40
Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 7 - numero 5 (64) - Maggio 2010 In questo numero: Inserto: Lettera Pastorale 2010 di S.E. Mons. Vincenzo Apicella alla Chiesa di Velletri-Segni Grandi temi: - La minaccia della noncuranza - I giorni vuoti sono quelli trascorsi in un luogo definito il cimitero dei vivi - Perché la Corte ha detto “no” al “matrimonio” omosessuale - Testimoni digitali. Il web: un nuovo spazio da abitare per annunciare il Vangelo Concilio Vaticano II - I Religiosi 2009-2010 Anno Sacerdotale - Il sacerdote: colui che è chiamato a mantenere il mondo in comunione con Dio - I Santini di don Vincenzo Gabrielli - Don Antonio Navarra Caritas: - Cercando la perla preziosa tra sorelle e fratelli lontani... - L’impegno per i problemi sociali dei candidati Sindaci di Artena Vocazioni: - Interventi di mons. Franco Risi, F.Cellucci, I. Iadarola - P. Caponera ordinato Diacono Speciale Pasqua: - Interventi di Mons. L. Vari, don D. Valenzi, P. Tomasi e C.Capretti Educare oggi: - La “nuova” educazione Mese Mariano: - Cenni di iconografia mariana - Festa della Madonna delle Grazie Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 1

In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

  • Upload
    vanbao

  • View
    221

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

Regis

trazio

ne al

Tribu

nale

di Ve

lletri n

. 9/20

04 de

l 23.0

4.200

4 - R

edaz

ione:

C.so

della

Repu

bblica

343 -

0004

9 VEL

LETR

I RM

- 06.9

6300

51 -

fax 0

6961

0059

6 - c

uria@

dioce

si.velle

tri-se

gni.it

Mens

ile a c

aratte

re div

ulgati

vo e

ufficia

le pe

r gli a

tti de

lla Cu

ria e

pasto

rale

per la

vita

della

Dioce

si di

Vellet

ri -Se

gni A

nno

7 - n

umer

o 5

(64)

- M

aggio

201

0

In questo numero:

Inserto: Lettera Pastorale 2010di S.E. Mons. Vincenzo Apicella allaChiesa di Velletri-Segni

Grandi temi:

- La minaccia della noncuranza

- I giorni vuoti sono quelli trascorsi in un

luogo definito il cimitero dei vivi

- Perché la Corte ha detto “no”

al “matrimonio” omosessuale

- Testimoni digitali. Il web: un nuovo spazio

da abitare per annunciare il Vangelo

Concilio Vaticano II

- I Religiosi

2009-2010 Anno Sacerdotale- Il sacerdote: colui che è chiamato a

mantenere il mondo in comunione con Dio- I Santini di don Vincenzo Gabrielli- Don Antonio Navarra

Caritas:- Cercando la perla preziosa tra sorelle

e fratelli lontani...- L’impegno per i problemi sociali dei

candidati Sindaci di Artena

Vocazioni:- Interventi di mons. Franco Risi,

F.Cellucci, I. Iadarola- P. Caponera ordinato Diacono

Speciale Pasqua:- Interventi di Mons. L. Vari, don D.

Valenzi, P. Tomasi e C.Capretti

Educare oggi:- La “nuova” educazione

Mese Mariano:- Cenni di iconografia mariana - Festa della Madonna delle Grazie

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 1

Page 2: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

22 MaggioMaggio20102010

Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia

esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola maiin nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la

redazione Queste, insieme alla proprietà,si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di

pubblicazione, modifica e stampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni.

Articoli, fotografie ed altro materiale, anche senon pubblicati, non si restituiscono.

E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita

autorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileDon Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino ParmeggianiGaetano CampanileRoberta OttavianiMihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-SegniRegistrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del23.04.2004Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.

RedazioneC.so della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaboratoinoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, mons. Luigi Vari,Costantino Coros, don Dario Vitali, mons. Franco Risi,mons. Franco Fagiolo, don Marco Nemesi, don DanieleValenzi,mons. Luciano Lepore, don Fabrizio Marchetti,don Corrado Fanfoni, N. Tartaglione, Antonio Galati, FabricioCellucci, Angelo Bottaro, Rigel Langella, Pier Giorgio Liverani,Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, PaoloTomasi,Lorena Carluccio, Stefano Perica, KatiusciaCipri, Annachiara Russo, Claudio Capretti, Iadarola Iacopo,Francesco Cipollini,Mattia Bertoldi, Focolare fem.leVelletri, Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela Ciarla.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:Mater Gonfalonis

tavola dipinta da autore ignoto sec. XV,Museo Diocesano, Velletri

� Vincenzo Apicella, vescovo

La Lettera pastorale, consegnata alle

comunità diocesane durante la Messa

crismale e qui pubblicata come inser-

to, ha l’intenzione di riprendere il tema

che ci ha guidato durante questo anno, per

fissare alcuni punti da sottoporre alla rifles-

sione di tutti per il prossimo futuro.

Si tratta di interrogarci seriamente sulla

nostra responsabilità di educatori, da cui

nessuno può sentirsi esonerato, poiché deri-

va direttamente dal nostro Battesimo, che

ci ha costituiti come figli di Dio, quindi

costantemente educati da Lui, e membra

di Cristo, quindi come Lui profeti, sacer-

doti e re, cioè guide degli altri fratelli.

Nella Lettera si accenna al fatto che Gesù

stesso ha avuto bisogno di essere educa-

to: “stava loro sottomesso…e cresceva in

sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli

uomini” (Lc.2,52) e “pur essendo Figlio,

imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che

patì e, reso perfetto, divenne causa di sal-

vezza eterna per tutti coloro che gli obbe-

discono” (Eb.5,8s).

Il mese di maggio, che iniziamo con la

grande festa della Madonna delle Grazie

a Velletri e proseguiamo ad Artena e in

tutte le altre parrocchie, ci richiama pro-

prio a meditare sulla figura e sul ruolo di

Maria, che potremmo anche invocare come

Madre degli educatori e dell’educazione.

Il suo compito comincia già da quell’

“Eccomi”, di cui abbiamo parlato nel nume-

ro scorso di Ecclesia, pronunziato da Maria

come risposta all’Annuncio recatole da

Gabriele: da Lei il Figlio, nella sua uma-

nità, imparerà storicamente a dire il suo

“Eccomi”, l’Agnello di Dio cresce alla scuo-

la dell’Agnella immacolata, il Servo a quel-

la dell’umile Ancella del Signore.

Da Maria, che “da parte sua serbava tut-

te queste cose, meditandole nel suo cuo-

re” (Lc.2,19.51), Gesù apprende a rico-

noscersi nella Parola di Dio, consegnata

nella Scrittura , ma ora in Lui incarnata

e vivente. Con Maria e Giuseppe, che “si

recavano tutti gli anni a Gerusalemme per

la festa di Pasqua” (Lc.2,41), Gesù pren-

derà parte alla Liturgia del suo popolo, comin-

cerà a pregare i Salmi, che lo accompa-

gneranno fino alla Croce e saranno le sue

ultime parole nella sua vita mortale.

In Maria Gesù vedrà realizzata pienamente

la vera e più grande beatitudine, che con-

siste nell’ascoltare la Parola di Dio e met-

terla in pratica (Lc.8,21).

E Maria, come ogni vera educatrice, accom-

pagnerà Gesù a scoprire la sua vocazio-

ne, che lo staccherà da lei, per restituir-

glielo però in pienezza e per sempre, anche

se, al momento, “non compresero le sue

parole” (Lc.2,50).

Ritornano alla memoria le parole di un famo-

so discorso di Paolo VI, che leggiamo ogni

anno nella Domenica della Sacra Famiglia:

“La casa di Nazareth è la scuola dove si

è iniziati a comprendere la vita di

Gesù…Qui tutto ha una voce, tutto ha un

significato. Qui, a questa scuola, certo com-

prendiamo perché dobbiamo tenere una

disciplina spirituale, se vogliamo segui-

re la dottrina del vangelo e diventare disce-

poli del Cristo.

Oh! Come volentieri vorremo ritornare fan-

ciulli e metterci a questa umile e subli-

me scuola di Nazareth!

Quanto ardentemente desidereremmo di

ricominciare, vicino a Maria, ad appren-

dere la vera scienza della vita e la supe-

riore sapienza delle verità divine!... In pri-

mo luogo essa ci insegna il silenzio…Qui

comprendiamo il modo di vivere in

famiglia…

Infine impariamo la lezione del lavoro…”.

A questa scuola Gesù per primo ha impa-

rato ad essere uomo ed è diventato capa-

ce di “compatire le nostre infermità, essen-

do stato lui stesso provato in ogni cosa,

a somiglianza di noi, escluso il peccato”

(Eb.4,15). Infine, da Maria apprendiamo

la legge fondamentale dell’educazione, che

consiste in una verità tanto elementare quan-

to inavvertita e dimenticata: educare

significa anzitutto amare, perché

“L’educazione è cosa di cuore”.

Può educare solo chi è capace di amare

veramente e solo l’amore può mostrarci

la via di una vera educazione, se non amo

fino in fondo coloro che il Signore affi-

da alla mia responsabilità, potrò forse esse-

re un professore, un allenatore, uno psi-

cologo, forse anche un pedagogista, ma

non sarò mai un educatore. Alle mamme

basta uno sguardo, un gesto, una parola

per comprendere e intervenire, perché sono

mosse da quelle “viscere di misericordia”,

che sono la partecipazione alla più inti-

ma essenza del nostro Dio.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 2

Page 3: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

33MaggioMaggio20102010

Stanislao Fioramonti

F ermiamoci a riflettere un pò sulMessaggio Urbi et Orbi di papaBenedetto XVI nella domeni-

ca di Pasqua 2010. La parte che ci inte-ressa mettere in evidenza è la secon-da. Dopo aver commentato le paroledella Liturgia delle Ore (“Cantiamo alSignore: è veramente glorioso!”), cheriecheggiano l’inno di lode degli Ebreidopo il passaggio del Mar Rosso (Es15,19), e prima di rivolgere i suoi augu-ri a tutto il mondo in 65 lingue, papaBenedetto ha affermato:“Al Signore Gesù chiedo che in MedioOriente, ed in particolare nella Terrasantificata dalla sua morte e risurrezione,i Popoli compiano un “esodo” vero e defi-nitivo dalla guerra e dalla violenza allapace ed alla concordia. Alle comunitàcristiane, che, specialmente in Iraq, cono-scono prove e sofferenze, il Risorto ripe-ta la parola carica di consolazione e diincoraggiamento che rivolse agli Apostolinel Cenacolo: “Pace a voi!” (Gv 20,21).Per quei Paesi Latino-americani e deiCaraibi che sperimentano una pericolosarecrudescenza dei crimini legati al narcotraf-fico, la Pasqua di Cristo segni la vittoria dellaconvivenza pacifica e del rispetto per il bene comu-ne. La diletta popolazione di Haiti, devastata dal-l’immane tragedia del terremoto, compia il suo“esodo” dal lutto e dalla disperazione ad una nuo-va speranza, sostenuta dalla solidarietà inter-nazionale. Gli amati cittadini cileni, prostrati daun’altra grave catastrofe, ma sorretti dalla fede,affrontino con tenacia l’opera di ricostruzione.Nella forza di Gesù risorto, in Africa si pongafine ai conflitti che continuano a provocare distru-zione e sofferenze e si raggiunga quella pacee quella riconciliazione che sono garanzie di svi-luppo. In particolare, affido al Signore il futurodella Repubblica Democratica del Congo, del-la Guinea e della Nigeria.Il Risorto sostenga i cristiani che, per la loro fede,soffrono la persecuzione e persino la morte, comein Pakistan. Ai Paesi afflitti dal terrorismo edalle discriminazioni sociali o religiose, Egliconceda la forza di intraprendere percorsi di dia-logo e di convivenza serena. Ai responsabili ditutte le Nazioni, la Pasqua di Cristo rechi lucee forza, perché l’attività economica e finan-ziaria sia finalmente impostata secondo cri-teri di verità, di giustizia e di aiuto fraterno.La potenza salvifica della risurrezione di Cristoinvesta tutta l’umanità, affinché essa superi lemolteplici e tragiche espressioni di una “cultu-ra di morte” che tende a diffondersi, per edi-ficare un futuro di amore e di verità, in cui ognivita umana sia rispettata ed accolta.Cari fratelli e sorelle! La Pasqua non opera alcu-na magia. Come al di là del Mar Rosso gli ebreitrovarono il deserto, così la Chiesa, dopo laRisurrezione, trova sempre la storia con le suegioie e le sue speranze, i suoi dolori e le sue

angosce. E tuttavia, questa storia è cambiata,è segnata da un’alleanza nuova ed eterna, è real-mente aperta al futuro. Per questo, salvati nel-la speranza, proseguiamo il nostro pellegrinaggio,portando nel cuore il canto antico e sempre nuo-vo: “Cantiamo al Signore: è veramente glorio-so!”.Tutti i punti caldi del globo sono, come sivede, nel pensiero e nella preoccupazione diBenedetto XVI, alcuni da molto tempo (la TerraSanta, l’Iraq, il Pakistan e gli altri luoghi di con-flitto sociale o di narcotraffico), altri da quandocalamità naturali o guerre di vario tipo insanguinanola loro terra, come certe nazioni latinoamerica-ne (Haiti e il Cile) devastate dai terremoti o cer-te repubbliche africane (Congo, Guinea, Nigeria)sconvolte dagli scontri etnico-religiosi.La Repubblica Democratica del Congo, nell’Africacentrale, è un paese che si può prendere comeesempio e paradigma delle realtà che preoccupanoil pontefice. Noto un tempo come CongoBelga, dallo stato europeo cui fu assegnato dal-la Conferenza di Berlino (1885) e del quale fuprima stato libero (1885-1908) e poi colonia (1908-1960), chiamato per un trentennio Zaire (1965-96), o anche Congo-Kinshasa dalla sua capi-tale, per distinguerlo dalla vicina repubblica delCongo-Brazzaville, raggiunse l’indipendenza il30 giugno 1960 con Patrice Lumumba e diven-ne Zaire con il generale Mobutu, che per tren-t’anni impose un regime un potere assoluto, conun partito unico (il suo) e il soffocamento di qual-siasi tentativo di rivolta democratica. Solo unaguerra civile guidata da Laurent Kabila, capo diforze rwandesi e ugandesi, riuscì a cacciare ildittatore (1996-97), ma per continuarne meto-di e ferocia. Con una “seconda guerra del Congo”(1998-2003) i ribelli di etnia tutsi - appoggiati daglieserciti di Angola, Namibia e Zimbabwe – riusci-

rono ad eliminare Kabila padre (Laurent) in favo-re di Kabila figlio (Joseph), al prezzo totale didue milioni e mezzo di morti per guerra, care-stia e fame, su una popolazione totale di 55 milio-ni in un territorio vastissimo (2.300.000 kmq).La situazione di conflitto interno non accennaad arrestarsi, anche (soprattutto?) perché è ingioco il controllo delle enormi ricchezze del pae-se: una volta erano il caucciù, oggi sono i ric-chi giacimenti di oro, diamanti e coltan, un mine-rale “nuovo”, fondamentale per il miglior consumodi corrente elettrica in strumenti come telefoni-ni, telecamere, pc portatili e altre modernità lega-te alla durata delle batterie. L’instabilità è endemica soprattutto nella parteorientale del paese (regioni del nord-est, del Kivue del Katanga), dove bande armate, milizie irre-golari, gruppi tribali ecc. fanno pesare le loro raz-zie e massacri sulle popolazioni civili. Nelle zone occidentali, dov’è anche la capita-le, se non è legata direttamente alla guerra, lamortalità è dovuta alla malnutrizione e alle caren-ze sanitarie; è stato perciò calcolato che dall’i-nizio del conflitto la crisi congolese abbia ucci-so più di 4 milioni di persone!Gli scontri più recenti, iniziati nell’autunno2008, hanno coinvolto prima l’esercito regola-re contro miliziani tutsi filo-rwandesi, poi que-ste due forze congiunte contro i fuoriusciti hutudel nord Kivu. Alla lotta politica e militare si mesco-lano anche qui (come ovunque, in Africa) gli odirazziali, che aggravano la durezza e i bilanci delconflitto. E’ proprio questo, con la mancanza disoluzioni possibili all’orizzonte, a tenere viva lapreoccupazione e l’attenzione del papa, che nelmessaggio pasquale ha voluto ricordare al mon-do e affidare al Signore – insieme ai luoghi piùinsanguinati della terra - anche il futuro del Congo.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 3

Page 4: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

44 MaggioMaggio20102010

Paolo Tomasi

S orpresa, incredulità, sconcerto di frontealle notizie apprese dai media e che sonostate oggetto della Lettera Pastorale, invia-

ta dal Papa lo scorso 20 marzo ai cattolici irlan-desi, a proposito di abusi sessuali commessi dapersone religiose, consacrate, nei confronti diminori. Fatti terribili che la nostra coscienza edil nostro comune sentire umano, prima ancorache religioso, rigettano con indignazione, ma difronte ai quali sarebbe grave errore voltare ilnostro volto, come se “quei” fatti non ci riguar-dassero e come ha fatto in primo luogo il Papa.Reazioni differenziate si sono invece avute daimedia. Eppure leggendo quella Lettera appa-re una chiarezza, come si suole dire oggi, sen-za «se e senza ma». Parole determinate, forti,non equivoche, caratterizzano questa LetteraPastorale, nella quale (v. Cap. 7), riprendendosolo alcuni passi relativi ai responsabili di sif-fatti abusi, leggiamo: ”Dovete rispondere di ciòdavanti a Dio onnipotente, come pure ai tribu-nali debitamente costituiti. Avete perso la stimadella gente dell’Irlanda (ndr, in un altro passodella medesima Lettera si precisa che detti abu-si non hanno riguardato solo l’Irlanda, né la solaChiesa, rimanendo comunque indistinta lacondanna degli stessi) e rovesciato vergognae disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi chesono sacerdoti hanno violato la santità del sacra-mento dell’Ordine Sacro… Vi esorto a esami-nare la vostra coscienza, ad assumervi la respon-sabilità dei peccati che avete commesso e a espri-mere con umiltà il vostro rincrescimento. Il pen-timento sincero apre la via al perdono di Dio ealla grazia della vera correzione … Il sacrificio redentore di Cristo ha il potere di per-donare persino il più grave dei peccati e di trar-re il bene anche dal più terribile dei mali. Allostesso tempo, la giustizia di Dio esige cherendiamo conto delle nostre azioni senza nascon-dere nulla. Riconoscete apertamente lavostra colpa, sottomettetevi alle esigenze del-la giustizia, ma non disperate della miseri-cordia di Dio”. In sintesi, parole senza concederealibi alcuno a chi si sia macchiato di simili dram-mi, di più, orrori nel corpo ed indotti nella psi-che degli abusati, orrori che fanno tornare conimmediatezza alla mente quanto leggiamo nelVangelo: “Chi scandalizzerà uno solo di que

sti piccoli che credono in me, gli conviene chegli venga appesa al collo una macina di muli-no e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! E’ inevitabile cheavvengano scandali, ma guai all’uomo a cau-sa del quale viene lo scandalo … Guardate dinon disprezzare uno solo di questi piccoli, per-ché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedonosempre la faccia del Padre mio, che è nei cie-li” (Mt 18; 6-7 e 10). A breve commento, aggiun-giamo che nell’antico Oriente il bambino gode-va di scarsa considerazione, ma diviene il segnodell’accoglienza nel regno di Dio, non tanto perla sua innocenza, quanto per la sua “fiducia”,il suo consegnarsi ai genitori, la sua consape-vole dipendenza dagli altri, dagli adulti.Rammentando che “… la verità vi farà liberi” (cfrGv 8, 32), la Lettera del Papa afferma (v. Cap.14): “Con la preghiera intensa di fronte alla rea-le presenza del Signore, potete compiere la ripa-razione per i peccati di abuso che hanno reca-to tanto danno e al tempo stesso implorare lagrazia di una rinnovata forza e di un profondosenso della missione da parte di tutti i vesco-vi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli”. Qui, inevita-bilmente la platea si allarga a dismisura, non restrin-gendosi più solo a chi é stato responsabile, mariconduce ad esigenze più ampie, ben visibili nel-la nostra società, peraltro accennate in prece-denza sempre nella medesima Lettera (v. Cap.4), affermando che si è assistito, negli ultimi decen-ni, ad una rapida trasformazione e secolarizzazionedella società in genere, con cambiamentisociali e ricadute diffuse. Infatti, come è statoosservato da alcuni opinionisti anche “laici” (quin-di apparentemente “non sospetti”), si evidenzierebbeuna sorta di crescente atteggiamento sprezzanteverso il Cristianesimo, atteggiamento che sta-rebbe sostituendosi all’indifferenza e lontanan-za di solo qualche anno fa, per arrivare, dun-que, all’irrisione quando non anche all’aggres-sività verso i principi fondanti, irrinunciabili, delnostro essere e credere.Esempi? Il maschilismo, l’autoritarismo, la pro-miscuità, l’aborto facile, la pedofilia, la manipolazionedella figura di Gesù, l’ignoranza dei testi e del-la tradizione, la nuova e non sopita persecuzioneverso gli ebrei, la noncuranza delle donne e deiloro diritti “naturali” nella società e nella fami-glia, la noncuranza del diritto alla paternità/mater-nità, la diffidenza verso la scienza, mentre si vene-

ra la tecnologia. Concludendo, una contestazionesul terreno dei principi che non intende né capi-re, né perdonare, solo andare avanti senza obiet-tivi irrinunciabili cui credere: una sorta di “deri-va senza guida”... Sembra quasi il sorgere diun “neo-illuminismo”, tendente a far prevalere,però senza premiare la “ragione umana”(l’Illuminismo è, solo per brevità e senza offe-sa per i “colti”, una filosofia del ‘700 che pone-va principe dell’universo l’uomo con la sua ragio-ne, rifiutando il soprannaturale e la tradizione).Saremmo quindi in grado di amministrarci da soli,senza bisogno di alcuna trascendenza che ciinsegni dove sia il bene o il male: dunque chec’entra la religione? Il passato è solo antico, estra-neo, oggetto di studi non consoni alla tecnolo-gia imperante (non quindi la cultura-scienza) edall’informazione. Lo vediamo bene nella trasformazionedell’intendere l’Etica, la Politica, la Società dis-persa e non più coesa in comuni ideali,Costumi dove premia l’apparenza, non la real-tà, Famiglie frammentate al loro interno,Persone che, piuttosto che essere, preferisco-no apparire: confusione!Questa sorta di “neo-illuminismo” non è più basa-to, come secoli fa, sul primato della “ragione del-l’uomo”, bensì sull’opinione urlata, senza con-fronti, dove non contano le idee, quanto la sopraf-fazione dell’altro, comunque la pensi, senza basicomuni per una crescita solidale. Manca la silen-ziosa riflessione sugli eventi, la risposta a quan-to accade, a quanto ci si chiede, a quanto cre-diamo in qualcosa che faccia tornare la nostrafondante identità di uomini e di cristiani.Ma se avessimo finalmente e senza giudicarel’altro il coraggio di chiederci se questa sia dav-vero la nostra identità, quanti tra noi l’accette-rebbero? Necessario quindi rompere questi sche-mi per ritrovare la nostra vera identità, le nostreradici cristiane, rifiutare compromessi superflui,tornare ad essere solo noi stessi. Tendere, infi-ne, con mani ed occhi puri alla Verità di Dio, lanostra unica Libertà!

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 4

Page 5: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

55MaggioMaggio20102010

Angelo Bottaro

“Ho trentasette anni, dieci dei quali trascorsi inun carcere. Ho una figlia fuori da queste mura,l’unica vera ragione che mi spinge a non molla-re, a non farla finita. Ho già mollato la mia vitaquando entrai nel mondo della droga. Cercavoemozioni nuove, la trasgressione, la felicità a por-tata di mano. La droga mi faceva stare bene emi pareva che risolvesse tutti i miei problemi, anchequelli economici. Ho trovato solo lacrime, vergognae dolore. Non solo dolore fisico ma, soprattutto,dolore interiore. Ancora qualche mese e potrò riac-quistare la libertà, ma ho paura di uscire da qui.Ho paura di quello che troverò fuori. Ho pauradella gente, degli occhi della gente. Ho paura dinon farcela. Ho paura dei giudizi e dei pregiudi-zi. Ho paura di quello che mia figlia pensa e pen-serà di me. Sono il padre sì, ma finora gli sonostato lontano e per lei sono uno sconosciuto. Intutti questi anni sono rimasto chiuso in una cel-la : è la punizione per quello che ho fatto. Nonmi compatisco e non recrimino per questo, anchese ogni giorno sono assalito da tantissime pau-re, prima tra tutte quella di non essere amato, quel-la di essere emarginato, quella di essere per sem-pre un perdente. Cerco di apprezzare le cose vere,le cose che contano a incominciare dai rappor-ti umani. Ho rivalutato le piccole cose di tutti i gior-ni, anche quelle più banali.Il tempo per pensarein carcere è smisurato. Rivedi il film della tua vitaun miliardo di volte. Le immagini del tuo passa-to : vorrei un telecomando per riportare tutto com’e-ra una volta, a tantissimo tempo fa. Magari si potes-se! Ti vedi dentro come sei davvero e ti puntida solo il dito contro ricordando quello che haifatto, le persone che hai offeso e alle quali haifatto un male spesso irreparabile. Dal carcere rac-comando a tutti di stare alla larga : ti spegne pianpiano, giorno dopo giorno, fino ad ucciderti, senon fisicamente,di sicuro nell’anima. Ti senti ospi-te del tuo stesso corpo, ti senti solo, ti senti fini-to”.

A parlare così un detenuto rivolto ad un vastouditorio di politici, di magistrati, di rap-presentanti ministeriali, di operatori car-

cerari, di avvocati, di semplici cittadini riuniti inuno dei tanti convegni dove si discute di illega-lità, di sicurezza, di pena, di quello che è la giu-stizia, di quello che non è e di quello che dovreb-be essere e che probabilmente non sarà mai. Aseguire, la testimonianza di un altro detenuto :“Voifate tanti bei discorsi, volete garantire ordine esicurezza costruendo nuove carceri, che saran-no inutili senza la cosa più importante, quella difarci capire e di farci riflettere sugli errori com-messi, sui danni e sulle offese arrecate alla gen-te, senza lasciarci in balia di noi stessi. Ad unapersona che zoppica, ad uno storpio bisogna darele stampelle o una sedia a rotelle, invece per voil’unica soluzione è quella di tenerci chiusi unosull’altro in una cella per tutta la durata della pena.In questo modo difficilmente capiamo e mai capi-remo dove abbiamo sbagliato e il male che abbia-mo causato, perché siamo lasciati soli e quan-do, dopo un tempo senza tempo, usciremo dalcarcere ci ritroveremo al punto di partenza, senon peggiori. L’unica possibilità che ci resta è quel-la di tornare a commettere reati. I valori insegnatidai nostri genitori, in molti casi, non erano quel-li giusti oppure non sono stati recepiti ed inte-

riorizzati. Se uno di noi non ha qualcuno che locorregge e lo segue torna nel circolo vizioso, tor-na a delinquere. Quasi tutti i detenuti non fan-no nulla nel carcere e le figure professionali, qua-li gli educatori o lo psicologo, non possono faremolto. Restiamo a marcire su un letto 20 oresu 24 al giorno. Se uno vuole cambiare, anchese ha buona volontà ed un carattere forte, dasolo non può farcela, perché uscito dal carceretrova un mondo che è andato per i fatti suoi, cheè indifferente e corre troppo veloce. Noi chiediamole cose che possano realmente esserci di aiuto,sostenerci e soprattutto cambiarci, ma voi da annifate discorsi retorici e sterili e credete di risolve-re tutto con le serrature”. La giustizia italiana eil sistema carcerario continuano a considerare lacella, le sbarre, la chiave come gli strumenti piùidonei per garantire sicurezza, ma più sono i muriche si innalzano, più sono i cancelli che sbatto-no e più aumentano il disagio e la criminalità. Un sistema carcerario che guarda prevalentemente,se non esclusivamente alla punizione piuttostoche alla riparazione e al recupero finisce per rive-larsi paradossalmente ingiusto : sovraffollamen-to insostenibile, condizioni igienico sanitarie caren-ti, enormi sprechi di risorse sono alcuni dei sin-tomi inequivocabili che il carcere rappresenta unapatologia grave della società e risolve solo in mini-ma parte i problemi ai quali è finalizzato. Qualcuno è arrivato a definire il carcere “il cimi-tero dei vivi” :un luogo dove quotidianamente siconsuma l’annullamento dei corpi e delle mentidi chi vi è richiuso. “Il cimitero dei vivi” : un sus-seguirsi di giorni vuoti all’interno di mura invali-cabili, in un luogo di sofferenza, dove rinchiude-re persone che hanno sbagliato e che la socie-tà mediocre e ipocrita ha stabilito che non deb-bano fare più parte della umanità e della socie-tà.E così nella maggior parte dei casi per chi hasbagliato, per chi delinque per la prima o per ladecima volta si aprono indiscriminatamente le por-te blindate del penitenziario dove per qualche annoogni giornata sarà come tutte le altre, la fotoco-pia di quella appena trascorsa, la fotocopia di quel-la che verrà. Quando si lasciano le impronte digi-tali nell’ufficio matricola e tutti i propri effetti per-sonali nel casellario di un carcere si lascia anche

la propria identità, si sfalda la storia personale erestano la rabbia, la rassegnazione o la dispe-razione. Nella routine quotidiana, nella calma piat-ta e tragica della giornata, nella solitudine o nel-la paura, nella finzione o nella rabbia, nella ango-scia o nella indifferenza spariscono i sogni, le sen-sazioni, gli interessi, gli affetti familiari, l’intimità,le prospettive, la speranza, fino alla completa sper-sonalizzazione, fino alla perdita della dignità.Resta sempre l’esigenza di ribadire la necessi-tà e l’importanza del rispetto delle regole, il valo-re di norme condivise, ma il puro e semplice ricor-so alla detenzione senza un impegnativo percorsodi recupero e di riabilitazione alla luce dei fatti nonè la risoluzione, per nessuno. Certamente di fronte alla esigenza della giusti-zia, di fronte alla sofferenza di chi è stato vitti-ma di un reato, è davvero arduo parlare di inu-tilità della pena, ma quando questa è in ecces-so o non ha più motivo di essere, quando ci sonotutte le condizioni per un taglio definitivo con ilproprio passato, per una revisione critica del pro-prio operato, per un mutamento interiore può edeve essere concessa la possibilità di cambia-re, di sperare, di dare un senso nuovo alla pro-pria esistenza. Una punizione non finalizzata anche al cambia-mento e al recupero della persona non può esserconsiderata una risposta utile, giusta e comprensibilee forse in questi termini ha più le sembianze diuna rivalsa, di una vendetta. Quando scompare la speranza tutto diventa inu-tile, si inaridisce la umanità e tutti escono dallavicenda delusi, sconfitti, perdenti. A questoriguardo dice Blaise Pascal :“Nulla è insoppor-tabile all’uomo quanto essere in una completa inat-tività, senza passioni, senza faccende, senza diver-timento, senza una occupazione. Avverte allorail proprio nulla , il proprio abbandono, la propriainsufficienza, la propria dipendenza, il proprio vuo-to. Subito saliranno dal profondo dell’animo suola noia, l’umor nero, la tristezza, il cruccio, il dispet-to, la disperazione”.Negli ultimi dieci anni nelle carceri italiane sonomorti milleseicentocinquanta detenuti, dei qualioltre un terzo per suicidio. Lo scorso anno i sui-cidi accertati sono stati settantadue.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 5

Page 6: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

66 MaggioMaggio20102010

Rigel Langella

I dati dell’ONU sugli “esiliati del clima” nondovrebbero farci dormire sonni tranquilli: il60% dei movimenti migratori non è causa-

to, come si pensa, da conflitti armati, bensì dalcambiamento climatico e da disastri di origine natu-rale. Dovremmo ricordarcene quando, anche alivello locale, affrontiamo il problema dell’immi-grazione, che non è fatto solo di povertà e biso-gno, accoglienza o rifiuto, integrazione o multi-culturalità. I 50milioni di rifugiati climatici, sem-pre secondo le fonti ONU diventeranno a breve150milioni.A Tuvalu e Vanuatu, in Oceania è già accadutoche l’innalzamento del mare abbia sommerso par-te dei piccoli e bassi arcipelaghi. Quello che acca-

de al Lago Chad in Africa, privato delle acque delNiger, accade anche al lago di Aral in Asia. Hovisto di persona, con sconcerto, che il famoso pae-se dei pescatori in Uzbekistan, si trova ormai a40 km dalle rive del lago, che si dissecca e si sud-divide in più bacini ma sempre più ridotti, in quan-to l’Amu Daria non arriva più al lago, ma si per-de in un rigagnolo.Intanto il legno delle barche, rimaste in secco ereclinate a terra, come balene spiaggiate, mar-

cisce sotto il sole, e nessuno può dire cosa acca-de all’animo di quei pescatori da generazioni cheora l’acqua non la vedono più neppure all’oriz-zonte. Ma anche da noi, per rimanere a esempipiù vicini, nell’indifferenza generale, il livello delLago di Nemi si abbassa, la falda idrica dei poz-zi è inquinata, mentre la centrale di Latina sem-bra che ospiterà un deposito di scorie. Per trovare una parola chiave, da cui partire nel-la riflessione teologica sulla custodia del creato,non possiamo affidarci alla parola “mondo”. Purtroppo, nel corso del tempo sappiamo beneche il termine ha assunto un’accezione negati-va nella vita spirituale e quindi nella comprensionedel credente, anche se ovviamente teologi ed ese-geti non si fermano al senso letterale di: “sata-

na è il principe del mondo” (Gv12, 31), unilateralmente inteso.In concreto, però, se consultia-mo un qualsiasi dizionariotematico di opere teologiche o divita spirituale, troviamo la con-ferma di quanto questa conce-zione sia radicata. In effetti, la pre-messa all’opera di approfondimentonel Gruppo “Custodia del Creato”della CEI, è stata in primis l’eli-minazione delle sovrastrutture con-cettuali, per non far addossareal cristianesimo una fetta di respon-sabilità ideologica. Anche SimoneMorandini, teologo padovano, atti-vo nella Rete interdiocesana nuo-vi stili di vita, esperienza pasto-rale delle diocesi del Trivenetoche si è rapidamente diffusa nell’Italiadel Nord, nell’incontro di febbraio2009 ha segnalato l’esigenza disuperare le critiche al cristiane-simo come causa della crisi ambien-tale, la diffidenza verso la Chiesae la percezione che le rispostedate siano comunque inadeguate. Sgombrato il campo dagli equi-voci, grazie anche alla riflessio-ne scritturistica previa, perché l’a-more per il creato e le sue crea-ture si può far crescere solo a par-tire dal messaggio biblico, all’e-sercizio di metanoia, per calarein concreto l’approfondimento teo-

logico sulla custodia del creato nell’esperienzapastorale, scambiando esperienze e iniziative, anchecritiche, verso gli attuali sistemi di sviluppo e diconsumo, occorra rifarsi, a mio avviso, al termi-ne biblico “vita – zoé”. L’essere creato, come: zon, il vivente creatura-le è destinato alla luce, per grazia dello Spiritoche è “zoopoion il vivificante”. L’affermazione delConcilio di Costantinopoli del 381 voleva riaffer-mare e ribadire la divinità dello Spirito, in rela-

zione al suo ruolo nella creazio-ne e nella redenzione.Riflettiamoassieme sul concetto di ecologia,quale studio degli esseri umani nel-la loro interazione con l’ambien-te circostante. Quali custodi – e

non dominatori - della creazione, uomini e don-ne, sono responsabili verso il creato (Gen 1,26-31; Gb 28, 1-2, 9-11). L’età messianica deve restaurare ciò che la natu-ra, umana e non solo, ha perso a causa del pec-cato (Is 11,6-8; Ez 47, 1-12). La speranza cristiana,che guarda al compimento escatologico, confi-da nella restaurazione originaria, con la creazioneintera illuminata dalla piena gloria di Dio. La creazione, quale opera delle mani sapienti diDio “nutre la speranza di essere lei pure libera-ta dalla schiavitù della corruzione” (Rom 8, 20-21) ovvero attende i “cieli nuovi e terra nuova”(2Pt 3, 12-13). Una tale speranza incoraggia, quie ora, la formazione di una nuova consapevolezza,secondo la lezione di J. Moltmann nell’ambito del-la teologia della creazione (cf. Dio nella creazione.Dottrina ecologica della creazione, Brescia1986). Se intendiamo il cosmos come un insie-me ordinato, possiamo anche riferirci alla bellezzadella creazione che nella teologia biblica è oppo-sta al caos primigenio. L’armonia della perfezione intrinseca di Dio si river-bera anche nel “gioco della creazione” che nonè concluso, ma è un work in progress, anche inrelazione al progetto salvifico che cresce fino aldisvelamento in pienezza della Gloria. L’irradiazionedella gloria di Dio nella creazione rappresenta labellezza in senso teologico, quella che Simon Weilchiamava addirittura la “trappola di Dio” per la sal-vezza del genere umano (Attesa di Dio, Milano,1972, 123). Linguaggio che non si può definiresolo mistico o poetico, perché risulta molto effi-cace per un approccio corretto alla dimensionepneumatologica del principio di creazione, tutto-ra poco approfondito in teologia e pastorale. A questo dono di Dio, che inizia a crescere giàcon la creazione della vita, si contrappone la respon-sabilità ai più vari livelli dell’essere creato. Nei perio-dici incontri di studio del Gruppo “custodia del crea-to” sono state fino ad oggi proposte articolate eapprofondite riflessioni di teologia sistematica edi morale, talvolta interagendo e talvolta in paral-lelo, perché si tratta anche per gli specialisti, diun esercizio di interdisciplinarietà che è semprenuovo e come tale, se non proprio faticoso è quan-tomeno faticato. La strada è ben avviata e daiprimi incontri del 1998 ad oggi si vede cresceresempre più l’unità d’intenti, la coerenza intrinse-ca dei percorsi di approfondimento.Lo snodo, per arrivare a una riflessione ancorapiù incisiva, si colloca nel superamento di que-sto gap tra i diversi approcci delle discipline teo-logiche per un percorso che non vorrei definireunivoco, per rispetto delle distinzioni di ogni sta-tuto epistemologico, ma unitario e sempre più coeren-te. Nel Corso fondamentale sulla fede, Rahner,alla fine della sua riflessione sistematica, delineal’identikit del cristiano, proprio in relazione alla respon-sabilità alla quale è chiamato: l’uomo diventa pro-priamente cristiano in quanto si accetta come uomo,

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 6

Page 7: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

77MaggioMaggio20102010

così com’è, e si sperimenta come l’essere delladifferenza tra ciò che egli è e ciò che egli deveessere: “come cristiano in linea di principio eglideve ammettere che, nell’esistenza qui e ora, esi-ste sempre questa differenza – che l’uomo devesuperare verso l’alto – tra la pigrizia del suo spi-rito e il suo egoismo, da una parte, e la luce del-la verità, dell’amore, della fedeltà e del disinte-resse, dall’altra parte” (Corso fondamentale sul-la fede, Cinisello Balsamo 1990, 518). In sostanza, l’anello di giunzione tra percorso siste-matico e percorso etico Rahner lo colloca nel-la presa di coscienza, nella disponibilità consa-pevole a rispondere positivamente all’interroga-tivo se, nell’intimo della sua esistenza, il cristia-no sia aperto o meno a Dio. Anche i teologi sonochiamati, come tutti i credenti, a rinnovare con-tinuamente questo atto di adesione a livello per-sonale, ma soprattutto intellettuale.Se riflettiamo– dice ancora Rahner – su quello che nella pras-si cristiana è il “peccato” e se riflettiamo sulla con-creta possibilità che una persona diventi soggettivamentecolpevole in rapporto a una norma oggettiva par-ticolare, troviamo che si tratta sempre dello stes-so processo: un uomo pone come valore asso-luto un valore terreno, la felicità della sua esistenza,il suo successo, il suo benessere e di conseguenzanon può scorgere alcun altro valore nella vita.Se il Vangelo ci parla dell’unità tra l’amore di Dioe l’amore del prossimo e se questa esigenza oggila sperimentiamo in maniera radicalmente nuo-va, anche nella responsabilità verso il creato, losviluppo sostenibile, i diritti umani, dobbiamo con-cepire questo amore non come un qualsiasi motosentimentale, bensì avere coscienza che ciò richie-de la nostra decisione, la nostra responsabilitàe, ovviamente, rinuncia o sacrificio. A livello teo-logico Rahner, dopo aver approfondito l’ecclesiologiae prima di affrontare la sacramentaria ha prospettatouna strada percorribile anche per noi oggi, unaincredibile “convergenza parallela”, affrontando

i temi della libertà, realismo, speranza del cristiano,pluralismo, il tutto alla luce – o meglio - in fun-zione dell’assunzione di responsabilità del cristiano,per evitare che si tratti di concetti - gusci vuoti.Ora dobbiamo lavorare e approfondire certamentela prospettiva sacramentale-escatologica, che misembra lo sbocco naturale del cammino delineatosin qui dai più illustri teologi italiani, ma occorreinsistere su questa chiamata alla responsabilitàindividuale, alla luce della Grazia, per rendere pra-ticabile, a livello pastorale, la nostra riflessione.Come ribadito fin dai primi incontri del Gruppo,da mons. Karl Golser, arcivescovo di Bolzano eteologo morale, uno degli animatori e promoto-ri dell’iniziativa, occorre una testimonianza cristianaautentica, supportata però da una conoscenzadelle Scritture altrettanto autentica, ossia adeguataalla piena maturità del credente, fino alla misu-ra del Cristo, nuovo Adamo, come quella auspi-cata dall’apostolo Paolo per le sue vivaci comu-nità (1Cor 15,22).Nel seno della Trinità non c’èposto per un mistero destinato a rimanere cela-to, non-rivelato: “Dio è luce e in lui non vi sonotenebre” (1Gv 1,5). Il Padre non trattiene per sénulla che non abbia rivelato nel Figlio (Gv 10,15)e realizzato nello Spirito Santo (1Cor 2,10-11).Nella teologia dei primi secoli è la bella immagi-ne del Figlio e dello Spirito, braccia del Padre.Ma che cosa significa, oggi in concreto, per dir-lo con la semplice immagine di Ireneo di Lione,considerato il primo teologo cristiano, nel II seco-lo, che il Figlio/Verbo e lo Spirito Santo sono come“le due mani” con le quali il Padre dà forma e vitaalla creazione?Nell’Oriente cristiano tale tradizione è presenteanche nella teologia contemporanea, nell’otticadogmatico-soteriologica della teologia ortodossa(cf Bulgakov – Evdokimov). Di conseguenza il bat-tezzato-illuminato, inserito nel dinamismo trinitario,ha una responsabilità non solo verso Dio e i fra-telli, ma verso il mondo nel suo complesso. Sul

Tabor la divinizzazione del creato, la partecipa-zione della creazione tutta alla vita divina è in qual-che modo anticipata (cf P. Evdokimov, L’ortodossia,Bologna, 1981, 126).“Il sacerdozio regale ha il potere sulla sacralitàcosmica, sulla “liturgia cosmica”, attraverso la sem-plice presenza di “esseri santificati”, “dimore tri-nitarie” (Ibid. 404). Se con il nostro contributo, ilsostegno dei pastori, la Grazia dello Spirito, pos-siamo contribuire a portare le comunità creden-ti a masticare il cibo solido della Scrittura, a susci-tare il desiderio diffuso di approfondimento teo-logico, la scoperta della vocazione alla respon-sabilità verso le creature e il creato, che ci vie-ne dal messaggio evangelico, nonostante i tem-pi avversi, parteciperemo alla restaurazione del-l’uomo nuovo, persona capace di far lievitare lamassa della società circostante, perché il problemaecologico, non si può risolvere dall’alto, dato chein giro neppure si vede la voglia di farlo. E il ritovuoto del vertice inutile di Copenaghen sembraconfermarlo.Il prossimo appuntamento del Gruppo Custodiadel Creato è fissato a Roma, martedì 15 giugno2010, con una giornata di studio nella sede CEI,dedicata al tema La creazione come dono, conapprofondimenti dell’etica e antropologia del dono,considerate in prospettiva teologica, ma anchein chiave economico-sociologica, in relazione altema del debito ecologico. La riflessione sarà orien-tata a una figura di uomo/donna come ammini-stratore del creato, a un’etica del rispetto, dellaresponsabilità e della fraternità. In tale orizzon-te si collocherà pure l’esplorazione della relazionetra responsabilità etica per la terra e bene comu-ne, come punto di vista sul rapporto tra custo-dia del creato e contesto della Dottrina Socialedella Chiesa con interventi di Martin Lintner, PierpaoloSimonini e Pier Davide Guenzi (ATISM), FrancescoScanziani (ATI).

Gruppo di ricerca teologica sulla Custodia del creato

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.42 Pagina 7

Page 8: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

88 MaggioMaggio20102010

Pier Giorgio Liverani

L a richiesta di riconoscere un preteso e ine-sistente “diritto al matrimonio tra omosessuali”è stata definita «inammissibile», ma

soprattutto «infondata» dalla Corte Costituzionalee, dunque, senza una base nella Costituzione.Due distinti ricorsi ipotizzavano la possibilità diun contrasto tra il rifiuto delle istituzioni comu-nali di celebrare un “matrimonio” di que-sto tipo e quattro articoli della Cartafondamentale della Repubblica.Eccoli. L’art. 2, sui diritti inviola-bili dell’uomo, non compren-de quello di sposare unapersona dello stessosesso. Infatti, l’u-guaglianza tra cit-tadini senzadistinzioni disesso (art.3) non

c a n -cella ladifferenzatra uomini edonne, che han-no gli stessi diritti,ma non possonoscambiare le funzioni ele capacità dei loro corpi,perché, non potendo generare,un matrimonio tra uomini o tradonne non può dar vita a unafamiglia. L’articolo 29, infatti, rico-nosce la famiglia come «società natu-rale fondata sul matrimonio» e in naturaun matrimonio omosessuale non esiste néè concepibile. La famiglia interessa lo Stato, chela regola e la tutela, perché da essa nascono inuovi cittadini. È utile, a questo proposito, rileggere ciò che nel2007 scriveva, sulla rivista giuridica franceseCommentare, una psicanalista e femminista “lai-ca”, Sylviane Agacinski: «Le rivendicazioni degliomosessuali, in materia di matrimonio e di paren-talità, vengono avanzate in nome di un’ugua-glianza con gli eterosessuali [...] categoria [que-st’ultima] che non è mai esistita», ma alla qua-le si attribuisce il «ruolo di coloro ai quali la ses-sualità darebbe il diritto di sposarsi e di avere

figli». In realtà «a permettere il matrimonio nonè mai stata la sessualità degli individui, ma sol-tanto il sesso, vale a dire la distinzione antro-pologica tra uomini e donne [...] La coppia sposata è sessualmente mista e non

“eterosessuale”. Il fatto che ci si sposi sem-pre e ovunque con una persona del-

l’altro sesso appartiene al princi-pio stesso del matrimonio e non

ha nulla di aleatorio e diaccidentale», ma dipen-de dalla «condizione ses-

suata dell’esistenzaumana», vale a dire

da una condi-zione antro-

pologicadi natu-

ra .

Infineil quarto

a r t i c o l ochiamato in

causa è il117, che obbli-

ga lo Stato a rispet-tare i vincoli derivanti

dagli obblighi interna-zionali: nessuno di questi,

però, comprende la regola-mentazione del matrimonio,

che è lasciata alle legislazioni nazio-nali (l’Unione Europea non è uno

Stato e quindi non disciplina tutte lematerie degli Stati che la compongono).Insomma la sentenza parla chiaro: quelle duesole parole – «inammissibile» e «infondata» –chiudono la questione. Nonostante ciò la Cortenon può essere accusata di pregiudizi “omofo-bi”. Riconosce, infatti, che se le persone omo-sessuali vivono in quelle che l’art. 2 della Costituzionechiama «formazioni sociali», in cui si «svolgela loro personalità e si richiede l’adempimentodei doveri inderogabili di solidarietà» (vi si dovreb-

bero comprendere le cosiddette coppie di fat-to), lo Stato potrebbe provvedere ai diritti chenascono per i singoli individui (non per la cop-pia) in materia di convivenza. Sarebbe il casodei “Pacs” francesi e dei “Dico”, dei “Cus” e dei“Didore” italiani di non rimpianta memoria, manon si potrebbe andare oltre. Non si potrebbe,insomma, parlare di matrimonio. È ormai chia-ro e fermo che, in conformità a questa senten-za, neanche una legge che ammettesse il matri-monio tra gay supererebbe l’ostacolo dell’arti-colo 29 della Costituzione. Lo ha sottolineato CarloCasini, magistrato di Cassazione, deputato euro-peo e presidente del Movimento per la vita Italiano,ricordando che anche per la Dichiarazione Universaledei Diritti dell’Uomo «la famiglia è il nucleo fon-damentale dello Stato ed è evidente che pro-prio la diversità sessuale garantisce il succedersidelle generazioni e, perciò, garantisce la storiae l’esistenza stessa degli Stati». Sono dunquescontate, ma inutili le reazioni degli ambienti gay.

Per esempio quella dolorosamente ridicola diBarbara E. A., una delle promotrici del ricor-

so alla Corte, che – come ha riferito l’Unità– anni fa era anche entrata in un con-vento per farsi suora, poi ci ha ripen-sato e ora, per protesta, «si è sbat-

tezzata». Lei e la sua compagna Annaerano state “sposate” (simbolicamente) tre

volte nel 2008: la prima, in febbraio, dall’exdeputato transessuale Luxuria durante una mani-

festazione di “orgoglio gay”; la seconda in giu-gno, in una festa, da un consigliere comunale;e la terza quando il Comune rifiutò di celebra-re un matrimonio civile vero. Fu questo rifiuto che diede alle due donne lospunto di ricorrere a un tribunale che, non sapen-do che pesci prendere, mandò la causa alla CorteCostituzionale. L’ipotesi di una legge sulle nozze gay dovreb-be prendere in considerazione, dunque, primadi tutto una grave e inaccettabile modifica del-la Costituzione: cosa assai poco realistica. Inquesta materia è doveroso tenere presente, però,anche un livello etico e meta-giuridico, cioè cheva oltre i diritti veri o pretesi degli adulti e la leg-ge. «Se guardiamo alla società con gli occhi deibambini – ha affermato ancora l’on. Casini – cirendiamo immediatamente conto che il matri-monio è qualcosa che li riguarda profondamentee direttamente […] Guardare la società con gliocchi dei bambini significa anche rispettare i dirit-ti dell’uomo, per i quali, come afferma la CartaEuropea dei Diritti umani, “in ogni decisione vatenuto prioritariamente conto delle esigenze edei diritti dei bambini”».Nella foto:Il Matrimonio, formella della serie dei Sacramenti di AndreaPisano 1340 Campanile di Giotto Firenze

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.43 Pagina 8

Page 9: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

99MaggioMaggio20102010

Don Dario Vitali*

N el capitolo VI, la costituzione dogmaticaLumen gentium tratta il tema dei reli-giosi nella Chiesa. Si tratta di un tema

fondamentale per la vita della Chiesa, non soloper la grande storia degli ordini religiosi, ma peril particolare momento che oggi si trovano adaffrontare. In passato più di qualche interpretedella vita della Chiesa ha avanzato la seguen-te ipotesi: che, per verificare lo stato di salutedella Chiesa, basta guardare alla situazione deireligiosi: la loro crisi precorre la crisi della Chiesa,la loro ripresa annuncia una nuova stagione difrutti. Così sarebbe stato dopo la pace costan-tiniana, con la nascita del monachesimo, cosìnel Medioevo con l’espansione degli Ordini men-dicanti, così nel ’500 con la nascita di tanti ordi-ni religiosi (il più famoso e potente quello deiGesuiti, ma anche i somaschi, i barnabiti, i chie-rici della Madre di Dio, per citare quelli ancorapresenti nella nostra diocesi), e poi, nel ’700 e’800 le tante congregazioni religiose maschili efemminili, dedite alla cura dei poveri, degli amma-lati, della gioventù. Si tratta di una linea di tendenza che è valsaper lunghi secoli, perché la vita religiosa sia maschi-le che femminile è stato il modo abituale di espri-mere la dedicazione a Dio e ai fratelli, nella ricer-ca della santità.Almeno dal Medioevo in poi questo stato di cosedipendeva da una impostazione della societàcristiana in due blocchi fortemente separati: i chie-rici e i laici. Ho richiamato più volte su questepagine il famoso adagio di Graziano, il grandecanonista del Medioevo: Duo sunt genera chri-stianorum: clerici et laici. Da una parte – anzi, sopra – stanno coloro chesono dedicati alla contemplazione e alla preghiera,chiaramente collocati in una posizione di privi-legio perché scelti da Dio per la via della san-tità; sotto stanno i laici, i quali possono al mas-simo aspirare a salvarsi l’anima. In realtà, gli ordini maschili antichi non sono naticome istituzioni clericali: si trattava di movimentilaicali, che nel Medioevo hanno però conosciutoun processo di clericalizzazione da parte dellaSanta Sede, che ha determinato questa profondadivisione nel Popolo di Dio.

Peraltro, la finalità della vita religiosa ha con-tribuito a radicalizzare la divisione e la distan-za tra chierici e laici: i laici, oltre a uno stato didipendenza dai chierici in ragione delle funzio-ni di autorità che questi esercitavano, veniva-no a trovarsi in una condizione di inferiorità nel-la relazione con Dio, per il fatto di non esserechiamati a seguire più da vicino Cristo nei votidi povertà, castità e obbedienza. Di fatto, il Vaticano II ha posto fine a questa impo-stazione, affermando con forza la universale voca-zione alla santità. La scelta di separare le due sezioni che com-ponevano il capitolo sui religiosi contenuto nel-lo schema de Ecclesia in due capitoli distinti –il V sulla universale vocazione alla santità e ilVI sui religiosi – ha reso evidente questo nuo-vo orientamento: non solo i religiosi per il fattoche emettono i voti, non solo i chierici per la lorofunzione a servizio della Chiesa, ma tutti, in ragio-ne della loro condizione di battezzati, sono chia-mati alla santità e possono raggiungerla, ciascunonel proprio stato di vita.La decisione di affermare la universale vocazionealla santità ha delle ricadute notevoli sul temadella vita religiosa nella Chiesa. Paradossalmente, e in termini di provocazione,si potrebbe dire che la crisi delle vocazioni reli-giose, più ancora di quelle al ministero ordina-to, dipende dal concilio! Se, infatti, la chiama-ta alla santità è per tutti, non è più necessario“entrare in religione” per farsi santi. Non era questa, naturalmente, l’intenzione deipadri conciliari, ai quali premeva di promuove-re la vita santa del Popolo di Dio. E, tuttavia, il risvolto di questa scelta è la neces-sità, per i religiosi, di ripensare il proprio statonella Chiesa. A ben vedere, è a partire da que-sta mutata situazione che si può comprenderecome dopo il concilio i religiosi abbiano trova-to nel riferimento al carisma del Fondatore odell’Istituto una delle chiavi di lettura più inte-ressanti per comprendere la loro identità e fun-zione nella Chiesa: gli ordini, le congregazioni,anche i movimenti sono doni che lo Spirito susci-ta nella Chiesa soprattutto per il suo rinnova-mento.Ma questa linea interpretativa si affermerà solodopo il concilio e troverà piena cittadinanza anchenei documenti del magistero ecclesiale, con l’e-

sortazione post-sinodale Vita consecrata, scrit-ta da Giovanni Paolo II dopo il Sinodo del ’94sulla vita religiosa. Nella Lumen gentium la chiave di lettura rima-ne quella dei consigli evangelici intesi come donodi Dio, e quindi degni di essere scelti come viamaestra per il cammino verso la santità. Il testoche apre il capitolo sui religiosi si muove in taleprospettiva: «I consigli evangelici della castitàconsacrata a Dio, sulla povertà e dell’obbedienza,fondati sulle parole e sugli esempi del Signoree raccomandati dagli Apostoli, dai dottori e daipastori della Chiesa, sono un dono divino chela Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e che conla sua grazia sempre conserva» (LG 43). Il paragrafo accenna, a partire da questo donodivino, alle forme stabili di vita che sono sortelungo la storia della Chiesa, paragonandole aifrutti di «un albero piantato da Dio in modo mira-bile e molteplice e ramificatosi nel campo delSignore», dal quale «sono cresciute varie for-me di vita solitaria o comune e varie famiglieche si sviluppano sia per il profitto dei loro mem-bri che per il bene di tutto il corpo di Cristo». Il registro su cui il concilio sembra muoversi èquello della vita religiosa come via consolidatae sicura alla santità, perché approvata dalla Chiesasotto la luce dello Spirito. «Quelle famiglie, infatti – continua il testo – for-niscono ai loro membri gli aiuti di una maggio-re stabilità nel modo di vivere, di una dottrinaapprovata per il conseguimento della perfezio-ne, della comunione fraterna nella militiaChristi, di una libertà fortificata dall’obbedien-za, così che possano compiere con sicurezzae custodire con fedeltà la loro professione reli-giosa e progredire gioiosi nello spirito per la viadella carità». Risuonano qui molti termini cari alla tradizionemonastica, come stabilità e militia Christi, o aquella dei grandi ordini mendicanti, come la vitacomune, che permettono di spiegare la vita reli-giosa come uno stato peculiare nella Chiesa,che «non è intermediario tra la condizione deichierici e quella dei laici nella Chiesa», ma siconfigura come uno «speciale dono nella vitadella Chiesa», che torna a vantaggio anche del-la sua missione salvifica.

*Teologo docente alla P.U.G. di Roma

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.43 Pagina 9

Page 10: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1010 MaggioMaggio20102010

Presentazione del

Messaggio del Santo

Padre per la 44ª Giornata

Mondiale

delle Comunicazioni

Sociali,

16 maggio 2010

Lorena Carluccio

omenica 16 maggio si celebra la 44ªGiornata Mondiale delle ComunicazioniSociali e, per tale ricorrenza, il Santo

Padre ha scelto come tema del suo Messaggio“Il Sacerdote e la pastorale nel mondodigitale: i nuovi media al servizio del-la Parola”.Nell’anno Sacerdotale, il Papa evi-denzia come al Sacerdote sia-no ormai offerte, dal mon-do digitale, “nuove pos-sibilità di esercitare ilproprio servizio allaParola e del-la Parola”

nell’impegno dimanifestare sempre il cuoredi consacrato. Le comuni-tà ecclesiali, infatti, da tem-po e in modo ordinariosi trovano ad utilizzarei moderni mezzi dicomunicazionediventati uno stru-mento indispensabileper rispondere, all’interno dei gran-di cambiamenti culturali, alle domande/ atte-

se di evangelizzazione e di catechesi.Al mondo digitale, il Santo Padre, ricono-sce di essere “una grande risorsa per l’uma-nità nel suo insieme e per l’uomo nella singo-larità del sue essere e uno stimolo per il con-fronto e il dialogo” e si auspica che “l’uso oppor-tuno e competente di tali strumenti, insieme aduna solida preparazione teologica ed una spic-cata spiritualità sacerdotale, alimentata dal con-tinuo colloquio con il Signore”, venga già acqui-sita nel periodo di formazione al ministero sacer-dotale. I nuovi mezzi di comunicazione sono la nuo-va strada che i consacrati devono percorrereper nuovi incontri privilegiando sempre “la qua-lità del contatto umano e l’attenzione alle per-sone e ai loro veri bisogni spirituali, offrendo

agli uomini che vivono questo tempo “digita-

le” i segni necessari per riconoscere il Signore;donando l’opportunità di educarsi all’attesa ealla speranza e di accostarsi alla Parola di Dio,che salva e favorisce lo sviluppo umano inte-grale.” I Sacerdoti si trovano, si dice nel Messaggio,come all’inizio di una “nuova storia” e a loro èrichiesta una maggiore responsabilità che devevenire a concretizzarsi in un impegno semprepiù motivato ed efficace nel promuovere unapastorale che tenga conto degli spazi, dei tem-pi e dei cittadini della nuova “agorà” creata dagliattuali mezzi di comunicazione.Una pastorale, chiede il Papa, che mostri agliuomini del nostro tempo, e all’umanità smar-rita di oggi, che “Dio è vicino; che in Cristo tut-ti ci apparteniamo a vicenda” (Benedetto XVI,Discorso alla Curia romana per la presentazione

degli auguri natalizi:L’Osservatore Romano, 21-22 dicembre 2009, p. 6), dacui emerga che “l’attenzioneamorevole di Dio in Cristo pernoi non è una cosa del pas-sato e neppure una teoria eru-dita, ma una realtà del tuttoconcreta e attuale”: Dio ha ildiritto di cittadinanza in ogni

epoca. Una pastorale che sappia par-

lare alle condizioni di vita, di cul-tura, di cammino degli interlocuto-

ri raggiungibili: a chi si trova nella con-dizione di ricerca, a chi non crede, ai

credenti di ogni religione, valo-rizzando così “la dimensioneuniversale della Chiesa, peruna comunione vasta e con-creta”.Individuati i benefici, i nuoviorizzonti, i nuovi cittadini , ilSanto Padre ricorda aiPresbiteri che, per essere appas-sionati annunciatori dellabuona novella, la fonte da cuiattingere rimane innanzitut-to “Cristo incontrato e ascol-tato nella preghiera; annun-ciato con la predicazione e latestimonianza della vita;conosciuto, amato e celebratonei Sacramenti, soprattutto del-la Santissima Eucaristia e del-la Riconciliazione.”Anche nel“continente digitale” risuonail monito di San Paolo “Guai

a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9,16)

D

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.43 Pagina 10

Page 11: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1111MaggioMaggio20102010

Testimoni DigitaliIl web: un nuovo

spazio da abitare per annunciare

i l Vangelo

Costantino Coros

“La chiesa incoraggia l’uso dei nuovi mezzi dicomunicazione nel rispetto di tre principi car-dine: verità, trasparenza, credibilità” ha spiegatoil direttore della Sala Stampa Vaticana, PadreFederico Lombardi, nel corso dell’ultima gior-nata del convegno Testimoni Digitali. Volti e lin-guaggi nell’era crossmediale promosso dallaCommissione Episcopale per la cultura e le comu-nicazioni sociali, svoltosi a Roma dal 22 al 24aprile. Come cattolici “la nostra testimonianza”ha proseguito Padre Lombardi “deve andare deci-samente nella linea del rigore della coerenzafra ciò che diciamo e che siamo, del rifiuto diogni ipocrisia e di ogni doppiezza”. La cultura di oggi, quella con la quale i cristia-ni si devono confrontarsi è soggetta ad una pro-fonda trasformazione. Su questo tema VittorioSozzi, Responsabile del Servizio nazionale peril progetto culturale della Cei, ha sottolineato,come riportato dai dispacci e dai comunicati dif-fusi dall’ufficio stampa del convegno, checome cattolici “non vogliamo che il dinamismoin cui siamo immersi si risolva in un grande pro-cesso impersonale, senza guida e senza eti-ca”. Sempre Sozzi ha poi aggiunto che “edu-cazione e comunicazione stanno tra loro in unrapporto molto stretto, così che i media possonoagevolare e sostenere la formazione dell’uomo,così come indebolirla e distorcerla. In ogni caso,accompagnano la vita in tutte le sue dimensioni– conoscenza, modelli di valore, sentimenti, scel-te – e nulla di ciò che sostanzia la comunica-zione è privo di valore educativo, direttamen-te o indirettamente”.Il problema non è che in rete si possa trovarequalsiasi cosa, la questione vera è sapere cosasi cerca, che la ricerca non sia casuale, ma abbiauna ipotesi, una direzione che la guida.La direzione del cercare, non viene però dal-

la rete, ma dalle persone e dal fatto che que-ste vivano luoghi e relazioni effettivamente edu-

cative e amicali, in cui il bisogno di autenticitàe di pieno coinvolgimento con gli altri e con larealtà si possa mantenere vivo e crescere (Comitatoper il progetto culturale della CEI, La sfida edu-cativa, Bari 2009, p. 158).Purtroppo, nel mondo di oggi “i processi infor-mativi riescono a cambiare totalmente il con-tenuto della notizia” ha detto Marco Tarquinio,direttore di Avvenire, nel corso del suo intervento.“La Rete è un meccanismo potenzialmente infer-nale, che può e deve essere contraddetto, conuna presenza che sappia essere sì sintesi, sìtaglio, ma mai manipolazione”, ha fatto notareil direttore del quotidiano dei vescovi.Tarquinio ha poi aggiunto che i cattolici sono“un’onda tranquilla”, che deve usare la Rete come“un’opportunità vera per riedificare l’uomo”, apartire dalla consapevolezza che “l’informazioneè e resta una questione formativa”. Dunque non aver timore del web ma saperlousare con consapevolezza e capacità di discer-nimento, in altre parole non farsi dominare e inghiot-tire dai nuovi mezzi di comunicazione, ma padro-neggiarli con sicurezza. Papa Benedetto XVI, si legge nel comunicatodiffuso dall’ufficio stampa del convegno TestimoniDigitali, ha ricordato che “il compito di ogni cre-dente che opera nei media è quello di spiana-re la strada a nuovi incontri, assicurando sem-pre la qualità del contatto umano e l’attenzio-ne alle persone e ai loro veri bisogni spirituali;offrendo agli uomini che vivono questo tempodigitale i segni necessari per riconoscere il Signore”. “Il compito di ogni credente che opera nei mediaè quello di spianare la strada a nuovi incontri,assicurando sempre la qualità del contatto uma-no e l’attenzione alle persone e ai loro veri biso-gni spirituali; offren-do agli uomini che vivo-no questo tempodigitale i segni neces-sari per riconoscereil Signore”: è questa“la missione irrinun-ciabile della Chiesa”,ha ricordato BenedettoXVI. Anche nella retei credenti sono chia-mati a collocarsicome “animatori dicomunità”, attenti a“preparare camminiche conducano allaParola di Dio” e ad

esprimere una particolare sensibilità per quan-ti “sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideridi assoluto e di verità non caduche”. La rete potrà così diventare una sorta di “por-tico dei gentili”, dove “fare spazio anche a colo-ro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto”.Gli animatori della cultura e della comunicazionesono segno vivo di quanto “i moderni mezzi dicomunicazione siano entrati da tempo a far par-te degli strumenti ordinari, attraverso i quali lecomunità ecclesiali si esprimono”.La rete sta cambiando il modo di informarsi, diinformare e di comunicare, cambiano perciò anchele nostre relazioni affettive. Questa consapevolezzaporta la Chiesa ad interrogarsi sulla potenzia-lità che il continente digitale offre anche all’an-nuncio del Vangelo. “Intendiamo valorizzare tutte le strade che il

continente digitale offre per farci sempre più pros-simi all’uomo”. Lo ha affermato il cardinale AngeloBagnasco, arcivescovo di Genova e presiden-te della Cei, nel corso del suo intervento. Per il Cardinale Bagnasco “siamo qui con la dis-ponibilità a non rimanere indifferenti davanti alletante persone che oggi vivono nei deserti delmondo”. “Intendiamo, con la forza che ci viene dal suolimpido Magistero, portare avanti la missione dicostruire ponti di comprensione e di comunio-ne, perché cresca il dialogo e la pace nella socie-tà e mostrare agli uomini del nostro tempo, all’u-manità smarrita di oggi, che Dio è vicino; chein Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda”. E’ possibile ripercorrere tutti i momenti del con-vegno, leggere tutti gli interventi, i dispacci e icomunicati stampa, riportati qui solo in brevis-sima parte, collegandosi al sito www.testimonidigitali.it

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.43 Pagina 11

Page 12: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1212 MaggioMaggio20102010

Katiuscia Cipri attiva nell’ambito della mon-dialità della Caritas Diocesana ha raccolto unainteressante testimonianza che proponiamoai lettori di Ecclesia.

R ipenso spesso al brano evangelico del-la perla di grande valore che il riccomercante cerca a lungo e che, quan-

do finalmente trova, non può non comprare, anchea costo di vendere tutti i beni accumulati duran-te la vita. E’esattamente ciò che è capitato adun certo punto del mio cammino, quando ho capi-to che Dio mi stava chiedendo di andare, anchea costo di lasciare tutto ciò che avevo fino a quelmomento, e mi appariva chiaro che se non loavessi fatto niente sarebbe stato più lo stesso.Non ho potuto far altro che dirgli di sì e alloraè cominciato il mio pellegrinaggio… Sono partita per l’India, dove ho trascorso set-te anni, con mio marito Gaetano Sabetta e lenostre due bambine, Sara ed Elena, vivendo adAsha Niwas, che nella lingua locale significa Casadella Speranza, la casa di accoglienza che lacomunità missionaria alla quale apparteniamo,il Movimento San Francesco Saverio, porta avan-ti da più di dieci anni in collaborazione con leSuore della Carità di Nazareth. Il centro, situa-to alla periferia di Delhi, ospita bambine e ragaz-ze a rischio di ogni tipo di sfruttamento, prove-nienti dai settori più emarginati della società, edha l’obiettivo di accoglierle in un ambiente fami-liare, prendendosi cura di loro e della loro edu-cazione, perché acquisiscano i mezzi per vive-re in maniera autonoma e dignitosa. Per lo più si tratta di bambine le cui giovani madri,coinvolte nel racket della prostituzione, spessoingannate e vendute, sono costrette a vivere nel

quartiere ‘a luci rosse’ della città. Ci affidano leloro figlie, l’unico vero bene che hanno, perchéstudino e siano in grado di aspirare ad una vitadiversa. Certo il percorso non è facile, soprat-tutto perché i segni della sofferenza nelle bam-bine non si cancellano e di tanto in tanto riaf-fiorano, ma l’affetto e la cura da cui sono cir-condate ad Asha Niwas le aiuta a recuperarela serenità. Le nostre figlie sono cresciute insie-me a loro, in questa grande casa-famiglia, e cihanno insegnato davvero cosa significhi acco-gliere e condividere quando ci si accosta all’al-tro col cuore e l’innocenza dei bambini.Qualche tempo dopo il nostro arrivo ho comin-ciato ad avvicinarmi anche alle madri, che miaccoglievano nei bordelli dove lavoravano, mostran-domi quanto posto abbiano la solidarietà e il rispet-to anche in situazioni apparentemente senza spe-ranza. Conoscevo l’hindi, la lingua locale, e que-sto mi permetteva di scambiare con loro qual-che parola, e finiva che ci trovavamo a parlaredelle nostre figlie e dei loro studi, delle preoc-cupazioni e delle speranze per il futuro.Da molte di esse ho imparato che la dignità, cheviene loro continuamente negata dalla cosiddettasocietà per bene, le caratterizza nel profondocome donne che soffrono, ma che vivono peramore dei figli, nella speranza che abbiano unfuturo diverso. In quel contesto e in tanti altri hoincontrato giovani donne che lasciano i villag-gi per le città in cerca di un lavoro, donne abban-donate dai mariti, spose di buona famiglia chesubiscono le angherie dei suoceri per questio-ni legate alla dote, ma anche donne che com-battono ogni giorno perché la violenza di ognitipo sulle donne abbia fine, che dedicano la pro-pria vita al recupero delle vittime di soprusi, che

rivendicano i pro-pri diritti, che stu-diano e lottano percambiare le cose.E tutte con la fer-mezza e la dol-cezza che le con-traddistingue, visi-bili nel loro sguar-

do e perfino nel loro modo di camminare. Ho vissuto, soprattutto all’inizio, e anche di que-sto sono profondamente grata a Dio, la condi-zione di straniera, con tutti i disagi e le frustrazioniche questo comporta, a causa dell’impatto, chenon è mai indolore, con una cultura, una lingua,un clima, un ambiente diversi da quelli di appar-tenenza. Ho sperimentato spesso il rifiuto e ladiffidenza di chi ti giudica senza conoscerti, dichi ti considera sempre l’occidentale ricco da sfrut-tare, o di chi crede di sapere ciò che ti ha spin-to a fare delle scelte, o perfino di chi pensa chetu sia venuto per convertire al cristianesimo.Più spesso, però, sono stata accolta e accom-pagnata da chi non ha considerato la mia diver-sa provenienza come un pericolo, e quando que-sto è accaduto la relazione che ne è scaturitaè stata una fonte di ricchezza inesauribile. Nel momento in cui sono stata accolta sono diven-tata una persona di famiglia e la stima e l’af-fetto non sono mai venuti meno. Ho sperimen-tato quanto sia importante superare il pregiu-dizio, quanta ricchezza di vita e di relazioni puòscaturire dal vedere l’altro come fondamentaleper il tuo stesso cammino. Oggi più che mai faccio questa affermazione,in un momento in cui si rischia di diventare ‘stra-nieri’ gli uni verso gli altri. Ho sperimentato laProvvidenza, in tante circostanze. Mai mi sonosentita abbandonata da quel Dio che mi avevachiesto di fidarmi di Lui, il quale mi è venuto incon-tro in mille modi e attraverso mille persone. E’ arrivato finanche ad essere il Padre, o la Madre,che talvolta dà anche il superfluo pur dimostrare ai figli quanto li ama. A questo pro-posito racconto un episodio, che potrebbe farsorridere, ma che a me ha sempre fatto pen-sare a quanto smisurato sia l’amore di Dio. Durante l’anno raccoglievamo vestiti e giocat-toli usati, che poi venivano distribuiti nelle occa-sioni speciali ai bimbi provenienti dalle barac-copoli dei dintorni, i quali non andando a scuo-la venivano a studiare ad Asha Niwas.Eravamo alla vigilia di Natale ed io volevo pro-prio che ognuno dei circa settanta bambini diquell’anno avesse nel suo pacco-dono ancheun giocattolo, addirittura non un giocattolo qual-siasi, ma un peluche, qualcosa di morbido e cal-do. Allora cominciai ad aprire gli scatoloni neiquali avevo conservato i vari arrivi e ne tirai fuo-ri una ventina, a cui aggiunsi, col loro consen-so, tutti quelli delle mie figlie. Ma ne occorre-vano ancora una quarantina...Mi stavo rassegnando a destinarli ai più picco-li e a selezionare giochi diversi, meno morbidi,per i più grandi....quando suonò il campanelloe furono portati degli scatoli-dono da parte diun’associazione di donne che ci mandava esclu-

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 12

Page 13: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

sivamente provviste alimentari. Aprimmo gli scatoli. In uno enorme c’e-rano dei giocattoli, ma non giocattoli qualsiasi, naturalmente: peluche, alcu-ni più grandi dei bambini stessi, la maggior parte dei quali era nuova!Quando sono partita per andare a vivere in questa grande famiglia-allar-gata non potevo immaginare quanto intensa e ricca sarebbe stata la miavita, a contatto ogni giorno con persone diverse per età, stato sociale ereligione, in un paese dove le differenze culturali, religiose e sociali, le cuiradici si perdono nel passato, fanno parte della quotidianità. E’ ovvio che la convivenza non è stata sempre facile, né immune dal dolo-re e dalla delusione, ma sono convinta che ogni incontro per essere auten-tico abbia bisogno di un cammino di cambiamento, di conversione, tan-to più doloroso quanto più profondo, proprio perché induce a riflessionisu se stessi e sul proprio modo di vivere. E’ il pellegrinaggio di cui par-lavo all’inizio, come viaggio soprattutto interiore, alla scoperta di parti disé da mettere a fuoco, abbandonando pregiudizi e certezze che ci si por-ta dentro anche inconsapevolmente, per sperimentare l’armonia della diver-sità. Pur vivendo a tempo pieno nella casa e partecipando alle varie atti-vità non ho mai pensato di essere stata mandata in India per ‘fare’, sapen-do e sperimentando di essere davvero serva inutile, quanto per ‘essere’,nel senso di stare con sorelle e fratelli lontani, perché insieme potessimoridurre le distanze che ci separano e vivere la nostra comune apparte-nenza a Dio.

Annachiara Russo

Annachiara Russo, sposata, con due figlie, vive a Velletri da circa un anno.Laica missionaria del Movimento San Francesco Saverio. Ha vissuto inIndia con la sua famiglia dal 1999 al 2006, partecipando alla gestione diAsha Niwas, situata a Gurgaon, nello stato dell’Haryana. e-mail: [email protected]

1313MaggioMaggio20102010

L’impegno per i problemi

sociali dei candidati Sindaci di Artena

Stefano Perica*

S i è svolto il 18 marzo 2010 presso i loca-li del “Palazzaccio” un incontro della cit-tadinanza con i candidati sindaci del Comune

di Artena, organizzato delle parrocchie in col-laborazione con la Caritas Diocesana. L’incontroha avuto come obiettivo quello di sensibilizza-re coloro tra i quali sarebbe stato scelto daglielettori il primo cittadino in ordine a due temidi particolare interesse sociale. Sono interve-nuti i candidati Mario Petrichella, poi eletto Sindacopochi giorni dopo, Erminio Latini, Elpidio Bucci,in sostituzione del candidato Sindaco VittorioFiorentini e Armando Conti.L’incontro è stato mode-rato dal giornalista Vittorio Aimati. Sono stati proiet-tati alcuni dati raccolti dalla Caritas in ordine allapresenza dei cittadini stranieri nel Comune diArtena, alla loro distinzione per sesso e Paesedi provenienza, nonché alla frequenza scola-stica degli stranieri minorenni. E’ emerso chegli stessi abitano prevalentemente presso il cen-tro storico e che conseguentemente le classidei plessi scolastici ivi ubicati sono caratteriz-zate da una concentrazione di alcuni stranieriche dal prossimo anno supererà la soglia del30%. Alla luce del rischio di “ghettizzazione” pro-dotto da un fenomeno di eccessiva concentrazionepresso poche classi di bambini stranieri, si aggiun-gono le difficoltà causate dalla scarsa conoscenzadella lingua italiana. I candidati sono stati chia-

mati ad esprimere una loro opinione e suc-cessivamente ad esprimersi su alcune propo-ste formulate dall’avv. Stefano Perica ed ela-borate dalla Caritas. Le risposte fornite dai sin-daci, al di là di qualche inevitabile generica dichia-razione di intenti, considerato il clima elettora-le, hanno tuttavia consentito di evidenziare l’im-portanza della collaborazione tra il privato socia-le e le istituzioni al fine di consentire un pienoinserimento dei cittadini stranieri nella comu-nità locale. Tra le proposte che hanno susci-tato maggior interesse ed approvazione, la crea-zione di corsi di lingua italiana sia per adulti siaper bambini di età scolare, la istituzione di unservizio di trasporto che eviti la dannosa ecces-siva concentrazione di alunni nei plessi scola-stici del centro storico, nonché una adeguataformazione “civica” che consenta ai residentistranieri il pieno e libero esercizio del diritto divoto nelle elezioni amministrative attraverso laconoscenza delle istituzioni italiane. Il secon-do tema trattato è stato quello della difficoltànel reperimento di unità abitative da parte di fami-glie a basso reddito. Una difficoltà che spessocolpisce le giovani coppie impedendogli di con-trarre matrimonio e comunque, in terminigenerali, un numero crescente di famiglie che,pur non essendo prive di reddito, a causa delridotto potere di acquisto del loro salario, stan-no scivolando sempre più al di sotto della sogliadella povertà. Nonostante il perdurare della reces-sione economica, i prezzi del mercato immo-biliare non accennano a ridursi per raggiungereun livello maggiormente proporzionato al red-dito medio. La proposta di attivare procedimentiamministrativi che favoriscano l’autocostruzio-

ne e l’autorecupero hanno suscitato vivo inte-resse. Tale sistema costruttivo infatti consen-te di abbattere di circa il 50% i costi di costru-zione e di favorire l’abbattimento dei “conflittidi vicinato”, grazie alla collaborazione recipro-ca dei condomini nella realizzazione dell’ope-ra, con l’ausilio di mediatori. E’ utile ricordareche da un simile incontro tenutosi a Velletri duran-te la compagna elettorale, i candidati assunseroil medesimo impegno con i cittadini. Tale impe-gno è stato poi tradotto dall’attuale sindaco inun procedimento amministrativo che, grazie allacollaborazione degli assessorati ed uffici com-petenti, ha consentito di avviare il programmadi intervento in collaborazione con la CaritasDiocesana. Anche ad Artena ciascuno dei can-didati si è impegnato a collaborare alla realiz-zazione di progetti che attuino le proposte emer-se dal dibattito di fronte al folto pubblico inter-venuto.A chiusura dell’incontro don Cesare Chialastri,responsabile della Caritas Diocesana, ha ricor-dato come oggi il prossimo bisognoso di aiutosia ancora più prossimo di un tempo ed assu-ma il volto del nostro vicino di casa, di una fami-glia numerosa, di un cassaintegrato. Questo devespingerci ad interessarci fattivamente allarimozione delle cause della povertà, oltre chead intervenire con opere assistenziali. Ha ricor-dato ai candidati sindaci come inaugurare unabella piazza sia importante, ma risolvere i pro-blemi delle persone che la dovranno popola-re, interessarsi della loro umanità, con il cari-co di povertà e ricchezze che le distingue, nonpuò che assumere un valore superiore per chiè chiamato ad amministrare una comunità.

* Resp. Politiche Sociali Caritas Diocesana

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 13

Page 14: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1414 MaggioMaggio20102010

Mons. Luigi Vari*

I l tempo di Pasqua è caratterizzato dal-la lettura quotidiana del libro degli Atti degliApostoli che fa parte della più ampia ope-

ra lucana: Vangelo più Atti. Probabilmente questo libro inizialmente non eraseparato dal Vangelo di Luca, ma ne faceva par-te come testimoniano i primi versetti che ripe-tono gli ultimi del Vangelo. Al di là delle molte considerazioni che si pos-sono fare sulla storia redazionale del libro impor-ta quello che la sua lettura quotidiana e integraleci dice. La domanda, infatti, è per quale motivo il tem-po pasquale è scandito dalla lettura degli Atti.La risposta potrebbe essere che quel libro indi-ca dove cercare il Risorto. Esso si apre, infatti, con la scena dell’Ascensione,brano che chiude la presenza storica di Cristoin mezzo ai suoi. L’assenza è traumatica per gli apostoli e quel-li che stavano con loro al punto che rimango-no a guardare il cielo fin a quando sono invita-ti a cercare altrove la presenza del Risorto, ditornare a Gerusalemme e di restarvi fino al momen-to dell’invio dello Spirito Santo. In questa permanenza a Gerusalemme ancheMaria era con loro e possiamo immaginare cheiniziano a riconoscere la presenza del risor-to nella memoria delle sue parole e deisuoi gesti. Finalmente il dono dello SpiritoSanto li porta non tanto ariconoscere la presen-za di Cristo Risorto,ma a essere pre-senza delRisorto.Perciò que-sto libro

è il libro della Pasqua perché narra di come siala Chiesa oggi a essere la presenza delRisorto. Noi diciamo che Cristo è vivo, ma dovechiedono quelli che sentono questa notizia, nel-la Chiesa rispondiamo. Quando parliamo di Chiesa,pensiamo alle parole degli Atti degli Apostoli cheparlano di una comunità unita, caratterizzata dal-l’ascolto della Parola, dalla preghiera, dalla con-divisione, attenta alle necessità di ognuno. Spesso il libro per descrivere la reazione dellepersone di fronte a questa comunità parla di timo-re. Il timore è il sentimento che nasce nel cuo-re delle persone quando si accorgono della pre-senza di qualcosa di straordinario, di qualcunostraordinario: Dio. L’evangelista Marco parla del timore delle don-ne quando comprendono che Cristo è risorto.La reazione del timore di fronte ai primi cristia-ni che realizzano la Chiesa vuole dire che era-no trasparenza di Cristo vivo, di Cristo Signore.Di ogni persona che si aggiungeva alla comu-nità, si diceva che Dio l’aveva aggiunta e si face-va parte della Chiesa per il Battesimo e per ildono dello Spirito. Si desidera far parte di quel-la comunità perché ti rialza e ti fa stare in pie-di, come nel caso del paralitico alle porte deltempio e perché essa è ombra del risorto comesi dice quando si

racconta che una moltitudine di personeandava al portico di Salomone per esse-re almeno sfiorati dall’ombra di Pietro.Non è una comunità che non conoscela sofferenza, quella interna, come nelcaso di Anania e Saffira che sono sospet-tosi e non si fidano degli apostoli o del-le discussioni fra cristiani provenienti

dal giudaismo e cristiani provenienti dal paga-nesimo; quella esterna come nel caso del mar-tirio di Stefano, delle numerose prigionie e per-cosse che devono subire gli apostoli. La sofferenza, però non chiude la strada ai sogni:le infedeltà sono immediatamente e dramma-ticamente rimosse, i problemi individuati e risol-ti con libertà e nell’ascolto dello Spirito, le per-secuzioni vissute con discernimento per cui, seingiuste non capaci di bloccare il cammino del-la Parola, ma addirittura fonte di testimonianzae di gioia. La gioia è il criterio più importante per verifica-re se la Chiesa è trasparenza del Risorto.Ho voluto fare questa carrellata che riguarda soloalcuni elementi dei primi capitoli degli Atti perconfermare che lo spirito del tempo di Pasquaè di chiedersi come essere trasparenza del Risortosenza immaginare situazioni ideali, ma deter-minati a creare condizioni che mostrino anchenelle contraddizioni, la presenza del Risorto. L’unica paura lecita è quella di non essere abba-stanza capaci di questa testimonianza, di nonsaper rimuovere con decisione e immediatez-za tutte le ombre che rendono meno evidentela bellezza, di apparire lontani dalla gioia.

* Parroco e Biblista

Nell’immagine:Martirio di Santo Stefano,

1447-1450, Beato Angelico,Cappella Niccolina,

Vaticano

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 14

Page 15: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1515MaggioMaggio20102010

Don Daniele Valenzi

I l mistero della Pasqua fornisce una rispo-sta chiara ed illuminante alla domanda

di senso della vita dell’uomo. Il Risorto ci diceche il continuo passare dell’uomo da una real-tà ad un’altra, non ha come fine la morte,bensì la vita e la vita eterna. Pasqua signi-fica dunque accogliere in noi questa novità: conCristo possiamo vivificare la morte che in noi pro-gredisce e ci è dato di poterla sconfiggere per sem-pre. La nostra umanità assunta dal risorto è por-tata nel cuore del mistero dell’Amore, accanto alPadre. All’uomo che con chiarezza manifesta ilsuo amore per il Signore, capace di custodire nelproprio cuore la sua parola e i suoi insegnamenti,è dato di crescere in sapienza, giustizia, verità evita, e di poter desiderare di abitare quella dimo-ra da cui abbiamo avuto origine: il cielo. Attendeteil cielo, perché di là avete avuto origine. Questele parole che concludono il lungo commento alVangelo di Giovanni pronunciato solennementedal Vescovo di Segni San Bruno nel giorno di Pentecosteche conclude il tempo pasquale, vangelo nel qua-le Gesù stesso consola i suoi con la promessadel dono dello Spirito Paraclito. Se uno mi amaosserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà,e noi verremo a lui, e prenderemo dimora pres-so di lui. Chi non mi ama non osserva la mia paro-la. Così risponde il Signore a quel discepolo chelo interroga sul perché si sia manifestato soltan-to ai suoi discepoli ed agli amici e non al mondointero. E ad una grande domanda ecco una nobi-lissima risposta: dice non mi manifesto al mon-do, cioè a coloro che amano il mondo, perché loronon amano me. E ciò da cui questo è provato aper-tamente è perché non osservano la mia parola.Invece i miei discepoli e amici poiché mi amanoe poiché custodiscono i miei insegnamenti sonoquei degni a cui devo manifestare me stesso: per-ché conosciuta la sapienza siano sapienti, cono-sciuta la giustizia siano giusti, conosciuta la veri-tà siano veritieri, conosciuta la vita vivano in eter-no. Tutte queste cose sono il Cristo. Tutte que-ste cose si sono manifestate in Cristo. E non soloqueste avrà colui che mi ama, dice, ma anche ilPadre mio lo amerà, con quanto amore? Vuoi ascol-tare quanto grande sia? E noi verremo a lui e non soltanto verremo, maprenderemo dimora presso di lui. In costoro il Signoreprende dimora, in coloro nei quali venendo restae da cui dopo che è venuto non si allontana; vie-ne il Signore ma non prende dimora in quelli checredono al tempo e nel tempo della tentazione siallontanano. Continua: e la parola che avete ascol-tata non è la mia, ma di colui che mi ha manda-to: il Padre. In ciò si mostra apertamente che tut-te le parole che sono state dette ai discepoli cheascoltavano, non venivano dall’umanità ma dal-la divinità. E questo discorso non veniva dalla suaumanità ma dalla sua divinità. Così si può anchecapire meglio. E la parola che avete ascoltata nonè la mia, ma di colui che mi ha mandato, il Padre:ciò vuol dire che non sono da me stesso, ma dalPadre che mi ha mandato del quale io sono Verbo,sapienza, parola. Quando parlo che cosa ascol-tate se non il Verbo del Padre, ciò che in princi-pio era Verbo, parola, sapienza del Padre? Il Verbo, la parola, la sapienza, non sono da se

stessi ma da un altro. La parola che avete ascol-tata non è la mia, perché io non sono da me stes-so. Queste cose vi ho detto quando ero in mez-zo a voi. Dice: io il Verbo ho detto tutte questeparole. Mie sono dunque tutte queste parole, manon sono Verbo da me stesso. Di chi dunque diquello di cui è detto: con la parola de Signore furo-no fatti i cieli, con il soffio della sua bocca tuttele loro schiere. Il Paraclito, lo Spirito Santo, cheil Padre manderà nel mio nome, quello vi inse-gnerà ogni cosa e vi suggerirà ogni cosa e tuttequante quelle che vi ho detto. Siete dispiaciuti,dice, perché non rimango corporalmente semprecon voi e poiché vi sottraggo queste parole e lapresenza della mia carne; ma non vogliate esse-re rattristati perché in mia vece, in nome mio visarà dato un grande consolatore e un maestro sapien-tissimo. Quello vi consolerà. Quello vi insegne-rà. Quello vi suggerirà ogni cosa e vi ricorderà ognicosa che vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do lamia pace. Non come il mondo la dà, io la do avoi. Il mondo infatti non da la pace se non a quel-li dai quali la pace è catturata. Ma che dice l’a-postolo? Se è possibile per quanto questodipende da voi vivete in pace con tutti gli uomi-ni.E il salmista: con tutti quelli che odiano la pacesarò pacifico: ma quando ne parlo con quelli essimi assalgono senza motivo. E tale pace diede ilSignore ai suoi discepoli dicendo loro: amate i vostrinemici fate del bene a quelli che vi odiano. Questapace dobbiamo avere verso i malvagi non per-ché consentiamo, ma perché li traiamo dalla loroiniquità alla via della giustizia. Questo è infatti ciòche dice il Signore: non pensate che io sia venu-to a portare la pace sulla terra: non vengo a por-tare la pace, ma una spada. Non sia turbato il vostrocuore e non abbiate paura: ascoltate perché ioho detto vado e vengo a voi. Non sia turbato, dice,il vostro cuore della mia morte, non temete la miaassenza. Siate sempre memori poiché vi ho det-to: vado e vengo a voi. Non ho detto soltanto vado;ma vado e vengo. Come siete stati turbati per-ché ho detto vado; così siate confortati perché hodetto vengo. Vado al Padre ma non vi lascio. È più grande la divinità che rimane con voi, del-l’umanità che ascende al cielo. Infatti conosce-rete la mancanza di quella e la potenza di que-sta. Va dunque Cristo al Padre per l’umanità luiche è lì per la divinità. In che modo dunque vie-ne? Egli stesso infatti dice entrambe le cose siavado, sia vengo. Viene infatti e viene invisibilmenteoffrendo un aiuto, dando una consolazione, cor-roborando la fede, e confermando l’amore. Così infatti il Signore venne incontro all’aposto-lo che dice: non avete forse cercato una prova,che in me parla Cristo? In questo modo non soloil Figlio ma il Padre va e viene. Più su si legge:e noi verremo a lui e prenderemo dimora pressodi lui. Se mi amaste, vi rallegrereste perché io vadoal Padre perché il Padre è più grande di me. Infatti gli apostoli lo amavano non tanto spiritualmente

e di quell’amore perfetto, ma soltanto si rattristavanodi essere allontanati dalla presenza carnale. Cosìinfatti non fece Giovanni il Battista che pur nonparlando con lui corporalmente, lo aveva semprepresso di se nella divinità e sempre con gli occhidella mente guardava da vicino. Se mi amaste,dice, così come dovete amarmi così anche poimi amerete dopo la venuta dello Spirito Santo; per-ciò vi rallegrerete voi che ora vi rattristate. Vi rat-tristate, dunque, perché vado al Padre, perché aprole porte del Paradiso, perché spalanco la portadel cielo, perché vi mostro la vita eterna, e vi man-do lo Spirito Paraclito? Se io infatti non mi allon-tano non verrà a voi il Paraclito. Se invece mi allon-tano, lo manderò a voi. Vado dunque al Padre per-ché il Padre è più grande di me cioè per questovado al Padre poiché il Padre è più grande. Infattiè uguale al Padre secondo la divinità ma più pic-colo in verità secondo l’umanità. E ho detto a voiora queste cose prima che siano, perché quan-do esse avverranno crederete. Che cosa crede-rete? Quelle cose che vi ho detto che si devonocredere. Ora non vi dico molte cose. Perché? Vuoiascoltare perché? Perché ormai mi avvicino allapassione. Ora il principe di questo mondo con isuoi seguaci afferra la preda. E questo è quelloche dice: viene infatti il principe di questo mon-do e in me non ha alcun potere. Viene contro dime, si accanisce e freme contro di me , ma nes-sun potere ha su di me. Infatti io ho il potere dioffrire la mia anima e poi di riprenderla. Nessunome la prende ma io la offro da me stesso. Considerain che modo colui che presume di venire controil Salvatore del mondo. Ma perché il diavolo è det-to il principe di questo mondo? Perché di questo?Non è senza motivo detto di questo. Ciò signifi-ca essere delimitato quando si dice di questo.Non infatti sarebbe detto principe di questo mon-do se fosse principe di ogni mondo. È dunque prin-cipe di questo mondo, di questo e non altri, delpresente e desidera uccidere il Cristo. E’ dunqueil principe di questo mondo cioè di tutti quelli chenon hanno cura dell’altro se non di questo tem-po. E’ come se qualcuno gli dicesse: se il princi-pe di questo mondo non ha alcun potere su di te,e se nulla può contro di te, perché non ti difen-di, perché permetti che ti uccida? Dice: ma per-ché il mondo conosca che amo il Padre e cosìcome il Padre a me ha dato questo mandato, cosìio faccio. Senza modo dice: non è impotenza, nonè mancanza, ma obbedienza. Potrei difendermise volessi. Ma perché il mondo conosca che ioamo il Padre e conoscendo, imiti me, mi sono fat-to obbediente al Padre fino alla morte. E cosi comeil Padre mi ha dato questo mandato, così io fac-cio cioè: così come vuole il Padre io faccio. Quellostesso infatti che ha voluto, ha mandato, poichéuna e una sola volontà c’è in entrambi. Alzatevi andiamo lì. Non è questo infatti il luogodella nostra abitazione. Attendete il cielo, poichédi là origine avete.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 15

Page 16: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1616 MaggioMaggio20102010

Paolo Tomasi

L eggiamo nel Vangelo che così Gesù sirivolse agli apostoli: “Così sta scritto: ilCristo patirà e risorgerà dai morti il ter-

zo giorno, e nel suo nome saranno predicatia tutti i popoli la conversione ed il perdono deipeccati, cominciando da Gerusalemme. Di queste cose voi siete testimoni. Ed ecco, iomando su di voi colui che il Padre mio ha pro-messo; ma voi restate in città, finché non sia-te rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24, 46 - 49).Ed in un altro passo delle Scritture: “Mentre sta-va compiendosi il giorno della Pentecoste, si tro-vavano tutti insieme nello stesso luogo.Venne all’improvviso un fragore, quasi un ven-to che si abbatte impetuoso, e riempì tutta lacasa dove stavano. Apparvero loro lingue comedi fuoco, che si dividevano, e si posarono suciascuno di loro, e tutti furo-no colmati di Spirito Santoe cominciarono a parlare inaltre lingue, nel modo in cuilo Spirito dava loro il pote-re di esprimersi” (At 2, 1 - 4).La Pentecoste rappresen-ta il compimento della gran-de domenica di Pasqua enoi festeggiamo perché lavita stessa del Risorto ci ècomunicata dallo Spirito.La Pentecoste prende avvioproprio la sera stessa del-la Resurrezione, quando ilSignore Risorto si presen-tò agli apostoli ed a Mariala Madre di Gesù che eracon loro, attraversando conil suo corpo martoriato le muradel cenacolo dover gli apo-stoli si erano chiusi per timo-re dei Giudei, e, dopoaverli salutati, alitò su di loroe disse:“Ricevete lo Spirito Santo.A coloro a cui perdonere-te i peccati saranno perdonati…” (Gv 20, 22-23). Cristoha dato lo Spirito Santo allaChiesa come il dono divi-no e come la fonte di ine-sauribile santificazione. La sera stessa della sua risur-rezione, Cristo adempie la

promessa fatta alla donna di Samaria ed allafolla dei Giudei, quando parlava di un’acqua vivae salutare ed invitava ad andare da lui per attin-gerla ed estinguere con essa la loro sete, inriferimento allo Spirito che avrebbero ricevuto. Non appena avvenuta la glorificazione, quellapromessa dell’arrivo dello Spirito viene imme-diatamente soddisfatta. Anche per noi tutti, loSpirito Santo diviene il soffio che dà voce ai nostrisilenzi, ai nostri desideri, al nostro pianto. La Pentecoste, festa delle feste, segna il via all’an-nuncio del Vangelo al mondo: la festa della “mis-sione” della Chiesa! Abbiamo rammentato il l’a-lito, il soffio di Gesù verso gli apostoli, un sof-fio che rammenta il vento che accompagnò ladiscesa dello Spirito Santo. Ma cosa rappresentail “vento dello Spirito”? Il vento, sappiamo, è impre-vedibile, incontrollabile, sfugge ai nostri sche-mi umani, sfugge alla nostra “presa” umana, per-ché, potremmo dire, lo Spirito Santo è l’infini-ta libertà divina. La Chiesa è nelle mani dello Spirito. Non sono

gli uomini che la dirigono, perché chi la guidae la indirizza è solo lo Spirito Santo, l’anima del-la Chiesa che le dà vitalità. D’altronde ciò è con-fermato da S. Pietro, il primo degli apostoli chediceva: “E’ parso bene, infatti, allo Spirito Santoe a noi” (At 15, 28); mai più senza di Lui, masempre insieme a Lui! Quell’alito ce ne ricorda un altro, quello che leg-giamo agli inizi delle Scritture nel libro della Genesi,quando il Creatore alitò sull’uomo il soffio divi-no della vita. Il successivo soffio, tanti secoli dopo,dona una nuova vita, più profonda, più vitale econ i limiti che il povero linguaggio umano espri-me, ancor più prossima a Dio.Altra riflessione. Una creatura sola, presente inquel cenacolo conosceva quel “battesimo di fuo-co” che era lo Spirito ed era Maria, colei cheaveva già sperimentato la potenza dello Spiritoa Nazaret in quella che potremmo individuarequale la prima Pentecoste, quando lo Spirito Santoscese e la rese Madre del Redentore. Senza la Pentecoste di Nazaret non ci sareb-

be stata la Pentecoste diGerusalemme! La Madonna era in mezzo aidiscepoli intercedendo come“avvocata” presso Dio, perattirare sulla Chiesa nascen-te e su quella del futuro lavenuta dello Spirito. Maria sta-va lì, come stava sotto la Croce,per rendere testimonianza aGesù, senza il minimo dub-bio che si sarebbe tutto avve-rato come Gesù aveva det-to: Lei aveva già la Fede nel-lo Spirito e gli apostoli conLei erano sicuri. Cera l’avvocata con loro, comegià alle nozze di Cana,quando venne a mancare ilvino e fu Lei ad intercederepresso Gesù per ottenere ilmiracolo dell’acqua trasfor-mata in vino. Nel cenacolodi Gerusalemme avvenne unapiù grande trasformazione,quella dei cuori e delle men-ti dei discepoli di Gesù: e ilmiracolo avvenne. Con fiducia abbandoniamo-ci nelle mani di Maria e Leisaprà ottenere anche per noiil miracolo della trasforma-zione nel Cristo: “Vieni SantoSpirito, vieni attraverso Maria”(Ag. Fides, giugno 2009).

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 16

Page 17: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1717MaggioMaggio20102010

Claudio Caprettiè un luogo comune asserire chescrivere una lettera non è maiuna cosa semplice, ma scri-

verla a te è un impresa pressochétitanica. Sai, quando da ragazzinoun po’ cresciuto iniziai a capire quan-to sarebbe stata dura la vita che misi poneva dinnanzi, ero un po’ indi-gnato con te a causa del peccato ori-ginale. Tutta quella fatica che mi atten-deva me la sarei proprio risparmia-ta ben volentieri. Se il frutto dell’albero che sta in mez-zo al giardino fosse rimasto al suoposto, e se invece di startene a dor-mire non avessi lasciato sola Eva,forse a quest’ora non sarebbe suc-cesso niente di ciò che accadde, e

forse ce ne saremmo stati tutti felici e contenti nel giardino dell’Eden.Ma il punto in questione sarebbe stato proprio questo, cioè, non sareb-be successo niente, ed io non starei qui a scriverti. Solo con il passa-re del tempo capii quanto fossi in errore, e ancora più tardi capii il moti-vo per cui la Chiesa si spingesse a dire nel preconio pasquale all’ini-zio della madre di tutte le veglie: “ Felice colpa che meritò un così gran-de Salvatore”.Carissimo mio progenitore, perdona la mia audacia che non vuole sfo-ciare nell’irriverenza, vorrei invece dirti che la tua storia, può essere digrande aiuto all’uomo di oggi, in modo particolare a chi è chiamato adaccogliere con se la donna che Dio gli pone dinnanzi. Come è stata bella l’espressione che hai avuto nel momento in cui Evati è stata condotta, e della solitudine che attanagliava il tuo cuore nonrimase che un lontano ricordo. Uno dinnanzi all’altro senza vergogna,pur essendo nudi, uno che esisteva per completare l’altro, per condi-videre il resto della vita. Forse, molti matrimoni nel corso dei secoli nonsi sarebbero divisi se ad accompagnarli ci sarebbe stata quella tua mera-viglia. Poi il sonno che lasciò sola Eva in balia del tentatore, la silen-ziosa disobbedienza, lavergogna e la paura, edinfine l’accusa verso ladonna e verso Coluiche l’aveva posta accan-to a te. Quali siano sta-ti i tuoi sentimenti versote stesso ed Eva quan-do lasciavate il paradi-so, quanto sia statoamaro il sudore chebagnava la terra, o quan-to profondo sia stato il dolo-re della scoperta diessere padre di un fra-tricida, lo si può si puòsolo lontanamente imma-ginare, e augurarsi di nonviverlo mai.

Ma di tutto, quello che è rimasto inmodo indelebile è la domanda cheil Creatore ti fece, cioè quel “Dovesei” (Gn 3,9), o meglio: sei intera-mente in te stesso? Dove sei con ituoi pensieri? Puoi sopportarti cosìcome sei? Domande che ancoraoggi attraversano il tempo, e che Eglipone dentro i cuori di ognuna del-le sue creature, quando ingannati dalmale, gli voltano le spalle. Molti psi-cologi (una stirpe venuta moltisecoli dopo di te) analizzando la tuastoria , e attualizzandola all’uomo dioggi, dicono che quest’ultimo vivedentro di sé l’eterno conflitto di volerdominare la donna, per paura di esse-re da lei sottomesso, perdendo divista quale sia il suo vero ruolo all’in-terno della famiglia, sprecando tempo ed energie, e costringendo la don-na ad appropriarsi di un ruolo non suo. L’apostolo Paolo, nell’epistolaagli Efesini chiarisce quale sia il ruolo dell’uomo e della donna nel con-testo matrimoniale. “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore….Voimariti amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa” (Ef 5,22.25).La tendenza maschile è quella di omettere la seconda parte e di recla-mare a gran voce la prima, scordando che Dio ci ha affidato il compi-to più importante, quello appunto di amare la propria moglie nella dimen-sione della croce. Perché solo se una donna si sentirà amata in que-sta dimensione, sarà ben felice di lasciarsi condurre dall’uomo che Diogli ha posto dinnanzi. Carissimo mio buon secondo padre, grazie perle tue umane debolezze, in esse vi vedo le mie e non ne vengo schiac-ciato. Grazie perché la tua storia è ricca di speranza, di vittoria e di vita.Poiché se a causa della tua disobbedienza fosti allontanato per primodal giardino dell’Eden, a causa dell’obbedienza del Figlio dell’Uomo, fostianche il primo a farci ritorno. Allora con cuore grato, e con maggiorforza nella veglia pasquale il mio cuore può cantare: “Felice colpa chemeritò un così grane Salvatore”.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 17

Page 18: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1818 MaggioMaggio20102010

Mons. Franco Risi

a famiglia, società educativa fondamentale,è insostituibile nel piano formativo in gene-rale e nel piano vocazionale in particolare.Essa è la comunità più completa, più

ricca di possibilità educative, essendo i genitorii primi responsabili dell’orientamento dei loro figli.Sono essi che procreano ed educano cristianamentei figli; sono essi, per legge naturale e sopranna-turale, i primi collaboratori di Dio nell’aiutarli a sco-prire, custodire e maturare a scegliere liberamenteil loro stato di vita, ove realizzeranno pienamentese stessi. Perciò non sarà mai messo abbastanzain luce la grande responsabilità che hanno i geni-tori nella storia della vocazione dei loro figli, qua-lunque essa sia. La famiglia cristiana, infatti, è santificata, fin dalsuo sorgere, mediante il sacramento delMatrimonio, segno efficace della Grazia che leviene conferita stabilmente e non per un brevemomento. Anche se i suoi componenti fanno l’e-sperienza del peccato, essa è in se stessa e rima-ne sempre santificata dal sacramento delMatrimonio (cfr. NMI, 30). Giovanni Paolo II rivol-se a tutta la Chiesa l’invito a dedicare:“Un’attenzione speciale alla pastorale dellafamiglia, tanto più necessaria in un momento sto-rico come il presente, che sta registrando una cri-si diffusa e radicale di questa fondamentale isti-tuzione” (NMI, 47). É necessario prima di tuttoche gli sposi cristiani vivano il loro matrimonio comeuna risposta alla chiamata che viene da Dio. Essila dovranno attualizzare innanzitutto attraversola preghiera e l’offerta della vita familiare di tut-ti i giorni, non solo con le sue fatiche e le suesofferenze, ma anche con le sue soddisfazionie le sue gioie. Gli sposi dovranno con graduali-tà, imparare a pregare. Per realizzare questo pro-getto di vita, i coniugi si dovranno mettere in sin-

tonia con i primi discepoli, chechiesero a Gesù: “Signore inse-gnaci a pregare” (Lc,11, 1). Énella preghiera che si realiz-za quel dialogo con Cristo checi rende suoi amici: “Rimanetein me e io in voi” (Gv 15, 40).I genitori devono dare ai figlila testimonianza di saperpregare insieme e così diven-tare con la vita una autenti-ca scuola di preghiera, dovel’incontro con Cristo non si espri-me soltanto con implorazio-ne di aiuto, ma anche con ren-dimento di grazie, lode e ado-razione. Allora la preghiera diven-ta un’azione che la famiglia com-pie consapevolmente davan-ti a Dio. Talvolta essa trova molte dif-ficoltà a pregare, proprio per-ché ci si dimentica che la pre-ghiera va fatta con fede e chediscende dalla fede in Dio. Perquesto: “i genitori devono esse-re per i propri figli i primi mae-stri di fede” (LG 11). In tal modo

la famiglia avverte necessariamente che dovràessa stessa diventare “scuola di vita dell’ascol-to del Vangelo” fatto nelle mura domestiche o nel-l’assemblea liturgica domenicale. Essa dovrà spe-rimentare che solo partecipando ogni domenicaalla Celebrazione dell’Eucaristia, potrà realizza-re la più alta esperienza di adorazione, di ringraziamentoe di supplica. Allora capirà che l’Eucaristia è sor-gente di amore, di unione, di missione, di pacee perdono reciproco nella vita vissuta: “Nella Chiesadomestica” (LG 11). Infatti la Parola di Dio e ilPane Eucaristico fanno dei diversi membri del-la famiglia un unico corpo e partecipazione del-la più ampia unità della Chiesa. In questa prospettiva la famiglia cristiana realiz-zerà ciò che la caratterizza. In questo modo potràoffrire il suo apporto all’edificazione della “civil-tà dell’amore” (Paolo VI), divenendo vera bene-fattrice della società umana. Per questo, essa sapràvivere la carità vicendevole in famiglia e così pre-sentarsi come comunità aperta agli altri, oltre ipropri confini. In questo impegno verso il pros-simo è capace di offrire generosamente solida-rietà alle famiglie, specie a quelle in difficoltà enel praticare l’ospitalità, che è una forma di cari-tà familiare, per i sofferenti e gli ultimi. Certamente non è chiesto ad ogni famiglia di faretutto, ma a ciascuna è chiesto di fare qualcosae di aprirsi verso un orizzonte sempre più gran-de. Questo educa al senso del bene comune chepuò essere perseguito solo attraverso il sacrifi-cio di ogni membro della famiglia. Inoltre essa deveaprirsi all’accoglienza nel rispetto delle diversi-tà, specie in una società quale la nostra che diven-ta sempre più multietnica, complessa e difficile.In forza della sua natura, la famiglia possiede uncompito sociale insostituibile e inalienabile. É chiamata per vocazione specifica ad assumereil ruolo di soggetto attivo e propositivo di sviluppodella società. “Le famiglie stesse devono esse-

re sempre più consapevoli dell’attenzione dovu-ta ai figli e farsi soggetti attivi di una efficace pre-senza ecclesiale e sociale dei loro diritti”(NMI,47). La famiglia cristiana deve essere piùconsapevole di costituire la scuola più comple-ta e più ricca, nella quale le persone e le gene-razioni imparano a convivere, a integrarsi, ad accet-tarsi e accogliersi in uno scambio in cui ciascu-no da e riceve (cfr.. GS, 52). Essa, che è in gra-do di muoversi in questo ambito è invitata ad agi-re in positivo e concretamente rivestire nello spe-cifico i valori umani e cristiani: in questo modocertamente saprà relazionarsi con la pastoralevocazionale. Dal Concilio Vaticano II si può appren-dere che il dovere di incrementare le vocazionispetta a tutta la Comunità Ecclesiale; così si espri-me: “Si potrebbe chiamare chiesa domestica, illuogo dove i genitori sono invitati ad essere peri loro figli i primi annunciatori della fede e asse-condare la vocazione propria di ognuno e quel-la sacra in modo speciale” (LG 11). Di fatti l’e-sempio del padre e della madre ha un influssodecisivo non solo sullo sviluppo psicologico deifigli, ma anche sulla sfera religiosa. A ragione si ritiene che ogni pastorale vocazio-nale debba cominciare dalla famiglia. Per raggiungerequesta meta essa deve avere buoni rapporti contutte le attività parrocchiali e cercare di inserirein esse i loro figli, per sviluppare e fare progre-dire il seme di bene già messo da loro. Sempre dal Concilio nella costituzione “Gaudiumet Spes” al numero 52, è messo in evidenza chela famiglia non può essere lasciata sola nel suoarduo compito dell’educazione dei figli:“É compito dei sacerdoti, debitamente formati

in materia familiare, sostenere la vocazione deiconiugi nella loro vita coniugale e familiare coni vari mezzi pastorali: la predicazione della Paroladi Dio, il culto liturgico e aiutarli con umanità epazienza nelle loro difficoltà”. Queste parole cifanno anche comprendere che tutta la comuni-tà ecclesiale deve andare oltre alle situazioni nega-tive esistenti nelle famiglie di oggi, ma alla lucedi Dio, creare in positivo un dialogo dove si respi-ri il clima cristiano. Più che stare a recriminaresul tessuto della società di oggi, perché si sta allon-tanando in parte da Dio, bisogna che le famigliebuone riformino se stesse e abbiano il coraggiodi vivere secondo il vangelo. Allora le famiglie cri-stiane, anche se in minoranza, avranno con l’aiu-to divino, le capacità di immettere nella societàsemi buoni e così sapranno ricostruirla con aspet-ti missionari, dinamici, profetici e pieni di speranza. Permettetemi a questo punto di rivolgervi un invi-to affinché voi possiate comprendere l’importanzache assume l’ascolto della chiamata di Dio da par-te dei vostri figli, qualunque sia la posizione socia-le in cui vi trovate. Cercate di ritenere come som-mo onore, il fatto che Dio si degni di sceglieretra i vostri figli, un suo ministro o una persona ase consacrata. Con questo animo generoso, fon-dato sull’aiuto divino non solo non porrete osta-coli alla loro chiamata divina ma ne sarete lietiperché in questo modo li metterete nelle condi-zioni di scegliere liberamente uno stato di vita acui Dio li chiama. In questa prospettiva voi, famiglia cristiana, diver-rete il primo luogo di discernimento e del primo

L

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 18

Page 19: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

1919MaggioMaggio20102010

in Fabricio Cellucci*

L a vocazione al sacerdozio è un cam-mino di riflessione e verifica che chie-de al singolo di abbandonarsi sem-

pre di più nelle mani amorevoli di Colui chesperimenta come fine del proprio amore: Gesùmorto e risorto, sommo ed esterno sacer-dote. Questo cammino si sviluppa in un luo-go e in un tempo preciso: il Seminario, doveattraverso un lungo ed attento discernimentosi cerca di radicare sempre di più nel pro-prio cuore i sentimenti del Signore. Si ana-lizzano inoltre, anche attraverso la guida deisuperiori, tutti gli aspetti e le situazioni cheogni seminarista vive, in un clima di preghierae dialogo fraterno e vero come in una fami-glia in cui i padri cercano di far crescere benei figli che da adulti, una volta usciti dalla casadel seminario, sappiano affrontare tutte lesituazioni della vita. Alcune volte capitanomomenti di prova e di sofferenza che pos-sono portare a vivere delle crisi; in questimomenti, attraverso il discernimento, si segueil consiglio di Sant’Ignazio il quale ricordache nel momento di desolazione non si devo-no prendere delle scelte di cambiamento per-ché sarebbero sicuramente non secondo ilconsiglio dello spirito buono (Spirito Santo).Può accadere che sotto il peso delle soffe-renze si perda la giusta lucidità e quindi sisceglierebbe la cosa sbagliata. Nel discer-nimento occorre dare un nome a queste situa-zioni e parlarne con le persone che posso-no aiutare a superarle. Ma bisogna anchepregare il Signore, affidandosi a Lui che chia-ma verso una determinata mèta da raggiungere. Il Signore scrive le tra-me della grande storia intorno a noi ma scrive anche con noi le trame del-la nostra storia che permette al mondo di essere un po’ migliore di comelo abbiamo trovato. Non dobbiamo mai dimenticare che Lui è vicino a noie ci sostiene ad ogni piè sospinto; e se permette che si possa vivere unasofferenza è perché se ne possa ricavare sempre un bene. Anche Giudaha compiuto il male verso Gesù ma questo ha fatto sì che il Signore scon-figgesse la morte e il peccato per sempre, divenendo il Signore del tem-po e della storia del mondo. La vita di ognuno di noi è un vangelo dellavocazione in cui si cammina verso la mèta affinché il Signore possa con-tinuare a camminare con l’uomo di tutti i tempi e di tutte le epoche. Il Signoresi fa presente nella storia di ognuno sacramentalmente, attraverso tuttele grazie di cui ognuno è destinatario, che magari non sa riconoscere, maanche attraverso la mano tesa delle persone che ci sono vicine. Gli ami-ci nel cammino vocazionale sono coloro che possono essere un punto disostegno nei vari momenti di difficoltà perché con la loro sincerità posso-

no rendere più chiara la volontà di Dionel nostro cammino. Nel momento diuna forte crisi vocazionale, quando lamente è annebbiata e vede tutto nero,un amico che ci conosce meglio di altri,può aiutarci a chiarificare le scelte. Questiconsigli sono dei segnali, essi non van-no assolutizzati però nemmeno cesti-nati. Gli amici veri, che non sono mainumerosi come le formiche, sono unostrumento santo della presenza divi-na che ci parla, sono da coltivare. Neimomenti di difficoltà sono anche un’ancora che ci permettei, se vogliamo,di poter risalire la china della deso-lazione e delle difficoltà. L’amico è coluiche fa una scelta di campo ben defi-nita, che è quella del volersi sporca-re le mani con il “tu dell’altro”, rispon-dendo in pieno e con consapevolez-za profonda al comandamento nuo-vo che il Signore ci ha lasciato. Nondobbiamo farci sovrastare dalla pau-ra, dal dolore, dalla desolazione, chesono il momento della passione e del-la nostra giacenza nel sepolcro cheabbiamo contemplato poco tempo fa,perché la promessa del Signore, chesi realizza all’alba del giorno diPasqua, arriverà per ognuno di noi equesto è certo perché il Risorto è ilnostro avvocato presso Dio. Non dob-biamo avere paura delle difficoltà, diquello che ci sembra impossibile, per-ché il Signore con la sua storia ci inse-gna che con la sua morte e risurre-

zione ha dato un calcio all’impossibile per renderlo possibile e questo èstato vero per Lui e lo è anche per noi. Molte volte questo lo dimentichiamoe ci facciamo sormontare dalle difficoltà. Condurre l’imbarcazione della pro-pria vita non è cosa facile ma se ci facciamo aiutare da Colui che è il verocapitano della nave allora vedremo che il nostro viaggio è sicuro e potre-mo raggiungere il porto della pace vera e della salvezza preparata per ognu-no di noi sin dall’inizio del mondo. Non abbiate paura, spalancate le por-te a Cristo, diceva Giovanni Paolo II; solo se facciamo questo passo potre-mo finalmente vivere pienamente realizzati e nella pace del cuore più verae duratura. Le difficoltà dell’oggi sono un momento, il fine della nostra vitain Cristo Gesù è la salvezza e la gioia eterna. Gli amici con il loro sorrisoe il loro sostegno possono essere un raggio della luce del Signore cheattraverso di loro vuole ricordarci la Sua vicinanza. Buon cammino a tut-ti nella ricerca della propria vocazione in questo tempo della storia, in cuivediamo come in uno specchio.

*Seminarista diocesano

accompagnamento della chiamata di Dio.Raggiunta questa meta educativa, i coniugi cri-stiani non sono soli, ma potranno affidare i pro-pri figli ai sacerdoti responsabili della comunitàparrocchiale, i quali, dopo un giusto e adeguatocammino spirituale, in tutta coscienza, consiglierannoal giovane di scegliere liberamente lo stato a cuisi sentono chiamati e contenti di vivere la pro-pria vita. Essi, dopo avere conseguito un titolodi studio, se vorranno diventare sacerdoti o dar-si alla vita consacrata, verranno presentati al Vescovo,il quale dopo aver ascoltato il parere di tutti i for-matori, l’interessato e la sua famiglia, li invierà afrequentare l’anno propedeutico, un tempo pro-

pizio per verificare la chiamata di Dio nella pro-pria vita, in comunità con altre persone che vivo-no gli stessi ideali di preghiera, studio e frater-nità. Qui, guidati da sacerdoti esperti, potrannosperimentare e verificare la verità di se stessi inprevisione di entrare a far parte del Seminario Regionaleper diventare sacerdoti. Una volta fatto questo passo, ci saranno anco-ra altri sei anni per poter scegliere definitivamente,attraverso una faticosa formazione umana, spi-rituale e pastorale. Come vedete il cammino perarrivare al sacerdozio è lungo, durante il qua-le però il giovane avrà tanto tempo davanti asé per poter prendere una decisione stabile di

tutta una vita, offerta per la gloria di Dio, la san-tificazione delle anime e la sua personale. La famiglia rimarrà normalmente il luogo fon-damentale nel quale i primi germi di ogni voca-zione sono nati, e poi con l’aiuto di altri educa-tori raggiungeranno la meta della loro vita. Comevedete la strada da percorrere non è solo lun-ga e faticosa ma gioiosa e bella perché finaliz-zata alla scelta del proprio stato di vita, orien-tato alla maturità totalizzante della persona e tut-to in vista della gloria di Dio.

Per maggiori informazioni consultare sul sito internetwww.leoniano.it la parte dedicata al Progetto Formativo

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.44 Pagina 19

Page 20: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2020 MaggioMaggio20102010

Iacopo Iadarola

S ul precedente numero di Ecclesia, dopoaver delineato per sommi capi la natu-ra di un Centro Diocesano Vocazioni,

rimarcandone l’eterogeneità e la trasversa-lità che lo devono caratterizzare, avevamorimandato a questo mese un approfondimentosul suo modus operandi, che è quello della“pastorale integrata”: integrata nel suo rap-porto con gli altri uffici della diocesi, nelle atten-zioni che deve avere nei confronti della comu-nità cristiana e nelle specifiche proposte cheesso può avanzare a fine vocazionale. A questo proposito non potrei trovar di meglioper introdurre la questione che citare un pre-gnante paragrafo dell’ultima lettera pastoraledel nostro Vescovo: “La vocazione viene sempre dal Padre,attraverso Cristo, nello Spirito Santo, eattraverso il Corpo di Cristo che è la Chiesa;occorre, quindi, che in diocesi ogni edu-catore si senta coinvolto in una pastora-le vocazionale, che non è solo un setto-re riservato a pochi delegati, ma ci coin-volge tutti nell’opera di far emergere unaverità che, in qualche modo è già presentenel cuore di ciascuno, in quanto portatoredi una particolare e originale immaginedi Dio, che attende di essere espressa e

realizzata seguendo la logica del dono.”Queste parole si armonizzano perfettamen-te, infatti, con quanto avevamo già messo inluce riguardo la pastorale integrata di un CDV:“la dimensione vocazionale non è solo unodei tanti uffici, ma ha la giusta pretesa, insie-me alla dimensione missionaria, di essere tra-sversale a tutti. Missione e vocazione sono infatti il motoredi tutta l’organizzazione e promozione pasto-rale della Chiesa.” Per questo motivo, si fa sentire “l’urgenzadi uno stretto rapporto con tutti gli altri uffi-ci diocesani […] in particolar modo quei set-tori pastorali che sono naturalmente interfacciaticol CDV: l’ufficio di Pastorale Giovanile, l’uf-f ic io di Pastorale Famil iare, l ’uff ic ioCatechistico…”1 .

Ora, fra tutti questi uffici (con cui il nostro CDVè strettamente in contatto) dovrebbe instau-rarsi una collaborazione intelligente, un’in-terazione pastorale fra i diversi enti eccle-siali, e che non sia un frutto astratto di “inge-gneria ecclesiastica” ma la genuina conse-guenza dell’adesione alla visione comunita-ria della Chiesa quale ci ripresenta il ConcilioVaticano II. A questo riguardo riporto nellafigura, dal sopracitato articolo, anche un pre-ciso schema di come debba configurarsi que-st’integrazione pastorale. Qui entrano in rela-zione la solidarietà pastorale (consistente nelfatto che le vicinanze territoriali si traduca-no in vicinanze di intenti e sinergie), la con-divisione pastorale (ovvero condivisione diidee, progetti e obiettivi cercando di scavalcarele naturali intolleranze e idiosincrasie), la pro-

grammazione pastorale (pianificazio-ne unitaria e sostegno reciproco alleiniziative specifiche dei vari uffici dio-cesani), infine, la rete pastorale (= farsì che l’intesa fra settori pastorali nonsia solo al centro della diocesi, ma anchesu altri livelli come vicarie, decanati).Pertanto, “pastorale integrata” nonvuol dire altro che cercare di metterein campo tutte le energie del popolo diDio per chiedere il dono più grande perla Chiesa – le vocazioni – cercando di

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 20

Page 21: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2121MaggioMaggio20102010

scavalcare i paletti, le chiusure e i campa-nilismi che naturalmente si creano in una dio-cesi; e in questo delicatissimo compito il CDVchiede venia in anticipo per le proprie mise-rie, mancanze e disattenzioni nei confrontidelle altre realtà diocesane con cui deside-ra fortemente di integrarsi: “Sembra neces-sario ricordare che non si tratta semplicemented’una questione d’organizzazione pratica, quan-to di coerenza con uno spirito nuovo che devepermeare la pastorale vocazionale nella Chiesae in particolare nelle Chiese d’Europa. La crisi vocazionale è anche crisi di comu-nione nel favorire e nel far crescere le voca-zioni. Non possono nascere vocazioni lad-dove non si vive uno spirito autenticamen-te ecclesiale.”2

Ora, passando dalla teoria alla pratica, checosa può fare in dettaglio un CDV? Riguardoalla comunità cristiana sono principalmentetre le direzioni verso le quali può muoversiil CDV:*La vita della comunità cristiana nel suo insie-

me con i percorsi generati dalla Parola, dalSacramento, dalla Carità;

*La vita della comunità cristiana nell’arti-colazione dei settori pastorali con i loro per-corsi di spiritualità, formazione, impegno edu-cativo e pastorale;*La vita della comunità cristiana negli orga-

nismi di comunione e partecipazione dove sidecidono i programmi pastorali e i camminiconseguenti.Il compito quindi del CDV è realizzare, accom-pagnare o sollecitare momenti di annuncioesplicito, proposta forte e accompagnamentospecifico delle vocazioni consacrate: tutto ciòa partire dalla comunità cristiana nei suoi momen-ti oranti e liturgici; nei suoi momenti di ser-vizio alla parola e della catechesi; nei suoimomenti di crescita del servizio e della cari-tà. Esempi concreti di questo approccio sonostati da parte del CDV della nostra diocesil’animazione di alcune giornate vocazionalilo scorso aprile, tramite l’allestimento di unamostra intitolata “Per dire Sì a Dio” e l’ani-mazione di incontri di preghiera. In occasione della 47° Giornata Mondiale

di Preghiera per le Vocazioni, il CDV ha pre-parato incontri vocazionali per giovani e gio-vanissimi e la veglia di preghiera, presso laCollegiata di Valmontone. In questi casi abbia-mo potuto constatare come il compito del CDVconsista semplicemente nel far risaltare megliol’annuncio vocazionale che è già insito nelDNA delle attività parrocchiali, come affer-ma con forza questo documento che pren-de le mosse dal magistero dei vescovi: “La vocazione e la missione della Chiesa par-ticolare si esprimono soprattutto nella comu-nità parrocchiale. Essa è luogo di annunciovocazionale e comunità mediatrice di chia-mate attraverso ciò che ha di più originalee caratterizzante: la proclamazione della Parolache chiama, la celebrazione dei segni dellasalvezza che comunicano la vita, la testimonianzadella carità e il servizio ministeriale.

L’annuncio vocazionale deve dunque inner-vare tutte le espressioni della vita. Nella pastorale ordinaria di una comunità par-rocchiale, la dimensione vocazionale non èdunque un “qualcosa in più da fare” ma è l’a-nima stessa di tutto il servizio di evangeliz-zazione che essa esprime.”3

Nella elaborazione, da parte del CDV, dellemonizioni, delle preghiere dei fedeli, dei pro-grammi per le veglie, si è trattato, in sostan-za, di esplicitare maggiormente quanto è giàracchiuso nella Liturgia e nella Parola, chedi per sé sono la più grande “scuola” dellarisposta alla chiamata di Dio. Talvolta basta semplicemente un movimen-to liturgico, o un passo della Sacra Scrittura- sapientemente introdotti e celebrati - a farbrillare il primo sì di una vocazione, a sbloc-care discernimenti in panne e a ri-chiama-re i cuori come mai nessun animatore voca-zionale saprebbe immaginare:“Il calendario liturgico con le feste dei Santi,

con il percorso della Parola anche nel tem-po ordinario, finisce per offrire un’infinità dispunti sul valore, la necessità, e la possibi-lità, anche per oggi, di vivere nella rispostasempre più decisa e radicale alla propria voca-zione.”4

Accanto a questo, il CDV può mettere in cam-po anche delle proposte specifiche ai giovaniin ricerca: ragazzi la cui chiamata è ancorain germe, che hanno appena posto la que-stione a loro stessi e al loro parroco e cer-cano momenti per confrontarsi o per appro-fondire quello che sta loro succedendo; gio-vani che hanno già preso di petto la questionee cercano un supporto per concretizzarla; gio-vani che sono già alle soglie del sì ma cer-cano chi li aiuti a trovare un tempo e un luo-go adatti per un serio discernimento primadi intraprendere i cammini propri della for-mazione. Questi giovani sono il target del nostrooperato, e i principali destinatari del nostroservizio. Riguardo ai luoghi congrui, invece,il documento citato continua in questo

modo:“Attraverso l’opera del CDV la Chiesa si dimo-stra davvero, in questa fase [delle proposteai giovani in ricerca], terreno fecondo di matu-razione e madre dei figli di Dio. Ci sono splendide esperienze in proposito chemettono in discussione la modalità operati-va stessa dei CDV: reclamano, infatti, cheil CDV sia una vera esperienza di comunio-ne fra tutte le categorie vocazionali; che abbiarapporti preziosi con i monasteri di vita con-templativa; che riservi durante l’anno più d’u-na giornata a tale scopo”.5

Anche in questo campo il nostro CDVrisponde agli orientamenti operativi delCentro Nazionale Vocazioni, avendo allac-ciato uno stretto rapporto di collaborazionecon diverse comunità religiose. Un “monastero” cui fa riferimento il nostroCDV è, invece, quello “invisibile” di cui si ègià parlato sul numero di marzo di Ecclesia:le adesioni (per ora un centinaio) continua-no ad aumentare da varie parti della dioce-si e ricordiamo l’appuntamento per questomese, giovedì 6 maggio, in cui chiederemoal Padre un supporto particolare per i chia-mati al sacerdozio, specialmente per chi stavivendo un momento di fatica e aridità - nelricordo che l’unico che faticava e non esul-tava la Domenica delle Palme, quando aGerusalemme veniva portato trionfanteGesù, era anche quello a Lui più vicino: l’asino!

1 “Si può fare...4, Briciole di apprendistato per il direttoredel CDV”, B.M. Roggia, in “Vocazioni”, n. 4 Luglio/Agosto 2009,pp. 91-952 Nuove vocazioni per una nuova Europa, Documento fina-le del congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita con-sacrata in Europa, 5-10 maggio 1997, n.92.3 Vademecum per la pastorale vocazionale e per i cen-tri diocesani vocazioni in Italia, in “Vocazioni” 5/2007,p. 24.4 Ivi, p. 28.5 Ivi, p.32.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 21

Page 22: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2222 MaggioMaggio20102010

Antonio Galati

«Cristo infatti non è entrato in un santuario fat-to da mani d’uomo, figura di quello vero, manel cielo stesso, allo scopo di presentarsi ora

al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9, 24).

M entre ci avviamo alla conclusione dell’Anno Sacerdotale con-tinuiamo la nostra riflessione dagli spunti che Benedetto XVIoffre attraverso il suo ministero. Come per il mese scorso1, que-

st’articolo prende l’avvio dalla lectio divina che il papa ha tenuto ai pre-sbiteri di Roma per l’inizio della Quaresima. In particolare ci si lasceràguidare dalla frase conclusiva della lectio del papa: «preghiamo il Signoreche ci faccia capire sempre meglio questo Mistero, di vivere sempre meglioquesto Mistero e così offrire il nostro aiuto affinché il mondo si apra aDio, affinché il mondo sia redento»2. Quale sia questo Mistero il papa lodice poco prima nella stessa lectio: è il sacramento dell’Eucaristia cherende presente, «veramente, realmente e sostanzialmente»3, il Corpo risor-to del Cristo «che come Corpo risorto rimane sempre Corpo e abbrac-cia l’umanità e, nello stesso tempo, essendo Corpo risorto, ci unisce conDio»4. Senza addentrarci troppo nelle implicazioni teologiche e antropo-logiche che questo mistero dell’Eucaristia realizza nella storia e nella vitadegli uomini, è possibile comunque sottolineare la grandiosità di quelloche questo sacramento realizza: l’unione tra il cielo e la terra, tra il mon-do divino e il mondo umano, in altre parole la comunione dell’uomo conDio. Questo è quello che i sacerdoti ordinati sono chiamati a realizzarecon il loro ministero, sia quandoagiscono in persona Christi men-tre celebrano l’Eucaristia e gli altrisacramenti, sia in ogni istante del-la loro vita che passano da soli oin mezzo alla gente. Tutta la loro vita deve essere, quin-di, orientata a creare e mantene-re questa comunione del mondocon Dio. Se ciò è probabilmentechiaro e vero nell’ambito della vitapubblica, sia liturgica che “ordinaria”,è altrettanto vero anche nella lorovita privata, o meglio personale.Infatti, penso di non esagerare nel-l’affermare che il sacerdote non hapiù, dal momento della sua ordi-nazione, una vita privata. Questo non perché non deve piùavere momenti di solitudine in cuipuò rientrare più facilmente in sestesso e rafforzare il suo rappor-to con Dio5, che invece sono sem-pre auspicabili per non rischiareuna frantumazione della personalitànei tanti impegni che costellano lavita sacerdotale, ma perché anchein questi momenti di solitudine eglinon vive solo la sua relazione pri-vata con Dio, ma porta con sé «legioie e le speranze, le tristezze ele angosce»6 di coloro che gli sonoaffidati e, in generale, di tutto il mon-do. Questo è possibile compren-derlo meglio se guardiamo al Signore.Dice, infatti, l’autore della Lettera agli Ebrei, mentre descrive gli effet-

ti del sacrificio di Cristo:«[Cristo è entrato] nel cielo stesso, allo sco-po di presentarsi ora al cospetto di Dio in nostro favore»7.Il Maestro ha offerto se stesso in sacrificio per noi, è stato costi-

tuito dal Padre nostro mediatore presso di Lui. Affermato questo e tenen-do presente il fatto che il sacerdote ordinato partecipa del sacerdozio diCristo, cioè riproduce su questa terra l’attività sacerdotale di Cristo, ancheegli è chiamato a stare al cospetto di Dio in favore dell’umanità. Ed egliè, come Cristo al cospetto del Padre, sempre al cospetto di Dio, anchese non sempre potrebbe esserne consapevole. Così risulta, forse, piùchiaro il motivo per cui colui che è chiamato ad essere sacerdote, assun-to il ministero, può considerarsi senza vita privata: tutto quello che fa,anche nel nascondimento, è un gesto che compie al cospetto di Dio edegli è a davanti a Dio come mediatore per l’umanità.Un altro modo per comprendere questa affermazione è quella di ricor-rere all’immagine di un ponte che collega le due sponde di un fiume8.L’utilità e la necessità del ponte risulta chiara nel momento in cui si usaquesto ponte per passare da una sponda all’altra del fiume. Nel momen-to in cui, però, il ponte non viene più utilizzato, non per questo smette diessere ponte. Esso mantiene comunque in collegamento le due spondedel fiume, anche se nessuno lo sta attraversando.Per il sacerdote è lo stesso. Egli è il ponte che mette in collegamento lasponda umana con quella divina: questo ponte viene utilizzato dai cri-stiani quando celebrano i sacramenti o interagiscono a vario modo conil sacerdote. Nel momento in cui, però, il sacerdote si trova da solo nonper questo non è più questo collegamento tra Dio e l’uomo. Ne è benconsapevole il papa, che esorta i suoi presbiteri e, penso di non sbagliare,tutti i presbiteri della Chiesa a mantenere questo loro rapporto costantecon Dio, perché solo conoscendolo più approfonditamente sarà loro pos-sibile accompagnare l’umanità a Lui. E quale sia il modo in cui questorapporto tra Dio e il sacerdote si intensifichi è sempre stato chiaro alla

Chiesa che sempre, anche se in modidiversi, ha raccomandato ai sacer-doti: «dobbiamo allora vivere que-sta comunione e la celebrazione del-la Santa Messa, la preghiera delBreviario, tutta la preghiera perso-nale»9.

1 A. GALATI, Il sacerdote: pienamente uomoe pienamente di Dio, in Ecclesia in cam-mino Aprile 2010, pag. 22.2 Lectio divina del santo padre BenedettoXVI. Incontro con i parroci della diocesi diRoma, 18 febbraio 2010.3 CONCILIO DI TRENTO, Decreto sul sacra-mento dell’Eucaristia, 11.10.1551, cap. 1e can. 1: Denz. 1636.1651.4 Lectio divina del santo padre BenedettoXVI. Incontro con i parroci della diocesi diRoma, 18 febbraio 2010.5 Nella sua vita terrena, neanche il Signoresi è fatto mai mancare momenti in cui resta-va da solo con il Padre e inoltre, specie nelVangelo secondo Luca, questi momenti dipreghiera personale precedevano scelte impor-tanti effettuate poi da Gesù, come la chia-mata dei Dodici o l’accettazione dellaPassione per la nostra redenzione (cfr. Lc6, 12-13; 22, 39-46).6 Gaudium et spes 1.7 Eb 9, 24.8 L’immagine è stata usata anche dal papanella Lectio divina del santo padre BenedettoXVI. Incontro con i parroci della diocesi diRoma, 18 febbraio 2010.9 Lectio divina del santo padre BenedettoXVI. Incontro con i parroci della diocesi diRoma, 18 febbraio 2010.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 22

Page 23: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2323MaggioMaggio20102010

Stanislao Fioramonti

Q uando il 28 gennaio 1928 morì a 58 anni don Agostino Caramanica,arciprete di Valmontone e parroco di S. Maria, il suo successoreera scontato: don Benedetto Fralleone, di Segni, venuto a Valmontone

nell’ottobre 1919 su invito del card. Oreste Giorgi e quindi già da un decen-nio coadiutore (vice) del defunto. A collaborare con lui il vescovo dioce-sano Angelo Filippo Sinibaldi, gavignanese, lasciò il valmontonese donAngelo Margiotti, sacerdote dal 1906, e don Vincenzo Capone, origina-rio di Collepardo (FR), già frate Cappuccino e grande invalido della I Guerramondiale (1915-18), alla quale partecipò come cappellano militare e duran-te la quale fu ferito alla testa. Però fin dal settembre 1931 don Angelo Margiottifu dirottato nella parrocchia di S. Stefano, della quale divenne titolare inquello stesso anno per la morte per tisi, a 45 anni, del parroco don MetelloLivignani. Don Vincenzo Capone, per la ferita alla testa, presentava con-tinue amnesie e sbalzi d’umore, ben presto non fu più in grado di cele-brare messa, parlava poco con la gente e fino alla morte – avvenuta il 16febbraio 1952 a 74 anni - passò buona parte delle sue giornate a pas-seggiare sotto le colonnate della chiesa. Serviva insomma un coadiutore di don Benedetto e il nuovo vescovo diSegni, Alfonso Maria De Santis (1928-33), scelse un giovane prete di Gavignano,don Vincenzo Gabrielli. Oltre che giovane (28 anni, essendo nato il 16giugno 1903), era anche piccolo e magro e le pie donne della parrocchiasubito lo chiamarono “don Vincenzino”, per distinguerlo dall’altro, don VincenzoCapone, alto e robusto e purtroppo “lontano” dalla realtà per colpa dellaguerra. Come tutti i giovani che allora sceglievano la carriera ecclesia-stica, aveva studiato prima nel Seminario diocesano di Segni, dove fecei cinque anni di ginnasio-liceo, e poi al Collegio Leoniano di Anagni, volu-to dal papa carpinetano Leone XIII e aperto nel 1897 come Seminario Maggioreper il Sud Italia, dove completò il biennio filosofico e il quadriennio teolo-gico. Contemporaneamente, di solito tra i 20 e i 24 anni, i chierici rice-vevano nella Cappella maggiore del Seminario - davanti all’immagine del-la Mater Salvatoris, donata dalla diocesi di Ratisbona a papa Leone e daquesti destinata ad Anagni – gli otto Ordini sacri, cinque Minori e tre Maggiori,per il sacerdozio. Perciò anche don Vincenzo Gabrielli vi ricevette Tonsura(19 aprile 1924), Ostiariato-Lettorato-Esorcistato e Accolitato (31 luglio 1925)per mano del vescovo di Anagni Luigi Mazzini, mentre dal vescovo di FerentinoAlessandro Fontana gli fu conferito, sempre nella cappella del Leoniano,il Suddiaconato (31 luglio 1926), il Diaconato (31 ottobre 1926) e final-mente il Presbiterato, cioè l’ordinazione sacerdotale (2 aprile 1927). Non so se don Vincenzo abbia celebrato la prima Messa nel suo Collegioo nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta a Gavignano, paese nata-le dove forse spese anche le sue prime energie sacerdotali. Nel 1931-32, come abbiamo detto, fu destinato a Valmontone, “inve-stito – dice una burocratica relazione d’inventario – del beneficio ‘Madonnadelle Grazie’, che ha beni in natura che gli danno una rendita annuadi oltre 4000 lire”. La chiesetta delle Grazie o di S. Antonio Abate, tra Porta Romana evia Casilina, fu dunque la sua prima cura; gli incarichi pastorali furo-no invece, oltre a quello di vice-parroco, quello di assistente dei grup-pi giovanili di Azione Cattolica, fiorenti a Valmontone anche nella pri-ma metà del Novecento. Solo i cinque anni della seconda guerra mon-diale (1940-45) interruppero quel lavoro ma dopo, con il paese daricostruire materialmente e moralmente, don Vincenzo riprese l’atti-vità di sempre: sante messe, funzioni, benedizioni, battesimi, matri-moni, funerali e soprattutto riunioni con i giovani, e poi le devozionipersonali, le visite ai malati e ai poveri, tanti in quegli anni…E’ questo il don Vincenzo che ricordo anch’io, alla fine degli anni ’50,piccolo, la testa bassa e il passo lento per le strade polverose delpaese ancora diroccato, nella sua talare nera dalla quale estraeva,per i bambini “sgarrupati” del dopoguerra che gli si facevano intornoquando passava, caramelle se ne aveva, e sempre un’immaginettasacra della Madonna, di San Giuseppe, di S. Antonio Abate, tantoche quando non lo faceva lui erano i marmocchi a chiedere: “Don Vincè,e jo santino?” Don Vincenzo era semplice, ma non sempliciotto. Esiste un “Quaderno dei Verbali” delle riunioni della Gioventù Femminiledi Azione Cattolica di Valmontone (Circolo “S. Margherita Maria Alacocque”delle Socie Effettive) che riporta quasi un decennio (1946-54) di atti-

vità associativa e quindi anche dell’operasettimanale di don Vincenzo, AssistenteEcclesiastico delle giovani.

Si possono così conoscere gli argomenti che affrontava, che andavanodalla spiegazione dei Comandamenti o degli Atti degli Apostoli, all’approfondimentodi temi morali come il Peccato o la Purezza; ma non disdegnava gli argo-menti della Politica nazionale, se l’attualità lo esigeva. Erano infatti anni di scadenze elettorali importanti per l’Italia: il 2 giugno1946 ad esempio la maggioranza scelse la Repubblica al posto della Monarchia,e il 10 giugno successivo “recitata una breve preghiera, il Reverendo AssistenteEcclesiastico apriva l’adunanza parlandoci della Repubblica e della Monarchia,facendoci capire che dobbiamo sottometterci alle nuove leggi, cioè alleleggi repubblicane”. ll 18 luglio 1948 le elezioni ponevano di fronte una Democrazia Cristianain crescita e i partiti liberali o marxisti sempre forti, e allora il 1° marzo diquell’anno la Segretaria delle giovani scriveva: “In questa adunanza il ReverendoAssistente ha voluto tralasciare la spiegazione del Catechismo per darciun’idea a riguardo di queste elezioni, le quali saranno la vera e propriasorte della nostra Italia”. Era anche musicista, don Vincenzo, e spessoapriva o chiudeva quelle adunanze – che si tenevano di solito ogni lune-dì alle 15 del pomeriggio nell’Asilo delle Suore – accompagnando al pia-noforte le ragazze, alle quali insegnava canti religiosi, ma non solo (unavolta fu provato anche “Bianco fiore”!).“Don Vincenzo era bravissimo ad insegnarci la musica – mi ha detto pochigiorni fa Marisa, una delle ragazze di allora –; con due o tre prove impa-ravamo definitivamente”. Maestro di pietà dunque, don Vincenzo Gabrielli, ma anche di socialitàper tanti nostri padri e nonni, almeno dal 1931 al 1961. Nel febbraio 1961 infatti risulta ancora vice-parroco di don Paolo Cocchiain Collegiata, ma dai mesi immediatamente successivi iniziò il suo cal-vario, che sarebbe durato un decennio. Manifestando disturbi mentali sem-pre più seri, il sacerdote fu ricoverato nella clinica psichiatrica “Ancelledella Divina Provvidenza” di Bagni di Tivoli, sempre più estraneo al mon-do in cui era vissuto e alle persone che aveva amato, sempre più immer-so negli oscuri meandri della sua psicosi. In quella clinica tanti andarono a visitarlo, parenti, colleghi, amici, persi-no – il 24 maggio 1964 – il vescovo di Segni Luigi M. Carli, l’ultimo deicinque vescovi diocesani (dopo Sinibaldi, De Santis, Tessaroli e Severi)che aveva fedelmente servito negli oltre quarant’anni della sua vita sacer-dotale. E in quella clinica alla fine don Vincenzo si spense, a 67 anni, l’8luglio 1970. Ai suoi funerali, celebrati due giorni dopo dallo stesso vesco-vo Carli nella Collegiata di Valmontone, noi giovani ricordammo con nostal-gia la sua figura piccola, nella talare nera, per le strade polverose del pae-se ancora diroccato, che a noi bambini “sgarrupati” del dopoguerra dis-tribuiva caramelle, se ne aveva, e un santino, che non gli mancava mai.

Sacerdoti nella diocesi

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 23

Page 24: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2424 MaggioMaggio20102010

Francesco Cipollini*

C ompagno di studi dimons. Pennese (vediEcclesia di Aprile

2010), don Antonio Navarra,venne con lui ordinato sacer-dote il 21 giugno del 1936 dal-l’allora vescovo diocesanomons. Fulvio Tessaroli. Era natoa Segni il 20 maggio 1912, esat-tamente un mese dopo il suocompagno di studi. Dopo l’or-dinazione venne inviato come“economospirituale”alla parroc-chia di SantoStefano di Artena. Quattro anni dopo, nel 1940passò alla parrocchia di Santa Lucia in Segni. Le indicazioni non sono univoche relativamen-te alla data dell’inizio del ministero di don Antonio.Il numero di aprile 1995 de Il Cuore della Diocesidi Velletri-Segni riporta il 10 aprile. Valeriano Valenzi1 nel suo recente e interessan-te volume sulla chiesa di Santa Lucia indica l’8marzo come data in cui don Antonio Navarra assu-meva il beneficio della cura pastorale della par-rocchia segnina davanti al Comm. Montuori, rap-presentante della Reale Prefettura. Ricordo chia-ramente il racconto di don Antonio sulle difficol-tà con cui la comunità di Artena accettò il suotrasferimento a Segni; infatti, anche se la sua per-manenza era durata pochi anni, si era fatto benvolere dalla popolazione artenese. Ma dire donAntonio è dire la chiesa di Santa Lucia di Segni!Il 7 marzo 1944, giorno in cui Segni fu colpitada un terribile bombardamento da parte delle trup-pe alleate, don Antonio perse nel volgere di pochiminuti sia la chiesa sia sette dei suoi familiari.Attingo ai ricordi di Valeriano Valenzi. Don Antonio quel giorno sostava sotto al cam-panile al sole parlando con alcuni ragazzi. Il bom-bardamento avvenne alle ore 14.30 e un ordi-gno centrò in pieno la chiesa che risaliva certa-mente ad epoca tardo medievale, pur se con pro-fonde modificazioni nel corso dei secoli, infattipiù volte, anche dalle pagine di questo bel men-sile, ho accennato al fatto che Alessandro III il21 febbraio 1173 proprio nella chiesa di santaLucia canonizzò Tommaso Becket, l’arcivesco-vo di Canterbury ucciso nella sua cattedrale daisicari del re Enrico II nel 1170. La chiesa e diverse zone dell’abitato della cittàvennero distrutte. Don Antonio non si perse d’a-nimo. Passato il primo momento di sconforto, sipose alacremente al lavoro nell’intento di rico-struire materialmente la chiesa e moralmente lasua comunità. Nel 1948, si oppose al progetto del vescovo Tessaroliche voleva la ricostruzione di una piccola cap-pella; e, per garantire l’inizio dei lavori, giunsead impegnarsi la casa paterna. Si improvvisò anchecostruttore. Al fine di evitare interruzioni nei lavo-ri, registrò una ditta a suo nome e fece lavora-re gli operai su tre turni per assicurare lo sban-camento necessario per la nuova fabbrica. Il pro-getto definitivo redatto dall’arch. Provenzano, che

comprendeva oltre allachiesa anche un salo-ne teatrale sottostan-te e la casa canonicanel retro, venne defi-nitivamente approvatonel luglio del 1951. Lacostruzione sotto l’at-tenta guida di donAntonio venne com-pletata in un solo anno:dal 1951 al 1952; il 12luglio 1953 venne con-sacrata dal vescovoPietro Severi: donAntonio aveva di nuo-vo la sua Chiesa.Vorrei sottolineare un

aspetto della modernità dell’operato di don Antonio.Volle fortemente includere nella nuova costruzionegli spazi per la gioventù quali il salone teatralee i campi di bocce: mi sembrano un evidente segnodella sua ansia pastorale. Avvicinare i giovani, assicurare loro un ambien-te sereno e “sano” era un suo impegno costan-te che avrebbe caratterizzato tutto il suo mini-stero. Chi non ricorda la sua passione calcisti-ca? La domenica, la seconda messa mattutinaera collocata in orario tale che, al termine, potes-se farsi accompagnare presso il campo sporti-vo per seguire la “sua” squadra: il Segni. E ave-va riversato questo suo amore per il calcio anchein parrocchia; aveva fatto predisporre nel selciatodella piazza degli opportuni fori per potervi instal-lare delle porte da calcio (fatte preparare da lui)per consentire lo svolgimento di sfide calcistichefra i ragazzi non solo della sua parrocchia maanche di tutta la città. I tornei che ancora oggiin occasione della festa di sant’Anatolia si svol-gono nella piazzetta di santa Lucia sono anco-ra testimonianza della sua volontà di arrivare aigiovani attraverso il loro mondo, le loro esigen-ze, senza aspettare che siano essi a venire dalui. Quando ancora non erano facili gli spostamen-ti perché le autovetture private non erano cosìdiffuse soprattutto fra i ragazzi, era lui che orga-nizzava delle gite al mare durante il periodo esti-vo per assicurare ai ragazzi lo svago con la gui-da di un sacerdote. In occasione del suo 50° disacerdozio (celebrato sabato 20 giugno 1986)con Adolfo Paolo Pizzuti (nipote di don Antonio)avevamo preparato una solenne celebrazione.Eravamo stati con lui fino alla sera del venerdìprecedente per predisporre tutto quanto fosse neces-sario. E al termine dei preparativi parlando condon Antonio della sua gioia per questo importantetraguardo, gli dissi scherzando che il giorno dopoavrebbe potuto (anzi avrebbe dovuto!) alzarsi unpo’ più tardi... Era infatti solito alzarsi alle ore 4.00 per le suepratiche di pietà. La mattina del 20 giugno mirecai per tempo in chiesa e incontrato don Antonio,dopo gli auguri, chiesi se fosse allora riuscito adormire un po’ di più! Anche troppo fu la sua rispo-sta! Pensai che si fosse alzato tardi... “Mi sonoalzato alle 5.00, non potevo rinviare oltre la reci-ta dell’ufficio”, fu la sua precisazione. La sua gior-

nata non poteva iniziare tardi e non poteva ini-ziare se non con la lode al Signore. L’anno delcinquantesimo gli avrebbe portato,però, unmomento di difficoltà. Non fu facile per lui, infat-ti, accettare la ridefinizione dei confini delle par-rocchie del centro storico. Un decreto del vescovo mons. Martino Gomiero,, datato 7 ottobre 1986 aveva ristrutturato le par-rocchie della città di Segni: le 3 parrocchie delcentro storico (san Pietro, santa Lucia e santoStefano) confluivano nell’unica parrocchia di SantaMaria Assunta, la ex Cattedrale che aveva da pocoassunto il titolo di Concattedrale (si vedaEcclesi@ Aprile 2010). Don Antonio aveva lavo-rato in quella parrocchia dal 1940, ricostruendolafin dalle fondamenta: 46 anni di attività aveva-no fatto di lui una “istituzione”... Non condivideva l’idea di ridurla a semplice Rettoria;ma è ovvio che in lui le ragioni del cuore eranomolto più forti e vigorose delle motivazioni del-la ragione. Egli avrebbe potuto tranquillamente“andare in pensione”, rimase invece al suo posto,conservando il titolo di rettore e assicurando anco-ra per altri 8 anni la cura pastorale. Anzi si miseancor più a disposizione assicurando la confessionelà dove veniva chiamato (e.g. a santa Maria degliAngeli). I segnini lo ricordano sempre presentein chiesa, particolarmente nelle serate fredde checaratterizzano solitamente le celebrazioni pas-quali. La sera del giovedì santo, quando la litur-gia invita i fedeli a dedicare parte della notte all’a-dorazione di Gesù Eucarestia, non era inusua-le, fino a non molto tempo fa, assistere ad unamassiccia partecipazione dei fedeli cristiani a quel-la che veniva e viene impropriamente chiama-ta “visita ai sepolcri”. Oggi si va un po’ perden-do questa tradizione. Ma nella memoria è anco-ra viva a Segni la processione di gente che, can-tando e pregando, si spostava da una chiesa all’al-tra, in gruppo per sostare in preghiera con la gui-da dei sacerdoti, in modo particolare di S.Ecc.zaMons. Lorenzo Loppa (oggi è vescovo diAnagni-Alatri) e di don Claudio Sammartino, suosuccessore alla guida della comunità segnina diSanta Maria degli Angeli.Don Antonio, pur non essendo tenuto, a normadella liturgia, era solito predisporre la chiesa perl’adorazione eucaristica notturna; e chi si fosserecato in visita a Santa Lucia lo avrebbe trova-to fino a tardi, seduto negli ultimi banchi entran-do in chiesa, con la corona in mano. Era soli-to, annualmente, organizzare una giornata perincontrare la sua numerosa famiglia. Radunava tutti i suoi parenti presso un santua-rio, invitava tutti alla confessione, faceva cele-brare l’eucarestia e al termine assicurava a tut-ti un lauto pranzo! La sua preoccupazione pasto-rale non si esauriva nell’ambito della parrocchiama si allargava anche a coloro che il Signore gliaveva messo accanto come familiari. Ricordo ilsuo rammarico per non aver preso la patente insie-me agli altri sacerdoti della diocesi. Gran parte dei sacerdoti della diocesi prese lapatente insieme da adulti (erano altri tempi...),egli non poté per problemi di salute: si dispia-ceva perché era convinto che guidando lui stes-so avrebbe dato meno fastidio e avrebbe potu-to fare di più.

Don Antonio Navarra

Sacerdoti nella diocesi

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 24

Page 25: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2525MaggioMaggio20102010

Negli ultimi anni, era solito farsi accompagnareda don Gaetano Gizzi, altro monumento del cle-ro segnino. Molti li ricorderanno insieme sulla FiatPanda bianca di don Gaetano, spostarsi da unacapo all’altro della città. Per molti anni, finché donAntonio è rimasto a Segni, sono stati un bell’e-sempio di fratellanza sacerdotale, don Gaetano,leggermente più giovane (era nato nel 1920) loaiutava spesso nelle sue quotidiane necessitàe insieme erano soliti anche preparare degli otti-

mi liquori fatti in casa. Ricordo un pranzo con ilvescovo Vincenzo Fagiolo, don Antonio, don Gaetanoe don Adolfo, nel giardino retrostante la chiesadi santa Lucia in occasione di una festa di san-ta Anatolia: il vescovo Fagiolo, futuro cardinale,si complimentò per il limoncello preparato dai duesacerdoti e ne volle una bottiglia da portarsi aRoma, bottiglia prontamente riempita dalla scor-ta di don Antonio.Con l’avanzare degli anni e degliacciacchi, non gli fu più possibile rimanere da solo

nella canonica. Il 1 giugno 1994 si ritirò nel cen-tro sociale per anziani “Maria Lilia” di Colleferro.Ricoverato in ospedale il 29 marzo 1995 per bron-copolmonite, il giorno successivo alle ore 18.00tornava alla casa del Padre.

*Docente IRC e storico della Chiesa1

V. VALENZI, La Chiesa di Santa Lucia a Segni, primadella distruzione provocata dal bombardamento del 7marzo 1944, Segni 2008, 35.

D omenica 25 aprile, IVa di Pasquadedicata dalla liturgia al Pastore cherende il suo servizio all’amato

gregge donandogli la vita, si è concluso conl’Ordinazione diaconale il cammino formativo pre-vio e di discernimento vocazionale di Paolo Caponerache così è entrato tra i diaconi permanenti del-la Diocesi. Paolo, marito di Teresa e padre diAlessandro ed Emanuele, commerciante e perun periodo anche presidente dell’AssociazioneCommercianti di Velletri, da moltissimi anni siè inserito nella vita pastorale della Chiesa loca-le, con il movimento dei Cursillos e nelle atti-vità della sua parrocchia di Regina Pacis in Velletridove ha ricevuto i ministeri istituiti e dove hasvolto e svolge ancora la funzione di catechi-sta pre-sacramentale per la cresima e con lasua signora anche per le coppie che chiedonoil battesimo per i propri figli. Solo sette anni fa,spinto dal desiderio di un conoscenza più pro-fonda della Parola di Dio e della fede si è reso

disponibile allo studio sistematico delle mate-rie proposte dall’Istituto di Scienze religiose. Contemporaneamente è cresciuto in lui il desi-derio di un impegno più stabile e di una dedi-zione più ampia, da qui la verifica della sua voca-zione e l’accettazione del diaconato.Ha iniziato il suo cammino con S.E. Mons. Erbae lo ha proseguito sotto lo sguardo vigile di S.E.Mons. Apicella.Dovendo assolvere ai suoi impegni professio-nali inevitabilmente i tempi in vista dell’ordina-zione si sono allungati, rendendo però il cam-mino di discernimento più agile e tranquillo. Cosìquando domenica 25 aprile nella bella cattedraledi San Clemente è iniziata la liturgia per l’ordi-

nazione, il suo cuore, ma non solo quella deisuoi familiari ed amici e quello del vescovo era-no colmi di una naturale e garbata gioia.

La celebrazione, partecipata da una bel-la rappresentanza del popolo di Dio, èstata presieduta damons. Vincenzo Apicella,hanno concelebratodiversi sacerdoti tra i qua-li don Marco Fiore con-direttore del CentroDiocesano Vocazioni,mons. Roberto Marianiparroco della cattedra-le e delegato vescovi-le per il diaconato per-manente e il parroco diRegina Pacis mons.Angelo Mancini che hapresentato il candidatoe lo ha rivestito delle vesti

liturgiche. Nell’assemblea era presenta in for-ma ufficiale il sindaco di Velletri FaustoServadio ed altre personalità. La liturgia solenne e sobria, gui-data dal cerimoniere diocesa-no don Daniele Valenzi è sta-ta sostenuta magnificamentecon i canti del coro diocesanoguidati dal M° mons. FrancoFagiolo.Ovviamente a fare festa,ma soprattutto ad accogliere ilneo diacono, non vi era solo lafamiglia ma anche i membri delCollegio dei Diaconi permanenti. In tutta sincerità possiamo dire

che quella di Paolo diventato diacono è una sto-ria che racconta come dalla normalità di unavita vissuta tra lavoro famiglie e parrocchia pos-sa fare capolino la vocazione e come questaè stata recepita ed accolta dall’interessato e dal-

le persone che gli sono accanto. Di tutta la sto-ria e di tutti i protagonisti rendiamo grazie a Dio.

n.d.r.

Paolo concelebra per la prima volta

Paolo veste gli abiti liturgici del diacono

Il saluto del Sindaco F. Servadio e di altre persone

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 25

Page 26: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2626 MaggioMaggio20102010

Mons. Luciano Lepore*

D avanti al clamore suscitato dai mass mediacirca questo peccato dei preti, mi permetto

di presentare ai lettori di Ecclesia alcune rifles-sioni da me espresse nelle omelie domenicali del-la domenica in Albis, opinioni che hanno susci-tato, al di là di qualche contestazione sull’oppor-tunità, un coro di consensi. Il popolo di Dio si aspet-ta, infatti, degli interventi chiarificatori da parte del-la Chiesa che affronti la questione in modo glo-bale. Io ho provato a farlo e vi espongo il mio mododi vedere, sperando di provocare un dibattito alme-no all’interno della nostra comunità diocesana. Unaprima osservazione da cui partire è che i sacer-doti, pur dovendo tendere ad essere perfetti edesemplari, di fatto non lo sono e spesso rivela-no, con grande scandalo per i fedeli, le debolez-ze di tutti gli uomini: la grazia non si sostituiscealla natura, ma cerca di elevarla a nobili sentimenti,nonostante le resistenze umane. La Chiesa è, allostesso tempo, “santa e peccatrice”, proprio comelo sono gli uomini che la compongono ed essi sonoresponsabili del proprio agire morale davanti a Dioe agli uomini. Purtroppo si annidano nella Chiesapreti omosessuali, pedofili, alcoolisti, donnaioli, attac-cati al denaro, carrieristi, ecc. Nonostante la serie-tà con cui nei seminari si cerca di selezionare ipastori, non sempre si riesce, qualche volta nonsi è sufficientemente decisi, data anche la scar-sità di clero, a discernere il pesce buono da quel-lo cattivo. Certi limiti della persona si manifesta-no del resto soltanto negli anni, quando, esauri-ta la carica iniziale, il prete come l’uomo sposa-to, incapace di ritornare alle fonti della propria voca-zione, si lascia condizionare dallo spirito del mon-do ed entra in crisi. Nel periodo di crisi, normal-mente da i quarant’anni in su, si manifestano ledebolezze umane e vengono meno i freni inibi-

tori. In questo periodo di crisi è importante la figu-ra del vescovo che, come padre, ha il dovere direcuperare, quando è possibile, la pecorella smar-rita. L’errore della Chiesa in questi anni del dopo-guerra, quando è scoppiata la grana, è stato quel-lo di usare il metodo della comprensione e dellacarità verso i sacerdoti peccatori, i quali spessohanno chiesto perdono e comprensione, non ponen-dosi in modo altrettanto serio di quanto fosse impor-tante, anzi primario, salvare la giustizia e la cari-tà verso i minorenni. Così, pensando di evitarelo scandalo, pagando i danni morali, non solo diver-se diocesi americane sono arrivate al fallimento,ma, con la politica di spostare i pedofili da unaparrocchia all’altra, si è continuato a perpetrareil delitto, gravissimo anche dal punto evangelico:guai a chi scandalizza uno di questi piccoli; è meglioche metta una macina da molino al collo e si get-ti in mare! Diciano pure che la Chiesa in gene-rale, per paura dello scandalo, ha scelto una lineadi governo secondo la presunta logica del maleminore, mentre sarebbe stato più opportuno iso-lare le mele marce e, se si ritengono malate, cura-le in apposite strutture. Certo la cura migliore nonera quella di spostare le persone affette da que-ste tendenze da parrocchia a parrocchia, specialmentelasciandoli a contatto con i giovani. Così non si è fatto altro che diffondere la lebbra!I vescovi, quanto meno, avrebbero dovuto utiliz-zare queste persone per incarichi che non com-portassero il diretto contatto con i più giovani e,se proprio era necessario, ridurli allo stato laica-le. Insomma, la Chiesa ha il dovere di chiedereperdono, se non altro per essere stata troppo indul-gente verso i preti e per aver sbagliato il modo diaffrontare il problema. Un’altra osservazionerilevante riguarda il Papa attuale che non ha leresponsabilità che gli vengono attribuite, tanto piùche mi sembra stia facendo il massimo; ne è unesempio la lettera alla Chiesa d’Irlanda, per por-re rimedio al male in questione, anche se un inter-vento analogo dovrebbe riguardare altri fenome-ni dello stesso genere a cui si è fatto cenno sopra.Benedetto XVI, alla vigilia di essere Papa, nellaVia Crucis di quell’anno, aveva parlato di una Chiesabisognosa di conversione e di purificazione. Si dirà:come prefetto della Congregazione per la preservazionedella Fede, non doveva intervenire, ancor primadi essere capo, per dare delle indicazioni più rigi-de ai vescovi? Non so se in questa questione nonci siano leggerezze o, forse, paure di scandali deiprecedenti Pontefici e di altri prefetti di dicasteriche riguardano il clero! Anche per questo mi pareche ci sia una volontà di colpire la persona delPapa da parte di certe lobbies internazionali chefanno del tutto per colpire la Chiesa. Questo Papaforse non riscuote i consensi delle masse comealcuni suoi immediati predecessori ma non mi pareche sia meno sicuro riguardo a dottrina ed a volon-tà di riforma! La sua timidezza e riservatezza nonpossono essere interpretate come debolezza e reni-tenza ad affrontare le difficoltà del momento pre-sente! Si dà il caso che un miliardo e duecentomilioni di cattolici mettano paura a certi gruppi dipotere che, che non condividono le posizioni del-la chiesa sulla morale, sulla vita affettiva ed ancormeno, alcune prese di posizione sulla politica medio-rientale. Mi fermo sul generico, perché accusarecerte lobbies, le quali hanno in mano i mezzi di

comunicazione sociale e se ne servono in modospregiudicato per colpire la Chiesa, significa pre-stare il fianco a controaccuse da cui difficilmen-te ci si può difendere, ma, dice il Vangelo: “chi haorecchi per intendere, intenda!”Un’altra osservazione in positivo riguarda le rica-dute di questa campagna sotto certi aspetti volu-tamente denigratoria. Le accuse contro i preti pedo-fili serviranno a fare chiarezza nella Chiesa e aprendere provvedimenti più conformi al dettato delVangelo e dal punto di vista umano più adatti alimitare il fenomeno che rimarrà sempre non deltutto eliminabile, date le debolezze della naturaumana, soggetta agli effetti del peccato origina-le e alla presenza dello spirito del male, ma vogliosperare che la sofferenza della Chiesa in questomomento particolare possa essere di insegnamentoper tutti. Se questa forma esecrabile di compor-tamento, uno dei reati più gravi ed odiosi ci col-pisce non ci dobbiamo nascondere dietro un dito;statisticamente sembra provato che nella Chiesail problema riguardi meno di un prete su mille sacer-doti, come afferma la stessa CNN. Fosse ancheun solo caso esso rimarrebbe indubbiamente gra-ve, tanto più che il prete ha scelto di essere testi-mone dei valori evangelici nel mondo. Vorrei, però,che l’umanità prendesse coscienza di quello cheavviene nelle famiglie dove i padri, i nonni e i fra-telli spesso assoggettano i piccoli a rapporti ince-stuosi fino ad avere figli dalle proprie figlie e daaltri parenti! Si guardi ai casi di divorziati rispo-sati o conviventi che spesso hanno rapporti conle figlie delle proprie nuove mogli o compagne!Se Atene piange, Roma non ride! E’ tutta una socie-tà che deve fare il mea culpa, soprattutto doman-dandosi a che porta una sessualità sbattuta in tele-visione, in Internet e sui giornali specializzati inquesto campo. Che dire, poi, dei viaggi organiz-zati nei paesi poveri del mondo emergente conlo scopo di abusare impunemente di bambini ebambine poveri e derelitti? Qualche tempo fa sidiceva che girare nudi in casa o farsi il bagno nuditutti insieme in famiglia oppure frequentare le spiag-ge dei nudisti era segno di libertà e di progres-so. Ma è proprio così? La mancanza di pudoreproduce rispetto per la sessualità o è causa di degra-do sociale? Un’ultima osservazione riguarda il celi-bato. Sembra che attraverso questa campagnasi voglia indurre la Chiesa cattolica ad abolire que-sta norma che, se non si può dimostrare esseredirettamente insegnata da Cristo, Pietro era spo-sato, appare quanto meno consigliata da Paolo.Non mi voglio pronunciare sulla questione, ma riten-go assolutamente fuori luogo invocarla come solu-zione al presente problema dal momento che siconoscono casi, e sono la maggioranza, di per-sone sposate che compiono più o meno abitualmenterapporti perversi, compresi quelli pedofili. In con-clusione, mi pare si possa dire con Gesù “guai acoloro a causa dei quali avvengono gli scanda-li!”, ma siccome gli scandali avvengono, faccia-mone tesoro per una radicale conversione dellaChiesa e del mondo cosiddetto laico. Bene ha det-to Gesù: “chi è senza peccato scagli la prima pie-tra!”. Piuttosto che massacrarci, aiutiamoci fraternamentea uscire fuori dalla melma in cui è caduta tutta lasocietà a causa della dominante cultura radica-le e liberale!

* Parroco di S. Barbara, Biblista e da quarant’anni pastore

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 26

Page 27: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2727MaggioMaggio20102010

LETTERA

PASTORALE

Don Dario Vitali

PP er la Pasqua il vescovo hapubblicato una nuova let-tera pastorale sul tema scel-

to per il programma diocesano 2009-2010:«L’educazione è cosa di cuore». Quello delle lettere pastorali è una modalità tipi-ca di esercizio della funzione di insegnare cheappartiene al vescovo per la sua funzione di suc-cessore degli Apostoli, e quindi maestro, pasto-re e liturgo del popolo a lui affidato. Il concilio Vaticano II afferma che «tra le funzioniprecipue dei vescovi eccelle la predicazione delVangelo. I vescovi sono, infatti, gli araldi dellafede, che portano a Cristo nuovi discepoli, sonoi dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo,che predicano al popolo loro affidato la fede dacredere e da applicare nella pratica della vita,che illustrano questa fede alla luce dello Spiritosanto, traendo fuori dal tesoro della Rivelazionecose nuove e cose vecchie (cfrMt 13,52), le fanno fruttifica-re e vegliano per tene-re lontano dal loro greg-ge gli errori che lo minac-

ciano» (LG 25). Ancora il Vaticano II dice che è compito dei vesco-vi, «illuminati dallo Spirito di verità, conservarefedelmente con la loro predicazione la sacraTradizione, esporla e diffonderla» (DV 9): in que-sto modo «il popolo santo, unito ai suoi pasto-ri, aderisce al sacro deposito della parola di Dioaffidato alla Chiesa, persevera costantementenell’insegnamento degli apostoli e nella comu-nione, nella frazione del pane e nelle orazioni(At 2,42)» (DV 10). Se tale compito si manife-sta soprattutto nella predicazione, è attraversoquesto strumento della lettera pastorale che ilvescovo può raggiungere tutta la portio PopuliDei affidata alle sue cure. Leggere la lettera pasto-rale e farla propria è dun-

que atto eccle-

siale di grande valore: ancora il Vaticano II diceche «nel ritenere, praticare e professare la fedetrasmessa si crei un profondo consenso tra vesco-vi e fedeli» (DV 10). L’espressione rimanda aquella singularis Antistitum ac fidelium conspi-ratio che è stata l’argomento fondamentale perla definizione dei dogmi dell’ImmacolataConcezione e dell’Assunzione di Maria in cie-lo. Il senso della fede del popolo cristiano, checostituisce una voce della Tradizione, si formanutrendosi soprattutto della predicazione dei suoipastori: di qui la responsabilità del vescovo diprovvedere al suo popolo cibo solido e non sololatte spirituale (cfr 1Cor 3,2; Eb 5,13), l’impe-gno dei fedeli ad ascoltarlo come il pastore chia-mato a guidare il suo gregge ai pascoli di vita

eterna e a dare, se necessario,la sua stessa vita e non sol-

tanto la parola, peril suo popolo (cfr

Gv 10,1-10).

A proposito dieducazione

Don Daniele Valenzi*

“L’educazione non puòessere semplicemente tra-smissione di concetti odi valori, ma disponibili-tà a “stare con” coinvol-gimento reciproco acapacità di stabilire rela-zioni profonde in cui l’e-ducatore è chiamato a daretestimonianza con leproprie scelte di vita , piut-tosto che salire in cattedra …” A partire da que-ste parole che il nostro vescovo ci ha consegnatonella sua lettera pastorale, mi soffermo a farequalche considerazione. Educare in senso pie-no richiede da parte di chi la esercita, da par-te di chi educa, innanzitutto stabilire il fine. Ciòpermette di orientare gli strumenti, gli stili, le ope-razioni da affrontare per raggiungere tale sco-po. Dire educare significa in primo luogo dire chiè l’uomo.Se l’uomo, come troppo spesso la società delnostro tempo ci induce a pensare, è conside-rato soltanto come il data base del PC, comeun insieme di dati e di nozioni, allora educaresarà soltanto trasmettere una dottrina, delle for-mule, delle conoscenze e l’educatore sarà neces-sariamente il maestro, il sapiente, l’erudito colui

che sa tante cose. Se l’uomo èsoltanto un perfetto esecutore di comportamentisocialmente buoni, allora educare sarà addestrarerendere capaci di rendere abitudini di vita social-mente buoni, l’educatore sarà allora un buon alle-natore, un buon programmatore. Entrambiquesti modi di guardare l’uomo, sono non soloparziali e riduttivi, ma non riescono a centrarela verità dell’individuo, che è ben altro. L’uomonon è né la somma delle proprie conoscenze,né un esecutore di modelli comportamentali. L’uomoè innanzitutto chiamato ad essere creativo, a rea-lizzarsi attraverso la sua libertà, ad assumersidelle responsabilità reali nei confronti del sen-so della propria vita. L’uomo si rende conto edimpara ad esercitare tale libertà solo all’internodelle relazioni con le persone. Qui emerge il signi-ficato, il valore, lo scopo della vita. Se l’educa

zione deve consegnare all’uomo la capacità difare ciò, l’educatore non può essere soltanto unsapiente o un allenatore, ma deve innanzituttoessere un testimone. Capace di raccontare labellezza della vita attraverso una visione del mon-do ricca di significati e di valori, e per ciò capa-ce di entrare in relazione con le persone che glisono state affidate in modo da trasmettere a costo-ro qualcosa che è di più del semplice “sapere”o “saper fare”. L’uomo è la ricchezza creativadi passioni, di ideali, di desideri, ed è possibiletrasmettere tutto ciò solo quando l’incontro, larelazione interpersonale che si instaura tra edu-catore e l’educato, è una relazione fatta di sti-ma, di affetto, di accoglienza, di verità, di pazien-za e di speranza.

* Dir. Uff. Catechistico Diocesano

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 27

Page 28: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2828 MaggioMaggio20102010

CC on riferimento al diritto fondamentale al matrimonio (ius connubii),disciplinato dal can. 1058 CIC, si deve notare che, qualora lacelebrazione del matrimonio mettesse in pericolo insormonta-

bile i valori soprannaturali della fede e della vita di grazia, instaurandoun conflitto tra tali valori e l’esercizio dello «ius connubii», prevarrebbel’obbligo della loro tutela e della conseguente rinuncia al matrimonio, postoche il bene personale della fede deve essere protetto incondizionata-mente. Tuttavia, qualora il matrimonio con un non battezzato non intac-casse il nucleo irrinunciabile della fede, l’impedimento dovrà essere inte-so come cautela, imposta dalla Chiesa, ma subordinata alla possibilitàdi esercizio dello «ius connubii». Il primo paragrafo del canone a com-mento, determina quali siano i requisiti personali della fattispecie inabi-litante: Il primo criterio è quello dell’appartenenza alla Chiesa Cattolica.Ne consegue che non sono soggetti (stando al testo codiciale, anchese nel prosequio dell’articolo occorrerà fare alcune precisazioni) a que-sto impedimento i battezzati fuori della Chiesa Cattolica. Sono sogget-ti invece i battezzati validamente nella Chiesa Cattolica, con l’intenzio-ne di esservi aggregati. La condizione di tale aggregazione consiste nel-l’intenzione manifestata, espressamente o tacitamente, dal battezzatoadulto dotato di uso di ragione o, in caso di incapacità psichica del bat-tezzato, dai genitori, tutori, o, in mancanza di questi, dallo stesso mini-stro il quale, fino a prova contraria, si presume che voglia aggregarloalla propria confessione religiosa.La medesima condizione emerge daldisposto del can. 868, 2 del CIC, concernente l’amministrazione del bat-tesimo ad un bambino in caso di pericolo di morte. Il battesimo, ai finidella sua validità, deve comunque essere conferito secondo i requisitimateriali e formali fissati al can. 849 del CIC e con la riferita intenzione.L’impedimento esplica i suoi effetti anche sul fedele accolto nella ChiesaCattolica e proveniente da altra comunità ecclesiale dove sia stato vali-damente battezzato, per effetto di equiparazione al resto dei fedeli bat-tezzati nella Chiesa Cattolica. Il secondo criterio è la condizione dipermanenza nella comunione del battezzato nella Chiesa Cattolica o inessa accolto, che cioè non deve averla abbandonata tramite atto for-male di separazione. Sotto la vigenza del Codice del 1917 invece, in appli-cazione del principio “semel catholicus semper catholicus” (una volta dive-nuto cattolico lo si è per sempre), l’impedimento sussisteva anche qua-lora la persona si fosse separata formalmente dalla Chiesa per aderiread altra confessione. (Tale riferimento tr va riscontro nelle modifiche appor-tate all’attuale normativa, oggetto della successiva analisi) Il terzo cri-terio è il mancato battesimo o la sua invalida recezione in un dei con-traenti. Ci si riferisce ad un fatto oggettivo, quale la mancanza del bat-tesimo o la sua invalida amministrazione, che investe uno dei due con-traenti, non avendo alcuna rilevanza l’errore o l’ignoranza degli stessisu tale fatto ai fini della validità della celebrazione.Trattandosi di batte-simo ricevuto nella Chiesa Cattolica, la nullità si fonda su uno dei pos-sibili capitoli previsti per la validità del battesimo: difetto di materia o diforma, difetto di intenzione nel soggetto, mancanza di intenzione nel mini-stro. Se non si dimostra nessuno di questi motivi, non c’è ragione di dubi-tare della validità del battesimo. Lo stesso criterio si applica al battesi-mo ricevuto fuori della Chiesa Cattolica; a tale riguardo, la dottrina cat-tolica può essere così riassunta. Circa il battesimo ricevuto nelle chie-se orientali non vi sono dubbi sulla sua validità, ed è sufficiente che con-

sti l’avvenuto conferimento del sacramento; per quanto invece riguar-da le altre comunità cristiane, si riconosce la validità del batte-

simo se sussistono i requisiti di materia e forma, vale a dire,il battesimo conferito per immersione o infusione con l’im-piego della formula trinitaria e l’intenzione di fare ciò chefanno i cristiani e, pertanto, la carenza di fede nel ministro,di per sé, non rende invalido il battesimo, come d’altra par-te si deve presumere una intenzione sufficiente in colui cheamministra il sacramento finché non consta seriamente undubbio sul suo proposito di fare ciò che fa la Chiesa. Il

testo codiciale stabilisce poi un’ulteriore limitazione, all’ap-plicazione della fattispecie inabilitante, nella riservaai soli cattolici che persistano «de iure» nell’appar-tenenza alla Chiesa Cattolica, escludendo, con ciò,coloro che l’hanno abbandonata con atto formale.

Dov’è la famiglia?

Mattia Bertoldi*

ove sono i padri, le madri, i figli,ognuno di essi con i propri pro-blemi?

Se guardiamo ai mass media, spesso vedia-mo esempi di famiglie spensierate ed allar-gate: famiglie senza riscontri nella real-tà, non quelle “tradizionali”, cioè quelle incui viviamo, ma famiglie in cui educare ifigli responsabilmente è sempre più un optio-nal. In questo tempo di relativismo mora-le e sociale la Conferenza Episcopale Italianaha orientato il prossimo decennio nel sol-co della “Sfida Educativa”, che si combattesoprattutto nella famiglia. La famiglia è una risorsa ignorata, se nonaddirittura ostacolata, dal mondo che cicirconda, dalle istituzioni ai mass media,che ne presentano una realtà distorta. Occorre che venga difesa alla radice neisuoi valori. Dal 1931 Famiglia Cristiana c’è e c’è perla famiglia. Una rivista “familiare” che cor-risponde alla “Sfida Educativa”, non si occu-pa di pettegolezzi, ma dà voce alle fami-glie e desidera essere a sostegno di esse,senza sconti per nessuno, non schiera-ta politicamente, ma sempre e solo dal-la parte del Vangelo e del Magistero del-la Chiesa. Dal 15 Aprile è in diffusione una nuovaFamiglia Cristiana nelle parrocchie che cre-dono a questo progetto educativo. E’ il più diffuso settimanale cattolico pre-sente nel vasto mondo della ComunicazioneSociale, un punto di vista per chi vuoleleggere la realtà con un’ottica cristiana.Il settimanale si è rinnovato graficamen-te, nei contenuti, nelle rubriche, ha nuo-vi collaboratori. In questa nuova linea ci sarà sempre piùuna informazione di servizio e di soste-gno a tutte le famiglie, in modo specifi-co alle giovani coppie con figli. E’ on-line anche il nuovo sito www.fami-gliacristiana.it, un portale ricco di infor-mazioni ed integrativo della versione car-tacea.

*Referente di zona

DD

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 28

Page 29: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

2929MaggioMaggio20102010

Le 6 cose nuovissime da sapere

sulla nuova FamigliaCristiana

1 NUOVA COPERTINE e NUOVA GRAFICA► Nuova copertina► Nuova grafica interna- Leggibilità- Coinvolgimento del lettore- Chiarezza e pulizia nei titoli e nelle pagine- Box di approfondimento- Dati, cifre, informazioni aggiuntive

2 UN GIORNALE PER LE FAMIGLIE CONFIGLI► Nuovi collaboratori- Esperti : Osvaldo Poli, Alberto Pellai,

i coniugi Gillini Zattoni, Renata Maderna► Nuovi servizi e inchieste dedicate allafamiglia- Ogni settimana una INCHIESTA SUI TEMIFAMILIARI- ESSERE GENITORI , la nuova sezione dedicata aigenitori di bambini, ragazzi e adolescenti

- NUOVI ARGOMENTI: Crescere un figlioinsieme, Un adolescente in casa, Innamoramento &Amore- NUOVO SPAZIO BAMBINI: La stanza deibambini, giochi e attività per i più piccoli

3 INSERTO SPECIALE DOSSIERDedicato ogni settimana alla vita familiare: SCUOLA, SALUTE, EDUCAZIONE, CASA,LAVORO,CONSUMI. Pratico, utile, dati e informazio-ni essenziali, approfondimenti e testimonianze

4 NUOVISSIME LE RUBRICHE per tutta lafamiglia► Cara Famiglia, all’inizio del giornale► Dalla parte dei lettori: salute, soldi, previdenza,assistenza► Il mondo di Licia: la cura della natura conLicia Colò► L’Italia in diretta: in prima linea al serviziodei cittadini con Riccardo Iacona► Scienza & Tecnologia: curiosità, innovazio-ne, internet, mondo digital► Vita in casa: praticità, servizio per tutte le

cose di casa► Week End: offerte, vacanza con la famiglia,calendario mostre e sagre sul territorio► Spazio Bambini, per attività e giochi genitori epiccoli insieme► TV, non solo i palinsesti ma schede ragionateper una buona televisione► In tutta confidenza, domande a raffica sututto con un personaggio ogni settimana► Libri, classifiche, interviste, recensioni

5 UN GIORNALE AL SERVIZIO DELLA FEDE► Colloqui col padre, di don Antonio Sciortino► Il vangelo della speranza, di GennarioMatino► Chiedi al teologo, tre domande e tre rispo-ste sintetiche di tre teologi► Il Catechismo, di Silvano Sirboni► La Bibbia in un frammento, di GianfrancoRavasi

6 TUTTE LE FACCE DELLA NUOVA FAMIGLIACRISTIANA► I nuovi entrati e le grandi firme di sempre

Una visita inCattedrale:

la cappella del RosarioEntrando nella Cattedrale di Santa MariaAssunta di Segni, potete ammirare sulla destra,la cappella del Rosario. Ampia e riccamente deco-rata, la cappella prende il nome dalla Confraternitadel Rosario, a cui apparteneva. Dal manoscrittodi Gregorio Lauri (1701 – 1708), sappiamo cheuna cappella del Rosario vi era anche nella piùantica Cattedrale, ugualmente di proprietà del-la omonima Confraternita, da sempre una del-le più facoltose della città. Su commissione della Confraternita furono ese-guiti, nell’anno 1642, tutte le decorazione in stuc-co, opera degli artisti romani: Francesco Vaianie di suo figlio Valerio. Così anche le decora-zione pittoriche e le tele, che hanno tutte cometema principale il Rosario. Al centro della cappella, su un altare in marmipregiati e racchiusa in un’elegante edicola vi èla tela, dipinta ad olio e raffigurante la Madonnache dona il rosario a S. Domenico. L’opera è stata da alcuni attribuita a Pietro Berrettini,meglio noto come Pietro da Cortona, ma la mag-

gior parte attribuiscono il dipinto a un valenteartista romano della scuola del Maratti e ope-rante negli ultimi decenni del secolo XVII. Ad A. Generoli, pittore minore affacciatosi sul-la scena romana verso la metà del XVIIsecolo, sono attribuiti i due grandi dipin-ti laterali della cappella. A destra è raffi-gurata la Dormitio Mariae e la sua asce-sa in cielo, in alto quattro piccoli riqua-dri, sorretti da angeli, raffigurano laResurrezione, l’Ascensione, la Pentecostee la Gloria degli Angeli e dei Santi, checon l’Assunzione costituiscono la seriedei cinque misteri gloriosi del Rosario.Nella parete di sinistra vi è raffigurata LaNascita del Signore. Allo stesso modo,in alto vi sono i quattro piccoli pannelliraffiguranti l’Annunciazione, la visitadella Madonna a S. Elisabetta, la pre-sentazione di Gesù Bambino al tempioe il ritrovamento di Gesù nel tempio, checostituiscono i misteri gaudiosi delRosario. Alcuni studiosi ritengono che l’au-tore di quest’ultimo dipinto sia un pitto-re del XVII secolo diverso per tecnica evalore artistico dal Generoli.Nell’anno santo del 1700, come ricordanole epigrafi, la cappella fu chiusa da unaraffinata balaustra in marmo. Prima del-la Riforma Liturgica, operata dal Concilio

Vaticano II, vi si eseguiva, al canto dell’ora ter-za, il rito della vestizione del Vescovo, quandoquesti indossava i paramenti sacri per celebrarenell’altare del coro la Messa Pontificale.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 29

Page 30: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3030 MaggioMaggio20102010

XXV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

“Maestro buono, che cosa devo fare per avere in ereditàla vita eterna?” (Mc 10,17).

Don Corrado Fanfoni*

I l cammino dei giovani procede senza intop-pi e l’appuntamento principale di quest’ultimoperiodo è stato quello della Veglia in occa-

sione della XXV Giornata Mondiale dellaGioventù che ogni diocesi ha vissuto con il pro-prio Vescovo. Noi ci siamo ritrovati sabato 27 Marzonella Cattedrale di San Clemente per ripercor-rere insieme attraverso un video tutte le Giornatedella Gioventù con il Papa…La prima edizionesi svolse quindi a Roma il 23 marzo 1986. In quel-l’occasione Giovanni Paolo II si rivolse ai giovani

di tutto il mondo con la lettera “Sempre pronti atestimoniare la speranza che è in Voi”, dando quin-di appuntamento a tutti per l’anno successivo nondi nuovo a Roma, ma Buenos Aires.Negli anni dispari l’incontro si sarebbe quindi svol-to in una città del mondo scelta dal papa. Da allo-ra il dicastero vaticano incaricato dell’organizzazionee del coordinamento delle Giornate mondiali èil Pontificio Consiglio per i Laici, la cui “SezioneGiovani” fu istituita a questo scopo nel 1985. L’incontrodi Buenos Aires si tenne l’11 e 12 aprile del 1987,Domenica delle Palme: nell’occasione novecentomilapersone affollarono l’imponente viale Avenida 9de Julio. La seconda GMG internazionale,tenutasi a Santiago de Compostela, in Spagna,nel 1989, fu tra le probabili concause che ridie-dero popolarità all’antico cammino di Santiago;a partire da questo incontro la Giornata Mondialesi è ampliata con tre giorni di catechesi primadella celebrazione finale. Per la prima volta l’in-contro non si teneva la Domenica delle Palme,ma in piena estate. Gli incontri internazionali suc-cessivi divennero sempre più lunghi e articola-ti. La città successiva che ospitò l’evento fuCzęstochowa: scelta doppiamente significativa:il Papa nel 1991 portava per la prima volta la GMGnon solo nel proprio paese natale, la Polonia maanche al di là della cortina di ferro. Per la primavolta quindi parteciparono i giovani degli stati del-l’ormai defunto blocco sovietico. L’edizione suc-cessiva, tenutasi nel 1993, si svolgeva aDenver: per la prima volta in un paese, gli StatiUniti, non a maggioranza cattolica. La novità diquesta edizione fu la celebrazione della Via Crucis.Dopo le prime “pionieristiche” edizioni, la GMGcominciava ad essere, nel bene e nel male, unevento di rilevante portata mediatica. Nel 1995la Giornata giungeva in Asia, a Manila, capita-le delle Filippine, il paese più cattolico del con-tinente: si tratta dell’edizione che in assoluto havisto più partecipanti, circa cinque milioni (in basealle stime, si tratta del settimo più grande radu-no di massa della storia).L’introduzione di quest’anno furono i cosiddetti“Giorni nelle Diocesi”: i pellegrini furono peralcuni giorni ospiti delle diocesi francesi con momen-ti di festa, preghiera e conoscenza.Per l’edizio-ne successiva di Roma si dovettero aspettaretre anni, e non due: questo per inserire l’incon-

tro nel calendario del Giubileo del 2000. Oltredue milioni e mezzo di giovani raggiunsero la Cittàeterna, per partecipare alle iniziative, culmina-te con una veglia e la messa presso la spiana-ta di Tor Vergata. Nell’occasione i media italia-ni coniano il termine “papaboys” per etichettarei partecipanti. La Giornata Mondiale dellaGioventù del 2002 si tenne a Toronto, in Canada.Questo incontro è ricordato soprattutto per il cli-ma di incertezza in cui si svolse, essendo anco-ra freschi nella memoria gli attentati dell’11 set-tembre 2001. Fu anche l’ultimo incontro di papaWojtyla, che vi partecipò ormai molto malato.È il nuovo Pontefice, Benedetto XVI, ad acco-gliere i giovani nell’agosto del 2005 a Coloniain Germania, la sua terra di origine. Siamo venu-ti per adorarlo fu lo slogan della manifestazio-ne: sono le stesse parole pronunciate dai Re Magi,le cui reliquie secondo la tradizione sono custo-dite nella città sul Reno. L’edizione del 2008 a Sydney in Australia, è sta-ta probabilmente quella con la maggiore risonanzamediatica. Ampio risalto è stato dato in questegiornate ai drammi degli australiani aborigeni; lagiornata verrà ricordata anche per l’ennesima pre-sa di posizione papale sui Casi di pedofilia all’in-terno della Chiesa cattolica. Il prossimo incon-tro si terrà a Madrid nel 2011. È proprio all’aa-puntamento di Madrid che punteremo nel cam-mino di Pastorale Giovanile dell’anno prossimoe già nella sera della Veglia abbiamo comincia-to a dare qualche informazione. L’incontro è con-tinuato con la cena offerta dalla Parrocchia e conla Preghiera che è cominciata e si è conclusain piazza, ai piedi della Croce (“protagonista” indi-scussa della GMG!): il nostro vescovo Vincenzoha pregato con noi, ha letto insieme a noi la let-tera del Santo Padre in occasione della Giornatae ha condiviso in anteprima con noi la sua nuo-va lettera pastorale sul tema dell’educazione. Comesimbolo della serata vissuta insieme, ai parte-cipanti è stata regalata una croce che oltre adessere il segno di grande speranza per i cristianiè stata (ancora una volta) il segno di unità anchedei giovani della diocesi di Velletri-Segni che nonhanno timore di seguire il Signore Gesù e di chiederGli:“Maestro buono, che cosa devo fare per ave-re in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17).

*Incaricato Dioc. Per il Servizio di Pastorale Giovanile

PELLEGRINAGGIO DEI GIOVANI DELLA DIOCESI

Per la prima volta quest’anno la PastoraleGiovanile propone ai giovani della diocesiil pellegrinaggio al Santuario della Mentorella. La partenza è prevista per le ore 16.00 del20 maggio (ogni membro dell’equipe prov-vederà a riferire alla propria parrocchia il luo-go di partenza) e il rientro per le ore 22.00. L’adesione deve essere comunicata entroil 10 maggio.NB: Il trasferimento è con il pullman e il costoè di 10 €. La cena è al sacco.Per tutte le info contattare:D. Corrado Fanfoni / Sr .Gianna di Bari

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 30

Page 31: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3131MaggioMaggio20102010

Focolare fem.le Velletri

Lannuncio della Beatificazione diChiara Badano è stato dato dalla dio-cesi di Acqui con il seguente comu-

nicato (12.3.2010):“Il Vescovo della diocesi di Acqui, Mons. PierGiorgio Micchiardi, unitamente alla Postulazionedella Causa di canonizzazione, annuncia la pros-sima beatificazione della Serva di Dio ChiaraBadano.

Il solenne rito avrà luogo sabato 25 settembre,alle ore 16, nel santuario della Madonna delDivino Amore (Roma - Castel di Leva), pre-sieduto da S. Ecc. l’Arcivescovo Mons. AngeloAmato, Nell’Aula Paolo VI, alle 20,30, i giovani ani-meranno un incontro di festa. La domenica 26 settembre, alle ore 10,30 nel-la Basilica di S. Paolo fuori le Mura, sarà cele-brata la S. Messa di ringraziamento, presiedutada S. Em. il Card. Tarcisio Bertone.

L’iniziativa del processo di beatificazione èdell’allora vescovo di Acqui, Mons. Livio Maritanoche aveva conosciuto personalmente Chiara Badano.Così ne spiega la motivazione: “Mi è parso che la sua testimonianza fosse signi-ficativa in particolare per i giovani. C’è bisognodi santità anche oggi. C’è bisogno di aiutare igiovani a trovare un orientamento, uno scopo,a superare insicurezze e solitudine, i loro enig-mi di fronte agli insuccessi, al dolore, alla mor-te, a tutte le loro inquietudini. E’ sorprenden-te questa testimonianza di fede, di fortezza daparte di una giovane di oggi: colpisce, deter-mina molte persone a cambiare vita, ne abbia-mo testimonianza quasi quotidiana”.Chiara Lubich, a cui Chiara Badano era stret-tamente legata, anche attraverso una fitta cor-rispondenza, nel marzo 2000, a conclusione del-la fase diocesana del processo, così si rivol-geva al Movimento nel mondo: “Quanta lucein questa nostra Chiara! La si legge sul suo vol-to, nelle sue parole, nelle sue lettere, nella suavita tutta protesa ad amare concretamente tan-ti! Possiamo bere alla sua vita. E’ modello e testi-mone per giovani e anziani: ha saputo trasformarela sua “passione” in un canto nuziale!”.L’iter - Fase diocesana del processo per lacausa di beatificazione: 1999-2000. In Vaticano:il 3 luglio 2008 la Serva di Dio, con il ricono-scimento delle “virtù eroiche” è dichiarata Venerabile.Il 19 dicembre scorso, è stato promulgato dal-la Congregazione delle cause dei Santi, die-tro autorizzazione del Santo Padre, il decretoriguardante il miracolo, attribuito all’interces-sione di Chiara Badano: si tratta della guari-gione improvvisa di un bambino di Trieste affet-to da una gravissima forma di meningite fulminante.I medici gli avevano dato 48 ore di vita. Il nome: “Chiara Luce” – Le viene dato da ChiaraLubich, nel luglio 1990. In risposta ad una let-tera di Chiara Badano, le scrive tra l’altro:

“Grazie anche del-la tua foto. Il tuo visocosì luminoso diceil tuo amore perGesù… “ChiaraLuce” è il nomeche ho pensato perte. E’ la luce diDio che vince ilmondo.

CHI È CHIARALUCE BADANOChi è Chiara Luce?A lungo attesa,nasce a Sassello il29 ottobre 1971 ecresce in una fami-glia semplice che laeduca alla fede.Ricca di doti natu-rali, bella e sporti-va, ha molti amici chela considerano, altempo stesso, nor-male e straordina-ria. Aderisce come Gen(Generazione Nuova)al Movimento dei Focolari, dove scopre Dio comeAmore e ideale della vita, e si impegna a com-piere in ogni istante, per amore, la sua volon-tà. Coltiva l’amicizia con Gesù, che riconoscepresente nel prossimo; predilige i piccoli, gli umi-li e i poveri, tra cui i bimbi dell’Africa, ove sognadi recarsi come medico.

A 17 anni, colpita da tumore osseo, affron-ta la malattia affidandosi all’amore di Dio. Di fronte alla sofferenza ripete: «Se lo vuoi tu,Gesù, lo voglio anch’io».A chi l’avvicina comuni-ca serenità, pace egioia. “Chiara Luce” - cosìamava chiamarla ChiaraLubich - lancia un mes-saggio ai suoi coetanei:«I giovani sono il futu-

ro. Io non posso più cor-rere, però vorrei passareloro la fiaccola come alleOlimpiadi. Hanno una vitasola e vale la pena dispenderla bene».

Il 7 ottobre 1990 salu-ta la mamma dicendo: «Sii felice, io lo sono!»e va incontro alloSposo. La sua vita è latestimonianza di un sìincondizionato all’amo-re di Dio, un sì ripetutofin da piccola, un sì che,in cordata, con i suoigenitori, con Chiara

Lubich, con i giovani con cui condivide lastessa scelta di vita, ha saputo trasformarela malattia in un cammino luminoso verso la pie-nezza della Vita. Immediato l’eco della sua san-tità che si è divulgato progressivamente.

Per informazioni:Fam. Mulanba tel. 06/9630261 Fam. Grassi 06/9637638 Fam. Scifoni 06/9637253Focolare Velletri te. 06/96006106 Siti: www.chiaralucebadano.it www.focolare.org

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.45 Pagina 31

Page 32: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

dott.ssa Sara Bruno*

M aggio, mese mariano, è il mesepiù caro alla devozione veliter-na, da sempre vicina alla figura

della Madonna, alla quale è solito rivolgersi, conpreghiere ed ex voto.Già prima della venerazione alla Madonna del-le Grazie, il popolo di Velletri aveva dimostra-to la sua devozione mariana; le antiche cronacheci informano delle processioni annuali, affolla-tissime di fedeli, che ogni anno si svolgevanoverso l’antica abbazia di Santa Maria dell’Orto,fuori dalle mura cittadine. La devozione mariana della città caratterizza anchela collezione del Museo Diocesano di Velletri,che vanta una preponderanza di opere che han-no come soggetto la Vergine. La tradizione e produzione di soggetti marianidella collezione inizia dal periodo medievale earriva fino a quello contemporaneo. Il mese di maggio, offre l’opportunità di parla-re dell’iconografia mariana nel suo senso piùlato, ponendo l’accento su opere e temi che spes-so si trovano ad essere in secondo piano. Maria come Madre di Dio è una raffigurazione

che comincia a proliferare dopo il conci-lio di Efeso del 431. La rappresentazione maestosa dellaVergine in trono con il Bambino, per mol-ti secoli, ornò le architetture ecclesiastichee divenne popolare nell’Occidente intornoal VII secolo, derivando da modelli bizan-tini, come nel caso della Madonna conil Bambino di Antoniazzo Romano ripre-sa dall’icona della chiesa di Sant’ Agostinoin Roma. Per tutto il Medioevo l’iconografia maria-na incarnò una sorta di affermazione dot-trinale e per questo la raffigurazione eraaccompagnata da iscrizioni tipo Maria MaterDei e Sancta Dei Genitrix. La scoperta, poi, di ritratti della Madonnache si ritenevano dipinti da San Luca con-tribuì a diffondere tale devozione. Molte furono le raffigurazioni mariane checircolarono o furono venerate come dipin-te dall’evangelista. È il caso della Madonna con il Bambinodel XIII-XIV secolo, attribuita forse aGiovanni da Taranto, di proprietà della chie-sa di San Martino, che proveniente dall’abbaziadi Santa Maria dell’Orto era venerata comeMadonna di San Luca. Altre versioni si devono poi soprattutto all’in-terpretazione che Bernardo di Chiaravalle die-de, in chiave allegorica, del Cantico dei Cantici,identificando la sposa del poema con laVergine e dando vita a diverse creazioni ico-nografiche a soggetto mariano. Nel XVII secolo nascono e vengono promos-si, soprattutto a livello devozionale, temi comela Madonna del Rosario e l’ImmacolataConcezione. Questa in particolare, non si rife-risce al concepimento di Gesù nel seno di Mariama al fatto che la Vergine fu concepita senzapeccato già nel grembo della madre Anna. Dal XVI secolo la Vergine rappresenta il ruoloche le fu attribuito dalla chiesa, quello di colei,cioè, che incarna la predestinata a portare nelmondo la redenzione, sconfiggendo il male. Per questo è raffigurata nel gesto di calpesta-re un serpente o un drago che simboleggianoappunto il male e il demonio. La figura di Maria come Immacolata Concezionesarà una delle figure più care della devozionemariana e associata a maggio, mese mariano,fino al 1854, anno in cui papa Pio IX ne istituìil dogma l’8 dicembre. Il Cantico dei Cantici fu un testo di riferimentoanche in questo tipo di soggetto e la frase “pulch-ra ut luna, electa ut sol” fu codificato in ambi-to artistico nel 1649 dal pittore, scrittore e cen-sore artistico dell’Inquisizione, FranciscoPacheco del Rìo che nel suo trattato El artede la pintura definiva la Vergine “incintadell’Apocalisse, vestita di sole con la luna sot-

to i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodi-ci stelle”.In Italia, in realtà, questo tipo di raffigurazioneera già comunemente usata, e la Vergine eraassociata all’immagine di una giovinetta con unaveste bianca e un mantello azzurro, con la lunacrescente, antico simbolo di castità, e accom-pagnata dalla figura di Dio padre. Talvolta si leggeva anche la scritta “Tota pulch-ra es, amica mea, et macula non est in te”. La versione che si custodisce nel Museo Diocesanodi Velletri è una copia dell’opera che Pietro daCortona, insieme a Ciro Ferri, eseguì nel 1661per la chiesa di San Filippo di Perugia.Particolarità della copia veliterna, di mano igno-ta, è il fatto che ha avuto come riferimento nonl’originale cortonesco ma un’incisione dello Spierre,contenuta nel messale di Alessandro VII Chigi.Entrambe, rispetto alla versione perugina,sono state realizzate in controparte. Altra versione mariana in voga dal XVI secoloè quella della Madonna del Rosario. Il rosario fu inventato, secondo la tradizione, daSan Domenico e dagli storici dell’ordine fran-cescano che raccontarono della visione che ilsanto ebbe della Madonna che gli consegnò unacoroncina. Il Santo chiamò tale coroncina la “corona di rosedi Nostra Signora”, e divenne l’emblema di mol-ti ordini religiosi e laici. La prima versione di Madonna del Rosario siebbe nel XV secolo con la Vergine iscritta in unamandorla circondata di rose, con una più gran-

3232 MaggioMaggio20102010

Antoniazzo Romano, Madonna con il Bambino, 1486.

Anonimo, Immacolata Concezione, XVII sec., part..

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 32

Page 33: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

de ogni dieci. A partire dal XVI secolo, l’immagine canoni-ca divenne quella della versione di San Domenico,che è in ginocchio, che riceve dalla Madonnail Rosario. Spesso alla raffigurazione, come nelcaso della Madonna di Sebastiano Conca, èpresente anche Santa Caterina da Siena, appar-tenente all’ordine francescano come SanDomenico. Dopo il 1571, anno della battaglia di Lepanto,tale iconografia fu rappresentata per celebra-re la vittoria dei cristiani, poiché si riteneva chela vittoria fosse dovuta proprio alla devozionedei soldati di Cristo per il Rosario.

*conservatore del Museo Diocesano Velletri

3333MaggioMaggio20102010

Quest’anno il mese di maggioè caratterizzato dalla riscoperta

delle opere mariane. In più offre lospunto per visitare anche la Mostra orafa dall’ 8 al 16 maggio che quest’annoha come tema il Futurismo.

Ringraziamo don Daniele Valenzi,parroco della chiesa di Santa Maria Assuntaa Gavignano, che in occasione del nuo-vo allestimento dell’atrio del museo conil tema della crocifissione ha conces-so in prestito temporaneo la tela raffi-gurante la Crocifissione della sua

parrocchia.

Tonino Parmeggiani

D omenica 16 maggio si svolgerà la festadella Madonna delle Grazie adArtena, presso il Santuario di S. Maria

delle Letizie, situato nella parte alta della città,organizzata dalla omonima ConfraternitaMaria Ss.ma delle Grazie.Secondo la tradizione la festa cade la terza dome-nica di maggio ed alla sua vigilia, sabato 15, sisnoda una solenne processione dei ceri per levie cittadine e questo pio esercizio risale fin dal-l’anno 1731, quando l’allora Vescovo di SegniMons. Bisleti concesse licenza di portare pro-cessionalmente l’antica statua lignea della Madonnadelle Grazie. Queste notizie le leggiamo dal sito www.con-fraternitamadonnadellegrazie.it. La storia di questo culto mariano ad Artena èmolto avvincente e risale fin dal secolo XVI quan-do la statua della Madonna delle Grazie sem-bra, secondo storici o racconti locali, essere sta-ta dapprima venerata presso un convento fran-cescano, situato sempre nel territorio dell’al-lora comunità di Montefortino e poi quando que-sti, per vicende legate al brigantaggio, vennechiuso, la statua venne probabilmente trasfe-rita nell’ allora parrocchia di S. Maria delle Letizie.Il condizionale è d’obbligo in quanto la tradizioneè alquanto fantasiosa e contraddittoria in meri-to alla vicenda: il convento chiuso sulla fine del500, demolito nel 1650 all’incirca, la statua nasco-sta in una grotta di cui si era persa memoria,ritrovata casualmente da contadini... e la sta-tua era inamovibile dal terreno da cui tentava-no di estrarla fino a che costoro non si tolserole scarpe: leggenda o verità da allora i confra-

telli, ed anche numerosi fede-li, vanno in processione per l’ap-punto scalzi, memori di questoepisodio. Di questo convento oggi riman-gono dei ruderi, su terreno pri-vato, e la Confraternita dal 2002organizza dei Cammini maria-ni. fino a S. Maria delle Letizie.Comunque la prima notizia docu-mentata della presenza dellastatua della Madonna delle Graziein S. Maria delle Letizie è attor-no al 1680. Da allora il culto mariano creb-be ancor di più finché, dopo cir-ca mezzo secolo, si arrivò allaistituzione della processione enell’anno 1828 la Madonna ven-ne incoronata a motivo dei mira-coli compiuti. Dal 1850 incirca la processio-ne si arricchì di un nuovo ele-mento, la presenza dei “Cristiinfiorati”, cioè di grandi croci-fissi di legno abbelliti da una sovra-stante struttura di canne che fan-no da traliccio ai bellissimi moti-vi floreali, ognuno di questi pesacirca 60 Kg. ed è portato da unsolo confratello delle ottoConfraternite che eseguono unCristo infiorato ognuna: le con-fraternite più antiche sonoquelle del Gonfalone, la BuonaMorte, del Rosario, del SS.moSacramento e della Madonnadelle Grazie, a cui seguono quelle del SS.moNome di Gesù, della Madonna del Carmeloed infine degli Agonizzanti.La processione, dopo un lungo e faticoso tra-gitto lungo le numerose scalinate all’interno del-la città, e con grande devozione , non farà ritor-

no presso il santuario di S. Maria, ma porteràla statua della Madonna delle Grazie, verso lamezzanotte, presso la sottostante parrocchiadi S. Croce, dove la sacra immagine rimarrà finoa Domenica 16 maggio quando, con una pro-cessione di rientro, ritornerà presso il suo san-tuario.

Sebastiano Conca, Madonna del Rosario, 1741, part.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 33

Page 34: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3434 MaggioMaggio20102010

Don Franco Fagiolo

S iamo nel mese di maggio, il tradizio-nale mese mariano: una bella devozionenata dalla pietà popolare e che si per-

petua in mille modi nelle nostre comunità par-rocchiali. E in questi momenti di preghiera, unruolo importante lo riveste il canto: l’espressio-ne più adeguata per lodare Maria.Allora vogliamo riflettere un momentino sui can-ti mariani e così cogliere l’occasione per alcu-ne indicazioni-guida e suggerire eventuali bra-ni, tenendo presente anche il RepertorioNazionale dei Canti per la Liturgia della C.E.I.orientare le nostre indicazioni, partiamo da unpunto sicuro.Nel corso dell’anno liturgico, la Chiesa, celebrandoil mistero di Cristo, “venera con particolare amo-re Maria santissima Madre di Dio, congiunta indis-solubilmente con l’opera della salvezza del Figliosuo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccel-so della redenzione, e in lei contempla con gioia,come in una immagine purissima, ciò che essa,tutta, desidera e spera di essere” (SC 103).È ovvio, allora, che l’animazione musicale di unacelebrazione mariana deve cercare di evitaretutta la propria attenzione sulla persona dellaVergine, e tenere presente il momento del tem-po liturgico che si sta vivendo.Allora, come regolarsi? La via maestra, comesempre, è indicata dalla tradizione gregorianache attinge ogni testo direttamente dalla fontebiblica, legando così rivelazione e storia in manie-ra profonda, davvero simbolica.Di conseguenza, per il mese di maggio che spes-so e volentieri cade nel tempo pasquale,il canto mariano per eccellenza è il Reginacaeli. Questa antifona ha il pregio di esse-re breve, spigliata, gioiosa, festosa. Anche se il testo è in latino, è comprensibilee la melodia alla portata di tutti. E poi,non dimentichiamolo, fa parte di queltesoro prezioso che la Chiesa possie-de da secoli e che noi non possiamorelegare nel dimenticatoio!Ma abbiamo anche un Regina dei cie-li in italiano, moderna, con musica di M.Piatti (RN n° 184), altrettanto gioiosa,festosa, diretta, adatta e cantabiledalle nostre assemblee. Non mancano i motivi per insegnarlaai nostri fedeli. Naturalmente, per le nostrepreghiere, abbiamo bisogno di tanti altricanti mariani, e ne conosciamo una infi-nità, con stili diversi, adatti a gruppi gio-vanili o ad assemblee di adulti, tutti bel-li e significativi. È importante che i testi di questi cantiabbiano non solo una decenza letteraria,ma anche una solidità dottrinale, sen-za troppi devozionalismi a buon mer-

cato e che le musiche non siano sdolcinate, melo-drammatiche… Teniamo presente questi suggerimenti non soloper le celebrazioni liturgiche, ma anche per i cosid-detti “pii esercizi”. Infatti, precisa e puntuale èl’esortazione del Concilio, (cfr. SC 13), amodellare la devozione popolare alle e sulle azio-ni liturgiche. Con ciò, non siamo tenuti a scar-tare tutto ciò che fa parte della nostra tradizio-ne devozionale! Come si può fare il mese di mag-gio senza cantare … Lieta armonia! È un bra-no di R. Casimiri, composto nel 1909, ma con-serva a tutt’oggi tutta la sua freschezza e bel-lezza che l’hanno reso popolare! E senza tra-scurare le nostre melodie locali, non dimentichiamoche il grande L. Perosi ha una raccolta di can-ti alla Madonna sotto il titolo di “canzoncine”! Mavorrei indicare anche altri brani tratti dalRepertorio Nazionale.Prima di tutto l’Ave Mariamusicata negli anni ottanta da due autori: L.

Migliavacca e G. M. Rossi (RN 210 e 211). La prima è più corale, con l’accompagnamen-to dell’organo, la seconda più “giovanile”, conl’arpeggio delicato della chitarra e altri strumentie un solista che alterna le strofe con il ritornel-lo dell’assemblea. Due brani molto dolci, sere-ni, che aiutano veramente a pregare. Avvicinandocialla solennità di Pentecoste, un canto appropriatoè “Maria, Madre della Chiesa” di G. Liberto (RNn° 217), con il suo ritornello festoso e gioioso. E per concludere degnamente questo argomento,non possiamo dimenticare Paolo VI che, con lasua Esortazione apostolica Marialis Cultus, invi-ta tutti a un “felice equilibrio cultuale, che puòessere assunto quale norma per impedire ognitendenza a distaccare il culto della Vergine dalsuo necessario punto di riferimento, che è Cristo”.

*Resp.le Dioc.no della Musica per la [email protected]

Festa della Madonna delleGrazie in Velletri

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 34

Page 35: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3535MaggioMaggio20102010

Sara Gilotta

II l cristiano calato nel viaggio-pel-legrinaggio procede verso unameta precisa: Cristo, ma sen-

za dubbio il suo cammino sarà menoimpervio, se sceglierà come guida, comemadre e come conforto la Vergine Maria,che volle dedicare la sua vita a Dio, affin-ché si potesse realizzare il Suo dise-gno di salvezza nei confronti dell’umanità. Salvezza che si realizzò nella vita e nel-la morte di Cristo, che, appunto, comedice il Vangelo di Giovanni, si deve con-siderare “esempio” da seguire e da ama-re. Ma purtroppo l’uomo continuamenteimmerso nelle difficoltà, continua-mente chiamato a scegliere tra benee male,non può non avvertire tuttala sua fragilità, anche perché, come diceil grande poeta Holderlin, con paroleche sembrano appartenere ai nostri gior-ni: “ Da troppo , da troppo amano i mor-tali di calpestarsi e contendere per ildominio, ciascuno teme i l v ic inoe non ha benedizione l’uomo sulproprio suolo. ” E certo mai come oggi ancheda parte del cristiano più sincero, è dif-ficile non sentire il caos in cui la vitadi tutti sembra essere precipitata, uncaos, che ben difficilmente consentedi intravedere , oltre la nebbia che cicirconda, la “vera casa” che lassù ci atten-de. Anzi, talora una tale prospettiva ciinquieta, temendo che quello che sia-mo stati sulla terra, non consentirà aDio di perdonare tutte le nostre cadu-te. E’ per questo che mai come primad’ora il cristiano sente il bisogno di tor-nare ad una fede , forse semplice, ma vera, spon-tanea, capace di alleviare la sua solitudine sul-la terra e di condurlo al di là del naufragio in

cui l’individuo e la società sembrano essere pre-cipitati. E’ per questo che da parte di tutti colo-ro che non vogliono fermarsi su posizioni mate-

rialiste siavverte ilbisogno diricorrere al“sorriso” diMaria, un sorriso d’amore che dal-la Croce si irradia fino a noi, per con-solarci e per ricordarci che la pre-ghiera è l’unico mezzo possibile, persentire accanto a noi la provviden-za divina. Dante Alighieri non a caso dice diMaria” Tua benignità non pur soc-corre a chi domanda, ma molte fia-te liberamente al dimandar precorre”. Come ognibuona madre, infatti, Ella conoscele nostre necessità e sa e vuole con-cederci la Sua grazia, che più di ognialtra ci avvicina a Cristo. Rivolgerele preghiere a Maria, dunque, signi-fica trovare in Lei un’alleata poten-te e misericordiosa, che sa ascol-tare e sa concedere, come del restoben sanno la pietà e la fede popo-lare, che da sempre hanno dedicatoalla Vergine onore e culto, nella con-vinzione che solo Lei può leggerela sincerità della nostra fede e la pro-fondità dei nostri dolori e delle nostreafflizioni, per lenirli e per insegnar-ci a meglio a sopportarli ed affron-tarli. Senza fermarsi all’edonismo impe-rante, che oggi impedisce di com-prendere l’essenza stessa, oltre cheil vero significato della vita terrena,per imparare ad “andare oltre” e pertornare a credere che Maria è il donopiù grande che Dio misericordiosopotesse fare all’uomo , per dargli la

forza di vincere il male, i dubbi, e le sofferen-ze, che inevitabilmente tutti dobbiamo affron-tare vivendo.

Tonino Parmeggiani

I l mese mariano ha, come primo appuntamento in calen-dario nella diocesi, la Festa della Madonna delle Graziea Velletri, il cui Santuario è nella Cattedrale di S. Clemente

e che cade, come da tradizione trisecolare, nella prima dome-nica di maggio (alla terza domenica c’è l’omonima festa ad Artena,vedi altro articolo).Quest’anno la solenne processione in onore di Maria SS.ma del-le Grazie, Patrona della Diocesi, si è svolta sabato primo mag-gio ma, nonostante la coincidenza delle altre festività, civile del-la Festa del lavoratori e di S. Giuseppe lavoratore, il concorsodei fedeli non è affatto diminuito.Il Triduo di preparazione si è svolto al pomeriggio nei giorni 28,29 e 30 maggio ed è stato animato da Don Dario Vitali, Teologoe Docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma; allasera invece Don Andrea Pacchiarotti, Vicario Parrocchiale del-la Cattedrale ha svolto una Catechesi mariana per gli iscritti all’as-sociazione dei portatori, che da molti anni organizza i festeg-giamenti civili.L’esposizione della sacra immagine, una pregevole tavola data-

ta sulla fine del sec XIV, produzione della scuola umbro-senese, è avve-nuta alle 11,30 tra il tripudio dei fedeli presenti; alla sera la lunga pro-cessione con il trasporto dell’Immagine della Madonna per le vie dellacittà, su l’artistica macchina processionale, secondo il consueto tracciatoche tocca tutte le sei parrocchie storiche, con una anteprima verso il via-le Oberdan, come da alcuni anni, fino alla Scuola Marescialli dei Carabinieri;il rientro in Cattedrale poco prima della mezzanotte.Domenica 2, il giorno della Festa, alle ore 10 il nostro Vescovo Diocesano,Mons. Vincenzo Apicella, ha presieduto una Solenne Messa Pontificale;alla sera la S. Messa è stata concelebrata dal presbiterio diocesano epresieduta da S. E. Rev.ma mons. Andrea Maria Erba, Vescovo Emerito. Lunedì 3 maggio, in occasione della Festa delle due Sante Martiri AnniaPrima e Gerontide, le reliquie delle due martiri sono state esposte ai pie-di dell’altare maggiore. Alla sera, con una solenne concelebrazione, si è riposta l’Immagine del-la Madonna delle Grazie nel Suo Santuario, fino al prossimo appunta-mento del 26 agosto, festa del Suo Patrocinio verso la Città di Velletri,proclamato due secoli or sono in riferimento alla Sua protezione mani-festata in occasione del terremoto verificatosi per l’appunto il 26 agosto1806 e di cui ci siamo occupati, con una ricostruzione storica documentata,nei numeri di Ecclesia di settembre ed ottobre 2006 e del maggio 2007.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 35

Page 36: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3636 MaggioMaggio20102010

Antonio Venditti

LL a situazione odierna dell’educazione, cari-ca di preoccupazioni ed incognite, ci spin-ge a ricercare prospettive e soluzioni diver-

genti rispetto alle logiche e alle pratiche vigen-ti. Non c’è chi possa sostenere che tutto o qua-si proceda bene nel campo educativo, che ci siastato un miglioramento effettivo rispetto al pas-sato e che sia possibile una previsione ottimisticaper il futuro. Ne scaturisce l’esigenza del cam-biamento e del rinnovamento. Esigenza questanon nuova, se si pensa che è stata ben presentenei secoli scorsi e nei primi decenni delNovecento ha dato vita ad un movimento per“l’educazione nuova”. Adolphe Ferrière ebbe nelmovimento un ruolo fondamentale, enunciandonel 1919 i “trenta punti” caratterizzanti la radicaleinnovazione. È interessante la sua opera, venu-ta alla luce in Francia l’anno successivo,“Trasformiamo la scuola”, pubblicata in Italia nel1952 dalla “Nuova Italia Editrice” di Firenze (Traduzionedi Ada Enriques Agnolotti). Nella prefazione il pedagogista riporta un apo-logo umoristico sull’origine della scuola, ritenu-ta creazione” del diavolo, allo scopo di bandiredalla terra “bontà” e “felicità”. “Il bambino amala natura : fu messo in stanze chiuse. Al bam-bino piace giocare : fu fatto lavorare. Gli piaceche la sua attività serva a qualcosa : si fece sìche la sua attività fosse senza scopo. Gli piacemuoversi : fu costretto a restare immobile. Gli pia-ce maneggiare degli oggetti : fu messo in con-tatto con le idee. Gli piace usare le mani : ci sirivolse soltanto al suo cervello. Gli piace parla-re : fu costretto al silenzio.Vorrebbe ragionare :gli si fece imparare tutto a memoria. Vorrebbecercare la scienza : gli venne imbandita già bel-

l’e fatta. Vorrebbe seguire la sua fantasia : ven-ne piegato sotto il giogo degli adulti…Ma la pri-gione della scuola non era perfetta : le manca-va ancora quello che costituisce la gloria dellecarceri : le grosse chiavi…Si videro ragazzi scap-pare nei boschi, salire sugli alberi…Conquistaronocosì la salute che non teme lo sforzo, la felicitàche gonfia il petto; la padronanza di sé che por-ta al dono di sé. Conobbero l’amore e ripetero-no con l’evangelista : “Dio è amore”.Nel 1947, l’autore, compiacendosi del succes-so avuto dall’”apologo”, si rammarica però del-le critiche ricevute dagli insegnanti, che si era-no “creduti personalmente attaccati”. Allora eglichiarisce che aveva voluto “colpire un regime enon gli individui” : quindi il sistema educativo vigen-te, di cui i docenti, dopo i ragazzi, erano “vitti-me”. Tornando alla situazione odierna, le scuo-le non sono certamente “carceri”, anzi si lamen-ta da più parti un regime di “eccessiva” libertà,con l’obiettiva difficoltà a far accettare le “rego-le”, necessarie per la vita comunitaria e per losvolgimento del processo di insegnamento-appren-dimento. Nonostante i progetti di riforma , chepiù o meno hanno coinvolto tutte le realtà sco-lastiche, nonostante alcuni indubitabili migliora-menti e aggiornamenti, c’è difficoltà a portareavanti i piani formativi ed a raggiungere risulta-ti soddisfacenti. Annose carenze di strutture, chein passato hanno condizionato la vista scolasti-ca, sono state in gran parte risolte, grazie allacostruzione di nuovi e funzionali edifici ed al decre-mento della popolazione scolastica. Molte scuo-le hanno spazi all’aperto ed alcune sono circondateda giardini. Quasi tutte hanno palestre, labora-tori ed alcune addirittura un teatro. L’attività didat-tica può essere varia ed attiva, basata sugli “inte-ressi” degli alunni, stimolati in ogni modo e coin-

volti nelle scelte. Eppure la scuola sembra resta-re una ”creazione del diavolo”, proprio per la man-canza di “bontà” e di “felicità” . Cosa si deve fare?Per dirla con Ferrière : dobbiamo “trasformarla”.Il che significa, a mio modesto avviso, innanzi-tutto, creare le condizioni di un cambiamento cheveda impegnati attivamente tutti i soggetti coin-teressati : operatori scolastici ed agenzie edu-cative, alunni e genitori, cittadini ed amministratori: tutti insieme per dare, disinteressatamente, conelevato senso civico, secondo le rispettive sfe-re di competenza, ogni possibile contributo al rin-novamento dell’istituzione scolastica. La scuoladeve essere, non solo a parole ma nei fatti, alcentro della comunità, come faro luminoso da cuidipende la “navigazione” presente e futura di tut-ti. È il tessuto educativo della società che biso-gna ricostruire, in modo che bambini, fanciulli,adolescenti e giovani possano condurre l’espe-rienza scolastica, nelle varie fasi, con convinzioneed interesse, con impegno e senso di respon-sabilità, nella serenità del processo di crescita.La giusta impostazione del ruolo degli alunni dipen-de dagli educatori, che devono guidarli a svilupparetutte le loro positività, nel fermo ed amorevolecontrasto a tutti i possibili ostacoli. I primi edu-catori sono i genitori, e gli insegnanti ne prose-guono e rafforzano l’opera, con la necessaria inte-sa, fondata sulla chiara impostazione della diver-sità dei ruoli scolastici e familiari. La scuola deveessere un ambiente di vita , creato a misura deglialunni, e da essi percepito come libero, sereno,stimolante e produttivo. Un ambiente, quindi, vera-mente educativo, dove ogni bambino e bambi-na, ogni ragazzo e ragazza , ogni giovane si sen-ta a proprio agio, in felice cammino di crescita.Gli insegnanti hanno questa primaria responsa-bilità. Prima ancora che programmare ed inse-gnare, prima ancora di aggiornarsi nei contenu-ti delle discipline e nei metodi d’insegnamento,devono saper creare le condizioni per una buo-na riuscita del processo di insegnamento-apprendimento. Come in famiglia l’accordo tra igenitori è una valida premessa per la sicura edu-cazione dei figli, così a scuola l’intesa tra i docen-ti è garanzia di raggiungimento degli obiettivi edu-cativi e didattici. La collegialità, ad ogni livello,sulla base di un effettivo coordinamento, espri-me in senso elevato la professionalità deidocenti, consapevoli di agire insieme sullo stes-so soggetto, che devono orientare ed aiutare nelprocesso di crescita. Ed insegnanti così “professionali”meritano la rivalutazione del ruolo nella società.La scuola deve essere bella, confortevole,accogliente come la casa, perché va intesa comela “casa degli alunni e degli educatori”. Mantenerlapulita e ordinata è essenziale al rispetto di tuttii suoi “abitanti”, a cominciare dagli alunni. Tuttiinsieme, come in famiglia, si deve contribuire atale obiettivo. L’ente proprietario deve garanti-re con tempestività ogni intervento ordinario e straor-dinario per la buona conservazione dell’immo-bile, curando anche l’aspetto estetico interno edesterno, per rispetto dell’istituzione che ha unposto centrale nella vita della comunità. Il finedi rendere la scuola a misura di creature “buo-ne” e “felici” mi sembra, per quanto umanamentepossibile, così assicurato.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 36

Page 37: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3737MaggioMaggio20102010

Nicolino Tartaglione

I n questo periodo ricco di cambiamenti perla scuola italiana, soprattutto per la scuo-la secondaria superiore oggetto di un rifor-

ma molto articolata, caratterizzata da una rior-ganizzazione degli indirizzi tecnici e profes-sionali, si è conclusa la rilevazione dei dati ine-renti alla scelta di avvalersi dell’insegnamen-to della religione cattolica nell’anno scolastico2009/2010. Appare pertanto importante esaminare i dati riguar-danti l’IRC nelle scuole della nostra diocesi, percercare di mantenere costante la riflessione sulcontributo che tale disciplina offre alla funzio-ne educativa della scuola, contributo collegatoanche alla partecipazione effettiva di molti docen-ti di religione nel cammino pastorale delle comu-nità parrocchiali. La popolazione studentesca per l’anno sco-

lastico 2009/ 2010 è composta da 20692 stu-denti, numero che si riferisce alle scuole di ogniordine e grado presenti nella diocesi. I non avva-lentesi sono 996, pertanto la scelta di avvaler-si dell’IRC è effettuata dal 95% degli alunni. Rispetto

allo scorsoanno vi è sta-to una dimi-n u z i o n edell’1% degli avvalentisi, dovendosi però tenerconto dell’aumento degli studenti stranieri e del-la rilevazione completa di tutte le scuole, poi-ché lo scorso anno mancavano i dati di alcuniistituti scolastici. In ogni caso il dato diocesanosi mantiene nettamente al di sopra di quello nazio-nale che relativamente all’anno scolastico 2008/2009, era pari al 91%. Passando ad un anali-si più dettagliata dei dati, si rileva che nella scuo-la dell’infanzia la percentuale dei non avvalen-tesi è del 4%, nella scuola primaria scende al3,2 mentre per la scuola secondaria di primo gra-do è del 4,1 e nella scuola secondaria di secon-do grado sale all’8,6%. Nella scuola secondaria di primo grado tra i nonavvalentisi il 46% svolge attività didattica, il 19%svolge studio individuale assistito, il 19% stu-dio individuale non assistito ed il 12% esce dascuola Nelle superiori il 58% dei non avva-lentisi svolge studio individuale non assistito,il34% esce da scuola, il 7% sceglie studio assi-

stito e l’1% attività for-mativa. Il dato più ele-vato nell’ultimo ordi-ne di scuola va lettoconsiderando la mag-giore autonomia deglistudenti rispetto allefamiglie, gli effetti del-le “carenze” che gli stu-denti riscontrano nel-l’ora di religione. Si deve altresì tenerconto che la maggiorparte degli studenti del-

la secondaria di secondo grado provengonoda città non appartenenti alla nostra diocesi.La mancanza di un coordinamento con le dio-cesi limitrofe impedisce di analizzare attentamenteil fenomeno. I ragazzi di queste zone posso-no scegliere di non avvalersi per vari motivi: soprat-tutto un’esperienza negativa nella scuola secon-daria di primo grado e la possibilità di uscire dascuola se l’ora di religione viene collocata all’ul-tima ora di lezione o di entrare alla secondaora se l’ora di religione è collocata alla primaora... In ordine ai dati relativi all’attuale annoscolastico, l’altissima percentuale nella scuo-la dell’infanzia, nella scuola primaria e la secon-daria di primo grado dipende anche dal radi-camento della Chiesa locale nel territorio, di un’azione pastorale attenta al vissuto delle persone,nonché dall’esperienza complessivamentepositiva vissuta nell’ora di religione grazie al lavo-ro dei docenti... Non a caso spesso alcuni studenti non avva-lentisi nelle scuole secondaria di secondo gra-do, dopo aver conosciuto il docente, parteci-pano ugualmente all’ora di religione. Questarealtà deve stimolare sempre di più caratteriz-zare “l’insegnamento della religione cattolica, comedisciplina scolastica specifica, muovendo dai gran-di interrogativi esistenziali e dal patrimonio sto-rico della cultura italiana, promuove infatti la rifles-sione sul senso ultimo della vita e apre al con-fronto con le altre istanze religiose, facendo cono-scere l’originalità della risposta religiosa cristiana,senza precludersi al confronto con altri sistemidi significato.” ( Messaggio Presidenza CEI per la scel-ta di avvalersi dell’IRC 13/11/2009).

“ questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamodi riuscir loro [ ai figli ] di qualche aiuto nella ricerca diuna vocazione, avere una vocazione noi stessi, cono-scerla, amarla e servirla con passione: perché l’amo-re alla vita genera amore alla vita “ ( N. Ginzburg)

Lorella Manciocchi*

E’ in questa prospettiva che ci siamotrovati a riflettere come insegnanti,genitori, scuola, comunità civile e reli-

giosa riguardo all’ idea stessa di educazione,aiutati dalla riflessione del prof. Ferdinando Montuschi,docente presso l’Università Roma Tre e la prof.ssaIna Siviglia della Facoltà Teologica di Sicilia sul-la vita tra Fede ed Essere, il senso dell’ edu-care oggi, il contributo che le scienze umanepossono dare per arrivare ai processi di for-mazione personale, l’attenzione per i compor-tamenti esterni come espressione di un dina-mismo affettivo della persona, l’essere dell’ edu-catore come modello ma anche come elabo-ratore di interventi educativi mirati, costruttoredi relazioni di aiuto; colui che aiuta l’altro ad“andare in profondità”, ad arricchirsi e non aseppellire i propri doni, a cogliere il bello di esse-re accolto, sapere che c’è chi ti dà il “ benve-nuto in questo mondo”, che ti accetta quello che

sei, non nella ricercadi un perfezionismo di

ciò che potresti essere , che non dà eccessi-vo valore a cio’ che “ sai fare ” piuttosto “ esal-tando ciò’ che sei”. Il “ fare fuori misura” diven-ta una tassa da pagare, un essere così’ per-ché gli altri mi “ vogliono così “ e la ricerca smo-data di “ fare più cose”non dando più importanzaal recupero di “ avere dirit-to al tempo di esistere ”esattamente così comeio sono. E’ compito dell’ educatoreandare alla radice, accet-tarsi per quello che si è, aiutare i giovani a pro-gettare la propria persona, a non essere “ con-sumatore di emozioni”, a valorizzare i propri sen-timenti , a riconoscere la propria esistenza comevalore. In questa prospettiva la comunità cristianasi trova ad avere un posto fondamentale : l’an-tropologia cristiana ritiene l’individuo come real-tà in continuo divenire, ciascuno è chiamato a“ diventare ciò che è” : un dinamismo che si muo-ve tra la potenza della Grazia Divina e la liber-tà dell’ uomo, la Chiesa è chiamata ad aiutarea “riconoscersi Figli di un unico Padre, fratelli

del Primogenito, testimoni e annunciatori del van-gelo”.Educare è un’arte e come tale va appresa e eser-citata, va recuperata insieme agli altri: sono tan-ti i soggetti che costruiscono alleanze educa-tive: scuola, famiglia, parrocchia, associazionidi volontariato, associazioni culturali, che intra-

prendono un cammino partendo dalla “ uma-nità comune ” che tutti condividono nella pro-spettiva del prendere in considerazione la cre-scita della totalità dell’ essere umano : orien-tando i giovani ad una prospettiva di ricerca delbello, del buono,del vero presente in ciascuno.L’educatore un maestro di vita che, con pazien-za, umiltà, coraggio e coerenza impronta tuttala propria vita ad aiutare l’altro che gli viene affi-dato nella ricerca della parte più bella, nasco-sta in ciascuno.

*Insegnante R.C.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 37

Page 38: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3838 MaggioMaggio20102010

Simona Zani

I l baldacchino, tra le primissime ope-re di Gian Lorenzo Bernini si può con-siderare uno dei più clamorosi ed epo-

cali eventi nell’arte del Seicento, tanto da dive-nire un “topos” del Barocco. Ma al di là delle con-siderazioni artistiche quello che meraviglia è anco-ra una volta l’interpretazione spirituale berninianadel tema proposto e affrontato. Cosa si trattava di ideare? SI doveva, inizialmente,creare un elemento all’interno della basilica vati-cana, comunemente conosciuto come “ciborio”,cioè una struttura fissa posta ad inglobare l’al-tare maggiore, e solitamente realizzata attraversoquattro colonne che sorreggono una coperturaconclusa da timpani in facciata. Una sorta di pic-colo tempio che custodisce l’altare della dedi-cazione. Qui il tema era molto più complesso.Sotto questo elemento vi sarebbe stato l’alta-re del Papa, in rispondenza della cupola e soprat-tutto della tomba del Santo. Il San Pietro storico è rappresentato dalle sueossa, e la sua continuità è rappresentata dallapresenza dei Papi voluti dal Cristo e assistiti dal-la presenza dello Spirito Santo in quella tensioneverso il divino qui rappresentata dalla potenzadella cupola: l’asse congiungente la presenzaantica, quella contemporanea con quella spiri-tuale che ne ratifica la verità. Quindi questo ènon solo il luogo più importante della basilicama è soprattutto il luogo simbolicamente più impor-tante della cristianità. A quello spirituale si intro-duceva anche il tema spaziale: per quanto fos-

se stato grande l’altare,rimaneva comunque qua-si un nulla rispetto alle mae-stose dimensioni dello spa-zio basilicale; pertanto biso-gnava riuscire a dimen-sionare il ciborio in unascala che non disturbassequella spaziale dell’am-biente.Questi cibori, realizzaticome detto a forma di tem-pietto, avevano avutosino a quel momentodimensioni ridotte rispet-to a quelle dell’ambien-te ove erano realizzati, enon erano quindi adattia soddisfare l’esigenza diuna grande basilica comequella vaticana. Ma anche in questo casoin Bernini, il tema spiri-tuale diverrà la guida anchedi quello architettonico edartistico, indicando lasoluzione attraverso for-me e dimensioni adattealla traduzione del gran-de tema. Egli compren-deva che la basilica di SanPietro era profondamentedifferente da qualsiasi altra

chiesa. Qui è sepolto il corpo di colui che rap-presenta la continuità della presenza di Cristosulla terra. In questo luogo, il cristiano si recaad omaggiare, a visitare ed a pregare, ma nonper partecipare alla liturgia. Il flusso di cristiani e non, che arrivano da tut-to il mondo, giungono come in una continua edeterna processione nel luogo dove dimora la suc-cessione di Cristo, passata e presente. Chi entra,cerca per prima cosa con lo sguardo il simbo-lo di questa successione; l’occhio si rivolge natu-ralmente verso il fondo, verso l’altare e versola cupola.Quello è l’oggetto che simboleggia il temadi San Pietro; si trattava quindi di realizzare qual-cosa che lo esponesse materialmente nell’im-mediato all’occhio del pellegrino senza però chiu-dere lo spazio. Un ciborio non avrebbe potutointerpretare questo tema, sia per le dimensio-ni ma soprattutto per le sue forme, troppo rigi-de e schematiche, e prive della possibilità di con-cretizzare quella essenza che rendeva e ren-de l’altare di san Pietro diverso da tutti gli altrialtari. Bernini realizza quindi l’importanza del temabasilicale, e cerca un tema artistico che ne potes-se tradurre sia visibilmente che tangibilmentela potenza del messaggio che il pellegrino avreb-be dovuto osservare, vivere, sentire e soprat-tutto portare via con se. A questo punto, afferrata la funzione processionaledell’ambiente basilicale, l’artista intuisce che quel-la sarebbe stata lo spunto da cui trarre l’ideaconcettosa dell’opera. Quando si svolgono le pro-cessioni nelle strade dei paesi o delle città, il

Santissimo Sacramento (ed a volte anche l’og-getto del culto) non è individuabile per coloroche si trovano molto distanti, e per renderlo imme-diatamente visibile a tutti, si pone al di sotto diun baldacchino, portato a mano, che permettedi localizzarlo in qualsiasi momento anche a chiè lontano dal corteo processionale. Questo ele-mento altri non è che una struttura mobile, com-posta da quattro colonnine che sorreggono untelaio di legno con sopra del bronzo rivestito condrappi che scendono lateralmente e che, nonessendo fissati, si muovono nell’aria.Questo è un emblema, un simbolo, la presen-tificazione mobile di un luogo importante comel’altare. All’interno di San Pietro, siamo invecein presenza di un luogo ove tutto è fisso, fer-mo, sono i pellegrini a muoversi; sono loro a scor-rere intorno al culto. Trovare il modo di simboleggiare una situazio-ne mobile attraverso una situazione fissa: da quinasce l’idea del baldacchino; non un ciborio, maun organismo realizzato con la stessa funzio-ne di copertura dell’altare rappresentata dal cibo-ri ma con elementi che ne diversificano profondamentela forma ed il significato. È così che Bernini cat-tura l’idea del baldacchino prelevandola da que-sto concetto della processione e riversandolanella fisicità di un elemento apparentemente mobi-le ma fermo all’interno dell’immagine comples-siva dello spazio della crociera. Prendendo spunto da quelle presenti nel SanPietro costantiniano, adopera le colonne tortiliche, oltre a risolvere il problema della chiusu-ra visiva dello spazio in quanto il loro profilo èaperto e non definito, avvitandosi nello spazionon lo serrano ma si fondono con esso; esserappresentano un elemento mobile come quel-le dei baldacchini processionali; la loro conclu-sione è, infatti, ben diversa dai cibori classici,no sorreggono una trabeazione classica, ben-sì una copertura fatta di drappi e sculture comenegli elementi mobili processionali. Il baldacchino, oggetto mobile di legno e stof-fa, viene assunto come elemento fisso, supe-rando tutte le sperimentazioni degli pseudo tem-pietti fatte nella realizzazione dei cibori. Ma iltraguardo più importante è la concretizzazionedi un concetto che ancora una volta conducea decretare l’universalità della chiesa: l’altare del-la basilica di San Pietro, non è l’altare dedica-to al santo, ma è l’altare dedicato a tutto ciò cheegli rappresenta ed è per questo che da tuttoil mondo l’uomo si reca in questa basilica e nonin altre chiese dedicate a San Pietro; la basili-ca è un luogo metaforicamente privo di confi-ni, senza terra di appartenenza, è la basilica del-l’intera umanità; pertanto, l’altare della basilicavaticana, può essere considerato l’altare del-la “chiesa universale”, e di conseguenza, il bal-dacchino che lo custodisce, rappresenta una meta-fora che, nel suo significato simbolico, ne segna-la e sancisce questa universalità; perché quel-la luce che, penetrando dall’alto, a qualsiasi oradel giorno e della notte, che sia sole o sia luna,rivelandosi nella figura dell’altare, è la stessa Luceche disegna quel filo luminoso, intangibile mareale, che lega il cielo alla terra.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 38

Page 39: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

3939MaggioMaggio20102010

Raffaello Sanzio,“La Madonna del Cardellino“, 1505-1506, Firenze, Galleria degli Uffizi.

Don Marco Nemesi*

“Leonardo ci promette il Paradiso, Raffaello celo dà“. Questa dichiarazione di Picasso è per-fettamente vera. Il Paradiso, per un pittore, èperfezione ed è equilibrio. È calma ed è armo-

nia. È gioia degli occhi. È consolazione del cuo-re. È appagamento dei sensi. È la consapevolezzadi una conquista definitiva. È sapere che nonsi può aggiungere nulla né togliere nulla al risul-tato. Se le cose stanno così, e non c’è dubbioche stiano in questi termini, allora bisogna con-dividere l’opinione del grande Picasso. IlParadiso che Leonardo con la sua pittura men-tale, con la sua tenace sperimentazione, ci pro-mette, Raffaello, semplicemente, ce lo dà. LaMadonna del cardellino è un dipinto ad olio su

tavola di cm 107 x 77 realizzato nel 1506, duran-te il soggiorno di Raffaello a Firenze. Il dipintofu realizzato per Lorenzo Nasi, ricco commer-ciante di panni di lana, in occasione del suo matri-monio con Sandra Canigiari, donna appartenenteall’alta borghesia di Firenze. Si tratta di uno straor-dinario capolavoro della storia dell’arte italianaparticolarmente “sfortunato”, perché appena qua-rant’anni dopo la sua creazione venne coinvolto,come testimoniato dal racconto di Giorgio Vasari,nel crollo del palazzo in cui era conservato.

Emanuela Ciarla

I l mirto è un pianta tipica della macchiamediterranea che si diffonde come arbu-sto sempreverde, caratterizzata da un

frutto costituito da piccole bacche nerastre pie-ne di semi, che emanano un profumo balsami-co, infatti il nome viene dalla radice myron, chesignifica profumo,essenza. Nella mitologia greca viene associato a Myrsine,una fanciulla uccisa da un giovane che avevasuperato nelle gare, così Afrodite, toccata dal-la triste fine della ragazza la trasformò in unapianta di mirto. Un’altra leggenda la associa aDioniso, che sceso negli inferi per liberare la madre, uccisa dai fulmini di Zeus, lasciò sulla terra unapianta di mirto; perciò l’arbusto è associato allamorte e l’uso di decorare con le sue fronde icimiteri è ancora attuale. Sempre secondo il mitogreco, Afrodite, uscita nuda dal mare e inse-guita da un gruppo di satiri, si salvò nascondendosiproprio in un boschetto di mirti; mentre per Ovidiola dea stessa, nata dal mare, approdò sulla spiag-gia di Chitira, la splendida isola a sud del Peloponneso,e proprio con rami di mirto coprì la sua nudità.Questo è il motivo per cui l’arbusto fu dedicatoalla dea e se ne piantarono boschetti sacri intutta la Grecia. Successivamente con Enea, miti-co fondatore di Roma e figlio della stessa dea,la leggenda ebbe seguito in Italia, a tal puntoche la dea divenne protettrice di Roma e lo sto-rico Tito Livio scrisse che l’Urbe era nata nelpunto dove era spuntato il nostro mirto. Da qui vennero piantati alberi sacri in molti luo-ghi pubblici e dopo una vittoria fronde della nostrapianta venivano portate sul Campidoglio dal vin-citore vestito di bianco e incoronato di mirto stes-so, invece della consueta corona di alloro. Ancora rami venivano offerti a Venere duran-te le calende di aprile e nei banchetti un ramet-to profumato era testimone del brindisi. Virgilio ne parla sia nelle Georgiche che nelleBucoliche e ricorda anche lui che è la piantasacra a Venere, così da diventare simbolo difecondità. Da allora gli sposi durante il banchettonuziale erano soliti portarne corone sul capo,

della pianta che lo stesso Plinio definisce myrtusconiugalis. Per gli ebrei nella festa delleCapanne i rami comprendevano tra le varie pian-te anche il mirto e con esso si formava ancheil mazzo rituale per ringraziare Dio. Dice inve-ce il profeta Isaia che attorno a Sion “invece diortiche cresceranno mirti,ciò sarà a gloria del Signore,un segno eterno che non scomparirà” (Is 55,13),così l’angelo del Signore che promette al pro-feta Zaccaria il ritorno del suo popolo e la rico-struzione di Gerusalemme , arriva su un caval-lo rosso e “stava fra i mirti in una valle profon-da” (Zc 1,8) per indicare il carattere positivo del-la profezia. La tradizione si rinnova ancora oggi per gli ingle-si che citano un vecchio detto: “Myrtle for remem-brance” e anche loro ne mettono i rami nei maz-zi di fiori preparati in occasione dei matrimoni.In virtù della delicatezza e del colore bianco delsuo fiore è stato accostato anche alla VergineMaria, in riferimento alla sua purezza e umiltàdivenendo ella “l’amabile mirto del Signore”. Duranteil Rinascimento fu associato ancora alla fedel-tà e all’amore eterno e come tale viene raffigu-rato nelle allegorie matrimoniali. Questa pianta ha un grande utilizzo in medici-na per le proprietà stimolanti, disinfettanti, bal-samiche, solo per citarne alcune ed è citata daIppocrate, da Plinio e da Avicenna; notevole risul-ta anche l’impiego in cucina per aromatizzaregli arrosti e come sostituto del pepe , mentrein Sardegna si prepara un liquore dalle virtù dige-stive, facendo fermentare le bacche in acqua ezucchero. Un’altra ricetta inebriante è quella dell’infusio-ne di bacche in alcool, con un procedimentosimile alla preparazione del Gin, che si ottieneinvece dalle bacche di ginepro. Il “vino” di mirto era molto apprezzato già in epo-ca romana ed è citato da Plinio, Dioscorìde edal famoso Columella che lo descrive come unmacerato di bacche in un buon mosto d’uva, conaggiunta di miele, usato a volte per migliorareuve poco zuccherine e ottenere vini più alcoli-ci. Ma è Catone a fornirci la precisa ricetta: mez-zo moggio di bacche di mirto in un’ urna di mosto,considerandolo adatto alla durezza di stoma-co, al mal di reni ed alle coliche.

Agli inizi del Rinascimentosi chiama mortadella unasalsiccia di carne di vitel-

lo, molto diversa da quel-la che oggi si prepara con il

maiale, aromatizzata appunto con il mirto, anchese già i romani apprezzavano il myrtatum, uninsaccato speziato con bacche di mirto. Tra i variimpieghi c’era anche quello cosmetico, infatti nel-la Mesopotamia del II millennio a.C. si usava unolio profumato al mirto, considerato una fontedi salute e benessere; il profumo diventava cosìun segno d’amore ed un rito purificatorio e a que-sto proposito sappiamo, che prima di esserepresentata al re persiano Assuero, Ester , il cuinome ebraico Hadassa significa appunto mir-

to, dovette sottoporsi a due riti di purificazioneconsistenti in sei mesi di bagni di vapore pro-fumati e di applicazioni, sul corpo, dell’olio di mir-to e, successivamente per altri sei mesi, di fumi-gazioni di storace, zafferano, narciso e cinna-momo. Gli speziali del Medioevo ricavavano dalle cor-tecce, dalle foglie e dai fiori del mirto un distil-lato, detto acqua angelica, detergente e tonica,infine ricordiamo che nei tempi passati in cam-pagna le nostre nonne usavano mettere ramidi mirto nella biancheria per renderla profumata.

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.46 Pagina 39

Page 40: In questo numero - Diocesi Suburbicaria Velletri - Segni · Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Bruno, Paolo Tomasi,Lorena Carluccio, ... Lorella Manciocch, Simona Zani, Emanuela

L’‘opera fu ridotta in 17 pezzi a causa del crol-lo di un soffitto. I frammenti furono recuperatie rimessi insieme da un pittore di qualità, cheoggi si tende a identificare in Ridolfo del Ghirlandaio.Le sue vicende sono narrate da Giorgio Vasariche racconta come “capitò poi male quest’operal’anno 1548 a dì 17 novembre, quando la casadi Lorenzo, insieme con quelle ornatissime ebelle degli eredi di Marco del Nero, per uno smot-tamento del monte di San Giorgio, rovinaronoinsieme con altre case vicine: nondimeno ritro-vati i pezzi di essa fra i calcinacci della rovina,furono da Battista figliuolo d’esso Lorenzo, amo-revolissimo dell’arte, fatti rimettere insieme inquel miglior modo che si potette“. Dopo il restau-ro, la “Madonna del cardellino” rimase proba-bilmente di proprietà dei Nasi fino all’estinzio-ne, per discendenza maschile, del-la famiglia, avvenuta nel 1639 conla morte di Francesco di Lorenzo.Di lì a poco venne acquistata dalcardinal Giovan Carlo de’ Medici(1611-1663) che la collocò nella suadimora di via della Scala. Messaall’asta assieme al patrimonio di que-st’ultimo, dal fratello – il granducaFerdinando II (1628-1670) –, perfar fronte ai consistenti debiti cheil porporato non aveva onorato invita, l’opera di Raffaello, valutataben 600 scudi, fu allora probabil-mente riscattata dal cardinal deca-no Carlo de’ Medici (1596-1664),zio di Giovan Carlo, col preciso inten-to di mantenere nelle collezioni difamiglia un ormai venerato capo-saldo della civiltà pittorica fioren-tina. Pervenuta al granduca, appro-dò nel 1704 agli Uffizi, dove fu accol-ta fra i capolavori della Tribuna. Ilquadro raffigura la Madonna sedu-ta su di una roccia, con un libro inmano (da cui l’epiteto SedesSapientiae) che interrompe la sualettura per rivolgere teneramenteil suo sguardo verso i bambini chegiocano davanti a lei: Gesù bam-bino (a destra) e San Giovanninoche tiene in mano un cardellino, sim-bolo della Passione. In questo dipin-to la lezione di Leonardo emerge,oltre che dall’impostazione piramidale,in particolare dal bruno del terre-no e dalla resa atmosferica del paesaggio di fon-do, che si perde nei vapori della lontananza. Ivolti del Battista e di Cristo recano un’impron-

ta inconfondibilmente leonardesca nello sfumatoche li avvolge e nei tratti somatici. Pervenutaalle collezioni medicee, la tavola subì una serieinfinita di restauri basati tutti sulla sovrapposi-zione di vernici, patine, ridipinture per nascon-dere il danno ed evitare che la sua reale fram-mentarietà danneggiasse la fruizione esteticadei suoi valori espressivi. Oggi più che mai, susci-ta sempre grande emozione e immenso stuporeentrare nella Sala 26 della Galleria degli Uffizie trovarsi di fronte la Madonna del Cardellino.Uno di quei capolavori che l’uso ha consuma-to, come la Gioconda di Leonardo, come il Daviddi Michelangelo. Quante volte l’abbiamo vistariprodotta nei libri, nelle riviste, nelle immaginisacre appese in cima ai letti di una volta, neisantini della prima comunione! Attualmente, dopo

la rivelazione del colore prodotta dal restaurodel 2008, possiamo guardarla con occhi in cer-to senso nuovi. Ci affascina il dolce paesaggio

italiano che trema nell’ora meridiana mentre sere-ne nuvole d’estate attraversano il cielo infinito.Ci incanta la malinconica bellezza dellaMadonna che è madre affettuosa consapevo-le del destino del figlio ma è anche presenzaeterna e immutabile come le azzurre montagneche si vedono sullo sfondo. Tenerissimo e insie-me carico di sommessi presagi è il colloquio frasan Giovannino e il Bambino Gesù, quest’ulti-mo rappresentato in atto di accarezzare il car-dellino; il piccolo uccello che il compagno di gio-chi tiene fra le mani e che, nelle sue rosse piu-me, è figura di morte e di resurrezione.Quando il giovane marchigiano dipinge la Madonnadel Cardellino è già in possesso di una cultu-ra figurativa immensa. Una cultura che era natanell’ambiente di Urbino (tra le preziosità dei fiam-

minghi, il nitore formale del Lauranae di Piero della Francesca e l’uma-nesimo raffinato della corte ducale)che era cresciuta a contatto del suomaestro Perugino dal quale aveva appre-so per non dimenticarlo mai più il segre-to del ritmo che governa le forme edella Bellezza che le intenerisce. Unacultura infine che maturò nel soggiornofiorentino del 1504-1508. Durante ilquale egli si mostrò soprattutto sen-sibile alle opere di Leonardo e diMichelangelo, di Fra Bartolomeo e diMariotto Albertinelli ma aperto, anche,a tutta la storia artistica toscana piùo meno recente; da Luca dellaRobbia e dal Verrocchio fino aDonatello, al Beato Angelico, aMasaccio. Raffaello è stato talmente l’interpre-te di un ideale di bellezza classica,canonica, passata poi nel gusto d’in-teri secoli e connaturatasi con il nostroideale di bellezza, che non si distin-gue quasi più, con lui, tra il bello dinatura e il bello artistico; ed è esat-tamente in questo che consiste la suagrandezza d’artista. Perché a quel-l’ideale il pittore è giunto non tantoper avere assunto a canone pittori-co una preordinata regola stilistica affi-nandola sino alla sua massima ela-borazione, ma attraverso una più inti-ma fede e interpretazione dell’uomosemplicemente e felicemente tradu-cendo in raffinatezza d’immagini, un’ar-

chitettura di pensiero.

*Dir. Uff. Diocesano Beni Culturali

Maggio_2010:Pag prova.qxd 03/05/2010 16.47 Pagina 40