Upload
foschi-editore
View
213
Download
0
Embed Size (px)
DESCRIPTION
Incipit di "Smetto domani"
Citation preview
INCIPIT
PARTE I: La Maja vestida e la Maja desnuda
Babe,
vengo spesso a sentirti nel ventre della balena bianca. A volte piena di livore contro
l’umanità intera, a volte piacevolmente impaziente, quasi sempre in ritardo come una
sposa. E in questo caso non ci vuole molto, basta scavalcare. Quando poi mi siedo
sulla tomba, finalmente la mia tranquillità si ricompone piano piano in mezzo alle
piante. Non c’è distanza, è tutto qui sotto. Un passato perduto e racchiuso, ci sono
odori, sapori, ricordi che ti evocano. È come premere un tasto, un momento di grazia
che spero duri per sempre. Si è quel che si sente. E poi chi sente forse dialoga, chissà.
Affettuosa e infantile io, spirito irriverente dell’isola che non c’è più tu. Tu che sei
qui sotto. Sotto. E mi guardi dalla parte delle radici. Sopra. Mi guardi. Sotto. Ti
guardo. Sopra. Quanti centimetri di terra ci separano? Sotto. Sopra. Confortante.
Dimmi, riposi in pace? A me rimane l’urgenza di trovarti, da qualche parte.
“Ma pensa la coincidenza”, ti dico, “incontrarci qui stasera”. E tu, come al solito, ti
sciogli.
La platea ride educatamente: quant’è spiritosa.
Quelli che alzano sempre la mano e si sforzano di dire qualcosa-che-nessuno-ha-mai-
detto hanno già dato. Per fortuna. Fortuna.
Lo faccio apposta a pensare queste piccole cose prive di senso. Così. Tanto per
ingannare l’attesa. Perché l’attesa è sempre la parte migliore. Vivere la vigilia.
E poi prendo il tondino e lo infilo nella terra fino a toccare la bara. Ti tocco. L-O-T-
O-C-C-O. Tu non riesci a dirmi “Ferma” perciò mi lasci fare. Felicità. Quella che ti
dà la nausea. Felicità in croce.
Ci ho messo un po’ a capire che le croci sono lì dove stanno i piedi. Filosoficamente
parlando. Ai piedi della croce. Ma che finezza.
Per trarre il massimo del godimento da tale attività occorre, però, mettere da parte
l’indecisione, l’indignazione, l’ira e gli scrupoli. E poi di solito lo scrupolo porta
sfiga, lo sanno tutti, e io di sfiga ne ho avuta abbastanza.
Passare così la notte è meglio che svegliarsi la mattina e ricordarsi tutto di
soprassalto, naturalmente. E poi queste sono cose che rinnovano un patto, cose che
restano e non si disperderanno, che rimangono e non se ne andranno.
Inoltre, quando alla fine vado via, smetto di pensare ad altre cose stupide e
insignificanti, tipo l’ultima parola che hai detto, la cena che avevi preparato o la
maglietta che avevi addosso.
Perché la mente umana, tutto sommato, ha grandi capacità di ripresa e di rimozione
dei traumi. Ecco. È questo, mi dico.
Ma non è vero.
Perché poi ricomincio.
Per un numero imprecisato di volte.
Che tende maledettamente all’infinito.
ARIANNA
Non pensavo a Norma da anni. Quando qualcuno mi ha chiesto di lei ho ricordato con
rimpianto quei giorni densi di studio e cioccolata in cui parlavamo per ore, spesso
senza capirci, eppure senza annoiarci. Ma non ho mai avuto la forza di cercarla.
Cercarla sarebbe stato come vedere il conto in banca a fine trimestre: le entrate e le
uscite sono lì, il saldo finale inesorabilmente ti dice quanto puoi ancora scherzare.
Certo, il posto giusto per Norma erano le pagine rosa pastello dei miei diari da
adolescente: lei non è come le altre - poche - amiche che ho avuto, lei afferrava i tuoi
stati d’animo con la fame del predatore, per farne cosa non lo so neppure io. Forse
per mescolare il suo dolore a quello altrui, diluendolo. Un paio di volte ho avuto
bisogno di lei, della compagna di banco del liceo alla quale si può confidare ogni
cosa, ma la consapevolezza della sua cruda schiettezza mi ha convinta ad
accontentarmi del pietismo dei più, o meglio ancora della mia poco nota capacità di
fingere. Non sanno, i più, quanto sia facile giocare alla vita. E non sanno che si può
fare anche se indossi golf di cashmere in tinta con la borsa. È un giochino facile
facile, che ho inventato quando la paura dell’interrogazione di matematica bloccava il
fluire dei miei sogni notturni: si fa finta di non essere se stessi. Corpo ma non anima.
Semplice, no? Solo che poi ci ho preso gusto, sono una giocatrice instancabile, e ho
dimenticato che la campanella della scuola aveva ormai smesso di suonare.
E ora, ora che manca così poco per arrivare indenne al traguardo degli anta, ecco che
lei torna a insinuare ragionevoli dubbi. Ah, no, cara Norma, non riuscirai a farmi
piangere di notte aggrappata a un cuscino; sai, ho preso la strana abitudine di dormire
per otto meravigliose ore, dopo aver fatto sesso non problematico con Paolo, mio
marito, dopo aver cucinato cibi macrobiotici, dopo aver eseguito impeccabilmente i
soliti noiosissimi incarichi che mi affidano nella Presidenza di Facoltà e dopo aver
messo in ordine la mia incantevole villetta che ho arredato come dico io. Nel corso
delle mie giornate, che durano ventiquattro ore, non mesi, anni o attimi, riesco anche
a sognare quello che desidero e a divertirmi on-line. Adoro la chat. Ma solo con Luca.
La chat con lui fa miracoli, più delle creme antirughe che ho iniziato a usare per
tempo, a trent’anni appena compiuti. Ma questo è il mio piccolo piccolissimo
innocente segreto. Lo so, Norma, che per te non avevo segreti, ma il tempo del diario
rosa pastello è finito. Ora ho la password.