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l’immagine ed i mondi possibili PAOLO•GENOESE

IMMAGINE E MONDI POSSIBILI

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Gli esseri umani sono costruttori dimondi. Questa non è una novità.Qualsiasi attività di conoscenzaproduce “mondi possibili”. Questi sonomodelli interpretativi che permettonodi fare delle asserzioni sulla realtà.Alcuni di questi mondi sono passati alvaglio della falsificazione scientifica,per esempio la Terra Piatta, e oraper la maggior parte di noi sonodimenticati, come giocattoli rottiai quali i bambini hanno voltato lespalle...

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l’immagine ed i mondi possibili PAOLO•GENOESE

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1 • PREMESSA 1.1punto di partenza 2 • LO STATO ATTUALE DELLE COSE 2.1 la semiosi globale 2.2 il segno 2.3 differenza tra grafica e graphic design 2.4 il design salverà il mondo 2.5 quantità vs qualità3 • COMUNICARE BENE SIGNIFICA SAPER COMUNICARE 3·1 design & designers 3·2 percezione & percezione visiva 3·3 buona progettazione 3·4 sensi e design4 • SINTESI TRA IDEA ED IMMAGINE 4•1 sintesi tra idea ed immagine 4·2 storia di una •••••••• Twentieth Century Design Timescape••••••••••••••••••5 • CORPORATE IMAGE E CORPORATE IDENTITY 5·1 little story6 • PROGETTO PER DR GROUPE S.R.L. 6•1un interessante case history 6•2 Una struttura organizzativa efficiente 6•3 I servizi 6•4 DR e Saleen 6•5 Passione vincente 6•6 Ilparadiso dell’automobilista 6•7l primo multibrand d’Europa 6•8 Highlights7 • VISUAL IDENTITY MANUAL 61 tavole per DR8 • IMMAGINE E MONDI POSSIBILI fin

l’immagine ed i mondi possibili | il caso dr groupe

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• 1 •premessa

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Mai come

oggi il presente

è stato così carico

di responsabilità

nei confronti

del futuroe così capace di

mettere a rischio

la possibilità stessa

del futuro che si decide

del perdurare della

vita dei segni e dei

segni della vita

sul nostro

pianeta

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1·1• il punto di partenza

Il mondo di oggi è tutto una metropoli, interamente ricoperta di manifesti, vecchi e nuovi, uno sull’altro, sulle pareti, sulle strade, sopra i monumenti. Sembra un decollage di Mimmo Rotella, sembra...Siamo circondati, ci sono immagini dappertutto, l’effetto cromatico a volte è anche bello ma questo non può bastare. Viviamo sensa dubbio ed ormai da tempo nella civiltà dell’immagine, così viene chiamata la nostra epoca, ma siamo davvero consapevoli degli effetti comunicativi di queste su tutti noi?Per esempio diamo sempre per scontato che un manifesto 6x3 che si presenta sopra la nostra testa, grande quasi il doppio della nostra nuova auto, rispecchia almeno un poco la nostra vita?

Troppo spesso purtroppo l ’informa-zione visiva oggigiorno si limita a pura rappresentazione di ciò che vorremmo che fosse, o di come sarebbe bello se..., senza tener conto del complesso sistema di valori di cui nell’epoca dell’immagine si fa portatrice. Quando guardiamo una televendita, volendo esagerare, questa dovrebbe venir fuori tenendo conto della qualità adeguata perlomeno al livello medio culturale dei suoi fruitori. Valori come un attento spirito sociale, un buon design, una corretta comunicabilità simbolica, tenuti insieme da un alto contenuto estetico, fondamentale per una ammiccante comunicazione visiva, a volte mancano del tutto; e non parlo esclusivamente di una televendita, ma di tutto il complesso mondo che gira o meglio fa girare i grossi investimenti pubblicitari di oggi. Da oggetto scientifico quale è la produzione visiva atta ad

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informare (dunque genericamente la pubblicità) deve o almeno dovrebbe sempre portare con sé (comunicare) discipline molto diverse tra loro, parlo di storia dell’arte, letteratura, psicologia e sociologia per citarne solo alcune. Per fortuna in mezzo a questo visualcaos qualcuno si distingue per i propri elaborati. Non tutto è perduto.

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• 2 •lo stato attuale delle cose

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Ogni azione che si sviluppa nello spazio,

ogni emozione vissuta,sarà per noi

intuizione di una scoperta.

F.Deperomanifestodiricostruzionefuturistadell’universo

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2·1•la semiosi globale

La rete segnica dice di un universo profuso di segni, di un’ estensione totale, olistica, della semiosi che richiede un approccio sempre più globale. Si sente parlare di “interpretazione” e questo non deve farci pensare che la semiosi sia per forza connessa con il nostro cervello.|1| Un buon progetto grafico destinato all’arredo urbano attraverso il mezzo pubblicitario non è per nulla diverso dal danzare di un’ape che comunica al suo sciame dove trovare altro nettare, queste interpretano il messaggio e agiscono di conseguenza. Charles Peirce nel 1931 scrive che l’interpretazione, quindi la semiosi, è presente non soltanto nel mondo degli animali ed in tutto il mondo organico ma anche in quello inorganico; cita infatti i cristalli, i gas come soggetti comunicanti. Nell’esperienza che

sto adesso concludendo con queste riflessioni incollate tra di loro da segni & disegni ho raccolto innumerevoli spunti, ho letto estasiato di granchi quasi perfetti,|2| ma non adeguati alle attuali applicazioni multimediali, ho trovato disegni che andavano letti nei vuoti spazi dei loro tratti, tutto portava con sè un significato, una libera interpretazione stimolata appositamente dal segno. Credo ferma-mente che tutto ciò che vediamo sia fondamentale per sperimentare nuove immagini atte a comunicare. Tutto quello che intralcia il nostro campo visivo deve almeno rimandare a delle fugaci emozioni o considerazioni, l’attività di informazione precede sempre l’attività di formazione.

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2·2 • il segno

Da un po’ di tempo in grafica sono ricomparsi i pittogrammi per definire la grande capacità di sintesi tra idea ed immagine. Sono i padri della segnaletica e del design del logo, insieme all’araldica.Sempre Peirce parla di segno,“rap-presentamen”come qualcosa che sta per qualcos’altro; per sua caratteristica infatti il segno si indirizza a qualcuno, cioè crea nella mente di questo qualcuno una sua rappresentazione perfetta. Un segno può essere considerato dunque, secondo una concezione che metterebbe d’accordo anche Sant’Agostino, un sostituto, un simulacro dell’oggetto a cui si riferisce. Da questa teoria, Umberto Eco genera l’idea della semiosi illimitata; infatti siamo tutti d’accordo che, fino a quando un

segno è visibile, rimane in vita, viene guardato e lascia continue tracce di sè, comunica.|3|

Dunque quello dei segni è un linguaggio della comuncazione? Roland Barthes argomenta che il termine “linguaggio” viene troppo spesso usato metaforicamente, non solo nella comunicazione, spesso in ogni tipo di espressione.|4| Tecnicamente il linguaggio è qualcosa di molto preciso: nel sistema di segni che costituisce il nostro articolato linguaggio, i segni sono - spiega Barthes - due volte divisi: in parole inizialmente e di seguito in suoni e lettere.A livello delle parole, il rapporto che unisce il significante ed il significato è immotivato; l’esempio è dato dalla parola parlata BUE, nella quale il suono in sè non ha alcun rapporto analogico con ciò che è nell’immaginario collettivo il BUE...

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La seconda articolazione, quella dei fonemi si basa su opposizioni di numero finito, che sono opposizioni binarie, un codice insomma, il nostro linguaggio articolato è un codice.Parallelamente al sistema linguistico a doppia articolazione abbiamo altri sistemi di comunicazione in cui il rapporto del significato è analogo a quello del significante. L’immagine, in quanto segno, quindi all’ interno di un sistema di comunicazione, o per meglio dire in ottica di servizio, ha un forte obiettivo che è quello di rimanere impressa, ovviamente se sintetizzata bene. Il potere di attrazione di un’ immagine è così forte proprio perchè riesce

a colpire simultaneamente diversi sensi, che non sempre sappiamo controllare; nel caso del linguaggio invece la polisemia non avviene perchè è addomesticata dal contesto, dalla presenza di altri elementi segnici, che indirizzano l’attenzione ed il metodo di interpretazione. L’immagine si presenta invece con tutta la sua forza irradiante, ed è difficile da contestualizzare, capita quindi che tutto ciò che l’immagine guadagna in impressività lo perde in chiarezza.

bUebUe

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2•3 differenza tra grafica e graphic design

Ho iniziato questo progetto consapevole che sarei arrivato a questo punto, un argomento che, mi tocca in prima persona, cui ho già accennato nella premessa, e che adesso, dopo aver trattato e introdotto il concetto di segno, mi sento di affrontare.Prendo spunto per iniziare dunque dalla premessa, dove, parlando della civiltà (nostra) dell’immagine non mi ero soffermato su un concetto, ovvero che rapporto c’è tra civiltà dell’immagine e civiltà del consumo.Partiamo da una passeggiata come nella premessa ci guardiamo intorno e proviamo ad osservare le multiformi immagini che ci circondano. Icone ammiccanti che ci impartiscono precetti, ammonimenti, complimenti

e consigli, segnaletiche, cartelloni cinematografici, manifesti politici, luci al neon -nemmeno fossimo a Las Vegas- regnano incontrastate sulla scena cittadina. Tornando a casa, la televisione, internet e le riviste continuano a sorriderci, siamo sicuri che tutte queste costituiscono oggi un panorama iconografico, ma nascono contemporaneamente veri e propri miti che ci controllano, ci seguono, ci condizionano, ci irritano, ci ipnotizzano. Non voglio essere polemico, desidero solo far comprendere quanto sia importante conoscere questi fenomeni per arrivare ad analizzare a pieno la nostra civiltà/società.Cerchiamo quindi di vedere quanto nella comunicazione visuale ci sia da tenere e che altro sia invece da buttare. Ci siamo resi conto che negli ultimi anni manifesti e spot cambiano stile con noi. Bruno Munari raccontava

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|5| che nel mondo delle immagini pubblicitarie, atte dunque ad informare, vigevano regole che, provenienti dalla statistica e da indagini di mercato, stabilivano come l’immaginario collettivo vedeva ad esempio una donna: colori accesi, pettinatura adeguata, sguardo rivolto versol’obiettivo, diretto cioè verso chi guarda, insomma deve essere così perchè il pubblico vuole così, |6| da questa regola generale derivava che tutte le foto di donne in adv erano identiche. Prendiamo ad esame un’affiche degli anni ‘60, il protagonista era quasi sempre di profilo o tre quarti, (caratteristica tipica dell’illustrazione) e svolgeva la sua azione, oggi si cerca nel portrait uno sguardo ancor di più dentro l’obiettivo, diritto verso gli occhi di chi legge il messaggio. Nella passata concezione dell’adv vedevamo qualcuno che faceva qualcosa, spesso incurante di chi

guardava, ultimamente, anche se pare che questa fase sia in declino, si cerca una sorta di faccia a faccia con il fruitore, questa è la pubblicità del valore d’uso non del valore di base. Che fase sta attraversando la comunicazione visiva? E’ questo il punto di rottura dove, terminata la fase del caos e delle immagini prefabbricate, il mondo che produce non significati visuali, |7| appunto perchè stanco del miscuglio casuale, rigetterà tutti coloro che, non riuscendo a produrre comunicazione chiara e portatrice di forte identità, darà finalmente spazio a coloro che hanno studiato la comunicazione vecchia e nuova e sono attenti a problemi vari ed alle diverse tipologie di interpretazioni possibili da parte del fruitore. Professionisti sperimentali in grado di sviluppare, seduti dinnanzi al proprio mac, concept chiari e duraturi, allestimenti e campagne pubblicitarie destinati

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il disegno supporta

il progetto

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al lungo periodo ed alla totale fruizione.

2•4 il design salverà il mondo!

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una fitta diffusione di istituti pubblico/privati che hanno organizzato corsi di design, di grafica, di marketing, di comunicazione. Analizzando i programmi che questi proponevano si scorgeva come tutti, impegnati a raccoglierne le numerose iscrizioni, poco si preoccupassero del reale valore di contenuti e sperimentazioni. Pensiamo ad esempio alla campagna Yes I IED, oppure a quella della Sapienza NON TUTTI GLI STUDENTI SONO SAPIENS.La maggior parte delle brochure informative che presentano i piani di studio, dichiarano apertamente l’alto livello di specializzazione che si ottiene una volta terminati i corsi,

con le relative garanzie d’impiego, o meglio dire stage?La situazione attuale però è assai diversa, ovviamente, nel mercato del lavoro.Oggigiorno infatti nel mondo della comunicazione si è venuta a creare una linea immaginaria tra gli addetti ai lavori che già sono nel settore, ed i nuovi studenti/stagisti provenienti da facoltà tecniche per questo settore; da un lato troviamo professionisti della pubblicità arrivati al mestiere da scienze politiche, dall’altro studenti laureati in comunicazione che non conoscono le basi di un programma di grafica. Da un terzo punto di vista invece ci sono ex studenti, giovani lavoratori che, appassionati ed attenti ai fenomeni cangianti della comunicazione visiva (nel nostro caso) provano a lanciarsi nel mondo del lavoro. Di modi e mondi fortunatamente ce ne sono diversi e conviene provarli tutti. Teorie, meglio

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dette filosofie, nascono e crescono sul pianeta grazie all’iniziativa di poche organizzate persone; prima fra tutte il movimento myBoom in Giappone di Jun Miura che descrive l’uomo come essere capace di vivere e progettare in modo creativo e coerente grazie all’uso della propria espressione vitale/creativa.Oppure l’ottimo studio di designers al quale fa capo Artemy Lebedev, con sede a Mosca, che è un esempio eclatante di come una libera associazione di pensatori possa diventare impresa, realizzando progetti a livelli superiori di quelli delle multinazionali dell’adv e proponendo idee sostenibili che aspettano solo finanziatori per essere sviluppate. Esempi come questi fanno sperare in un futuro roseo/magenta per chi ha il coraggio e la passione di portare alla luce idee giovani e brillanti. Capita però che il governo del paese

nel quale vivi sembra non tener conto di questa creativa classe di persone. L’arma in più delle nuove equipe creative è la capacità strutturale nel riuscire a produrre, con metodi non ripetitivi, idee sempre nuove e altamente evolute. Il design salverà il mondo dunque? O meglio i nuovi designers aiuteranno ad intrerpretare meglio ciò che abbiamo intorno? Questo nuovo approccio creativo che si differenzia ancora troppo dalla moltitudine di addetti ai lavori presuppone che ogni progetto sia originale ed unico in ogni suo aspetto, insomma dovrebbero finire i tempi che stiamo vivendo, nei quali troppo spesso troviamo due immagini del medesimo concept utilizzate per pubblicizzare sia una macchina che un borotalco. Il ricorso alle image bank (archivi di immagini free royalty o a pagamento) attraverso la rete, ha spesso ridotto a puro esercizio di stile l’implementazione di una

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campagna pubblicitaria. Sempre meno progetti vengono alla luce con proprie immagini distintive, e poi, che fine faranno i fotografi? Ogni idea, per essere pura, deve seguire una sua vita, incontaminata, deve essere applicata ad hoc in tutte le sue declinazioni per poter mantenere la forza generatrice che ne garantisce la potenza comunicativa, le opportune caratteristiche formali e la sua essensialità visiva.

2•5 quantità VS qualità

Il graphic designer è oggi una professione diffusissima in tutto il mondo. Tantissimi istituti, come abbiamo già detto, propongono corsi e specializzazioni. Da questo deriva che dappertutto c’è qualcuno che prova (non sperimenta, perchè la sperimentazione presuppone la conoscenza della tecnica) a produrre grazie alla diffusione del computer.

Chiunque oggi può disegnare un marchio, aprire un blog, lanciarsi in un’avventura editoriale, basta saper cercare su internet; sulla rete si trovano software adatti davvero a tutti che bypassano concetti fondamentali su spazi vuoi e spazi pieni, colore, stile ed equilibrio di significato, buon design insomma. |8| Nell’ormai vastissimo settore comunicazione capita di interfacciarsi con semi-professionisti presuntuosi che sono convinti di aver capito tutto, proprio in questo campo che sicuramente è caratterizzante più come scelta di vita, o di missione, che di vita stessa. Chiunque riesce ad utilizzare un software per redigere una presentazione, senza sapere neanche cosa significa layout. Il discorso è ancora più delicato per il web, libertà assoluta che dimentica criteri di usabilità e di progettazione, contenitori adattati e

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ricolorati intrappolano testi a volte equivoci. Insomma attraverso il pc, l’elettrodomestico del 2000 si fa di tutto. Un progetto, soprattutto se si tratta di un progetto web, deve tener conto dei sensi del fruitore, di tutti i sensi, poiché quando egli è di fronte ad un oggetto (sito) e lo prova, lo sente con tutti i sensi; anche se a prima vista l’oggetto può piacere, se non piace anche agli altri sensi, l’oggetto sarà scartato a favore di un altro.L’ HCI, (human computer interface) nuova scienza di progettazione di dispositivi basati sulla tecnologia informatica, ha come obiettivo principale il miglioramento del sistema |9| user/macchina tramite: comprensione dei fattori psicologici, ergonomici ,organiz -zazionali e sociali sottostanti il comportamento dell’utente; tramite sviluppo di strumenti e tecniche che permettano di applicare tali

conoscenze alla progettazione; grazie alla realizzazione di nuovi sistemi più adeguati alle caratteristiche dell’utente. Tutto ciò, senza un opportuno controllo, ha portato a questa sorta di degenerazione del mondo della comunicazione, mischiando e confondendo tutto quello che di buono c’è e ci sarà.Servirebbe una svolta. Magari iniziando non da corsi di informatica, web o grafica, ma educando all’estetica del computer, per sensibilizzare le masse ad un uso consapevole del potentissimo ed utilissimo mezzo, facendo capire che il compito professionale e quello domestico sono due cose realmente lontane, che tutti gli effetti che troviamo per armonizzare un sistema operativo sono rappresentazione e non realtà. Se pensiamo all’interfaccia grafica di windows e poi ci mettiamo ad utlizzare un sistema avanzato come

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|Note| |1| Caputo Cosimo, Petrilli Susan,Ponzio Augusto • Tesi per il futuro anteriore della semiotica • Mimesis, i cabiri 2006|2| Zaganelli Giovanna • Segno tra memoria ed immaginazione da Sense and Design- Caldarelli Fulvio (a cura di) • Lupetti 1998|3| Eco Umberto • Lector in fabula • Bompiani 1979|4| Barthes Roland • Elementi di semiologia • Einaudi 2002|5| Munari Bruno • Arte come mestiere • Laterza 1981 • a dire la verità Munari ritorna sull’argomento in quasi tutte le sue raccolte, Regole generali per un buon manifesto.|6| Il rischio della similitudine in settori differenti è indotto forse da esigenze di marketing?|7| Sono abituato a pensare che, la comunicazione […] sia divenuta il crocevia un pò confuso di immagini prefabbricate. Si riduce lo spazio della

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mac os x o linux facciamo un salto di oltre dieci anni a livello di usabilità, effetti visivi e rapidità di comando.I mezzi di comunicazione (o di community) hanno cambiato totalmente le abitudini, però il discorso tra chi siamo e chi rappresentiamo o vogliamo figurare nella realtà virtuale ha un solo grosso limite, la distruzione di un’identità, la nostra appunto.

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nostra immaginazione visuale. Caldarelli Fulvio • Sense and design • Lupetti 1998|8| Zennaro Mauro, grafico e docente presso il corso di laurea specialistica in comunicazione pubblicitaria e design strategico, Università per Stranieri di Perugia • Bisogna insegnare la grafica? da Progetto Grafico n° 6 anno III, periodico AIAP- Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva • |9| Marcaccio Alejandro, gli spunti per queste considerazioni nascono durante le lezioni di psicolinguistica, durante il corso di specializzazione. Esempi di ottima usabilità e controllo di interfaccia da parte di user li vediamo continuamente proposti dalla Machintosh, il perfetto livello di (scambio) software/hardware , continua e stupisce attraverso l’uso di usability design e materiali che rispettano la natura per realizzare macchine sempre più accattivanti ed innovative, pensiamo all’ iPod che riassume tutta la brand phylosophy della Machintosh.

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Affiches fiat 500 anno 1970 • gli attori sono intenti a svolgere la loro azione.

Vespa• una delle più recenti immagini proposte. Attore e fruitore stesso piano

|Icone|

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Art Lebedev studio • progetto optimus keyboard 2007• un rivoluzionario sistema di micro schermi, utile a caricare la configurazione di tasti che ci interessa via macchina.universale.

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Linux development • nuova interfaccia 3d per • 6 differenti desktop utilissimi a chi lavora con grossi flussi di lavoro.

Microsoft development • nuova interfaccia windows vista • desktop

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|Multimedia|

www.galadesign.altervista.orgwww.artlebedevstudio.comwww.microsoft.comwww.linux.comhttp://www.apple.com/it/macosx

Machintosh • nuova interfaccia OS X leopard Desktop skreenshot di applicativi, dashboard e ichat

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• 3 •comunicare bene significa

saper comunicare

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3•1 design & designers

“Per bellezza di figure, Io non mi propongo di indicare quella che i più possono supporre, e cioè quella, per esempio,di esseri viventi, o di certi dipinti; ma figure piane e solide che sono generate per mezzo dei torni e dei regoli e delle squadre,se mi intendi. E queste non dico che siano belle relativamente ad alcunchè, come altre cose, ma che da natura sono di per sé medesime sempre belle, ed hanno in sé certi piaceri propri che non hanno punto a che fare coi piaceri prodotti dai solletichi” |10|

Questa di Platone è una delle prime frasi che parlano del design come metodo riconosciuto per la differenziazione di oggetti di buona progettazione. Leggendo questo pensiero si nota come quel

sempre belle messo a distinzione dalle altre cose è per classificare qualcosa che ha in sè un complesso di caratteri che sono la durata nel tempo, i piaceri (ma non quelli dei solletichi) e soprattutto figure piene e solide quasi a sottolineare una polidimensionalità, pare che sia stato proprio lui a gettare le basi del pensiero progettuale.Una vera opera di design deve saper commuovere, comunicare sentimenti, evocare memorie, sorprendere, trasgredire. Deve farci sentire con più precisione che stiamo vivendo la nostra unica vita, insomma deve essere poetica.Il design è una delle espressioni poetiche più tipiche della nostra epoca. Ci sono oggetti che fanno parte dell’esistenza quotidiana: cose che usiamo senza più quasi guardarle,in un orizzonte domestico neutro e tranquillizzante.

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E poi ci sono gli oggetti, quelli che rendono i piccoli gesti di tutti i giorni più semplici, più gradevoli, più “nostri”; caso eclatante è quello delle tantissime opere di Philippe S+ark, che hanno riprogettato oggetti di uso comune dandogli carisma e colore. ••••••••••••••••••••••••Il designer è un progettista dotato di senso estetico che lavora per la comunità. Racconta Munari |11|.Il suo è un lavoro di gruppo: organizza un team di lavoro secondo il problema che deve risolvere, cerca di produrre nel modo migliore anche oggetti comunissimi di largo consumo. La forma finale dei suoi oggetti è il risultato logico di una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le componenti di un problema progettuale.Sceglie le materie più adatte, le tecniche più giuste, sperimenta le possibilità di entrambe, tiene conto della componente

psicologica, del costo, di ogni funzione.Secondo i principi del buon design, il pubblico indifferenziato dovrebbe percepire la presenza di un operatore che ha pensato anche a lui, nel senso di produrre un oggetto che funzioni bene e che abbia anche una sua estetica non legata ad uno stile personale di alcuno, ma nata dallo stesso problema. Tutto ciò vale costantemente a mio avviso soprattutto nella progettazione per l’informazione. Oggi spesso assistiamo ad una falsa diversificazione, che spesso è casuale; la caratterizzazione capita, ma dipende ancor oggi troppo dal gusto di chi produce l’immagine, da come la vede insomma. Il manifesto ha lo stile del grafico, mentre il carattere dovrebbe averlo il prodotto e non lo stile di chi è chiamato a rappresentarlo.

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3•2 percezione & percezione visiva

Non esiste errore più grande del credere che quando smetti di guardare ad esempio una sedia, quella scompare. No, e ancora no! Sappi, al contrario, che almeno fino alla fine dei tuoi giorni continuerà ad esistere, nelle profondità della tua retina,un posto per sedersi! |12|

Così esordiva Salvador Dalì in una sua raccolta di appunti dove svelava i suoi segreti nella progettazione e nel disegno dei suoi capolavori, lui, che rispetto a molti altri evocava attraverso veri e propri rituali la sua stessa creatività.L’eccentrico filosofo/artista amava per esempio mangiare esclusivamente ricci di mare e miele dal momento in cui decideva di ispirarsi per produrre un nuovo capolavoro.

Un rituale quindi che sensibilizzava, a dir suo, tutti i suoi sensi e ci poneva in una dimensione percettiva superiore rispetto agli altri, tutti i gesti e tutte le abitudini assumevano nuovi significati, la percezione del mondo cambiava e lo rispecchiava come vate qual era e non come semplice artista. Nasceva in questo modo il suo iperrealismo metafisico.

Fin dalla nascita l’uomo si fonde e si confonde tra immagini, suoni e parole, completamente immerso nell’insieme delle sensazioni ed emozioni assorbite nei nostri occhi e che possono vivere nelle nostre menti. |13|

Altri esempi significanti vengono anche da Gaetano Kaniza nella “grammatica del vedere” che è una vera e propria raccolta di immagini, esempi, trompe d’oeil, utilissimi ad orientarsi nel complesso mondo della

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rappresentazione visiva. Ci insegna attravverso le sue figure come l’esistenza, la fisicità di una proprietà come il colore, la forma o le dimensioni non siano sempre caratteri fondamentali per la completa e corretta interpretazione di un segno o di un’immagine.L’occhio umano percepisce un insieme di forme e tende a completare l’insieme con collegamenti immaginari per fare un’ unità dei singoli pezzi sparsi.Tutto quello che noi vediamo dunque non è solo rappresentazione, è il risultato di un complesso sistema di azioni organizzate e regolate dal sistema visivo con il fine di rendere chiaro il messaggio che ci arriva.Le leggi del vedere di Kaniza servono soprattutto a manifestare ciò che il mondo visivo predispone per noi e che sarebbe comunque impossibile da rappresentare se non attraverso esempi tangibili, dunque figure, forme e colori.

Tra le illustrazioni sulla percezione visiva che Kaniza sperimenta, questa su tutte mostra come l’occhio umano percepisce queste forme e cerca di completarle negli spazi vuoti per arrivare ad unire in un insieme i singoli segni .

Dimostreremo come l’occhio ed il cervello collegano le varie parti per arrivare ad un insieme che rende più coerente la forma, qualcosa di più familiare.L’immagine è composta da un angolo retto unito ad una curva e riempito.Vedremo come cambia in ognuno dei seguenti casi il volume totale della forma per capire come le caratteristiche percettive di ognuno di noi “leggono” questo disegno.

immagine mondo possibile

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3•3 buona progettazione

Complicare è facile, semplificare è difficile.Per complicare basta aggiungere, tutto ciò che si vuole: Colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose.Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.Per semplificare bisogna togliere, e

per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando, a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più.Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura?

Questa di Bruno Munari, futurista, designer e rappresentatore di sogni e grande educatore di folle è a mio avviso la definizione di design, riguardante i nostri tempi, più significativa. Semplificare quindi è qualcosa che richiede tanta creatività.

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Il progetto della sedia°14 di Michael Thonet|14|, metà ottocento, oltre settanta milioni di esemplari prodotti in seguito.Cinque pezzi di legno piegato e 12 viti.

In questo caso il problema di questo artigiano e designer era proprio quello di riuscire a pensare una sedia più semplice, leggera ed elegante e fatta senza niente di superfluo, definiamola la sedia sintetica.Una ricerca di coerenza formale aiutò Thonet a progettare una sedia di soli cinque pezzi a confronto con quelle dei suoi “colleghi” composte quali da diciotto e quali da ventitre pezzi.Durante il processo che genera il progetto un designer utilizza diversi tipi di disegno, parte sicuramente

dallo schizzo, al quale seguirà di certo una fase di studio e di analisi del problema, passa poi ai costruttivi, alle assonometrie, al disegno esploso e poi al fotomontaggio ed al rendering.Munari riempiva interi libri di immagini, schizzi, idee rappresentate attraverso simbologie e note, disegni e diagrammi che rendevano manifesta la lungimirante e creativa abilità progettuale, la risoluzione dei piccoli problemi alla quale arrivava e la conseguente rappresentazione di mondi possibilii ed intuizioni geniali.Osservando attentamente i suoi metodi di progettazione notiamo che si occupa di prossemica, di ergonomia, illuminotecnica, di studio dei colori e delle ombre, il tutto reso altamente leggibile dall’uso perfetto del disegno. Si pone dinnanzi ad un problema, lo definisce, ne studia ogni sua componente,, raccoglie

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tutti i dati utili, concepisce l’idea risolutrice e giunge brillantemente ad una soluzione, utilizzando un metodo creativo previsto di schizzi, sperimentazioni, modelli a grandezza naturale. Interessante è vedere come non esiste ambito nel quale i suoi metodi non siano validi, applica logiche creative a tutto ciò che vuole.Esempi brillanti sono le sue lampade costruite con cerchi metallici e calze di nylon, le progettazioni espositive modulari tutt’oggi riproposte nelle fiere di ogni tipo, gli studi sull’abitacolo universale e tanti, tantissimi loghi e scritte audaci e brillanti.Principale spunto dei suoi studi è la cultura abitativa giapponese, della quale analizza attentamente la prossemica, per risolvere soluzioni di spazi vuoti o inutilizzati nelle nostre case.Nelle abitazioni giapponesi infatti, partendo dal concetto Zen di vuoto

da riempire, la casa è vista e vissuta come spazio vuoto delimitato da pareti e finestre mobili e modificabili, che permettono di cambiare dimensione agli spazi. Una continua modifica della percezioene sensoriale. L’uomo come elemento unico portatore del suo carattere, al centro di altri elementi unici portatori di diverse identità riconducibili all’uomo.

3•4 sensi e design

Comunicare è la base del design dunque.Per comunicare bene un designer dovrebbe progettare sempre qualcosa di multisensoriale. Comunicare significa amplificare le capacità del messaggio che si sta emettendo, valorizzarne i caratteri e la riconoscibilità. |16| Un oggetto o un’ immagine capace di risvegliare in ognuno di noi tutti i sensi possibili. La chiave di questo problema

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dovrebbe essere quella di affrontarlo con metodi creativi; per esempio ancora oggi capita di trovarsi di fronte ad una forma bellissima, una poltrona tutta di marmo, unica, un monolite che quasi quasi ci convince ad accomodarci, poi però scopriamo che è freddissima, dura e scomoda. Quando l’idea è povera di contenuti e di potere creativo, spesso il materiale è ricercato, come per darle dei valori aggiunti mancanti.Sempre Bruno Munari pensava all’uomo del futuro come un essere senza più naso, orecchie e senso tattile. |15|Proponeva questo strano disegno dove compariva quest’uomo monco per colpa delle sue cattive abitudini e del cattivo design del mondo che lo circondava; e che aveva smesso di usare olfatto, udito e tatto. Infatti deduciamo che se la funzione aiuta a sviluppare l’organo sensoriale, la non funzione lo atrofizza. Fondamentale è

dunque, in fase di progettazione per gli altri, la consapevolezza che l’uomo ha cinque sensi sviluppati dall’infanzia e che mano a mano crescendo diminuisce la possibilità di stimolarli. Se un oggetto ha delle buone capacità tattili, date magari dal giusto materiale utilizzato per realizzarlo, se ne accorgerà e l’esperienza porterà di sicuro a ricordarsi di questo senso. Il materiale giusto, l’effetto acustico o il profumo aiutano sicuramente la vista. Ricordiamoci sempre che da bambini siamo abituati a sviluppare globalmente i sensi, pensiamo ai peluches o ai libri fatti con materiali diversi pagina per pagina. Riuscire a progettare qualcosa di adeguato ai nostri sensi è di sicuro una via possibile per la buona riuscita di un progetto o di un prodotto.

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Bruno Munari •sedia per visite brevi • ironica risposta del genio di munari alla prospettiva della vita di corsa. progettata nel lontano 1945, ha le caratteristiche di una sedia classica (noce con intarsi e sedile in alluminio) ma presenta una seduta inclinata a 45°, destabilizzante risposta alla vita che corre veloce, alla frenesia che ruba il tempo.

|Note|

|10| Platone Scritti Vari - da www.galadesign.it|11| Munari Bruno • Fantasia • Laterza 1977|12| Dalì Salvador • 100 Segreti per dipingere • carte d’artisti |13| Kaniza Gaetano • Grammatica del vedere , Il Mulino, Bologna, 1988|14| Polano Sergio Vetta Pierpaolo • Abecedario • Electa 2005|15| Munari Bruno • Spazio abitabile • stampa alternativa, Margini 1999|16| Breda Claudio, Roversi Andrea • Il colore nella stampa, principi di colorimetria e tavole cromatiche • IALweb.it 2006

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|Multimedia|

https://www.edwardtufte.com/tufte/books_behttp://www.mart.trento.it/

http://www.educational.rai.it/lezionididesign/

Edward Tofte • Beautifull evidence •copertina

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|Icone|

Salvador Dalì - Ballerine en Tete de Mor e disegno preparatorio per dipinto .

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• 4 •sintesi tra idea ed immagine

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che cosa è più perfetta?la perfetta imperfezione tracciata dalla mano

l’ impersonale perfezione tracciatadalla tecnologia?

o

Giovanna Zaganelli

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4•1 sintesi tra idea ed immagine

Il buon progetto si distingue dagli altri per la sua forte identità, prima di tutto, che ne denota il carattere, per uno spiccato senso dell’umorismo che ne ha accompagnata la nascita e soprattutto per l’unicità dei valori che trasmette, le sensazioni che continuamente, quando ne veniamo a contatto, ci comunica. Il carattere che il designer è riuscito a cogliere nel momento in cui è stato in grado di mettere lo schizzo su un pezzo di carta è qualcosa che distoglie dall’ottica di mercato e pone verso il futuro. Il “pezzo” di design, se veramente valido, è qualcosa che sicuramente verrà continuamente sottoposto a critiche grazie alla sua unica capacità di comunicare per sempre.Tutto ciò vale sicuramente per il design di oggetti ma, nel nostro

secolo si caratterizza fortemente anche nel visual design. Avevo concluso nel 2003 il mio primo corso di studi con una tesi di laurea dedicata a Fortunato Depero, analizzandolo come primo interprete in Italia della comunicazione d’impresa attraverso il design.Mi aveva colpito l’enorme lavoro che l’artista aveva realizzato per Campari, e la capacità di persuasione di alcune sue intuizioni; sono infatti tutt’ora convinto che egli sia stato il primo in Italia a produrre un progetto di immagine coordinata.|17|Per Depero, l’enorme quantità di temi decorativi e la continua ricerca di significati simbolici sono vere e proprie idee e progetti grafici, ripresi e riadattati per scopi realizzativi futuri, una produzione artistica, la sua, ma contemporaneamente validissima in ottica di mercato; sue alcune intuizioni come i distributori automatici, come l’arredamento

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coordinato al marchio o in un certo senso l’uso del testimonial. Insomma un free lance ante litteram che operava già all’inizio del secolo csorso con un metodo progettuale attento e coordinato.Altri esempi Europei sono quelli in Germania, spunti di immagine coordinata non ancora definita sono di Peter Behrens nel 1907 nei progetti perl’AEG, la casa tedesca che si fece portatrice dell luce in Europa. |18|Quello che comunicava il logo aziendale, rappresentante tre cellette d’api, con metafora di laboriosità, era inserito in ogni manifestazione dell’AEG, nello stile delle fabbriche, dai negozi monomarca, alla comunicazione, ai prodotti.Sempre nel 1907 inizia un’altra delle esperienze più interessanti sulla comunicazione ad ampio raggio: quella della London Transport (la Compagnia dei Trasporti di Londra),

con l’introduzione del primo logotipo dell’Underground. Oltre ad essere una delle prime compagnie ad avviare un programma di corporate identity, la London Transport rappresenta un caso unico di continuità nel tempo, nonostante i numerosi cambi nella gestione, un riferimento per l’alta qualità del design espresso – non solo visual, ma anche nelle architetture di alcune stazioni fino alle più recenti e autorevoli ristrutturazioni e nuove realizzazioni – e per l’integrazione riuscita tra gestione del progetto e necessità manageriali. Le piantine della rete della metropolitana londinese sono note in tutto il mondo, come risultato di due aforismi attribuiti a Frank Pick, artefice del fondamentale sviluppo della compagnia negli anni ‘30 nelle vesti di direttore e manager commerciale: “il design è intelligenza resa visibile” e “il buon design è un

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buon business”. Va inoltre ricordato che l’alfabeto di Johnston, progettato ai fini della migliore leggibilità in tutte le applicazioni possibili (dalle stazioni agli stampati) con rigore geometrico e semplicità, è ancora oggi in uso.In seguito l’esempio tutto italiano di Olivetti, capace di portar con sè per quasi un secolo il simbolo dell’italianità e dello stile del nostro design, non solo di prodotto ma d’immagine ed in particolare con brillanti soluzioni espositive, riuscendo a sposare nomi ed idee di designers che avrebbero segnato la storia. Pensiamo al caso della macchina da scrivere Valentine.ll successo dei prodotti e del marchio della società di Ivrea sembra essere tutto nella “qualità del suo produttore” e “nell’ossessiva ricorrenza di uno stile”, nelle produzioni e nelle campagne promozionali.

Particolarmente attento all’image era infatti il figlio del titolare Camillo, Adriano Olivetti, capace di sensibilizzare al problema Olivetti designers come Pintori, Nivola, Sottsas jr. e tanti altri. E di farsi notare per gli ammiccanti showroom d’oltreoceano dall’allora direttore della IBM Thomas J. Watson Jr. un tale che da lì a poco avrebbe affidato l’image della IBM ad un grafico di nome Paul Rand.Anni dopo James K. Fogleman, responsabile del design negli Stati Uniti di una ditta farmaceutica, per primo, nel 1953 parla di corporate, ritenendo che la comunicazione ha due differenti scopi, il primo è immediato, ed è quello di promuovere un prodotto, il secondo, molto più importante, serve ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’azienda. In quest’ottica Fogleman intuisce l’importanza del marchio, è lui il primo a volere che questo

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compaia in ogni espressione vitale dell’azienda, dall’applicazione grafica al packaging, dagli stampati, alla comunicazione, ai mezzi di trasporto. La sua azienda, la CIBA, che produce in Svizzera prodotti farmaceutici e chimici, è ben visibile grazie al marchio.Sullo stile ormai diffuso anche negli Stadel Bauhaus, soprattutto negli Stati Uniti, operano Paul Renner, il padre del typefont Futura e Paul Rand, colui che sicuramente ha messo insieme, con i lavori fatti per IBM, vicini come non mai design, arte, architettura e comunicazione. In una parola sola ha inventato la sistesi tra parola ed immagine, riuscendo a formulare, con umorismo e colori, alcune delle più interessanti tavole di immagini di tutti i tempi.Parte dal 1955 il programma di visual design coordinato dallo stesso Watson e da Eliot Noyes, nelle vesti di consulente, programma

che contribuirà in modo decisivo al successo della IBM. Alla base vi è una enorme fiducia da parte del committente nel ruolo del designer, visto come un importante aspetto di sostegno agli obiettivi dell’azienda, ma non subordinato ad esso. Per la parte grafica viene coinvolto Paul Rand e in questo clima di reciproco rispetto Rand e Noyes forniscono persone e competenze, contribuendo a formulare e sviluppare un design dal carattere unitario, e dando le direzioni metodologiche per gli sviluppi futuri. Due costanti vengono imposte: il design della IBM “deve riflettere qualità e deve essere sempre contemporaneo”. Non vengono così adottati, ad esempio, né colori distintivi, né un motivo comune, con l’obiettivo di avere soluzioni libere da schemi ma profonde.Rand progetta il logotipo e un alfabeto, mettendo anche una

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piccola Design Guide, un manuale degli standard grafici ad uso dei designer di volta in volta chiamati. Breuer e Eames curano i progetti di edifici ed esposizioni, contribuendo con la loro fama a imporne il nome. Il logotipo viene ridisegnato nel 1960 dallo stesso Rand per meglio rispondere alle rapide trasformazioni delle comunicazioni – settore in cui IBM è ancora oggi leader – sette o dodici linee bianche intersecano le tre lettere, conferendo loro un carattere cinetico affine, tra l’altro, alla contemporanea corrente della Op. Art.

Dieci anni più tardi, Rand crea il logotipo geroglifico per la IBM, sostituendo la I con un occhio (eye) e la B con un ape (bee), giocando così

con l’omofonia del lessico inglese.

“Lo spirito è il metodo, non la sostanza” è uno dei motti coniati da Otl Aicher per sintetizzare quelle che erano le basi delle esperienze progettuali e degli insegnamenti presso la Hochschule für Gestaltung di Ulm, di cui era tra i massimi esponenti. Per quanto ci riguarda, il progetto curato nel 1962 per la compagnia aerea di bandiera tedesca, la Lufthansa, è una sintesi dell’approccio programmatico e disciplinato degli ulmiani teso alla soluzione dei problemi progettuali.Negli anni successivi i progetti sono stati ulteriormente sviluppati sia a Ulm

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che presso la Lufthansa da altri allievi della HfG nel segno della continuità facendo anche guadagnare alla compagnia il titolo di ‘intoccabile’. Questi sono soltanto alcuni casi, caratterizzanti, sicuramente unici, di come nel XX secolo aziende inizialmente, enti pubblici ed enti promotori di eventi sportivi, ricorrono a progetti sempre più interessanti e complessi di corporate image. Al giorno d’oggi l’esigenza di comunicare distintamente la propria identità è quanto mai estesa a tutto il mercato, complessi museali, università, pubbliche amministrazioni hanno sempre più bisogno di riflettere sul grande pubblico la loro immagine, pensiamo a quanto il web abbia reso vicine realtà lontane e di come siano cambiate mobilità ed informazione.

4·2 storia di una

Negli italiani esiste un innato senso per il bello. Coltivare la percezione del bello, del gradevole che ci circonda, dovrebbe essere imposto per legge.|18| Negli Stati Uniti abbiamo esportato un pezzo delle nostre emozioni, del nostro stile di vita e del nostro buon gusto. Ad esempio nella moda compiamo tutt’oggi delle imprese impensabili.Negli Stati Uniti esistono moltissime aziende di informatica. Apple non è sicuramente tra queste.Apple è più di una semplice azienda: è uno stile di vita e una religione (loro la chiamano scherzosamente “setta”). Chi pensa in maniera “Apple” pensa in maniera completamente trasversale, innovativa ed elegante, proprio nella visione di ciò che lo circonda. Ci sono persino delle “bibbie” sui Mac...

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Se si vuole veramente capire cosa vuol dire essere “Mac user” deve provarlo e non tornare più indietro.Un mondo possibile però.Credo che nel mondo, in questo momento, non ci sia nessuno che possa insegnare ad Apple verso quale strada dirigersi. Il mio personalissimo sogno sarebbe quello di vedere le nostre aziende, i nostri creativi e i nostri designer sviluppare delle cose non solo “ottimizzate” ma anche belle. Ciò che facciamo deve sempre essere bello anche se la prerogativa necessaria fosse quella del mero utilizzo.Apple ha una visione del futuro incentrata sul design e sulla tecnologia digitale, d’avanguardia, proprio nell’ultimo MacWorld Steve Jobs, il CEO di Apple, ha ribadito che secondo lui il Personal Computer sarà al centro della casa del futuro seppure diverso, seppure più aperto

per comunicare con tutto ciò che ci circonda, dalla lavastoviglie al televisore, dall’agenda tascabile al telefonino. Ha appena presentato la nuova TV: qualcosa che già tutto ciò lo comincia a fare davvero.In più Apple ha deciso di puntare molto, oltre che sui puri e semplici numeri delle macchine (MHz, Disco Rigido e cose così), sull’aspetto esteriore ed emotivo,sull’innovazione di prodotti perfetti.Apple vuole essere la Sony del mondo dei personal computer, offrendo prodotti che si posizionino, nella mente del consumatore, su un livello più alto rispetto alla concorrenza, soprattutto da un punto di vista qualitativo e di ideazione.|19|

A tal proposito eclatanti sono gli ultimissimi Iphone, il futuro della telefonia mobile, tecnologicamente all’avanguardia dotati di involucro di Titanio e di un concentrato di tecnologie e di sforzi di miniaturizzazione

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o il culti Ipod, non un semplice lettore multimediale, qualcosa di eccezionale e customizabile secondo i propri gusti.

|Note| |17| Depero Fortunato • Depero Futurista • Dinamo Azari • Milano 1910|18| Pasca Vanni, Russo Dario• Corporate image, un secolo d’immagine coordinata • Lupetti 2005|18| Dorfles Gillo • Nuovi riti, nuovi miti • Skira 2003|19| Fievet Cyril •Apple Pixar Mania•Mondadori Informatica • Milano, 2005

|Multimedia|

http://www.apple.com/it/macosx/

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twentieth century design Time

sca

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Timescape

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• 5 •corporate image

&corporate identity

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5·1 little story

Immagine ed identità di una corporation, ovvero di un’azienda.Una delle definizioni più significative la leggiamo su Design Coordination and corporate image, dove corporate inizia ad assumere il concetto esteso di ente pubblico, organismo promotore. Una corporate image è la totalità delle immagini, delle idee delle valutazioni su un azienda, che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con essa. Per corporate identity intendiamo l’insieme di contenuti, comportamenti e manifestazioni di un’azienda o ente organizzato. Notiamo come le due definizioni siano complementari.|20|

Il primo ad utilizzare in maniera consapevole il termine corporate identity sembra sia stato negli anni ‘50 Walter Margulies della

Lippincott&Margulies di New York, agenzia tutt’oggi leader nel settore della corporate identity, il quale, nel tentativo di differenziare il lavoro del suo studio, offriva alle maggiori compagnie americane del periodo un grafico coerente e complesso, risultato di studi e analisi del mercato e delle attività dei concorrenti. Il termine ha generato però un equivoco che ha portato e porta tutt’ora molti studi di graphic design a interpretare un progetto di corporate identity come un puro progetto grafico, senza altre implicazioni, il cui elemento centrale è, giustamente, il marchio, ma che si risolve spesso nella semplice e meccanica sua applicazione ai differenti supporti. È un equivoco che ha dato interessanti esempi di buona progettazione, anche se corporate identity individua un campo che va al di là di quello puramente grafico.

Nel loro fondamentale testo, Design

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coordination and corporate image, Henrion e Parkin definiscono la corporate image come “l’insieme delle immagini o idee o qualità” di un ente che le persone hanno o si formano entrandovi in contatto tramite elementi, detti punti di contatto, quali edifici, prodotti, packaging, stampati, veicoli, pubblicazioni, uniformi, attività promozionali, comportamenti.

L’immagine di un ente, di un organismo, di una persona, di un’organizzazione è quindi la sommatoria delle idee, “degli aspetti storicizzati, di tutti i fattori acquisiti, di tutti i comportamenti espressi o codificati”, o l’impressione generale che un osservatore esterno si forma, in modo conscio o inconscio, abituale o fortuito.

Tale definizione è stata ripresa e confermata in tempi recenti da

Wally Olins (1995), il quale ha introdotto ancora un altro termine, corporate personality, a indicare, più che la corporazione in sè, lo spirito che la caratterizza in una qualche comprensibile maniera. Tale “tangibile manifestazione di una corporate personality è la sua corporate identity”, e tutto ciò che essa emette verso l’esterno.

Ma l’immagine è soprattutto qualcosa di intangibile e complicato, che possiamo semplificare, e l’ho detto, come tutto ciò che caratterizza o identifica un ente, tanto che spesso può essere direttamente sostituita con il termine di identità, come dicono Maldonado e Bonsiepe. Quindi corporate identity, che estesamente va definita come l’immagine progettata acquisita e trasmessa da un ente verso il suo pubblico tramite una consistente comunicazione visiva (i punti di contatto).

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Per quanto riguarda il mondo della produzione, nel corso dei decenni seguiti al dopoguerra si è venuta formando la consapevolezza di poter pianificare la propria immagine attraverso azioni coordinate su più fronti della realtà interna ed esterna. In sostanza per un’azienda dotarsi di una corporate identity voleva e vuol dire adottare una filosofia in cui si riconoscano i facenti parte della corporazione e di cui rendere partecipi gli interlocutori esterni. Naturalmente tale filosofia deve riflettere potenzialità e qualità reali, a rischio di non essere credibile. La grafica (l’identità visiva, la comunicazione esterna…) alla fine è solo uno degli strumenti a disposizione, con i quali rendere nota tale filosofia, ma anche i comportamenti di dirigenti e dipendenti, i prodotti o il servizio fornito, divengono fondamenti della reciprocità tra intenzioni,

obiettivi, interessi commerciali e comunicazione nel senso più ampio.

|Note| |20|

Henrion, F. H. K. Parkin, AlanBookseller: Tompkins Square Books

(New York, NY, U.S.A.)jay david bolter • Lo spazio dello scrivere, computer, ipertesti

e storia della scrittura • Vita e pensiero 1993

CO&CO - 100% Corporate Design

|Multimedia|

http://www.sxc.hu/www.cidoc.net

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• 6 •dr groupe

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5•1 un interessante case history

Nel panorama italiano della commercializzazione e distribuzione di automobili, la DR Automobiles Groupe S.p.A. rappresenta una realtà di primissimo piano ed una interessante case history.Azienda di antiche tradizioni e di consolidata esperienza, negli ultimi anni ha vissuto una crescita straordinaria diventando leader nel settore dell’auto.In un momento di forte evoluzione del mercato automobilistico, l’azienda ha continuato ad investire ed a crescere, superando il ruolo del Concessionario e ponendosi piuttosto come partner della casa madre, interpretandone lo stile, la forza e l’imponenza; individuando, allo stesso tempo, ogni nicchia di mercato, stile, target, esigenza in divenire; mettendo a punto un’offerta

di case automobilistiche che precorre la domanda.Nata più di venti anni fa come Concessionaria Lancia, divenuta Concessionaria Alfa e poi anche Fiat acquisisce in seguito i mandati Ferrari e Masarati a completamento dell’offerta auto made in Italy. Successivamente si aggiungono BMW, MINI e Land Rover; recentemente la DR fa propri anche i marchi Renault, Nissan, Citroen e Mitsubishi. Nel portafoglio dell’offerta DR ci sono oggi anche Opel, Ford, Peugeot, Toyota, Seat, Kia, Hyundai, Volkswagen, Smart, Audi, Mercedes, Chrylser, Jeep, Jaguar. Da Isernia, piccolo centro cittadino del Molise, è riuscita ad affermarsi in pochissimo tempo anche fuori Regione: i forti investimenti pubblicitari, l’eco di importanti vittorie del suo team corse sui principali circuiti italiani, le interessanti condizioni economiche ed i servizi offerti hanno fatto della

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DR Automobiles Groupe un’azienda oggi ammirata da operatori del settore e non, additata dai media come azienda all’avanguardia nel settore della vendita di autovetture.Grazie ad una politica commerciale orientata al cliente, al grado di marketing ed allo spiccato senso estetico sono stati raggiunti numeri importanti sul mercato delle vendite orientate ai privati. Essendo la zona di competenza commerciale una delle più povere dal punto di vista demografico, si è da sempre puntato al mercato nazionale e la DR Automobiles Groupe ha clienti in tutta Italia, la cui scelta è stata motivata non solo da opportunità di prezzo, ma anche e soprattutto dall’aver trovato degli interlocutori competenti, disponibili ed in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza.

5•2 Una struttura organizzativa efficiente

La DR Groupe S.p.A. è la Capogruppo di altre 13 società, tutte indipendenti tra loro, con oltre 190 dipendenti, più di 300.000 mq. di superficie occupata, oltre 250.000.000 € di fatturato registrato nell’ultimo esercizio finanziario.Gestisce e controlla tutte le attività del gruppo attraverso figure manageriali che seguendo gli indirizzi e le direttive del Presidente e dell’Amministratore Delegato, coordinano l’attività delle singole società per la realizzazione della politica aziendale.Ogni singola azienda è specializzata nella commercializzazione di marchi di case automobilistiche o nell’erogazione di servizi orientati al mondo dell’automobile.In sintesi l’area commerciale è strutturata su tre livelli: il primo

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la commercializzazione delle marche generaliste, il secondo si occupa di marche più prestigiose ed infine il terzo dei livelli è specializzato nella vendita delle supercar e quindi delle marche di nicchia. Ogni divisione rappresenta ufficialmente più case automobilistiche; i criteri espositivi rispettano totalmente gli standard previsti dalle ultime disposizioni regolamentari europee, garantendo ad ogni costruttore la definizione di spazi e l’esaltazione dell’identità di marca.La divisione che fa da collante fra tutte quelle sopra citate è la DR Oppotunity che ha il compito di gestire il mercato dell’usato: sia prodotto ritirato su vendite di auto nuove, sia prodotto selezionato ed acquistato.Il quadro si arricchisce con l’azienda che si occupa della distribuzione a concessionari e rivenditori: la Mediterranea Automobili. Questa

si rivolge ad operatori del settore che acquistano stock di vetture con metodi tradizionali oppure attraverso i sistemi più evoluti di vendita, grazie a supporti interattivi e sistemi di consultazione di disponibilità di prodotto su internet, con possibilità di prenotazione e successiva spedizione.In tal modo cresce qualitativamente il servizio offerto a questo tipo di clientela che, oltre ad avere a disposizione personale qualificato, può realizzare ordini comodamente dalla propria azienda. Società molto importante è la DR Fin S.p.A., la finanziaria del gruppo. La sua missione è duplice: da un lato razionalizzare la struttura organizzativa del gruppo, fornendo servizi centralizzati ed un valido supporto informativo alle singole società commerciali, in caso di vendite caratterizzate da volumi significativi; dall’altro l’acquisizione

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di crediti di impresa derivanti da transazioni economiche delle singole società, crediti attualmente smobilizzati unicamente attraverso la DR Fin che assume in tal modo, nei confronti delle società operative, la funzione di polo finanziario e di tesoreria accentrata oltre che di unico interlocutore con il sistema bancario.Non solo passione ma grande organizzazione. Ogni società ha una sua struttura indipendente: un amministratore, un’area contabile ed una commerciale completamente autonome, ma su tutte vi è la quotidiana supervisione della capogruppo, in un perfetto equilibrio fra le parti, teso allo sviluppo di sempre vincenti strategie aziendali ed al costante miglioramento dell’attività commerciale.

5•3 I servizi

Accanto al core business principale – la vendita di autovetture a utenti finali e da qualche anno anche ad altri concessionari e rivenditori – la DR Groupe ha esteso la sua attività ad una serie di servizi legati sempre all’automotive quali servizi di assistenza, manutenzione, ricambi, noleggi, servizi finanziari, ristorazione e shopping center, diventando una sorta di universo dell’automobile, dove ogni esigenza del cliente trova soddisfazione. Anche nel post-vendita la DR ha investito molto, costruendo un vero e proprio parco tecnologico. A tal fine sono nate due società che offrono un servizio di assistenza altamente qualificato: la DR Technoassistance e la DR Engineering. La prima si occupa dell’assistenza

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e della vendita di ricambi delle marche generaliste, la seconda è specializzata nei servizi di post-vendita di vetture sportive e di lusso.

5•4 DR e Saleen

Le capacità del top management, l’impegno costante di tutti i collaboratori, la dedizione al lavoro dei dipendenti, la voglia di crescere e migliorarsi, l’attenzione continua prestata alle esigenze della clientela sono le reali chiavi del successo della DR Automobiles Groupe. Uno degli ultimi traguardi imprenditoriali è l’accordo siglato a febbraio del 2004 con Steve Saleen, presidente e fondatore della casa americana che produce la Saleen S7, supercar di gran lusso, costo e performance. La DR Automobiles Groupe è divenuta unico importatore e distributore di

questo marchio in Europa. Si occupa della vendita della S7 ed offre servizi relativi a manutenzione, ricambi ed accessori. L’azienda italiana è il punto di riferimento per il mercato di questa vettura non solo per la versione stradale ma anche per quella racing.

5•5 Passione vincente

Comune denominatore di tutte le attività del Gruppo è la grande passione per le automobili che trova la sua concreta e massima espressione in DR Sportéquipe, la divisione sportiva del Gruppo nata nel 2000. Debutta in grande stile ai Campionati “ Ferrari Challenge” 2000 – 2001 e l’anno successivo si aggiudica il titolo di Campione Italiano. Nel 2003 inizia una nuova sfida partecipando al Campionato GT

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Italia con due Chrysler blu e argento, i colori che contraddistinguono il marchio. Nel 2005 la scuderia del gruppo ha portato in pista la Saleen S7R.

5•6 Ilparadiso dell’automobilista

Singole società gestiscono l’attività di ristorazione e quella di merchandising. All’interno dell’azienda c’è uno spazio dedicato all’automobilista che ricerchi accessori ed oggetti per il viaggio ed il tempo libero. La boutique DR Griffe ha 18 vetrine, ognuna delle quali dedicata ad un solo brand, così da preservare l’identità e lo stile di ognuno.Rappresenta un punto di incontro per collezionisti e in generale per appassionati di automobili.

5•7 l primo multibrand d’Europa

In questo momento il Presidente Massimo Di Risio ed i suoi collaboratori sono impegnati a sviluppare e concretizzare un’idea unica: creare una “Città dell’Auto”, in cui tutti i marchi saranno ospitati sotto lo stesso tetto. A breve i lavori di ampliamento degli stabilimenti di Macchia d’Isernia saranno ultimati e questo grande progetto imprenditoriale sarà realtàDR Groupe S.p.A. Società capofila, gestisce, controlla e sovrintende tutte le attività del Gruppo. Di Risio S.r.l., Concessionaria Lancia, Alfa Romeo, Fiat e sub Agenzia Ferrari e Maserati;Mediterranea Automobili S.r.l. Grande distribuzione automobili nuove e usate;Centro S.p.A. Concessionaria BMW, Mini e Land Rover;

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D R L u x u r y B r a n d . Commercializzazione e distribuzione di auto nuove di marchi di prestigio Porsche, Jaguar, Mercedes, Smart, Audi, Vw; 3D Rent si occupa della gestione delle flotte aziendali e del noleggio a breve e lungo termine (punto AVIS); DR Brand S.p.A. Concessionaria Renualt, Nissan, Citroen, Mitsubishi; DR Opportunity S.r.l. Specializzata nell’acquisizione di auto di permuta e orientata alla vendita a privato di auto usate; DR Fin S.p.A. Società finanziaria del gruppo; DR Griffe S.r.l. Gestione della boutique e delle linea di abbigliamento DR Griffe; DR Sportequipe S.r.l. Divisione sportiva corse; DR Engeneering S.r.l. Specializzata nel post–vendita delle vetture sportive e di lusso;

DR Tecnoassistance S.r.l. Specializzata nel post-vendita delle marche generaliste Singole società gestiscono l’attività di ristorazione e quella di merchandising; DR Motor Company S.r.l. Società che si occupa della costruzione e distribuzione di automobili a marchio DR.

5•8 Highlights

DR Automobiles GroupeDipendenti: 190Superficie Occupata: 300.000 mqFatturato Complessivo: € 250.000.000Auto vendute: 18.000 (anno)Clienti Privati: 9.000 (anno)

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• 6 •visual identity manual

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• 7 •conclusioni

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Gli esseri umani sono costruttori di mondi. Questa non è una novità. Qualsiasi attività di conoscenza produce “mondi possibili”. Questi sono modelli interpretativi che permettono di fare delle asserzioni sulla realtà. Alcuni di questi mondi sono passati al vaglio della falsificazione scientifica, per esempio la Terra Piatta, e ora per la maggior parte di noi sono dimenticati, come giocattoli rotti ai quali i bambini hanno voltato le spalle...

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Ma siamo sicuri che questo sia vero per tutti? Siamo sicuri che il mondo possibile in cui viviamo sia l’unico mondo e sia condiviso da tutti coloro che lo abitano? Siamo sicuri che la storia che ci raccontiamo l’un l’altro e che conferisce un senso comune ai nostri gesti quotidiani è una storia coerente che rappresenta la comunità dei narranti? Forse appare strano questo punto di vista che sottrae la narrazione alla

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finzione e la porta a coincidere con la vita stessa, eppure ogni nostro gesto si va a fissare nella memoria e la memoria di ciascuno di noi è una sequenza di eventi che va a formare la memoria collettiva.La risposta è che non siamo sicuri di nulla. I mondi possibili convivono in schemi che sono in parte compatibili e in parte alternativi: pensate alle diverse teorie scientifiche sull’espansione dell’universo. Non siamo sicuri di nulla, ma nei mondi possibili dove regna l’interpretazione

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abbiamo dalla nostra la logica per arrivare alla verità.facciamo che io ero... la mimesi, il desiderio di uscire dal mondo della realtà e dai limiti che essa impone per entrare nel labirinto delle vite inespresse e ancora da vivere... possibili Il teatro, la musica, la letteratura, il cinema, il fumetto, sono tutte attività che producono varianti del mondo attuale, mondi virtuali dunque, rappresentazioni di un altro modo di essere del mondo e delle storie

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che in esso si intrecciano. Ma ancor più che attraverso il testo, i fumetti, il cinema è per mezzo dell’immagine che si realizza l’infinita possibilità di costruire mondi alternativi a quello reale da cui anche traiamo gli strumenti e i mezzi per costruirle.

l’immagine ed i mondi possibili.

paologenoese

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fin

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