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QUADRIMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE n. 49 / Gennaio 2012 Nebulæ Quadrimestrale di cultura valdinievolina Organo dell’Associazione “Amici di Pescia” Direttore editoriale, Gigi Salvagnini Responsabile, Riccardo Ercolini anno XVI, n° 49 gennaio 2012 Iscrizione all’Associazione per la sola rivista “Nebulæ” € 8 versam. sul c.c.p. n°11155512 intestato all’Assoc. “Amici di Pescia” Amministrazione via Santa Maria, 1 - 51017 Pescia Casella postale n° 75 Direzione, redazione, c/o Salvagnini Lungarno C. Colombo, 30 50136 Firenze e-mail: [email protected] Telef. 055.672260 o 377.2787755 Autorizzazione del Tribunale di Pistoia n° 472/1995 Stampa “Tipografia Il Bandino” Bagno a Ripoli Sommario 2 – Il Parlamento a Montecatini (Gigi Salvagnini) 3 – L. Puccinelli Sannini, La lambret- ta è nata a Pescia. 5 – G. Salvagnini, Alberto Parducci via- reggino d’Altopascio. 8 – Un tuffo nel passato. (G. S. e A. Gambarini-Anzilotti) 9-16 – P. Mochi, “Casa nostra” (inser- to staccabile) 17 – G. Nocentini, Umberto Incerpi detto Beusi. 19 – Segnalazioni & recensioni. 22 – G. S., Giorgio Palamidessi. In Copertina: Montecatini, il pinnacolo della fontana si misura col retrostante campanile.

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QUADRIMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE n. 49 / Gennaio 2012

NebulæQuadrimestrale di cultura valdinievolina

Organo dell’Associazione“Amici di Pescia”

Direttore editoriale, Gigi SalvagniniResponsabile, Riccardo Ercolini

anno XVI, n° 49gennaio 2012

Iscrizione all’Associazione per la sola rivista “Nebulæ” € 8

versam. sul c.c.p. n°11155512intestato all’Assoc. “Amici di Pescia”

Amministrazionevia Santa Maria, 1 - 51017 Pescia

Casella postale n° 75

Direzione, redazione, c/o SalvagniniLungarno C. Colombo, 30

50136 Firenzee-mail: [email protected]. 055.672260 o 377.2787755

Autorizzazione del Tribunale di Pistoia n° 472/1995

Stampa “Tipografia Il Bandino”Bagno a Ripoli

Sommario

2 – Il Parlamento a Montecatini (GigiSalvagnini)

3 – L. Puccinelli Sannini, La lambret-ta è nata a Pescia.

5 – G. Salvagnini, Alberto Parducci via-reggino d’Altopascio.

8 – Un tuffo nel passato. (G. S. e A.Gambarini-Anzilotti)

9-16 – P. Mochi, “Casa nostra” (inser-to staccabile)

17 – G. Nocentini, Umberto Incerpidetto Beusi.

19 – Segnalazioni & recensioni.22 – G. S., Giorgio Palamidessi.

In Copertina: Montecatini, il pinnacolodella fontana si misura col retrostantecampanile.

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E veniamo alla parte che, come valdinievolini,più ci riguarda: “Avendo considerato il problema poli-tico italiano, e la psicologia di senatori e deputati, saràutile trasportare la sede da Montecitorio a Montecatini,che non ha mai avuto contese, non ha aspirato ad alcuna

preminenza, se non per leproprie acque purgative.Faccendieri, roditori deldenaro pubblico, avventu-rieri della politica chehanno bisogno di scandaliper vivere in lusso e conpoca fatica, po trebberotrasferirsi in Montecatini,nel grande Tempio Ster co -rario che, evocato dalleacque purificatrici, garan-tirebbe che tutti sonouguali…”Bevilacqua chiude lasegnalazione senzacom menti. Non cen’era bi sogno. Co -mun que il sottotitolodell’elzeviro recita:“Prez zolini, l’attualitàdi una proposta”...

G. S.

Montecatini: la rigogliosa vege-tazione del Kursal.

Alberto Bevilacqua, bibliofilo accanito, ha scova-to, chissà come e perché, un vecchio librettostampato da Sellerio negli anni Settanta del seco-lo scorso. Opera di quel saggio pessimista che fuGiuseppe Prezzolini: un giornalista che sapevascrivere sarcastichefrasi, inzuppando lapenna in un calamaiodi lacrime amare.Quando scrisse quellibretto, Prezzoliniera già vecchio, scon-solato, convinto chel’I ta lia non si sarebbepiù rialzata. Si intito-lava: “Modeste propostescritte per svago di mente,sfogo di sentimenti e ten-tativo di istruzione pub-blica degli italiani”.Disegnava lo smem-bramento delle regio-ni, tutte più o menoassegnate a na zio na -lità più mature e affi-dabili della no stra.Ma a tutti i cittadiniita liani sarebbe sta taassegnata una pensio-ne “affinché, senza occu-parsi di lavoro, conser-vassero la loro gaiezza”.

IL PARLAMENTO A MONTECATINI

NOTA: Questo fascicolo speciale a24 pagine, dedica quelle centrali (dapag. 9 a pag. 16) ad un fascicolo mo -no grafico da estrarre e piegare, peruna corretta lettura.

Referenze fotografiche

Archivio Nebulæ: pagg. 3-4.Archivio Salvagnini: pagg. 1; 2; 5; 22.Collezione Parducci: pagg. 6-7.Fototeca Pallini: pag. 17.

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La città di Pescia non è una grande città.Negli ultimi 150 anni, dai tempi dell’u-nità d’Italia, la popolazione del suocomune si è mantenuta più o meno sta-bile intorno ai ventimila abitanti. Tuttavia Pescia ha saputo esprimere untale numero di personalità insigni, unpo’ in tutti i rami dello scibile umano, dafar invidia a centri urbani di ben altredimensioni.Cito a braccio e ne dimentico tanti:nella musica Gialdino Gialdini, compo-sitore e direttore d’orchestra; nella scul-tura Libero Andreotti, la cui gipsotecaattrae al “Palagio” visitatori da tutto ilmondo; nella pittura Luigi Norfini cheha immortalato nei suoi dipinti le fasicruciali del nostro Risorgimento; comestorico non posso non ricordare un mioantenato, quel Placido Puccinelli che,fra l’altro, fu il primo a scrivere dellanostra città nelle sue “Memorie diPescia” e come scienziato un altro mioavo, Francesco Puccinelli, matematico,astronomo, ingegnere, idrologo di cuiho ampiamente parlato in “Nebulae”del maggio 2011. Ma Pescia ha prodot-to anche illustri politici come LuigiMochi che fu sindaco alla fine dell’800 erealizzò il progetto della tranviaMonsum mano – Lucca, fondamentalemezzo di trasporto pubblico che rimasein attività per mezzo secolo e illuminatigiuristi quali Francesco Forti, apparte-nente a una delle più antiche e nobilifamiglie pesciatine.

Ma nel settore industriale, fatta eccezio-ne per l’attività cartaria della famigliaMa gnani nota fin dall’inizio del XVsecolo e per la fabbrica di fertilizzantifondata nel 1873 da Ferruccio Marchi,esiste un figlio di Pescia che valga lapena ricordare?Chissà, forse non tutti i pesciatini nesono consapevoli, ma la Lambretta, ilfamoso motor scooter che, soprattuttonegli anni ’50 e ’60 quando ancora leauto erano poche, ha conteso in Italia enel mondo e spesso con successo il pri-mato delle due ruote alla sorella Vespadella vicina Pontedera, è nata a Pescia, omeglio, la nostra città ha dato i natali alsuo geniale creatore: Ferdinando In -nocenti.Il 16 luglio 2011 si è tenuta al Palazzodel Podestà l’inaugurazione della mo -stra dedicata alla Lambretta ed al suoinventore nel 120° anniversario dellasua nascita ed io sono stato incaricato ditracciare un profilo biografico delnostro illustre concittadino. Ecco diseguito, a vantaggio di coloro che nonerano presenti, l’approssimativo conte-nuto della mia relazione.Ferdinando Innocenti nacque a Pescia il1° settembre 1891 da Dante Innocentidi professione fabbro in una abitazioneprossima alla Porta Fiorentina.Ai primi del ‘900 però tutta la famigliacomposta anche dalla madre di Fer -dinando, Zelinda Chiti e dal suo fratella-stro Rosolino (figlio di prime nozze delpadre) si trasferì a Grosseto dove Dante,pur proseguendo la sua attività di fab-bro, aprì una rivendita di ferramenta.Ferdinando, dopo aver terminato la “3°classe tecnica” partecipò con suo padree Rosolino alla conduzione della “Fer -ra menta Innocenti”.Fin da giovane egli manifestò un gran-de interesse per la meccanica ed appro-fondì l’uso dei tubi in ferro e le loroapplicazioni industriali. Nel ‘22 si trasfe-rì a Roma dando vita ad una fabbrica ditubi in acciaio e di manufatti per l’edili-zia, approfittando del fatto che nelperiodo compreso tra il 1922 ed il 1931il regime fascista aveva intrapreso ungrande piano di ammodernamentodella capitale.

Il 1931 fu un anno importante per lagiovane azienda “Fratelli Innocenti” inquanto, grazie all’amicizia contratta daFerdinando con l’ingegnere FrancoRatti, nipote di Pio XI, alla medesima fuaffidata la realizzazione di un comples-so di irrigazione a pioggia nei giardini diCastelgandolfo, poi in quelli Vaticani edinfine il brevetto dei “ponteggi In no -centi” venne utilizzato per dei lavorinella Cappella Sistina dove il sistema dimontaggio e smontaggio rapido protes-se l’integrità degli affreschi. Questeopere di sicuro prestigio trasformaronol’azienda artigianale in una vera e pro-pria impresa industriale.Nei primi anni trenta il polo industrialeitaliano si sposta a Milano e Ferdinandonon si lascia sfuggire l’occasione, apren-do nel quartiere di Lambrate una secon-da sede della società ed un nuovo stabi-limento di produzione degli ormaifamosi tubi di acciaio “Innocenti”caratterizzati dall’innovativo sistema delgiunto a snodo. Siamo ormai prossimi agli anni di guer-ra: nel ‘35 l’impresa di Etiopia, dal ‘36 al‘39 la guerra civile spagnola, seguita benpresto dal secondo conflitto mondiale.L’industria civile viene convertita d’im-perio in industria bellica. La “FratelliInnocenti” che da sempre fabbrica tubi,non ha problemi: si dedica alla costru-zione di capannoni per l’aeronautica e

LA LAMBRETTA è NATA A PESCIAdi Lorenzo Puccinelli Sannini

Ferdinando Innocenti

Snodo dei tubi Innocenti

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soprattutto di corpi per bombe d’aereo,utilizzando spezzoni di tubo. L’Aziendanei primi 4 anni di belligeranza triplicagli impianti e decuplica la produzionearrivando nel ‘43 a sfornare 36.000proiet tili al giorno e a dar lavoro ad ol tre7.000 operai di cui il 50% sono donne. Come Dio volle anche la guerra ebbefine, non prima però di far nascere nellamente vulcanica di Ferdinando l’ideavin cente della sua intera esistenza.Prendendo ispirazione dai motor scoo-ters militari paracadutati dagli alleatidurante il conflitto e prevedendo conlungimiranza le nuove necessità di moto-rizzazione che avrebbe avuto la popola-zione italiana nell’immediato dopoguer-ra, egli ideò la produzione di un veicoloda trasporto di grande diffusione popo-lare a costi bassi: questo veicolo fu la“Lam bretta”, la figlia del Lam bro di cuiFerdinando durante la guerra, perampliare i suoi impianti, aveva deviato ilcorso. L’Innocenti affidò la realizzazione delrivoluzionario scooter a due ingegneridi prim’ordine: Pier Luigi Torre che sioccupò della meccanica e Cesare Pal -lavicino che pensò al telaio e al design.Alla fine del 1947 il primo lotto di 25Lambrette era in fase di completamen-to, altre due partivano splendenti per ilSalone di Pa rigi.Fu così che per quasi 25 anni questostraordinario veicolo, attraverso i suoivari modelli iniziando da quello M (o A)125 di 1° tipo, ingaggiò una entusia-smante ga ra di vendite con l’altro motorscooter italiano, la Vespa della Piaggio,

sulle strade nazionali e internazionali,perché esso venne costruito su licenzain vari paesi europei quali la Germania,la Francia e la Spagna ma anche extra-europei come il Brasile, l’Argentina, ilCile e molti altri.Nel 1955 poi, Ferdinando Innocentirealizzò una delle più grandi impresedel lavoro italiano all’estero: la costru-zione di uno stabilimento siderurgico inVe ne zuela, una commessa colossale dioltre 350 milioni di $.Come si può quindi notare, accanto allaproduzione dello scooter, continuavaquel la estremamente redditizia dellameccanica pesante. Ma ormai i tempi stavano cambiando egran parte degli utilizzatori della Lam -bret ta iniziavano ad orientarsi verso le 4ruote. Il figlio di Fer di nando, Luigi,vicepresidente della So cietà fin dal 1958e che subentrerà come presidente alpadre scomparso a Milano nel 1966,resosi conto della situazione, cominciò apensare alla possibile costruzione diautomobili e nel 1959/60 prese contattocon la BMC di Birmingham per la realiz-zazione in Italia della A40. Iniziò così laproduzione delle varie automobiliInnocenti, ma... questa è un’altra storia.

La biografia di un personaggio nonsarebbe completa se unitamente aquanto da lui realizzato non venisseroricordati anche i suoi comportamenti, ilsuo carattere, i suoi sentimenti, le sueinclinazioni e di conseguenza i rapportiche lo legarono ai suoi frequentatori.Io non ho avuto la fortuna di conosce-

re Ferdinando Innocenti, ma questoprivilegio è toccato ad un grande gior-nalista, Alfredo Pigna, che come croni-sta del “Corriere della Sera” lo ha potu-to intervistare. “Uomo schivo – scrivePigna – che non voleva assolutamente appari-re, prototipo del self-made man”. “Innocenti –prosegue Alfredo Pigna – aveva grandidoti umane ma che mimetizzava al punto dapassare per un personaggio freddo, enigmatico,perfino scontroso”. Sempre Pigna nel suo libro Miliardari inborghese ricorda queste considerazioni diFerdinando Innocenti: “Io sono convintoche il titolare di un’ industria, il «padrone» perusare un termine odioso è un padre, deve esse-re un padre per tutti i suoi dipendenti”“L’operaio deve considerare il «padrone» unpadre, e perciò deve avere stima e fiducia. Unpadre non licenzierebbe il proprio figlio perchéha sbagliato. Semmai lo rimprovera. Ma but-tarlo a mare non può” e ancora “Non amoi fallimenti. Di nessun genere. Licenziare undipendente significa che la Innocenti ha sba-gliato due volte: prima scegliendolo, poi nonsapendolo educare. Ritengo ciò inammissibile”Innocenti fu nominato Cavaliere delLavoro nel 1939. Nel 1953 divenneingegnere honoris causa.Con Delibera del Consiglio comunalen° 179, in data 26 dicembre 1953, gli fuconcessa la cittadinanza onoraria diPescia, sua città natale, per gli alti meri-ti acquisiti in campo industriale. La ceri-monia di conferimento fu tenuta pressoil Palazzo del Vicario l’8 settembre 1954alla presenza dello stesso Innocenti, delsindaco Rolando Anzilotti e del vesco-vo di Pescia Monsignore Dino LuigiRomoli.Si racconta che in questa occasione Fer -dinando si dicesse disposto a realizzareproprio a Pescia una seconda fabbricadella Lambretta ma che i pesciatini de -clinarono la generosa offerta afferman-do che loro producevano fiori e nonmotocicli. La storia, è noto, si scrive coni fatti e non con i ma ed i se: tuttavia ilritenere che con quel rifiuto Pesciaabbia perso il treno potrebbe ancheessere lecito. Comunque sia, con la celebrazione del16 luglio scorso gli abitanti della cittàdel fiore hanno, se non altro, saputocogliere l’occasione per rendere dovero-so omaggio ad uno dei loro concittadi-ni più illustri che con le sue attività hatenuto alto in Italia e nel mondo ilnome della nostra città.

La Lambretta

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Talvolta credi di conoscere tutto etutti in Valdinievole; magari non pro-prio tutto, ma quasi. Poi t’imbatti inqualcuno che ti dice: “Conosci quelrudere?…”; oppure: “Sei stato inquella località?…” E ancora: “Co no -sci quel tale?…”No: non conosco, non ci sono maistato, non l’ho mai saputo. E ci restocon un palmo di naso.Poco tempo fa un amico fiorentinomi chiese: “Te che gironzoli per laValdinievole, conosci Parducci?”. No,non l’avevo mai incontrato. Perché i valdinievolini son gente cu -riosa; campanilista allo stremo, chiu sain sé stessa, forse un po’ gelosa di chiemerge (anche appena un po’), speciese non è del suo comune. E son tanti,troppi (lo grido da decenni) i comunidi questa picccola, polemica, ringhio-sa, ma ammirabile landa che, per l’ap-punto, si chiama Valdinievole.Dei tanti amici che ho da queste parti,nessuno, in quarant’anni, mi avevaparlato di Frateschi, pur sapendo imiei interessi per la scultura; e Cor -rado Frateschi era appunto uno scul-tore, ed anche assai bravo. Così comenessuno, in quarant’anni mi ha parla-to di Parducci, pur conoscendo il miointeresse per l’arte in genere e per gliillustratori in particolare.è stato facile, per me, rimediare allalacuna e mettermi in contatto con Ar -mando Parducci, in quel di Altopascio(anche se per telefonargli ho dovutofare qualche ricerca, essendo il prefis-so del suo paese diverso da quello diPescia, in quanto i due paesi sonoscandalosamente divisi da un confine,oggi solo amministrativo, ma untempo addirittura politico, con tuttoquello che ciò comportava [perfinoguerre combattute vere e proprie]).L’incontro è stato cordiale e fruttuo-so, grazie alla gentile affabilità del miointerlocutore, al quale mi sono pre-sentato come giornalista di “Nebulæ”,perché non mi prendesse per uncurioso qualsiasi, in vena di far perdertempo alla gente che lavora.

Perché Parducci, pittore, incisore, illu-stratore, anche se un po’ in là con glianni, lavora ancora con la stessa fogadi quando ne aveva quaranta; cosìalmeno mi è parso di capire sentendola grande quantità di enti, editori,musei e collezionisti, che fanno a garaper assicurarsi sue opere.Come ogni artista che si rispetti, pra-tica tutti i generi: dal ritratto al pae-saggio, alla natura morta, con la sensi-bilità del figurativo, arricchita da quelpizzico di “espressionismo”, che dasempre considero il più importanteelemento che consente ai figuratividel nostro tempo la loro legittima pre-senza in un mondo che, strapazzatoda cento avanguardie, finisce talvoltaper cadere in un astrattismo di manie-

ra che non tutti sono in grado di gesti-re, producendo così opere al limitedella decenza e spesso, purtroppo, an -che oltre.Dunque il Nostro pratica tutti i gene-ri. Ma ve n’è uno, in particolare, nelquale ha raggiunto una competenzaed una fama internazionali, indiscus-se: il “Militarismo”.I miei lettori che hanno una infarina-tura di “Arte”, resteranno sorpresi: ilmilitarismo non compare fra i generiartistici. Ma come spiegare altrimenti,che questo pittore-illustratore ha mes -so a punto la propria esperienza inmateria, attraverso ricerche specifichedei corpi militari, delle armi, delleinsegne e perfino delle strategie dicom battimento, fino a rappresentare

ALBERTO PARDUCCI, VIAREGGINO DI ALTOPASCIO: UNA SCOPERTAdi Gigi Salvagnini

Alberto Parducci.

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tutto questo, con la dovuta correttez-za documentaria, nobilitata (ecco ilsoffio dell’Arte) dalle armonie dellecom posizioni e dei colori e delle di -na miche quando il tema lo richiede.Non a caso, Parducci, ricordava uncerto col. Gasparinetti, illustre unifor-mologo, grazie al quale avrebbe acquisi-to la sua perfetta conoscenza degliindumenti militari.

Gli chiedo come gli sia nata questapassione. E lui (premettendo che nonha frequentato scuole d’arte e nem-meno – addirittura! – compiuto il ser-vizio militare), ricorda lo stupore colquale, da ragazzo, seguiva le illustra-zioni e le foto degli eventi bellici nelcorno d’Africa. I primi maestri cheguardò con ammirazione, furonoBeltrame e Molino. Ma soprattutto lo

affascinò Kurt Caesar (Montigny,1908), che nel ’38, per “L’Av ven tu ro -so”, creò il personaggio di Ro ma no illegionario, un fumetto ancora oggi sti-mato per la sua correttezza documen-taria e la felicità del disegno. Parduccisegnala questi colleghi con profondasimpatia e rispetto; ricordando ancheVittorio Pisani (geniale illustratorepro pagandista, attivo anche nel ’44durante la Repubblica Sociale), arri-vando a definirlo “il più bravo di tutti,coi suoi efficaci manifesti, anche trop-po espressionisti”.La fama di Parducci ha valicato i con-fini nazionali, dicevo. Soprattutto hamietuto successi nella Russia post-co -munista, dove l’interesse per la “mili-taristica” è ancora assai vivo. QuelMinistero della cultura considera ilpittore di Altopascio un vero maestroin materia. Un professore del l’Ac -cademia di San Pietroburgo è in stret-to contatto con lui, anche per chie-dergli pareri su progetti formulati inproposito nell’ex Unione Sovietica.Sta di fatto che il nostro viareggino diAltopascio, in riconoscimento deisuoi meriti, è stato insignito di unamedaglia d’oro – che si conia inRussia – dedicata alla “Battaglia dellaCernaia”.

Attestato della Me -da glia d’Oro intito-lata alla “Battagliadella Cernaia”, attri-buita al Parducci dalgoverno russo, per isuoi meriti illustrativie documentari.

1983: Alberto Parducci (il secondo da sinistra) ospite del Circolo Ufficiali e Sottufficiali del Reg -gimento “Cavalleggeri di Lodi”.

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Che altro dire di Parducci? Comedocumentare più efficacemente la suaversatilità? Ha disegnato tutte lecopertine della “Rivista dei Ber sa -glieri” e di altre pubblicazioni d’Ar mae d’armi, come “Rivista Militare”,“Storia Verità”, “Rivista di Caval le -ria”, “La Tribuna del collezionista”, “IBer saglieri”, “Diana Armi”, “Storia &Battaglie”, “Il Reduce d’Africa”…; haprodotto la bellezza di cinquecentocartoline illustrate e quaranta calenda-ri militari, elaborato copertine perdecine di libri. Sue opere sono espostein prestigiose quadrerie in quasi tutti imusei d’Arma d’Italia, come quelloNazionale del l’Arma di Cavalleria (Pi -nerolo), nel “Mu seo storico della ‘Fol -gore’” (Livorno), in quello storico delReggimento “Lanceri di Novara”,ecc., e anche in pinacoteche straniere.Ha perfino, in giovane età, tentato ilfumetto…Niente posso dire, anche perché pocodurante l’intervista ho potuto ammi-rare, circa le incisioni, che libere daqualsiasi riferimento concreto, posso-no librarsi in assoluta poesia. Lascio laparola a chi ha avuto l’opportunità divalutarle meglio, con la preparazione ela sensibilità di critico eccellente: Toe -sca. “… Dalle masse elastiche eppur vi -bran ti, ferme come al vertice della tensioneche si propaga nello spazio, emana un signi-ficato di religiosità corale. È come se intornoa quei nuclei di preghiera gravitasse tutto ilcielo – oltre l’orizzonte abbassato – e lievi-tassero la terra, la materia e lo spazio indimensioni di infinito…”Ci siamo lasciati concordi nell’affer-mare che alla nostra età (siamo pres-soché coetanei) lavorare assecondan-do i nostri umori, e lavorare sodo, è ilmiglior modo per andare avanti il piùpossibile, e serenamente…

Tre (delle 500) cartoline disegnate da AlbertoParducci, dedicate a tre eroi delle campagned’Africa (Gen. Orlando Lorenzini, Amm. Sal -vatore Scrofani, Gen. Nicolangelo Car nimeo.

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Nella recente mostra sugli scrittoripesciatini, organizzata dal “Comitatodel le signore” degli “Amici di Pe -scia”, era esposta anche una letteraautografa inviata il 28 dicembre1868, dall’ex generale delle truppe

Come ogni vecchio brontolone, rim-piange le glorie passate, rammarican-dosi dei politici del tempo e del pres-sappochismo dei giornalisti. Macredo non avesse tutti i torti, come ilnostro amico lettore Alessandro

UN TUFFO NEL PASSATO

De Laugier, conte di Bellecour(Porto ferraio, 1789-Fiesole, 1871)quando scrive questa lettera è unvecchio nostalgico combattente,qua si ottantenne, già comandante deitoscani a Curtatone e Montanara.

to scane, Cesare De Lauger, a Raf -faello Gambarini, in Pescia, ufficialed’ordinanza del Duca Carlo Lo do vi -co di Borbone, trisavolo del concitta-dino Alessandro Anzilotti Gam ba -rini. Il quale, sull’argomento, ci ha

“Cariss.mo Amico, 28 Xbre 68.M’affretto rispondere alla graditissima vostra. Vi ringra-zio, e di cuore, vi centuplico gli augurj, che vi compiacesteinviarmi. Purtroppo è vero che gli attuali nostri padroni, népunto né poco stimano i nostri uffiziali toscani. E prova,oltre molte più, il non aver notato sui giornali il bravodefunto generale Iriel!!… Eppure 4682 toscani tenneroforte 7 ore a 35mila nemici il 29 maggio 48 e i 20mila deiloro allobrogi e comandanti nel 24 giugno 66… dica laStoria cosa facessero!!!…Mille saluti a Voi e alla famiglia anche a nome della miacugina Elisabetta. CredetemiVostro Aff.mo Amico Cesare.”

Gam barini ci conferma. D’altrondeogni giorno, ancora oggi, siamocostretti a subire le disastrose velleitàdei “nostri” politici e giornalisti…

G. S.

Cara Redazione di NebulæCredo opportuno intervenire riguar-do all’articolo della prof. Lucia Pe -troc chi Corradini pubblicato sul nu -mero scorso della Rivista circa i fattidel 1848, e nel quale si citava la lette-ra che il Gen. Ce sare De Lauger Con -te di Betancour (comandante dei“toscani” nelle battaglie di Curtatone,Montanara e Le Grazie) scrisse al miotrisnonno Conte Cav. Maggiore Raf -faello Gambarini, ufficiale d’Or di nan -za del Duca Carlo Lo dovico di Lucca,Ducato che dall’ottobre 1847 fa cevaparte del Granducato di Toscana pervendita fattane a Leo pol do II.Col passare degli anni si creò una veraamicizia tra i due personaggi. Nellalettera citata si ricordano le battagliedel ’48 con i dati esatti delle forze incampo, che a suo tempo segnalai alla

tari co me quelli delle università tosca-ne e un gruppo di bersaglieri fiorenti-ni.In tutto circa 650 volontari.Se la matematica non è un’opinione,le truppe regolari erano abbondante-mente superiori a quelle volontarie.Approfitto dell’occasione per raccon-tare un curioso episodio. Quando lenostre truppe regolari giunsero a Mo -dena, in attesa di ordini, si accorseroche le loro divise (giacca bianca, pan-taloni azzurri, e copricapo nero) sem-bravano quelle degli austriaci; cosic-ché, per evitare che in battaglia venis-sero scambiati per nemici, dovetteroindossare un cappotto blu, come ipiemontesi,Grazie dell’ospitalità.

Alessandro Anzilotti-Gambarini

prof. Corradini. I toscani presenti condieci cannoni e un obice erano 4.682;tra essi anche volontari e napoletani.Tutti (troppi), anche la signora Cor -radini, segnalano sempre la presenzadi volontari, studenti, professori,luminari delle università, ecc. ecc.,dimenticando le truppe regolari to -scane e napoletane!… Il corpo di spe-dizione Toscano era composto dalla1ª e 2ª compagnia di Granatieri,l’Artiglieria con i pezzi già in dicati, il“treno” porta munizioni, am bulanzee sussistenza. Inoltre uno squadronedi cento uomini del Real Reg gimentoCac ciatori a cavallo. Ne faceva parteanche il 1° battaglione del 10° Reg gi -mento Fanteria di linea Borbonico,che non ubbidendo all’ordine di rien-trare a Napoli, si aggregò al contin-gente toscano; con loro alcuni volon-

inviato una e-mail, molto interessan-te, che volentieri pubblichiamo, fa -cendola precedere dalla trascrizionedel la lettera-documento al suo avoRaffaello, con l’originale.

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215

guitare a co

mbattere d

a gregario p

er le nostre id

ee, sia nei co

mizi e n

egliuffici, sia n

ella stampa lo

cale, cui p

er lungh

i anni d

edicai assid

uam

ente, e

no

n d

i rado

pro

ficuam

ente, la p

enn

a. Di tali o

fferte ricevute m

i son

osem

pre b

en gu

ardato

dal fare p

arola co

n estran

ei alla famiglia, p

er motivi

agevolm

ente co

mpren

sibili.

Ven

ne p

oi il F

ascismo al q

uale n

on sen

tii di p

otere lealm

ente ad

erire eperciò

, non aven

do so

fferto d

i perso

nali am

bizio

ni, cred

ei obbligo

di co

-scien

za dim

ettermi su

bito

dalle carich

e prin

cipali ch

e tenevo, e su

ccessi-vam

ente d

alle altre, senza m

ai sollecitarn

e di n

uove.

Torn

ai alla vita strettamen

te familiare n

ella quale p

iù n

on m

i scostai, n

ep-

pure q

uan

do, cad

uto

il prim

o F

ascismo n

el luglio

1943, ebbi la n

on attesa

no

min

a a mem

bro

della G

iun

ta Pro

vinciale A

mm

inistrativa d

i Pisto

ia,ch

e, data la m

ia età e la presen

za di stran

ieri in Italia, am

ici o n

emici ch

evo

gliansi co

nsid

erare, non m

i sentii d

i potere accettare.

Né q

ui n

é altrove h

o cercato

di d

elineare le m

ie qualità m

entali e m

orali

e tanto

men

o d

i giudicarle, p

erché è q

uasi im

possib

ile veder ch

iaro in

séstessi e rim

anere im

parziali: si co

rre il rischio

di cad

ere nell’au

toap

olo

giao n

ell’auto

den

igrazione. T

u e la m

amm

a, che m

i conoscete a fo

ndo, p

o-

trete giudicare m

eglio; m

a anch

e voi n

on b

ene, p

oich

é vi farà velo l’af-

fetto.

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giorn

i pro

segu

imm

o p

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arsi

glia

e B

arce

llona.

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ma,

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lia T

ina.

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ar-

tenza

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iunti

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isa,

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Pao

lina

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tto,

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te m

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efri

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fu in

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bile

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ado l’

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zional

e en

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l’am

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volis

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e cu

re d

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i. L

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Pao

lina

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mai

del

tutt

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’inse

gna-

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to, c

he

tanto

am

ava,

se

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ura

nte

i per

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iù t

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el m

ale

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orì

, ben

può d

irsi

, sulla

bre

ccia

ver

so la

mez

zanott

e dal

l’ 8

al 9

mag

gio

1916

.

Pri

ma

di p

arla

re d

ella

tua

nas

cita

, vogl

io d

irti c

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nel

la m

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ita

pes

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ina

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i occ

upai

solt

anto

deg

li af

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ri, d

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Ban

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i Val

din

ievo

le e

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Pas

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i. P

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elle

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le p

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cerc

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ella

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191

5-19

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can

did

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a d

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tato

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isgr

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più

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che

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ress

e il

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ider

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iav

erm

i così

qual

e su

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aldin

ievo

le e

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del

suo

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Prem

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i son

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o in

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mem

orie, d

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Pao

lina.

Rite

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icaz

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li C

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Sfo

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artin

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uigi

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re e

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daco

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feri

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lapo

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pesc

iatin

a, e

cc. D

esid

ero

infin

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ttol

inea

re com

e a

nonn

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qual

e fo

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dida

tura

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Val

dini

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sim

iri

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do a

ll’elez

ione

, e com

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li l’a

bbia

sem

pre

rifiu

tata

. Nello

scr

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ibui

sce

tale

decisi

one

alla

pro

pria

mod

estia

, pro

clam

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on s

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si a

ll’al

tezz

a di

tal

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ore.

Ave

ndol

o co

nosc

iuto

ben

e, p

erò,

dub

ito c

he s

ia q

uest

o il

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mot

ivo.

Cre

do p

iuttos

toch

e lo

abb

ia m

osso

l’at

tacc

amen

to p

er P

escia

, da

cui m

ai si v

olle a

llont

anar

e, n

eppu

requ

ando

, in

età

ava

nzat

a , g

li fu

offe

rta

la d

irez

ione

cen

tral

e de

l Mon

te d

ei P

asch

i, a

Sie

na. T

rattan

dosi

di u

n uo

mo

dalle

ecc

ezio

nali

doti

inte

llettua

li, s

ono

conv

into

che

se

aves

se a

ccet

tato

la can

dida

tura

qua

lcos

a sa

rebb

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tuto

cam

biar

e ne

lla s

tori

a lo

cale, e

fors

e no

n so

lo in

que

lla.

Car

lo V

ival

di-

Fort

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Pescia, 18 m

arzo 1944

Carissim

a figliola m

ia, T

alvolta m

ostrasti il d

esiderio

che, q

uan

do

con

la no

stra scom

parsa ti

verrà a man

care la fonte viva ch

e spesso

rinfresca i tuo

i ricord

i sulla nostra

famiglia, su

noi e su

lla tua fan

ciullezza, ti restasse q

ualch

e cosa d

i più

du-

revole, atta a ravvivare e illu

min

are la tua m

emo

ria. Ho d

unque p

ensato

di ap

pagarti, scriven

do q

uesti b

revi cenni, i q

uali, in

sieme a q

uello

che la

mam

ma tu

a già scrisse sull’in

dim

enticab

ile sorella d

i lei e su altre circo

-stan

ze della n

ostra vita, riten

go su

fficienti allo

scopo.

Per ragio

ni d

i mondo, d

ovrò

io p

er prim

o p

artire per il gran

de viag

gio e

quin

di, scriven

do, h

o altresì p

ensato

alla mam

ma tu

a sulla q

uale co

ncen

-trerai an

che l’affetto

che h

ai per m

e, grande co

me q

uello

ch’io

nutro

per

ambed

ue.

Io P

asquale F

ilippo C

arlo M

och

i nacq

ui a P

escia, in p

iazza Vitto

rio E

ma-

nuele al p

rimo

pian

o d

ella casa che o

ggi è d

el Monte d

ei Pasch

i e che al-

lora era d

ella signora B

ened

ettini Sim

oni, il 6 o

ttobre 1872 alle o

re 18:00circa. M

io p

adre L

uigi era n

ato a P

escia il 3 giugn

o 1845 d

a Pasq

uale (m

orto

il29 gen

naio

1851 all’età di 53 an

ni) d

el fu A

nto

nio

di F

irenze e d

a Cune-

gonda d

i Luigi B

aldin

i di P

escia, ivi defu

nta il 22 n

ovem

bre 1880 all’età

di 74 an

ni. F

u d

onna d

i virile energia ch

e, rimasta ved

ova, fece p

ersonal-

men

te pro

gredire m

olto

il suo co

mm

ercio fin

ché l’u

nico

figlio rim

astole,

che allo

ra aveva 5 anni, n

on fu

in grad

o d

i aiutarla.

Mia m

adre, Iren

e Desid

eri del D

otto

r Filip

po d

ella Chiesin

a Uzzan

ese edi E

nrich

etta figlia di A

nto

n C

osim

o F

orti d

i antich

issima e n

obile fam

i-glia p

esciatina, n

acque a P

escia nel 1848 e m

orì d

i breve m

alattia, no

nben

e defin

ita, nella villa G

ambarin

i al Bottegh

ino (o

ve eravamo in

villeg-giatu

ra) il 30 novem

bre 1904. M

ia nonna E

nrich

etta ebbe p

er fratelli l’in-

signe giu

rista Fran

cesco F

orti e il vesco

vo d

i Pescia P

ietro F

orti. M

adre

di q

uesta m

ia nonna fu

Sara Sismondi, figlia d

el Gin

evrino G

edeo

ne Si-

smondi (ch

e quin

di era m

io trisavo

lo) e so

rella dell’illu

stre storico

ed eco

-nom

ista Gio

van C

arlo L

eonard

o Sism

ondi (n

ato a G

inevra n

el 1773, il 9m

aggio

ed ivi m

orto

il 25 giugn

o 1842) ch

e visse lun

gamen

te a Pescia

nella d

iletta sua villa d

i Valch

iusa, ered

itata po

i dalla ram

men

tata mia

nonna.

413

ben

edette d

onne, q

uan

do sb

afano, si d

iano la p

ena d

i pen

sare alcunch

é.L

asciando

gli scherzi, d

irò ch

e la mia felice vita livo

rnese fu

sconvo

ltadall’im

pro

vvisa morte d

i mio

pad

re, avvenuta il 29 o

ttobre 1906. Io

mi

trovavo

a Pescia in

licenza e la m

attina d

i quel gio

rni fatale, alle u

ndici

circa, salutato

il bab

bo n

el suo stu

dio, an

dai a rived

ere la salma d

i mio

zio d

ott. C

arlo P

alamid

essi, mo

rto il gio

rno

inn

anzi n

ella sua villa d

elM

ago. Verso

mezzo

giorn

o e m

ezzo, torn

ando a casa p

er desin

are, inco

n-

trai, poco

dopo S. M

ichele, A

lamiro

Sanso

ni ch

e era venuto

a chiam

armi

perch

é, disse, il b

abbo si era sen

tito m

olto

male. C

orsi a casa e tro

vai que-

st’ultim

o d

isteso a terra n

ella sala d’in

gresso. Cercai d

i socco

rrerlo, pro

-prio

men

tre soprag

giungeva il m

edico, il q

uale n

on p

otè ch

e constatare

la mo

rte per ap

op

lessia fulm

inan

te. Rin

un

cio a d

escrivere la costern

a-zio

ne m

ia e dei m

iei fratelli e sorelle (E

nrich

etta fu co

lta da lu

ngo

deli-

quio

), tutti p

resenti, ad

eccezione d

i Carlin

o ch

e si trovava in

Eritrea. L

acasa rigu

rgitò in

un b

aleno d

i paren

ti e amici e la città p

rese il lutto

più

grave per la p

erdita d

el suo b

enem

erito sin

daco

: magro

confo

rto al n

ostro

imm

enso

dolo

re. E

ssendo

necessaria la m

ia defin

itiva presen

za in P

escia per assestare e

pro

seguire i m

oltep

lici affari lasciati in tro

nco

dal b

abbo, ch

iesi un lu

ngo

con

gedo

e no

n feci p

iù a L

ivorn

o ch

e frequen

ti ma b

revi app

arizion

i,fin

ché n

el gennaio

1907 otten

ni l’asp

ettativa per m

otivi d

i famiglia.

Assu

nsi la d

irezione d

ella Ban

ca della V

aldin

ievole, d

i cui n

oi M

och

i era-vam

o i p

rincip

ali azionisti, e aiu

tato valid

amen

te da P

iero e d

a Gin

o, que-

st’ultim

o an

cora m

inoren

ne, m

i occu

pai d

i tutto

il resto. Da q

uell’ep

oca,

la mia carriera d

i magistrato, salvo

una settim

ana p

assata com

e preto

re aP

amp

arato (M

on

dovì), si svo

lse soltan

to su

lla carta, finch

é nel giu

gno

1909 fui p

rom

osso

giudice effettivo

di trib

unale e n

ell’agosto, co

me d

iròfra p

oco, lasciai p

er sempre la m

agistratura co

n m

io vivo

rincrescim

ento.

Stabilito

mi, d

un

que, a P

escia verso la fin

e del 1906, co

ntin

ua a ved

eresp

esso E

lisa sia a Livo

rno

che a P

isa, dove P

aolin

a, la mam

ma d

i lei esu

o fratello

Guglielm

o m

i accoglievan

o co

n gran

dissim

o affetto

da m

eco

rdialm

ente ricam

biato. F

inalm

ente, q

uan

do

tutto

fu p

ron

to, deci-

dem

mo il gio

rno d

elle nozze ch

e, con u

na certa so

lennità ed

in letizia, si

celebraro

no in

Pisa il 4 o

ttobre 1908 co

n la p

resenza d

i gran n

um

ero d

ip

arenti e d

ei testimo

ni sen

atore p

rof. A

lessandro

d’A

nco

na, C

av. Uff.

Tito

Paren

ti, zio d

’Elisa, C

av. Ferru

ccio M

archi e C

om

m. In

g. Fran

cescoB

artolo

zzi. V

erso le 14 d

ello stesso

giorn

o, partim

mo p

er Gen

ova e d

opo u

n p

aio d

i

inserto

Mochi:L

ayout 1

11/1

1/1

1 1

1:2

6 P

agin

a 4

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tava

no il

mio

colle

ga B

arboni e

la p

rof.

Pao

lina

Tac

chi d

i Pis

a, d

i cui b

enpre

sto c

onobbi l

e el

ette

qual

ità

di m

ente

e d

i cuore

, sì c

he

stri

nsi

con le

isi

nce

ra a

mic

izia

.In

cas

a C

arpen

a ve

niv

a ogn

i set

tim

ana

Elis

a T

acch

i dal

la s

ore

lla m

aggi

ore

Pao

lina.

L’a

spet

to f

isic

o d

ella

tua

futu

ra m

amm

a m

i colp

ì subit

o p

rofo

n-

dam

ente

e le

sem

pre

più

fre

quen

ti o

ccas

ioni c

he

ebbi d

i conve

rsar

e co

nL

ei m

e ne

fece

ro a

ppre

zzar

e le

anco

ra p

iù a

lte

doti

del

l’inte

llett

o e

del

cuore

, che

essa

non o

sten

tava

aff

atto

, com

e in

vece

spes

so f

anno le

donne

colt

e, e

ch

e n

on

guas

tava

co

n l

a ci

vett

eria

pro

pri

a del

le b

elle

(e

anch

edel

le b

rutt

e) r

agaz

ze i

n c

erca

di

amo

rosi

tri

on

fi.

io n

é le

i av

evam

ove

lleit

à da

conquis

tato

ri; e

ppure

, poco

a p

oco

e q

uas

i se

nza

ren

der

cene

conto

, ci c

onquis

tam

mo.

Ho f

resc

his

sim

a m

emori

a del

le b

elle

ore

tra

scors

e co

n E

lisa

e P

aolin

a –

che

per

noi

era

tutt

’alt

ro c

he

il te

rzo i

nco

modo

– s

ui

lum

inosi

ghia

reti

del

l’Anti

gnan

o, in f

acci

a al

Tir

reno,

o s

ulle

ver

di pen

dic

i di M

onte

ner

o,o s

ulla

roto

nda

di P

alm

ieri

, o n

elle

lungh

e nuota

te, quan

do (

soli,

allo

ra,

noi d

ue)

, culla

ti d

olc

emen

te d

al m

aest

rale

, ved

evam

o lo

nta

na

la s

pia

ggi

a.P

och

e vo

lte

andav

amo a

i caf

fè o

nei

pubblic

i rit

rovi

, ma

talo

ra c

i conce

-dev

amo,

noi tr

e so

li o in c

om

pag

nia

d’a

ltri

am

ici,

gite

più

lungh

e, c

om

euna

volt

a al

la S

pez

ia p

er m

are

e un’

altr

a a

Pio

mb

ino.

Nel

l’autu

nno 1

907,

mi par

e, E

lisa

dové

andar

e a

Rom

a pre

sso la

sua

cugi

na

Bia

nca

(B

ianca

Par

enti

fu T

ito,

mar

itat

a N

icco

li, m

ort

a il

27 m

arzo

194

4 a

Agn

ano P

i-sa

no) e

io, d

iret

to in

Sic

ilia,

ve

la r

aggi

unsi

e m

i tra

tten

ni u

n p

aio d

i gio

rni,

pro

cura

ndom

i il p

iace

re d

i rig

ust

are

con le

i quel

la c

ittà

che

mi f

u s

empre

cari

ssim

a.

Qui

vogl

io n

ota

re,

com

e se

gno

dei

tem

pi

e dei

co

stum

i m

uta

ti,

che

intu

tte

quel

le g

ite,

bre

vi o

lungh

e, n

on r

iusc

ii quas

i mai

a f

are

acce

ttar

e né

a P

aolin

a né

a E

lisa

non d

ico u

n v

iaggi

o o

d u

na

cola

zione,

ma

nem

men

ouna

bib

ita

od u

n b

iglie

tto d

i tra

nva

i. A

nch

e al

lora

non tutt

e le

rag

azze

fa-

ceva

no c

osì

, m

a oggi

quas

i tu

tte

fanno il co

ntr

ario

e q

ual

che

volt

a non

solo

acc

etta

no,

ma

pro

voca

no l’

off

erta

. Va

ben

e ch

e il

com

ple

sso d

ei b

i-la

nci

fam

iliar

i si c

hiu

der

à in

par

eggi

o o

ra c

om

e al

lora

, per

ché

le f

amig

liesi

com

pongo

no d

i m

asch

i e

di fe

mm

ine

e il

di più

che

oggi

spen

dono i

pri

mi v

iene

in m

assa

com

pen

sato

da

ciò c

he

risp

arm

iano le

sec

onde,

ma

alla

mia

men

te o

ttoce

ntist

a se

mbra

un t

antino s

tran

o c

he

le d

onne,

pro

-pri

o n

el t

empo c

he

pro

clam

ano p

arità

di dir

itti

con g

li uom

ini,

non c

o-

min

cino c

ol r

ecla

mar

e par

ità

di d

ove

ri. F

ors

e pen

sano d

i rip

agar

e co

n la

loro

gra

zia

la c

oncu

ltat

a gi

ust

izia

, dat

o e

vole

nti

eri co

nce

sso c

he

ques

te

125

Nel

188

6 ci

rca,

las

ciam

mo la

casa

ove

nac

qui e

pas

sam

mo in q

uel

la a

t-tu

ale,

di p

ropri

età

di m

io p

adre

, che

radic

alm

ente

l’av

eva

rest

aura

ta. Q

ue-

sta

casa

ap

par

ten

ne

anti

cam

ente

al

la

fam

iglia

di

fra’

D

om

enic

oB

uonvi

cini.

Succ

essi

vam

ente

, per

poch

i an

ni,

ripre

ndem

mo i

n a

ffit

to i

lpia

no d

ella

cas

a in

cui n

acqui,

apre

ndo c

om

unic

azio

ni i

nte

rne

con la

no-

stra

ab

itaz

ione.

I

mie

i ge

nit

ori

furo

no s

empre

am

ore

volis

sim

i co

n n

oi fi

glio

li e

fece

ro a

gran

gar

a nel

cura

rne

atte

nta

men

te l’

educa

zione

e l’i

stru

zione.

Ebbi p

erfr

atel

li: C

arlo

, nat

o a

Pes

cia,

com

e tu

tti g

li al

tri,

il 6

febbra

io 1

874;

Cune-

gonda

(sem

pre

chia

mat

a D

ina)

, nat

a il

14 n

ove

mbre

188

1 e

mar

itat

a al

-l’I

ng.

Giu

lio C

hio

stri

poco

dopo la

mort

e del

bab

bo; E

nri

chet

ta, n

ata

il29

dic

embre

188

3; P

ietr

o (P

iero

), n

ato il

5 m

arzo

188

5 e

Gin

o, n

ato il

12

sett

embre

188

7. L

’aff

etto

e la

conco

rdia

più

ass

olu

ti r

egnar

ono s

empre

tra

noi.

Enri

chet

ta m

orì

a P

esci

a in

cas

a di D

ina

il 10

set

tem

bre

193

0 e

Car

lo m

orì

in

Fir

enze

il

24 g

iugn

o 1

940

e fu

sep

olt

o n

el c

imit

ero

del

-l’A

nte

lla.

Mio

pad

re, u

om

o d

i rar

a ones

tà, d

i fer

vidis

sim

o in

gegn

o e

di a

ttiv

ità

in-

stan

cab

ile,

pro

segu

ì il

pro

sper

o c

om

mer

cio

fam

iliar

e ed

en

trò

(sp

esso

com

e fo

ndat

ore

, sem

pre

com

e an

imat

ore

) in

quas

i tutt

e le

indust

rie

pe-

scia

tine:

conce

ria

di p

ella

mi,

cart

iere

, fab

bri

ca d

i pro

dott

i chim

ici,

vetr

eria

,fa

bbri

ca d

i cap

pel

li. C

oi s

udat

i guad

agni a

cquis

tò c

ase

e te

rren

i, ra

ggi

un-

gendo u

na

posi

zione

econom

ica

più

che

agia

ta, m

a non q

uel

la a

ssai

più

cosp

icua

che

avre

bbe

potu

to c

onse

guir

e, s

e nel

l’ese

rciz

io d

elle

indust

rie

non a

vess

e av

uto

di m

ira

più

il v

anta

ggio

pae

sano c

he

il pro

pri

o e

se

qual

-ch

e so

cio n

on n

e av

esse

tra

dito la

fid

uci

a, p

rocu

randogl

i sen

sibili

per

dite.

D

a L

uig

i M

och

i, in

fatt

i, le

cure

pat

rim

onia

li fu

rono c

ost

ante

men

te p

o-

spo

ste

a quel

le p

ub

blic

he.

Fin

da

giova

nis

sim

o, f

on

la

scuo

la s

eral

eoper

aia,

la s

oci

età

di m

utu

o s

occ

ors

o f

ra i

lavo

rato

ri e

cer

cò d

i rag

grup-

par

e i m

iglio

ri e

lem

enti lo

cali

per

dar

e vi

ta a

d o

gni g

ener

e d’in

izia

tive

att

ea

pro

muove

re il

civ

ile p

rogr

esso

del

la c

ittà

nat

ale.

Più

tar

di,

entr

ato n

el-

l’am

min

istr

azio

ne

com

unal

e co

me

asse

ssore

e p

oi

(lui

rilu

ttan

te)

com

esi

ndac

o, m

olt

iplic

ò le

pro

pri

e en

ergi

e in

ogn

i cam

po d

’azi

one:

pro

moss

ee

favo

rì f

attiva

men

te o

per

e pubblic

he

edili

e s

trad

ali,

e so

tto la

sua

guid

ae

col

valid

o c

on

cors

o d

i so

lert

i co

llab

ora

tori

, fe

ce s

org

ere

o r

ifio

rire

l’Asi

lo in

fantile

, la

Scuola

tec

nic

a, q

uel

la p

rofe

ssio

nal

e, u

n g

innas

io li

ber

o,la

Scu

ola

agr

aria

, il R

icove

ro d

i men

dic

ità.

Fu tra

i fo

ndat

ori

del

la B

anca

del

la V

aldin

ievo

le, p

er m

erit

o d

ella

qual

e si

svi

luppar

ono in

dust

rie

loca

li,e

la d

ires

se f

ino a

lla m

ort

e se

nza

per

cepir

e st

ipen

dio

, fu s

oci

o a

ttiv

issi

mo

insert

o M

ochi:Layout 1 11/1

1/1

1 11:2

6 P

agin

a 5

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della C

assa di R

isparm

io d

i Pescia, co

nsigliere d

ella Cam

era di C

om

mer-

cio d

i Lucca ecc. n

egli ultim

i tempi d

ella sua vita realizzò

l’antico

suo d

i-segn

o d

i collegare sald

amen

te e agevolm

ente la V

aldin

ievole co

n L

ucca

per favo

rire i com

merci, fo

ndan

do

la So

cietà An

on

ima p

er la Tran

viaE

lettrica Lucca –

Pescia –

Monsu

mm

ano d

ella quale fu

eletto p

residen

te. F

u p

rofo

ndam

ente religio

so, ma n

on co

nfu

se mai la religio

ne co

n la p

o-

litica e vagheg

giò sem

pre l’Italia lib

era e unita m

arciante su

lle vie del p

ro-

gresso. Man

catogli il p

adre all’età d

i cinque an

ni, d

ovette p

resto d

edicarsi

agli affari e no

n p

oté q

uin

di segu

ire un rego

lare corso

di stu

di ; m

a du-

rante l’in

tera sua vita non trascurò

la pro

pria cultura e co

ltivò, assai m

eglioch

e da d

ilettante, le d

isciplin

e econom

iche e so

ciali, pure n

on trascu

rando

di ten

ersi al corren

te delle m

igliori o

pere letterarie italian

e e straniere.

La su

a morte (29 o

ttobre 1906), d

i cui to

rnerò

a disco

rrere, fu u

n gravis-

simo lu

tto cittad

ino e i fu

nerali fu

rono co

sì imp

onen

ti e affettuosi co

me

mai n

on avevo

visto, né vid

i di p

oi, q

ui a P

escia. Auto

rità, associazio

ni e

popolo

vi partecip

arono in

massa, i n

egozi fu

rono ch

iusi “p

er lutto

cit-tad

ino” e d

ove p

assava il corteo

le lampad

e della p

ubblica illu

min

azione

furo

no, in

pien

o gio

rno, accese e velate d

i gramaglie. C

iò p

erché, p

ure

avendo avu

to n

ecessità di co

mbattere, e talvo

lta fieramen

te, contro

av-versari ch

e non m

ancan

o m

ai a chi lavo

ra tenacem

ente, tu

tti finivan

o co

lrico

noscere ch

e aveva com

battu

to co

n lealtà e n

on p

er fini p

ersonali m

aper il p

ubblico

ben

e. Può d

irsi con certezza ch

e, se ebbe avversari, sep

pe

non aver m

ai dei n

emici.

Anch

e la tua n

onna Iren

e merita il p

iù grato

e dolce rico

rdo. F

u d

egna

sposa d

i Lui, m

adre am

orevo

lissima e d

onna su

perio

re alle um

ane d

ebo-

lezze, perfettam

ente eq

uilib

rata in o

gni circo

stanza d

ella vita familiare.

Mio

pad

re ne cercava il co

nsiglio

e trovava in

Lei il p

iù sicu

ro co

nfo

rtonei m

om

enti p

iù gravi d

ella sua attiva esisten

za. Per n

oi figlio

li fu sald

agu

ida e alto

esempio

di rettitu

din

e intem

erata. Fervid

amen

te religiosa, si

pro

digò

nella carità n

on so

ltanto

col d

enaro, m

a più

anco

ra con le o

pere,

così ch

e tutte le fam

iglie indigen

ti di P

escia si uniro

no a n

oi n

el pian

gerne

amaram

ente la m

orte.

Mi so

no u

n p

o’ d

ilungato

su q

uesti tu

oi n

onni, p

erché tu

tto q

uello

che

c’è in m

e di m

igliore h

o tratto

da L

oro

e perch

é desid

ero ch

e, se avrai dei

figli, essi pure li co

noscan

o e li ap

prezzin

o.

611

mi d

imostraro

no affetto

e molta stim

a, affidan

dom

i talvolta affari assai

importan

ti, con lo

ro so

ddisfazio

ne.

A R

om

a mi co

llocai a p

ensio

ne n

ella famiglia d

el march

ese dott. A

chille

Fum

ason

i Bio

ndi, gio

vane d

i fervido

ingegn

o, ma allo

ra in co

ndizio

ni

econom

iche m

olto

precarie. Serb

o il p

iù vivo

e grato rico

rdo sia d

ei Fu-

maso

ni ch

e del m

io so

ggio

rno

in R

om

a, durato

fino

al luglio

1900,quan

do, p

rom

osso

aggiu

nto

giudiziario

in segu

ito a felicissim

o esam

e,fu

i destin

ato al trib

unale d

i Anco

na, co

n fu

nzio

ni d

i giudice. M

a, desid

e-ro

so d

i torn

are a Ro

ma, fu

i app

agato n

ell’aprile 1901 e p

resi pen

sion

epresso

la signora T

orrian

i in V

ia Sicilia, nella casa ch

e fa ango

lo co

n V

iaP

iemonte.

A R

om

a prestai servizio

nella p

rima sezio

ne civile d

el tribunale, o

ve mi

furo

no

assegnate an

che cau

se assai imp

ortan

ti. Pro

mo

sso p

retore n

el-l’ago

sto 1902, fu

i inviato

a San M

arcello P

istoiese (A

lbergo

La C

ampan

a)e, n

el luglio

1903, a mia d

om

anda, fu

i trasferito ad

Alb

enga. M

entre m

itro

vavo in

quella grad

ita residen

za (30 novem

bre 1904), eb

bi la d

isgraziadi p

erdere la carissim

a mam

ma e vo

lli perciò

avvicinarm

i al bab

bo, fa-

cendo

mi traslo

care (marzo

1905) al 1° man

dam

ento

di L

ivorn

o, dove

ebb

i per co

lleghi il B

arbo

ni, m

orto

po

co ap

presso, E

ttore C

asati, po

ip

rimo

presid

ente d

ella Co

rte di C

assazion

e, e Giu

lio R

icci, po

i prim

opresid

ente d

ella Corte d

’Appello

di T

orin

o e d

a poco

defu

nto.

Da R

om

a, da A

nco

na, d

a San M

arcello e d

a Alb

enga i m

iei ritorn

i in fa-

miglia eran

o freq

uen

ti e in tren

o o

in b

icicletta mi era grad

ito visitare i

luogh

i vicini a q

uelle m

ie residen

ze, anch

e se in territo

rio stran

iero, com

e,da A

lben

ga, Montecarlo

e Nizza.

Duran

te le ferie mi d

ilettavo in

viaggi p

iù lu

ngh

i. A N

apoli n

el 1899; aF

iume, T

rieste, Ven

ezia, Pad

ova, M

ilano, L

ugano, L

ago d

i Com

o, Gen

ova

e Torin

o n

el 1900; a Milan

o, Lucern

a, Zurigo, Sciaffu

sa, Bern

a, Losan

na

e Gin

evra nel 1901; a U

din

e, Vien

na, B

udap

est, Fiu

me, V

enezia, R

ovigo

e Bo

logn

a nel 1902; a T

orin

o, Parigi, B

russelle, A

nversa, C

olo

nia, C

o-

blen

za, Basilea, L

ucern

a e Milan

o n

el 1903; a Marsiglia, B

arcellona, Sa-

ragozza, M

adrid

, Escu

riale, Toled

o, Cord

ova, Siviglia, G

ranata e V

alenza

nel 1904. A

ndai an

che a M

onaco

di B

aviera, ma n

on rico

rdo la d

ata (forse

nell’o

ttobre d

el 1906). Ciò

senza co

ntare altri p

iù o

men

o lu

ngh

i giri per

l’Italia, perch

é il viaggiare m

i è sempre sem

brato

il modo p

iù p

iacevole e

istruttivo

per ricreare lo

spirito

e il corp

o. G

iunto, co

me h

o d

etto, a Livo

rno, p

resi due stan

ze in via R

om

a n° 1 p

°3° (p

er i pasti an

davo

al Giap

pone) in

casa dei sign

ori C

arpen

a, ove ab

i-

inserto

Mochi:L

ayout 1

11/1

1/1

1 1

1:2

6 P

agin

a 6

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la r

agio

ne:

è u

n s

enti

men

to, o

ssia

qual

che

cosa

di m

olt

o s

imile

alla

fed

e.

Ques

ti p

esan

ti r

agio

nar

i n

on

deb

bo

no

tra

rre

in i

nga

nn

o s

ulla

mia

vit

auniv

ersi

tari

a. S

e un p

o’ f

iloso

fo e

ro, d

ove

vo a

pp

arte

ner

e di c

erto

ai p

eri-

pat

etic

i; m

i pia

ceva

no,

infa

tti,

le lungh

e pas

seggi

ate

diu

rne

e nott

urn

e a

pie

di nei

din

torn

i di P

isa,

le

gite

in b

icic

lett

a o in c

ales

sino,

le

nuota

te a

Mar

ina

e le

bar

che

e fr

equen

tavo

, fors

e più

del

la s

cuola

, i c

affè

, i t

eatr

i ei c

irco

li. P

erò a

lcune

sett

iman

e pri

ma

deg

li es

ami,

mi p

repar

avo in

tensa

-m

ente

e li

super

avo c

on 1

8 o c

on 3

0, s

econdo la

fort

una

e l’i

nte

ress

e in

me

des

tato

dal

le v

arie

dis

ciplin

e. N

el t

erzo

anno,

lasc

iai l

a ca

sa A

llegr

etti

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si u

na

cam

era

di f

acci

a al

l’univ

ersi

tà, p

renden

do i

pas

ti a

lle tra

ttori

e.Il

quar

to a

nno m

i tra

sfer

ii a

Bolo

gna,

vag

o d

i cose

nuove

, e f

ui a

pen

sione

in p

iazz

a G

alva

ni,

di fr

onte

al ve

cchio

Arc

hig

innas

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sso la

sig

nora

Par

isin

i. M

i la

ure

ai i

l 5

nove

mb

re 1

895

con

96

su 1

10,

svo

lgen

do

alla

bra

va u

na

affr

etta

tiss

ima

tesi

sulla

“ri

cerc

a del

la p

ater

nit

à”, t

esi d

i cui p

erfo

rtuna

non h

o s

erbat

o c

opia

appunti

. In q

uel

l’anno d

a B

olo

gna

feci

una

cors

a a

Ven

ezia

, per

la p

rim

a es

posi

zione

bie

nnal

e d’a

rte.

Dalla lau

rea a

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atr

imo

nio

Poch

i gio

rni

pri

ma

del

la la

ure

a, m

i ero

pre

senta

to a

lle a

rmi,

com

e “v

o-

lonta

rio d

i un a

nno”

al 3

° r

eggi

men

to g

enio

in v

ia d

ella

Sca

la a

Fir

enze

.L

a vi

ta m

ilita

re, sa

lvo u

n m

eset

to p

assa

to a

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ress

o V

inad

io, m

ise

ccav

a m

olt

issi

mo

e a

spet

tavo

co

n a

nsi

a il

con

gedo,

co

nce

sso

mi

il 27

ott

obre

189

6.

Torn

ato a

Pes

cia

in f

amig

lia, so

sten

ni

alla

Cort

e d’A

ppel

lo d

i L

ucc

a gl

ies

ami

di

pro

cura

tore

leg

ale,

che

super

ai i

l 23

dic

embre

189

6 co

n 4

8 su

50, r

isultan

do il

pri

mo in

cla

ssif

ica.

Men

tre

face

vo le

pra

tich

e per

avv

oca

to, s

i aprì

a R

om

a un c

onco

rso n

a-zi

onal

e per

100

post

i di uditore

giu

diz

iari

o e

d io,

sen

tendom

i pro

pen

soal

la m

agis

trat

ura

ben

più

che

al li

ber

o e

serc

izio

del

la p

rofe

ssio

ne,

nel

l’au-

tunno 1

897

mi

pre

senta

i a

quel

conco

rso p

er g

li es

ami

scri

tti;

gli

ora

lieb

ber

o luogo

nel

la p

rim

aver

a del

189

8 e

fui cl

assi

fica

to f

ra i p

rim

issi

mi

dei

cir

ca 5

00 c

onco

rren

ti. C

osì

, con d

ecre

to 1

lugl

io 1

898

fui nom

inat

oudit

ore

e d

esti

nat

o, c

on a

ltro

dec

reto

3 s

ette

mbre

189

8, a

lla P

rocu

ra G

e-n

eral

e p

ress

o l

a C

ort

e d’a

pp

ello

di

Ro

ma.

Quel

Pro

cura

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Gen

eral

e,er

a il

Forn

i, e

i suo

i sost

itut

i (tr

a es

si il

Cri

safu

lli, p

adre

del

mar

ito d

i Ire

ne)

Dalla m

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ascit

a a

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Com

ince

rò d

all’a

ccen

nar

e al

la m

ia v

ita

fisi

ca e

dir

ò c

he

nac

qui s

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ro-

bust

o. N

on

po

ten

do

la

mia

mam

ma

alla

ttar

mi,

ebb

i p

er b

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l’o

ttim

aG

igia

Mar

avig

lia, i

l nip

ote

del

la q

ual

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iù o

men

o r

ingh

ioso

, si d

egna

di

port

are

le tue

lett

erin

e a

Fir

enze

. Ver

so i

tre

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fui c

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ito d

a gr

ave

dif

-te

rite

che

mi p

ose

in im

min

ente

per

icolo

di m

ort

e. M

i rim

isi b

en p

rest

oin

sal

ute

, sal

vo li

evi m

alat

tie

infa

ntili;

ma

nel

l’ott

obre

198

1, q

uan

do s

tavo

per

en

trar

e al

l’un

iver

sità

, fu

i co

lto

da

un

vio

len

tiss

imo

tif

o c

he

sup

erai

mir

acolo

sam

ente

, dopo a

vere

ric

evuto

l’o

lio s

anto

e q

uan

do il bab

bo e

la m

amm

a, c

ost

ernat

i, at

tendev

ano il

mio

ult

imo r

espir

o.

Pri

ma

e dopo q

ues

ta b

urr

asca

, es

erci

tai il

corp

o c

on f

requen

ti e

lungh

epas

seggi

ate

a pie

di,

ginnas

tica

(fu

i note

vole

nel

sal

to in

alt

o e

nel

la c

ors

ave

loce

) e

scher

ma

e co

l ded

icar

mi a

ppas

sionat

amen

te p

rim

a al

bic

iclo

epoi

alla

bic

icle

tta,

evi

tando p

erò o

gni

ecce

sso.

Nel

le a

nnue

bag

nat

ure

aL

ivorn

o, d

iven

ni d

iscr

eto r

emat

ore

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e nuota

tore

: ram

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to a

nco

rala

nuota

ta d

i Pan

cali

all’A

nti

gnan

o, e

ffet

tuat

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n v

ento

contr

ario

.A

ppen

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i un p

o’ g

randic

ello

, il b

abbo m

i port

ava

spes

so c

on s

é quan

do

andav

a per

aff

ari

nel

le v

icin

e ci

ttà

tosc

ane,

fac

endom

ene

appre

zzar

e le

cara

tter

istich

e e

le p

rinci

pal

i oper

e d’a

rte.

Nel

188

4, m

i conduss

e al

l’esp

o-

sizi

on

e di T

ori

no e

, poch

i anni d

opo,

a R

om

a e

a N

apoli.

Indim

enti

cabili

le p

rofo

nde

imp

ress

ion

i in

me

pro

do

tte

da

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pri

mi

viag

gi:

più

ch

etu

tto m

i att

raev

ano le

bel

lezz

e nat

ura

li e

l’arc

hit

ettu

ra. Q

ues

t’ar

te, p

iù d

i-re

ttam

ente

di o

gni a

ltra

, par

lava

in m

e del

nost

ro g

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pas

sato

e v

alev

aa

riev

oca

rlo n

ella

mia

men

te, c

he

stav

a ap

rendosi

nel

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onve

rsaz

ioni f

a-m

iliar

i e n

egli

studi c

lass

ici.

Ven

endo a

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agl

i st

udi,

acce

nner

ò c

he

feci

pri

vata

men

te l

e sc

uole

elem

enta

ri s

ott

o i m

aest

ri F

erru

ccio

Fer

roni (p

oi is

pet

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sco

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ico)

eG

erva

sio C

erch

iai,

uom

o d

i lar

ga e

sva

riat

a cu

ltura

e d

’inge

gno f

ervi

do e

piu

ttost

o b

izza

rro,

tra

endone

fors

e m

aggi

or

pro

fitt

o d

i quel

lo c

he

di s

o-

lito s

i ac

quis

ta n

ei p

rim

issi

mi

anni.

Pas

sai

poi

al g

innas

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i P

esci

a, m

al’u

ltim

o b

iennio

lo f

eci a

l gin

nas

io D

ante

in F

iren

ze, s

tando

a pen

sione

pre

sso l’

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ima

e co

lta

fam

iglia

Gia

chet

ti, i

n v

ia d

elle

Cas

ine.

A

Fir

enze

stu

dia

i poco

, pre

fere

ndo i

lungh

i e n

on s

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ozi

osi

gir

i per

la c

ittà

e le

bel

le p

asse

ggia

te n

egli

inca

nte

voli

din

torn

i. O

gni g

iove

dì s

aliv

oal

la B

adia

di S

an D

om

enic

o, o

ve m

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rate

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arlo

si t

rova

va in

colle

gio,

e quas

i tu

tti i gi

orn

i fe

stiv

i to

rnav

o a

Pes

cia

in f

amig

lia. A

ccom

pag

nat

oda

qual

cuno d

ei s

ignori

Gia

chet

ti, fr

equen

tavo

non d

i ra

do i t

eatr

i, co

n

107

insert

o M

ochi:Layout 1 11/1

1/1

1 11:2

6 P

agin

a 7

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spiccata p

referenza p

er le opere lirich

e. Quel b

iennio

che vi p

assai fu tra

i più

felici e mem

oran

di p

er Firen

ze: scopertu

ra della facciata d

el duom

o,co

rteggio

storico, to

rneo

med

ievale, grandio

si spettaco

li teatrali e piro

-tecn

ici, lum

inarie fan

tasmago

riche, afflu

enza d

i altissimi p

ersonag

gi, trai q

uali il n

ostro

Re co

n la R

egina, la R

egina V

ittoria d

’Ingh

ilterra, l’Impe-

ratore D

on P

edro

del B

rasile, la Regin

a Natalia d

i Serbia co

l figlio A

les-san

dro, lo

Scià d

i Persia, co

n relativi ricevim

enti, feste e p

arate d’o

gni

sorta. U

na vera cu

ccagna p

er un ragazzo

tto co

me m

e, che tu

tto vo

levaved

ere e godere!

Malgrad

o q

uesti svagh

i e la con

seguen

te mia relegazio

ne tra gli u

ltimi

della classe n

egli scrutin

i bim

estrali, superai sen

za fatica e alla prim

a ses-sio

ne gli esam

i da q

uarta a q

uin

ta; ma l’an

no

successivo, p

er pun

ire inqualch

e modo

la mia n

egligenza, i p

rofesso

ri fecero il p

ossib

ile per n

e-garm

i lo scan

dalo

della licen

za, ma n

on riu

scirono, n

ella sessione estiva,

che a b

occiarm

i in latin

o, ossia n

ella materia ch

e forse m

eglio sap

evo.C

osì la p

ensò

anch

e Gio

vann

i Pasco

li, che, d

uran

te la no

stra con

sueta

bagn

atura livo

rnese, fu

mio

ripetito

re. Correva l’ago

sto 1888 e il P

ascoli

non aveva an

cora rag

giunto

la fama ch

e ebbe d

i poi, m

a di latin

o se n

ein

tendeva an

che allo

ra!C

om

e Dio

volle, a o

ttob

re ebb

i la mia b

rava licenza; m

a questo

mio

trion

fo a d

ue tem

pi n

on

illuse m

io p

adre: p

er avermi p

iù so

tto m

ano,

volle ch

e il liceo lo

facessi a Lucca, co

n d

om

icilio a P

escia e con relativo

abbonam

ento

ferroviario, salvo

l’ultimo b

imestre d

i ogn

i corso

scolastico,

duran

te il quale stavo

a pen

sione in

casa Marsili, n

el Fillu

ngo, d

i facciaalla T

orre d

elle Ore.

Tuttavia p

er cambiare d

i luogo, n

on m

utai tro

ppo d

i costu

me e segu

itaiad

essere scolaro

negligen

te, pur n

on

trascuran

do

d’istru

irmi a m

odo

mio. P

er viaggiare più leggero, i lib

ri scolastici li lasciavo

al liceo e i co

mpiti

scritti li scom

bicch

eravo q

uasi sem

pre d

uran

te la lezion

e anterio

re aquella in

cui li d

ovevo

presen

tare, se avevo la fo

rtuna d

i non essere ch

ia-m

ato a rip

etere. Le m

edie b

imestrali co

ntin

uavan

o m

olto

basse, m

a nelle

ultim

e settiman

e studiavo

sul serio

e agli esami p

assavo assai b

ene. L

a li-cen

za liceale (luglio

1891) la presi d

i prim

o acch

ito e fu

una vera p

rovvi-

den

za, perch

é all’epoca d

egli esami d

i riparazio

ne m

i trovavo

a letto co

nquella razza d

i tifo ch

e già ho d

etto e n

on

mi sarei p

otu

to p

resentare.

Duran

te il liceo, mi legai d

’intrin

seca amicizia al co

ndiscep

olo

Carlo

Sforza, il fu

turo

min

istro d

egli esteri, scolaro

negligen

tissimo, m

a ragazzodi acu

tissimo

ingegn

o e d

i solid

a, sebb

ene n

on

scolastica, cu

ltura. G

li

scambi d

’idee e le d

iscussio

ni fra n

oi eran

o co

ntin

ui, p

unto

accadem

icie, in

fin d

e’ conti, m

olto

istruttivi p

er me e fo

rse un p

och

ino an

che p

erlu

i. Lo co

ndussi an

che a P

escia, insiem

e all’altro carissim

o e in

telligentis-

simo co

mpagn

o M

atteo P

ierotti, p

er farlo co

noscere ai m

iei. G

uarito

dal tifo, an

dai all’u

niversità d

i Pisa e fu

i osp

ite per d

ue an

ni d

elp

esciatino

Pro

f. Ern

esto A

llegretti, vecchio

amico

del b

abb

o e (a q

uel

temp

o, natu

ralmen

te, non lo

sapevo

) della fam

iglia della fu

tura m

ia mo-

glie. Presso

l’Allegretti eran

o altri d

ue m

iei condiscep

oli: G

iusep

pe A

n-

zilotti e G

iusep

pe A

llegretti. Per esclu

sion

e, e no

n p

er vocazio

ne, m

iiscrissi a giu

rispru

den

za e trovai, co

n p

iacere, che co

sì aveva fatto an

che

lo Sfo

rza. L’an

no successivo, ven

ne all’un

iversità pisan

a pure il m

io am

icod’in

fanzia e co

ncittad

ino A

nto

nio

Nieri, gio

vane d

i bell’in

gegno, ch

e poi,

nel n

ovem

bre 1916, cad

de in

guerra, alla q

uale era acco

rso co

me vo

lon-

tario.In

quel tem

po, la faco

ltà di leg

ge in P

isa era tra le più

fioren

ti d’Italia:

basti rico

rdare i p

rofesso

ri Carlo

Fran

cesco G

abba, F

ilippo Serafin

i, Fran

-cesco

Buo

nam

ici, En

rico F

erri, Lo

dovico

Mo

rtara, To

nio

lo, Tam

assia,Su

pin

o, ecc. Seguivan

o essi ten

den

ze varie, e talora o

pposte, in

filoso

fia,diritto, p

olitica o

religione; p

erciò l’asco

ltarli era assai interessan

te e istrut-

tivo. In m

odo p

articolare, ram

men

to ch

e nel m

edesim

o p

eriodo d

i tempo

il Gab

ba so

steneva il lib

ero arb

itrio, men

tre il Ferri p

ropugn

ava il deter-

min

ismo. E

ro tu

tt’altro ch

e un

diligen

te frequen

tatore d

i lezion

i, ma a

queste m

ancavo

di rad

o, sebben

e niu

no d

ei due p

rofesso

ri riuscisse a p

er-su

aderm

i: più

ascoltavo

i loro

opposti argo

men

ti, più

ne d

iscutevo

coi

com

pagn

i, e più

mi ven

iva fatto d

i pen

sare con

tristezza che la m

ente

um

ana n

on p

uò d

are solu

zione sicu

ra ai più

elevati pro

blem

i filoso

fici oreligio

si. Soltan

to la fed

e può

info

ndere certezza, m

a la fede è p

reziosism

odono e n

on b

asta desid

erarlo p

er otten

erlo. Vi so

no o

ttimi argo

men

ti per

conferm

are o p

erfezionare la fed

e in ch

i già la possied

e in atto

o in

germe,

ma n

on n

e conosco

che valgan

o a p

rovarla vera. D

’altra parte, h

o p

otu

toco

nstatare l’in

esistenza d

i argom

enti lo

gicamen

te validi a d

imo

strarlafalsa. T

ali conclu

sioni n

on m

i paio

no erro

ri del m

io m

odesto

intelletto, p

oich

éè in

negab

ile che fra gli u

om

ini d

el più

alto in

gegno, o

ssia tra quelli ch

eassai m

eglio d

i me p

osso

no ap

prezzare la fo

rza degli argo

men

ti, vi furono

e vi sono cred

enti, m

iscreden

ti e scettici. Questi u

ltimi, p

eraltro, sono i

più

infelici, p

erché n

on h

anno certezza; p

osso

no tu

ttavia, com

e gli altri,tro

vare confo

rto n

ell’operare o

nestam

ente. L

a pro

bità trascen

de essa p

ure

89

inserto

Mochi:L

ayout 1

11/1

1/1

1 1

1:2

6 P

agin

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Umberto Incerpi, detto “Beusi”, eranato ad Uzzano, la cui numerosafamiglia scese presto a Pescia, in cercadi lavoro. Erano scalpellini che anda-vano a cavare le pietre da un costoneroccioso di Vellano: squadravano imacigni per sagomarli ai bei selciatistradali di Pescia. Questi operai, chericordavano i famosi “maestri coma-cini” dell’alto medioevo, eseguivanoun lavoro duro, specie quando acolpi di scalpello, ripassavano lepietre logore dei selciati cittadini,danneggiate dal transito dei bar-rocci e dalla pioggia. La vo ra vanoseduti per terra su una balla di jutae il capo protetto da un cappellodi fogli di giornale.Ma l’Umberto, che era il più gio-vane della famiglia Incerpi, avevaben altro che gli frullava per ilcapo. Egli viveva all’epoca in cui aGenova Filippo Tu rati con Ema -nuele Modigliani, Clau dio Trevese altre teste calde, con animoardente, fondavano il Partito So -cialista dei Lavoratori, attirandovi icaporioni del movimento Anar -chico internazionale, da MicheleBa kunin, a Pie tro Gori, a ErnicoMa latesta e com pagnia bella: eral’anno 1892, a Pe scia nasceva l’As -sociazione di Pub blica Assistenzache subito raccolse i giovani lavo-ratori, volontari per ogni evenien-za, aprendo la porta a una politicaproletaria delle classi lavoratricidimenticate, allora, da Dio e dairicchi proprietari d’industrie e diterre. Umberto che aveva nel san-gue la febbre socialista, decise dibuttarsi nella lotta politica cittadi-na, senza alcun timore, sorretto esospinto da una nuova “fede” chedoveva liberare i lavoratori, schia-vi di un potere politico intransi-gente e demogogico. Pe scia, all’i-nizio del secolo scorso affiancò i

lavoratori delle officine, delle fabbri-che, dell’agricoltura, che si difendeva-no uniti nelle leghe operaie e agricole.

Compiutasi la tragica avventura dellaprima guerra mondiale, stava pren-dendo campo il movimento naziona-lista fondato a Milano, nel ’19 daBenito Mussolini. Esso era costituitoda ex combattenti, giovani e arditi che

marciavano al grido “A chi l’Italia!” “Anoi!”, essi rispondevano; e percorre-vano strade e piazze di paesi e cittàper mettere ordine nell’apparato di -sor dinato dagli infiammati battibecchitra gli opposti partiti politici. Anche aPescia piombavano le squadre fasci-ste, specie da Firenze, perché qui idibattiti politici finivano a cazzotti.Un giorno capitò una di queste squa-

dre in camicia nera col fez (unberretto alla turca con una nappache ciondolava muovendo il ca -po); avevano manganelli e chi unmoschetto militare; s’accamparo-no in cima di piazza seduti perterra con le gambe incrociate ecantavano canzoni di guerra consgarbata arroganza. Alcuni citta-dini che passavano di li, tiravanodi lungo rasentando i muri dellecase, a passo rapido quasi in puntadi piedi, le mani in tasca, i gomitiritti, e alcuni con mezzo sigaro inbocca. Solo qualche donna capan-naiola aveva il coraggio di fermar-si a guardare quei forestieri; alcu-ne di esse abituate al berciare dallafinestra e nella strada della Ba -reglia, si fermavano sull’orlo delmarciapiede con le mani sui gras-si fianchi, per dire: “O ma chemodi so’ cotesti? Oh icchè sietevenuti a fa’, qui a Pescia’?”.“Siamo venuti a mettere ordine,che non vi va?’’. “Avete voglia disgolarvi! Oh che prepotenze so’coteste! Nun s’en’ mai viste divederne di nove! perché nunandate a piglialvelo in tasca daquarch’altra parte?!”. Alcuni diquei giovanotti si mettevano a ri -dere, poi ripigliavano le vecchiecanzoni di guerra e di lotta. Maerano quasi tutti giovani sui 18/20anni, dall’apparenza studenti, e sivedeva che erano figli della bor-ghesia.

UMBERTO INCERPI, DETTO BEUSI: SOCIALISTA IMPERTERRITO

(1897-1975)di Giovanni Nocentini

Umberto Incerpi, nelle sue funzioni di sindaco di Pescia(Anni Sessanta).

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Ma quando la lotta politica divennepiù aspra e pericolosa, UmbertoIncerpi, rifiutando ogni possibilecompromesso, si dette alla “macchia”,verso il Rio de’ Faicchi, scendendo aPescia rare volte per incontrare unasua sorella che viveva sola, all’ultimopiano, in una grande casa a mezzo dipiazza Vittorio Emanuele. Un giorno in seguito ad una spiata,alcuni fascisti pesciatini, s’appostaro-no ne’ pressi del cantino della Mi se -ricordia, e attesero. L’Incerpi avvertìche quel giorno qualcosa andava stor-to: uscendo di casa infilò lestamente ilcantino per fuggire di filato in viaForti inseguito da tre o quattro eroidel manganello; all’altezza delMunicipio svoltò improvvisamentetrovandosi in cima di piazza dovestava sostando, casualmente una vet-tura tranviaria in attesa dell’orario dipartenza. I due tranvieri quando vide-ro l’Incerpi infilarsi nella loro vetturacapirono l’antifona e senza aspettarel’orario di partenza, misero in moto lavettura, beffando gli inseguitori cherinunciarono all’impresa.Una seconda volta l’Incerpi fu inse-guito dietro San Francesco, ma inquel la fuga affannata inciampò ecadde: gli inseguitori gli furono ad -dosso; oltre alle manganellate, uno diessi sparò una rivoltellata, il cui proiet-tile rimbalzando su una pietra prese distriscio il capo dell’Incerpi ferendoloe lasciandolo lungo disteso nella pol-vere proprio davanti all’orto di Pitena,mentre quei giovani scalmanati fuggi-rono berciando e cantando una can-zonaccia squallida e insultante.Un giorno l’intrepido maestro CarloPancani decise di recarsi a Firenzenello studio legale dell’On. GustavoConsolo, con il compagno Incerpi;do vevano partecipare a un incontro“clandestino” di alcuni, sparuti socia-listi toscani. Scoperti dalla solita spia-ta, i fascisti – quelli, per intendersidella “Disperata” di Amerigo Dumini– s’appostarono nella strada in attesache quei “sovversivi” si facessero vivi.Essi, di fatto, sull’imbrunire, uscironoalla spicciolata da quella riunione clan-destina, disperdendosi nel via vai dellafolla. Umberto Incerpi, a quel tempo,

assai giovane, riuscì a sfuggire dallegrinfie degli scalmanati inseguitori;alcuni cittadini col cappello sulle ven-titré tirato sulla nuca, tentarono dimettersi in mezzo, mentre il fuggiascocol fiato oramai corto, s’infilò rapida-mente in una chiesa affannato e stra-volto; il sacerdote interruppe per unattimo la funzione religiosa che ripre-se immediatamente, avendo capitocosa stava succedendo a quel giova-notto mai visto e conosciuto, essendotempi che, per la propria idea politicamolti, specie a Firenze, si randellava-no di santa ragione; starsene alla fine-stra era davvero difficile. Sulla sera l’Incerpi, cautamente, rigidoe impettito s’avviò verso la stazioneferroviaria di Santa Maria Novella do -ve aveva l’appuntamento col Pan caniper tornarsene a casa. Ma del Pancaninemmeno l’ombra. Tuttavia, sotto lapensilina, il Beusi, si avvicinò a un pic-colo gruppo di viaggiatori che parlot-tavano dandosi da fare attorno a dellefontanelle. E proprio li, in mezzo aquei viaggiatori, c’era il Pan cani che loaiutavano a lavarsi il viso insanguinatodalla botte ricevute per via.

8 settembre 1944. La seconda guerramondiale era passata da Pescia comeun dannato vento nero; ma ormai ipesciatini ne erano fuori: cantavano,ballavano, erano allegri, si abbraccia-vano anche tra gente sconosciuta, siabbracciavano, e tutto ciò anche seerano sporchi, affamati, taluni vestitidi stracci: ma cosa importava dopo treanni di fame, di epidemie, di ferocibombardamenti, di micidiali rastrella-menti delle SS germaniche, accettan-do perfino di essere un popolo vinto,ed abbracciavano i vincitori; mentre leragazze, uscite dai loro covi, manda-vano baci a quei buoni soldati cheavevano attraversato l’Oceano Atlan -tico per venirle a liberare. Pareva che ipesciatini, e forse altri della Val di -nievole, quasi non volessero sentirsiun popolo vinto. Perciò continuavanoa cantare, a ballare con quei liberatoriattoniti e sorpresi.Intanto il CLN, di cui l’Incerpi ne eral’anima fervente, accettò che ilSindaco della città, lo designassero gli

Alleati vincitori. E fu Mario Giaccai ilprimo Sindaco della Liberazione cheperò si dimise quasi subito. Il CLNallora, designò Ferruccio Tongiorgi,mentre Umberto Incerpi assunse l’in-carico di Assessore ai Lavori pubblicie mise insieme i suoi concittadini, chearmati di pale e badili, ripulirono lestrade dalle macerie delle case che itedeschi fuggendo, avevano fatto sal-tare minandole, senza nemmenoavvertire alcuni vecchi inquilini chel’abitavano. E anche i tre pontianch’essi distrutti dovevano esserericostruiti a cominciare, secondo ilBeusi, dal ponte antico di Santa Mariache riuniva i quartieri storici delDuomo con la Bareglia.In seguito Umberto Incerpi, puravendo aderito alla scissione socialistadi Palazzo Barberini, del 1947, eral’uomo a cui molti cittadini si rivolge-vano. Fu sempre tra i pubblici ammi-nistratori pesciatini: alle elezioniamministrative del ’61 fu eletto Sin -daco della città e, di nuovo, a quelledel ’64; s’impegnò tra critiche aspre erisse malevoli che specie durante iconsigli comunali accendevano quelleriunioni, finchè nel Settembre del1965 fu sostituito da Nilo Silvestri.Chi fu insomma Umberto Incerpi?Fu un uomo che visse una vita assaidifficile, complessa, che soltanto perla sua incrollabile fede politica potésopportare. Durante gli anni giovanilifu ardente marxista, convinto e ap -pas sionato, tanto da firmare i suoi‘stel loncini’ politici sul “Il Ri sve glio”socialista con lo pseudonimo ‘il Bol -scevico’. Credette nel marxismo, nelsuo messaggio salvifico per la na scitadi una nuova società interamenteumana e unificata. In seguito cadderole sue illusioni, e con grande passionesi ribellò allo stalinismo che dominavala vita sovietica e quella dei paesi satel-liti. Questa presa di coscienza ideale locondusse a difendere con altrettantocoraggio le autentiche libertà civili epolitiche, rafforzando anzi, la sua fedenel socialismo democratico: “quell’i-dea – diceva – che vivrà finchè il solesplenderà sulle sciagure umane”.

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Claudia BECARELLI e Serana CAMBI, Le decorazioninell’atrio-scalone del palazzo comunale di Montecatini Terme.(“Il Tremisse Pistoiese”, luglio/agosto 2011 n°104/5,pp. 36-40).

Daniele BERNARDINI, Benvenuti a Montecatinigrad.Cartelli in cirillico per i russi. (“QN” 14 luglio 2011)

Francesca BIANCHI, La scoperta di incisioni rupestri prei-storiche in Valleriana. (“Rivista Ecologica del Qua ter -nario”, Università di Firenze, 2011)

Emanuele CARFORA, Giampiero GIAMPIERI, LuigiANGELI, Giuseppe Giusti, un poeta in cammino. (“Storialocale” 2011, n° 17, pp. 123-133)

Roberto CIPOLLINI, Pensieri da abitare, Firenze 2009.

Questo piccolo libro, che abbiamo segnalato nello scorso nume-ro di “Nebulæ”, opera di un architetto valdinievolino, è statopresentato in una libreria fiorentina lo scorso 26 luglio. Un libropiccolo, ma grande per l’insegnamento morale e civile che l’ac-compagna. E’ un testo di architettura, sull’architettura, per unaarchitettura onesta e consapevole. Una lezione per niente tecni-ca, bensì umanistica, proprio come l’essenza di questa disciplinaè, o dovrebbe, essere. Poco più di cinquanta paginette facili epiane, perché tutti possano comprenderne il messaggio, in quan-to tutti, anche se non progettisti o imprenditori, abbiamo a chefare con l’ambiente e il territorio; che spesso riusciamo a ferire eviolentare, magari inconsciamente; perché la forza che ci vienedalla moderna tecnologia e da una certa disponibilità di mezzifinanziari, anche se modesta, può renderci inconsapevoli dellanostra odierna, ingombrante presenza. Inoltre l’egoismo; “Si, èvero, esiste la civiltà, gli onesti comportamenti, il rispetto deidiritti altrui. E’ bene conformarci. Tuttavia se qualche eccezione,nel mio piccolo, mi permetterò di compiere, non potrà crearedanni letali alla collettività…”. E a pagina 24 l’Autore ammoni-sce: “L’uomo, oggi, è molto più pericoloso quando interpreta i propri biso-gni. Ha guadagnato in benessere, ma non in civiltà.”Il libro di Cipollini – vera e propria battaglia per una architetturaetica – ci insegna, tra l’altro, che i luoghi, le preesistenze, nonsono materia inespressiva: hanno una loro storia che non possia-mo stravolgere per soddisfare i nostri bisogni o i nostri istinti.Un piccolo libro, dicevo, che può provocare nel lettore qualchepiccolo esame di coscienza; non dico sensazioni di rimorso, pernon esagerare.

Gigi Salvagnini

Rossella CONTE, Pinocchio trionfa per il Carnevale. Colori eallegria ai mercati, nei parchi e nelle vie di Firenze – MaurizioSESSA, Un naso lungo 130 anni: buon compleanno Pinocchio –

Giovanni PALLLANTI, Pinocchio da via Taddea ha conqui-stato il mondo con la forza della fantasia. (“La Nazione”, cro-naca di Firenze, 6/5/2011; 5/7/2011; 10/7/2011)

Attenti pesciatini: la concorrenza avanza…

Chiara DINO, Il mondo è (un) piatto. (“Corriere della Sera”20 agosto, 2011)

Intervista a Igles Corelli, oste ferrarese, approdato – pare prov-visoriamente – a Pescia con otto esperti collaboratori, ad aprir-vi un mini ristorante dall’esotico nome Atman. Mi riservo di tor-nare sulla faccenda in altro momento, per un articolo che sto pre-parando dedicato alla storia della ristorazione valdinievolina. Quiaggiungo solo due parole sull’articolo della Dino, che occupaun’intera pagina del più illustre (dicesi) quotidiano italiano, cor-redato da cinque foto a colori. Il pretitolo e il sottotitolo recita-no: “Vita da chef. Igles Corelli, due stelle Michelin, ferrarese dinascita, adesso lavora a Pescia nel suo mini ristorante da ventot-to coperti – «Le mie ricette vivono di contaminazioni, ma l’in-grediente principe è italiano»”. Una delle cinque foto è il ritratto di Bill Clinton, suo cliente,come lo sono stati la regina di Svezia e Ranieri di Monaco.Chiestogli una ricetta, lo chef detta quella della “Lasagnetta croc-cante al ragù”, complicatissima operazione per la quale occorro-no quindici componenti (escluso acqua, olio e sale). Il suo piattopreferito è “l’anguilla dentro e fuori” condita con un paté di fega-to dell’animale e con le sue stesse lische disidradate e fritte.Buon appetito a chi vuol provare. Io no. G. S.

È nato il museo della civiltà contadina per ricordare il sindacoGiovanni Dei. (“La Nazione” 24 settembre 2011)

Breve trafiletto a firma m.m. per segnalare questa iniziativa realiz-zata a Bagnolo di Larciano. La moda di istituire raccolte del gene-re (impropriamente definite “Musei”) è largamente diffusa inToscana, che difficilmente può liberarsi del ricordo di un passa-to millenario, traumaticamente eliminato. Non so se e quantesono in Valdinievole le iniziative analoghe, che sono cul tu ral -mente degne della massima attenzione: ricordo quella dei Brac -cini presso l’agriturismo verso Aramo e quella di diversa ma ana-loga natura di Publio Biagini a Vellano. Ve ne sono altre?

Arianna FISCARO, Strage del Padule. Chiesti tre ergastoli perl’eccidio nazista (“La Nazione” cronaca di Mon te catini, 5maggio 2011) – Eccidio: “Giustizia dopo 67 anni” (Idem, 6maggio 2011) – “Solo sollievo velato da dolore per una giusti-zia che ha tardato” (Idem, 27/5/2011).

Postumi di una triste, discussa tragedia. Tre vecchi di 88, 91 e 94anni condannati all’ergastolo, che si profila, se sarà applicato, dibreve durata. Intanto il novantunenne è defunto di suo, rispetta-to e commemorato in patria. Alle numerose “parti civili” resta un“velato sollievo” ed un “risarcimento” di alcuni mi lioni di euroda spartire tra enti, associazioni, province, comuni e persone;

Segnalazioni & Recensioni

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risarcimento che non si sa chi e se accetterà di pagare. La moder-na Germania non ne vuol sapere. Dav vero un triste finale peruna tristissima, dolorosa storia.

Marcello FONTANA, Un’idea nata a cena, fra un bicchiere el’altro. (“La Nazione” 28 gennaio 2011)

Breve articolo – poco più di una scheda – col quale l’ex sindacodell’Abetone, rievoca la nascita, (nel 1981, intorno ad una tavolaapparecchiata, insieme a Giancarlo Giannini, Ugo Poli e SergioTaddei) della ormai celebre manifestazione sciistica “Pinocchiosugli sci”, che ogni Valdinievolino conosce, ma non tutti nesanno, o ne ricordano, la storia.

Italo MARIOTTI, Un possibile futuro per la Valdinievole. Lacittà dell’acqua e altro. (“Il Tremisse Pistoiese”, luglio/ago-sto 2011 n°104/5, pp. 55-58).

Ci fa senz’altro piacere apprendere che qualcuno condivide ilnostro trentennale auspicio di considerare questo territorio nonpiù una valle geografica ma una città-territorio; peraltro affasci-nante e ricca di una dozzina di centri storici e almeno due parchinaturali. Ma la soddisfazione si ferma qui. L’autore di questoarticolo immagina di costituire una “città allargata” (così la defi-nisce), unendo tre – soltanto tre – dei comuni che ne fanno parte. Questa prima fase, secondo l’Autore, incontrerebbe immediata-mente delle difficoltà, avendo ciascuno dei tre comuni prescelti,sebbene limitrofi, vissuto ciascuno per proprio conto secondo leproprie necessità, mezzi ed ambizioni più o meno legittime di chida decenni li governa. Si propone, allora, di rimediare alle “slab-brature” territoriali, con apportune “ricuciture” (sempre secon-do la terminologia dell’Autore). Però il proponente avrebbeaddirittura pronto in tasca l’asso vincente per ottenere lo scopo:creare un “parco giocoso”, dotato di una mega vasca con zam-pillone di 40/50 metri. La mega vasca (la definizione è mia,l’Autore la chiama “lago”), dovrebbe essere un bacino lungoalcune centinaia di metri, di forma orribilmente ellittica, ossiaquanto di peggio si potrebbe immaginare, dunque non un lago,che in natura (ma anche se artificiale) non si progetta a tavolinoma si disegna da sé, secondo le asperità circostanti. Perdoniamoal nostro Autore (architetto?) questo eccesso di “razionalismo”.La fissazione dell’acqua dev’essere un male contagioso, che giàFuksas, tempo fa, proponeva pozze e zampilli a Montecatini,magari in forme meno traumatiche…Curioso che un progetto di “ricucitura” di questo tormentato ter-ritorio non si renda conto che la Valdinievole possiede già, dasecoli, un’area umida, storicamente, scientificamente ed ambien-talmente importante. Ovvero, lo sa che esiste; ma preferisce ado-perarla come meta di una passeggiata per i turisti che accorre-ranno a iosa nella triplice città, dopo la realizzazione della mega-piscina) .Esce di tema, il Mariotti, quando ammette che gli ospiti, spe-cialmente i bambini, potrebbero godere di altre esperienze “cari-che di appeal”: come il regno animale dello zoo e il parco diPinocchio. Ma Collodi è fuori dal triangolo “Montecatini-Monsummano-Pieve a Nievole”, e lo zoo più prossimo (a menoche ne sia stato impiantato uno a mia insaputa) è a Pistoia: comepensava, il proponente, di coinvolgere questi due luoghi nel pro-getto, “ricucendo smagliature”?Forse sbaglio a non prender sul serio questo accurato ma utopi-

co studio: eppure non posso fare a meno di spalancare occhi eorecchi laddove si consiglia (oltre a rendere agevoli “con un forteinvestimento” le infrastrutture, la viabilità, la recettività) di cura-re – si osserva poco gentilmente nei confronti degli interessati –che riguardo all’ospitalità “massima cura devrebbe essere dedi-cata a riqualificare la professionalità degli addetti al settore”.Non una parola, invece, per riqualificare gli addetti di un altrosettore (che invece ne avrebbero bisogno): i chiamati a gestire iproblemi politico-amministrativi. E non alludo agli imponentiinvestimenti che la realizzazione richiederebbe e che lo stessoAutore riconosce trattarsi di un “immaginario desiderio rivolto alfuturo” (dunque un’utopia), ma della micragnosa mentalità deipolitici locali, che non mollano volentieri la poltroncina, possi-bile trampolino per poltrone più prestigiose, magari a Roma;anche se appare a chiunque che l’eccessivo frazionamento ammi-nistrativo del territorio valdinievolino, è la causa prioritaria ditutti i mali urbanistici che lo affliggono e che per porvi rimedionon basterebbe “ricucire le smagliature”. Colpevoli i politici, cer-tamente; ma anche lo sfrenato, inconcepibile spirito campanili-stico degli abitanti.Chiudo con l’ultima osservazione: nella Valdinievole geograficanon ci sino soltanto tre comuni, ma almeno una decina, tutti inte-ressati dalla medesima continuità abitativa; anche se qualcunotende – ingiustamente, a mio avviso – ad escluderne alcuni piùperiferici. In queste quattro dense pagine del “Tremisse”, nem-meno una volta si citano Buggiano, Pescia, Chiesima, Pon te;anche loro contribuisco a determinare la “conurbazione” difatto, e ci metto persino Villa Basilica, Altopascio, Montecarlo,Larciano e Lamporecchio, sissignori , anche questi ingiustamen-te considerati lucchesi e pistoiesi…

Gigi Salvagnini

MUSEO della Città e del Territorio del Comune diMonsummano, Walter Iozzelli. 24 maggio 1946: è sindaco,Collana T.r.a.m.e, 2011.

Vivaldo PAGNI, La grande depressione economica mondiale del1929 e la crisi di oggi, Sassoscritto edit., 2011.

Laura PASSERO, Dionisio Anzilotti e la dottrina internazio-nalistica tra Otto e Novecento, Università di Sienam 2011.

Pescia. Ex mercato, incontro col sindaco allo splendor, (“LaNazione” 26 aprile 2011) – Pescia. Ex mercato. Nuove trat-tative tra comune e cooperativa. (“Nazione” 28/4/2011) –Ex-mercato, grandi lavori. “Molti nodi da sciogliere.”(“Nazione” 18/5/2011).

Incerto e presumibile declassamento di un edificio, a suo tempofiore all’occhiello della città per i premi internazionali ottenutiquale eccezionale esemplare architettonico. Il destino riservato aquesto “monumento” crea, per un ingarbugliato effetto domino,problemi anche per il destino delle zone limitrofe, ancora nonrisolti.Notiamo che questi primi anni del terzo millennio, determinanonel pesciatino una vera e propria rivoluzione urbanistica. Oltreal mercato e ai numerosi edifici industriali distrutti o distrug-

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gendi, altre perdite o contaminazioni si avranno per questa ‘car-neficina muraria’. “La Nazione” ci segnala la demolizione (par-ziale o totale?) e ricostruzione del Museo della carta (18/5/2011); perfino lo sfortunato palazzetto, che il rimpianto prof.Gori di Firenze aveva incautamente innalzato in mezzo alla piaz-za Leonardo da Vinci, oltre a risultare poco felicemente ambien-tato, si è anche ben presto dimostrato inadatto alla funzione diPretura, per esser destinato a “Museo archeologico”. Ma, davve-ro senza pace, nel palazzetto sarà destinata quanto primal’“Agenzia delle entrate”, sfrattando coccini ed altri reperti più omeno preziosi nonché, il materiale didattico, in altra sede, anco-ra non individuata (“La Nazione” 22/4/2011 e 18/5/2011)

Pinocchio compie 130 anni e passa dalla carta al pixel.Inaugurata ieri la biblioteca virtuale nel parco di Collodi. (“LaNazione” 8 luglio 2011)

Lorenzo PUCCINELLI SANNINI, L’ultimo alunno,Stravagario 2011.

Lorenzo Puccinelli Sannini potrebbe essere considerato ancoraun “esordiente” della narrativa (ha infatti cominciato a scriveresolo pochissimi anni fa, dopo essere andato in pensione) e ilromanzo breve “L’ultimo alunno” è la sua terza opera, dopo il bat-tesimo con il volume “La Villa”, del 2009, e l’altro romanzo: “Ilprimo bacio” nel 2010. Ma Lorenzo Puccinelli Sannini, nonostan-te la sua attività professionale si sia svolta in un campo del tuttodiverso, quello della industria farmaceutica, ha una mano cosìfelice che sembra nato per scrivere. Questo Ultimo alunno, inserito nella collana I nuovi poeti delleEdizioni Stravagario, si è classificato terzo nella terza edizione delpremio dalla stessa casa editrice destinato agli inediti, ma anche ivolumi precedenti erano stati premiati in altri concorsi letterari.L’Ultimo alunno, che l’autore dedica” ai miei nipoti per aiutarli anon smarrire la diritta via”, nasce da un dichiarato intento educa-tivo e si snoda sul filo di un incontro/scontro generazionale traun vecchio professore in pensione e un gruppo di giovani tenta-ti dalla trasgressione come momento di affermazione di sé. Saràattraverso un complesso intreccio di vicende e personaggi, in unaatmosfera di suspence non priva di colpi di scena, che il vecchioprofessore al tramonto, con la forza della parola e della attenzio-ne empatica per il suo giovane interlocutore, riuscirà a gettare unponte tra questi due mondi e a sottrarre Filippo alla influenzaarrogante dei compagni. In questo percorso grande rilievo hanno i racconti del vecchioprofessore: ricordi di scuola, ma anche di affetti, di emozioni, dilutti familiari; uno spazio perduto nelle famiglie della società del-l’opulenza in cui neppure gli stessi spettacoli televisivi vengonocondivisi da chi vive sotto lo stesso tetto.Un romanzo che si legge d’un fiato, con una scrittura agile cheIrene Sparagna, nella prefazione, ha definito efficacemente “visi-va” ma che in sostanza vuole contrapporre a una società consu-mistica, tendenzialmente cinica e talvolta violenta, una dimensio-ne etica e di solidarietà interpersonale di cui l’autore si fa porta-voce attraverso la figura dell’anziano professore e che si avrebbetorto a definire antiquata.

Vincenza Papini

Quadro donato a S. Michele. (“La Nazione”26 maggio2011).

Si tratta di una Resurrezione dipinta da Franco Del Sarto nel 2006,donata alla Fondazione del Conservatorio San Michele di Pescia.Bella e generosa iniziativa che con piacere segnaliamo. Ma l’oc-casione ci sprona ad una ennesima polemica. Come mai la noti-zia è pubblicata dal quotidiano nella rubrica “Agenda Mon -tecatini”? Forse Pescia è stata messa sotto tutela della vicina cittàtermale? D’altronde il caso non è isolato e riguarda anche altricomuni del territorio come Larciano, Mon summa no, Uz za no,Buggiano e Vellano. Ma Pescia pare presa di mira con magggio-re accanimento: sempre sotto l’egida della suddetta “AgendaMontecatini” appaiono l’assegnazione del 10° premio “LionsPinocchio di Collodi” (“Nazione” 27/5/2011) e i lavori per ilMuseo della carta di Pietrabuona (18/5/2011). Probabilmente iredattori della “Nazione” non sanno che nel brutto carattere deipesciatini, rientra anche uno sfrenato orgoglio e uno spiccatoamor proprio, per non parlar di campanilismo al calor bianco…Vorranno gli zelanti redattori della “Nazione” tenerne conto?

G. S.

Bruna ROSSI, Montecatini Terme e la Valdinievole, Comunedi Montecatini 2011.

Sagra della patata a Serra Pistoiese. Domenica 25 settembre l’e-vento “croccante” della montagna pistoiese. (“CorriereFiorentino” 24 settembre 2011)

Con dovizia di mezzi (spazio e foto) è comparso questo avvisopubblicitario, che mi ha stuzzicato l’interesse, in quanto da un po’di tempo sto monitorando l’andazzo delle sagre paesane gastro-nomiche, che mi sembrano – almeno dalle nostre parti – in fasedi declino. La segnalazione sembrerebbe smentire questa miadiversa impressione. Non so come sia andata la giornata, macredo proprio sia stato un successo; le premesse, d’altronde,erano allettanti e annunciate con cura e dettagliate: dal padellonedi due metri e mezzo di diametro per la frittura delle “croccantidelizie”, affiancate dai tradizionali necci ripieni di ricotta o mo -dernizzati con la nutella; la premiazione del concorso nazionaleper la patata più grossa. Tutto inscenato nel fascinoso abitato,con le due porte urbane, la rocca medievale e la chiesa di SanLeonardo, col campanile già torre di guardia. Cosa volete di più?

G. S.

Sergio SILVESTRINI, La Cartiera Magnani tra le 150aziende che hanno fatto la storia dell’Italia. (“La Nazione” 5giugno 2011)

Laura TABEGNA, Il regista (pesciatino) Samuele Rossiproiettato a New York. Anteprima all’Internation al FilmFestival. (“La Nazione” 5 agosto 2011. [Il lungometrag-gio, girato a Pescia, con finanziatori pesciatini, si intito-la “La strada verso casa”])

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Il 15 aprile scorso è deceduto Gior gioPalamidessi: pesciatino, libero docentein Chimica Farmaceutica e Tos -sicologia. Era uno dei fondatori del -l’Associazione “Amici di Pe scia” nel laquale si impegnò accettando perfino difar parte del Con siglio direttivo. Noi qui non siamo in grado, perincompetenza, di illustrare le sue qua-lità scientifiche, che altri, in altre sediappropriate faranno sicuramente.Possiamo però testimoniare il suoamore per questa città, ereditato dalpadre Giulio: uno dei più impegnatiricercatori di storia locale del primoNovecento, nella cui farmacia si riuni-vano, per discutere, quasi come in uncenacolo, gli intellettuali del tempo.Giorgio, finché fu nel Consiglio dellanostra Associazione, svolse il suoruolo di animatore di una Com mis -sione Ecologica – da lui proposta –operando seriamente e concretamen-te in difesa dell’ambiente urbano e delpaesaggio.Il suo carattere riservato e schivo, gliconsentiva di rado l’impegno pubbli-

co, troppo spesso turbato da velleitàinconcludenti; ed è un peccato, per-ché con i pochi amici era conversato-re piacevole e forbito; ammirevole perla sua correttezza di modi e chiarezzadi esposizione. Un uomo forse conqualche difficoltà nell’accettare la fre-netica vita del proprio tempo, il pres-sappochismo, la faciloneria, la medio-crità e la volgarità dei modi.I miei rapporti con Lui sono statisempre cordiali e affettuosi, determi-nati da reciproco rispetto. Uno scam-bio epistolare di idee intorno ad unarecensione, raffreddò i nostri rappor-ti. Ma intatta rimase in me la consi-derazione nei suoi confronti e il rim-pianto delle occasioni d’incontro pur-troppo interrotte.In precedenza, Giorgio Palamidessi,mi aveva affidato alcuni manoscritti edattiloscritti, di una Storia del Monte aPescia, opera di suo padre Giulio, chie-dendomi di verificare se e quanto diquel materiale fosse già stato pubblica-to. Ricerca che compii con piacere, eche mi permise di appurare che soltan-

to pochi stralci erano apparsi su qual-che periodico locale. Ma il lavoro, nellasua integrità, non aveva mai visto laluce. Restava soltanto da riordinarlo,trascriverlo e computerizzarlo.Giorgio mi aveva anche chiesto sequello studio, ormai quasi centenario,fosse superato, o se ancora potesserivestire qualche interesse. Certo, sinotava con evidenza che finalità emetodologia risultavano “datate”; maproprio per questo, il lavoro mi pare-va interessante, sia come esemplaredocumento di interpretazione storio-grafica, sia per chia rezza espositiva eprofondità della ricerca.Poi, sia lui che io ci dedicammo adaltro e l’idea non ebbe sviluppi.Oggi, sentite la moglie e la sorella diGiorgio, ritengo che si possa comme-morare i Palamidesso padre e figlio,pubblicando questo studio di Giulio,rimasto praticamente inedito, a punta-te, sulla nostra rivista, fin dal prossi-mo numero.Sono certo, d’altronde, che i lettorigradiranno la storia di un sito cosìparticolare, considerato “la Fiesole deipesciatini”.

G. S.

GIORGIO PALAMIDESSI

Gli “Amici di Pescia” in visitaalla villa Palamidessi del Mon -te, in occasione dell’iniziativa“Ville del pesciatino”. GiorgioPalamidessi e la Signora (se -gnati dall’asterisco) ascoltanol’oratore di turno che descrivedella loro dimora.

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