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N. 62 Anno XXIV n. 4- Giugno 2008 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALLUFFICIO C.R.P. ASTI PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TARIFFA Tassa Riscossa - Taxe Perçue. ASTI CPO In memoriam: Mons. Michel Louis Guérard des Lauriers o.p.

In memoriam: Mons. Michel Louis Guérard des Lauriers o.p. · N. 62 Anno XXIV n. 4- Giugno 2008 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale

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N. 62Anno XXIV n. 4- Giugno 2008 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario SSooddaalliittiiuumm --

Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 -- IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE

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Editoriale

Dispiace ripetersi. Eppure Sodalitiumnon può che ritornare su quanto giàdetto nell’editoriale del suo nume-

ro 59, consacrato all’elezione di JosephRatzinger al Soglio pontificio.

La speranza che questa elezione potesserappresentare un cambiamento, l’inizio dellafine del trionfo del modernismo, non duròche ventiquattrore, il tempo di leggere le pri-me dichiarazioni di Benedetto XVI che ma-nifestavano la sua ferma volontà di applicarepienamente il Vaticano II. La nostra speran-za non era dettata da motivi umani, né tantomeno dal curriculum di Joseph Ratzinger(uno dei principali esponenti della “nouvellethéologie” e dei più tenaci artefici del Conci-lio), ma dalle parole del Signore: portae inferinon praevalebunt adversus eam: le portedell’inferno non prevarranno contro la Chie-sa di Cristo (è la Rivelazione che è oggettodella nostra fede, non dimentichiamolo mai,e non delle dubbie ‘rivelazioni’ private).

Joseph Ratzinger ha invece messo inpratica il programma che già illustrava – tan-ti anni fa – nel suo libro intervista a VittorioMessori, Inchiesta sulla fede, programma cheprevede la difesa e l’applicazione del Conci-

lio, non solo contro i modernisti estremisti oimpazienti, ma anche contro i cattolici fedelialla Tradizione della Chiesa.

Joseph Ratzinger, quindi, non ci ha stupi-to (purtroppo: giacché il nostro desiderio piùardente è proprio quello di essere smentiti, edi vedere rinnovato il miracolo di Saulo diTarso divenuto il grande Apostolo Paolo).Non ci ha stupito neppure la reazione di tantie tanti cattolici finora fieri avversari del mo-dernismo, che sembrano invece ammaliati dacolui che ha programmato – e lo ha detto escritto più volte – la loro scomparsa.

Non ci stupiamo, no; però ci amareggia-mo. Non ci stupiamo, perché purtroppo èquesto uno scenario che si ripete da più diquarant’anni, e particolarmente a ogni nuo-va elezione. Molti oggi dicono e scrivono ofanno intendere che con Benedetto XVI èstata invertita la rotta, che – poco a poco –viene sconfessato implicitamente il Conci-lio, o almeno viene corretto, o meglio inter-pretato, sì perché in fondo, se viene com-preso alla luce della Tradizione…

Abbiamo sentito questi discorsi sottoPaolo VI, poi sotto Giovanni Paolo I, Gio-vanni Paolo II, ed ora Benedetto XVI. Ognivolta i cattolici, disillusi, angosciati, rivoltati,dal “pontificato” precedente, hanno pensa-to, creduto, scritto (voluto pensare, credere,

“Sodalitium” Periodico - n° 62, Anno XXIV n. 4/ 2008

EEddiittoorree Centro Librario Sodalitium

Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA TOTel.: 0161.839335 Fax: 0161.839334 - CCP 36390334

INTERNET: www.sodalitium.it - email: [email protected]

DDiirreettttoorree RReessppoonnssaabbiillee don Francesco RicossaAutorizz. Tribunale di Ivrea n. 116 del 24-2-84

SSttaammppaa: - Ages Torino. Questo numero della rivista

è stato chiuso in redazione il 31/05/2008

Ai sensi della Legge 675/96 sulla tutela dei dati personali, i da-ti forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti verranno trattatiin forma cartacea ed automatizzata e saranno utilizzati esclusi-vamento per invio del giornale oggetto di abbonamento o di al-tre nostre testate come copie saggio e non verranno comunicatea soggetti terzi. Il conferimento dei dati è facoltativo ed è possi-bile esercitare i diritti di cui all’articolo 13 facendone richiestaal responsabile trattamento dati: Centro Librario Sodalitium.

In copertina: Padre Michel Louis B. Guérard desLauriers in una foto degli anni settanta

Editoriale pag. 2“Con il Papa e per il Papa” Vita di don Davide Albertario pag. 5La Chiesa è una società soprannaturale pag. 24Un’obiezione alla Tesi di Cassiciacum. La risposta di P. Guérard des Lauriers pag. 29In memoriam Mons. Michel Louis Guérard des Lauriers o.p pag. 31OSSERVATORE ROMANO: Le risposte della Congregazione per la Dottrina della

Fede su Lumen Gentium n. 8 pag. 34Leggendo qua e la: Hans Küng, Vito Mancuso e Joseph Ratzinger pag. 50

Comunicati dell’I.M.B.C. pag. 52Benedetto XVI sostituisce la preghiera del Venerdì Santo pag. 57RECENSIONI pag. 66Vita dell’Istituto pag. 69

✍✍ Sommario

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scrivere…) che finalmente tutto stava cam-biando. Poco a poco l’illusione svaniva, manel frattempo molti dei nostri avevano cam-biato campo, irreversibilmente.

Chi ha memoria, chi ha vissuto quei tem-pi, ricorderà quanti pensarono che Paolo VIavrebbe messo fine – poco a poco – alla Ri-voluzione conciliare. La Nota Prævia (duran-te il Concilio stesso), l’Humanae vitae (giustoquarant’anni fa), il Credo del Popolo di Dio,Mysterium Fidei… Sono numerosi, numero-sissimi, gli interventi di Paolo VI che allora –tanti anni fa – tranquillizzarono i buoni catto-lici; Padre Guérard des Lauriers, nel primonumero dei Cahiers de Cassiciacum (p. 69),ricordava la sua stessa esperienza quando, re-ligioso domenicano, si appellò a Mons. Phi-lippe o.p. della S.C. dei Religiosi in quanto,contro le disposizioni di Paolo VI, i Domeni-cani recitavano l’ufficio corale in francese enon più in latino. Mons. Philippe rispose aPadre Guérard che proprio pochi giorni pri-ma Paolo VI aveva concesso quella praticada lui stesso vietata: “non ci resta che obbedi-re”. Era il 1967! Dopo di ciò venne la NuovaMessa, la reazione del Breve Esame Critico, idiscorsi rassicuranti di Paolo VI: “non ci restache obbedire”… e la rivoluzione continuò. Iprimi collaboratori di Mons. Lefebvre, i pri-mi seminaristi, lo lasciarono nel 1969, altri nel1976, altri nel 1977… perché Paolo VI pro-metteva a tutti il ritorno alla Tradizione. Ap-pena eletto, Giovanni Paolo I fu riconosciutocome Papa legittimo persino da sacerdoti chenon riconoscevano la legittimità di Paolo VI(ben presto si accorsero dell’errore). Pocodopo, fu Giovanni Paolo II a incantare JeanMadiran e Mons. Lefebvre con “il Concilioalla luce della Tradizione”. Seguirono leespulsioni dei sacerdoti e dei seminaristid’Econe che non riconoscevano la legittimitàdi Wojtyla, e l’intensificarsi delle trattative.

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Seguirono anche, però, la visita alla Sinagogadi Roma, il bacio al Corano, la preghiera almuro del pianto, lo scandalo d’Assisi… Ladelusione prese il posto dell’illusione, ma nelfrattempo quanti lasciarono il loro posto dicombattimento? Ricordiamo tutti i loro no-mi, specie qui in Italia. Nonostante tutto ciòle trattative continuarono, il cardinal Gagnonvenne accolto trionfalmente in tutte le casedella Fraternità San Pio X, e venne anche lafirma da parte di Mons. Lefebvre d’un proto-collo d’intesa. La firma fu ritirata, le consa-crazioni episcopali furono punite con la “sco-munica”… ma intanto quanti altri lasciaronoil loro posto sedotti dalle promesse della neo-nata Commissione Ecclesia Dei?

Il copione è sempre lo stesso, e ci si stu-pisce che ogni volta si ripeta coi medesimirisultati. Il Giubileo del 2000 vide la Frater-nità San Pio X bene accolta dal cardinalCastrillon Hoyos; lo scotto da pagare ful’abbandono di tanti altri sacerdoti, tra iquali gli eredi di Mons. De Castro Mayer.L’elezione di Joseph Ratzinger ha rilancia-to lo stesso scenario; le visite nelle sinago-ghe o nelle moschee, gli incontri ecumenici,le dichiarazioni di fedeltà intransigente alConcilio, il continuo richiamo alla dottrinadella libertà religiosa (persino al dirittoall’apostasia), passano ormai inosservati,fatti scontati, tanto ci si è fatta l’abitudinein quarant’anni; e molti dicono che no, conBenedetto XVI tutto è cambiato, che è as-surdo continuare con le critiche, e non sonopochi coloro che, nuovamente, hanno tro-vato un accordo o lo stanno preparando.Quanti sono ormai i sacerdoti (persino iVescovi), i fedeli, le case, i seminari, i con-venti e le abbazie passati al modernismo?Sì, passati al modernismo, giacché al mo-mento di accettare le profferte dell’EcclesiaDei tutti costoro (o almeno molti di essi)dichiarano di non voler cambiare una vir-gola della loro posizione dottrinale, dellaloro fedeltà a quanto fino allora difeso stre-nuamente; tutti o quasi dichiarano aver tro-vato un accordo solo canonico o disciplina-re; ma in breve tempo molti diventano (piùo meno sinceramente) convinti difensoridelle dottrine del Vaticano II.

Quali i motivi di questi ripetuti disastri?Non spetta a noi giudicare le coscienze, e cilimiteremo a generiche ipotesi. Il motivopiù “nobile” e comprensibile è quello delpensiero della fedeltà e dell’amore che ogni

MonsignorMichel–LouisGuérard des

Lauriers

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buon cattolico nutre per la Chiesa e per ilPapa. Chi, al seguito di Mons. Lefebvre, ri-conosce la legittimità di Paolo VI, dei dueGiovanni Paolo, e ora di Benedetto XVI,non può persistere a lungo in una attitudinedi disobbedienza (che porta poi anche agravi errori dottrinali) senza correre il ri-schio di considerarsi scismatico, e finisce,prima o poi, per dare sostanza e realtà a unadichiarazione di legittimità fino ad allora so-lo verbale. Non si rendono conto del fattoche il Papato è per la Fede, e non viceversa:errore favorito forse da un latente volonta-rismo di scuole teologiche meno tomiste.

Altri, a volte gli stessi, si disanimano do-po anni di lotta. La battaglia si prolunga, glianni passano, anche l’età avanza; con essaavanza la sfiducia, la speranza di non esserepiù isolati, umiliati, emarginati, di poter ave-re soddisfazioni e riconoscimenti finora ne-gati. Non vogliono più essere tagliati fuori.Altri, o forse gli stessi, si abituano poco apoco al modo di vivere, agire, pensare deipropri tempi, e finiscono coll’accomodarsi aquella che chiamano la “realtà”. I difetti delproprio campo sono allora ingigantiti, men-tre l’erba del vicino sembra sempre più belladella propria (e a volte i difetti dei “nostri”, irischi di gravi errori per pecore da troppotempo senza pastore, sono effettivamentegrandi…). Non pochi giudicano col metrodella mentalità secolare, che non si cura del-le verità di fede, ma delle impressioni gior-nalistiche (e allora Benedetto XVI è un…tradizionalista). Tutti devono costringersi anon vedere la realtà.

Che Dio mi tenga la mano sul capo – di-ceva San Filippo Neri uscendo di casaall’inizio di una nuova giornata – altrimentison capace di farmi Giudeo! Non siamoneppure noi migliori di San Filippo, e nep-pure migliori di tanti che sono caduti finorao stanno per farlo (cadent a latere tuo millia,et decem millia a dextris tuis). Chiediamoquindi al Signore e alla Madonna che cimantengano fedeli. Fedeli non a dei pregiu-dizi o a idee umane: fedeli alla fede rivelata,al magistero della Chiesa, e quindi, alla con-danna degli errori del Vaticano II: collegia-lità episcopale, ecumenismo, dialogo inter-religioso, libertà religiosa…

Questi sono gli ostacoli da rimuovere,non altri; non ci sono soluzioni a metà, mez-ze verità, che sono piene di errori. Dio è Ve-rità. Cristo è Verità. E la Verità non tollera

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diminuzioni: è integra, o non è. In questoabbiamo avuto la grazia di conoscere e ama-re Mons. M.–L. Guérard des Lauriers; sonovent’anni che il Signore lo ha chiamato a sé,e noi gli siamo riconoscenti non solo perchéla sua tesi teologica ci sembra ancor oggi lasola che descriva la situazione attualedell’Autorità nella Chiesa con piena fedeltàal dato rivelato, ma anche perché la sua vitaci è stata d’esempio, in quanto per la fede eper amore alla Verità prima, ha patito ognigenere di umiliazione e di umano isolamen-to. Ai nostri lettori anche questo numero diSodalitium intende dare argomenti per per-severare, per non farsi ingannare, per ragio-nare alla luce della fede. Non lo facciamoper partito preso, per estremismo, per spiri-to di contraddizione, per testardaggine. Lofacciamo perché purtroppo – purtroppo, loripetiamo – la situazione del 2008 è sostan-zialmente immutata rispetto a quella che sipresentò agli occhi dei buoni cattolici sgo-menti nel 1965, alla chiusura del Vaticano II.Il Modernismo non è ancora vinto, il Mo-dernismo deve essere vinto, e cacciato “dalseno e dalle viscere della Chiesa” (San PioX). Dio voglia che ciò accada presto.

Paolo VI, GiovanniPaolo II, BenedettoXVI tutti pienamen-te fedeli al Concilio

Vaticano II

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“Con il Papa e per il Papa”don Ugolino Giugni

Vita di don Davide Albertario, giornalistaintransigente. Seconda parte

Il riassetto del giornale

Dopo il processo Stoppani l’Osservatoresi trovò in un periodo assai difficile ma

ne era uscito, come abbiamo visto (1), rin-francato e moralmente vincitore e certo diinterpretare le direttive della Santa Sede.Economicamente il giornale era molto mal-concio; salate erano state le multe da paga-re, e la penuria di mezzi si fece sentire perdiversi anni. I soldi mancavano per le ne-cessità quotidiane e don Albertario si videcostretto nel 1890 a mettere in vendita alpubblico incanto i pochi mobili che avevanel suo appartamento di Milano. La reda-zione del giornale subì dei cambiamenti;don Massara compì un voto che da tempoaccarezzava facendosi gesuita, e staccando-si così con molto dispiacere dall’amico Al-bertario, ma rimanendo collaboratoreesterno del giornale. Don Davide diventavacosì il solo responsabile redazionale e am-ministrativo de l’Osservatore. Snellì la casaeditrice, sacrificò il Leonardo da Vinci, fa-cendone cessare la pubblicazione. Fece en-trare nella redazione i giovani Filippo Me-da (2), Angelo Mauri e Paolo Arcari non-ché il teologo don Ernesto Vercesi.

Alcuni vogliono distinguere due periodinella vita di don Albertario: quello “intran-sigente” e quello “democratico cristiano”.Secondo suo nipote e biografo mons. Pecora“è una leggenda. D’essere intransigentel’Albertario non cessò mai fino all’ultimo re-spiro, come già era democratico-cristiano,nel senso toniolista della parola e avanti lalettera, fin da quando i problemi sociali epolitici erano trattati nelle discussionidell’Opera dei Congressi come opere di Ca-rità o di istruzione religiosa” (3). Senza volerentrare nel merito della questione e dareuna risposta definitiva si può dire che Alber-tario era vicino ai “giovani” del movimentocattolico molti dei quali si formarono allasua scuola, ma certamente avrebbe preso ledistanze (se fosse vissuto più a lungo) dalladeriva democratica (cioè di un partito acon-fessionale) di Romolo Murri. Anche Mons

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Benigni e don Paolo de Töht appartenevanoalla cosiddetta “corrente dei giovani”. Infineritengo che i tre paragrafi seguenti permet-tano di farsi un’idea più chiara del pensieroalbertariano su queste questioni.

Don Albertario e il movimento cattolico(l’Opera dei Congressi)

Un anno dopo la promulgazione del Sil-labo nel 1865 nasce l’Associazione cattolicaitaliana, riconosciuta con breve di Pio IXdel 4 aprile 1866. Tra i fondatori c’è il bolo-gnese Giambattista Casoni (4) (che sarà an-che direttore de L’Osservatore romano). Ilprogramma è intransigente e si propone ladifesa della Chiesa e della Religione e il so-stegno del potere temporale del Papa; nonè legittimista ed è vicino all’intransigentefrancese Louis Veillot. Questa associazionedeve sciogliersi dopo pochi mesi a causadella guerra italo-austriaca del ‘66; il suo

Guardando a Roma, l’Albertarionon errò mai nell’atteggiamentodi fronte al liberalismo, al rosmi-nianesimo, alla questione socia-le. L’esser stato con Pietro, nonsolo gli ha assicurato la vittoria,ma lo ha reso benemerito dellasoluzione dei problemi

Don Davide Albertario

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presidente Giulio Cesare Fangarezzi vienearrestato. Nel 1867 nasce, sempre a Bolo-gna, la Società della gioventù Cattolica ita-liana (GCI) tra i cui fondatori ci sono i con-ti Giovanni Acquaderni (4) e Mario Fani;Pio IX l’approva il 2 maggio 1868. Il mottoè Preghiera, azione, sacrificio. L’Opera deiCongressi nasce infine nel 1874 al I° con-gresso di Venezia (12-16 giugno) grazie aun comitato promotore di cui fa parte an-che la GCI. Al palermitano Vito D’OndesReggio viene affidato l’incarico della di-chiarazione di principi della nascente asso-ciazione che si vuole estranea al cattolicesi-mo liberale ed a ogni tentativo di concilia-torismo (5); significative sono le sue parole:“Il congresso è cattolico e non altro cheCattolico. Imperocché il cattolicesimo èdottrina compiuta, la grande dottrina delgenere umano. Il cattolicesimo perciò nonè liberale, non è tirannico, non è d’altraqualità; qualunque qualità vi si aggiunga,da per sé è un gravissimo errore: supponeche il cattolicesimo o manchi di qualche co-sa che è d’uopo dargli, o contenga qualchecosa che è d’uopo levargli; è gravissimo er-rore che non può partorire che scisma ederesie. Il cattolicesimo è la dottrina che ilSommo Pontefice, Successore di san Pietro,Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo,Dottore infallibile della fede e della mora-le, insegna o solo sulla Cattedra o congiun-tamente con i Vescovi successori degli apo-stoli. Ogni dottrina, difforme da quella, èscisma ed eresia. Al supremo giudizio delSommo Pontefice il congresso sottopone lesue deliberazioni – Viva Pio IX” (6).

Don Albertario seguì molto da vicino ilmovimento Cattolico e caldeggiò la nascitain quegli anni dell’Opera dei Congressi dal-le colonne del suo giornale e intervenendopiù e più volte di persona ai vari Congressidell’Opera. Interessante un suo interventocontro il liberalismo al IV Congresso del1877 a Bergamo: « Per la Roma dei Papi, iliberali sono i cartaginesi. Dunque odiamoil liberalismo, se vogliamo rifuggire alleconciliazioni, se la pugna ha da essere for-temente combattuta; l’odio ci darà la vitto-ria, perché l’odio ci farà temuti, formidabi-li… odiamo il peccato del secolo odierno, illiberalismo, se pur desideriamo la conver-sione del peccatore » (7), contro ogni formadi conciliatorismo che porterebbe i cattolicia “perdere tutto” anche l’onore, egli propo-

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ne l’intransigenza assoluta, poiché la resi-stenza è la premessa per la riconquista.

Nel congresso dell’Opera che si svolse aMilano nel 1897, e di cui Albertario fu vice-presidente, egli richiamò calorosamenteall’attenzione dei congressisti e di tutti i cat-tolici italiani che avessero a cuore l’avveniredella patria la necessità di una UniversitàCattolica anche in Italia seguendo l’esempiogià praticato in Belgio, Francia e Stati Uniti.Don Davide lesse le seguenti proposte ri-guardo l’Università Cattolica: « Consideran-do che dalle Università dello Stato assai difrequente la dottrina cattolica è non solosbandita, avversata e oppugnata con dannodella verace scienza e con pervertimento in-tellettuale e morale della gioventù studiosa;che l’una e l’altra potrebbero trovare asilo si-curo in una Università Cattolica; che intanto,e fino a quando non sia conseguita la libertàdi insegnamento, incombe ai cattolici il dove-re di preparare con altri mezzi l’istruzione ditale università; che in seno all’opera dei con-gressi esiste già l’Opera della conservazionedella fede, la quale, diffusa in Italia a normadi suo statuto, concorrerebbe efficacementecon mezzi morali e materiali alla preparazio-ne della Università Cattolica: fa voti collastampa e colle conferenze se ne renda popo-lare l’idea e si sproni la generosità dei catto-lici ad attuarla (…) » (8). La legislazione re-strittiva dell’epoca non permetteva purtrop-po la fondazione di tale università e quinditale voto del congresso doveva restare unideale per ancora molti anni. Da notare peròche tra coloro che ascoltarono quella calda evigorosa relazione di don Albertario ci furo-no Vito Necchi e P. Agostino Gemelli, checirca vent’anni dopo compiranno il voto diAlbertario e dei Cattolici italiani fondandol’Università Cattolica del S. Cuore a Milano.

Don Albertario e la politica

È molto interessante vedere cosa pensa-va il nostro giornalista della politica, luiche, forse suo malgrado, ad essa fu sempreconfrontato in quel periodo così travagliatodella storia della Chiesa e d’Italia. In un ar-ticolo del 29 settembre 1891 Albertarioscriveva: “Che cos’è la politica? È un agget-tivo di un sostantivo morale; cioè della vir-tù cardinale, la prudenza. Questa prudenzane’ suoi rapporti con la polis, colla città,cioè col complesso degli uomini, presa la

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parola polis o civitas nel suo senso lato eoriginario, è prudenza non monistica, cioèindividuale, non economica, cioè domesti-ca, ma politica. Ecco cos’è la politica. Comeseparare dalla coscienza la prudenza? Ameno di non chiudersi in una Trappa, (…)come non fare politica? Bisogna anzi farsimolto alla politica, ed istruirsene, ed adde-strarvisi, sotto gli insegnamenti, gli indiriz-zi, la disciplina del catechismo cattolico,della santa Chiesa Cattolica, del S. Padre ilVicario di Dio. Bisogna farla per finirla unavolta di essere in molti ignoranti di politica,che lasciano ai pochi che se ne intendono, ilmerito di sacrificarvisi, cioè di servirsi dellapolitica a diventar mestatori, caporioni, di-rettori; ai quali il sacrificio frutta il centoper uno” (9).

Dal 1870, cioè dalla presa di Roma, erain vigore il non expedit che impediva ai cat-tolici di partecipare alle elezioni del nuovostato unitario. Interpretando tale divietodon Albertario lanciò e sostenne la formuladella “preparazione nell’astensione”. Egli ri-assumeva così la sua posizione: “La vertenzaè oggi ridotta ad uno stato semplicissimo.Abbiamo messo in disparte la formola néeletti né elettori, in quanto questa formolasembrava imporsi allo stesso Pontefice, si-gnificando che nemmeno il Papa avrebbepotuto permettere di accedere alle urne, sal-vando nello stesso tempo il suo diritto e sen-za riconoscere i diritti ultimi opposti ai pro-pri di Sovrano. Posta quella formola fuoricombattimento, abbiamo ridotto ai minimi

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termini la cosa; si stia col Papa e non ci muo-viam prima che ci inviti il Papa. Frattanto la-voriamo per rendere il Papa circondato diuomini pronti a servirlo; lavoriamo perstrappare gente ai partiti della rivoluzione.Italia papale, odio alla rivoluzione” (10).

Don Albertario non ebbe mai una parti-colare simpatia per il sistema parlamentare,(che oggi viene magnificato e ritenuto lamassima espressione possibile della civiltà…con il nome di Democrazia!) poiché lo rite-neva, a giusto titolo, come una delle massimeespressioni del liberalismo visto che in essoprevale non la verità e il bene ma il volere diuna maggioranza (spesso controllata e pilo-tata da determinate “lobbies” che si tengononell’ombra…); questa scelta della maggio-ranza talvolta è contraria alla buona dottrinae al bene comune o è secondo gli interessi dipochi. In un articolo del luglio 1879 il diret-tore dell’Osservatore Cattolico definiva ilparlamentarismo: “la tirannia di un partito,che dispone delle fortune di un popolo, sa-crifica la sua fede” oppure chiamandolo “ilgrande avversario dei cattolici di ogni pae-se”, e affermando che “non saranno mai sta-bili trionfi quelli che riporteremo finchè nonavremo sanato le radici delle istituzioni so-ciali”. Così egli commentava una delle tantecrisi di governo del periodo del Depretis:“Siamo a questo punto. Un governo, un pae-se come l’Italia, non è in mano di un potereche imparzialmente lo guida, ma di camarillee di persone. Non si consultano le necessitàdella patria, ma i desideri dei camorristi. Li-beralismo è questo. Peggio della tirannia, li-beralismo senza controllo (Osservatore Cat-tolico 15-16/04/1886) (11). Per lui la politicadoveva essere soltanto politica cattolica; cosìcommentava l’uccisione del presidentedell’Equador: “Garcia Moreno doveva cade-re sotto la rabbia della setta universale, poi-ché egli nella pratica dimostrava l’eccellenzadi un governo cattolico, contrariamente allemenzogne liberalesche, le quali dipingono ilcattolicesimo come incompatibile con il benedella patria” (O. C. 26/08/1875).

Molto interessante, per la dottrina ed iprincipi esposti, è un articolo del 10-11/01/1885: “L’esclusione del clero dallapolitica è uno degli obbiettivi della rivolu-zione, è una conseguenza del principio libe-rale framassonico. Che lo Stato deve essereseparato dalla Chiesa, ovvero che la Chiesadeve essere soggetta allo Stato. Come que-

A sinistra Filippo Meda, successore di Albertario alladirezione dell’Osservatore; egli contribuirà a spostarlo

su posizioni “democratiche cristiane” e nel 1907 lochiuderà. A destra Mons. Geremia Bonomelli, vescovo

di Cremona, liberale e conciliatorista, grandeavversario di don Albertario

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sto principio è condannato dal Sillabo espli-citamente, così implicitamente è condanna-ta la dottrina, secondo la quale si vorrebbeche il clero non si occupasse di politica.L’uomo non cessa di essere uomo per esse-re elevato ad un ordine soprannaturale, laragione non perde la sua natura, i suoi di-ritti, le sue prerogative per essere illumina-ta dalla fede; né la Chiesa società decadeda’ suoi diritti naturali per essere una socie-tà soprannaturale. Polemicamente il Roma-no Pontefice, il clero, il cattolico, possonousare contro gli imperatori della terra, ed igregari del liberalismo, dei loro diritti civilie politici, e misurarsi contro le violenze del-la framassoneria, la quale, avendo giuratodi sterminare la Chiesa di Cristo, conculca ipiù elementari diritti, là dove questi dirittisono abbelliti, santificati, perfezionati dallarivelazione e dalla grazia di Gesù Cristo. IlPapa è un re cristiano, un re sui generis, maanche politicamente è re legittimo di unalegittimità davanti alla quale impallidisceogni altra stirpe reale d’Europa; il clero ed icattolici sono cittadini aventi doveri e dirittieguali ad ogni altro, sono i migliori cittadi-ni. Il clero adunque ha il suo compito daadempiere in mezzo al mondo ed agli uo-mini; della politica egli è maestro ed il giu-dice, che deve guidarla sui sentieri della ve-rità e della giustizia” (12).

La questione sociale.

Alla fine del secolo XIX si faceva sentireprepotentemente la cosiddetta “questionesociale” alimentata dalla “rivoluzione indu-striale”, dalla modernizzazione della società;il socialismo cercava di manovrare le massecontro i “padroni” per attuare una ennesimarivoluzione. Grave era il timore e la preoc-cupazione nella società italiana e nelle sueistituzioni per un eventuale moto rivoluzio-nario popolare; questo timore fu anche unadelle cause della violenta repressione deimoti milanesi del 1898 con il conseguentearresto di don Albertario. Dal canto suo ildirettore dell’Osservatore non poteva resta-re estraneo a questo problema e più voltequindi ne trattò sul suo giornale. Così egliscriveva nel 1878: “il liberalismo ha vinto,ma colla sua vittoria sciagurata diventò ilprecursore del socialismo, il battistrada dellarivoluzione”. “Il cattolicismo invece è la so-luzione pacifica, tranquilla, efficace della

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questione sociale; è la soluzione più dignito-sa e più sicura, la sola pratica; la soluzioneche ha dato nella storia della Chiesa le piùbelle prove: prove che furono in parte rovi-nate, troncate dal protestantesimo, il qualecol libero esame ha preparato il libero pen-siero e col libero pensiero ha scosso ogni au-torità e spinto gli uomini all’anarchia dell’in-telligenza, all’anarchia politica e sociale”(O.C. 29-30/03/1879) (13). E di fronte all’im-potenza del liberalismo a fermare il sociali-smo nel 1884 inveiva “O cattolicismo o so-cialismo; il Papa salverà la società dal socia-lismo, da cui non sanno salvarla i liberali”.Albertario non si nascondeva i pericoli cheerano intrinsechi alla questione sociale edoperaia “il socialismo e la massoneria hannoprodotto un immenso guasto nel campo de-mocratico, e tentano di guidare a sinistri finiil moto popolare; se ciò non fosse senza re-strizioni ci metteremmo in prima fila perguidare le plebi ingannate sin qui dal libera-lismo, a conquistare un posto preponderantenella società di fianco alla nobiltà che vil-mente si prosterna innanzi ai liberali mode-rati, e alla borghesia che impingua gozzovi-gliando e tiranneggiando e, peggio, disprez-zando. Al clero è aperta una sublime missio-ne, convergere le forze delle masse al batte-simo della società rissanguata e ringiovanitanel trionfo dell’idea popolare cristiana”(O.C. 29-20/02/1890). Ai liberali impauriti e

“Udiamo i borghesi liberali cheinvocano l’aiuto del prete perchécontenga le passioni delle mas-se, il prete che disprezzano, chehanno impoverito cotesti borghe-si. Invocano l’influenza moraledella religione che essi aborrono,che non praticano, che irridono.Orbene, il prete e la religione la-vorano in mezzo alla società, dif-fondono idee di ordine, di rispet-to, ma non si esercita questo mi-nistero di equità e di pace, perproteggere voi, o borghesi libera-li, bensì per il bene delle anime,per la gloria di Dio” (Don Albertario).

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preoccupati per i loro beni dall’avanzaredella marea socialista così scriveva: “Udia-mo i borghesi liberali che invocano l’aiutodel prete perché contenga le passioni dellemasse, il prete che disprezzano, che hannoimpoverito cotesti borghesi. Udiamo che in-vocano l’influenza morale della religione,contro il socialismo che si estende e rugge.La religione che essi aborrono, che non pra-ticano, che irridono. Orbene, il prete e la re-ligione lavorano in mezzo alla società, dif-fondono idee di ordine, di rispetto, ma nonsi esercita questo ministero di equità e di pa-ce, per proteggere voi, o borghesi liberali,bensì per il bene delle anime, per la gloria diDio. Entrate voi, in queste idee, borghesi?Allora siamo a posto, se no lasciate che il so-cialismo vi affoghi presto o tardi! – Bene,preparatevi” (O.C. 28-29/10/1890) (14).

L’opera di don Davide a favore delleclassi più bisognose non si limitava agli arti-coli sul suo giornale e alle battaglie ideali;egli di origine contadine ben sapeva qualierano le fatiche dei campi, e vedeva la ceci-tà brutale dei signorotti che lavoravano perCarlo Marx rovinando lo spirito dei lavora-tori con lo strappare dai loro cuori ognisentimento di onestà e religione, spingendoi contadini verso il socialismo. “I mali delcontadino – scriveva sull’Osservatore nel1884 – non consistono tanto nel lavoro,quanto nel non volerlo educato nelle dottri-ne di codesta grande maestra della vita cheè la Religione. Anzi si usa perfidiosamenteper mutare il contadino in una forza bruta aservizio dell’indipendenza religiosa edell’incredulità; anzi, si insegna direttamen-te al contadino a rompere l’unico filo, la fe-de, che lo tiene unito alla vita e gliela rendesopportabile, a respingere l’unico amico, il

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prete, che lo considera figlio e fratello e glifa gustare le armonie degli affetti sopranna-turali. Questo è il guaio del contadino,quando i suoi padroni lo rendono alienodalla Chiesa; allora diventa un cavallo, unbue, una mucca, un porco, un asino” (15).

Frequenti furono le sottoscrizioni porta-te avanti da Albertario per aiutare le classicontadine come quella memorabile per ifatti di Briosco, in Brianza, nel marzo del1898, pochi mesi prima di essere arrestato.Il sindaco di Briosco, il nobile Porro-Lodi,grosso proprietario terriero di idee anticle-ricali e liberali aveva intimato lo sfratto a50 suoi coloni, rei soltanto di appartenereal comitato parrocchiale che egli aveva giàcercato di ostacolare in tutti i modi impe-dendo in paese le processioni con i vessilli.L’assurdità di questo provvedimento pro-vocò molta agitazione a Briosco e in tuttal’Italia nel timore che altri proprietari dellastessa risma potessero usare gli stessi mezzicontro le organizzazioni cattoliche. DonAlbertario, dalle colonne del suo giornalelanciò una sottoscrizione in danaro per aiu-tare i contadini, che si ritrovavano sul la-strico da un giorno all’altro; egli scriveva:“Amici, fratelli, non abbandoniamo i bravilavoratori di Briosco”. L’Italia cattolica ri-spose con grande slancio, ma le polemicheinfuriarono contro Albertario accusato divolere la scomparsa delle classi superiori, diessere eccitatore di odio contro i ricchi,propugnatore del socialismo, nemico dellacarità… (anche questa accusa contraddito-ria!). Le nubi del maggio 1898 cominciava-no ad addensarsi su L’Osservatore e il suodirettore.

Il giubileo di sacerdozio e di giornalismo

Nel 1894 don Davide Albertario cele-brò i 25 anni di sacerdozio e di attività gior-nalistica e ricevette moltissimi attestati distima e di affetto da tutto il mondo cattoli-co. L’undicesimo congresso Cattolico(dell’O.d.C.), che si tenne a Roma nel feb-braio del 1894, votò un plauso all’infatica-bile campione della stampa cattolica: “ri-cordando il giubileo giornalistico del dott.Davide Albertario, saluta con vivo plausol’opera da lui compiuta in venticinque annidi efficace lavoro nella stampa quotidiana apro della Chiesa e dell’Opera dei Congres-si”. Invitato dal suo amico comm. Paganuz-

L’arresto di don Albertario nella casa paterna

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zi, l’Albertario dovette, suo malgrado,prendere la parola e dopo aver ringraziatocommosso tutti i presenti concluse con ilgrido di “Viva il Papa! Viva il giornalismocattolico! Viva Roma papale e clericale!”L’assemblea entusiasta gli rispose al gridodi “Viva l’Osservatore Cattolico! Viva donAlbertario”. Questo trionfo tributato a donAlbertario nella Roma papale, in così im-portante circostanza lo ricompensava ditanti anni di dolori e di infaticabile lavoro,di polemiche e processi (16).

Nel corso di quell’anno don Davide rice-vette tributi e festeggiamenti, a Pavia (la suadiocesi), a Filighera (suo paese natale), e aMilano (sua città d’azione). Il 18 ottobre1894 don Albertario celebrò la messa giubi-lare nella chiesa di S. Maria Segreta a Mila-no alla presenza di oltre seicento sacerdoticonvenuti. Il maestro Lorenzo Perosi(all’epoca direttore della cappella musicaledi S. Marco a Venezia) scrisse per l’occasio-ne la Missa Davidica. Il padre gesuita Gae-tano Zocchi tenne l’omelia. Alla Messa se-guì poi un banchetto, nei locali del semina-rio in corso Venezia, con circa 400 invitaticon discorsi interminabili e letture di tele-grammi giunti da ogni parte d’Italia (17). Quicitiamo soltanto il telegramma papale diLeone XIII: “Il Santo Padre apprezzando iservigi resi dal sacerdote Albertario nella di-fesa dei diritti e della dottrina della Chiesa, ecompiacendosi di vederlo festeggiato nellacircostanza del suo doppio giubileo dai cat-tolici così adunati in Santa Maria Segreta eda molti prelati, gli invia speciale benedizio-ne perché gli sia di conforto e di ringrazia-mento. M. card. Rampolla” (18).

Tutta la stampa italiana, e anche moltadi quella estera si interessò in vario modoal giubileo di don Albertario. Ciò significa-va la riparazione di tanti torti sopportati dalui e dagli intransigenti, il trionfo della lorocoerenza e della loro fedeltà alla causa pa-pale. Lo stesso don Davide lo fece notarein un articolo intitolato “ultima parola” incui parlava del filo d’oro che univa il primoall’ultimo numero dell’Osservatore e chetale filo d’oro era la inalterata fedeltà delgiornale “al vero, al giusto, a Dio, a Cristo,al Papa, alla Religione ed alla patria; è il fi-lo della coerenza più scrupolosa nel servireai più grandi interessi dell’umanità, nell’av-versare i vicini e i lontani nemici del benedelle anime” (19).

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Le relazioni con il cardinal Ferrari

Il cardinale Andrea Ferrari, dapprimavescovo di Guastalla, poi di Como, diventòarcivescovo di Milano nel 1894 restandovifino al 1921, anno della sua morte. Ai tempidi San Pio X il card. Ferrari fu sospettato diappoggiare e proteggere i modernisti nellasua diocesi. Egli è stato “beatificato” (20) daGiovanni Paolo II il 10/05/1987. Il cardinalFerrari entrò a Milano proprio nell’annodel giubileo sacerdotale e giornalistico didon Albertario, ma certamente non fu maiun sostenitore entusiasta di quest’ultimo.Nel 1907, cinque anni dopo la morte diDon Albertario, per volere del cardinale,l’Osservatore (diretto dal successore, il lai-co democratico-cristiano Filippo Meda) eLa lega Lombarda di tendenza transigentee conciliatorista si fonderanno nel quotidia-no L’Unione quasi a mettere la parola finead un’epoca di contrapposizioni e far scivo-lare nell’oblio don Davide Albertario.

Quando stava per prendere possessodella Diocesi di Milano, nel 1894 il card.Ferrari ricevette l’invito formale dal segre-tario di Stato di Leone XIII, card. Rampol-la (lettere del 24-25/09/1894) di partecipareegli stesso, a nome del Papa, la benedizioneapostolica a don Albertario: “Volendo SuaSantità dare al menzionato sacerdote un at-testato di paterna benevolenza che lo animie lo incoraggi a perseverare nella difesadella religione e dei diritti della Santa Sedemi ha commesso di fargli giungere una spe-ciale benedizione (…) Ed io pensando chea D. Albertario debba riuscire particolar-mente accetto l’annuncio del pontificio fa-vore se venga comunicato dall’Eminenza

Il cardinalAndrea Ferrari,

arcivescovodi Milano dal 1894

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Vostra destinata ad essergli padre e pasto-re, La prego a volergli partecipare a suotempo l’apostolica benedizione a lui con-cessa dal Santo Padre” (21). Ferrari si scher-nì e declinò l’invito come inopportuno scri-vendo ripetutamente a Rampolla: «È incre-dibile come da ambe le parti, de La Lega[…] e de l’Osservatore, si cerchi in tantimodi di trarre ciascuna in suo appoggio ilmio nome e la mia approvazione – In segui-to il cardinale così giudicava il nostro gior-nalista – Che poi D. Albertario propendaancora a volere, quasi direi, dar regola dicondotta anche ai vescovi, già lo dissi (…) eraccontai quello che mi venne riferito dauna persona degna affatto di fede, cioè cheD. Albertario pochi giorni prima della miaelezione ebbe a dire: “se il nuovo arcivesco-vo non si atterrà al nostro indirizzo, glicreeremo attorno una atmosfera sì freddache ne rimarrà intirizzito”» (21). Rampollaalla fine acconsentì alle ragioni di Ferrari ela benedizione apostolica fu recapitata adAlbertario per la via ordinaria; da parte suail cardinale Ferrari mandò i suoi auguri adAlbertario nella forma più stringata possi-bile. Questa iniziale freddezza fu ben per-cepita dagli antagonisti dell’Osservatoreche così commentavano: “Meno esplicitama molto deferente è la lettera del card.Ferrari. La lettera però non esprime l’ade-sione incondizionata, calorosa degli altri in-dirizzi cardinalizi e vescovili all’opera didon Albertario; v’ha un tono di riserbo che,se non menoma le frasi cortesi, lascia tutta-via annebbiato il pensiero politico dell’arci-vescovo” (22).

Il cardinale Ferrari ebbe un periodo incui fu assai vicino agli intransigenti anchese in maniera moderata prima dei fatti del‘98, e quindi anche ad Albertario e al suogiornale, che lo sosteneva perché il cardina-le Ferrari era il vescovo che (a differenza di

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Bonomelli…), non si opponeva all’organiz-zazione delle forze cattoliche. Nelle pole-miche tra Albertario e Bonomelli, vescovodi Cremona, Ferrari cercò di far da pacierecercando di imporre il silenzio al direttoredell’Osservatore ma nello stesso tempo fa-ceva osservare al Bonomelli che “i giornaliliberali si erano serviti del suo nome quasiper insegna affin di combattere con più si-curezza la parte cattolica e ciò aveva pro-dotta sgradevole impressione (…), lo sfrut-tamento di ogni testo bonomelliano eracertamente un fatto deplorevole” (23).

Nel 1898, nei giorni in cui scoppiarono imoti di Milano in cui fu arrestato il direttoredell’Osservatore Cattolico, il card Ferrari sitrovava in visita pastorale ad Asso in Valassi-na; egli fu molto criticato per questo (forseingiustamente). Al proposito di don Davideil cardinale ebbe, in quei giorni, dei giudizipiuttosto severi forse dettati anche dalle tra-giche circostanze, come attestano alcune suelettere scambiate con il cardinal Rampolla.Eccone una: “L’Osservatore cattolico ebbealcuni articoli nei quali l’idea repubblicanaera piuttosto accentuata, i moderati rimaseroindispettiti dalle ultime polemiche con la Le-ga Lombarda, e col Bonomelli, la quale dis-piacque tanto anche a me e ne ebbi non pic-cole noie da più lati. Or tutto questo chedell’Osservatore si riverbera sopra di me, ènulla vale contro certuni che io abbia più vol-te affermato come non intendo per nulla diessere responsabile di ciò che scrive l’Osser-vatore, il quale del resto più volte or su que-sta or su quella cosa, ben poco fui ascoltato,e mi persuasi proprio che l’obbedienza e il ri-spetto ai vescovi talvolta nell’Osservatore vierano stampati e nulla più” (24). Ferrari rite-neva L’Osservatore redatto nello stile alber-tariano un giornale “non più possibile” e lareazione e l’arresto era stata causata “daimodi ruvidi scortesi e dagli attacchi persona-li” di don Davide. Da parte sua don Alberta-rio prese le difese del cardinal Ferrari per lasua assenza da Milano durante i moti: “Se ilcardinale avesse potuto restare a Milano du-rante i tumulti, non gli sarebbe stata rispar-miata una goccia sola del calice amaro: per-ché se avesse taciuto l’avrebbero denunciatoal pubblico dispregio per il suo silenzio; seavesse parlato, Dio sa quali delitti avrebberotrovati nelle sue parole. Si trattava di nientealtro che di prendere l’occasione per acco-modare insieme a tante altre cose, anche

I moti di Mi-lano del ‘98:la cavalleriain piazza del

Duomo

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questa dell’arcivescovado di Milano, colpen-do il Cardinale in un momento buono perisbarazzarsene e per domarlo” (25).

Maggio 1898, i moti di Milano e l’arresto didon Albertario

• I fatti. Il quindicesimo congresso cat-tolico (al quale Albertario aveva attiva-mente partecipato) del ‘97 ebbe un notevo-le successo e ciò indispose gli ambienti anti-clericali e massonici d’Italia. Nel settembredel 1897 la Massoneria tenne a Milano unaspecie di congresso (che doveva fare dacontraltare a quello cattolico) che valse apreparare i piani di una repressione gover-nativa. «Zanardelli aveva consentito a con-dividere la politica antisocialista e antipo-polare del Rudinì alla sola condizione di unimpegno a fondo contro i cattolici: i moti diMilano nel maggio del ’98 offrivano l’occa-sione per conseguire contemporaneamentedue scopi, per stringere in un sol fascio i ne-mici delle istituzioni, per liquidare le dueantitesi che insidiavano e minacciavano lostato risorgimentale. Nati da un fermento eda un’inquietudine che era realmente del“paese reale”, delle masse anonime, dellezone inqualificate del proletariato, queimoti potevano essere indifferentemente ad-debitati ai vari gruppi che da anni sostene-vano un’aspra irriducibile polemica controlo stato oligarchico e censitario della bor-ghesia: e la ricerca delle responsabilità giu-ridiche era, in una tale prospettiva, la menoimportante e la meno urgente» (26).

Una accanita campagna di stampa fuintrapresa contro le organizzazioni cattoli-che, i comitati parrocchiali, le sezioni giova-

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nili dell’Opera e i giornali cattolici: essa di-pingeva il movimento cattolico come un se-menzaio di “sovversivismo” pericoloso co-me quello socialista. Le elezioni politichedel ‘97 avevano portato alla Camera moltideputati socialisti, poiché essi avevanosfruttato il malcontento che regnava a cau-sa del cattivo raccolto (ricordiamo inoltreche i cattolici non votavano a causa del di-vieto papale e ciò faceva sì che ci fossero inparlamento soprattutto liberali e socialisti).A causa della scarsità del raccolto il prezzodel pane (principale alimento della popola-zione) salì da 42 a 48 centesimi, i salari ca-lavano e la disoccupazione cresceva, ren-dendo il momento politico ed economicoparticolarmente inquietante. La tempesta sistava addensando! Al governo si trovava il“forcaiolo” e pavido marchese AntonioStarabba di Rudinì (Starabba – Barabbaavrebbe scritto don Albertario, giocandosull’assonanza dei nomi…!), il quale si la-sciò influenzare dalla stampa anticlericale edalle logge rendendosi strumento di ven-detta e repressione governativa. Tramitecinque circolari spedite ai prefetti tra set-tembre e ottobre ‘97, Di Rudinì voleva ad-dirittura impedire le manifestazioni nelleChiese (come i congressi cattolici) e racco-mandava di controllare i militanti cattolici,tutto ciò nel timore di “gravi disordini”.Evidentemente il successo del Congresso diMilano, che aveva mostrato la crescenteforza organizzativa dell’Opera dei congres-si cominciava a preoccupare il governo.

Paganuzzi, in quanto presidentedell’Opera e Albertario dalle colonne delsuo giornale, protestarono, per nulla intimi-diti, ricordando che i cattolici non eranomai usciti dalla legalità e combattevano ilsocialismo e non si poteva assimilarli ad es-so. Le parole di Don Davide erano travisa-te e falsate; egli veniva dipinto come un ec-citatore all’odio contro i ricchi e propugna-tore del socialismo.

Nel febbraio del ‘98 ci furono i fatti diBriosco di cui si è parlato più sopra. Il 6marzo fu ucciso in duello il “bardo della de-mocrazia” massonica Felice Cavallotti, e isuoi funerali svoltisi a Milano furono tuttouno sventolare di bandiere rosse, di inni ri-voluzionari (marsigliese e di Garibaldi, allo-ra vietati). Il 25 aprile avvennero tumulti peril pane e sommosse a Faenza, poi nelle Mar-che, Toscana ed Emilia che si propagarono

I moti di Milano del ‘98: l’arresto dei frati cappuccinidel convento di viale Piave

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in seguito in Sicilia, nel napoletano ed ai pri-mi di maggio in Lombardia. A Milano i tu-multi per il pane scoppiarono il 6 maggio.

• Le accuse pretestuose e le polemiche.Il resto del Carlino di Bologna e la Sera diMilano accusarono i cattolici di essere i re-sponsabili dei disordini in tutta l’Italia. DonAlbertario in un celebre articolo risponde-va: “Ah, canaglie!... voi date piombo ai mi-seri che avete affamati e poi vi lanciate con-tro i clericali”. E aggiungeva: “La ragionedei tumulti è nella miseria… non riteniamoche si possa chiamare rivoluzione la prote-sta dello stomaco… ai cattolici spetta pre-pararsi per l’avvenire onde salvare il paeseche dal liberalismo è spinto alla rovina”. Inemici di Albertario si servirono anche dialtre sue parole per indicarlo come un inci-tatore della rivolta (così fece infatti La Per-severanza dell’8 maggio). “La storia ha or-mai stabilito due fatti incontrovertibili: pri-mo, che i moderati e i conservatori, tra iquali s’agitavano i soliti mestatori dellamassoneria, s’erano illusi di soffocare il so-cialismo e il movimento sociale cattolicoche li disturbava nei loro interessi materia-li, spingendo il governo a estendere la re-pressione dei tumulti mediante una violen-ta reazione contro gli esponenti e le orga-nizzazioni socialiste e cattoliche; secondo,che il Governo, l’autorità militare e la poli-zia si lasciarono prendere la mano dai so-billatori. Di qui il dramma culminato nellegiornate di Milano” (27). Il 7 maggio fu de-cretato lo stato d’assedio e la città fu occu-pata militarmente dalle truppe del generaleBava Beccaris che fece sparare sulla folladei rivoltosi. Nei tumulti a Milano moriro-no circa ottanta persone (principalmenteuccise dalla polizia). Due anni dopo i fatti,don Davide faceva osservare che: “una po-lizia accorta come avrebbe potuto facil-mente prevenirli, così avrebbe potuto rapi-damente, coll’aiuto sia pure delle truppe,reprimerli: invece fu versato sangue inno-

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cente, furono commesse enormi ingiustizie:si volle prendere il pretesto per compierevendette politiche lungamente maturate”.Che Albertario non fosse un agitatore e leaccuse contro di lui fossero pretestuose lotestimoniano queste righe da lui scritte il 7maggio durante i moti: “Noi riteniamo chel’esaltamento popolare cesserà presto; rac-comandiamo ai cattolici la calma; non siuniscano ai tumultuanti perché anche il nu-mero serve ad eccitare gli animi. Ricordia-moci di Dio in questi penosi momenti, pre-ghiamo Maria, per noi preghiamo e per lenostre colpe”. Il comando militare si inte-ressò subito ai giornali. Soppresse Il Secoloe l’Italia del Popolo arrestandone i direttoriCarlo Romussi e Gustavo Chiesi, venneroarrestati anche alcuni giornalisti e gia circo-lava la voce che la stessa sorte sarebbe toc-cata all’Osservatore e al suo direttore.

• L’arresto. Quando il giornale La Lom-bardia uscì con la notizia che Albertario sa-rebbe stato arrestato, il direttore de L’Osser-vatore capì che doveva ormai lasciare la cittàe fermare il giornale. Il giornale si autosospe-se, informando la procura del Re, prima diessere soppresso dalla questura. “Ci guarda-vamo l’uno l’altro addolorati – scrisse poi –come alla morte di una persona cara. Fu unmomento solenne e non lo saprei descrivere.Per ventinove anni, ogni giorno, avevo lan-ciato nel mondo l’Osservatore; nessuna piùdura difficoltà, nessuna più cupa amarezzaaveva arrestato il corso del foglio che contavaben 35 anni di attuosa e benedetta esistenza.Entrai nella tipografia, mi feci riconsegnare imanoscritti e l’Osservatore cessò. Piangeva-mo tutti” (28). Don Albertario indicava comeresponsabili del suo arresto gli ambienti delclerico-liberalismo che da trent’anni aspetta-vano l’occasione di liberarsi dell’uomo e delgiornale che li combatteva. Ma tra i respon-sabili vi era anche la massoneria; “Le loroaspirazioni non sarebbero state coronate dasuccesso, se a Roma la massoneria non aves-se insistentemente richiesto dallo Zanardelliun compenso per gli arresti di repubblicani esocialisti, come più tardi richiese lo sciogli-mento delle associazioni cattoliche”. L’Os-servatore scrisse, appena poté riprendere lepubblicazioni: “L’ordine di arresto partì daRoma e uscì dalla massoneria zanardelliana,lieta di potere rendere un servizio al partitoclerico liberale in Milano” (O.C. 16-17/09/1898) (29); anche se l’Albertario non fa-

Il generale Bava-Becca-ris responsabile della re-

pressione dei moti diMilano che fecero una

ottantina di morti

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ceva nomi, dal contesto si poteva capire il ri-ferimento a mons. Bonomelli vescovo di Cre-mona (30). Indipendentemente dal complottosi può certamente dire che “i clerico-liberalisi trovarono dalla parte delle forze di repres-sione, contro le associazioni cattoliche e con-tro gli operai, fatti segno al fuoco dei fucili edei cannoni di Bava Beccaris. Fu davverospettacolo penoso, allora, quello offerto daicattolici transigenti che inveirono contro gliintransigenti e che applaudirono ai provvedi-menti dei regi commissari, che scioglievano icomitati parrocchiali e sopprimevano i gior-nali che si dicevano papali. Se non si poté di-re, in seguito, che i cattolici furono nel ’98 la‘retroguardia’ delle peggiori forze della bor-ghesia italiana, se non si poté dire che essiavevano dato sostegno a Bava Beccaris eall’Heusch, ciò va a merito soltanto delle ca-tene che furono applicate dai carabinieri aipolsi di don Davide Albertario. Gli intransi-genti, di sinistra e di destra, qualunque sianostati i loro errori, avevano di fatto evitato,(…) che gli operai, i contadini vedessero ilmondo cattolico associato alla difesa di unordine chiuso nei propri privilegi di classe,pauroso di aprirsi alle forze che erano rima-ste estranee al movimento di formazione del-lo stato liberale” (31).

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Dopo aver chiuso il suo giornale donAlbertario continuò a mandare alcune boz-ze di articoli all’amico Giuseppe Sacchetti aFirenze, affinché li pubblicasse nel suol’Unità cattolica che poteva ancora uscire(fino al 24 maggio data della sua chiusuraprefettizia). A Sacchetti, don Davide, dan-do sfogo alla sua amarezza, in queste noteconfidenziali scriveva: “si è voluto immola-re una vittima squisita che giovasse ad atte-nuare le ire dei repubblicani radicali colpiti,o dei moderati radicali, i quali esigono vitti-me di cattolici”. E ancora: “devi sapere cheil comando militare non trovò colpenell’Osservatore, ma il generale Revel havoluto il sacrificio mio per far cosa grata alsuo amico G. Bonomelli, e il gen. Revel im-pegnò anche influenze di corte per ottenereil mio sacrificio. Ciò è da dirsi con moltaprudenza, ma con chiarezza. Insomma caroSacchetti, devi fare un articolo calmo, lar-go, nobile, tale che abbia a servirmi di dife-sa. Prendi i punti da me notati e scrivi cometu sai scrivere. Addio è notte. Devo fuggireda Milano. Parto piangendo, lasciandopiangenti la vecchia zia e sorella” (32).

Dopo aver chiuso l’Osservatore si dovevapensare al suo direttore; alcuni amici consi-gliavano don Davide di rifugiarsi in Svizzera,ma egli dopo aver considerato la cosa davan-ti a Dio si decise invece a recarsi, in manierapubblica, presso la casa paterna a Filighera.Il giornale ricevette la lettera di soppressionedel questore col pretesto che l’Osservatorefalsava i fatti e eccitava lo spirito pubblico.Dopo aver scritto una lettera al generale Ba-va Beccaris, il 10 maggio, per informarlo chesi assentava dalla città, ma che era pronto arendere conto di ogni suo atto e non volevaessere confuso con i sovversivi, don Alberta-rio prese apertamente il treno dalla stazionecentrale, sotto gli occhi dei questurini che lopedinavano, passando da Pavia raggiunse lacasa paterna a Filighera. Don Davide visitò ilparroco don Luigi Greco che gli affidò subitola predicazione del mese mariano. Passaronocosì alcuni giorni nella pace della campagnadove fievoli giungevano gli echi delle vicendedella metropoli e della nazione. Dai giornaliseppe del cannoneggiamento del conventodei Cappuccini a porta Monforte, della sop-pressione del comitato diocesano di Milano.Tra un’occupazione e l’altra il suo arresto siavvicinava, i carabinieri di Belgioioso lo sor-vegliavano. La sera del 23 disse ai suoi fami-

L’arresto di don Albertario: il sacerdote con le manettetra due carabinieri

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gliari “Ebbene, stanotte o domani preparia-moci”. L’arresto avvenne nel pomeriggio del24 maggio verso le ore 15. Una pattuglia diCarabinieri si presentò all’uscio di casa; untenente, con molto garbo, chiese del sacerdo-te Davide Albertario e, tiratolo in disparte,gli notificò il telegramma del Bava Beccariscon l’ordine di arresto. Il saluto con il fratelloMosé fu assai penoso, comune era il presen-timento che non si sarebbero più visti; infattiMosé Albertario morì tre mesi dopo, fulmi-nato dal dolore. Nella carrozza chiusa scorta-to dai carabinieri passò sulla piazza del paesetra due ali di popolo costernato e ammutoli-to, davanti alla chiesa don Davide si affidòalla Provvidenza. A Belgioioso in stazione glifurono messe le manette. Sono commoventile parole con le quali don Davide descrivequel triste momento: “non è possibile che siriferisca quali furono i sentimenti miei inquel momento… quando il carabiniere mipresentò quell’ordigno fatto per i malvagi emi fece capire che dovevo rassegnarmi a in-trodur le mani nei cerchi che avevano conte-nuto i polsi di assassini, di ladri, di turpi, misentii così gravemente offeso nella mia digni-tà, nella mia innocenza, nei miei diritti tuttidi uomo, di cittadino, di prete, nella mia li-bertà, che solo un pensiero alto da moltigiorni invocato mi salvò dalla reazione vanae dalla prostrazione. Le manette, più ancorache il carcere, sono l’ignominia” (33). A Pa-via, il vescovo si trovò in stazione, e vide ilsuo sacerdote, ammanettato come un malfat-tore, partire per Milano. Giunto in città elu-dendo la folla di curiosi ammassati sulle pen-siline i carabinieri condussero don Alberta-rio al Cellulare di S. Vittore, dove gli fu asse-gnata la cella n° 41 del 2° raggio. Erano le 17del 24 maggio 1898. «“Sono in mano vostra oSignore” - esclamò don Davide - alzando lebraccia e gli occhi verso il taglio angusto del-la finestra, dove si scorgeva una striscia dicielo. Fu un momento di calma solenne. Ri-chiamai tutta la mia energia, mi feci la esattaidea dello stato mio, offrii a Dio ogni cosamia e proposi di approfittare il meglio possi-bile della sventura inevitabile» (34).

Lo stesso giorno era soppresso il giorna-le L’Unità Cattolica, il 27 il marchese diRudinì dava ordine ai prefetti di scioglieretutte le Associazioni cattoliche dipendentidall’Opera dei Congressi, come “sodalizisovversivi dello Stato”. In totale furonoaboliti 4 comitati regionali; 70 comitati dio-

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cesani; 2500 comitati parrocchiali (su 4044);600 sezioni giovanili (su 708); 5 circoli uni-versitari (su 16); 20 circoli di gioventù cat-tolica (su 28); 3000 associazioni di diversespecie (su 3170 che aderivano all’Opera deiCongressi). Quelle che rimasero in piedidovettero la propria salvezza al fatto di es-sere sconosciute allo stato. Il governo cono-sceva così poco bene l’Opera che ne lasciòesistere il centro direttivo.

• Il processo dei giornalisti. Assieme adon Albertario erano stati arrestati diversigiornalisti e personaggi che formavano cosìuna etereogenea compagnia: Carlo Romus-si, direttore de Il Secolo; Gustavo Chiesi ePaolo Valera direttore e scrittore de L’Italiadel Popolo; De Andreis consigliere comuna-le repubblicano; l’Avv. Bortolo Federici (re-pubblicano), ex direttore della Sera, UlisseCermenati repubblicano del L’Italia del Po-polo e Arnaldo Senici, amministratore dellostesso giornale; il prof. Gilardi del Secolo, isocialisti on. Turati e la sua compagna russaAnna Kuliscioff (entrambi firme dell’Avan-ti!); Leonida Bissolati direttore del giornalesocialista Avanti!; gli anarchici Alfredo Ga-brielli e Domenico Baldini, e altri ancoraper un totale di 680 coimputati. Il processoebbe luogo dal 16 al 22 giugno presso il ca-stello Sforzesco, e tutti gli imputati di quelloche venne chiamato “processo dei giornali-sti” (in realtà sui 24 imputati i giornalisti era-no una minoranza) furono deferiti al tribu-nale di guerra; i giudici erano quindi tuttimilitari. Don Davide fu messo nella stanzan° 10 con la finestra sul tetto: di là entravanol’aria, il vento e la pioggia, durante i tempo-rali la sua cella era inondata. L’atto di accu-sa riprendeva le informazioni del questoreasserendo che c’era stato complotto rivolu-zionario tramite “frequenti riunioni, comizi

Il processo dei giornalisti

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e conferenze pubbliche e private tenute daipiù influenti, intelligenti, operosi ed energicicapi dei partiti rivoluzionari ivi residenti oconvenuti, e col mezzo dei giornali locali,quali ad esempio La lotta di classe, Popolosovrano, L’Italia del popolo, Il Secolo, Lacritica sociale, e per altri scopi speciali l’Os-servatore Cattolico”. L’Albertario e il suoquotidiano avevano un imputazione “specia-le” che lo riguardava direttamente: “un altroimputato è don Davide Albertario, direttoredell’Osservatore Cattolico, organo di quelpartito clericale intransigente che avversa leistituzioni e l’unità della patria, di caratterebattagliero e violento, sostenne lotte vivacis-sime con quella parte del clero che si ispira-va a principi temperatamente liberali”. DonAlbertario veniva ancora accusato di esserein gara “col partito repubblicano e socialistanel combattere la monarchia e nel suscitarel’odio di classe”, di essere quindi responsabi-le della sommossa milanese, e di aver incita-to “a commettere fatti, diretti a mutare vio-lentemente la costituzione dello Stato, laforma di governo, e a far sorgere in armi gliabitanti del regno contro i poteri dello Sta-to” (35). Dati questi presupposti era chiaroche il processo sarebbe stato una montaturapoliziesca con l’esito già scritto… Tra i testi-moni che tessero gli elogi di Albertario ci fuMons. Mantegazza, vescovo di Famagosta eausiliare di Milano e il sociologo prof. Giu-seppe Toniolo, giunto appositamentedall’Università di Pisa, che cercò di far capi-

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re la differenza tra la dottrina cattolica e ilsocialismo e concluse: «“che si può esseredemocratici senza essere socialisti ed anziessendo il più saldo argine contro il sociali-smo e contro tutti i partiti rivoluzionari” –Insomma lei lo ritiene socialista? – uscì a di-re il presidente della corte. - No, signor pre-sidente; ho soltanto detto il contrario. – Mal-grado ciò l’avvocato d’accusa nella requisi-toria disse: “Tutti i giornalisti qui chiamati alvostro giudizio avevano uno scopo comunedelittuoso: devono condannarsi gli altri, masia condannato anche il ribelle sacerdote!” egiunto ad Albertario chiese il maximum del-la pena cioè 5 anni di detenzione (…). Datala parola all’imputato, questi disse semplice-mente: “Ho da dire solo due parole: nessunteste è venuto a deporre contro di me; sol-tanto il questore ha detto in tesi generaleche io tenda ad idee cattoliche intransigentisu basi socialiste e come di cattolico intransi-gente fu dall’avvocato della legge chiestacontro di me la sentenza. Queste parole midanno occasione di dichiarare al tribunaleche nulla del socialismo mi inquina e che seio sono cattolico intransigente lo sono per-ché questo è il mio dovere e il mio sentimen-to, e ciò dico con soddisfazione; questo miodovere l’adempirò colla grazia di Dio finoalla morte”.

La mattina del 23 giugno il presidentelesse la sentenza, che escludeva il complot-to, mandava assolti cinque imputati e con-dannava tutti gli altri a varie pene. Per Al-bertario, ritenuto che “gli articoli del gior-nale da lui diretto gareggiavano con gli altridi violenza, così da attaccare con sottile iro-nia la monarchia e le istituzioni, seminandol’odio di classe fra contadini e padroni e frale altre classi sociali e distogliendo buonaparte del clero da quell’opera di pacificazio-ne che per la sua missione sarebbe destinatoa compiere, costituendo in tal modo un fo-mite alla rivolta anche con articoli violenti,quando questa era già scoppiata”, lo con-dannava a tre anni di detenzione e mille liredi multa» (36). Era la vittoria dei conservato-ri liberali, dei moderati e clerico-liberali su-gli intransigenti. Si arrivò quindi all’assurdodi un tribunale militare incompetente, di ungoverno anticlericale e massonico, che pre-tese condannare e di fatto condannò, un sa-cerdote cattolico a causa delle sue idee in-transigenti. In realtà semmai si sarebbe trat-tato di un giudizio che avrebbe dovuto esse-

Don Albertario in cella al castello Sforzesco di Milano

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re di competenza di un legittimo tribunaleecclesiastico. Sunt lacrimæ rerum.

Le conseguenze dei moti del ‘98. Le ri-volte del 1898 segnarono certamente unasvolta nella storia del Regno d’Italia e delmovimento cattolico. I liberali che avevanogovernato il paese fino a quel momento, siresero conto che avrebbero dovuto neces-sariamente confrontarsi con la maggioranzadella popolazione che si orientava semprepiù verso i cattolici e i socialisti, proprioquelle forze “sovversive allo stato” che ave-vano subito la violenta repressione gover-nativa. “Il socialismo, dopo la condanna ec-cessiva e intempestiva, frutto evidente diuna reazione cieca, acquistò l’aureola dimartirio, una reclame inattesa e una simpa-tia generale delle masse proletarie” (37). Icattolici, dal canto loro, si resero conto chesarebbe stato necessario superare il non ex-pedit poiché di fronte all’avanzare del so-cialismo i cattolici avrebbero dovuto spen-dere la loro forza elettorale. Questo spiegameglio l’evoluzione (o involuzione…!) delmovimento cattolico e dello stesso Osserva-tore Cattolico (diretto ormai da Filippo Me-da) su posizioni più democratico-cristiane;questo processo evolutivo porterà S. Pio Xa sciogliere l’opera dei Congressi nel 1905.Sembra quasi che con questi “avvenimentidel Novantotto (…) l’epoca del cattolicesi-mo intransigente si conclude in quanto laquestione Romana e il conseguente conflit-to fra lo stato liberale e la Chiesa diventanomeno impellenti rispetto all’avanzata delmovimento socialista nella società italianae all’incremento della corrente democrati-co-cristiana all’interno dell’Opera” (38).L’interesse, e lo scontro tra moderati e in-transigenti, all’interno del movimento cat-tolico, si sposta su un piano dottrinale e re-ligioso; dando luogo alle correnti integristae modernista (quest’ultima è una vera ere-sia condannata da S. Pio X nel 1907). Cer-tamente i cattolici, al contrario dei sociali-sti, non seppero trarre profitto dalla sven-tura che colpiva l’azione cattolica insiemeall’Albertario. Don Davide resterà tra i po-chi che continuarono a combattere per labuona causa negli anni successivi alla bufe-ra del ‘98, e ciò fece anche dalla prigione.

« La condanna dell’Albertario, ancorpiù iniqua e inutile, commosse profonda-mente il mondo cattolico, anche all’estero,che aveva seguito con passione il processo.

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Eugene Tavernier nell’articolo di fondo del24 giugno, interpretava assai bene il senti-mento comune della cattolicità scrivendo:“Appena il tribunale militare di Milanoaveva pronunciato la sentenza, gli uominipolitici che l’avevano provocata la trovaro-no deplorabile. A Roma, nei palazzi, si te-mono le conseguenze di una tale ingiustiziae di un agire così inopportuno. Dopo lo spa-vento prodotto dalla rivolta viene lo spa-vento causato da una repressione che svelala debolezza di un regime in agonia”» (37).

Il detenuto 2557: la prigionia a Finalborgo

I giornalisti, dopo essere stati condan-nati, furono trasferiti con un penoso viag-gio in un vagone cellulare, a Finalborgo(l’attuale Finale Ligure in provincia di Im-peria) la notte tra il 24 e il 25 giugno. Scesidal treno alla stazione di Finale Marina do-vettero fare a piedi e ammanettati il cam-mino polveroso per il reclusorio (un exconvento domenicano espropriato allachiesa dopo il 1870 e incamerato dallo statoper trasformarlo in prigione…) (39). PaoloValera descrive (40) così lo stato del poverosacerdote: “don Davide in altro luogoavrebbe fatto scompisciare dalle risa. Collatesa del tricorno pelosa e abbandonata dal-le stringhe… col panciotto dai bottoni esco-riati pieni di chiazze, colla veste talare am-mantata di polvere e colle scarpe scalcagna-te e coperte d’uno strato bianco, facevacompassione. Sulla sua faccia erano tutti ipatimenti di uno strazio inenarrabile”.

Inizialmente gli fu assegnata la cella n. 5di appena 1,75 metri di lunghezza, menodella sua statura, e di 1,40 di larghezza in unangusto corridoio; vi restò 3 giorni senzatoccare cibo né riuscire a prendere sonno.Albertario definisce quelle celle “tane scel-lerate indegne dei maiali stessi” e dice che“la puzza, veramente pestifera è la caratte-ristica del reclusorio di Finalborgo” (41). Poifu trasferito in un camerone destinato a lui,al Chiesi, al Federici, al Valera, al Lazzari eal Giglione. I condannati avevano fatto ri-corso in cassazione, ricorso che fu natural-mente respinto. Tale rifiuto rese così defini-tiva la condanna e tolse le facilitazioni ap-plicate alla pena, ciò avvenne ai primi disettembre. Il 6 settembre i giornalisti furonoquindi vestiti da galeotti e immatricolati.Con profondo dolore don Albertario dovet-

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te lasciare il suo benamato abito sacerdota-le. «Il numero di matricola aveva ingrossatoil cuore di alcuni miei compagni. Romussi siera seduto sul suo sedile di legno con le len-zuola sulle braccia e l’asciugatoio in mano,dicendo saccorotto! Don Davide, di tempe-ramento sensibilissimo che si lascia com-muovere, o trasportare, o abbattere dagliavvenimenti, si sarebbe dato fuori a piange-re se non fossimo stati presenti. Gli parevaimpossibile, come diceva lui, che un sacer-dote, che indossava la veste talare da trenta-sei anni, questa veste, aggiungeva “che mifu compagna ed amica nei tempi lieti e tri-sti”, potesse essere diventato il 2557, con lagamella matricolata, con la branda in unacamerata comune» (42). Scrivendo alla sorel-la Teresa, don Davide commentava: “mihanno levato il collare, la veste talare, il gi-let, i calzoni, le calze nere, il berretto, la ca-micia e mi hanno indossato un abito di ca-nape rigato, senza gilet e senza tasche neicalzoni e nella blouse; la camicia è pur di ca-nape a strisce bianche e bleu. Sulla bluse dallato sinistro in corrispondenza del cuore mihanno cucito una targhetta verde sulla qua-le sta in color giallo il numero 2557; quindiinnanzi non sono più il sacerdote DavideAlbertario, ma il numero 2557, il reiettodella società. Mi hanno dato delle scarpesingolari di pelle di rinoceronte dal coloredell’erba secca. Il barbiere, che è un con-dannato a vita, mi ha tagliato i capelli e lamia zucca è rasata” (43). In settembre la so-rella Teresa gli apprendeva la morte del ca-ro fratello Mosè consumato dal dolore.

Il direttore della prigione, tale Reboa-

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mo Codegò, era un burocrate autoritario emeschino il quale provava gusto a far rifareai giornalisti del camerone n° 5 le lettereche scrivevano, pretendendo che “manca-vano di stile”, censurava volentieri le lette-re di don Davide. «Un’altra volta gli vennepure fatto capire in modo rozzo che eglinon era più che un numero di matricola.Ma l’Albertario aveva esploso: “dunque,mi considerano e intendono trattarmi comeun vero delinquente? Sia! La prego però didarmi la carta per scrivere al ministro Pel-loux che mi faccia fucilare! Laggiù non siconosce che cosa sia la dignità e io gliela fa-rò imparare!” (Valera) » (44). I condannatiche nella vita erano avversari, trovaronoconforto nella comunità della sventura, ecercavano di fare del bene agli ergastolaniche erano addetti ai loro servizi. Il lavan-daio che era un assassino aveva una dilezio-ne per don Davide. Il sacerdote nel cami-ciotto di recluso gli faceva sanguinare l’ani-ma. “Non gli pareva giusto che un uomo diTalento, come diceva lui, fosse in prigioneper aver del talento”.

Famoso fu l’episodio di Natale quando ireclusi della camerata n° 5 ricevettero, co-me succedeva sempre, dei doni tra cui pa-recchi panettoni, mentre molti ergastolaninon ricevevano nulla perché erano spessodimenticati anche dai loro parenti, e decise-ro così di distribuirli agli altri condannati.Don Davide fu incaricato di farlo. Fu unascena commovente poiché per quei con-dannati era forse la prima volta che qualcu-no, in quel giorno di gioia, ma così triste inprigione, rivolgeva loro parole fraterne mo-strando di capirli e di compiangerli vera-mente poiché condivideva la loro stessasorte. “A nome dei compagni della quintacamerata – disse loro don Davide – vi diri-go il saluto in questo giorno di pace; comeprete, vi auguro la benedizione di GesùCristo che consoli il vostro cuore; accettatequesto segno dei sentimenti del nostro cuo-re desideroso del vostro bene – e incomin-ciò subito la distribuzione. I volti duri deigaleotti si ingentilivano. Dal loro occhioscendevano le lacrime. Don Davide piange-va e noi, che vedevamo tutto dalla nostracancellata, eravamo profondamente intene-riti. Si rimaneva a bocca aperta dinanzi allacommozione di tanti galeotti che avevanoscannato uomini, massacrate le donne, fat-to in quattro i padroni e distrutte le fami-

Don Davide de-tenuto n 2557.

“Ti lasciai abitomio, e apparvi

cogli indumentistessi che copro-no il parricida eil borsaiuolo”

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glie a colpi di coltello. Don Davide mi pre-se sotto il braccio e mi disse: avete visto chepiangevano? Dinanzi al prete vestito da as-sassino come loro, reo soltanto di aver pro-fessata la propria fede con maggior sinceri-tà e fervore, si sono sentiti le lacrime agliocchi. Non sono dunque completamenteperduti. Credetemi, l’uomo che ha ancorala rugiada del cuore è ancora un essere re-dimibile. Sembravano degli agnelli. Perchénon vi sarà maniera di rendere duraturinell’anima di questi sventurati questi nobilisentimenti e di ricondurli alla buona via? –Ve lo giuro sull’anima mia: non dimenti-cherò mai questo momento del Natale ingalera. Mi hanno intenerito come un fan-ciullo. (Valera)” (45).

Don Davide era confortato, nella suaprigionia, dalle lettere che riceveva da casae dagli amici, dai più stretti collaboratori,egli condivideva gli affetti e le emozioni ditutti e rispondeva invitando alla pazienza ealla rassegnazione sottomessa alla volontàdi Dio, in attesa della giustizia. Sono circatremila le lettere che egli scrisse dalla pri-gionia: esse costituiscono un epistolario in-teressantissimo (46). Il Valera, suo compa-gno di cella, osservandolo scrivere diceva“il suo stile è pastoso, la sua prosa calda, lasua penna duttile, il suo periodo limpidocome il cristallo. (…) L’ingiustizia gli scaldail calamaio. Con o senza collera non è maivolgare. Il suo ingegno poliedrico fa pensa-re a don Margotti” (47).

Tramite l’interessamento di alcuni sacer-doti amici e vescovi che scrissero al Re perrenderlo partecipe al caso di don Albertario,riuscì ad ottenere, dopo aver scritto una pe-tizione il 26 agosto al primo ministro Pel-loux, di poter celebrare la S. Messa nella

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cappella del reclusorio ed indossare solo peril rito l’abito talare. Come sempre sono com-moventi le parole da lui scritte in questa oc-casione: “l’8 settembre la Natività di MariaSantissima, spuntò per me sì bello e giulivoda farmi scordare un istante le tristezze delcarcere. In quel giorno risalii all’altare dopocento sette giorni di lontananza. Sarebbeostentazione inopportuna se mi dessi a nar-rare quello che ho provato in quel giornobenedetto. Mi sentii uomo rinato, risuscita-to, ridato alla vita; pieno di una gioia vivissi-ma; liberato dalla oppressione e dall’oscuritàdella tomba. Nella piccola cappella entraiquasi cattedrale sontuosa… possa, io, finoall’ora estrema, al braccio il manipolo dellelacrime e del dolore e sul petto incrociata lastola, segno di gloria e arra di immortalità,avanzarmi all’altare di Dio e celebrarvi ilSanto Sacrificio” (48). Sempre in settembre laCassazione confermò la sentenza del tribu-nale di Milano, rendendola definitiva, maquesto fatto non fece buona impressione sulpaese. La calma era tornata e l’ordine erastato ristabilito e ciò faceva apparire spro-porzionata sempre più la repressione; lecondanne dei giornalisti e la soppressionedell’opera dei congressi parevano ingiustealla maggioranza delle persone. Da ogniparte del paese si levavano voci e supplicheper la liberazione dei prigionieri e dell’Al-bertario in particolare invocando una “pron-ta giustizia riparatrice, pacificatrice”. La so-rella Teresa si dava molto da fare per la libe-razione del fratello, scrivendo al Ministrodegli interni e al Re. Dal Quirinale (l’anticadimora del Papa era stata usurpata dal go-verno unitario…) le risposero che la grazia adon Davide “riveste un carattere politico ditale importanza che non può essere trattatache al consiglio dei Ministri, né può il Recorrettamente prendere al riguardo nessunainiziativa”. Papa Leone XIII scrisse una let-tera al clero ed ai vescovi italiani in cui rin-facciava al governo di aver chiuso gli occhiper pregiudizio settario e aver fatto guerracontro la religione; a proposito dell’Operadei Congressi diceva che: “i nemici verid’Italia bisogna ricercarli altrove”. Nellaprocedura che aveva portato alla condannadei giornalisti, si trovò anche un errore giu-diziario (ritenuto colpevole di reato secondol’Art. 247 del codice, era stato invece con-dannato secondo l’art. 246); questo fatto fudenunciato da due deputati che chiesero

A Natale don Albertario distribuisce il panettone agli altri detenuti

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quindi al ministro della giustizia la grazia perAlbertario. Tale grazia non poté essere con-cessa perché l’imputato non l’aveva chiesta,e non voleva chiederla; infatti don Alberta-rio voleva giustizia non grazia! Altri deputa-ti proposero la candidatura dell’Albertarioin alcuni collegi resisi vacanti (se eletto de-putato sarebbe uscito di prigione), ma vigen-do il non expedit don Davide non poté ac-cettare la candidatura né i cattolici potevanoaccettarla. Certamente il movimento proamnistia faceva sempre più rumore e siestendeva in ogni città. Furono stampate edistribuite centinaia di migliaia di cartolinecon i nomi, i ritratti e i numeri di matricoladei condannati. Petizioni furono indirizzateal Re, da ogni parte d’Italia, per la liberazio-ne di Albertario. Don Davide cominciò a ri-cevere anche tantissime visite nella sua stes-sa prigione: parenti, amici, prelati, sacerdoti,religiosi, gli stessi vescovi di Albenga, Savo-na e di Acqui si recarono da lui. Questi col-loqui allarmavano il direttore della prigioneche cercava in tutti i modi di ostacolarli, essiavvenivano sempre in presenza di una guar-dia che ascoltava e vigilava. Gli oggetti of-ferti il più delle volte venivano confiscati orimandati indietro.

La liberazione

Il movimento pro amnistia aveva presoun’imponenza inarrestabile; nel maggio del‘99 fu annunciato un indulto che riduceva didue anni le pene inflitte e faceva presagire laprossima liberazione di don Albertario. Fi-nalmente la data della libertà fu annunciataper il 24 maggio 1899. Quella mattina effetti-vamente don Davide, ripreso con gioia il suoabito talare, uscì alle 5 dal reclusorio di Fi-nalborgo; fuori l’attendevano il giovane Pao-lo Arcari della redazione dell’Osservatore, ilnipote Paolo Pecora, l’arciprete di Filigherae qualche altro amico nonché un delegatodella questura che lo accompagnava. Alcunisoldati erano schierati per le vie per repri-mere eventuali dimostrazioni da parte dellapopolazione. Molte furono le persone cheaccorsero per dargli un saluto; in stazione glivennero consegnate 75 lettere e 120 tele-grammi di felicitazione appena giunti. Dallastazione don Davide telegrafò al Papa:“uscito dal carcere presento omaggi, invocobenedizione”. In ogni stazione dove passavail treno Don Albertario riceveva accoglienza

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affettuosa, e arrivava a Milano verso mezzo-giorno recandosi subito in Arcivescovadodove lo ricevette il Cardinal Ferrari ed il suoausiliare mons. Mantegazza. Dopo esserepassato in questura, alle 13 arrivò a casa suain via Bramante dove lo aspettavano i pa-renti, la sorella Teresa che tanto si era ado-perata per la sua liberazione, le altre sorelle,i cognati, e i nipoti.

Il ritorno alla libertà ed al suo giornaledi don Albertario fu salutato con gioia intutta Italia; per diversi mesi egli dovettepassare da un luogo all’altro per acconten-tare amici e ammiratori che lo volevano ab-bracciare e sentire i suoi racconti. Tutto ilmondo cattolico salutava in lui il confessoredell’azione cattolica, il martire del giornali-smo, e la sua popolarità si accrebbe ancoradi più. Papa Leone fece sapere, tramite ilvescovo di Savona, « il suo consiglio: “donDavide si porti direttamente in seno dellasua famiglia. Tutti gli daranno lode di que-sto atto, perché la famiglia ne ha il diritto,come quella cha ha più sofferto. Dopo unmesetto venga a Roma, e qui lo riceveremoe gli diremo cosa dovrà fare”. Il 26, donDavide riceveva la seguente lettera del car-dinale Rampolla: “Ho fatto noti al SantoPadre i sensi devoti da Lei espressi non ap-pena uscito dal reclusorio di Finalborgo; esua Santità li ha accolti con particolare gra-dimento. La stessa Santità Sua la vedrà vo-lentieri quando ella si recherà in Roma, edintanto la conforta coll’impartirle di tuttocuore l’apostolica benedizione” » (49). DonAlbertario, fu poi ricevuto dal Pontefice, informa privata, il 13 giugno 1899. Egli stessone diede descrizione scrivendo alla sorella

L’incontro di Don Albertario con i suoi famigliaridopo la liberazione

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Teresa: “baciato il sacro piede e la mano,(il Papa) mi fece sedere alla destra Sua eprese a parlarmi affettuoso e soave; parevache alitasse intorno a me un’aura divinadolcemente scossa dall’armonia degli ange-li. Come potrei descriverti quei momentiche Iddio concede all’uomo per riconciliar-lo coll’esistenza divenutagli amara, e perconfortarlo a nuove fatiche. Leone XIII fe-ce il confronto fra il carcere e la prigioniadel Vaticano, poi si rallegrò che fossi torna-to a libertà; quindi dichiarò la ragione perla quale mi chiamò alla presenza Sua ecioè: perché io ne traessi incoraggiamentonel mio lavoro; perché nel sofferto avessi ilcompenso della approvazione solenne edella amorosa benevolenza del Vicario diCristo; perché si conosca da tutti che il Pa-pa encomia l’opera di giustizia e di religio-ne che ho prestata propugnando la verità edifendendo il diritto e promovendo il benedella società e della patria, e l’encomia perse stessa non solo, ma perché mi ha procu-rato le note sofferenze. (…) A questo pun-to volse la parola a rinfrancarmi nel propo-sito di continuare nell’apostolato del gior-nalismo cattolico, di cui notò la necessità eil pregio” (50). A Roma, come nel restod’Italia, don Davide ebbe accoglienze fe-stose un po’ dovunque, nei seminari, neicollegi, presso La Civiltà Cattolica, ricevet-te doni e onoreficenze da ogni ceto di per-sone ed enti cattolici.

Gli ultimi anni

Tornare all’Osservatore e al ministerosacerdotale fu una grande gioia per don Al-bertario. Tornò ad occuparsi dell’AzioneCattolica che era divisa tra le spinte scissio-niste dei “giovani democratici cristiani” cheseguivano Don Romolo Murri (51) e la diri-genza dell’Opera, i “vecchi” cosiddetti “ve-neti” guidati da Paganuzzi, accusata di ec-cessivo immobilismo e di incomprensionedelle nuove questioni politiche e sociali.Don Albertario, era inizialmente favorevoleai “giovani” sui quali aveva molto influenza,ma lavorava costantemente all’unione delleforze cattoliche, al coordinamento delleenergie all’interno dell’Opera per contrasta-re i nemici della Chiesa. La nota dominanteera sempre la papalità con la vecchia formu-la, e sempre nuova: “Col Papa e per il Pa-pa”. Molti dei redattori dell’Osservatore di

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quegl’anni, (Vercesi, Molteni, Arcari e Me-da che apparteneva a quella corrente politi-ca che mirava alla soppressione del Non ex-pedit) erano attivi nell’OdC milanese e poinel movimento democratico cristiano; donDavide partecipava quasi ad ogni iniziativasaliente dell’Azione Cattolica di Milano (52).Albertario “non voleva divisioni o scismi,ma desiderava anche idee chiare, nette, po-sizioni precise, niente confusionismi, nienteadattamenti, niente rinunce a quello cheerano i principi. La sua parola aveva un pe-so non indifferente: era la parola riconosciu-ta di un giornalista di valore e di un sacerdo-te che aveva speso l’esistenza per l’afferma-zione del principio papale e l’aveva sotto-scritta anche col carcere. Perciò l’Albertarioradunava intorno a sé, intorno alla gloriosae lacera, ma non mutata bandiera del suogiornale, le nuove schiere di combattenti,per addestrarli alle sante battaglie, per indi-care loro la via giusta in cui procedere pergiungere alla vittoria” (53). Il 1900 fu un an-no Santo e don Albertario tenne molte con-ferenze e predicazioni su di esso. Si recò eglistesso a Roma per lucrare le Sante Indul-genze, e fu ancora una volta ricevuto congrande affabilità dal Papa che il 12 maggiogli fece rilasciare un breve di approvazione eincoraggiamento per l’Osservatore.

Se lo spirito di don Albertario era saldo,la carne era inferma, la reclusione ne avevaprofondamente minato la salute e spezzatola fibra di uomo aitante e robusto. Più che ipatimenti fisici erano stati quelli morali a far-lo soffrire. Dopo essere uscito di prigionesoffriva ormai in maniera cronica di stomaco;i medici gli avevano prescritto delle cure cheperò non riusciva a seguire, immersocom’era nel lavoro giornalistico e nel mini-stero sacerdotale. Inoltre il dolore per lamorte della sorella Cecilia avvenuta 16 lu-glio 1901 si aggiungeva al resto. La pubblica-zione dei due volumi “Un anno di carcere”(54) aveva messo di malumore le sfere gover-native e i giornali liberali (Il Corriere dellaSera in testa) lo avevano attaccato. Nel set-tembre 1901 si recò a Lourdes per soddisfaread un desiderio da lungo accarezzato e perchiedere, se era la volontà di Dio, la guari-gione. Trovò il luogo « “carissimo, straordi-nario, indescrivibile” scrisse lunghe corri-spondenze al suo giornale, palpitanti di entu-siasmo e di amore alla Vergine. Davanti allagrotta miracolosa sfogò nel pianto e nella

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preghiera tutte le sue pene e i suoi dolori e sirialzò completamente confortato, pronto achinare il capo davanti alla morte, non più inbattaglia, ma nella avvilente mediocrità dellamalattia » (55). Tornato a casa gli fu diagno-sticata una gastro-enterite acuta che gli to-glieva le forze e lo costringeva a lunghe e pe-nose inazioni. I medici gli avevano consiglia-to riposo e cure termali. Con grande suorammarico si tolse da L’Osservatore, dopoaverlo affidato al Meda, e cominciò a giraregli stabilimenti termali. Per molti mesi si sus-seguirono miglioramenti alternati a peggio-ramenti; appena gli pareva che la salute an-dasse meglio riprendeva il lavoro interrotto.Divideva il suo tempo, come poteva tra leterme e Filighera con qualche passaggio inredazione a Milano. Col sopravveniredell’estate (1902) gli fu consigliata l’aria dimontagna e così dalla metà di agosto presead alloggiare a Carenno, alle falde del Rese-gone vicino a Lecco. Dapprima l’aria, le pas-seggiate sembrarono dargli un miglioramen-to, ma poi il male progredì manifestandosicon un progressivo dimagrimento e una pal-lidezza cadaverica. Dopo il 15 settembre lamalattia peggiorò ancora, amici e parentipregavano e facevano pregare. Era ormaisenza forze e spossato non potè più lasciare illetto. I redattori del giornale lo andavano atrovare e pubblicavano sue notizie sull’Os-servatore. Don Davide si confessò dal co-adiutore di Carenno, ricevette il viatico dalParroco don Giacomo Ongaro, e poi l’estre-ma unzione: alle ultime parole delle preci sa-cramentali don Davide Albertario spirò. Erail 21 settembre 1902; l’atleta del giornalismocattolico all’età di 56 anni era andato riceve-re il premio delle sue innumerevoli battaglie.La notizia della sua morte si sparse rapida-mente in tutta Italia, i giornali pubblicaronodiffusi necrologi, l’Osservatore Cattolico pub-blicò un supplemento che andò a ruba. Il lut-to si distese su tutta l’Italia cattolica; migliaiadi telegrammi piovvero a Milano da tutte leassociazioni della penisola.

I funerali, si svolsero dapprima il 24 set-tembre a Carenno e poi solennissimi, il 25 aMilano. A Milano tutte le associazioni catto-liche della Lombardia e d’Italia erano rap-presentate, più di 200 i preti ed i chierici pre-senti, un concorso di popolo incredibile si eraassiepato lungo le strade dove passò il corteofunebre. La Solenne Messa da Requiem fucantata nella Basilica di S. Ambrogio, l’elo-

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gio funebre fu pronunciato dal prevosto di S.Francesca Romana, si trattò di uno dei fune-rali più solenni che Milano ricordi. Don Al-bertario fu tumulato al cimitero monumenta-le nel cosiddetto “famedio”; oggi la salma didon Davide riposa nel cimitero della sua cit-tà natale Filighera in provincia di Pavia (do-ve è stata traslata negli anni ‘70).

Le ultime volontà di don Albertario cir-ca il suo benamato giornale erano espressein una lettera scritta qualche mese prima aMeda: “Vi raccomando L’Osservatore cat-tolico; conservatelo col suo spirito cattolico,apostolico, romano, papale: tenete alta lasua bandiera con il Papa e per il Papa: spiriogni numero d’amore a Dio, alla patria,agli infelici; non gli sia straniera ogni cosabella e buona; sia generosa e amabile contutti, combatta i settari di ogni nome e co-lore; usi tratti familiari coi cattolici che pertanti anni l’hanno tenuto in conto di amico.Fu la mia vita, il mio intelletto, il mio cuo-re, la mia gioia, il mio dolore. Ora mortocome sono, so che anche – come ne avevola fede viva che mi sostenne – sia il mio me-rito. Ripetete che ho molti combattuto, nonho odiato nessuno” (56).

Così si chiuse l’esperienza terrena di donDavide Albertario che “usava la penna co-me una spada”. Cosa dobbiamo ritenere delsuo insegnamento? È condivisibile quantoscrisse mons. Pecora, suo nipote e suo bio-grafo da noi già tante volte citato. “A noicattolici resta – oltre l’esempio di un’esisten-za tutta dedicata alla causa di Dio, in epochedifficili e in un campo pieno di sterpi e dispine – l’insegnamento dell’incrollabile at-taccamento al Papa. Guardando a Roma,l’Albertario non errò mai nell’atteggiamen-to di fronte alle questioni che via via sonoandate sorgendo: il liberalismo ed il clerico-liberalismo, il rosminianesimo, la questionepolitica e sociale, la questione romana. L’es-ser stato con Pietro, non solo gli ha assicura-to la vittoria, ma lo ha reso benemerito dellasoluzione dei problemi che erano coinvoltiin quelle gravi ed intricate questioni” (57).

Note

1) Cfr prima parte di questo articolo “Con il Papa eper il Papa” Vita di don Davide Albertario, giornalistaintransigente” in Sodalitium n° 60 pag. 37.

2) Filippo Meda diventò proprietario e direttoredell’Osservatore Cattolico dopo la morte di Albertarionel 1902 fino al 1907 anno della chiusura del giornale.

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Meda che in seguito sarà anche deputato al parlamento,contribuì allo spostamento su idee democratiche cristia-ne del giornale già negli ultimi anni di Albertario, nelperiodo della prigionia e malattia di quest’ultimo.

3) G. PECORA, In prigione in nome di Gesù Cristo,C.L.S. Verrua Savoia 2002, pag. 243.

4) A proposito di Casoni, Aquaderni e altri perso-naggi del movimento cattolico cfr Sodalitium n° 61 pag32, e MARCO INVERNIZZI, I cattolici contro l’unitàd’Italia? L’opera dei Congressi (1874-1904), PiemmeCasale Monferrato 2002.

5) Per il significato del termine e del conciliatori-smo vedi articolo precedente su don Albertario in So-dalitium n 60 pag 38.

6) Citato da MARCO INVERNIZZI, I cattolici control’unità d’Italia?, pag. 31. Si noti nelle parole di D’OndesReggio il riferimento alla dottrina dell’infallibilità Ponti-ficia, definita pochi anni prima dal Concilio Vaticano I.

7) M. INVERNIZZI, op. cit., pag. 37.8) Verbali del 15° congresso dei cattolici italiani del

1897 a Milano, citato da G. PECORA, In prigione in no-me di Gesù Cristo, pag. 309, C.L.S. Verrua Savoia 2002.

9) G. PECORA, op. cit. pag. 253.10) Articolo su L’Osservatore Cattolico del 9-

10/08/1879 intitolato Le elezioni citato in: G. PECORA,op. cit. pag 256, i grassetti sono redazionali.

11) G. PECORA, op. cit. pag. 250.12) G. PECORA, op. cit. pagg. 252-253, i grassetti so-

no redazionali.13) G. PECORA, op. cit. pag. 243.14) Entrambe le citazioni in G. PECORA, op. cit.

pagg. 244-245.15) G. PECORA, op. cit. pagg. 248-249.16) L’anno precedente il Papa Leone XIII parlan-

do con il Cardinale Sarto gli aveva detto: “l’Osservato-re Cattolico è una potenza”.

17) Per l’occasione fu pubblicato un grande volumein 8, contenente tutti i discorsi e le attestazioni di sti-ma, intitolato Il giubileo sacerdotale e giornalistico deldottor Davide Albertario – Cronaca, documenti, pole-mica. Milano tipografia S. Giuseppe 1895. Una copiasi può consultare presso la biblioteca dell’UniversitàCattolica del S. Cuore a Milano.

18) G. PECORA, op. cit. pag. 288. Al proposito si ve-da anche la lettera del card. Sarto già citata nella pri-ma parte di questo articolo in Sodalitium n° 60 pag. 49.

19) G. PECORA, op. cit. pag. 292.20) Questa “beatificazione” di Ferrari (ecclesialmen-

te senza valore vista la vacanza formale della sede apo-stolica) nelle intenzioni di Wojtyla e dei modernisti chela portarono avanti voleva essere piuttosto una “scano-nizzazione” e una “vendetta” nei confronti di san Pio Xche era stato canonizzato da Pio XII nel 1954.

21) Lettere citate in CARLO SNIDER L’Episcopato delcardinale Andrea C. Ferrari. Vol I Gli ultimi anni dell’Ot-tocento, Neri Pozza Editore Vicenza 1981, pag. 205-207.

22) Articolo pubblicato su La sera e riportata in Ilgiubileo sacerdotale e giornalistico del dottor DavideAlbertario… op. cit. pag. 47. Cfr anche C. SNIDER

L’Episcopato del cardinale Ferrari… op. cit. pag. 209nota 100. Lo Snider ovviamente favorevole al cardinalFerrari è visibilmente prevenuto e assai critico neiconfronti di don Albertario.

23) C. SNIDER, op. cit., pag. 497.24) C. SNIDER, op. cit., pag. 628.25) DAVIDE ALBERTARIO, Un anno di carcere, Vol.

I pagg. 33-34.

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26) GIOVANNI SPADOLINI, L’opposizione cattolicada porta Pia al ’98, Vallecchi editore Firenze 1954,pagg. 436-464.

27) G. PECORA, op. cit. pagg. 320-32128) G. PECORA, op. cit. pag. 322.29) Citato in GABRIELE DE ROSA, Giuseppe Sacchet-

ti e la pietà veneta, editrice Studium Roma pag. 132.30) Durante il processo inoltre, venne addotta co-

me prova contro Albertario proprio una circolare diBonomelli dove spiegava che nella sua pastorale sullastampa intransigente si riferiva proprio all’Albertario.Anche scrivendo all’amico Sacchetti qualche giornoprima di essere arrestato don Davide sostenne che sivolle il suo arresto “per fare cosa gradita” a Mons. Bo-nomelli e che pertanto egli fu vittima di un complottodi massoni e clerico liberali.

31) GABRIELE DE ROSA, op. cit. pag. 134. LoHeusch fu il generale che era regio commissario a Fi-renze e che il 21 maggio di quello stesso anno firmò ildecreto di soppressione dell’Unità cattolica di Giusep-pe Sacchetti, amico di don Albertario. La cosa più sin-golare nella soppressione dell’Unità cattolica di Sac-chetti è che tra le motivazioni addotte dal generaleHeusch c’era quella di “aver fatto dell’amara ironia suuna pastorale di mons. Bonomelli, che era stata alta-mente lodata dal commissario regio di Milano BavaBeccaris” e di disconoscere i sentimenti di pace e diconcordia “che informano gran numero di rispettabiliprelati e sacerdoti” e di “disprezzare l’autorità dellaChiesa”. Si arrivava così all’assurdo che un generale diun governo anticlericale e massonico chiudesse ungiornale cattolico perché mancava di rispetto allaChiesa! Lo stesso Leone XIII definì “inqualificabile”il decreto del generale Heusch. Tutto questo avvenivaperché le associazioni cattoliche con il loro astensioni-smo si erano rifiutate di fungere da retroguardia dellarivoluzione liberale. A ben analizzare questi fatti sideve riconoscere che la teoria di Albertario del “com-plotto clerico-liberale” che identificava nel vescovo diCremona uno dei responsabili del suo arresto non eraforse del tutto campata per aria…

32) GABRIELE DE ROSA, op. cit. pag. 135.33) G. PECORA, op. cit. pag. 32634) G. PECORA, op. cit. pag. 326-327.35) G. PECORA, op. cit. pagg. 328-329.36) G. PECORA, op. cit. pagg. 329-330.37) Ibidem pag. 332.38) MARCO INVERNIZZI, op. cit., pag. 80.39) Sarebbe bene che tutti coloro che attualmente

gridano allo scandalo per le esenzioni dalle tasse e ibenefici fiscali della chiesa si ricordassero un po’ lastoria per vedere come da più di centocinquant’anni lamaggior parte degli ospedali, scuole, prigioni, casermeministeri, uffici pubblici dello stato siano ex beni della

I moti di Mi-lano del ‘98:la breccianelle muradel conventodei cappuc-cini

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Chiesa incamerati all’unità, e per la quale non c’e maistato un compenso equo, un risarcimento…

40) PAOLO VALERA, Dal cellulare a Finalborgo, Ti-pografia degli Operai, Milano 1899, citato da G. PECO-RA op. cit. pag. 334.

41) D. ALBERTARIO, Un anno di carcere, Vol I,pag. 234.

42) P. VALERA, citato in G. PECORA, op. cit. pag. 335.43) G. PECORA, op. cit. pagg. 335-33644) Ibidem, pag 336.45) Ibidem, pag 338.46) Molte di queste lettere sono raccolte nel libro

di don Albertario “Un anno di carcere” riedito in co-pia anastatica dal comune di Filighera (PV) nel 2002.Alcune copie di questo libro sono ancora disponibilipresso il centro Librario Sodalitium.

47) P. VALERA op cit.48) G. PECORA, op. cit. pag. 341.49) G. PECORA, op. cit. pag. 350.50) Lettera citata in parte in G. PECORA, op. cit.

pagg. 351-352.51) Don Romolo Murri tra i fondatori del Partito

Popolare, fu dapprima nell’Opera dei Congressi, colla-borò anche coll’Osservatore Cattolico, poi fu vicino almodernismo, e finì male separandosi dalla Chiesa,apostatando e venendo così anche scomunicato. Inuna lettera al Meda don Albertario aveva bene giudi-cato Murri ormai sulla via della secessione; egli scrive-va infatti: “Il Murri, come vedo dalla poca serietà dellarisposta all’Avvenire e dal discorso di S. Marino, con-ferma quanto ho sempre pensato; l’Osservatore nondeve più averselo amico nell’ordine delle discussionipubbliche. Assolutamente egli sia Murri e noi siamonoi. Dobbiamo camminare alti e infeudati a nessuno,solo col Papa e per il Papa, poiché se il Papa sbagliassein qualche incidente, sarebbe uno sbaglio unico; se in-vece sbagliamo con certi sbagli d’altri, saremmonell’impossibilità di rimediarvi; noi siamo discepolidella Chiesa e non riformatori come si atteggia il Mur-ri; discepoli, saremo ascoltati, riformatori, saremmocondannati” (G. PECORA, op. cit. pagg. 381-382).

52) Don Albertario partecipò anche al II° Congres-so dell’Apostolato della Preghiera e della devozione alS. Cuore (17-21 novembre 1901) dove fu relatore as-sieme ad Achille Ratti, il futuro Pio XI.

53) G. PECORA, op. cit. pag. 362.54) Conf. Nota n° 38.55) G. PECORA, op. cit. pag. 366.56) G. PECORA, op. cit. pag. 377.57) G. PECORA, op. cit. pagg 382-383.

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Dottrina

La Chiesa è una societàsoprannaturale

don Giuseppe Murro

Nostro Signore ha istituito la ChiesaCattolica, come società gerarchica e

monarchica, dotata di un Magistero auten-tico e infallibile per insegnare la verità rive-lata e continuare la sua opera della Reden-zione. Se vogliamo conoscere più a fondo lecose di Fede, ci chiederemo: qual è la natu-ra intima della Chiesa? La natura di una so-cietà è determinata dal suo fine o bene so-ciale (1): conoscere il fine della Chiesa ci ri-velerà la sua natura intima.

La Chiesa ha un aspetto visibile e umano:il Sommo Pontefice governa con il potere ri-cevuto da Dio, comanda ai vescovi ed ai fe-deli, ecc. La Chiesa ha pure un aspetto invisi-bile e spirituale: è assistita da Dio nel suoMagistero infallibile, santifica le anime permezzo dei Sacramenti, ecc. Gesù Cristo haistituito la Chiesa con queste due parti essen-ziali. Esse sono entrambe soprannaturali e losi prova facilmente. Per l’aspetto invisibile èevidente: è finalizzato immediatamente allasantificazione delle anime (dare la grazia agliuomini ex opere operato). L’aspetto visibile èsoprannaturale perché pur essendo finalizza-to immediatamente al governo della Chiesa– ad installare una relazione morale tra supe-riore e inferiore – i termini di questa relazio-ne sono soprannaturali: il Superiore coman-da nella Chiesa per il potere ricevuto da Dio(2), l’inferiore obbedisce per il fatto di essere,col Battesimo, membro della Chiesa; inoltreil fine ultimo del governo è pure soprannatu-rale, perché è finalizzato, indirettamente, allasalvezza delle anime (dare la grazia agli uo-mini ex opere operantis).

Per meglio spiegare e provare questoasserto, vediamo innanzitutto gli errori chevi si oppongono; poi la dottrina della Chie-sa; infine daremo una prova di ragione fon-data sulla S. Scrittura.

Errori

Molti hanno considerato la Chiesa comeuna società esclusivamente o principalmen-te naturale.

BBiibblliiooggrraaffiiaa eesssseennzziiaallee::

• GIUSEPPE PECORA, In prigione in nome diGesù Cristo. Vita di don Davide Albertario, cam-pione del giornalismo cattolico. Centro LibrarioSodalitium – Centro Studi Davide Albertario, Ver-rua Savoia 2002, €€ 16,50.

• SAC. DAVIDE ALBERTARIO, Un Anno di Car-cere - 2557. Ufficio dell’Osservatore Cattolico diMilano 1900; riedito in stampa anastatica dal co-mune Filighera 2002 (qualche copia ancora dispo-nibile presso il C.L.S.).

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I Protestanti in genere negano che i mi-nistri della Chiesa abbiano il potere di san-tificare, d’insegnare infallibilmente, di go-vernare. Per i Luterani, N. Signore avrebbeaffidato alla Chiesa il solo ministero di pre-dicare il Vangelo; Dio darebbe la santifica-zione immediatamente ad ogni persona permezzo della fede “fiduciale” (3).

I Naturalisti e Razionalisti rifiutano l’or-dine soprannaturale e ciò che supera la for-za della ragione: considerano tutte le coseche appaiono soprannaturali o superiori al-le forze della natura come pure invenzionioppure tentano di spiegarle in maniera na-turale. Altri, influenzati da un certo cesaro-papismo, considerano la Chiesa come unasocietà avente un ruolo più politico che so-prannaturale. Altri ancora non consideranoche il lato giuridico della Chiesa dipende daquello soprannaturale. I Modernisti diconoche i mezzi di salvezza, che la Chiesa ritie-ne di aver ricevuto da Gesù Cristo, avreb-bero un’origine umana, spiegabile conun’evoluzione naturale.

L’insegnamento della Chiesa

Il Concilio Vaticano afferma che Dio haistituito la Chiesa per un fine soprannatura-le, per rendere perenne l’opera della reden-zione degli uomini: «L’eterno Pastore eguardiano delle nostre anime (Pietro, 2, 25)per perpetuare l’opera salutare della reden-zione, ha deciso di edificare la santa Chie-sa, nella quale, come nella casa del Dio vi-vente, tutti i fedeli fossero riuniti dal vinco-lo di una sola fede e di una sola carità… Al-lo stesso modo in cui Egli mandò gli Apo-stoli, che si era scelto nel mondo (Gv 15,19), come Lui stesso era stato mandato dalPadre (Gv 20, 21), così volle che nella suaChiesa vi fossero dottori e pastori “fino allafine del mondo” (Mt 28, 20)» (4).

Pio IX mette in evidenza le diverse fina-lità della società naturale e della Chiesa:l’una ha come fine di assicurare l’ordine

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pubblico, l’altra la salvezza delle anime:«La fede insegna e la ragione umana dimo-stra che esiste un duplice ordine di cose eche bisogna distinguere in terra due poteri,uno naturale che provvede alla tranquillitàe agli affari secolari della società umana,l’altro che ha origine soprannaturale e chepresiede alla città di Dio, cioè la Chiesa diCristo, istituita da Dio per la pace e la sal-vezza eterna delle anime» (5).

Leone XIII insegna che le parti giuridi-che della Chiesa hanno esistenza e valore sesono unite e sono sotto la dipendenza dellavita soprannaturale: “Sono in un grande efatale errore coloro i quali si foggiano inmente e a proprio arbitrio una Chiesa quasinascosta e non visibile; come pure coloroche la considerano un’istituzione umana,con una certa organizzazione, una disciplinae riti esterni, ma senza una perenne comuni-cazione di doni e della grazia divina, e senzaquelle cose che con aperta e quotidiana ma-nifestazione attestino che la sua vita sopran-naturale deriva da Dio. Come Cristo, nostroCapo ed esemplare, non è completo se inLui si considera la sola natura umana visibi-le… così il suo corpo mistico non è la veraChiesa se non in quanto le sue parti visibiliderivano la loro forza e la loro vita dai donisoprannaturali e dagli altri elementi invisibi-li; ed è da questa unione che risulta la naturapropria delle parti stesse visibili” (6). LeoneXIII vuol dire, spiega l’abbé Lucien, che “lanatura propria (il testo latino precisa: pro-pria ipsarum ratio ac natura) delle parti este-riori, visibili (partes conspicuæ) risulta (efflo-rescit) dalla loro unione con gli altri elementie i doni soprannaturali. E poiché quest’unio-

La natura di una società è de-terminata dal suo fine o benesociale: conoscere il fine del-la Chiesa ci rivelerà la sua na-tura intima

Papa Pio XII,quest’annoricorrono icinquant’-anni dallasua morte

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ne appartiene in proprio alla Chiesa, esclu-dendo ogni altra società, ne segue che secon-do Leone XIII anche gli elementi visibilidella Chiesa differiscono in natura dai loroomologhi delle società naturali” (7).

Pio XII spiega come la Chiesa - pur aven-do in comune con la società civile degli ele-menti sociali e giuridici voluti da Nostro Si-gnore – le è superiore per lo Spirito sopran-naturale: «La Chiesa, la quale deve ritenersiuna società perfetta nel suo genere, non con-sta soltanto di elementi ed argomenti sociali egiuridici. Essa è senza dubbio molto più ec-cellente di qualunque altra società umana e lasupera come la grazia supera la natura e co-me le cose immortali trascendono tutte le co-se caduche. Certo le altre società umane, e inspecie la Società Civile, devono essere tenutein non poco conto, ma nel loro ordinamentonon vi sono tutti gli elementi della Chiesa, co-me nella parte materiale del nostro corpomortale non vi è tutto l’uomo. Sebbene infattile ragioni giuridiche sulle quali anche la Chie-sa è fondata e costruita abbiano origine dallacostituzione divina datale da Cristo e contri-buiscano al conseguimento del suo fine so-prannaturale, tuttavia ciò che eleva la societàcristiana a quel grado che supera in modo as-soluto ogni ordine naturale, è lo Spirito delnostro Redentore che, come fonte di tutte legrazie, doni e carismi, pervade intimamentela Chiesa e opera in essa. Infatti come la com-pagine del nostro corpo mortale, benché siaopera meravigliosa del Creatore, pure distamoltissimo dall’eccelsa dignità dell’animo no-stro, così la struttura della società cristiana,benché sia tale da mostrare la sapienza delsuo divino Artefice, tuttavia è qualche cosa diordine del tutto inferiore, se si paragona aidoni spirituali di cui essa è dotata e con cui vi-ve, nonché alla divina loro sorgente (8)…

Perciò compiangiamo e riproviamo an-che il funesto errore di coloro i quali sogna-no una Chiesa ideale, una certa società ali-mentata e formata di carità cui (non senzadisprezzo) oppongono l’altra che chiamanogiuridica. Ma erroneamente suggerisconouna tale distinzione: poiché essi non avver-tono che il divin Redentore volle che il cetodi uomini da lui fondato fosse anche una so-cietà perfetta nel suo genere, munita di tuttigli elementi giuridici e sociali “per perpe-tuare sulla terra l’opera salutare della Re-denzione” (4). E perciò la volle arricchitadallo Spirito Santo di celesti doni e grazie…

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Nessuna vera opposizione o ripugnanza puòesistere tra la missione invisibile dello Spiri-to Santo e l’ufficio giuridico che i Pastori eDottori hanno ricevuto da Cristo. Che anziqueste due realtà si completano e perfezio-nano a vicenda (come in noi il corpo e l’ani-ma) e procedono da un solo identico Salva-tore, il quale, quando alitò sugli Apostoli,non solo disse: “Ricevete lo Spirito Santo”(Gv 20, 22), ma comandò anche a voce alta:“come il Padre mandò me, così io mandovoi” (Gv 20, 21), e altrove: “Chi ascolta voi,ascolta me” (Lc 10, 16)» (9).

Ancora Pio XII ci ricorda che Nostro Si-gnore è presente nella Gerarchia e presiedeai Concili: «Egli arricchisce divinamente iPastori e i Dottori, e specialmente il suoVicario in terra, dei doni soprannaturalidella scienza, dell’intelletto e della sapienzaaffinché custodiscano fedelmente il tesorodella Fede, lo difendano strenuamente, epienamente lo spieghino e diligentementelo ravvivino; Egli infine, sebbene non visto,presiede e guida i Concili della Chiesa» (10).

Pio XII ribadì la dottrina della MysticiCorporis, per cui le funzioni giuridiche dellaChiesa sono indirizzate al fine soprannatura-le: «Nella Nostra Enciclica sul Corpo misticodi Cristo abbiamo esposto come la “Chiesagiuridica” è bensì di origine divina, ma non ètutta la Chiesa; come essa in qualche modorappresenta soltanto il corpo, che deve esse-re vivificato dallo spirito, vale a dire dalloSpirito Santo e dalla sua grazia. Nella stessaEnciclica spiegavamo altresì come tutta laChiesa, nel suo corpo e nella sua anima,quanto alla partecipazione dei beni e al pro-fitto che ne deriva, è costituita esclusivamen-te per la “salvezza delle anime”, secondo laparola dell’Apostolo: “Omnia vestra sunt” (ICor 3, 22). Con ciò è indicata la superioreunità e il superiore scopo, cui sono destinatee si dirigono la vita giuridica e ogni giuridicafunzione nella Chiesa. Ne segue che anche ilpensiero, il volere e l’opera personalenell’esercizio di una tale attività debbonotendere al fine proprio della Chiesa: la salutedelle anime. In altri termini, il fine superiore,l’unità superiore non dice altro che “curadelle anime”, come tutta l’opera di Cristosulla terra fu cura delle anime, e cura delleanime fu ed è tutta l’azione della Chiesa» (11).

Da questi testi riassumiamo la dottrinadella Chiesa. La Chiesa è una società so-prannaturale perché il suo fine è sopranna-

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turale: assicurare la salvezza eterna delleanime. Per questo è superiore ad ogni so-cietà umana, anche la Società Civile. NellaChiesa vi è una parte visibile ed una invisi-bile, entrambe indispensabili. Tutti sonoconvinti che l’invisibile è soprannaturale.Lo è anche la parte visibile: non solo ricevela forza, ma la sua stessa natura risultadall’unione con gli elementi soprannaturali.Gesù è presente in essa, lo Spirito Santo lavivifica. Perciò non può essere paragonataalla società civile la quale non dipendedall’unione con elementi soprannaturali.

Prima prova: la Chiesa continua la missio-ne soprannaturale di Gesù Cristo

La Chiesa è stata costituita da N. Signo-re per continuare sulla terra la Sua missio-ne soprannaturale. Proviamolo.

Diciamo innanzitutto che la Chiesa èstata istituita per continuare la medesimamissione di Gesù Cristo. Gesù disse ai suoidiscepoli: “Chi ascolta voi, ascolta me; e chidisprezza voi, disprezza me. E chi disprezzame, disprezza colui che mi ha mandato” (Lc10, 16). Gesù ha istituito un Collegio diApostoli, al quale ha affidato la sua stessamissione: “Ho manifestato il tuo nome agliuomini che a me consegnasti… Adesso han-no conosciuto che tutto quello che hai dato ame, viene da te; perché le parole che desti ame, le ho date loro: ed essi le hanno ricevute,e hanno veramente conosciuto che sonouscito da te, e hanno creduto che tu mi haimandato… Io ho comunicato loro la tua pa-rola, e il mondo li ha odiati, perché non so-no del mondo, come io non sono del mon-do… Santificali nella verità. La tua parola èverità. Come tu hai mandato me nel mondo,così io li ho mandati nel mondo” (Gv 17, 6-17). Dopo la Resurrezione, Gesù confermòquesta missione: “Come il Padre mi hamandato, anch’io mando voi” (Gv 20, 21).

Ora il fine della missione che Cristo hasvolto è la santificazione soprannaturale,cioè la salvezza degli uomini. Già il nome diGesù indica la sua missione soprannaturale.“Gli porrai nome Gesù perché libererà il suopopolo dai loro peccati” (Mt 1, 21). Egli stes-so l’ha detto più volte: “Il Figliuolo dell’uo-mo è venuto a cercare e salvare ciò che eraperduto” (Lc 19, 10). “Sono disceso dal Cielonon per fare la mia volontà, ma la volontà dicolui che mi ha mandato… Questa è la vo-

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lontà del Padre mio che mi ha mandato, èche chiunque conosce il Figlio e crede in lui,abbia la vita eterna” (Gv 6, 38-40).

Quindi il fine della Chiesa è la santifica-zione soprannaturale, cioè la salvezza degliuomini.

Seconda prova: la legge primaria dellaChiesa ha come fine la salvezza sopranna-turale degli uomini

La legge primaria che Gesù volle darealla sua Chiesa, è costituita dai tre poteriche Egli le affidò: insegnare, governare,santificare (12). Il fine di questi poteri è lasalvezza e la santificazione soprannaturaledegli uomini. Quindi, il fine della Chiesa èla salvezza soprannaturale degli uomini.

a) Il potere di insegnare ha come fine lasalvezza. Così Gesù ha comandato “Predica-te il vangelo ad ogni creatura: chi crederà esarà battezzato sarà salvo, chi invece non cre-derà sarà condannato” (Mc 16, 15). La mis-sione di insegnare, spiega S. Paolo (Rom. 10,9-15), comporta la predicazione; la predica-zione è necessaria affinché gli uomini creda-no in Cristo, lo confessino ed invochino ilsuo nome; la confessione e l’invocazione delnome di Cristo è necessaria per ottenere lasalvezza. Perciò il potere di insegnare ha co-me fine la salvezza degli uomini.

b) Il potere di governare ha come fine lasalvezza. Nella Chiesa l’incarico di governareè la continuazione del medesimo incarico dipascolare il gregge che esercitò Gesù. Perquesto disse a S. Pietro: “Pasci i miei agnelli,pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 15-17).

Ora pascolare il gregge del Cristo ha co-me fine la salvezza soprannaturale degli uo-mini, come il Signore l’ha dichiarato nellaparabola del Buon Pastore: “Io sono ilbuon pastore. Il buon pastore dà la sua vitaper le sue pecore… E ho delle altre pecorel-le, le quali non sono di questo ovile: occorreche io raduni anche quelle, e ascolteranno lamia voce, e sarà un solo ovile e un solo pa-store… Ma voi non credete perché non sietedel numero delle mie pecore. Le mie pecoreascoltano la mia voce e io le conosco, ed es-se mi seguono. Ed io do ad esse la vita eter-na: e non periranno in eterno, e nessuno mele strapperà di mano” (Gv 10, 11-28).

Dunque il fine di governare è la salvez-za e la santificazione soprannaturale degliuomini.

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c) Il potere di santificare, come dice ilnome stesso, ha come fine la salvezza: non sitratta infatti, come dicono i Protestanti, del-la pura azione di predicare il Vangelo, macomporta il potere di dare la santificazione(13), di modo che i ministri sono veramente“coadiutori di Dio per mezzo dei quali il Cri-sto opera la salvezza” (Rom. 15, 15). Il finedel Battesimo è la rinascita dallo SpiritoSanto; della Cresima, è il conferimento deidoni dello Spirito Santo; dell’Eucarestia, è lapartecipazione della vita celeste ed eterna,per la quale i fedeli vivono per il Cristo; del-la Penitenza, è la vera remissione dei pecca-ti; dell’Estrema Unzione, è di alleviare e sal-vare l’infermo, e rimettere i suoi peccati;dell’Ordine, è di conferire la grazia ed il po-tere di compiere il ministero evangelico; delMatrimonio, di dare la grazia con la quale iconiugi possano imitare quell’unione e quel-la mutua dilezione, con cui Cristo è unito al-la Chiesa e l’ama.

Dunque il fine del potere di santificare,è la salvezza e la santificazione soprannatu-rale degli uomini.

Conclusione

Si è detto all’inizio di quest’articolo che“la dignità dei mezzi è considerata princi-palmente dal loro fine” (1). Ora si è provatoche il fine della Chiesa è soprannaturale.Perciò dobbiamo concludere che la Chiesaè una società soprannaturale. “La Chiesa èuna società divina per nascita: per il fine eper i mezzi è soprannaturale” dice LeoneXIII (14).

Ogniqualvolta si parla della Chiesa, nonsi può fare astrazione del suo aspetto so-prannaturale; quando la si paragona allasocietà civile o quando si pensa al suoaspetto giuridico e visibile, se si dimentica osi mette da parte quello soprannaturale, siperde la giusta concezione della Chiesa. Èper la parte soprannaturale che essa è supe-riore a qualsiasi società civile. È per la par-te soprannaturale, che il suo aspetto giuri-dico ha un valore. Dimenticarlo, sarebbeun errore simile a chi considerasse nell’uo-mo solo il corpo: benché esso sia pure ope-ra del Creatore, è inferiore all’anima, e,senza di essa, non sarebbe che un cadaveresenza vita. Così la parte giuridica dellaChiesa, benché voluta e istituita da Cristostesso, benché contribuisca alla santifica-

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zione delle anime, è animata dallo Spiritodel Redentore, riceve la forza e la vita dallaparte soprannaturale, senza la quale, per-dendo la sua natura propria, sarebbe comeun corpo senz’anima.

Note

1) S. Th. I II, q. 1 a. 3; II II, q. 174 a. 2: “La dignitàdei mezzi è considerata principalmente dal loro fine”.

2) Il Papa riceve il potere di giurisdizione diretta-mente da Dio; gli altri Superiori nella Chiesa lo rice-vono dal Papa.

3) La fede che riposa nella sola fiducia in Dio, sen-za necessità delle nostre buone azioni.

4) Conc. Vat., Pastor Aeternus, 14-7-1870, DS 3050.5) PIO IX, Etsi multa luctuosa, 21-11-1873, Enchiri-

dion delle Encicliche, EDB, 1996, T. 2, n. 516.6) LEONE XIII, Satis Cognitum, 29-6-1896, Insegna-

menti Pontifici (designato con la sigla: I. P.), n. 543.7) «Ricordiamo che “L’analogo è un predicato che

conviene a molti secondo una ragione essenzialmentediversa, simile tuttavia sotto un certo rapporto” (CfMaquart, Elementa Philosophiæ, T. 1, pp. 97-98)»(NdA). ABBÉ BERNARD LUCIEN, “La situation actuellede l’Autorité dans l’Eglise. La Thèse de Cassiciacum”,Documents de Catholicité, 1985, pag. 42 e nota.

8) PIO XII, Mystici Corporis, 29-6-1943, I. P. LaChiesa, n. 1062.

9) Ibidem, I. P. 1064.10) Ibidem, I. P. 1049.11) PIO XII, L’inaugurazione del nuovo anno, ai

Membri del Tribunale della S. R. Rota, 2-10-1944, I. P.La Chiesa, n. 1135.

12) N. Signore “partecipò agli Apostoli e ai lorosuccessori una triplice potestà: di insegnare, di gover-nare e di condurre gli uomini alla santità, costituendotale potestà, ben definita da precetti, diritti e doveri,come legge primaria della Chiesa universale”, PIO XII,Mystici Corporis, ibidem, I. P. n. 1038.

13) I ministri della Chiesa agiscono non per dirittoproprio, ma strumentalmente e per diritto vicario diGesù Cristo.

14) LEONE XIII, Satis Cognitum, 29-6-1896, I. P. 579.

Ultimamente è stata mossa un’obiezione allaTesi di Cassiciacum. Nella società civile, se

in una nazione s’installa un governo illegitti-mo, le sue leggi sono normalmente invalide;però se alcune di esse servono per il bene comu-ne, in tal caso sono valide e dunque obbligato-rie per i sudditi; questo governo può anche di-ventare legittimo se alla lunga riesce ad assicu-rare il bene comune della società. L’obiezioneimmagina dunque che la medesima cosa stia ac-cadendo attualmente nella Chiesa: BenedettoXVI sarebbe legittimo pastore perché assicure-rebbe un certo bene comune, per esempio, no-minando i vescovi nelle varie diocesi, ed impe-

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dendo che la parte giuridica della Chiesa finiscanell’anarchia. Quest’obiezione non tiene contoche nella Chiesa la parte giuridica dipende daquella soprannaturale, da cui riceve forza e vita.Perciò si risponde facilmente: il fine di ogni so-cietà umana è di assicurare il bene comune na-turale; il fine della Chiesa è soprannaturale, as-sicurare la gloria di Dio e la salvezza delle ani-me (definito, da P. Guérard, Fine-Bene dellaChiesa). Quest’ultimo non può essere raggiun-to che per mezzo dell’assistenza dello SpiritoSanto o della comunicazione dell’Autorità daparte di Gesù Cristo (“essere con”) al suo Vica-rio. Questa comunicazione Gesù la dà in ma-niera permanente a colui che ha il propositoabituale di voler assicurare la gloria di Dio e lasalvezza delle anime. Perciò la persona elettanel legittimo conclave deve avere il propositoabituale e oggettivo di volere il Fine-Bene dellaChiesa, proposito visibile dai suoi atti esterni.La sua intenzione soggettiva o i motivi più pro-fondi da cui è animato riguardano la sua co-scienza di cui Dio solo è giudice; non possono enon devono interessare i fedeli. Se la personaeletta non ha questo proposito abituale, nonpuò ricevere la comunicazione da parte di Cri-sto. E Gesù Cristo non dà la comunicazione inmaniera discontinua o temporanea: se così fos-se, sul soglio di Pietro vi sarebbe qualcuno chetalvolta è Papa e talvolta no, e ciò distruggereb-be il principio stesso dell’Autorità. Se questacomunicazione manca, la persona eletta nonpuò raggiungere il Fine della Chiesa. Pretende-re ch’egli possa ottenere il Fine della Chiesasenza quest’assistenza, o pensare che il bene co-mune della Chiesa consista nel mantenimentodella gerarchia e non nella gloria di Dio e lasalvezza delle anime, vuol dire attribuire allaChiesa soprannaturale esattamente quelle coseche appartengono formalmente ad una societàumana naturale ed è, in pratica, considerare laChiesa come una società naturale. Invece, datoche la Chiesa è una società essenzialmente so-prannaturale, la nomina dei vescovi sulle dioce-si riguarda solo il suo aspetto materiale, e neassicura la continuazione.

Quest’obiezione era stata già mossa alla Te-si trent’anni fa, e P. Guérard aveva risposto sulprimo numero dei Cahiers de Cassiciacum (1),alle pagg. 90-99, che ripubblichiamo qui di se-guito. Anche nel libro dell’abbé Bernard Lu-cien “La situation actuelle de l’Autorité dansl’Eglise. La Thèse de Cassiciacum” l’argomentoè trattato alle pagg. 41-51.

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Un’obiezione alla Tesi diCassiciacum. La risposta di

P. Guérard des Lauriers

Terza opinione contraria alla tesi

Paolo VI è papa quando è cattolico. IlCardinal Montini non è «papa», o in

ogni caso non deve essere seguito, quandonon è cattolico.

a) Questa terza opinione suppone che siignori «l’intuizione» che fonda apparente-mente la seconda opinione (2).

Ammettere che il «papa» possa esserecattolico, ma solo occasionalmente, vuol di-re ammettere che l’Autorità è, nella Chie-sa, esattamente quel che è in ogni collettivoumano. L’autorità che non assicura più laresponsabilità che dovrebbe assumere, puòtuttavia dare degli ordinamenti che oggetti-vamente sono validi, e che di fatto obbliga-no, perché sono giustificati dal bene comu-ne; e perché, nell’ordine naturale, l’autorità«che viene da Dio» (Rom. 13, 1) non ha al-tro fondamento prossimo che la realizza-zione del bene comune.

Invece nella Chiesa non può essere così.Il Papa non può essere «cattolico» solo

occasionalmente. O il Papa è «cattolico»,ed è Papa in tutti gli atti che compie; deveessere seguito in ciascuno dei suoi ordina-menti, cioè abitualmente. Oppure il papanon è «cattolico»; e non ha il diritto di esse-re seguito, perché non è Papa formalmente.O l’uno o l’altro. L’uno esclude l’altro.

La ragione è, ripetiamolo (§ 2, b 2), che«realizzare il Bene-Fine» è solamente, nellaChiesa, la condizione sine qua non, e perquesto il segno dell’Autorità. Il «costitutivoformale» (3) dell’Autorità è la Comunica-zione dell’«essere con» esercitata dal Cristoverso la persona (fisica e) morale che è ca-pace di riceverla.

Questa Comunicazione è permanente daparte del Cristo, come il proposito di com-piere il Bene-Fine deve essere abitualenell’Autorità.

Non si tratta di una Comunicazione permodum actus, che sarebbe data per certi at-ti e non per altri, che renderebbe il Papa«cattolico» in certe occasioni, e non in ognioccasione. (…) Estendere questo regimeall’esercizio del Magistero ordinario, sareb-be rovinare il principio di autorità tale qua-le è stato istituito nella Chiesa. Ciò porte-

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rebbe a dissociare l’una dall’altra due enti-tà; da una parte, il papa come persona fisi-ca, entità permanente; dall’altra, il papa inquanto papa, entità sporadica esistente solonegli atti ove il Papa è «cattolico».

Questa terza opinione è dunque inaccet-tabile.

Essa è gravemente ipotecata di naturali-smo, poiché assimila l’Autorità tale quale è,nella Chiesa, istituita divinamente, a quelche è l’autorità in un collettivo umano cheappartiene solo all’ordine naturale.

Questa terza opinione vuol conciliare il«dovere di disobbedire» e il riconoscimentodell’Autorità. Essa si annichilisce nellanon-coerenza. Perché se vi è Autorità, vi èdovere di obbedire; e se non vi è Autorità,il «dovere di disobbedire» è tanto assurdoquanto quello di obbedire.

b) Questa terza opinione è il risultatodella tesi: «Paolo VI è liberale; tutto si spie-ga perché Paolo VI sfocia nel liberalismo».

Che il liberalismo spieghi il comporta-mento adottato dal Cardinal Montini, èpossibile. Ma non bisogna confondere lacausa formale con la causa efficiente, con-fondere «ciò che è una cosa in sé stessa»con quel che ne concerne soltanto la genesi.Se è vero «che si conosce bene solo ciò chesi vede nascere», è l’errore dello storicismoe della psicanalisi di identificare tutte lerealtà, la personalità umana in particolare,con quel che ne è soltanto il processo a par-tire dall’origine.

Che il Cardinal Montini sia «connatural-mente» un liberale, e in che modo e in qualgrado, Dio lo sa, Dio Solo; il CardinalMontini l’ignora, visceralmente.

Che il Cardinal Montini sia divinamenteispirato rivelando qual è, in verità, la sov-versione di cui è preda la Chiesa, con dellemanifestazioni spettacolari di fornicazionementale con i nemici della Chiesa, questoDio lo sa, Dio Solo; il Cardinal Montinistesso l’ignora molto probabilmente; nonha da saperlo, in quanto esecutore.

Che il Cardinal Montini «soffra persecu-zione per la giustizia», che sia violentato,sminuito, schernito, e che sia il più santodei Papi che vi siano stati, questo Dio lo sa,Dio Solo assolutamente. Perché, certamen-te, il Cardinal Montini non lo sa che «for-se», poiché lui stesso l’ha affermato: «In al-cune nostre note personali, troviamo a que-sto proposito (dell’elezione pontificia):

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“Forse il Signore mi ha chiamato a questoservizio (del Sommo Pontificato) non per-ché ne abbia qualche attitudine, non perchéio governi la Chiesa e la salvi dalle sue diffi-coltà presenti, ma affinché io soffra qualco-sa per la Chiesa, e affinché appaia chiara-mente che è Lui, e non un altro, che la gui-da e la salva”. Noi vi affidiamo questo sen-timento, non certo per fare un atto pubbli-co – e dunque vanitoso – d’umiltà, ma af-finché a voi pure sia dato di rallegrarvi del-la tranquillità che proviamo noi stessi nelpensare che non è la nostra mano debole edinesperta che è sulla barca di Pietro, maproprio la mano invisibile del Signore Ge-sù, la sua mano forte e amante».

Ma queste cose che noi siamo inclini, indefinitiva, ad ignorare, precisamente nonabbiamo bisogno di conoscerle perché pri-mordialmente non dobbiamo conoscerle.Non è né indispensabile e neppure utile per ifedeli, scrutare quali possono essere al forointerno le disposizioni del Cardinal Montini,cercare di determinare se è «liberale» e inqual grado, se egli non sia la replica neo-te-stamentaria del profeta Osea (4), oppure unmartire immolato alla Verità?

Queste disposizioni, secondo la loro na-tura e considerate in esse stesse, apparten-gono al rapporto che il Cardinal Montinimantiene con Dio. Nessuno né ne può, néne deve giudicare: «Non giudicate» (Mt 7,1); «Della disposizione d’animo o intenzio-ne, che per natura è interiore, la Chiesanon giudica; ma la Chiesa ne deve giudicarein quanto essa è manifestata» (5). Quel che ifedeli hanno bisogno di sapere, non è qualepuò essere il liberalismo, o il profetismo, ola santità del Cardinal Montini. Quel chehanno il dovere di cercare di conoscere, apartire da ciò che essi osservano del Cardi-nal Montini, è questo: Formaliter è papa ono? SI, NO, tertium non datur.

Se è Papa formaliter, bisogna obbedirgli.Se non è papa formaliter, non bisogna

prenderlo in considerazione: e neanche, esoprattutto, bisogna chiedergli nulla; oppu-re nominarlo «una cum Ecclesia sancta ca-tholica», al Canone che egli ha invano cer-cato di obrogare… È questo secondo atteg-giamento che ci sembra essere il vero, per-ché è il solo ad essere coerente con i fatti.

Domenica della Pentecoste, 14 maggio 1978.M. L. Guérard des Lauriers, o.p.

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IInn mmeemmoorriiaammMMoonnss.. MMiicchheell LLoouuiiss GGuuéérraarrdd ddeess LLaauurriieerrss oo..pp..

25 ottobre 1898 † 27 febbraio 1988

“Per dire vero, bisogna vivere veri. Non si può sentire come la verità misura le cose e le vite,che se noi stessi viviamo nella verità”.

da “La carità della verità”

« Ora tutto tace, come al termine della mia vita; non ci siete che Voi, ed io di fronte a Voi.Nulla più esiste, tranne Voi, sulla vostra Croce, ed io che Vi guardo; Vi guardo, tendo versoVoi con ogni fibra del mio cuore, compatendo: ed ecco che sono trasformato dal Vostro mi-stero. Vorrei entrare nella vostra sofferenza, comprendere tutte le torture dell’anima e delcorpo: è meravigliosa la gioia che mi inonda, la felicità, l’inesprimibile riposo; angoscie, tri-stezza, amarezza, tutto si dissipa. »

Da “La via regale”di P. Guérard des Lauriers o.p. �

25-10-1898: Nasce a Suresnes, vicino a Parigi1921: entra alla Scuola Normale Superiore, conse-

gue l’aggregazione in matematica1925: entra nell’ordine domenicano, prende il no-

me di Ludovico Bertrando1930 è membro della Società Matematica di

Francia1931: è ordinato sacerdote1933: Lettore nell’ordine di S. Domenico (equiva-

lente della laurea)1933-1970: è professore al Saulchoir e poi all’Uni-

versità del Laterano a Roma1969: redige il “Breve esame critico del N.O.M.” che

sarà sottoscritto dai cardinali Ottaviani e Bacci1978: pubblica la “Tesi di Cassiciacum”7-05-1981: è consacrato vescovo da Mons Pierre

Martin Ngô-dinh-Thuc, già Arcivescovo di Hué27-02-1988: muore a Cosne-sur-Loire, ed è sepolto

nel cimitero di Raveau.

Note

1) Cahiers de Cassiciacum, Etudes de Sciences Re-ligieuses, vol. 1, cap. IV: “Le Cardinal J. B. Montinin’est plus pape formaliter. Preuve de cette affirma-tion”. Association Saint-Herménégilde, Nice, Mai1979, pagg. 90-99.

2) Ndr: di questa «intuizione» P. Guérard ne avevaparlato alle pagg. 88-89, rispondendo alla seconda obie-zione, che riproduciamo qui di seguito: «Seconda opi-nione contraria alla “tesi”. Paolo VI è papa; ha dunqueil diritto all’obbedienza incondizionata. Questa opinio-ne riposa su un’intuizione che è giusta in sé stessa, ben-ché riposi concretamente su un argomento falso.

Se il Papa è veramente Papa, è lui che è giudicedel rapporto che sostiene tale determinazione even-tuale con il Bene-Fine che è affidato alla Chiesa. Sedunque il Papa è veramente Papa, bisogna obbedirgli;è al Cristo stesso che si obbedisce nella persona delsuo Vicario: “chi ascolta voi, ascolta Me” (Lc 10, 16).

Se il Papa è veramente Papa, è vano, per rifiutareuno dei suoi ordinamenti, addurre che quest’ordina-

mento vada contro il Bene divino che è il Fine dellaChiesa. Questo è vano perché, sempre, appartieneall’Autorità di giudicare qual è il rapporto di una cosacon il fine comune; e perché, se il Papa è veramente Pa-pa, egli ha l’Autorità.

Coloro che sostengono quest’opinione si fondanodunque su un’intuizione giusta, cioè che nella Chiesal’Autorità implica sempre un’assolutezza propria: for-maliter, essa procede “dall’Alto”; il riferimento al Be-ne-Fine ne è la condizione sine qua non, e per questo ilfondamento nell’ordine creato; esso non ne è il costi-tutivo istituito da Dio».

3) Chiamiamo «costitutivo formale» dell’autorità,«quel che costituisce formalmente l’Autorità», o «la real-tà determinante che in proprio gli conferisce l’essere».

4) Ndr: Osea, vissuto nell’VIII sec. a.C., profetizzòcon dolore le disgrazie che sarebbero capitate adIsraele per le sue infedeltà verso il Signore.

5) «De mente vel intentione, utpote quæ per sequidam est interius, Ecclesia non iudicat; at quatenusextra proditur, judicare de ea debet» (Leone XIII,Litt. Enc. Apostolicæ Curæ, 13-9-1898, DS 3318).

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IInn mmeemmoorriiaamm MMoonnss.. MMiicchheell LLoouuiiss GGuuéérraarrdd ddeess LLaauurriieerrss oo..pp..

1 - Michel Guérard des Lauriers, studentedi matematica che pensa già alla vocazio-ne religiosa.2 - Giovane frate domenicano con il nomedi Ludovico Bertrando.3 - Appena ordinato sacerdote il 2 agosto1931 (il padre è il terzo da sinistra in piedi).4 - 1972 Padre Guérard, sempre con lavaligia in mano per celebrare “l’oblatiomunda” per il bene delle anime.5 - Mons. Guérard insieme a Mons NgoDinh Thuc a Tolone il 7 maggio 1981 ilgiorno della sua consacrazione episcopale.

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Video in omaggio a Mons Guérard su internet:http://it.youtube.com/watch?v=QaqvjvF4QeU

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IInn mmeemmoorriiaamm MMoonnss.. MMiicchheell LLoouuiiss GGuuéérraarrdd ddeess LLaauurriieerrss oo..pp..

6 - Mons Guérard des Lauriers, in abitipontificali a Torino nel 1987.7 - Mons. Guérard insieme al domenicanoMons. Robert McKenna, da lui consacra-to Vescovo a Raveau nel 1986.8 - Monsignore, tra i suoi libri nel suo stu-dio a Raveau.9 - La tomba di Mons. Guérard nel cimite-ro di Raveau.10 - Durante la sua ultima malattia Mons.Guérard scherza con don Murro.

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Lo stemma episcopale di Monsi-gnor Guérard des Lauriers

Se desiderate ricevere il Memen-to di Padre Guérard, edito per iventi anni dalla morte, scrivete inredazione

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Le risposte della Congregazio-ne per la Dottrina della Fede

su Lumen Gentium n. 8don Francesco Ricossa

Il 10 luglio 2007, pochi giorni dopo la pub-blicazione del Motu proprio Summorum

Pontificum sul Messale Romano, è stato re-so pubblico un documento della Congrega-zione per la Dottrina della Fede, datato 29giugno ed intitolato “Risposte a quesiti ri-guardanti alcuni aspetti circa la dottrina sul-la Chiesa”. Di fatto, si tratta di un’interpre-tazione che si vuole “autentica” (ovveroautorevole) del famoso passaggio della co-stituzione dogmatica sulla Chiesa del Con-cilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 8, nelquale è detto che la Chiesa di Cristo “sussi-ste nella” (subsistit in) Chiesa cattolica.

Nel giro di pochi giorni, quindi, sono sta-ti nuovamente affrontati i due elementi prin-cipali dell’attuale crisi o tempesta che scuotela Chiesa da quarant’anni: la riforma liturgi-ca, e la dottrina del Vaticano II. Anticipan-do le conclusioni di quest’articolo, posso di-re che questi due documenti non risolvonoaffatto la crisi dottrinale aperta dal Concilio;il fatto stesso però che si inizi a prendere inconsiderazione il problema, ammettendoche esiste una difficoltà, è da considerarsiqualcosa di positivo, a condizione appuntodi non accontentarsi di risposte insufficienti.

Il contesto della risposta: ancora ““ll’’eerrmmee--nneeuuttiiccaa ddeellllaa ccoonnttiinnuuiittàà”” in difesa delVaticano II

Il Documento della Congregazione perla Dottrina della Fede [CDF in seguito] èstato visto da molti come uno dei passi piùrilevanti di Benedetto XVI nella prospetti-va di correggere in senso cattolico la dottri-na del Vaticano II e di far uscire la Chiesadal disastroso periodo conciliare. In questomedesimo senso sono stati interpretati altridocumenti di Joseph Ratzinger, che risalgo-no a tempi precedenti la sua elezione (co-me, nel 2000, la dichiarazione Dominus Je-sus della medesima Congregazione) o sus-seguenti (come il discorso alla Curia Roma-

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na del 22 dicembre 2005; cf Osservatore Ro-mano del 23 dicembre 2005, pp. 1 e 4-6, elo stesso Motu Proprio Summorum Pontifi-cum). Senza dubbio, l’interpretazione diLumen Gentium che sto per commentare èespressiva del pensiero di Joseph Ratzingersul Vaticano II e la Chiesa; non si tratta pe-rò di una novità: l’impostazione di fondo sitrova di già – ad esempio – nel libro-intervi-sta di Vittorio Messori e Joseph Ratzinger,Inchiesta sulla fede (ed. Paoline, 1985). Peressere più precisi, e senza voler negarel’originalità del pensiero di Ratzinger, lamedesima posizione, proprio sull’interpre-tazione di Lumen Gentium n. 8, si trova giàsostanzialmente nel commento che ne fecenel 1987 – durante dei convegni ecumenisti– il “conciliarissimo” cardinal Willebrands,allora presidente del Segretariato perl’Unità dei Cristiani: “Pur riconoscendol’importanza del cambiamento di terminolo-gia della parola ‘est’ a ‘subsistit in’, mi sem-bra necessario far notare che il Concilio nonha voluto rompere con la dottrina dell’Enci-clica ‘Mystici Corporis’ [di Pio XII]. I Padriconciliari hanno cercato piuttosto uno svi-luppo e un approfondimento del pensierofondamentale dell’Enciclica” (1). In definiti-va, questo documento del 2007 non si di-scosta – e ciò non dovrebbe suscitare alcunstupore – dalla linea interpretativa che Gio-vanni XXIII e Paolo VI stessi dettero delConcilio e che infatti questo documentorammenta e fa sua.

Qual’è questa linea interpretativa?Quella della continuità tra la precedentedottrina della Chiesa e l’insegnamento delVaticano II. Qual è lo scopo di questa lineainterpretativa? (e questo non tutti lo vo-gliono capire): difendere e salvare il Vati-cano II. Chi sono gli avversari che questa li-nea interpretativa ha nel mirino? Gli ultra-modernisti – che vogliono andare oltre ilConcilio – ma anche, ed altrettanto (se nondi più) i cosiddetti “tradizionalisti” che non

LL''OOSSSSEERRVVAATTOORREE RROOMMAANNOO Nel giro di pochi giorni, sonostati affrontati i due elementiprincipali dell’attuale crisi o tem-pesta che scuote la Chiesa daquarant’anni: la riforma liturgica,e la dottrina del Vaticano II.

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hanno accettato il Concilio (senza distinzio-ne tra “sedevacantisti” e “lefebvriani”). Lodice chiaramente Mons. Amato, segretariodella Congregazione per la dottrina dellafede (che in quanto tale ha sottoscritto, colcardinal Levada, il documento che esami-no) in una intervista rilasciata a SandroMagister: “Ci sono interpretazioni che, daparti contrapposte, vorrebbero che con l’ul-timo Concilio ci sia stata una rottura con latradizione della Chiesa Cattolica. Alcuniascrivono questo presunto fatto come unagloria del Concilio stesso, altri come unasciagura. Ebbene, non è così” (http//chie-sa.espresso.repubblica.it).

Joseph Ratzinger in difesa del Vaticano II;ieri e oggi, oggi come ieri

Rileggiamo, allora, “Rapporto sulla Fe-de”: nelle parole del cardinal Ratzinger,troveremo preannunciata la linea ispiratri-ce di Benedetto:

“Sull’importanza, la ricchezza, l’oppor-tunità, l’imprescindibilità dei grandi docu-menti del Vaticano II – scriveva e opinavaMessori nel lontano 1985 – nessuno che siae voglia restare cattolico nutre – né può nu-trire – dubbi al proposito. A cominciare, na-turalmente, dal Cardinale Prefetto dellaCongregazione per la Dottrina della fede[all’epoca, Ratzinger]. Ricordarlo sembrapiù ridicolo che superfluo (…) [molti lefeb-vriani oggi lo dimenticano, n.d.a.]. Eppure,non solo erano ben chiare le parole che ri-portavamo del card. Ratzinger a ferma dife-sa del Vaticano II e delle sue decisioni; maquelle parole erano state da lui più e più vol-te ribadite in ogni sede. Tra gli innumerevoliesempi possibili, c’è un suo intervento in oc-casione dei dieci anni dalla chiusura delConcilio, nel 1975. A Bressanone gli ho ri-letto le parole di quell’intervento, sentendoloconfermare che vi si riconosce ancora inte-ramente, Scriveva dunque già dieci anni pri-ma del nostro colloquio: ‘Il Vaticano II staoggi sotto una luce crepuscolare. Dalla co-siddetta ala ‘progressista’ è ritenuto da tem-po completamente superato (…). Dalla par-te opposta, dall’ala ‘conservatrice’, è ritenu-to responsabile dell’attuale decadenza dellaChiesa cattolica e persino giudicato aposta-sia rispetto al Concilio di Trento ed al Vati-cano I:: ttaannttoo cchhee qquuaallccuunnoo ssii èè ssppiinnttoo aallppuunnttoo ddii cchhiieeddeerrnnee uunn aannnnuullllaammeennttoo oo uunnaa

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rreevviissiioonnee cchhee eeqquuiivvaallggaa aa uunn aannnnuullllaammeenn--ttoo.. Continuava: ‘Nei confronti di eennttrraammbbeele posizioni contrapposte, va precisato in-nanzitutto che iill VVaattiiccaannoo IIII èè ssoorrrreettttoo ddeell--llaa sstteessssaa aauuttoorriittàà ddeell VVaattiiccaannoo II ee ddeell TTrrii--ddeennttiinnoo,, ee cciiooèè,, iill PPaappaa ee iill ccoolllleeggiioo ddeeii vvee--ssccoovvii iinn ccoommuunniioonnee ccoonn lluuii.. Dal punto divista dei contenuti va poi ricordato che ilVaticano II si pone in stretta continuità con idue Concilii precedenti e li riprende letteral-mente in punti decisivi’. Da qui, Ratzingerderivava due conseguenze: ‘Primo: è impos-sibile per un cattolico prendere posizione infavore del Vaticano II e contro Trento o ilVaticano I. (…) E ciò valga per il cosiddetto‘progressismo’almeno nelle sue forme estre-me. Secondo: aalllloo sstteessssoo mmooddoo èè iimmppoossssiibbii--llee ddeecciiddeerrssii aa ffaavvoorree ddii TTrreennttoo ee ddeell VVaattii--ccaannoo II ee ccoonnttrroo iill VVaattiiccaannoo IIII.. CChhii nneeggaa iillVVaattiiccaannoo IIII nneeggaa ll’’aauuttoorriittàà cchhee rreeggggee gglliiaallttrrii dduuee CCoonncciilliiii e così li stacca dal lorofondamento. EE cciiòò vvaallggaa ppeerr iill ccoossiiddddeettttoo‘‘ttrraaddiizziioonnaalliissmmoo’’, anch’esso nelle sue formeestreme. Davanti al Vaticano II ogni sceltadi parte distrugge un tutto, la storia stessadella Chiesa, che può esistere solo come uni-tà indivisibile’ (…) Dunque, la sua parolad’ordine, l’esortazione a tutti i cattolici chevogliono rimanere tali, nnoonn èè cceerrttoo uunn ‘‘ttoorr--nnaarree iinnddiieettrroo’’;; bbeennssìì ‘‘ttoorrnnaarree aaii tteessttii aauu--tteennttiiccii ddeell VVaattiiccaannoo IIII aauutteennttiiccoo’’. PPeerr lluuii,,mmii rriippeettee,, ‘‘ddiiffeennddeerree ooggggii llaa TTrraaddiizziioonnee vvee--rraa ddeellllaa CChhiieessaa ssiiggnniiffiiccaa ddiiffeennddeerree iill CCoonn--cciilliioo.. È anche colpa nostra se abbiamo datotalvolta il pretesto (sia alla ‘destra’ che alla‘sinistra’) di pensare che il Vaticano II siastato uno ‘strappo’, una frattura, un abban-dono della Tradizione. C’è invece una conti-nuità che non permette né ritorni all’indietroné fughe in avanti; né nostalgie anacronisti-che né impazienze ingiustificate. (…) Criticoa ‘sinistra’, Ratzinger si mostra inequivoca-bilmente severo anche a ‘destra’, vveerrssoo qquueellttrraaddiizziioonnaalliissmmoo cchhee èè ssiimmbboolleeggggiiaattoo ppeerr llooppiiùù ddaall vveecccchhiioo vveessccoovvoo MMaarrcceell LLeeffeebbvvrree..MMii hhaa ddeettttoo aall pprrooppoossiittoo:: ‘‘NNoonn vveeddoo aallccuunnffuuttuurroo ppeerr uunnaa ppoossiizziioonnee cchhee ssii oossttiinnaa iinnuunn rriiffiiuuttoo ddii pprriinncciippiioo ddeell VVaattiiccaannoo IIII””..Anche l’apertura ai “tradizionalisti” ha co-me scopo far loro accettare il Vaticano II:“Dobbiamo impegnarci per la riconciliazio-ne, fin tanto che e per quanto è possibile, eusare tutte le opportunità concesseci a que-sto scopo. (…) La sua ricetta per ‘smontare’il caso Lefebvre e altre resistenze anacroni-

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stiche – commenta Messori – sembra ri-echeggiare quella degli ultimi Papi, da Pao-lo VI a oggi: ‘Simili situazioni così assurdehanno potuto reggere sino ad ora proprionutrendosi dell’arbitrarietà e dell’impruden-za di certe interpretazioni conciliari di segnoopposto. È un ulteriore impegno a mostrareil vero volto del Concilio:: ccoossìì ssii ppoottrraannnnoottrroonnccaarree qquueessttee pprrootteessttee ffaallssee’’”” (2). Bene-detto non parla diversamente da Giuseppequando – nel discorso natalizio alla CuriaRomana del 22 dicembre 2005 – invocò peril Concilio l’ermeneutica del rinnovamentonella continuità opponendola a quella delladiscontinuità e della rottura (3).

Il pensiero di Ratzinger è chiaro, e sa-rebbe anche esatto se – sottolineo: se – fos-se vero che l’insegnamento del Vaticano IIè conciliabile con quello della Chiesa. Que-sto è il punctum dolens, ed a questo miranola Dominus Jesus, la Summorum Pontifi-cum, e l’interpretazione di Lumen gentiumdi cui trattiamo. Non capisco invece comepossano gli attuali discepoli di Mons. Le-febvre rallegrarsi della messa in pratica diun programma come quello ratzingerianoche ha come scopo quello di “troncare” e“smontare” le loro “false proteste” per fartrionfare il Vaticano II. L’unica spiegazioneè che i laudatori di Benedetto siano, con-sciamente o no, di coloro che – come dice-va Ratzinger a Messori – “sperano nella ri-conciliazione ee ssoolloo iinn ttaallee ssppeerraannzzaa rrii--mmaannggoonnoo nneellllaa ccoommuunniittàà ssaacceerrddoottaallee ddiimmoonnss.. LLeeffeebbvvrree” (p. 31) perché si sono con-vinti che altrimenti per loro “non c’è alcunfuturo” (p.29), almeno… in questa vita!

Il tallone d’Achille dei neo-modernisti: laFede è immutabile

L’argomentare del cardinale Ratzinger –abbiamo visto – sarebbe esatto se fosse pos-sibile dimostrare che l’insegnamento del Va-

ticano II è compatibile con quello dellaChiesa; per quel che riguarda il presente ar-ticolo, in particolare, se la dottrina di LumenGentium e Unitatis redintegratio (4) fossecompatibile con quello delle encicliche diPapa Pio XII Mystici Corporis e Humani ge-neris. Quod est demonstrandum! Benché ilneo-modernismo abbia occupato tutti i postidi responsabilità nella Chiesa, e le forze dichi si oppone a questi nuovi vecchi errorisiano infatti irrisorie, resta pur sempre il lo-ro punto debole, vero tallone d’Achille, chemina alla base ogni loro legittimità: l’impos-sibilità di conciliare le loro dottrine riforma-te con l’insegnamento della Chiesa e la Veri-tà rivelata da Dio; e nello stesso tempo l’as-soluta necessità di dimostrare questa conci-liabilità, sotto pena, appunto, di essere rico-nosciuti come “autorità” illegittima. Ogniautorità, nella Chiesa, si basa sulla Fede.

Per questo, Benedetto XVI – come i suoiimmediati predecessori - non può fare a me-no di rivendicare la fedeltà del Vaticano IIal Concilio di Trento, al Vaticano I, a tuttala tradizione della Chiesa. Già nel succitatodiscorso alla Curia, Benedetto XVI avevarammentato che è impossibile cambiare “lacostituzione essenziale della Chiesa” che“viene dal Signore”. Ancora più esplicito iltesto che commentiamo; al primo quesito:“Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forsecambiato la precedente dottrina sulla Chie-sa?” si risponde: “Il Concilio Ecumenico Va-ticano II né ha voluto cambiare né di fatto hacambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svi-lupparla, approfondirla ed esporla più am-piamente. Proprio questo affermò con estre-ma chiarezza Giovanni XXIII all’inizio delConcilio. Paolo VI lo ribadì e così si espressenell’atto di promulgazione della CostituzioneLumen Gentium. ‘E migliore commentosembra non potersi fare che dicendo che que-sta promulgazione nulla veramente cambiadella dottrina tradizionale. Ciò che Cristovolle, vogliamo anche Noi pure. Ciò che era,resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò,Noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò cheera semplicemente vissuto, ora è espresso; ciòche era incerto, è chiarito: ciò che era medita-to, discusso, e in parte controverso, ora giun-ge a serena formulazione’”. Tale è la pretesadei riformatori (espressa anche nella dichia-razione conciliare Dignitatis humanae sullalibertà religiosa, ad esempio) e non può es-sere altrimenti, se essi vogliono ancora dirsi

Joseph Ratzinger, durante la recente visita alla Sina-goga di New York (foto Osservatore Romano)

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cattolici, e governare in nome di Cristo laSua Chiesa. Infatti, nessuna autorità sullaterra ha il diritto di mutare una sola virgoladella fede cattolica ortodossa rivelata da Dioe affidata alla Chiesa.

Il tallone d’Achille dei neo-modernisti: in-vece sembra proprio che essi l’abbiano mu-tata. Una prima conclusione contro il Vati-cano II

Non siamo noi che lo affermiamo, o al-meno, non siamo solo noi. Essi stessi am-mettono questa – per ora limitiamoci a que-sta affermazione – apparenza. Sembra che ilConcilio abbia mutato la fede e la dottrinadella Chiesa. Benedetto XVI condanna“l’ermeneutica della discontinuità e della rot-tura”, e va bene; fatto sta che quest’erme-neutica o interpretazione del Concilio iniziòdurante il Concilio stesso, ad esempio conNota explicativa praevia che si dovette po-sporre proprio a Lumen Gentium per cerca-re di spiegare in senso cattolico la collegiali-tà episcopale (invano! Cf Sodalitium, n. 59,pp. 33-38), e dopo più di quarant’anni il pro-blema si pone ancora, giacchè la Congrega-zione per la Dottrina della fede deve spiega-re in che senso Lumen Gentium non con-traddice l’insegnamento tradizionale sullaChiesa. Un bel problema per un Concilioche pretende aver “chiarito” ed esplicitato ilcontenuto della fede (cf discorso succitato diPaolo VI): essere invece ancora oscuro eambiguo dopo 45 anni! I Responsa dellaCDF, per avallare la tesi della continuità, ci-tano in nota (5) i numerosi interventi dei Pa-dri Conciliari contrari all’introduzione delsubsistit in al posto dell’est utilizzato da PioXII pochi anni prima: la Chiesa di Cristo è laChiesa Cattolica Romana; questi Padri (pri-mo fra tutti Mons. Carli) (6) denunciavanol’ambiguità di questa espressione: “Si dicappiiùù eesspplliicciittaammeennttee che la vera Chiesa di Cri-sto è una sola; che questa è la Chiesa cattolicaRomana; che tutti devono cercare di cono-scerla e di entrarvi per ottenere la salvez-za…”; “Si deve dire ppiiùù cchhiiaarraammeennttee che lavera Chiesa è solo la Chiesa cattolica Roma-na…”; “Si esprima ppiiùù cchhiiaarraammeennttee l’unicitàdella Chiesa….”. I Responsa citano le rispo-ste rassicuranti date alle ansietà dei PadriConciliari: “in tutto il testo è ssuuffffiicciieenntteemmeenntteeespresso quanto richiesto…”. “Sufficiente-mente”? Evidentemente NO, giacché la

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CDF si vede costretta a precisare “il conte-nuto autentico di talune espressioni ecclesio-logiche magisteriali che nel dibattito teologicorischiano di essere fraintese” chiarendo le“interpretazioni errate che suscitano perples-sità e dubbi” (7) dal 1964 ad oggi, proprio diquesto passo! Ma, come vedremo, il rifiutodi chiarire ed esplicitare la dottrina cattolica,rammentata da Pio XII invece chiarissima-mente, aveva un ben preciso motivo che tor-nerà a galla a partire dalla terza risposta aicinque quesiti che si pone la Congregazione.

Possiamo giungere pertanto a una pri-ma indiscutibile conclusione. L’esistenzastessa di questo documento, che si sforza dispiegare l’ortodossia di una delle più cele-bri espressioni del Concilio, dimostra chequesta espressione, come era stato segnala-to dalle obiezioni di ben 13 Padri Concilia-ri, è per lo meno ambigua; la risposta al ter-zo quesito della CDF ci spiegherà ufficial-mente che questa ambiguità è voluta. Il dis-corso di Benedetto XVI del dicembre 2005,parlando più genericamente del VaticanoII (e specialmente di Dignitatis humanae eNostra aetate) ammetterà ancora di più: trai testi tradizionali ed il Concilio “si era ma-nifestata di fatto una discontinuità” eviden-te, mentre la continuità difesa da Ratzinger“facilmente sfugge alla prima percezione”(cit: in Sodalitium, n. 59, p. 42). Come puòpertanto il Vaticano II sfuggire per lo menoa quelle censure teologiche che condanna-no le proposizioni malsonanti e ambigue?De ore tuo te judico, serve nequam!

La risposta al secondo quesito: l’errore escedalla porta e rientra dalla finestra

Passiamo al secondo quesito, riguardan-te il significato corretto del termine subsistitin utilizzato dal Vaticano II al posto di est(la Chiesa di Cristo è la Chiesa Cattolica,insegnava Pio XII; la Chiesa di Cristo sussi-ste nella Chiesa cattolica, afferma il Conci-lio). L’intento è quello di correggere – co-me abbiamo visto – dei “nuovi contributi[teologici] non sempre immuni da interpre-tazioni errate che suscitano perplessità edubbi”. Una frase più arzigogolata ed im-barazzata non poteva essere scelta! Qualisiano questi contributi teologici, chi ne sia-no gli autori, quale sia la gravità dell’erro-re, non è detto né si può capire; solo in unanota (la 8) vien dato un riferimento ad una

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Notificazione della CDF su Padre Leonar-do Boff (noto “teologo della liberazione”).Che ci siano degli errori che serpeggiano,viene detto; quali siano non si dice chiara-mente. Solo in un “articolo di commento”che accompagna (ufficialmente?) il docu-mento della Congregazione, si viene a sa-pere quali siano le interpretazioni del “sub-sistit in” che si possono considerare errate.La “preoccupazione” è quella di “salva-guardare l’unità e l’unicità della Chiesa, cheverrebbe meno se si ammettesse che vi pos-sono essere più sussistenze della Chiesa fon-data da Cristo. Infatti, come si dice nella Di-chiarazione Mysterium Ecclesiae, se cosìfosse si giungerebbe ad immaginare ‘laChiesa di Cristo come la somma - differen-ziata e in qualche modo unitaria insieme -delle Chiese e Comunità ecclesiali’ o a ‘pen-sare che la Chiesa di Cristo oggi non esistapiù in nessun luogo e che perciò debba esse-re soltanto oggetto di ricerca da parte di tuttele Chiese e comunità’. L’unica Chiesa diCristo non esisterebbe più come ‘una’ nellastoria o esisterebbe solo in modo ideale os-sia in fieri in una futura convergenza o ri-unificazione delle diverse Chiese sorelle, au-spicata e promossa dal dialogo. Ancora piùesplicita è la Notificazione della Congrega-zione per la Dottrina della Fede nei con-fronti di uno scritto di Leonardo Boff, se-condo il quale l’unica Chiesa di Cristo ‘puòpure sussistere in altre Chiese Cristiane’; alcontrario, - precisa la Notificazione – ‘ilConcilio aveva invece scelto la parola subsi-stit proprio per chiarire che esiste una sola‘sussistenza’ della vera Chiesa, mentre fuoridella sua compagine visibile esistono solo‘elementa Ecclesiae, che – essendo elementidella stessa Chiesa – tendono e conduconoverso la Chiesa cattolica’” (Mysterium Ec-clesiae è un documento del 1973; la Notifi-cazione a Padre Boff del 1985… ma nel2007 il problema… sussiste ancora!). “Tra-duciamo” per il lettore non addetto ai lavo-ri… La verità in gioco è niente meno chequella della unità (“Credo la Chiesa una”)e unicità della Chiesa. Si tratta di verità diFede, che “verrebbero meno” nelle inter-pretazioni di cui si parla, interpretazioniche pertanto dovrebbero essere qualificatecome eresie; no? Quali sono questi errori?

1) La Chiesa di Cristo esiste, ed è com-posta dalla somma di tutte le Chiese o co-munità cristiane

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2) La Chiesa di Cristo non esiste più (=ha perso la sua unità) se non in quanto vaverso l’unità futura (esiste in fieri: la Chiesanon è più una, ma lo sarà)

3) La Chiesa di Cristo sussiste nellaChiesa Cattolica, ma anche nelle altreChiese e comunità cristiane (tesi che puòcoesistere con le due precedenti).

Ora, questi errori (che pretendono tutti,badiamo bene, di interpretare il Vaticano IIed il famoso ‘subsistit in’) erano già staticondannati dalla Chiesa in alcuni celebridocumenti contro il movimento ecumenico(nato – non dimentichiamolo – tra i prote-stanti). Tra i tanti documenti ricordiamo lacondanna sotto Pio IX dell’Associazioneper la promozione dell’unione della cristia-nità (16 settembre 1864, DS 2885-2888) perla quale “le tre comunioni cristiane, la roma-no-cattolica, la greco-scismatica e l’anglica-na, benché fra di loro separate e divise, ri-vendicano tuttavia per sè con eguale diritto ilnome cattolico”. I membri dell’associazionepregavano affinché le tre comunioni cristia-ne che “già costituiscono tutte insieme laChiesa cattolica, si riuniscano finalmente ungiorno per formare un solo corpo”. Secondoil Sant’Uffizio quest’intenzione è “profon-damente macchiata e inquinata di eresia” e ilprincipio su cui si fonda è “tale da rivoltaresottosopra la divina costituzione della Chie-sa”, per cui esiste una sola Chiesa cattolica,vera Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa Catto-lica Romana. Ricordo la Lettera ap. Iamvos omnes di Pio IX diretta ai non cattolici(DS 2997-2999) (8), l’enciclica di Leone XIIISatis cognitum sull’unità della Chiesa (DS3300-3310) (9), l’enciclica Mortalium animosdi Pio XI contro l’ecumenismo, nonché lesuccitate Mystici corporis e Humani generisdi Pio XII. Di questi, e altri chiarissimi testidel magistero ecclesiastico, nessuna menzio-ne nel documento ratzingeriano. Una since-ra intenzione di porre rimedio agli erroriconciliari non avrebbe mancato di ricordarela voce del magistero precedente al Vatica-no II sulla questione delicata dell’ecumeni-smo, magari con una citazione di Mortaliumanimos o Mystici Corporis.

È quanto, invece, stanno facendo da an-ni i cattolici fedeli alla tradizione dellaChiesa. Nella Lettera a qualche vescovo sul-la situazione attuale della Chiesa e memoriasu certi errori attuali, seguiti da un Annessosull’opposizione tra il Concilio Vaticano II e

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l’Enciclica Quanta cura (Parigi, gennaio1983), un gruppo di teologi, i cui promotorisostenevano la tesi teologica di Padre Gué-rard des Lauriers o.p. sulla Sede Apostolicaformalmente vacante, presentava appuntoai Vescovi un saggio nel quale si denuncia-vano due serie di errori moderni, l’uno sul-la dignità dell’uomo e l’altro, per l’appunto,sulla Chiesa, che tratta del medesimo sog-getto del quale ci stiamo occupando (pp.23-40); a proposito di Lumen gentium n. 8veniva appunto denunciata come “erronea”l’idea – insinuata da LG n. 8 – che la Chiesadi Cristo, che sussiste nella Chiesa cattolica,sussista anche al di fuori di essa. In nume-rosi numeri di Sodalitium (ci spiace dovercicitare) abbiamo poi denunciato le teorie er-ronee che adesso sembrano sconfessate an-che dalla CDF di una Chiesa divisa, di unaChiesa in fieri, o di una Chiesa compostadalle varie comunità “cristiane” anche noncattoliche: solo che questi errori erano inse-gnati o per lo meno insinuati non tanto daLeonardo Boff, ma dal cardinal Congar epersino dallo stesso Joseph Ratzinger o daGiovanni Paolo II! (10).

Ci eravamo dunque sbagliati nel condan-nare errori inesistenti (almeno per quel cheriguarda l’interpretazione ufficiale del Con-cilio)? Oppure vi è stato un ravvedimentoda parte dei partigiani del Vaticano II chehanno “corretto” gli errori di cui sopra?

Credo si possa rispondere negativamen-te ad entrambe le domande.

Perché è vero che questo documentodella CDF ribadisce l’unità e l’unicità dellaChiesa che sussiste solo nella Chiesa catto-lica; ma è vero anche che questa verità ap-pena affermata viene evacuata e sostanzial-mente annullata dal medesimo documento:

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una situazione – quella dell’ecumenismocattolico - che lo stesso Mons. Amato defi-nisce a più riprese “paradossale” (11) nelsuo articolo di commento al documentodella Congregazione.

Infatti, fin dalla risposta al secondo que-sito, il paradosso ecumenico si presenta intutta la sua ambiguità: “Secondo la dottrinacattolica, mentre si può rettamente affermareche la Chiesa di Cristo è presente e operantenelle Chiese e nelle Comunità ecclesiali nonancora in piena comunione con la Chiesacattolica grazie agli elementi di santificazio-ne e di verità che sono presenti in esse (cfGiovanni Paolo II, Ut unum sint), la parolasussiste invece può essere attribuita esclusi-vamente alla sola Chiesa cattolica, poiché siriferisce appunto alla nota dell’unità profes-sata nei simboli della fede (Credo… la Chie-sa ‘una’); e questa Chiesa ‘una’ sussiste nellaChiesa cattolica” (Lumen gentium, 8.2)”.

Ora, se la Chiesa di Cristo sussisteesclusivamente nella Chiesa cattolica – equindi NON nelle “chiese” orientali e nelle“comunità” protestanti – come può la me-desima Chiesa di Cristo essere nel contem-po “presente e operante” nelle medesime“chiese” orientali e “comunità” protestan-ti? Si tratta evidentemente di un bel para-dosso che la CDF cerca di spiegare nelle ri-sposte successive. A noi pare che l’erroreche si pretendeva cacciare dalla porta siasubito rientrato dalla finestra.

La risposta al terzo quesito, ove si spiegaperché il Vaticano II non ha voluto diresemplicemente con Pio XII che “la Chiesadi Cristo è la Chiesa Cattolica Romana”

“L’uso di questa espressione, che indica lapiena identità della Chiesa di Cristo con laChiesa cattolica, non cambia la dottrina dellaChiesa”. E allora perché non è stata ripresal’espressione di Pio XII nell’enciclica MysticiCorporis secondo la quale la Chiesa di Cristo èla Chiesa Cattolica? Perché sostituire “sussi-ste” a “è” se veramente vi è piena identità trala Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica? Sitratta forse di due espressioni sinonime, equi-valenti, interscambiabili? Assolutamente no.Lo dimostra la stessa storia del Concilio Vati-cano II, come la ricorda il cardinale Wille-brands: “La parola ‘subsistit in’ non figuravanello schema di Lumen Gentium distribuito aiPadri nel 1963. Questo (schema) riprendeva

Mons Carli du-rante il Conciliodenunciò vigoro-samente l’ambi-guità dell’espres-sione “subsistit-in” di Lumengentium n° 8

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(nel suo n. 7) l’essenziale del testo del novembre1962 della Commissione preparatoria, modifi-candolo tuttavia in dei punti importanti. L’uni-ca Chiesa, che i Simboli della fede chiamano‘una, santa, cattolica e apostolica’, ‘è la Chiesacattolica, costituita e organizzata come societàin questo mondo’. Il testo del 1962 diceva: ‘Solo(la Chiesa) cattolica è – a ragione - chiamataChiesa’. Si noti l’abbandono dell’aggettivo ‘ro-mana’. Quando apparve il ‘subsistit in’ nelloschema del 1964, fu spiegato così nella Relatioche giustificava i cambiamenti nella Commis-sione dottrinale: ‘Subsistit in è impiegato al po-sto di est in quanto espressione più in armoniacon quanto detto altrove sugli elementi ecclesia-li’” (cit., p. 35). Abbiamo già visto come moltiPadri conciliari si opposero alla nuova formu-lazione; all’opposto, i Padri conciliari novatorisi erano opposti allo schema precedente, quel-lo che manteneva l’est al posto del subsistit:“Bisogna assolutamente evitare – disse in aulail cardinal Liénart – delle formule e dei modi diparlare della Chiesa che attentino al suo miste-ro. Così, per esempio, non bisogna enunciare larelazione tra la Chiesa romana ed il Corpo mi-stico, e la loro identità [come aveva fatto PioXII] come se il Corpo Mistico fosse totalmenteincluso nei limiti della Chiesa Romana. LaChiesa Romana è il vero Corpo di Cristo manon lo esaurisce. (…) È chiaro che la nostraChiesa, pur essendo la manifestazione visibiledel Corpo Mistico di Cristo, non può essereidentificata con Lui nel senso assoluto di cui hoparlato. (…) Chiedo quindi con insistenza chel’articolo 7 del capitolo I che afferma una equi-valenza assoluta tra la Chiesa cattolica ed ilCorpo Mistico sia tolto, e che lo schema sia in-teramente rivisto, in modo che la Chiesa di Cri-sto appaia meno sotto un aspetto giuridico, e ri-splenda piuttosto pienamente nella sua naturamistica” (cit., p. 38). La domanda del Cardina-le fu esaudita, appunto, con l’inserimento, tral’altro, del ‘sussiste’ al posto di ‘è’. L’antigiuri-dismo del Cardinale mascherava a malapenaintenti ecumenici che il card. Willebrands con-fessa facilmente: se Lumen Gentium fu un“approfondimento” del pensiero di Pio XII,questo “approfondimento è stato largamentefavorito dai rapporti frequenti con gli altri cri-stiani e dallo spirito del movimento ecumenico”(cit., p. 36). “Approfondimento” puramenteaccidentale? Il cardinale si lascia sfuggire la ve-rità: “……llaa ddiiffffeerreennzzaa ttrraa ‘‘ssuubbssiissttiitt iinn’’ eedd ‘‘eexxii--ssttiitt’’ èè eesssseennzziiaallee,, perché ‘subsistit’ non esclude[mentre invece existit esclude, altrimenti la dif-

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ferenza non sarebbe essenziale, n.d.a.] che ‘nu-merosi elementi di santificazione e di verità pos-sano trovarsi fuori delle sue strutture’ (LG 8).‘Tra gli elementi o beni, dal complesso dei qualila stessa Chiesa è edificata e vivificata, alcuni,anzi parecchi e segnalati, possono trovarsi fuoridai confini visibili della Chiesa cattolica’ (UR3). La Costituzione sulla Chiesa e il decretosull’ecumenismo affermano che questi elementisono degli elementi ecclesiali” (cit. p. 39).

Tanti anni sono passati dalla conferenzadel card. Willebrands, ma l’attuale documen-to firmato da Levada e Amato e approvatoda Ratzinger ripete la stessa motivazione: il‘subsistit in’ “trova” “la sua vera motivazionenel fatto che esprime più chiaramente come aldi fuori” della compagine della Chiesa “si tro-vino numerosi elementi di santificazione e diverità”, “che in quanto doni propri della Chie-sa di Cristo spingono all’unità cattolica” (Lu-men Gentium 8.2). “Perciò le stesse Chiese eComunità separate, quantunque crediamo chehanno (sic) delle carenze, nel mistero della sal-vezza non sono affatto spoglie di significato edi peso. Infatti, lloo SSppiirriittoo ddii CCrriissttoo nnoonn rriiccuussaaddii sseerrvviirrssii ddii eessssee ccoommee ddii ssttrruummeennttii ddii ssaall--vveezzzzaa, il cui valore deriva dalla stessa pienezzadella grazia e della verità, che è stata affidataalla Chiesa cattolica” (Vaticano II, Unitatis re-dintegratio, 3.4)” (Risposta al terzo quesito).

Le “Chiese e Comunità separate” (ovverolo “Scisma di Fozio” e “l’eresia” protestan-te, Pio IX 1864) diventano, col Vaticano II eBenedetto XVI, “strumenti di salvezza”…

…Grazie, lo abbiamo visto, al “trucco”del “subsistit in”. Si noti che questa nuovadottrina – che si pone in totale discontinuitàcon l’insegnamento della Chiesa - va oltrel’altra dottrina conciliare che attribuisce atutti i “cristiani” acattolici un’appartenenzaseppur incompleta e imperfetta ma reale allaChiesa, Corpo Mistico di Cristo (12). Non so-lo i singoli individui – eretici e scismatici - ap-parterrebbero (imperfettamente) alla Chie-sa, ma le loro stesse società religiose – ereti-che e scismatiche – diventerebbero “stru-menti di salvezza” e non più di perdizione!La Lettre à quelques Eveques sur la situationde la Sainte Eglise… (Parigi, 1983), sotto-scritta dal Vescovo de Castro Mayer e da nu-merosi teologi, qualificava questa dottrina diLG 8 e UR 3, ripresa dalla responsio dellaCDF, con queste censure teologiche:

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a) quanto a LG 8.2:“- in quanto tale: malsonante e sospet-

ta di errore.in quanto non precisa che la ‘struttura’

(compago) di cui si parla, è la ‘struttura vi-sibile’, mentre invece è assolutamente ne-cessario farlo (Pio XII, Mystici Corporis,DS 3821): favorevole all’errore che consi-ste nel negare l’identità di fatto tra laChiesa e il Corpo Mistico;

in quanto che, con questa espressio-ne, ‘elementi di santificazione’, essa insi-nua che la non-appartenenza alla Chiesavisibile non pone, di per sè, un ostacolo(obex) alla ricezione effettiva della graziasacramentale (poiché le disposizioni per-sonali del soggetto che permetterebbero,accidentalmente, questa ricezione effetti-va, sono quelle che lo fanno appartenereinvisibilmente alla Chiesa): erronea;

in quanto, con l’espressione ‘doni pro-pri della Chiesa di Cristo’, essa insinuache esistono elementi di santificazione edi verità al di fuori della struttura visibiledella Chiesa cattolica che non apparten-gono di diritto a questa stessa Chiesa cat-tolica: prossima all’eresia”

b) quanto a UR 3.4:“- in quanto tale: capziosa (ingannevo-

le), ha il sapore di eresia (sapiens haeresim)in quanto insinua che le comunità

acattoliche sono, in se stesse, dei mezzidi salvezza, e che non precisa come do-vrebbe, che le verità e i sacramenti even-tualmente conservati in queste comunitànon producono un effetto salutare che inopposizione ai principi erronei che fonda-no l’esistenza di queste comunità e com-portano, di diritto, la loro dissidenza:prossima all’eresia” (12).

Le censure appena citate danno anche imotivi di tale severo giudizio, e rispondonocosì alla neo-dottrina implicita nel subsistitin. Per i nostri lettori, tuttavia, torneròsull’argomento, per meglio spiegare quantodetto finora.

“Sacramenti ecumenici” o “Sacramentidella fede”? (Battesimo ed Eucaristia sonofondamento del movimento ecumenico?)

Recentemente, il teologo Bruno Forteha definito il battesimo un “sacramentoecumenico”. I Padri e di Dottori della Chie-

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sa lo hanno sempre definito, invece, “sacra-mento della Fede, sacramentum Fidei” (13),il che può essere detto anche – mutatis mu-tandis – di tutti i Sacramenti, dei quali ilbattesimo è la porta.

L’idea del battesimo come sacramentoecumenico, o fondamento sacramentale delmovimento ecumenico, non è certo di Bru-no Forte, ma viene dagli ambienti prote-stanti, e dal Consiglio Ecumenico delleChiese; venne suggerito al cardinal Bea (14)come argomento principe per mutare l’ec-clesiologia cattolica ribadita ancora pocoprima da Pio XII in Mystici Corporis e Hu-mani generis. Il Vaticano II (LG e UR) el’attuale Risposta della CDF spiegano ilsubsistit in, l’abbiamo visto, col fatto chefuori della Chiesa cattolica non ci sarebbe il“vuoto ecclesiale”, ma delle Chiese e delleComunità cristiane strumento di salvezza, acausa dei “numerosi elementi di santifica-zione e di verità” tra i quali, al primo posto,i sacramenti del battesimo, dell’eucaristia edell’ordine da loro posseduti; in particola-re, le “Comunità Cristiane nate dalla Rifor-ma (sic) del XVI secolo” (Risposte, quintoquesito) hanno sì il battesimo, ma non ilSacerdozio e l’Eucaristia, per cui non pos-sono essere chiamate “in senso proprio”Chiese, mentre le “Chiese Orientali separa-te dalla piena comunione con la Chiesa Cat-tolica” hanno diritto, appunto, al nome ealla realtà di Chiesa locale: “‘Siccome poiquelle Chiese, quantunque separate, hannoveri sacramenti e soprattutto, in forza dellasuccessione apostolica, il Sacerdozio e l’Eu-caristia, per forza dei quali restano ancorauniti a noi da strettissimi vincoli’ (UR 15.3;CDF Communionis notio 17.2), meritano iltitolo di ‘Chiese particolari o locali’ (UR14.1), e sono chiamate Chiese sorelle dalleChiese particolari cattoliche’ (UR 14.1; Gio-vanni Paolo II, Ut unum sint 56s): ‘Perciò,per la celebrazione dell’Eucaristia del Si-gnore in queste singole Chiese, la Chiesa diDio è edificata e cresce’ (UR 15.1)” (Rispo-ste CDF, Quarto quesito). Come può con-statare il lettore, la CDF sotto BenedettoXVI non fa che riprendere e ribadire il Va-ticano II e l’insegnamento di Giovanni Pao-lo II. Secondo questo insegnamento, le so-cietà di eretici e scismatici che si sono sepa-rati dalla Chiesa cattolica facendo naufra-gio nella Fede e che hanno come ragionesociale, se così si può dire, della loro esi-

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stenza in quanto associazione di eretici escismatici dissidenti, sarebbero ComunitàCristiane e persino, per gli Orientali, Chie-se particolari e locali nostre sorelle. In basea cosa? L’ecclesiologia che le considera, ap-punto, società (per non dire sette) eretichee scismatiche semplicemente e assoluta-mente escluse dalla Chiesa di Cristo e total-mente da essa separate, sarebbe debitricedi una visione giuridica e quindi incompletadella Chiesa, come ricordava il cardinalWillebrands (15), mentre il Vaticano II viavrebbe sostituito una più perfetta e spiri-tuale “ecclesiologia di comunione”. Peccatoche Pio XII condannasse già questa tenden-za nell’enciclica Mystici Corporis: “Com-piangiamo e riproviamo il funesto errore dicoloro i quali sognano di una Chiesa ideale,una certa società alimentata e formata di ca-rità cui (non senza disprezzo) oppongonol’altra che chiamano giuridica”.

Alla concezione “giuridica” che esclu-deva totalmente eretici, scismatici e scomu-nicati dalla Chiesa Corpo Mistico di Cristo,i novatori opponevano un’ecclesiologia dicomunione. La Chiesa non è forse CorpoMistico di Cristo, come insegna San Paolo ericorda Pio XII? Ma il battesimo e l’eucari-stia non hanno proprio come effetto quellodi incorporare il fedele nel Corpo Misticodi Cristo? E data la validità dei sacramentianche fuori dalla Chiesa, ne consegue cheladdove ci sono sacramenti validi, vi è an-che per il fatto stesso incorporazione deibattezzati e di coloro che ricevono l’eucari-

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stia nel Corpo di Cristo, anche se separatidalla Chiesa cattolica.

San Tommaso stesso ricorda quest’effet-to del battesimo: “Gli uomini sono tenuti aciò che è indispensabile per conseguire la sal-vezza. Ma è chiaro che nessuno può conse-guire la salvezza che per mezzo di Cristo(…) Ora il battesimo viene dato proprio perquesto: perché l’uomo da esso rigeneratovenga incorporato a Cristo, diventandomembro di lui, cosicché San Paolo scriveva:Quanti siete battezzati in Cristo, vi siete rive-stiti di Cristo (Gal 3, 27)” (III, q. 68, a. 1; cfanche q. 69 aa. 4 e 5) (16). Se ne deve conclu-dere che, in quanto battezzati, i dissidentisono incorporati a Cristo e, ben più, le loroassociazioni religiose sono, tramite il battesi-mo, strumento di salvezza? Assolutamenteno. E proprio perché il Battesimo è sacra-mento della fede, che il battesimo manifesta(q. 68, a. 1, ad 1) (17); e qui si tratta non diuna fede qualunque, ma della “vera fede” (q.68, a. 8): “chi crederà e sarà battezzato, saràsalvo”. Chi, senza la fede vera e integra, ri-ceve il battesimo può riceverlo validamentee con esso il carattere, ma non riceve però lagrazia, la salvezza, e neppure l’incorporazio-ne a Cristo (enc. Mystici Corporis) (18). Innessun modo, comunque il sacramento delbattesimo appartiene alle comunità separa-te, che lo usurpano; esso appartiene di dirit-to solo ed esclusivamente alla Chiesa di Cri-sto, e cioè alla Chiesa cattolica, contraria-mente a quanto deve sostenere il card Wille-brands per difendere il Vaticano II (19):“Non parliamo di appartenenza a Cristo, equindi alla Chiesa, di individui, come se sitrattasse di un dono della grazia che non pas-sa tramite la loro appartenenza alla loroChiesa o confessione cristiana. È la fede dellaloro comunità che essi esprimono quando ri-cevono il battesimo. Il battesimo che celebrauna comunità è un battesimo che incorpora aCristo in questa comunità. Non ci sono bat-tezzati vagabondi. (…) È nella comunità lu-terana, metodista o battista ecc. che è data lagrazia, ed è là che opera l’appartenenza allaChiesa”. Di due cose l’una: o il battezzatofuori dalla Chiesa “esprime la fede della suacomunità” nel ricevere il battesimo, oppure,perché infante o in buona fede, non la espri-me; nel primo caso è formalmente eretico,ed il battesimo, pur valido quanto al caratte-re, non ha effetto quanto alla grazia e all’in-corporazione a Cristo e alla Chiesa; oppure

Incontro ecumenico alla St Joseph Church di NewYork 19/04/2008: Benedetto XVI con il rappresentante

della comunità “ortodossa” (Foto O.R.)

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il battezzato non esprime la fede della suacomunità (che non è fede, ma falsa opinioneumana) ed in questo caso è incorporato aCristo e alla Chiesa non in quanto battista,metodista, luterano ecc., ma in quanto catto-lico (per voto implicito). Il card. Willebrandsnon poteva meglio esprimere il cambiamen-to operato dalla teologia post-conciliare…

Anche a proposito dell’Eucaristia, sa-cramento e sacrificio, nei suoi rapporti conla Chiesa, la dottrina del Vaticano II è in-completa e per il fatto stesso falsa. È vero,in effetti, che l’Eucaristia incorpora ulte-riormente a Cristo il battezzato, e pertantoedifica la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo(20): “Questo sacramento significa l’unità ec-clesiastica, alla quale gli uomini sono persuo mezzo aggregati, ed è pertanto chiamatacomunione o sinassi: per essa comunichia-mo con Cristo, siamo resi partecipi della suacarne e della sua divinità, e per essa comuni-chiamo e siamo uniti gli uni agli altri” (S.Tommaso, III, q. 73, a. 4); “l’oggetto di que-sto sacramento, la sua cosa (res sacramenti)è l’unità del Corpo mistico, senza la qualenon è possibile la salvezza; nessuno infattipuò giungere a salvarsi fuori dalla Chiesa,come nessuno può sfuggire al diluvio fuoridall’Arca di Noè, simbolo della Chiesa…”(III, q. 73, a. 3) (21).

Ma anche qui si pone la stessa domandache ci siamo posti per il sacramento del bat-tesimo: il semplice fatto che l’Eucaristia èamministrata validamente anche al di fuoridella Chiesa cattolica, assicura a chi la ricevel’incorporazione a Cristo e alla Chiesa, al-meno imperfettamente, come sostiene il Va-ticano II, per cui le società religiose che han-no di fatto un’Eucaristia valida sono perciòstrumento di salvezza? Assolutamente no!

Tutti sanno che la comunione sacrilega(ricevuta senza la fede o la carità, e quindiin peccato mortale) dà sì il Corpo di Cristo,ma non ne dà gli effetti salutari: “quelli checon tali disposizioni ricevono i sacri misterinon solo non ne ricavano frutto, ma, per te-stimonianza dello stesso Apostolo, mangia-no e bevono la loro condanna” (Catechi-smo Romano, detto del Concilio di Trento,p. II, c. 55). San Tommaso insegna: “la purarefezione sacramentale, in cui si riceve soloil sacramento, senza il suo effetto, si con-trappone alla refezione spirituale per cui siriceve l’effetto di questo sacramento, eeffffeettttoocchhee ccoonnssiissttee nneellll’’uunniirree ll’’uuoommoo aa CCrriissttoo ppeerr

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mmeezzzzoo ddeellllaa ffeeddee ee ddeellllaa ccaarriittàà” (S. Tom-maso, III, q. 80, a. 1) “La cosa prodotta dalsacramento dell’Eucaristia è duplice, comesopra abbiamo detto (q. 60, a. 3 s.c.; q. 73, a.6): la prima, significata e contenuta nel sa-cramento, è Cristo stesso; la seconda, signifi-cata e non contenuta, èè iill CCoorrppoo MMiissttiiccoo ddiiCCrriissttoo, ossia la società dei santi. CChhii dduunnqquueessii aaccccoossttaa aallll’’EEuuccaarriissttiiaa,, ppeerr cciiòò sstteessssoo ddii--cchhiiaarraa ddii eesssseerree uunniittoo aa CCrriissttoo ee iinnccoorrppoorraa--ttoo aallllee ssuuee mmeemmbbrraa.. MMaa qquueessttoo ssii aattttuuaa ppeerrmmeezzzzoo ddeellllaa ffeeddee formata, che nessuno haquando è in peccato mortale…” (III, q. 80,a. 4). “Come la passione di Cristo non ha ilsuo effetto in coloro che non sono debita-mente disposti verso di essa, così con questosacrificio non raggiungono la gloria coloroche lo ricevono indegnamente. S. Agostinoin proposito, commentando S. Giovanni, af-ferma: ‘Altra cosa è il sacramento e altra lavirtù del sacramento. Molti prendonodall’altare, e prendendo muoiono (…)’”(III, 79, a. 2 ad 2).

Notiamo l’analogia che l’Aquinate fatra la Passione e l’Eucaristia (che, come ilbattesimo, si applica gli effetti della Passio-ne): entrambe possono, di per sé, salvare ilmondo intero; ma per percepire effettiva-mente i frutti dell’Incarnazione e della Pas-sione di Cristo, come pure quelli dell’Euca-ristia, occorrono le debite disposizioni: lafede e la carità, la grazia di Dio, l’assenzadel peccato mortale. Così come il VaticanoII insinua che l’Incarnazione unisce (inqualche modo) ogni uomo a Cristo (Gau-dium et spes n. 22) e la liturgia riformata in-sinua che la Passione salva tutti (“per tutti”al posto di “per molti”), così Lumen gen-tium lascia credere che il solo fatto di rice-vere l’Eucaristia unisca a Cristo e alla Chie-sa anche quando vi si oppongono degliostacoli. L’eresia (peccato contro la fede) elo scisma (peccato contro la carità) impedi-scono l’incorporazione a Cristo e alla Chie-sa a chi è fuori dalla Chiesa cattolica. An-cora San Tommaso lo precisa, parlando deisacerdoti separati dalla Chiesa per eresia,scisma o scomunica: essi non hanno ricevu-to lecitamente l’ordine sacerdotale, o co-munque non lo esercitano più lecitamente(seppur ancora validamente): “non consa-crano lecitamente, ma commettono peccato.Quindi non ricevono il frutto del sacrificio,che è il sacrificio spirituale” (III, q. 82, a. 7);“fuori dalla Chiesa il sacrificio non viene of-

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ferto lecitamente. Quindi fuori dalla Chiesanon ci può essere il sacrificio spirituale, cheè il vero sacrificio quanto al frutto, sebbeneci sia il sacrificio vero quanto alla validitàdel sacramento; allo stesso modo in cui so-pra si disse che il peccatore riceve il corpo diCristo sacramentalmente, ma non spiritual-mente” (ad 1) (22). San Tommaso ne deduceche i fedeli non possono assistere alle cele-brazioni degli eretici e degli scismatici,quand’anche fossero valide (III, q. 82 a. 9).Contro questa conclusione, egli propone,come suo solito, una difficoltà, che anticipain un certo senso la dottrina di Lumen gen-tium e di tutto il Vaticano II: “il corpo verodi Cristo è figura del suo corpo mistico, co-me si è visto sopra. Ma i suddetti sacerdoticonsacrano il vero corpo di Cristo. Dunque,quelli che appartengono al corpo misticopossono partecipare al loro sacrificio”. Aquesta obiezione San Tommaso rispondecon delle parole che sono decisive perquanto sto spiegando: “l’unità del CorpoMistico è frutto della comunione del verocorpo di Cristo. Ora, quelli che si comunica-no o l’amministrano indegnamente perdonocodesto frutto, come si è detto sopra (q. 82 a.7; q. 80, a. 4). Perciò quelli che sononell’unità della Chiesa non devono riceverloda costoro”. La risposta del Dottore Comu-ne è chiara: fuori dalla Chiesa cattolical’Eucaristia (sia come sacrificio della Mes-sa, sia comunione sacramentale) NON cau-sa l’unità del Corpo Mistico di Cristo, che èla Chiesa, perché è infruttuosa. Leggiamoancora san Tommaso: “Come la passione diCristo, sebbene sia in grado di giovare a tuttiper la remissione della colpa e il consegui-mento della grazia e della gloria, tuttavianon produce l’effetto se non in coloro che siuniscono a questo sacramento mediante laffeeddee ee llaa ccaarriittàà, così anche questo sacrificio,che è il memoriale della passione del Signo-re, non ha effetto se non in coloro che si uni-scono a questo sacramento mediante la fedee la carità. Ecco perché Sant’Agostino do-manda: ‘Chi mai offrirà il corpo di Cristo senon per le membra di Cristo?’ Cosicché nelcanone della messa non si prega per coloroche sono fuori della Chiesa…” (III, q. 79, a.7 ad 2) (23).

Qualcuno obietterà che queste conclu-sioni valgono solo per chi è colpevolmentecaduto nell’eresia e nello scisma, e non perchi vi si trova incolpevolmente, seguendo

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l’errore di antichi antenati. Si risponde chedetta buona fede, data per scontata dal Va-ticano II, non si può presumere, stante gliargomenti di credibilità in favore dellaChiesa cattolica (24), e che in ogni caso nonpuò essere attribuita a tutti, ma solo ad al-cuni, noti solo a Dio; costoro appartengonoalla Chiesa ‘in voto’, col desiderio implicito,se hanno la grazia, la fede sovrannaturale ela carità, pur non essendo membri del Cor-po mistico. Questo acattolico in ‘buona fe-de’ “se possiede la fede sovrannaturale, ap-partiene alla Chiesa per voto (desiderio) im-plicito. In questo caso, lo Spirito Santo lo faaderire, di una adesione di fede divina, a tut-te le verità della fede cattolica, esplicitamen-te per quelle che conosce, implicitamente perle altre. Bisogna allora notare: d’un lato, cheha solo un’opinione umana relativamenteagli errori che lo costituiscono esteriormentecome dissidente o separato dalla Chiesa, e aiquali aderisce in buona fede; d’altra parteche, non aderendo alla regola visibile edesterna della fede, non può avere la certezzadi avere la fede sovrannaturale o quella diessere nell’unica arca di salvezza (è in que-sto senso che Pio IX e Pio XII dicono chenon può essere sicuro della sua salvezza);infine, lo spirito Santo lavora, contro il prin-cipio di dissidenza della sua comunità, astaccarlo dagli errori di questa comunità eaggregarlo visibilmente all’unica Chiesa diCristo, affinché non sia più ‘privo di tanti ecosì grandi soccorsi e favori celesti di cui sipuò godere solo nella Chiesa cattolica’ (PioXII, Mystici Corporis). Notiamo infine chenon c’è alcun criterio esterno per discernerecon piena certezza, tra coloro che non sonovisibilmente uniti alla Chiesa cattolica, colo-ro che hanno la fede sovrannaturale e colo-ro che non ce l’hanno. La disciplina canoni-ca della Chiesa applica, in foro esterno, enon senza delle gravi ragioni, le stesse misu-re a tutti i dissidenti adulti di una stessa co-munità (cf CJC 1258, 1325§2, 2314)” (25),ovvero, tra l’altro, la scomunica. Ma “il le-game invisibile che può unire gli individui inbuona fede all’unica Chiesa, non unisce inalcun modo alla stessa Chiesa le comunitàdette ecclesiali che non sono espressamente eufficialmente sotto la dipendenza dellaChiesa” (26); queste comunità sono semmaiun ostacolo alla salvezza, e non un mezzodi salvezza: un ostacolo, giacché le dottrineche ne fondano l’esistenza come comunità

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separate sono delle eresie, mentre i Sacra-menti o la Scrittura che ancora sussiste inesse non appartiene a loro, ma alla Chiesacattolica. (27)

Organizzazioni scismatiche o Chiese sorel-le? Le conseguenze della collegialità

Il documento della CDF – che riprendee difende il Vaticano II – consta di cinquerisposte a cinque quesiti; le risposte agli ul-timi due quesiti hanno come scopo di spie-gare perché, secondo il Vaticano II, le“Chiese orientali separate dalla piena comu-nione con la Chiesa Cattolica” (28) abbianoappunto diritto all’appellativo di Chiesa,mentre le “Comunità cristiane nate dalla Ri-forma del XVI secolo” non possano esserechiamate “‘Chiese’ in senso proprio” mapiuttosto “comunità ecclesiali”.

Se l’ecumenismo con i protestanti diogni risma si fonda (per il Vaticano II!) sulcomune battesimo, quello con gli scismaticied eretici orientali si fonda (sempre per ilVaticano II) sull’Eucaristia e sulla “succes-sione apostolica”, ovvero sul fatto che que-ste organizzazioni hanno conservato, dopola separazione, il sacramento dell’Ordine, equindi anche una valida celebrazionedell’Eucaristia (in altri termini hanno anco-ra Vescovi e sacerdoti che celebrano vali-damente la Messa, cosa che invece nonhanno più i protestanti) (29). Ecco quantodice il Vaticano II nel testo della CDF:“‘Siccome poi quelle Chiese, quantunque se-parate, hanno veri sacramenti e soprattutto,in forza della ssuucccceessssiioonnee aappoossttoolliiccaa, il Sa-cerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei qualirestano ancora uunniittii aa nnooii da strettissimivincoli’ (Vaticano II, UR 15.3; cf CDF Lett.Communionis notio, 17.2), meritano il titolodi ‘CChhiieessee ppaarrttiiccoollaarrii oo llooccaallii’’ (VaticanoII, UR 14.1), e sono chiamate CChhiieessee ssoorreelllleedelle Chiese particolari cattoliche(VaticanoII, UR 14.1; Giovanni Paolo II, lett.enc. Utunum sint, 56 s). ‘Perciò per la celebrazionedell’Eucaristia del Signore in queste singoleChiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce’(Vaticano II, UR 15.1)” (Risposta al quartoquesito). Al contrario, le comunità prote-stanti che “non hanno conservato la ssuucccceess--ssiioonnee aappoossttoolliiccaa nneell ssaaccrraammeennttoo ddeellll’’oorrddii--nnee, e perciò sono prive di un elemento costi-tutivo essenziale dell’essere Chiesa. Le sud-dette Comunità ecclesiali che, specialmente a

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causa della mancanza del sacerdozio mini-steriale, non hanno conservato la genuina eintegra sostanza del Mistero eucaristico (Va-ticano II, UR 22.3), non possono, secondola dottrina cattolica, essere chiamate ‘Chiese’in senso proprio (CDF, dich. Dominus Je-sus, 17.2)” (risposta al quinto quesito).

Secondo la nuova dottrina conciliare,dunque, queste organizzazioni nate con laseparazione dalla Chiesa Cattolica sono an-cora: a) unite alla Chiesa cattolica stessa b)autentiche Chiese particolari (es. Chiesa diMosca o di Costantinopoli) nell’unica Chie-sa di Cristo c) sorelle delle Chiese partico-lari cattoliche; e questo malgrado la separa-zione dal Papa. Che questa dottrina sia fal-sa e contraria al magistero della Chiesa èstato più volte dimostrato, e basterà ricor-dare quanto insegnato da Pio IX secondo ilquale le società “separate dalla Chiesa cat-tolica” non solo non sono “in alcun modoquella Chiesa unica e Cattolica che CristoSignore edificò, costituì e volle che esistesse”ma neppure ne sono una parte: “né mai sipotrà dire che siano membra e parte di quel-la Chiesa fino a quando resteranno visibil-mente separate dall’unità cattolica” (Iamvos omnes, 13 settembre 1868). Come pos-sono essere Chiese locali dell’unica Chiesadi Cristo se sono separate dall’unica Chiesadi Cristo, che è la Chiesa cattolica? Non èmembro del corpo ciò che è separato dalcorpo. Il “magistero” conciliare e post-con-ciliare pensa di poter fondare questa assur-dità, lo abbiamo visto, sul fatto che anchedopo la separazione, gli scismatici conser-vano l’episcopato, il sacerdozio e l’eucari-stia. Dell’eucaristia, abbiamo già parlato:né il sacramento né il sacrificio della Messarealizzano l’unità con la Chiesa se a questofrutto (l’unità nella Chiesa) si oppongonolo scisma o l’eresia, ovvero il peccato con-tro la carità e la fede. Gli stessi argomentiche abbiamo svolto a proposito del battesi-mo e dell’eucaristia valgono per gli altri sa-cramenti, incluso il sacramento dell’Ordine.L’episcopato ricevuto validamente conferi-sce la successione apostolica? I vescovi con-sacrati al di fuori della Chiesa cattolica so-no anch’essi successori degli apostoli? Cosìpensa e dice il “magistero” post-conciliare(30). Ora, parlando di successione apostolicaoccorre distinguere: la successione secondoil potere d’ordine e quello secondo la giuri-sdizione. Quanto al potere d’ordine, senza

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dubbio ogni vescovo validamente consacra-to può far risalire il suo potere d’ordine, inultima analisi, ad un apostolo; ma questaorigine apostolica non lo colloca certo nellaChiesa (e con lui la sua comunità) se da es-sa lo separa lo scisma o l’eresia (31). Quantoal potere di giurisdizione, gli orientali sepa-rati insegnano e governano di fatto delle“Chiese” con un territorio proprio: sono al-lora successori degli apostoli? Nel governa-re e nell’insegnare continuano la missioneaffidata da Gesù agli Apostoli? Per rispon-dere affermativamente, sarebbe necessarioche quei vescovi avessero la stessa fede de-gli apostoli, fossero come loro sottomessi aPietro, e ricevessero da Pietro (cioè dal Pa-pa, suo successore) la loro giurisdizione!Chi non vede che così non è? La successio-ne apostolica, nelle comunità scismatiche, èpuramente materiale, non formale; lo sci-sma (ed eventualmente l’eresia) rendono lasuccessione illegittima, rompono il legamecon gli apostoli, iniziano una nuova serie –illegittima – di pastori, per cui le loro“Chiese” sono prive della nota di apostoli-cità propria della Chiesa di Cristo: una,santa, cattolica e apostolica. Questa dottri-na, che è chiarissima nel costante insegna-mento della Chiesa (32), ha potuto esseremessa in discussione grazie alla nuova dot-trina sull’episcopato insegnata dal VaticanoII, che nega appunto la distinzione tra il po-tere d’ordine e il potere di giurisdizione, fa-cendo derivare questo da quello. Ne ho giàparlato in Sodalitium (n. 59: Il Vescovo nelVaticano II e nel magistero della Chiesa:dottrine a confronto) per cui rinvio il lettorea questo studio, che esamina soprattuttoLumen gentium 21. Riassumendo, il magi-stero ordinario della Chiesa insegna chiara-mente che nel Vescovo il potere di insegna-re e di governare non viene direttamenteda Dio, mediante la consacrazione episco-pale, ma dal Papa (Pio VI: Breve Deesse-mus, 16 settembre 1778; Breve Super solidi-tate petrae del 28 novembre 1786; Responsosuper Nunciaturis del 14 novembre 1790;Cost. Caritas del 13 aprile 1791; LeoneXIII, enc. Satis cognitum, 26 giugno 1896;Pio XII: enc. Mystici corporis, 29 giugno1943; enc. Ad Sinarum gentem del 7 ottobre1954; enc. Ad Apostolorum Principis del 29giugno 1958); il Vaticano II afferma esatta-mente il contrario: il potere di insegnare egovernare (sulla propria diocesi, ma anche

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collegialmente su tutta la Chiesa) viene alVescovo direttamente dalla consacrazioneepiscopale (LG 21) e non dal Papa. Già du-rante il Concilio si intuirono le possibiliconseguenze di questa dottrina se applicataai vescovi orientali scismatici: essendo vali-damente consacrati, se ne doveva dedurreche da questa consacrazione ricevevanoanch’essi ontologicamente (quanto all’esse-re) da Dio il potere di insegnare e governa-re, seppur non in modo canonico-giuridico(33); mentre i Padri conciliari fedeli alla dot-trina temevano e denunciavano questa con-seguenza (34), i veri artefici del Concilio, co-me Ratzinger, la vollero e la ottennero! (35).È quello che – in un certo modo – è soste-nuto ancora attualmente, e che giustifica ilfatto che le comunità da loro rette di fattosarebbero delle vere e proprie Chiese localidella Chiesa di Cristo e Chiese sorelle dellaChiese locali cattoliche. Ma questa conclu-sione potrebbe essere eventualmente validasolo se fosse valida la premessa, ovvero cheil Vescovo governa e insegna e guida unaChiesa e la Chiesa grazie alla sua consacra-zione episcopale e non mediante la missio-ne canonica ricevuta da Pietro e dalla Pri-ma Sede. Poiché la premessa è falsa, è falsapure la conclusione, e le cosiddette “Chiesesorelle” sono invece società scismatiche se-parate da tempo dal Corpo della Chiesa e,per il fatto stesso, di per sé, non mezzo disalvezza, ma ostacolo alla salvezza per co-loro che le seguono.

Il Primato del Papa: verità di Fede oppureopinione della Chiesa Occidentale?

“Nessuno sta in questa sola Chiesa diCristo, nessuno ci persevera se non ricono-sca ed accetti l’autorità e la potestà di Pietroe dei suoi legittimi successori”: così PapaPio XI nell’enciclica Mortalium animos, checosì prosegue: “I padri di coloro che oggisono impastoiati negli errori di Fozio (il Pa-triarca di Costatinopoli che iniziò lo scisma,n.d.a.) e dei Novatori (i protestanti, n.d.a.)non obbedirono forse un giorno al Vescovodi Roma, supremo pastore delle anime?Partirono, ahimé, i figli dalla casa paterna,ma questa non cadde, sorretta com’era dalperpetuo sostegno del suo Dio; tornino dun-que al comun Padre, il quale dimenticandole ingiurie lanciate alla Sede Apostolica, liaccoglierà con amorevolezza grande. Se

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davvero bramano unirsi con noi e coi nostri,perché non si affrettano ad entrare nellaChiesa, ‘madre e maestra di tutti i fedeli’ (IVConc. Lat.)?”. Dall’insegnamento del Papaè ben chiaro che non solo chi ruppe l’unitàstaccandosi dalla Sede Apostolica (comeFozio) ma anche i suoi seguaci di oggi, equindi le loro comunità, sono fuori dalla so-la Chiesa di Cristo.

Per il Vaticano II, invece, e per la CDF,le loro comunità sono chiese locali della solaChiesa di Cristo. Com’è possibile, senza con-siderare il Primato del Papa come qualchecosa di secondario? E difatti è così. Per laCDF la comunione con la Chiesa cattolica econ il suo capo visibile, il Papa, NON è “unelemento costitutivo essenziale” dell’essereChiesa. Per la CDF ciò che è essenziale peressere Chiesa è la “successione apostolica nelSacramento dell’Ordine” e non “la Comu-nione con la Chiesa cattolica il cui Capo visi-bile è il Vescovo di Roma e successore di Pie-tro”: questa mancanza di comunione sareb-be una “carenza” che priva le Chiese dissi-denti orientali di un “principio costitutivo in-terno” del loro essere Chiesa, senza però pri-varle del loro essere Chiesa. Ecco le parolestesse del documento della CDF: “Siccomeperò la comunione con la Chiesa cattolica ilcui Capo visibile è il Vescovo di Roma e Suc-cessore di Pietro, non è un qualche comple-mento esterno della Chiesa particolare, mauno dei suoi principi costituti interni, la con-dizione di Chiesa particolare, ddii ccuuii ggooddoonnooquelle venerabili Comunità cristiane, risentetuttavia di una carenza (CDF dich. Myste-rium Ecclesiæ; dich. Dominus Jesus; Notifi-cazione sul libro di Padre Leonardo Boff…;Giovanni Paolo II, enc. Ut unum sint 11.3)”(CDF, quarto quesito). La rottura della co-munione con Roma causa una carenza allaloro condizione di Chiesa, ma non ne di-strugge la natura: quindi non è cosa essen-ziale! La conclusione è ineluttabile tanto piùche è confermata dal quinto quesito: le Co-

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munità protestati non sono Chiese perché“non hanno la successione apostolica nel sa-cramento dell’Ordine, e perciò sono prive diun eelleemmeennttoo ccoossttiittuuttiivvoo eesssseennzziiaallee ddeellll’’eessssee--rree CChhiieessaa”.

Avere Vescovi validamente ordinati èessenziale per essere Chiesa; essere in co-munione con la sede Apostolica, no: questaè l’incredibile dottrina del Vaticano II, an-cor oggi professata da Joseph Ratzinger edalla sua Congregazione per la dottrinadella Fede!

Si noti che il documento preso in esameparla poi solo della “comunione con la Chie-sa Cattolica, il cui Capo visibile è il Vescovodi Roma e Successore di Pietro” (si tace sulfatto che sia Vicario di Cristo). Non una pa-rola delle verità di fede che esigono questacomunione, prima fra tutte quella sul Prima-to di giurisdizione del Sommo Pontefice (edin conseguenza anche quella sul suo magiste-ro infallibile). Sempre Pio XI ricorda chel’unione della Chiesa “non ha altro fonda-mento che la fede integra e sincera” per cui “ènecessario ai cristiani, se vogliono unirsi, diunirsi prima e sopra tutto nell’unità dellafede”. Contro questa esigenza, il Papa de-nunciava due errori: quello “dell’indifferenti-smo” e del “modernismo”, secondo il qualela “verità dogmatica non sarebbe assolutabensì relativa, vale a dire adattata alle varienecessità di tempo e di luogo e alle varie dis-posizioni degli animi”, e quello del ritenereche tra le verità di fede si possa distingueretra “punti fondamentali e non fondamentali”.Vien da pensare che, per l’appunto, il Prima-to di giurisdizione del Papa e l’infallibilitàdel suo magistero, definiti entrambi dal con-cilio Vaticano I come verità di fede rivelata,siano invece considerate dai neo-modernistied ecumenisti attuali come “verità” relativee secondarie, giacché si potrebbe essereChiesa senza credere a questi dogmi e senzala comunione con la Sede Apostolica. È no-to che sia Wojtyla che Ratzinger hanno defi-nito il Primato del Papa un ostacolo all’ecu-menismo, ed abbiano intravisto una “revisio-ne” del concetto di Primato. Ci chiediamocon legittima apprensione se – dopo aver giàintaccato la dottrina del Primato con quelladella Collegialità – non si voglia andare oltrenell’opera di demolizione. Un esempio diquesto degradare una dottrina di fede (senzala quale non vi è salvezza) a dottrina “relati-va” a tempi e luoghi, o comunque a dottrina

Il CardinaleWillebrands

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“non fondamentale” di trova anche recentis-simamente nell’“enciclica” Spe salvi di Bene-detto XVI, nella quale la dottrina del “pur-gatorio” (a volte, tra virgolette nell’ “encicli-ca”) viene presentata come dottrina svilup-patesi poco a poco “nella Chiesa occidentale”(n. 45) e non nella “Chiesa orientale” (n. 48)(facendo così offesa alle Chiese orientali cat-toliche, le quali credono nel Purgatorio co-me noi, e chiamando “Chiesa orientale” lecomunità separate). Come il Purgatorio, cosìil Primato del Papa, almeno come è stato de-finito al Vaticano I, potrebbe essere conside-rato una dottrina della sola Chiesa occiden-tale, che la Chiesa orientale intenderebbe inmaniera simile ma diversa. È evidente chenessun cattolico può accettare la degradazio-ne della fede rivelata a semplice opinione diuna Chiesa tra le altre! E sarebbe ora che sicapisse che i veri difensori del Papato e dellaSede Apostolica non sono coloro che seguo-no oggi Joseph Ratzinger, ma al contrariocoloro che, per fedeltà alla fede cattolica,non possono essere in comunione con lui.

Note

1) La signification de “subsistit in” dans l’ecclesio-logie de communion. Conferenza tenuta dal CardinalWillebrands il 5 maggio 1987 ad Atlanta (Stati Uniti)al National Workshop for Christian Unity e l’8 maggioall’Institute of Ecumenics, pubblicata in francese in LaDocumentation Catholique, n. 1953, pp. 35-41, 3 gen-naio 1988. La frase citata si trova a p. 36.

2) VITTORIO MESSORI a colloquio con Joseph Rat-zinger, Rapporto sulla fede, Paoline, 1985, pp. 25-31.

3) Cf un mio commento in Sodalitium, n. 59, pp. 41-43.4) L’espressione subsistit in al posto di est si trova

non solo in LG n. 8 ma anche in UR (Unitatis redinte-gratio) n. 4. “Non si può studiare il significatodell’espressione ‘subsistit in’ – scrisse il cardinal Wille-brands – prendendo in considerazione solo la Costitu-zione dogmatica Lumen Gentium. Quest’ultima è sen-za dubbio il testo base, ma ha ricevuto un’ulteriorespiegazione nel Decreto Unitatis redintegratio. PapaPaolo VI, promulgando i due testi il 21 novembre 1964,si è espresso a questo proposito in questi termini: ‘Lamedesima dottrina della Chiesa… integra tale dottrinadalle dichiarazioni contenute nello Schema De œcume-nismo, parimenti approvato da questo Concilio’ (AAS56,1964,1012-3)” (cit., p. 36). Le Responsa che com-mentiamo enumerano i documenti che darebbero una“comprensione più cattolica dell’ecclesiologia cattoli-ca”: i tre documenti conciliari Lumen Gentium (sullaChiesa e la collegialità), Unitatis redintegratio (sul mo-vimento ecumenico) e Orientalium Ecclesiarum (sulleChiese orientali), e due encicliche post-conciliari:quella programmatica di Paolo VI sul dialogo (Eccle-siam suam) e quella di Giovanni Paolo II sull’ecume-nismo e la riforma del primato papale (Ut unum sint,cf Sodalitium n. 44, pp. 20-32, e n. 59 pp. 39-41).

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5) Congregatio pro Doctrina Fidei, Responsa adquaestiones de aliquibus sententiis ad doctrinam de Ec-clesia pertinentibus, nota 4, punti B,C,D. Anche la tra-duzione ufficiale italiana del testo cita le obiezioni deiPadri e le risposte a loro date durante il Concilio inlingua latina, che traduco per il lettore di Sodalitium

6) “Le parole ‘subsistit in’ sono inaccettabili, perchési potrebbe credere che la Chiesa di Cristo e la Chiesacattolica sono due cose distinte, in cui la prima si trovanella seconda come nel suo soggetto. Che si dica sem-plicemente, e con maggior verità, ‘est’, poiché è l’espres-sione utilizzata dalle fonti” (le parole di Mons. Carlisono citate dal cardinal Willebrands, p. 35; mia tradu-zione dal testo francese, mentre l’originale era in lati-no). “Si potrebbe credere”… ed infatti, così si è credu-to. Chi aveva ragione?

7) Responsa…, Introduzione.8) “Nessuna in particolare fra le medesime società

[religiose separate dalla Chiesa cattolica] e neppuretutte insieme congiunte, iinn nneessssuunn mmooddoo costituiscono esono quell’una e cattolica Chiesa che Cristo Signore haedificato, costituito e voluto che fosse, e che neppurepossono essere dette in nessun modo un membro o unaparte della stessa Chiesa, dal momento che sono visibil-mente separate dalla cattolica unità”.

9) Gli ecumenisti o pan-cristiani“intendono perChiesa visibile una confederazione delle varie comunitàcristiane, sebbene in particolare aderiscano a dottrinediverse, anzi opposte”; invece “il Corpo Mistico di Cri-sto, la Chiesa, è uno (1 Cor XII,12) compatto e connes-so (Ef IV,15), e simile al suo corpo fisico” per cui “èuna sciocchezza e una bestialità pretendere che questocorpo mistico risulti di membra disgiunte e disperse: chidunque non sta unito con esso, non è suo membro, nési riattacca con il Capo, che è Cristo (Ef V, 30; I, 22)”.

10) Cf Sodalitium n. 22/1990, pp.20-24: DON CURZIO

NITOGLIA, Il “magistero” del Conclliio Vaticano II. Il se-condo errore principale: il “Subsistit in” (Lumen Gen-tium 8) o falsa nozione della Chiesa di Cristo; n.29/1992, p. 54: Gli “Ortodossi” (scismatici ed eretici) so-no pastori del gregge di Cristo?; n. 33/1993, pp. 2-10.DON RICOSSA: Ratzinger protestante? Al 99%! (com-mento ad un intervento del cardinal Ratzinger e del Pa-store valdese Ricca al Centro evangelico di cultura diRoma); n. 37/1994, pp. 28-30: Gli eretici orientali? Sonofratelli, e non separati!; n. 38/1994, pp. 4-17: DON RICOS-SA, “Il Papa del Concilio”. Sedicesima puntata; il segre-tariato per l’Unione dei cristiani; n. 41/1995, pp. 16-23:Rubrica L’Osservatore Romano, Giovanni Paolo II egli ‘Ortodossi’; Orientale Lumen; Coi Luterani ‘non c’èpiù contrasto sulle ragioni teologiche dello scisma’ (Rat-zinger); n. 43/1996, pp. 18-28: DON RICOSSA, Commentoall’enciclica ‘Ut unum sint’; n. 44/1996, pp. 20-32: DON

RICOSSA, Il ‘Papa del Concilio’. Giovanni XXIII inau-gura l’ecumenismo; n. 45/1997, pp. 1 e 60-61, Editorialee rubrica L’Osservatore Romano; n. 57/2004, pp. 20-26:Don Ricossa, Il nuovo codice di diritto canonico, l’am-ministrazione dei sacramenti e l’ecumenismo.

11) “Paradossale, agg, di paradosso: che è o pareassurdo, insensato, irragionevole” In Nuovo Zingarelli,Dizionario della lingua italiana, Undicesima edizione,Zanichelli, Bologna, 1988.

12) “Con coloro che, battezzati, sono sì insigniti delnome cristiano, ma non professano integralmente la fe-de o non conservano l’unità di comunione sotto il Suc-cessore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragionicongiunta. (…) A questo si aggiunge la comunione di

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preghiere e di altri benefici spirituali; anzi,, uunnaa cceerrttaavveerraa uunniioonnee nneelllloo SSppiirriittoo SSaannttoo, poiché anche in lorocon la sua virtù santificante, opera per mezzo di doni egrazie…” (Lumen Gentium n. 15). “Quelli infatti checredono in Cristo (nelle comunità separate dalla Chie-sa cattolica, n.d.a.) ed hanno ricevuto debitamente ilbattesimo, sono costituiti in uunnaa cceerrttaa ccoommuunniioonnee, seb-bene imperfetta, con la Chiesa cattolica. (…) giustificatinel battesimo dalla fede, ssoonnoo iinnccoorrppoorraattii aa CCrriissttoo, eperciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani, edai figli della Chiesa cattolica sono giustamente ricono-sciuti quali fratelli nel Signore” (Unitatis redintegration. 3), per cui possono, a certe condizioni, ricevere i sa-cramenti dai cattolici (Orientalium ecclesiarum n. 27;Codice di diritto canonico di Giovanni Paolo II, cano-ne 844 § 2-4, contro il canone 731 § 2 del codice di di-ritto canonico promulgato da Benedetto XV) e “ci sipuò dire pieni di una particolare speranza di salvezzaper coloro che non appartengono all’organismo visibiledella Chiesa” (Giovanni Paolo II. Udienza generaledel 21 maggio 1980). La “Lettre à quelques éveques”(Parigi, 1983), sottoscritta anche da Mons. de CastroMayer, qualifica queste proposizioni: quanto a LG 15e UR 3: “in quanto tale, capziosa, sospetta di eresia, fa-vorevole all’eresia sulla natura della comunione so-vrannaturale che è stabilita dalla fede e dalla carità; inquanto attribuisce a tutti i cristiani separati dalla ChiesaCattolica ciò che può essere detto solo di coloro, peral-tro noti solo a Dio, che hanno almeno la virtù sovran-naturale della fede e sono pertanto uniti alla Chiesa cat-tolica con un voto (desiderio) implicito: eretica”; quan-to a Orientalium Ecclesiarum 27: “in quanto ammetteai sacramenti della Chiesa cattolica, segni visibili e cau-sa della sua unità, delle persone visibilmente separateda questa stessa Chiesa: rovinosa per l’unità cattolica,contraria alla natura dei sacramenti, favorevole di fattoall’errore dei dissidenti sulla necessità della loro aggre-gazione alla Chiesa romana”; quanto all’allocuzione diGiovanni Paolo II: “in quanto tale, erronea e favorevo-le all’eresia dell’indifferentismo; in quanto ‘riduce auna vana formula la necessità di appartenere alla Chie-sa per ottenere la salvezza eterna: eretica”. I fondamen-ti di queste censure teologiche date dai firmatari dellaLettera si trovano nei capitoli consacrati alla Chiesanella Mémoire sur certaines erreurs actuelles annessaalla Lettre à quelques Eveques… (L’Eglise, pp. 23-35).È triste constatare come gli eredi di Mons. de CastroMayer, e i principali collaboratori della Lettre, ovveroPadre de Blignières e don Lucien, abbiano oggi “di-menticato” quanto scrissero a suo tempo, e abbianoaccettato le profferte della Commissione Ecclesia Deie, con esse, almeno implicitamente, le dottrine da lorostessi così ben condannate.

13) Così, ad esempio, San Tommaso, nella SommaTeologica (III, q. 68, a. 1, ad 1; q. 68, a. 4, ad 3; q. 69 a.9) che cita Sant’Ambrogio e Sant’Agostino.

14) Sodalitium n. 38: Il “Papa del Concilio”; Sedi-cesima puntata: Il Segretariato per l’unione dei cristiani;pp. 9-11: La ‘teologia del battesimo’, fondamento delsegretariato per l’unione dei cristiani. L’ispiratore delcardinal Bea era il “noto pastore luterano R.Baumann” (p. 10).

15) “Questo significa che la Chiesa di Cristo non si li-mita alla struttura visibile della Chiesa cattolica. (…)Equivarrebbe a falsare gravemente il pensiero del Conci-lio vedere questa ‘pienezza’ (ecclesiale che c’è nella co-munità governata dal Successore di Pietro, n.d,a,) come

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conseguenza unicamente della comunione giuridica e ca-nonica col vescovo di Roma. Certo, essa è condizionatada questa comunione, ma non si riduce ad essa” (p. 39).

16) Per approfondire: ERNESTO MURA, Il CorpoMistico di Cristo, Paoline-Arnodo, Alba-Roma, 1949:vol. 1, cap. IX: L’unione sacramentale, § 1: Nostra in-corporazione a Cristo per mezzo del battesimo (pp.152-158).

17) “…Perciò, sebbene il sacramento del battesimonon sia sempre stato necessario alla salvezza, tuttavia lafede, di cui il battesimo è il sacramento, fu sempre ne-cessaria”.

18) Un figlio di dissidenti, battezzato prima dell’etàdella ragione, riceve certamente non solo il caratterebattesimale, ma anche la grazia e le virtù, e l’incorpo-razione a Cristo e quindi alla Chiesa, ma non alla settanella quale è stato battezzato, bensì alla Chiesa Catto-lica, nella quale resta fino a che non aderisca, con unatto di ragione e libera volontà, all’eresia dei suoi pa-dri. In chi ha l’età di ragione e appartiene a società se-parata dalla Chiesa, l’eresia formale si presume (pertutta la questione, cf E. MURA, op. cit., vol. 1, pp. 322-323). Il carattere battesimale non basta per incorpora-re a Cristo, altrimenti anche i dannati in inferno sareb-bero ancora membra del Corpo di Cristo, giacché ilcarattere è indelebile; nei dissidenti il carattere batte-simale li pone sotto la giurisdizione della Chiesa manon più in essa, come un soldato disertore, pur nonappartenendo più all’esercito, può e deve essere puni-to per la sua diserzione.

19) Il cardinale esplicita quanto il Vaticano II insi-nua: “Tra gli elementi o beni dal complesso dei quali lastessa Chiesa è edificata e vivificata, possono trovarsifuori dai confini visibili della Chiesa cattolica. (…) Tut-te queste cose le quali provengono da Cristo e a lui con-ducono, appartengono di buon diritto all’unica Chiesadi Cristo” (UR 3; cf LG 8). Il Vaticano II afferma chequesti beni appartengono alla Chiesa di Cristo e sonofuori dalla Chiesa cattolica: con queste parole insinuache non appartengono “di buon diritto” alla sola Chie-sa cattolica, affermazione prossima all’eresia, per gliautori della Lettre…

20) Per approfondire, cf E. MURA, op. cit., § 2:L’unione in Cristo a mezzo dell’Eucaristia (pp. 158-164).

21) S. Tommaso prosegue spiegando che a voltepuò bastare il desiderio dell’Eucaristia: “tuttavia, l’ef-fetto di un sacramento può essere ottenuto ancor primadi riceverlo, col semplice desiderio di riceverlo (…) Eperciò, per il fatto del loro battesimo, i bambini sonodalla Chiesa orientati e diretti verso l’Eucaristia; e comeessi credono mediante la fede della Chiesa, così pureper l’intenzione e la volontà della Chiesa essi desidera-no l’Eucaristia e ne ricevono la grazia che le è propria”.

22) Il sacramento è valido, ma non fruttuoso; quan-to alle preghiere della liturgia, recitate dal sacerdotefuori dalla Chiesa, San Tommaso spiega “essendo se-parato dall’unità della Chiesa, le sue preghiere nonhanno efficacia” (III, q. 82, a. 7, ad 3).

23) San Tommaso conclude spiegando che il sacri-ficio può ottenere delle grazie anche a chi è fuori dallaChiesa. Sono i giansenisti che negano ogni influsso diCristo o della grazia attuale fuori dalla Chiesa (Denz.Sch. 2305, 2429, 2622).

24) Cf Lettre, op. cit., pp. 33-35, che cita Denzinger-Sch. 2753 e 2768 (condanna di Bautain), 2778-2779(Pio IX, Qui pluribus), 3009 e 3012-3013 (Vaticano I,Dei Filius), 3539 (giuramento antimodernista).

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25) Lettre…, op.cit., pp. 32-33.26) Lettre…, op.cit., pp. 26-27.27) “Non si può affermare che ‘lo Spirito di Cristo

non ricusa di servirsi di esse (delle comunità separate) co-me di mezzi di salvezza’ (UR 3). Sant’Agostino affermain effetti: ‘Non c’è che una Chiesa, che sola è chiamatacattolica. Nelle comunità separatesi dalla sua unità, è essaa fruttificare mediante la virtù di ciò che in queste sette re-sta di sua proprietà, quale che sia ciò che essa vi possieda’(De baptismo contra donatistas, l. 1, cap. 10, n. 14). Lasola cosa che queste comunità separate possono realizza-re per loro propria virtù, è la separazione delle animedall’unità ecclesiale, come dice ancora Sant’Agostino:‘Non è affatto vostro (il battesimo) ciò che è vostro è datodai vostri sentimenti malvagi e da pratiche sacrileghe, edall’aver avuto l’empietà di separarvi da noi’ (ibidem,cap. 14, n. 22)” (Fraternità sacerdotale San Pio X,Dall’ecumenismo all’apostasia silenziosa, suppl. a LaTradizione cattolica, n. 1, 2004, p. 27). Ho già avuto oc-casione su Sodalitium di presentare al lettore questoopuscolo della Fraternità sull’ecumenismo, validissimonella sua critica agli errori conciliari, ma pessimo nell’at-tribuire questi errori alla Chiesa cattolica (a causa dellariconosciuta legittimità dei “pontefici” conciliari).

28) Tra le “Chiese orientali separate” bisogna con-tare non solo le cosiddette “Chiese ortodosse” (inrealtà eterodosse), come quelle di Costantinopoli,Atene, Mosca ecc., separatesi definitivamente nel1054, ma anche le “Chiese” nestoriane e monofisite,separatesi ancor prima, in seguito ai Concili di Efeso(che anatematizzò Nestorio) e Calcedonia (che anate-matizzò i monofisiti).

29) Nel mondo protestante i Luterani e gli Angli-cani hanno conservato la figura del Vescovo, senza pe-rò più credere al sacramento dell’Ordine e senza piùtrasmettere validamente il sacerdozio. Si sa che LeoneXIII stroncò i tentativi dell’ecumenismo di allora (suiniziativa di Lord Halifax e del lazzarista Portal) con-fermando la dottrina della Chiesa sull’assoluta invali-dità delle ordinazioni anglicane (Lettera ApostolicaeCuræ del 13 settembre 1896). Gli ecumenisti tornaro-no all’assalto con i “colloqui di Malines” (1921-1926),ma l’enciclica Mortalium animos (1928) stroncò nuo-vamente le illusioni, fino al Vaticano II. Nel climapost-conciliare non sono mancati i tentativi “rivedere”l’irriformabile giudizio di Leone XIII.

30) Giovanni Paolo II lo sostenne in ogni occasio-ne. Cf ad es.: “I Patriarchi orientali separati dalla Chie-sa cattolica sono incaricati di compiere la missione apo-stolica” (discorso al Patriarca Siro-Ortodosso di An-tiochia del 14 maggio 1980).

31) Questo aspetto è sottovalutato da alcuni cattolicicontemporanei, i quali stanno portando avanti una cam-pagna in difesa della validità del sacerdozio “secondol’ordine di Melchisedech” e l’invalidità delle ordinazionisecondo il nuovo rituale. Per questi cattolici la questionedella validità dei nuovi riti di ordinazione – certamentedi vitale importanza – sembra però essere sufficiente(come se fosse l’unico aspetto da prendere in considera-zione) per decidere della situazione attuale della Chiesa.Si direbbe che secondo loro ciò che conta è (solo) la va-lidità del sacerdozio e dell’episcopato. Ratzinger non sa-rebbe Papa legittimo in quanto non validamente consa-crato vescovo; questo argomento, in realtà, è privo divalore secondo la teologia tradizionale (la giurisdizionenon viene dalla consacrazione) mentre invece è convin-cente secondo la dottrina di Lumen Gentium e del nuo-

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vo codice di diritto canonico. Allo stesso modo, la Fra-ternità San Pio X di Mons. Lefebvre sarebbe un’operadi Dio perché conserva il sacerdozio sacramentalmentevalido, senza prendere in considerazione l’insegnamentodella detta Fraternità (e di Mons. Lefebvre) sul magiste-ro infallibile, sul Papa ecc. Con questo modo di ragiona-re, i vescovi “ortodossi” – che sono consacrati valida-mente - verrebbero anch’essi da Dio, malgrado il loroscisma e la negazione del Primato pontificio! È questouno dei motivi (non certo l’unico) per il quale Sodali-tium dichiara di non voler avere nulla a che vedere conla suddetta campagna “via internet” che purtroppo usa eabusa del nome della Vergine Maria.

32) Cf D. SANBORN, Il Papato materiale De papatumateriali, Testo latino-italiano, Centro Librario Soda-litium, Verrua Savoia, 2002. Prima parte: ricerca positi-va sulla distinzione tra successione materiale e succes-sione formale. Il lettore vi troverà abbondanti citazio-ne dei teologi sull’argomento.

33) Sodalitium, n. 59, anno 2006, pp. 36-37.34) Ibidem, pp. 34-35, con il testo della Nota perso-

nalmente riservata al Santo Padre sullo Schema Consti-tutionis de Ecclesia (11-12 settembre 1964), nota invia-ta a Paolo VI da 25 cardinali, un Patriarca e 13 supe-riori di Congregazioni religiose.

35) Ratzinger si preoccupò di precisare che la Notapraevia apposta a Lumen Gentium doveva essere in-terpretata alla luce dei decreti sull’ecumenismo e sulleChiese orientali, ovvero in un senso favorevole ai po-teri esercitati dagli orientali separati (Sodalitium, n.59, p. 36 e nota 72).

Leggendo qua e la: Hans Küng,Vito Mancuso e Joseph Ratzinger

Cos’hanno in comune i tre personaggidel titolo? Senza dubbio il fatto che so-

no, tutti e tre, teologi di professione. I pri-mi due, poi, sono eretici formali, benchénon dichiarati tali dalla Chiesa: infatti, sia ilvecchio Küng che il giovane Mancuso han-no scritto ripetutamente che essi rifiutanoalcune verità di fede che sanno essere taliper definizione della Chiesa.

Il quotidiano della Confindustria, Il So-le 24 Ore (13 aprile 2008, p. 40) pubblicaun’anticipazione dell’autobiografia diKüng, La mia battaglia per la libertà (Dia-basis, Reggio Emilia), in un articolo intito-lato Io con Ratzinger per rifare la Chiesa. Ilteologo svizzero racconta le vicissitudinisue e di Ratzinger, malvisti a Roma dalSant’Uffizio, ma in gran spolvero in Ger-mania, dove è proprio Küng che mette Rat-zinger in cattedra a Tubinga. Si sa come an-dranno le carriere dei due sodali; malgradoil successo del tedesco e l’emarginazioneecclesiale dello svizzero, l’amicizia è rima-

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sta, giacché uno dei primi atti di BenedettoXVI è stato quello di ricevere in udienzaprivata Küng.

Scrive regolarmente sul Foglio di Giulia-no Ferrara il teologo laico Vito Mancuso, al-lievo di Bruno Forte. L’arcivescovo di Chietiha dovuto sconfessare il discepolo dopo lapubblicazione di un libro dichiaratamenteeretico di Mancuso, malgrado la protezioneche gli ha offerto il cardinal Martini con unaamichevole e autorevole prefazione. Disce-polo intellettuale di Giordano Bruno e diTheilard de Chardin, Mancuso elogia sul Fo-glio 20 aprile 2008 (pag. 1) i discorsi di Bene-detto XVI negli Stati Uniti, particolarmentequello alle Nazioni Unite, auspicando peròdei passi avanti. Mi ha colpito soprattutto laconclusione dell’articolo, dove Mancuso par-la del documento conciliare sulla libertà reli-giosa Dignitatatis humanae personae: “Sonoinfatti di origine illuministica questi valori af-fermati dal Papa nel discorso alle NazioniUnite: 1) ‘il federalismo di liberi stati’ (ho cita-to Kant) che è alla base delle moderne Nazio-ni Unite; 2) il primato dell’etica; 3) la sottoli-neatura dell’universalità dei diritti umani al dilà, per citare Benedetto XVI, dei ‘contesti cul-turali, politici, sociali e persino religiosi’: taleidea non sarebbe pensabile senza la lottadell’illuminismo per l’universalità della ragio-ne politica, basata sui diritti umani che vengo-no dal basso e non sul diritto divino che scen-de dall’alto (difeso invece per secoli dallaChiesa cattolica schierata accanto ai regimidell’ancien régime); 4) la libertà religiosa.

A quest’ultimo proposito è utile ricordareche nel 1832, quando già da mezzo secolo inAmerica Thomas Jefferson aveva scritto laDichiarazione d’Indipendenza approvata dalcongresso il 4 luglio 1776, qui da noi in Eu-ropa papa Gregorio XVI scomunicava il cat-tolico liberale Felicité de Lamennais, reo diaver difeso pubblicamente l’idea della libertàreligiosa. Nell’enciclica Mirari vos che ne se-

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guì il Papa definiva la libertà religiosa un de-lirio, deliramentum nell’efficace latino curia-le. Ora quel deliramentum è diventato unodei capisaldi della predicazione papale, pri-ma di Giovanni Paolo II, ora di BenedettoXVI. La cosa mi rallegra enormemente, mainsieme sprona la mia onestà intellettuale a ri-conoscere che senza l’illuminismo la libertàreligiosa non sarebbe stata neppure pensabi-le, come non lo sarebbe stato Thomas Jeffer-son che la pose a fondamento degli Stati Uni-ti d’America. La libertà religiosa non è unpatrimonio cattolico, è una conquista dellalaicità illuminista, spesso contro l’opposizio-ne dei cattolici del tempo. Noi cattolici, senzagli illuministi, non saremmo neppure arrivatia concepirla, la libertà religiosa. C’è la storiaalle nostre spalle a dimostrarlo, a partire daicosiddetti ‘Decreti teodosiani’ contro il paga-nesimo del 391-392, passando per una seriedi eventi dolorosi e criminali (sic) che sareb-be fin troppo facile ricordare. La piena accet-tazione della libertà religiosa da parte dellaChiesa cattolica è avvenuta solo l’8 dicembre1965, con la dichiarazione del Vaticano IIDignitatis humanae e ha significato, teologi-camente parlando, l’accettazione della laicitàdella storia. Si tratta, ritengo, di un processosostanzialmente e felicemente concluso, enne-sima prova ne siano i forti e profondi discorsiin America di Benedetto XVI. Ma ora occor-re procedere nell’ascolto della continua rive-lazione dello Spirito verso la verità tutta inte-ra, giungendo all’accettazione di un’altra li-bertà…”.

A scanso di equivoci, Sodalitium dissenteda quanto scrive l’eretico Mancuso che si ral-legra del fatto che quello che ieri era un deli-rio sia oggi considerato un diritto; ma trovainteressante rilevare come sia evidente larottura col magistero della Chiesa operatadal Vaticano II e mantenuta in atto da Jo-seph Ratzinger con la dottrina (tra l’altro)sulla libertà religiosa. Per Ratzinger, il mo-dello ideale delle relazioni tra Stato e Chiesaè quello della “laicità positiva” che fondò gliStati Uniti d’America. Si abbia però il corag-gio di dire che questa dottrina viene dalleLogge massoniche anglosassoni e dai Templidei protestanti liberali, ma che in nessun mo-do può essere attribuita alla Chiesa cattolicae ad un vero e legittimo Romano Pontefice.

Il teologo svizzeroHans Kung

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Comunicato 1

COMUNICATO DELL’ISTITUTO MA-TER BONI CONSILII SUL MOTU PRO-PRIO “SUMMORUM PONTIFICUMCURA”

In seguito al Motu proprio SummorumPontificum cura sull’uso del Messale Ro-

mano (7 luglio 2007), l’Istituto Mater BoniConsilii:

- constata con soddisfazione che iltentativo di sopprimere del tutto l’antico evenerabile Messale Romano per sostituir-lo con un nuovo messale riformato, tenta-tivo espresso chiaramente da Paolo VI neldiscorso al Concistoro del 24 maggio1976, è – per implicita ammissione dellostesso Motu Proprio Summorum Pontifi-cum, miseramente fallito;

- non riconosce però “il valore e lasantità” del nuovo rito del 1969, applica-zione del Concilio Vaticano II;

fa proprio al contrario il giudizio sulnuovo rito dei cardinali Ottaviani e Bacci,secondo il quale il nuovo messale “rap-presenta, sia nel suo insieme come neiparticolari, un impressionante allontana-mento dalla teologia cattolica della SantaMessa, quale fu formulata nella SessioneXXII del Concilio Tridentino”;

- ricorda che un giudizio così severonon può designare un rito della Chiesa,promulgato cioè dalla legittima e supremaautorità ecclesiastica;

- non ammette pertanto che il messaleriformato possa essere considerato la for-ma “ordinaria” del rito romano, del quale ilMessale Romano antico sarebbe solo la“forma straordinaria”;

- chiede, coi medesimi cardinali Otta-viani e Bacci, l’abrogazione del nuovo ritoe di tutta la riforma liturgica;

- mette in guardia dal progetto di un’ul-teriore riforma liturgica che risulterebbedalla fusione e confusione dei due riti.

Verrua Savoia, 16 luglio 2007, festa della Madonna del Carmine.

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RIFLESSIONI SUL MOTU PROPRIO“SUMMORUM PONTIFICUM”, DIDON FRANCESCO RICOSSA

Il 7 luglio 2007, Benedetto XVI ha resopubblica la lettera apostolica motu propriodata, Summorum Pontificum cura sull’usodel messale romano, preceduta da unalettera ai vescovi di tutto il mondo per pre-sentare questo documento.

Quei cattolici che, da sempre, si sonoopposti alla riforma liturgica conciliare nonpossono restare indifferenti ad un similedocumento che, pur non venendo dallaChiesa avrà certamente importanti riper-cussioni per la vita della Chiesa.

Per poterne dare un’adeguata valuta-zione, è però indispensabile ritornare alleorigini di tutta la controversia concernentel’uso del messale e del rituale romano e,più in generale, la riforma liturgica.

Il Concilio Vaticano II e la riforma liturgicaInfatti, la riforma liturgica culminata nel

1969 con un nuovo messale, pur andandooltre la lettera della costituzione conciliareSacrosantum Concilium, è stata applicatae voluta sotto l’ordine ed il controllo diPaolo VI, per esprimere anche in campoliturgico, con una nuova “lex orandi”, lanuova “lex credendi” dell’ecclesiologiaconciliare fondata sull’ecumenismo ed ildialogo interreligioso e, genericamente, ilnuovo rapporto tra la Chiesa ed il mondocontemporaneo (si vedano in particolare idocumenti conciliari Lumen gentium, Uni-tatis redintegratio, Orientalium ecclesia-rum, Dignitatis humanae personae, NostraAetate, Gaudium et spes).

La riforma liturgica, quindi, non può es-sere dissociata dalla riforma dottrinale delVaticano II. Non a caso, quasi contempora-neamente al Motu Proprio sulla liturgia, laS.C. per la Dottrina della Fede, in continuitàcon la Dominus Jesus ed il discorso ai car-dinali del 22 dicembre 2005, ha pubblicatoun altro documento (Risposta a quesiti ri-guardanti alcuni aspetti circa la dottrina sul-la Chiesa) con il quale si tenta di dare un’in-terpretazione di Lumen Gentium n. 8 (il fa-moso passo secondo il quale la Chiesa diCristo ssuussssiissttee nella Chiesa Cattolica, manon èè la Chiesa Cattolica). Quest’interpre-tazione si oppone alle ermeneutiche chevanno oltre la lettera del Concilio, ma è

Documenti

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perfettamente fedele, però, alla lettera delConcilio stesso, lettera che non è in con-formità, come invece si vuole dimostrare,all’insegnamento precedente della Chiesa.

Se, pertanto, la lettera del Concilio, enon solo il suo “spirito”, è contraria all’inse-gnamento della Chiesa, se ne deduce cheil Concilio stesso non può venire dallaChiesa e dalla sua suprema autorità divina-mente assistita. E che pertanto BenedettoXVI, che al Vaticano II intende restare fede-le, e fino a quando avrà questa intenzione,non può essere l’ Autorità della Chiesa. Ec-co perché abbiamo scritto che il Motu pro-prio, promulgato da Benedetto XVI, non èun documento della Chiesa e non viene daessa. UUnnaa pprriimmaa ccoonncclluussiioonnee è dunque laseguente: la crisi che stiamo attraversandonon avrà fine fino a quando non sarannocorretti, e condannati, gli errori del Vatica-no II. La celebrazione del Messale Romanonon mette fine, per il fatto stesso, a questacrisi, e non è lecito celebrare la Santa Mes-sa, o assistere a Messe celebrate in comu-nione (una cum Pontifice nostro Benedicto)con un’autorità che non può essere taleperché e finché professa ed impone la dot-trina riformata dal Vaticano II.

La riforma liturgica nel giudizio del “Breveesame critico del Novus Ordo Missae” edel Motu Proprio

Quando nel 1969, Paolo VI manifestòl’intenzione di promulgare un nuovo mes-sale, un gruppo di teologi, ed in prima fila ilpadre domenicano L.-M. Guérard des Lau-riers, docente alla Pontificia Università La-teranense, redasse un “breve esame criticodel Novus Ordo Missae”. Nel sottoscriverloe presentarlo a Paolo VI, i cardinali Ottavia-ni e Bacci espressero questo giudizio sullariforma del messale: “il Novus Ordo (…)rappresenta, sia nel suo insieme come neiparticolari, un impressionante allontana-mento dalla teologia cattolica della SantaMessa quale fu formulata nella SessioneXXII del Concilio Tridentino, il quale, fissan-do definitivamente i ‘canoni’ del rito, eresseuna barriera invalicabile contro qualunqueeresia che intaccasse l’integrità del Miste-ro”. Il Messale riformato è pertanto “unagravissima frattura”. Tutti coloro che percirca quarant’anni si sono rifiutati di cele-brare col nuovo messale montiniano, o diassistere ai riti celebrati con questo messa-

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le, tenendo vivo l’antico, lo hanno fatto per-ché convinti di questo giudizio.

Tutto diverso il parere espresso da Be-nedetto XVI nella lettera ai Vescovi e nelMotu proprio. Il messale riformato resta laforma ordinaria del rito romano, mentre ilmessale cattolico ne è una forma straordi-naria (art. 1). Di più si afferma che “non c’ènessuna contraddizione tra l’una e l’altraedizione del Missale Romanum” e si con-clude pertanto che “ovviamente, per viverela piena comunione, anche i sacerdoti ade-renti all’uso antico non possono, in linea diprincipio, escludere la celebrazione secon-do i libri nuovi. Non sarebbe infatti coerentecon il riconoscimento del valore e della san-tità del nuovo rito l’esclusione totale dellostesso” (lettera ai Vescovi). La partecipazio-ne al nuovo rito sembra prevista almenodurante il Triduo Sacro (giovedì, venerdì esabato santo) quando non è permessol’uso del Messale “antico” (art. 2). Gli istitutiche avevano aderito alla Commissione Ec-clesia Dei e che cercavano di evitare la ce-lebrazione del nuovo rito potrebbero oratrovarsi, paradossalmente, dopo il Motuproprio, in una situazione peggiore dellaprecedente! Non si vede pertanto comeMons. Fellay, superiore della Fraternità SanPio X, abbia potuto dichiarare che “Il MotuProprio pontificio ristabilisce la Messa tri-dentina nei suoi diritti” (dichiarazione dellaFraternità San Pio X, 7 luglio 2007) e chequesto “documento è un dono della Grazia(…) non è un passo, è un salto nella buonadirezione (…) un atto di giustizia (…) un aiu-to soprannaturale straordinario” (intervistadi Mons. Fellay a Vittorio Messori, Corrieredella Sera, 8 luglio 2007).

UUnnaa sseeccoonnddaa ccoonncclluussiioonnee è dunquela seguente: i cattolici non devono conten-tarsi di veder riconosciuta la liceità di cele-brare col Missale Romanum, ma devonopretendere – per la gloria di Dio, la santitàdella Chiesa, il bene delle anime, l’integritàdella Fede – ciò che richiedevano nel 1969i cardinali Ottaviani e Bacci, ovvero l’abro-gazione pura e semplice del nuovo messa-le (e di tutta la riforma liturgica).

La questione della validità del Novus Ordoe le conseguenze della dimenticanza di que-sta questione dopo il Motu Proprio

Benedetto XVI parla, l’abbiamo visto,dell’ortodossia, del “valore e della santità”

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della riforma liturgica. La cosa non devestupirci. Un rito della Chiesa, infatti, nonpuò che essere ortodosso (conforme allaretta dottrina), valido e santo, esattamentecome l’insegnamento della Chiesa e delPapa non può contenere errori contro lafede o la morale.

Se il nuovo messale e, in genere, la ri-forma liturgica, “rappresenta un impres-sionante allontanamento dalla teologiacattolica della Santa Messa” ciò è possi-bile solo perché non viene dalla Chiesa edalla sua Autorità divinamente assistita.

Ma se il nuovo messale e, con tutta lariforma liturgica, il nuovo rituale dei sacra-menti ed il nuovo pontificale non sono ga-rantiti dalla santità della Chiesa, allora ildubbio sulla validità di questi riti, almenoper alcuni di essi, diventa possibile. Con lanuova situazione creatasi dopo l’indultodel 1984, il Motu proprio del 1988 ed ilMotu Proprio del 2007 nascono delle si-tuazioni gravi per la validità ed il rispettodovuto ai santi sacramenti, ed in particola-re per il sacramento dell’eucaristia ed il sa-crificio della Messa. Infatti, come tteerrzzaaccoonncclluussiioonnee dobbiamo ricordare a sacer-doti e fedeli come – a causa dei dubbi sul-la validità del nuovo rito di consacrazioneepiscopale e di ordinazione – i sacerdotiordinati col nuovo rito, o che hanno ricevu-to il sacerdozio da Vescovi consacrati colnuovo rito – sono dubbiosamente ordinati,per cui la loro Messa, anche celebrata conl’antico Missale Romanum potrebbe esse-re invalida. Che, per i dubbi sulla validitàdel nuovo messale, le particole consacratecol nuovo rito sono dubbiosamente con-sacrate, e che pertanto i fedeli che si ac-costano alla comunione anche duranteuna messa secondo l’antico messale cele-brata da un sacerdote validamente ordina-to potrebbero ricevere la santa comunionein maniera invalida se le particole distribui-te sono state consacrate durante una cele-brazione svoltasi secondo il nuovo messa-le. Infine, che le particole validamente con-sacrate durante una messa celebrata conl’antico rito e conservate nel tabernacolosaranno verosimilmente profanate, se sa-ranno distribuite ai fedeli durante riti rifor-mati i quali, a detta dello stesso BenedettoXVI vanno spesso “al limite del sopportabi-le” (e ben oltre!). Questi motivi, che si ag-giungono ai precedenti, impediscono ogni

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accettazione pratica del Motu ProprioSummorum Pontificum.

La situazione della Chiesa dopo il MotuProprio: speranze e timori.

Non spetta a noi giudicare le intenzionisoggettive di Benedetto XVI nel promulga-re il Motu Proprio, benché egli stesso leabbia, almeno in parte, manifestate addu-cendo non il motivo della difesa della fedema il motivo ecumenico di questo provve-dimento, giungendo persino a criticare laChiesa stessa ed i suoi “predecessori” inmaniera inaccettabile (“Guardando al pas-sato, alle divisioni che nei corsi dei secolihanno lacerato il Corpo di Cristo, si hacontinuamente l’impressione che, in mo-menti critici in cui la divisione stava na-scendo, non è stato fatto il sufficiente daparte dei responsabili della Chiesa per ri-conquistare la conciliazione e l’unità; si hal’impressione che le omissioni nella Chiesaabbiano avuto una loro parte di colpa nelfatto che queste divisioni si siano potuteconsolidare” ).

Possiamo però chiederci se – al di làdelle intenzioni – il Motu Proprio è un pas-so avanti nella soluzione della crisi chestiamo attraversando o se, al contrario, sitratta di un grave pericolo. Poiché passia-mo dal campo dei principi a quello dei fat-ti contingenti, è più facile errare. Vediamoassieme quelli che mi sembrano i motivi disperanza o di timore per il futuro, fermorestando che le porte dell’inferno nontrionferanno sulla Chiesa di Cristo.

Non mancano i motivi di soddisfazio-ne, come hanno fatto notare anche i com-mentatori più critici del Motu Proprio. Ilpiù importante mi sembra il fallimento, –ormai ufficialmente riconosciuto – del ten-tativo di sopprimere per sempre il Messa-le Romano ed il Sacrificio della Messa.Nella sua lettera ai Vescovi, Benedetto XVIafferma che, con l’introduzione del nuovoMessale, l’antico “non fu mai giuridica-mente abrogato e, di conseguenza, in li-nea di principio, restò sempre permesso”.Con queste parole Benedetto XVI scon-fessa non solo l’artefice della Riforma Li-turgica, Mons. Annibale Bugnini, che so-stenne esattamente il contrario (cf A. Bu-gnini, La riforma liturgica 1948-1975, CLVEdizioni Liturgiche, Roma, 1983, pp. 297-299) ma lo stesso Paolo VI che in occa-

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sione del Concistoro del 24 maggio 1976dichiarò espressamente: “È nel nome del-la Tradizione che noi domandiamo a tutti inostri figli, a tutte le comunità cattoliche,di celebrare, in dignità e fervore la Liturgiarinnovata. L’adozione del nuovo Ordo Mis-sae non è lasciata certo all’arbitrio dei sa-cerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14giugno 1971 ha previsto la celebrazionedella Messa nell’antica forma, con l’auto-rizzazione dell’ordinario, solo per sacerdotianziani o infermi, che offrono il Divin Sa-crificio sine populo. IIll nnuuoovvoo OOrrddoo èè ssttaattoopprroommuullggaattoo ppeerrcchhéé ssii ssoossttiittuuiissssee aallll’’aann--ttiiccoo, dopo matura deliberazione, in segui-to alle istanze del Concilio Vaticano II. Nondiversamente il nostro santo PredecessorePio V aveva reso obbligatorio il Messale ri-formato sotto la sua autorità, in seguito alConcilio Tridentino.

La stessa disponibilità noi esigiamo,con la stessa autorità suprema che ci vie-ne da Cristo Gesù, a tutte le altre riformeliturgiche, disciplinari, pastorali, maturatein questi anni in applicazione ai decreticonciliari”.

Chi è stato testimone di quei giorni ri-corda con tristezza il caso di sacerdotiche fino ad allora avevano celebrato colrito “antico” e che lo abbandonarono perobbedienza a Paolo VI, e di altri che, con-tinuando a celebrare col Missale Roma-num subirono ogni sorte di persecuzione.Oggi, possiamo dire che il tentativo diPaolo VI di distruggere totalmente e vieta-re la celebrazione della Messa è, ancheufficialmente, fallito. Questa evidente con-traddizione (per chi ha memoria) tra Paoloe Benedetto non può che seminare la divi-sione nel campo di coloro che sostengo-no il Concilio e le sue riforme. Esemplare,a questo proposito, la dichiarazione rila-sciata al quotidiano Repubblica dal ve-scovo di Sora, Aquino e Pontecorvo, non-ché membro della commissione liturgicadella conferenza episcopale italiana: “Nonriesco a trattenere le lacrime – ha detto –sto vivendo il momento più triste della miavita di vescovo e di uomo. È un giorno dilutto non solo per me, ma per i tanti chehanno vissuto e lavorato per il Concilio Va-ticano II. È stata cancellata una riforma perla quale lavorarono in tanti, al prezzo digrandi sacrifici, animati solo dal desideriodi rinnovare la Chiesa”. Da questo punto

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di vista il M.P. è un punto a nostro favore,giacché dimostrerà abbondantemente lospirito di disobbedienza dei più convintifautori del Vaticano II. Col M.P. poi i bat-tezzati avranno qualche possibilità di piùdi vedere nuovamente, o per la prima vol-ta, la liturgia della Chiesa, e riabituarvisi:un passaggio graduale ma umanamentenecessario per uscire dalla malattia spiri-tuale che ci ha colpito da quarant’anni.

Questi benefici saranno però vanificatise i cattolici che sono rimasti fedeli finoraalla dottrina e alla liturgia cattolica accette-ranno, col M.P., la “validità e santità” delnuovo messale, e la dottrina del Vaticano II.In questo caso, il M.P., lungi dall’essere unpasso (o un balzo!) verso la guarigione, sa-rà – come oggettivamente è – un ingannofatale per riassorbire i cattolici refrattari allariforma neo-modernista. Abbiamo sotto gliocchi i ripetuti esempi di coloro i quali han-no di già, negli anni e decenni passati, ac-cettato un compromesso tra la verità e l’er-rore: la fede o è integra, o non è.

Il M.P. infine preconizza una contamina-zione tra i due riti, secondo l’intenzione piùvolte manifestata dal cardinal Ratzinger digiungere, in un futuro, ad un solo rito roma-no frutto dell’evoluzione di quello romano edi quello riformato. In effetti, benché il M.P.affermi ripetutamente che il Messale “anti-co” e quello di Paolo VI possono coesisterecome due forme (straordinaria e ordinaria)del rito romano, si avverte in realtà che idue rituali non possono coesistere, poichéuno è nato per soppiantare l’altro. L’unicomodo così di salvare la Riforma sarebbequello di operare una “riforma della rifor-ma”, che avrebbe però l’effetto di distrug-gere – se mai fosse possibile – la millenarialiturgia romana che neppure Paolo VI riuscìad estirpare. Di già il messale “liberato” dalM.P. è quello riformato da Giovanni XXIII; digià Benedetto XVI vuole alterarlo ulterior-mente con l’inserimento del volgare, di nuo-vi prefazi, di nuove messe proprie: ben pre-sto l’abbraccio del M.P. si rivelerà più peri-coloso, per la Messa, che il persecutoriodiscorso del 24 maggio 1976, giacché ri-schierà di scomparire per alterazione e nonpiù per soppressione.

L’ultima conclusione sarà dunquequella di non mutare minimamente la no-stra attitudine d’intransigente opposizionea tutte le dottrine e le riforme moderniste.

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La nostra intransigenza non mira ad otte-nere onori o riconoscimenti; essa mira in-vece, e ne abbiamo il dovere, ad ottenereun’integra professione di fede, ed unasanta amministrazione dei sacramenti,senza alcun compromesso con l’errore,per la gloria di Dio, la salvezza delle animeed il trionfo della Chiesa.

Comunicato 2: Ratzinger e lapreghiera per i Giudei

Ratzinger fa cambiare la preghiera per i Giu-dei nel Messale di san Pio V

In una nota del 4 febbraio 2008 la Segre-teria di Stato vaticana ha reso noto che

“l’Oremus et pro Iudaeis della Liturgia delVenerdì Santo”, contenuto nel Messaledel 1962 (con il titolo Pro conversione Ju-daeorum) è stato sostituito da un nuovotesto che, recita la nota, “dovrà essereutilizzato, a partire dal corrente anno, intutte le Celebrazioni della Liturgia del Ve-nerdì Santo con il citato Missale Roma-num”. Il nuovo testo è il seguente:

Oremus et pro Iudaeis. Ut Deus et Do-minus noster illuminet corda eorum, utagnoscant Iesum Christum salvatoremomnium hominum.

Oremus. Flectamus genua. Levate.Omnipotens sempiterne Deus, qui vis

ut omnes homines salvi fiant et ad agnitio-nem veritatis veniant, concede propitius,ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuamintrante omnis Israel salvus fiat. Per Chri-stum Dominum nostrum. Amen.

Il sito della Radio Vaticana riporta unatraduzione in lingua italiana:

Preghiamo per gli Ebrei. Il Signore DioNostro illumini i loro cuori perché ricono-scano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uo-mini. Dio Onnipotente ed eterno, Tu chevuoi che tutti gli uomini si salvino e giunga-no alla conoscenza della verità, concedipropizio che, entrando la pienezza dei po-poli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo.

Il testo tradizionale dell’orazione, primadelle riforme, era:

Orémus et pro pérfidis Iudaéis: ut Deuset Dóminus noster áuferat velámen de

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córdibus eórum; ut et ipsi agnóscant Ie-sum Christum Dóminum nostrum.

Omnípotens sempitérne Deus, quiétiam iudáicam pérfidiam a tua misericór-dia non repéllis: exáudi preces nostras,quas pro illíus pópuli obcæcatióne deféri-mus; ut, ágnita veritátis tuæ luce, quæChristus est, a suis ténebris eruántur. Pereúmdem Dóminum. R/. Amen.

Traduzione italiana (da: Messale Ro-mano, LICE – Berruti,& C., Torino 1936):

Preghiamo anche per i perfidi Giudei,affinché Dio nostro Signore tolga il velodai loro cuori e riconoscano anch’essi Ge-sù Cristo, Signore nostro.

Dio onnipotente ed eterno, che non ri-cusi la tua misericordia neppure ai perfidiGiudei, degnati esaudire le preghiere chenoi ti rivolgiamo per questo popolo ciecoaffinché, riconoscendo la luce della tuaverità, che è il Cristo, siano liberati dalleloro tenebre. Per lo stesso Signore.

Commento di don Francesco Ricossa, supe-riore dell’Istituto Mater Boni Consilii

Come è noto, la correzione del testo li-turgico tradizionale è stato richiesto dallacomunità ebraica dopo la “promulgazione”del Motu Proprio Summorum Pontificum.

Si ripete perciò quanto accadde con ilVaticano II e la successiva riforma liturgi-ca, e cioè che quello che avrebbe dovutoessere insegnamento e preghiera dellaChiesa venga invece dettato o perlomenoinfluenzato da chi è estraneo e persinocontrario alla Chiesa.

La richiesta della comunità ebraica vie-ne però incontro ai progetti personali diJoseph Ratzinger, il quale ha da tempo epiù volte preconizzato una “riforma dellariforma” liturgica mediante un amalgama euna contaminazione del rito Romano e diquello riformato dopo il Vaticano II inchiave ecumenista. Lo stesso Motu pro-prio prevede e auspica questa contamina-zione; la celebrazione versus Deum macon il rito montiniano alla Cappella Sistinane è stato un esperimento; la nuova rifor-ma dell’orazione pro Judaeis della Setti-mana Santa l’ultimo esempio.

Come abbiamo già avuto modo di dire,il Rito Romano tradizionale che non si è ri-usciti a sopprimere con 40 anni di divieti e

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di persecuzioni rischia ora (se ciò fossemai possibile) di scomparire mediante fu-sione e contaminazione col rito riformato.

Qualcuno obietterà che nella nuova ora-zione per i Giudei si chiede la loro conver-sione, mentre nell’orazione riformata daPaolo VI si chiede la loro fedeltàall’Alleanza (!), ovverosia, di fatto, il perseve-rare nell’errore. A questa obiezione si puòfacilmente rispondere: prima di tutto chenon è l’orazione riformata che è stata modi-ficata, pur essendo essa scandalosa e inac-cettabile per la fede cristiana; essa continuaa far parte del “rito ordinario” che di fatto èancora celebrato ovunque nelle nostre chie-se; e poi che al contrario è l’orazione tradi-zionale che è stata modificata e nuovamen-te proibita, come se fosse impronunciabile.

La nuova orazione prevista per chi use-rà il messale “del 1962” dev’essere giudi-cata non solo per quello che dice, ma perquello che si rifiuta di dire: si rifiuta cioè diammettere con San Paolo che il popolouna tempo eletto - rifiutando Gesù Cristo -è come accecato e nelle tenebre. San Pao-lo lo sapeva bene, lui che - da fariseo ucci-sore di cristiani qual era - convertito dal Si-gnore sulla via di Damasco, fu colpito dauna misteriosa cecità fino a che, col batte-simo, fu liberato dalle tenebre del giudai-smo e vide la Luce vera che splende nelletenebre, Gesù Cristo il Verbo di Dio.

La nuova orazione ratzingeriana chiedeper i giudei la luce di Cristo, ma nega cheessi si trovino nelle tenebre del rifiuto diCristo, vergognandosi della parola rivelata(2 Cor 3, 15-16), come se i Giudei doves-sero solo progredire nella via di Dio e nonanche uscire dall’errore.

Una simile decisione non può essereattribuita solo alla “Segreteria di Stato”,come alcuni cercheranno di dire, anch’es-si ciechi volontari, ma allo stesso Bene-detto XVI ai cui ordini è la Segreteria distato; non può essere attribuita invece allaChiesa Cattolica, sposa immacolata diCristo, ed a Cristo stesso.

Auspichiamo che i cattolici siano co-erenti, e sappiano rifiutare un piatto (il“Motu Proprio”, i vari indulti, la stessamessa se celebrata “una cum”)” che, an-cora una volta, dimostra essere null’altroche un dono avvelenato.

Verrua Savoia, 6 febbraio 2008

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Pubblichiamo, per il lettore italiano, alcuniestratti di un articolo di Mons. Sanborn –

rettore del seminario della SS Trinità in Flori-da, Stati Uniti, consacrato Vescovo da Mons.Mc Kenna nel 2002 – riguardante la nuova ora-zione del Venerdì Santo secondo il “rito straor-dinario”. L’Autore si rivolge al pubblico ameri-cano, e ricorda spesso gli avvenimenti che por-tarono – nel 1983 – nove sacerdoti (tra i qualilui stesso) a lasciare la Fraternità San Pio X.Varie dichiarazioni recenti hanno confermatoche si prevede un’evoluzione e commistione delrito antico con la riforma di Paolo VI, fino agiungere ad un rito comune. La nuova preghie-ra per la “conversione dei giudei” della Settima-na Santa sarebbe solo il primo passo.

Sodalitium

Benedetto XVI sostituisce lapreghiera del Venerdì Santo

per i Giudei nel messale del 1962

Mons. Donald J. Sanborn

Nel mese di Luglio 2007 Ratzinger con-cesse l’autorizzazione all’uso del mes-

sale tradizionale nell’edizione del 1962,cioè con le modifiche introdotte da Giovan-ni XXIII. Questa iniziativa suscitò reazioniferoci, soprattutto da parte dei Giudei, con-trari a che si pregasse per la loro conversio-ne, così come prescritto dal messale, nellaliturgia del Venerdì Santo. In seguito aduna campagna piuttosto aggressiva condot-ta da vari gruppi di pressione giudei, Rat-zinger decise di sostituire la preghiera incri-minata con una del tutto diversa, e lo an-nunciò il Mercoledì delle Ceneri del 2008.Questa era la quarta volta che si interveni-va per apportare modifiche in relazione allapreghiera per i Giudei. Il testo originale ditale preghiera è antichissimo, fra i più anti-chi del messale e veniva utilizzato nellaMessa dei Presantificati, il Venerdì Santo.Eccone il testo :

““OOrreemmuuss eett pprroo ppeerrffiiddiiss JJuuddaaeeiiss:: uuttDDeeuuss eett DDoommiinnuuss nnoosstteerr aauuffeerraatt vveellaammeennddee ccoorrddiibbuuss eeoorruumm;; uutt eett iippssii aaggnnoossccaanntt JJee--ssuumm CChhrriissttuumm DDoommiinnuumm nnoossttrruumm..

OOmmnniippootteennss sseemmppiitteerrnnee DDeeuuss,, qquuiieettiiaamm jjuuddaaiiccaamm ppeerrffiiddiiaamm aa ttuuaa mmiisseerriiccoorr--ddiiaa nnoonn rreeppeelllliiss:: eexxaauuddii pprreecceess nnoossttrraass,,

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qquuaass pprroo iilllliiuuss ppooppuullii oobbccaaeeccaattiioonnee ddeeffeerrii--mmuuss;; uutt,, aaggnniittaa vveerriittaattiiss ttuuaaee,, qquuaaee CChhrrii--ssttuuss eesstt,, aa ssuuiiss tteenneebbrriiss eerruuaannttuurr.. PPeerr eeuunn--ddeemm DDoommiinnuumm nnoossttrruumm.. AAmmeenn””

Il riferimento al velo steso sui loro cuoriè tratto direttamente da san Paolo (II Cor.3°.13-16): “… et non sicut Moyses ponebatvelamen super faciem suam, ut non inten-derent filii Israel in faciem eius, quod eva-cuatur, sed obtusi sunt sensus eorum. Us-que in hodiernum enim diem, idipsum vela-men in lectione veteris testamenti manetnon revelatum (quoniam in Christo evacua-tur), sed usque in hodiernum diem, cum le-gitur Moyses, velamen positum est supercor eorum”.

Si ricorda che nel rito tradizionale il sa-cerdote e i fedeli non si genuflettono dopol’Oremus del sacerdote. Infatti la Chiesa ri-teneva inopportuno ripetere in quel mo-mento lo stesso gesto -la genuflessione- chei soldati giudei avevano compiuto per sbef-feggiare Gesù. Secondo lo stesso ragiona-mento il giorno del Sabato Santo si trala-scia l’esortazione “flectamus genua” al ter-mine della dodicesima lezione, in cui sicommemora il rifiuto, da parte dei tre gio-vani, di genuflettersi davanti alla statua diNabucodonosor, in segno di adorazione.

LE QUATTRO MODIFICHE

1- 1955: Introduzione della genuflessione

Nel 1955 venne operata una profondarevisione dei riti della Settimana Santa,ideata e realizzata da Annibale Bugnini,cioè lo stesso autore della nuova messa. Fral’altro venne introdotta una genuflessionenella preghiera per la conversione dei Giu-dei. Probabilmente questa era la prima vol-ta, nella storia della Chiesa, che un rito cat-tolico subiva modifiche suggerite dalla“sensibilità” di non cattolici.

2- 1959: Abolizione del “perfidi”.

Nel 1959 l’aggettivo “perfidi”, contenu-to nella preghiera, venne soppresso su in-tervento di Giovanni XXIII. In latino la pa-rola è “perfidis”, che viene traslitterata, manon esattamente tradotta, in “perfidi”. Me-rita ribadire il fatto che si tratta di una tras-litterazione: appare molto simile alla parola

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inglese “perfidious”, ma le due lingue nonle attribuiscono esattamente lo stesso signi-ficato. Il papa Pio XII era stato sollecitatoda Eugenio Maria Zolli, già Israel Zolli,rabbino capo di Roma prima della conver-sione al Cattolicesimo avvenuta nel 1945, acancellare la parola “perfidi” dalla preghie-ra per i Giudei del Venerdì Santo:

“Per un po’ l’ex-capo rabbino e il ponte-fice parlarono privatamente. Più tardi Zolliraccontò a Dezza [il sacerdote, poi cardina-le che aveva battezzato Zolli] di avere sup-plicato il Pontefice di togliere l’espressione“perfidi giudei” dalla solenne liturgia delVenerdì Santo. Ma Pio XII rifiutò e spiegòa Zolli che l’aggettivo “perfidi”, che abi-tualmente è inteso come “sleale” o “tradi-tore” o “falso” [in Italiano: subdolamentemalvagio], in realtà nel contesto della pre-ghiera dei cattolici significa incredulo”.

Ed ecco il testo della preghiera adottatodal messale del 1962 di Giovanni XXIII:

““OOrreemmuuss eett pprroo JJuuddaaeeiiss:: uutt DDeeuuss eett DDoo--mmiinnuuss nnoosstteerr aauuffeerraatt vveellaammeenn ddee ccoorrddiibbuusseeoorruumm:: uutt eett iippssii aaggnnoossccaanntt JJeessuumm CChhrrii--ssttuumm DDoommiinnuumm nnoossttrruumm..

OOrreemmuuss.. FFlleeccttaammuuss ggeennuuaa.. LLeevvaattee..OOmmnniippootteennss sseemmppiitteerrnnee DDeeuuss,, qquuii JJuu--

ddaaeeooss eettiiaamm aa ttuuaa mmiisseerriiccoorrddiiaa nnoonn rreeppeelllliiss::eexxaauuddii pprreecceess nnoossttrraass,, qquuaass pprroo iilllliiuuss ppooppuulliioobbccaaeeccaattiioonnee ddeeffeerriimmuuss;; uutt,, aaggnniittaa vveerriittaattiissttuuaaee lluuccee,, qquuaaee CChhrriissttuuss eesstt,, aa ssuuiiss tteenneebbrriisseerruuaannttuurr.. PPeerr eeuunnddeemm DDoommiinnuumm.. AAmmeenn””..

3- 1970: Scomparsa del termine “conver-sione”

Nel 1970, Paolo VI sostituì del tutto la pre-ghiera tradizionale con il testo seguente, quel-lo del messale del Novus Ordo, edito nel 1970:

Giovanni XXIII.Nel 1959 soppressela parola “perfidis”

dall’orazione delVenerdì Santo

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“PPrreegghhiiaammoo ppeerr ggllii EEbbrreeii :: iill SSiiggnnoorreeDDiioo nnoossttrroo,, cchhee llii sscceellssee pprriimmii ffrraa ttuuttttii gglliiuuoommiinnii aadd aaccccoogglliieerree llaa ssuuaa ppaarroollaa,, llii aaiiuu--ttii aa pprrooggrreeddiirree sseemmpprree nneellll’’aammoorree ddeell ssuuoonnoommee ee nneellllaa ffeeddeellttàà aallllaa ssuuaa aalllleeaannzzaa..DDiioo oonnnniippootteennttee eedd eetteerrnnoo,, cchhee hhaaii ffaattttoo lleettuuee pprroommeessssee aadd AAbbrraammoo ee aallllaa ssuuaa ddiisscceenn--ddeennzzaa,, aassccoollttaa llaa pprreegghhiieerraa ddeellllaa ttuuaa CChhiiee--ssaa ,, ppeerrcchhéé iill ppooppoolloo pprriimmooggeenniittoo ddeellllaa ttuuaaaalllleeaannzzaa ppoossssaa ggiiuunnggeerree aallllaa ppiieenneezzzzaa ddeell--llaa rreeddeennzziioonnee.. PPeerr CCrriissttoo nnoossttrroo SSiiggnnoorree”.

Si noterà che in questa preghiera ogniriferimento alla conversione dei Giudei èsparito. Vi si afferma senza equivoci che es-si, i Giudei, possono giungere al “compi-mento della redenzione” semplicementecontinuando “a crescere nell’amore del suonome e nella fedeltà alla sua alleanza “.Pertanto, si dichiara che i Giudei, pur ne-gando Cristo, amano Dio e sono fedeli allasua alleanza. Queste affermazioni contrad-dicono spudoratamente il santo Vangelo ele Epistole di san Paolo e sono, di fatto,una volgare bestemmia.

4- 2008: una stravagante creazione

Il 7 luglio 2007 Ratzinger emanò un docu-mento, un “motu proprio”, intitolato “Sum-morum pontificum”, con il quale concedevaliberalmente di usare il messale del 1962, cheè sostanzialmente, anche se molto imperfet-tamente, il Messale tradizionale. (…)

Poco dopo il drammatico e molto attesoevento della liberalizzazione del messaledel 1962, l’Anti Defamation League(ADL), cioè l’organizzazione dei Giudeiche ha lo scopo di scovare e denunciare tut-to ciò che a suo parere è antigiudaico, disseche la concessione del messale del 1962 eraun “pugno allo stomaco” nelle relazioni fracattolici e giudei. Turbato da questa accusa,Ratzinger ha recentemente modificato lapreghiera del messale del 1962, che ora re-cita così:

““OOrreemmuuss eett pprroo JJuuddaaeeiiss.. UUtt DDeeuuss eettDDoommiinnuuss nnoosstteerr iilllluummiinneett ccoorrddaa eeoorruumm,, uuttaaggnnoossccaanntt JJeessuumm CChhrriissttuumm ssaallvvaattoorreemmoommnniiuumm hhoommiinnuumm..

OOrreemmuuss..FFlleeccttaammuuss ggeennuuaa:: LLeevvaattee..OOmmnniippootteennss sseemmppiitteerrnnee DDeeuuss,, qquuii vviiss

uutt oommnneess hhoommiinneess ssaallvvii ffiiaanntt eett aadd aaggnniittiioo--nneemm vveerriittaattiiss vveenniiaanntt,, ccoonncceeddee pprrooppiittiiuuss,,uutt pplleenniittuuddiinnee ggeennttiiuumm iinn EEcccclleessiiaamm TTuuaammiinnttrraannttee oommnniiss IIssrraaeell ssaallvvuuss ffiiaatt.. PPeerr CChhrrii--

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ssttuumm DDoommiinnuumm nnoossttrruumm.. AAmmeenn””Prima di ogni ulteriore commento, è

giusto sottolineare che questa preghiera sidistingue per essere la più stravagante chequalcuno abbia mai composta.

Per ammissione degli stessi inquilinimodernisti del Vaticano, il suo testo si rife-risce a S.Paolo, Rom. XI, 25-26: “Noloenim vos ignorare fratres mysterium hoc (utnon sitis vobis ipsis sapientes), quia caecitasex parte contigit in Israel, donec plenitudogentium intraret, et sic omnis Israel salvusfieret, sicut scriptum est: Veniet ex Sion, quieripiat, et evertat impietatem a Iacob”.

Si può concludere, allora, che S. Paolosalva la preghiera di Ratzinger? No. Infattiin essa non si accenna minimamente allanecessità che i Giudei rinuncino alla loroincredulità (perfidia), oscurità, e cecità, e alvelo steso sui loro occhi. Tutte cose benchiare nei testi seguenti di S.Paolo:

In Gal. V, 4; si dice che i Giudei hannoperso la grazia: “Evacuati estis a Christo,qui in lege iustificamini: a gratia excidistis”.

In Rom. IX 32-33; si dice che i Giudeihanno inciampato nel rifiuto di Cristo:“Quare? Quia non ex fide, sed quasi ex ope-ribus: offenderunt enim in lapidem offensio-nis, sicut scriptum est: Ecce pono in Sion la-pidem offensionis, et petram scandali: et om-nis qui credit in eum , non confundetur”.

In Rom XI, 7-8; san Paolo dice che iGiudei sono ciechi, dominati dallo spiritodi insensibilità: “Quid ergo? Quod quaere-bat Israel, hoc non est consecutus: electioautem consecuta est: caeteri vero excaecatisunt: sicut scriptum est: Dedit illis Deus spi-ritum compunctionis: oculos ut non videant,et aures ut non audiant, usque in hodiernumdiem”.

In Rom XI, 27-30; san Paolo dice che ilcompimento dell’alleanza di Dio con i Giudeiconsisterà nella rimozione della loro empietà,che è il loro peccato e che essi sono nemicidel Vangelo, e che sono colpevoli di incredu-lità: “Et hoc illis a me testamentum: cum ab-stulero peccata eorum. Secundum Evange-lium quidem, inimici propter vos: secundumelectionem autem, charissimi propter patres.Sine poenitentia enim sunt dona et vocatioDei. Sicut enim aliquando et vos non credidi-stis Deo, nunc autem misericordiam consecutiestis propter incredulitatem illorum”.

In II Cor. III 13-15, san Paolo affermache sui loro cuori è steso un velo e che il

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Vecchio Testamento non ha più valore:“…et non sicut Moyses ponebat velamen su-per faciem suam, ut non intenderent filiiIsrael in faciem eius, quod evacuatur, sedobtusi sunt sensus eorum. Usque in hodier-num enim diem, idipsum velamen in lectio-ne veteris testamenti manet non revelatum(quoniam in Christo evacuatur), sed usquein hodiernum diem, cum legitur Moyses, ve-lamen positum est super cor eorum”.

Stando al ragionamento che ha determi-nato il cambiamento della preghiera delVenerdì Santo, tutte queste pagine di sanPaolo dovrebbero essere espunte.

Al contrario è evidente che nulla c’eranella preghiera del Venerdì Santo che nonfosse prima contenuto in san Paolo. Ratzin-ger non può rifarsi all’autorità di san Paoloper il suo testo e contemporaneamente ri-pudiare ciò che l’apostolo dice nei passi ci-tati. Di fatto il riferimento a san Paolo è uninvito a rileggerne le parole, ove si trovanoaffermazioni che l’Anti Defamation Lea-gue riterrebbe certamente oltraggiose. Ci siricordi che san Paolo stesso era ebreo, anziera un ex-fariseo.

Solo i Giudei della fine dei tempi?

Il quadro delineato da Ratzinger nellasua preghiera rappresenta tutte le genti - daintendersi soltanto come i Gentili, poichéquesto è il senso del testo originale latinodella preghiera - riunite nell’unica chiesa(…) e contemporaneamente la salvezzadell’intero Israele. In tal modo si sottinten-de che la Chiesa è necessaria solo per iGentili, poiché i Giudei hanno una propriaalleanza con Dio che li salva.

Perché, per esempio, non c’è un solo cen-no all’empietà dei Giudei di cui si parla nelpasso paolino prima ricordato? Proviamo achiederci come sarebbe la stessa preghierase a comporla fosse stato, lui, san Paolo.

La parte dell’Epistola ai Romani allaquale fa riferimento la preghiera di Ratzin-ger concerne il ritorno alla Chiesa Cattolicadei Giudei come popolo (cioè non in asso-luto di tutti i singoli individui) alla fine deitempi. Un certo numero di esegeti credeche questo avvenimento coinciderà con laperdita della fede da parte dei Gentili, altempo della grande apostasia dalla fede.(…) Il sofisma di Ratzinger consiste nel ri-ferirsi soltanto ad alcuni Giudei, in uno

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specifico tempo del futuro; la sua non èdunque una preghiera per la generale con-versione di tutti e singoli gli infedeli giudeiche vivono ora. Il presunto “cardinale” Ka-sper, l’ultra-arci-modernista del Vaticanoincaricato delle relazioni con i Giudei, lo haconfermato con questa spiegazione: “…sitratta di una invocazione che deve essereintesa in accordo con la fonte delle paroleusate per formularla, cioè di un testo diPaolo apostolo che esprime la speranzaescatologica - e dunque riferita alla fine deitempi, alla fine della storia - che il popolodi Israele giunga alla Chiesa quando tuttigli altri popoli vi giungeranno. Mi sembrache essa esprima una speranza finale, nonl’intenzione di un tentativo di conver-sione.”

E infatti non è una preghiera per la con-versione dei Giudei, poiché non vi si dichia-ra la necessità di abbandonare l’infedeltà edi aderire alla Chiesa. Non si dimentichi chenella teologia del Novus Ordo i Giudei han-no una loro propria alleanza con Dio, anco-ra valida, nonostante il loro rifiuto di Cristo,alleanza che li condurrà alla salvezza.

Pertanto una preghiera per la conversio-ne dei Giudei, cioè di quelli che esistono quied ora nel mondo non è compatibile con ciòche di loro dice la teologia del Novus Ordo.Ciononostante, la preghiera di Ratzinger èancora intitolata “Per la conversione deiGiudei”, come lo era nel messale del 1962. Estranamente essa fa ancora appello alla “il-

Liturgia del Venerdì Santo, a Verrua Savoia

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luminazione” dei loro cuori, sottintendendoperciò che i Giudei hanno i cuori oscurati.

Insulto alla religione giudaica?

Ratzinger ha tentato di essere gradito siaai tradizionalisti che ai Giudei, e non gli è ri-uscito di esserlo a nessuno dei due. Ha “get-tato un osso” ai tradizionalisti, mantenendoil titolo con il richiamo alla conversione deiGiudei, il che ha irritato i Giudei, e altret-tanto ha fatto coi Giudei, eliminando il rife-rimento al velo steso sui loro cuori che, co-me abbiamo visto, è invece presente in sanPaolo. Ma questo a loro non è bastato, poi-ché sono convinti che l’accenno alla loroconversione sia un insulto alla loro religione.

E in verità lo è. Ma la loro religione èuna religione falsa ed è compito della Chie-sa Cattolica essere irriverente nei confrontidella falsità, quanto lo è quello di procla-mare la verità. Nostro Signore ha detto:“Ego in hoc natus sum, et ad hoc venio inmundum, ut testimonium perhibeam verita-ti: omnis qui est ex veritate, audit vocemmeam” (Giov. XVIII, 37).

Infatti la falsità, qualsiasi forma essa ab-bia, è frutto del demonio, in quanto provie-ne dall’ignoranza e dall’orgoglio, entrambieffetti del peccato originale.

Inoltre, che bisogno abbiamo della Chie-sa Cattolica se essa non manifesta chiara-mente a tutto il mondo la differenza fra lavera religione e la falsa? Che bisogno abbia-mo della Chiesa Cattolica se non adempie alcomando di Cristo di predicare il Vangelo atutte le genti, inclusi i Giudei? Nostro Signo-re ha ordinato agli apostoli: “Euntes in mun-dum universum praedicate Evangelium omnicreaturae. Qui crediderit, et baptizatus fuerit,salvus erit: qui vero non crediderit, condem-nabitur” (Marco XVI, 16). Questo è un co-mando inequivocabile di Dio a convertiretutto il mondo al cattolicesimo. Che bisognoabbiamo noi di una Chiesa se non è fedele aicomandamenti del Suo Fondatore?

Ma i Giudei, aggressivi come è loro abi-tudine, insistono sul fatto che la ChiesaCattolica deve abbandonare gli ordini delSuo divino Fondatore, che essi consideranoun impostore. I Giudei non avranno pacefino a quando la parola “conversione” nonsarà sparita, e fino a quando non vi saràuna preghiera che proclami la loro indipen-denza e il loro sempre valido patto con

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Dio, che li autorizzi ad ignorare Cristo e lasua Chiesa.

Ratzinger, cambiando la preghiera delVenerdi Santo, ha fatto essenzialmente ciòche ha fatto Ponzio Pilato nel giorno delVenerdi Santo: per rabbonire una folla diGiudei che reclamava la morte di Cristo, loha fatto flagellare e coronare di spine, conla speranza che queste mezze misure avreb-bero avuto l’effetto di soddisfare completa-mente la plebaglia assetata di sangue. Matutto ciò che egli ebbe in cambio del suogesto codardo e ignobile fu un urlo più pre-potente: “Crucifige! Crucifige!” Per questoatto Pilato si è meritato un eterno posto divergogna nel Credo Niceno.

L’assemblea dei rabbini italiani, il gior-no successivo alla pubblicazione della nuo-va preghiera, sospese il suo dialogo conRatzinger, dicendo che questo cambiamen-to è “una rinuncia alle condizioni stesse diun dialogo”. Altre organizzazioni giudaichehanno inscenato manifestazioni di protesta.In “USA Today “ si è letto :

“Siamo sconcertati. Ci aspettavamo unlinguaggio che rendesse piena giustizia allafede dei Giudei tutta intera. È evidente cheBenedetto non è in grado di fare questo nelquadro della sua visione teologica – a diffe-renza dei suoi predecessori”, così ha dichia-rato Rabbi David Rosen, direttore dellaCommissione Giudaica Americana per lequestioni interreligiose e capo della Commis-sione Giudaica per le consultazioni sul mede-simo argomento in corso con il Vativano.

“Quante più possiamo ottenere afferma-zioni costruttive dalla Chiesa, che ricono-scano la validità del giudaismo e il rispettodovutogli, tanto più potremo contrastareun linguaggio tanto esclusivista”, ha ag-giunto Rosen.

Abraham Foxman, direttore nazionaledell’Anti Defamation League di New York,ha aggiunto di essere profondamente co-sternato per il fatto che sia stata mantenutaintatta nella preghiera l’intenzione di chie-dere a Dio che i Giudei accettino Gesù co-me Signore.

La Fraternità San Pio X.

Anche la Fraternità San Pio X è profon-damente turbata. Padre Peter R. Scott hascritto: «Questa preghiera pertanto favoriscel’ecumenismo, e non è accettabile dai catto-

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lici tradizionali, e non sarà usata. I cattolicitradizionali non accetteranno che la messatradizionale sia manomessa e che BenedettoXVI riesca nel suo progetto di esercitareun’influenza da parte della forma “ordina-ria” sulla forma “straordinaria” del rito ro-mano, come egli la definisce, allo scopo dimodificarla. Come i sacerdoti della tradizio-ne mantengono le parole “empi” e “infedel-tà” che Giovanni XXIII ha cercato di can-cellare, così essi conserveranno la preghieratradizionale per la conversione dei Giudei».

Se padre Scott parla in quanto rappresen-tante delle autorità della Fraternità, significache questa organizzazione è stata riportataindietro di circa trent’anni nei suoi negoziaticon i modernisti. Tuttavia altri, nella FSSPX,hanno espresso opinioni favorevoli a riguar-do della preghiera, evidenziando una diviso-ne in seno alla FSSPX. Ma questa è una si-tuazione che si è sempre verificata. Di frontea questo documento, il vescovo Fellay è ri-masto in silenzio. Infatti egli si trova di fron-te ad un dilemma. Se rifiuta la preghiera, sa-rà accusato di disobbedienza al “Santo Pa-dre” e probabilmente in questo modo bloc-cherà ogni ulteriore negoziato con il Vatica-no tendente a riassorbire la FSSPX nella reli-gione modernista. Se lo accetta si alieneràl’ala conservatrice della sua organizzazione einoltre accetterà il principio che la messa tra-dizionale può subire altri cambiamenti.

Si deve ricordare che ciò che ha causatoil nostro allontanamento dalla FSSPX nel1983, è stata la messa di Giovanni XXIII,cioè il messale del 1962. La ragione per cuil’arcivescovo Lefebvre voleva che tuttiadottassero questo messale, rimangiandosila sua precedente scelta di permettere lerubriche precedenti il 1955, era che in quelmomento egli stava trattando molto seria-mente con Ratzinger, per far sì che laFSSPX venisse riassorbita nella religionemodernista. Egli mi disse personalmenteche il Vaticano non avrebbe mai accettatoche noi usassimo le rubriche precedenti il1955, ed io vidi con i miei occhi i documentiriguardanti le trattative tra lui e Ratzinger,al cui centro c’era il messale del 1962, il cuiuso sarebbe stato consentito alla FSSPX.

La musica però, dopo questi trent’annidi danza con i modernisti, è finita. Ora nonsi tratta più del messale del 1962; il messaledel 2008 lo ha sostituito. Qualcuno ha giu-stamente messo in evidenza che il messale

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del 1962 ha avuto soltanto due anni di esi-stenza negli anni sessanta, poi sostituitodalle riforme del 1964; sono seguiti cinquebrevi mesi di esistenza fra il 2007 e il 2008,e infine abbiamo ora il messale dei Giudei.

E adesso dove andrà la FSSPX? Ratzin-ger non può ritornare alla preghiera del 1962.Se la FSSPX non accetterà la nuova preghie-ra, essa rimarrà esattamente dove si trovaora, cioè in una landa isolata di assurdità teo-logica, nella quale è con il “papa” ma lui nonè con la FSSPX. E io credo che essa voglia diproposito rimanere in ogni caso in questa po-sizione. Penso che essa abbia accolto questapreghiera con un sospiro di sollievo, perché lefornisce la scusa perfetta per declinare l’invi-to di Ratzinger alla riconciliazione.

1983: la saggezza di aver resistito

Nel 1983, quando i nove sacerdoti si op-posero all’abbandono delle rubriche delMessale di san Pio X , del calendario e delbreviario, pochi laici capirono l’importanzadi questo gesto. La media dei laici non riescea distinguere la messa tradizionale del 1962da quella del messale precedente il 1955,cioè quello che noi usiamo. Ma, in realtà, ledifferenze sono importanti. Nei gesti e neisimboli della liturgia ci sono interi volumi diinsegnamento. Così quel che sembra solo unpiccolo gesto o una parola può avere ungrande peso simbolico. Per esempio costitui-sce peccato mortale il tralasciare deliberata-mente di versare una goccia d’acqua nel cali-ce all’offertorio, o il celebrare la messa sen-za le due candele accese. I laici possono pen-sare che queste sono banalità, ma il sacerdo-te ne capisce bene l’importanza liturgica.

E infatti quando si concede che vengatralasciato uno solo di questi gesti simbolicio una parola importante, si apre la via a tut-to ciò che questo cambiamento implica. Ilfatto di aggiungere la genuflessione alla pre-ghiera per la conversione dei Giudei, peresempio, apre la porta a qualsiasi cambia-mento della liturgia cattolica, secondo chequalcuno possa esserne offeso. E dunqueche cosa dovremmo dire dell’intero vangelodi san Giovanni che i Giudei ritengono anti-semita? Dovrà essere anch’esso ripulito escolorito per assecondare gli schemi ideolo-gici dell’Anti Defamation League?

La resistenza dolorosa che facemmo nel1983 fu, pertanto, necessaria per impedire

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che si operassero nella sacra liturgia tutti icambiamenti ideati da Bugnini nel 1955, iquali molto logicamente erano sfociati nellaliturgia del novus ordo, ancora una volta in-ventata da Bugnini, nel 1969. Ora la FSSPXsi trova in difficoltà proprio perché, col mes-sale del 1962, essa ha accettato le riforme ini-ziali di Bugnini. Come possono dire di no og-gi all’antico modernista che vuole che si fac-cia questa concessione ai Giudei, quando lestesse concessioni le hanno fatte accettandoil messale di Giovanni XXIII del 1962?

Come andrà a finire?

Un’ultima considerazione che può esse-re fatta a proposito della preghiera di Rat-zinger: dove ci si fermerà? Se le preghieredella messa cattolica debbono cambiareogni volta che una falsa religione le trovaoffensive, che cosa rimarrà della messa cat-tolica? Che cosa ne sarà dell’espressione“schiacciare i nemici della Chiesa”, ovvioriferimento ai protestanti e ai mussulmani,presente nella colletta di san Pio V? Oppu-re della preghiera nella Messa per la propa-gazione della Fede, nella quale si chiedeche tutti i popoli conoscano Gesù Cristocome figlio di Dio? Non è forse questaun’offesa ai Giudei? Se portiamo alla sualogica conclusione l’azione di ammansi-mento dei Giudei e dei non cattolici attuatada Ratzinger, la liturgia cattolica diventeràsimile alla carcassa di un bufalo africano di-vorata a poco a poco da un branco di iene.

Un precedente tentativo…

Questa importante considerazione eragià stata fatta nel 1928 allorché un consi-stente numero di uomini di Chiesa, definitiAmici di Israele, reclamava, fin dagli anni1920, l’abolizione della parola perfidis dallapreghiera del Venerdì Santo. Questo grup-po comprendeva non meno di 2000 preti,328 vescovi e 19 cardinali, fra i quali il fa-moso cardinale di Monaco, Michael vonFaulhaber. Il gruppo si era costituito a Ro-ma nel 1926. Il suo scopo era quello di pro-pugnare la riconciliazione dei cristiani con iGiudei. Non si dimentichi che gli anni 1920costituirono un periodo di febbrile attivitàecumenica, che però incontrò la condannamolto vigorosa di papa Pio XI nel 1928; ilquale, con l’enciclica Mortalium animos,

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condannava radicalmente sia il movimentoche la sua dottrina.

Gli Amici di Israele chiesero a Pio XInel 1928 che la parola perfidis fosse rimossadalla preghiera per la conversione dei Giu-dei del Venerdì Santo. Pio XI deferì la que-stione alla Congregazione dei Riti. Uno deisuoi consultori, il noto benedettino Ildefon-so Schuster, più tardi cardinale arcivescovodi Milano, si era detto favorevole al cam-biamento, perché riteneva che il perfidisavesse cambiato significato nelle linguemoderne. Argomentava che la parola perfi-do viene compresa oggi nel senso moderno,quello di “perverso”, “malvagio”. E su que-sto punto egli aveva perfettamente ragione;il termine moderno perfido in quasi tutte lelingue moderne ha un significato un po’ di-verso dal perfidus latino, specialmente nelcontesto della preghiera del Venerdì Santo.

Come abbiamo precedentemente vistola “perfidia” dei Giudei, come la intende laChiesa, è il termine appropriato per descri-vere la loro forma di infedeltà; essi nonpossono essere chiamati eretici perché nonsono battezzati. Inoltre differiscono da tuttigli altri infedeli, per esempio dai mussulma-ni, dai buddisti, ecc., i quali non hanno maiconosciuto la rivelazione.

Perciò il termine perfidia è proprio dellaloro infedeltà, perché significa che essi so-no infedeli alla loro legge e alla loro allean-za in quanto non accettano il vero Messia.La relazione dei Giudei con Dio è quella diun’alleanza o patto. In latino la parola per-fidus viene usata in relazione a qualcunoche è infedele al patto o contratto stipulato.

Papa Pio XII.

Sotto il suopontificato

Mons.Bugnini

riuscì ad in-trodurre lagenuflessio-ne nell’ora-zione per i

giudei

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Il lettore dovrebbe consultare il LeviticoXXVI, 14-45 per comprendere la collera mi-nacciata da Dio nei riguardi dei Giudei seessi avessero infranto la legge e il patto d’al-leanza. È insegnamento della Chiesa Catto-lica che la legge e l’alleanza si compiono inCristo, nella sua Chiesa, la Chiesa CattolicaRomana. La prosecuzione del giudaismo,che è il rigetto di Cristo come vero Messia,rappresenta pertanto un’infedeltà a Dio co-me controparte del solenne e sacro patto dialleanza già ratificato dalla legge mosaica.

Il rifiuto di Pio XI

La Sacra Congregazione dei Riti nel1928 approvò la proposta della riforma,cioè l’abolizione del termine perfidis dallapreghiera per la conversione dei Giudei.Tutta la materia fu in seguito deferita alSant’Uffizio.

Il teologo della corte papale, Marco Sa-les o.p., rispose che la preghiera è così anti-ca da non potere essere cambiata. Aggiun-se che cedendo su questo punto, in base al-lo stesso principio, sarebbero stati pretesiinfiniti altri cambiamenti, come avviene coipozzi senza fondo. Il cardinale Merry delVal, poi, che san Pio X considerava un san-to vivente, e che era allora segretario delSant’Uffizio, si oppose ancor più categori-camente: egli disse che gli Amici di Israelenon desideravano più la conversione deiGiudei; in realtà essi ne volevano impedireil passaggio dal regno del Padre al regnodel Figlio. In altre parole secondo questoprogetto non sarebbe più stato necessarioche i Giudei ripudiassero il giudaismo peressere considerati cristiani. Il cardinale con-cluse che questa posizione era inaccettabilee aggiunse che la preghiera per i Giudeinella messa dei Presantificati era venerabi-le per la sua antichità e non poteva essereriformata; infine il termine perfidus dell’an-tico rito esprime bene “l’orrore per la ribel-lione e il tradimento” dei Giudei. Pertantola sentenza del Sant’Uffizio fu: Nihil esseinnovandum (nulla deve essere cambiato).

Il decreto che sopprimeva gli Amici diIsraele dichiarava che il giudaismo era stato“il custode delle promesse divine fino a Ge-sù Cristo” e che ora, a partire da Gesù Cri-sto, non lo era più. Ugualmente i Giudeierano stati “una volta il popolo eletto daDio”. Ne conseguiva che, poiché questa

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elezione era diventata invalida, così purel’alleanza in cui si manifesta l’elezione diDio, era stata revocata e ormai conclusa.

Il Papa Pio XI non solo approvò la deci-sione del Sant’Uffizio, ma andò oltre: volleche i promotori della petizione facenti par-te del gruppo Amici di Israele abbandonas-sero del tutto il loro progetto, e l’organizza-zione fu sciolta.

Il favore reso da Ratzinger ai Giudei,sorprendentemente fallito, è un indice dellavolontà dei modernisti di continuare a gio-care con la Messa Cattolica nell’interessedell’ecumenismo. Ma se così è, perché do-vremmo continuare ad avere la messa tra-dizionale? Come qualcuno ha già detto,questo cambiamento nella preghiera dimo-stra che la messa tradizionale è incompati-bile con il Vaticano II.

E ora tocca al breviario?

Il Motu Proprio di Ratzinger consentein particolare l’uso del breviario di Giovan-ni XXIII del 1962. Eppure quel che in essosi legge a proposito dei Giudei, fa sembraremolto mansueta, al confronto, la preghieradel Venerdì Santo.

Infatti nelle letture del Notturno, trattedalle opere di sant’Agostino, i Giudei sonoaccusati di avere crocefisso Cristo, di esseremalfattori e ostinati; colpevoli della morte diCristo avendolo ucciso non con la spada macon la lingua: “Et vos, o Judaei, occidistis.Unde occidistis? Gladio linguae. Acuistisenim linguas vestras. Et quando percussistisnisi quando clamastis: crucifige, crucifige?”

Molte altre parti della Sacra Scrittura edei Commentari dei Padri condannano l’in-fedeltà dei Giudei e la loro partecipazioneall’uccisione di Cristo. Anche queste sonodestinate a sparire?

Heinrich Heine, il famoso letterato giu-deo filocomunista della Germania del XIXsecolo, ha ricordato: “Dove si bruciano li-bri, per finire si bruceranno anche uomini”.

Il modernismo e il cattolicesimo sono in-conciliabili

Il cambiamento voluto da Ratzinger si-gnifica che siamo ritornati agli anni 60.Chiunque è vissuto in quel decennio si ricor-derà come la messa venisse di continuospuntata, diluita, alterata e mozzata a poco a

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poco, mese dopo mese, anno dopo anno. Itradizionalisti che reclamano a gran voce lamessa del 1962 vogliono invece qualcosa diimmutabile. Il gesto di Ratzinger nei con-fronti dei Giudei, tuttavia, stabilisce il princi-pio che tutto ciò che nel messale del 1962 - onel breviario - non è conforme al VaticanoII deve sparire; altresì dimostra che il catto-licesimo e l’ecumenismo, cioè il moderni-smo, sono manifestamente antitetici, e cheogni tentativo di conciliarli fallirà misera-mente come è avvenuto in questa occasione.Ma la FSSPX riuscirà mai a capirlo?

Eppure sarebbe facile rendersi contoche, nonostante Ratzinger porti sensazio-nali mitrie barocche e indossi piviali visto-samente abbaglianti zeppi di fregi ricamati- come si è visto a Natale - in realtà non si èallontanato di un passo dalla causa realeche infetta le nostre istituzioni cattoliche:cioè l’ecumenismo. L’antico modernista èdeterminato, ora come sempre, a farlo in-ghiottire ai cattolici, anche se ciò significasomministrare loro del veleno con addossouna torreggiante mitria barocca e unosplendido piviale. Eppure sono così tanti icattolici tradizionali che sono abbagliati daquesti paramenti: i quali sono, in realtà,null’altro che costumi teatrali, se non rive-stono la verità. Questi stessi cattolici orasono elettrizzati perché si illudono che fi-nalmente, con Ratzinger, sia imminente lafine del Vaticano II e del modernismo.

Come salvare la rivoluzione intrappolandola tradizione.

Gli storici sanno che tutti i grandi rivo-luzionari che hanno avuto successo nel rea-lizzare i loro progetti sovversivi non eranodei radicali come Robespierre e Giulio Ce-sare, ma dei moderati come Napoleone edAugusto, che molto oculatamente rispetta-vano le istituzioni esistenti, le tradizioni egli ornamenti, ma astutamente li utilizzava-no a mo’ di lubrificante per fare passare lasostanza delle loro riforme.

Lo stesso può dirsi di Cromwell, il cui re-gime radicale non durò, al contrario dei suoiprincipi, che furono dissimulati nella monar-chia dalla restaurazione degli Stuarts nellapersona di Carlo II, nel 1661. I Puritani radi-cali avevano fatto saltare la testa del re Car-lo I nel 1649, avevano stabilito la supremaziadel Parlamento, sotto il loro controllo e, non

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molto dopo la morte di Cromwell, nel 1658fecero ritornare un re, Carlo II, che diventòciò che i monarchi britannici sono semprestati: creature succubi del Parlamento, privedi reale potere, che di tanto in tanto si pavo-neggiano con parate in costume, trascorren-do le giornate nella noia, spesso in passa-tempi immorali e lussuriosi. La rivoluzioneebbe successo sotto la copertura dei mantellibarocchi di velluto e di pizzi di Carlo II. Lariprova di questo sta nel fatto che, quandoGiacomo II, successore di Carlo, tentò didisfare ciò che i Puritani avevano fatto, ven-ne espulso dal trono in occasione di quellache discutibilmente viene definita “GloriosaRivoluzione” del 1688.

La rivoluzione di Ratzinger è stata ilVaticano II: ne fu uno dei principali archi-tetti e mentori. Ne è stato la sua levatrice.La sua rivoluzione ora è in pericolo, perchéi suoi effetti deleteri si fanno sentire: l’uni-versale defezione dei giovani da ogni formadi religione, l’“apostasia silenziosa” del-l’Europa, la scomparsa delle vocazioni. Eglidunque cerca di salvare la sua rivoluzionecon i metodi sperimentati e pragmatici de-gli antichi rivoluzionari. E come anche lastoria dimostra la maggior parte dei conser-vatori sta cadendo nella trappola.

Genuflessione ai Giudei

Tutto il processo di questa disfatta è ini-ziato con l’accettazione di un singolo gestoecumenico nel 1955: avere aggiunto la genu-flessione alla preghiera per la conversionedei Giudei. Gli apologeti delle riforme diBugnini del 1955, come per esempio laFSSPX, sostengono che ci si genuflette nonai Giudei, ma a Dio. È vero che la genufles-sione si intende fatta a Dio e non ai Giudei,che non c’è una intrinseca necessità di nonfarla e che col farla non si viola la Fede; etuttavia è giusto insistere che questa è la pri-ma volta che la liturgia cattolica è stata mes-sa a disposizione delle esigenze dell’ecume-nismo, e che una falsa religione è riuscita acomandare nel santuario cattolico. Tutto ciònon è forse, almeno simbolicamente, una ge-nuflessione ai Giudei? Eppure la forza dellaChiesa Cattolica consiste proprio nell’impe-dire che alcuna considerazione temporaleinfluenzi la sua dottrina, la sua liturgia, o lesue discipline essenziali, senza riguardi perdottrine politiche, false religioni o pericoli di

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guerre. La Chiesa veleggia attraverso leumane tempeste e le vicissitudini di idee ecostumi come se questi non esistessero. Loscopo della Chiesa Cattolica è quello di ren-dere testimonianza alla verità fino al puntodi essere crocefissa da coloro che non sonodella verità, quei Giudei che nella corte diPilato gridavano: “Crucifige”.

Non si è testimoni né della verità, nédella carità, che la Chiesa deve ai Giudei,quando si definisce il loro rifiuto di Cristouna vera religione e si dice, o anche solo siintende, che essi non hanno bisogno di con-

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Fuori della Chiesa non c’è salvezza

Le Edizioni Amicizia Cristiana hannostampato in italiano il libro del P. Hu-

gon “Fuori della Chiesa non c’è salvezza”.Il P. Edouard Hugon, nato in Francia nel1867, dopo brillanti studi secondari entrònell’ordine domenicano. A causa dell’ini-qua espulsione dei domenicani dalla Fran-cia, dovette entrare nel convento di Rjic-kolt in Olanda. Ordinato sacerdote nel1892, insegnò a Rjickolt, poi a Rosary Hillnegli Stati Uniti, quindi a Poitiers e Angersin Francia. Nel 1909 venne chiamato a fon-dare il Collegio “Angelicum” a Roma insie-me a P. Garrigou-Lagrange e P. Pègues.Membro dell’Accademia S. Tommasod’Aquino, esaminatore del clero romano,consultore della Congregazione per laChiesa Orientale, preparò l’Enciclica QuasPrimas su Cristo-Re, partecipò all’istituzio-ne della festa di Maria Mediatrice.

Pur essendo stata scritta nel 1922, inquest’opera troviamo già la medesima dot-trina magistralmente trattata nel 1943 daPio XII nella Mystici Corporis.

«La Chiesa… è la società dei redenti co-sì come è stata istituita da Nostro Signore,con quella forma perfetta e definitiva chedurerà sino alla consumazione dei secoli…Essa è la pienezza del Cristo e il prolunga-mento dell’Incarnazione… Cristo è Dio euomo: essa sarà divina e umana insieme…Cristo è l’autore della fede, il principio delsovrannaturale, il cui ruolo è salvare, e per

Recensioni

vertirsi al cattolicesimo romano. Rinuncia-re a volerli convertire, rinunciare a pregareper questa conversione, rinunciare a lottareper essa, è il più grande insulto che noi pos-siamo fare ai Giudei, la più grande mancan-za di carità nei loro confronti; molto più èuna bruciante bestemmia nei confrontidell’unico Messia, Re e Dio, il nostro Si-gnore, Gesù Cristo.

dal Seminario della Santissima Trinità, Marzo 2008

questo porta il nome che è al di sopra diqualunque nome: Gesù. La Chiesa sarà, al-lora, la società sovrannaturale, cioè che hacome fine il sovrannaturale, che possiede imezzi del sovrannaturale, che realizza in sétutta l’economia sovrannaturale. Negare lanatura divina o la natura umana in Cristo,significa distruggere l’Incarnazione; nellasocietà fondata da Gesù, negare la virtùspirituale o l’elemento esteriore, equivale apervertire la nozione di vera Chiesa. Qual èquesta forza divina che è l’anima del corpomistico? San Tommaso ci risponde che è in-nanzitutto lo Spirito Santo… È l’insiemedei doni sovrannaturali e creati che costi-tuisce l’anima della Chiesa: ecco ciò checonserva il suo vigore e la sua giovinezza ele assicura l’immortalità» (pagg. 22-24). Pa-role che mostrano l’errore del modernismo,simile a quello della Fraternità S. Pio X,che rifiutano di considerare la Chiesa e lagerarchia come divinamente assistita. Hu-gon ricorda che «nella Chiesa è necessariaun’obbedienza» e cita l’Enciclica Vehemen-ter di S. Pio X: «Solo nel corpo pastorale ri-siedono il diritto e l’autorità necessari perpromuovere e indirizzare tutti i membriverso le finalità sociali» (pag. 126).

Nel libro troviamo la confutazione divecchi errori rinnovati dal Concilio Vatica-no II: ad esempio, che non sarebbe necessa-ria la fede in senso stretto per ottenere lasalvezza eterna. «A un pagano sarebbe suf-ficiente, per la giustificazione, la fede chenasce dallo spettacolo delle creature. Que-sto assenso non è fondato sulla Rivelazio-

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ne, non ha come motivo l’attestazionedell’autorità divina, ma è soprannaturale esalvifico, perché Dio dà una grazia… Lateoria che la fede naturale possa essere suf-ficiente in caso di necessità, riapparve, informa più grave, nel XVIII secolo nell’ope-ra del P. Berruyer, L’histoire du peuple deDieu, condannata a più riprese… Per Rous-seau, ci si può salvare in qualsiasi religionee anche fuori da ogni credenza. Marmontelpretende anche che la Rivelazione sia soloil supplemento della coscienza e fa capireche una volta soddisfatto il dovere essen-ziale d’amare Dio e il prossimo, la fede inmisteri inconcepibili non è assolutamenteindispensabile». Contro questi errori «SanPaolo ha pronunciato un assioma inflessibi-le che sventa in anticipo tutti questi tentati-vi e confonde tali false pietà: “Senza la fe-de, è impossibile piacere a Dio” (Ebr. 11,6)… Dunque senza di essa non vi è speran-za di perdono, santità o vita; essa sola fa vi-vere il giusto: “Il giusto vivrà in virtù dellafede” (Gal. 3, 11)… “La prima condizioneper piacere a Dio – ripete sant’Ambrogio –è la fede; essa viene prima di tutte le altredisposizioni (…) È il fondamento e la radi-ce di tutte le virtù”. Senza di essa, dunque,la salvezza non può germogliare» (pagg. 28-31). L’autore precisa: «Benché ci possanoessere, prima della fede, certi atti sovranna-turali, nondimeno le opere che preparanoimmediatamente alla giustificazione, allasperanza, alla penitenza, all’amore, sonosempre precedute dalla fede… La fede cheproduce la salvezza – “il giusto vive della fe-de” (Abac. 2, 4; Gal. 3, 11) – non è un lam-po che passa, ma uno stato, un habitus, unavirtù» (pag. 56).

P. Hugon ricorda la dottrina definita dalConcilio di Trento sulla necessità di apparte-nere alla Chiesa almeno “in voto”, cioè conil desiderio di ricevere il Battesimo, e la con-seguente verità sul Limbo per i bambini nonbattezzati (pagg. 148-153) negata oggi daBenedetto XVI. Prova inoltre l’obbligo diappartenere alla Chiesa tramite l’unità dellafede: «sarebbe un grave oltraggio verso Diorespingere un solo punto della Rivelazione»;tramite l’unità di governo: «Una volta stabi-lito che la Chiesa è, per volontà di Gesù Cri-sto, un solo ovile governato da un solo pa-store, che c’è una sola gerarchia con unSommo Pontefice, è chiaro che respingerequesto governo significa resistere all’autori-

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tà di Dio»; tramite l’unità di culto: «Gli ere-tici e gli scismatici sono nemici di Dio, sacri-leghi, e dunque non è permesso chiedere lo-ro la vita sovrannaturale che Nostro Signoreè venuto a portare al mondo. Ogni comunio-ne volontaria con loro nelle cose sante sa-rebbe un’approvazione dei loro errori e unasmentita data al Salvatore e alla sua Sposa:chiunque favorisce gli avversari di Cristoagisce contro Cristo» (pagg. 154-9). Comesono lontani i sostenitori del Vaticano IIdalla dottrina cattolica spiegata da P. Hugone ripetuta in seguito da Pio XII. Che questolibro possa aiutare, chierici e laici, a cono-scere e approfondire gli argomenti di Fededi grande attualità per non essere ingannatidalle ambiguità del modernismo.

don Giuseppe Murro

P. EDOUARD HUGONFuori della Chiesa non c’è salvezzaAmicizia Cristiana, 2007, pagg. 192, € 15

Lo scaffale di “Amicizia Cristiana”

Per i tipi di “Amicizia Cristiana” è statapubblicata una collana di testi religiosi

in formato tascabile: segnaliamo ai lettorialcuni titoli. Di carattere catechistico tro-viamo il PPiiccccoolloo ccaatteecchhiissmmoo ccaattttoolliiccoo didon Giovanni Rossi (pag. 64, euro 5), chenel 1939 fondò la “Pro Civitate Christiana”.Il testo, che espone in modo discorsivo econ efficace chiarezza i fondamenti delladottrina cristiana, è adatto sia ai giovaniche agli adulti. LLaa SSaannttaa MMeessssaa ee iill CCaallvvaa--rriioo (pag. 66, euro 5) a firma di Dominicus,tratta, come recita il sottotitolo, del “con-fronto tra la liturgia antica e quella attuale”.È la ristampa del breve studio sui due ritipubblicato per la prima volta nel 1996(quando poche persone avevano il coraggiodi difendere pubblicamente la “liturgia tri-dentina”), in buona parte ispirato al “Breveesame critico del Novus Ordo Missae”.L’opera non parla però dell’argomentoprincipale per rifiutare la messa di PaoloVI: il nuovo rito non proviene dalla Chiesa,poiché Montini non aveva l’autorità perpromulgarlo. Sempre attinente alla MessaRomana segnaliamo LLaa SSaannttaa MMeessssaa ssppiiee--ggaattaa (pag. 64, euro 5) del sac. FrancescoPotenza. L’opera permette di avereun’esauriente illustrazione spirituale e litur-

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gica delle preghiere del messale. Lascia unpo’ perplessi l’appendice (scritta nel 1925),che risente delle tendenze archeologisteche furono poi condannate nel 1947 da PioXII con l’enciclica Mediator Dei. Di carat-tere prettamente spirituale vi sono i se-guenti testi: AA MMaarriiaa SSaannttiissssiimmaa (pag. 66,euro 5), che si riferisce alla parte delle Mas-sime Eterne di sant’Alfonso de Liguori de-dicata alla S. Vergine, e IIll ccoommbbaattttiimmeennttoossppiirriittuuaallee (pag. 160, euro 9), di LorenzoScupoli. Il libro del padre teatino è uno deiclassici della spiritualità cristiana, racco-mandato da santi come san Francesco diSales, che ne portava sempre con sé una co-pia; è un testo che può fornire ottimi spuntidi meditazione.

Sulle religioni non rivelate, in particola-re l’attuale Giudaismo, troviamo LLaa vveerraaccaarriittàà vveerrssoo iill ppooppoolloo eebbrraaiiccoo (pag. 48, eu-ro 4) e EEbbrreeii ee mmuussuullmmaannii nnoonn hhaannnnoo lloosstteessssoo DDiioo ddeeii ccrriissttiiaannii (pag. 64, euro 5). Ilprimo volumetto è un articolo di mons. PierCarlo Landucci pubblicato nel 1982 sullecolonne di Renovatio, in risposta a un sag-gio del card. Bea, che manifestava le“espressioni filoebraiche più spinte”, con-fermate in seguito da Giovanni Paolo II eda Benedetto VI. L’altro libretto, invece, èuno studio divulgativo di don Giorgio Maf-fei sull’inconciliabilità tra il monoteismocristiano e i monoteismi di origine talmudi-ca. La miracolosa conversione di un ebreonella chiesa romana di sant’Andrea alleFratte è narrata nel libretto LLaa ccoonnvveerrssiioonneeddii AAllffoonnssoo MMaarriiaa RRaattiissbboonnnnee (pag. 64, eu-ro 5), tratta dal libro Una conversione. Il fi-glio di Maria. Un fratello in più, del viscon-te Théodore de Bussière.

Per ordinare i libri: Amicizia Cristiana, C.P. 34, 66100 Chieti; tel. 0871.63210; fax 0871.56806; e-mail: [email protected],www.edizioniamiciziacristiana.it

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NNoovviittàà LLiibbrraarriiee:: Un Vescovo contro la DemocraziaCristiana

Con questa lettera pastorale del 1920 daltitolo: «L’Azione Cattolica e il “Partito

Popolare Italiano”, Lettera al Clero e al Po-polo dell’Archidiocesi», il cardinale Boggia-ni all’epoca Arcivescovo di Genova, cheapparteneva alla corrente degli “integristi”di San Pio X, metteva in guardia i suoi fe-deli e tutti i cattolici dalle deviazioni libera-li del nascente Partito Popolare (che diven-terà poi la DC). Proprio a causa della rea-zione dei vertici del PPI a questo suo scrittoil cardinal Boggiani dovette lasciare la dio-cesi ligure per un incarico in curia a Roma.

CARDINALE TOMMASO PIO BOGGIANIUn Vescovo contro la DemocraziaCristiana. C.L.S. 2008 (Pagg. 36)€ 55,,0000

La Via Regale. La carità della verità

In occasione dell’anniversario dei vent’an-ni dalla morte di Mons. Guérard des

Lauriers il Centro Librario Sodalitium pub-blica, raccolti in un opuscolo per la primavolta in italiano, due testi di spiritualità delgrande teologo domenicano. La Via Rega-le, è una meditazione della Via Crucis chefu pubblicata negli anni sessanta sulla rivi-sta “Tabor” e negli anni novanta da Sodali-tium. La carità della verità viene invecepubblicato per la prima volta in italiano.

MONSIGNOR MICHEL LOUIS GUÉRARD DELAURIERS O.P.

La Via Regale. La carità della veritàC.L.S. 2008 (Pagg. 64) € 66,,0000

Libri del C. L. SodalitiumRichiedete il Catalogo in redazione oscaricatelo dal nostro sito:

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“Centro Librario Sodalitium” - Loc. Carbignano,36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. 0161.839.335 - Fax 0161.839.334 NOVIT

À

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Cari lettori, lo scorso numero di Sodalitium (61),consacrato al movimento cattolico al tempo di

San Pio X, ha presentato al lettore una inedita “Vi-ta dell’Istituto” in immagini; per poter seguire indettaglio gli avvenimenti che riguardano il nostroIstituto occorre quindi riprendere il racconto dalnumero 60 della rivista, quando la presente rubricasi era chiusa al 31 gennaio 2007; essa prosegue quidi seguito fino al 31 marzo 2008.

LL’’IIssttiittuuttoo.. Il 2 febbraio Nathanael Steenbergenè entrato nell’Istituto, seguito, il 30 marzo (Madon-na dei 7 dolori) da Isabella Sardi. Particolarmentesignificative le giornate del 24-25-26 aprile 2007,con la visita del Vescovo Mons. Stuyver in occasionedella vestizione religiosa di Isabella Sardi che ha pre-so il nome di Suor Gemma, e la riunione di tutti i sa-cerdoti dell’Istituto per il Capitolo generale del 26aprile, festa della Madonna del Buon Consiglio; inquesta giornata il Vescovo ha conferito le ordinazio-ni. Il 25 aprile vi è stata la Vestizione di Suor Gem-ma, la seconda suora del nostro Istituto, che si erapreparata con un ritiro spirituale a Serre-Nerpol:con la famiglia e tanti fedeli, molti amici ed ex-com-pagni di scuola sono venuti per mostrarle il loro af-fetto. Oltre Mons. Stuyver, tutti i sacerdoti dell’Isti-tuto erano presenti alla cerimonia ufficiata da donMurro: don Giugni (zio di suor Gemma) ha celebra-to la Messa e don Ricossa ha tenuto l’Omelia.

DDaallllaa ccaassaa ddii VVeerrrruuaa.. Molta partecipazione allaSettimana Santa (aprile 2007) e, in genere, allamessa domenicale. Durante quest’anno non sonomancate le gradite visite di sacerdoti amici: oltre adon Casas Silva, dell’Istituto, ricordiamo i sacerdo-ti Romero, Zapp, Palma e Tritek. Sabato 9 giugno2007: grigliata a Verrua con i fedeli ed amici suda-mericani (per loro la grigliata è un asado). Ricordia-mo poi la celebrazione quotidiana della Santa Mes-sa presso le SSuuoorree ddii CCrriissttoo RRee aa MMoonncceessttiinnoo((AAlleessssaannddrriiaa)),, le quali non mancano mai di aiutarel’Istituto in mille necessità (canto liturgico, prepa-razione della casa per gli esercizi, ecc.).

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Il 23 agosto 2007 don Xavier Grossin, pretenon una cum che svolge l'apostolato in Bretagna, èrimasto vittima di un gravissimo incidente stradale.Dopo molte settimane trascorse in ospedale, le suecondizioni stanno progressivamente migliorando.Gli formuliamo i migliori auguri assicurandolo del-le nostre preghiere.

SSeemmiinnaarriioo SSaann PPiieettrroo MMaarrttiirree.. Il 26 aprile2007 è stato conferito il Suddiaconato a MichelAndriastarafara e la tonsura a Nathanaël Steenber-gen. L’anno accademico 2006-2007 è terminato il28 giugno, ed il 15 settembre è iniziato l’anno sco-lastico 2007-2008, tuttora in corso (per poco).

LLee SSuuoorree ddeellll’’IIssttiittuuttoo MMaatteerr BBoonnii CCoonnssiilliiii.. Il 3luglio, si sono finalmente installate nella nuova casadedicata a Maria Ausiliatrice. Dal 16 al 20 luglio2007 si è svolta a Verrua una piccola colonia estivaper bambine nello spirito della Crociata Eucaristica,con visita alla casa e scuola di san Domenico Savio aMondonio, alla casa di San Giovanni Bosco e museodei missionari salesiani al Colle don Bosco; gita aNovalesa. In dicembre c’è stato poi un campo diNatale sotto la neve, a Verrua! Ogni mese, inoltre, lesuore organizzano una gita per le bambine. Le suorecurano anche il Bollettino della Crociata Eucaristica,in francese e in italiano, che ha sempre più lettori,tengono la riunione dei Crociati e svolgono a Torinoil catechismo per bambine e ragazze con le suore diMoncestino.

LL’’IIssttiittuuttoo ““vviirrttuuaallee””.. Dopo qualche traversia, inostri siti internet si sono rinnovati; il sito di Soda-litium (www.sodalitium.it) ha le edizioni in italia-no, francese, inglese e spagnolo. Abbiamo ancheinserito alcuni video nella rete internet. Da segnala-re, infine, che a luglio il sito internet della Casa sanPio X, www.casasanpiox.it, ha subito un attacco dipirateria informatica proveniente dalla Turchia.Per qualche giorno l’hacker ha inserito, nell’homepage del sito, una pagina di propaganda con unabandiera turca. Evidentemente il sito è seguito an-che in Asia!

AAttttiivviittàà eessttiivvee 22000077.. All’approssimarsi dell’esta-te 2008, ricordiamo i vari campi estivi dell’Istituto.Nel mese di luglio dall’8 al 22 presso il castello diRaveau, si è svolta come sempre la ccoolloonniiaa ddeellllaaCCrroocciiaattaa EEuuccaarriissttiiccaa sotto la protezione di S. Luigi

Vita dell’Istituto

Le suoredell’IstitutoIMBC : ve-stizione disuor Gem-ma. In gita

con lebambine al-la casa nata-

le di DonBosco e

presso unacascata

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Gonzaga. Diretta da don Jocelyn Le Gal e con l’as-sistenza di don Giugni e don Carandino, coadiuvatidai seminaristi e dai giovani sorveglianti, una trenti-na di bambini hanno fatto una piacevole vacanza,alternando giochi in foresta, dottrina, canti, teatro,ed escursioni, all’assistenza alla S. Messa e alla pre-ghiera. Abbiamo invece visitato le antiche fonderiereali di Guérigny (dove si facevano le ancore e lecatene per la Marina) e il bellissimo castello de laVerrerie sul bordo di un lago immerso nella foresta.Non è mancato il gioco di pista con la caccia al te-soro nella foresta delle Bertranges. Tutto bene gra-zie a Dio, appuntamento al prossimo mese di luglioper il campo numero 18 (l’età della ragione…?). Dalunedì 9 a venerdì 27 luglio, si è svolto nneellllaa VVaallCChhiissoonnee il campeggio organizzato dalle suore diCristo Re, di cui don Murro è stato il cappellano.Un inizio burrascoso (nella prima notte di campeg-gio il vento aveva divelto le tende) ha obbligato tut-ti a rifugiarsi per tre giorni a Moncestino, il temponecessario per trovare un’altra sistemazione. Poi ilbel tempo ha favorito le campeggiatrici. Oltre lepasseggiate, qualche notte trascorsa fuori dal cam-po, la visita all’Ausiliatrice di Torino, con le came-rette di don Bosco, hanno allietato le giornate. Dal29 luglio all’8 agosto si è svolto il campeggio inmontagna nneell VVeerrccoorrss ((IIssèèrree)) per i ragazzi dai 14anni in sù, organizzato da don Cazalas e don Jo-celyn Le Gal. Quest’anno si è svolto in maniera iti-nerante. Tutti i giovani hanno apprezzato il percor-so e si sono ripromessi di ritornarvi l’anno seguente:sarà dal 28 luglio all’8 agosto 2008. Grazie anche aisorveglianti, il campeggio ha contribuito a fortifica-re la fede, la formazione dottrinale, lasciando un belricordo ai partecipanti e permettendogli di affronta-re con determinazione i pericoli che incontrano algiorno d’oggi.

AArrggeennttiinnaa.. Cresce e si espande l’apostolatodell’Istituto in Argentina. Oltre alla Messa (e cate-chismo) in Rosario, don Sergio ha iniziato la cele-brazione della Messa a Buenos Aires (dal novem-bre 2007) e a Cordoba (dal febbraio 2008), per cuil’Istituto è presente nelle tre più importanti cittàdel Paese. La residenza di don Sergio è la Casa San

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José di Rosario, risparmiata grazie a Dio dalleinondazioni dell’aprile 2007, in seguito alle qualil’Istituto ha soccorso la popolazione con mezzi diprima necessità. Continuano i lavori nella casa SanJosé, con l’inaugurazione del Centro Studi e dellabiblioteca Hugo Wast (16 dicembre 2007), che si èarricchita di molti volumi donati dal sig. PatricioShaw, la ristrutturazione della casa (uffici, portoni,garage, sala conferenze) e della cappella (pavimen-to, banchi, gradini dell’altare). Oltre al normale mi-nistero sacerdotale, don Sergio collabora a una tra-smissione radiofonica (Todos de la mano, con Ra-mon Hidalgo, e altri giornalisti, su radio Libertad),insegna in due scuole tecniche di Rosario (la n. 346Juan Alvarez e la n. 660 Laureana Ferrari de Olaza-bal) numerose materie (tra le quali filosofia, econo-mia, storia e contabilità) ed assicura con tre inse-gnanti specializzate – nel centro H. Wast – un cor-so per bambini con problemi di apprendimentoscolastico, e un altro per adulti. Tra le iniziativesimpatiche, la partecipazione (e la vittoria!) al con-corso come miglior preparatore di Mate (la bevan-da nazionale argentina), con eco sulla stampa, e labenedizione impartita al IV Festival di Musica Ar-gentina a Victoria (Entre Rios). La giornata piùbella è stata comunque quella della visita a Rosariodi Mons. Stuyver, il 28 ottobre 2007, che ha ammi-nistrato la Santa Cresima a venti fedeli argentini.Ulteriori notizie sul nostro sito internet di linguaspagnola, curato da don Casas Silva.

IInn BBeellggiioo vi è l’unica scuola dell’Istituto, di cui sioccupa Mons. Stuyver, che continua la celebrazioneregolare della Messa anche in Francia (Lille) e Olan-da. Per le sante Cresime, nel 2007 si è recato a Verrua(aprile), Raveau (settembre) e Argentina (ottobre).

FFrraanncciiaa.. La prima messa regolare dell’Istituto aPPaarriiggii fu celebrata il 19 marzo 2006; una sessantinadi fedeli seguono regolarmente ogni 15 giorni laSanta Messa cantata, Rue Bleu, da don Jocelyn LeGal, il quale ha però aperto una sottoscrizione perl’acquisto di un locale di culto. Le esigenzedell’apostolato infatti non si limitano alla sola messadomenicale! La generosità di molti fedeli ci ha giàpermesso, invece, di acquisire un locale a LLiioonnee perla celebrazione della Santa Messa, locale che serviràanche per lo svolgimento di altre attività, come la

Colonia S. Luigi Gonzaga 2007: visita alle Fonderie Reali di Guérigny

Don Casas-Silva benedice la Casa San José in Argentina

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conferenza tenuta da don Cazalas a marzo 2007, equelle mensili di apologetica. I fedeli di Lione han-no gareggiato in generosità per questa impresa.Grazie al lavoro di tanti volonterosi, la prima Messanella nuova cappella è stata celebrata il 19 febbraioda don Thomas Le Gal. Pian piano anche alcunesuppellettili più urgenti sono state aggiunte; dopol’altare, dipinto magnificamente dalle religiose diSerre Nerpol, è arrivata la balaustra, opera del fra-tello Christ Van Overbeke e montata, non senza fa-tica, con l’aiuto dei fedeli lionesi. Domenica 21 ot-tobre c’è stata l’inaugurazione della cappella, cheper l’occasione era stracolma. Nel pomeriggio, visono state due conferenze di don Murro e di Ro-bert Lauzier. Costante è il nostro impegno a SSeerrrree--NNeerrppooll presso le Suore di Cristo Re e le allieve dellaloro scuola; tra le più belle giornate ricordiamoquelle dei voti o delle vestizioni religiose: il22/04/2007 don Murro ha celebrato la Messa per ivoti e la vestizione di due religiose e il 6/01/2008 haricevuto i voti perpetui di una religiosa della mede-sima Comunità. Nel giugno 2007 un nostro sacer-dote ha sostituito don Guépin a NNaanntteess per la cele-brazione della santa Messa, nello spirito di fruttuo-sa collaborazione coi nostri confratelli.

IIttaalliiaa.. Iniziamo da RRoommaa, dove l’Oratorio SanGregorio VII è ufficiato da vari sacerdoti dell’Isti-tuto, e più particolarmente don Carandino; per laprima volta quest’anno si è svolta a Roma la cerimo-nia della benedizione delle Palme, mentre don LeGal ha celebrato la Messa di Pasqua, ripartendo poialla volta di Parigi, per una seconda Messa pasqua-le! Oltre alla S. Messa, sono stati organizzati per ifedeli romani dei pellegrinaggi locali, e soprattutto,dal 19 gennaio 2008, “I sabati di san GregorioVII”, un ciclo di incontri a cura di don Carandino,per la formazione dottrinale e spirituale dei fedeli. Iprimi tre incontri hanno avuto come tema:“La Mes-sa Romana e la riforma liturgica. Dal Breve EsameCritico dei card. Ottaviani e Bacci al Motu proprio diBenedetto XVI” e “La liturgia della Settimana San-ta”. Ai primi di novembre don Ugo ha avuto il pia-cere di presenziare alle cerimonie per il 140° anni-versario della vittoria dell’esercito pontificio a Men-tana (3 novembre 1867), organizzate dall’associa-zione “Roma Fidelis”. Domenica 4 novembre ha ce-lebrato la Messa nel nostro oratorio romano, segui-ta da un pranzo in un ristorante nel vicinissimo“Borgo”. Nel pomeriggio il sacerdote con i fedeli ealcuni amici si sono dati appuntamento al Cimiterodel Verano per deporre una corona d’alloro al mo-numento voluto da Pio IX in onore dei suoi soldati.Alla cerimonia ha aderito anche l’ANCIS (Ass.Naz.le Combattenti Italiani in Spagna), presentecon una delegazione. L’edizione romana di Liberodel 3/11/2007 ha pubblicato un articolo sull’inizia-tiva (“I caduti di Mentana. Messa e commemorazioneper i papalini). Passiamo all’apostolato della CasaSan Pio X di Rimini, dalla quale l’Istituto irraggia inRRoommaaggnnaa,, MMaarrcchhee,, AAbbrruuzzzzii,, PPuugglliiaa ee BBaassiilliiccaattaa..

Don Carandino, che risiede alla Casa san Pio X diSantarcangelo, segnala alcuni avvenimenti legatiall’oratorio di Rimini: il 15 agosto 2007, dopo laMessa, i genitori di Matilde Gasparini hanno consa-crato la figlioletta alla S. Vergine; il 20 settembre èstata celebrata una Messa per i caduti pontifici edopo la funzione è stata posta una corona d’alloroalla lapide in onore di Pio IX in piazza Tre Martiri;il 1/12/2007 è stato predicato un ritiro spiritualeper l’Avvento e il 9/2/2008 per la Quaresima. Amarzo l’oratorio è stato inagibile a causa di lavoriresi necessari per arginare l’umidità dei muri e so-stituire la pavimentazione della sacrestia e del ba-gno. Ringraziamo Fabio e tutti gli altri volontariche, nel tempo libero, si sono prodigati per la rea-lizzazione dei lavori. L’oratorio riminese ha ancheun nuovo portone, costruito e scolpito a mano dalnostro Christ van Overbeke, e portato a maggio daTorino a Rimini dalla famiglia Bichiri, che ringra-ziamo. Mentre scriviamo si stanno preparando i la-vori per la nuova pavimentazione della chiesetta.Da Rimini don Carandino si è recato il 24/6/2007alla chiesa di PPaaddeerrnnoo ((FFCC)),, per una Messa in suf-fragio dei defunti dell’Ass. Naz.le Famiglie Caduti eDispersi della RSI, e il 2/6/2007 a SSeerrrraavvaallllee ddii CCaarr--ddaa ((PPUU)),, su invito della Confraternita del SS. Sacra-mento e del S. Rosario. Don Ugo ha celebrato laMessa nella chiesa della Madonna del PerpetuoSoccorso, con i canti eseguiti dalla corale parroc-chiale, alla presenza del Sindaco e di oltre centopersone. Successivamente, nei ruderi dell’ex par-rocchiale, ha benedetto i corpi dei defunti sepoltinella chiesa. La rivista della diocesi di Fano, Il nuo-vo (10/6/2007) ha pubblicato un articolo sulla fun-zione (“Un pezzo di storia”). Dalla Romagna l’Istitu-to si occupa di alcune regioni del Meridione. InAAbbrruuzzzzoo vi è l’oratorio del Preziosissimo Sangue diCChhiieettii SSccaalloo, dove si svolgono le funzioni religiose ele altre attività. All’oratorio sono stati predicati al-cuni ritiri: il 17/2/2007 per la Quaresima e il5/12/2007 per l’Avvento e il Natale. Inoltre sonoproseguiti i corsi di dottrina per adulti: con l’annonuovo è iniziato il commento alle principali encicli-che di Pio XII. Il 22/1/2008 don Carandino è statoanche invitato a benedire i locali della sezione di

4 novembre 2007: commemorazione della vittoriapontificia di Mentana al Verano

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Forza Nuova a PPeessccaarraa, alla presenza di RobertoFiore e dei dirigenti abruzzesi. In BBaassiilliiccaattaa il no-stro ministero sacerdotale si è consolidato, grazie al-le visite di don Murro e don Carandino sempre piùfrequenti a PPootteennzzaa. I fedeli lucani, dal gennaio2008, hanno finalmente la Messa domenicale. An-che in Puglia le visite di don Carandino sono au-mentate e i frutti si sono visti con l’alta partecipa-zione di pugliesi al pellegrinaggio a Loreto. In terrapugliese il nostro confratello si è specializzato nellebenedizioni: a MMoodduuggnnoo ((BBAA)) ha benedetto case,negozi, capannoni industriali, la nuova sede del“Centro Tradizione e Comunità” (il 13/2/2007) eun locale ricreativo (il “Cuib Pub” il 22/1/2008). ABBaarrlleettttaa ha benedetto un supermercato e a BBaarrii, il13/12/2007, la nuova federazione della “FiammaTricolore”.

Seguiamo adesso don Giugni nel suo lavoro inLLoommbbaarrddiiaa e nel TTrreennttiinnoo. In Lombardia l’istitutocelebra la S. Messa con regolarità a Milano, a Val-madrera (LC) ed a Varese. A Varese la messa vienecelebrata con regolarità la quarta domenica di ognimese, nel centro cittadino (vicino all’Ospedale)presso l’Hotel Ungheria. A Valmadrera, uno deicentri “storici” che ha celebrato 23 anni di esistenzacome l’Istituto, la S. Messa viene celebrata due vol-te al mese (la 2°e la 4° del Mese) raccogliendo i fe-deli lecchesi. A Milano l’apostolato si svolge princi-palmente presso l’Oratorio S. Ambrogio, ma è stataaperta una sottoscrizione per l’acquisto di un nuovolocale. L’oratorio è stato abbellito con una nuovastatua del S. Cuore e con il restauro di quella di SanGiuseppe, a cura delle Suore di Moncestino. DonGiugni ha predicato dei ritiri di preparazione allaquaresima (17/02/07; 16/02/08) e all’Avvento(15/12/07). Dal mese di ottobre la S. Messa, oltreche alla domenica, si celebra anche per i primi novevenerdì del mese, e dopo la funzione si svolge uncorso di dottrina per gli adulti, seguito da un consi-stente numero di fedeli, spesso la giornata finisce inpizzeria per una cena conviviale. Durante l’avventoambrosiano a Milano e dintorni don Ugolino ha im-partito la benedizione delle case. Il Catechismo vie-ne fatto anche ai bambini che si preparano alla pri-ma comunione. Ed eccoci al TTrreennttiinnoo. Da diversianni i fedeli trentini che si riunivano presso la Chie-sa di S. Ilario a Rovereto (ormai ufficialmente indisuso) per la celebrazione della Messa domenicale,il giorno di Pasqua del 2007 hanno avuto la sgraditasorpresa (guarda caso dopo la conferenza su San Si-monino di Trento…) di trovare le serrature cambia-te da parte di “ignoti” e senza preavviso. La chiesaera usata regolarmente con il consenso di chi l’ave-va in custodia, ma nessuno ha voluto prendersi uffi-cialmente la responsabilità di quanto avvenuto enon si è riuscito a capire da dove venisse l’ordine dichiusura. Della vicenda ha parlato anche il quoti-diano “Il Trentino” (15/04/07). Dopo varie peripe-zie e soluzioni di fortuna per qualche mese, si è poitrovato un luogo molto decoroso per la celebrazio-

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ne a partire dal mese di ottobre. Don Ugolino che sioccupa dell’apostolato in Trentino, celebra la S.Messa due volte al mese (la 1° e la 3° del mese) e in-segna la dottrina ai bambini e agli adulti il lunedìche segue la S. Messa. Un complimento ed un inco-raggiamento va ai fedeli che assistono sempre moltonumerosi e con fervore alle celebrazioni e alle ini-ziative. In VVeenneettoo, l’Istituto è presente ad AbanoTerme (PD) dove dal mese di ottobre ci siamo tra-sferiti da Rubano. È don Giugni che ha ripreso inmano il gruppo di fedeli per permettere a don Ca-randino di recarsi a Roma: la messa viene celebratala 2° domenica del mese alle 18 presso l’Hotel Eden(via Flacco 70). Don Ricossa, da Ferrara, ha “scon-finato” celebrando la santa messa in una chiesa diRovigo, ed ha poi benedetto i locali della sezione lo-cale di Forza Nuova, il 15 settembre 2007. L’aposto-lato di don Ricossa si svolge però soprattutto inEEmmiilliiaa, e da lì in TToossccaannaa. A Maranello aumentanoi fedeli, ma si prospetta però la necessità di lasciare,dopo 23 anni, la cappella di Villa Senni; i fedeli chela frequentano dalle province di Modena, Bolognae Reggio Emilia sono chiamati a uno sforzo genero-so per poter trovare un nuovo e dignitoso luogo diculto. Il 31 marzo 2008, per santificare la Quaresi-ma, i fedeli emiliani hanno partecipato alla via cru-cis che dai Brigoli (Casalecchio di Reno) sale a SanLuca. In Toscana, oltre alla messa abituale in pro-vincia di Arezzo a Loro Ciuffenna, segnaliamo unamessa a Sansepolcro, il lunedì dell’Angelo. Il nostrogiro termina idealmente in PPiieemmoonnttee.. A Torino unavolta al mese vi sono conferenze per i giovani tenu-te da don Jocelyn Le Gal e don Murro. Ancora aTorino sono organizzate delle uscite e visite sia per iragazzi, organizzate dai seminaristi, sia per le ragaz-ze, organizzate dalle suore dell’Istituto, coadiuvatedalle suore di Moncestino.

CCoonnffeerreennzzee.. Numerose, come sempre, le confe-renze tenute o organizzate dai nostri sacerdoti (di al-cune abbiamo già parlato, accennando a Roma, To-rino, Lione…). Seguiamo quest’anno di attività…

CCoonnffeerreennzzee ee aattttiivviittàà oorrggaanniizzzzaattee ddaall CCeennttrrooSSttuuddii GGiiuusseeppppee FFeeddeerriiccii (Rimini). Conferenze or-ganizzate RRiimmiinnii: in collaborazione con la Circo-

VI° Convegno di studi albertariani di Milano: i relatori

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scrizione 1, il 3/3/2007 “Eutanasia, la dolce mortedella civiltà”, relatori l’avv. Massimo Micaletti e ildott. Alessandro Pertosa; il 30/3/2007: “L’Europa ela Turchia: questo matrimonio s’ha da fare?”, relato-re dott. Marco Cimmino. Il 13/10/2007 “Il mandatod’arresto europeo”, relatore l’avv. Alberto Costanzo;il 10/11/2007 “I lager risorgimentali”, relatore dott.Fulvio Izzo. Il 1/03/2008 “L’evoluzionismo: veritàscientifica o superstizione?”, relatore dott. GiuseppeSantoro. Il 23/6/2007 una ventina di soci e amicidel “Federici” si sono riuniti in un noto ristoranteriminese per la consueta cena papalina a ricordodell’incoronazione di Pio IX.

Il CS Federici ha anche organizzato una MMoossttrraassuu PPiioo IIXX.. Pio IX, nel viaggio che fece nelle Pro-vince dello Stato Pontificio, dal maggio al settem-bre del 1857, si fermò a Rimini il 1° e il 2 giugno. IlCSGF ha voluto ricordare 150° anniversario dellavisita, ignorato dalla curia diocesana e dalle autori-tà civili, con una mostra, che è stata allestita dal 1al 6 maggio alla Galleria d’Arte Malatestiana, nelcuore della città. La mostra, iconografica e docu-mentaria, intitolata “Papa Mastai Ferretti. 150° an-niversario della visita di Pio IX a Rimini”, è statacurata da Silvano Tognacci e organizzata in colla-borazione con ARIES (Ass. Ricerche Iconografichee Storiche) e la Libreria Riminese. La mostra ha ri-cevuto il patrocinio dell’Assemblea Legislativa del-la Regione Emilia Romagna e della Circoscrizionen. 1 del Comune di Rimini. Alle pareti della galle-ria d’arte sono stati esposti una serie di pannelli re-lativi alla vita di Pio IX, al viaggio nelle Province ealla visita a Rimini, con stampe, editti, ritratti, me-daglie, monete, francobolli, libri, riviste, fotografiee oggetti relativi al lungo pontificato di Pio IX,provenienti dall’archivio del Centro studi e da col-lezionisti privati. Un ringraziamento particolare vaalla dott.ssa Cecilia Antoni della Biblioteca CivicaGambalunga per il prezioso aiuto di ricerca. Lamostra è stata inaugurata il 1/05/2007 ed è rimastaaperta, mattino e pomeriggio, interrottamente sinoal 6 maggio, con un numero così elevato di visitato-ri che ha sorpreso gli stessi organizzatori. La mo-stra ha avuto una buona copertura mediatica: ilquotidiano La Voce di Romagna ha pubblicato unarticolo a tutta pagina l’1/05/2007 (“L’estate rimi-nese di Pio IX”) e altri due articoletti il 29/04/2007e il 4/05/2007 (“Pio IX a Rimini, 150 anni dopo”).Il Corriere di Rimini ha pubblicato due trafiletti il29/04/2007 e il 1/05/2007. Non solo Radio Pada-nia Libera ha parlato della mostra (il 28/04/2007durante il programma “La Corriera”): persino laRAI si è interessata all’evento e il 2/05/2007 hamandato in onda un servizio di Gianfranco de Tur-ris durante il GR 2 della sera. Il CSGF ha inoltreaderito al “Comitato per il 150° anniversario dellavisita di SS. Pio IX alla città di Rimini”, che il1/6/2007 ha inaugurato una lapide in marmo inpiazza Tre Martiri e il 2/6/2007 ha organizzato,nella chiesa dei Paolotti, un concerto in onore del

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Papa-Re Pio IX, con brani eseguiti dal MaestroGilberto Barbieri e dal Maestro Marco Giovanardi,e con l’esecuzione dell’Inno in onore di Pio IX daparte del coro “In dulci jubilo”, composto da donP. G. Terenzi e da Sara Fabbrizoli, e musicato dalM.tro Barbieri.

CCrriissttoo RRee -- Sabato 6/10/2007 oltre 90 personehanno partecipato alla seconda “Giornata per laregalità sociale di Cristo”, organizzata da Sodali-tium e dal Centro studi Federici nei locali di “Vini-cio” a MMooddeennaa.. Don Ricossa ha tenuto un semina-rio di studi sull’aspetto della regalità di Cristo in ri-ferimento alla storia del movimento cattolico italia-no, con un titolo provocatorio: “Il movimento cat-tolico: dal Papa Re alla Balena bianca”. All’iniziodella giornata, dopo la presentazione generale, donCarandino ha avuto il piacere di salutare il prof.Giovanni Azzolin, che ha seguito tutti i lavori: stu-dioso dei personaggi veneti protagonisti dell’in-transigenza cattolica come il card. De Lai e i fratelliScotton, è l’autore di numerosi libri sull’argomen-to. Quindi don Ricossa ha svolto tre lezioni per il-lustrare il tema assegnatoli, parlando primadell’Opera dei Congressi, poi del “Sodalitium Pia-num” di mons. Benigni ed infine del democratismocristiano. Nel salone i banchetti di 15 associazioni,che hanno curato un’esposizione di libri, riviste eoggettistica, sono stati presi d’assalto dai parteci-panti. Prima di riprendere i lavori dopo l’ottimopranzo, il Gruppo Scenico-Teatrale “ElisabettaStefanini” di Teolo (PD) ha presentato un ricordodi padre Marco d’Aviano. Un ringraziamento par-ticolare va al vignettista Alfio Krancic, che ha in-viato una vignetta inedita per la cartolina ricordodella Giornata di Cristo Re.

Modena 2007:giornata perla regalità so-ciale di Cri-sto. Rievoca-zione di Mar-co d’Aviano eil pranzo

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CCoonnffeerreennzzee ee aattttiivviittàà oorrggaanniizzzzaattee ddaall CCeennttrrooSSttuuddii DDaavviiddee AAllbbeerrttaarriioo. Il 10/03/2007, a MMiillaannoo,(relatore Marco Pirina) conferenza dal titolo: Ro-lando Rivi, giovane seminarista ucciso dai partigianicomunisti: un “Martire della resistenza?”. A dimo-strazione del fatto che il giovane Rivi è “un segnodi contraddizione” come il suo Maestro Gesù, eche certi odii non si sono ancora sopiti dopo cin-quant’anni, sta il fatto che nelle settimane prece-denti alla conferenza si è scatenata una campagnaostile su certi siti internet (di centri sociali… di unadeterminata tendenza) che è culminata con e-maildi minaccia indirizzate al Centro Studi D. Alberta-rio e all’albergo che ospitava la nostra iniziativa. LaQuestura di Milano non ha sottovalutato le minac-ce disponendo un ingente copertura di forzedell’ordine a protezione dell’albergo e tutto si èsvolto senza il minimo incidente, tra la soddisfazio-ne dei presenti. Il 30 giugno 2007 alcuni amici delCentro Studi si sono riuniti in un agriturismodell’Hinterland milanese per una simpatica “cenaalbertariana” che ha chiuso le attività dell’anno2006-2007. Il 24/11/2007, si è svolto il consuetoConvegno di Studi Albertariani, giunto alla sua VI°edizione. La sala era addobbata per l’occasione coni colori papalini giallo e bianco, e in essa facevainoltre bella mostra una galleria di immagini deipersonaggi storici del movimento Cattolico. Il con-vegno aveva come titolo: “A cent’anni dall’enciclicaPascendi di S. Pio X. Che strada ha fatto l’eresia mo-dernista nel movimento cattolico e nella Chiesa?”. Irelatori sono stati don Francesco Ricossa e donUgo Carandino. Don Ricossa ha curato due inter-venti; il primo si intitolava: “Il modernismo di ieri:gli elementi essenziali della dottrina modernista se-condo l’enciclica Pascendi di S. Pio X”; e il secondodal titolo: “Il modernismo di oggi: il Concilio Vati-cano II occupa la Chiesa”. Don Carandino ha parla-to dei “cattolici antimodernisti all’epoca di S. Pio X:il Sodalitium Pianum di Mons. Benigni”. Un foltis-simo e interessato pubblico ha riempito la sala, ilbanchetto dei libri controrivoluzionari e oggetti re-ligiosi allestito dal centro Studi all’uscita della salaha registrato il tutto esaurito. Il CD audio è dispo-nibile [cod. 021 - € 8,00]. La manifestazione è stataannunciata nell’inserto di Milano del quotidiano“Libero” del 24/11/2007. L’8/03/2008 il CSDA haorganizzato a Milano una conferenza dal titolo:“Darwin e l’evoluzionismo. Verità scientifica o su-perstizione?” (rel. Giuseppe Santoro). La stessaconferenza è stata replicata a Torino il 17 maggioorganizzata dal Centro Studi Giacomo Margotti.

CCoonnffeerreennzzee ddeell CCeennttrroo SSttuuddii GGiiaaccoommoo MMaarr--ggoottttii.. AA TToorriinnoo 24/03/2007 conferenza sul tema:“1907-2007. A cent’anni dalla Pascendi: dalla con-danna del modernismo ai tempi di S. Pio X, a Bene-detto XVI”. (Relatore don Francesco Ricossa).

AAllttrree ccoonnffeerreennzzee: il 17 marzo 2007 a TTrreennttoo il“Comitato San Simonino” che è nato in tale occa-sione ha organizzato una conferenza sul tema:

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“Pasque di Sangue il libro censurato”. Relatore èstato don Francesco Ricossa che ha commentato illibro di Ariel Toaff sulla vicenda di san Simoninodi Trento (link ai video su www.sansimonino.eu).Contestualmente il neo-costituito comitato ha chie-sto pubblicamente la restituzione delle reliquie delsanto e la restaurazione del suo culto. I giornali e iTG locali hanno dato un notevole risalto alla con-ferenza: articoli su L’Adige e Il Trentino(15/03/07). Il 24 marzo successivo il comitato haorganizzato un rosario pubblico nella chiesa di S.Pietro (dove una volta si conservavano le sue reli-quie prima del loro occultamento) a Trento (arti-colo su Corriere del Trentino del 25/03/07). Il co-mitato ha un sito internet: www.sansimonino.eu.

Conferenze di don Carandino. Nelle Marche: il9/272007 a MMoonntteeggrraannaarroo ((AAPP)): “Identità cristiananell’epoca della globalizzazione” (Ass. Culturale “IlLabirinto”); il 25/5/2007 a PPoorrttoo SSaann GGiioorrggiioo((AAPP)): “La questione cattolica, tra relativismo occi-dentale e identità musulmana” (Circolo di “AreA-zione”); il 25/5/2007 a MMoonntteeggrraannaarroo ((AAPP)):“Un’anima per l’Europa. Le radici cristiane” (Circo-lo “G. Almirante” di Azione Giovani). Nell’Abruz-zo: il 17/3/2007 a MMoonntteessiillvvaannoo ((PPEE)) “L’elogiodell’Inquisizione” (Ass. “Amicizia Cristiana”); il20/10/2007 a CChhiieettii presentazione del libro “SanPio X e il Sodalitium Pianum”; il 17/11/2007 a PPee--ssccaarraa per presentare i libri “Il volontario di Pio IX”e “In nome del Papa-Re”; il 10/12/2007 nella saladella Circoscrizione n. 3 di PPeessccaarraa::“Incontro conl’Islam” (su invito del consigliere Camillo Savini diAlleanza Nazionale). In Puglia: a CCoorraattoo ((BBAA)), il12/2/2007: “La Chiesa Cattolica e le altre chiese cri-stiane”; l’11/6/2007: “La Rivoluzione francese”; il3/7/2007: “Le Insorgenze antigiacobine in Italia”.Nella sede del “Centro Tradizione e Cultura” aMMoodduuggnnoo ((BBAA)) il 13/2/2007: “Illuminismo e Enci-clopedismo”; il 13/3/2007: “Irlanda cattolica, da S.Patrizio a Bobby Sands”. A BBaarrii SSaannttoo SSppiirriittoo, suinvito di “Azione e Tradizione” di Modugno: il16/10/2007 presentazione del libro “San Pio X e ilSodalitium Pianum”; l’11/1/2007: “Il Tempo di Na-tale”. In Basilicata: a PPootteennzzaa presso “Il Sentiero”,il 14/2/2007: “Illuminismo e Enciclopedismo”; il14/3/2007: “Irlanda cattolica, da S. Patrizio a BobbySands”; il 17/10/2007 presentazione del libro: “SanPio X e il Sodalitium Pianum”.

Altare del-la nuova

cappella di Lione

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VVaarriiee.. Il 22/2/2007 don Giugni e don Carandi-no sono stati invitati a FFiirreennzzee dal prof. Pucci Ci-priani per la presentazione del libro “La Fedelissi-ma Civitella del Tronto”; il 10/3/2007 e l’8/3/2008invece, don Carandino ha rappresentato l’Istitutoal raduno tradizionalista di CCiivviitteellllaa ddeell TTrroonnttoo((TTEE)). Ringraziamo il prof. Pucci Cipriani perl’ospitalità e per aver permesso l’allestimento di unbanchetto con le pubblicazioni del Centro LibrarioSodalitium.

CCoonnffeerreennzzee iinn FFrraanncciiaa.. Nel quadro dell’apo-stolato dell’Istituto a Parigi, abbiamo organizzatotre conferenze nella capitale: la prima, il 3 marzo2007, è stata tenuta da don Jocelyn Le Gal e donMurro sul tema dell’Infallibilità Pontificia; la se-conda il 20 ottobre 2007: don Ricossa ha parlatoprima del Sodalitium Pianum e di Mons. Benigni, epoi del Motu Proprio Summorum Pontificum e del-le risposte della Congregazione per la dottrina del-la Fede a proposito dell’espressione Subsistit in(Lumen Gentium); infine, don J. Le Gal ha parlatoil 1 marzo 2008 su Mons. Guèrard des Lauriers, inpreparazione al convegno a lui dedicato che si terràad ottobre. Il 17 marzo 2006, a Lione nella nuovacappella di rue Pareille, don Thomas Cazalas haparlato sul tema: «Un mezzo di propagazione dellaFede e della perseveranza: l’Apostolato della pre-ghiera, la Lega del Sacro Cuore».

LL’’IIssttiittuuttoo ee llaa ssttaammppaa.. Sono di moda gli artico-li sulle Messe “tridentine” dove si parla anchedell’Istituto: su l’Adige di Trento il 12.08.2007 (Lamessa in latino col rito ante-concilium); su Il Centrodell’Abruzzo del 29/9/2007 (A Chieti Scalo seguacidi San Pio V); nell’edizione padovana de Il Gazzet-tino del 27/11/2007 Duri & puri della fede (quellidi Casa san Pio X) riuniti a Rubano. Contro i Papi eil Concilio-tsunami; infine su La Nuova Periferia(19 luglio). Non mancano gli attacchi contro l’Isti-tuto: soprassediamo per amor di pace… Ringrazia-mo invece per le segnalazioni positive Mons. San-born, don Grossin e don Lucien, nel suo libro ove,malgrado le scelte diverse, l’Autore segnala ed elo-gia gli articoli di don Murro sull’infallibilità delmagistero ecclesiastico pubblicati da Sodalitium.

IIll CCeennttrroo LLiibbrraarriioo SSooddaalliittiiuumm ha dato allestampe le seguenti opere: Il volontario di Pio IX diAntonmaria Bonetti (memorie di uno zuavo ponti-ficio); San Pio X e il “Sodalitium Pianum” (estrattodella Disquisitio della sacra Congregazione dei ritiper la canonizzazione di San Pio X); La dottrina diCristo-Re. (Atti convegno di Modena 2006); UnVescovo contro la Democrazia Cristiana (lettera pa-storale del Card. Tommaso Pio Boggiani, arcive-scovo di Genova, contro il Partito Popolare di donSturzo); La Settimana Santa (testo liturgico dell’Uf-ficio liturgico della settimana Santa secondo le ru-briche anteriori al 1955). Orizzonti (n. 4, dicembre2007), rivista del Circolo Corridoni di Parma, harecensito Il volontario di Pio IX. Una recensionedel messale, pubblicato dal nostro Centro Librario,

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è stata pubblicata dal Giornale della Libreria (n. 4,aprile 2008) assieme a una intervista al responsabi-le del Centro Librario, don Giugni. Infine, il saggiodi don Ricossa Cristina Campo, o l’ambiguità dellaTradizione, edito dal nostro Centro Librario, è piùvolte citato nell’intervento di Alessandro Giova-nardi tenuto al Convegno Nazionale di Studi Cam-piani (Palermo, 28 febbraio-1 marzo 2006), i cuiAtti sono stati pubblicati dalla Provincia Regionaledi Palermo (L’opera di Cristina Campo. Al croceviaculturale del novecento europeo, a cura di ArturoDonati e Tommaso Romano, Palermo, 2007). Il sag-gio è ricordato anche nel sito internet che ArturoDonati ha dedicato alla scrittrice bolognese:www.cristinacampo.it Quanto al nostro bollettino,è uscito il primo numero di Sodalitium in spagnolo.

TTrraassmmiissssiioonnii rraaddiiooffoonniicchhee. E televisive… L’11luglio 2007, partecipando alla trasmissione Otto emezzo su La Sette, Alessandro Ortenzi ha ricordatoPadre Guérard des Lauriers, il Breve Esame Criticoe il nostro Istituto. Nel mese di settembre, invece,dopo ben quattro anni, è terminata (malgrado leproteste di numerosi ascoltatori) la trasmissione set-timanale “Alle radici della Fede”, condotta da donCarandino con Radio Padania Libera. Il 26/12/2007,su Radio Bandiera Nera, nello spazio gestito dalla re-dazione di Bari, è stata annunciata e illustrata laMessa di s. Stefano celebrata da don Carandino aModugno (BA). Don Sergio, da parte sua, continuale trasmissioni radio in Argentina (vedi).

EEsseerrcciizzii ssppiirriittuuaallii ddii SSaanntt’’IIggnnaazziioo.. Molti sono iturni di esercizi spirituali predicati in questo perio-do. A SSeerrrree--NNeerrppooll dal 12 al 17 febbraio 2007 (8uomini), sotto la guida di don Murro e don Cazalas;e dal 16-21/04/2007 (6 donne) don Murro coadiu-vato da Mère Marie Monique. Dal 2-7/07/07 (10persone) sempre a Serre-Nerpol (predicatori donRicossa e don Murro). Gli esercizi estivi a RRaavveeaauusono stati predicati da don Giugni e don Murro: dal30/07-4/08/2007 (4 donne); dal 6-11/08/2007 (11uomini). Don Giugni e don Cazalas, a Serre-Nerpolhanno dato gli otto giorni dal 16 al 24 agosto (10 uo-mini). A VVeerrrruuaa, i due consueti turni in italiano di fi-ne agosto, dati da don Carandino e don Ricossa: dal20-25/08/07 (12 donne), e dal 27/08-01/09/2007

Esercizi spirituali per le donne a Verrua nel 2007

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(18 uomini). Don Ricossa ha dato anche quest’annogli Esercizi di otto giorni alla comunità delle Suoredi Cristo Re, a Serre-Nerpol, dal 3 al 10 settembre.A Settembre sono stati dati a Verrua gli Esercizi alClero; quest’anno l’apprezzato predicatore è statodon Cazalas. A SSeerrrree--NNeerrppooll dal 7-12/11/2007 (5donne) dati da don Cazalas coadiuvato da M. Ma-rie-Monique; dal 26-31/12/2007 (13 persone, predi-catori: Don Cazalas e Don Murro); e dal 28/01-2/02/2008 (6 uomini). Mons. Stuyver da esercizibrevi in tre giorni: durante l’estate 2007, due turni,uno in francese e uno in fiammingo, nella Casa diDendermonde. Ritiri di perseveranza. Due giornatedi ritiro per la perseveranza si sono svolte nel 2007.Il 18 marzo a Serre-Nerpol, predicato da don Caza-las e don Murro, che ha raccolto 40 partecipanti; il1° novembre a Raveau con una cinquantina di per-sone provenienti anche da lontano. Queste giornatecostituiscono una boccata di ossigeno spirituale, cheaiuta a superare tanti problemi della vita quotidiana.

PPeelllleeggrriinnaaggggiioo nnaazziioonnaallee OOssiimmoo--LLoorreettoo 22000077..Di ritorno dall’edizione 2008 ricordiamo l’edizionedel maggio 2007, che ha riunito 120 pellegrini. Ilpellegrinaggio, che si svolge a piedi da Osimo aLoreto per un totale di 22 chilometri, è un appun-tamento che molti fedeli e amici non voglionomancare. Sono due giornate di canti, preghiere,amicizia e allegria che consigliamo a tutti i lettori eche certamente ricevono le benedizioni della Ver-gine Lauretana. Sul sito Youtube è possibile visio-nare 18 video del pellegrinaggio alla paginahttp://it.youtube.com/watch?v=fySNpSSDwE8 eseguenti. AAllttrrii PPeelllleeggrriinnaaggggii . Da Chieti: il9/4/2007 all’abbazia di san Bartolomeo a CCaarrppiinnee--ttoo ((PPEE)); il 7/7/2007 a RRoommaa, a san Lorenzo al Ve-rano e alle catacombe di san Callisto e di san Seba-stiano; il 16/8/2007 al convento di SSaanntt’’AAnnggeelloodd’’OOccrree ((AAQQ); il 16/9/2007 si è svolto il 4° pellegri-naggio a piedi dall’abbazia di Arabona al santuariodel Volto Santo di MMaannooppppeelllloo ((PPEE)).. Da Potenza:il 5/7/2007 alla Certosa di san Lorenzo a PPaadduullaa((SSAA). I fedeli emiliani si sono ritrovati anchequest’anno, nel mese di agosto, a BBooccccaa ddii RRiioo((BBOO)), luogo di un’apparizione mariana nell’appen-nino tosco-emiliano consacrato alle vocazioni. Il6/10/2007 una trentina di fedeli assieme a don

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Giugni, come negli anni passati, si sono ritrovati aVVaarreessee ai piedi del S. Monte per il pellegrinaggioregionale in onore del mese del S. Rosario.

L’8/05/2007 si è svolto il consueto pellegrinag-gio a NN.. DDaammee ddee ll’’OOssiieerr, con partenza dalla MaisonSt Joseph a Serre Nerpol. Il tema trattato quest’annoè stato il centenario dell’enciclica Pascendi. La seraprecedente ci sono state tre conferenze tenute dai sa-cerdoti presenti. La Messa cantata, il rosario medita-to, i canti hanno riempito i fedeli di fervore. La do-menica della Pentecoste 2007, si è svolto il pellegri-naggio annuale a St-Joseph-du-Bessillon a CCoottiiggnnaacc,nel dipartimento del Var. Erano un’ottantina i fedeligiunti da Cannes, da Lione, dalla Savoia, e dall’Isère.La Messa cantata è stata celebrata all’aperto, vicinoal santuario di Notre-Dame-des-Grâces in fine matti-nata. Dopo il pic-nic, i fedeli si sono recati al santua-rio. In questo luogo la Madonna apparve ad un ta-gliaboschi, Jean de la Beaume, il 10 e 11 giugno1519, per domandargli di far costruire una chiesa insuo onore, con il titolo di Notre-Dame-des-Grâces.Un secolo e mezzo dopo, il 7 giugno 1660, S. Giu-seppe apparve ad un giovane pastore, assetato, Ga-spard Ricard, vicino al villaggio di Cotignac e vi fecesgorgare una sorgente miracolosa.

AAnnnniivveerrssaarrii.. Il priorato “Notre-Dame deBethléem” di FFaavveerrnneeyy (Franca Contea) ha festeg-giato il 25° anniversario della sua fondazione. Pa-dre Pierre Verrier e padre Joseph-Marie Mercierhanno sollecitato la nostra presenza per festeggiareinsieme l’importante tappa della comunità bene-dettina. Domenica 15/7/2007 padre Verrier ha of-ficiato la S. Messa solenne e don Carandino, che harappresentato l’Istituto insieme a don Michel, hasvolto il ruolo di diacono e ha predicato (in rete so-no disponibili due video relativi alla giornata:http://it.youtube.com/watch?v=668hx45-ZcA ).Don Ricossa ha celebrato una Santa Messa il 2 giu-gno, a Montalto (Reggio Emilia) per i dieci anni dimatrimonio di Gianni ed Elena Braglia, e un’altrail 1 agosto a Loro Ciuffenna (Arezzo) per i cin-quant’anni di matrimonio dei suoi genitori, SergioRicossa e Rosamaria Rabotti; Mons. Filippo Rabot-ti, arciprete di Baiso, li aveva uniti in matrimonio il12 settembre 1957, con la benedizione di S.S. PioXII. Il 30 giugno, vi è stata la Messa di Requiemper l’ottavo anniversario della morte di P. Vinson aSerre Nerpol. L’8 settembre don Philippe Guépinha festeggiato i suoi trent’anni di sacerdozio a Nan-tes; don Jocelyn Le Gal, originario di Nantes, harappresentato tutto l’Istituto alla bella cerimoniache si è svolta nella chiesa di N.D. des Dons, re-staurata dall’abbé Guépin. Il 27 febbraio 2008 ri-correvano i 20 anni dalla morte di Mons. M.L.Guérard des Lauriers o.p.: solenne messa cantatadi Requiem a Verrua, per i fedeli italiani, e a Ra-veau per quelli francesi.

BBaatttteessiimmii.. Il 23/06/07 a Maranello Anna Ma-ria Beatrice Cerbasi (don Ricossa); il 23/06/2007 aLoro Ciuffenna (Arezzo) Tanasorn Smokla è stata

Campeggio estivo per le ragazze: i giochi

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battezzata col suggestivo ed antico rito degli adulti(don Ricossa); il 14/08/2007 a Varese il 21/7/2007Anna Mascetti (don Carandino). A Fiumana (FC)il 22/9/2007 Vittoria Rachele Maria Proli (don Ca-randino). A Trento il 3/02/2008 Maria Grazia Ma-nara (don Giugni). A Serre-Nerpol il 19/05/2007Philomène Chiocanini, e il 17/06/2007 ValentinBousige (Don Cazalas). Il 9/12/2007 a Roma Ser-giomaria Pulitelli (don Jocelyn Le Gal). Il23/12/2007 a Torino Laura Portaluri (don Murro).Nel febbraio 2008 è stato amministrato un battesi-mo a Buenos Aires. In Francia a Parigi il16/02/2008 Matthieu Miche, e il 3/05/2008 Tho-mas Vigand (don Jocelyn Le Gal). Quattro sono ibattesimi amministrati da Mons. Stuyver: quello diLisa De Wilde (27/7/ 2007), di Clara Lehouck(15/9/2007), di Théotime Dumortier (1/11/ 2007)e di Stephanie Willaert (16/2/2008).

PPrriimmee CCoommuunniioonnii.. “Lasciate che i piccoli venga-no a me”. Il 18/06/2006 a Serre-Nerpol ApollineLuis ha fatto la prima comunione. Il 10/06/2007,solennità del Corpus Domini, a Serre Nerpol, han-no fatto la prima comunione Cécile Miche e HugoPerrotto, mentre 9 ragazzi hanno fatto la “Commu-nion Solennelle”. Lo stesso giorno a Grasse, hannoricevuto per la prima volta Gesù nel loro cuore Thi-bualt e Julien Maureso, Gauthier Van Gorp e 5 al-tri ragazzi hanno fatto la “Communion Solennelle”.Francesco Bosco ha ricevuto la prima comunione aRipa Teatina (CH) il 9/9/2007 e Cesare MassimoDe Fanti a Rovereto, l’8 dicembre 2007. In Belgiohanno fatto la “Communion Solennelle” BrankoStankovski, Simon Daelemans, Liesbeth Meskens il22/04/2007

CCrreessiimmee.. MMoonnss:: SSttuuyyvveerr hhaa aammmmiinniissttrraattoo iill ssaa--ccrraammeennttoo ddeellllaa CCrreessiimmaa aa Stephanie et LiesbethMeskens (il 22 aprile 2007), Anja Helwig (dallaGermania, il 27/05/2007) e Adam et Iselin Sabir(dalla Svezia, il 1/10/2007). In Italia, a Verrua, ottopersone hanno ricevuto la Cresima il 25/04/2007, ealtre otto in Francia, a Raveau, il 1/09/2007, e an-cora una ventina a Rosario, in Argentina, nell’otto-bre dello stesso anno.

MMaattrriimmoonnii. Il 10/02/2007 don Ricossa ha be-nedetto le nozze di Maurizio Pulitelli e Yvette deKort a Roma (Basilica di Santa Maria Maggiore,Cappella Borghese). Il 25/07/07 don Ricossa haunito in matrimonio Jean-Claude Pons e MoniqueMarié a Peira Cava (Nizza). Il 16/08/07 don Ricos-sa ha benedetto le nozze di Paolo Paperi e RenataSmokla (Cappella del Colombaio, Loro Ciuffenna,Arezzo). A Trento Don Giugni ha celebrato il ma-trimonio di Nicola Paolini e Antonella Favrin il5/05/2007 e sempre a Trento il 1/09/2007 ha bene-detto il matrimonio di Mauro Conci e Barbara Vet-torazzi. A Serre-Nerpol il 25/08/2007, Don Caza-las ha benedetto il matrimonio di Alexandre Ponse Sophie Peyronel mentre don Giugni ha celebratola S. Messa. L’8/09/07 don Carandino ha benedet-to le nozze di Pietro Ferrari e Pamela Roncone nel-

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la cappella san Vincenzo Ferreri a Sant’Omero(TE).. Il 12/01/2008 don Murro ha celebrato il ma-trimonio di Pierre Cazalas con Marie Ramires;l’omelia, è stata tenuta da don Thomas Cazalas, laMessa è stata celebrata da don Hervé Belmont. Il19/01/2008, presso Versailles, don Jocelyn Le Galha benedetto le nozze di Privat Vigand e BlandineChênebeau

DDeeffuunnttii Verso il 21 maggio 2007 è mancata aRoma GGiiuusseeppppiinnaa SSppoonnzziillllii, fedele della prima oraalla tradizione cattolica. Il 18 marzo 2007 all’ospe-dale di Rimini è deceduto il sig. AAllddoo DDeellll’’OOssppeeddaa--llee, di 79 anni. Brigadiere dei Carabinieri in pensio-ne, viveva nella sua casa di San Savino, che avevaricevuto da don Ugo la benedizione annuale duesettimane prima del decesso. Il 9 maggio 2007 èdeceduto RReennéé JJeeaann BBaappttiissttee DDeeccaavvèèllee, benefatto-re della Suore del Cristo Re: i funerali sono stati ce-lebrati da don Cazalas. Il 29 giugno 2007 è manca-ta la signora OOlliivvaa MMaasssseettttii,, residente a Cesenati-co, all’età di 92 anni, che quando poteva partecipa-va alle nostre funzioni. CCllaauuddiiaa DDeeccaaoo iinn VVeerrmmii--gglliioo è morta a Senigallia il 12 agosto 2007, ed è sta-ta sepolta a Rivoli. Don J. Le Gal ha celebrato leesequie. La signora Vermiglio ha ricevuto durantela malattia i SS. Sacramenti; al marito, e al figlio,ex-esercitante, le nostre condoglianze. Dalla rivistaEinsicht apprendiamo che il 27 agosto 2007 è dece-duto il professor RReeiinnhhaarrdd LLaauutthh, dell’Universitàdi Monaco di Baviera. Sodalitium non condivide ilsuo pensiero filosofico (era tra l’altro il massimoesperto di Fichte) e religioso (il professore era unsedevacantista completo, che guardava ad Orien-te), ma non dimentica il ruolo importante che ilProf. Lauth ha svolto, fin dall’inizio, nell’opposi-zione al Vaticano II, come pure la cultura, la gran-de signorilità e la gentilezza del professore, che co-noscemmo in più occasioni, a Monaco come a To-rino. Volentieri, lo ricordiamo nella preghiera. Sa-bato 15 settembre è deceduta CCaammiillllee PPaattooiiss,all’età di 20 anni, in seguito ad un tragico incidentestradale: la sua famiglia aveva assistito più volte allaMessa celebrata ad Annecy. Il 18/09/2007 è man-cato PPiieerrrree SSaagglliioo, all’età di 65 anni: esemplare nel-la vita cristiana, nel mese di agosto aveva seguitocon molto frutto gli Esercizi Spirituali a Raveau, e

Adriana Senni nella cappella della sua villa a Maranello il giorno della cresima di una sua nipote

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ne era stato particolarmente contento. Alla moglieed alla sua famiglia le più sentite condoglianze. Il 5ottobre è deceduto CChhaarrlleess DDuubboouucchheett all’età di67 anni. Aveva conosciuto il P. Guérard des Lau-riers da cui era stato guidato in vari momenti dellasua vita. Aveva voluto dare la sua vita al serviziodel Signore, aiutando varie comunità religiose neilavori. È morto tra le braccia di don Cazalas cheera andato a trovarlo. I funerali sono stati celebratida don Murro nella parrocchia di Fernay Voltaire.Il 7 dicembre, dopo una lunga malattia, è decedutala signora JJoollaannddaa MMuuttii vveeddoovvaa QQuuaagglliinnoo, assistitaper i sacramenti dai sacerdoti dell’Istituto, che so-no particolarmente vicini alla figlia, professoressaGabriella Quaglino.

Il 17/12/2007 è mancata improvvisamente nellasua casa di Maranello AAddrriiaannaa NNiiccoolleettttii, vedova delnotaio Alberto SSeennnnii BBuurraattttii. Nata a Cuneo il 27aprile 1917, visse, fino al matrimonio, a Bologna.Dopo il Vaticano II, fu – fin dall’inizio – una delleprincipali figure dell’opposizione cattolica al neo-modernismo, partecipando ai Pellegrinaggi Romanidei primi anni ‘70, fondando la sezione modenesedi Una Voce, dando fattivo e concreto appoggio,morale ed economico, alla Fraternità San Pio X(ospitò anche Mons. Lefebvre), a don Putti, ad Al-leanza Cattolica (allora vicina a Mons. Lefebvre).Quando, nel dicembre 1985, lasciammo la Fraterni-tà per fondare l’Istituto Mater Boni Consilii, fu, colmarito, tra i primi a aderire alla “Tesi di Cassicia-cum” e a sostenerci con affetto materno, mettendoa disposizione la cappella di Villa Senni a Maranelloper la celebrazione della Santa Messa (che, ininter-rottamente è stata detta tutte le domeniche dal Na-tale 1985 fino ad oggi) e la stessa casa, che è stata fi-nora punto d’appoggio per il nostro apostolato inEmilia. Devota alla Santa Messa, ex-esercitante,donna di fede e di preghiera, battagliera e generosa,iniziò a morire con la morte di suo marito, nel set-tembre 2004. Adesso che lo ha raggiunto, l’Istitutoli ricorda assieme con profonda commozione, comeun padre e una madre, per tutto il bene che abbia-mo ricevuto da loro. I funerali sono stati celebratida don Ricossa nella cappella di Villa Senni a Mara-nello il 20 dicembre alla presenza di don Murro edon Carandino e di tutta la famiglia, alla quale pre-sentiamo le nostre più vive condoglianze. Riposa,accanto al marito, nel piccolo cimitero di Fogliano(Modena). Il 2/01/2008 è morto a Cesenatico,all’età di 73 anni, DDoommeenniiccoo BBaarroonncciinnii, un’ora do-po aver ricevuto il Santo Viatico da don Ugo. Aven-do la Curia vescovile di Cesena negato alla famiglial’uso della chiesa della piccola località di montagnadove era prevista l’inumazione, il 4 gennaio all’ora-torio di Rimini è stata celebrata al mattino la Messaesequiale, senza la presenza del corpo, mentre nelpomeriggio si è svolta la tumulazione nel cimiterodi Quarto con le preghiere del Rituale Romano.L’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, èdeceduta nella sua casa di Lugo (Romagna) MMaarriiaa

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LLuuiissaa CCuurrzzii iinn CCoonnttaarriinnii, giovane mamma di duefiglie, da tempo malata di una grave malattia. Non-ostante i crescenti impedimenti dovuti alla sua salu-te che se ne andava, assisteva appena possibile allaSanta Messa da noi celebrata ad Albarea di Ferraranella chiesetta di San Luigi, prima recandosi da so-la, e poi accompagnata dai suoi cari. Tanta fede èstata ricompensata dal Signore non con la guarigio-ne temporale, ma con l’abbondanza delle grazie spi-rituali, grazie alle quali ha ricevuto con devozioneda don Ricossa i sacramenti di penitenza, eucaristiaed estrema unzione. Il 19/02/2008 è morto improv-visamente nella sua casa di Raveau JJeeaann MMiicchheell. Siera trasferito da Parigi a Raveau proprio per essercipiù vicino, e fu molto legato al nostro Istituto. Il 24febbraio, in Madagascar, è mancata GGaabbrriieellllee AAnn--ddrriiaannttssaarraaffaarraa, madre del nostro seminarista Mi-chel, il quale aveva potuto vederla un’ultima voltadurante le vacanze di Natale; consola il pensieroche ha accettato la lunga malattia con spirito cristia-no di fede. A Torino, il 16 marzo, è morta MMiicchheellaaCCeessaarreeoo, ex-esercitante, che iniziò a frequentare laMessa dell’Istituto quando il nostro Oratorio eraancora in Via Saluzzo. Da tempo malata, riceveva isacramenti a casa propria dai nostri sacerdoti.

Il 16/3/2008 è mancato a Bari il sig. SSeerraaffiinnooAAnnggeelloo VVuullccaannoo, di 64 anni. Colpito da una gravissi-ma malattia, a novembre aveva ricevuto i Sacramentida don Carandino. Il 19/5/2008 è stata celebratauna Messa in suffragio a Modugno, alla presenza deifamiliari e degli amici del Centro Tradizione e Co-munità, sodalizio in cui Angelo aveva militato permolti anni insieme a Pino Tosca. L’ultima Settima-na Santa è stata funestata dall’improvvisa scompar-sa di EElliiddee SSaappoonnii,, morta il 18 marzo a causa diun’embolia celebrale all’età di 54 anni. Nel 2001 lasignora Saponi aveva condiviso la scelta di don Ca-randino di lasciare la Fraternità san Pio X, diven-tando così una delle prime fedeli dell’oratorio sanGregorio Magno di Rimini, dove ha assistito allasua ultima Messa il giorno delle Palme, due giorniprima di morire. Le esequie sono state celebrate il25 marzo da don Carandino nella chiesa parroc-chiale di Gemmano (RN).

Dopo la data di chiusura di questa cronaca, il 1maggio 2008, è morta a Castelvetro di Modena lasignora EElleeuutteerriiaa ““EElleennaa”” PPeeddrroonnii,, vveeddoovvaa AAnneelllloo,di 84 anni. Nata nel 1924 a Montecorone di Zocca,rimasta orfana a dieci anni, fu affidata all’orfano-trofio delle Torrette a Bologna; sino all’ultimo gior-no della sua vita ha conservato la Fede ricevuta

Elena AnelloPedroni

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dalle religiose dell’istituto. Animata da una profon-da devozione alla S. Vergine e da un acceso senti-mento patriottico, ricordava spesso, simpaticamen-te, di aver fatto 9 pellegrinaggi a Lourdes e 9 viaggia El Alamein. In uno dei viaggi in Africa, nell’etàormai matura, conobbe il suo futuro marito, il sig.Antonino Anello, che aveva combattuto la storicabattaglia e subìto poi la prigionia degli anglo-ame-ricani. Insieme aveva sostenuto la battaglia per laMessa di san Pio V, prodigandosi a favore dei sa-cerdoti della Fraternità, in particolare del prioratodi Rimini. Nella sua vedovanza, la signora Elenanon esitò a incoraggiare e ad assecondare la nascitadella Casa san Pio X e ad aprire le porte della suaabitazione ai sacerdoti dell’Istituto. Per molti anni,almeno una volta al mese la S. Messa fu sempre ce-lebrata a casa sua, sino al 30 marzo, giorno in cuifece la Sua ultima Comunione pasquale. Afflitta dauna gravissima malattia, il 3 settembre, festa di sanPio X, aveva sollecitato di ricevere l’estrema unzio-ne: le grazie del sacramento l’hanno aiutata ad af-frontare con grande fede e rassegnazione l’ultimomese della sua vita, penoso per lei ma edificanteper coloro che l’hanno assistita. Il 28 aprile aveva

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ricevuto il Viatico da don Ricossa, per poi spegner-si, serena e lucida, nella tarda serata del 1 maggio.Il funerale è stato celebrato da don Carandino il 5maggio, festa di san Pio V, nella chiesa parrocchia-le di Ciano di Zocca. Nel pomeriggio il sacerdoteha accompagnato le spoglie della signora nel cimi-tero di Cles, in Trentino, dove riposano accanto aquelle del marito.

Raccomandiamo alle vostre preghiere questidefunti vicini a fedeli del nostro Istituto; a lorovanno le nostre preghiere ed a tutti i parenti il no-stro sincero cordoglio: VViioollaannttiinnaa RRiippaa BBuusscchheettttiiddii MMeeaannaa di 88 anni (nonna del nostro don Giugniche le aveva amministrato i Sacramenti durante lamalattia); FFiioorreellllaa AArrrriigghhiinnii vedova Girardelli (diRovereto); Emilio Tripepi (di Padova). Ricordiamoalcuni sacerdoti alle vostre preghiere: don RomanPedreira Ancochea (3/9/1922 †3/3/2007), abbona-to alla nostra rivista, celebrava la Messa “non unacum” a Madrid; e Padre Colusso, dei Missionaridella Consolata, morto a 91 anni, nel 2007, a Reg-gio Emilia: anch’egli lettore di Sodalitium, ci accol-se con vera amicizia a San Valentino di Castellara-no, dove riposa il seminarista martire Rolando Rivi.

•• 66 –– 2200 LLuugglliioo aa RRaavveeaauu iinn FFrraanncciiaa:: Colonia estiva S. Luigi Gonzaga per bambinidagli 8 ai 13 anni.

•• 1144--1199 lluugglliioo aa VVeerrrruuaa SSaavvooiiaa:: Colonia estiva per bambine e ragazze.•• 77--2255 lluugglliioo campeggio:: per ragazze in montagna•• 2288 lluugglliioo -- 88 aaggoossttoo campeggio:: in montagna, in Francia per ragazzi da 14 a 21

anni.

•• EEsseerrcciizzii SSppiirriittuuaallii ddii SS.. IIggnnaazziioo secondo il metodo di Padre Vallet a Verrua Savoia:-- PPeerr llee ddoonnnnee:: da lunedì 18 agosto (ore 12) a sabato 23 agosto 2008.-- PPeerr ggllii uuoommiinnii:: da lunedì 25 agosto (ore 12) a sabato 30 agosto 2008.

•• SSaabbaattoo 1111 oottttoobbrree 22000088 aa MMooddeennaa:: “III giornata per la Regalità sociale di Cristo”, conil seminario di studi: “L’ecumenismo, nella Chiesa, contro la Chiesa. A 80 anni dall’en-ciclica Mortalium Animos di Pio XI (1928)”. Per info rivolgersi alla Casa S. Pio X.

•• SSaabbaattoo 1155 nnoovveemmbbrree 22000088 aa MMiillaannoo:: “VII Convegno di studi albertariani”. «PapaPio XII (1939-1958) l’ultimo papa “romano”. Padre Michel Louis Guérard des Lau-riers (1898-1988) l’ultimo “teologo romano”. In memoriam».

Per ogni informazione, mettersi in contatto con l’Istituto a Verrua Savoia:LLoocc.. CCaarrbbiiggnnaannoo,, 3366.. 1100002200 VVEERRRRUUAA SSAAVVOOIIAA ((TTOO))

TTeell..:: 00116611.. 8833..9933..3355 -- FFaaxx:: 00116611.. 8833..9933..3344 -- eemmaaiill:: iinnffoo@@ssooddaalliittiiuumm..iitt

PPrroossssiimmee aattttiivviittàà 22000088

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ITALIA - Verrua Savoia (TO): CASA MADRE -Istituto Mater Boni Consilii, Chiesa SS. Pietroe Paolo, Loc. Carbignano, 36. Nei giorni ferialiS. Messa alle ore 7,30; tutte le domeniche S.Messa alle ore 18. Benedizione eucaristica tuttii venerdì alle ore 21. Tel.: 0161.839335, Fax:0161.839334; e-mail: [email protected] sito:www.sodalitium.it

San Martino dei Mulini (RN): CASA S. PIO X -Don Ugo Carandino, Oratorio Maria Ausiliatri-ce, via Sarzana 86, CAP 47828. Nei giorni ferialiS. Messa saltuariamente alle ore 7. Tel.& Fax:0541.758.961; e-mail: [email protected]: www.casasanpiox.it

ARGENTINA - Rosario: CASA SAN JOSE – DonSergio Casas Silva, Iguazú 649 bis, C. P. 2000 -Rosario (Santa Fe). Tutte le domeniche S.Messa alle ore 10. Ore 11 catechismo. E-mail:[email protected]

BELGIO - Dendermonde: Mons. Geert Stuyver,Kapel O.L.V. van Goede Raad, Koning Albert-straat 146, 9200 Sint-Gillis, Dendermonde. S.Messa tutte le domeniche alle ore 9,30. Tel. eFax: (+32) (0) 52/380778.

FRANCIA - Raveau: Castello di Mouchy, 58400Raveau. Per informazioni: Tel.: (+33)03.86.70.11.14; e-mail: [email protected]

ALTRE SS. MESSE IN ITALIA

Abano Terme (PD): la 2ª del mese alle ore 18. Perinformazioni: Tel. 0161.839335.

Chieti Scalo: Oratorio del Preziosissimo Sangue, viaColonnetta 148. La 2ª alle 18,30; la 4ª del mese al-le ore 10,30. Per informazioni: Tel. 0541.758961.

Ferrara: Chiesa S. Luigi, via Pacchenia 47, Alba-rea. Tutte le domeniche alle ore 17,30, salvo la3ª domenica del mese alle ore 11,30. Per infor-mazioni: Tel. 0161.839335.

Loro Ciuffenna (AR): Fattoria del Colombaio,str. dei 7 ponti. La 1ª domenica del mese alleore 17,30. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Maranello (MO): Villa Senni, strada per Foglia-no. Tutte le domeniche alle ore 11, salvo la 3ªdomenica del mese alle ore 9. Per informazioni:Tel. 0161.839335.

Milano: Oratorio S. Ambrogio, via Vivarini 3.Tutte le domeniche e festivi alle ore 11. Per in-formazioni: Tel. 0161.839335.

Modugno (BA): per informazioni: Tel.0541.758961.

Potenza: la 3ª domenica del mese alle ore 19,30.Per informazioni: Tel. 0541.758961.

Roma: Oratorio S. Gregorio VII, via Pietro dellaValle 13/B. La 1ª, 3ª e 5ª domenica del mese,ore 11. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Rimini: Oratorio San Gregorio Magno, via Molini 8.La 1ª e 2ª del mese alle ore 11, la 3ª e 4ª del mesealle ore 18,30. Per informazioni: Tel. 0541.758961.

Rovereto (TN): la 1ª, 3ª e 5ª domenica del mesealle ore 18. Per informazioni: Tel. 0161.839335.

Torino: Oratorio del S. Cuore, via Thesauro 3/D.Tutte le domeniche e festivi S. Messa cantataalle ore 9; S. Messa letta alle ore 11,15; il 1° ve-nerdì del mese alle ore 18,15. Per informazioni:Tel. 0161.839335.

Valmadrera (LC): Via Concordia, 21. La 2ª e la 4ªdomenica del mese. Per informazioni: Tel.0161.839335

Varese: la 4ª domenica del mese ore 18. per infor-mazioni: Tel. 0161.839335.

Confessioni 30 minuti prima dell’inizio delle S. Mes-se. Dei cambiamenti occasionali negli orari delleMesse, specie nel perido estivo, possono intervenire;se frequentate saltuariamente i nostri oratori vi con-sigliamo di telefonare.

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