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Indice

p. 3 R. Mischi, Il Laboratorio didattico per le energie rinnovabili

p. 5 M. Malpetti, le foto della Assemblea musicale

p. 8 Greta Moschini, Sondaggio sul gradimento dell’assemblea

p.10 Dai nostri inviati, Freschi freschi dall’assemblea “musicale”

p.12 L. Minotto, I progetti del Fermi: il Fermi -x

p.15 C. Iftime, I risultati del sondaggio sul nuovo giornalino online

p.17 N. Catalano, Fermi, in Italia solo … fermi

p.21 S. Garilli, L’Onda studentesca contro gli scogli della riforma Gelmini

p.26 D. Gandolfini, Chi le ha viste?

p.29 M. Andreoli, I genocidi dimenticati

p.35 L. Perego, Vi racconto la mia vita

p.36 E. Aliano, Essere come si è

p.39 G. Ghirardini, Dio creò la donna e disse: “ho fatto un miracolo”

p.40 V. Facchini Rublev, Wikipedia …

p.43 M. Avolio, Il più grande acceleratore di particelle del mondo

p.44 B. Bocchi e A. Girelli, Viaggio nel mono dei sogni

p.49 A. Papotti e I.Cassisa, Immagini … Pensieri

p.52 M. Lucchini, Una storia qualunque (terza puntata)

p.62 V. Meneghello, L’assassina e il vampiro (capitolo 3)

p.66 G. Ghirardini, The twins (capitolo 1)

p.68 A. Guariglia, Marracash (recensione)

p.70 N. De Mita, Trigon (recensione)

p.72 S. Abdelkamel, Inception (recensione)

p.73 S. Zamboni, Studenti o … animali?

p.75 Giochi enigmistici, alcuni a cura di A. Girelli

Copertina:

fotografia di Maura Malpetti

fotocomposizione di Mattia Avolio e Slava Facchini Rublev

Controcopertina

fotografia di Maura Malpetti

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a proposito del Fermi Finalmente, dopo anni di intenso lavoro di progettazione e realizzazione, lo scorso 10 Febbraio è stato inaugurato il laboratorio per le energie rinnovabili. Un fiore all’occhiello della nostra scuola, originatosi da una “pazza” idea del sottoscritto e del prof Sandro Sutti e frutto di un fantastico lavoro di rete tra insegnanti e tecnici del Fermi, Enti locali, Fondazione comunità mantovana, Associazioni di categoria e Aziende e Professionisti privati. L’insieme del laboratorio è composto da 4 sezioni: 1) Banco prova motori (in cui si sperimenta l’uso tradizionale dell'energia fossile); 2) Impianto fotovoltaico da 6,84 kW di picco, che ha una produzione annua 7100 kW h, e rende alla scuola, tra incentivi e produzione effettiva, circa 4200 €/anno;

3) Impianto di produzione, accumulo di idrogeno e

trasformazione dello stesso in

energia elettrica

quando è necessario; 4) Impianto geotermico con pompa di calore a

trascinamento elettrico, con

sonde geotermiche di tipo verticale

ciascuna della profondità di circa 93 m; ha una Potenza termica di 10 kW e una Potenza in freddo di 8 kW. Il suo costo complessivo e comprensivo di ogni voce di spesa

Prima una grande idea e un grande sforzo collettivo. Adesso un grande risultato e un grande vanto:

il Laboratorio didattico per le Energie rinnovabili del Fermi

Figura 1 L'intervento del Dirigente Scolastico Provinciale

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è stato di 240.000 €, reperiti in larghissima misura da sponsorizzazioni pubbliche e private. Ma a questo punto non si tratta di fare dei calcoli di mero risparmio energetico e valutare in quanto tempo la spesa sarà ammortizzata. Perché, come dicevamo,

questo non è in primo luogo un impianto di produzione di energia bensì una enorme opportunità di insegnamento delle scienze applicate. Infatti questo laboratorio, unico nel suo genere nel panorama della scuola italiana, è stato pensato sin da subito come supporto alla didattica in scala reale. Esso consentirà, non solo alle classi del

nostro istituto ma anche a quelle delle scuole di tutta Mantova e

provincia, di fare esperienze didattiche davvero interessanti. Tra l’altro vale la pena di sottolineare che per i due impianti

più complessi, quello

dell'idrogeno e del fotovoltaico, lo studente può approcciare lo studio di questo tipo di impianti tramite modelli in piccola scala in cui può e deve mettere subito le

mani, ovviamente dopo aver acquisito i necessari presupposti teorici. Nel laboratorio è inoltre possibile valutare i problemi classici della termodinamica come il trasferimento e la trasformazione dell'energia, concetti di difficile comprensione dal punto di vista teorico, mentre con questo laboratorio è possibile, attraverso misurazioni, rendere piacevole l'apprendimento. Questo laboratorio però non è solo termodinamica: è anche chimica, elettrotecnica, sistemi e regolazione automatica degli impianti, informatica: insomma tutto ciò che si insegna nella nostra scuola. Speriamo che tutto ciò possa anche contribuire all'evoluzione del territorio mantovano in una logica di sviluppo sostenibile.

Renato Mischi

Figura 2 Il taglio del nastro

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11 Febbraio 2011

Megassemblea musicale!!!

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TUTTE LE FOTOGRAFIE SONO DELLA

NOSTRA INVIATA MAURA MALPETTI

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Ed ecco i risultati del sondaggio sull’assemblea

Partecipanti (665)

Prime

Seconde

Terze

Quarte

Quinte

1) In generale come pensi Sia stata l'assemblea?

1. Scarsa

2. Discreta

3. Buona

4. Molto buona

2) Ti è piaciuta l'idea di utilizzare 7 postazioni per eventi diversi?

1. Sì

2. No

3. Non molto

Partecipanti(che hanno compilato il questionario) 665

Prime 33,68%

Seconde 17,59%

Terze 17,89%

Quarte 18,50%

Quinte 12,33%

1) In generale come pensi Sia stata l'assemblea?

1. Scarsa 0,15%

2. Discreta 4,51%

3. Buona 32,63%

4. Molto buona 62,71%

2) Ti è piaciuta l'idea di utilizzare 7 postazioni per eventi diversi?

1. Sì 95,94%

2. No 0,30%

3. Non molto 3,76%

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3) Sei riuscito a partecipare a tuttiE tre gli eventi scelti inizialmente?

1. Sì

2. No

3. Solo a 2

4. Solo a 1

4) Pensi che 7 postazioni siano adeguate per l'organizzazione di un'assemblea?

1. Sì, è il numero ideale

2. Sarebbe meglioDiminuire il numero

3. Sarebbe meglio Aumentare il numero

4. No, sono Decisamente troppe

5) Secondo il tuo parere, era meglio il vecchio sistema di assemblea (divisione biennio e triennio con un unico evento)

o il nuovo?

1. Meglio il nuovo

2. Meglio il vecchio

3) Sei riuscito a partecipare a tutti E tre gli eventi scelti inizialmente?

1. Sì 97,14%

2. No 0,15%

3. Solo a 2 2,71%

4. Solo a 1 0%

4) Pensi che 7 postazioni siano adeguate per l'organizzazione di un'assemblea?

1. Sì, è il numero ideale 62,71%

2. Sarebbe meglio Diminuire il numero 26,62%

3. Sarebbe meglio Aumentare il numero 9,32%

4. No, sono Decisamente troppe 1,35%

5) Secondo il tuo parere, era meglio il vecchio sistema di assemblea (divisione

biennio e triennio con un unico evento) o il nuovo?

1. Meglio il nuovo 99,55%

2. Meglio il vecchio 0,45%

a cura di Greta Moschini

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Freschi freschi dall’assemblea “musicale”

Kabìla

Immaginate di passeggiare

tranquillamente per la vostra

strada… Immaginate di svoltare

l’angolo e di essere avvolti da un

suono lontano di percussioni…

Immaginate di vedere cinque ragazzi

che, sopra lunghi e colorati tappeti,

diffondono come un cuore pulsante il

ritmo dell’ Africa…

Chi sono loro? Sono i Kabìla!

“Abbiamo scelto il nome Kabìla, che in swahili significa tribù, proprio perché

rispecchia l’unità presente nel nostro gruppo” dice Catia, in veste di portavoce

della compagnia. “Quello che ci unisce” prosegue “è la forte passione per

questi strumenti e per l’Africa”.

È proprio dopo un viaggio in Burkina Faso che questo gruppo di musicisti

decide di portare i suoni e i colori di quel vicino ma così lontano continente tra

le nebbiose strade di Mantova, ma non solo… da sei anni a questa parte

potete trovare i Kabìla in feste locali, serate a tema, discoteche ma anche al

Ferrara Busker Festival, una grandissima manifestazione dedicata

interamente agli artisti di strada.

Sei ancora lì? Cosa aspetti?! Fatti trasportare dal suono dei djembe e dei

kenkeni nella magica Africa Dai nostri inviati

Nicolò Gavioli e

Valentina Monteleone

Hammersmith e Opera House In uno spazietto angusto, al termine del lungo corridoio del Biennio, si sono

esibiti gli Hammersmith e gli Opera House. Tutto qui? Ma certo che no!

Questo gruppi hanno letteralmente strabiliato per la loro straordinaria

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dinamicità e il numero di pubblico che complessivamente ha assistito ne è

una riprova, e non era uno spettacolo per i soli amanti della musica rock: ogni

spettatore si è esaltato e divertito

subendo l’ondata di voglia di

movimento che derivava dagli

assoli di chitarre elettriche, dai

motivi travolgenti dei bassisti e

dall’energia della batteria.

Hammmersmith è una rock band

formata da quattro giovani

mantovani, tra cui Stefano

Buttarelli, che frequenta il nostro

istituto ed è un virtuoso del basso. Hanno suonato cover dei Led Zeppelin,

Jimi Hendrix ed un paio di canzoni scritte da loro, non meno cariche di

brillantezza. Già conosciuti nella provincia per le loro esibizioni, gli

Hammersmith hanno vinto anche una competizione (“Anche se il premio non

ci è mai arrivato” come afferma il cantante perplesso).

Ma non è tutto, una grande prestazione l’hanno offerta anche gli Opera

House, il cui nome deriva dal celebre teatro di Sidney. Pur peccando

dell’assenza del cantante (convalescente), per mezzo del prestito del

cantante dell’altro gruppo per qualche canzone e del bassista Riccardo

Capucci per le restanti, loro si sono

esibiti senza intoppi sotto le note di

Jimmy Hendrix, Bon Jovi, Pink Floyd e

della coppia De Gregori/Vasco

(arrangiata in chiave rock). Seppure alla

nostra domanda “Ci raccontate una

barzelletta?” abbiano risposto che Nicolò,

il loro cantante, ne è una vivente, lo

spettacolo è stato molto gradito e non si

è rimpianta la sua mancanza. E quale

dolcezza avrà avuto per loro lo scroscio di applausi fioccati alla fine di ogni

pezzo? Di sicuro c’è che il sacrificio di ogni prova in piccole cantine o garage

è stato ripagato.

Altroché miagolii sofferenti, questa sì che è buona musica!

Dal nostro inviato

Matteo Lucchini

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E la Bossanova?

C’era solo un musicista, ma bravissimo.

Poca gente purtroppo, per un genere

non molto conosciuto tra noi giovani.

<Come mai hai scelto proprio questo

genere?>

<Perché me lo consigliò il mio

insegnante e mi sono appassionato

subito.>

<Dove nasce la Bossanova? E quali

strumenti vi si suonano?>

<In Brasile,tra la gente povera. E’ un genere molto libero … Si va dalla

chitarra al basso e alla batteria.>

<Grazie amigo.>

E restiamo incantati a sognare su questi ritmi dolci che ci parlano dei mari del

Sud. Dai nostri inviati

Mattia Avolio e

Edoardo Nodari

I PROGETTI DEL FERMI: IL FERMI -X

Lo spazio, meta irraggiungibile per molti, ma non per noi del Fermi, che lo conquisteremo grazie ad un razzo del tutto autoprogettato. E’ questo che si cela dietro la sigla Fermi-x. Per il secondo episodio del ciclo ”I PROGETTI DEL FERMI” ho dunque intervistato i ragazzi del settore delle pubblic relations del Fermi – x,

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ovvero Agata Bottoli e Vittorio Gerola. -Quando è nato il progetto e chi ha avuto l'idea? -Il progetto è nato circa un anno fa, l'idea è venuta dalla scuola (più specificatamente dalla preside) che ha coinvolto sempre più gente, a partire dagli alunni e naturalente insegnanti; e anche collaboratori esterni fondamentali come Fabrizio Bovi, giornalista scientifico. -Com’è stata presa l'idea in generale? È stata presa molto bene da parte dell'istituto, grazie soprattutto al fatto che sono stati coinvolti moltissimi ragazzi fin dalle battute iniziali, ma si sono verificati subito dei problemi causati dalla novità del progetto e quindi dalla poca conoscenza di questo tipo di esperienze (ricordo che è il primo progetto di questo tipo in Italia). -In quanti avevate iniziato?

All'inizio servivano soltanto ragazzi del triennio e saremo stati in 30 - 40, poi da gennaio abbiamo deciso di aprire le porte ai compagni del biennio per progetti paralleli (come la mongolfiera e l'aereo modellismo). -Che peso ha la collaborazione dall'esterno?

C'è stata molta collaborazione dall'esterno, soprattutto bisogna ringraziare la”Rocket Emotions” per la costruzione e l'analisi dei materiali del razzo, alcune aziende esterne contattate da Bovi che hanno dato aiuti e informazioni, e infine anche la “Marconi”, che costruirà l'involucro della sonda. -Come sono divisi i lavori all'interno del progetto? Ogni sezione ha un lavoro adatto alle sue competenze: i chimici fanno simulazioni con la strumentazione e studiano il propellente da utilizzare, gli informatici hanno predisposto un sistema di telemetria e preparano tutti i componenti informatici, i meccanici pensano alla lavorazione della rampa e dell'involucro del razzo e gli elettronici ed elettrotecnici pensano a tutta l'apparecchiatura elettronica da porre all'interno del razzo; infine i

liceali, oltre ad eseguire calcoli in supporto alle altre sezioni, svolgono un lavoro di management e pubblic relations. -Come si può partecipare al progetto? Basta chiedere ad un qualsiasi partecipante al progetto e, in un

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modo o nell'altro, si viene efficacemente inseriti. -Vi sono già stati Stage legati al progetto? Alcuni studenti sono riusciti ad ottenere stage vari: un alunno di meccanica ha ottenuto uno stage estivo alla “Marconi”, fabbrica molto importante nel settore della meccanica; e due informatici hanno ottenuto uno stage in un'azienda di Parma sempre nello studio dei motori. Si spera che anche i progetti collaterali del biennio possano avere sbocchi analoghi in futuro.

-Quanto manca alla fine del progetto? Al momento non si può sapere, teoricamente dovrebbe essere a giugno, ma dato che ci sono state moltissime modifiche e problemi

vari, non si può conoscere la data esatta. -A che punto è comunque la lavorazione del razzo? Si sta lavorando alla rampa di lancio, verrà effettuato un lancio di prova fino a mille metri con un satellite che verrà emesso, si sta anche pensando di battere un record europeo, cioè quello del lancio più alto: si vuole infatti arrivare fino a 13000 metri e il lancio è stato programmato in America. -Quali sono stati i costi? Sono stati molti e molto ingenti, a partire da quello per il motore (che non possiamo autofabbricarci per ovvi motivi), che dobbiamo farci portare dall'America, da un azienda che costruisce anche i motori degli Space Shuttle. Perciò siamo sempre alla ricerca di sponsorizzazioni. -Quali sono le caratteristiche tecniche del razzo? Il razzo della prova di febbraio è alto 3,10 m e ha una sezione di 12-15 cm, ha 3 alette inferiori per la stabilità (l'aerodinamica è stata studiata dagli alunni anche grazie agli aiuti della “Rocket Emotion”), ha un sistema di telemetria ideato dagli informatici (esiste un video su youtube:http://www.youtube.com/watch?v=9LjkrKwRrMM) grazie al quale si può localizzare il razzo anche attraverso il GPS e attraverso segnali radio si possono avere informazioni sullo stato del razzo. -Vi sono progetti complementari? Come tutti sapranno ormai, vi è questo progetto della mongolfiera

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che verrà utilizzata per eventi esterni, potremmo anche essere chiamati da aziende o comuni per molti eventi, insomma un potenziale buon introito economico. Che dire dunque alla fine di questa intervista? Che questo è un ottimo progetto che merita tutta l'attenzione necessaria, la gente

all'interno è fantastica ed è molto disponibile e attiva. Speriamo che il progetto si concluda nel migliore dei modi. Vi aspetto sul prossimo numero con l'intervista ai laboratori artistici.

Lorenzo MInotto

_____________________________________________________________

ECCO I RISULTATI DI UN PARZIALE SONDAGGIO

SUL NUOVO GIORNALINO ONLINE

Nel mese di gennaio, dopo l’uscita

del solo primo numero, in alcune

classi è stato condotto un

sondaggio a campione che

riguardava la conoscenza e la

lettura del nuovo giornalino online.

Le domande sono state rivolte a

due classi prime, a due classi

seconde, a due classi terze, a due

classi quarte e infine a due classi

quinte.

Le domande, erano 6.

Eccole, insieme alle risposte

ricevute.

1) Hai letto il nuovo giornalino?

ll 10% dei circa 240 studenti ha

risposto di SI, purtroppo circa il

90% ha risposto di NO. Ripetiamo

però che si trattava del primo

numero, che ha comunque avuto in

totale oltre 750 viste, mentre le

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visite del secondo hanno superato

le 900.

A coloro che hanno risposto di no

alla domanda precedente è stato

chiesto: 2) “ Perche non l’hai letto?”

Il 31% ha risposto che non ne

conosceva l’esistenza, mentre al

67% non interessava e il restante

2% ha dichiarato di non avere

internet.

A coloro che hanno risposto di sì

alla prima domanda è stato invece

domandato: 3) Dai un giudizio sugli

articoli in generale.

Il 4% ne ha dato un giudizio

insufficiente, il 48% ha espresso un

giudizio sufficiente, mentre l’altro

48% ha dato un ottimo giudizio.

Abbiamo poi domandato: 4) Dai un

giudizio sulla nuova grafica.

Il 16% ne ha dato un giudizio

sufficiente, mentre l’84% ha

espresso un ottimo giudizio.

Infine a chi ha avuto modo di

vedere il formato web dello scorso

anno sono state rivolte un paio di

domande in più.

5) Preferisci questa nuova

interfaccia o quella dello scorso

anno? (ed era questa la cosa che in

questa fase ci interessava

maggiormente)

Il A quanto pare, la scelta di

quest’anno ha “pagato”: infatti 95%

gradisce la nuova interfaccia,

mentre il 5% preferisce la vecchia.

6) Preferisci in ogni caso il giornale

on-line o quello stampato?

E qui, come nel sondaggio

effettuato lo scorso anno vince

nettamente la carta. L’85%

gradisce di più il giornalino

stampato, mentre solo il 15%

preferisce quello on-line.

A cura di Catalin Iftime

con la collaborazione di altri giornalisti

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Fermi, in Italia solo fermi… Come noi tutti sappiamo, Enrico Fermi è colui che,

grazie alle molte e molto importanti scoperte in ambito

nucleare, si guadagnò nel 1938 il Nobel per la fisica.

Ma non tutti sanno che il suo fu uno dei più gravi

episodi di fuga di cervelli

dall’Italia all’estero.

Lo scienziato italiano aveva formulato una teoria del

tutto nuova ed importante, ma aveva bisogno di

constatare la veridicità delle proprie congetture. Ma per

fare ciò aveva bisogno di un potente (per l’epoca)

acceleratore di particelle. Nel novembre 1936, Fermi e

Domenico Marretta, direttore dell'Istituto di Sanità

pubblica, presentarono la proposta per realizzare un

acceleratore di tipo Cockcraft-Walton da 1MeV,il quale

doveva realizzarsi presso l'Istituto di Sanità pubblica (

viene tuttora utilizzato in ambito terapeutico).

Fermi motivò la richiesta di tale strumento con un documento ufficiale che

dice:

e continuava sottolineando che:

«Le ricerche sulla radioattività hanno avuto negli ultimi anni, presso tutte le

nazioni civili, uno sviluppo eccezionalmente intenso e fecondo. Questo

movimento non accenna in alcun modo a declinare, ma tende anzi a

estendersi a nuovi e vasti campi non solo della fisica, ma anche della

chimica e della biologia. L'Italia ha avuto finora un ruolo preminente in queste

ricerche [...]. D'altra parte la tecnica radioattiva ha potuto impiegare in gran

parte come sorgenti primarie le sostanze radioattive naturali, così che i

mezzi ordinari di un laboratorio fisico universitario hanno potuto, con limitati

aiuti esterni, essere sufficienti allo sviluppo delle ricerche. Accanto alla

tecnica delle sorgenti naturali si è andata sviluppando in tutti i grandi paesi

esteri quella delle sorgenti artificiali. [...] Queste sorgenti hanno intensità

migliaia di volte superiore a quelle delle sostanze naturali. È chiaro come

queste circostanze rendano vano pensare ad un'efficace concorrenza con

l'estero se anche in Italia non si trova il modo di organizzare le ricerche su un

piano adeguato.»

l'acceleratore Cockcraft - Walton

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Fermi non si limitava a sottolineare

l'importanza della ricerca di base, ma

evidenziava anche le possibili

ricadute pratiche:

-------------------------------------------------------------------------------------------------------

La richiesta finale da parte di Fermi era di 300.000 lire più 230.000 per le spese di personale e gestione. Nel 1937 lo stesso Fermi si recò a Berkeley per studiare il modo di costruire un ciclotrone economico, ma questa pianificazione non portò a nulla per il crescente isolamento politico e scientifico che Fermi cominciò a subire dopo la morte di Corbino e che si accentuò ulteriormente con l'improvvisa morte di Guglielmo Marconi, che, in quanto presidente del CNR e dell'Accademia d'Italia, era un influente ed ascoltato protettore del gruppo. Nel maggio 1938, la proposta di Fermi venne definitivamente affossata con la giustificazione che non vi erano soldi a sufficienza. Venne solo concesso un contributo di 150.000 lire per l'anno 1938-1939. Questa decisione segnò la morte della fisica nucleare italiana, proprio alcuni mesi prima dell'assegnazione del premio Nobel per la fisica. Ennesima dimostrazione di quanto la politica italiana sia stata da sempre insensibile alla ricerca, e

«Nel settore della fisica è stato

appena iniziato uno studio di

ricognizione delle proprietà di un

centinaio di nuovi corpi radioattivi

(per circa la metà scoperti in Italia).

[...] Oltre a questo campo di ricerca

sistematica, che da solo potrebbe

occupare per parecchi anni l'attività

di vari ricercatori, vi sono ancora

numerosissimi problemi insoluti

relativi alla struttura nucleare e alle

proprietà del neutrone, dal cui

studio è naturale presumere una

notevole messe di risultati.»

«Un altro importante campo di

studi, per il quale si hanno già

promettentissimi inizi, è

l'applicazione di sostanze

radioattive artificiali quali indicatori

per l'analisi di reazioni chimiche.

Non meno importanti si

prospettano le applicazioni nel

campo biologico e medico. Tale

importanza è stata riconosciuta in

vari paesi nei quali le ricerche sulla

radioattività artificiale sono

largamente sovvenzionate da

istituzioni mediche. Alcune

applicazioni riguardano la

sostituzione delle sostanze

radioattive a quelle naturali per gli

usi terapeutici.»

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quanto sia indispensabile fare affidamento su favoritismi e conoscenze personali. In questo periodo maturò

la decisione di lasciare

l'Italia per volare oltre

oceano, dato che negli

USA vi erano

finanziamenti adeguati

per la ricerca.

Tra l’altro la situazione,

con l'annessione

dell'Austria da parte della

Germania nazista,

cominciava a degenerare rapidamente.

Nel luglio 1938 cominciò anche la campagna antisemita in Italia con la

pubblicazione del manifesto della razza e le successive leggi razziali, per cui

Fermi dovette rinunciare alla collaborazione di alcuni suoi assistenti. La

stessa moglie, Laura Capon, essendo ebrea, era soggetta alle persecuzioni

razziali imposte dal regime, insieme ai figli.

Il 10 novembre del 1938. il prof. Enrico Fermi ricevette, all'età di soli

trentasette anni, l'annuncio ufficiale del conferimento del premio Nobel. Ma in

Italia la notizia ebbe un’eco modesta in quanto il regime, che controllava i

mezzi della stampa, era preoccupato per l'imperfezione razziale della famiglia

Fermi. Il capostipite di una famiglia impura non doveva diventare simbolo di

orgoglio per gli italiani.

Perciò l'illustre scienziato italiano decise che,

dopo la consegna del premio a Stoccolma,

avrebbe fatto rotta con la famiglia verso gli

Stati Uniti, dove la Columbia University di

New York lo aveva invitato per una serie di

lezioni.

Il clima respirato dal fisico è facilmente

intuibile dal rapporto di un controllo di routine

fatto da un informatore del ministro dell'Interno, in seguito alla cerimonia che

la Magneti Marelli, società di cui Fermi era consulente scientifico, organizzò

per festeggiare il neo premio Nobel, dove erano state invitate tutte le maggiori

autorità della regione.

Dal racconto dell'informatore:

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Il comportamento di Enrico Fermi durante la consegna del premio fece

scalpore all'interno dell'informazione del regime fascista, in quanto non

indossava né l’uniforme fascista né quella di accademico italiano e perché

salutò con la stretta di mano e non con il saluto romano.

Nei giorni successivi Otto Hahn e Fritz

Strassmann rilevarono, in seguito al

bombardamento dell'uranio con

neutroni, la presenza di bario

radioattivo, cioè di un elemento con

numero atomico intermedio (simile alla

scoperta del gruppo di Fermi degli

elementi con numero atomico

superiore denominati esperio e ausonio). I due scienziati tedeschi

ipotizzarono per la prima volta la possibile fissione dell'uranio.

Dopo aver ricevuto il premio Nobel, Fermi andò a Copenaghen da Bohr, per

poi imbarcarsi il 24 dicembre 1938 sul transatlantico Franconia diretto a New

York.

La storia deve servire da monito per farci riflettere su quanto sia realmente

tutelato l’impegno per il progresso e la ricchezza intellettuale di chiunque,

che deve andare al di là dei pregiudizi.

E quanto sia importante investire sui giovani e la ricerca, che sono il vero

motore del dinamismo di una società moderna, perché cercare di

risparmiare sulla ricerca, come abbiamo visto, potrebbe portare perdite ben

aldilà di ciò che si è risparmiato in origine.

Nico Catalano

«Mi viene riferito che in occasione della cerimonia [...] per festeggiare

l'accademico Enrico Fermi, premio Nobel 1938 per la fisica, erano state

invitate tutte le autorità cittadine. Da sua altezza reale il duca di Bergamo,

al prefetto, segretario generale, membri e gerarchi fascisti, podestà,

questore, ecc. Pare che all'ultimo momento, a eccezione del duca di

Bergamo, nessuna delle citate autorità, e specialmente politiche, abbia

voluto intervenire. Si dice che la causa sia dovuta al fatto che il festeggiato,

ammogliato a un'israelita, avrebbe ripetutamente manifestato la sua

disapprovazione verso la campagna anti-ebraica, dichiarandosi invece ben

felice di avere per compagna una giudea.»

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Attualità e dintorni (riceviamo e volentieri pubblichiamo)

L'ONDA STUDENTESCA CONTRO GLI

SCOGLI DELLA RIFORMA GELMINI

La riforma Gelmini dell'istruzione di

primo e secondo grado e delle

università è entrata in vigore il 29

gennaio 2011. Ad accompagnare

nei due anni abbondanti la nascita,

la crescita e l'approvazione del

testo di riforma è stato un

vastissimo fronte studentesco che

ha nel suo complesso meritato

l'etichetta di

'Onda

anomala'.

Nell'Italia del

terzo governo

Berlusconi è

apparso

subito chiaro

il distacco

incolmabile

fra la piazza e

la casta di palazzo, chiusa al

dialogo e a tratti addirittura capace

di schernire gli studenti e i valori

per cui essi avevano deciso di

manifestare. Uscite infelici che

hanno visto protagonisti il Ministro

dell'Economia Tremonti (''Con la

cultura non si mangia'') o lo stesso

Presidente del Consiglio (''I veri

studenti sono a casa a studiare'')

non hanno fatto altro che

confermare questa tendenza

fastidiosa quanto dannosa ed

hanno sottolineato il ruolo

subalterno che l'attuale governo

affida all'istruzione e alla ricerca nel

futuro del Paese.

La rabbia provocata da questo

distacco fra realtà quotidiana degli

studenti e teatrino della politica,

insieme all'innesto inevitabile di

elementi più interessati allo sfogo

personale e di

matrice

anarchica che

ai problemi

della riforma e

della desolante

demagogia

messa in

vetrina da

buona parte

della

maggioranza politica ha contribuito

a macchiare il movimento

studentesco di accuse infamanti,

particolarmente acute dopo gli

scontri tra manifestanti e polizia del

14 dicembre 2010 a Roma. Se

l'Italia del televoto e

dell'informazione spettacolarizzata

ricorderà solo le immagini di giovani

incappucciati alla caccia selvaggia

di isolate forze dell'ordine, il Paese

con la P maiuscola, quello vivo e

vegeto, ancora capace di

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distinguere tra propaganda e realtà,

non potrà invece dimenticare le

marce pacifiche che nel biennio

2008-2010 sono state capaci di

riscuotere il consenso e la

solidarietà di lavoratori, precari,

intellettuali e cittadini di passaggio,

tanto colpiti dalla determinazione

studentesca da applaudirla con

passione e

forse un po’

di nostalgia.

Un tale

dispiego di

consapevole

gioventù non

può che

essere un

segnale

positivo in

questi anni

di crisi

economica mondiale e di quella

morale italiana, che dà

l'impressione di trascinare la

maggioranza della popolazione in

una spirale di fatalistica

rassegnazione per gli scandali a

ripetizione che tartassano

immagine e futuro della Penisola.

L'accusa più degradante che gli

studenti in piazza hanno dovuto

subire è stata quella di manifestare

senza conoscere il motivo della

protesta, di riempire le piazze

rumorosamente con il solo scopo di

attaccare il governo.

Premettendo che non tutti gli

studenti in piazza conoscono alla

perfezione ciò per cui urlano slogan

e bloccano strade, è chiara

l'inconsistenza di tale accusa, in

quanto un fenomeno delle

dimensioni dell''Onda' non può

formarsi spontaneamente, senza

una base consapevole dell'oggetto

della protesta

e un

numeroso

seguito

quantomeno

preparato

circa

l'operato

generale di

chi

amministra il

Paese.

Fenomeni di

massa così riusciti sono un indice

di evidente disagio globale che i

professionisti di Palazzo non

dovrebbero ignorare, o peggio,

manipolare secondo necessità

politica.

A scanso di equivoci entriamo nel

merito della Riforma Gelmini

sottolineandone contraddizioni,

incognite e, con uno slancio di

coerenza democratica, anche

possibili pregi (sottolineare la

parola possibili è sacrosanto),

concentrandoci in particolare sulle

più contestate modifiche

universitarie.

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Il disegno di legge, più volte

corretto da emendamenti dei partiti

politici di opposizione, fonda la sua

carica rinnovatrice e

propagandistica sulla lotta al

baronaggio e alla parentopoli

universitaria. Si fregia del merito di

eliminare le assunzioni familiari dei

docenti, attraverso il divieto, da

parte degli atenei, di assumere

professori imparentati fino al quarto

grado con essi. Ma anche la

proposta di riforma più convincente

della legge Gelmini presenta due

macroscopiche contraddizioni. La

prima è l'eccezione prevista per il

rapporto di parentela che lega

marito e moglie, clamorosamente

immune dal divieto antiparentopoli.

La seconda è la possibilità per

l'ateneo di assumere i 'protetti'

purché in un dipartimento (facoltà)

diverso da quello del docente

imparentato. In sostanza la legge

non elimina la pratica più diffusa del

problema clientelare delle

università italiane, le

raccomandazioni incrociate.

Smascherato in parte il primo vanto

della 'epocale' riforma

dell'istruzione, passiamo all'analisi

di un altro punto nodale: la

semiprivatizzazione degli atenei

italiani. La legge prevede l'innesto

nel Consiglio di Amministrazione

(Cda) di un numero di privati di

rinomata capacità gestionale, che

varia da due a tre su undici

elementi. Il pretesto per questa

novità cruciale è l'apertura degli

atenei a maggiori rapporti con il

mondo del lavoro, il rischio

concreto per le università è quello

di perdere la loro essenziale

matrice pubblica, vedendosi

influenzate da logiche private

facilmente riconducibili ad altre

politico-affaristiche. Lo spettro della

malapolitica nella gestione

universitaria si fa tanto più temibile

considerando che dalla riforma

Gelmini in avanti sarà proprio il Cda

a decidere quali corsi di laurea

aprire e quali bloccare,

scavalcando il Senato Accademico

composto di soli docenti interni. Il

contentino del mandato unico (6

anni) per il Rettore non basta a

diluire le forzature tremende di

questa apertura al privato, anche

perché il potere dello stesso nel

Cda aumenta tutto a discapito della

rappresentanza di docenti e

studenti.

Sull'intera riforma Gelmini troneggia

poi la falce dei tagli al

finanziamento ordinario degli atenei,

che colpiranno le entrate

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universitarie da qui al 2014

andando ad influenzare diversi

settori. Tagli aspramente criticati

nel contesto della filosofia

economica che li ha generati.

Dimagrire l'istruzione e la ricerca in

tempo di crisi è una scelta che molti

Stati europei hanno sconfessato

(su tutti la Germania), vedendo in

questi ambiti le molle per un

successivo rilancio produttivo di

qualità.

A soffrire questa magra di

finanziamenti è in particolare il

fondo per le borse di studio. La

riforma elimina l'obbligo di

assegnarle almeno alla metà dei

dottorandi (ossia ai laureati in cerca

di specializzazione) e introduce il

criterio del merito nell'assegnazione

delle borse di

studio per i

laureandi,

adombrando

la centralità

del reddito.

Diminuiscono

in sostanza le

possibilità di

studenti a

basso reddito

e ad alta media di ricevere sussidi

per continuare gli studi, in quanto

aumenta la concorrenza, con la

partecipazione all'asta degli aiuti

statali anche di studenti benestanti.

Per altro i fondi per queste borse di

studio meritocratiche non sono stati

ancora stabiliti e verranno

regolamentati con un futuro decreto,

fatto che contribuisce a lasciare un

ulteriore alone di mistero e

preoccupazione sull'incisività della

legge.

Il volano della protesta, l'elemento

che ha unito giovani e giovanissimi,

studenti e professori, è stata

comunque la nuova

regolamentazione circa la carriera

del ricercatore, figura essenziale

nello sviluppo qualitativo di ogni

economia capitalistica che si rispetti.

L'accusa al ministro Gelmini e, di

riflesso, al governo Berlusconi, è

quella di alimentare la fuga di

cervelli all'estero allontanando la

ricerca dal Paese con

provvedimenti sciagurati. La riforma

dell'istruzione

in questione

getta nella

mischia una

pioggia di

rischi per la

ricerca, nella

direzione del

precariato dei

ricercatori

italiani.

Premettendo che la situazione del

ricercatore medio in Italia non era

rosea prima della riforma, c'è però

da aggiungere che in un'ottica di

chiaro sfruttamento del ricercatore

rispetto al docente associato,

quantomeno era garantito un

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contratto a tempo indeterminato.

Ora il ricercatore vedrà la sua

carriera appesa ad un filo per un

totale di 8 anni (tra rinnovi e

proroga), con la probabile

prospettiva di non essere assunto

alla fine di questo logorante periodo

per mancanza di fondi, vedendosi

quindi costretto a ripiegare sui

pubblici concorsi con il solo

risarcimento di qualche titolo in più

nel curriculum.

La nuova struttura

per la ricerca

implementata dalla

riforma potrebbe

risolvere lo

sfruttamento dei

ricercatori solo in

un contesto

totalmente diverso, estraneo ai

continui tagli del settore e al blocco

delle assunzioni dei docenti

decretato dal Governo Berlusconi

per il prossimo anno accademico.

Lo scenario più che probabile è un

deplorevole 'usa e getta' di

ricercatori, scartati dagli atenei al

termine degli 8 anni di 'prova' e

sostituiti da nuovi precari. La

flessibilità del lavoro, formula

magica con cui si nasconde la

parola 'precariato', è probabilmente

il colpo più basso che la riforma

Gelmini infligge all'istruzione

italiana, e a lungo termine, alla sua

stessa economia.

Nel settore dell'istruzione di primo e

secondo grado spicca l'introduzione

del maestro unico alle elementari e

un drastico taglio delle ore di

insegnamento negli Istituti tecnici e

professionali superiori, in

particolare di alcune materie di

indirizzo con la riduzione delle ore

di lezione, delle relative cattedre e

quindi del personale docente. Il

tutto in un'ottica di tagli (da molti

definiti

indiscriminati) e di

conseguente

alleggerimento

dell'intero sistema

di istruzione

nazionale.

Entrando nello

specifico della

riforma è difficile non sentire il

profumo della propaganda di

governo, resa manifesta dall'abuso

di concetti quali 'meritocrazia' e

'lotta al baronaggio'. I

provvedimenti che gettano qualche

luce di speranza sulla limitazione

dei localismi e dei meccanismi

clientelari non mancano, ma sono

storpiati da contraddizioni evidenti

che lasciano nel cittadino informato

il dubbio se si tratti di incapacità o

malafede di chi la legge ha steso e

votato. Se a ciò aggiungiamo la

chiara pericolosità di alcune parti

del testo di riforma, ne viene fuori

un quadro non idilliaco che

giustifica l'immensa mobilitazione

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studentesca, se non altro per i punti

di domanda irrisolti che pendono

come spade di Damocle

sull'istruzione italiana.

Occorre chiudere condannando

apertamente i gruppi di studenti e di

delinquenti comuni che hanno

portato la disputa sul piano dello

scontro fisico di matrice antistatale

o che semplicemente hanno

ricercato la violenza fine a se

stessa.

Non è una condanna retorica o

buonista, ma solo la presa di

coscienza che cosi facendo questi

gruppi hanno remato in direzione

contraria agli intenti dei

manifestanti, favorendo (questo è

chiaro) il tentativo di screditare l'

'Onda studentesca' da parte di

politicanti in malafede.

Simone Garilli

(ex studente del Tecnologico, studia

lettere a Verona e vuole specializzarsi in

giornalismo. I suoi eroi sono Borsellino e

Falcone; il suo modello è Saviano)

______________________________________________________________________

CHI LE HA VISTE?

Purtroppo di continuo sui quotidiani,

alla tv, o alla radio sentiamo parlare

di bambini, ragazze e adolescenti

che non fanno più ritorno a casa e

sembrano scomparire nel nulla. Un

caso ormai noto all’opinione

pubblica e, purtroppo, risolto

tragicamente è stato quello di Sara

Scazzi, seguito insistentemente dai

mass media. La ragazza di

Avetrana scompare il 26 agosto

scorso e solo il 7 settembre lo zio,

Michele Misseri, crolla e confessa

agli inquirenti l’orribile omicidio, in

cui pare implicata anche la cugina

della vittima. Anche per questo il

caso non è ancora chiuso, tante

sono le incoerenze, con una sola

certezza. Due famiglie distrutte:

quella della vittima e quella del o

degli assassini.

Stiamo ora seguendo con angoscia

molti altri fatti, non ultimo quello di

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Yara Gambirasio, rapita, si pensa,

lo scorso 26 novembre, solo 3 mesi

dopo la scomparsa di Sara. Per lei

la storia è diversa, e, anche se la

ragazza manca da casa da troppi

mesi e si pensa al peggio, gli

investigatori stanno battendo tutte

le strade possibili per ritrovarla e un

alone di speranza avvolge ancora

la famiglia di Brembate (Bergamo).

E ci sono molti, moltissimi altri casi

quasi dimenticati, come quello di

Denise Pipitone, che svanì nel nulla,

a Mazara del Vallo, in un

pomeriggio di settembre del 2004 e

la cui madre ancora lotta per

ritrovarla; o di Angela Celentano,

scomparsa durante un pic nic

familiare sul Monte Faito, vicino a

Napoli, il 10 agosto 1996, o ancora,

quello di Emanuela Orlandi,

scomparsa a Roma il 22 giugno

1983, di Alessandro Ciavarella,

sedicenne, che sparì dal suo paese,

Monte Sant’Angelo in provincia di

Foggia, l’11 gennaio del 2009.

Infine più recentemente, mentre

scrivo, si è aperto il caso delle

piccole Livia Clara e Alessia Vera

Shepp, due gemelline scomparse

dopo il suicidio del padre meno di

un mese fa.

In Italia,” i dati sui minori scomparsi

sono forniti dalla Direzione Centrale

Anticrimine della Polizia di Stato.

Aggiornati al 4 marzo 2010, essi

evidenziano che nel 2009 sono stati

ben 1.033 i minori italiani e stranieri

per i quali sono state attivate le

segnalazioni di ricerca sul territorio

nazionale e che risultano ancora

inseriti nell’archivio delle ricerche.

Nel solo periodo che va dal 1

gennaio al 4 marzo 2010 risultano

222. Dal 2007 al 2009 si è verificato

un costante incremento, che mostra

come la maggior parte delle

scomparse riguardi minori di

nazionalità straniera” (fonte

Tgcom.it).

La Polizia di Stato ha aperto il sito

internet www.bambiniscomparsi.it,

dove si può segnalare l’eventuale

avvistamento di questi minori.

La prima cosa che ci si chiede è:

“Chi c’è veramente dietro a questi

casi?” .C’è chi pensa ad atti mafiosi,

chi più semplicemente a rapimenti

finalizzati alla richiesta di riscatto,

chi a prostituzione, pedofilia,

Sara e Yara

violenze di vario tipo, non escluso il

macabro traffico degli organi.

Fortunatamente, se si può dire così

in molti casi sono addirittura questi

stessi ragazzi o ragazze

adolescenti a scomparire per voler

provare un’esperienza “nuova”, non

comprensibile, facendo perdere le

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proprie tracce. Un fenomeno in

spaventoso aumento come

conferma un recente studio. Ma

nella maggior parte dei casi dietro

alle misteriose scomparse si

nasconde un “mostro”..

«Dietro a episodi come la

scomparsa di

Yara

Gambirasio c'è

una mente

demoniaca»:

ha per

esempio

dichiarato

all'Adnkronos

monsignor

Ernesto

Vecchi,

vescovo vicario di Bologna.

Secondo il prelato, «il demonio è

bello, benvestito e affascinante. Gli

risulta facile trarre in inganno chi

non è abbastanza forte da

resistergli». Per Mons Vecchi «si

tratta di un'entità trasversale, che

può trovarsi ovunque in ogni

situazione e, al giorno d'oggi, può

annidarsi anche nel mondo del

web, dei social network e

soprattutto di Facebook»

Forse il caso più famoso è quello di

Natascha Kampusch, che, se

ricordate, fu segregata dal 18

maggio 1998 nello scantinato o

garage, che per l’occasione era

stato reso abitabile con l’aggiunta

persino di un bagno, di Wolfgang

Priklopil un tecnico elettronico

all’epoca 40enne, che l’aveva rapita

proprio quella mattina mentre stava

andando a scuola, un caso in

sospeso per anni e che alla fine

sembrava con un finale scontato,

ormai certo, ma non per lei perché,

proprio la

mattina del 24

agosto 2006,

dopo 8 anni di

“prigionia”,

Natascha

riesce a

scappare dal

suo rapitore

che fino a

quel

momento la

teneva prigioniera, in modo

insospettabile, in un quartiere

periferico di Vienna. Pare che la

ragazza sia riuscita a fuggire in un

momento di disattenzione

dell’uomo, forse un gesto meditato

da molto tempo. Ora Natascha,

austriaca di 22 anni, ha raccontato

tutta la sua storia in un libro “3096

Tage” (3096 giorni) in cui racconta

della sua prigionia durata 8 anni.

Sperano in un finale simile le

famiglie di Yara e di molti altri

ragazzi scomparsi, di cui magari

non si è sentito parlare dai media,

ma che anche loro stanno vivendo

momenti di dolore.

Casi diversi ma accomunati da

tante e tante domande, da filoni di

Figura 3 Natascha Kampusch all'età del suo rapimento, il suo rapitore all’età in cui la rapì, poi suicidatosi dopo la fuga della ragazza, Natascha 8 anni dopo

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incertezza e da misteri irrisolti da

film poliziesco senza un finale, un

finale difficile da trovare, un finale

che non possiamo dare per

scontato, perché non ci sarà mai

una certezza, che proverà

veramente come è andata, perché

ci sarà sempre un avvocato che si

appellerà a prove che

riaccenderanno dubbi, come nel

caso di Sara Scazzi.

Resta la domanda ultima: chi può

avere una mente così demoniaca

da poter rapire, segregare,

violentare, uccidere delle

adolescenti, chi? Chi si permette di

rimanere nell’oscurità di questi casi

per mesi o addirittura per anni,

senza un minimo di coscienza, di

amore, di animo?

Molti casi e misteri rimarranno

purtroppo irrisolti; o forse si saprà

veramente come è andata solo fra

molti e molti anni, come per il caso

di Elisa Claps scomparsa nel ’93, i

cui poveri resti sono ritrovati nel

2010 nel sottotetto di una chiesa. E

per tutti un mare di incertezze, di

perplessità e la domanda assilante:

perché? perché in una società così

evoluta come la nostra succedono

ancora queste cose?

Intanto un grandissimo abbraccio a

tutte queste famiglie.

Diego Gandolfini

I GENOCIDI DIMENTICATI

Il 27 Gennaio si è commemorato come al solito il genocidio ad opera dei

Tedeschi a danno del popolo ebreo. Sei milioni di Ebrei sterminati insieme ad

altre centinaia di migliaia di vittime della pulizia etnica (zingari in primo luogo)

che il Terzo Reich ha fatto in tutta Europa.

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La Shoa è stata indubbiamente il peggior genocidio della storia. Ma è forse

stato l’unico? E stato l’unico caso in cui l’uomo ha mostrato tutto il suo odio, il

suo cinismo e il suo sadismo?

Ovviamente no. La Storia dei genocidi inizia dall’alba dei tempi, ma i più

brutali e sistematici sono sicuramente quelli iniziati alla fine del’Ottocento e

proseguiti nel Novecento.

In questo articolo si parla di quei genocidi che non vengono quasi menzionati

sui libri di storia.

Il genocidio armeno

Il 24 Gennaio 2010 è stato commemorato il 95° anniversario del genocidio

armeno. In questo massacro morirono circa 200.000 Armeni secondo le fonti

turche, mentre la maggior parte delle altre fonti riporta un numero compreso

tra 1.300.000 e 2.000.000 di morti.

Quali furono le cause della persecuzione armena da parte del governo turco?

Il fatto è che i Turchi temevano che la popolazione armena, priva di un

proprio organismo statale,

potesse allearsi coi russi,

nemici dello Stato turco.

Nel 1909 ci fu il primo

eccidio con almeno 30.000

vittime armene nella

regione della Cilicia.

Pochi anni dopo, nel 1915,

alcuni battaglioni armeni dell’esercito russo cominciarono un’operazione di

reclutamento tra gli armeni che avevano militato nell’esercito ottomano.

D’altro canto l’esercito francese fomentava un movimento rivoluzionario

armeno contro il governo turco, alleato degli Imperi centrali, finanziandolo e

armandolo.

Nella notte tra il 23 e il 24 aprile vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite

armena di Costantinopoli. In un solo mese più di mille intellettuali armeni, tra

cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati parlamentari furono deportati

verso l’Anatolia e massacrati lungo la strada. Ne seguì una vera e propsria

guerra “partigiana” degli armeni contro l’esercito regolare, parallela a quella

che i Turchi combattevano contro l’impero russo.

I turchi compirono arresti e deportazioni di massa. Le “marce della morte”

coinvolsero circa 1.200.000 e furono organizzate dall’esercito turco con la

supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco. Le foto di Armin T. Wegener

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sono la testimonianza di quei fatti. Malgrado le controversie storico-politiche

(saranno trattate nella sezione che segue), un ampio ventaglio di analisti

concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio

moderno.

La maggior parte degli storici tende a considerare le motivazioni addotte dai

“Turchi” come propaganda e a sottolinearne il progetto politico mirante alla

creazione in Anatolia di uno Stato turco etnicamente omogeneo. Altri studiosi,

sostenendo l'inesistenza di un progetto di genocidio, richiamano l'attenzione

sul fatto che non tutti i numerosi armeni d'Istanbul furono coinvolti nel

massacro e che non fu approntato un piano sistematico di eliminazione

paragonabile a quello messo in pratica dai nazisti contro gli ebrei durante la

Seconda guerra mondiale.

Il governo turco continua ancora oggi a

rifiutare di riconoscere il genocidio ai danni

degli Armeni ed è questa una delle cause di

attrito tra Unione Europea e Turchia. Una

recente legge francese punisce con il carcere

la negazione del genocidio armeno. Per

converso, già da tempo la magistratura turca

punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre

anni il fatto di nominare in pubblico l'esistenza

del genocidio degli Armeni. In tale denuncia,

comunque ritirata, è incappato lo scrittore

turco Orhan Pamuk, a seguito di un'intervista

ad un giornale svizzero in cui accennava al

fenomeno. Il governo turco attuale sta

favorendo l'apertura al riconoscimento di

questa pagina di storia, ma incontra tenaci resistenze.

In vista dell’entrata della Turchia nell’UE la questione del negazionismo turco

è stata presa in considerazione da molte figure politiche europee e il

Parlamento europeo e lo Stato del Vaticano hanno riconosciuto l’olocausto

armeno. Ma ancora oggi il genocidio non appare se non di sfuggita sui libri di

storia italiani e di altri paesi. Molti giovani , me compreso, sono venuti a

conoscenza della strage grazie al gruppo di alternative metal di origine

armena “System of a Down” . I componenti di questo gruppo hanno infatti

avuto molti lutti in famiglia durante l’olocausto armeno e grazie alla loro

denuncia molte più persone sono a conoscenza dei fatti.

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Il “Popolo senza Patria”: i Curdi

I Curdi sono un gruppo etnico

medio orientale iranico che abita

nella parte settentrionale e nord-

orientale della Mesopotamia. Tale

territorio, a volte indicato col termine

Kurdistan, è compreso negli attuali

stati di Iran, Iraq, Siria,Turchia ed in

misura minore Armenia. Si stima

che i Curdi siano fra 20 e 30 milioni

e che quindi costituiscano uno dei

più grandi gruppi etnici privi di unità

nazionale. Il problema curdo nasce

a seguito della spartizione dei

territori dopo la Prima Guerra Mondiale, gli stati in cui tutt’ora vivono i curdi

negarono ad essi la possibilità di creare uno stato indipendente, temendo che

potesse diventare una minaccia.

Da allora in poi il "Popolo senza Patria", come viene comunemente definito,

continua a brancolare nel buio, vittima di continui tentativi di eliminazione

fisica o di forzata assimilazione culturale. Gli esempi di pulizia etnica peggiori

si sono verificati e continuano a verificarsi in Iraq e in Turchia, dove dagli anni

Sessanta ad oggi migliaia di curdi, in maggioranza donne, anziani e bambini,

vengono deportati, arrestati, imprigionati ed uccisi senza alcuna accusa,

tranne quella di appartenere alla propria etnia.

Vittime recenti della feroce dittatura di

Saddam Hussein, (che negava loro perfino il

diritto ad usare la propria lingua o di dare un

nome curdo ai propri figli), i curdi furono

letteralmente sterminati a migliaia, anche

attraverso l'utilizzo delle armi chimiche, quali

i gas velenosi; i loro villaggi vennero rasi al

suolo, la loro cultura estirpata, fino quando la

comunità internazionale non si decise finalmente ad intervenire bloccando il

massacro.

Dai numerosi documenti raccolti e dalle informazioni riportateci da Kanan

Makiya, un intellettuale di sinistra, professore e architetto che lasciò l'Iraq nel

1968, emergono immagini agghiaccianti: testimonianze di sopravvissuti che

raccontano di torture inflitte sotto forma di fustigazioni, lapidazioni,

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amputazioni, esecuzioni sommarie e altrettante pagine documentali

comprovanti progetti per la creazione di fosse comuni destinate a seppellire il

popolo curdo.

In Turchia, fin dalla nascita della repubblica, lo Stato si adoperò con forza per

negare qualsiasi riconoscimento all'identità curda come facente parte del

popolo turco, attraverso una propaganda di disinformazione nelle scuole, alla

televisione e nei campi militari. Lo stato pose in essere feroci campagne di

repressione sia ideologica che culturale: i libri che parlavano del popolo curdo

fuono banditi, i nomi curdi dei villaggi furono modificati con nomi turchi,

l'utilizzo della lingua parlata curda fu vietato e severamente multato; si arrivò

addirittura a considerare un crimine passibile di pena di morte semplicemente

il proclamarsi "curdo".

In Siria, il governo procedette con solerzia all'"annullamento" del popolo

curdo mediante l'esclusione dello stesso dalle scuole e la deportazione degli

arrestati in campi di concentramento, appositamente costruiti; venne attuata

una "arabizzazione"di tutte le località curde e molti contadini curdi furono

costretti a lasciare i loro terreni. Le autorità arrivarono a negare la

cittadinanza ai curdi siriani, accusandoli di essersi illegalmente infiltrati in

Siria dalla Turchia e dall'Iraq.

L’orrore in Ruanda

Prima di essere uno Stato autonomo,

il Ruanda, come tutti gli Stati africani,

era una colonia, prima belga, poi

tedesca.

La percezione di due diverse etnie

presenti nel paese nacque con

l’introduzione della carta di identità.

La popolazione autoctona venne

infatti divisa in Tutsi e Hutu.

I Tutsi erano i più agiati economicamente e facevano parte dell’aristocrazia

ruandese. Gli Hutu invece erano i braccianti e solitamente lavoravano le terre

per i Tutsi. I Tutsi furono stati estromessi dal potere dagli Hutu, che

costituivano l'85% della popolazione e che dalla rivoluzione del 1959

detennero completamente il potere. Il 6 aprile del 1994 l'aereo presidenziale

dell'allora presidente Juvénal Habyarimana, al potere con un governo

dittatoriale dal 1973, fu abbattuto da un missile terra-aria, mentre il presidente

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era di ritorno insieme al collega del Burundi Cyprien Ntaryamira da un

colloquio di pace. Ancora oggi è ignoto chi fece partire quel missile.

Il giorno dopo 7 aprile a Kigali e nelle

zone controllate dalle forze governative

(FAR, Forze Armate Ruandesi), con il

pretesto della vendetta, iniziarono i

massacri della popolazione Tutsi e di

quella parte degli Hutu che era

imparentata con questi o schierata su

posizioni più moderate, ad opera della

Guardia Presidenziale e dei gruppi

paramilitari Interahamwe e

Impuzamugambi, con il supporto dell'esercito governativo. Il segnale

dell'inizio delle ostilità fu dato dall'unica radio non sabotata, l'estremista

"RTLM" che invitava a seviziare e ad uccidere gli "scarafaggi" tutsi.

Per 100 giorni si susseguirono massacri e barbarie di ogni tipo. Uno dei

massacri più efferati fu compiuto a Gikongoro, l’allora sede dell’istituto tecnico

di Murambi: oltre 27.000 persone vennero massacrate senza pietà e la notte

dalle fosse comuni il sangue uscì andando ad inumidire il terreno. Per dare

un’idea sommaria di quello che avvenne, basti pensare che in un giorno

vennero uccise circa ottomila persone, circa 333 in un’ora, ovvero 5 vite al

minuto. Il massacro non avvenne per

mezzo di bombe o mitragliatrici, ma

principalmente con il più rudimentale

machete e con terribili bastoni chiodati,

fatti importare per l’occasione dalla

Cina.

Il genocidio ruandese ebbe termine

nel luglio 1994 con la vittoria del RPF

nel suo scontro con le forze

governative. Giunto a controllare

l’intero paese l’RPF attuò una risposta al genocidio che aggravò ulteriormente

la situazione umanitaria in quanto comportò la fuga di circa un milione di

profughi Hutu verso i paesi confinanti Burundi, Zaire, Tanzania e Uganda.

Le vittime di questa guerra civile furono dagli 800.000 a 1.071.000.

Matteo Andreoli

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Vi racconto la mia vita Una storia immaginaria ma vera (di Lorenzo Perego)

(alcune foto sono dell’autore)

Ogni giorno mi alzo molto presto e il padrone ci porta tessuti e altre cose per fare scarpe di una marca molto famosa. Io …

..sono pagata 550 taka alla settimana (neanche sei euro). Eppure …

... lavoro in continuazione, per più di 15 ore al giorno. Io …

… lo so che le scarpe che faccio andranno poi in negozi famosi e saranno rivendute a un prezzo molto più alto. E poi …

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… quelle stesse scarpe andranno poi distrutte e buttate nella spazzatura dopo pochi mesi che saranno state usate. Sono io …

quella bambina. E ho questa faccina triste, piena di dolore! Sono qui perché mia madre è morta e mio padre non ce la fa a guadagnare abbastanza per mantenere tutta la famiglia.

Pensami quando tratti male le tue scarpe di marca…..

Essere come si è

Questa è una storia che mi è stata

raccontata da una amica, che

chiameremo Chiara.

È la storia di una ragazza, che lei

ha conosciuto su un gioco online.

Ha accettato di parlare del rapporto

profondo, che va al di la

dell’amicizia, che può nascere fra

due persone separate da uno

schermo. La ragazzina si chiama

Rachele (nome inventato).

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Parto col dire che si sono

conosciute ormai più di tre anni fa

grazie a questo gioco. Strinsero

subito un rapporto di amicizia,

all’inizio leggero e legato solo al

gioco ma che col tempo diventò

molto più forte. Rachele disse di

avere 18 anni, di frequentare

l’ultimo anno di liceo, e che

praticava equitazione, Loro due

trovarono molte somiglianze tra i

loro caratteri. Vennero fuori paure,

pensieri e problemi. Rachele

sapeva fare ragionare Chiara e

renderla felice. L’amicizia continuò

e si rafforzò. Chiara era felice di

giocare con lei, di parlarle della sua

vita, di cercare un appiglio in lei, in

un momento che per lei era

disastroso. Finché un giorno non

ebbe più notizie di Rachele. Tutte le

sere di solito si chiamavamo o

tramite skype o tramite cellulare,

oppure si mandavano una mail per

raccontarsi cosa avessero fatto

durante la giornata. Quindi a Chiara

parve strano ma poi pensò che non

fosse poi così grave. Una sera

chiamò Rachele. Rispose una voce

maschile che le spiegò che

Rachele era in ospedale sotto una

tenda iperbarica, per un’infezione

alle ossa, che fortunatamente

poteva essere risolta, però per la

sua giovane età, le cure erano

troppo aggressive, e quindi si

sottoponeva a terapie del genere

periodicamente.

Chiara pensò subito. “giovane età?”

Ma tralasciò questo particolare. A

lei interessava sentire la sua voce,

vedere il suo viso e parlare con lei,

per aiutarla come lei aveva fatto

tempo prima. Sentiva un vuoto

immenso, e anche rabbia, poiché

non le aveva mai parlato della sua

condizione, mentre Chiara si era

messa a nudo in tutto con lei. La

considerava una bugiarda, una

falsa, e passava da periodi di

profonda tristezza a periodi di

rabbia.

Lasciò un messaggio e le venne

detto che sarebbe stata richiamata

non appena fosse stata meglio.

Chiara si sentiva molto sola,

rileggeva le mail che si erano scritte

per due anni senza però trovare

alcuna traccia che potesse farle

capire che Rachele era malata. Si

dava la colpa per non averlo capito

e mandava ogni giorno un

messaggio speri , e rispose. Dopo

molti minuti di felicità però Chiara

sentì il tono della sua voce

cambiare: Rachele divenne seria e

le disse che aveva bisogno di

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vederla, la pregò di andare da lei.

Chiara accettò, di buon grado,

felicissima di poterla vedere

finalmente di persona. Prese il

treno pochi giorni dopo, e dopo

quattro ore di viaggio arrivò e trovò

facilmente la casa. Le aprì una

signora che lei pensò che fosse la

nonna, che la accolse con un

grande abbraccio. Incontrò il fratello,

il padre e la zia, ma si sentiva a

disagio. Sentiva che nell’aria c’era

qualcosa che non andava. La

portarono nella stanza di Rachele,

e le dissero: “Non ti impressionare”.

Davanti a lei c’era un lettino

d’ospedale, con dentro una

bambina, magra e pallida, con i

capelli rossi, ritti e arruffati. La

guardava sorridendo, nessuna

traccia di dolore o di paura su quel

viso da bambina. Le lasciarono sole,

e Rachele le disse di volerle dare

delle spiegazioni. Le disse che si

era voluta spacciare per una

ragazza più grande, senza

menzionare la sua malattia poiché

per una benedetta volta voleva

apparire come una persona

normale. Le parlò del senso di

distacco che vedeva in tutte le

persone che la guardavano. E

adesso che aveva trovato un’amica

che la amava per come si era

proposta, era felice, ma aveva

paura di perderla.

Chiara replicò che non si era

accorta di niente, che anche in

voce le era sembrata una ragazza

matura, felice e disinvolta,

pronta ad aiutare tutti. E che

non le voleva bene solo

perché aveva la sua stessa

età o perché faceva delle

cose “fiche”. Le voleva bene,

poiché le era stata vicina.

Parlarono a lungo,

piangendo, ridendo e

scherzando, finalmente si

abbracciarono come avevano tanto

desiderato in quei due anni.

Quando Chiara se ne andò, si

lasciarono con una promessa, che

non si sarebbero mai più nascoste

niente, che avrebbero continuato a

vedersi e a sentirsi in un modo o

nell’altro. E così è stato, nell’ultimo

anno si sono viste più volte, si sono

scritte centinaia di volte e hanno

passato migliaia di minuti al

telefono. E Rachele sta meglio, ha

ripreso ad andare a scuola, a vivere

le sue giornate.

Molti pensano che le amicizie

separate dagli schermi dei pc

valgono poco, io per primo lo

ammetto. Ma in questo caso ho

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dovuto rimangiarmi tutto. Ho

imparato molte cose, e me le hanno

insegnate Rachele e Chiara. Si fa

presto a crearsi un’altra identità su

un gioco online, si fa presto a far

credere alle altre persone di essere

come realmente non si è. Spesso ci

si chiede come mai molte persone

reagiscono così, forse per difesa,

forse per vergogna. L’importante è

capirle e accettarle così come sono.

E’ comunque bellissimo vivere un

rapporto così intenso con un’altra

persona. Io so che Chiara non ha

mai smesso di voler bene a

Rachele, tutte le volte che la vede

si emoziona ed è felice che lei non

la abbia mai dimenticata, nemmeno

in quel momento pesante della sua

vita.

Emanuele Aliano

Le donne solo dagli ultimi decenni hanno fatto la

loro entrata ne mondo del lavoro, mentre in

precedenza venivano catalogate come coloro che

non sapevano fare nulla nella vita. Erano

considerate come delle domestiche, e delle

“donne - oggetto” Una cosa davvero disdicevole.

Gli uomini, tornando a casa dal lavoro, dicevano di

essere solo loro che portavano avanti la famiglia,

facendo sentire le donne

come degli automi che

pulivano casa, accudivano figli ecc. ecc.

Applicare ancora nel 21° secolo la convinzione del

maschilismo secondo la quale gli uomini sono migliori

delle donne oggi, in cui le donne lavorano fuori casa

altrettanto se non più degli uomini, è, ancor più che in

passato, assolutamente antistorico. Un insulso

razzismo contro le donne.

Per ricordare il valore indiscusso delle donne

prendiamo l’esempio di Rosa Park, una donna nera

che combatté per un posto in autobus con un bianco durante il periodo delle

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discriminazioni razziali contro i neri negli Stati Uniti. Nonostante fosse portata

in carcere, continuò a mantenere la propria idea. Quest’esempio dimostra

che le donne sanno imporsi e avere anche la meglio sugli uomini.

Eppure assistiamo ancora al genocidio

femminile in Cina, col quale vengono

eliminate molte bambine perché, non

potendo avere per legge più di due figli, i

contadini preferiscono i maschi che

consentono di avere un contributo

maggiore nel lavoro dei campi.

Quando una donna viene stuprata,

quando avvengono delle violenze

domestiche da parte dei mariti, le donne spesso non possono reagire e

denunciare i maschi perché sono perseguitate e minacciate. Spesso vengono

sfigurate con l’acido. E nessuno dice niente.

Più di 140 milioni di donne nel mondo sono vittima di molestie, violenze,

stupri, tratta, aborto selettivo. Inoltre la maggior parte delle violenze sono

subite in famiglia.

E’ giusto tutto ciò?

No, è ora di dire basta, di denunciare con forza e combattere a fondo queste

orribile piaghe sociali.

Giorgia Ghirardini

________________________________________________________________________

Wikipedia

un’idea geniale e una collaborazione planetaria.

Ma non è tutt’oro quello che luccica …

Wikipedia, chi è costei ?

Wikipedia è una gigantesca enciclopedia online,

liberamente modificabile e implementabile da

chiunque. Ed è uno dei siti più visitati al mondo con

oltre 60 milioni di visite giornaliere e più di 750.000

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articoli in lingua italiana.

Come funziona ?

Wikipedia permette a tutti di modificare il proprio contenuto. Ciò significa che

chiunque, anche utenti non registrati al portale di Wikipedia, può modificare

gli articoli di questa enciclopedia online. Questo porta a determinati vantaggi:

chiunque sia provvisto di una connessione ad internet può contribuire al

miglioramento di Wikipedia evitando le noiose procedure di iscrizione e login.

Basta semplicemente aprire un articolo incompleto e cliccare sul link

“Modifica” in alto, per poter modificare la pagina. La semplicità di modifica

permette al portale di ricevere correzioni anche da utenti non abituali e non

registrati.

Il testo degli articoli è

strutturato secondo

una sintassi specifica

ma relativamente

semplice. Una volta

che sono state

effettuate le

modifiche, la pagina modificata viene trasformata nel linguaggio del web in

modo automatico, per cui non è necessaria la conoscenza dell’HTML per

poter modificare gli articoli. Però il fatto che tutti possono scriverci non

significa che ci possa stare qualunque stupidaggine.

Infatti ogni articolo ha una sua specifica area in cui può essere discusso: in

tal modo, gli utenti dell’enciclopedia possono presentare delle proposte di

correzioni, le quali verranno

prese in considerazione

quando qualcuno deciderà di

modificare l’articolo. Le aree

di discussione aiutano la

coordinazione tra vari utenti

e danno una motivazione

alla struttura dell’articolo. Per

poter raggiungere le aree di

discussione, è sufficiente

cliccare su “Discussione”

esattamente sopra il titolo

dell’articolo.

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Critiche a Wikipedia

Wikipedia presenta alcune problematiche nella sua organizzazione: la prima

sta proprio nel fatto che è un enciclopedia modificabile da chiunque, ovvero

anche dai non esperti; ciò, affiancato all’assenza di controlli da parte di

persone qualificate, rende possibile la presenza di errori ed omissioni

all’interno dell’enciclopedia. Inoltre, essendo modificabile da chiunque,

l’enciclopedia è soggetta ad atti di “vandalismo”. E’ già più volte successo per

esempio che a personaggi famosi siano state aggiunte delle informazioni non

veritiere. Wikipedia in quei casi è intervenuta rendendo le modifiche a quelle

voci possibili solo agli utenti registrati, nella speranza di limitare questi

inconvenienti.

In ogni caso, chi si accosta

a Wikipedia deve sapere

che le sue voci sono più

soggette a lacune ed errori

di quelle di una qualsiasi

enciclopedia “normale”,

poiché non sono redatte

solo da esperti, anzi

prevalentemente sono

scritte da non esperti.

Progetti gemelli

La Wikimedia Foundation è una fondazione senza scopo di lucro che

promuove la diffusione di contenuti liberi. Wikipedia è uno dei progetti di

questa fondazione. Tra gli altri progetti che, come Wikipedia, seguono il

principio di libera modifica dei contenuti, possiamo citare:

Wikibooks: un vasto archivio di libri virtuali realizzati da parte degli utenti.

Wikispecies: una directory che descrive le specie degli esseri viventi finora

conosciuti e classificati.

Wikizionario: un vero e proprio vocabolario della lingua italiana.

Slava Facchini Rublev

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Il più grande acceleratore di particelle del mondo

Quello del Cern di Ginevra, il Large

Hadron Collider, è il più grande

acceleratore di particelle del mondo.

Esso corre per 27 km sotto la

frontiera tra Svizzera e Francia.

Inaugurato nel 2008, fu fermato per

un guasto 48 ore dopo. Ma di

recente ha raggiunto la potenza

massima mai toccata, generando

7.000 miliardi di elettronvolt e

riuscendo quasi a far collidere due

fasci di protoni per creare le

condizioni simili a quelle del Big

Bang da cui sarebbe nato l'universo.

Infatti, dopo due fallimenti che si

erano verificati nelle prime ore della

giornata, i protoni al momento dello

scontro hanno viaggiato a una

velocità molto vicina a quella della

luce. Ora i ricercatori, che dovranno

analizzare i dati raccolti,

spegneranno l'Lhc per riaccenderlo

dopo lavori di manutenzioni e

potenziamento che dureranno

quasi un anno.

A quel punto la potenza sarà

raddoppiata a 14 Tev, un livello che

si avvicina ulteriormente a quelli

sperimentati nei primi istanti di vita

dell'Universo.

Il Large Hadron Collider finora

aveva avuto una vita piuttosto

sfortunata. Inaugurato il 10

settembre 2008, dopo appena 36

ore venne spento per un guasto

dovuto a un collegamento elettrico

difettoso fra due dei magneti

superconduttori della macchina. Nei

successivi lavori di riparazione

furono installati altri 53 magneti

difettosi.

Con Lhc i ricercatori (tra cui molti

italiani, che rappresentano i

secondi finanziatori e la seconda

comunità scientifica del Cern)

hanno l'obiettivo di verificare

l'esistenza delle particelle più

piccole e sfuggenti, come il celebre

Bosone di Higgs, ribattezzata la

"particella di Dio", e comprendere la

natura della materia e dell'energia

"oscura" che costituiscono

rispettivamente il 23% e il 72%

dell'universo. L'energia e la materia

visibile coprono infatti solo il 5% del

totale dell'universo.

Mattia Avolio

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Un sole meraviglioso, l’acqua cristallina, una spiaggia stupenda, un clima

favoloso, tutto ciò che si può trovare solo nei

viaggi di Licia Colò oppure direttamente ai

Caraibi...: era questa la scena che avevo

davanti… Drin… Drin… Un suono piuttosto

inusuale per quel paradiso… Il cellulare non

l’ho portato... Di nuovo la mia stanza… La

nebbia tipica della pianura… <<Che cos’è

successo???>> Purtroppo stavo sognando!!!

Che peccato! Mi sarebbe piaciuto che

invece fosse tutto vero!

E a voi è mai capitato di sperare che i vostri

sogni fossero realtà?

Se volete scoprire alcune curiosità sul mondo dei sogni… LEGGETE

QUESTO ARTICOLO…

QUALI SONO LE DIVERSE FASI DEL SONNO?

Ci sono 5 diverse fasi in cui il nostro corpo

reagisce in modo diverso al sonno. La prima è

quella della veglia in cui siamo coscienti e la

respirazione si fa più pesante. Ha la durata di

circa 20 min e passiamo per questo stadio per

due volte, alla mattina e alla sera. La seconda è

quella in cui è più facile svegliarsi ed è

estremamente facile ricordare i sogni in questo

stato. La terza dura circa 30 minuti ed è molto

difficile ricordarne i sogni. La quarta è la fase in

cui si è totalmente incoscienti ed è impossibile

ricordare i sogni. Poi c’è la fase REM, quella più

studiata perché è quella in cui il tracciato

dell’encefalogramma mostra che l’attività è simile

a quella della veglia.

Se ci si sveglia in questa fase i sogni si ricordano. È chiamata REM dalla

sigla Rapid Eye Movement, infatti in questo stadio c’è un grande movimento

degli occhi.

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SOGNAMO SOLO NOI?

Alcuni studi sembrerebbero rispondere

no, non proprio. Si pensa infatti che anche gli

animali abbiano la fase REM, ma non si riesce

ancora a dire con certezza se anche loro,

come noi, riescono a sognare. Guardando i nostri

animali domestici come il cane o il gatto, ma

anche il coniglio e il criceto forse, possiamo

vedere come si agitano durante il sonno:

scodinzolano, guaiscono e si muovono.

Ci sono due teorie, la prima è che durante la fase

REM consolidino le loro avventure della giornata,

la seconda è che questi movimenti siano

residui dell’attività mentale giornaliera.

PERCHÉ QUANDO DORMIAMO A VOLTE CI

SEMBRA DI CADERE?

Una situazione non rara è quella di svegliarsi all’improvviso con la

sensazione di cadere nel vuoto; ci sono due spiegazioni: se questa

sensazione non avviene durante la fase REM, vuol dire che l’organismo sta

subendo un processo di transizione dalla veglia al sonno in cui rilassiamo i

muscoli e si interrompono i segnali sensoriali. Quando succede questo noi

riviviamo un’esperienza già vissuta come una caduta dalla scala o da una

sedia e questo porta alla sensazione della caduta nel vuoto; quando invece

accade nella fase REM, questa situazione può essere contestualizzata al

sogno che si sta facendo, ossia alle sensazioni della nostra visione onirica.

SI RIUSCIRANNO A REGISTRARE

I SOGNI?

Secondi alcuni studi di John Dylan

Haynes del “Bernstein Center for

Computational Neuroscience” di

Berlino, si potranno registrare i propri

sogni e rivederli alla mattina. Un

passo avanti verso queste nuove

tecnologie lo hanno già fatto altri

scienziati, infatti in Giappone il

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“Computational Neuroscience Laboratories” ha scoperto un meccanismo per

riuscire a riprodurre delle immagini in bianco e nero (non ancora dei video)

provenienti dalle figure che si formano nell’occhio umano. Sono arrivati a

questo intercettando i segnali elettrici che la retina invia al cervello e li hanno

trasmessi ad un computer che decodifica i segnali celebrali. Per il momento si

riescono solamente a tradurre le immagini che l’occhio vede, non ancora

quelle che il cervello produce.

QUESTIONE DI … ETICA?

Quando la fantascienza si fa scienza e si scopre che

forse un giorno potremo registrare i nostri sogni,

sorgono polemiche e opinioni diverse a riguardo.

C’è chi sostiene che questi studi siano stati condotti

per la ricerca di terapie utili per pazienti affetti da

gravi patologie che impediscono la comunicazione.

Infatti se si riuscisse ad ottenere le informazioni

direttamente dal cervello, non bisognerebbe

muovere nemmeno un muscolo per comunicare e

sarebbe possibile addirittura visualizzare le

allucinazioni.

Però bisogna stare attenti: si potrebbe addirittura

pensare a un futuro in cui invece di scrivere le e-mail basterà pensarle,

creando un flusso di informazioni che poi appaiono su un monitor.

Purtroppo però, come avvertono gli esperti, dovremmo iniziare a

preoccuparci della nostra privacy, alla quale al giorno d’oggi viene attribuita

sempre meno importanza, come dimostrano i social network, anch’essi frutto

di progressi tecnologici.

Dovremmo perciò chiederci: siamo veramente sicuri di volere che i nostri

sogni, i nostri pensieri più intimi, possano essere letti senza alcun problema

da una macchina? E di perdere la libertà di sognare?

ARTE,MUSICA,PREMI NOBEL … DA SOGNO!

Per noi, che valore ha al giorno d’oggi un sogno? Spesso non ce li ricordiamo,

a volte li raccontiamo a amici o parenti per la loro bizzarria, ma forse pochi si

fermano a pensare al loro significato, al perché ci si ritrovi a sognare

determinate situazioni.

All’interpretazione dei sogni oggi viene data sempre meno importanza, forse

perché viviamo in una realtà in cui la scienza e la tecnologia razionalizzano

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tutto ciò che facciamo e siamo. Consideriamo così l’interpretazione dei sogni

qualcosa di vago, astratto e soprattutto irrazionale

da non prendere alla lettera, un po’ come leggere

l’oroscopo.

Eppure un tempo i sogni sono stati talmente

importanti da cambiare il corso della storia o

addirittura della scienza.

Pensiamo a Giuseppe, che nella Genesi interpreta

i sogni del faraone. Oppure al Libro di Daniele in

cui il sogno del re babilonese Nabucodonosor

viene interpretato dal profeta Daniele. In effetti

nella Bibbia ci appare chiaro che il sogno è uno

dei canali di comunicazione divina tra Dio e l’uomo.

Passando ai Romani, Cicerone scrive che Publio Cornelio Scipione Emiliano

vide in sogno suo nonno, Scipione l’Africano.

Inoltre ci sono anche molti artisti e scienziati che si ispirarono ai sogni.

Ecco alcune scoperte da premio Nobel:

Il chimico Kekulè sognò la struttura molecolare del benzene (un anello

chiuso di atomi di carbonio), sottoforma di un serpente che si morde la

coda.

Otto Loewi sognò l’esperimento per dimostrare la trasmissione chimica

degli impulsi elettrici nei nervi del cuore delle rane.

Mendeleev scoprì in sogno la tavola periodica.

Arte e musica:

Robert louis Stevenson vide 2 scene del suo famoso racconto “Lo

strano caso del dr Jekyll e mr Hyde”.

Salvador Dalì si faceva svegliare apposta per dipingere direttamente

su tela le visioni a cui assisteva nel mondo dei sogni.

Paul McCarteney sognò la melodia di Yesterday.

E questi sono solo alcuni esempi …

CHI INIZIÒ A STUDIARE I SOGNI?

Chi poteva essere se non loro? Ovviamente i Greci!

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Ebbene sì, anche per loro il sogno era un modo per accedere alla dimensione

divina capace di rivelare il futuro e mettersi in contatto con l’aldilà. Nella

mitologia greca i sogni derivavano dal dio del sonno Hypnos.

Addirittura il greco Artemidoro di

Daldi studiò i sogni e arrivò a

classificarli in 5 gruppi e distinse

quelli premonitori dalle semplici

rielaborazioni delle esperienze

vissute. Artemidoro anticipò così gli

studi condotti da Freud di ben 17

secoli!.

UN SOGNO NON INTERPRETATO

È COME UNA LETTERA NON LETTA (Dal libro del Talmud)

Il grande Sigmund Freud credeva nell’interpretazione dei sogni come

rappresentazione nell’inconscio di fantasie rimosse dalla coscienza durante il

giorno e rappresentate e drammatizzate durante la notte in modo

inconsapevole. Freud fu l’inventore della psicoanalisi: ma che cos’è? La

psicoanalisi è innanzitutto lo studio dei fenomeni psichici inconsci e anche

una cura contro l’isteria e la nevrosi.

PER CONCLUDERE

Ci sono diverse teorie sui sogni, alcuni lI considerano come una predizione

del futuro, altri uno sfogo delle emozioni sentite durante la giornata, altri

ancora come una cosa negativa: “Mai sognare: il momento di coscienza che

accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta.” (Primo Levi).

Ed in effetti, risvegliarsi nel proprio letto nell’uggioso inverno mantovano

mentre svaniscono il sole meraviglioso, l’acqua cristallina, la spiaggia

stupenda del sogno … E’ veramente un dramma!

Beatrice Bocchi

e Alice Girelli

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Alice

Papotti

Isabella

Cassisa

IMMAGINI …

PENSIERI

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Rosso

Rosso fuoco

Come l’amore

L’amore di un cuore

Che batte per un altro…

Dove il grigio unisce cielo ed acqua

L’uomo viaggia senza meta

Alla ricerca di qualcuno

Che gli dica chi è. …

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Un grande appuntamento a metà marzo!

“LE QUATTRO STAGIONI”

Mostra fotografica

della nostra giornalista

Maura Malpetti

DOVE?

Sala Civica di Pozzolo

Via Roma n°57/b

Marmirolo – MN

QUANDO?

Sabato 12 e Domenica 13 marzo

(h 10:00-12:00 e 16:00-19:00)

Lunedì 14 e Mercoledì 16 marzo

(h 17:00-19:00)

Sabato 19 e Domenica 20 marzo

(h 10:00-12:00 e 16:00-19:00)

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racconti

“Chi diamine siete?” spalanco la portiera dell'auto e mi gratto quel gran

bernoccolo che rosseggiante svetta da poco sulla mia fronte corrugata, come

un vulcano appena nato dalla crosta terreste. Non ci so proprio fare con i

bambini, da quando frequentavo il Grest parrocchiale: quando facevo l'arbitro

del torneo di beach volley ricevevo solo pallonate sulla zucca! Quindi ora

cerco di usare un tono duro: “Non si spiano le persone, a meno che non

recitino in un reality show, capito?”.

Penso di essere stato autoritario con

quel piccolo gruppetto di nanetti che si è

fermato intorno a me, ed invece c'è chi

mi guarda sorridendo, mostrando la

fessura creata dalla caduta del primo

incisivo, chi si rotola a terra, chi da gli

spintoni all'amico giocando a fare il

lottatore di wrestling: sembra non

abbiano capito una parola di quello che

gli ho appena detto.

Inizio a spazientirmi, ma nessun “avanti”, “sciò”, “pedalare”, “raus” ha effetto;

comincio a credere di aver involontariamente parcheggiato vicino ad un

istituto per sordomuti.

In effetti quei bambini hanno

qualcosa di diverso da quelli che

sono abituato a vedere, forse perché

ho sempre visto ragazzini che

giocano da soli ai videogiochi,

scansando ogni amico che chiede

“Me lo fai provare?” e che se non

posseggono subito quello che

vogliono fanno il muso per intere

notti. La spensieratezza governa

quest'altri, insomma in loro vedo che

Una storia qualunque III Puntata

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si accontentano di stare in compagnia, di rincorrersi, di scherzare: si

divertono se sono insieme, non se hanno.

Mi guardo intorno: a lato della strada, dopo qualche metro di pantano, si

estendono dei prati verde acceso, tanto che penso che la rugiada mattutina

deve essere così delicata e silenziosa da non turbare il loro equilibrio di

vitalità. Purtroppo su di essi siedono in modo grottesco giganti metallici dalle

fredde mandibole e dagli organi meccanici: rovinano, calpestano e ignari

contaminano per poi ripartire per la loro lunga corsa; si tratta di un gruppo di

vecchie roulotte grigiastre corrose dalle piogge e consunte dal tempo. Penso

a tutte le strade che avranno percorso da quando sono state acquistate linde

e scintillanti ad ora, declassate come un tessuto che da tovaglia diviene

logoro ed umile straccio per la comare. L'unico elemento colorato è una

bandiera variopinta distesa sul cofano di qualche camper, come una specie di

emblema: è formata da una banda azzurra ed una verde, con un grande sole

centrale, che ricorda il rosone di certe cattedrali.

A terra, poco vicino a

me, vengo colpito da

una sincera tristezza;

un giornale sfoggia le

sue ultime pagine in

bella vista, stropicciate

e tutte rotte, tanto che

l'inchiostro di quelle

foto e la giovinezza

dei soggetti sembra

sfumare nel fango ed

esserne strappata via

dall'imperturbabile e rigorosa morte, colei che alita in silenzio sulle persone il

suo sospiro malsano.

Assorto in questa baraonda di pensieri, mi stacco dalla situazione in cui mi

trovo (maledetti i miei viaggi mentali!) e proprio mentre sto per formulare il

significato della vita, un marmocchio mi tira un calcio sul ginocchio facendolo

sfumare e tramutandolo in un urlaccio sconsiderato. I suoi amichetti

udendomi scappano gridando, immaginandomi forse come il cattivo di una

fiaba di turno.

“Ti sembra questo il modo di trattare dei bambini piccoli?”, sento una voce

alle mie spalle poco lontana.

“Bambini loro?! Dalla loro “delicatezza” e dai calci che tirano si direbbero più

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una squadra di rugby, la mia rotula è schizzata via in stile medaglia d'oro nel

lancio del disco!” sputate queste parole e dando le spalle a quella entità

continuo a lamentarmi sul fatto che non ci sono più i giovani di una volta, non

esistono più le mezze stagioni e che con la crisi il prezzo dei peperoni è

aumentato come vedo fare i vecchietti dal Gino, che in un orecchio portano

l'apparecchio dell'amplifon e nell'altro un'auricolare bluetooth collegato con la

sede l'IPCCPILP (Istituto Pensionati Che Commentano Periodicamente I

Lavori Pubblici), per riuscire ad avere una soffiata e fiondarsi di colpo sul

luogo 2 giorni prima che i muratori arrivino a posare un mattone.

“Sei proprio un maleducato lo sai?!” domanda ancora retoricamente quella

persona.

“E tu sei proprio un...tu sei...tut-tu-

tttu-t” sembro un apparecchio

telefonico guasto perché, proprio

mentre pronuncio quelle parole, volto

le spalle verso quella persona ed

appena LA guardo la mia lingua

inizia a farfugliare un grammelot di

borbottii intraducibili ma che,

insomma, fanno capire che sono

imbarazzato: mi trovo infatti di fronte

ad una ragazza.

Su di una ciocca bionda dei suoi capelli, onda su cui il Sole si specchia e

rimira la sua maestosità, si infrange un narciso, dando un tocco di

spensieratezza al suo viso dalle fini sopracciglia ora corrugate.

“tuuu...” - riprendo - “chi sei?”

“Io sono Flor...cioè, sono molto inalberata!”

“Inalberata è il nome o il cognome?” domando senza fare caso alla mia

gaffe. È dal suo lungo silenzio che capisco che la famiglia “Inalberati” non

esiste, è più che altro un aggettivo poco

usato che significa “arrabbiati”, perciò

riprendo: “Innanzitutto scusami per la mia

reazione esagerata, in fondo quei mocciosetti

facevano solo spionaggio, chi al giorno d'oggi

non lo fa? Nazioni, guardoni, telespettatori,

poliziotti davanti una villa di Arcore, è la

regola! Riavvolgiamo il file presentazioni.avi e

ricominciamo dall'inizio, d'accordo?”

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“Va bene” risponde sospirando, un po' stordita dalla mia dialettica: “Ma

promettimi di andare a chiedere scusa a quegli angioletti. Sai, loro per me

sono come fratelli. Sono Flora, e tu?” Detto questo mi guarda con i suoi freddi

occhi, pezzi di ghiaccio immersi nell'intenso blu oceanico. Essi si sciolgono in

venature di cristallo perpetrate nella retina, come le radici di un albero

secolare, stanziate nella storia e nella vita di generazioni di persone,

formando motivi intarsiati degni della precisione e del tatto di un liutaio

Stradivari.

Il nostro sfuggevole scambio di sguardi mi ricorda i viaggi notturni, silenziosi e

tranquilli; la sola conversazione possibile è lo scambio di lampeggi con l'auto

in transito, e via di nuovo a puntare le torce nel buio avvolgente: tutto questo

nella durata di un respiro.

Mi presento il mio nome è Andrea Battis..” un'idea panzana mi si riflette in

mente e per un attimo ferma il mio discorsetto: un filamento di tungsteno si è

appena reso incandescente come in una primitiva lampadina. “Stavo dicendo,

mi chiamo Andrew Steward Douglas-Hamilton, ma tu puoi chiamarmi

Andrea”.

Let's stop for a while,

please! Cari lettori,

capisco di aver avuto

un'idea molto stupida:

spacciarmi per

proveniente da una

famiglia aristocratica

quale non sono, ma

chi non ha mai

compiuto azioni folli o

completamente contrarie al proprio carattere per fare colpo su di una

ragazza? Ricordo il mio amico Antonio, mesi fa andò sotto casa di Giulia con

registratore e chitarra in piena notte, per suonarle una serenata amorosa: le

cantò tutto il repertorio di Gigi D'Alessio compreso il suo ultimo inedito

strappa-cuori chiamato “Bella come una mozzarella”. Solo dopo aver notato

le sirene rosso-blu di una volante in arrivo, si accorse di aver sbagliato casa e

si nascose in tutta fretta in un cespuglio. Per il compleanno gli regalammo un

navigatore GPS e sarcasticamente una pinzetta, si era infatti tuffato in un

arbusto di pungitopo. Oppure Giuseppe Cuzzo, un ragazzo del mio paese

che giusto sei mesi fa proclamava lo “sciopero del sapone” se Mariella non

avesse ricambiato il suo amore. Beh, credo mi basti dire che solo cambiando

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l'iniziale del suo cognome capite la sua attuale condizione igienico-sanitaria!

Credo però che per lui più che uno sciopero sotto sotto sia un vantaggio, non

più coda in banca, davanti alle poste o in mensa.

A sentire le mie parole, Flora sembra presa da sconforto, come se il sangue

le si gelasse nelle vene, ma, grazie a una straordinaria capacità di

nascondere le emozioni come dietro ad una maschera di creta, tipica degli

attori teatrali, non me ne accorgo.

“Hai proprio uno strano nome, chissà quant'è difficile trovare un campanello

di casa così grande per

farci stare tutte quelle

lettere! Sempre che tu ce

l'abbia una casa, o vivi in

quella specie di lattina?” -

indica la mia auto che,

infangata dai pneumatici

agli specchietti, non fa

certo una bella figura.

“Certo che ce l'ho una

casa, anzi, una reggia con

tre cucce per il cane e un

sacco di maggiordomi,

tiè!” – dato che sono in

ballo, perché non ballare?- E come mai i maggiordomi?” “Ovviamente perché

sono ricchissimo e ho bisogno di qualcuno che mi faccia i massaggi ai piedi e

mi legga le favole prima di andare a dormire!”

“Strano, non avrei mai detto che tu fossi un 'nobile'; hai la camicia sgualcita

dal sudore, una faccia paonazza e, diciamolo, non emani di certo un buon

odore. Mi ricordi i mendicanti per le vie di Bruxelles! Non ti ho mai visto da

queste parti, sei nuovo?” “In realtà non so nemmeno dove mi trovo”, rispondo

secco e accigliato, senza far troppo caso alle sue ultime parole. Comincio a

sentirmi un bugiardo smarrito, senza una bussola che mi orienti

geograficamente e che non mi faccia commettere altre azioni scriteriate.

“Su, principino” (allora ci è cascata!) “Non fare quella faccia! Vieni a casa mia,

così farai una doccia e disinfetteremo quel taglietto sul volto”

Vedere il suo sorriso allargarsi e le sue labbra farsi sempre più sottili e

sinuose mi conforta molto; l’ho conosciuta da cinque minuti ma mi pare di

averla a fianco da tutta la vita: è proprio vero che la bontà si può incarnare

quando meno te l’aspetti in mani sconosciute, ma aperte e pronte a dare.

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Camminiamo per un centinaio di metri fino a che non mi indica la sua casa,

all’ultimo piano di un palazzo sciatto e dimesso, in una specie di mansarda a

cui si accede solo tramite delle apposite scale esterne alla residenza. “Da un

paio di mesi vivo qui, da sola”. Quando

le chiedo se prima viveva coi genitori

non mi risponde, si limita ad aprire

quell’imponente porta lisa dai graffi e

dal tempo. Devo dire che nel momento

in cui quella porta cigolante si apre

sono pieno di pregiudizi, mi aspetto di

trovare montagne di piatti inzaccherati

in cucina, un caos entropico dove per

evitare malattie avrei dovuto aggirarmi

avvolto nel cellophane. Invece quella casa è “bella dentro” e “brutta fuori”,

accogliente, ma in un certo senso mistica e rigorosamente militaresca nel suo

ordine: le luci soffuse delle candele riempiono le poche sale di un’atmosfera

medievale ed un opprimente arazzo fiammingo è appeso ad una parete e

sembra giudicare chi gli si avvicina, scindendo chi prepotentemente crede di

sapere tutte le allegorie cinquecentesche nascoste al suo interno da chi lo

paragona a quei tappeti persiani che “Il Baffo” vendeva una volta in

televisione, dove tra un respiro affannato ed una parola spiaccicata bandiva

uno sconto dopo l’altro. Accanto ad un divano-letto ed una piccola televisione,

vi è una parete ricoperta da libri dalle vecchie rilegature in motivi dorati,

paiono quei malloppi di manuali che

ognuno ha in casa e che non ha mai

avuto il coraggio di aprire per la loro

prolissità, quasi servissero per bellezza,

col solo scopo di far credere il proprietario

un intellettuale. Le pagine di questi tomi

sono invece sciupate nel loro graduale

ingiallire, come se letti periodicamente

con euforia; non li apro, non li sfoglio,

quasi impaurito dalla loro eterea

solennità.

Su di una scrivania c'è un piccolo libretto

aperto a metà, appena Flora si allontana riesco a carpire qualche frase

stampata su di esso:

“Que j'aime voir, chère indolente, De ton corps si beau, Comme une étoffe

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vacillante, Miroiter la peau!”

“Sono versi di una poesia” - penso tra me e me - “Deve amare molto l'arte

delle rime, delle metafore, delle anastrofi e quant'altro! Chissà...” - ella si

accorge che sto leggendo quel volumetto e lo chiude bruscamente con

furtiva nonchalance, per poi cambiare discorso al fine di distogliere la mia

attenzione: “Ti piace la mia casa? È un po' strana, lo so, ma così la sento

veramente mia. Comunque il bagno è da quella parte se vuoi darti una

rinfrescata” “Si, ti ringrazio. Certo mi piace molto, complimenti per l'atmosfera

vintage che si respira, sei una

bravissima arredatrice” e

sfacciatamente le chiedo: “Dopo ti

andrebbe di farmi da Cicerone per il

paese?” mi avvio per il piccolo corridoio

che porta alla toilette. I suoi occhi si

spalancano di colpo, le “schegge” di

iride che li compongono sembrano un

vulcano che erutta lapilli ghiacciati,

Flora è terribilmente scossa.

Sfortunatamente non me ne accorgo per la seconda volta perché le do le

spalle.“Si” sussurra lei con un filo di voce “Anche se non ti devi aspettarti

molto, questo è solo un piccolo paesino”. “I suoi complimenti sono scontati, si

capisce da un miglio che non sono sinceri. Ed in più la mia casa non ha nulla

a che vedere con il vintage!” - pensa subito dopo. Un'ora dopo camminiamo

lungo stradine instabili su cui la neve, come sempre vanitosa e megalomane,

ha apposto la sua firma ovunque. Quella scena mi ricorda il velo di zucchero

che gli anni scorsi amavo stendere sul pandoro i giorni di festa, oggi, invece,

è il primo giorno di feste natalizie e mi

trovo lontano centinaia di chilometri da casa. Questo pensiero rende

l'espressione del mio volto grave ed

introversa, per scacciarlo chiedo

senza giri di parole a Flora chi

fossero i bambini che

disgraziatamente avevo conosciuto

qualche ora prima: “Sono i figli della

popolazione rom di questo posto, a

parte qualche donna i loro genitori

sono chi al lavoro, chi a sbronzarsi

in qualche taverna e perciò non li vedono quasi mai. Li vado a trovare ogni

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pomeriggio, per fargli capire che qualcuno che gli vuole bene c'è, talvolta

sento gli italiani fare di tutte le erbe un fascio e dire crudeltà atroci sui popoli

rom, ho perciò voluto toccare con mano la situazione. Ti assicuro, sono delle

brave persone, sono diversi dal nostro modo d'intendere la socialità e la

civiltà, ma non sono criminali” la situazione è incredibile: sono incantato dal

movimento cadenzato delle sue labbra, dal modo in cui timidamente ritrae le

mani nella fodera della giacca e da ogni suo piccolo particolare che non ho

ascoltato nemmeno una parola: che il cobra reale, incantato dal suono del

piffero, provi amore per il suonatore?

Le nostre orme si perdono nella neve e, sovrapponendosi, diventano una

sola cosa. Decido di parlarle del motivo per cui sono finito in quel posto. Flora

mi ascolta in silenzio, guardandosi gli scarponi di tanto in tanto: voglio in

qualche modo vantarmi della mia piccola avventura, del mio self-control

mantenuto dopo l'incidente e delle mie incredibili abilità (ho in qualche modo

“gonfiato” il racconto; ho aggiunto particolari sul fatto che sono una specie di

aristocratico che guidava una macchina costosissima prima che la rompessi

per salvare un gattino e la barattassi con la Polo del primo meccanico

venutomi in soccorso), ma sembra non creda alle mie parole, o non mi voglia

per nulla ascoltare.

“Devo fare una telefonata, scusami

un secondo, qui non c'è campo” mi

dice lasciandomi insoddisfatto, ma

con un sorriso beota sulla faccia.

Mi pare di conoscere due Flora: la

prima è quella incontrata al campo

rom, estroversa e solare, la

seconda è quella con cui ho a che

fare ora: fredda e vuota.

Decido così che rivelerò a Flora

che quella dell'aristocratico è tutto

uno stupido scherzo, non solo perché penso che abbia capito tutto ma anche

perché non voglio spacciarmi per qualcuno che non sono, solo per fare colpo

su di una ragazza. Sembra una frase da film ma: “Voglio che si innamori di

me per le mie capacità interiori”. La strada cinque minuti fa era percorsa da

diverse persone, prima di tutte una vecchietta dal capo velato, com'è

tradizione delle donne molto anziane anche qui in Italia. Quante storie,

quante esperienze, quanti consigli avrebbe avuto da dire e raccontare a un

giovane come me se solo gliel'avessi chiesto prima che scomparisse dalla

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mia vista; a proposito di scomparire: alzo gli occhi un istante e la strada ora è

vuota di colpo, l'unico movimento rimasto è quello del vento che fastidioso mi

soffia nelle orecchie scompigliandomi i capelli.

Non vedo tornare Flora perciò la vado a cercare nella via dove è appena

scomparsa dietro l'angolo. La vedo, faccio un gesto con le braccia per

richiamare la sua attenzione ma non si muove di un millimetro, ha un viso

stravolto. Inizio a correrle incontro: ma appena le sono vicino urla con tutto il

fiato che ha in gola “Vattene! Da te non voglio niente!” indietreggio di qualche

passo sbigottito, ed un piccolo foglietto di carta mi cade di tasca senza che

me ne accorga. Improvvisamente la mia schiena urta contro qualcosa: mi

volto di scatto, due scure entità incappucciate mi prendono per le braccia,

sembrano inamovibili e statuari come bronzi di Riace, imponenti e sovrumani.

Sono terrorizzato, cerco di opporre resistenza ma le loro mani sono salde

come tenaglie metalliche. Non ho il tempo di gridare aiuto che un ago mi

perfora la giugulare, mi sento svenire, le strade sotto i miei piedi si fanno

centomila, i miei piedi non sentono più la terra sottostante che

vorticosamente è iniziata a girare in un bagliore di luccichii. Il mio corpo

diventa pesante, non riesco più a stare sveglio, solo un suono delicato entra

nel mio cervello prima del collasso: “C13”.

Perdo i sensi.

Torniamo indietro di qualche istante, nel

momento in cui un piccolo fogliettino

spiegazzato mi è caduto di tasca, Flora lo

ha raccolto con un'aria di sufficienza e

quasi calma. Lo ha letto mentre venivo

sedato; la sua espressione si è contratta,

le sue narici si sono inarcate e gli occhi le

si sono chiusi, sperando che tutto si

trattasse di un sogno, anticipando il

tremore dei bulbi oculari. È inginocchiata

a terra, è scoppiata in un pianto a dirotto che nasce dal profondo del cuore,

quando il dolore le invade anima e corpo. Silenziosamente tra sé: “Cosa ho

fatto” - La sua voce tremolante spezzava queste tre parole in una nuvola di

versi animaleschi. Le gocce di pianto foravano la poca neve su cui aveva

immerso i lunghi capelli. “Cosa ho fatto!!” ha urlato alzando il capo stravolto e

paonazzo ma mantenendo le mani al suolo che graffiavano la neve e la

spremevano nella rabbia. Una fiammella di speranza sfugge all'universo

cinereo che tutto inghiotte, le era venuta un'idea, una parola che forse mi

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avrebbe salvato solo se fossi riuscito a non dimenticarla nel mio sonno

forzato ma rivelatore. E, mentre quei “mostri” stanno trascinando via il mio

corpo, mi sussurra una parola all'orecchio per poi sparire in quell'inverno,

nell'ombra, nel freddo, nel vento e nel pianto.

Note dell’autore

Pochi giorni fa, tornando a casa da scuola, ho trovato nella cassetta delle

lettere una strana busta, senza indirizzo, mittente o destinatario, macchiata e

consunta: su di un lembo tracce di rossetto, sull'altro una piccola introduzione

al contenuto in lingua francese, scritta da una mano che si direbbe frettolosa

e tremante: era sbavata ed intraducibile in più punti e l'ultima frase non era

conclusa. Non sapendo a chi fosse stata spedita, preso dalla curiosità l'ho

aperta: vi riporto ora quelle parole:

21 Dicembre 2010

Cantastorie stonato,

marciavo nel cemento

e soffiavo nel vento

il candido colore effimero dell'inverno, e stracciavo

pezzi malvissuti di una vita squadrata, finché

non ti ho conosciuta:

la vanità di un narciso variopinto

scandisce il pulsare del mio cuore,

in una via irta e mai battuta.

Cerchi la primavera nel sorriso di un bimbo,

l'attesa dell'odore del polline

e la calca dei papaveri scarlatti è il tuo limbo.

Questo foglietto è un piccolo frammento di un puzzle che solo oggi è riuscito ad

attecchire nel mio cuore prima arido ma ora florido, dei tuoi occhi blu cobalto.

Andrea

Matteo Lucchini

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L’ASSASSINA E IL VAMPIRO

CAPITOLO 3: 14 ANNI. UNA STRANA SCOPERTA.

Ci vestimmo alla svelta e andammo

dal Supremo che ci chiese dei

dettagli sull’accaduto della notte

precedente, dell’incontro con quegli

uomini misteriosi. “Ora andate a

fare il vostro allenamento” ci disse

infine.

Max si avviò e io non mi mossi, gli

lanciai un’occhiata di intesa e lui

capì le mie intenzioni. “Supremo,

potrei parlarvi?” chiesi e nel

frattempo Max era già sparito.

“Certo, parla Ethel”

“È una questione non molto

importante, ma penso che sia

giusto che io abbia una risposta”

“Continua pure”

“Io, in quanto assassina, sono

destinata a rimanere sola? Oppure

posso stare anch’io con un

assassino come le altre donne del

castello?” chiesi leggermente

insicura.

“Lo sapevo. Lo sapevo che questo

giorno sarebbe arrivato. Che

questa domanda sarebbe arrivata”

“Quindi?” chiesi più sicura di prima.

“Tu sei una ragazza, quindi non ti

posso privare del tuo destino e

nemmeno della tua vita; quindi puoi

sceglierti un assassino come le

altre ragazze, nessuno te lo vieta”

mi disse sorridendomi.

Era la prima volta che vedevo il

Supremo sorridere, anche se era

l’unica cosa che potevo scorgere

sotto il suo cappuccio.

“Maestro” dissi in segno di saluto, e

presi la via della palestra dove mi

stavano aspettando Max, Brett ed

Eric, a cui dovevo dare la buona

notizia.

Raggiunsi la palestra, aprii la porta

di colpo e corsi verso Max, che

stava lottando contro Eric, e gli

saltai addosso, baciandolo.

“Ma che…?” fece appena in tempo

a dire.

“Posso! Possiamo stare insieme!”

urla di gioia.

Il suo viso si illuminò: “Davvero?”

“Sì, il Supremo mi ha detto: <<Non

posso privarti del tuo destino e

nemmeno della scelta di un

assassino>>” risposi sprizzando

gioia.

Max mi baciò, si mise a ridere di

gioia e mi ribaciò. “Ok, sono

contento per voi, ma dobbiamo

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continuare l’allenamento” disse

Brett., stranamente turbato.

“Sì, Brett ha ragione. Dobbiamo

continuare con l’allenamento” ribadì

Eric, che ci sorrise cercando di

nascondere un velo di

preoccupazione.

“Ok, avete ragione” dissi.

“Ci rimettiamo subito al lavoro” finì

la mia frase Max.

Ci allenammo concentratissimi

entrambi, talmente tanto che quasi

battemmo i nostri maestri.

Dopo l’allenamento i nostri padri se

ne andarono veloci come il vento.

Chissà per quale motivo …, mi

chiesi e decisi di seguirli con Max.

Andarono a parlare con il Supremo

e noi origliammo ciò che si stavano

dicendo.

“Maestro, siamo preoccupati” disse

Eric.

“E perché mai?” chiese il

Supremo.

“Perché quando Ethel è

rientrata in palestra ha detto

che voi le avevate riferito che

poteva scegliersi un

assassino” rispose Brett.

“E qual è il problema?” chiese il

Supremo.

“Qui non c’è nessun problema. Il

vero problema è quello che voi le

avevate detto prima: voi non

potevate privarla del suo destino”

rispose Eric.

“E quello che ci stiamo chiedendo è

quale sia questo destino di cui voi

parlate” finì Brett.

Io e Max ci guardammo incuriositi e

sorpresi, ma continuammo ad

ascoltare.

“Il destino di Ethel? Lei non è stata

scelta per caso. Io sapevo che lei

era destinata ad essere

un’assassina, anche perché frutto

di un vero amore, come anche Max

ha lo stesso identico destino”

rispose il Supremo.

“Quindi, Maestro, mi state dicendo

che sapevate che sarebbe nata una

bambina?” chiese Eric.

“Certo, e sapevo che era nata per

essere l’assassina” rispose il

Supremo, pronunciando l’ultima

parola con un tono diverso.

“Voi avevate detto che anche Max

ha lo stesso destino …” disse Brett.

“Sì. Anche lui è frutto di un amore

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vero e lui ed Ethel sono destinati a

stare insieme; e credo che oggi me

lo sia venuta a chiedere per questo

motivo” rispose il Supremo.

Io guardai Max sempre più

sorpresa e confusa. Io e lui

eravamo destinati? Destinati a fare

cosa? E come faceva a sapere che

io e Max stavamo insieme? E cosa

voleva dire che io ero nata per

essere l’assassina?

Avevo bisogno di quelle risposte e

anche Max la pensava allo stesso

modo, quindi uscimmo dal

nascondiglio: “Cosa significa? Qual

è il nostro destino?” chiedemmo

all’unisono.

“Voi qui?!” fu la risposta dei nostri

maestri.

Il Supremo alzò le mani per farci

tacere tutti e ci rispose: “Non mi

sembra giusto che voi lo sappiate

prima, avete saputo fin troppo.”

“Ma, Supremo … Cosa vuol dire

che io ed Ethel abbiamo lo stesso

destino?” chiese Max

precedendomi.

“Significa che niente è un caso. Ma

non posso dirvi altro. Ora andate e

vivete la vita insieme come avete

fatto da quando eravate piccoli fino

ad oggi” ci rispose il Supremo.

Sentite quelle parole, le mie

domande scomparvero e decisi che

quando sarebbe stato il momento

avrei avuto le mie risposte. Max mi

baciò, mi prese per mano e io gli

sorrisi.

“Un’ultima domanda, Maestro –

dissi – Cosa vuol dire che io e Max

siamo frutto di un amore vero?”

“Significa che sia io che tua madre,

Grace, eravamo veramente

innamorati, come anche Brett e

Lucy” mi rispose Eric.

“Ma scusa – cominciò Max – quanti

anni avevate quando siamo nati?

Perché avete la stessa età, vero?”

“Sì, anzi siamo praticamente

gemelli. Siamo nati lo stesso

giorno, come voi. Comunque

avevamo quindici anni quando siete

nati, mentre le vostre madri

avevano quattordici anni” rispose

Brett.

Come se io diventassi madre

adesso, pensai.

“Quindi, a conti fatti, voi avete

ventinove anni” disse Max.

“Esattamente.”

“Be’, ok… Ora andiamo!” dissi

tirando Max.

“Sì, andiamo”rispose.

Raggiungemmo l’uscita del castello

per capitare nell’enorme giardino e

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ci unimmo con il gruppo dei nostri

amici.

“Ehi ciao! Come ve la passate?” ci

chiese Matt.

“Benissimo, grazie. E tu?” chiesi.

“Ehi, Max! Non dirmi che hai fatto

colpo!” disse Lewis, vedendoci per

mano.

“Eh, già! Mi dispiace, Lew, ma lei è

mia!” rispose Max scherzosamente.

“Oh, no! Come avete potuto farmi

questo – disse facendo finta di

svenire – E tu, Et, come hai potuto

scegliere codesto soggetto invece

del sottoscritto? Come?!” disse in

tono drammatico.

Scoppiai a ridere e dissi: “Alzati,

Lew, e piantala!”

La nostra banda era formato da

Matt, il migliore amico di Max,

Lewis, il più scherzoso, Ben, il

fratello gemello di Matt, Seth e

Chris.

Comunque Lewis si era alzato ed

era andato da Ben, facendo finta di

piangere e Seth disse: “Mi dispiace

Lewis! Ti va sempre male! Anche

con Elisabeth ti è andata male!”

“Questo lo dici tu! Ieri sera è andata

splendidamente … E il mio letto

non l’ho usato solo io!” disse

riprendendosi dalla scenata.

Io feci una smorfia, ma sperai che

nessuno mi notasse; perché io non

riuscivo a sopportare Elisabeth, che

era la più troia di tutte, andava con

tutti, anche se il suo vero obiettivo

era Max, considerato il ragazzo più

bello, ma lui l’aveva rifiutata

pubblicamente facendole fare una

figura di merda.

“Hai ragione, Ethel! Scusa! Non

dovevo parlarne in tua presenza,

ma sai che sei solo tu il mio vero e

unico pensiero” disse Lewis

riprendendo la scenata.

“Certo, certo” dissi soffocando una

risata.

“Max, preparati, perché dobbiamo

andare al villaggio. C’è un

personaggio un po’ scomodo che

dobbiamo eliminare” disse Chris.

“D’accordo, vengo” rispose Max e

si girò verso di me e mi baciò.

“Max! Non la vedi solo per qualche

ora… Ce la farai a sopravvivere?”

chiese Matt, mentre Max mi diede

un altro bacio.

“Ma scusate – dissi dopo essermi

staccata dal bacio di Max e

attirando l’attenzione di tutto il

gruppo – È così divertente

sfottere?”

“Sì, e non sai quanto!” rispose Ben.

“Ma avete rotto! – disse Max,

anticipandomi – Comunque, per la

cronaca, ce la farò a resistere

senza Ethel, non morirò anche se

non la vedo per qualche ora!” disse

a Chris.

“Mah, è tutto da vedere” gli rispose

Matt. Max lo guardò storto, si girò

verso di me e mi baciò di nuovo per

poi sparire all’uscita del castello.

Valentina Meneghello

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Prefazione

Era un giorno come tutti gli altri. Ma da quel giorno la mia vita cambiò.

Capitolo 1:”Oh Un fantasma O.O”

Era la mattina del 1 novembre 2010, Zoe Stuart stava allegramente

scendendo dall’autobus per dirigersi verso la propria scuola; ma nel momento

in cui accese la sua canzone preferita “What’s my name” tutto il paesaggio

attorno a lei si bloccò come congelato, e la ragazza vide una figura ambigua

simile a lei.

Era un’esile figura che stava dirigendosi verso di lei, Zoe, presa dal panico, si

mise ad urlare con tutta la voce che possedeva; ma la figura continuava ad

avvicinarsi a lei …

Zoe chiuse gli occhi per non vedere.

Sentì di essere finalmente al sicuro ma per poco, un filo di voce roca si udì

dietro di lei; congelata dalla paura Zoe non si

mosse … La voce continuò a parlare e a ripetere la

stessa frase” S-A-B-R-I-N-A Stuart cercami ….”

Zoe scappò; corse a più non posso fino allo

sfinimento; quando sentì di essere al sicuro si

accorse di essere ritornata alla sua scuola; vide

l’insegna della scuola ed entrò. Sentì un suono, “Tic

Tic”, era la sveglia. Solo allora si accorse che stava

aveva sognato.

La giornata passò tranquillamente; a scuola le

avevano dato una notizia stupenda: con la vincita

che ha fatto con il gruppo studio di chimica sarebbe

potuta andare a Londra con i suoi 4 amici: Megan,

Max, Ashley e Anna.

Tutti e 5 i ragazzi erano decisamente felici del premio. Si sarebbero imbarcati

l’indomani.

Zoe stava finendo di completare la valigia quando ricevette la telefonata di

Ashley :”Zoe, mi dispiace, non posso venire; ho preso la varicella e devo

stare a letto per tre settimane. Mi hanno detto che vi daranno una ragazza di

Londra per aiutarvi nella ricerca.” “Ok” Zoe rispose ” Guarisci presto e non

pensare alla ricerca. Ci vediamo al ritorno. Ciaoo!”

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Ripose il telefono e rimase a pensare:”Chi

sarà questa ragazza??!”

Il mattino dopo Zoe si recò in aeroporto

dove incontrò Megan, una ragazza bionda

alta circa un metro e ottanta, solare ma

nello stesso tempo un po’ cupa: un misto

di emozione e tristezza.

Megan con un cenno del capo salutò Zoe la quale, scossa dal suo strano

comportamento, si avvicinò e le chiese “Ma che è successo che mi saluti

così?” Lei rispose ”Lo sai benissimo!” Zoe perplessa le rispose “Che cosa

dovrei sapere?” Sperando che la sua amica non avesse capito che a lei

piaceva Max, lo stesso ragazzo che piaceva alla amica…

“Max non è ancora arrivato e Anna mi ha detto che ritarderà” rispose Megan

“Come facciamo se perdiamo l’aereo? Tutti i nostri piani andranno rovinati da

un orribile contrattempo! ”Zoe sentendo quelle parole fece un sospiro …

“Evviva non mi ha scoperta…”

Per fortuna, quando mancavano circa 10 minuti alla partenza, si sentirono

due voci: ”Ragazze, eccoci, skusatteee ….!” gli occhi di Zoe quasi si

riempirono di lacrime quando vide Max.

Anna si era portata una marea di valigie solo per una settimana, una cosa

incredibile; era una ragazza mora non molto alta , mentre Max era biondo,

con gli occhi azzurro/verdi. Era vestito con un’adorabile maglietta rigata rossa

e nera. Stupenda!.

Al loro arrivo a Londra furono destinati a

4 stanze differenti, ogni ragazzo da solo.

Alla cena tutti si riunirono nella hall

dell’Hotel per mangiare, risero e si

divertirono tutta la sera. Poi, stanchi per

il viaggio, si salutarono e andarono a

dormire. Da mezz’ora Zoe stava

leggendo “L’eredità di Schuyler” quando

sentì bussare la porta. Era Max. Entrò

nella stanza e disse: ”Non riuscivo a

dormire” Lei rispose “Perché??” ”Non so il perché, ma da quando ti ho vista

commossa oggi mi si è accesa una luce e non ho più potuto smettere di

pensare a te”.

La ragazza svenne. Quando si risvegliò, era stesa sul letto e Max era seduto

sulla sedia davanti a lei. Le chiese: “Che cosa è successo? Ero venuto per

prendere il quaderno per la lezione di domani e sei svenuta. Zoe pensò: “Ma

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allora ho sognato ad occhi aperti! che scema!” Disse ”Credo sia stato un calo

di zuccheri” e gli diede il quaderno. Poi Max se ne andò a dormire.

Li sveglio Anna che si mise a strepitare “Ragazzi venite a vedereeeeeeee!”

Intontiti uscirono dalle loro camere e si accorsero che erano solo le 5 di

mattina: ma lei voleva che contemplassero l’alba dietro la brughiera.

Un ora dopo, fatta colazione, la signora Petterson (direttrice della

competizione) li radunò tutti nel salotto dell’hotel: ”Ragazzi e ragazze, oggi

sarà un giorno molto speciale per tutti voi; ogni gruppo inizierà a fare la

propria relazione su un elemento chimico a Londra. Quindi vi auguro buona

ricerca e che vinca la squadra migliore.

Giorgia Ghirardini

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recensioni

Marracash

Fabio Rizzo in arte Marracash

nasce nel 1980 a Nicosia. I suoi

genitori sono originari della Sicilia,

ma per questioni lavorative si

trasferiscono presto a Milano, dove

lui cresce. A diciotto anni comincia

a rappare, con il nome d'arte

Marracash, per via del suo aspetto

dai tratti e colori mediterranei.

Entra a far parte della Dogo Gang:

il suo nome figura nella crew

accanto a quello di Don Joe, Guè

Pequeno e Jake La Furia. L'esordio

avviene nel 2004, quando Fabio

prende parte alle registrazioni del

mixtape "PMC Vs Club Dogo".

Il nome di Marracash comincia però

a farsi largo nel 2005 quando

pubblica online il suo primo singolo

"Popolare", prodotto da Don Joe. Il

brano anticipa l'uscita di "Roccia

Music", un disco ricco di ospiti che

raccoglie una rosa di nomi influenti

dell'ambiente hip hop: da

FatFatCorFunk ai Co'Sang, da

Vincenzo da via Anfossi a Bassi

Maestro.

Il 2008 è particolarmente

importante per la carriera del

rapper: la Universal pubblica il suo

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album d'esordio “Omonimo”

anticipato dal singolo "Badabum

cha cha". Anche in questo caso,

l'artista dimostra la sua fedeltà alla

crew dei Dogo: le basi sono

prodotte dai suoi compagni di crew

Don Joe e Deleterio.

Nel 2010 esce

invece il disco più

recente, Fino a qui

tutto bene, per chi

ha visto il film

prodotto Mathieu

Kassovitz (L'odio,

del 1995) il titolo

suona

stranamente

familiare e la frase

che dà il titolo al

disco non poteva

essere più appropriata: perché è il

racconto di una società che sta

andando verso lo schianto dopo un

volo di 50 piani.

Nel disco Marracash ci parla, a

modo suo, di tutto questo.

Toccando temi quali politica,

droghe, ragazze, vita mondana ed

eccessi, parlando di come è

cambiata la società davanti ai suoi

occhi.

Le produzioni sono davvero di alto

livello, e tra le collaborazioni

leggiamo i Crookers e The Bloody

Beetroots, la parte musicale è

valida in ogni pezzo, senza essere

noiosa, fuori luogo. Passando alle

liriche, Marracash è uno dei

personaggi migliori della scena

italiana. Tecnicamente si avvicina

molto alla perfezione: rispetto delle

figure metriche tradizionali senza

perdere flow e musicalità, e senza

essere troppo pesante

sull'ascoltatore che non è un

abituale del genere.

Fino a qui tutto

bene è un

contenitore di

pensieri e concetti,

di esperienze

portate con una

velata maturità

dell'artista. Il

rapper siciliano è

cresciuto rispetto

ai dischi

precedenti, come

artista e come

mentalità. Concludendo con le

opinioni personali, posso dire che lo

considero un ottimo album. Fabio

non sciocca, non esce dal coro, ma

porta quello che sa fare come lo sa

fare lui; l'album suona in modo

personale, non imitando tendenze o

altri artisti.

Detto questo, non resta che

aspettare il prossimo con la

certezza di ascoltare un disco

ancora migliore.

Alessandro Guariglia

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TRIGUN

Trigun è un anime che parla della

storia di Vash the Stempede, un

abile pistolero che vive in un mondo

arido dove risplendono due soli.

Essendo stato incolpato di aver

distrutto un centro abitato, Vash è

considerato un criminale, perciò

sulla sua testa è stata posta una

taglia di 60 miliardi di dollari ed è

stato soprannominato il “tifone

umanoide”.

In realta Vash è un bravissima

persona, disposto sempre ad

aiutare gli altri, con la passione per

le ciambelle e per le donne; nella

saga è accompagnato da due

bellissime ragazze: Meryl e Milly.

Successivamente al gruppo si unirà

anche Nicholas D. Wolfwood, un

prete e un ottimo pistolero; che con

sé porta sempre un’enorme croce,

una straordinaria arma da

combattimento.

Con il suo aiuto, Vash riuscirà a

sconfiggere gli assassini assoldati

da Legato per ucciderlo.

Legato lavora per Knives, un uomo

pazzo e malvagio che vuole

distruggere l’umanità. Ma è anche il

fratello gemello del nostro

protagonista.

Nella parte finale della storia ci sarà

uno scontro avvincente tra i due

fratelli, da cui dipenderanno le sorti

dell’intera popolazione del mondo.

Trigun è un anime davvero

coinvolgente, che, anche se molto

breve, è ricco di azione e di scene

sia comiche che drammatiche.

Ne consiglio decisamente la visione.

Nicola de Mita

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Inception

Anno: 2010

Regista: Christian Nolan

Genere: thriller drammatico

Il film parla di Dom Cobb, estrattore

di sogni per professione,

interpretato da un fantastico

Leonardo Di Caprio, che, infiltratosi

nei sogni di Saito, ricco uomo

d’affari giapponese, prova a

praticargli l’estrazione, cioè rubare

informazioni dal suo subconscio.

Il piano è rovinato dalla defunta

moglie di Cobb, Mal, che sotto

forma di una visione interviene,

mandando tutto all’aria.

Saito, viste le potenti capacità

estrattive di Dom, decide di

proporgli un accordo, dove chiede

al professionista di praticare

l’inception, un pericoloso processo

che consiste nell’impiantare nella

mente della vittima un’idea, in

sostanza l’opposto di un’estrazione.

Lo scopo finale è convincere

Robert Fischer, figlio del rivale in

affari di Saito, a dividere il suo

patrimonio dopo la morte del padre;

in cambio il ricco giapponese

farebbe in modo che Cobb

rivedesse i suoi due bambini,

lasciati in affido ai nonni, poiché lui

è ricercato per il presunto omicidio

della moglie.

Cobb accetta, ma ha bisogno di

molti aiutanti, e per questo insieme

all’amico e socio Arthur, recluta

Eames, falsario capace di cambiare

aspetto nel mondo onirico, e Yusuf,

chimico anestesista. Manca però

l’elemento di cui la squadra ha più

bisogno: il cosiddetto “architetto”,

cioè colui/lei che progetterà il sogno.

A tale proposito sarà assunta

Arianna, una giovane studentessa,

che sarà addestrata personalmente

da Cobb, il quale, oltre ad

insegnarle i trucchi del mestiere, le

rivela che dovrà creare un oggetto

personalizzato, chiamato Totem,

che ogni estrattore possiede e di

cui solo lui conosce il vero

funzionamento: ad esempio quello

di Cobb è una trottola metallica,

che gira e poi si ferma se ci si trova

nella realtà, altrimenti gira all’infinito.

Il padre di Fisher muore a Sidney, e

così, i protagonisti, condividendo

l’aereo verso Los Angeles con il

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giovane Fisher, partono verso la

loro impresa che non si prospetta

per nulla facile: essendo

l’anestetico troppo forte, se si

subisce un danno fisico nel sogno

si rischia di morire e finire

intrappolati in un limbo fra mondo

reale e mondo onirico.

E qui parte il “vero” film; di cui

preferisco non anticipare altro, per

cui, se siete interessati, vi consiglio

vivamente di guardarlo.

Alla fine della pellicola, soprattutto

alla prima visione, resterete pieni di

dubbi e perplessità.

Ascoltando, ad esempio, il dialogo

tra Dom e Arianna, ci chiediamo se

sia tutta pura invenzione del regista

o se queste qualità del nostro

cervello siano veritiere: abbiamo

così tante capacità e non ne siamo

a conoscenza?

Magari anche noi fra qualche

decennio saremo capaci di

condividere o entrare nei sogni

altrui (se lo chiede anche l’articolo

VIAGGIO NEL MONDO DEI

SOGNI), ma sembra ancora una

realtà molto lontana.

Nel frattempo vi consiglio di

guardare Inception, un film che

davvero merita molto.

Sara Abdelkamel

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Enigmistica e humor

Studenti o… animali?

Il genere umano è in continua

evoluzione; e questa evoluzione nei

secoli ha delineato un nuovo profilo

di umano: lo studente.

Ora, i professori che, in tanti anni

d’insegnamento, ne hanno visti di

questi strani ragazzi che cercano la

loro individualità vestendosi tutti

allo stesso modo, si sono messi a

suddividere il genere-studente in

tante diverse specie.

Addentrandomi negl’angoli

più bui della scuola, ho

infatti scoperto che essi ci

osservano, ci studiano e …

ci classificano!!!

Il primo tipo di studente

classificato in ordine

alfabetico è l’ameba, ovvero

la classica faccia da schiaffi;

quello per cui un insegnante prega

che le leggi che tutelano i ragazzi

svaniscano come per magia e, d’un

tratto, si possa ritornare ai metodi

classici: bacchettate sulle mani e

punizioni di ogni genere! È quello,

che, se anche sei uno studente,

vorresti metterti in fila dietro al profe

per frustarlo anche tu. Lo studente

ameba è convinto di essere

simpatico, ma non lo è per niente.

Per i più sfortunati, che

usufruiscono del trasporto pubblico,

lo studente ameba è quello che urla

quando cerchi di dormire, quello

che tiene lo zaino in spalla

nonostante non ci sia neanche lo

spazio per respirare, insomma: una

tragedia!

Al secondo tipo è stato assegnato

un nome particolare: secchione.

Nelle mie ricerche ho scoperto che i

nostri profe spesso si confondono

sul significato; il secchione non è lo

studente che eccelle in

ogni materia, non è il più

bravo della classe. Il

secchione è quello che fa

credere di essere bravo;

in realtà ha sviluppato un

sofisticato sistema di

bigliettini che, ovviamente,

non condivide coi

compagni, ed ha anche rinunciato

alla sua dignità di studente per fare

il “lecc….o” coi professori.

Fortunatamente, il sistema non

funziona con tutti gli insegnanti,

altrimenti noi studenti “medi”

saremmo decisamente nei guai.

L’ultimo tipo, a il più

pericoloso è: lo

squalo. Lo squalo è

facilmente

riconoscibile perché

è quello che ha

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sempre il sorriso stampato sulla

faccia. Sempre e comunque. E

sapete perché? Perché è

consapevole del fatto di avervi già

fregato. È il più pericoloso non

tanto per l’aspetto fisico, che di

solito comunque lo aiuta, ma per gli

attacchi psicologici. Quando uno

squalo vi guarda e sorride, voi siete

già stati colpiti e iniziate a

sprofondare. Dal momento della

“fatale occhiata”, infatti, lo studente-

medio entra in paranoia e si fa dei

complessi; anche i professori ne

risentono, soprattutto quando

devono rispondere a domande

impossibili le cui risposte gli squali

hanno studiato per filo e per segno.

La presenza di questi tipi di studenti

oramai è stata riscontrata in tutti

gl’istituti, ma, cari insegnanti, ora vi

riveleremo il nostro segreto più

grande.

Lo studente-medio è molto simile a

un bradipo; come il bradipo, infatti,

uno studente ha bisogno di almeno

20 ore di riposo per iniziare bene la

giornata scolastica. Il suo

rendimento è tanto più alto quanto

più si sente riposato. E’ per questo

che gli studenti meritevoli di

encomio sono pochi: gl’altri non

dormono abbastanza. Eppure

sappiate che ci sono tra noi molti

volenterosi; che si impegnano ad

addormentarsi sui banchi perché

vogliono recuperare il sonno

arretrato e quindi migliorare il loro

profitto scolastico.

Il problema è che voi ci male

interpretate; associate lo

“svenimento da banco” a una

scarsa volontà di fare bene e ci

punite sempre, invece di

incoraggiarci. Lo studente è anche

molto sensibile; con l’arrivo

dell’inverno lui va inevitabilmente in

letargo. Si tratta di un letargo

settimanale. Il letargo inizia il lunedì

mattina col suono della campana e

termina il sabato pomeriggio.

Durante la settimana il battito

cardiaco è molto rallentato; per

questo per lui andare a scuola è

molto pericoloso: basta una lezione

particolarmente noiosa per

provocare un arresto. In questi casi,

può salvarlo solo una scarica di

adrenalina che faccia riprendere la

normale funzione cardiaca: occorre

la playstation. Date un joystick a

uno studente-bradipo e vi stupirete

della sua vitalità.

Ecco il mio consiglio; provate a fare

lezione con la playstation e

resterete meravigliati del nostro

livello di attenzione!

Sara Zamboni

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I FIAMMIFERI

1. Da questa immagine in che

modo si riesce a trovare

un’uguaglianza che risulti vera

spostando solamente un

fiammifero?

2. Lo ammetto, il primo era facile,

era giusto per riscaldarsi… Già

questo è più intrigante. Con solo sei fiammiferi prova a costruire 4

triangoli equilateri e uguali tra loro (senza piegarli o spezzarli).

LE PARENTELE

3. Se un uomo ha sei figli e ognuno di questi ha una sorella,

quanti figli (maschi e femmine) ha in tutto l’uomo?

4. Un uomo può sposare la sorella della sua vedova?

I DITLOIDI

5. Bisogna trovare quelle parole che iniziano con le lettere indicate e che

diano alla frase un senso compiuto:

1000 A in un M

7 G in una S

12 S in un C (argomento : geometria)

20 R in I (argomento: geografia)

ANAGRAMMI

6. Trova un’altra parola di senso compiuto che si scriva cambiando

l’ordine delle lettere e che appartenga allo stesso argomento

TEATRO;

BIBLIOTECARIO;

QUAL È QUEL NUMERO CHE VA SOSTITUITO AL ? PERCHÉ LE

SEQUENZE RISULTINO GIUSTE?

7. Quindici, 8, Ventidue, 8, Dieci, 5, Tredici, 7, Trentuno, ?

8. 22 VE, 31 TO, 20 VI, 19 ?

a cura di Alice Girelli

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ANAGRAMMI

Trova le soluzioni delle definizioni anagrammando le parole corrispondenti.

Le sillabe iniziali di 4 delle parole così trovate, mescolate alle altre 3 “inutili”,

comporranno il nome di un ambiente del “Fermi”

Ingoia senza masticare

PRESENTE

Affettato poco … astuto

ALMESA

Nelle aule un tempo era scura

LAGNAVA

Stancato … in pentola

FASTOTU

Atterrare senza terra

ARMAMERA

Che appartiene alla sfera dell’uso del cervello

MALENTE

Fa rima con una cosa che può rompere

ASSASTA

QUESITI INTELLIGENTI

LA MALEDIZIONE DEI FARAONI

Siamo in Egitto. A causa di un’avaria ai motori un airbus inglese con a bordo

89 turisti tenta un atterraggio di emergenza nel deserto, ma va a schiantarsi

contro la piramide di Cheope. Dove verranno sepolti i sopravvissuti?

DAI TU LA RISPOSTA “GIUSTA”

Come si chiama il latte di una mucca pulita? Com’è una donna scollata? Quando un bancario muore in che cassa viene deposto? Come si chiamava Vecchioni da ragazzo? Se la mucca fa mu il merlo come fa? Le galline terrorizzate come fanno le uova? Che tipo di ritmi balla esclusivamente un ottico? Cosa formano le mucche quando si mettono vicine? Che cosa diventa un agente che si dà delle arie? Che cosa hai se offendi un partigiano reggiano? Se il mio capo si droga, io cosa sono? Di cosa soffrono le tende da sole? Che tipo di lana producono le pecore di Murano?

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REBUS

(6, 1, 5)

M DA

(8, 7)

NU T

(6, 2, 6)

DI

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(10, 1, 7)

SB AN MP

SOLUZIONI DEI REBUS DI GENNAIO

TERRICCIO ROSSO

ARTI GRECHE

OPERA PRIMA

TAVOLA ROBUSTA

ATTORI VALENTI

CANTANTE D’OPERA

SCIAMI DI VESPE

FRANA ROVINOSA

FORMA SMAGLIANTE

IMBOTTITURA PESANTE

BRAVI SALTINBANCHI (c’era un errore ortografico perché si scrive

SALTIMBANCHI)

SE STERZI LA MACCHINA SLITTA SULLA NEVE

FORESTA DI LATIFOGLIE

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