale il professore ef-
fettuava le sue ricerche genetiche e dalle sue
sperimentazioni sono nati numerosi incroci. Ma
il più famoso è il Manzoni Bianco, dotato di no-
tevoli capacità di adattamento a climi e terreni
differenti tra loro. Presenta un grappolo piccolo,
i cui acini di colore giallo verdolino, sono protetti
da una buccia spessa e pruinosa, dal sapore
leggermente aromatico. La sua produzione è
contenuta.
Nasce un vino di alta classe, caratterizzato da
doti di finezza ed eleganza, esaltate dal profu-
mo delicato del Pinot Bianco e dalle finissime
sfumature aromatiche del Riesling Renano,
equilibrato e di buon corpo. E’ un vitigno che,
per le sue notevoli potenzialità, ha convinto di-
versi produttori della Marca Trevigiana ad inter-
pretarlo e a valorizzarlo.
In quel tratto di pianura, dove le ultime propag-
gini dei Colli di Conegliano si estendono nella
provincia di Treviso fino al confine con la pro-
vincia di Venezia, il terreno di natura alluviona-
le, formatosi nel corso dei secoli in seguito alle
numerose esondazioni del fiume Piave, è ferti-
le e particolarmente vocato per la coltivazione
della vite. Proprio in questa zona, a Roncadelle
di Ormelle, si trova l’azienda vinicola” Italo
Cescon”, condotta oggi, con passione e de-
dizione, dalla figlia Graziella, coadiuvata dalla
madre Chiara, dalla sorella Gloria e dal fratello
Domenico. Ben 115 ha, dislocati nelle province
La valorizzazione di un vitigno così prezioso, significa per me e per la mia azienda mantenere un legame
con la tradizione familiare e continuare un percorsoiniziato ancora negli anni cinquanta da mio padre,
con il preciso obiettivo di proporre la tipicità di queste terre
“”
Il Manzoni bianco perché? Ce lo spiega una
vignaiola trevigianadi Luisella Rubin
Consigliere Nazionale
A Trento la Passione si stappa.
Stappa la passione di Cesarini Sforza Tridentum.
In lui batte il Metodo Classico Trento D.O.C. Il
suo bouquet esclusivo ti trasporterà in Trentino,
tra i 350 e i 650 metri di altitudine dei vigneti di
Chardonnay e di Pinot Nero della Valle di Cembra,
da cui provengono le sue uve. E il tuo cuore sarà
conquistato dal suo bouquet raffinato, fresco,
autentico, dal suo gusto così elegante.
www.cesarinisforza.com
Tridentum Sommelier_nov_dic.indd 1 27-10-2009 12:56:19
di Treviso, di Venezia e di Udine sono coltivati a
vite , con una produzione annua che raggiunge
800.000 bottiglie, che vengono vendute in tutta
Italia, in Europa e in America. È un’azienda mo-
derna, attenta all’innovazione, dotata delle più
sofisticate attrezzature di vinificazione, che da
sempre si è impegnata nella ricerca e nella va-
lorizzazione dei vitigni autoctoni , in particolare il
Manzoni Bianco.
La prima domanda che di getto rivolgo a
Graziella Cescon, è:
Il Manzoni Bianco perché?
La valorizzazione di un vitigno così prezioso, si-
gnifica per me e per la mia azienda mantenere
un legame con la tradizione familiare e conti-
nuare un percorso iniziato ancora negli anni cin-
quanta da mio padre, con il preciso obiettivo di
proporre in ogni calice di vino la storia enologi-
ca della mia famiglia e la tipicità di queste ter-
re, attraverso una corretta interpretazione della
tecnologia moderna. Nel rispetto dell’ambiente
circostante, è stata introdotta una coltivazione
biologica , finalizzata ad una produzione di uva
sana e di qualità .Il territorio è un elemento im-
portante da salvaguardare, perchè contribuisce
a differenziare un vino, a renderlo unico ed irri-
petibile. La vendemmia viene rigorosamente ef-
fettuata a mano. Il vino che ne deriva è apprez-
zato dai consumatori per quel carattere di forte
riconoscibilità, di cui la mia azienda ne va fiera.
Al cliente viene offerta una completa tracciabilità
del prodotto: dalla vigna all’imbottigliamento.
Il Manzoni Bianco “Svejo”è il risultato ottenuto
dall’eccellente mano dell’enologo, mio fratello
Domenico, che ci ha regalato importanti soddi-
sfazioni e riconoscimenti a livello internazionale.
Vinificato in purezza, di colore giallo paglierino
intenso, emana profumi finissimi e nobili che
ricordano i fiori del prato a primavera, accom-
pagnati da sentori di agrumi, pesca, albicocca
ed ananas e delicate note speziate. Al gusto è
secco, caldo, di corpo ed equilibrato . Servito
fresco è ottimo come aperitivo, ma si abbina
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 610La vendemmia a mano del Manzoni bianco
benissimo con piatti a base di pesce e verdu-
re. Questo vino fa parte della nostra linea “I
Cru”, che comprende quattro vini: due bianchi,
Sveijo(Manzoni Bianco) e Mejo(Sauvignon) e due
rossi, Rabià(Raboso Riserva) e Chieto(Cabernet
S e Merlot), vini unici, di qualità superiore, pro-
dotti da uve provenienti da particolari vigneti,
caratterizzati da peculiarità climatiche ed am-
bientali.
La diffusione geografica del Manzoni
Bianco interessa solo la provincia
di Treviso o è più allargata?
Il Manzoni Bianco è coltivato principalmen-
te nella provincia di Treviso, dove ha trovato
il suo habitat felice, ma viene coltivato anche
fuori del Veneto, in Friuli, in Trentino ed ultima-
mente si sta diffondendo anche nelle regioni
del centro Italia. Rientra negli uvaggi di alcuni
disciplinari di produzione della Doc Bianco dei
Colli di Conegliano, Breganze Bianco e Trentino
Bianco, oltre a parecchi vini ad IGT in cui viene
vinificato in purezza. Con il nuovo disciplinare
del Comitato Nazionale per la tutela e la valoriz-
zazione delle DOC e delle IGT, verrà riconosciu-
ta la DOC per il Manzoni Bianco.
I vostri vini sono identificati con nomi dia-
lettali, perché?
La scelta dei nomi dialettali, di facile leggibilità e
pronuncia, è stata dettata dal desiderio di enfa-
tizzare al massimo il nostro legame con il terri-
torio, con la cultura popolare e con le tradizioni
tramandate dai nostri avi, al fine di valorizzare i
vitigni autoctoni dell’area DOC Piave, per susci-
tare nei consumatori quelle piacevoli emozioni
che solo un vino di qualità può regalare. In tal
modo vogliamo affermare il valore del nostro
marchio.
C’è una grande novità riguardo al vostro
nuovo packaging, ce la racconta?
L’etichetta, insieme alla bottiglia rappresenta
un elemento fondamentale del packaging di un
vino, il cui scopo è quello di dare alla clientela
delle informazioni chiare e precise circa il pro-
dotto. È un importante biglietto da visita per far
conoscere i vini dell’azienda. La nostra sensibi-
lità ci ha indotto a pensare alla possibilità di cre-
are una formula nuova per comunicare il nostro
prodotto ai non vedenti. Un’iniziativa questa
messa in pratica con il supporto e la collabora-
zione dell’Unione Italiana Ciechi, grazie alla qua-
le sono state create le etichette con le scritte in
braille, per consentire agli amanti di Bacco, non
vedenti, di leggere le indicazioni sulle caratteristi-
che del vino contenuto nella bottiglia .Abbiamo
scelto di iniziare questo percorso dalla linea più
prestigiosa dei nostri vini, “I Cru”, al fine di enfa-
tizzare l’importanza di questo progetto.
Nel futuro cosa rappresenterà per la vostra
azienda il Manzoni Bianco?
È un vino, che tutti noi amiamo e che sicura-
mente continuerà a lasciare un segno, quale
portavoce autentico del nostro legame con il
territorio e con tutto il suo patrimonio culturale,
storico e della tradizione: espressione unica e
tipica della grande terra del Piave.
Sarà nostro impegno garantirne l’assoluta qua-
lità nel tempo.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 11
Un grappolo di Manzoni bianco
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
All’interno della regione le città sono
ricche di storia come Lille, Arras,
Roubaix e adesso anche Lens, dove
sta prendendo forma quella che dal 2012
sarà una prestigiosa dependance del Louvre.
Sull’oceano si affacciano accoglienti cittadine
come Dunkerque, con l’enorme spiaggia che
offre spazi perfetti per le passeggiate e per lo
sport. Tutto il territorio è però caratterizzato da
due elementi ricorrenti: i beffrois, cioé gli anti-
chi torrioni dai quali si sorvegliava la campagna
per prevenire le incursioni nemiche, e le birrerie.
Perché se il clima fresco e gradevole del Nord
non è molto adatto per la vite è invece perfetto
per tutti gli ingredienti necessari per un’eccel-
lente birra.
Il Nord-Pas de Calais è infatti una delle due
grandi regioni francesi della birra, seconda solo
all’Alsazia, con oltre 20 birrifici che producono
un centinaio di tipi diversi di birra, tra artigianali
e industriali, per oltre 5 milioni di ettolitri pari a
un quarto della produzione nazionale francese.
E naturalmente, non potendo disporre della ric-
chezza di vini che ha reso famosa l’Alsazia, il
Che buona la birragiù al nord!
Nord-Pas de Calais è la regione più a settentrione della Francia, con un territorio che offre una intrigante varietà di paesaggi
e di culture e una gastronomia altrettanto interessante, che può fare a meno del vino ma non rinuncia all’ottima birra locale
“”
di Enza Bettelli
12
Nord-pas de Calais vanta il primato nel con-
sumo di birra con circa 80 litri all’anno pro
capite contro i 41 litri della media nazionale.
D’altra parte è proprio in queste zone che si
dice che “la birra consente di ridere con gli
dei” e la domanda è tale che la strada del-
la birra vede il riaprirsi sistematico di locali,
anche se si è ancora lontani dalle 1500 bras-
serie che arricchivano la regione all’inizio del
ventesimo secolo.
La produzione di birra nelle Fiandre francesi
presenta alcune affinità con quella, più famo-
sa, del confinante Belgio. Le tipologie sono
soprattutto a bassa fermentazione, tipiche
del territorio e dai nomi a dir poco originali,
come per esempio la Ch’ti, dal soprannome
dato agli abitanti della regione e che deriva
dalla pronuncia piccarda di c’est moi (sono
io). Moltissime birre sono ad alta gradazione,
superiore cioè a 7 gradi, e quasi tutte posso-
no sostituire il vino a tutto pasto. Specialità
della regione è la bière de garde (birra con-
servata), una volta prodotta tradizionalmente
solo in primavera e quindi conservata fino
all’estate per soddisfare la grande richiesta
da parte degli agricoltori che la bevevano per
dissetarsi durante il lavoro nei campi. Oggi
questa birra viene prodotta tutto l’anno e ha
spuma leggera e non molto persistente men-
tre il gusto è asciutto, a volte leggermente
amarognolo, con sentore del legno dei tini
nei quali ha riposato per almeno un mese.
Questa permanenza nel legno conferisce alla
birra toni ambrati o ramati, pur se si tratta di
solito di birra chiara.
Le ore della birra
Non c’è manifestazione nelle Fiandre francesi
che non venga abbondantemente annaffia-
ta con la birra. La più vivace è la Braderie
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
che ogni primo fine settimana di settembre per
due giorni trasforma Lille in un enorme mer-
cato, con chilometri di bancarelle e migliaia e
migliaia di visitatori che si fermano poi a man-
giare moules-frites (cozze accompagnate con
patatine fritte). Il luogo ideale per bere la birra è
però l’estaminet, antica osteria sempre arredata
in modo tradizionale, dove si possono gustare
i piatti più tipici. Oltre alla patata, cotta in ogni
modo e conosciuta nella regione circa un se-
colo prima che Parmentier la introducesse nel
resto della Francia, ci sono le zuppe di pesce
che hanno nomi simili a quelli belgi come il wa-
terzoï, la carne bianca e rossa viene trasformata
in carbonade e potje’vleesch (una gustosissima
terrina), poi ci sono il coniglio alle prugne, la lin-
gua affumicata e il foie gras. Ma soprattutto è
la birra a caratterizzare la cucina della regione,
utilizzata abitualmente come altrove viene uti-
lizzato il vino, profumando cozze, galletti, carni
e pesci. E durante tutta la giornata la birra ac-
compagna i salumi e soprattutto i formaggi di
cui la regione è ricca, oltre una trentina tra cui
l’antico Maroilles.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 614
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Lavori in corso…. sulla Stradadel Cesanesedi Patrizia Vasta e Paola Cambria
16
Non sono ancora pronti i cartelli stradali
ad indicare la Strada del Vino Cesanese,
e questo è un primo evidente segnale di
quanto lavoro ci sia ancora da fare. Già, perché
anche per ottenere le palette indicative su cui si
snoda il percorso eno-turistico del vino rosso la-
ziale, dal grande carattere e potenziale, si deve
lottare con la burocrazia, le lungaggini, la disor-
ganizzazione. Ma la determinazione e la tenacia
non mancano. Questa è un po' l'aria che si respi-
ra qui in Ciociaria, nel territorio della provincia di
Frosinone racchiuso tra i comuni di Affile, Piglio e
Olevano Romano, nel regno del Cesanese.
Così la raccontano i giovani vignaioli che cre-
dono in questo progetto, quello della Strada
del Cesanese: un itinerario di raccordo tra mete
culturali, religiose e percorsi enogastronomici
e paesaggistici. Ogni giorno si danno un gran
da fare, per vederlo crescere, Pierluca Proietti
e Maria Berucci, in un tandem di entusiasmo e
vulcanicità. Con il trasporto ideale di chi guarda
sempre avanti, non si fanno sconti e prima di tut-
to ne elencano le criticità. Cartelli stradali a parte,
ci sono le divisioni tra i comuni e le DOC che
al momento della costituzione della Strada del
Vino Cesanese, nel 2001, hanno portato di fatto
alla creazione di due strade, quella del Piglio e di
Affile che oggi associa in sé 22 cantine, e quella
di Olevano con 12 aziende. Una scissione che
non giova a nessuno e che si spera di superare
presto. C'è piuttosto un'identità comune da co-
struire attraverso iniziative di formazione, di mar-
keting, di strategia commerciale. E poi c'è la cri-
ticità della collocazione geografica del territorio,
un enclave tra Roma e Napoli che intercetta con
difficoltà il turismo che si concentra sulle città.
E i problemi dell'accoglienza, un sistema ancora
poco sviluppato e improvvisato che deve struttu-
rarsi meglio per proporsi con efficacia nell'ambito
del turismo laziale. Ma detto questo, tanti passi
avanti sono stati fatti. Con orgoglio e soddisfa-
zione si passa all'elenco dei risultati incassati.
Più di 70 gli eventi organizzati negli ultimi 3 anni
che hanno visto crescere l'interesse di pubblico
e di eno-appassionati per il territorio. Un anno
speciale questo 2010 in cui il 50° della cantina
“Protagonista indiscusso ed elemento fondante di questa storia di sviluppo e promozione
è proprio il Cesanese
”
sociale del Cesanese del Piglio, che della strada è
il socio fondatore, ricorre in concomitanza con la
presentazione della prima produzione DOCG,
ottenuta nel 2008. La celebrazione dello sforzo
corale di produttori, istituzioni ed estimatori per
dare a questa terra e al suo vino un marchio di
eccellenza. Il riconoscimento di una tradizione
che conta secoli di storia per un territorio ad alta
vocazione viticola abitato da una popolazione
che si è sempre occupata di viticoltura e che,
per questo, ne conosce ogni segreto. Se dal
punto di vista commerciale bisogna ancora met-
tere insieme le risorse, dall'altra parte, la coope-
razione produttiva, infatti, qui è un dato diffuso:
la tecnica, il confronto, la creatività, l'innovazione
sono storia comune del territorio e si ritrovano
in un vino che sempre più si eleva verso le sue
punte di eccellenza alla ricerca di parametri uni-
voci e riconoscibili. Protagonista indiscusso ed
elemento fondante di questa storia di sviluppo
e promozione, è proprio il Cesanese, vino che,
finalmente liberato da complessi di inferiorità, si
è ormai acclarato agli onori delle cronache de-
dicate ai grandi vini, al di là del riconoscimento
DOCG. Dal colore rosso rubino, tendente al gra-
nato con l'invecchiamento, e dal tenore alcolico
significativo è un vino tannico, vellutato e pasto-
so che esprime sial al naso che in bocca l'au-
tenticità del frutto, note delicate e persistenti di
frutti di bosco, more e mirtilli. Ha una dimensione
olfattiva molto profonda che, con un moderato e
prudente invecchiamento in botte, esplode na-
turalmente e autonomamente in aromi terziari.
Insomma non ha bisogno né di aiuti, né di for-
zature. Ha bisogno di tempo e di pazienza. Ha
bisogno di venir fuori.
È un vino che evolve nel bicchiere dicono qui gli
esperti, i tecnici, gli enologi. È un vino che evolve
sempre! Più famoso per la sua concentrazione,
in realtà, tutta da scoprire è la dimensione della
sua parte acida che regala longevità ed evolu-
zione appunto. E in effetti quella della scoperta
è la sfida a cui guarda questa terra, col suo vino
di punta, le sue cantine e la sua gente, che chie-
de di essere scrutata e scoperta nei suoi aspetti
meno scontati e più sorprendenti mentre al con-
tempo ribadisce con orgoglio la sua tradizione
di terra del vino e dei sapori veri. Tra cui non si
può non citare un gioiello in cui ci si imbatte alle
porte di Acuto, il ristorante Le Colline Ciociare.
È il regno di Salvatore Tassa personaggio istrio-
nico, filosofo della gastronomia più che chef, si
definisce cuciniere alla ricerca dell'essenziale,
del progressivo annullamento del superfluo e
del valore aggiunto, compresa la mise-en-place.
Laboratorio di originalità e creatività, quest'anno
premiato dalle tre forchette, il suo ristorante è
la consacrazione del gourmet casalingo, quello
costruito sui prodotti dell'orto, sulla sperimen-
tazione degli accostamenti e sulle intuizioni del
momento. Quindi inutile raccontare i suoi piatti. È
un'esperienza vera. Sulla Strada del Cesanese.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 618
Vigneti di Cesanese
Una platea di 750 enoappassionati ha
animato a fine ottobre la XVIII Avaliação
Nacional de Vinhos – safra 2010.
L’evento è stato organizzato dall’Associazione
degli Enologi del Brasile (ABE) con la
partecipazione istituzionale di IBRAVIN –
Istituto Brasiliano del Vino e si è svolta a Bento
Gonçalves, ridente cittadina all’interno della Vale
dos Vinhedos nel Rio Grande do Sul, patria dei
grandi vini brasiliani.
La manifestazione, giunta ormai alla sua
diciottesima edizione, presenta i vini
dell’ultima vendemmia 2010 (ndr:
ricordiamoci che siamo
nell’emisfero opposto).
È un concorso
atipico perché sono degustati, valutati e premiati
i vini che ancora non sono in commercio ma
stanno definendosi in botte o in inox.
La selezione per premiare i vini più
rappresentativi è stata fatta alla
cieca da 83 enologi iscritti
alla ABE, suddivisi
in tre gruppi di
lavoro.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 19
di Roberto Rabachino
per comunicare con il Direttore:[email protected]
Il Brasile è ormai una realtà nel panorama enologico mondiale
e i suoi vini stanno varcando con assoluto successo i confini nazionali grazie al lavoro eccezionale degli enologi e alla straordinaria promozione targata
IBRAVIN e WINE OF BRASIL
“
”
Il Brasile presenta la XVIII edizione della valutazione nazionale dei vini vendemmia 2010
I vini scelti hanno stupito positivamente tutti i
presenti e sono stati pubblicamente degustati
da 16 esperti nazionali ed internazionali
proveniente da 8 nazioni:
Alexandra Corvo, Arthur Piccolomini Azevedo,
Didu Russo, Irineu Guarnier, Jose Luiz da
Souza, Marcelo Copelo, Nauro Morbini e
Suzana Barelli per il Brasile; Carmen Perez per
l’Argentina; David Furer per gli USA; Fernando
Pettenuzzo per l’Uruguay; Harry Ackemann per
la Germania; Maria Isabel Mijares per la Spagna;
Michael Whiteside per l’Inghilterra e Roberto
Rabachino per l’Italia.
“La crescente crescita qualitativa del vini
brasiliani è già da tempo riconosciuta sia dai
consumatoti che dai critici a livello mondiale
– dichiara il Presidente ABE Christian
Bernardi. La storia del vino brasiliano, iniziato
con l’arrivo degli immigranti italiani alla fine
del 1800, sta raggiungendo traguardi sino
a pochi anni fa impensabili. La passione, la
ricerca, la tecnologia uniti al nostro terroir e
all’alta professionalità dei viticultori – continua
Bernardi - ha reso possibile la concretizzazione
di un sogno. Oramai il vino brasiliano può
tranquillamente competere con i più grandi vini
del mondo senza nessun timore. E poi il risultato
ottenuto in questa manifestazione – conclude
il Presidente dell’Associazione degli
Enologi del Brasile – ci spinge ad immaginare
un futuro ancora più ricco di soddisfazioni e di
successo”.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 620
Il pubblico dei partecipanti
I numeri della manifestazione750 persone nel pubblico
55 aziende partecipanti
260 vini degustati “alla cieca”
83 enologi degustatori ABE divisi in tre gruppi con valutazione
tramite la scheda elettronica di analisi ANV/OIV
6 categorie premiate: vino base spumante, vino bianco
secco non aromatico, vino bianco secco aromatico, vino
rosè, vino rosso giovane e vino rosso
I vini e le aziende premiateCategoria vino base spumante
Base Chardonnay: Domno do Brasil
Base Chardonnay/Pinot Noir: Vinhos Salton
Categoria bianco secco non aromatico
Chemin blanc: Vinícola Ouro Verde
Chemin blanc: Vitivinícola Santa Mara
Chardonnay: Cooperativa Central Nova Aliança
Chardonnay: Vinícola Góes e Venturini
Categoria bianco secco aromatico
Moscato Giallo: Casa Geraldo
Moscato R2: Vinícola Perini
Categoria rosè
Rosé Cabernet Sauvignon: Vinícola Almadèn
Categoria rosso giovane
Pinot Noir: Rasip Agropastil
Categoria rosso
Cabernet Franc: Cia Piagentini de Bebidas e Alimentos
Cabernet Franc: Estabelecimento Vinícola Valmarino
Marselan: Vinícola Dom Cândido
Merlot: Seival Estate
Cabernet Sauvignon: Vinícola Santo Emilio
Cabernet Sauvignon: Vinícola Alma Única
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Le aziende selezionate Christian Bernardi - Presidente ABE
Didù Russo - Brasile, degustatore ufficiale
Suzana Barelli Brasile, degustatrice ufficiale
Roberto Rabachino Italia, degustatore ufficiale
Maria Isabel MijaresSpagna, degustatrice ufficiale
Fernando PettenuzzoUruguay, degustatore ufficiale
Marcelo CopelloBrasile, degustatore ufficiale
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Un grappolo d’uva uscito dal mare
22
Nascere e crescere in questo luogo, vederlo trasformare nel tempo,
viverlo e saperlo amico… il tuo mare, il tuo scoglio, la tua isola, le nostre Egadi
“”
di Giancarlo Roversi
Il buon giorno si vede dal mattino, recita un vecchio adagio. Ma, mutatis mu-
tandis, è altrettanto vero che il... buon vino si vede da chi lo produce. Il net-
tare di Bacco è infatti opera della passione, dell’amore, ma anche dell’estro,
della sensibilità e dell’intelligenza di coloro che riescono a estrarre le essenze più
intime e preziose dai frutti della vite. Un caso esemplare è quello della famiglia di
Salvatore e Vinzia Di Gaetano, di pura schiatta siciliana, anzi trapanese, cui si deve
il variegato ventaglio dei vini haut de gamme griffati Firriato che hanno conquistato
le preferenze degli amanti del buon bere di ogni parte del mondo. In particolare
della Svizzera, ma anche della Germania, ormai quasi completamente “colonizza-
te” dai gioielli enologici plasmati dalla terra, dal sole e dalla brezza marina dell’agro
di Trapani, un territorio agricolo segnato profondamente dalla coltivazione della
vite, posto tra il mare smagliante della costa mediterranea e il superbo skyline
dell’antica Erice che domina dall’alto della sua montagna.
La viticoltura premurosa e sapiente perseguita dalla famiglia Di Gaetano (ma vie-
ne più facile dire Firriato dal nome della località dove ebbe inizio la sua epopea
enologica) costituisce il caposaldo basilare per la creazione di vini di eccellenza
e si fonda sulla selezione dei territori viticoli e delle varietà impiantate. Per questo
Salvatore Di Gaetano, dopo la felice esperienza nella produzione vinicola sui terre-
ni collinari alle porte di casa, ha dilatato il suo sguardo sull’Etna, la “Montagna” per
antonomasia, portando alla ribalta la Tenuta di Cavanera. E proprio ora Salvatore,
trascinato anche dall’energia vulcanica contagiosa della moglie Vinzia, che incarna
la più pura e affascinante sicilianità femminile, e dall’entusiasmo garbato della gio-
vane figlia Irene, laureanda alla Luiss di Roma, ha deciso di sbarcare a Favignana
per restituire alla più grande dell’isola delle Egadi un lembo di quella viticoltura
abbandonata ai primi del ’900, che si preannuncia
ricca di piacevoli sorprese grazie all’habitat marino e
alla particolare composizione del terreno.
L’approdo sull’isola rappresenta per Firriato una
nuova sfida produttiva impegnativa ed avvincente:
“Le condizioni pedoclimatiche sono davvero par-
ticolari - spiega Vinzia Di Gaetano – caratterizzate
da un clima arido e secco e da suoli molto fertili. I
vigneti distano pochi metri dalla scogliera e la ven-
tilazione marina è costante, facilitando il gioco delle
escursioni termiche tra giorno e notte, particolar-
mente favorevoli per il raggiungimento ottimale della
maturazione dei grappoli. Nel vigneto sono stati re-
alizzati impianti di irrigazione di soccorso per i giorni
più caldi, in modo da scongiurare stress termici alle
piante. Tutto è stato concepito per raccogliere da
questi vigneti una materia prima di assoluto valo-
re enologico per la produzione di vini di nicchia, di
alta qualità e di immagine. Con Favignana il nostro
disegno di valorizzazione dei territori viticoli d’ecce-
zione della Sicilia, come Etna ed Egadi, compie un
sostanzioso passo in avanti e, siamo certi, che i ri-
sultati attesi non tarderanno ad arrivare, soprattutto
dai mercati più prestigiosi e competitivi”.
Grazie a questa scelta nelle prossime vendemmie
verrà arricchita la gamma produttiva di Firriato e la
sua filosofia aziendale, imperniata su vini moderni
dove le peculiarità dei terroir sono identificabili già
2323
Salvatore e Vinzia Di Gaetano - Firriato
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
al primo assaggio. I cinque ettari di vigneto nella
tenuta di Calamoni, che vengono a realizzare il
disegno di una moderna enologia dalla portata
storica in un ambiente suggestivo e intatto sot-
to il profilo ambientale, si trovano a pochi metri
dalla scogliera in un contesto di rocce affioranti
di tufo e sabbia rossa. Vi sono state impiantate
varietà autoctone coltivate ad alberello, un si-
stema tradizionale della viticoltura delle isole mi-
nori della Sicilia, particolarmente adatto a sop-
portare condizioni ambientali marine e la forza
del vento.
Etna e Favignana, una Sicilia degli antipodi ge-
ografici, di due viticolture totalmente differenti
(marina e di montagna), ma che hanno la forza
di coesistere e svilupparsi all’interno di quella
filosofia produttiva d’eccellenza enologica e di
valorizzazione del territorio che Firriato ha sem-
pre ricercato e voluto. I consumatori più appas-
sionati ed esigenti non potranno che essere
conquistati dalle perle rare che Firriato sta col-
lezionando con la sua strategia di produzione
vitivinicola: attenta osservazione e sviluppo dei
territori di frontiera per produzioni d’alta gamma
e di nicchia, ad alto contenuto di comunicazio-
ne e immagine.
Così per ogni etichetta che Salvatore crea c’è
il volto della moglie Vinzia con immagini che ci
raccontano che Firriato ha un’anima, un colore,
uno sguardo e che questi elementi coincidono
perfettamente con una terra straordinaria per
bellezza e generosità.
Vinzia Di Gaetano: un’isola incontaminata
che profuma di vero
Perché avete reintrodotto la vite a Favignana?
Nascere e crescere in questo luogo, vederlo
trasformare nel tempo, viverlo e saperlo ami-
co… il tuo mare, il tuo scoglio, la tua isola, le
nostre Egadi. È a quel punto che io e mio marito
diciamo: è ancora intatta, è ancora selvaggia,
profuma di vero. Ci piacerebbe uscire dal mare
e raccogliere un grappolo d’uva come si faceva
un tempo. Assetati, desiderosi di frutta e allora,
ma si, rimettiamo la vigna a Favignana come
un tempo, come prima. Sono passati cent’anni
dall’ultima vite, dall’ultimo vigneto, per ricreare
ancora una viticoltura estrema, orientata alla
produzione di vini di grande carattere e tipicità,
nel caso di Favignana unici.
Cosa rappresenta questa nuova esperienza
per un’azienda al top come Firriato?
È un progetto di grande valore qualitativo che
darà anche un significativo contributo all’im-
magine aziendale e avrà soprattutto effetti sulla
valorizzazione del territorio anche dal punto di
vista storico culturale.
Quali risultati vi aspettate?
Tutto e nulla: abbiamo seminato e il primo grap-
polo di zibibbo raccolto due giorni fa era mera-
viglioso, e sicuramente avremmo un maggiore
interesse e attenzione nei confronti della nostra
azienda, per Firriato come realtà impegnata nel-
la continua ricerca della biodiversità e nella sco-
perta di nuove frontiere del vino.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 624
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 25
Côte des Bar: Les Riceys, non solo Champagne
Esiste un luogo, nel cuore della Champagne,dove il vino più prezioso non ha le bollicine…“ ”
di Silvana Delfuoco
Nella Côte des Bar, a sud-est di Troyes, la città medievale dall’antico
centro storico a forma di tappo di Champagne (chissà se è da qui
che hanno preso ispirazione i suoi inventori, arrivati almeno cinque
secoli più tardi!) si trova un paesino davvero molto particolare. Prima di tutto
per la sua struttura, visto che è costituito dall’unione di tre antichi borghi fortifi-
cati: Ricey-Haut, Ricey-Haute-Rive e Ricey-Bas; poi anche per il suo notevole
patrimonio artistico. Infatti, oltre a chiese, castelli, case di vignaioli, lavatoi e
calvari qui si trovano i cadoles, caratteristici e originali ripari costruiti in mezzo ai
vigneti esclusivamente a secco, senza utilizzo di legno né cemento: qualcosa
di simile ai nostri “trulli” a centinaia di chilometri
di distanza! Ma c’è dell’altro…
Considerato il più importante comune vitivinicolo
dell’intera Champagne, questo piccolo borgo
si è imposto all’attenzione enologica mondiale
grazie ad una produzione davvero unica: il
famoso Rosé des Riceys, il vino leggendario
che qualche secolo fa conquistò persino i favori
del Re Sole.
Pare infatti che Luigi XIV ne avesse scoperto
l’esistenza grazie ai canats, un gruppo di
seicento muratori originari di Les Riceys che
lavoravano alla costruzione della Reggia di
Versailles. Il re aveva notato che, all’ora dei
pasti, questi uomini bevevano esclusivamente
il vino rosé che avevano avuto cura di portarsi
appresso dal loro paese; il fatto lo incuriosì e lo
volle assaggiare. Da quel momento il Rosé des
Riceys diventò il suo vino preferito, facendo così
il suo ingresso ufficiale a Corte.
Raro e prezioso, tanto che il suo severissimo
disciplinare ne limita la vinificazione soltanto alle
annate migliori e impone comunque un tetto
di settantamila bottiglie per anno, questo rosé
tranquillo ed elegante è frutto di un unico vitigno
di Pinot noir coltivato nei punti più soleggiati
delle colline. L’intensità del suo colore varia
a seconda dei millesimi e il suo bouquet ha
sentori di fiori di campo, di violetta e di nocciola;
peccato che oggi sia spesso così difficile da
reperire, visto che ci sono persino dei vignerons
che lo producono soltanto per il loro piacere!
Questo non succede certo in Maison importanti,
come quella di Guy de Forez, una proprietà di
dodici ettari e cantine con soffitti a volta in una
casa del XVII secolo; o in quella di Alexandre
Bonnet, nata a inizio del secolo scorso proprio
al centro di Riceys-Bas e con una proprietà di
quarantadue ettari. Ma la vera forza di questo
vino così particolare sono, come sempre capita
in simili situazioni, i piccoli produttori, veri
difensori delle tradizioni più autentiche. È l’erede
di cinque generazioni di vignaioli Pascal Morel,
della Champagne Morel Père et fils, con una
bella casa in pietra proprio a fianco della Chiesa
di Riceys-Bas. Impegnato per restituire alla
denominazione Rosé des Riceys la sua giusta
collocazione nella storia, conserva nella sua
cantina un autentico tesoro: le bottiglie di tutte
le sue produzioni, a partire dalle cuvée prodotte
dal nonno, perché diventino la memoria storica
della sua azienda.
Ultima sorpresa che Les Riceys, caso unico in
Champagne e rarissimo in Francia, riserva agli
enologi appassionati di curiosità sono le sue
tre denominazioni A.O.C.: oltre al Rosé des
Riceys, lo Champagne, e poi ancora il Coteaux
Champenois, un rosso tranquillo, che ci ricorda
che cosa si faceva col Pinot noir da queste
parti tanti secoli fa, quando Dom Pérignon era
ancora di là da venire…
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 626
«L’intensità del suo colore varia a seconda dei millesimi e il suo bouquet ha sentori
di fiori di campo, di violetta e di nocciola»
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 27
Il Concorso
Il Concorso Internazionale dei Vini di
Montagna non solo è diventato maggioren-
ne ma rimane l’unico Concorso al mondo nel
suo genere. Ad organizzarlo, il Cervim (Centro di
Ricerche, Studi, Salvaguardia, Coordinamento
e Valorizzazione per la Viticoltura Montana),
organismo istituito dalla Regione Valle d’Ao-
sta nel 1987 e presieduto dal dr François
Stevenin, per sostenere la viticoltura di monta-
gna e di forte pendenza dei Paesi aderenti, in
collaborazione dell’Assessorato dell’Agricoltu-
ra e Risorse Naturali della Regione Autonoma
della Valle d’Aosta, dell’Associazione Vinea
(Sierre-Svizzera) e col patrocinio dell’OIV (Office
International de le Vigne et du Vin).
Sette Paesi in lizza con 433 vini
Quest’edizione che si è tenuta a Courmayeur
dall’1 al 3 luglio, ha presentato 433 vini pro-
venienti da Francia, Germania, Grecia, Italia,
Portogallo, Spagna e Svizzera. Ecco i vini nel
dettaglio.
Con 232 vini pari al 54%, l’Italia si attesta al
primo posto per numero di campioni presen-
tati, vincendo 51 medaglie di cui 13 d’oro e
38 d’argento. Mentre i Paesi esteri che hanno
presentato complessivamente 201 vini pari al
46%, hanno vinto, in percentuale, più di noi. La
Germania con 95 campioni in degustazione ha
ottenuto ben 40 medaglie, di cui 2 Gran meda-
glie d’oro, 6 d’oro e 25 d’argento. La Svizzera
con 43 vini provenienti dal Vallese e dal Ticino,
ha ricevuto 5 medaglie d’oro e 14 d’argento.
Molto bene la Spagna che, presentando da 29
vini, provenienti dalle regioni della Galizia dai
Paesi Baschi e delle isole Baleari, ha vinto 10
medaglie d’oro e 2 d’argento.
Non male la Francia che presentando 25 vini
provenienti dalla “côte Vermeille”, il territorio di
Banyouls e Colliure (nella regione del Languedoc
Roussillion) e dalla regione Rhône Alpes., ha ot-
tenuto 4 medaglie d’oro e 4 d’argento. L’exploit
l’ha fatto la Grecia che, partecipando con solo
quattro vini di un’unica cantina, ha ottenuto ben
due medaglie d’oro e una d’argento. Ottimo
anche il piazzamento del Portogallo: su 5 vini
in degustazione, ha spazzato via quattro meda-
glie, di cui una d’oro e tre d’argento.
Ritornando a casa nostra, le regioni più
18° Concorso Internazionale dei Vini di Montagna
Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone dell’Hotel Pavillon. Il giudizio è stato dato
dai 30 degustatori internazionali, selezionati dall’organizzazione per degustare i vini presentati
“”
di Virgilio Pronzati
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 628
premiate sono state: la Valle d’Aosta con 5 me-
daglie d’oro e 11 d’argento, seguita dalla Sicilia
con 14 medaglie, 3 d’oro e 12 d’argento, dalla
Lombardia con 3 medaglie d’oro e 6 medaglie
d’argento, dal Trentino con una medaglia d’oro
e 4 medaglie d’argento. Una medaglia d’oro e
2 d’argento per il Veneto, 1 medaglia d’argento
per Campania, Liguria e Alto Adige.
Altissimo il livello dei vini
Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone
dell’Hotel Pavillon. Il giudizio è stato dato dai
30 degustatori internazionali, selezionati dall’or-
ganizzazione per degustare i vini presentati. A
differenza degli altri anni, c’è stato solo un cam-
bio di bottiglia. Delle centotrenta medaglie totali
assegnate, ben due i vini che hanno ottenuto
un punteggio superiore ai 94 punti, entrambi te-
deschi, provenienti dalla regione della Mosella,
a cui come da regolamento è stata attribuita la
Gran Medaglia d’oro:
1° il Lieserer Niederberg-Helden
Trockenbeerenauslese della cantina Weingut
Hubertushof GbR con 95 punti, che si aggiudi-
ca anche il premio come miglior vino assoluto
del concorso.
2° Mosel-Saar-Ruwer Cochemer Herrenberg
Riesling Spatlese della cantina Familienweingut
con 94,67 punti.
Le medaglie d’oro assegnate sono state 41 per
un totale corrispondente al 9,47% delle meda-
glie totali, delle quali ben 14 con punteggi su-
periori ai 90,01 punti e 27 tra 89,01 e 90 punti.
Infine 87 le medaglie d’argento corrispondenti
ad una percentuale sul totale del 20%.
Quest’anno l’assegnazione del prestigioso
“premio speciale CERVIM 2010” attribuito alla
migliore azienda di ogni paese che abbia otte-
nuto il miglior risultato, calcolato dalla somma
dei punteggi più elevati riferiti a tre vini che ab-
biano raggiunto il punteggio minimo di 80 cen-
tesimi, è andato a:
Per l’Italia, il premio, è stato attribuito alla
Società Agricola Les Cretes di Costantino
Charrere d’Aymaville (Aosta).
Per la Germania alla cantina
Familienweingut di Andrea e Hermann
Rademacher Cochem / Mosel.
Per la Svizzera alla cantina cooperativa
Provins Valais di Sion (Vallese).
Per la Spagna alla cantina Regina Viarum
S.L. Doade - LUGO (Galizia).
Per la Grecia, l’Alpha Estate,
Amyndeon Greece.
Per la Francia alla Cave l’Etoile,
Banyuls-sur-Mer.
Con l’adozione del nuovo sistema d’assegna-
zione delle medaglie, che prevede l’assegnazio-
ne della Gran medaglia d’oro ai vini che hanno
ottenuto nelle degustazioni un punteggio supe-
riore a 94 punti, la medaglia d’oro ai vini che
hanno ottenuto tra gli 89 e i 94 punti e nel limite
del 30% (conformemente a quanto previsto dal-
le regole dell’OIV - Organisation Internationale
de la Vigne et du Vin), la medaglia d’argento ai
vini che hanno ottenuto tra gli 84 e gli 89 punti,
l’organizzazione ha voluto enfatizzare ancor più
la qualità dei vini presentati e garantire l’elevato
livello di questo concorso internazionale, unico
nel suo genere.
Le numerose degustazioni sono avvenute alla
cieca, attenendosi alle scrupolose regole pre-
viste dall’OIV, di cui era presente tra i degusta-
tori la delegata Simona Lamorte. Centotrenta le
medaglie totali assegnate, due i vini a cui è stata
assegnata la Gran Medaglia d’Oro che hanno
ottenuto un punteggio superiore ai 94 punti, en-
trambe provenienti dalla regione della Mosella
in Germania, un Riesling Trockenbeerenauslese
che ha ottenuto ben 95 punti e un Riesling
Spatlese che di punti ne ha ottenuti 94, 67.
Le medaglie d’oro assegnate sono state 41
corrispondente al 9,47% delle medaglie totali
attribuite, delle quali ben 14 con punteggi su-
periori ai 90,01 punti e 27 tra 89,01 e 90 punti.
Infine 87 le medaglie d’argento corrispondenti
ad una percentuale sul totale del 20%. L’elevata
qualità dei vini presentati ha fatto incrementare
il limite inferiore per l’assegnazione delle meda-
glie, per rispettare il limite del 30% dei premiati,
da 84 punti come previsto dal regolamento a
86,67 punti.
Ma sentiamo cosa ha detto il Presidente del
CERVIM François Stevenin:
“I risultati scaturiti dal 18° concorso internazio-
nale dei vini di montagna sono anche quest’an-
no di gran prestigio a sottolineare la qualità e il
potenziale dei vini eroici. Questo risultato premia
i grossi sforzi fatti dal settore vitivinicolo, dai pro-
duttori, nelle zone cosiddette eroiche, che da
sempre con tenacia e dedizione danno corpo
e vigore ad un settore importante per l’identità
culturale e per l’economia locale”.
Categorie di vini in concorso
In base a quanto prescritto dal regolamento i
vini sono stati suddivisi in 10 categorie e più
precisamente: vini bianchi tranquilli prodotti nel-
la vendemmia 2007; vini bianchi tranquilli pro-
dotti nelle vendemmie 2006 e precedenti; vini
bianchi tranquilli semidolci (con residuo zucche-
rino da 12 a 45 g/l); vini rossi tranquilli prodotti
nella vendemmia 2007; vini rossi tranquilli pro-
dotti nelle vendemmie 2006 e 2005; vini rossi
tranquilli nelle vendemmie 2004 e precedenti;
vini rosati tranquilli; vini spumanti; vini dolci (con
residuo zuccherino superiore a 45 g/l); vini li-
quorosi.
L’edizione 2010 ha riservato un’utile novità.
Con la collaborazione di VINEA, già organizza-
trice di grandi Concorsi Mondiali, è stato mes-
so a disposizione dei Commissari un sistema
di valutazione informatico. Ognuno dei cinque
degustatori ufficiali di cui un presidente, era do-
tato di un computer sul cui video si alternavano
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 29
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 630
le schede di valutazione relative ai vini serviti.
Oltre a conoscere immediatamente la valuta-
zione finale del vino, questo metodo innovativo,
permette, rispetto al passato, di avere molto più
tempo per l’esame sensoriale.
Ospitalità
Gianluca Macchi e Roberta Biondi, rispettiva-
mente Direttore e Segretaria del Cervim, han-
no fatto le cose al meglio. Alloggio e sede del-
le degustazioni, nell’elegante e centrale Hotel
Pavillon di Courmayeur. Lo stesso per i pranzi
a buffet.
Di ottimo livello le cene di benvenuto e di gala.
Nel primo caso, al raccolto e caratteristico risto-
rante Le Cadran Solaire di Courmaieur. Mentre
quella di gala, al Ristorante La Cassolette del
Mont Blanc Hotel Village di La Salle. Uno del
templi della gastronomia regionale e non solo.
In più la visita e l’assaggio di pregiati vini della
cantina Di Barrò di Sainte Pierre, e una piacevo-
le ed emozionante “volata” a Punta Helbronner
(quota 3.462) sul Monte Bianco dove, da una
magnifica terrazza, si può godere di un panora-
ma che spazia su tutto l’arco alpino.
Chi vorrà degustare tutti i vini premiati al 18°
Concorso Internazionale, l’appuntamento è per
i giorni 5-6-7 di novembre a Merano, in occa-
sione del Merano Wine Festival.
Componenti delle Commissioni
di valutazione
Enologi italiani
Diego Betemps - Enologo Institut Agricole
Regional (Valle d’Aosta); Pietro Boffa - Enologo
Az. Agricola Les Crêtes (Valle d’Aosta); Cosimo
Murace - Enologo Vini Murace (Calabria); Paolo
Fenocchio - Enologo Pio Cesare (Piemonte);
Davide Fasolini - Enologo di Dirupi (Lombardia);
Isabella Pelizzatti Perego - Enologo Az. Ar.pe.pe
(Lombardia); Walter Webber - Direttore Cantina
di Aldeno (Prov. Trento); David Cilli - Enolgo di
Winecircus (Toscana); Alessandro Berriolo -
Enologo Cantina Cooperativa Viticoltori Ingauni
(Liguria); Gianni Giardina - Enologo Istituto Vite
e Vino (Sicilia); Maria Carella - Enologo Cantine
Nicosia (Sicilia).
Enologi stranieri
Marie Linder (Svizzera); Dušan Brejc - Direttore
Associazione Viticoltori di Slovenia (Slovenia);
Marco Adamy - Enologo DLR della Mosella
(Germania); Simona Lamorte - Delegato OIV
(Svizzera); Peter Sarkany - Enologo in pensio-
ne (Ungheria); Antonio Magalhaes - Istituto Vino
del Douro e Porto (Portogallo);
Esperti degustatori Area Cervim
Arno Simonis - Cervim (Germania); Reuter
- Cervim (Germania); Beatriz Soto Gonzalez -
Cervim (Spagna); Waldo Carreiras Albo - Cervim
(Spagna); Emanuele Serafin - Cervim (Veneto);
Giovanni De Silvestro - Cervim (Trentino).
Giornalisti Stampa Internazionale
André Deyrieux - Wine Tourism Media (Francia);
Roberto Gatti - Free lance (Italia); Mirka Frigo
- Donnasommelier Europa (Italia); Nicolas
Bourassin (Svizzera); Francesco Arrigoni -
Corriere della Sera (Italia); Virgilio Pronzati - Il
Sommelier (Italia); Giorgio Luppi (Italia).
Info vincitori completo: www.cervim.org
Cervim Courmaieur 1:
Il Presidente del Cervim François Stevenin presenta
l’evento alle Commissioni di degustazione.
Cervim Courmaieur 2:
Le Commissioni di degustazione al lavoro.
Cervim Courmaieur 3:
L’inviata dell’OIV Simona Lamorte.
Cervim Courmaieur 4:
I tecnici degustatori Antonio Magalhaes
(Portogallo) e Maria Carella (Italia).
le migliori bollicineemiliane
Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: [email protected] - http://www.tenutafarne.it
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Trent’anni di emozioni e dimostrarli tut-
ti, attraverso un’immutata passione,
una sobria eleganza, uno stile unico,
una cura quasi maniacale nell’organizzare un
appuntamento che è ormai “l’evento” del vino
sull’Etna, in un luogo privilegiato che affonda le
radici in secoli di storia. Quest’anno è stato dav-
vero particolare per la “ViniMilo”, la manifesta-
zione enoturistica organizzata dal comune più
piccolo della provincia etnea (appena 18 kmq
di superficie sul versante orientale del vulcano,
a 720 s.l.m. e a una trentina di chilometri da
Catania): ad essere festeggiato, infatti, è stato
il 30° anniversario che, richiamandosi a un noto
film hollywoodiano con eleganti ambientazioni
tra i vigneti francesi, è stato intitolato: “Brindiamo
a un’ottima annata – 30a edizione ViniMilo”.
A supportare i brindisi, che hanno accompa-
gnato l’estate alla partenza e salutato l’appros-
simarsi dell’autunno, è stato un programma fitto
di eventi nell’evento stesso, con un calendario
ricco di appuntamenti per tutti i gusti: dalle im-
mancabili degustazioni di vini V.i.p. (Vini in piaz-
za) e di prodotti tipici dell’Etna ai campionati
sportivi, dai concerti di musica classica ai tornei
di scacchi, dai sottofondi jazz e folk con gruppi
internazionali ai concerti di arie d’opera e ope-
retta, fino agli incontri con artisti del calibro di
Franco Battiato e Gino Paoli, alle estemporanee
di pittura e alla presentazione di pregiati volu-
mi che arricchiscono il patrimonio culturale del
mondo enoico, soprattutto in questa fetta di ter-
ritorio siciliano, dove importanti aziende vitivini-
cole producono dell’ottimo Etna D.o.c., tra quei
vigneti che lo fanno denominare “Superiore”. A
contorno della manifestazione, i corsi per im-
parare a degustare, oltre naturalmente al vino,
anche gli olii e i formaggi tipici siciliani, mentre
a tratteggiare l’aspetto tecnico-scientifico sono
stati i convegni e le tavole rotonde su temi at-
tuali del comparto agricolo: la “Giornata della vi-
ticoltura sostenibile”, la “Presentazione dei primi
risultati del progetto di valorizzazione dei vitigni
autoctoni siciliani”, “Vulcania-Etna 2010: Forum
internazionale dei vini bianchi da suoli vulcanici”.
E, infine, le stesse associazioni di categoria che
hanno scelto la suggestiva scenografia “vulca-
nica” del paese in festa per celebrare le loro
assemblee annuali e aprirsi a nuove iscrizioni e
adesioni.
Brindisi sul vulcano per celebrare
i trent’anni della “ViniMilo”
Degustazioni, concerti, convegni nella terra dell’Etna Bianco Superiore“ ”
Antonio Iacona
32
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 33
Tra le collaborazioni di cui si sono avvalsi
il Comune e gli organizzatori, fondamenta-
le si è rivelata quella offerta dalla Fisar con la
Delegazione di Catania, con la presenza attenta
del presidente nazionale della Federazione ita-
liana sommelier albergatori e ristoratori, Vittorio
Cardaci Ama. Tre, in particolare, gli incontri cu-
rati dalla Fisar etnea, che hanno riscosso un’am-
pia partecipazione di pubblico e di enoappas-
sionati (per tre sere tutto esaurito alla scoperta
del gusto enogastronomico!): la presentazione
del nuovo volume dello scrittore Andrea Zanfi,
“Toscana, Anima del Vino”, con successiva de-
gustazione dei vini della Maremma; una degu-
stazione guidata tra i vini migliori e le prelibate
mozzarelle della Campania, con la partecipazio-
ne della Delegazione Fisar di Salerno; l’incontro
“Aria, acqua, terra e fuoco: il giardino dei quat-
tro elementi”, con il docente Guido Arcangelo
Medolla, alla scoperta delle leggende legate al
mondo delle piante, dei fiori e delle erbe aroma-
tiche. Tre nuovi appuntamenti per la “ViniMilo”,
certamente, che hanno arricchito il programma
e rivelato, ancora una volta, la professionalità
dei sommelier Fisar.
La “Campania Felix” tra le valli etnee “Campania Felix”: non è stato soltanto un ti-
tolo felice con cui i delegati Fisar di Catania e
di Salerno hanno voluto fare conoscere le ec-
cellenze della provincia campana ai siciliani, in
particolare ai partecipanti alla “ViniMilo”, ma si è
trattato di un vero e proprio viaggio affascinante
e virtuale, attraverso il gusto, l’olfatto, il tatto e
gli altri sensi, in una regione che si sta rivelando
unica: per fascino, basti pensare all’eleganza
della costiera amalfitana; per attività, la provin-
cia di Salerno infatti sta registrando un incre-
mento nella produzione vitivinicola; e, lasciate-
celo scrivere, per la simpatia e l’alta professio-
nalità con cui questa terra è stata presentata a
un’altra terra altrettanto affascinante e magica:
la Sicilia.
Meriti della serietà delle due Delegazioni Fisar,
quella di Catania e quella appunto di Salerno,
rappresentate rispettivamente da Gaetano
Prosperini e Carlo Guzzardi, per l’Etna, e da
Alberto Giannattasio egregiamente collaborato
dalla sommelier Sara Romano, per la Campania.
Su tutti, la vigile e qualificata presenza del
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 634
presidente nazionale Fisar, Vittorio Cardaci
Ama.
A catturare l’attenzione del pubblico di degu-
statori è stato Giannattasio, supportato dalla
presentazione di vini di eccellenza del salerni-
tano e dalla degustazione di mozzarelle di bu-
fala senza eguali. Dalla Costa di Amalfi, infatti,
i siciliani hanno potuto assaggiare i vini delle
aziende di Marisa Cuomo, Giuseppe Apicella e
Le Vigne di Raito; dai Colli di Salerno le Aziende
Montevetrano e Casal di Baal; dal Cilento, De
Conciliis, Maffini e Tenute del Fasanella.
Ad aprire la serata un bianco elegante, Fiano
100% Igp 2009, di grande carattere e gran cor-
po, delle Tenute del Fasanella: “Phasis Fiano”,
12% alc. Come bianchi sono stati gli altri 6 vini
proposti, su 9 degustati: il “Donnaluna” Fiano
2009, Cilento Doc di De Conciliis; un altro Fiano
100%, “Fiano di Baal”, questa volta 13% alc.,
dal colore brillante, anche questo di gran carat-
tere ed elegante, con presenza di pesca bian-
ca, miele di acacia e camomilla; Costa d’Amalfi
Doc 2009, invece, il “Tramonti Bianco”, Colle
Santa Marina, di Giuseppe Apicella, da uve
Falanghina, Biancolella, Ginestra e Pepella; an-
cora un Fiano, Paestum Igt 2007, con “Pietra
Incatenata” di Luigi Maffini: sapido, con una
netta presenza di mineralità e sentori di salsedi-
ne, a “tradire” la sua provenienza (13,5% alc.),
con affinamento in barriques per circa 8 mesi;
a chiudere la degustazione dei bianchi è stato
un Costa d’Amalfi Doc 2008, con “Fiorduva”,
uno dei prodotti migliori di Marisa Cuomo, da
Positano: il vino proviene infatti da uno dei fior-
di più suggestivi di tutta la costiera amalfitana.
Mentre le mozzarelle di bufala della Piana del
Sele dell’Azienda Improsta e lavorate dal casei-
ficio La Perla del Mediterraneo di Eboli facevano
incetta di appassionati, si passava ai rossi: “a’
Scippata”, dal nome del fondo dove sono colti-
vati a pergolato i vitigni Tintore e Piedirosso, un
“Tramonti” Costa d’Amalfi Doc, Riserva 2004, di
da sx il Presidente Cardaci, Antonio Iacona ed Andrea Zanfi
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 35
Giuseppe Apicella, 14% alc., che nasce da una
raccolta tardiva, lunga macerazione e affina-
mento in botti di rovere; un “Ragis” Vendemmia
2007, Colli di Salerno Igt di “Le Vigne di Raito”
di Patrizia Malanga, 13,5% alc., si affina in bot-
tiglia prima di essere venduto, presenta colore
rosso rubino, vivace, la macchia mediterranea
ne lascia la firma, assieme a ciliegia, liquirizia
e sentori di cacao; e, a chiudere la serata, un
“Montevetrano” di Silvia Imparato, Faleno Colli
di Salerno Igt 2007, 13% alc.
Passione e poesia nei libridi Andrea Zanfi Se fosse nato in Francia, con molta probabilità
sarebbe stato uno di quei guasconi al seguito di
Cyrano de Bergerac: tutto pizzetto, occhi vivaci
e passione sguainata, come una spada, per la
vita, il vino, la poesia. Ma, per fortuna nostra,
che il vino e la vita amiamo come lui, Andrea
Zanfi, scrittore di fama internazionale nel set-
tore enoico, è nato nella italianissima Toscana,
più precisamente a Grosseto, in quella regione
che in fatto di vini può stare in pedana con la
Francia, a colpi di calici e di fioretto.
La partecipazione di Andrea Zanfi alla 30^ edi-
zione della “ViniMilo” sull’Etna è stata un’occa-
sione prestigiosa per i siciliani di poter incon-
trare lo scrittore, impegnato nella presentazione
del suo ultimo volume: “Toscana, Anima del
Vino”, che ha per sottotitolo la significativa fra-
se: “L’obbedienza alla terra”. Un’obbedienza
necessaria e alla quale bisogna fare al più pre-
sto ritorno, secondo Zanfi, per coprire quel gap
non soltanto economico, ma anche e soprattut-
to culturale, che ci separa da altri Paesi (come la
Francia, appunto!). Scoprire le caratteristiche di
un vino, dunque, non significa saperne leggere
solo l’etichetta, conoscere gli ettari dell’azien-
da produttrice o quali possano essere i migliori
abbinamenti. Significa, innanzitutto, ricercare
il perfetto equilibrio di cui quel vino è la diretta
espressione, leggendone la tradizione, la cultu-
ra, la scienza, la conoscenza del popolo che lo
ha prodotto.
Tesi importanti, coraggiose, “guascone” in-
fatti, che Andrea Zanfi ha già espresso anche
nei precedenti libri dedicati alle regioni d’Italia:
“Piemonte, la signora del vino”, “Lombardia, il
mosaico del vino”, “Il Veneto, noi altri e il vino”,
“Friuli, terre, uomini e vino”, cercando sempre di
riportare alla luce il percorso storico, culturale,
sociale di quella determinata terra.
L’incontro con lo scrittore toscano è stato cu-
rato dalla Delegazione etnea della Fisar, con
l’introduzione ai lavori del presidente nazionale
della Federazione, Vittorio Cardaci Ama, e gli
interventi delle autorità cittadine e dell’enologo
Marco Nicolosi, dell’Azienda agricola “Barone di
Villagrande”, con sede proprio a Milo.
Al termine della presentazione, i soci Fisar e gli
appassionati hanno potuto degustare alcuni dei
migliori vini di Toscana. Ad aprire le danze è
stato un “Saffredi 2004” Igt Maremma Toscana
della Fattoria Le Pupille di Elisabetta Geppetti:
un vino grossetano, appunto, introdotto come
gli altri degustati dalla presentazione di Zanfi,
doppiamente impegnato come scrittore e come
toscano. Del 2005, invece, l’ “Ad Astra” servi-
to a seguire, della Fattoria Nittardi, di Castellina
in Chianti nel senese, ancora un Igt Maremma
Toscana. Due vini che hanno rivelato da subi-
to il territorio che si presentava al pubblico di
degustatori siciliani: quel fruttato, quel florea-
le che guardano al Mediterraneo perché a un
tiro di schioppo dal Mare Nostrum ma che del
Mediterraneo non sono, così distanti dalla ter-
ra del vulcano. Un aspetto dei vini maremmani
confermato anche dai successivi “Tâm” 2006
Bolgheri Doc Superiore della livornese BatzElla,
un “Paleo” ancora 2006 Toscana Igt di Le
Macchiole in Castagneto Carducci, poi un 2004
Docg Riserva Gallo Nero Chianti Classico di
Badia a Coltibuono, nel senese, il Carbonaione
2004 Igt del Podere Poggio Scalette in Alta Valle
della Greve, il Testamatta 2002 Toscana Igt e
un Piaggia Carmignano Docg Riserva 2004 di
Mauro Vannucci di Poggio a Caiano. A salutare
Andrea Zanfi e i soci siciliani Fisar ci ha pensato,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 636
infine, un “Sassicaia” 2007, per ricordare che a
Castagneto Carducci la poesia è di casa non
per forza tra le pagine di Giosue, ma anche tra
le gocce di un calice di vino.
Sbocciato sull’Etna il giardino dei quattro elementiNascono anche ai bordi delle strade, spes-
so ci passiamo vicino, le calpestiamo senza
alcun rispetto, non sapendo che quei fiori, le
Calendule, sono nate dalle lacrime di Venere,
dalla sofferenza della dea greca per la morte
dell’amato Adone, dilaniato per gelosia dal dio
Vulcano. È proprio così, le cose veramente stra-
ordinarie sono sotto i nostri occhi e non ce ne
accorgiamo. Come le erbe sacre, la verbena e
il finocchio, usate nell’antichità per gli scongiuri;
la salvia, che proteggeva dalla peste; il rosmari-
no, che rappresenta la forza nelle avversità; fino
alla leggenda più bella, più romantica: l’amore
più grande di tutti gli dèi, quello tra Smilax e
Crocus, i cui abbracci si trasformarono in fio-
rellini e piante di sottobosco, ancora oggi visibili
agli attenti osservatori.
A svelare i misteri, le fiabe, le leggende legati al
mondo vegetale, nel contesto della “ViniMilo”,
la manifestazione enoturistica dell’Etna, è sta-
to il professore Guido Arcangelo Medolla, della
Delegazione Fisar di Salerno, ospite dell’incon-
tro nell’Azienda “Barone di Villagrande”: “Aria,
acqua, terra e fuoco: il giardino dei quattro ele-
menti. Natura e piante medicinali nelle culture
medievali del Mediterraneo”.
Un vero e proprio viaggio sensoriale, una de-
gustazione a 360 gradi che, prendendo spunto
dalle leggende della cultura floreale, ha por-
tato alla scoperta di erbe, aromi e vino, con il
supporto del dott. Enrico Russino dell’Azien-
da “Gli Aromi”, nel ragusano. Sullo sfondo
dell’incontro, l’aura quasi sacra della “Scuola
Medica Salernitana” ovvero quella tradizione
che sin dall’antichità ha portato alla conoscen-
za e all’utilizzo delle erbe e dei vegetali a sco-
pi sanitari oltre che alimentari, con i consigli, le
ricette, i metodi, le prescrizioni dell’antica me-
dicina araba. Un “Regimen sanitaris” riportato
anche sull’Etna ai giorni nostri, mentre nei calici
i sommelier Fisar di Catania versavano un au-
stero bianco “Falkenstein” Sauvignon Süd Tirol
2008 della Val Venosta e un Etna Rosso Doc
“Vigo” 2008 delle Fattorie Romeo del Castello.
Una sorpresa, invece, il terzo vino: speziato,
quasi fosse uscito dalle celle dei monaci che
hanno contribuito a tramandare quella “Regola
Sanitaria Salernitana”, con sentori di noce mo-
scata, chiodo di garofano, cannella, corteccia
di limone, bergamotto. Un’essenza svelata,
ma ancora con qualche segreto. Nessun se-
greto, invece, per i dati scientifici riportati, che
non smettono di impressionare: della salvia, ad
esempio, esistono mille e duecento tipi; il cap-
pero, tipico delle Hawaii, presenta delicatissimi
ed eleganti fiori bianchi che farebbero invidia
a qualunque ornamento e nel Mediterraneo
Etna
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 37
esistono quattordici varietà di capperi; il
melograno rappresentava già la fertilità e l’ope-
rosità ancora prima che poeti come Gabriele
d’Annunzio lo riscoprissero; la crema di aloe
sarebbe stata spalmata sul corpo di Gesù nel
sepolcro da Giuseppe di Arimatea.
Da qui, secondo il professore Medolla, la neces-
sità di scoprire il giacimento culturale di ciascun
territorio e l’importanza per un sommelier di
conoscere il gioco di forza dei quattro elementi
dell’Universo: aria, acqua, terra e fuoco.
L’eleganza e la forza di “Legno di Conzo”L’occasione è stata tanto prestigiosa quanto
l’etichetta nuova messa in commercio: l’ante-
prima mondiale del libro di Robert V. Camuto:
“A Sicilian Wine Odyssey”, presentato nel con-
testo della 30a edizione della “ViniMilo” sull’Et-
na. A ospitare l’incontro, l’Azienda “Barone di
Villagrande”, che appunto ha colto l’occasione
per fare conoscere l’ultimo nato di Etna Bianco
Superiore: “Legno di Conzo”. Un vino dove la
voglia di innovazione e di cambiamento incontra
la secolare tradizione vitivinicola dell’azienda,
con i suoi vigneti sul vulcano dal 1727. “Legno
di Conzo” arriva dopo anni di studi, prove e af-
finamenti, da un appezzamento di terreno (5
mila ceppi per ettaro) che si distingue per la sua
complessità aromatica, rivelata nelle diverse an-
nate. Varietà di Carricante, allevato con siste-
ma Guyot, questo Etna Bianco Superiore Doc
riposa oltre due anni nelle cantine di Barone di
Villagrande, dopo la fermentazione in botti di ro-
vere: l’affinamento avviene un anno in legno e il
successivo in vetro. Un vino che si adatta ap-
punto a un lungo invecchiamento, mantenendo
intatti equilibrio, fragranza ed eleganza. Un ca-
rattere che si fa rispettare da subito, rivelando
anche una certa forza, nonostante il recente
ingresso in commercio. Alla degustazione si è
presentato di colore luminoso, un giallo con ri-
flessi verdolini, un ampio profumo che dalle note
di mandorle e noci porta fino ai sentori della frut-
ta, specie quella estiva. È fresco e persistente.
Di quella persistenza che dice, infatti, innovazio-
ne ma anche tradizione.
2010. Le degustazioni sono risultate complessivamente oltre
30.000, con un aumento che si può assestare tra il 10% e il
20% sulla precedente edizione. I vini più degustati sono stati
i Grandi Rossi con particolare riguardo per la Barbera d’Asti,
molto apprezzati anche i Passiti, la Malvasia e il Moscato
d’Asti. “La Douja d’Or 2010 - commenta il Presidente della
Camera di Commercio di Asti, Mario Sacco - ha confermato il
nostro obiettivo: fare un percorso di qualità, qualità dell’offerta
e qualità della richiesta”.
CAMERA DI COMMERCIO DI ASTI - www.at.camcom.it
L’ECCELLENZA AI PIEDI DEL GARGANOLa Cantina Massimo Leone di Foggia fa parte di quel gruppo
di aziende vitivinicole che sta migliorando l’immagine e la
considerazione dei vini di Capitanata. I vigneti
sorgono su un territorio storico e affondano le radici
in millenni di storia, proprio dove è stato ritrovato
l’insediamento dell’antica Arpi, città fondata da
Diomede. Ed è su queste terre che Massimo
Leone ha voluto consolidare il rapporto con la
storia impiantando quei vitigni che si racconta
furono introdotti dai Greci. Fiano, Falanghina ed
Aglianico sono i fiori all’occhiello di quest’azienda,
i vigneti rappresentano la testimonianza
della filosofia aziendale, cloni antichi, rispetto
del territorio, cura assoluta delle vigne con
produzioni limitate, tecniche di vinificazione
appropriate ed i risultati non potevano mancare.
Alla sua prima presentazione al Vinitaly 2010
il Fiano “Orme” è stato consacrato con una
medaglia di Gran Menzione che rappresenta solo
il punto di partenza di chi è abituato a fare le cose per bene e
a raggiungere gli obiettivi più prestigiosi.
CANTINE MASSIMO LEONE - www.cantinemassimoleone.it
BRUICHLADDICH RITORNA IN RINALDIUn gradito ritorno per Rinaldi: l’azienda bolognese riacquisisce
la distribuzione in esclusiva per l’Italia di Bruichladdich, il
prestigioso Whisky di Malto di Islay già commercializzato
a partire dai primi anni ottanta. Situata nella parte più
occidentale dell’isola di Islay, la Distilleria Bruichladdich venne
le notizie di enogastronomia e turismo
BOTTEGA LANCIA IL PROSECCO KOSHER CON IL MARCHIO SOLELa Distilleria Bottega, da sempre attenta alle esigenze del mercato, ha realizzato un Prosecco spumante certificato Kosher, destinato ai consumatori di religione ebraica delle diverse comunità presenti in tutto il mondo. I principali paesi di riferimento al momento sono Israele, Italia e Usa,
ma l’interesse per questa particolare produzione sta rapidamente crescendo anche in altre aree geografiche. Prosecco Sole, che ha conseguito la certificazione Kosher da parte dell’autorevole Union of Orthodox Jewish Congregation of America (New York), è uno speciale Prosecco spumante Doc
caratterizzato da un’intensa carica aromatica e da spiccati sentori fruttati con note di mela Golden e di frutta esotica (ananas e mango in particolare). Ottimo sia come aperitivo sia a tutto pasto, si abbina egregiamente con antipasti, primi piatti a base di pasta, pesce e carni bianche. È un eccellente ingrediente per la preparazione di cocktail e long drink (Bellini e Rossini). Il brand Sole richiama al tempo stesso l’anima ecologica della Distilleria Bottega e le
assolate colline della provincia di Treviso, da dove ha origine questo Prosecco. DISTILLERIA BOTTEGA SRL - www.alexander.it
CHIUDE IN CRESCITA LA DOUJA D’OR DEI RECORD La Douja d’Or, che dal 10 al 19 settembre ha rappresentato
la più grande Enoteca d’Italia, chiude i battenti con risultati
assolutamente strepitosi, dando appuntamento ad un altr’anno
con altrettanti appuntamenti di eccellenza. Le bottiglie di vino
acquistate a Palazzo del Collegio risultano oltre 20.000 con
un aumento medio del 10% sul 2009. Per quanto riguarda
la tipologia del vino, il
primato delle vendite
appartiene alla Barbera
d’Asti, mentre come
Azienda vitivinicola
alla Cantina Sociale di
Casorzo con la Malvasia,
premiata con l’Oscar
a cura della redazione di
fondata nel 1881 dai fratelli
Harvey. Chiusa nel 1994, è
stata riaperta solo nel 2001,
ed è oggi l’unica Distilleria
indipendente dell’isola.
Bruichladdich utilizza
ancora macchinari originali
dell’epoca vittoriana, e non
impiega alcun computer per
il controllo della produzione.
I suoi prodotti hanno tutti
un colore naturale, senza
alcuna aggiunta di caramello,
e vengono imbottigliati senza filtrazione a freddo, per
preservare l’intero patrimonio aromatico degli assemblaggi.
L’invecchiamento viene effettuato sull’isola, e conferisce così
ai Whisky un’inconfondibile nota marina. Il Master Distiller di
Bruichladdich, Jim McEwan, è considerato unanimemente
uno dei più grandi distillatori viventi.
FRATELLI RINALDI IMPORTATORI SPA - www.rinaldi.biz
CELLINO - VINO SPUMANTE EXTRA DRYUltimo nato in casa Vinchio & Vaglio, questo spumante è
stato realizzato solo con uve cortese dell’astigiano. Non è la
prima volta che utilizzano questo vitigno dalle straordinarie
caratteristiche per produrre uno spumante, già una quindicina
di anni fa avevano sperimentato sia un metodo classico sia
un metodo Martinetti ma probabilmente i tempi
per le bollicine non erano ancora maturi e avevano
sospeso la produzione. Ci riprovano ora, con
una versione leggermente diversa e più moderna
o per meglio dire più vicina ai nuovi consumi di
bollicine. Ernestino Laiolo, succeduto a Giancarlo
Cellino alla guida della Cantina, ci racconta che
la scelta del nome è stata determinata da due
ragioni fondamentali: “La prima perché si
voleva in qualche modo essere riconoscenti
all’ex Direttore dell’Enopolio Giancarlo Cellino,
scomparso nel gennaio del 2008, per la Sua
completa dedizione nella guida della Cantina
con un impegno totale di oltre 40 anni. La
seconda, nata un po’ per gioco quando, circa
quindici anni fa, si era prodotta la primissima
le notizie di enogastronomia e turismo
edizione dello spumante “Tre Serre” ottenuto da uve cortese
con metodo classico: durante le prime degustazioni lo avevamo
battezzato scherzosamente “Cellino Brut” e - conclude,
vistosamente commosso - sono sicuro che Giancarlo avrebbe
sorriso leggendo queste parole – ciao Gian!”
VITICOLTORI ASSOCIATI DI VINCHIO & VAGLIO SERRA www.vinchio.com
BELLUSSI SUL ‘RED CARPET’ DEL LIDOAnche quest’anno, grazie ad un accordo fra Bellussi
Valdobbiadene e la Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia, alla cena
di gala d’apertura e durante la serata di chiusura del
più antico festival cinematografico del mondo, gli
ospiti hanno potuto degustare Valdobbiadene
Prosecco Superiore di Bellussi DOCG e Rosso
di Montalcino Doc Belpoggio 2008. Inoltre,
proprio in questa prestigiosa occasione è stato
presentato in anteprima un nuovo vino che
Enrico Martellozzo di Bellussi ha voluto dedicare
ai 78 anni di storia della Mostra del Cinema (nella
foto mentre brinda con il nostro Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano). Lido
1932 è un Collio bianco DOC, ottenuto da uve di Pinot Grigio
per l’80% e di Ribolla Gialla per il 20%. È un bianco classico
del Collio Goriziano, proveniente da vigneti collinari gestiti
con criteri tradizionali. È un vino delicato, elegante, fresco,
con sentori di fiori
bianchi, sostenuti
da una struttura
e q u i l i b r a t a .
“Queste occasioni
sono per noi – ha
detto Martellozzo
- ottimi strumenti
di comunicazione
perché l’impresa
deve fare anche
cultura. Nei momenti di rilievo mediatico e nelle aree dedicate
si può degustare il nostro prodotto e il brand si arricchisce
ulteriormente di contenuti culturali”. In poche parole, Bellussi
ama il cinema.
BELLUSSI SPUMANTI S.R.L. - www.bellussi.com
a cura della redazione di
Fotolauro di Lauro Lenzoni
da sempre lavora con dedizione per produrre vini di qualità e siamo onorati che i maggiori esperti del settore abbiano apprezzato il nostro Marsala, prodotto simbolo della nostra terra, che ci siamo
impegnati a produrre e valorizzare cercando di raggiungere la massima qualità per puntare al riposizionamento di un prodotto dalla grande cultura enologica”. Un premio quello della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, giunta quest’anno alla sua 24ma edizione, che assume quest’anno un significato ancora più importante per Cantine Pellegrino. I tre bicchieri vengono assegnati al Marsala Vergine Doc 1981 nell’anno in cui la Cantina celebra i 130 anni di attività. Anni di vigna e di famiglia, che hanno visto l’azienda crescere con determinazione e
successo, fino a raggiungere gli obiettivi prefissati e ottenere importanti riconoscimenti. “Il conseguimento dei tre bicchieri – afferma Benedetto Renda, amministratore delegato dell’azienda – rappresenta uno stimolo per lavorare ancora più intensamente per ottenere altre grandi soddisfazioni e riconoscimenti.”
CARLO PELLEGRINO & C. S.P.A. - www.carlopellegrino.it
ORO VIVOIMMAGINE VINTAGE, GUSTO FRIZZANTEVecchie locande in cui il bere bene a buon prezzo era la regola principale; pareti e muri colorati da manifesti semplici ed essenziali tipici di quell’epoca; i mitici Fifties che invadono l’atmosfera veronese durante l’estate: un Amarcord di emozioni che finalmente sbarca e conquista anche il mondo del vino. È così che nasce Oro Vivo, un bianco frizzante creato da Pasqua Vigneti e Cantine per celebrare gli 85 anni dalla fondazione dell’azienda. Un’originale veste custodisce il nuovo nato dell’azienda vinicola veronese, un’etichetta spiccatamente anni ’50 e dal gusto retrò che ripropone una vecchia locandina della metà del secolo scorso, trasmettendo ai numerosi amanti del vino tutta l’esperienza e la tradizione che continua dal 1925. Una veste inedita e innovativa, capace di stupire per i suoi colori accesi e per la freschezza della sua immagine: il profilo di un sontuoso Bacco, circondato dai classici grappoli d’uva e da foglie di vite, sorseggia soddisfatto un
le notizie di enogastronomia e turismo
SARTORI E AMBIENTECasa Vinicola Sartori si è dimostrata attiva in diversi ambiti relativi alla sostenibilità aziendale nel corso dell’ultimo anno, concentrando i propri sforzi anche nella tutela dell’ambiente. L’innovazione ha interessato in primo luogo il processo produttivo con l’introduzione della bottiglia “Slim”, la bordolese dal peso di 325 grammi, il 19% in meno rispetto alla bottiglia tradizionalmente impiegata. Questa bordolese, oltre ad avere tutte le qualità ecologiche ed eco-compatibili del vetro è prodotta con circa il 90% di materiale riciclato, permettendo un sostanziale risparmio energetico, una riduzione alla fonte del quantitativo da rigenerare, la diminuzione delle emissioni di Co2 e l’abbassamento del consumo di carburante durante il trasporto. Dal punto di vista strutturale, per il nuovo centro logistico, è prevista l’installazione di pannelli fotovoltaici: tale investimento, oltre a rendere lo stabilimento autosufficiente, permetterà di ridurre sensibilmente il consumo di energia
proveniente da fonti fossili (petrolio, gas, carbone) con la garanzia del rispetto ambientale. Utilizzo di fonti energetiche e produttive rinnovabili e risparmio energetico sono i principali obiettivi dei Casa Vinicola
Sartori che, intrapreso questo cammino, mira in tempi brevi, all’ottenimento dell’importante certificazione ambientale ISO 14001.
CASA VINICOLA SARTORI - www.sartorinet.com
CANTINE PELLEGRINO CONQUISTA “3 BICCHIERI” Per la prima volta in 130 anni di storia Cantine Pellegrino, azienda vinicola nel cuore di Marsala, consegue i 3 bicchieri del Gambero Rosso, uno dei riconoscimenti più ambiti e prestigiosi, che la giuria di esperti ha voluto attribuire al Marsala Pellegrino Vergine Doc 1981. Un vino di grande pregio, dal profumo intenso, persistente e dal gusto caldo e armonico che ben si sposa con formaggi erborinati, frutta secca e sigari toscani. Una grande soddisfazione per l’azienda siciliana e per il suo direttore commerciale Emilio Ridolfi, che ha accolto con soddisfazione ed entusiasmo la notizia: “Siamo felici ed orgogliosi di ricevere questo riconoscimento, che premia tutto il nostro impegno e i nostri sacrifici. La Cantina
a cura della redazione di
calice di vino; in alto la scritta porpora del prodotto, Oro Vivo. Questa etichetta in puro stile anni ’50 è posta su una delicata e semplice bottiglia stile Renana, il cui vetro verde fa esaltare la scritta oro del marchio Pasqua. Un nome che trasmette i vivi e ricchi vigneti italiani, l’oro delle uve che producono un vino fresco e delicato, con bollicine di un bianco piacevole e dissetante e un’etichetta retrò giovane e colorata. Un vino adatto a giovani e famiglie da degustare in ogni momento della giornata: è questo Oro Vivo, una produzione rivolta al consumatore attento ed esigente, amante del sapore frizzante da gustare in compagnia per un aperitivo. È un vino con cui Pasqua Vigneti e Cantine vuole festeggiare e ringraziare l’alta fedeltà dei suoi più fedeli estimatori.
PASQUA VIGNETI E CANTINE S.P.A. - www.pasqua.it
I RHUM AGRICOLITROIS RIVIÈRESNuovi gioielli vanno ad arricchire il portafoglio prodotti Rinaldi: si tratta dei Rhum agricoli della Martinica Trois Rivières. La Martinica è una delle isole più belle dei Caraibi, ed è la culla dei celebri Rhum agricoli. La piantagione Trois Rivières è una delle più antiche della Martinica: risale infatti alla metà del XVII secolo. A quei tempi, la canna da zucchero – materia prima dei Rhum agricoli – veniva frantumata con l’ausilio dei mulini a vento dell’epoca: è per questo che su ogni bottiglia campeggia ben visibile l’emblema del mulino. Le bottiglie e le etichette dei Rhum Trois Rivières sono state recentemente ridisegnate: un tocco di colore azzurro mare contraddistingue il nuovo packaging, quasi a sottolineare la personalità marina dei prodotti, la cui materia prima viene ottenuta a breve distanza dalle stupende spiagge caraibiche dell’isola.
FRATELLI RINALDI IMPORTATORI - [email protected]
CONSORZIO MOSCATO DI SCANZO - LE INIZIATIVE D’AUTUNNOLa vendemmia delle pregiate uve del Moscato di Scanzo Docg, sulle colline a nord di Bergamo, si è svolta con leggero ritardo rispetto alle annate precedenti ma con piena soddisfazione dei vignaioli. Nel complesso l’annata si presenta buona, anche se le temperature stagionali non sono state particolarmente elevate. Prosegue intanto l’azione di valorizzazione di questo vino unico nel suo genere. A fine ottobre il Consorzio – guidato
le notizie di enogastronomia e turismo
da Giacomo De Toma – ha preso parte alla fiera Autochtona di Bolzano, rivolta agli addetti ai lavori e riferita ad un mercato principalmente svizzero, austriaco e tedesco. Il 10 novembre, a un anno circa dall’ottenimento della Docg, è in programma un importante convegno sul Moscato di Scanzo. Sempre a novembre, dal 26 al 29, il Consorzio sarà presente a Montecarlo al “Salone enogastronomico”, vetrina internazionale per un mercato di valore, così come di valore è il Moscato di Scanzo Docg, vino rosso passito di grande
finezza.
Elenco dei soci del Consorzio, tutti nel Comune di Scanzorosciate:
Soci imbottigliatori
1 Azienda Agricola Cerri, 035.4599328, [email protected]
2 La Brugherata, 035.655202, [email protected]
3 Biava, 035.655581, [email protected]
4 Callioni, 035.661200
5 Il Cipresso, 035.4597005, [email protected]
6 Daldossi, 035.665018, [email protected]
7 De Toma, 035.657329, [email protected]
8 Ghisleni, 035.662642, [email protected]
9 Fejoia, 035.668363, [email protected]
10 Lecchi Giovanni, 035.664339.
11 Lucchetti Ippolita, 035.520505, [email protected]
12 Magri, 035.664289, [email protected]
13 Ronco della Fola, 035.656036, [email protected]
14 Cascina del Francés, 035.663715, [email protected]
15 Pagnoncelli Folcieri, 035.661053, [email protected]
16 La Bironda, 035.4597034, [email protected]
17 Pezzotta, 035.4599635
18 La Berlendesa, 035.664079, [email protected]
19 La Corona, 035.4599053, [email protected]
20 Savoldi, 035.661129, [email protected]
21 Tallarini, 035.833729, [email protected]
Conferitori uva22 Azienda agricola Birolini, 335.7693107, [email protected] Madaschi, 035.215158, [email protected]
CONSORZIO TUTELA MOSCATO DI SCANZO DOCG Via Abadia 33, Scanzorosciate (Bg) - tel. 035.6591545 www.consorziomoscatodiscanzo.it [email protected]
a cura della redazione di
Grandi spazi, viste mozzafiato, calanchi,
torri medievali dalle quali nelle giornate
limpide si vede il mare, creste di col-
lina che dominano a 360° montagne, mare e
Pianura Padana, sono l’habitat ideale per l’al-
levamento delle 400 capre di razza camosciata
alpina che, grazie al loro latte, danno vita ad un
formaggio unico: la Robiola di Roccaverano.
L’azienda, che fa parte del gruppo Eataly, na-
sce da un amore viscerale per questa terra di
Langa, in pieno rispetto del nuovo disciplinare
di produzione messo a punto dal Consorzio
Tutela Robiola di Roccaverano che prevede un
prodotto fortemente legato al territorio, qualità
nell’allevamento e nell’alimentazione degli ani-
mali, parametri di caseificazione che manten-
gano inalterate le caratteristiche del latte, Ogm
free e trasparenza con il consumatore.
Presente alle grandi manifestazioni enogastro-
nomiche quali Salone del Gusto e Cheese,
Agrilanga è l’unica azienda ad avere il presidio
Slow Food per la Robiola di Roccaverano,
reperibile nei migliori punti vendita tra i quali
Eataly e Iper-La Grande i.
A pochi km da Roccaverano, e precisamente nel comune di Vesime (AT) (dal latino “ad Vicesimum ab Aquis Statiellis
lapidem” cioè alla ventesima pietra miliare dalla città di Acqui Terme sulla via romana per Cortemilia), nel cuore delle Langhe,
si trova l’azienda agricola biologica Agrilanga
“”
a cura della redazione di Quality ADV
42 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
43Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Nerina Caprino alle erbe Robiole di Roccaverano
Nicolò Bremo
“La Robiola di Roccaverano, eletta “miglior
formaggio d’Italia” nel 2008 - spiega Nicolò
Bremo, responsabile commerciale e marketing
Agrilanga - è un prodotto a latte crudo, di pasta
morbida, fine e di sentore leggermente acidulo
quando è fresco. Il latte utilizzato per
realizzare i prodotti Agrilanga
proviene tutto dagli animali
del nostro allevamento che
sono allevati nel rispet-
to della normativa per
l’allevamento biologi-
co e vanno al pascolo
tutti i giorni, fin che la
stagione lo consente,
brucando le erbe mi-
gliori. Anche il fieno di
cui si nutrono quando
non vanno al pascolo
proviene dai nostri prati,
secondo le prescrizioni
del rigorosissimo disciplinare di
produzione che tutela la specificità del prodotto.
L’alimentazione, certificata dagli enti di control-
lo, è priva di organismi geneticamente modifi-
cati. Ma è soprattutto il pascolo quotidiano a
fare la differenza; a seconda della stagione si
possono sentire nel formaggio i diversi profumi
della campagna: in primavera ed inizio estate
prevalgono gli aromi dell’erba fresca, del ciliegio
o del nocciolo; a fine estate, una parte delle ca-
pre entra nella fase di “asciutta”, produce meno
latte ma più ricco di grassi e il formag-
gio raggiunge la massima
espressione organolettica.
Con la stessa pasta della
Robiola di Roccaverano
DOP produciamo pez-
zature più piccole e di
varie stagionature”.
“Con che vino si puo
abbinare? La Robiola
di Roccaverano DOP
va bene con tut-
to, anche da sola…
ma l’apoteosi si rag-
giunge abbinando la no-
stra Robiola di Roccaverano
DOP stagionata, con un Barolo
d i , perché il gusto deci-
so, intenso, della prima si fonde con il sapore
asciutto e armonico del secondo creando un
matrimonio perfetto…“il gusto di Langa“.
Contro il consumo veloce e distratto e la produzione alimentare in serie, la Ca-mera di commercio di Torino, insieme al
Laboratorio Chimico camerale e a Slow Food, propone anche quest’anno la sua personale ricetta: i Maestri del Gusto di Torino e provin-cia. Artisti del sapore, fedeli alla tradizione e ai prodotti del territorio. Artigiani che hanno fatto della cura e dell’amore nelle preparazioni una ragione d’essere e che presentano un’offerta in cui qualità e piacevolezza sono centrali, senza dimenticare la sicurezza.La selezione biennale per diventare Maestro del Gusto è, infatti, rigo-rosa e avviene su tre diversi livelli: quello del gusto, valutato da Slow Food; quello della “torinesità”, caro all’ente camerale; quello igienico sanitario, valutato attraverso la professionalità del Laboratorio Chimico della Camera di commercio di Torino.In questa edizione, relativa al biennio 2011-2012, i Maestri diventano 149: un numero che continua a crescere negli anni, dimostrando quanto sia diffuso tra i produttori enogastrono-mici del territorio il senso della cura e dell’eccel-lenza. La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e provincia”, fresca di stampa, contiene due nuove categorie, i molini e i casari, per un totale
di 21 specialità in cui si suddividono i Maestri. Anche questa volta il volume, rinnovato nella grafica, è pubblicato in due versioni bilingue: italiano-inglese e italiano-francese.La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e pro-vincia” vuole proporsi al lettore non solo come viaggio alla scoperta dei veri sapori di un ter-ritorio, ma come occasione per avvicinare chi produce il cibo e chi lo gusta. La pubblicazione, volutamente, non si limita ad elencare i nomi delle aziende, ma racconta storie ed esperien-
ze, stile e personalità di ciascun Maestro. Dalla viticoltura eroica di vitigni autoctoni, alla carne di filiera certificata, dalla pasticceria tradizionale al cioccolato creativo, la guida passa in rassegna i pro-dotti d’eccellenza del torinese. Sono infiniti gli spunti per acqui-
sti particolari e “disinteressate” gite fuori porta, alla ricerca di quel gusto sempre più difficile da scovare. E in chi legge non potrà che sorgere la curiosità di degustare delle vere e proprie “ope-re d’arte”.La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e pro-vincia” è distribuita gratuitamente presso il set-tore Relazioni con il Pubblico dell’ente camera-le, in via San Francesco da Paola 24 a Torino. Info: www.to.camcom.it/maestridelgusto
Aggiornata la preziosa guida alla scoperta dell’enogastronomia locale“ ”
a cura della redazione di Quality ADV
Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torinovia Ventimiglia 165 - 10127 Torino
tel. 011 670 0 111 - fax 011 6700 [email protected] - www.lab-to.camcom.it
44 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
2011 -
2012
Tornano i “Maestri del Gusto”
di Torino e provincia
Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torinovia Ventimiglia 165 - 10127 Torino
tel. 011 670 0 111 - fax 011 6700 [email protected] - www.lab-to.camcom.it
45Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Il Laboratorio Chimico, nato circa mezzo secolo fa, ope-ra senza fini di
lucro come organi-smo tecnico per la Camera di commercio di Torino e collabora con le altre Camere di commercio Piemontesi nello svolgimento dei compiti di promozione econo-mica, offrendo alle imprese, ai consumatori, alle pubbliche amministrazioni, alle associazioni di categoria, agli enti locali, un servizio di analisi, consulenza e formazione assolutamente indipen-dente ed imparziale. Oltre alle normali analisi merceologiche sui pro-dotti finiti, possono anche essere svolte determi-nazioni su alimenti zootecnici, terreni e fertilizzan-ti, ma anche prove specifiche per la verifica di conformità di contenitori e imballaggi a contatto con gli alimenti, piuttosto che analisi per valutare la presenza di micotossine, di residui di fitofar-maci, di allergeni e sostanze responsabili di intol-leranze alimentari, di sostanze organiche volatili, di OGM e analisi del DNA per la tracciabilità di carni bovine.Tuttavia il Laboratorio non si limita a fornire soli dati analitici, ma è in grado di assistere i vari ope-ratori della filiera per la corretta interpretazione dei dati al fine di migliorare i propri processi sia in termini di efficacia sia di efficienza del proprio sistema di gestione per la sicurezza alimentare, attraverso servizi di consulenza e specifica for-mazione sulla sicurezza alimentare.
Il Laboratorio, inoltre, proprio per le sue competenze collabora in
progetti di valorizza-zione del territorio, quali i “Maestri del
Gusto”. Il progetto, nato con l’edizione 2002, ha visto nelle varie edizioni che si sono susseguite il passaggio del ruolo del Laboratorio Chimico da semplice controllore, attraverso l’analisi di pro-dotti prelevati in forma anonima dai tecnici del Laboratorio stesso, a valutatore dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare predisposti dalle aziende partecipanti alla selezione, ed in-dividuate da Slow Food come rappresentanti di una territorialità e di una tipicità corrispondente ai propri canoni.In quest’ultima edizione si è definito un modello più mirato ad avviare con gli esercizi stessi un percorso di miglioramento e di crescita che vada oltre la verifica del rispetto dei requisiti cogenti in tema di sicurezza alimentare, e dia l’avvio ad una crescita nelle piccole – medie imprese, siano esse aziende agricole, commerciali o artigianali, che partecipano alla selezione per il riconosci-mento di “Maestro del Gusto”, per fregiarsi del titolo di “eccellenza”, che rappresenta il valore aggiunto della partecipazione al progetto.Un ruolo chiave, dunque, quello del Laboratorio Chimico: garantire il rispetto dei requisiti di legge per un miglioramento continuo, in un contesto di fiducia e oggettività, nell’interesse delle aziende e dei consumatori.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 646
spec
iale
Tosca
na
La storia del vino in
Toscana comincia in
tempi assai remoti,
quasi tremila anni fa, con il fio-
rire della civiltà etrusca. Popolo
dalle origini ancor oggi miste-
riose, probabilmente prove-
niente dall'Anatolia, gli Etruschi
iniziarono a vinificare i frutti
delle viti selvatiche che si tro-
vavano abbarbicate agli alberi
in prossimità dei boschi. Il vi-
gneto etrusco ha attraversato
periodi diversi. Nel primo, chia-
mato “fase della lambruscaia”,
che va dalla fine del II millennio
alla fine dell'VIII secolo a.C.,
ci si limitò ad addomesticare
le viti selvatiche. Nel secon-
do, che va dalla fine dell'VIII
secolo alla fine del VII secolo
a.C., detto “fase numana”, ci
fu una normalizzazione della
coltivazione della vite. Il terzo
periodo, quello più importante,
che va dalla fine del VII secolo
alla fine del IV secolo a.C.. e
chiamato “fase del paesaggio
organizzato”, fu caratterizzato
da un grande processo di pro-
duzione e di commercializza-
zione del vino etrusco in tutto
il bacino del Mediterraneo. Gli
Etruschi scambiarono vino con
altri popoli italici, con la Magna
Grecia e furono loro ad inse-
gnare ai Romani l’arte della
vinificazione. La fermentazione
dei vini etruschi avveniva in doli
interrati ed il loro trasporto era
effettuato per mezzo di anfore
di terracotta.
Gli Etruschi bevevano vino du-
rante i banchetti, mescolandolo
con acqua in appositi recipienti
chiamati crateri. Dalla Grecia
mutuarono, oltre all’usanza del
simposio, anche l’uso di un va-
sellame appositamente pensa-
to per il servizio ed il consumo
del vino.
I Romani impararono a vinifica-
re proprio dagli etruschi e por-
tano l’arte della vinificazione ed
il commercio del vino ad altis-
simi livelli, diffondendo il vino e
la sua produzione in tutta Italia,
in Francia ed in Spagna. Anche
in Toscana si continuò a pro-
durre molto vino, anche se la
qualità dei prodotti provenienti
dall'Etruria non godeva a quei
tempi di molta fama e conside-
razione.
La caduta dell'Impero Romano
ebbe come conseguenza una
crisi demografica che colpì
duramente anche la Toscana,
la cui popolazione nell'Al-
to Medioevo si aggirava tra i
100mila ed i 200mila abitanti.
Anche la coltura della vite de-
cadde e l'arte della vinifica-
zione rimase patrimonio solo
delle abbazie e dei conventi.
Brevi cenni sulla storia del vino in TOSCANA
a cura di Alberto Giustarini
speciale Toscana
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 47
I monaci vallombrosani furono
i primi, dopo l'epoca romana,
ad impiantare vigneti e lo fece-
ro nell’attuale Chianti.
Con l'avvento dei liberi co-
muni, le vigne tornarono a far
parte del paesaggio toscano
ed il vino ad essere oggetto
di scambio e di commercio e
non più di sola sussistenza.
Nel Medioevo si faceva e si
consumava molto vino. Il mon-
do urbano che si sviluppò in
Toscana in età comunale era di
primissimo livello in quei tempi
e dunque cominciò anche la ri-
chiesta del vino di qualità, non
solo per le mense dei signori,
ma anche per la mescita nelle
taverne.
Nel Rinascimento il vino rap-
presentò un elemento libera-
torio di quella follia e di quella
libertà che l'uomo voleva ri-
trovare dopo secoli di teologia
imperante e di asservimento al
divino. In quel periodo, dun-
que, il vino ebbe un posto di
massimo rilievo nelle corti delle
signorie italiane e, in Toscana,
in quella dei Medici. Lorenzo
il Magnifico fu un grande
gourmet. Amava i cibi raffinati
ed i vini di qualità. Le cronache
del tempo narrano con dovi-
zia di particolari del famoso
banchetto in occasione delle
nozze di Lorenzo con Clarice
Orsini, durante il quale furono
serviti “malvasie, vernacce e
vini vermigli”. Ma Lorenzo non
disdegnava frequentare con gli
amici le taverne fiorentine dove
si cantava, si faceva poesia e,
ovviamente, si beveva vino.
Tra i vini da lui preferiti c’era la
vernaccia, carica ed ossidata,
ma molto apprezzata e po-
polare. L'età umanistica fu un
periodo di grande sviluppo per
la qualità dei vini toscani. Ser
Lapo Mazzei, già qualche anno
prima di Lorenzo, tesseva le
lodi del vino di Carmignano. I
vini rinascimentali erano molto
più chiari e limpidi di quelli me-
dievali, ad indicare una migliore
tecnica di vinificazione. Gli aro-
mi erano però carichi, pesanti;
i vini erano probabilmente ad-
dizionati con resine e miele per
renderli più ampi all�olfatto e
corposi, allo scopo di reggere
al meglio l'abbinamento con i
piatti piccanti e speziati della
cucina d'allora ed anche per
mascherare e correggere i di-
fetti dei vini stessi. Per tutto il
XVI secolo e parte del XVII la
corte medicea è il simbolo vero
e proprio della raffinatezza ed
il vino toscano gode di gran-
de importanza, anche interna-
zionale. I vini francesi, a quel
tempo, ancora non avevano
raggiunto l'eccellenza.
Nel 1685 il medico Francesco
Redi pubblicò a Firenze il
“Bacco in Toscana”. Nel poe-
metto sono ricordati tutti i vini
toscani, sia quelli buoni che
quelli cattivi. Per i palati alla
buona ci sono i vini di pianura
(Brozzi), per quelli raffinati quel-
li di collina (Montepulciano). E
già a quel tempo Sangiovese,
Mammolo e Canaiolo erano i
vitigni più usati.
Il XVIII secolo conobbe il gran-
de successo dei vini francesi,
che divennero il vero punto di
riferimento in campo interna-
zionale. Per i vini e per l’agri-
coltura della Toscana cominciò
un periodo molto difficile. Non
si era riusciti a seguire il pas-
so dei tempi e la decadenza
si faceva sentire parecchio.
Alla metà del Settecento però
nacque a Firenze l'Accademia
dei Georgofili, un istituto che
raccolse i migliori agronomi ed
i grandi proprietari terrieri della
Toscana. L'Accademia si ri-
velò un formidabile strumento
speciale Toscana
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 648
spec
iale
Tosca
na tecnico che permise all'agri-
coltura e anche alla viticoltura
toscana di migliorare ed am-
modernare le loro condizioni.
I grandi vini toscani erano già
stati classificati dai Medici tra
la fine del Seicento e l'inizio
del Settecento, individuando i
migliori tra quelli di collina (tra
400 e 500 metri al massimo di
altitudine). In quei tempi però
si faceva soprattutto viticoltu-
ra per quantità ed il vino era
inteso più come alimento che
come bevanda. Furono due
personaggi come Cosimo
Ridolfi ed il naturalista ligure
Giuseppe Gallesio, quest’ul-
timo grande conoscitore dei
vini francesi, ad affermare che
la Toscana doveva produrre
vini, partendo dallo studio dei
terreni e delle tecniche di can-
tina, che fossero stabili, ben
lavorati, che incontrassero il
gusto moderno e che fossero
soprattutto dei vini secchi da
pasto.
Il rinascimento dei vini to-
scani nasce soprattutto da
Giuseppe Gallesio, ma anche
da personaggi come Vittorio
degli Albizi, rampollo di una
nobile e ricchissima famiglia
fiorentina, esiliata nei secoli
addietro dai Medici. La dia-
spora degli Albizi era avvenuta
in mezza Europa e la famiglia
di Vittorio si era stabilita in
Francia, dove si era interes-
sata molto della produzione
vitivinicola. Vittorio degli Albizi
tornò a Firenze con la sorella
a metà dell'Ottocento, quan-
do si estinse il ramo toscano
della sua famiglia. Il suo arrivo
rappresentò uno straordinario
pungolo per il rinnovamen-
to della viticoltura toscana.
Vittorio infatti sostenne la stra-
tegia dei vitigni francesi, che
piantò in zone già riconosciute
da tempo di alto pregio, come
Nipozzano e Pomino. Inoltre
introdusse anche l’uso della
bottiglia, fino ad allora scono-
sciuta in Toscana dove il vino
veniva venduto solo in dami-
giane e fiaschi, e la tappatura
del fiasco stesso.
L'altro grande protagoni-
sta della viticoltura toscana
dell'Ottocento fu il barone
Bettino Ricasoli, che, a diffe-
renza di Vittorio degli Albizi,
insistette sull'uso dei vitigni
toscani e del Sangiovese in
particolare, dettando quella
formula del Chianti, rimasta
immutata per più di un secolo.
Dopo aver viaggiato per tutta
l'Europa, e specialmente in
Francia e Germania, per co-
noscere le varie realtà vitivini-
cole, Bettino Ricasoli comin-
ciò a fare le sue sperimenta-
zioni presso la sua tenuta del
Castello di Brolio a partire dal
1841. Un'attività che durò per
circa trent'anni, durante i quali
svolse anche un�intensa atti-
vità politica che lo portò anche
a ricoprire la carica di primo
ministro dell'appena formato
Regno d'Italia.
Un momento molto critico
giunse con l'arrivo della fillos-
sera. La prima ad essere col-
pita dal flagello fu la Francia,
dove si diffuse rapidamente
proprio a causa della spe-
cializzazione dei suoi vigneti.
In Italia la fillossera si diffuse
molto più lentamente perché
i suoi vigneti, a differenze di
quelli francesi, erano promi-
scui. La Francia fu comunque
messa fuori gioco e costretta
a comprare mosti e vini da
taglio italiani. In questa situa-
zione il Chianti riuscì a trovare
varchi impensati sul mercato,
riuscendo ad imporsi come
vino da esportazione.
Con l'inizio del Novecento si
cominciarono a porre problemi
più moderni, come l'identifica-
zione dei marchi e la garanzia
di qualità, molto importanti
perché sul mercato internazio-
nali la Francia era tornata pre-
potentemente con i suoi vini.
Problemi che si rivelarono di
difficilissima soluzione anche
in Toscana dove, ad esempio,
i produttori senesi e fiorentini
non riuscirono ad accordarsi
sulla definizione del Chianti
Classico (o Gallo Nero, come
si diceva allora), neppure per
quanto riguardava i confini di
quella zona. Per risolvere la
questione si dovette addirittu-
ra attendere il secondo dopo-
guerra.
Dalla fine della Seconda
Guerra Mondiale agli anni
Settanta del secolo scorso
il vino toscano affrontò il suo
periodo più oscuro. Le cam-
pagne si erano spopolate, la
mezzadria era finita e anche le
grandi fattorie persero stimoli
per la produzione del vino. La
qualità si abbassò ed i prez-
zi si abbassarono ancora di
più. I vigneti specializzati era-
no pochi e ricercavano solo la
quantità. I vini che si produ-
cevano allora erano di buona
beva, ma scarichi di colore,
di scarsa struttura ed un po'
acidi e venivano venduti anco-
ra in fiaschi e damigiane. Nel
1963 entrò in vigore la legge
sulle denominazioni di origine
controllate e nel Chianti final-
mente si cominciarono a pian-
tare vigneti specializzati. Ma fu
proprio in questi anni bui che
pochi pionieri cominciarono a
lavorare alla ricerca del vino di
qualità che potesse compete-
re coi francesi sui mercati in-
ternazionali.
Uno di questi fu Mario Incisa
della Rocchetta, che nella
sua tenuta di Bolgheri, fece
nascere il Sassicaia, il primo
vino italiano di stile bordole-
se. Nessuno prima di lui ave-
va tentato l'impresa, per di
più in una zona sconosciuta
e ritenuta inadatta per vini di
qualità. Ma il Cabernet trovò
a Bolgheri una zona asciutta
e poco piovosa, con un ec-
cellente clima mediterraneo,
ideale per la sua ottimale ma-
turazione. Sull'onda del suc-
cesso del Sassicaia, l'uso del
Cabernet e dell'affinamento
in barrique si diffusero prati-
camente in tutta Italia. Ma in
Toscana non mancarono altri
grandi sperimentatori come
Enzo Morganti a San Felice
e Piero Antinori, creatore del
Tignanello, altro rivoluzionario
vino toscano. Nacquero così
i Supertuscan, che misero il
dito sulla piaga di disciplinari
di produzione obsoleti e da ri-
fare ed esaltarono la Toscana
come grande interprete anche
di vitigni internazionali. L'ultimo
scorcio del secolo scorso re-
gistrò anche l'arrivo al gran-
de successo del Brunello di
Montalcino, un vino nato alla
fine dell'Ottocento e che ebbe
come inventore Ferruccio
Biondi Santi, il quale, sfruttan-
do gli studi ampelografici del
nonno, selezionò dei partico-
lari cloni di Sangiovese, vinifi-
candoli in purezza. Il Brunello
rimase per quasi un secolo un
vino praticamente sconosciu-
to ai più. La sua fama nacque
quando fu stilato il suo disci-
plinare di produzione come
vino a denominazione di origi-
ne controllata. I produttori de-
cisero che doveva essere in-
vecchiato per almeno 5 anni,
facendone così il vino Doc a
più lungo invecchiamento esi-
stente sul mercato mondiale.
Un particolare che colpì in
maniera decisiva l'immagina-
rio collettivo degli amanti del
vino.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 49
speciale ToscanaToscana
La Val d’Orcia, ieri com’era.
a cura di Valentina NiccolaiFoto di Paolo Naldi - San Quirico d'Orcia
Nella parte meridionale della provincia di Siena, si trova uno dei paesaggi più fotografati al mondo: la Val d’Orcia.
Terra ampia, ricca di
sfumature; colline, ci-
pressi, calanchi, vigne-
ti, si susseguono interrotti qua
e là da alcune delle più belle
città d’arte della Toscana.
Non tutti sanno che questa
terra, oggi meta d’elite di turi-
sti italiani e stranieri, ha subito
un grosso rischio nel periodo
del dopo guerra con la rina-
scita industriale, anni 50’ 60’:
un forte spopolamento delle
campagne con l’abbandono
dei giovani verso le città in-
dustrializzate né inizio il lento
degrado. Ci fu la conseguente
rottura dei legami sociali e di
appartenenza per non parlare
dell’immenso patrimonio rura-
le che rischiava lo sfacelo: un
lento degrado sociale e fisico
durato fino agli anni 80. In que-
sto periodo la fatica della vita
cittadina, riportò “di moda” il
ritorno alla campagna: ecco
le grandi colonizzazioni immo-
biliari di molta parte del sene-
se, senza alcun legame con la
ruralità. In questo contesto, a
metà degli anni 80’ è stato fon-
damentale l’azione concertata
delle amministrazioni della Val
d’Orcia che hanno proposto
idee di governo basate sulla
“multifunzionalità in agricoltu-
ra”, sulla manutenzione armo-
nica con il paesaggio e tese
ad un’agricoltura di reddito.
Nascevano i concetti di ac-
coglienza, produzione vendita
dei prodotti autoctoni attrattivi
e validi percorsi lavorati capaci
di riportare i giovani a lavorare
in campagna. È di quegli anni,
nel 92’, la nascita del Parco
Artistico, Naturale e Culturale
della Val d’Orcia, nato con idee
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 650
spec
iale
Tosca
na
Val d’Orcia
di sviluppo e sostenibilità che
hanno permesso di consegna-
re intatta ma viva, alla nostra
generazione, una delle campa-
gne più belle al mondo.
La Val d’Orcia oggi, alla ribaltainternazionaleIl Parco Artistico, Naturale e
Culturale della Val d’Orcia,
nato da menti illuminate del
territorio e non, ha lo scopo di
tutelare questo immenso mu-
seo all’aria aperta, nel rispetto
delle generazioni attuali che lo
vivono da normali cittadini o
da turisti e dei posteri.
La sacralità diremmo a Siena
di questo immenso lavoro ar-
rivò con il riconoscimento nel
2004 della Val d’Orcia quale
paesaggio rurale Patrimonio
dell’Umanità Unesco: un pae-
saggio perfettamente conser-
vato rispetto a quello ammira-
to dagli artisti del Rinascimen-
to in cui l’uomo interagisce in
perfetta armonia. La commis-
sione ha così giustificato l’in-
serimento nella lista:
«Criterio (iv): la Val d’Orcia è un
eccezionale esempio di come
il paesaggio naturale sia stato
ridisegnato nel periodo Rina-
scimentale per rispecchiare gli
ideali di buon governo e per
creare un’immagine estetica-
mente gradevole; Criterio (vi):
il paesaggio della Val d’Orcia è
stato celebrato dai pittori della
Scuola Senese, fiorita durante
il Rinascimento. Le immagini
della Val d’Orcia ed in parti-
colar modo le riproduzioni dei
suoi paesaggi, in cui si raffigu-
ra la gente vivere in armonia
con la natura, sono diventate
icone del Rinascimento ed
hanno profondamente influen-
zato il modo di pensare il pae-
saggio negli anni futuri.»
Attraversata dal fiume Orcia,
e lambita dal più alto vulcano
spento d'Italia, Il Monte Amia-
ta, la Val d'Orcia con il suo
Parco comprende i comuni di
Castiglione d'Orcia, Montalci-
no, Pienza, Radicofani e San
Quirico d'Orcia: autentici gio-
ielli di storia dell'arte. Terra di
transito lungo l'antica Cassia,
che per proteggerla furono
erette le famose fortezze, an-
cora visitabili, di Radicofani e
Tentennano.
Turisti italiani e stranieri oggi
percorrono questa terra con
vari mezzi: in bicicletta, a ca-
vallo, a piedi come facevano
gli antichi pellegrini che attra-
versavano la Via Francigena
diretti a Roma. Una terra da
vivere “attivamente” ma anche
in perfetto relax: le sue terme
infatti sono da secoli tappa di
chi ama i benefici influssi delle
acque di Bagno Vignoni e dei
Bagni San Filippo.
Bagno Vignoni, già frequenta-
ta da Lorenzo Dé Medici e da
Santa Caterina da Siena rap-
presenta una tappa da non
perdere, con la famosa vasca
al centro del borgo. L'acqua
sgorga da una profondità di
1000 metri ad una temperatu-
ra di 52°: magnesio, solfato di
calcio, la rendono salubre per
le malattie delle ossa, delle
mucose e della pelle.
La luce, i vigneti, i luoghi d’arte della Val d’Orcia sono protagonisti di grandi pellicole.È il Vin Santo della Val d’Orcia
che nel film “Il paziente ingle-
se” di Antony Minghella riscal-
da il cuore del protagonista
nell’abbazia di Sant’Anna in
Camprena.
Tra San Quirico e Pienza ci
sono i campi di grano dove Ri-
dley Scott immagina il paradi-
so del suo eroe Maximus “The
Gladiator”. La vasca di Bagno
Vignoni, unico centro termale
medievale al mondo ancora
conservato, è il luogo della
scena più sofferta di “Nostal-
ghia “ di Andrei Tarkovskij.
Meno arte e più business negli
spot delle auto di lusso, so-
prattutto tedesche, che han-
no il loro set pubblicitario sulle
strade della Val d’Orcia.
Il paniere gastronomicodella Val d’OrciaLe Terre di Siena e in particolar
modo la Val d’Orcia vantano
una proposta enogastronomi-
ca che è tra i principali motori
dell’economia locale.
I vasti campi di grano, faceva-
no della Val d’Orcia il granaio
di Siena: la terra argillosa per-
mette da secoli la coltivazione
del grano duro, lavorato nei
mulini nel cuore delle campa-
gne e materia prima della fa-
mosa pasta della Val ‘Orcia.
Dalla val d’Orcia proviene gran
parte dello zafferano di altissi-
ma qualità prodotto in Italia,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 51
speciale Toscana
Val d’Orcia
e qui presente già dal Medio-
evo. Il prezioso fiore, detto
“croco”è interrato in agosto
mentre la raccolta è effettua-
ta in ottobre. In cucina se ne
utilizzano gli stimmi: si calcola
che occorrono più di 100 fiori
per ottenere 1 grammo di zaf-
ferano. Ecco la rarità che ne
giustifica il prezzo.
Percorrendo la campagna, in
prevalenza intorno a Pienza,
è facile ammirare i pascoli di
ovini, qui portati, negli anni 60’
dai pastori sardi, che contri-
buirono al mantenimento della
vita rurale nel senese. Intera-
mente prodotto con il latte di
questi pascoli, il Pecorino di
Pienza , qui detto “cacio” si
riconosce per la dolcezza del
sapore, ricco di profumi del-
le erbe di santoreggia, timo,
assenzio, elicriso di cui la val
d’Orcia è ricca. Prelibato il
pecorino a latte crudo, ossia
non pastorizzato, e ricoperto
con morchia di olio d’oliva per
mantenere l’interno più morbi-
do e pastoso. Da abbinare al
miele della Val d’Orcia, di cui
Montalcino vanta la più antica
tradizione grazie a quei monti
ricchi di boschi prima e di vi-
gneti poi.
È della Val d’Orcia il paesag-
gio e quel nobile maiale di cin-
ta senese raffigurato nel Buon
Governo di Ambrogio Loren-
zetti, splendido affresco nel
palazzo comunale di Siena,
che illustra appunto i benefici
della buona amministrazione
a confronto con quella cor-
rotta. Animale con spiccate
attitudini al pascolo, di colore
nero con setole grosse ed una
caratteristica fascia bianca
che gli cinge il torace: la sua
carne, saporita, e digeribile
anche nelle parti del lardo vie-
ne sapientemente lavorata nel
senese con un’artigianalità di
livello tale da ottenere salumi
di grande qualità.
Da non dimenticare poi l’Olio
extravergine di Oliva: oltre che
buono è salutare. Il territorio è
una delle zone di produzione
più pregiate del mondo e si fre-
gia della DOP Terre di Siena.
I grandi vini della Val d’Orcia: la Doc Orcia.Sono della Val d’Orcia gran-
di denominazioni enologiche
senesi quali il prestigioso Bru-
nello di Montalcino e la giova-
ne Doc Orcia, nata nel 2000.
Questa giovane Doc, è tute-
lata da Il Consorzio del Vino
Doc Orcia, piccola ma vivace
realtà vinicola senese, che si è
già fatta conoscere e apprez-
zare nel mondo enoico.
“La doc Orcia ha un’origine
politica, ci spiega il Presiden-
te Donella Vannetti: nacque
nel 2000 per volontà dei 13
comuni della parte meridiona-
le della Provincia di Siena, in
particolare l’area incastonata
tra le aree vinicole del Vino
Nobile e del Brunello, e com-
prensiva dell’area Chianti. La
Val d’Orcia in particolare e le
altre zone rientranti nella doc,
dopo la fine della mezzadria
avevano risentito dell’abban-
dono e della caduta di produt-
tività. Ecco che l’istituzione di
una Doc in questa vasta area,
voleva stimolare la rinascita di
un’agricoltura di reddito. Dalle
mappature attentamente fatte
dalla Provincia di Siena que-
sta zona risultava altamente
vocata: ottima terra da San-
giovese.
Ovviamente, gli accordi politi-
ci, pur sani e di buona volon-
tà, devono tener presente gli
aspetti commerciali, i progetti
sullo stile dei vini, la coeren-
za delle espressioni di questa
Doc: obbiettivi difficili da rag-
giungere in un territorio così
vasto e diverso. E certamente
l’iniziale disciplinare flessibi-
le (Orcia Rosso Sangiovese
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 652
spec
iale
Tosca
na
minimo 60%), oggi difficilmen-
te regge ad un sistema così
esigente e in crisi come quello
del vino. Ecco che siamo in
attesa del nuovo disciplinare
con importanti novità. Il bilan-
cio di questi 10 anni non può
che essere positivo, conclude
Vannetti grazie anche all’ap-
poggio delle Istituzioni e del-
le Associazioni di categoria
che ci sono sempre vicine. In
questi momenti di crisi non
solo non si assiste ad una di-
minuzione dell’imbottigliato,
ma nuovi impianti entreranno
a regime; ricordo che l’Orcia
ha tutti vigneti giovani e anche
imprenditori giovani. Il rinnovo
del disciplinare sicuramente
aiuterà questa denominazione
a rafforzare la propria identità.
L’ottimo rapporto qualità prez-
zo dei vini avvicina il settore
Ho.Re.Ca.; le guide di settore,
i giornalisti, apprezzano i vini
e diciamolo, adorano il nostro
territorio, la Val d’Orcia Patri-
monio Unesco dal 2004.
La Promozione è fondamenta-
le e continuerà con l’intensifi-
cazione di eventi promo-com-
merciali e con il rafforzamento
della nostra immagine”.
In attesa del nuovo disciplinare per la Doc Orcia: Accanto alla tipologia “Orcia”
rosso che rimane invariata,
troveremo l’«Orcia» Sangio-
vese e «Orcia» Sangiovese
“riserva”. Sangiovese: minimo
90%; possono concorrere alla
produzione di detto vino, da
soli o congiuntamente, fino ad
un massimo del 10%, le uve
provenienti dalle varietà Cana-
iolo nero, Colorino, Ciliegiolo,
Foglia tonda e Malvasia nera.
Per entrambe le tipologie sarà
prevista la Riserva.
Il vino a denominazione di ori-
gine controllata “Orcia” San-
giovese, sottoposto ad invec-
chiamento per un periodo non
inferiore a 30 mesi, di cui alme-
no 24 in botti di legno, ha dirit-
to alla qualificazione “Riserva”.
Il vino a denominazione di ori-
gine controllata “Orcia” rosso,
sottoposto ad invecchiamento
per un periodo non inferiore a
18 mesi, di cui almeno 12 in
botti di legno, ha diritto alla
qualificazione “Riserva”.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 53
speciale Toscana
Cinta
La cinta senese
La cinta senese è la capostipitedi tutti i maiali della Toscana.
a cura di Clara Sargentini
Già allevata dagli
Etruschi, seguì i ro-
mani nelle loro mi-
grazioni e fu di grande aiuto ai
contadini del Medioevo duran-
te le pestilenze e le carestie.
Una delle prime testimonianze
iconografiche è la raffigurazio-
ne che ritroviamo nell’affresco
di Ambrogio Lorenzetti nel
Palazzo Comunale di Siena.
Altre rappresentazioni di sui-
ni Cinta appaiono in dipinti e
affreschi della scuola sene-
se del XII secolo in diverse
chiese del territorio. Suo am-
biente naturale di provenien-
za è la Montagnola senese:
la zona collinare ricompresa
tra gli attuali comuni sene-
si di Monteriggioni, Sovicille,
Casole d’Elsa, Poggibonsi.
Queste colline ricoperte da
immensi boschi di leccio, fonti
inesauribili di ghiande, offrono
nel sottobosco una situazio-
ne ottimale per il pascolo di
questi suini allo stato brado.
La sua buona espansione sul
territorio è durata fino agli ’50
quando quasi tutte le famiglie
contadine allevavano qualche
Cinta per poi lavorarne le carni
e fare scorta di salumi.
Negli anni successivi iniziò
l’introduzione delle razze su-
ine “Bianche”che determinò
una grande rivoluzione dal
momento che quest’ultima
razza, anche se non idonea
all’allevamento brado, era più
prolifica della Cinta ed era
pronta per la macellazione a
sei mesi di vita, mentre lo svi-
luppo della Cinta richiede un
anno. Sorse poi l’incrocio fra
queste due razze con la pro-
duzione di maiali detti Grigi.
Essi conservavano l’attitudine
al pascolo brado, ma erano
precoci nello sviluppo. Questa
pratica di incroci ha costituito
comunque una tutela per la
razza autoctona poiché alcu-
ni allevatori hanno continuato
a mantenere Cinte Senesi in
purezza per poterle incrociare
con le razze bianche. Questa
razza dal mantello scuro si
distingue dagli altri suini per
una caratteristica fascia
bianca che allaccia (cinge)
il garrese, il torace, le spal-
le e le zampe anteriori, da
qui il nome di Cinta. Alla fine
degli anni ’90 un gruppo di al-
levatori, decise di partecipare
alla reintroduzione di questa
razza autoctona e quasi estin-
ta costituendo Il Consorzio
di Tutela della Cinta Senese.
La Regione Toscana, la pro-
vincia di Siena, l’Associazio-
ne Provinciale degli Allevatori
senesi e altri preposti hanno
fatto un notevole sforzo per
l’acquisto ed il mantenimento
dei verri riproduttori, al fine di
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 654
spec
iale
Tosca
na
Cinta
raggiungere un numero suffi-
ciente di animali che potesse
togliere la Cinta Senese dalla
lista delle specie in estinzione.
La Cinta ancora oggi deve es-
sere allevata allo stato brado
o semibrado poiché l’alleva-
mento al pascolo, con la par-
ticolare alimentazione che ne
deriva, dà alle sue carni sapo-
re e caratteristiche uniche. La
sua carne si presenta di colo-
re più intenso rispetto a quella
delle razze migliorate, con un
contenuto minore di umidità
superiore di grasso di marez-
zatura. Il grasso di copertura,
con particolare evidenza nel
prosciutto, appare di colore
rosato, compatto e spesso.
C’è da sottolineare però che
queste carni, per la maggiore
concentrazione di acidi gras-
si insaturi, per la presenza di
acido oleico e di acidi grassi
polinsaturi, presentano miglio-
ri qualità dietetiche.
Il suino leggero di 40-60- Kl.,
viene utilizzato per la porchet-
ta, speziata e cotta intera in
forni a legna. Il suino pesante
vede la sua migliore utilizza-
zione nella produzione di sa-
lumi tipici tradizionali tra i quali
il prosciutto toscano, le sal-
sicce, la gota, il lardo, la pan-
cetta o rigatino, il capocollo,
la sopressata, la finocchiona,
il buristo. La carne fresca, in
particolare la lombata, si pre-
sta a grigliate di bistecche e
rosticciane e il fegato alla pre-
parazione dei fegatelli.
Buon Appetito!
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 55
Suini di razza Cinta Senese Senese
Valdichiana
La Valdichiana:cultura, odori, sapori
a cura di Emma Lami
La Valdichiana è un solco vallivo lungo un centinaio di chilometri
fra la Conca di Arezzo e la Valle del Paglia,affluente del Tevere a Sud.
Questo era percorso in
tutta la sua lunghezza
da un alveo naturale
che riceveva le acque fluvia-
li provenienti dal Casentino e
quelle di numerosi torrenti la-
terali responsabili di un esteso
impaludamento.
Nel corso del Medioevo, le
Città-Stato che maggiormen-
te operarono nella valle furo-
no Orvieto, Arezzo, Perugia,
Siena e Firenze. Tutte dovette-
ro fare più o meno i conti con
il grande problema di questo
territorio causato dal dissesto
idrologico. Il fiume Chiana che
risulta essere stato al tempo
degli etruschi e dei romani
perfettamente navigabile, con
una evoluzione quasi naturale
,tendeva ad invertire il proprio
corso dal Tevere all’Arno. A
causa dei grandi interessi che
via via si erano creati nella val-
le ,le due città che si dovettero
occupare maggiormente del
problema furono quelle che
per più tempo si divisero alter-
nativamente il dominio sul ter-
ritorio della Valdichiana e cioè
Siena e Firenze.
La frammentarietà degli inter-
venti, causata dalla precaria
stabilità politica che caratte-
rizzò il periodo medioevale
e il primo Rinascimento, fu
un ostacolo notevole alla ne-
cessaria opera di bonifica.
Si dice che ancora a metà
del 500 la palude copriva ol-
tre 11.000 ettari di terreno di
cui 8.800 nella Chiana. Solo
quando,con la caduta di Siena
nel 1554, tutto il territorio pas-
sò sotto il dominio dei Medici,
potè essere approntato un
piano coordinato e completo
di bonifica. Si occuparono dei
lavori nella valle tutti i maggio-
ri artisti e studiosi del 500 ,da
Leonardo da Vinci ad Antonio
da Sangallo, da Baldassarre
Peruzzi al Vignola, che rea-
lizzarono anche molte opere
pubbliche e private. Nel 1737
l’opera di bonifica passò dalle
mani dei Medici a quelle dei
Lorena che dettero un con-
tributo concreto al raggiungi-
mento dello scopo, inserendo
il discorso in un ampio pano-
rama di politica territoriale.
Sarà infatti il Granduca Pietro
Leopoldo di Lorena che darà
un significato nuovo all’opera
di bonifica, dal momento che
l’intervento viene inserito nel
nuovo indirizzo della sua poli-
tica a favore delle campagne.
L’azione non si limita dunque
al solo aspetto idraulico ma
investe tutti i problemi delle
infrastrutture indispensabili a
garantire migliori condizioni
degli abitanti e assegnando
loro case nuove o rinnovate.
Anche i suoi successori ope-
rarono al miglioramento della
valle fino a quando negli anni
“30 dell’Ottocento la Val di
Chiana era così descritta:
“E già la valle in pochi anni
cambiò aspetto: il vasto alveo
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 656
spec
iale
Tosca
na
palustre dai fetidi ristagni è ora
ridente di ricche messi e di vi-
gne; la riconquistata salubrità
del clima ha ridonato agli abi-
tanti l’antico vigore, e la copia
delle raccolte fa loro gustare
i comodi della vitya. Questa
valle... sarà perenne monu-
mento di regia munificenza
per gli Ottimi principi che ne
decretarono la Prosperità."
La bonifica integrale sarà por-
tata a compimento nel venten-
nio fascista e seguiranno negli
anni successivi vari interventi
sulla sistemazione delle acque
in Valdichiana per arrivare al
1972 quando l’Ente Irrigazione
di Arezzo, terminato uno sbar-
ramento nell’alta valle della
Foenna, costituirà una riserva
idrica per l’irrigazione.
Ma se la storia territoriale della
Valdichiana ci dà la possibi-
lità di prender atto di quanto
l’uomo sappia operare sul ter-
ritorio a suo favore, non meno
significativa è la testimonianza
che egli ci ha dato e continua
a darci con le tradizioni che
fanno di questa valle una terra
ricca di sapori e colori che nel
campo enogastronomico ci
offrono gusti veri e sempre at-
tuali ricchi di aromi e fantasia.
Girovagando per calli in cerca
di scorci suggestivi non man-
ca certo l’occasione di trovare
un’osteria fumosa e rustica,
oppure un vecchio casale,
una cascina, un frantoio od
una cantina diventati oggi do-
cumenti di questa tradizione
autentica ed unica nel raccon-
tare la storia dei luoghi.
Nella cucina contadina l’ele-
mento fondamentale è il pane,
presente sotto mille forme
e sapori: dal filone alla ruo-
ta, dai crostini alle focacce,
dalla schiacciata con l’olio
al pan di ramerino, una gu-
stosa pagnotta aromatizzata
con uva passa e rosmarino.
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 658
spec
iale
Tosca
na Anche l’assenza di sale, un
tempo troppo costoso, rap-
presenta l’aspetto tipico di
semplicità e di povertà che un
tempo caratterizzava la cucina
di questo territorio. È prtoprio
con il pane che nascono nu-
merose ricette: la Panzanella,
fatta con pane ammollato
nell’acqua, sbriciolato e me-
scolato con verdure fresche;
la Pappa con il pomodoro
da cuocersi con pane, aglio,
prezzemolo, basilico, sale olio
e pomodoro; la Ribollita, nata
dalla parsimonia contadina
che riscaldava e ribolliva gli
avanzi di questa zuppa prepa-
rata il giorno prima. Quanto alle
carni la Val di Chiana è famosa
per le sue qualità pregiate del-
la Chianina, della Fiorentina e
della Cinta senese. Nel passa-
to la carne sul desco scandiva
le feste comandate ed i conta-
dini sopperivano con i prodotti
vegetali i piatti delle occasioni
importanti. Al posto d’onore i
fagioli ed altri legumi, poi i ce-
reali integrali e le castagne.
Altra caratteristica il pane
scuro di farina della Chiana,
sfornato in pagnotta bassa di
circa 2 chili, capace di con-
servarsi a lungo e di sostenere
preparazioni che lo vogliono
ammorbidito in acqua e senza
sfarsi. Ultimo tocco di classe
l’olio verde di frantoio aggiun-
to a crudo.
Con la stessa farina si ricava-
no i Pici: spaghetti appicciati
a mano durante le veglie, oc-
casione di socializzazione e di
incontro in un’epoca che non
conosceva svaghi, seccati e
conservati per essere cucinati,
magari con il succulento sugo
di nana. Altro elemento pre-
zioso è l’olio, sempre in prima
spremitura, utilizzato nella cu-
cina tradizionale toscana come
il toccasana delle vivande. La
storia dell’olio d’oliva con il
colore dell’oro ed il calore del
sole coincide con la parte più
radicata della nostra cultura
ed il suo uso ha dato digni-
tà a quei piatti –considerati
specialità– fatti semplicemen-
te di tozzi di pan vecchio: la
Fettunta e la Bruschetta, nate
in frantoio quando l’operaio,
rubacchiando l’olio spremuto
dalla macina, ammorbidiva il
pane duro della pagnotta o lo
abbrustoliva sul fuoco insa-
porendolo con l’aglio crudo.
La semplicità si ritrova anche
nei dolci: ciambellini, crostate
e cantucci accompagnati dai
vini liquorosi e dalla frutta di
stagione.
È così che tutti i piatti, anche
i più semplici, diventano un
vero e proprio trattato di an-
tropologia culturale oltre che
specialità gastronomiche, per
chi voglia andare in profondità
alla ricerca di saperi e sapori
antichi.
Valdichiana - vista panoramica
Valdichiana
La delegazione è la
quarta nata dopo Vol-
terra, Pisa ed Orvieto
e da allora è sempre stata un
punto di riferimento fisso per
i Consorzi di tutela, delle isti-
tuzioni e degli enti che a vario
titolo sono legati alla parola
vino.
I passi fatti in questi anni sono
veramente tanti e meritereb-
bero approfondimenti partico-
lari ma a noi basta ricordare
solo alcuni che ci apparten-
gono e sono parte integrante
dello sviluppo e della crescita
della Fisar Nazionale:
Organizzazione delle As-
semblee Nazionali del 1976
a Chianciano Terme, 1977 a
Bettolle (elettiva), 1979 a Pian-
castagnaio, 1993 a Chiancia-
no Terme. È stata quest’ultima
che ha dato una svolta im-
portante nel modo di gestire
l’immagine della Federazione
in modo innovativo e comuni-
cativo.
Nella stessa assemblea si è
svolto il 1° concorso del Som-
melier dell’anno che ancora
oggi porta a sfidare i migliori
Sommelier dell’Associazione.
La delegazione ha contribuito
alla crescita della Fisar attra-
verso la presenza in Consi-
glio Nazionale dei suoi soci
da Berti Angiolino, Masiello
Nicola, Laurini Marcello e Ros-
si Franco.
In occasione del congresso di
Sirmione dei 35 anni di Fisar,
la delegazione è stata rico-
nosciuta come “Storica” ed
al contempo sono stati no-
minati 5 Cavalieri della Fisar
Esposito Amedeo (per molti
anni Delegato), Masiello Enzo,
Masiello Nicola, Nocciolini
Pietro e Pagliai Angiolo, qua-
le riconoscimento ai 6 lustri di
appartenenza alla Fisar.
La delegazione annovera an-
che un Sommelier dell’anno
1998 a Laurini Giorgio ed una
menzione particolare nell’am-
bito del concorso del 2007 a
Sirmione al Sommelier Mar-
co Barbi per l’eleganza del
servizio.
La delegazione organizza an-
nualmente il premio PRIMA-
VERA IN VALDICHIANA giunto
alla 27a edizione e viene asse-
gnato a personalità del mon-
do vitivinicolo, giornalistico e
culinario che si sono distinti
nel valorizzare ed accrescere i
propri settori di competenza.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 59
speciale Toscana
La DelegazioneValdichiana
a cura del Consiglio di Delegazione
La delegazione nasce nel 1974 sotto il nomedi Bettolle per la volontà di un gruppo
di appassionati che si affacciavano per la prima volta nel mondo dell’enogastonomia capitanati da Angiolino Berti.
Valdichiana
Un ‘Marine’alla guida del Consorzio
dei produttori del BRUNELLO
a cura di Claudio Zeni
Esistono ancora le fiabe? Le mamme e le nonnele raccontano ancora? O si sono perse nei meandri
della memoria del terzo Millennio?
Esistono, comunque,
luoghi incantati dove
la natura e le bellez-
ze artistiche possono fare
stregonerie graffiando la
fantasia del viaggiatore. Un
esempio è Montalcino,
antichissimo borgo di feu-
datari e vescovi, che con
le sue quinte scenografiche
e la sua lunga storia con-
trassegnata da drammatici
eventi, del resto comuni a quelli
di altre zone della Toscana,
è un luogo che ispira e sug-
gerisce l’ascolto o addirittura
invita a scoprire con tranquil-
lità, storie e leggende legate
al suo celebre vino, il Brunello
o a personaggi come Ezio
Rivella, l’attuale presidente del
Consorzio
dei Produttori del Brunello,
che diversi lustri fa dette la
‘scossa’ al piccolo mondo
ilcinese. “Nel 1978, quando
nel Brunello fece irruzione
Villa Banfi con le sue truppe
di geologi, agronomi, meteo-
rologi, ingegneri, geometri,
muratori, operai, meccanici,
trattoristi, escavatori ec-
cetera eccetera guidati
da Ezio Rivella, il famoso
enologo piemontese che
ha la grinta di un ‘ma-
rine’, e cominciarono
a misurare, squadrare,
sondare, plasmare, pro-
grammare le centinaia di
ettari già acquistati nella zona
di Sant’Angelo Scalo, quella
più vicina alla Maremma, de-
limitata dai corsi dell’Ombrone
e dell’Orcia, a Montalcino te-
mettero il disastro” scrive Aldo
Santini in ‘Brunello, sei grande’
(Franco Muzzio Editore). “Mi
ricordo ancora quei giorni –
esordisce Ezio Rivella – trenta-
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 660
spec
iale
Tosca
naBrunello
trè trattori, quindici mezzi spe-
ciali presi in affitto a 80.000 lire
l’ora e poi i nostri elicotteri, un
piccolo mondo in fibrillazione,
nonostante le rassicurazioni
mie e quelle dell’azienda dei
fratelli Mariani, titolari di Villa
Banfi”. Disastro che non si ver-
ificò in un territorio che a quel
tempo contava più pascoli
che vigneti, dove tutto sem-
brava in abbandono e la terra
valeva pochissimo: 3,5 milioni
di lirette l’ettaro. Al contrario,
nel giro di pochi anni, grazie
alla spregiudicata impresa
italo-americana guidata da
Ezio Rivella, il Brunello decolla
e non si ferma più,diventando
uno dei sinonimi del vino nel
mondo ed una delle chiavi per
accedere al cuore di questo
comune della provincia se-
nese. È con il bicchiere in
mano, infatti, che s’impara
a conoscere Montalcino e
la sua gente. “Qui la gente è
oggi felice della sua solitudine
e fiera della sua cantina, della
sua casa, ama i suoi vigneti
racchiusi tra i boschi o ap-
erti sulla strada e quelli segreti
delle uve migliori – continua
Ezio Rivella - esalta le bellezze
delle abbazie, delle chiese, dei
castelli dove s’infiltrano i rac-
conti popolari, le leggende
con maghi e soldati, in un
mondo a volte oscuro al vi-
aggiatore frenetico, perché
in questa terra mai andare di
fretta, altrimenti non ti offre
niente”. Nasce così il Brunello,
come frutto di tenace pas-
sione, con amore custodito
durante gli anni di affinamento
in cantina prima di presentarsi
al mondo che ha imparato,
a sua volta, ad amarlo, fine
e principio di una leggenda
che ogni bottiglia rinnova. “La
zona di produzione coincide
con il territorio comunale di
Montalcino – evidenzia il presi-
dente del Consorzio – essa è
delimitata dalle valli dell’Orcia,
dell’Asso e dell’Ombrone e ha
una forma quasi circolare con
un diametro di 16 Km e con
una superficie di 24.000 et-
tari, mentre la forma di alleva-
mento più diffusa nella vigna è
il cordone speronato, ottenuto
mediante potatura corta, a 2
gemme, di un numero varia-
bile di cornetti a ceppo”. I
produttori del celebre ‘nettare
di Bacco’, al fine di tutelare il
loro vino, il cui prestigio anda-
va sempre più affermandosi,
ll’indomani del riconoscimento
della D.O.C. decisero di asso-
ciarsi e dare vita nel 1967 al
Consorzio del Vino Brunello di
Montalcino, che oggi vede alla
guida il ‘marine’ di Castagnole
Lanze, ovvero il settanta-
settenne Cavaliere del Lavoro
Ezio Rivella, che al momento
della sua elezione dichiarò:
“Dobbiamo lavorare tutti insie-
me e riposizionare Montalcino
al vertice della vitivinicoltura
italiana. Lavorerò per tutti e
sarò il presidente di tutti”.
Senza nessuna ‘vis polemica’
nei confronti dei suoi avversari
per la carica di Presidente del
Consorzio, Rivella tiene oggi
a precisare: “È scontato che
in terra senese siano presenti
tante fazioni, altrimenti non
sarebbe la Toscana, ma io,
come affermai la scorsa pri-
mavera, tengo a ribadirlo an-
che adesso: sono il presidente
di tutti e la prova è quella di
avere inserito in alcuni posti
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 61
speciale Toscana
Ezio Rivella è presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino dal giugno 2010. Cavaliere del Lavoro dal 1985, Presidente del Comitato Nazionale Vini Doc, dell'Unione Italiana ed Internazionale degli Enologi, nonché Vicepresidente dell’Office International de la Vigne et du Vin di Parigi, oggi è produttore a Montalcino dov’è Presidente dell’azienda Pian di Rota.
Brunello
della nostra struttura anche
coloro che non mi avevano
sostenuto. Gli oppositori di
allora sono oggi i miei migliori
sostenitori”. Superato anche
il tema più scottante riguar-
dante il dilemma tra puristi e
innovatori del rigido disciplin-
are produttivo che contempla
solo l’uso di uve Sangiovese.
“L’utilizzo di altre uve per
la produzione del Brunello
poteva seguire logiche com-
merciali, per fare un vino più
morbido e quindi più in sin-
tonia con i palati yankee che
sorseggiano più del 60% dei
6,5 milioni di bottiglie prodotte
ogni anno – continua Rivella,
sostenitore dell’inserimento
di una piccola percentuale di
uve extra Sangiovese – ma
la ‘filosofia’ della produzione
con sole uve di Sangiovese
di Montalcino affinate 4 anni
ha avuto la meglio, quindi, ne
prendiamo atto e lavoreremo
tutti uniti per l’introduzione di
metodi scientifici per la conti-
nua salvaguardia della qualità
e la maggiore valorizzazione
di tutte le attività di promozi-
one, oltre che per il rilancio del
Rosso di Montalcino”. Il nos-
tro incontro con il Presidente
non poteva che concludersi
con l’argomento della tanto
sbandierata crisi del comparto
enologico. “Dal dopoguerra in
poi si sono sempre alternati
momenti di espansione e di
recessione – chiosa Rivella –
in questo momento di reces-
sione non sono d’accordo
con alcune soluzioni come
l’imposizione di prezzi calm-
ierati alla ristorazione, perché
mi sembra che i cosiddetti
‘grandi’ non lamentino fles-
sioni. Sono piuttosto i piccoli
o i nuovi produttori che com-
mettono l’errore strategico di
volersi posizionare tutti in una
fascia alta del mercato, dai 30
euro in su, già abbondante-
mente occupata, se non satu-
ra. Bisognerebbe invece porsi
obiettivi più possibili, inseren-
dosi in segmenti più praticabi-
li, perché il mercato non si può
cambiare dall’oggi al domani,
ma al momento bisogna solo
adeguarsi”.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 662
spec
iale
Tosca
na
Montalcino - panorama
speciale Toscana
Il Signore del Brunello
a cura di Claudio Zeni
“Quando parla della sua terra, Montalcino, e del Brunello che ormai la connota, quando descrive quello spicchio di collina, che declina verso valle, cinta di vitigni di Sangiovese e con al
centro la monumentale villa de Il Greppo, gli occhi gli si ravvivano e le mani carezzano quel legno
che dà il sapore ai suoi vini e sostegno alla vecchia tempra di gentiluomo di campagna”
Con queste parole si
apre l’interessante li-
bro ‘Questa è la mia
terra – Franco Biondi Santi,
Montalcino e il Brunello’ di
Maurizio Boldrini, Bruno
Bruchi e Andrea Cappelli.
Perfetta citazione che non
potevamo esimerci dal ri-
prendere nel raccontare il
nostro incontro con Franco
Biondi Santi, quando como-
damente seduti nel salotto
della sua casa a il Greppo, il
‘Signore del Brunello, uomo
longevo come il suo vino e
lucida mente nonostante le
sue ottantotto primavere, ini-
zia a raccontarci, con sapienti
pennellate, la storia della sua
famiglia, da quando Petronilla,
figlia di Tullio Canali, sposa
Luigi Santi, farmacista amante
dei classici italiani e francesi
e nipote del famoso geogra-
fo. Dalla loro unione nasce, in
Montalcino, Clemente Santi,
che fece le sue prime espe-
rienze nel campo dell’enologia
proprio nell’attuale tenuta del
Greppo, come ricorda Franco
Biondi Santi: “Da attento so-
stenitore del metodo scienti-
fico, Clemente si mise ad os-
servare lo scorrere del tempo
e si rese conto che il ciclo di
Giorgio Santi Clemente Santi Jacopo Biondi FerruccioBiondi Santi
TancrediBiondi Santi
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 63
Bru
nello
Villa Greppo in autunno
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 664
spec
iale
Tosca
na
vinificazione nel territorio mon-
talcinese era diverso da quello
delle altre zone: la vendem-
mia iniziava in anticipo. Dopo
un’attenta analisi del terreno,
selezionò le tipologie di uve più
adatte a quella conformazione
geologica. Fu questo uno fra
i momenti più importanti per
il Brunello: grazie agli studi
di Clemente, infatti, si mise
in evidenza la grande longe-
vità di questo vino”. La figlia
di Clemente Santi, Caterina,
sposò Jacopo Biondi, medi-
co fiorentino, la cui nobile fa-
miglia proveniva dalla città di
Pomarance. Dalla loro unione
nacque il figlio Ferruccio, che
ereditò la passione per i vini
ed i vitigni del nonno mater-
no, unendo nel contempo i
cognomi per un giusto tributo
alla famiglia Santi, instauran-
do standard produttivi molto
severi. Altri produttori all’ini-
zio del 1800 ottennero di-
plomi importanti per loro vini
detti “Brunello”: Paccagnini,
Anghirelli, Angelini, Vieri
Padelletti, ma nessuno seppe
dare una continuità ai propri
vini oltre la fine della Prima
Guerra Mondiale, cosa che,
invece, riuscì a Ferruccio, che
forte dell’esperienza straor-
dinaria del nonno materno
Clemente Santi, si dedicò con
competenza all’azienda del
Greppo. “Come spesso av-
viene nelle più felici decisioni
storiche, Ferruccio deve qual-
cosa alle avversità – racconta
Franco Biondi Santi - a metà
dell’800 l’oidio, poi la filosse-
ra, poi ancora la peronospora,
si abbatterono sull’Europa e
quindi anche sul Greppo. Egli
si trovò, quindi, a fronteggiare
una minaccia senza prece-
denti a causa della fillossera
per la sopravvivenza dei suoi
vigneti, ma mentre i viticoltori
cercarono di mettere in beva
rapidamente i vini rossi per
un rapido realizzo finanziario
dai nuovi vigneti, egli guardò
verso nuovi orizzonti e volle
diversificarsi con un vino che
ritenne longevo vinificando in
purezza il Sangiovese, frutto
dei suoi vigneti reimpiantati,
innestati su barbatelle selva-
tiche con gemme prese da
quelle piante madri individuate
al Greppo”.
A partire da quel momento
Ferruccio si dedicò alla sele-
zione ‘massale’, cioè in serie
del Sangiovese attraverso l’in-
dividuazione di piante madri.
“Ogni fase della produzione
del Brunello veniva controlla-
ta di persona – spiega Franco
Biondi Santi – limitando di
proposito la produzione al fine
di perseguire la qualità attra-
verso la selezione dei grappoli
migliori, curando il processo
di fermentazione in modo da
fare nascere un vino da invec-
chiamento”. Dal matrimonio
di Ferruccio Biondi Santi con
Orlandina Orlandini Caselli
Vigna a terrazze di Scarnacuoia
BrunelloB
rune
llo
speciale Toscana
nacquero Gontrano, Tancredi
e Caterina. Nel 1917, mentre
i due fratelli erano al fronte,
Ferruccio morì, e la crisi con-
seguente alla guerra unita alla
grande depressione che ne
seguì ridusse ai mini termini
la domanda dei vini di qua-
lità. Successivamente i due
fratelli decisero di dividersi e
Tancredi comprò da Gontarno
la sua metà del Greppo, della
cantine e delle vigne, riportan-
do in breve tempo il Brunello
a nuovi livelli di classe e di
prestigio, diventando di fatto
l’ambasciatore di Montalcino
e dei suoi vini. Nel 1944, in
piena guerra, mentre i tede-
schi compiono rastrellamenti
quotidiani a fianco di Ferruccio
vi è il figlio Franco, che così ri-
corda un emblematico episo-
dio: “Era l’inverno del ’44, mio
padre, io ed un vecchio ope-
raio di nostra fiducia, abbiamo
murato la stanza dove erano
conservate le vecchie Riserve.
Abbiamo lavorato tutta la not-
te per qualche centinaio di
preziose bottiglie, da quelle
del 1888 a quelle del 1925,
perché senza quelle vecchie
riserve, vera memoria storica,
sarebbe stato impossibile di-
mostrare al mondo, come poi
abbiamo fatto, la straordinaria
capacità d’invecchiamento,
che aveva e tutt’ora ha, il no-
stro Brunello”. A dimostrazione
dell’amore che Tancredi aveva
per le sue ‘creature’, qualche
mese prima di morire, volle at-
torno a sé, nella sua cantina,
suo figlio Franco e gli amici
più cari per rivedere le antiche
bottiglie, accarezzarle, sentire
nelle narici gli antichi profumi
e sentir scorrere il loro vino
nelle vene. Senza pause, con
una memoria di ferro, Franco
Brunello
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 666
spec
iale
Tosca
na
Biondi Santi, dopo averci trat-
teggiato la storia della sua fa-
miglia passa a raccontarci la
sua storia, dall’adolescenza e
giovinezza di un comune gio-
vane della borghesia tosca-
na all’incontro con la moglie
Maria Floria, dalle loro nozze
il 15 giugno 1949 nell’abbazia
di Monte Oliveto alla nascita,
l’anno seguente, di Jacopo,
il primo erede, al quale segue
la secondogenita Alessandra.
Seguire le orme del padre è
per Franco come seguire un
destino attraverso un sapere
acquisito fin da giovane, gra-
zie anche alla conoscenza di
tutti i segreti e le strategie, sia
per la produzione del vino che
per la sua promozione, pur
sapendo bene che il mercato
è cambiato e che nella socie-
tà dei consumi e del turismo
di massa il Brunello è uno dei
nettari di Bacco maggiormen-
te richiesti. “Nel 1969, due anni
dopo che il ministro dell’Agri-
coltura, disciplinando le nor-
me per i vini di qualità, prese
per modello il nostro sistema
di produzione e il Brunello fu
il primo vino d’Italia ad ave-
re la Dogc, il nostro Brunello
Riserva 1955 fu scelto a
Londra per un pranzo d’onore
– ricorda Franco Biondi Santi
– questo lo mise in rilievo e a
quell’epoca, volendo, avrem-
mo potuto brevettare il nome.
Non lo abbiamo fatto e ora i
produttori sono molti e siamo
fieri che grazie al Brunello,
Montalcino abbia uno dei red-
diti più alti della provincia di
Siena, al contrario di alcuni lu-
stri fa quando era il fanalino di
coda”. Sempre determinato a
difendere l’attuale Disciplinare,
con 100% di Sangiovese, frut-
to di un’esperienza vitivinicola
straordinaria, quella di suo pa-
dre, Tancredi, testimoniata da
una collezione straordinaria di
Riserve dal 1888 ad oggi che
conserva ancora nella canti-
na del Greppo, Franco Biondi
Santi, tiene a ribadire: “Un
grande vino da invecchiamen-
to si fa solo con uve di una
perfezione assoluta e un’uva
così si ottiene solo con grandi
cure durante tutto il ciclo ve-
getativo. Per produrre questo
vino ci vuole pazienza: invec-
chiamento per quattro anni in
botti di rovere di Slavonia, poi
riposo in bottiglia almeno per
tre anni”. Solo un’azienda fa-
miliare come quella dei Biondi
Santi, gestita con passione
e professionalità nel rispet-
to delle tradizioni, può quindi
aspettare, proteggere e infine
fare apprezzare un vino del ge-
nere. Non caso Franco Biondi
Santi è giustamente chiamato
‘Il signore del Brunello”.
Franco Biondi SantiBru
nello
Ha rappresentato in
questi anni uno stru-
mento di scrupolosa
e responsabile autodiscipli-
na, sollecitando un coagulo
fra aziende vecchie e nuove,
piccole e grandi, così che le
consolidate e sagge abitudini
sono diventate una comune
strategia per il successo qua-
litativo.
Il Consorzio tutela, control-
la e valorizza tutti e quat-
tro i vini a denominazio-
ne di Montalcino: Brunello
di Montalcino, Rosso di
Montalcino, Moscadello di
Montalcino e Sant’Antimo.
Il 100% dei produttori, uni-
co caso in Italia, sono iscrit-
ti al Consorzio, incaricato
dal Ministero delle Politiche
Agricole per la tutela e per i
controlli.
I produttori sono 250 (di
cui 200 imbottigliatori), tutti
associati al Consorzio.
Complessivamente gli et-
tari a vigneto nel territorio
di Montalcino sono 3500
così ripartiti: 2100 etta-
ri coltivati a Brunello di
Montalcino; 510 ettari coltivati
a Rosso di Montalcino; 50 et-
tari coltivati a Moscadello di
Montalcino; 600 ettari coltivati
a Sant’Antimo Doc; la restan-
te parte è coltivata a Igt.
Mediamente ogni anno sono
prodotte 6.500.000 bot-
tiglie di Brunello di
Montalcino, 4.000.000 di
Rosso di Montalcino, 80.000
di Moscadello di Montalcino e
500.000 di Sant’Antimo.
L’export copre circa
il 60% della produzione e il
valore complessivo del giro
d’affari del settore vitivinicolo
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 67
speciale Toscana
Consorzio del VinoBrunello di Montalcino
a cura del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino
Il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino è nato nel 1967 all'indomani del riconoscimento
della D.O.C., come libera associazione fra i produttori, intenzionati a tutelare il loro vino.
Montalcino
Brunello
spec
iale
Tosca
na
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 668
a Montalcino è mediamente
di 140 milioni di Euro.
Montalcino storia e curiositàForse per la posizione geo-
grafica, lontano dalle affollate
arterie di comunicazione o for-
se per la purezza dell'aria che
pervade un panorama ancora
intatto e selvaggio, il territorio
di Montalcino riporta a quel
magico rapporto tra uomo e
natura che qui ha la rarità di
essere assolutamente spon-
taneo.
Ma la forza di Montalcino è
il dono più prezioso che gli
ha fornito la sua terra, dura
e generosa insieme: il vino.
Già apprezzata nei secoli
passati, la produzione eno-
logica era anche qui rimasta
fedele ai canoni ormai affer-
mati nella tradizione toscana.
Fu solo verso la fine del XIX
secolo che iniziarono i primi
esperimenti tesi a valorizzare,
esaltandole, le caratteristiche
di una materia prima e di un
ambiente senz'altro partico-
lari. Nacque così il Brunello
ed ancora oggi nasce come
frutto di tenace passione, con
amore custodito durante gli
anni di affinamento in cantina
prima di presentarsi al mondo
che ha imparato, a sua volta,
ad amarlo, fine e principio di
una leggenda che ogni botti-
glia rinnova.
Il comune di Montalcino (564
metri slm) si trova a 40 chilo-
metri a sud di Siena. Il territorio
è delimitato dalle valli dell’Or-
cia, dell’Asso e dell’Ombrone
e ha una superficie di 24.000
ettari.
L'economia è prevalentemen-
te agricola ed occupa una pic-
cola parte della superficie, così
ripartita: per il 50% coperta
da bosco e incolti; il 10% da
oliveto, il 15% da vigneto, la
rimanente parte a seminativo,
pascoli ed altre colture.
La collina di Montalcino (che
dista dal mare 40 km in linea
d'aria) essendosi formata in
ere geologiche diverse, pre-
senta caratteristiche del suolo
estremamente mutevoli per
costituzione e struttura: esi-
stono zone con terreno ricco
di calcare frammisto a sche-
letro costituito da scisti di ga-
lestro e alberese, zone con
maggiore presenza di argilla
e minore presenza di schele-
tro e zone costituite da terreni
formatisi per trasporto di detri-
ti alluvionali.
Il clima è tipicamente mediter-
raneo, con precipitazioni con-
centrate nei mesi primaverili e
autunnali (media annuale 700
millimetri). In inverno, sopra
i 400 metri, non sono rare le
nevicate. La fascia di media
collina (in cui è concentrata la
maggior parte delle aziende
vitivinicole) non è interessata
da nebbie, gelate o brinate
tardive che si possono verifi-
care nelle zone vallive, men-
tre la frequente presenza di
vento garantisce le condizioni
migliori per lo stato sanitario
delle piante. Il clima, preva-
lentemente mite e con eleva-
to numero di giornate serene
durante l'intera fase vegetati-
va, assicura una maturazione
graduale e completa dei grap-
poli. La presenza sul territorio
di versanti con orientamenti
diversi, la marcata modula-
zione delle colline e lo scarto
altimetrico tra le zone vallive
ed il territorio più alto (Poggio
della Civitella - 661 metri
slm - collocato al centro del
Brunello
69
speciale Toscana
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
comune) determina dei micro-
ambienti climatici molto diversi
tra di loro, malgrado, talvolta,
l’estrema vicinanza.
Il vinoIl Brunello si ottiene esclusi-
vamente da uve Sangiovese
(denominate localmente
“Brunello”) del territorio co-
munale di Montalcino, allevate
prevalentemente con il siste-
ma del cordone speronato
(ottenuto mediante potatura
corta, a 2 gemme, di un nu-
mero variabile di cornetti a
ceppo), che consente di otte-
nere una bassa resa per etta-
ro (massimo 80 quintali di uva,
secondo il disciplinare).
Si può chiamare Brunello solo
il vino prodotto ed imbottiglia-
to nel comune di Montalcino
(la zona di produzione fu de-
limitata già nel 1932 dalla
Commissione del Ministero
dell’Agricoltura), un territorio
con un microclima ottima-
le ed una particolare strut-
tura fisico-chimica. È stato
uno dei primi vini ad ottene-
re la Denominazione d’Ori-
gine Controllata (Doc) con il
Decreto del Presidente della
Repubblica del 28 marzo 1966
ed il primo vino italiano ad ave-
re la Denominazione d’Origine
Controllata e Garantita (Docg)
con il Decreto del Presidente
della Repubblica del 1 luglio
1980. Montalcino è il primo
caso in Italia in cui da un viti-
gno si possono ottenere due
vini a denominazione d’origi-
ne: il Brunello ed il Rosso. La
produzione di Brunello, so-
prattutto dagli anni Ottanta,
ha riscontrato una definitiva
e generalizzata evoluzione
qualitativa, seguita da una co-
stante affermazione di noto-
rietà nel mondo. Questo vino
è oggi considerato la punta
di diamante della produzione
italiana.
La principale caratteristica del
Brunello è il lungo affinamento
prima dell’immissione in com-
mercio, che ne determina il
suo caratteristico colore rosso
rubino brillante e trasparente,
tendente al granato. I profumi
risultano, in generale, intensi,
di grande persistenza e com-
plessità, e vi si possono rico-
noscere sentori di sottobosco,
piccoli frutti rossi, terra, non-
ché gli aromi dolci e speziati
provenienti dai legni di affina-
mento. Al gusto, il Brunello è
tendenzialmente elegante ed
armonico, con una struttura
ricca, ben bilanciata da una
notevole freschezza acida. La
gradazione di 12,5° (minima),
è spesso maggiore, arrivando
con facilità ai 13,5°; l’acidità
totale (minima) è di 5 grammi/
litro e l’estratto secco minimo
è di 24 grammi/litro. Il Brunello
è esclusivamente confeziona-
to in bottiglie di forma bordo-
lese (capacità, espresse in litri:
0,375; 0,500; 0,750; 1,5; 3,0;
5,0).
Dal dopoguerra ad oggi, sono
state giudicate ufficialmente “a
cinque stelle” le annate 1945,
1955, 1961, 1964, 1970,
1975, 1985, 1988, 1990,
1995, 1997, 2004, 2006,
2007.
Uva Sangiovese
Vendemmia Brunello
Uva Moscadello
Brunello
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 670
“Wine Spectator”, un Brunello
nei 12 vini del Novecento:
“Wine Spectator” ha eletto,
unico vino italiano, nei dodi-
ci “grandi” del Novecento, il
Brunello Riserva Biondi Santi
1955. Il vino di Montalcino è
in compagnia, tra gli altri, del-
lo Château Margaux 1900,
Château Mouton Rothschild
1945, Château Petrus 1961,
Penfolds Grange 1955,
Château Cheval Blanc 1947,
Domaine de la Romanée-
Conti 1937, Château d’Yquem
1921.
Il Brunello di MontalcinoIl Brunello di Montalcino è
un vino visivamente limpido,
brillante, di colore granato
vivace. Ha profumo intenso,
persistente, ampio ed ete-
reo. Si riconoscono sentori di
sottobosco, legno aromatico,
piccoli frutti, leggera vaniglia e
confettura composita. Al gu-
sto il vino ha corpo elegante
ed armonico, nerbo e razza, è
asciutto con lunga persisten-
za aromatica.
Per le sue caratteristiche,
il Brunello di Montalcino sop-
porta lunghi invecchiamenti,
migliorando nel tempo. Si va
da un minimo di 10 anni fino
a 30, ma può essere con-
servato anche più a lungo.
Naturalmente conservato nel
modo giusto: in una cantina
fresca, ma soprattutto a tem-
peratura costante, buia, senza
rumori e odori; le bottiglie te-
nute coricate.
L'eleganza e il corpo armoni-
co del vino permettono abbi-
namenti con piatti molto strut-
turati e compositi quali le carni
rosse, la selvaggina da penna
e da pelo, eventualmente ac-
compagnate da funghi e tartu-
fi. Trova anche abbinamento
ottimale anche con piatti della
cucina internazionale a base
di carni o con salse.
Il Brunello è anche vino da ab-
binamento ottimale con for-
maggi: tome stagionate, peco-
rino toscano, formaggi struttu-
rati. Inoltre, per le sue caratte-
ristiche, é godibile anche quale
vino da meditazione.
Il Rossodi MontalcinoMontalcino, terra votata alla
qualità, non si limita al Brunello
nel campo dei vini di pregio.
Forse per questo, per la prima
volta in Italia, ai produttori di
questa zona è stato concesso
di ottenere, dagli stessi vigne-
ti, due vini a denominazione
di origine in base a precise
spec
iale
Tosca
na
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
valutazioni tecniche: il Brunello, destinato
al lungo invecchiamento, ed il Rosso di
Montalcino, vino più giovane che unisce
ad una superba struttura doti di particola-
re vivacità e freschezza.
Già apprezzato e conosciuto con varie
denominazioni, il Rosso di Montalcino
ha acquisito precisa identità ed ufficia-
le riconoscimento con il passaggio alla
Denominazione di Origine Controllata.
Valida alternativa per il cantiniere, lo è an-
che per il consumatore esigente.
Il Rosso di Montalcino è armonico, ele-
gante, sapido, non di grande impegno
ma di piacevole abbinamento. All'aspetto
è brillante e limpido, con colore rubino
composito; all'olfatto ha buona intensità e
fragranza, si riconoscono profumi di frut-
ti freschi. All'analisi gustativa il vino risulta
armonicamente asciutto, ha nerbo e fre-
schezza con buona persistenza aromati-
ca. È vino di pronta beva particolarmente
suadente. Non è da conservare a lungo, il
vino preferisce essere bevuto in età gio-
vanile anche se ben resiste all'invecchia-
mento.
Le sue caratteristiche sono esaltate dai
piatti tipici della cucina toscana dal gu-
sto schietto e deciso ma, ugualmente,
può accompagnare, valorizzandole, le più
diverse proposte della cucina internazio-
nale. Si abbina a piatti di media struttu-
ra, quali primi di pasta con sugo di car-
ne, di pollame, di funghi o tartufi, risotti
compositi; secondi preparati con carni di
maiale o vitello salsato. Deve essere servi-
to in calici di cristallo per vini rossi ad una
temperatura di circa 18°C.
Il Moscadellodi MontalcinoDa un'uva coltivata da tempo immemora-
bile a Montalcino, nasce questo vino da
dessert tanto antico quanto piacevole e
Consorzio per la Promozione del MARCHIO STORICO DEI VINI REGGIANI
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Reggiana S.S.di Ferrari e Coloretti
Azienda Prati Vini
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Cantina Sociale di Rolo
Cantina Sociale Centro di Massenzatico
Cantina Sociale di Arceto
Cantina Sociale di Carpi
Cantina Sociale di Gualtieri
Cantina Sociale Prato di Correggio
Cantina Sociale di Puianello e Coviolo
Cantina Sociale Masone - Campogalliano
Cantina Sociale S. Martino in Rio
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 672
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sorprendente. Francesco Redi
nel 1685 lo celebrò nel suo
ditirambo: "Quel si divino e
leggiardetto moscadelletto di
Montalcino". Moltissime notizie
storiche, relative a noti perso-
naggi, testimoniano l'apprez-
zamento del Moscadello di
Montalcino in Italia e all'Estero.
Il Moscadello di Montalcino è
prodotto nei tipi Tranquillo,
Frizzante e Vendemmia
Tardiva. Le peculiarità di que-
sto vino prezioso e raro sono
state codificate nel discipli-
nare della Denominazione di
Origine Controllata.
Il Moscadello di Montalcino,
alla vista si presenta gial-
lo paglierino tenue nel tipo
Frizzante, che tende a diveni-
re più cupo nel tipo Tranquillo
e ad assumere l'aspetto del
giallo dorato tenue nella ti-
pologia Vendemmia Tardiva.
Manifesta l'aroma di mosca-
to equilibrato e fresco, con
delle sfumature floreali. Il pa-
lato è appagato dal dolce e
dall'armonia aromatica del
tipo Tranquillo, il Frizzante of-
fre inoltre l'invitante brio del
leggero perlage. La tipologia
Vendemmia Tardiva dimostra
la vellutata eleganza e l'av-
volgenza di un vino passito.
I Moscadello di Montalcino
Tranquillo e Frizzante sono da
consumarsi giovani, mentre il
tipo Vendemmia Tardiva può
esprimere il meglio di sé con il
passare degli anni.
Trova la sua collocazione na-
turale a fine pasto, accompa-
gnando piacevolmente pastic-
ceria e dolci secchi.
Il Sant'AntimoIl Sant’Antimo prende il nome
dalla celebre abbazia medioe-
vale situata a pochi chilometri
da Montalcino, che la storia
vuole fondata da Carlo Magno.
È l’ultima Doc arrivata in ordine
di tempo a Montalcino (1996),
nata dalla volontà dei produttori
di qualificare tutta la produzio-
ne vinicola del territorio: adesso
i vigneti di Montalcino sono al
cento per cento a denomina-
zione di origine, in un concetto
di “total quality”. In questa terra
fortemente vocata alla viticoltura
infatti, oltre al vitigno autoctono
per eccellenza, il Sangiovese, si
possono ottenere risultati ec-
cezionali anche con le varietà
internazionali. Il Sant'Antimo è
una denominazione molto am-
pia che prevede molte tipologie
di vini sia rossi che bianchi. Il
tipo rosso può essere prodotto
anche come Novello. È possibi-
le produrre inoltre il Sant'Antimo
Vin Santo con uve bianche e il
Sant'Antimo Vin Santo Occhio
di Pernice con uve rosse, am-
bedue anche nella tipologia
Riserva.
Abbazia di Sant'Antimo
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Il vinsantoa cura di Emma Lami
Il Vinsanto ha origini leggendarie e per la prima volta se ne sente parlare agli inizi del Cristianesimo,
forse per indicare un vino particolarmente adatto al rito della Messa.
Una leggenda sene-se racconta che nel 1348, anno in cui si
diffuse la peste, un frate do-menicano distribuiva del vino agli ammalati per portare loro un po’ di sollievo, da cui la convinzione che si trattasse di un vino miracoloso, ”santo”.Un’altra interpretazione ricon-duce la nascita del termine “Vinsanto” al 1439, data del Concilio Ecumenico indetto a Firenze per riunire la Chiesa d’Oriente con quella di Occi-dente. Durante un convivio, organizzato dai Medici, fu servito un vino passito che, al cardinale Bessarione, vesco-vo di Nicea, fece esclamare: “Ma questo è Xantos” (per la somiglianza che il vino aveva con quello prodotto nell’iso-la di Xanto) trasformato poi dai presenti nell’aggettivo latino”santus”. Fatto ne è che il Vinsanto è veramente un vino che conserva una sua magia. In Toscana offrire il vinsanto è uno dei gesti più antichi del-la sua ospitalità. “Lo gradire-sti un goccino di Vinsanto?” era la frase comune con cui i nostri nonni accoglievano gli ospiti o i parenti che venivano
da lontano. Era dovere, dopo i saluti, mettersi intorno alla tavola e tirar fuori dalla vetrina la bottiglia del vinsanto che se ne stava quasi nascosta in un angolo poiché allora, questa bevanda richiedeva gran ri-spetto e si beveva solamente nelle occasioni particolari; tra l’altro essendo artigianale la soddisfazione più grande per il padrone di casa, era quella di offrire qualcosa di proprio il cui “brevetto” era personale. Avere una buona “MADRE” era un privilegio e la stessa veniva tramandata come una eredità. Tutt’oggi il Vinsanto si diversi-fica a volte anche nella stessa cantina dove ogni caratello ha il suo vinsanto. Diversi il colore, il quadro aromatico, la densità, la struttura, la tonalità di dolce, il nerbo acido. Il vinsanto non è un modo per fare fatturato e soldi, se viene prodotto per questo scopo non sarà mai grande ma se il risultato fina-le deve essere la qualità allora non sarà importante quanto tempo, quanta energia, quan-to denaro sono occorsi per raggiungere il risultato. Questo straordinario vino si presenta in due differenti versioni: il "Vin
Santo” prodotto con uve a bacca bianca ed il "Vin Santo Occhio di Pernice”, ottenuto partendo da uve a bacca ros-sa. Produrre poco per ceppo e poco per ettaro, in vigneti ben realizzati, ben esposti, ben areati e ben coltivati, è re-gola sacrosanta. Vale per tutti i vini e soprattutto per il Vin-santo. Gli aromi varietali non sono riscontrabili nel vinsanto finito e quindi si può dire che in generale devono essere privi-legiate varietà che producano uve idonee all’appassimento, ben mature, con buccia resi-stente e con grappoli spargo-li. Dopo la raccolta i grappoli vengono portati nell’appas-sitoio per essere distesi in un unico strato e non troppo fitti sopra cannicci disposti su vari piani e sorretti da castelli di le-gno. L’appassimento dura sei mesi, durante i quali l’uva non viene mai toccata per nessun motivo. Unica variante alle tecniche antiche, sicuramente migliorativa, è l’utilizzo di pres-se pneumatiche, che sono an-date a sostituire i vecchi torchi a vite. La quantità di mosto che si ottiene non supera mai il 15% dell’uva fresca e contie-ne una percentuale altissima
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 674
spec
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Tosca
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Campanile di Montefollonico
Vinsanto
di zuccheri(55%-60%). Dopo circa due mesi, al termine del-la naturale decantazione, il mosto viene messo nei cara-telli, piccole botti generalmen-te di rovere di circa 50 litri. I caratelli non sono a perdere, come le barrique. Durano fin-chè non evidenziano difetti di profumo e finchè sono in gra-do di tenere. Questi vengono riempiti solo per 9/10 del loro volume, con 2 litri di madre (sedimento scuro e denso che si trova, ben diviso dal Vin-santo, sul fondo dei caratelli e che contiene famiglie di fer-menti specializzati a vivere ed a moltiplicarsi in un composto così ricco di zucchero) e 43 di mosto. I caratelli vanno chiu-si subito dopo il riempimento ,poi non si toccano più per 10 anni. Infine arriva il giorno del-la loro apertura. Di solito nel
mese di maggio, a fine luna calante, quando il mosto nuo-vo si è sufficientemente pulito. È questo un gran giorno per-ché ripaga della lunga attesa.Attesa che in Toscana il co-mune di Torrita di Siena ha vo-luto esaltare portando avanti da ormai sei anni una Mani-festazione dove il VINSANTO è il protagonista in assoluto. È il Borgo Medievale di Mon-tefollonico che con le sue vie strette e contorte, le sue case basse e rustiche, accoglie il visitatore e regala nei tre gior-ni di dicembre, comprensivi dell’8, momenti autentici e ge-nuini della Toscana e dei suoi prodotti. In questo periodo la vita del paese si anima con varie at-tività: tavole rotonde, semina-ri, gemellaggi con vini euro-pei, degustazioni guidate dai
sommelier della Delegazione
FISAR Valdichiana, il Concor-
so “Il miglior Vin Santo fatto
in casa”. Questa particolare
competizione, unica nel pa-
norama nazionale, è aperta a
tutti quei produttori che fanno
Vin Santo per piacere, tradi-
zione, hobby ma non lo com-
mercializzano.
Un produttore di Montefol-
lonico però che ha investito
nella sua Azienda vitivinicola
amore, passione, interessi, è
Vittorio Innocenti le cui canti-
ne si trovano a Montefolloni-
co in locali che risalgono alla
fine del XIII secolo ed il cui
vino e senza dubbio il suo Vin
Santo trovano l’ambiente otti-
male per l’invecchiamento ed
affinamento.
speciale Toscana
®
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 676
spec
iale
Tosca
na
Si, perché dopo il Duo-
mo, Piazza del Campo,
S. Domenico, la Casa
di Santa Caterina e poi e poi…
ci sono anche, per il palato, le
delizie senesi.
A Siena infatti l’arte dolciaria
ha origini molto antiche, legate
prevalentemente a ricorrenze
religiose e festive ed intorno
alle quali il tempo ha creato
storie e leggende.
Il dolce senese che ha radici
più lontane è sicuramente il
Panforte che nell’anno 1000
si presenta come focaccia
preparata con farina di grano,
miele e frutta secca. A quel
tempo veniva chiamato Pane
Natalizio o Pane Aromatico.
La preparazione era opera de-
gli speziali, farmacisti dell’epo-
ca, e solamente i nobili, i ricchi
ed il Clero avevano la possi-
bilità di gustare questo dolce
che conteneva droghe e spe-
zie costosissime per quei tem-
pi e quindi simbolo di prestigio
e potere. Con il passare del
tempo il Panforte o Panpepato
non ha subito sostanziali mo-
difiche fino a quando nel 1879
la Regina Margherita andò in
visita alla città di Siena.
Per l’occasione lo speziale
preparò un panforte senza le
conce di melone e con una
copertura di zucchero anziché
I dolci senesia cura di Emma Lami
Andare in visita alla città di Siena ed aggirarsi tra i vicoli,le strade, le piazze di questa città così magica non si possono non sentire nell’aria gli odori
e gustare con il pensiero i sapori dei dolci tipici senesi.
Cantucci
Copate senesi
Cavallucci
Panforte
Ricciarelli
Dol
ci
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 77
speciale Toscanadi pepe nero. I senesi lo offriro-
no alla Regina come Panforte
Margherita e tutt’oggi è noto e
commercializzato con questo
nome.
Intorno ad un dolce così antico
non potevano non sorgere leg-
gende e ci piace riportare quella
legata ad una storia romantica.
Sembra che l’aggiunta delle
spezie alla base del dolce sia
dovuta a Suor Ginevra chiusasi
in convento per amore.Un gior-
no mentre era intenta alla pre-
parazione del Panmelato, sentì
giungere dalla strada la voce
del fidanzato, Messer Giannetto
da Perugia che credeva morto.
Per l’emozione cominciò a but-
tare in modo incontrollato nel
consueto impasto, frutta secca,
canditi, spezie e pepe creando
un dolce dal gusto piccante e
dall’intenso profumo.
La consuetudine della produ-
zione del panforte e di altri dol-
ci ad opera dei farmacisti sarà
continuato nei secoli dalle più
antiche farmacie di Siena come
Parenti, Sapori, Pepi che da-
ranno vita alle industrie dolciarie
più importanti della città. Non
meno prelibati sono i Riccia-
relli fatti di mandorle, zucche-
ro, albume d’uovo.
Anche per essi c’è una leggenda
la quale racconta che fu un se-
nese, Ricciardetto della Gherar-
desca, ad introdurre questi dolci
nel suo castello vicino Volterra al
ritorno dalle Crociate ed il nome
Ricciarello sembra derivare dal-
la originaria forma “arricciata”
delle babbucce dei sultani che
egli aveva visto in Terra Santa.
Oggi i dolci hanno forma a lo-
sanga e li possiamo trovare ri-
coperti anche di cioccolato.
Vanno annoverati poi i Caval-
lucci, dall’impasto molto con-
sistente, aromatizzato con spe-
zie e arricchito di noci e canditi
raffinati. Si possono trovare già
ai tempi di Lorenzo il Magnifico
con il nome di Biriquocoli e solo
con il tempo presero il nome di
cavallucci perché venivano of-
ferti soprattutto nelle osterie di
campagna, dove si fermavano
diligenze e barrocci, ai condu-
centi dei cavalli ed ai passanti.
Rimane tra i dolci più caratte-
ristici la Copata Senese che,
pur essendo meno conosciuta,
è una vera squisitezza. Det-
ta anche Cupata (dall’arabo
qubbiat-mandorlato) è un anti-
chissimo piccolo dolce rotondo
a base di croccante preparato
con miele, noci, anice e rac-
chiuso tra due ostie.
Per ultimi vogliamo presentare i
Cantucci, che a onor del vero
sono nati a Prato come biscotti
quando alcune massaie, deci-
sero di impastare con le chiare
delle uova avanzate da altri dol-
ci anche le noci tritate. Il can-
tuccio è diffusissimo in Toscana
e particolarmente a Siena dove
l’accostamento tradizionale”
cantucci e Vin Santo” è ritenuto
uno dei modi migliori per com-
pletare un buon pasto, anche
se tecnicamente questa "abbi-
nata” non rientra nei canoni del
servizio dei vini.
Siena - Torre del Mangia in Piazza del Campo
Senesi
Enoteca Italiana a cura di Nicola Masiello
Abbiamo incontrato il dott. Galletti a Sienain una delle suggestive sale della Enoteca Italiana
ed a lui abbiamo rivolto alcune domande sulla nascitae lo sviluppo di questo luogo “sacro” per la storia del Vino
che, all’interno, si racconta da sé attraverso le bottiglie che costituiscono al tempo stesso documento
determinante, patrimonio, risorsa cui poter attingere.
Presidente, a quan-
do possiamo far
risalire la nascita
dell’Enoteca Italiana?
L’Ente Vini - Enoteca Italiana
è nata dalla preesisten-
te “Mostra Mercato dei Vini
Tipici”, la prima manifestazio-
ne che nel 1933 riuniva nella
Fortezza Medicea di Siena,
nel 1933 tutta la produzio-
ne vitivinicola nazionale. Solo
nel 1950, il Presidente del-
la Repubblica lo riconosce
come Ente Autonomo Mostra
Mercato Nazionale dei Vini a
Denominazione di Origine e
di Pregio che nel 1960 si tra-
sforma in Enoteca Pubblica
Nazionale ed accoglie, cata-
loga e promuove il patrimonio
enologico italiano con la sua
storia e le sue tradizioni.
L’obiettivo è quello di con-
tribuire alla diffusione di una
vera “cultura del vino”, evi-
denziandone i legami, oltre
che col mondo economico,
anche con la gastronomia
e con l’alimentazione, lavo-
rando in stretto contatto con
tutte le realtà produttive del
settore e collaborando con
le principali autorità istituzio-
nali, con importanti case edi-
trici, con Associazioni private
quali l’A.I.S, Assoenologi, la
F.I.S.A.R. il Gambero Rosso,
Slow Food…, con i centri di
ricerca scientifica e di spe-
rimentazione nazionali, con
le Università e l’Accademia
Italiana della Vite e del Vino.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 678
spec
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Tosca
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Fabio Carlesi Segretario Generale
Claudio GallettiPresidente
Eno
teca
Quali Manifestazioni
l’Enoteca ha promosso
in proposito?
Nell’anno della sua istituzio-
ne nasce la Manifestazione:
le “Settimane dei Vini” che
rappresenta tutt’oggi il più
importante appuntamento di
“filiera” dell’anno vitivinicolo
italiano ed è madrina, negli
anni, di altre attività formati-
ve e divulgative quali “Vino e
Turismo”, riservata agli opera-
tori esteri, “I Salotti dell’Agro-
alimentare Tipico”, “I Sapori
delle Regioni”, tutte miranti
alla conoscenza ad alla va-
lorizzazione del patrimonio
agroalimentare tipico Italiano.
Importante è stato tra l’altro il
suo ruolo di coesione tra le al-
tre Enoteche italiane ed il suo
contributo attivo alla definizio-
ne sulla legge riguardanti le
“Strade del vino” ed alla prima
organizzazione sul territorio
delle stesse.
E fuori dell’Italia quale
compito ha svolto?
Dal 1986, in collaborazione e
con i contributi del Ministero
delle Politiche Agricole,
Alimentare e Foreste, l’Ente
ha esteso il proprio ruolo e
le proprie funzioni istituzionali
all’estero e dal 1989 l’attività
di valorizzazione dei vini a Doc
e Docg, è stata svolta senza
interruzioni, consentendo di
sviluppare un programma di
informazione e valorizzazione
della produzione italiana at-
traverso seminari ed incontri
realizzati in Paesi Europei ed
Extraeuropei.
Può sintetizzarci quali
obiettivi e finalità l’Enoteca
nel suo “essere”
si prefigge oggi?
Il nostro principale obiettivo
oggi è far conoscere sia nelle
attività all’interno dell’Enote-
ca, che nelle principali ma-
nifestazioni di settore in Italia
e all’estero, la qualità dei vini
e dei prodotti agroalimentari
strettamente rapportati alle
origini attraverso materiale
stampato ed audiovisivo con
personale specializzato e con
la collaborazione dei più qua-
lificati tecnici ed esperti del
settore.
I contatti quotidiani con il con-
sumatore, il turista italiano e
straniero, nonché con gli ad-
detti ai lavori, quali sommelier,
ristoratori, albergatori, gior-
nalisti, esperti ci permettono
di sviluppare una importante
funzione didattica sulle D.O.
allo scopo anche di un conso-
lidamento e di una estensione
delle stesse.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 79
speciale ToscanaItaliana
Tra l’altro nel nostro quadro di
potenziamento oltre che par-
tecipare a mostre e fiere del
settore abbiamo in program-
ma attività quali:
Organizzazione di corsi di for-
mazione in Italia e all’estero,
- work shop,
- creazione di itinerari
del gusto,
- offerta di consulenza per
l’istituzione di Enoteche,
pubbliche e private,
- creazione e realizzazione di
progetti e contenuti a livello
nazionale ed internazionale,
affinchè i prodotti tipici e di
pregio siano avvalorati da
apposita documentazione
e siano pubblicizzati con at-
tività tese a sensibilizzare i
consumatori e gli operatori.
Quale affluenza di visitatori
si può riscontrare?
L’Enoteca mediamente con-
ta circa 5.000 presenze al
mese che nei sotterranei della
splendida cinquecentesca for-
tezza medicea hanno modo di
trovare vini e materiale infor-
mativo utile ad approfondire la
realtà produttiva vitivinicola.
Inoltre tutti i contenuti e i dati
della mostra permanente
“Parladivino”, qui collocata,
possono essere trovati sul
portale dell’Enoteca Italiana,
che riceve circa 16.000 visi-
tatori unici al mese. Questo
nuovo sistema dà l’opportuni-
tà di fare un giro virtuale attra-
verso l’Italia del Vino e ricevere
tutte le possibili informazioni
che vanno dai vitigni tipici alle
schede tecniche dei vini, dal
prezzo sul mercato agli abbi-
namenti con i cibi.
Al giorno d’oggi, in cui
ci giungono sempre più
notizie allarmanti sull’uso
dell’alcol da parte dei
giovani, in che modo avete
operato?
L’Enoteca Italiana ha realiz-
zato in proposito un Progetto
Speciale interamente dedicato
al rapporto “Vino e Giovani”
volto a conoscere, approfon-
dire e ipotizzare, attraverso
una educazione corretta ed
equilibrata, possibili iniziative
necessarie ad arginare questo
problema.
Quale rapporto avete con
lo sport?
Nell’ambito delle attività spor-
tive abbiamo avuto la possibi-
lità di operare come supporto
alle attività del Ministero delle
politiche agricole alimentari e
forestali in occasione di eventi
internazionali.
Nello specifico, in questo ul-
timo anno, Enoteca Italiana è
stata presente alle Olimpiadi
invernali di Vancouver presso
Casa Italia, alla Maratona di
Madrid, allo Stand F.I.D.A.L.,
ai mondiali di Calcio in Sud
Africa presso Casa Azzurri
dove in accordo con il Mipaaf
è stato organizzato e gestito lo
spazio di promozione “Italian
Food, The Natural Winner”.
Da non sottovalutare la par-
tecipazione all’Esposizione
Universale di Shanghai 2010
in Cina, dove l’Ente ha costi-
tuito tre anni fa, una società
di diritto cinese, la “Enoteca
Yshang”.
A seguito infatti di un accordo
con il Commissariato Generale
del Governo per l’Esposizione
Universale di Shanghai 2010,
l’Enoteca Italiana ha la respon-
sabilità di curare la presenza di
tutte le regioni italiane nell’am-
bito delle attività di promozio-
ne del settore agroalimentare,
organizzando incontri, conve-
gni, work shop.
Al termine della nostra visi-
ta ringraziamo il dott. Galletti
della sua disponibilità e lascia-
mo a questo articolo ed alle
immagini il compito di pre-
sentare l’Enoteca Italiana che
ci lascia con un invito di visita
personale.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 680
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 81
speciale Toscana
Strada del Vino Nobiledi Montepulciano
a cura dell'Ufficio Stampa di Strada del Vino Nobile di Montepulciano
Chi siamoLa Strada del Vino Nobile di
Montepulciano nasce l’8 apri-
le 1998 - seguendo le norme
della Legge Regionale n.69/96
per la disciplina delle Strade
del Vino in Toscana - come
strumento operativo ai fini del-
la promozione del territorio del
Comune di Montepulciano,
area a vocazione vitivinicola
ma anche ricca, per la pluri-
secolare storia, di tradizioni di
grande rilevanza culturale.
Sono tre le denomina-
zioni valorizzate dalle no-
stre attività: Vino Nobile di
Montepulciano DOCG, Rosso
di Montepulciano DOC e
Vinsanto di Montepulciano
DOC. Nella stessa area di pro-
duzione sono inoltre presenti
altre denominazioni importan-
ti come Chianti Colli Senesi
DOCG e Bianco Vergine
Valdichiana DOC.
L’associazione conta attual-
mente 116 soci - tra aziende
vitivinicole, enoteche, alberghi,
agriturismo, ristoranti, terme,
Enti Locali e altre associazioni
culturali - distribuiti su un ter-
ritorio compreso interamente
nel comune di Montepulciano,
sui colli che separano Val di
Chiana e Val d’Orcia.
AttivitàCome da Statuto l’associa-
zione opera in prevalenza nel
campo della promozione del
territorio e del prodotto eno-
gastronomico ed agroalimen-
tare, con l’obiettivo di offrire
ai visitatori di ogni parte del
mondo, la possibilità di cono-
scere e “gustare” le eccellen-
ze del nostro territorio, grazie
all’esperienza del personale
e alla rete di contatti acquisiti
dalla nascita dell’associazione
ad oggi.
Ufficio Informazioni e prenotazioniLa nostra sede operativa è
l’Ufficio Informazioni a Palazzo
del Capitano, in Piazza
Grande - centro nevralgico
della città di Montepulciano
Montepulciano, Palazzo del Capitano del PopoloMontepulciano, Piazza Grande
Mon
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lcia
no
– aperto tutto l’anno presso il
quale vengono svolti servizi di
informazione e prenotazione
gratuiti per il visitatore al qua-
le si apre una vasta scelta di
possibilità per la scoperta del
territorio: attività, itinerari, visi-
te del territorio, nelle aziende e
nelle cantine storiche, ricerca
di alloggio presso le struttu-
re ricettive, degustazioni dei
prodotti, prenotazioni presso
ristoranti e le terme.
Dal 1998, anno di nascita
dell’associazione, sono state
date risposte a circa 420.000
turisti e visitatori di varie nazio-
nalità che si sono rivolti presso
il nostro Ufficio Informazioni.
Sito internetTutte le informazioni sulla
Strada del Vino Nobile e i sui
associati sono a disposizione
in italiano e in inglese sul no-
stro sito:
www.stradavinonobile.it, che
dall’inizio della sua attività
online è attivo dal 2004 - ha
ottenuto circa 2milioni visite.
Attraverso il sito è possibile ri-
chiedere informazioni sulle no-
stre proposte tramite appositi
moduli di richiesta.
Altre attiviàSempre nell’ambito della pro-
mozione del territorio della
DOCG e degli altri prodotti ti-
pici, la nostra associazione si
occupa di:
1. organizzare e coordina-
re eventi come “Cantine
Aperte” a maggio, “Calici di
Stelle” ad agosto;
2. programmazione e parte-
cipazione insieme ad altre
associazioni locali per la
promozione di un calenda-
rio unico degli eventi annuali
all’interno del territorio co-
munale;
3. partecipare a Fiere e Borse
del turismo, nazionali ed in-
ternazionali;
4. creare itinerari tematici per
favorire la conoscenza delle
aziende e il prodotto vitivini-
colo, oleario, agroalimentare;
5. organizzare attività didatti-
che, corsi di degustazione
di vino e olio,di cucina;
6. suggerire escursioni in città
e nei borghi e delle aree li-
mitrofe di maggior interesse
storico/artistico/naturalistico;
7. prenotare su richiesta guide
e altre attività (anche in lin-
gua straniera) della città e
del territorio.
Standard minimiDi propria iniziativa, la Strada
del Vino Nobile, indica e con-
trolla che vengano rispettati gli
standard minimi di qualità dei
servizi erogati dalle aziende
associate, dettati dai regola-
menti regionali, per tutelare
coloro che scelgono il nostro
circuito enoturistico, e garan-
tisce l’erogazione di servizi di
elevata qualità sia presso il
centro informazioni che nelle
aziende associate.
Centro espositivoDal 2005 la Strada del Vino
Nobile dispone anche di una
sala espositiva, “Le Logge
della Mercanzia”, adiacente
all’ufficio Informazioni, dedi-
cata all’allestimento di mostre,
convegni e attività di formazio-
ne. Attualmente presso la sala
è ospitata la seconda sezio-
ne della mostra “Macchiaioli
a Montepulciano - capola-
vori e inediti privati”, fino al
31/3/2011. Dal 26/4 al 30/9
hanno visitato la mostra circa
12.500 persone.
Per maggiori informazioni:Associazione Strada del Vino Nobile di Montepulciano Piazza Grande n.753045 Montepulciano (SI) Tel. 0578 717484Fax 0578 [email protected]
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 682
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 83
speciale Toscana
Federico Carletti e il Consorzio del Vino
Nobile di Montepulciano a cura di Claudio Zeni
La storia di Montepulciano è da sempre intimamente legata alla fama delle sue vigne
e del suo vino come testimoniano (caso unico in Italiae nel mondo) le cantine secolari presenti nel centro storico della cittadina toscana.
Tale legame è confer-mato anche dai do-cumenti che nel 790
d.C. attestano la donazione di un vigneto alla chiesa e dal-la testimonianza del Repetti (“Dizionario storico e geogra-fico della Toscana”) che cita un documento del 1350 in cui sono stabilite le clausole per il commercio e l’esportazione del Vino di Montepulciano. Sante Lancerio (1530), botti-gliere di Papa Paolo III, definì il vino di Montepulciano “vino perfectissimo” mentre celebre è il ditirambo di Francesco Redi che nella sua opera “Bacco in Toscana” (1685) scrive “Montepulciano d’ogni vino è Re”. Una recente ricerca ha consentito di far risalire al 1787 la denominazione ufficiale di Vino Nobile di Montepulciano utilizzata in una “nota spe-
se” da Giovan Filippo Neri, Governatore del Regio Ritiro di S. Girolamo, storica istituzione di Montepulciano, per un viag-gio a Siena, anche se solo il 12 luglio 1966, è stato emanato il Decreto del Presidente della Repubblica che ha riconosciu-to la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) “Vino Nobile di Montepulciano”, regolamentandone la pro-duzione, mentre dal 1 luglio 1980 il “Nobile” si è fregiato
del più importante riconosci-mento, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.), che lo ha classi-ficato tra i vini più prestigio-si d’Italia. Con l’obiettivo di tutelare e promuovere l’im-magine del Vino Nobile di Montepulciano in Italia e nel mondo e, successivamente, anche quella del Rosso e del Vin Santo, è nato nel 1965 il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, che annovera
Federico Carletti Presidente del Consorziodel Vino Nobile di Montepulciano
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 684
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na attualmente ben 230 soci (gli imbottigliatori soci sono 70) rappresentando oltre il 90% della superficie vitata. Attuale presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano è Federico Carletti, titolare dell’azienda ‘Poliziano’, la cui famiglia ebbe i primi contatti con il mondo della viticoltura nel 1961, quando suo padre Dino acquistò 22 ettari di ter-reno, dove impiantò i primi vi-gneti specializzati della zona. “A suggerire a mio padre quell’investimento furono ra-gioni più di cuore che econo-miche, dettate dal desiderio di mantenere vivo il contatto con i luoghi della sua infanzia e con la cultura della propria terra di origine – esordisce Federico Carletti - quel legame, più che produrre immediati risultati nella gestione dell’azienda, in-fluì soprattutto sulle mie scelte formative, che mi portarono a Firenze, dove mi laureai in agraria nel 1978”. Alla fine del 1980, in un momento delica-to a causa della crisi econo-mica e del calo dei consumi, Carletti decise di accettare la sfida e assunse la direzio-ne dell’azienda ‘Il Poliziano’, impostando una nuova e più moderna filosofia produttiva, secondo la sua personale vi-sione dell’agricoltura. “Da su-bito, la passione per l’arte del ‘fare il vino’ mi spinse a con-frontarmi con le tecniche più avanzate in uso nella viticoltu-ra e nell’enologia internaziona-le, creando un dialogo sempre più stretto e proficuo con gli
specialisti del settore e con i colleghi produttori del Chianti Classico – continua Carletti - decisiva, all’inizio, fu l’ami-cizia e la collaborazione con Carlo Ferrini, mio compagno di studi all’Università, insieme ai preziosi consigli di Maurizio Castelli, autentico maestro nei miei primi passi nel mondo del vino. Ben presto compresi che il rinnovamento dell’azienda poteva avvenire solo attraver-so la sintesi fra le migliori co-noscenze tecniche, il coraggio e la creatività. Il risultato della combinazione di questi ingre-dienti è la nuova viticoltura di Poliziano, grazie alla quale da almeno un decennio i no-stri vini, rigorosamente basati sul Prugnolo Gentile, sanno assumere uno stile interna-zionale di grande piacevolez-za, pur mantenendo un forte legame con il loro territorio d’origine”. In merito alla ven-demmia 2010 il presidente del Consorzio precisa: “Previsioni ottime, frutto di uve sanissi-me con produttori che hanno puntato più sulla qualità che sulla quantità”. Un vino quel-lo prodotto a Montepulciano destinato per il 68% della produzione ai mercati este-ri, per i quali il Consorzio sta focalizzando l’obiettivo verso il mercato orientale. “È vero – continua Carletti – dopo avere costantemente aumen-tato l’export verso Germania, Stati Uniti e Svizzera, il no-stro prossimo obiettivo sa-ranno Cina e Giappone, dove ci presenteremo insieme al
Chianti Classico e al Brunello,
come i ‘The Three Tuscan
Masters’, i tre maestri tosca-
ni. È indispensabile, infatti, il
gioco di squadra: dobbiamo
ricompattarci a livello promo-
zionale e commerciale sotto il
made in Italy e il forte appeal
che sta avendo la dieta me-
diterranea. Un altro mercato
per il quale crediamo molto è
quello dell’est europeo, ovve-
ro della Russia”. Sulle recenti
modifiche apportate al disci-
plinare di produzione del Vino
Nobile, Carletti conclude: “Gli
adeguamenti riguardano di-
versi aspetti, a partire dal ridi-
mensionamento del ruolo del
Canaiolo in quanto non risulta
il vitigno di riferimento per la
produzione del Nobile, ormai
una pratica da tempo abban-
donata per la produzione dei
rossi locali, ma necessaria per
la produzione del Vin Santo
di Montepulciano. Resta in-
variata la percentuale minima
di Sangiovese, con un minimo
del 70% fino ad un massimo
del 100%. Sono semplifica-
te, inoltre, le norme che di-
sciplinano l’utilizzo dei vitigni
complementari lasciando così
maggiore flessibilità ai pro-
duttori negli anni a venire. La
convinzione del Consorzio è,
comunque, quella che a con-
notare il vino a Montepulciano
debbano essere sempre più il
territorio, la serietà dei produt-
tori e la trasparenza verso la
clientela”.
Montepulciano
Vino nobile di Montepulciano Docg:
Riconoscimento con D. M. 185
del 9 Agosto 1999.
Titolo alcolometrico minino 12,50%.
Messa in commercio a partire dal mese
di Gennaio del terzo anno solare successivo
alla vendemmia.
Vino Nobile di Montepulciano Docg
Riserva:
Titolo alcolometrico minimo 13.00%.
Messa in commercio a partire dal mese
di Gennaio del quarto anno solare successivo
alla vendemmia.
Rosso di Montepulciano doc:Titolo alcolometrico minimo 11.50%.Messa in commercio a partire dal mesedi Marzo successivo alla vendemmia.
Vin santo di Montepulciano Doc:Titolo alcolometrico minimo 17.00% di cui almeno il 2% da svolgere.Tipologie:
Vinsanto di Montepulciano Doc Invecchiamento minimo in legno 3 anni.
Vinsanto di Montepulciano Doc Riserva invecchiamento minimo in legno 5 anni.
Vinsanto di Montepulciano Doc “occhio di pernice” ottenute da uve a bacca rossa, invecchiamento minimo in legno 8 anni.
Montepulciano e le sue denominazioni:
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 85
speciale Toscana
Montepulciano
San GimignanoIl Consorzio
della Denominazione San Gimignano
ufficio stampa del consorzio
Il consorzio della Vernaccia di San Gimignano nasce nel 1972 da un gruppo di attenti produttori
di Vernaccia, consapevoli dell’utilità e della necessità di un’aggregazione per una corretta
gestione della denominazione.
Un’avventura a car-
attere privato, ma i
cui effetti positivi si
riversarono poi su tutto il ter-
ritorio del Comune di San
Gimignano.
Fin dalla nascita il Consorzio
aveva ben chiari gli scopi per
cui veniva fondato e tali scopi
ha perseguito con tenacia nel
corso degli anni: valorizzazi-
one e difesa dell’immagine dei
vini, promozione del marchio,
ricerca e sviluppo della qualità
dei prodotti.
Proprio il lavoro attento e mira-
to del Consorzio ha permesso
di portare la DOC Vernaccia di
San Gimignano al riconosci-
mento nel 1993 della DOCG e
nel 1996 alla nascita della DOC
Rosso di San Gimignano.
Ancora oggi l’impegno princi-
pale del Consorzio è volto alla
valorizzazione dell’immagine
e dell’identità dei vini di San
Gimignano, alla realizzazione
di iniziative commerciali e di
marketing che incrementino la
diffusione in Italia e all’estero
della Vernaccia di San
Gimignano e del Rosso Doc,
al controllo, al monitoraggio
ed al miglioramento qualitativo
generale della produzione sia
delle uve che del vino.
In questi ultimi anni il
Consorzio in collaborazione
con l’università di Firenze ha
intrapreso un lungo e comp-
lesso lavoro di selezione
clonale del vitigno che ha già
portato all’omologazione di
10 nuovi cloni di Vernaccia.
Attualmente sono allo studio
altri 5 nuovi cloni.
In contemporanea nel 2004,
sempre in collaborazione con
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 686
spec
iale
Tosca
na
San Gimignanol’università di Firenze, è stato
avviato un progetto di ric-
erca che ha come scopo la
definizione del profilo sensori-
ale del vino Vernaccia di San
Gimignano. L’intento è indi-
viduare gli attributi, con le rela-
tive intensità, che descrivono
l’impronta sensoriale su cui
è basata la riconoscibilità del
vino da parte degli utilizzatori
(identità sensoriale).
Il progetto è stato articolato in
modo da fornire al Consorzio
di Tutela le metodologie, i me-
todi e gli strumenti per realiz-
zare, in autonomia, tutte le
attività necessarie per la de-
scrizione del profilo di identità,
per la valutazione dei campio-
ni, per la verifica delle perfor-
mance dei panel interni.
Tradizione e innovazione sono
fuse in un unico progetto che
permette di guardare avanti e
progettare il lavoro in vigna e
in cantina in chiave sperimen-
tale, puntando a produzioni
di qualità, concorrenziali ed
innovative senza per questo
smarrire una preziosa ed unica
identità che ha radici lontane
nel tempo.
Il territorioIl territorio di produzione delle
Denominazioni tutelate ricade
interamente all’interno del
Comune di San Gimignano,
collocato nella parte nord-
ovest della provincia di Siena,
nel cuore della Toscana. È un
territorio interamente collinare
collocato tra i 200 ed i 500 m
s.l.m., i suoli sono di origine
pliocenica, risalenti a 6,8- 1,8
milioni di anni fa.
La superficie del Comune
di San Gimignano è di circa
12.500 ha dei quali 5.607
destinati a produzioni agri-
cole (vite, olivo, cereali). Quella
destinata a vigneto è di 1.930
ha dei quali 815 destinati alla
produzione di Vernaccia di
San Gimignano e circa 100
destinati alla produzione di
San Gimignano Rosso e San
Gimignano Vin Santo.
È un’area caratterizzata da un
clima mediterraneo con estati
piuttosto siccitose, inverni non
particolarmente rigidi e piovo-
sità concentrate in due pe-
riodi: aprile-maggio e novem-
bre. La zona beneficia in tutti i
periodi dell’anno di una buona
ventilazioneI terreni destinati
alla produzione viticola sono
collocati ad una altitudine
compresa fra i 200 ed i 500 m
s.l.m.
I terreni destinati alla produzi-
one della Vernaccia di San
Gimignano sono quelli for-
matisi sui depositi pliocenici
marini e costituiti da sabbie
gialle (tufo) ed argille gialle che
risultano, a loro volta, spesso
stratificate su argille più com-
patte e presenti in profondità.
Inoltre sono terreni fortemente
caratterizzati dalla presenza di
sabbia e quasi privi di schelet-
ro, incoerenti, favorevoli quindi
alla penetrazione delle radici
delle piante. Sono general-
mente poveri di sostanza or-
ganica e grazie alla sabbia
risultano ben drenati. Proprio
la sabbia, il tufo, è l’elemento
pedologico caratterizzante dal
punto di vista viticolo-enolog-
ico per la sapidità che con-
ferisce ai vini che ne derivano.
Gli stessi terreni risultano ido-
nei anche alla produzione dei
vini San Gimignano Vin Santo
e Vin Santo Occhio di Pernice,
mentre i terreni con una mag-
gior presenza di argilla sono
quelli più idonei alla produzi-
one dei Vini San Gimignano
Rosso.
Le colline di San Gimignano,
pur nella loro comune origine
geologica e vocazione viticola,
presentano esposizioni, altitu-
dini, composizioni del suolo e
disponibilità idriche variabili. Le
molteplici, ed a volte uniche,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 87
speciale Toscana
San Gim
ignanocombinazioni di questi sin-
goli fattori determinano, an-
che su un’area così ristretta,
un’incidenza significativa sui
caratteri dei vini che vi si pro-
ducono, accentuandone ora
i caratteri fruttati o minerali
del bouquet, ora i caratteri
di sapidità del gusto, ora il
sapore di mandorla tipica
della Vernaccia nel retrogus-
to. Tanto che degustando e
comparando attentamente
i vini si possono individu-
are delle correlazioni con le
condizione pedologiche di
alcune aree omogenee, che
in futuro potranno fornire una
base oggettiva in un progetto
di zonazione.
Possiamo indicare
a grandi linee:
l’area di Pancole posta a
nord-ovest e che si svi-
luppa attorno all’abitato di
Pancole;
l’area del Poggio del Comune
posta ad ovest sulle pendici
del Poggio del Comune e
che si estende verso nord
sino a Pancole;
l’area di Santa Lucia/
Montauto posta a sud-est
tra le due località e che si es-
tende sino a Ranza;
l’area di Pietrafitta verso
est e che si estende ai lati
della vecchia strada che da
San Gimignano portava a
Poggibonsi;
l’area di San Benedetto pos-
ta a nord-est.
La VernacciaVitigno autoctono per ec-
cellenza, la Vernaccia è uno
dei vini più antichi d’Italia. Se
ne hanno documentazioni
storiche a partire dagli inizi
del 1.200 negli ‘ordinamenti
delle gabelle’ del Comune di
San Gimignano. E di grande
fama ha goduto fino al perio-
do rinascimentale, come di-
mostrano le innumerevoli cit-
azioni nelle opere dei grandi
artisti del periodo, da Dante
a Michelangelo Buonarroti
‘il giovane’, che la descrive
come il vino che “bacia, lec-
ca, morde, picca, punge”.
Altro primato della Vernaccia
di San Gimignano è quello
di essere stato il primo vino
in Italia a fregiarsi della DOC
nel 1966, a cui è seguita la
DOCG nel 1993.
Il disciplinare di produzione
prevede che il vino sia pro-
dotto in vigneti composti per
almeno il 90% dal vitigno
Vernaccia di San Gimignano,
consentendo una presenza
massima del 10% di altri
vitigni a bacca bianca non
aromatici. Con le migliori
uve selezionate si ottiene
la tipologia Riserva, per la
quale è previsto un periodo
di affinamento non inferiore
ad un anno in cantina (in ac-
ciaio o legno) ed un ulteriore
periodo di 4 mesi in bottiglia.
La resa per ettaro non deve
superare i 9.000 kg per et-
taro. La vinificazione delle
uve e l’affinamento del vino
debbono avvenire all’interno
dell’area di produzione.
I vigneti a Vernaccia occu-
pano una superficie di 815
ettari.
I produttori di Vernaccia sul
territorio sono 201, gli ettari
coltivati sono 815, con un
potenziale produttivo di 7,3
milioni di kg di uva, pari a 5,1
milioni di litri di vino. Nel 2004
la produzione di uva si è at-
testata sui 6,3 milioni di kg
per una produzione totale di
4,4 milioni di litri di vino (5,8
milioni di bottiglie).
Fanno parte del Consorzio
della Denominazione San
Gimignano 80 aziende
produttrici di Vernaccia, la
cui produzione nel 2004, è
stata di 2,9 milioni di litri (pari
al 65,90 % del totale).
San Gimignano Rosso e Vin SantoDa secoli si produce vino a
San Gimignano e non solo
Vernaccia. Anzi, la produzi-
one di vino rosso è sempre
stata superiore a quella del
bianco. Le fattorie di San
Gimignano da sempre sono
note ai commercianti di vini
per la qualità ed il carat-
tere dei vini rossi prodotti.
Partendo da questa realtà,
nel 1996 è stato formulato un
primo disciplinare di produzi-
one con il duplice intento di
dare visibilità e specificità ai
vini rossi e al Vin Santo pro-
dotti nell’area. La DOC così
nata si definiva come una doc
di ricaduta rispetto a quella
del Chianti Colli Senesi, ma
la sperimentazione, la ric-
erca delle aziende ed i vini
che ne sono scaturiti hanno
messo presto in evidenza
i limiti di tale disciplinare,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 688
spec
iale
Tosca
na
Vernaccia
portando velocemente ad una
sua variazione. A partire dalla
vendemmia 2003 i vini rossi
a Denominazione di Origine
Controllata San Gimignano
hanno un nuovo disciplinare di
produzione, completamente
innovativo, in quanto si pone
in una prospettiva di qualifica-
zione del marchio.
Alla base del nuovo disciplin-
are ci sono due convinzioni,
che il terroir di San Gimignano
caratterizzi in modo sensibile
e evidente i diversi vitigni e
che ogni vignaiolo sa da quali
terreni, da quali vigne, da quali
uve può ottenere, all’interno
della propria azienda, la miglior
qualità, i migliori vini. Sempre
nella ricerca di una maggiore
qualità il nuovo disciplinare
per il Rosso abbassa la resa di
produzione, definisce in modo
restrittivo rispetto al passato le
norme per la viticultura e sta-
bilisce un affinamento minimo
prima dell’immissione sul mer-
cato di 15 mesi, di cui almeno
7 in legno e 3 in bottiglia, a
partire dal 1°Gennaio succes-
sivo alla vendemmia.
La vinificazione e l’appassimento
delle uve, la conservazi-
one, l’invecchiamento e
l’affinamento dei vini deve
avvenire entro i confini am-
ministrativi dei Comuni di San
Gimignano, Poggibonsi e
Colle di Val D’Elsa.
La resa massima per et-
taro per le produzioni di San
Gimignano Rosso è di 5.600
lt per ha. Per il San Gimignano
Vinsanto è, dopo il periodo di
appassimento ed invecchia-
mento, di 3.500 lt per ha.
I produttori di San Gimignano
Rosso (nelle varie tipologie)
sono attualmente 80, gli ettari
coltivati sono 90 con un po-
tenziale produttivo di 720 mila
kg di uva, pari a 5000 hl di
vino. Nel 2004 la produzione
di uva si è attestata sui 506
mila kg per una produzione
totale di 3.540 hl di vino (470
mila bottiglie).
I produttori di San Gimignano
Vinsanto (nelle due tipologie)
sono attualmente 9, gli ettari
coltivati sono 6 con un poten-
ziale produttivo di 60 mila di
kg di uva, pari a 210 hl di vino
(28.000 bottiglie).
Nel 2004 la produzione di uva
si è attestata sui 36 mila kg per
una produzione totale di 126 hl
di vino (circa 16.800 bottiglie).
Fanno parte del Consorzio
della Denominazione San
Gimignano 30 aziende produt-
trici della doc Rosso di San
Gimignano, per una produzi-
one, nel 2004, di 3.000 hl (pari
al 82% del totale).
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speciale Toscana
La nostra delegazione nasce con il nuovo millennio grazie all'impegno di un gruppo di amici che, per la pura passione per un mondo affascinante ed
aperto alla creatività come quello dell'enogastronomia, decide di dare un senso concreto a quella che fino ad allora era solo una gran bella passione.Da allora, anche attraversando momenti critici, la delegazione è cresciuta e, grazie ai corsi per sommelier organizzati nel tempo, è riuscita a creare intorno a se un bel gruppo di appassionati di questo mondo cosi affascinante.Il nostro gruppo servizi è piuttosto nutrito e, quello che più conta, sempre alla ricerca della perfezione nel servizio e di una professionalità sempre più avanzata.Le attività si sviluppano soprattutto nell'organizzazione di serate di degustazione a tema, che vanno dalle più classiche serate sui monovitigni, agli inconsueti abbinamenti con il gelato, all'organizzazione di gite con visite alle cantine più prestigiose, ed al nostro fiore all'occhiello che è l'organizzazione a Poggibonsi di Calici di stelle, manifestazione giunta all’ottava edizione che ha
riscosso tutti gli anni un successo crescente.Per il futuro contiamo di incrementare tutti gli aspetti della vita di delegazione con maggior impegno alla formazione di nuovi sommelier, sempre più professionali, competenti e motivati, questa infatti è la linfa vitale che ci garantisce un futuro di crescita e di soddisfazioni.
La delegazione Antica Terraa cura di Franco Aiazzi della delegazione di Poggibonsi
Vern
acci
aI lieviti della Vernaccia
Ufficio Stampa Consorzio della Denominazione San Gimignano
Con la prossima vendemmia il Consorzio della Denominazione di San Gimignano dà il via ad un nuovo progetto di ricerca scientifica:
questa volta protagonisti saranno i lieviti della Vernaccia
A San Gimignano è iniziato il conto alla rovescia per la ven-
demmia, che quest’anno si prevede nella norma. È comunque presto per fare previsioni attendibili, il mese di agosto è solo a metà ed è fondamentale per la cor-retta maturazione delle uve; l’unico dato certo, a fronte di un avvio di stagione di-sturbato da piogge e basse temperature, è un regolare andamento dell’invaiatura, iniziata per le uve precoci negli ultimi giorni di luglio. Ottime ed estremamen-te utili per una corretta ed equilibrata maturazione delle uve sono le escursio-ni termiche tra il giorno e la notte di questa prima par-te di agosto. Il buon anda-mento climatico del mese
di luglio, soleggiato e venti-lato, ha notevolmente con-tribuito a preservare lo stato sanitario delle uve, messo a dura prova da una prima-vera ballerina ed un incerto avvio dell’estate. Dal punto di vista quantitativo vi sono situazioni produttive contra-stanti, con aziende che sti-mano un calo di produzio-ne, determinato dalle bas-se temperature che hanno condizionato l’allegagione, ed altre che ne prevedono un incremento. In attesa della vendem-mia, il Consorzio del-la Denominazione San Gimignano sta mettendo a punto un nuovo pro-getto di ricerca scientifica ad essa collegato, Lievita Selezione Italica, grazie ad un accordo stipulato con la
ditta Oliver Ogar, cofinan-ziato dal MIUR: l’obiettivo è quello di selezionare i lie-viti ecotipici presenti nelle uve della Vernaccia di San Gimignano, a tutela della tipicità della docg e della caratterizzazione dei vini. L’innovazione del progetto consta nella possibilità di produrre specifici lotti di lie-vito isolati da una determi-nata zona, area e produtto-re, arrivando all’ottenimen-to di Lieviti Secchi Attivi. Dopo avere individuato le aree di campionamento delle uve, selezionate in modo che rappresentino tutto il territorio di produ-zione, quindi in zone signifi-cativamente diverse tra loro per localizzazione e moda-lità di coltivazione, la prima fase del progetto consta
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nella selezione dei lieviti autoctoni dalle uve di questa vendemmia, per individuare i vari ceppi e le loro carat-teristiche più rilevanti nel processo di vinificazione. La fase successiva prevede un intervento diretto del Consorzio per individuare i ceppi più interessanti, che verranno poi testati nel corso della vendemmia del 2011 con vinificazioni sperimentali, la cui valutazione porterà al risultato finale, la produzione industriale di lieviti secchi attivi con particolari caratteristiche utiliz-zabili dalla vendemmia 2012.
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speciale Toscana
Organigramma Consorzio della Denominazione San GimignanoIl Consiglio di Amministrazione è composto da 13 membri e rappresenta tutte le categorie produttive.Presidente: Letizia CesaniVicepresidenti: Ivaldo Volpini, Lucia MiglioriniConsiglieri: Andrea Giannelli, Vittorio Pollina, Sabrina Niccolai, Andrea Valiani, Nadia Betti, Giovanni Marzagalli, Giovanni Panizzi, Davide Ancillotti, Giuseppe Bicocchi, Fernando CiappiDirettore: Walter Sovran
Passione Palioa cura di Senio Sensi
“Tutto fuorché logica, coerenza e lealtà, il Palio è una squisita e sottile passione.
È il calore della vendetta senza guerra, è orditura di trame delicate e sofisticate, è speranza e
rassegnazione, illusione e delusione, sogno e dura realtà”.
“Chi non ha veduto Siena non cono-sce bene l’Italia”
scriveva Niccolò Tommaseo: è un’iperbole, che fa piacere ai senesi, ma contiene anche al-cune verità.Siena riassume molte virtù del nostro Paese e non c’è bisogno di citare Santi e Papi o grandi artisti che qui ebbero i natali, tanto sono noti, per confermare
questo assunto.La città offre un florilegio di ope-re d’arte, spesso ben conser-vate, ma è la stessa struttura urbanistica severamente delimi-tata e prodigiosamente intatta a giustificare la curiosità, direi il bisogno, di essere ammirata da ogni popolo.Siena nacque… al plurale, come Senae, entità tripartita in antichi quartieri (Castelsenio, Camollia
e Castemontorio) che divenne-ro poi i “terzi”: di Città, di San Martino e di Camollia le cui di-rettrici si incontrano nei pressi di Piazza del Campo.La leggenda narra di “natali” romani (Senio figlio di Remo sfuggito allo zio creò il primo insediamento sulle rive dell’Ar-bia); la storia documenta lo svi-luppo massivo di arti e mestieri, di un popolo fiero e combat-
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tente, della via Francigena che traversava la città e, moderna autostrada, portava ricchezza, di mercanti illuminati, banchieri tra i primi del mondo. Solo un senese, però, vi parlerà con en-fasi di quel particolare mondo che sono le Contrade. Prima Compagnie militari (ma non tutti concordano con questa gene-si) poi “populi”, “parrocchie” o “compagnie religiose” ed infine le attuali entità. Con i presuppo-sti fondamentali che ogni stato deve avere: popolo, governo e territorio. Il loro numero variò secondo le vicissitudini demo-grafiche e politiche della città : In alcuni periodi sono state ben ottanta e dal 1729, anno in cui la Governatrice della città - la Serenissima Beatrice Violante di Baviera – ne fissò i confini pre-cisi (tuttora validi) sono definite in 17: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone. Ciascuna di esse ha ben definito un rione all’interno delle storiche mura, ove la tradizione ha scelto una strada, una piazza, una fonte come simbolica designazio-ne della propria identità. Ogni Contrada ha un proprio Statuto (o Capitoli) che disciplina l’ac-cesso a quella comunità, i doveri e i diritti di ogni appartenente, i modi dell’esercizio dell’elettora-to attivo e passivo, il funziona-mento degli organi dirigenti ove vige una forma di democrazia d’immediata applicazione e le regole interne per la partecipa-zione al Palio.La difesa dei confini, la gara per primeggiare sul Campo e per affermare il proprio potere,
hanno dato origine a profonde inimicizie che, non di rado, sfo-ciano in conflitti il più delle volte non cruenti ma molto significa-tivi. Non a caso il grande Mario Luzi, fiorentino con amore per Siena – e perciò… antistori-co – definisce il clima senese qualcosa ove “si concepiscono
strane passioni e grandi manie,
ché non possibile vivere altri-
menti che in una sottile follia”. Una fotografia fedele. Ma è dav-vero “sottile follia” aver creato e mantenuto uno spirito di corpo così profondo, o una solidarietà e mutualità che reggono all’urto dei secoli?E è follia non aver seguito le mutevoli mode politiche e aver mantenuto le Contrade al di fuori di ogni bagarre partitica? Tanto che in ogni rione convivono e lavorano assieme anche uomini e donne di opposta estrazione sociale uniti nell’amore della
Contrada che tutti accoglie. Ed è follia aggregare e proteggere dai mali moderni le giovani ge-nerazioni e mantenere vivi valori persi in tante parti del mondo? È vivere al di fuori dalla logica se uno degli scopi dei contra-daioli è quello di salvaguardare il patrimonio architettonico e artistico di ogni rione o di sov-venire ai tanti bisogni della co-munità autotassandosi anche per cifre enormi per poi sentirsi “proprietari” di una parte di un tutto così importante? Infine: forse è davvero pazzia lottare per l’ottenimento di un succes-so rappresentato, materialmen-te, da un drappo di seta dipinto da un grande artista ma, sen-timentalmente, per dimostrare al resto della città (e non solo a questa) il valore di combattenti, di strateghi, di fini diplomatici di una piccola comunità? Tutto questo, e molto di più, serve
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per vincere il Palio. Che sì, è un gran bel gioco, ma è anche me-tafora della vita per cui uno degli scopi primari, se non il più im-portante, è quello di far perdere e mortificare l’avversario prima ancora di conquistare in proprio la vittoria.Già, ma allora Siena è l’oasi da tutti attesa, il “bello” fatto città, l’esempio di perfetta civitas ri-cercato dai primordi del mon-do? Certo no; ma la città con-serva tesori così importanti che non hanno molti eguali. Tesori di umanità, di storia, di valo-ri, di autogoverno che l’hanno fatta grande nei secoli. E quella sorta di odio-amore con il quale tanti (troppi) guardano questa cittadina toscana nasce an-che da un pizzico d’invidia per qualcosa che, complice la vita disordinata di oggi, difficilmente si riesce a comprendere ma ha in sé un che di tremendamen-te attraente e d’irraggiungibile. Da ciò i sentimenti meno nobili. Però il “microcosmo Siena” non sfugge alle leggi della società moderna. E allora, in Contrada come nel Palio, il valore distrut-tivo del denaro ha il suo peso; il rischio di perdere un’identità così faticosamente tramandata è reale se solo si pensa al de-
pauperamento dei rioni sempre più sede di uffici, sedi universi-tarie e negozi con “emargina-zione” dei contradaioli costretti ad emigrare nei paesi contermi-ni e quindi lontani dal cuore cit-tadino e dai luoghi “sacri” della Contrada (Oratorio, società, stalla e strade storiche).Questo, a lungo andare, fa scolorire i valori di comunità e di attaccamento alla bandiera; in definitiva disumanizza que-sta rara umanità omologando le esperienze a quelle del resto del mondo. È già qualcosa più di un rischio, ma anche l’amore per una Contrada tende a divenire tifo calcistico, negazione profon-da delle sue stesse radici.Per amare davvero la Contrada e il Palio bisogna nascere nel territorio storicamente definito, ricevere il battesimo laico con l’acqua della fonte di quel rione, giocare con i “barberi” (palline colorate con i colori delle di-ciassette consorelle), correre a più non posso nei vicoli in un Palio virtuale – ma non trop-po - , ricevere solennemente “l’iniziazione” (rito con il quale si acquisiscono i diritti elettora-li), sacrificare ore al riposo e al divertimento per apparecchiare, cucinare, servire a tavola , per
sentirsi parte viva della tua “pic-cola patria”, andare dietro al ca-vallo (il momento che consacra al ruolo di “guerriero”) e rischiare una rissa per difendere la dignità dei tuoi colori. Vuol dire sposar-si nell’Oratorio con la benedizio-ne del Correttore (figura mitica che non cura solo le anime…), vuol dire gioire per una vittoria e piangere per una sconfitta bruciante (“la purga”) o per l’in-fortunio del tuo cavallo che hai amato, coccolato, pregato di portarti la vittoria, abbracciato e rimproverato proprio come uno dei tuoi amici più cari.Appunto, il Palio. Sono stati scritti libri in quantità; ne hanno parlato grandi poeti, scrittori, giornalisti di fama internaziona-le. Eppure nessuno è riuscito a spiegare fino in fondo la sua magìa, i suoi perché, la sua forza, i motivi del suo rubare i cuori. Palio deriva dalla parola latina pallium che indicava un drap-po di seta a forma rettangolare. Nel Medioevo era il premio per una corsa di cavalli o torneo. La prima allusione al Palio di Siena la si ha nell’anno 1328, ma sembra implicito che già a quell’epoca si trattasse di una tradizione ben consolidata.Prima si correva “alla lunga” e cioè per le strade della città e senza fantini. Solo a metà del ‘600 si prese a correrlo “ alla tonda” e cioè dentro la Piazza del Campo con un percorso che tale è rimasto anche oggi nonostante che sprovveduti pretendano altra sede o, addi-rittura, la variazione di curve e pendii propri della Piazza.Fini al 1700 si correva un solo Palio “alla tonda” in data fissa; dall’anno successivo (1701) i
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Palii divennero due: il due Luglio
(in onore della Madonna di
Provenzano) e il sedici Agosto
in onore della Madonna Assunta
in Cielo protettrice della città
che più volte è stata a Lei con-
sacrata.
Ecco che appare il motivo re-
ligioso quale asse portante
della Festa senese. E infatti sa-
cro e profano si fondono in un
tutt‘uno che talvolta fa sorridere
coloro che contestualizzano la
corsa al mondo moderno. Che
senso avrebbe, altrimenti, ve-
stirsi in piena estate con divise
pesanti e ingombranti; lottare;
spendere; piangere per una vit-
toria sfuggita o impazzire per la
conquista del drappo di seta?
Sarebbe da fanatici benedire
il cavallo in Chiesa, fare voti e
offrire tesori al Santo Protettore
(ogni Contrada ne ha uno) per
chiedere la Sua celeste bene-
volenza e poi, magari, maledirlo
per una sconfitta. Urlare un Te
Deum di ringraziamento ab-
bracciati al Palio da poco vinto,
piangendo calde lacrime sull’al-
tare del Duomo prostrati in una
preghiera liberatoria e sentita, e
poi non rientrare in Chiesa per
anni. Tutto vero: ma questo
è Palio.Anche le inimicizie tra
Contrade altro non sono che il
sale della corsa; esiste la rivalità
perché c’è un tuo contrario che
giustifica anche la tua presenza.
Causa storica … dei rappor-
ti tesi è stata spesso il “batter
cassa” (chiedere aiuti finanziari)
nel presunto Territorio dell’al-
tra Contrada. Altre volte per
affermare la supremazia nella
città o in una parte di essa; le
Contrade, specie agli inizi dell’
‘800, in collaboravano con i tu-
tori dell’ordine per mantenere la
tranquillità in tutta la città. Come
svolgessero questo compito
non è dato sapere considerata
la loro atavica faziosità!
Il Palio è ritenuto una sorta di
confronto militare; i dirigen-
ti hanno, per questo, compiti,
pieni poteri e nomi in sintonia:
Capitani, Tenenti (o Mangini); e
poi Barbareschi (o Barbereschi)
da “barbero” come viene chia-
mato il cavallo. Nei giorni della
Festa hanno a loro disposizione
tutti i contradaioli e muovono
persone e denaro rendendo
conto poi all’assemblea gene-
rale che approverà, o meno, le
relative spese e confermerà, o
meno, la fiducia seduta stan-
te. Ma fino a quel momento
nessuno discuterà le decisioni
dei Condottieri. Vince una sola
Contrada; altre faranno festa
per la sconfitta dell’avversaria
che, a Palio concluso negativa-
mente, scomparirà dalla scena.
Così che la saggezza popola-
re declama che “chi perde ‘un
cogliona e và a letto presto”,
per dire che gli sconfitti hanno
gli onori delle armi e basta. Da
qui la voglia di rivincita, che cre-
sce al crescere del numero dei
casi di sconfitta e di ritardo nella
vittoria, con una continuità che
la stranezza ma anche l’armo-
nia di questa splendida festa
di popolo. Vale la pena avvici-
narsi con interesse e umiltà a
questo mondo che, all’occhio
superficiale, appare …fuori dal
mondo. Per capire appieno la
cosa occorre ad esempio, par-
tecipare alle prove notturne dei
cavalli che si tengono sul tufo
steso sull’anello di Piazza; ve-
dere – d’improvviso – queste
splendide bestie tagliare, in un
silenzio quasi irreale, le ombre
della notte. Occorre poi parte-
cipare ai riti propiziatori che si
tengono nei singoli rioni, vive-
re a contatto con i contrada-
ioli veri, imparare gli inni della
Contrada prescelta e provare
a cantarli in compagnia: il can-
to d’assieme lega e affratella.
Assistere alle prove della mat-
tina e della sera (in numero di
sei), seguire da lontano, la vita
del cavallo nella stalla; sentire
crescere l’ansia, la speranza e
le paure di un intero popolo per
l’imminenza della grande corsa,
parlare con i più vecchi per car-
pire loro le storie e gli aneddoti
del passato, partecipare ad una
cena della Prova Generale (alla
vigilia del Palio), ascoltando i di-
scorsi dei dirigenti e poi fermarsi
nelle strade del rione a respirare
quell’aria unica che precede la
“battaglia”. Andare a letto tar-
di, per godere la magìa di certe
notti, ma svegliarsi presto per
non perdere nemmeno un mi-
nuto dei tanti momenti d’inten-
sa vita contradaiola. Insomma,
vivere il Palio “da dentro” e non
accontentarsi delle parole scrit-
te o parlate di frettolosi inviati
speciali. Il Palio deve mantenere
tutti ben stretti tutti i suoi segreti
e chi li vuole sbattere in prima
pagina perde l’essenza vera di
questa manifestazione.
Unica, come è unica la città di
Siena. Una città civilissima che
non accetta però chi la vuol
vivere e, peggio, raccontare,
senza averla conosciuta in pro-
fondità.
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speciale Toscana
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Tosca
na Un Olio Extraverginedi Oliva di qualità
a cura di Giampiero Cresti
La Toscana olivicola è sicuramente un universodi peculiarità: territorio, varietà autoctone e cultura
olivicola danno origine ad un prodotto tutto da scoprire.
L’olivo in questa re-
gione è distribuito
ovunque: troviamo
l’olivo sulla fascia costiera,
nelle zone collinari interne ed
in zone montane fino a che
l’altezza sul livello del mare lo
consente.
Nonostante le relative diffe-
renze climatiche fra le varie
zone, la particolare orografia
del suolo toscano e la varia-
bilità della natura del terreno
danno origine ad una ampia
serie di micro condizioni am-
bientali che hanno, nel tempo,
condizionato anche i compor-
tamenti degli olivicoltori.
Tutto questo, insieme al gran-
de patrimonio di cultivar di
olivo autoctone (ne sono sta-
te classificate oltre 80) danno
origine ad una vera tipicità: oli
dei quali è riconoscibile l’origi-
ne, ma diversi l’uno dall’altro.
L’olio prodotto in questa re-
gione è tutelato dal nome
“Toscano” Indicazione
Geografica Protetta.
Il disciplinare stabilisce che
tutte le fasi del processo pro-
duttivo (produzione delle olive,
frangitura e confezionamento)
debbano avvenire all’interno
del territorio amministrativo
della Regione Toscana.
Le varietà autorizzate sono
tutte quelle autoctone, ma le
più diffuse sono senz’altro,
Frantoio, Leccino, Moraiolo,
Maurino Pendolino Moraiolo Leccino
Maurino, Leccio del Corno,
Pendolino e Correggiolo.
L’olio si presenta normalmen-
te di colore verde più o meno
intenso nell’olio appena otte-
nuto che, con il passare del
tempo, tende a virare verso
il giallo, mantenendo comun-
que riflessi verdi.
All’olfatto ricorda profumi
vegetali verdi con sensazio-
ni finali rotonde, al gusto è
sempre presente una nota
amara più o meno evidente
e sensazione di piccante. Le
sensazioni olfattive, gustative
e tattili sono generalmente
in buon equilibrio fra di loro
fornendoci il profilo di un olio
poliedrico le cui caratteristiche
sono sicuramente esaltate da
un uso a crudo su un’ampia
tipologia di piatti, dalle classi-
che zuppe di verdure e legumi
alle carni, dalle verdure crude
ai formaggi.
Il Toscano IGP comprende
alcune menzioni geografiche:
Colline della Lunigiana, Colline
di Arezzo, Colline di Firenze,
Montalbano e Monti Pisani;
ognuna di esse rappresenta
particolari peculiarità di quei
territori: una diversa presen-
za percentuale di varietà, una
particolare condizione mi-
croclimatica e/o podologica,
particolari usi e costumi degli
agricoltori.
In alcune aree della Toscana
sono state successivamente
riconosciute Denominazioni di
Origine Protetta proprio a si-
gnificare queste identità.
Il primo olio a chiedere il ri-
conoscimento DOP è stato il
“Chianti Classico” che com-
prende l’omonimo territorio
di produzione del vino, a ca-
vallo fra le province di Siena e
Firenze. Siamo nella Toscana
interna, in zone di media e
alta collina, le varietà più dif-
fuse sono Frantoio, Moraiolo,
Correggiolo e Leccino.
L’olio ottenuto nella provincia
di Siena, esclusa l’area com-
presa nel Chianti Classico,
ha richiesto ed ottenuto la
DOP con la denominazione
“Colline Senesi”; l’area è ca-
ratterizzata da media collina in
zona interna con alcune zone
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speciale Toscanaaicoo
pedemontane del Monte
Amiata e del Monte Cetona.
Le varietà prevalenti sono
Frantoio, Moraiolo, Leccino,
Correggiolo e Pendolino.
Un altro olio che ha ottenuto
recentemente la denomina-
zione di origine protetta è l’olio
extravergine di oliva “Lucca”
prodotto nel territorio dei co-
muni di Capannori, Lucca,
Montecarlo, Altopascio,
Porcari, Villa Basilica per
l’area della piana di Lucca
ed i comuni di Camaiore,
Massarosa, Viareggio, Forte
dei Marmi, Pietrasanta,
Serravezza e Stazzema per
l’area della Versilia ed infine,
i comuni di Bagni di Lucca,
Borgo Mozzano, Pescaglia,
Barga, Coreglia Antelminelli
e Minacciano per l’area del-
la media valle e Garfagnana,
secondo la delimitazione in-
dicata nel disciplinare di pro-
duzione. La zona di produzio-
ne è caratterizzata da terreni
piuttosto acclivi e la cultivar
preminente è il Frantoio e poi
il Leccino; altre varietà sono
presenti ma in quantità limi-
tata.
Ultima DOP arrivata è per
l’olio extravergine “Seggiano”
che comprende i comu-
ni di Arcidosso, Castel del
Piano, Seggiano, Cinigiano,
Santa Fiora, Roccalbegna,
Semproniano e parte del co-
mune di Castell’Azzara, tutti
in provincia di Grosseto e la
cui peculiarità è quella di es-
sere un olio monovarietale di
Olivastra di Seggiano che ne
caratterizzano il profilo in ma-
niera inequivocabile.
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Tosca
na
Olio 2009
aico
o
Le ricette migliori sono
frutto dell’antica tra-
dizione contadina
toscana ed alcune di queste
richiamano la cucina della vici-
na Umbria, per cui si può ben
dire che la gastronomia areti-
na ha caratteristiche particola-
ri che la differenziano da quel-
la di altre zone della Toscana.
Gli ingredienti tipici sono da
millenni gli stessi: l’olio extra-
vergine di oliva delle colline
aretine ottenuto dalla spremi-
tura a freddo, il pane non sa-
lato cotto a legna, le verdure
dell’orto, la pasta all’uovo fat-
ta in casa e condita con sugo
d’anatra o di cacciagione, gli
animali da cortile e non ultima
la celebre bistecca “Chianina”
(proveniente da una razza tipi-
ca della Valdichiana) ormai co-
nosciuta in tutto il mondo. Tra
gli antichi piatti della provincia,
di origine casentinese, è d’ob-
bligo ricordare l’acquacotta,
il classico piatto delle transu-
manze, che i pastori impara-
rono dai maremmani, mentre
una proposta, giustamente
considerata d’esportazione
(arrivò fino a Parigi) è la Zuppa
del Tarlati’, recuperata dallo
storico Guido Gianni. Si tratta
di una zuppa di pollo chiamata
nella città di Arezzo del Tarlati,
in ‘omaggio’ del vescovo
ghibellino che celebrava
la messa con l’elmo e
lo scudo sopra l’al-
tare. A quei tempi,
infatti, il pontefi-
ce si trovava ad
Avignone e
spesso inviava
delle delega-
zioni ad Arezzo
perché convin-
cessero il ve-
scovo a passare
dalla parte dei guel-
fi. Ma non ci fu niente
da fare; quello che è cer-
to, però, è che grazie a queste
delegazioni la ricetta del pollo
fu esportata ad Avignone e poi
a Parigi, dove prese il nome di
zuppa della regina. Ne parla
anche Alexandre Dumas nei
suoi “Tre moschettieri”. Altra
ricetta tipica è la scottiglia, un
piatto che
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speciale Toscana
Gastronomia Aretinaa cura di Claudio Zeni
Arezzo e la sua provincia, oltre ad essere un territorio ricco di testimonianze storiche, possono essere considerati anche la sede del buon mangiare,
grazie ad una cucina semplice ma assai gustosa.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Are
zzo
affonda le sue radici nella not-
te dei tempi, quando i can-
tastorie si fermavano in città
e nei dintorni per raccontare
qualche episodio dell’Orlan-
do Furioso oppure dei reali di
Francia e i contadini la sera
si riunivano tutti in una casa
per ascoltare. Ma dato che
nessuno poteva permettersi il
lusso di ospitare gli altri, tutti
al mattino portavano qualcosa
alla massaia: chi un piccione,
chi un pezzo di maiale, chi del
pollo, così i pezzi di carne ve-
nivano messi in una pentola e
fatti cuocere per tutto il giorno
e alla sera si tirava fuori questo
stufato. Non bisogna dimenti-
care tra le proposte culinarie
di questa provincia la ribollita
e la panzanella, piatti cosid-
detti autitarchici, perché nella
cucina aretina non si butta via
nulla, come nel maiale.
E proprio il maiale è una degli
animali simbolo della cucina
locale, usato per le classiche
porchette o come il celebre
grigio del Casentino con le
mele. Per fare quest’ultimo
piatto ci vuole la scamarrita,
che è il muscolo del collo, ta-
gliarla a pezzetti come per fare
uno spezzatino e rosolarla nel
tegame di coccio con olio ex-
travergine d’oliva, aglio e fi-
nocchio selvatico.
Quando il maiale prende la ro-
solatura, si aggiunge del bro-
do un po’ alla volta e si lascia
cuocere a fuoco molto basso.
Un po’ prima che la carne sia
giunta a cottura vanno aggiun-
te le mele, non sbucciate, ma
divise in quattro parti e senza
torsolo.
E per chiudere un buon pasto
ecco l’antico lattaiolo, il dolce
antenato del latte alla porto-
ghese, che viene citato anche
da Francesco Redi nel suo
“Vocabolario delle voci areti-
ne” e ne parla pure l’Artusi nel
suo libro “La scienza in cuci-
na e l’arte di mangiar bene”,
dandone però una ricetta più
complicata.
Si tratta di un dolce molto par-
ticolare che i contadini usava-
no portare ai loro padroni per
la festa del Corpus Domini.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6100
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na
Cor
tona
Cortona città millenaria tra storia, leggenda
e modernità
a cura dell'Ufficio Stampa del Comune di Cortona
foto: archivio comunale di Cortona.
Cortona ha una storia
millenaria che affonda
nella leggenda.
Per la sua particolare struttura
e posizione geografica, posta
al centro della Valdichiana, ha
sempre giocato un ruolo stra-
tegico nelle vicende storiche e
militari sin dai tempi degli Etru-
schi, dei quali era una delle
dodici Lucumonie ed una del-
le più importanti sotto il profilo
economico.
Questo misterioso popolo
ha lasciato in questi luoghi
numerose testimonianze
che oggi costituiscono un
patrimonio straordinario
visitabile sia nel MAEC
(Museo dell’Accademia
Etrusca e della Città di Cor-
tona) sia nel grande Parco
Archeologico distribuito in
ben 11 siti tra il Centro Sto-
rico e il territorio.
Cortona sin dal 1200 è libero
comune ed ha una forte tradi-
zione culturale e religiosa
Nel 1409 fu conquistata da
Ladislao, re di Napoli, che la
cedette (1411) ai fiorentini e
così la città passò rispettiva-
mente prima sotto i Medici e,
dal 1737 sotto i Lorena. Poi
con il plebiscito del 1860 fece
parte del Regno d’Italia.
Una piccola città ma che ha
sempre mantenuto forte la sua
influenza anche sulla grandi
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6102
spec
iale
Tosca
na
capitali culturali del passato,
Firenze e Roma.
Da Cortona, infatti, sono par-
titi geni dell’arte che nei secoli
hanno reso grande l’Italia.
Già nel Medioevo S. Francesco
d’Assisi la scelse per fon-
dare un convento: l’Eremo
delle Celle che affidò a Frate
Elia Coppi divenuto suo suc-
cessore nell’amministrazione
dell’ordine.
Dello stesso periodo è la no-
bile figura di S. Margherita
vissuta fra il 1247 e il 1297, fa-
mosa per le sue opere di cari-
tà successive alla drammatica
conversione.
Nel clima proficuo e cultural-
mente vivace del Rinascimento
Cortona ha saputo dare il me-
glio di grazie a due grandi ma-
estri dell’arte pittorica italiana
quali Luca Signorelli e Fra
Beato Angelico, famoso per
l’Annunciazione.
Anche il ‘600, secolo del
Barocco, è stato un altro pe-
riodo straordinario grazie al pit-
tore architetto Pietro Berrettini
detto “Il Cortona”, vissuto fra
il 1596 e il 1669, e gli insigni
archeologi e letterati Ridolfino,
Marcello e Filippo Venuti ri-
cordati soprattutto per aver
fondato nel 1728 l’Accademia
Etrusca tutt’ora assai nota a
livello nazionale ed europeo.
Oggi Cortona è una città vi-
vace che offre straordinarie
occasioni di svago legate
all’arte, ai prodotti tipici ed alla
cultura.
Al centro del percorso cul-
turale vi sono certamente i
due musei il MAEC (Museo
dell’Accademia Etrusca e del-
la Città di Cortona) ed il Museo
Diocesano del Capitolo:
Il MAEC riunisce in un unico
percorso espositivo lo storico
Museo dell’Accademia Etrusca
e il Museo della Città Etrusca
e Romana di Cortona.
La sede è in Palazzo Casali,
uno degli edifici più antichi e
ricchi di storia della città, dove,
in oltre 2000 mq di spazio
espositivo, sono esposti alcu-
ni tra i più straordinari capo-
lavori della civiltà etrusca, tra
i quali la Tabula Cortonensis
(il terzo testo etrusco più lun-
Cortona - Piazza della Repubblica
Cortona - Melone II del Sodo - particolare
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 103
speciale Toscana
Cortona di notteBeato Angelico, "Annunciazione",Museo Diocesano.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6104
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iale
Tosca
na
go al mondo) ed il celebre
Lampadario etrusco.
Tra la primavera e l’estate
2011 il MAEC ospiterà una
grande mostra di capolavori
etruschi della Collezione del
Louvre. Una mostra mai re-
alizzata prima con opere mai
esposte in Italia.
Il Museo Diocesano, raccoglie
alcuni dei più preziosi tesori
della storia dell’arte toscana,
che vanno dal XIII al XIX seco-
lo; tra le opere più importanti
figurano l’Annunciazione del
Beato Angelico, la Madonna
in gloria di Bartolomeo del-
la Gatta, la Deposizione di
Luca Signorelli, l’Estasi di S.
Margherita del Crespi.
La città in questi anni ha
investito risorse, idee ed
energie sul suo patrimo-
nio architettonico, artistico
e culturale con l’obiettivo
di dotarsi in maniera defi-
nitiva di strutture come il
MAEC, il Parco Archeolo-
gico, il Centro Convegni
S.Agostino, la Fortezza del
Girifalco che di per se rap-
presentano un volano stra-
ordinario per l’economia,
non solo per quella turisti-
ca. La scelta è stata quella di
intervenire nel creare l’offer-
ta: un’offerta molto forte e di
grande fascino.
Oggi Cortona si trova nella
straordinaria posizione di po-
ter investire sulla sua immagi-
ne e sulla sua offerta partendo
da un patrimonio ben conser-
vato ed in grado di attirare un
vasto pubblico.
A fianco di queste iniziative
legate alla conservazione e
valorizzazione del patrimonio
culturale Cortona ospita al-
cuni grandi eventi di richiamo
internazionale come la mo-
stra Cortonantiquaria, giunta
alla 48ma edizione, il Tuscan
Sun Festival, divenuto il più
qualificato e ricercato festival
di musica classica d’Italia, ma
anche progetti culturali di al-
tissimo profilo che ogni anno
vengono realizzati in collabora-
zione con importanti istituzioni
culturali come la Fondazione
Giangiacomo Feltrinelli, la
Scuola Normale Superiore
di Pisa, ed alcune Università
Americane e Canadesi.
Da non dimenticare che
Cortona in questi anni ha la-
vorato per la creazione di
una sua DOC per i suoi vini.
Questo progetto, nato oltre 10
anni fa, ha riscosso un grande
successo ed oggi il Consorzio
Vini Cortona DOC è una realtà
affermata con prodotti ed eti-
chette di assoluto livello.
I prossimi anni, per questo cit-
tà gioiello della Toscana, sa-
ranno ricchi di iniziative e con
ottime prospettive di sviluppo.
Sindaco di CortonaAndrea Vignini
Cor
tona
105
speciale Toscana
a cura di Nicola Masiello
La Docg Morellino di Scansano, nasce sulla base consolidata della stessa doc Morellino di Scansano
con Decreto ministeriale del 14 Novembre 2006.
Il percorso di qualificazio-
ne del prodotto per il rag-
giungimento della Docg
passa attraverso alcuni mo-
menti fondamentali per il ter-
ritorio Grossetano.
Infatti se all’inizio la Doc si pre-
sentava con un prodotto sicu-
ramente poco conosciuto a
causa soprattutto della quan-
tità di prodotto relativamente
insufficiente per un mercato in
crescita costante ed in pieno
boom economico del vino. A
seguito di questo trend posi-
tivo molti vignaioli ed aziende
vitivinicole hanno cominciato
ad investire in questa zona favoriti dal fatto che sotto
l’aspetto orografico e di an-
damento stagionale, la deno-
minazione rientrava e rientra
su un territorio molto simile a
quello del Brunello di Montal-
cino, con terreni ricchi di mi-
nerale per l’azione del Monte
Amiata, ricchi di scheletro per
l’innalzamento marino e con la
particolarità di un clima miti-
gato dal mar Tirreno che fa da
sfondo a questo paesaggio
incastonato tra le valli dei fiumi
Il Morellino di Scansano Docg
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Morellino
Ombrone e Albegna: habitat
ideale per la produzione del
Sangiovese. La zona di pro-
duzione comprende il Comu-
ne di Scansano ed in parte nel
territorio di Magliano in Tosca-
na, Grosseto, Campagnatico,
Semproniano, Roccalbegna e
Manciano.
A dimostrazione del trend di
crescita, i dati statistici confer-
mano che dal 1997 al 2007, la
superficie vitata è passata dai
450 ai 1600 ettari con produ-
zioni attuali che si attestano sui
110.000 quintali di prodotto.
Il disciplinare di produzione
prevede l’utilizzo del vitigno
sangiovese per la percentuale
minima dell'85% e per il re-
stante 15% sono concessi i
vitigni a bacca rossa non aro-
matici compresi nella mappa
ampelografia della Regione To-
scana. Dobbiamo rilevare che
nonostante l’alta percentuale
di incremento degli impianti vi-
tati, non si riscontrano attual-
mente giacenze di prodotto
invenduto oltre la soglia fisio-
logica, questo è dovuto sicu-
ramente anche ad una politica
dei produttori e del consorzio
di tutela che mirano non solo
alla vendita del prodotto vino,
ma lo stesso viene abbinato e
pubblicizzato insieme al terri-
torio al fine di fare “sistema”ed
avere più massa critica, spe-
cialmente sui mercati esteri
creando di conseguenza del
valore aggiunto notevole.
Vendere un territorio significa
soprattutto vendere la storia,
le tradizioni ed il costume e
Scansano e la Maremma ne
hanno veramente tante.
Scansano e la sua storia.
I primissimi insediamenti sono
riconducibili al periodo prei-
storico come attestano i vari
ritrovamenti di ripostigli lun-
go la valle del fiume Albegna,
successivamente ricerche
archeologiche confermano la
presenza degli Etruschi nel-
la zona di “Ghiaccio Forte”.
Questo sito è stato individua-
to nel 1973 e in successive
operazioni di scavo è stato
possibile accertare la distru-
zione dell’abitato a causa di
un incendio; i numerosi reper-
ti trovati ci confermano l’alto
grado evolutivo dell’insedia-
mento. A seguito dell’avan-
zata dei Romani, gli Etruschi
scompaiono, lasciando a loro
la supremazia. Di questo pe-
riodom storico troviamo te-
stimonianza negli scavi alla
villa romana nella campagna
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6106
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Tosca
naM
orel
lino
Scansanese.La villa riportata
a luce per solo un quarto del-
la superficie mostra i segni di
una villa importante, testimo-
niata dalla presenza di resti di
dipinti, pavimenti e colonnati e
locali per saune. Tutti dettagli
che collocano la villa romana
appartenente ad una famiglia
importante e risalente al perio-
do fra il 50 a.c. ed il 50 d.c.
Altri passaggi storici testimo-
niano la posizione di rilievo di
Scansano ma bisogna arrivare
al 1300 per avere altre notizie
importanti; in quel periodo il
paese fu sottomesso al potere
Senese sotto la nobile Fami-
glia degli Aldobrandi che vi ri-
masero fino ai primi del 1600,
quando tutto il comprensorio
di Scansano venne venduto a
Cosimo II dei Medici ed entro
quindi a far parte del Grandu-
cato di Toscana.
Oggi la parte più antica del
borgo è situata nel punto più
alto dove c’era il castello con
il suo vecchio nucleo detto “la
corte”. Attraversando l’antica
porta si entra nel centro stori-
co e scopriamo gli edifici ben
conservati costruiti tra il 1400
ed il 1600, di particolare bel-
lezza la chiesa di San Giovan-
ni Battista edificata nel 1628
come chiesa collegiale. Fuori
della cinta muraria il Castello
Aldobrandesco oggi proprietà
privata, la chiesa della Madon-
na delle Grazie ed il teatro Ca-
stagnoli risalente al 1892.
L’ESTATATURA.È questo un termine che su-
scita curiosità ed interesse in
colui che legge e che rientra
a pieno nella storicità di Scan-
sano e egli altri borghi che si
trovano nel circondario.
Fin dal 1333 Scansano è sta-
to sede dell’estatatura, essa
consisteva nel trasferimen-
to di tutti gli uffici giudiziari e
tributari dalla città di Grosseto.
Questo trasferimento avveni-
va prima del periodo estivo in
quanto il territorio Grossetano
pianeggiante ed allora paludo-
so diventava a causa della alta
temperatura insalubre e mala-
rico; quindi per evitare malat-
tie c’era il trasferimento nella
zona collinare. Questa pratica
ha avuto fine ufficialmente nel
1897 a seguito della riforma
leopoldina,voluta da Leopol-
do di Toscana e riguardante
appunto la bonifica di vaste
aree della Toscana afflitte dal-
la malaria e paludose quali la
Maremma e la Valdichiana.
LA DENOMINAZIONE IN PILLOLE:
1978
Riconoscimento della Doc
1992
Nascita del Consorzio di tutela
del Morellino di Scansano
14-11-2006
Riconoscimento della docg
Prima annata in commercio
come Docg: 2007
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 107
speciale Toscana
DETTAGLIO PRODUTTORI DEL MORELLINO DI SCANSANO DOCG
VITICOLTORI 342
VINIFICATORI 0
IMBOTTIGLIATORI 67
VITICOLTORI - VINIFICATORI 18
VINIFICATORI - IMBOTTIGLIATORI 12
VITICOLTORI - VINIFICATORI - IMBOTTIGLIATORI 102
Monteregio
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6108
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Tosca
na
La DOC del Monteregio
è recentemente co-
stituita ma già vanta
di importantissimi successi.
L’andamento della produzio-
ne ha subito negli ultimi anni
rilevanti crescite contribuen-
do cosi ad aumentare di pari
passo anche la fiducia di tut-
te quelle aziende che han-
no poi deciso di far parte del
Consorzio del Monteregio
di Massa Marittima. Otto
sono le tipologie che costitu-
iscono la DOC Monteregio.
“Monteregio di Massa
Marittima” rosso, riserva, ro-
sato e novello, “Monteregio
di Massa Marittima” bian-
co, “Monteregio di Massa
Marittima” Vermentino, Vin
santo di “Monteregio di
Massa Marittima”, Vin san-
to di Monteregio di Massa
Marittima” occhio di perni-
ce. Queste otto tipologie di
vino valorizzano migliorano
ed esaltano tutto lo scenario
enologico grossetano garan-
tendo serietà, sicurezza ed
affidabilità a tutti i produttori.
La coltivazione del Monteregio
avviene tramite la metodologia
del cordone speronato ed an-
che del guyot il quale è cono-
sciuto anche come “sistema a
spalliera”. L’altezza delle pian-
te è regolata in base alla me-
dia di ore di insolazione, per
far sì di arrivare con la migliore
approssimazione possibile a
far coincidere, da un punto di
vista tecnico, la maturazione
zuccherina con la maturazio-
ne fenolica. Rigorosi sistemi di
controllo faranno poi si che la
vinificazione porti il vino ad es-
sere qualitativamente perfetto,
ricco di sapori, di aromi. Per i
vini Riserva, vengono poi utiliz-
zate le barrique, costruite con
legno variamente stagionato
e tostato di Quercus Petrea
(rovere), che conferiscono al
vino una maggiore stabilità ed
Il Monteregio di Massa Marittima
Il Monteregio di Massa Marittima ed i suoi vini nascono nell’ambiente collinare e pedecollinare della Maremma grossetana che fa da sfondo ai favolosi borghi medievali tipici della zona
e a tutte quelle bellezze che hanno contribuito a renderela campagna toscana conosciuta ed apprezzata
in tutto il mondo.
Notizie estratte dal sito del Consorzio del Monteregio di Massa Marittima:
www.consorziomonteregio.it
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 109
speciale Toscana
ossigenatura. La barrique rie-
sce anche conferire al vino par-
ticolari sentori, come vaniglia,
tabacco, caffè, cioccolato.
Si sta quindi espandendo un
prodotto che riesce a comu-
nicare sapori e aromi di una
terra ricca di bellezze naturali
incomparabili, di territori vasti
quanto splendidi, di colline ar-
moniose, di tradizione, di me-
moria e passato, ma anche
di cambiamenti e prospettive
innovative.
Area di produzioneUna DOC nata di recente
(D.P.R. del 3.10.94) in un’area
di antica tradizione vitivinico-
la, negli ultimi due anni sono
stati effettuati nuovi impian-
ti di vigneto sia da parte di
alcune delle più importanti
case viticole della Toscana,
che da parte di imprenditori
locali in particolare con il tra-
sferimento di diritti provenienti
prevalentemente da fuori re-
gione. Tali investimenti deter-
mineranno un incremento di
superficie vitata nei prossimi
tre anni da iscrivere al relativo
albo stimata in circa 200 ha.
Interessa per intero o in parte
i comuni di Massa Marittima,
Monterotondo Mar i t t imo,
Roccastrada, Gavorrano,
Castiglione della Pescaia,
Scarlino, sono esclusi i terreni
alluvionali e di fondo valle.
I vitigniNella tipologia Rosso, Rosso
Riserva, Novello e Rosato
deve essere presente almeno
l’80% del vitigno Sangiovese,
ma possono concorre-
re altri vitigni a bacca ros-
sa per il rimanente 20%.
Nella tipologia Bianco deve
essere presente il Trebbiano
toscano almeno per il 50%;
Vermentino, Malvasia,
Malvasia di Candia e Ansonica
per il 30% e altri vitigni bac-
ca bianca non oltre il 30%.
La tipologia Vermentino deve
essere prodotta con la varietà
omonima per non meno del
90%.
Il Vin Santo (anche Riserva)
deve avere Trebbiano to-
scano e Malvasia per un mi-
nimo del 70% e altri vitigni a
bacca bianca fino al 30%.
Il Vin Santo Occhio di Pernice
deve avere un minimo di
Sangiovese del 50-70%,
Malvasia nera 10-50% e altri
vitigni a bacca rossa fino
al 30%.
Le rese massime sono di
110 q.li di uva ad ettaro
per il Bianco, Vermentino e
Vinsanto; 100 q.li /ha per le
altre tipologie.
Mon
tecu
cco
Il Montecucco tra storia, terroir e tradizione
a cura di Stefano Alessi
La campagna toscana offre angoli e prospettive sorprendenti ed affascinanti.
Ed i colori ed i profumi
solleticano i sensi in
modo diverso a se-
conda della stagione. Siamo
fortunati ad inoltrarci nella
zona del Montecucco in una
chiara e soleggiata giornata di
fine primavera: dorati campi di
grano, verdi pascoli, boschi,
vigneti ed oliveti si alternano
in un caleidoscopio di colori
che ricorda da vicino l’ope-
ra dei Macchiaioli. Il territorio
iscritto alla Doc Montecucco,
tutto ricadente nella provincia
di Grosseto, si trova compre-
so tra la Maremma toscana e
le pendici del monte Amiata,
in posizione limitrofa a quella
dell’areale di produzione di
un altro rinomato vino tosca-
no: il Brunello di Montalcino.
Un’analisi orografica più at-
tenta ci rivela come sia pro-
prio il corso di un fiume, l’Or-
cia a segnare il confine orien-
tale fra l’area di produzione
del Montecucco e quella del
Brunello. Scopo della nostra
visita è cercare di scopri-
re qualcosa di più su questo
fratello minore del Brunello, il
Montecucco. La natura e la
composizione chimico-fisica
dei suoli agrari risentono del-
la matrice pedologica fonda-
mentale che li ha generati nel
corso dei millenni: il monte
Amiata. Si tratta di un antico
vulcano ormai spento, della
cui attività sono responsabi-
li tanto la fertilità chimica (in
particolare la ricchezza in po-
tassio) quanto le caratteristi-
che fisiche dei suoli. L’area di
produzione della Doc è piutto-
sto ampia, ricadendo nel terri-
torio di 7 comuni (Arcidosso,
Campagnatico, Castel del
Piano, Cinigiano, Civitella
Paganico, Roccalbegna,
Seggiano): pretendere di ri-
scontrare uniformità e com-
pleta omogeneità nelle carat-
teristiche dei suoli di un così
ampio areale è impossibile. Le
rocce dalla cui disgregazione
si sono originati i suoli sono
principalmente tufi ed arena-
rie frammentate: fisicamente
i suoli possono così contare
su di un notevole apporto in
macro e microporosità, ele-
menti fondamentali da incro-
ciare con le variabili macro e
microclimatiche della zona.
Infatti questo areale risente da
una parte della presenza del
monte Amiata, dall’altra della
vicinanza con il Mar Tirreno:
questi due fattori influiscono
su caratteristiche fondamen-
tali quali la quantità e la distri-
buzione delle precipitazioni
(pioggia e neve, concentrate
soprattutto nel periodo au-
tunno-invernale), temperature
medie annue ed estive, escur-
sione termica giorno/notte
dall’invaiatura in avanti, irrag-
giamento solare, ventilazione.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6110
spec
iale
Tosca
na
Superato l’abitato di Poggi del
Sasso, in cui troviamo la sede
del Consorzio di Tutela, prose-
guiamo in un panorama moz-
zafiato verso l’azienda storica
del Montecucco, la Tenuta
di Montecucco: ruotando lo
sguardo a 180 gradi prima si
gode dell’imponente presenza
del monte Amiata, poi si “sen-
te” il profumo dei vigneti espo-
sti a sud di Montalcino, infine
ci si perde nelle dolci colline
che reclinano verso il mare
della Maremma. La posizione
in cui sono posti gran parte
dei vigneti sembra godere di
una condizione privilegiata, in
una sorta di ideale corridoio
che dall’Amiata al Tirreno ge-
nera continuamente inversioni
termiche e moti convettivi: il
risultato è una costante venti-
lazione, prezioso aiuto biologi-
co alla coltivazione della vite.
È solo toccando con mano
le caratteristiche di questo
“terroir” che si può compren-
dere a pieno la profonda vo-
cazionalità viticola della zona.
Abbiamo appuntamento con il
vice presidente del Consorzio
del Montecucco Stefano
Alessandri, che è anche il di-
rettore dell’azienda che ci
ospita e che ci guida in un
tour in un clima di spontanea
cordialità nel corso del quale
ci illustra non soltanto la storia
dell’azienda, ma ricostruisce
anche quella della viticoltura
del comprensorio. Non ab-
biamo ancora terminato le
presentazioni che già ci trovia-
mo alla testata di un vigneto a
Sangiovese.
Dom: - La vocazione e la tradi-
zione agricola della Maremma
Toscana e della zona in par-
ticolare sono tanto note da
essere parte ormai dell’imma-
ginario collettivo: come si è in-
serita e come si inserisce nel
contesto produttivo primario
la vitivinicoltura? Alessandri:
Basta guardarsi attorno per
comprendere che il fattore
“terra” ha costituito da sem-
pre un elemento centrale
nell’economia e nel tessuto
sociale della zona. In parti-
colare la vite è qui presente
già in epoca primitiva, come
testimoniato dai reperti rinve-
nuti nella cosiddetta Grotta
dell’Arciere (5000-3000 a.C.),
ma è con gli Etruschi che la
viticoltura si sviluppa a pieno
fino ad arrivare ai nostri giorni.
La nostra azienda in particola-
re fa risalire le sue origini alme-
no al ’300 con Pia dé Tolomei
e del vino della zona esistono
notizie e menzioni da epoche
ancora precedenti: questo
a testimoniare la antica vo-
cazione viticola del territorio.
Dom: - E la Doc Montecucco
quando nasce, in risposta
a quali esigenze e che tipo-
logie di prodotto prevede?
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 111
speciale Toscana
Alessandri: - La Doc attuale è
relativamente giovane, essen-
do stata riconosciuta solo nel
1998. Attualmente prevede 4
differenti tipologie di prodotto
(Bianco, Rosso, Sangiovese,
Vermentino), ma osservando i
dati relativi alle superfici iscritte
alla Doc, si scopre come oltre
il 97% dei vigneti sia impian-
tato a vitigni a bacca rossa,
essenzialmente Sangiovese.
Oggi la superficie vitata Doc è
di circa 800 Ha e la produzio-
ne annua si attesta attorno ad
1,8 milioni di bottiglie.
Dom: - Il Sangiovese fa pen-
sare alla vicina Montalcino…
Alessandri: - È proprio il
Sangiovese, a partire dagli anni
’70, ad essere stato interessa-
to da una forte espansione in
superficie. Ad oggi la maggio-
ranza degli impianti, realizzati
in gran parte dal 1998 in poi,
sono stati realizzati tenendo
conto dei moderni concet-
ti della viticoltura, utilizzando
cloni come R6 e F9 e sono
condotti con l’obbiettivo di
perseguire la qualità piuttosto
che la quantità. Montecucco,
come Montalcino, gode di
condizioni ottimali in fatto di
clima e suolo: se vogliamo qui
la presenza di una maggiore
intensità di radiazione lumino-
sa e di calore durante l’estate,
assommate alla ventilazione
costante ed agli andamen-
ti pluviometrici solitamente
scarsi nel fine-estate inizio-au-
tunno, comportano condizioni
ideali anche per una pratica
viticola più attenta alle esigen-
ze ambientali. A testimonianza
dell’antica storia viticola della
zona c’è anche il rapporto di
partnership con l’Università di
Pisa: attualmente è in corso
uno studio per cercare di rico-
struire la storia ampelografica
della zona, in particolare con il
sequenziamento genetico dei
cloni autoctoni e “non ufficiali”
di Sangiovese.
Dom: - La vocazionalità della
zona in rapporto all’utilizzo di
pratiche agricole “ecocompa-
tibili” quali l’agricoltura biologi-
ca si avverte anche istintiva-
mente visitando per la prima
volta questi territori…
Alessandri: -Certamente quel-
lo che salta all’occhio imme-
diatamente a qualsiasi per-
sona venga in questa zona
per la prima volta è l’armonia,
l’equilibrio e la bellezza del pa-
norama nel suo complesso:
una successione di campi col-
tivati, pascoli, boschi, oliveti,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6112
spec
iale
Tosca
na
Panorama Doc Montecucco
Montecucco
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 113
speciale Toscanavigneti perfettamente integrati
a piccoli, suggestivi ed antichi
borghi abitati. Il tutto al ripa-
ro dalla presenza della cima
dell’Amiata da una parte e del
mare dall’altra.
Dom: - Qui, come altrove in
Toscana, si deve la conser-
vazione del patrimonio pae-
saggistico ed agricolo a quella
antica istituzione sociale rap-
presentata dalla mezzadria…
Alessandri: - Senza dubbio la
mezzadria ha avuto anche qui
la funzione di radicare in modo
equilibrato il fattore umano a
quello ambientale e produttivo.
Anche queste zone hanno co-
nosciuto a partire dal secondo
dopoguerra fenomeni quali
l’abbandono delle campagne
e l’invecchiamento dell’età
media degli addetti impiegati
in agricoltura, ma qui ha resi-
stito uno “zoccolo duro”, per
così dire, che ha mantenuto in
piedi una economia agricola
basata su ordinamenti pro-
duttivi ampi, nei quali accanto
alle produzioni vegetali, al vino
e all’olio, ha sempre mante-
nuto un posto importante l’al-
levamento. Dom:- Insomma
si potrebbe dire che qui, da
sempre, si è praticato un tipo
di agricoltura che oggi defi-
niremmo “ecocompatibile” e
“multifunzionale”. Attualmente
quali sono le tendenze di mer-
cato e gli orientamenti produt-
tivi prevalenti?
Alessandri:- Dopo un periodo
successivo al riconoscimento
della Doc in cui si è assisitito
ad un notevole sviluppo della
superficie vitata investita so-
prattutto a Sangiovese ed altri
vitigni a bacca rossa, le ultime
risultanze di mercato parlano
di un incremento della do-
manda per la tipologia Bianco
e Vermentino in particolare,
tanto che la quantità prodot-
ta non riesce a soddisfare la
domanda: è questo il caso
dell’azienda che vi ospita oggi,
la Tenuta di Montecucco, che
produce circa 15.000 bottiglie
di Vermentino che vanno let-
teralmente a ruba. In genera-
le, comunque, caratteristica
comune di tutte le tipologie è
il vantaggioso rapporto qualità
prezzo: si va dai 4/6 euro per
il Rosso fino ai 18/20 euro per
il Sangiovese Riserva. Intanto
nel nostro colloquio itinerante
siamo passati prima dal vigne-
to all’antica orciaia del ‘700,
poi in cantina, tra vasche di
fermentazione, fusti di affina-
mento e barriques, infine nella
saletta di degustazione, pronti
alfine a degustare i meraviglio-
si prodotti di questo territorio.
Le caratteristiche principali ri-
scontrate in fase degustativa
sono, per i Rossi, un vivace
colore rosso rubino, un bou-
quet fruttato e vegetale, una
fresca nota acida accompa-
gnata da un deciso corredo
tannico, da una robusta spalla
alcolica e da un equilibrio ge-
neralmente soddisfacente. I
vini delle tipologie Sangiovese
e Riserva assumono a pieno
titolo le connotazioni di vini
rossi importanti, caratterizzati
da potenzialità evolutive, lon-
gevità e persistenza notevoli:
alle fresche note acide, alla
quantità e qualità dei tanni-
ni ed al contenuto in alcol e
polialcoli, si aggiunge qui la
presenza di notevoli quantità
di estratto secco a conferire
una struttura generale ai vini
decisamente robusta. Una ca-
ratteristica dei suoli, in buona
parte tufacei e comunque di
origine vulcanica, si ritrova nel
bicchiere: la mineralità e la sa-
pidità dei vini, tanto rossi che
bianchi, è infatti marcata e pia-
cevole. Osservo il Sangiovese
ruoteare nel mio bicchiere e
mi ci immergo ancora una vol-
ta: non posso fare a meno di
pensare a quanto in fretta sia
cresciuto questo fratello mino-
re del Brunello.
La Doc Montecucco in piccoloIl Consorzio di Tutela del vino
Montecucco nasce con il ri-
conoscimento della Doc nel
1998: oggi esso rappresenta
52 aziende su circa 70, ol-
tre 500 Ha di vigneto su una
superficie vitata complessiva
di più di 800 Ha ed oltre 1,2
milioni di bottiglie su una pro-
duzione complessiva di poco
meno di 2 milioni l’anno. I nu-
meri sono destinati a cresce-
re, dato che i vigneti di recen-
te impianto stanno tutti per
entrare in produzione piena.
Altra novità per il futuro pros-
simo venturo è il passaggio
alla Docg, essendo già stato
avviato l’iter necessario.
Azienda RegionaleAgricola Alberese
a cura di Claudio Zeni
L’Azienda Regionale Agricola di Alberese,di proprietà della Regione Toscana, è sicuramente
una delle più grandi aziende in Europa che opera in una area ambientale protetta.
Con i sui 4.600 ettari,
infatti, occupa cir-
ca il 40% del Parco
Naturale della Maremma.
Pinete, boschi, macchia me-
diterranea, dune, pascoli e
coltivi sono l’ambiente dove
l’azienda svolge tutte le sue
attività, nel rispetto della na-
tura attraverso l’agricoltura
e l’allevamento con meto-
do biologico e produzioni a
basso impatto ambientale.
Nel territorio aziendale sor-
gono inoltre numerose edifici
storici di particolare pregio.
Allevamento, vitivinicoltura,
olivicoltura, seminativi, viva-
io, trasformazione alimentare,
commercializzazione e vendita
diretta, ospitalità rurale e con-
vegnistica, fanno di Alberese
una tipica azienda multifunzio-
nale. “L’azienda – esordisce
il direttore Marco Locatelli - è
impegnata ormai da alcuni
anni in un piano di risanamen-
to, anche se l’annata 2009
ha purtoppo mostrato tutte
le debolezze del settore agri-
colo, gravando così in nega-
tivo sul bilancio dell’Azienda.
Il comparto vitivinicolo, che
gestisce oltre 50 ettari di vi-
gneti nell’area Dogc Morellino
di Scansano, è, anche in ter-
mini occupazionali, uno dei
più significativi di Alberese,
visto che nel corso degli anni
ha realizzato nuovi e razionali
vigneti, espiantando quelli ob-
soleti, ristrutturato alcuni locali
esistenti ormai fatiscenti per
ricavarne la cantina aziendale,
con la decisione di affrontare
il mercato con propri marchi
ed etichette”. Il fiore all’oc-
chiello dei nuovi investimen-
ti è il vigneto di ‘Banditella’,
dove l’Azienda ha realizzato
recentemente circa 8 ettari di
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6114
spec
iale
Tosca
naAlberese
nuovo impianto sullo sfondo
di un paesaggio ‘maremma-
no’ straordinario, con colline
e macchia mediterranea, i
monti dell’Uccellina e il mare.
“Il nuovo vigneto di Alberese si
distingue per il perfetto inseri-
mento nel paesaggio – conti-
nua Locatelli - non passa inos-
servata la presenza di alcuni
splendidi esemplari di sughere
che Alberese ha mantenuto
all’interno del nuovo vigne-
to. Questo nuovo impianto,
nasce da un progetto che ri-
spetta l’orografia del terreno
e la presenza di esemplari di
piante di pregio. Si tratta però
di un impianto che prevede
l’utilizzo di una meccanizza-
zione elevata tesa a contenere
i costi di produzione con for-
me di allevamento che valo-
rizzano la qualità del prodotto.
La preparazione di drenaggi
sotterranei per creare la rete
primaria e secondaria di sco-
lo e i terrazzamenti per ridurre
in alcune aree le pendenze,
sono state le prime opere per
il nuovo vigneto”. Per coniuga-
re poi, qualità eccellente che
scaturisce spesso da bassa
produzione per ceppo e pro-
duzione a ettaro accettabile,
sono state impostate densi-
tà di impianto di circa 6.000
piante a ettaro con interfilari a
2,20 metri, mentre per favo-
rire le fasi di maturazione dei
grappoli i fili sono stati porta-
ti a 70 cm da terra. “I vigne-
ti dove nasce il ‘Barbicato’,
Morellino crue dell’Azienda
Regionale di Alberese, si con-
traddistinguono, invece, per
il microclima che, in questa
zona di Maremma è infatti
particolarmente indicato per
la viticoltura perché ventilato
e raramente soggetto ad umi-
dità eccessiva – evidenzia il
direttore – inoltre, gli impianti
dell’Azienda Regionale sono
meccanizzabili e la presenza
di lunghi filari permette un’ade-
guata valorizzazione del re-
cente acquisto della macchi-
na multifunzione”. Abbinando
le migliori tecniche produttive
è possibile così sviluppare un
modello di viticoltura assoluta-
mente compatibile con l’am-
biente che permette all’Azien-
da di produrre prodotti di ec-
cellenza ad un giusto prezzo.
“Il nostro obiettivo è quello di
proporre al mercato vini con
un ottimo rapporto qualità/
prezzo in modo tale che al
consumatore sia sempre più
possibile degustare ottimi
vini al giusto prezzo – con-
clude Locatelli - ecco perché
Alberese, con il Villa Fattoria
Granducale si propone anche
sugli scaffali della GDO con un
Morellino particolarmente gra-
devole.
Non vogliamo però tralasciare
di comunicare ai nostri clienti
l’ambiente, il Parco e la storia
di questo angolo di Maremma
dove produciamo i nostri
vini. Ecco perché le etichet-
te dei nostri vini (Barbicato,
Pellegrone, Villa Fattoria
Granducale, Serrata dei
Cavalleggeri, Castelmarino,
Scoglietto) ricordano luo-
ghi caratteristici dell’Azienda
e quindi del Parco Naturale
della Maremma che posso-
no essere visitati dai clienti. A
noi, interessa che i nostri vini
e i nostri prodotti vengano
assaggiati dove vengono pro-
dotti: abbiamo la convinzione
che in questo modo la qualità
venga apprezzata pienamente
attraverso la ‘Degustazione
Ambientale”.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 115
speciale ToscanaAlberese
Mar
emm
a La Maremma
e la bottarga di Orbetello tra le specialità grossetane
a cura di Claudio Zeni
Una cucina fortemente caratterizzata dalle sue origini semplici e frugali, dove il rapporto diretto e costante
con la terra ed il mare ha dato vita ad una tavola semplice ma allo stesso tempo saporita e genuina.
La storia della cucina
maremmana è stret-
tamente legata, oltre
alla miseria endemica che
si è protratta in questa terra
per vari secoli (cantata con
le parole del famoso canto
popolare Maremma amara) e
testimoniata dalla povertà di
certi piatti come l’acquacotta,
solo recentemente arricchita
con le uova, anche alle ope-
re di bonifica, le uniche che
consentivano rapporti fra i po-
chi abitanti di questa zona e il
mondo esterno. Una cucina,
quindi, fortemente caratteriz-
zata dalle sue origini semplici
e frugali, dove il rapporto di-
retto e costante con la terra
ed il mare ha dato vita ad una
tavola semplice ma allo stesso
tempo saporita e genuina. Tra
le pietanze tradizionali occu-
pano un posto di primissimo
piano quelle a base di cac-
ciagione, in particolare di cin-
ghiale, le zuppe di verdure e di
pesce, mentre tra i prodotti ti-
pici di questa terra spiccano il
vino, l’olio, i formaggi, i salumi,
le castagne, i funghi e i tartufi,
da degustare sia nelle aziende
produttrici, che nei tanti risto-
ranti tipici oppure, in modo
più pittoresco, nelle numerose
sagre che vengono organiz-
zate nei borghi maremmani
in tutti i periodi dell’anno. Un
nuovo un ruolo di primo piano
nell’economia rurale di questa
terra lo riveste oggi la razza
Maremmana, rilanciata da
un progetto di recupero por-
tato avanti dall’azienda agri-
cola della Regione Toscana.
Si tratta di una razza bovina
podolica, quasi scomparsa
negli anni ’50 e oggi recupe-
rata grazie all’attento lavoro
di selezione di alcuni alleva-
tori del grossetano, a partire
dall’Azienda agricola della
Regione Toscana (l’Alberese),
con la stretta collaborazione
dell’Agenzia regionale per l’in-
novazione e la sperimentazio-
ne in agricoltura (Arsia). I bovini
di razza Maremmana vengono
allevati allo stato brado per
tutto l’anno. Il cibo dunque è
rappresentato dal pascolo con
erbe particolari che crescono
in questa zona e con le fronde
degli alberi tipici della macchia
mediterranea, gli stessi alberi
che d’inverno rappresentano
un riparo naturale dalle piogge
e dal clima più rigido. Questo
tipo di allevamento rappresen-
ta un caso abbastanza raro in
Italia e non solo, arcaico per
certi aspetti, ma rivoluziona-
rio per altri dal momento che
gli studiosi di questa razza
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6116
spec
iale
Tosca
na
sostengono che i migliora-
menti genetici siano avvenuti
proprio grazie agli allevamen-
ti estensivi. Inutile specificare
quindi che si tratta di un ani-
male allevato sotto il sistema
biologico. Per tutto questo
le carni della Maremmana si
presentano con una sapidità
naturale e intensa al tempo
stesso, soprattutto per la pre-
senza nell’alimentazione delle
erbe spontanee che sorgono
su questi terreni ricchi di mi-
nerali, in quanto anticamente
paludi. Oltre a questo la carne
presenta anche un ricco con-
tenuto di proteine (oltre il 20%)
ed una moderata quantità di
grassi con un rapporto a favo-
re di quelli insaturi, superiore
ad altre razze podoliche simi-
lari. Dalla terra al mare altra
nuova eccellenza alimentare
della Maremma è la bottarga
(dall’arabo botarikh, uova di
pesce salate) di Orbetello, le
cui prime testimonianze del
suo uso nella cittadina lagu-
nare si hanno nei primi anni
del XV secolo. La Bottarga di
Orbetello si ottiene esclusiva-
mente dalla trasformazione
del cefalo appartenente alla
specie Mugil cephalus e la
sua produzione viene effet-
tuata nel periodo di agosto-
settembre, momento dell’a-
no nel quale tale specie ittica
porta a maturazione le sacche
ovariche. Una volta pescati, i
pesci vengono prima sottopo-
sti al controllo sanitario e solo
dopo vengono lavorati. Quindi
i cefali vengono eviscerati a
mano per esportarne le sac-
che ovariche, operazione da
compiere con molta cura onde
evitare di rompere le sacche e
compromettere tutto il lavoro.
Le sacche accuratamente pu-
lite passano al banco per sa-
latura; qui vengono disposte
all’interno di contenitori in file
sovrapposte, interponendo
tra l’una e l’altra uno strato di
sale.
Una storia di fatica e di mi-
seria un tempo quella della
Maremma, mentre oggi è ter-
ra fertile, ricca ed anche inno-
vativa (grazie anche al turismo
molto fiorente che interessa
mare e campagna), con una
cucina tradizionale fatta con
prodotti e alimenti tipici, che
consentono la preparazione di
piatti al di fuori del tempo, che
spesso non vengono esporta-
ti, ma che sono divenuti ele-
mento fortemente caratteriz-
zante della cultura di questa
lembo della Toscana e della
sua gente.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 117
speciale Toscana
Le Colline Pisanea cura di Claudia Marinelli e Massimo Bracci
La Toscana insieme al Piemonteè senza dubbio la regione più rappresentativa
e prestigiosa del panorama enologico nazionale.
Tra le dieci province che la compongono, quella di Pisa è per la viticoltu-
ra forse la meno nota, ma dalle grandi potenzialità e in questi ultimi anni sta facendo passi da gigante.Anzitutto scopriamo quali sono le zone di produzione dove si otten-gono vini di sicuro interesse quali-tativo. Sostanzialmente possiamo individuarne tre:La zona percorsa dalla strada Vol-terrana che taglia da nord a sud la provincia con le località di Terric-ciola, Morrona e Fauglia a Ovest; Peccioli, Ghizzano e Palaia a Est e Lajatico più a Nord.Tutti luoghi di grande capacità e vocazione enologica, non a caso importanti nomi della produzione vitivinicola di qualità hanno effet-tuato negli ultimi anni, ingenti in-vestimenti.Qui troviamo il Chianti delle Col-line Pisane docg e la doc Bianco Pisano di San Torpè. Nella prima abbiamo l’espres-sione più autentica della tradi-zione toscana con il Chianti che in questa zona ricalca un pò le caratteristiche originarie del vino, come era un tempo, ovvero un vino di non eccessiva struttura, di uso più quotidiano, anche se non
mancano versioni la cui corposi-tà si avvicina più alle tipologie del Chianti Classico. Il Bianco Pisano di San Torpè è prodotto essenzialmente con il Trebbiano Toscano, è una doc in crisi profonda in quanto legata a questo vitigno, che per decenni ha dato vini decisamente anonimi. Questo ha portato i produttori ad abbandonare progressivamente questa tipologia e le dichiarazioni di produzione di questi ultimi anni ne sono la testimonianza tangibile. Qualche produttore timidamente, e con coltivazioni molto attente e curate, è riuscito a ottenere dei San Torpè decisamente più inte-ressanti, ma il percorso è ancora lungo e difficile da intraprendere.Proseguendo a sud troviamo in-vece la seconda zona di eccellen-za della provincia di Pisa che è la zona di Montescudaio che con la sua doc forse rappresenta, quel-la che al momento da maggiori soddisfazioni qualitative e di ap-prezzamento da parte dei consu-matori. Il territorio gioca una parte importantissima su questo suc-cesso in quanto è collocato nella zona più a sud della provincia, a ridosso della più blasonata zona Bolgherese. Una curiosità: prima della II° Guer-
ra Mondiale Bolgheri, Castegneto Carducci e Suvereto erano Pisane e fu Galeazzo Ciano che annesse alla provincia di Livorno queste zone. Ecco come i corsi storici possono cambiare radicalmente un futuro enologico da fulgido a normale; senza quella annessio-ne non parleremo certamente di provincia meno conosciuta. Rispetto a Bolgheri c’è però una differenza sostanziale: mentre i vini bolgheresi sono prodotti in al-tissima percentuale da uve “fran-cesi” come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, con scarsa presenza di Sangio-vese, nella doc Montescudaio la realtà “Sangiovese” si affianca con successo ai nuovi stili a base Cabernet. Questa doc dimostra in ogni caso, rispetto alle vicine Bol-gheri e Val di Cornia, un assetto più meditativo e meno dinamico.Ritornando invece più a nord-ovest troviamo la terza zona, quella di San Miniato.Anche qui sono presenti le due doc specifiche della provincia. Ri-spetto però alla vicina zona di Ter-ricciola i terreni sono più argillosi e pesanti, sul tipo di Montepulcia-no, oltre alle differenze territoriali vi è anche un diverso microclima più influenzato dal mare.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6118
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Tosca
naC
olline Pisane
I vini di San Miniato esprimono for-se le loro migliori potenzialità negli anni difficili quindi con estremi di caldo e siccità e grandi piogge, questo perchè il terreno argilloso, consente in caso di grande caldo di mantenere in profondità una certa freschezza e una sufficiente quantità di acqua per la pianta.In caso di grandi piogge il terre-no si compatta e quindi tiene per così dire sotto stress la pianta, sappiamo tutti che la pianta in queste condizioni di relativa sof-ferenza, dà attraverso i grappoli forse le sue migliori espressioni, questo accade in particolar modo per il Sangiovese.La Toscana, oltre all’antica tradi-zione enologica ha saputo carat-terizzare quasi ogni sua provincia, ogni sua zona, con una propria peculiarità che le contraddistin-gue e la evidenzia. Pensiamo ad esempio a Siena con il Brunello, a Firenze con il Chianti a Grosseto con il Morellino e così via. Ecco, i vini della provincia di Pisa non hanno ancora questo indirizzo caratteriale che accomuna un po’ tutti i produttori. È come se fosse un mosaico in cui le tessere de-vono essere ancora composte: si produce del Chianti, e questo è forse il carattere che l’avvicina a tutta la Toscana, ma si produce anche vini con un carattere meno toscano. Abbiamo aziende di ec-cellenza, blasonate dalle più im-portanti guide specializzate, che hanno raggiunto questi traguardi attraverso un loro percorso per-sonale, per questo manca anco-ra un indirizzo comune che forse ha fatto perdere il vero legame geografico, anche per poter sod-disfare una domanda che faccia-mo spesso al ristorante quando chiediamo “un vino della zona”, in realtà chiediamo un vino espres-sione di una identità comune.Nella provincia di Pisa negli ultimi anni i produttori hanno capito che
era importante che fosse comuni-cato il territorio, più che la singola azienda ed a seguito di questo si sono formate due realtà interes-santi che hanno come scopo co-mune proprio quello di valorizzare questo patrimonio che ancora è poco conosciuto.Nella Città di San Miniato è nata l’Associazione Vignaioli di San Miniato che conta oggi undici aziende che hanno aderito alla costituzione di questa iniziativa di coordinamento e riunione delle specificità produttive. Le aziende sono: Aglioni, Agrisole, Beconcini Pietro, Cosimo Maria Masini, Cu-pelli Ivana, Fattoria Campigiana, Fattoria Collebrunacchi, Fattoria di San Quintino, Azienda Mon-talto, Podere Sassolo, Tenuta di Cusignano. La superficie vitata in produzione relativa alle aziende sopra citate è complessivamente di oltre 101 ettari. Per quello che concerne la tipo-logia di cultivar piantati siamo di fronte alla maggioranza di varietà autoctone, tra le quali spicca ov-viamente il Sangiovese, presente in tutte le aziende come compo-nenti di maggioranza delle singole produzioni. A questo vitigno si associano anche altri autoctoni come il Ca-naiolo, il Colorino (per le tipologie rosse) ed il Trebbiano (per quelle bianche), in alcune aziende si tro-vano vigneti di lunga storia (con punte che toccano, in alcuni casi i sessanta anni di età) e sono ca-ratterizzati dalla presenza di vitigni propri della tipologia toscana tipo Malvasia Bianca, San Colom-bano, Canaiolo Rosa, Malvasia Nera. Non mancano, comunque, per-centuali rilevanti anche di varietà alloctone quali il Cabernet, Merlot e Syrah. Si rileva anche la pre-senza di Tempranillo, che sem-bra affondare le proprie origini nei
transiti storici dovuti alla via Fran-
chigena.
Altra importante realtà è il Consor-
zio Terre del Silenzio che ha una
vocazione territoriale che lo carat-
terizza fin dal suo nome. La scelta
di questa linea di comunicazione,
infatti, nasce proprio dalla volontà
di far emergere le eccellenze del
territorio. Tra queste non può che
esservi il Teatro del Silenzio, fon-
dato su un’idea di Andrea Bocelli,
uno dei più famosi cantanti italiani
nel mondo originario di Lajatico,
che una volta l’anno ospita un
grande evento che accoglie le arti
in questa meravigliosa cornice
che le colline delle Terre del Silen-
zio offrono.
«Abbiamo scelto di chiamarci Ter-
re del Silenzio – spiegano all’uni-
sono i nove produttori – perché
quotidianamente anche noi con-
vogliamo il lavoro nella vigna con
le esperienze e le sensibilità per
arrivare ad un prodotto che sia
l’espressione di questa nostra
terra. Come il Teatro che, una vol-
ta l’anno si anima per un grande
evento, così le nostre Terre sia
animano, anno dopo anno, du-
rante la vendemmia».
I produttori che fanno parte del
Consorzio Terre del Silenzio
sono:
Alberto Bocelli, Bellavista Tosca-
na, Castelvecchio, Fattoria Fib-
biano, Gualandi, Pieve de’ Pitti,
Podere La Chiesa, Poggio Sette
Venti, Vallorsi. Gli ettari vitati sono
circa 100, in percentuali miste
tra uve a bacca rossa e bianca.
I vitigni coltivati sono il Trebbiano,
Malvasia Bianca, Colombana,
Chardonnay, Sauvignon Blanc,
Viognier, Sangiovese, Colorino,
Canaiolo, Cabernet Sauvignon,
Cabernet Franc, Merlot, Syrah
con un complessivo di 350.000
bottiglie prodotte.
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speciale Toscana
Le Colline Pisane culla e origine della FISARLa provincia di Pisa, o meglio la città di Volterra, famosa per la lavorazione dell’alabastro, e più che altro per le testimonianze artistiche e monumentali di gran-dissimo rilievo che la storia ci ha lasciato con continuità, dal perio-do etrusco fino all’ottocento, van-ta inoltre di essere la città dove si è formata la prima delegazione della Fisar. È qui che è nato tutto, tutto quello che siamo oggi come associazione. Non è un caso che in provincia di Pisa siano presenti altre due delegazioni, Pisa e Pon-tedera – Valdera.Al Congresso Nazionale svoltosi a Sirmione del 2007, queste tre de-legazioni sono state riconosciute fra le Dodici Delegazioni Storiche d’Italia, con la consegna del Gon-falone d’Oro.Volterra è comunque la “storica” fra le storiche. Lo spirito della sua fondazione è dovuta alla passio-ne di alcuni ristoratori locali, che colsero allora l’esigenza di colma-re una lacuna nell’arte della tavo-la: formare persone esperte nella cura, scelta e servizio dei vini, ne-cessario connubio con i cibi della tradizione.Impulso forte allo sviluppo della delegazione avvenne ad opera del prof. Sestini, che ricoprì la carica anche di Presidente Na-zionale (il 2° della storia), e di altri personaggi della ristorazione. Dal 2005 la delegazione ha avuto un radicale rinnovamento dando così un impulso significativo di crescita. Alcune della manifesta-zioni che la Delegazione svolge attualmente sono:• “Volterra Gusto”- che ogni
anno premia personaggi im-portanti dell’enogastronomia unitamente ad una kermesse di degustazioni a base di tartufo e
prodotti tipici• “Sapori della Valle” di Mon-
tecatini Val di Cecina - con de-gustazioni di vini del territorio a cura del Consorzio Doc Monte-scudaio.
• “Di Vino Calice” di Pomarance• “Arte a Tavola”• “Le Cene Galeotte” - progetto
con un protocollo firmato d’in-tesa fra il Ministero di Grazia e Giustizia e Unicoop Firenze, per la realizzazione di cene all’inter-no del carcere di Volterra, che vedono impegnati i detenuti “cuochi” del carcere con la su-pervisione di Chef di fama na-zionale.
• I corsi di formazione per sommelier collaborando con la Scuola di Alta Formazione –SIAF– di Volterra (www.siafvol-terra.it), gestita dalla Fondazio-ne Cassa di Risparmio di Vol-terra S.p.a e dalla prestigiosa Scuola superiore “Sant’Anna” di Pisa.
Scendendo da Volterra troviamo Pontedera e tutta la zona della Valdera, la delegazione ha sede in città, che ha come sua primaria peculiarità, la PIAGGIO, azienda leader nel campo della costruzio-ne di veicoli a due ruote, come la VESPA, simbolo storico della nostra Italianità. Questo territorio comunque oltre che all’indotto in-dustriale offre molto di più, infatti tutte le colline che la circondano sono collocate nel classico con-testo dello stereotipo delle “Colli-ne Toscane”, che nel nostro caso prendono il nome di “COLLINE PISANE”. La Delegazione di Pon-tedera – Valdera è da alcuni anni una realtà molto stabile e radicata nel territorio, dove svolge atten-te ed interessanti manifestazioni, collaborando a stretto contatto con le amministrazioni comunali,
in primis con il Comune di Pon-tedera.Alcuni eventi che si sono susse-guiti negli anni ed hanno avuto riscontri interessanti sono state manifestazioni come:• Mangialonga Comune di Pontedera• Lieti Calici Comune di Ponsacco• Gospel & Cioccolato Comune di Santa Maria a MonteQueste sono solo alcune delle attività della delegazione, grande attenzione è sempre stata data ai corsi per la formazione dei sommelier Fisar, andando a va-lorizzare attraverso questi anche il territorio stesso con le “Visite del Territorio”, incontri mirati nelle cantine della nostra zona. I mini-corsi stessi sono stati un mezzo per farsi conoscere meglio ed in modo più capillare sul territorio. La delegazione Storica di Ponte-dera – Valdera vanta due vincitori del Concorso come Miglior Som-melier dell’anno Trofeo Calp, uno risale al lontano 1993, prima edi-zione assoluta del concorso che fu vinta dalla Sommelier Claudia Marinelli, e l’altro nel 2005 vinto dal Sommelier Luca Iacopini.
Per ultimo non poteva mancare il capoluogo di provincia: Pisa.Ci troviamo di fronte ad una cit-tà che ha da un punto di vista storico delle notevoli ed uniche particolarità. La sua storia inizia nel IX sec. a.C. quando Pisa era un insediamento di origine Alfea, una civiltà che, successivamen-te, si fuse con gli Etruschi. Nel II Sec. a.C. questa cultura venne poi, assorbita dai Romani che co-struirono Portus Pisanus. Dopo la fine dell’Impero Romano, fu una città portuale di grande importan-za anche per diverse popolazioni che ne seguirono. Nel XI secolo,
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spec
iale
Tosca
naC
olline Pisane
Pisa divenne una delle quattro Repubbliche Marinare Italiane, in-sieme a Genova, Venezia e Amalfi. Per gran parte del Medioevo, la potente marina pisana, assicurò alla città il dominio del Mediterra-neo Occidentale. Grazie a questo iniziarono le costruzioni, che han-no resa unica e famosa la città, del Duomo e il suo campanile e la Torre Pendente. Pisa è anche la città natale di Galileo Galilei, astronomo, fisico, matematico e fondatore del metodo sperimen-tale. La delegazione Storica di Pisa fu fondata dal Cavalier Ven-turini, e insieme all’amico Bruno Jannet contribuirono allo sviluppo territoriale della Fisar, momenti sicuramente fervidi e pieni di atti-vità legate alla ristorazione ed alla viticoltura locale. La delegazione si è impegnata negli anni a creare manifestazioni che ancora oggi sono all’avanguardia nel pano-rama provinciale come Pisa Vini che fu ideata dalla Delegazione nel 1997, che ad oggi la provincia a ribattezzato come Pisa Unica Terra. Altre manifestazioni sono:• Merum Nostrum, vini del Mediterraneo• I Bianchi in Banchi • Le quattro Repubbliche Marinare, nell’ambito del Giugno Pisano.La delegazione di Pisa ha al suo attivo due Sommelier dell’anno Trofeo Calp, Luca Barsanti nel 1994 e Angelo Catenacci nel 1996.
Uno sguardoin cucina….Possiamo dire che la gastronomia Pisana ha come base le classiche ricette tradizionali Toscane che ci sono state tramandate da seco-li, dalla cucina popolare a quella eseguita alla Corte dei Medici ma facendo un analisi più approfondi-
ta vediamo che ci sono delle par-ticolarità che spiccano valorizzan-do maggiormente la provincia.Le specialità spaziano molto e la conformazione territoriale aiuta in questo. Partendo dalla costa pos-siamo dire che grazie all’influenza storica dei commerci legati alla città, come Repubblica Marinara, c’è stata una maggiore creatività legata alle preparazioni a base di pesce. La reperibilità delle materie prime è un altro fattore determi-nante, le famose “Arselle” (mollu-schi) che si trovano nelle spiagge di Marina di Pisa sono un’ autenti-ca espressione di quello che la na-tura può offrirci e di come, prepa-rate con semplici spaghetti sono un piatto che può dare incredibili emozioni gustative.Altra particolarità che si tro-va proprio qui a “Boccadarno”, antico modo di chiamare Marina di Pisa, sono le “Cèe” (avannot-ti dell’anguilla), che arrivano dal mare verso la fine dell’inverno e risalgono la foce del fiume Arno. Sono attualmente protette per-tanto non è possibile pescarle ma l’antica ricetta “Cèe alla Pisana” è una testimonianza delle nostre tradizioni.Altri pesci utilizzati nella cucina del territorio sono: il muggine del-la foce dell’Arno cucinato alla gri-glia, il pesce ragno bollito e il bac-calà o stoccafisso in agrodolce.Andando verso l’interno della provincia fino ad arrivare alla zona di Riparbella continuando fino a Orciatico e Volterra, qui il territorio assume tutt’altro aspetto, abbia-mo dei bellissimi boschi dove la cacciagione fa da padrona incon-trastata, pertanto tutti i piatti a base di selvaggina come il fagia-no, il germano reale, il cinghiale e la lepre sono alcune delle massi-me rappresentazioni della cucina Pisana. Ottimi i sughi preparati
con il cinghiale e la lepre dove la
struttura e la consistenza degli
stessi offre abbinamenti soprat-
tutto con il Sangiovese. Sempre
in questa zona ci sono delle inte-
ressanti produzioni di formaggi,
principalmente pecorini.
Andando verso la campagna pi-
sana interna incontriamo le Col-
line Samminiatesi, qui troviamo il
famoso Tartufo Bianco, il Tuber
Magnatum Pico, il Cibo dei Re,
il fungo sotterraneo più pregiato,
che si trova, a pochi centimetri di
profondità, in un numero limita-
to di aree predilette dalla natura.
Scriveva Brillat Savarin: “il tartufo
può rendere le donne più tenere e
gli uomini più amabili”. In questa
terra si trovano dei tartufi molto
pregiati, questa particolarità è
data sia per la fertilità dei boschi,
ma anche dall’accurata attività
di raccolta che viene eseguita, la
quale è regolata da un severo di-
sciplinare di produzione e da una
legge regionale che ne definisce
le modalità di raccolta e di com-
mercializzazione.
La stagione di raccolta è breve, si
distribuisce fra i mesi di ottobre,
novembre e dicembre, la produ-
zione è limitata.
Durante il mese di novembre e
precisamente negli ultimi tre fine
settimana la Città di San Miniato
si apre al pubblico offrendo uno
spettacolo imperdibile per la mo-
stra di questi bellissimi tuberi. I
piatti preparati per l’abbinamento
con il tartufo bianco sono quelli
canonici come i tagliolini, la fon-
duta o le uova che esaltano parti-
colarmente le sensazioni olfattive
del tartufo.
Concludendo possiamo affermare
che la provincia di Pisa offre mol-
teplici pecularietà che dovremmo
assolutamente conoscere.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 121
speciale Toscana
Tenute Silvio NardiMoscadello di Montalcino Doc Vendemmia tardiva 2007Moscato.Molto limpido, giallo dorato, molto intenso, molto fine, schietto con frutta gialla matura in evidenza albicocca e pera, fiori gialli e note balsamiche. Caldo, pastoso, con buona acidità molto persistente, avvolgente ed elegante.www.tenutenardi.com
Franco Biondi SantiBrunello di Montalcino DocgTenuta il Greppo 2004Sangiovese grosso.Limpido e profondo, rosso rubino carico. Netto, molto intenso con floreale di rosa. Fragrante con marasca e prugna matura, leggera mineralità. Caldo, strutturato buona acidità e tannini in evidenza già evoluti, note leggere di legno grande,
equilibrato di lunga persistenza aromatica, sapido, sicuramente longevo.www.biondisanti.it
Tenimenti AngeliniBrunello di Montalcino DocgVigna Spuntali 2004Sangiovese grosso.Limpido e trasparente. Rosso rubino tendente al granato. Netto, molto intenso piacevole di frutta matura e cotta in armonia con le note speziate di pepe.Molto caldo, strutturato, di corpo. Elegante nei tannini maturi con sapidità accentuata, molto equilibrato.www.valdisuga.it
Az. Agr. AltesinoBrunello di Montalcino DocgVigna Montosoli 2005Sangiovese grosso.Limpido, rosso rubino aranciato
all’unghia. Caratteristico, molto intenso con sentori di viola, piccoli frutti maturi di sottobosco, gradevole speziatura di liquirizia e vaniglia. Molto caldo, leggermente tannico con buon equilibrio alcol-acidità, sapido e molto persistente.www.altesino.it
Az. Agr. AlbereseMorellino di Scansano DocBarbicato 2006Sangiovese ed altri a bacca rossa.Limpido, trasparente con riflessi aranciati. Intenso persistente, netto. Fruttato nelle note di sottobosco mature e dolci. Ribes e prugna in evidenza, leggermente speziato e minerale. Elegante. Molto caldo, strutturato anche carnoso, equilibrato con tannino evoluto. Sapido e molto persistente.www.alberese.com
122
spec
iale
Tosca
na Degustando
Una commissione di degustatori Fisar Valdichianaha degustato e selezionato questi vini, espressione del vitigno Sangiovese, nelle rispettive zone di produzione
senza tralasciare gli altri vitigni che hanno fatto la storia delle loro denominazioni
Foto a cura di Diego Ciminaghi
Fazi BattagliaMorellino di Scansano DocgGreto delle Fate 2009Sangiovese ed altri a bacca rossa.Limpido e trasparente.Rosso rubino carico. Al naso complesso, intenso con frutta matura in evidenza tipico del vitigno. Leggero il tono floreale, piacevole. Caldo, robusto con la vena acida in evidenza, giustamente tannico e buona sapidità, molto persistente.www.fazibattaglia.it
Tenute FolonariMontecucco DocVigne a Porrona 2007Sangiovese, Cabernet, Syrah.Limpido, poco trasparente per grande estrazione polifenolica.Rosso rubino carico, profondo.Floreale e fruttato con frutta matura rossa, speziatura dolce ed elegante. Di corpo, caldo, leggermente tannico, persistente e sapido.www.tenutefolonari.com
Az. Agr. Le SediciMonteregio di Massa Marittima Doc - Rosso 2009Sangiovese, Cabernet.Limpido, trasparente.Rosso rubino, intenso, floreale di violetta selvatica con evidenza di marasca e prugna, lieve nota vegetale. Di corpo, caldo, leggera dominanza acida, pulite le componenti tanniche. Sapido e [email protected]
Fattoria di SorbaianoMontescudaio Doc 2006Rosso delle Miniere
Sangiovese, cabernet franc, malvasia nera.Rosso rubino carico, limpido. Complesso e molto intenso, speziato e fruttato di ciliegia matura e prugna, piccoli frutti rossi buona mineralità. Molto caldo, rotondo con evidenza di tannini giovani, coperti da una grande alcolicità, buona sapidità, molto persistente.www.fattoriadisorbaiano.it
Tenuta di GhizzanoToscana rosso Igt 2006VenerosoSangiovese, Cabernet Sauvignon.Limpido di un bel rosso rubino carico, unghia appena granata. Molto intenso, persistente con frutta rossa matura tendente a confettura, buona mineralità, note vegetali, leggera speziatura.Di corpo, caldo, carnoso piacevolmente tannico, sapido molto persistente.www.tenutadighizzano.com
Podere la RegolaMontescudaio Doc 2006La RegolaCabernet franc.Limpido e denso, si presenta netto, persistente, con frutti rossi di sottobosco maturi caratteristico, speziatura elegante con pepe in evidenza e piacevoli note vegetali. Molto caldo, pastoso, di gran stoffa, buon equilibrio alcool-tannino, fresco e persistente. Sapido.www.la regola.com
Tenuta di PoggioToscana Rosso Igt 2007Cosimo
Sangiovese.Limpido e trasparente. Rosso rubino leggermente aranciato.Molto intenso, caratteristico di sangiovese, fragrante per il connubio viola mammola e frutti rossi maturi, in evidenza la susina, sentori di legno pulito. Caldo, robusto, equilibrato nella parte acido-tannica, di struttura; la sapidità bilancia la componente alcolica per un buon fin di bocca.www.cosimomariamasini.it
Badia di MorronaSangiovese di Toscana Igt 2006Vigna altaSangiovese.Limpido, poco trasparente.Rosso rubino carico con leggero riflesso aranciato.Netto, persistente, caratteristico di viola con frutta rossa matura e confettura; speziatura elegante con evidenza di vaniglia e pepe. Molto caldo, pastoso, di grande stoffa, buon equilibrio tra alcol e tannino, acidità vestita, molto persistente.www.badiadimorrona.it
Fattoria di FibbianoChianti superiore Docg Casalini 2009Sangiovese, Canaiolo.Molto trasparente, rosso rubino vivace. Intenso, floreale di mammola e fruttato di susina e prugna mature, quasi vinoso. Di corpo, caldo, con acidità pronunciata, giustamente tannico, persistente. www.fattoria-fibbiano.it
123
speciale Toscana
Az. Ag. Casale FalchiniFalchini Metodo ClassicoVernaccia, Chardonnay, Pinot Nero.Brillante e trasparente di un giallo paglierino con riflessi dorati, perlage molto fine e persistente. Al naso intenso, complesso, con frutta bianca e piacevoli note di tostato, mandorla amara e burro. È caldo, di corpo, fresco vivo, piacevole la spalla acida a corredo dell’equilibrio, molto persistente.www falchini.com
Az. Ag. RubiciniVernaccia di San Gimignano Docg 2008 ETHEREA.Vernaccia, Chardonnay 5%.Giallo paglierino carico, cristallino; al naso intenso e complesso con note fruttate di mela e pesca bianca, speziatura leggera di vaniglia e note di ananas.Caldo, equilibrato nella componente alcol-acidità, sapido, molto persistente.www rubicini.com
Az. Biagini ManricoVernaccia di San Gimignano Docg 2008 Ris. SignanoVernaccia.
Limpido, di un giallo dorato con riflessi oro vivo. Al naso intenso, complesso, persistente con frutti bianchi leggermente maturi, piacevole la componente di legno tostato con sentori di vaniglia e cannella. Molto caldo, carnoso, fresco per una moderata acidità, sapido, piacevole ed elegante il fin di bocca.www.casolare di bucciano.com
Fattoria del ColleOrcia rosso Doc 2007 CenerentolaSangiovese fogliatonda.Limpido, rosso rubino con riflessi leggermente aranciati. Intenso, netto con fruttato di frutta rossa matura e sottobosco, molto persistente ed elegante.Strutturato, molto caldo, fresco con la componente tannica presente e garbata, molto persistente.www.cinellicolombini.it
Az. Ag. La CanonicaOrcia rosso Doc 2007 DongiovanniSangiovese, Colorino 10%.Limpido e trasparente di un rosso rubino carico,
profondo. Al naso intenso, floreale di viola mammola, eleganti note di frutta rossa matura e sottobosco, speziatura leggera e dolce. Robusto, rotondo, equilibrato con tannino ancora presente, buona acidità, sapido, lungo in fin di bocca.www.canonicaholiday.com
Vecchia Cantina di MontepulcianoValdichiana Doc 2009Bianco vergine Poggio StellaTrebbiano, Malvasia, Viogner.Cristallino, Giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli. Al naso fragrante con sentori di biancospino e tiglio, frutta bianca acerba con pesca in evidenza. Caldo, fresco vivo con leggera dominanza acida, sapido; molto persistente, piacevole.www.vecchiacantinadimontepulciano.it
Fattoria di Santa VittoriaValdichiana DocVinsanto 2003Trebbiano, Malvasia, Grechetto.Limpido, Trasparente. Giallo ambrato con riflessi dorati. Molto complesso, persistente con profumi
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spec
iale
Tosca
na
netti di frutta caramellata e fichi secchi, note speziate dolci, legno caratteristico di caratello, pulito ed etereo.Molto caldo, robusto, carnoso, si ritrovano le note mielate molto piacevoli, leggera sapidità, molto persistente.www.fattoriasantavittoria.com
Az. Agr. La CalonicaCortona Doc SangioveseGirifalco 2007Sangiovese, Merlot, Cabernet.Limpido, poco trasparente.Rosso rubino carico. Intenso, penetrante con richiami alla viola, piacevoli i sentori di sottobosco maturi, leggera nota vegetale e speziata. Di corpo, caldo, piacevole seppur con acidità marcata, giustamente tannico, persistente.www.lacalonica.com
AvignonesiCortona bianco DocIl Marzocco 2009 ChardonnayChardonnay.Brillante, trasparente. Giallo paglierino dorato all’unghia.
Complesso, molto intenso, piacevole il frutto bianco maturo, soprattutto pesca con note tostate in evidenza e finale floreale gradevole. Caldo, robusto di grande equilibrio alcol-acidità, sapido. Lunga persistenza aromatica.www.avignonesi.it
Poggio alla SalaVino Nobile di Montepulciano DocgPoggio alla Sala 2007Prugnolo Gentile, Canaiolo nero.Limpido, trasparente. Rosso rubino con riflessi granato.Netto, complesso per le note floreali della viola mammola e frutta rossa matura di susine che si legano alla tostatura del legno con speziatura dolce.Di corpo e robusto mette in evidenza la parte alcoolica e sapida, equilibrio acido con piacevole vena tannica.www.poggioallasala.it
Az. Agr. PolizianoVino Nobile di Montepulciano DocgAsinone 2006
Sangiovese.Limpido, brillante. Rosso rubino tendente all’aranciato. Intenso, penetrante, schietto.Ampio ventaglio odoroso di spezie e cuoio, confetture di frutta rossa e piacevoli note minerali. Molto caldo, robusto, tannicità elegante e buona acidità. Equilibrato, molto persistente.www.carlettipoliziano.com
Cantine Vittorio InnocentiVin Santo Toscano Vino da tavola 1995Grechetto, Malvasia.Limpido, denso, poco trasparente.Colore ambrato con riflessi oro antico. Complesso, intenso, fine.Si percepiscono prevalentemente le note di fichi appassiti, mielato e frutta secca, boisé. Caldo, pastoso, morbido, piacevolmente acido per un residuo zuccherino elevato, molto persistente, sapido, chiude con miele e caramello piacevoli.www.cantineinnocenti.it
125
speciale Toscana
Il vino di cui ci occuperemo in questo articolo fa parte di quella ristretta cerchia di vini il cui nome
ispira subito curiosità: il “Pagadebit”. E diciamo subito che mettere il nome a un vino con un suffisso così singolare è anche un buon mezzo pubblicitario. In uno scaffale tra tanti vini con nomi noti e meno noti questo sicuramen-te ti fa soffermare sull’etichetta, attira l’attenzione. Il nome Pagadebit però ha anche un motivo storico, anzitutto in dialetto romagnolo significa “paga-re i debiti” ed è strettamente legato al suo vitigno: il Bombino Bianco. Questo ha la caratteristica di essere un vitigno molto resistente e fertile, resiste a qual-siasi condizione climatica e quindi as-sicura sempre una vendemmia certa, anche in annate difficili.Di debiti da pagare, o da dimenticare, in campagna ce ne sono sempre e per questo pare che il Pagadebit aiutasse a saldare i debiti contratti per la coltu-ra del vigneto, o più simpaticamente a dimenticare, scolandosene forse qual-che bottiglia. Le origini di questo vitigno sono pro-babilmente spagnole e in Italia lo tro-viamo con una discreta diffusione nella parte centro meridionale con partico-lare riguardo al Lazio e alla Puglia. In
Emilia Romagna, considerato un viti-gno minore ha rischiato negli anni ‘60 l’estinzione, ma come succede spes-so, la caparbietà di alcuni produttori ha fatto sì che da pochi filari in cui si era ridotto si arrivasse a una produzione di tutto rispetto. Al 2006 risultavano 637 ettari coltivati. I migliori risultati con il Bombino bianco si ottengono in pianu-ra rispetto ai terreni collinari.La DOC Pagadebit di Romagna na-sce nel 1988 e comprende la fascia collinare del ravennate, riminese e il forlivese-cesenate, in particolare nei comuni di Bertinoro e Castrocaro Terme. La zona che rappresenta me-glio questo prodotto di nicchia è quella di Bertinoro. Bertinoro è una cittadina romagnola in posizione elevata e pa-noramica che dà sulla pianura, si serra nella sua parte più antica, attorno ad un colle, che conserva ancora il carat-teristico aspetto medioe-vale con le mura erette da Papa Alessandro VI.Il disciplinare prevede al-meno l’85% del Bombino Bianco e per la rimanente percentuale vitigni a bac-ca bianca autorizzati dal-le province di Ravenna e Forlì. Si producono due ti-
pologie: Secco e Amabile ed è prevista una sotto-denominazione “Bertinoro” per i vini prodotti in quel comune. È prevista infine anche una limitata pro-duzione di una versione Frizzante.Il colore del Pagadebit è giallo paglie-rino con riflessi verdolini e il suo profu-mo ricorda sentori floreali, in particolar modo quelli del biancospino, mostra a volte una classe paragonabile a quella dell’Albana, con maggiore fruttato che bilancia il sottofondo di mandorle.È un vino di grande versatilità, che lo rende pronto a diverse esigenze. Infatti la versione secca è indicata con anti-pasti delicati di prosciutto e culatello, uova, verdure, pesce e crostacei, con le minestre quali, passatelli, tortellini; così pure con formaggi teneri e freschi. La versione amabile o frizzante è più indicata invece per il fine pasto, soprat-tutto con pasticceria secca e da for-
no, torta di riso, crostate di frutta bianca e dolci al cucchiaio delicati e poco elaborati.Tra le bottiglie più inte-ressanti ci sono il Vigna delle Rose del Podere Vecciano e il San Pascasio dell’azienda Campo del Sole di Bertinoro.
È da sempre stato considerato una moneta di scambio per crediti e debiti
Il vino emiliano dei contadini: il Pagadebit
”
126
“di Luca Iacopini e Massimo Bracci
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 127
news dall'Italia
È apparsa sullo schermo gigante nel Teatro degli Astrusi a
Montalcino collegata in diretta video dalla Città delle Stelle (nei
pressi di Mosca), l’astronauta ESA Samantha Cristoforetti
per ricevere virtualmente sabato 18 settembre il Premio
“Casato Prime Donne” 2010, come personaggio emblema-
tico di una femminilità positiva, vincente, attuale ma soprattut-
to costruita sul merito. Durante la premiazione Rosy Bindi,
Vicepresidente della Camera
dei Deputati e componente del-
la Giuria ha offerto al Tenente
Cristoforetti un’ampollina con-
tenente Brunello di Montalcino
con l’invito a portarlo in missio-
ne con lei. L’astronauta, sem-
plice nella sua divisa, sorridente
per la gioia del Premio, con gli
occhi illuminati quando le han-
no nominato il suo Trentino,
ha voluto soddisfare la curiosità
dei partecipanti rispondendo
ad alcune domande poste da Stefania Rossini giornalista com-
ponente della Giuria del Premio Casato Prime Donne, premio
voluto da Donatella Cinelli Colombini, titolare della cantina
tutta al femminile di Montalcino.
Come ci si trova ad affrontare lo spazio, un ambiente
estraneo alla maggior parte della gente?
Certamente poter esplorare lo spazio è una sfida, sia fisica che
mentale. Come astronauti siamo una “punta dell’iceberg” co-
stituito da molti altri professionisti che si dedicano alla scoperta
dell’universo, attraverso studi e ricerche. Noi, andando fisica-
mente al di fuori del pianeta, manteniamo vivo l’interesse per la
grande avventura che è quella degli esseri umani nello spazio.
Nella vostra missione, tra i sogni di astronauta, c’è la
speranza di trovare altri mondi, con forme di vita simili
alla nostra?
L’esplorazione dello spazio da parte degli astronauti è pensabi-
le oggi limitatamente a corpi celesti prossimi alla Terra, dove si
potranno forse trovare forme molto semplici di vita.
Gli strumenti di esplorazione remota dello spazio, tuttavia, ci
permettono oggi di individuare pianeti in sistemi solari lontani
dal nostro. E forse in futuro si scopriranno pianeti ‘abitabili’,
ovvero potenzialmente adatti a supportare forme di vita com-
plesse simili alla nostra.
Oggi è stata premiata da
una cantina di Montalcino,
pertanto la domanda è
d’obbligo. Cosa mangerete
in viaggio? Ma soprattutto
cosa berrete, nelle occasio-
ni speciali potrete degustare
un buon vino?
Purtroppo l’alcol è bandito sul-
la stazione spaziale, pertanto
pasteggeremo sempre e solo
ad acqua. Qualche astronau-
ta buongustaio sta cercando di migliorare la qualità del cibo,
ma è certo che, se potrò, porterò in missione l’ampollina di
Brunello di Montalcino che mi è stata offerta. Ringrazio la Giuria
e Donatella Cinelli Colombini per avermi scelta per questo
prestigioso premio, che devolverò all’Associazione Women in
Aerospace – Europe per permettere la partecipazione a valenti
ricercatrici a convegni scientifici.
La Vicepresidente della Camera Rosy Bindi ha concluso
il collegamento affermando: “Dall’incontro via internet è emer-
so il valore di questa donna di talento. La sua vita parla da
sola. Oggi si è vista l’umanità e il coraggio nella carriera milita-
re. Inoltre, il fatto che questa giovane astronauta italiana, se-
lezionata tra 8500 candidati selezionati dall’Agenzia Spaziale
Europea, abbia devoluto il Premio ad altre giovani è una scelta
significativa. Come lo è la promessa che, se sarà possibile, por-
terà il Brunello su altri pianeti, non per berlo ma per portarlo nel
futuro.”
Dalla Città delle stelle in Russia Samantha Cristoforetti incanta Montalcino e devolve il premio Casato Prime Donne all’associazione Women in Aerospace (WIA) Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati, offre al tenente una ampollina con il Brunello di Montalcino da portare nello spazio
Notizia inviata da Marzia Morganti Tempestini - Ufficio stampa Az. Agr. Donatella Cinelli Colombini
Per maggiori informazioni: Donatella Cinelli Colombini Az. Agr. - Casato Prime Donne Montalcino - Fattoria del Colle Trequanda
Dr. Alessia Bianchi - 0577 662108 - [email protected] - Ufficio stampa - Marzia Morganti Tempestini - 3356130800 [email protected]
www.cinellicolombini.it/wpi
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news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6128
Nel suggestivo contesto della Fortezza Vecchia, cuore storico della città di Livorno e porta della Toscana sul Mediterraneo, il 12 e 13 giugno 2010 la Delegazione di Livorno della FISAR ha ideato, progettato e realizzato una grande manifestazione che per la prima volta ha radunato in un unico contesto i produttori ed i vini di tutta la Provincia.Questa, composta dalla costa “degli Etruschi”, tra Livorno e Piombino, e dal-le Isole d’Elba e Capraia, si caratteriz-za per produzioni di eccellenza note in tutto il mondo. È il territorio di Bolgheri, che, con il Sassicaia, ha fatto da “apripi-sta”, ma poi è stato seguito dalla Val di Cornia, in particolare con l’area privile-giata intorno a Suvereto, dall’Elba, con la valorizzazione del vitigno Aleatico, ed infine, con l’ultima DOC nata, dal Terratico di Bibbona, che copre un ter-ritorio un po’ eterogeneo ma in gran-de sviluppo da Bibbona a Cecina, da Rosignano a Collesalvetti.A MareDiVino hanno aderito quasi 60 produttori, piccole realtà e grandi azien-de: così, alla grande degustazione al banco si sono potuti assaggiare e con-frontare i vini prodotti nei diversi terroir della Costa e delle isole, ed anche all’in-terno delle singole zone – identificate dalle DOC di riferimento: Terratico di Bibbona, Bolgheri, Val di Cornia, Elba – si sono potute percepire le differenze di suoli, climi e sistemi produttivi. La presenza personale di molti produt-tori, anche di quelli che per la presen-tazione dei propri vini hanno richiesto un sommelier, ha consentito loro di incontrare direttamente appassionati ed operatori, per comunicare passione e produzione, ma anche di girare tra le postazioni dei colleghi per assaggiare e confrontarsi. Nell’ambito della manifestazione si è
tenuto un nuovo ed originale concor-so enologico a “giuria popolare” e va-rie degustazioni tematiche guidate alla scoperta di singoli territori o vitigni.Alla cena del sabato sera, curata da Maurizio Marchisio dell’Enoteca VYNO, è stata creata un’ulteriore vetrina per i prodotti delle aziende aderenti: i com-mensali hanno potuto scegliere di abbi-nare ai piatti uno o più dei cinquanta vini della Provincia di Livorno serviti a buffet ed illustrati dai sommelier FISAR.In Fortezza, poi, all’Enoteca sulla Terrazza dei Grani è nata da MareDiVino una vetrina permanente dei prodotti del territorio della Provincia di Livorno: il passaggio dal porto della città di quasi un milione di crocieristi ogni anno non può lasciare indifferenti i produttori, che hanno iniziato a lasciare le bottiglie dei propri vini perché siano acquistate e portate in tutto il mondo come “souve-nir” del territorio livornese e toscano.Con MareDiVino la FISAR Livorno ha voluto realizzare il proprio scopo asso-ciativo, che principalmente è quello di diffondere e valorizzare la cultura eno-logica e promuovere il vino di qualità come prodotto della terra e del lavoro dell’uomo. Così, preso atto dell’esistenza sul terri-torio livornese di vini divenuti emblema di eccellenza a livello nazionale ed in-ternazionale, l’associazione ha deciso di creare un’occasione sistematica di presentazione nella città capoluogo dei prodotti e dei produttori dell’intera pro-vincia.L’apprezzamento dei produttori e dei visitatori è stato corale, sia pure con qualche suggerimento per migliorare: un incoraggiamento a lavorare subito per la seconda edizione di MareDiVino nella Primavera 2011, cui tutti sono in-vitati fin da ora.
LE AZIENDE PARTECIPANTIZona TERRATICO DI BIBBONA: Agrilandia; Caiarossa; Castello del Terriccio; Colli Etruschi; Dolci Ricordi; Elisabetta; Fattoria Kappa; Ferrari Iris & Figli; Leopoldo I di Toscana; Sada; Villa Caprareccia - BOLGHERI: Argentiera; Batzella; Caccia al Piano 1868; Campo alla Sughera Knauf; Di Vaira Vincenzo; Castello di Bolgheri; Donna Olimpia 1898; Eucaliptus; Grattamacco – Collemassari; Greppi Cupi; Guado al Tasso; I Luoghi; La Cipriana; Le Grascete; Le Macchiole; Giorgio Meletti Cavallari; Podere Sapaio; Poggio alle Querce; Enrico Santini; Michele Satta; Tenuta dell’Ornellaia;Tenuta San Guido - VAL DI CORNIA: Agricola Le Querce; Brancatelli; La Bulichella; Giomi-Zannoni; Gualdo del Re; Il Falcone; Incontri; La Fralluca; Macchion dei Lupi; Petra; Petricci e Del Pianta; Podere San Luigi; Poggio Rosso; Rigoli; Rubbia al Colle – Muratori; Sant’Agnese dei F.lli Gigli; Terradonnà; Tua Rita; Tuttisanti; Valdamone - ELBA: Acquabona; Fattoria Delle Ripalte; Mola - CAPRAIA: La Piana
UN NUOVO MODELLO DI CONCORSO ENOLOGICO: “ROSSO BUONO PER TUTTI”Nell’ambito della manifestazione MareDiVino si è svolto il primo concorso “Rosso buono per tutti”.L’idea alla base del Concorso è stata quella di sottoporre al giudizio non di tecnici, ma di consumatori, i vini rossi prodotti dalle aziende della Provincia di Livorno reperibili nelle enoteche ad un prezzo non superiore ai 16 €. Il vino di maggior consumo, quello destinato ad accontentare un pubblico ampio, atten-to ma non necessariamente specializza-to, il vino “base”, sebbene tutti i prodotti
La FISAR di Livorno e MareDiVino
in famiglia
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news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 129
presentati fossero di qualità tale da non
poter essere costretti in una definizione
del genere.
Le molte aziende partecipanti a
MareDiVino hanno entusiasticamente
aderito all’iniziativa: erano ben 45 i vini
in concorso, suddivisi in quattro batte-
rie, e rappresentativi di tutte le zone a
vocazione vinicola della Provincia. Ogni
“giurato” ha indicato tre vini tra quelli
degustati, rigorosamente alla cieca: i tre
che più lo hanno colpito, i tre che ha
ritenuto “i più buoni”.
A laurearsi vincitore per questa pri-
ma edizione una giovane ma attiva
azienda di Rosignano Marittimo, la
Fattoria Kappa. Presentava il suo IGT
Kappatoscana 2008, blend di cabernet
sauvignon, merlot ed altri vitigni sapien-
temente assemblati dall’enologo Andrea
Di Maio, nella foto premiato dal Delegato
Mario Albano, dal Consigliere Nazionale
Filippo Terrasini e dal Responsabile del
Concorso, Luca Canapicchi.
Piazza d’onore per il Poggio a’ Bugni
2007 dell’Azienda Valdamone di
Suvereto, IGT Toscana a prevalenza
merlot, con saldo di cabernet sauvi-
gnon e syrah. Terza piazza in condi-
visione per il bolgherese Borgeri 2008
di Giorgio Meletti Cavallari - cabernet
sauvignon in prevalenza, merlot e syrah
- e per il Pergolaia 2006 IGT Toscana
dell’azienda Caiarossa di Riparbella, ot-
tenuto da vigneti in larga parte ricaden-
ti nella provincia labronica impiantati a
sangiovese, con piccoli saldi di merlot e
cabernet franc.
Notevole, comunque, la qualità di tut-
ti i vini in concorso. L’auspicio è che
l’evento divenga un appuntamento fis-
so ogni anno, e che le aziende conti-
nuino a crederci come hanno fatto per
questa edizione, ambendo ad ottenere
il titolo di “Rosso Buono per Tutti” come
riconoscimento di una scelta di qualità applicata a tutti i vini delle loro gamme.LE DEGUSTAZIONI GUIDATEVermentino della Costa Etrusca:Kalendamaia 2009 - Sant’Agnese; Obizzo 2009 - Donna Olimpia 1898; Tuscanio Bianco 2009 - La Bulichella; Vermentino 2009 - Agricola Sada; Bianco delle Ripalte 2009 - Fattoria
delle Ripalte; Vermentino 2009 – Antinori; Grattamacco bianco 2009 – Grattamacco; Valentina 2009 – Gualdo
del Re; Stradivino 2009 – Rigoli
Terratico di Bibbona Rosso: Sangiovese 2008 - La Tanna; Il Callare Sangiovese 2008 - Azienda Agricola
La Cerretella; Penso 2008 – Ferrari
Iris; Lenaia 2008 - Casa di Terra; Filari Dorfino 2007 - Villa Caprareccia; Mistobosco 2007 - Massimo Ciarcia; Riserva 2007 - Casa di Terra; Rubin Del Re 2006 - Colli Etruschi
Bolgheri Superiore a confronto (con Ernesto Gentili): Argentiera 2007 - Argentiera; Arnione 2007 - Campo alla
Sughera; Castello di Bolgheri 2007 - Castello di Bolgheri; Grattamacco 2007 - Grattamacco Collemassari; Gualdo al Tasso 2007 - Tenuta Gualdo al Tasso;
Millepassi 2007 - Donna Olimpia 1898; I Castagni 2007 - Michele Satta; Ornellaia 2007 - Tenuta dell’Ornellaia; Sassicaia 2007 - Tenuta San Guido; Paleo 2007 IGT Toscana - Le Macchiole
I Grandi rossi della Val di Cornia (ben 13 vini):Sancerbone 2007 - Agricola Le Querce; Cabernet Sauvignon 2007 - Tuttisanti; Valle del Sogno 2007 - Giuseppe
Brancatelli; Coldipietrerosse 2006 - La
Bulichella; Fidenzio 2006 - Podere San
Luigi; I’Rennero 2006 - Gualdo del
Re; Petra 2006 IGT Toscana - Petra; Velthune 2006 - Poggio Rosso; Vallin dei Ghiri 2006 - Il Falcone; Buca di Cleonte 2006 - Petricci e Del Pianta; Vigna Molisso 2004 - Rubbia al Colle Muratori; Spirto 2004 (IGT) - Sant’Agnese
L’Aleatico:Aleatico 2009 - La Bulichella; “Amansio” Aleatico Val di Cornia 2008 - Gualdo del
Re; “Stillo” Aleatico Passito Val di Cornia 2008 - Petricci e Del Pianta; Aleatico Passito “Cristino” 2008 - La Piana
Capraia; Aleatico dell’Elba 2007 - Mola; Aleatico dell’Elba 2006 - Acquabona; “Alea Ludendo” Aleatico dell’Elba 2006 - Fattoria Delle Ripalte.
in famiglia
Notizia inviata dalla Delegazione di Livorno
130
news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6130
in famiglia
Notizia inviata da Antonio De Vitiis – Coordinatore Delegazioni Nord Est
Anche se è trascorso molto tempo, ci
appare doveroso ricordare la grandio-
sa Manifestazione che ha avuto luogo
il giorno 12 maggio nei maestosi e
spettacolari Saloni Adriatico e Laguna,
all’interno della storica ed affascinante
cornice del Casinò, al Lido di Venezia.
Vogliamo porre l’accento sull’impe-
gnativa e prestigiosa partecipazione
della FISAR Nord Est all’Evento inter-
nazionale Poster “Wine & Cheese”,
nell’ambito del 39th CIESM Congress
“The Mediterranean Science
Commision, presieduto da S.A.S.
il Principe Alberto II di Monaco. Le
Delegazioni FISAR del NordEst sono
state rappresentate da tre Dirigenti
Nazionali e dai Delegati del Veneto-
Friuli, assieme a venti Sommelier che
hanno proposto e fatto degustare i
vini di 30 importanti Aziende vitivinico-
le ai circa novecento partecipanti tra
Congressisti, Delegazioni Governative
e Giornalisti, in rappresentanza dei
Paesi del Bacino del Mediterraneo e
del Mar Nero.
Con gran piacere abbiamo riscontra-
to la esplicita soddisfazione dei con-
venuti che, attorno a tavole signoril-
mente imbandite e in un’atmosfera
affascinante e gioiosa, hanno felice-
mente apprezzato i Vini posti in degu-
stazione ed hanno ammirato l’elegan-
za e la professionalità della Brigata di
Sommelier, che ha saputo esprimere
un Servizio all’altezza delle attese,
rendendo ancora più prestigiosa l’im-
magine della Manifestazione.
Questa esperienza, positiva e gra-
tificante per la qualità dei Vini e per
l’impegno dei Sommelier, ha raccolto
il plauso del Direttore Generale del-
la CIESM prof. Frédéric Briand ed il
grato riconoscimento della dott.sa
Laura Giuliano, Scientific Advisor della
CIESM del Principato di Monaco.
In una comunicazione ufficiale al
Coordinamento delle Delegazioni
FISAR del NordEst, la dott.sa Giuliano
così si è espressa:
“Il nostro Direttore Generale prof.
Frédéric Briand, i partecipanti al
Congresso, i Delegati nazionali, e noi
tutte siamo rimasti abbagliati dalla
magnificenza del decoro, del servizio
e dalla qualità (fuori scala!) dei vini”.
“Il Congresso in Italia è stato eccellen-
te ed il vostro contributo allo stesso
ha giocato un ruolo fondamentale a
garantire tale eccellenza”.
Un ringraziamento ai Sommelier per
l’altissimo livello della loro prestazione
durante l’evento CIESM Poster “Wine
& Cheese”, per la cura e l’eleganza
espresse a conferma dell’impegno e
della professionalità.
I Dirigenti della FISAR del Veneto-Friuli
colgono l’occasione per esprimere la
gratitudine alle Aziende partecipanti
alla Manifestazione, anche per il tan-
gibile aiuto nel sostenere, da lungo
tempo, le proposte e le attività delle
Delegazioni nel promuovere un sem-
pre più alto livello della cultura eno-
gastronomica nel Territorio.
Wine & Cheese con la FISAR Nord Est39th CIESM Congress, “The Mediterraneam Science Commission”
Principe Alberto di Monaco con il Consigliere FISAR Pennazzato
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131
news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 131
Non molti conoscono l’origine dell’appellativo “Mucco Pisano”. Prima ancora dell’industrializzazione delle campagne, i contadini delle zone comprese tra le Alpi Apuane e le prime colline livornesi, per una profondità che arrivava a Montecatini e al padule fra Fucecchio e San Miniato, avevano necessità di una mucca che producesse il latte per la famiglia e nel contempo potesse avere la forza di un bue per i lavori della terra. Le scarse risorse del terreno non permettevano, nell’economia della cascina, il mantenimento di due bovini. Nel tempo si consolidò l’attaccamento alla razza derivante dall’incrocio della razza Schways (Bruna Alpina) con popolazioni locali e successivamente con Chianina, Olandese e Durham. Nei primi anni del secolo scorso si potevano contare fin oltre ventimila capi allevati e, genericamente, il contadino chiamava la bestia con il nome di mucco, ad indicare la particolare forza di lavoro. Successivamente, con l’avvento dei trattori ed altre macchine agricole, la razza è andata pian piano scomparendo. Fu proprio l’allevatore Furio Salvadori a comprare l’ultimo toro, salvando così la storica razza dall’estinzione. Oggi l’allevamento è rivolto alla produzione di carne pregiata che risulta essere particolarmente saporita, tenera e con caratteristiche qualitative di pregio e naturalmente di grande genuinità. Dal 1978 è in corso un programma di salvaguardia della razza gestito dall’A.P.A. di Pisa e finanziato dalla Regione Toscana che può contare su di un patrimonio di circa 300 capi. I figli, Fulvio e Fabrizio e la nuora Renza, hanno ampliato l’attività dell’azienda agricola diversificando le attività, ma mantenendo al centro l’allevamento bovino ed in special modo la razza Mucco Pisano. Proprio nel ristorante dell’agriturismo “Lago delle Tamerici”, via della Sofina n° 6 a Coltano di Pisa, facente parte della suddetta azienda e gestito da Leonardo, la FISAR di Pisa e Litorale ha
organizzato la consegna degli attestati di primo livello ai trenta corsisti promossi. Il direttore del corso Vittorio De Santis ha spiegato il percorso gastronomico scelto, con funzione didattica, rimarcando come nel ricco menù dello chef Stefania, la carne del Mucco Pisano prevalesse, iniziando fin dall’antipasto con una squisita tartara, semplice e gustosa, contornata da crostini ai fegatini, alla salciccia e stracchino, alla mozzarella e prosciutto ambedue passati al forno e Polenta sia con cinghiale sia con funghi. Ottimi i seguenti primi piatti: Trofie al radicchio e pistacchi, Crèpes con ricotta e spinaci rigorosamente fatte in casa e Pappardelle fatte a mano al ragout di Mucco Pisano. I vini serviti in abbinamento hanno contribuito a rendere interessante la serata dei corsisti, tramutandola in lezione pratica, in quanto i diversi sapori degli antipasti e dei primi richiedevano una ricerca sensoriale per avere le giuste esaltazioni reciproche e pertanto sono stati serviti, con facoltà di assaggio, il Pinot Grigio Veneto IGT 2008 dell’Azienda Agricola Pavan, il Pinot Bianco del Friuli DOC Collio 2008 ed il Cabernet Friuli DOC Collio 2008 dell’Azienda Agricola Corte di Castello. Il susseguente Gran bollito di Mucco in salsa verde e lo Stinco di Mucco al forno hanno evidenziato i sapori delicati e la grande consistenza di questa carne: lo stinco viene aperto per la lunghezza, l’osso segato in due, tolto
il midollo per riposizionarlo nello stinco in modo che la successiva cottura lo sciolga insaporendone le carni: una vera delizia per il palato che veniva ripulito con il Rosso di Montefalco DOC 2006 della Tenuta Alzatura. Originale e delizioso il dessert: ricotta del Parco montata su letto di Pan di Spagna affogato all’Alchermes o al caffè accompagnato dal Moscato DOCG 2007 dell’azienda Cascina del Santuario. Il servizio vini è stato espletato dai Sommeliers Stefano Noferi e Francesco Giuntini. Al termine il delegato Maria Cristina Messina, dopo aver ringraziato Fulvio Salvadori e la signora Anne per l’opportunità e per la loro presenza, ed il tesoriere Umberto Chericoni hanno provveduto alla rituale consegna degli attestati di primo livello in un clima di gioviale goliardia e grandi applausi. Questi i bravi corsisti: Amianto Monica, Bagnato Chiara, Baschirotto Sergio, Benanti Fabrizio, Benedetti Massimo, Ceccarelli Massimiliano, Cozzolini Ylenia, Cucinotta Monica, Davini Nicola, Forensi Angelo, Giorgetti Sara, Giorni Valerio, Grassi Liliana, Iacobelli, Beatrice, Iacobelli Susanna, Lavalle Giuseppe, Loconsole Claudio, Macchia Fabrizio, Mannucci Elisabetta, Mazzei Enrichetta, Montanaro Francesca, Morcaldi Marco,,Niccolini Nicola, Palaia Daniele, Paoli Matteo, Priami Andrea, Sannicandro Antonella, Siciliano Valeria, Trassinelli Cinzia, Vignali Giada.
La Fisar Pisa e Litorale alla scoperta del Mucco Pisano
in famiglia
Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale
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news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della
Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6132
Entusiasmo, soddisfazione e stu-
pore. Ecco come si può riassumere
l’esperienza vissuta durante il periodo
di imbarco del sommelier della dele-
gazione di Savona-Imperia, Nunzio
Vogliobene sulla nave del gruppo
Costa Crociere “Costa Allegra” dal 25
maggio al 28 di giugno 2010. Il no-
stro sommelier ha prestato servizio di
mescita, consulenza e non da ultimo
attività didattica non solo hai clien-
ti imbarcati ma anche al personale
di servizio in sala che ha dimostrato
grande interesse e partecipazione.
L’attività dei sommeliers a bordo,
troppo spesso trascurata o addirittura
assente è ormai da ritenere indispen-
sabile considerato l’altissimo livello
della ristorazione e dell’intrattenimen-
to raggiunto negli ultimi anni a bordo
delle navi da crociera. L’impostazione
base del servizio, data da Nunzio,su
turnover di 15 giorni è stata di quattro
serate a tema con specifica possibilità
di scelta dei vini proposti, in sintonia
con i cibi preparati . In questo modo
si è accompagnato il cliente non solo
nella scelta e nell’abbinamento, senza
trascurare le proprie preferenze, ma
anche nella degustazione stessa dei
vini e nell’analisi organolettica.
Grande soddisfazione e riconosci-
mento sono valsi l’ impegno profuso
da parte di Nunzio che non si è rispar-
miato in termini di ore di lavoro, pre-
parazione della cantina e responsabi-
lità del servizio. Grazie al suo lavoro
abbiamo anche scoperto le grandi
potenzialità che questo settore della
ristorazione potrà sicuramente offri-
re a tutto il mondo della sommellerie
e dell’enogastronomia.Uno sbocco
professionale di sicuro interesse per
giovani sommelier, che potranno uni-
re una grande esperienza di sevizio,
all’eccellenza mondiale della navi da
crociera. Terminata questa prima vol-
ta e con il rinnovato entusiasmo di chi
ha elevato la propria esperienza grazie
alla simbiosi ottenuta, da entrambe le
parti, si è già manifestata la volontà di
proseguire questo percorso con un
secondo periodo di imbarco con inizio
13 settembre prossimo. Nell’ auspicio
che l’operato non rimanga un singolo
episodio ma possa essere il prologo
di una grande partnership tra la nostra
federazione e Costa Crociere Non ci
resta quindi che ringraziare della di-
sponibilità dimostrata dal sommelier
Nunzio Vogliobene e la Direzione di
Costa Crociere per aver fatto cono-
scere la nostra associazione anche
“in mezzo al mare” e che augurare ad
entrambi un grande in bocca al lupo
per le prossime attività.
Fisar di Savona-Imperia: un sommelier tra le onde
Notizia inviata da Donatello Rinaldi della Delegazione di Savona - Imperia
in famiglia
133
133
news dall'ItaliaA Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 133
Giovedì 17 Giugno 2010 la Delegazioe FISAR Valdelsa ha festeggiato i suoi neo Sommelier, 13 in totale, che hanno conseguito con merito l’atteso Diploma. La serata si è svolta presso l’azienda “Rocca di Montemassi”, nei pressi di Roccastrada, località situata nell’alta Maremma Grossetana e zona della DOC Monteregio di Massa Marittima. L’area risulta particolarmente vocata per la produzione di vini di qualità ottenuti grazie ad un terreno di tipo siliceo-argilloso arricchito da preziosi minerali e dal clima mediterraneo che, con la presenza costante di brezze marine mitigano le alte temperature estive, mantenendo sani i grappoli. In un ambiente molto ospitale è situata la Cantina recuperata circa 10 anni orsono per volere della attuale proprietà, che ha scelto di mantenere la destinazione rurale e salvaguardare il paesaggio recuperando dal punto di vista architettonico le strutture esistenti che sorgono tra pini marittimi, olivi ed un piccolo lago naturale. Dopo un’interessante visita guidata in Cantina e successiva visita al “Museo della Civiltà Rurale”, dove sono esposti circa 3000 oggetti di vita contadina e numerose immagini di vita lavorativa della Maremma, si è passati alla cena, in cui ovviamente, gli ottimi vini dell’Azienda hanno fatto da contraltare ai prelibati piatti preparati dalla cucina. I vini, 2 tipici e 2 provenienti da uvaggi cosiddetti “internazionali” che, visti i risultati, in Maremma hanno trovato un microclima particolarmente adatto, sono stati: il “Calasole” – Maremma Toscana IGT del 2009, tipico Vermentino per l’occasione ottimo aperitivo, dal colore giallo paglierino brillante con profumi di fiori bianchi e di frutta appena matura, vino di spiccata freschezza e mineralità, equilibrato, che si presta ad essere bevuto a tutto pasto; per passare poi all’ “Astraio” – Maremma Toscana IGT del 2009, proveniente da uve Viognier in purezza, di colore paglierino con riflessi verdolini, profumi eleganti, fragranti di fiori bianchi e frutti a pasta bianca, di piacevole sapidità e mineralità, da abbinare a primi piatti di verdure, frutti di mare, pesce crudo; terzo vino degustato il “Sassabruna” - Monteregio DOC del 2008, produzione tipica per eccellenza costituito da Sangiovese in prevalenza. Di colore rosso rubino intenso, complesso con note di frutta matura, speziato, dal sapore gradevole di liquirizia in retrobocca. Si accompagna con piatti tradizionali toscani, in primis selvaggina arrosto, fiorentina, ma anche piatti a base di sugo di cinghiale; per finire “Le Focaie” – Maremma Toscana IGT del 2008, blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah dal colore rosso rubino intenso con sfumature violacee, di buona
struttura, con profumi intensi di frutti di bosco e fiori di campo, vino caldo, di buona freschezza, morbido e persistente, da abbinare a primi piatti saporiti, carni rosse grigliate e pecorini di meda stagionatura. La serata è proseguita con la rituale consegna dei Diplomi conseguiti dai corsisti: Yuri D’Onodfrio, Lorenzo Dei, salvatore De Genua, Serena Bartalucci, Luca Nigi, Silvio Tistoni, Mauro Veltroni, Alessandro Nesi, che hanno frequentato con profitto il corso di 2° livello di Poggibonsi, per culminare con la consegna dei Diplomi ai neo Sommelier: Alessandra Balestri, Riccardo Cabizza, Eleonora Cavallini, Angelo Del Soldato, Lorenzo Marziali, Luca Nardi, Andrea Pagliai, Simone Paolucci, Marco Peggi, Davide Rossi, Monica Valenti, Alessandro Vigni e Stefano Vigni che hanno ricevuto le congratulazioni dal Consigliere Nazionale Franco Rossi, presente alla cerimona e dal Delegto della Valdelsa Franco Aiazzi, che ha voluto giustamente rimarcare che il conseguimento della qualifica di Sommelier FISAR deve essere considerata, metaforicamente, come la piattaforma su cui innalzare il livello professionale e culturale di ognuno, in ambito enogastronomico.
in famiglia
Notizia inviata da Franchini Filippo della Delegazione Siena
La Delegazione di Siena Valdelsa festeggia i suoi neo sommelier
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news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6134
“Delle Badesse” è un relais de charme
nella campagna veneto-padovana
nel comune di Borgoricco. In questa
incantevole struttura, Massimo
Minotto, gestore, ed in via eccezionale
chef, ha ospitato il 15 giugno scorso
le Delegazioni F.I.S.A.R. di Venezia e
Padova, accogliendole nell’elegante
resort e deliziandole, dopo gli aperitivi
di benvenuto serviti in giardino,
con insoliti e prelibati antipasti di
pesce e crostacei. Tra i tanti, sono
state maggiormente apprezzate le
“foglioline di tonno rosa in salsa di
mandorle ai profumi mediterranei”, ove
la mandorla, tostata e perciò amara,
di un poco stempera la sapidità del
tonno. La portata è stata felicemente
abbinata a Petit Marseng Carpenè
Malvolti, ultimo nato della storica Casa
e presentato ufficialmente a Vinitaly
2010. Spumante extra brut di ricco
corpo e bella struttura acida, esalta con
il metodo Charmat Martinotti ed una
conservazione sur lie, costantemente
rimesso in sospensione, le note
minerali dell’omonimo vitigno,
riportandoci alle caratteristiche del
territorio collinare ai piedi dei Pirenei
francesi, luogo di provenienza del
Petit Marseng. Madrina ed ospite
della serata Rosanna Carpenè che ha
accolto l’invito delle due delegazioni
ad accompagnare il suo vino ed
ingentilire il tavolo dei rappresentanti
F.I.S.A.R. presenti, primi fra tutti
il Consigliere Nazionale Giorgio
Pennazzato ed il responsabile di zona
del Centro Tecnico Nazionale Silvio
Dalla Torre.
La serata è proseguita, tralasciando,
ma solo per brevità, i ricchi primi
serviti e le portate di mezzo, con
l’abbinamento tra pasticceria secca
tradizionale veneta e Deòro, moscato
Passito veneto IGT di Cantine
Sansovino, Conselve – Padova, che,
con lungo appassimento in fruttaio,
è vinificato a temperatura controllata
e maturato per 18 mesi in botticelle
di rovere. Il metodo trae dal moscato
giallo - in veneto detto moscato “fior
d’arancio” – un vino da dessert o
meditazione intenso ed aromatico,
di colore, appunto, giallo “ de oro”,
a volte ambrato. Perfetto è parso ai
commensali il connubio proposto,
ove la dolcezza del passito (90g/l
di zuccheri residui) non contrastava
affatto quella della pasticceria servita.
Il galà è terminato con la consegna
di attestati e simboli del titolo
conseguito ai nuovi sommelier delle
due delegazioni, condotti all’ambito
traguardo dalla pazienza didattica,
tra gli altri, del Prof. Silvio Dalla Torre
e dall’ottima organizzazione tecnica
dei Direttori dei due corsi, il Delegato
F.I.S.A.R. di Venezia città Lorenzo
La Fisar di Venezia festeggia i suoi sommelier
in famiglia
135Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 135
De Rossi e l’irrinunciabile Segretario
della stessa Lucio Chiaranda,
questi ultimi altresì direttori dei corsi
tenutisi a Padova. Partecipando al
galà di fine estate, unitamente al
Delegato di Padova Andrea Zampieri,
i rappresentanti F.I.S.A.R. si sono
congratulati per il titolo acquisito,
ribadendo comunque che lo stesso va
poi maturato sul campo, praticando la
sommelérie con dedizione ed umiltà.
Hanno accolto il consiglio i seguenti
nuovi sommelier: Franco Benella, Silvia
Casarin, Tiziana Castelletto, Alvise
Centazzo, Federica Coletto, Massimo
D’Auria, Marco De Marchi, Fabio
Delli Guanti, Cristiano Di Odoardo,
Cristina Lucchesi, Gianluca Martinati,
Alessandro Ragazzo, Fabio Reggio,
Patrizia Sandri, Claudio Scapolo,
Cecilia Sitran, Andrea Zamarchi e
Sandro Zanforlin, quanto a Venezia;
Francesco Artuso, Riccardo Barbolin,
Fabio Basso, Michele Bertocco,
Dino Ciprian, Paolo Contarini, Natalia
Daminato, Giuliano Gomiero, Oscar
Marcolongo, Livio Marin, Luca
Martin, Massimo Osti, Eddy Osso,
Pierluigi Rigato, Roberta Saretta,
Enrico Toniolo, Enrico Turato, Matteo
Zambon, Alberto Zanotto e Rino Zorzi,
quanto a Padova.
«L’amicizia è il vino della vita»,
un aforisma più che centrato
per sintetizzare la serata-evento
organizzata dalla Fisar (Federazione
italiana sommelier albergatori
ristoratori) di Caserta per la consegna
di diplomi di sommelier di II livello.
Una manifestazione attesa dai 13
corsisti e divenuta immediatamente
speciale grazie alla cornice esclusiva
de «Il Casolare diVino» di Alvignano,
una struttura dove, non per puro
caso, il vero protagonista è proprio
il nettare degli dei. Vasta infatti la
cantina presente all’interno del casale
con un’accurata selezione delle più
importanti etichette regionali e dei
vini frutto del vigneto “della casa”.
Ma all’esperienza di degustazioni di
sottili sapori si aggiunge l’ospitalità
attraverso cinque camere a tema i cui
nomi sono ripresi dai vini più pregiati
della Regione (Pallagrello, Falanghina,
Greco di Tufo, Aglianico e Fiano). E
non finisce qui. Il “Casolare diVino” è il
primo centro del Sud Italia a proporre
dei veri trattamenti di vinoterapia
che spaziano da un bagno nel vino
rosso caldo dalle virtù drenanti
all’immersione in botti di acquavite
fresca, fino a massaggi e gommage
con olio di semi d’uva, estratti di piante,
miele e tutto ciò che di naturale possa
giovare. Un’oasi rilassante e speciale
che la Fisar Caserta ha ricercato
e voluto per un evento altrettanto
speciale. Ha pensato a tutto il trait-
d’union e delegato Fisar di Caserta,
nonché esperto e conoscitore di vini
Carlo Iacone che, puntuale, il 14 luglio
targato 2010, ha atteso con trepida
emozione e l’entusiasmo di sempre
l’arrivo degli “amici” della Federazione.
Con la stessa precisione si sono
presentati nel piccolo centro dell’Alto
Casertano i diplomati di secondo
livello, che tempo un altro corso e
diventeranno veri e propri sommelier.
Ma i primi veri protagonisti della serata
sono stati proprio loro: sotto i riflettori
i “vini estremi” di Marisa Cuomo,
vini pregiati strappati alla Costiera
Amalfitana raccontati e “decantati” dai
sommelier Generoso Iodice, Mimmo
Natale e Annalisa Russo (nella qualità
anche di direttore di corso). Marisa
Cuomo è infatti titolare del marchio
Gran Furor Divina Costiera che risale
al 1942, quando iniziò ad essere
impiegato per commercializzare i
vini ottenuti dai terrazzamenti della
Costa di Furore. L’azienda produce
vini di stupenda qualità come il
Furone Bianco e Rosso, il Ravello
Bianco e Rosso, il pregiatissimo
Furore Fiorduva e il Furore Rosso
Riserva, vini divenuti ormai di fama
internazionale grazie a riconoscimenti
che non hanno precedenti nel Sud e
che hanno portato il nome di Marisa
Cuomo nel gotha dei grandi produttori
(l’Oscar l’Oscar 2006 al Fiorduva
in famiglia
La Delegazione di Caserta consegna gli attestati
Notizia inviata da Lorenzo De Rossi della Delegazione di Venezia
136
news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
136
Notizia inviata da Federica Landolfi della Delegazione di Caserta
in famiglia
quale migliore Bianco, uno dei più
ambiti e qualificanti). Nei calici per una
degustazione anche il Falerno Bianco
dell’azienda “Nugnes” di Carinola,
falanghina al 100% apprezzata da
tutti, dai corsisti in primis, che poco
dopo hanno ricevuto il riconoscimento.
Ristoratori, appassionati e funzionari
del Cira (Centro Italiano Ricerche
Aerospaziali) di Capua, ecco i
nomi dei ‘premiati’: Giovanni Calo’,
Daniela Chemi, Sergio D’angelo,
Gianluca Diglio, Edoardo Filippone,
Nicola Genito, Sara Marotta, Simona
Morabito, Angelo Parente, Filomena
Salzillo, Francesca Serrao, Mario
Solazzo e Angela Uccella. Hanno
consegnato gli attestati e non sono
voluti mancare all’evento, innanzitutto
la Fisar Nazionale con un caloroso
messaggio, poi il primo cittadino
di Alvignano Angelo Di Costanzo
che ha rimarcato “l’importanza di
momenti del genere anche nell’ottica
della valorizzazione del territorio”; il
professor universitario e componente
del Consiglio di Amministrazione
del Cira, ingegnere Luigi Carrino
che, riprendendo un proverbio, ha
affermato di aver “trovato un tesoro
con un gruppo così affiatato e
gioioso”; il presidente del Club Savoir
Faire Sossio Scialla che ha apprezzato
“il lavoro sinergico per la realizzazione
della manifestazione”, il presidente del
Rotary Club di Capua Antica e Nova
Guido Perrotta che ha aggiunto “il vino
allunga la tavola perché fa amicizia”,
prendendo spunto “dall’ambiente
fraterno e gioioso che il gruppo
Fisar assicura in tutto quello che
fa”, e la preside della Scuola Media
“Ruggiero” di Caserta, socia Fisar e
segretaria del Rotary Club Adele Vairo
che si è concentrata sul connubio
vino-cultura. Dopo la consegna degli
attestati la serata è terminata a tavola
all’insegna del buon cibo, preparato
accuratamente e con passione dalla
chef Maria Mone, abbinato con
splendidi vini e con l’interpretazione
di sonetti e poesie con attore “non
protagonista” ovviamente il vino da
parte dell’artista poliedrica Elena
Margaret Starace insieme a Elio
Sosso. In chiusura l’arrivederci di
Carlo Iacone a prossimi eventi con
tanto di foto di rito e brindisi finale:
“all’orizzonte ci sono grandi progetti
– ha concluso - la Fisar continuerà a
lavorare e ad organizzare eventi volti
alla promozione enogastronomica e
territoriale di Terra di Lavoro e non
solo”.
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
La FISAR di Salerno con il Presidente Napolitano
137Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 137
in famiglia
Nella storia della FISAR di Salerno una data inserita negli annali è senz’altro quella del 14 settembre 2010. L’arrivo in città del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha messo in piedi una straordinaria macchina organizzata anche in sen-so “enogastronomico”. Ecco perché, chiamati ad accoglierlo, sono stati il delegato Alberto Giannattasio e la sommelier Sara Romano, assieme ad altri interessanti nomi del settore: il noto pasticciere Salvatore De Riso, lo chef Gennaro Marciante ed il pa-tron del ristorante “Acquapazza” di Cetara, Gennaro Castiello.Al pranzo, tenutosi presso le pre-stigiose sale del Palazzo della Prefettura di Salerno, hanno preso parte oltre al Presidente Napolitano, anche il Ministro Mara Carfagna, il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, il rettore dell’Uni-versità Raimondo Pasquino ed il pa-drone di casa, il prefetto Sabatino Marchione.Ad un menù tutto “costierano” sono
stati abbinati i vini offerti dall’Enoteca Provinciale di Salerno, presieduta da Fernando Cappuccio.Così ad un aperitivo composto da pane, burro e alici di Cetara, tonno all’olio, polpettine di pesce, frittelle di pasta cresciuta, focaccine, pane cot-to all’Acquapazza, ricottine di bufala di Paestum e fiordilatte di Agerola è sta-to abbinato un Dubl 2006 dei Feudi di San Gregorio. È seguito il primo piat-
to “Pasta mischiata con zuppetta di pesce fuiuta”, accompagnato da un Fiorduva 2008 di Marisa Cuomo. Accanto al secondo “Filetto di ricciola di passaggio allo Sfusato Amalfitano” è stato servito un Montevetrano 2007 di Silvia Imparato. In chiusura accanto ad un trionfo di dolci della tradizione di De Riso, diversi liquori della Costiera Amalfitana tra cui il “sempreverde” li-moncello!
Notizia inviata da Antonella Petitti della Delegazione di Salerno
Caro Rinaldo,ci hai lasciato in questo fine Agosto nel tuo solito modo, in silenzio, riservato, come riservata è stata tutta la tua vita.Ci siamo conosciuti trent’anni fa agli inizi del-la lunga storia fisariana, con i Consigli Nazionali a Volterra dal Sestini e poi a Calafuria dal Nardi, dove si gettavano le basi per la Fisar del domani. Poi i tanti impegni professionali Ti hanno portato in giro per l’Italia alla ricerca di nuove esperienze e quindi ad abbandonare le cariche fisariane.Ma il tuo carattere non poteva stare fermo ed hai iniziato un altro percorso con l’allora neonata Federazione Italiana Cuochi; hai capito subito che quello era il tuo nuovo mondo, quella era la tua scommessa per far crescere la figura del cuoco e valorizzare tutto il lavoro delle berrette bianche.In questo campo hai dato tutto te stesso, la tua esperienza,
la tua professionalità ed il tuo sapere, sempre con disinvoltura e semplicità, accanto a te, tutti si sentivano maestri senza esserlo!!Ma la passione fisariana è rimasta fino all’ultimo, hai sempre dimostrato di credere ai suoi principi, li hai difesi e sostenuti anche materialmente e ci hai dimostrato l’attaccamento nelle numerose manife-stazioni fatte al ristorante il Torrino o altrove.Ci hai sempre dato tanto e forse non sei stato ripagato con la stessa moneta, ma chi ci legge ed ha avuto il piacere di conoscerti si ritroverà in queste poche righe. A chi questo piacere non lo ha avuto, resterà l’idea di un uomo un po’ speciale che ha contri-buito alla crescita fisariana.
Con amicizia sincera e schietta ti diciamo: ciao Rinaldo e grazie di tutto.
Nicola
138
news dall'Italia
Mercoledì 16 giugno 2010 presso
la Trattoria Doria, nella splendida
cornice del ricetto di Candelo, antico
borgo medioevale, alle porte di Biella,
si è tenuta l’assemblea dei soci per
la consegna degli attestati ai nuovi
sommelier della delegazione di Biella
unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si
è consegnato l’attestato di frequenza.
I nuovi sommelier della delegazione
sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,
Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,
Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro
Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino
Barbara, Mazzia Paolo, Mosca
Giuliana, Passarella Erika, Ruschena
Riccardo, Zerbola Adriano.
A tutti i neo sommelier sono stati
formulati i migliori auguri per il
traguardo raggiunto, e ai corsisti
di primo livello l’augurio di
completare il percorso formativo
A Biella si consegnano gli attestati
Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6138
Una mattinata fresca, fra quelle che
solo le sa dare un Giugno particola-
re, attraverso le colline senesi, qua e
là costeggiate da antiche fattorie, ha
accompagnato i numerosi sommelier
della delegazione FISAR di Prato, de-
siderosi di scoprire in prima persona
le perle enologiche del rinomato terri-
torio di Montalcino.
Terra di sangiovese, di corposi vini
rossi. Quella fetta di Toscana, cono-
sciuta in tutto il mondo ed invidiata per
quel vino eccellente che sa produrre,
ha incantato quanti oggi hanno avuto
il piacere di essere accolti nella tenuta
Altesino. Perché è cosa ben diversa
assaggiare un bicchiere di nettare
come il Brunello al tavolo di un anoni-
mo ristorante, piuttosto che degusta-
re lo stesso bicchiere nella tenuta in
cui quel vino è prodotto. Il Sommelier
vede quali sono il lavoro e l'impegno
necessari ad una sana Azienda per
produrre un vino eccellente. Nel vino
c'è la verità; nel vino c'è la poesia e
la letteratura, c'è la storia, ci sono le
tradizioni, ma c'è anche la passione di
una intera comunità. Il Sangiovese lì
si chiama Brunello perché così antica-
mente lo chiamava il popolo, per quel
suo colore tipico...ma è il Sangiovese,
il vitigno per antonomasia delle vigne
toscane. A proposito del colore, mi
viene da pensare al maresciallo fran-
cese Blaise de Montluc, comandante
della guarnigione, che nella Montalci-
no assediata, prima della sua capito-
lazione nel 1559, tendeva a strofinarsi
il viso con quel vino vermiglio...per
nascondere ai suoi uomini il pallore
dovuto alla paura.
Basta sentirlo parlare, Guido Orzalesi,
per capire tutte queste cose. Ha inizia-
to dalla storia di quella fattoria antica,
divenuta ai giorni nostri fucina di nuo-
vi corsi della viticoltura e dell'enologia
italiana; ha proseguito lungo il percor-
so dell'azienda per far comprendere
al suo uditorio le tecniche che fanno
sì che da quelle botti possa uscire del
buon vino...
E guardando da lontano i vigneti, alcu-
ni sotto gli occhi, altri sparsi sui poggi
circostanti, spiegandone le condizioni
microclimatiche di ciascuno o le va-
riegate condizioni del terreno di ognu-
no...aggiungeva che prima di ogni
cosa il buon vino si fa nel vigneto...
Sappiamo che un vino è buono quan-
do è privi di difetti; ma è di maggiore
apprezzamento quando quel vino è
legato a quel territorio, sapendo che
in nessun altro posto potrebbe essere
prodotto mantenendo le stesse carat-
teristiche.
È toccato ai giovani diplomati Som-
melier della FISAR di Prato vivere
questa esperienza indimenticabile. È
stato interessante confrontare la loro
preparazione in un'Azienda che è an-
tesignana delle varie innovazioni che
hanno interessato il Brunello di Mon-
talcino.
L'Azienda Altesino sorge sulle colline
orientali di Montalcino, nel quattro-
centesco palazzo Altesi, edificato dal-
la famiglia Tricerchi. Dal 2002 l'Azien-
da è di proprietà della famiglia Gnudi
Angelini. Con la nuova proprietà non
si è interrotta la tradizione, dal lontano
1975, epoca della prima bottiglia di
quel marchio.
Guido Orzalesi, il responsabile azien-
dale, ha accolto con squisita ospita-
lità il gruppo pratese e lo ha accom-
pagnato dapprima ad ammirare i
vari vigneti che si estendono intorno
all'azienda, rendendo godibile la vista
sulle colline circostanti.
La visita delle cantine ha suscitato
La Delegazione di Prato a Montalcino
in famiglia
139139
non poco interesse nel gruppo e mol-
te sono state le domande rivolte al
paziente e preparato Guido Orzalesi.
Con le moderne attrezzature ed un in-
vidiabile susseguirsi di botti è impos-
sibile non rimanere estasiati in attesa
di godere del privilegio di assaggiare il
loro pregiato contenuto.
Una tavola imbandita ed un bicchie-
re di un eccellente Rosato di colore
cerasuolo, piacevole, fresco, accatti-
vante hanno accolto il gruppo per un
aperitivo.
A seguire è stato degustato un Rosso
IGT costituto da Sangiovese, Merlot
e Cabernet dal colore rosso rubino
vivace, dal profumo fragrante e inten-
so, dal sapore asciutto, armonico e
persistente. Di suadente e godevole
bevibilità.
Ancora dopo un Rosso di Montalci-
no del 2006 dal colore rosso rubino
intenso
caratterizzato da profumi di bosco,
dal sapore asciutto, tannini morbidi,
vellutato e morbido. Qualità, emozioni
forti, unicità sono caratteristiche che
caratterizzano i vini di questa Azien-
da.
L'emozione più forte a me personal-
mente e credo anche agli altri amici
sommelier è stata data dalla degu-
stazione della Riserva 2004. Vino di
grande spessore, passionale. Dal ca-
rattere austero. Abbinabile con carni
e selvaggina nobile. Si berrebbe vo-
lentieri insieme agli amici più cari da-
vanti ad un camino in un'atmosfera di
meditazione.
L'uscita è stata resa possibile grazie
all'interessamento del Responsabile
Sommelier Fabrizio Fabbri e della De-
legata Vanda Ingarozza. Il successo-
auguriamoci- sia foriero di altre uscite
degustative del medesimo spessore,
che sono certamente utili alla crescita
del Sommelier, la figura che si pone
da tramite tra il produttore ed il con-
sumatore.
in famiglia
Notizia inviata da Valentina Niccolai
... luce dona alle menti, pace infondi nei cuor...
la Fisar augura a tutti Buon Natale
e Felice anno nuovo!
®
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6140
La simpatia e la indubbia professionalità dei
Sommelier della FISAR viene, ancora una
volta, riconosciuta anche oltre confine.
Una neo-nata Azienda di Import tedesca
ha affidato alla ns. Associazione il Suo
primo Evento di presentazione e degusta-
zione di significativi vini italiani ad un pub-
blico di privati, di ristoratori e di buyer di
Monaco di Baviera.
La serata si è svolta nella accogliente e
suggestiva cornice dalla Lola Montez
Haus, antica dimora del XIX sec., situa-
ta nel distretto di Harlaching a Monaco
di Baviera, che fu regale nido di incontri
amorosi tra la bellissima ballerina Lola
Montez ed il re Ludwig I. Nel pomerig-
gio di domenica 25 luglio, la sig.ra Ines
Buso, sommelier FISAR appartenente alla
Delegazione di Treviso, assieme ai titola-
ri dell’Azienda di Import, ha cordialmente
accolto gli invitati nel Parco della Dimora.
Subito dopo, nella Sala superiore, la som-
melier ha presentato le Aziende produttrici
e posto in degustazione i vini delle stesse,
illustrandone, in un perfetto tedesco, le
caratteristiche visive, olfattive e gustative,
nel classico stile FISAR.
I convenuti hanno apprezzato i vini e le
accattivanti descrizioni della sommelier
nel degustare il Prosecco Conegliano-
Valdobbiadene DOCG extra-dry millesi-
mato, il Pinot Grigio Lison DOC, il Lison
Classico DOC, il Chianti Classico Riserva
DOCG, il Sant’Antimo DOC ed il Brunello
di Montalcino DOCG.
L’Evento si è caratterizzato anche per
il taglio culturale che si è voluto dare nel
comunicare lo stile italiano, la storia dei
luoghi, la tradizione, il lavoro dell’uomo, la
campagna veneta e toscana.
Alla serata ha presenziato il Coordinatore
delle Delegazioni FISAR del NordEst Italia,
sig. Antonio De Vitiis, che ha ringraziato
gli organizzatori ed i partecipanti, auspi-
cando uno sviluppo della presenza della
Federazione in Baviera ed in terra tedesca.
Per i soci ed amici della FISAR pisana
una serata, veramente indimenticabile,
organizzata al bagno Lido di Tirrenia da
Liana Benini, responsabile dei Sommeliers,
per la tradizionale cena di mezza estate.
Si è iniziato con l’aperitivo di benvenuto,
Prosecco di Valdobbiadene DOC con
stuzzichini caldi, servito sull’ampia
veranda con vista mare impreziosita da
un tramonto suggestivo col rumore delle
onde del mare che sciabordavano l’arenile.
Particolarmente apprezzate sono risultate
le “costoline” di polpa di granchio, fritte,
che presentavano la chela per essere
impugnate. Quindi, al coperto, il delegato
Maria Cristina Messina, dopo i saluti, ha
tracciato il percorso enogastronomico
rilevandone la difficoltà di abbinamento in
scala armonica consigliando pertanto di
variare i bianchi per la grande varietà di
portate degli antipasti che sono stati serviti
in un susseguirsi di vassoi che sembrava
non terminassero mai: Carpaccio d’orata
con filangè di zucchine, Acciughe alla
povera, Fantasia di calamari, seppioline
e gamberi e cotti al vapore con rucola
e pomodorini Pachino, Spiedini fritti,
Bocconcini di baccalà con salsa di porri
e pomodoro, Involtini di melanzana alla
mousse di pesce, Impepata di cozze e
un Cacciucchino a chiudere. I vini serviti
sono stati il Vermentino di Galluria 2009
Doc in purezza, 13 gradi, dell’azienda
agricola Cucaione ed il Collio Ribolla
Gialla Doc, 13 gradi, dell’azienda agricola
Corte di Castello che sono stati riproposti
con i seguenti due primi : delicati taglierini
ai calamari, seppie e vongole veraci e
Spaghetti, serviti ottimamente al dente,
alle arselle, tipiche del litorale tirreno.
Un tripudio di sapori ed aromi che si
armonizzavano in bocca con, di volta
in volta, i già citati bianchi. Eccezionali i
fritti: caldi e croccanti al punto giusto, la
vera specialità della casa: frittura di barca,
frittura mista moscardini e gamberetti
ed ampi vassoi di verdura di stagione
fritta pastellata: peperoni, zucchini,
anelli di cipolla, melanzane e qualche
champignons. Il tutto bagnato da un Collio
Chardonnay DOC di ben 14 gradi sempre Corte di Castello, che servito fresco alla temperatura dovuta e dalla giusta acidità, ben ripuliva la cavità orale. A chiudere la ricca lista una macedonia di frutta fresca di stagione in grande coppa sovrastata dai tre gusti del gelato: cioccolato, vaniglia e pistacchio. Ottimo il servizio vini, curato dai sommeliers della delegazione Francesca Verdi e Piero Ristori.
La FISAR a Monaco di Baviera
La FISAR di Pisa e litorale sbarca al Bagno Lido
Notizia inviata da Antonio De Vitiis - Coordinamento FISAR NordEst
Notizia inviata da Tiziano Taccola dalla Delegazione di Pisa e Litorale
in famiglia
Venerdì 12 novembre
Ore 15.30Arrivo dei partecipanti al Castello e sistemazione nelle camere riservate Hotel CASTELBRANDO ****
Ore 17.30Partenza in pullman per Valdobbiadene.Incontro con “ALTAMARCA COLLINE DEL VENETO” a cura di Giampiero Comolli
Direttore di Altamarca
Ore 20.00Gran Buffet Dinner in compagnia di Altamarca Colline del Veneto
Rientro in Hotel e pernottamento
Sabato 13 novembre
Ore 9.30Partenza in pullman per Conegliano
Ore 10.00Visita alla storica cantina “Carpenè Malvolti” con degustazione dei loro prodotti (per chi lo desidera c’è la possibilità, grazie ad una guida che metterà a disposizione Carpenè Malvolti di visitare la città di Conegliano)
Ore 12.30Locanda da Lino Solighetto di Pieve di Soligo“A pranzo con Carpenè”
Ore 15.30Rientro a Castelbrando
Ore 16.00Castelbrando - Sala Silvia: Concorso Sommelier dell’Anno Fisar - Trofeo RastalCastelbrando - Sala Laura: Divinando 2010 - finale del torneo a squadre tra le delegazioni FISAR (Per gli accompagnatori possibilità di
escursioni sulle colline trevigiane, visita guidata al Castello o tempo libero per relax al centro benessere).
Ore 20.00Nella suggestiva hall di Castelbrando appuntamento per l’aperitivo
Ore 20.30Castelbrando - Ristorante La FucinaGala Dinner con consegna dei premi alla squadra vincitrice di Divinando eal vincitore del Concorso Sommelier dell’Anno FISAR 2010 Trofeo Rastal
Domenica 14 Novembre
Ore 9.30Castelbrando - Teatro MagnoConvegno FISAR sul tema: “Enoturismo: una importante risorsa per la nostra economia”
Al termine del convegno:Coffee-Break al Ristorante La Fucina
Ore 11.00Castelbrando - Teatro MagnoCongresso FISAR - Incontro con i DelegatiPotranno partecipare all’incontro con le cari-che elettive nazionali ed i rappresentanti del CTN i Delegati o loro rappresentanti.
Ore 13.30Banchi di assaggio con i vini presentati dai consorzi locali accompagnati da prodotti tipici del territorio. (Consorzio tutela vini del Piave Doc - Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg - Consorzio di tutela vini Montello e Colli Asolani - Doc - Consorzio Volontario Tutela Vini DOC Lison - Pramaggiore)
Al termineRientro per le proprie destinazioni.
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Dal 12 al 14 Novembre 2010, presso lo storico Castello Brandolini di Cison di Valmarino (Tv) si terrà il
Congresso Nazionale FISAR. Ecco il programma“”
La Segreteria comunica
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il programma dettagliato ed il modulo di prenotazione sono disponibili su www.fisar.com
CONGRESSONAZIONALE FISAR
a Castelbrando
CONGRESSONAZIONALE FISAR
a Castelbrando
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BENVENUTI NEL BORGO MEDIEVALEArroccato sul promontorio che domina la Valmareno e avvolto nel clima mite delle colline trevigiane, CastelBrando è uno dei più raffinati esempi di riqualificazione del patrimonio storico-artistico italiano e uno dei più grandi castelli d’Europa. L’imponente maniero, immerso in 50 ettari di parco, si presenta come un borgo medioevale magnificamente inserito nel paesaggio collinare della Via del Prosecco, fra Valdobbiadene, Conegliano e VittorioVeneto, a soli 50 minuti da Venezia. Una funicolare panoramica permette di raggiungere il cuore del castello, che dalla vallata si mostra in tutta la sua maestosità con ampi terrazzamenti e mura merlate. CastelBrando accoglie i suoi ospiti con fascino austero ed elegante. Un servizio discreto e attento ai particolari rievoca l’antico privilegio della vita a corte. CASTELBRANDO OGGIDopo gli accurati restauri, il meraviglioso edificio è stato restituito agli antichi splendori ed è oggi in grado di offrire un ampio ventaglio di opportunità: un raffinato Hotel quattro stelle con 80 eleganti camere, suite e appartamenti ubicati in tre contesti diversi di grande fascino (50 CastelBrando – 16 CastelBrando Dependance – 14 Villa Marcello Marinelli); un moderno Centro Benessere situato nell’ala più antica del castello; un ricercato ristorante, un ristorantino informale e diversi bar, cantine ed enoteche; un centro congressi ed
eventi composto da tre teatri e 6 sale: lo storico Teatro Sansovino (300 mq.), il Teatro Magno (550 mq.), il Teatro Tenda (1.000 mq.) e le sale del ‘700 (50/80 mq. ciascuna). Il tutto dotato dei più moderni supporti tecnici e capace di accogliere fino a 1.800 persone. A completare l’offerta il Brando Shop, negozio di souvenir, articoli da regalo e una collezione di mobili antichi. CastelBrando è un’affascinante location immersa in 50 ettari di bosco attrezzato per splendide passeggiate a piedi, a cavallo e in bicicletta.
CastelBrando è anche custode della storia ed offre un percorso culturale che comprende sei aree museali ed una suggestiva chiesetta. CastelBrando in armi: una mostra di armi ed armature, dall’Imperatore Claudio Augusto a Teodolinda, da Carlo Magno a Gattamelata, dai Da Camino, alla famiglia Brandolini, Potere e giustizia: nelle antiche prigioni del castello è descritto un dibattimento processuale nel feudo della Valmareno tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII; I costumi del potere: nella sacrestia della chiesa settecentesca si possono ammirare i preziosi costumi dei celebri personaggi storici che abitarono il castello: CastelBrando organizza visite guidate al castello ed alle aree museali, per i visitatori, in tutti i giorni della settimana.
Via Brandolini, 29 - 31030 Cison di Valmarino (TV) Tel. 0438 9761 - Fax 0438 976000 [email protected] - www.castelbrando.it
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L’Altamarca Trevigiana è un parco produt-tivo naturale, un distretto alimentare ga-stronomico, una terra ospitale fra boschi
e vigneti, di prodotti tipici, un patrimonio nazionale tradizionale di storia e di cultura, ricco di attrazioni, di grandi vini Doc e di Spumanti Docg Valdobbiadene, Conegliano e Asolo e Doc Prosecco, di opere d’ar-te, di ricette culinarie e di eventi in tutte le stagioni dell’anno espressione di una passione antica e di un territorio vocato al turismo rurale, sportivo, ambienta-le. Paesaggi conservati, vigneti eroici, itinerari e per-corsi sportivi e naturali per tutti, ville nobiliari antiche segno della potenza Veneziana e borghi rurali arroc-cati che traspirano storia e lavoro, una destinazione turistica che unisce il mare di Venezia con la mae-
stosità delle montagne delle Dolomiti.L ’ a s s o c i a z i o n e Altamarca propone e sostiene azioni di valo-rizzazione necessarie per garantire una evo-luzione e uno sviluppo economico del turismo nelle sue diverse formu-le. La proposta ricettiva e di ospitalità si basa su
vini Docg-Doc, su gastronomia e ricette di piatti tipi-ci, su cultura, su storia, su ambiente e paesaggi, su tempo libero. Per questo solo un gioco di squadra fra vari artefici può offrire un servizio importante e di alto livello ai visitatori e turisti e rappresentare non solo una destinazione di tanti ottimi prodotti, ma una meta unica, un patrimonio unito, una proposta di sistema.
Il Presidente di AltamarcaGianpiero Possamai
Altamarca Trevigiana,Paesaggio dell’OspitalitàUn terrazzo di dolci colline del Veneto, fra le svet-tanti Dolomiti e il Cadore e la serenissima città di Venezia con il suo mare. Una terra di mezzo, solcata dal fiume Piave, fra la Cima Grappa simbolo di storia e ora di pace e l’altipiano del Cansiglio, un naturale giardino e orto botanico forestale, dai monti Cesen e Visentin ai laghi di Revine e al Montello, ancora oggi un grande bosco conservato. Con città di una au-tentica ospitalità veneta, come Asolo, Montebelluna, Valddobbiadene, Conegliano, VittorioVeneto, le più grandi. Raggiungibile facilmente con l’autostrada d’Alemagna A27, con l’autostrada A31 a ovest e dal-la Valdastico a nord.
Benessere, Buongusto, Buonvivere
Altamarca: benvenuti nel Paesaggio dell’Ospitalitàl’unica, autentica, vera risposta italiana alla regione francese della Champagne“
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Gianpiero Possamai
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 145
Nel ‘500 la “Marca Alta” è descritta come luogo salu-tistico dove “...nascono ottimi frutti, olio perfetto, vini
preziosi che sono fatti degni delle mense dei maggiori
principi di Germania”. I dispensieri delle mense dei dogi di Venezia e Antonio Bacci, il primo “gastronau-ta” e medico di Papa Sisto V, scrivono nel ‘600 che le colline della Altamarca Trevigiana sono amate da tutti i Pontefici. Nel Rinascimento diventa un territo-rio frequentato da nobili e ricchi commercianti che vi costruiscono le “case di campagna” disegnate dal Palladio e dalla sua scuola di architetti, diventa luogo di villeggiatura per l’aria salubre e l’ambiente salutistico, l’Altamarca è descritta patria del buon vi-vere e viene indicato sulle mappe come “il giardino di Venezia”.L’Altamarca Trevigiana, già nel tardo medioevo e nel Rinascimento, ospitò grandi personaggi: dai reali di Svevia, di Baviera e di Sassonia, dai principi di Belgio e Polonia ai Re d’Italia, da Napoleone a Garibaldi e molti intellettuali e scrittori come Benson, James, Strawinsky, Hemingway ferito e perfino Giacomo Casanova in fuga da Venezia. Vissero in Altamarca Monsignor Della Casa il quale nella abbazia di Nervesa scrisse il Galateo, Lorenzo da Ponte, libret-tista, scrisse per Mozart Le nozze di Figaro, il Don Giovanni in cui esalta il grande vino Marzemino. Ad Asolo visse la regina Caterina Cornaro e fu testimone degli incontri amorosi di Eleonora Duse con Gabriele D’Annunzio. Territorio che piace, non solo per gli ab-binamenti enogastronomici, ma anche per la cultura e l’arte con le opere del Canova, del Palladio e dello Jappelli; Giorgione e Tiziano ne hanno carpito i colori e i paesaggi di sfondo; Cima da Conegliano ha reso immortali i colori e gli sfondi di queste valli come gli affreschi del Veronese. I castelli di Asolo, Conegliano, Susegana, le antiche abbazie cistercensi di Follina, Nervesa e Vidor, il massiccio Castelbrando le vestigia nobili di Serravalle rammentano anche la storia antica fra Signorie e Vescovi-Conti, le ville patrizie sono sim-bolo del rapporto diretto con i Dogi di Venezia.
Piccole Produzioni Locali e Denominazioni Comunali-De.Co. Il territorio dell’Altamarca scommette sulla qualità e non sulla quantità dei prodotti alimentari, sul chilome-tro zero, sui prodotti di stagione, sulle ricette tipiche del territorio. Una cultura dedicata alla salvaguardia della qualità e dei valori delle colline e della pede-montana. Altamarca, associazione pubblica e privata e marchio d’area di qualità, ha avviato una ricerca e uno studio selle realtà produttive e sul distretto agro-alimentare, studiando luoghi e marchi che possono identificare l’origine e la provenienza di alimenti lo-cali. La presenza di banchi d’assaggio e di vendita nei mercati del territorio sono fondamentali per far conoscere il patrimonio, anche attraverso il gusto del Pic-Nic per rendere il rapporto con il cibo e il vino ancora più conviviale, sociale e segno di felicità. Accontentarsi di degustare per stare in compagnia, riprendere un contatto “naturale” con i prodotti e con la terra, difendere la sicurezza alimentare.
Trekking&Bike dedicato agli amanti delle bollicine alla scoperta dell’ambiente, paesaggio e gusto.
L’Altamarca annualmente registra 600.000 presen-
ze turistiche, amanti del gusto e dello sport, in par-
ticolare della bicicletta. Annualmente è realizzato un
cartellone-tour di itinerari con guide abilitate de-
dicato alla cultura dello sport turistico e alla cultura
del buonvivere, del bere saggio, con gusto e con
misura. Mai eccedere, usando la testa e in modo
consapevole. Partenza e arrivo di ogni escursione
da una cantina o un ristorante o un
albergo. Per info: www.vivibike.net e
www.altamarca.it. Gli itinerari sono
i più diversificati, in particolare mol-
ti , sia a piedi che a cavallo, che in
bici e in mountain bike, percorrono
vie storiche, molte dedicate alla me-
moria di fatti religiosi. Le cantine del
Valdobbiadene e Conegliano Docg
offrono assaggi nell’area delimitata e
percorsa dalla Strada del vino, nata
negli anni sessanta, fra le più antiche
d’Italia. A ovest dell’Altamarca an-
che il Prosecco spumante superiore
Asolo Docg ha la sua strada con ri-
storanti, alberghi e cantine: una sosta
dietro l’altra per soddisfare i palati
più esigenti incrociando la strada del
Montello e Colli Asolani Doc , alla de-
stra del fiume Piave, sacro alla Patria,
con i suoi grandi vini rossi, fra i più ri-
nomati d’Italia, da anni premiati dalle
grandi guide e sulle tavole internazio-
nali più importanti. In bicicletta, tutti i
week-end, è possibile fare escursioni
di gruppo, con guide professionali (in-
glese e tedesco) con una iscrizione di € 15 e di €
8 per gli assaggi in cantina. Partenza ore 9.30 da:
Valdobbiadene,Vittorio Veneto, Conegliano, Cison di
Valmarino, Asolo.
Diversi luoghi in Altamarca sono un
ricordo religioso e storico: i diversi sa-
celli, tabernacoli e piccole pievi ricor-
dano manifestazioni di fede e di cri-
stianità antica, segnano il passaggio di
epoche e di popoli come i Longobardi
e i Veneziani. Molti di questi simbo-
li sono meta di escursioni a piedi e
in bicicletta, come a Crespano del
Grappa, dalla Madonna del Covolo
alla Madonnina del Grappa per la ri-
evocazione del percorso che fece
a piedi il patriarca di Venezia (Papa
Pio X) in occasione della benedizione
della Madonnina del Grappa, vicino al
Sacrario Militare. Da Possagno par-
te un tour dedicato ai Santuari della
Valcavasia fino ai piedi del massiccio
del Grappa alla scoperta delle anti-
chissime chiesette con ascesa alla
casa degli esercizi spirituali.
Grappa come luogo di memoria della
Grande Guerra, oggi monito e sim-
bolo dedicato alla Pace nel Mondo.
Da Montebelluna in bici si percorre
il Montello fino al Santuario di Santa
Lucia (su castelliere paleoveneto) e da San Martino ai
resti della imponente Certosa del Montello, con vicina
grotta dell’eremita, ai resti dell’Abbazia di Nervesa,
dove monsignor Della Casa scrisse il Galateo.
Distretto Produttivo Agroalimentare Gastronomico dell’Altamarca TrevigianaProdotti tipici della terra, un gran-de vino inimitabile e unico, ricette e menù storici, cultura antica longobar-da e veneziana, tradizioni millenarie, archeologia e architettura, metodo di produzione del vino inimitabile ed esclusivo, dedizione al territorio di generazioni, paesaggio e ambiente sono le componenti di una meta tu-ristica, di benessere, buongusto e buonvivere. Un patrimonio ricco che è il benvenuto di un intero territorio, diverso e unico. L’Altamarca come la genuina e autentica, unica ed esclusi-va, risposta italiana alla Champagne.
1000 anni di storia, terra di confine e di passaggio, ha assimilato usi e co-stumi diversi del Veneto. Venezia ha influito creando un “menù” naturale e autoctono ricco di prelibatezze.
Verdure ortaggi: piselli di Borso del Grappa, fagiolo borlotto nano di Levada, fasol del Lago di Revine, mais biancoperla per polenta di Valmarino, patata Cornetta di Vallata, pata-ta del Montello, patata del Quartier del Piave, olio extra vergine d’oliva Grappa Pedemontana Dop Veneto, asparago bianco di San Zenone degli Ezzelini, i funghi Ciodet del Cesen, le noci del Piave. Vini: Conegliano Valdobbiadene Docg, Conegliano Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore Spumante, Asolo Docg Prosecco Superiore Spumante, Superiore di Cartizze Docg, Prosecco Doc Treviso Spumante, Colli Asolani
Montello Doc, Colli di Conegliano Doc con Refrontolo Passito, Fregona Torchiato e Verdiso Igt. Frutta: ciliegia di Maser e dei Colli Asolani, marroni (castagne) Igp Combai, marroni Igp Monfenera, mela di Monfumo, miele del Grappa e Pedemontana.Formaggi: Morlacco del Grappa, Casatella trevigiana Dop, Cavaso mezzano, Asiago Dop, Costabella, Feletto, Grana Padano Dop, Malga Cesen, Moesin, Montasio Dop, Montegrappa, morbido di S. Fermo, neve del Grappa, Panarello, Robiola di Caprefelici, Soligo, Taleggio Dop, Valcavasia, Valsana e la Vallata.Carni, Salumi, Piatti: coniglio, pol-lo rustichello della pedemontana, spiedo dell’Altamarca, luganega rossa e bianca(da risotto), sopressa Altamarca, Ossocollo, pancetta, sala-me, maialino, frattaglie.
per maggiori info: www.altamarca.it
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 147
Laura SandoliMiglior Sommelier dell'anno 2009
Concorso Sommelier dell'anno FISAR 2010TROFEO RASTAL
Sabato 13 novembre nella sala Silvia di Castel-
brando si svolgerà la prova finale che decrete-
rà il vincitore del Trofeo RASTAL 2010 desti-
nato al miglior Sommelier FISAR. Una vera novità lo
svolgimento della gara che quest’anno consentirà anche al
pubblico presente di cimentarsi nelle difficili domande che
saranno proiettate su un grande schermo con possibilità di
verificare subito dopo la giusta risposta. In gara i concorrenti
provenienti dalle varie zone d’Italia che si sono qualificati su-
perando nella fase eliminatoria i loro colleghi interregionali.
A tutti va il nostro applauso incondizionato ed un grosso in
bocca al lupo per la vittoria finale.
Il vincitore riceverà, oltre al consueto trofeo RASTAL, anche
un soggiorno e viaggio per due persone presso l'Azienda Ba-
rone di Villagrande di Milo, storica azienda etnea, il cui at-
tuale proprietario, il barone Carlo Nicolosi Asmundo, è anche
il “padre” della DOC Etna.
ALBO D’ORO SOMMELIER DELL’ANNO FISAR
2009 LAURA SANDOLI - DELEG. PAVIA2008 LORENZO IANNONE - DELEG. RAGUSA2007 MARTA CHIAVACCI - DELEG. LUCCA2006 NATALE CADAMURO - DELEG. ORVIETO2005 LUCA IACOPINI - DELEG. PONTEDERA2004 CELIS GONZALO - DELEG. RAGUSA2003 ANDREA DA ROS - DELEG. TREVISO2002 non assegnato2001 LEONARDO RICCI - DELEG. VITERBO2000 MARIA ANNUNZIATA LAMANNA - DELEG. ROMA1999 VITTORIO CARDACI AMA - DELEG. CATANIA1998 GIORGIO LAURINI - DELEG. VALDICHIANA1997 STEFANO COCCHI - DELEG. ROMA1996 ANGELO CATENACCI - DELEG. PISA1995 non disputato 1994 LUCA BARSANTI - DELEG. PISA1993 CLAUDIA MARINELLI - DELEG. PONTEDERA
di Mario Del Debbioper comunicare con il Segretario Nazionale:
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Finale il 13 novembre a Castelbrando di fronte a tutti i delegati italiani riuniti per il Congresso annuale
non poteva esserci scenario migliore per festeggiarela terza edizione di un Trofeo sempre più ambito
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Del. Treviso
Del. Varazze Del. Livorno
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di J
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Del. Torino
Del. Firenze
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Eccole le squadre finaliste di
DIVINANDO 2010: Treviso,
Torino, Varazze, Firenze, Livorno
e Castelli di Jesi. Si sono guadagnate il
diritto a partecipare alla finalissima di
Castelbrando, organizzata quest’anno in
concomitanza con il Congresso Annuale
FISAR e supportata ancora una volta dal-
la preziosa collaborazione di CARPENE’
MALVOLTI, la storica azienda veneta che
ha ospitato la finale delle prime due edizio-
ni. Le prime tre squadre hanno abilmente
superato la concorrenza dei colleghi di
Bareggio, Venezia e Genova nella elimi-
natoria di Pavia mentre Firenze, Livorno e
Jesi, hanno sconfitto le pur brave e pre-
parate delegazioni di Roma, Valdichiana
e Valdelsa.
Le gare si sono svolte tenendo il risultato
in forse fino all’ultimo secondo dell’ultima
prova in un’atmosfera che ha messo in
luce quanto questo Trofeo sia sentito dai
partecipanti e quanto questo Trofeo stia
diventando importante per le Delegazioni
FISAR di tutta Italia.
Merito va sicuramente alla formula, sem-
plice ed al tempo stesso accattivante e a
Carpenè che ha creduto in questo pro-
getto sin dal primo istante ma anche e
soprattutto ai tanti ragazzi che in que-
sti anni si sono cimentati nelle difficile
domande preparate dal nostro Alberto
Giustarini che toccano gli argomenti più
disparati, dall�enografia all�arte, dalla de-
gustazione alla letteratura.
Preparazione, curiosità, cultura generale
ed un pizzico di fortuna: questi gli ele-
menti necessari per poter alzare al cielo
il Trofeo DIVINANDO 2010.
A cura di Filippo Terrasini
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6
Volevamo dedicare un momento di riflessione
su una componente dell’economia legata al
del mondo del vino come quella del turismo
del vino e abbiamo è pensato di farla con uno dei
protagonisti: l’Associazione Città del vino, nella per-
sona del suo Presidente Giampaolo Pioli, che sarà
nostro ospite per l’occasione, assieme a giornalisti
e operatori. L’Associazione Nazionale Città del Vino
è una rete di Comuni, Province, Parchi e Comunità
Montane a vocazione vitivinicola, depositari di alme-
no una Doc o Docg, impegnati nella promozione dei
prodotti agroalimentari di qualità e custodi di una do-
cumentata tradizione enologica. Oltre che promuo-
vere e coordinare progetti finalizzati a valorizzare le ri-
sorse ambientali, culturali, agroalimentari dei Comuni
associati, delle regioni e del Paese nel suo insieme,
collabora con i principali enti pubblici, associazioni di
categoria, ambientaliste e culturali per diffondere la
cultura della qualità, del rispetto per l’ambiente e del
benessere alimentare. In occasione del “Forum sul tu-
rismo enogastronomico” che si è svolto ad Alberese
(Grosseto) dal 4 al 6 giugno scorsi, è stato presen-
tato l’VIII rapporto sul turismo del vino che Città del
Vino ha curato con CENSIS Servizi spa, del quale
sono tratte le considerazioni che seguono. La ricerca
Censis/Città del Vino mette in evidenza un ideale di
turismo del vino che, sfruttando la grande varietà dei
prodotti e della realtà italiana, suggerisce una strate-
gia di offerta diversificata, senza tradire l’identità dei
luoghi, la genuinità e la spontaneità dei prodotti e dei
rapporti umani. Sull’esempio dell’esperienza tutta ita-
liana delle “Strade del Vino”, le istituzioni europee e
i paesi grandi produttori di vino puntano sempre più
ad incrementare lo stretto legame del turismo con i
territori, i vini e la tipicità dei prodotti. Ma in nessun
paese come l’Italia, il turismo enogastronomico ha
assunto una fisionomia così diffusa e consistente:
una ventina di leggi nazionali, 140 strade già operanti
e normativamente deliberate, 1.300 comuni attraver-
sati da questa rete capillare che comprende quasi
400 denominazioni territoriali di vini, 4.133 ristoranti,
32.972 prodotti vinicoli e 3.313 cantine.
Dall’indagine sui comportamenti è stato possibile indi-
viduare almeno quattro aggregati quantitativi sui quali
vale prima di tutto soffermare l’attenzione:
- sono 20 milioni gli italiani che sostengono di ave-
re svolto una qualche attività turistica connessa
Enoturismo: una importante
risorsa per la nostra economia
Un tema di grande attualità al centro del Convegno organizzato da FISAR in occasione del Congresso annuale“
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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 151
al vino ed alla gastronomia di territorio, pur non
considerandosi esplicitamente esperti del settore;
- sono 7,5 milioni gli italiani che hanno sviluppato
almeno 4-5 concrete esperienze implicite e consa-
pevoli di partecipazione ai consumi turistici enoga-
stronomici;
- sono invece 2,6 milioni gli italiani che si autodefini-
scono turisti espliciti del vino, in prevalenza maschi
adulti, residenti nel centro e nel nord del Paese; tra
di essi risulta anche una buona riserva di giovani;
- sono infine 2 milioni le persone che, pur dichia-
rando di non aver ancora mai avuto esperienze di
turismi enogastronomici, avrebbero intenzione e
piacere di visitare in futuro cantine e vigneti, strade
e musei del vino.
Ordini di grandezza come questi inducono prima di
tutto alcune serie interpretazioni fenomenologiche:
- il turismo enogastronomico degli italiani non è più
la scelta di una ristretta “tribù” di specialisti, ma un
comportamento diffuso e molto consistente, ne
più ne meno di quello che praticano i “popoli”, del
mare, della montagna, dello sci, delle città d’arte;
- l’aggregato dei turisti enogastronomici è perciò –
come tutte le “popolazioni” – vasto, segmentato,
eclettico, evolutivo;
- il turismo enogastronomico per le sue prevalenti
caratteristiche di prossimità, short break, conve-
nienza, accessibilità è poco sensibile alle oscilla-
zioni congiunturali dell’economia, dei redditi e dei
consumi;
- il turismo enogastronomico è un comportamento
di tendenza con potenziale di sviluppo ancora con-
sistente e disponibile, ossia – come si direbbe nel
gergo del marketing – scenaristicamente attrattivo
quanto a rischi e opportunità.
Queste considerazioni, largamente positive, non
sono sufficienti a tratteggiare un quadro tutto e sol-
tanto positivo: è necessario sviluppare una rinnovata
e vigorosa consapevolezza del ruolo catalizzatore e
del peso specifico che l’offerta enogastronomia di
territorio, può avere nei prossimi anni per invertire la
tendenza al declino del settore enoturistico nazio-
nale. Attraverso uno specifico sondaggio sono stati
così selezionati i principali atout su cui puntare, al fine
di contrastare le minacce future che attendono il set-
tore turistico, prima fra tutte il calo della domanda a
causa della difficile congiuntura economica.
Il primo punto di forza è la qualità del prodotto base,
ovvero il vino (per il 76% dei comuni), seguono la qua-
lità ambientale e paesaggistica (48,8%), le attrazioni
turistico-culturali, storiche e archeologiche (28,1%), la
forte caratterizzazione identitaria dei luoghi (24,8%),
la possibilità di costruire itinerari turistici differenzia-
ti (18,6%), la tradizione e l’innovazione della cultura
dell’accoglienza del Belpaese (14,9%), i collegamenti
con le reti nazionali e internazionali (13,6%), la no-
torietà planetaria dei luoghi del Belpaese (12,8%), il
buon livello di diversificazione dell’offerta della risto-
razione tricolore (12,8%) e la varietà del prodotto
base per l’11,2% dei comuni interpellati.
Ma per migliorare ancora servono azioni concre-
te, che le Città del Vino lanciano proprio dal Forum
di Alberese, dalla creazione di una regia unica na-
zionale alla garanzia di standard minimi di qualità
condivisi (che coinvolgano gli uffici turistici, l’ac-
coglienza in cantina, la ristorazione e le strutture
ricettive); dall’aggiornamento e formazione del-
le figure professionali alla riforma e al rifinanzia-
mento della legge sulle Strade del Vino (268/99).
“Una carta di proposte operative - spiega il presiden-
te di Città del Vino Giampaolo Pioli - è ciò che propo-
niamo di elaborare, per sottoporlo all’attenzione del-
le istituzioni, del Ministro del Turismo e dei ministeri
competenti, delle regioni italiane. La frammentazione
non aiuta e la mancanza di una politica nazionale
sul turismo enogastronomico è evidente. Noi chie-
deremo proprio quegli indirizzi comuni attualmente
assenti e, soprattutto, sostegni anche finanziari che
non ci sono più”.
a cura della Segreteria Nazionale
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tiI Consorzi dei vini
DOC e DOCG
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CONSORZIO TUTELA CONEGLIANO VALDOBBIADENE
PROSECCO SUPERIORE DOCG
L’area di Conegliano Valdobbiadene comprende 15 comuni che
si snodano nella fascia collinare ai piedi delle Prealpi trevigiane.
I vigneti della denominazione si estendono su quasi 5000 et-
tari e la produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco
Superiore ammonta a circa 60 milioni di bottiglie. Il Consorzio di
Tutela nasce nel 1962 dalla volontà di 11 produttori di proteg-
gere e valorizzare il proprio vino. Grazie all’attività del Consorzio,
nel 1969 il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene ottiene la
doc e nel 2009 arriva la Docg che assume il nome di Conegliano
Valdobbiadene Prosecco Superiore. Oggi il Consorzio di Tutela
riunisce l’85% dell’intera denominazione. Il ruolo del Consorzio
è anzitutto tutelare il Conegliano Valdobbiadene Prosecco
Superiore e fornire assistenza tecnica ai produttori in vigneto
e in cantina per permettere un costante miglioramento qualita-
tivo. Il Consorzio di Tutela promuove inoltre la conoscenza del
prodotto in Italia e all’Estero attraverso l’organizzazione di ma-
nifestazioni, l’attività di formazione e le relazioni con la stampa.
Infine, studia il mercato del Conegliano Valdobbiadene grazie al
proprio Centro Studi.
CONSORZIO TUTELA VINI DEL PIAVE DOC
Ha già alle spalle mezzo secolo di vita il Consorzio della DOC
Piave, nato a Treviso nel lontano 1959. La sua attività ha accom-
pagnato la crescita e l’evoluzione della viticoltura e dell’enologia
di questa privilegiata aerea della pianura del Veneto orientale
che accompagna il corso del fiume Piave dalle elette colline del
Prosecco fino ai lidi dell’Adriatico.
È questa la zona eletta per la coltivazione del Raboso del Piave
che si può degustare nella versione tradizionale DOC, in quella
Passito e nella nuova tipologia Malanotte di prossima uscita in
DOCG. È un territorio da scoprire non solo attraverso i suoi vini
e i piatti della tradizione ma anche visitando i luoghi in cui il fiume
nel suo viaggio dalle dolomiti al mare ha tracciato i segni delle
civiltà dell’entroterra veneziano, fatto di ville, abbazie, barches-
se e case padronali che ancor oggi ospitano rinomate antiche
cantine affiancate da altre realtà più moderne e tecnologiche in
questo splendido e continuo dialogo tra tradizione e innovazio-
ne che ne determina la dinamicità quasi unica di una DOC Piave
tutta da scoprire.
CONSORZIO TUTELA VINI MONTELLO E COLLI
ASOLANI DOC
Il Montello e i Colli Asolani sono zona collinare ricca di fascino e
storia, citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia, i cui vini
sono promossi dal Consorzio.
Dopo un sofisticato lavoro di sperimentazione, è stata ottenuta
una varietà di vitigno resistente alla siccità, incrementando così
il livello di maturazione e il grado zuccherino dell’uva.
La zona di produzione riguarda l’intero comune di Monfumo e
parte dei comuni di Asolo, Caerano di San Marco, Castelcucco,
Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta del Montello, Fonte,
Giavera del Montello, Maser, Montebelluna, Nervesa della
Battaglia, Paderno del Grappa, Pederobba, Possagno, San
Zenone degli Ezzelini, Volpago del Montello. La denominazione
“Montello e Colli Asolani” è riservata ai vini ottenuti da uve pro-
venienti da vigneti costituiti per almeno l’85% dalle corrispon-
denti varietà di vitigno: Prosecco, Chardonnay, Pinot Bianco,
Pinot Grigio, Merlot, Cabernet, Cabernet Franc e Cabernet
Sauvignon.
IL CONSORZIO VOLONTARIO TUTELA VINI DOC
LISON PRAMAGGIORE
Il Consorzio Volontario Tutela Vini DOC Lison – Pramaggiore, è
stato costituito nel 1974 per promuovere e tutelare i tre vini DOC
riconosciuti all’epoca: il Tocai di Lison, il Merlot e il Cabernet di
Pramaggiore. Oltre a controllare il rispetto delle normative nazionali
e comunitarie il Consorzio offre ai propri associati un qualificato
servizio di assistenza tecnica in viticoltura, in enologia e, non ul-
timo, cerca di fornire ad ogni produttore, attraverso la ricerca e
la sperimentazione, le giuste informazioni per valorizzare il proprio
vigneto.
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