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Infermiere - Paziente: elementi per una comunicazione efficace a cura di Anna Pellegrino

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Infermiere - Paziente: elementiper una comunicazione efficace

a cura di Anna Pellegrino

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Infermiere - Paziente: elementiper una comunicazione efficace

a cura di Anna Pellegrino

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Indice dei contenuti

capitolo 01 Infermiere e paziente: cosi' lontani cosi' vicini 1Infermiere e paziente: cosi' lontani cosi' vicini 1Il paziente 1L'infermiere 2Cosa ci si aspetta dall'infermiere? 2E cosa si aspetta il paziente? 3Cosi' lontani cosi' vicini 3

capitolo 02 Comunicazione efficace: concetti di base 5Comunicazione efficace: concetti di base 5Un corso di comunicazione? E perche' mai? 5Cos'e' la comunicazione? 6Contenuto e relazione 7Comunicazione verbale 8La scelta del linguaggio 8Comunicazione paraverbale 9Comunicazione non verbale 10La prossemica 10Congruenza della comunicazione 11Promemoria: Non si puo' non comunicare 11Sistemi di rappresentazione: uditivi, visivi, cinestesici 12I rumori, esterni ed interni 13Le posizioni percettive 13Rapport 13

capitolo 03 L'ascolto 15L'ascolto 15

capitolo 04 Le domande 17Le domande 17

capitolo 05 L'emotivita' 18L'emotivita' 18

capitolo 06 La gestione di obiezioni e reclami 19La gestione di obiezioni e reclami 19

capitolo 07 Come comunico con i miei pazienti? 20Come comunico con i miei pazienti? 20Il primo incontro con il paziente 20Autovalutazione: come mi comporto al primo incontro di solito 20La gestione della quotidianita' con il paziente 21Autovalutazione: come mi comporto abitualmente con i pazienti? 21

capitolo 08 CONCLUSIONI 22CONCLUSIONI 22Conclusione del corso 22

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capitolo 01 Infermiere e paziente: cosi' lontani cosi'vicini

Infermiere e paziente: cosi' lontani cosi' vicini

Infermiere e paziente: cosi' lontani cosi' vicini

Il paziente

Il paziente che arriva in ospedale vede venir meno allimprovviso la propria individualita',personalita', quotidianita'. - Dun tratto non e' piu' un individuo, una persona che vive la propria vita, ma e' un 'malato', un'paziente'. ;ˆ privato degli elementi che caratterizzano la vita di ogni giorno e si ritrova, si riscopre in unasituazione di 'inferiorita'', di dipendenza: dipendenza dalla propria malattia, dai propri familiari, dallaterapia, da medici, infermieri e altre figure del mondo sanitario.

- Dover indossare un pigiama e non vestiti normali, dover condividere il piu' delle volte il propriospazio con estranei, spazio tra laltro non sempre piacevole (pareti scrostate, bagni vecchi, luci fredde,ecc.), dover pranzare e cenare in orari di solito ben lontani dalla norma, puo' certamente provocare unsenso di smarrimento.

- Allimprovviso non ci sono piu' volti familiari e amati a prendersi cura della persona ma deglisconosciuti, degli estranei. La dipendenza da persone amate e' gia' pesante e dolorosa, figurarsiquanto lo possa essere da persone ignote. Quelle persone ignote, gli estranei, sono medici e infermieri,operatori sanitari, ausiliari, e cosi' via.

Ma piu' che mai, nella quotidianita' delle corsie linfermiere e' la figura di riferimento costante del

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paziente.

L'infermiere

Nel rapporto col paziente spesso prevale il cosiddetto approccio DISEASE CENTRED. Negli ultimianni, pero', sempre piu' si sta diffondendo lapproccio cosiddetto PATIENT CENTRED. Un approccioteorizzato e auspicato ma ancora non veramente diffuso. In tale ottica non e' piu' esclusivamente lamalattia il centro di attenzione dellequipe sanitaria, ma il paziente. Qualcuno afferma, infatti, chedebbano essere curati i pazienti non le malattie. Cura, attenzione, ascolto sono pertantocompetenze sempre piu' indispensabili.

Trattandosi di competenze sono suscettibili di studio, approfondimento: possono pertanto essereapprese, da chiunque voglia farlo. Qualcuno certamente ha gia' una propria attitudine positiva versogli altri individui e una buona capacita' di comunicazione: questo rappresenta un buon punto dipartenza certamente ma non e' sufficiente. Aiuta senza dubbio, ma non basta. La relazione colpaziente, infatti, non puo' essere affidata al caso e quindi al carattere dellinfermiere, al suo buon senso,alla sua buona educazione e buona predisposizione danimo. - La relazione dellinfermiere con il paziente va costruita, giorno dopo giorno, con limpegno costante dientrambe le parti e soprattutto con la piena consapevolezza da parte dellinfermiere del proprio ruoloche e' di enorme rilievo.

- Cogliere il senso profondo del proprio ruolo in corsia non e' sempre facile e scontato. Il medicoindaga la malattia e decide la terapia ed ogni giorno visita il paziente, ma e' linfermiere che ogni giorno,piu' volte al giorno interagisce con il paziente, riceve le sue domande, le sue ansie, paure, apprensioni,malumori.

- L'infermiere diviene spesso anche riferimento emotivo del paziente che in questa figuraprofessionale individua un ruolo di tramite, dialogo, a cui affidarsi e di cui fidarsi.

Cosa ci si aspetta dall'infermiere?

- Ogni giorno chi lavora a contatto con i pazienti affronta dolore, rabbia, lutti, speranze; incontramalati, parenti. E insieme a loro incontra mille difficolta' determinate da crisi economica, tagli, e,ancora, reparti a volte vecchi e altrettanto vecchi i macchinari, scarsita' di personale rispetto alle realiesigenze dei ricoverati.

Insomma, non permettere che lemotivita' prenda il sopravvento lasciando spazio a rabbia,frustrazione, malcontento, non e' impresa semplice. Ed allora ogni giorno puo' essere un giornoentusiasmante per limportanza del proprio ruolo ma anche avvilente per le difficolta' da affrontare. - Sarebbe bello se i pazienti comprendessero che anche gli infermieri sono esseri umani, che possonosbagliare, che non sono onniscienti, e che vorrebbero la fiducia e la collaborazione dei pazienti.

- Sarebbe bello avere pazienti collaborativi, disponibili, gentili, simpatici, ma i pazienti sono come iparenti: non si possono scegliere e non si possono cambiare.

Cosa si puo' fare allora per migliorare la vita in corsia riducendo al minimo gli impatti emotivi deicomportamenti altrui che inevitabilmente provocano tanto nervosismo e malcontento al termine dellagiornata?

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- Certamente non e' possibile modificare gli altri e cio' che da loro dipende, e altrettanto certamenteognuno puo' modificare il proprio atteggiamento nei confronti di cio' che accade e nei confronti deglialtri. Ognuno di noi puo' far si' che ogni giorno sia un giorno migliore.

Sembra impossibile, ma le giornate possono veramente migliorare grazie a buone competenze dicomunicazione e ad un rinnovato atteggiamento nei confronti di pazienti, colleghi e ambientelavorativo. Un atteggiamento positivo, infatti, induce anche lambiente circostante a rispondere conmaggior positivita'. Se invece conserviamo un atteggiamento negativo, le persone intorno a noi locoglieranno e reagiranno il piu' delle volte di conseguenza con altrettanta negativita'.

E cosa si aspetta il paziente?

Il paziente: una persona che per un periodo piu' o meno lungo, per una piu' o piu' volte, dovra'affrontare una situazione di difficolta' fisica con implicazioni e impatti sulla psiche, sullumore, sullerelazioni. - Il paziente e' un individuo che allimprovviso perde le sue certezze, la sua vita normale si interrompeprovvisoriamente, e si ritrova costretto in una relazione di aiuto, pur contro la propria volonta': egli,infatti, ha necessita' dellaiuto di medici, infermieri, ausiliari. In alcuni casi non puo' nulla senza tali aiutie persino le cose piu' semplici diventano ostacoli insormontabili.

- Il paziente si aspetta competenza, informazioni chiare e semplici sul proprio stato di salute, sullamalattia e sulla terapia, e cure per la propria malattia, ma si aspetta anche comprensione, disponibilita',ascolto.

- Si aspetta di essere considerato e riconosciuto come una persona e non come un corpo su cuiintervenire con le terapie stabilite; si aspetta di essere rispettato (come e' rispettato normalmente fuoridallospedale).

- Si aspetta di poter esprimere i propri dubbi, le proprie paure e ansie e si aspetta che qualcuno loascolti, lo guardi, lo accompagni e che nessuno lo giudichi.

Oltretutto e' bene non dimenticare che il paziente e' il piu' grande esperto della propria malattiainsieme ai sanitari: i sanitari conoscono gli aspetti scientifici della malattia, il paziente ne conosce leconseguenze pratiche sul proprio fisico, e' costretto ad imparare a viverle, riconoscerle, sopportarle.Solo il paziente puo' davvero raccontare la propria malattia.

Cosi' lontani cosi' vicini

Insieme. Insieme infermieri e pazienti possono collaborare per creare un circolo virtuoso win-win incui vincono tutti. - Vince il paziente che riceve le cure e le attenzioni adeguate alle proprie esigenze e aspettative; vincelinfermiere che vede migliorare la qualita' della propria giornata lavorativa.

- Vincono entrambi se da un lato linfermiere si prende cura dei pazienti e ascoltarli, e dallaltro lato ilpaziente si assume la responsabilita' della propria malattia e delle cure necessarie, non rassegnandosia non sapere cosa accade.

- Vincono entrambi se la comunicazione e' adattata da ognuno al proprio interlocutore, perche' la

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comunicazione e' essenziale alla cura.

Molto, anzi, troppo spesso, invece, la comunicazione, il parlare con il paziente, viene consideratoalla stregua di semplici chiacchiere quindi non indispensabili se non addirittura una perdita di temporispetto alla enorme mole di attivita' di svolgere. Linfermiere e' considerato dai pazienti una fonteprivilegiata di informazioni, perche' e' colui che piu' di ogni altra figura rappresenta una fonte diinformazioni e confronto. Questo ruolo non sempre e' chiaramente percepito dallinfermiere.

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capitolo 02 Comunicazione efficace: concetti dibase

Comunicazione efficace: concetti di base

Comunicazione efficace: concetti di base

Un corso di comunicazione? E perche' mai?

Comunicare e' forse la cosa piu' naturale che esista, un po come mangiare e dormire.

Quindi perche' seguire un corso per una cosa che tutti sanno gia' fare? Certo, tutti sappiamomangiare, eppure ci sono corsi che ci insegnano a degustare i cibi, i vini; corsi che ci insegnano acucinare.Tutti dormiamo, nessuno ci insegna a farlo, eppure esperti ci possono suggerire il materassoe il cuscino piu' adatti alle nostre esigenze. Persino le attivita' piu' naturali, quindi, possono essereaffinate, possono divenire vere e proprie competenze. Imparare ad ascoltare il mio interlocutore,cercando di comprenderne anche i messaggi, che senza alcune conoscenze specifiche non potreicogliere, e' un po come imparare a degustare i cibi, i vini, cogliendone sfumature che normalmente nonsi riescono a percepire. - Imparare le tecniche di comunicazione che ci consentono di farci comprendere davvero dal nostrointerlocutore e' come imparare a cucinare: saper scegliere gli ingredienti migliori nel dosaggio piu'adatto rende la nostra ricetta decisamente migliore di quando ci affidiamo al caso.

- Siamo tutti diversi, pertanto la nostra comunicazione non puo' essere uguale con tutti, ma va sceltain base al nostro interlocutore e al contesto in cui avviene la comunicazione: tutti dormiamo e usiamomaterasso e cuscini, ma non tutti i materassi e i cuscini vanno bene per tutti. Ad ognuno il suo.

E allora forse un corso di comunicazione puo' davvero essere utile. Utile anche per chi ha gia' dotirelazionali spiccate: anche i piu' grandi talenti studiano, proprio per dar valore al talento stesso. - Qualcuno potrebbe dire €œMa io so gia' comunicare benissimo, e comunque comunico gia' al megliodelle mie possibilita''.La comunicazione e' un processo costante di apprendimento e sperimentazione.Non esiste il comunicatore perfetto. Esiste il buon comunicatore che giorno dopo giorno si impegna amigliorare la propria comunicazione verso il prossimo perche' sinceramente interessato al prossimo.

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- Quando teniamo a qualcuno, quando amiamo qualcuno, facciamo di tutto per migliorarci,quotidianamente. La buona comunicazione e' un atto di amore, di attenzione, di responsabilita' neiconfronti dei nostri interlocutori. E di noi stessi. Perche' comunicare bene migliora le relazioni con glialtri, sia private sia professionali, e questo inevitabilmente migliora la qualita' delle nostre giornate.

Questo e' ancor piu' vero quando le giornate si svolgono a contatto con malati, con pazienti.

Cos'e' la comunicazione?

La comunicazione puo' essere definita come un trasferimento di informazioni da un soggetto ad unaltro con conseguente influenzamento reciproco. E puo' essere definita anche come una condivisionedi informazioni: parlare di condivisione rende ben esplicito, piu' del semplice trasferimento, lacomponente di coinvolgimento di tutte le parti coinvolte nella comunicazione stessa. Possiamoschematizzare tale trasferimento/condivisione attraverso il cosiddetto MODELLO CIBERNETICO.

Un Emittente trasmette una informazione al Ricevente utilizzando un CODICE (pronuncia delle parole,o scrive una lettera, ad esempio). Il ricevente DECODIFICA il messaggio (ascoltando le parole oleggendo la lettera) e invia un FEEDBACK allemittente. Ad esempio se spedisco una raccomandata, laricevuta di ritorno e' il feedback. Oppure invio un sms, la risposta che ricevo e' il feedback. E cosi' pertutte le comunicazioni, anche verbali. Durante il trasferimento numerosi fattori possono impedire chelinformazione giunga esattamente come il ricevente aveva immaginato.

Pensiamo al gioco del telefono senza fili: il primo giocatore sussurra nellorecchio del giocatoresuccessivo una parola o una frase. La regola del gioco prevede che la parola o la frase possano esserepronunciate una sola volta. Il giocatore che ha ascoltato la parola o la frase la deve a sua volta ripeterenellorecchio del giocatore successivo, e cosi' via. Lultimo giocatore dovra' pronunciare ad alta vocecio' che ha sentito, anzi, meglio, cio' che ha capito. Il piu' delle volte la parola o frase iniziale vienecompletamente stravolta. Perche' accade questo? Per tante buone ragioni: perche' sussurrarenellorecchio non consente di sentire bene cio' che ci viene detto, in piu' non abbiamo la possibilita' dichiedere di ripetere la parola (non possiamo cioe' dare un FEEDBACK, cioe' un messaggio di ritorno alRicevente in cui gli comunichiamo che non abbiamo sentito bene cio' che ci ha detto).

Ancora, i giocatori intorno spesso chiacchierano e ridacchiano tra loro quindi i RUMORI ESTERNI ciimpediscono di sentire bene. Infine, lansia di sentire bene puo' in realta' distrarci tanto da non farcicapire o memorizzare cosa ci e' stato detto (RUMORI INTERNI). Pensiamo anche a due persone cheparlano lingue differenti. Lemittente trasmette il suo messaggio in italiano. Se il ricevente, straniero,non conosce la nostra lingua, non avra' gli strumenti di decodifica necessari a comprendere ilmessaggio. Quello che comunichiamo, quindi, non e' cio' che crediamo di aver comunicato ma cio' chelaltro ha capito! Quindi dire €œnon hai capito' non e' corretto. Se laltro 'non ha capito' di solito e' perche'non lo abbiamo messo in condizione di capire. Vedremo nei prossimi paragrafi e capitoli come potercifar comprendere al meglio dal nostro interlocutore. Comunicare richiede grande responsabilita' daparte di tutti i soggetti coinvolti: la responsabilita' di chi emette il messaggio iniziale e laresponsabilita' di chi lo riceve. Una responsabilita' che implica impegno, volonta' di farsi comprenderee di comprendere, attenzione e interesse verso laltro. - Come premessa di tutto cio' e' indispensabile che ci sia sincerita' nella comunicazione perche' essapossa essere davvero efficace. E per sincerita' intendiamo qui sincero interesse verso il nostrointerlocutore: se siamo sinceramente interessati ai nostri pazienti la comunicazione con loro sara'certamente piu' efficace.

- Parliamo di efficacia perche' e' ben piu' importante valorizzare lefficacia piu' che l'efficienza nellacomunicazione. L'efficienza riguarda la quantita' di cose comunicate, lefficacia riguarda invece laquantita' di messaggi compresi. E questo conta indubbiamente di piu'. Posso dire tanto ma se di queltanto poco viene capito quel tanto perdera' completamente di valore.

Quando si comunica con i pazienti, dunque, dovrebbe essere imprescindibile 'emettere', condividereun messaggio chiaro avendo cura che possa essere correttamente decodificato.

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Contenuto e relazione

Ogni comunicazione e' composta da due aspetti principali, il contenuto e la relazione. Se entro in unastanza e dico 'Buongiorno' il contenuto e' molto semplice, chiaro, lineare. - Anche un semplice 'Buongiorno' in realta' puo' essere veicolo di numerosi messaggi anche moltodifferenti tra loro. Il contenuto e' 'Buongiorno', semplice no? La relazione e' tutto cio' che puo'emergere da quel buongiorno a seconda soprattutto di come viene pronunciato. E a seconda di chi hodi fronte.

- Se il buongiorno e' squillante, allegro, forse e' davvero un buongiorno. Se il buongiorno e'pronunciato, invece, in modo brusco, forse non e' proprio una buona giornata.

Quindi vediamo come pur essendo il contenuto sempre lo stesso, cio' che esso significa puo'cambiare notevolmente. Tale significato e' influenzato soprattutto dalla relazione esistente tralemittente e il ricevente. Non sempre siamo consapevoli di quanto la relazione con laltro possa influiresulla comunicazione: senza rendercene conto il rapporto che abbiamo con il nostro interlocutorecondiziona il modo in cui recepiamo i suoi messaggi. - 'Dai, non essere sciocco': se e' un amico a dirlo ad un altro amico in una conversazione altrettantoamichevole, non saranno reazioni negative. Se, invece, una frase del genere ci venisse detta da unapersona con cui non abbiamo un buon rapporto le cose rischierebbero di degenerare.

Vediamo un altro esempio. 'Filippo per favore mi passi la penna?' Il contenuto e' molto semplice,lineare. Se pero', ad esempio, questa richiesta si verifica tra due persone che non hanno un buonrapporto, che non hanno una buona relazione, puo' accadere che la reazione di chi riceve talemessaggio possa non essere cosi' semplice. Se esiste una buona relazione la risposta potra' essere'Certo, ecco qui Giovanni'. Se invece la relazione tra i due individui non e' buona, non e' serena, larisposta potrebbe essere ben diversa, ad esempio €œPrenditela da solo Giovanni, non puoi pretendereche faccia sempre tutto io!'. Questo e' un chiaro esempio in cui emerge come la relazione tra duepersone possa interferire nella comunicazione in modo anche molto negativo. Di solito, una risposta diquesto genere puo' provocare due tipi di reazione in Filippo (colui che ha chiesto la penna): 1. larelazione negativa viene assecondata: efficienzaAh si'? E da quando fai tutto tu? Ma se dalla mattinaalla sera non fai altro che postare su Facebook! Chi io? E tu? Almeno io posto, leggo, sono attivo su Facebook, tu invece rimani seduto li' tutto ilgiorno a leggere la Gazzetta dello Sport!efficienza. E cosi' via in una escalation senza fine direcriminazioni e rancore. 2. La relazione negativa non viene assecondata 'Giovanni mi dispiace nonavevo idea di questo tuo pensiero'. Filippo ha colto il disagio di Giovanni, glielo esplicita, pertanto nonlo ha respinto come nella prima reazione. Ha spezzato una potenziale spirale senza sbocco e haaperto uno spiraglio di dialogo. La reazione di Giovanni sara' quasi certamente non aggressiva e i duee' molto probabile che potranno chiarire i malintesi evidentemente esistenti. - Il contenuto non crea conflitti, la relazione li crea. Se la relazione tra due persone e' positiva, ilcontenuto puo' creare confronti tra opinioni differenti: essere in armonia non significa avere opinioniuguali. Significa invece avere la possibilita' di potersi confrontare serenamente sulle opinioni. Quandola relazione e' buona cio' che viene messo in discussione e' il contenuto, non la persona che esprimetale contenuto.

- Se la relazione tra due persone e' negativa, invece, il contenuto perde di importanza, anzi, ci sidimentica persino del contenuto: nessuno litigherebbe infatti per una penna!

E allora quando il paziente risponde in modo scortese, o comunque inappropriato rispetto adeterminate richieste o azioni, probabilmente ce' un problema di relazione. Probabilmente il paziente e'in uno stato di sconforto, o di sfiducia o di ansia e pertanto reagisce male anche a contenuti chealtrimenti normalmente non provocherebbero reazioni negative. In tali situazioni e' bene non

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alimentare la relazione reagendo in modo altrettanto scortese e/o aggressivo, e' auspicabile spezzaresul nascere la potenziale escalation negativa. ESEMPIO 1 Infermiere 'Dobbiamo fare la flebo' Paziente 'Di nuovo la flebo? Basta qui non capiteniente, flebo su flebo ed io non guarisco' Infermiere 'Se la facciamo un motivo ci sara''. Paziente 'Si' ilmotivo e' che non sapete cosa fare e le state tentando tutte. Ma della mia malattia non avete capitoproprio niente' Infermiere ' Vai a vedere che lunico che ci ha capito qualcosa e' lei' ESEMPIO 2 Infermiere 'Dobbiamo fare la flebo' Paziente 'Di nuovo la flebo? Basta qui non capiteniente, flebo su flebo ed io non guarisco' Infermiere 'Sig. Rossi, la flebo fa parte della terapia stabilitadai medici al fine di migliorare le sue condizioni. Comprendo comunque la sua stanchezza. ;ˆnecessario ancora uno sforzo, non e' facile, lo so.' La differenza dei due dialoghi e' evidente. [Approfondimento Punteggiatura]

Comunicazione verbale

La comunicazione verbale e' costituita dalle parole che utilizziamo. - Tutti parliamo, continuamente€qualcuno anche troppo! E qualcuno troppo poco.Puo' sembrare cheparlare sia semplice, e invece comporta grandi responsabilita'. Ogni parola che pronunciamo puo'avere un impatto sui nostri interlocutori.

- Una volta pronunciata una certa parola non si puo' tornare indietro. La scelta delle parole, dunque, vaben ponderata, soprattutto in contesti particolari come nel rapporto tra infermiere e paziente.

Qualcuno ad esempio, ha come intercalare la parola €œproblema'. - Paziente 'Infermiere la flebo none' ancora finita come mai?' Infermiere 'Si' un attimo adesso vediamo come fare per il problema dellaflebo' - Paziente 'Quindi e' un problema che non sia ancora finita?' Infermiere 'Ma no, intendevoproblema per modo di dire, semplicemente vediamo come mai non e' ancora finita€Ah ecco, e' correttoche non sia ancora terminata, va tutto bene, non si preoccupi. Comunque ha fatto bene ad avvisarmi'. La parola 'problema' ha creato immediatamente un senso di allarme nel paziente, che, come sappiamo,spesso e' gia' in uno stato costante di allarme perche' in una condizione di disagio fisico e psicologico,questultimo causato dalla condizione di malato. La scelta delle parole pertanto non e' da prendere allaleggera. ;ˆ bene pensare e riflettere su cio' che si dice prima di dirlo e sulleffetto che potrebbe sortiresui nostri interlocutori, in particolare sii nostri pazienti. - ;ˆ molto importante tener presente che la comunicazione verbale (o piu' precisamente LINGUAGGIONUMERICO) puo' comunicare il contenuto in modo efficace, e' invece molto poco efficace neltrasmettere la relazione. Per questo ci viene incontro il LINGUAGGIO ANALOGICO (paraverbale e nonverbale) che vedremo piu' avanti.

La scelta del linguaggio

- Nella comunicazione verbale abbiamo detto che la scelta delle parole e' fondamentale perche' leparole possono creare addirittura nuove realta' nella mente del ricevente. Le parole, e quindi illinguaggio utilizzato nelle nostre comunicazioni, deve essere adeguato alla persona che abbiamo difronte.

- Se ad esempio un paziente non comprende litaliano ma comprende solo il dialetto, se possibileproviamo a parlargli nel suo dialetto altrimenti scegliamo parole semplici e verifichiamo che abbiadavvero compreso cio' che abbiamo detto.

- Se abbiamo un paziente che comprende il voi, diamogli del voi e non del lei. Spesso in corsia accadeche venga dato del tu a tutti i pazienti. Da un lato e' vero che il tu avvicina abbattendo una serie di

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barriere formali ma puo' anche creare grande disagio.Di solito, infatti, tra persone sconosciute ci si da'del lei (fatte le dovute eccezioni per contesti particolari). Il lei denota rispetto per la persona a noiignota con cui ci troviamo ad interagire.

Dun tratto il malato ha intorno a se' persone estranee che gli si rivolgono dandogli del tu. Piu' che unabbattimento di barriere, limpressione che malati e parenti possono avere e' che non vi sia il dovutorispetto per il paziente. Limpressione che dun tratto il paziente sia privato della sua abituale dignita' dipersona degna del lei e sia scivolato nella categoria di quelli a cui €œtanto si puo' dare del tu'. Ed allora anche in questo caso, come sempre, e' bene regolarsi in base allinterlocutore cheabbiamo di fronte a noi. Iniziare il dialogo con il paziente dando del lei e' auspicabile. Chiederesuccessivamente se gli fa piacere darsi del tu denota rispetto per la sensibilita' e volonta' del paziente. Il dare del tu senza averne ottenuto €œautorizzazione' dal paziente, crea un ulteriore scollamento delpaziente stesso dalla realta' normale, dalla quotidianita'. Quindi non solo allimprovviso si ritrovamalato, in pigiama, in un ambiente estraneo, ma non gli e' nemmeno piu' riservato il trattamento chenormalmente gli viene riservato secondo le norme di buona educazione. Questo soprattutto nel caso dipersone adulte e anziane.

Un ulteriore suggerimento consiste nel prestare particolare attenzione alluso di termini tecnici. - I termini tecnici il piu' delle volte sono oscuri per i pazienti. Qualcuno in realta' diventa esperto dellapropria malattia e quindi anche pratico di una certa terminologia. Per tutti gli altri e' bene ridurre alminimo luso di tecnicismi, e comunque e' necessario spiegarne il significato, senza dare per scontatoche la persona di fronte a noi abbia compreso. ;ˆ bene sempre spiegare, al piu' il paziente dira' che sa dicosa si sta parlando.

- Per verificare che il paziente abbia compreso cio' che gli abbiamo detto, e' auspicabile chiedere unfeedback, anche attraverso domande e ricapitolazioni. Ricapitolare e' uno strumento molto utile aquesto scopo. Anche ricapitolare insieme al paziente cio' che si e' detto e cio' che si dovra' fare diconseguenza aiuta tutti e due a capire se ci e' capiti.

Comunicazione paraverbale

La comunicazione verbale e' cio' che diciamo, le parole che utilizziamo. La comunicazione e' paraverbale riguarda il modo in cui quelle parole le pronunciamo.

- Lutilizzo della comunicazione paraverbale e' spontaneo in ognuno di noi e ognuno di noi sa comecambiare tono di voce, volume, velocita' nel parlare.Controlliamo quindi la nostra comunicazioneparaverbale ma dobbiamo provare ad essere veramente consapevoli del potere della comunicazioneparaverbale e quindi e' bene impaarare a farne un altrettanto consapevole uso.

- Nella comunicazione paraverbale possiamo individuare alcuni elementi principali quali tono, volume,ritmo. La combinazione e variazione di tali elementi puo' modificare radicalmente un messaggio. Unacerta comunicazione, un certo messaggio, da tranquillo puo' farsi portatore di ansie e pauremodificando solo anche uno degli elementi su citati

Immaginiamo, ad esempio, che la terapia di un paziente debba essere modificata perche' sta meglio equindi possono essere eliminati alcuni farmaci. Se al paziente linfermiere dice con tono allegro esorridente 'La terapia da oggi e' un po cambiata', il paziente non sara' spaventato dallintroduzione diquesto cambiamento. Se la stessa frase viene pronunciata con tono serioso a cui si aggiunge unaespressione del volto pensierosa, allora il paziente potrebbe ritenere che stia accadendo qualcosa digrave. Il tono, in particolare, cambia completamente il senso di un messaggio. E cio' che conta in unacomunicazione efficace, ricordiamolo, e' sempre cio' che laltro ha capito, non cio' che lemittente pensadi aver detto!

Vediamo piu' in dettaglio gli elementi che compongono la comunicazione paraverbale: 1. Tono

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2. Volume 3. Velocita' La comunicazione paraverbale puo' essere controllata, decisa dallemittente. Il controllo che possiamoesercitare su di essa non e' totale come per la comunicazione verbale, ma certamente possiamocontrollarla consapevolmente e sviluppare le competenze e abilita' necessarie a controllarla,soprattutto attraverso un costante, quotidiano esercizio. - Il primo e piu' importante esercizio che possiamo svolgere e' pensare bene a cio' che vogliamo dire equindi far si' che tutta la nostra comunicazione paraverbale sia orientata in tal senso. Il solo pensare cirende piu' consapevoli.

- Altro esercizio e' ascoltarci mentre parliamo e ascoltare attentamente le reazioni del nostrointerlocutore, che possono essere reazioni verbali, paraverbali e anche non verbali. Vediamo inquestultimo caso di cosa si tratta grazie al prossimo paragrafo.

Comunicazione non verbale

La comunicazione non verbale attiene alla nostre sfere piu' inconsce e innate e puo' agire spessoanche autonomamente rispetto alla nostra volonta'.

- La comunicazione non verbale riguarda in particolare il nostro corpo, le posizioni che assumiamo, inostri gesti, le nostre espressioni facciali. I muscoli del viso possono produrre circa 20.000 diverseespressioni: immaginiamo quante emozioni possiamo trasmettere quindi attraverso il nostro voltosenza dir nulla.

Se volessimo imparare una lingua straniera ascoltandola in radio non impareremmo nulla aprescindere dal tempo investito: le solo parole, la comunicazione verbale (numerica) non ciaiuterebbero. Se invece guardassimo in tv programmi in quella lingua, grazie allosservazione dei gestie delle espressioni delle persone potremmo imparare a collegare alle parole significati: e' evidente aquesto punto quanto importante sia la comunicazione non verbale. Vediamo ora quali effetti possaavere la comunicazione non verbale in corsia. [Approfondimento Postura e movimento delle braccia]

[Approfondimento Respirazione]

[Approfondimento Mimica facciale] . In generale e' necessario sviluppare un atteggiamento di grande comprensione, attenzione e volonta'di ascolto: solo in tal modo saremo disposti a recepire i messaggi del paziente, a riportare laconversazione sul livello del contenuto e non della relazione e ad avere una comunicazione nonverbale che racconti questo sincero interesse.

La prossemica

- Nellambito della comunicazione non verbale, e' importante notare che comunichiamo ancheattraverso la distanza fisica che poniamo tra noi e gli altri.

- La prossemica studia tali distanze. Esse cambiano da cultura a cultura (in alcuni Paesi anche glisconosciuti si salutano con uno o piu' baci, in altri Paesi gli amici non si toccano tra loro), da personaa persona (ognuno di noi puo' avere una percezione diversa della distanza: ad alcuni fa piacere entrarein contatto fisico con gli altri, altri lo evitano accuratamente), da situazione a situazione (se sono in un

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autobus affollato mi sembrera' normale avere tanta gente stretta intorno a me, se sono su un autobusvuoto mi sembrera' strano e lo percepiro' come una sorta di minaccia che un secondo eventualepasseggero venga a sedersi proprio accanto a me nonostante tutti gli altri posti siano liberi).

E' possibile individuare varie distanze: - La distanza intima (0-45 cm), di solito si adatta nel caso di relazioni intime, appunto. Siamo talmentevicini allaltro che la nostra visione dellaltra persona puo' risultare addirittura distorta

- La distanza personale (45-120 cm) e' la distanza che di solito poniamo ad esempio tra noi e i nostriamici

- La distanza sociale (1,2-3,5 metri) e' la distanza che si frappone per la comunicazione tra conoscenti

- La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) e' la distanza delle €œpubbliche relazioni': non ce' quindi unrapporto con le persone che abbiamo vicino a noi

Considerando la distanza sociale, e considerando che quasi sempre tra infermiere e paziente ladistanza sia in realta' nulla e che il contatto fisico faccia parte della quotidianita', possiamo bencomprendere quale possa essere lo stato danimo di alcuni pazienti.

Per linfermiere e' scontato che vi sia contatto fisico, il paziente invece deve accettarlo e sopportarloanche contro la propria volonta' perche' nel proprio interesse. ;ˆ importante dunque non sottovalutarelimpatto che lassenza di distanza puo' avere sui malati. Si tratta di una ulteriore privazione dellapropria sfera di normalita', normalita' in cui di solito nessuno ci tocca se non persone a noi davverolegate.

Congruenza della comunicazione

Quando comunicazione verbale e comunicazione paraverbale/non verbale non sono congruenti traloro, allora la comunicazione verbale (le parole che vengono pronunciate) perdono completamente diimportanza. - Se ad esempio qualcuno vi raccontasse di una festa a cui ha partecipato, e vi dicesse che e' stata lafesta piu' bella a cui abbia mai partecipato, cera gente, musica, amici ma ve lo raccontasse come se glifosse morto il gatto, voi non dareste alcun peso alle sue parole e riterreste che la festa in questionenon sia stata un granche'.

Provateci anche voi: raccontate a qualcuno di una serata bellissima, incredibile, indimenticabile perquanto divertente ma usate tono, volume e postura 'funebri' Chiedete poi al vostro interlocutore a suoparere come e' stata la festa e certamente vi dira' 'una gran schifezza!'. Oppure ripensate a quandoavete ricevuto un regalo che non vi piaceva: la vostra bocca pronunciate molto probabilmente la parola€œGrazie' ma il vostro viso esprimeva tuttaltro. Questo accade anche perche' e' dimostrato checomunicazione verbale, paraverbale e non verbale hanno una importanza differente: in un messaggiola comunicazione paraverbale ha un peso pari al 40%, 40% non verbale e 20% verbale. Quandocomunicate con i pazienti, e' necessario pertanto prestare grande attenzione tra cio' che diciamo e ilmodo in cui lo diciamo. Grande attenzione va prestata anche nel caso in cui sia la comunicazione delpaziente incongruente. Se ci dice che va tutto bene e che si sente meglio, ma il suo viso esprimesofferenza forse sta cercando di convincerci che e' pronto per uscire ma in realta' e' ancora sofferente.

Promemoria: Non si puo' non comunicare

Alla luce di tutto cio' che abbiamo visto fino ad ora possiamo dedurre che e' impossibile non

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comunicare. Questa e' una delle regole fondamentali della comunicazione. Ovvero NON SI PUO' NONCOMUNICARE. Anche quando siamo in silenzio e per il solo fatto di non aver pronunciato alcunaparola pensiamo di non aver comunicato nulla, siamo in errore. - Comunicano le parole, ma comunica anche il nostro corpo, il nostro viso.

- Considerato che non si puo' non comunicare e' bene comunicare nel modo piu' chiaro e precisopossibile e al meglio delle nostre possibilita', e le nostre possibilita' sono limitate solo dalla nostravolonta', dalle nostre convinzioni 'limitanti', cioe' la convinzione ad esempio di non essere capaci di farqualcosa. Se ne siamo convinti sicuramente non riusciremo a farla.

Le nostre convinzioni diventano realta', sia le positive sia le negative.

Sistemi di rappresentazione: uditivi, visivi, cinestesici

Oltre a comunicare con il nostro corpo e con le parole, utilizziamo anche i nostri sensi per comunicaree per fare esperienza: la vista, ludito, lolfatto, il tatto, il gusto. Noi tutti utilizziamo tutti i nostri sensi,ognuno di noi pero' ha un senso piu' acuto, un senso preferenziale, che in comunicazione vienedefinito SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE. Proviamo a ricordare la nostra ultima vacanza: cosa civiene subito alla mente? I profumi che ci circondavano? Fiori, mare? Oppure ci richiamiamo subito allamente le immagini di quei giorni? O, ancora, ricordiamo subito i suoni che abbiamo udito quandoeravamo li' o il sapore dei cibi che abbiamo assaggiato? O, infine, le sensazioni che abbiamo provato:facevo un gran freddo, o un gran caldo. Cio' che viene in mente e' profondamente legato al nostrosistema di rappresentazione preferito. La nostra preferenza e' inconscia. Spesso accade che i nostrihobby riflettano tale preferenza: dipingere, fotografare, suonare uno strumento, lattivita' fisica.

Il sistema preferito puo' essere definito PRIMARIO. Di solito e' piu' sviluppato degli altri ma in ognipersona si crea un equilibrio tra i vari sistemi. Se il nostro sistema primario e' la vista, siamocomunque capaci di apprezzare la buona musica. Possiamo allora suddividere gli individui in 3 grandicategorie (tenendo presente che quando parliamo di persone le categorie hanno confini labilideterminati dal contesto, dalla fase della vita in cui ci si trova in un particolare momento, e cosi' via): 1. Individui visivi 2. Individui uditivi 3. Individui cinestesici

Altri elementi che possono aiutarci nellindividuazione del sistema primario dei pazienti sono icosiddetti PREDICATI. Per ogni categoria, infatti, possiamo individuare una serie di parole utilizzateper descrivere la realta'. Vediamone alcuni esempi. [Approfondimento Predicati visivi]

[Approfondimento Predicati uditivi] PREDICATI CINESTESICI[Approfondimento Predicati cinestesici]

Comprendere qual e' il sistema di rappresentazione preferito dal nostro interlocutore ed utilizzarlo anostra volta, ci consente una comunicazione piu' efficace. - E' come se avessimo a che fare con una persona straniera che non capisce litaliano ma linglese: unavolta compreso che il mio interlocutore non parla la mia lingua, litaliano, ma linglese, io adeguo la miacomunicazione a lui perche' sono interessato a lui, mi interessa che mi capisca.

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- Non mi arrocco pensando €œio sono italiano, lui e' nella mia nazione imparasse la mia lingua'. No,piuttosto 'Lui e' in una terra straniera di cui non conosce nemmeno la lingua: faccio di tutto permetterlo a suo agio e farmi capire da lui'.

Con i pazienti e' la stessa: quando sono alle prese con la malattia, in ospedale, sono come in unaterra straniera percepita per di piu' molto spesso come ostile, in cui tutti parlano una lingua ignota.Aiutarli a capire e' compito proprio dellinfermiere che piu' di tutti in corsia e' a contatto con i pazienti.

I rumori, esterni ed interni

Nel processo di comunicazione possono intervenire numerosi intoppi che impediscono al messaggiodi arrivare correttamente, i cosiddetti RUMORI. - I rumori possono essere ESTERNI (il vociare degli altri pazienti, lo squillo di un cellulare, unauto chepassa, e cosi' via).

- I rumori INTERNI sono piu' rilevanti e da tenere in considerazione in modo da evitare cheinterrompano il flusso di comunicazione: ansie, preoccupazioni, pensieri vari. Se abbiamo fretta diandar via, possiamo parlare di un rumore interno che ci impedisce di ascoltare veramente il messaggioche il paziente cerca di inviarmi.

Anche i pregiudizi sono rumori interni: ci impediscono di ascoltare e accogliere laltro per quello chee', a prescindere dai nostri valori e giudizi.

Le posizioni percettive

Ognuno di noi ha una sua visione della realta', la cosiddetta MAPPA. Esistono quindi tante mappequanti sono gli individui nel mondo. Molti sono convinti che la propria mappa interiore rappresenti larealta': non e' cosi' poiche' essa e' semplicemente una interpretazione della realta', anzi, la nostrapersonale interpretazione della realta'.

E' bene dunque accettare che esistono tante e diverse mappe, quindi tante e diverse visioni dellarealta', e una mappa non e' migliore di unaltra: ogni mappa ha una sua validita'. Maggiormenteriusciamo ad ampliare la nostra mappa e a comprendere le mappe altrui, migliore sara' la nostracomunicazione con gli altri. E sara' piu' semplice risolvere conflitti e dimostrare empatia verso i nostriinterlocutori. Elementi questi essenziali per una comunicazione efficace. Spesso, pero', tendiamo adarroccarci nella nostra visione della realta' e ci sembra incredibile, quasi assurdo, che gli altri noncomprendano il nostro punto di vista. Ci sembra che si ostinino nella propria posizione. Senzarendercene conto noi facciamo la stessa cosa. Come fare allora per far si' che mappe, interpretazionidella realta' diverse e a volte addirittura in conflitto, possano incontrarsi? Possiamo provare adosservare una certa situazione da diverse prospettive, piu' esattamente, da diverse POSIZIONIPERCETTIVE. Le posizioni percettive principali sono 3: 1. [Approfondimento Prima posizione percettiva] 2. [Approfondimento Seconda posizione percettiva] 3. [Approfondimento Terza posizione percettiva]

Rapport

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- In comunicazione altro elemento di grande rilievo e' il RAPPORT. Esso si instaura tra le personequando esiste un rapporto di fiducia, armonia, cooperazione.

Proviamo ad osservare persone tra cui abbiamo notato che esiste una particolare intesa. Sono aproprio agio tra di loro, si confrontano, parlano, chiacchierano e spesso assumono posture e utilizzanomodi di dire molto simili. Questo tipo di rapport di solito si instaura in modo molto naturale espontaneo. - In corsia, quando abbiamo a che fare con i pazienti e' consigliabile impegnarsi affinche' si creirapport con loro anche quando esso non nasce spontaneamente.

Come facciamo a renderci conto se siamo in rapport o meno? Se non ce' rapport non ci sentiamo anostro agio con una certa persona, addirittura possiamo anche sentirci a disagio con lei. Il rapport,sia che sia spontaneo sia che sia indotto, non esiste a prescindere, cioe' non e' destinato ad esistereper sempre per il solo fatto che si e' creato. Il rapport va preservato e alimentato. Il cambiare dicerte condizioni nella relazione, infatti, puo' far venire meno il rapport. ;ˆ quindi necessario impegnarsicostantemente affinche' il rapport si crei e persista. Esso migliora decisamente la relazione e lefficaciadella comunicazione. Come si crea rapport? Attraverso alcune tecniche che ci avvicinano allaltrorendendoci piu' simili al nostro interlocutore. Attenzione! Questo non significa che dobbiamomodificare noi stessi e plasmarci sullaltro, significa semplicemente che se individuiamo alcunielementi di comunicazione su cui uniformarci al nostro interlocutore la nostra comunicazione sara' piu'semplice e fluida. Ritorniamo allesempio delle lingue: se sappiamo che il nostro interlocutore parlasolo inglese, con lui parleremo inglese. Questo non significa snaturarci, modificarci, significa solo chestiamo cercando di creare una comunicazione efficace rendendo comprensibile allaltro il nostromessaggio.

[Approfondimento Ricalco e rispecchiament

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capitolo 03 L'ascolto

L'ascolto

- Lascolto e' uno degli elementi piu' rilevanti della comunicazione, spesso sottovalutato. Ascoltare,come tutte le competenze di comunicazione, e' una abilita' che si puo' apprendere e in cui si puo'migliorare. Ascoltare richiede attenzione, collaborazione, responsabilita', impegno, interesse. Richiedeuno sforzo che non sempre siamo disposti a sopportare.

In corsia pero' piu' che mai e' necessario impegnarsi per un ascolto efficace dei pazienti i quali siaspettano di essere ascoltati e compresi. Sentire e' molto diverso da ascoltare: spesso sentiamoqualcuno ma non lo ascoltiamo veramente. Per ascoltarlo e' necessario adottare alcuni accorgimenti:

- Eliminare i rumori esterni ed eliminare o per lo meno ridurre al minimo i rumori interni. Per benascoltare la nostra attenzione deve essere completamente dedicata allemittente, alla persona che ci statrasferendo un messaggio, che sta condividendo con noi una comunicazione

- Stare di fronte allinterlocutore.Se mentre qualcuno ci parla stiamo camminando o siamo girati daunaltra parte il nostro ascolto e' penalizzato. Per ben ascoltare e' importante essere di fronte al nostrointerlocutore.Se il paziente ci sta comunicando qualcosa non lo stiamo veramente ascoltando se nelfrattempo facciamo altro, cambiamo flebo, facciamo iniezioni, prelievi e cosi' via. Tra laltro tutte leoperazioni che svolge linfermiere richiedono grande attenzione. Pertanto lattenzione rivolta alle paroledel paziente sara' indiscutibilmente ridotta rispetto al 100% che meriterebbe.

- Guardarsi negli occhi. Il contatto visivo e' fondamentale per un ascolto efficace. I nostri occhi negliocchi dellaltro ci consentono di ascoltare tutti i messaggi che ci vengono inviati, inclusi quelli nonverbali. Se stiamo facendo altro, quindi, non possiamo guardare negli occhi il paziente e non lo stiamoascoltando come dovremmo.

- Ritagliarsi tempi adeguati. Lascolto richiede attenzione. Se pensiamo di non avere tempo, di averealtro da fare, e' preferibile rimandare il momento dellascolto ad un tempo successivo (il primapossibile). Ed e' bene esplicitare tale esigenza. Diciamo al paziente che in questo momento dobbiamoconcludere una serie di attivita' e appena finito torneremo per dedicare tutta lattenzione ed il temponecessari per ascoltare le sue istanze.Ovviamente la parola data, limpegno preso di tornare il prima possibile e di dedicarsi alle istanze delpaziente vanno mantenuti. Non esiste una quantificazione standard di 'tempi adeguati': anche unminuto potrebbe essere adeguato ad una certa comunicazione. Il tempo e' adeguato se il paziente haavuto la possibilita' di esprimersi, se abbiamo potuto dargli un feedback e se entrambi quindi abbiamocapito cosa ognuno voleva dire.

- Assumere una postura rilassata. Se sono di fronte al mio paziente e lo guardo negli occhi, matamburello con le dita e batto il piede, gli sto dicendo che ho fretta o comunque che non vorrei essere

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li'. Assumere una postura rilassata, invece, contribuisce a comunicare la mia attenzione massimaverso il paziente e cio' che mi sta dicendo.

- Evitare di elaborare risposte prima di avere ascoltato tutto.Se siamo impegnati ad elaborare unarisposta prima ancora che il paziente abbia terminato di parlarci abbiamo smesso di ascoltarloveramente.

- Evitare di omettere o di aggiungere. Come abbiamo visto precedentemente ognuno di noi ha una suapersonale visione della realta', una mappa. Questa mappa ci porta a prestare piu' attenzione ad alcuneparti di conversazione e ad ometterne delle altre o ad aggiungere nostre interpretazioni. Un buonascolto prevede la capacita' di ascoltare e registrare fedelmente cio' che ci viene detto, senza inserireelementi nostri personali.

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capitolo 04 Le domande

Le domande

Se abbiamo imparato ad ascoltare possiamo allora porre domande perche' avremo imparato adascoltarne le risposte. Anche porre le giuste domande richiede una certa competenza che si puo'apprendere e affinare nel tempo. Le domande possono essere di vari tipi. In particolare possiamosuddividerle in due grandi categorie:

1. DOMANDE APERTE Sono le domande che consentono al nostro interlocutore di esprimere ipropri pensieri, opinioni e che aiutano noi a raccogliere informazioni, sia da un punto di vista dicontenuti, sia da un punto di vista emotivo. Alcuni esempi di domande aperte: 'Cosa ne pensa dellastanza? Come si sente? Perche' non vuole seguire questa terapia? Quando pensa che potremoparlare?' 2. DOMANDE CHIUSE Le domande chiuse, invece, prevedono risposte secche, precise, di solito unsi' o un no. Questo tipo di domande va posto in modo che non vengano percepite come se fossero uninterrogatorio. Alcuni esempi di domande chiuse: 'Ha la febbre? Si sente male? Ha preso le pillole?' Per unacomunicazione efficace e' consigliabile alternare domande aperte (che mettono a proprio agio il nostrointerlocutore dandogli la possibilita' di potersi esprimere, con i propri tempi e le proprie modalita') edomande chiuse che ci aiutano a raccogliere informazioni precise.

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capitolo 05 L'emotivita'

L'emotivita'

Lemotivita' e' un elemento connaturato allessere umano. Nelle relazioni, in particolare con i pazienti,e' preferibile ridurre al minimo lemotivita'. Cio' non significa essere indifferenti alle emozioni proprie ealtrui. Significa invece avere la capacita' di gestire le nostre emozioni in modo che arricchiscano emigliorino le nostre relazioni anziche' penalizzarle. - Soprattutto in corsia le emozioni sono molto presenti: i pazienti sono colmi di emozioni che spessonon riescono neppure ad esprimere. Spesso diventano aggressivi, irritabili, oppure apatici. I pazientiincontrano grandi difficolta' nella gestione delle proprie emozioni poiche' la malattia li rende soggettiad esse.

- Linfermiere dunque puo' imparare a mettere da parte le proprie emozioni negative, soprattutto lapropria emotivita', rimanendo saldo e conducendo il paziente verso la riduzione delle proprie, lariduzione di ansia, paura, in modo da rassicurarlo.

Riuscire a ridurre le emozioni negative dei pazienti migliora anche la qualita' delle giornatelavorative: meno nervosismo e tensioni in corsia, meno nervosismo e tensione nella propria vitaprofessionale e anche privata.

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capitolo 06 La gestione di obiezioni e reclami

La gestione di obiezioni e reclami

Le obiezioni di solito vengono considerate una seccatura da chi le riceve. Invece e' opportunoconsiderarle una opportunita'. Opportunita' di cogliere aspetti non considerati o a cui si era data unaimportanza non adeguata. In corsia, obiezioni e reclami dei pazienti possono derivare da variesituazioni: ad esempio per un rifiuto da parte del personale sanitario o per disservizi. Come reagiamo alle obiezioni e reclami dei pazienti?

- Lasciamo che il paziente possa esprimere il proprio disagio - Accertiamoci di aver compreso in cosa consiste linsoddisfazione del paziente e da cosa e' causata - Manteniamo il contatto visivo (significa che stiamo ascoltando!) - Se lobiezione deriva da un nostro rifiuto, spieghiamo le motivazioni di tale rifiuto - Non attribuiamo la responsabilita' ad altri - In caso di danno cerchiamo di porre immediatamente riparo - Informiamo il paziente sullesito del reclamo/obiezione

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capitolo 07 Come comunico con i miei pazienti?

Come comunico con i miei pazienti?

Come comunico con i miei pazienti?

Il primo incontro con il paziente

Il primo incontro con qualcuno e' sempre un momento molto importante. In pochi attimi si determina disolito landamento potenziale di tutto il rapporto successivo. Il primo approccio e' dato dal saluto. Spesso linfermiere arriva dal paziente e comincia immediatamente ad eseguire le attivita' terapeutichee pratiche necessarie senza nemmeno salutare il malato e senza presentarsi. - Nella vita 'normale' fuori dallospedale ci comporteremmo mai cosi' con qualcuno?

- Fuori dallospedale il buongiorno non si nega a nessuno! E se qualcuno non lo si conosce e ci si deveinteragire ci si presenta. Perche' in corsia le regole del buon vivere non dovrebbero valere? Il pazientee' e resta un individuo, una persona degna di rispetto, dotata di una propria individualita'.

Il tempo a disposizione degli operatori sanitari e' risicato rispetto alla mole di attivita' da svolgere.Investire per qualche minuto per presentarsi e salutare puo' aiutare a rendere tutte le attivita' piu'efficienti ed efficaci.

Autovalutazione: come mi comporto al primo incontro di solito

La comunicazione di ognuno come abbiamo detto piu' volte puo' essere migliorata, sempre. ;ˆ unprocesso in continua evoluzione. Richiede impegno e attenzione. ;ˆ consigliabile quindi stabilire conse stessi una attivita' di autovalutazione, periodica. Proprio perche' abbiamo parlato di un processo,la valutazione periodica e' necessaria perche' cosi' come si puo' evolvere si puo' anche peggiorare. Poniamoci alcune domande: 1. Quando arrivo in stanza di un nuovo paziente cosa faccionormalmente? 2. Saluto il paziente con un buongiorno, buon pomeriggio, buonasera? 3.Comunico il mio nome e cognome? 4. Gli comunico cosa sto facendo per lui ('Ora le faro' unaflebo')? In questo caso ad esempio, il paziente vede da se' che linfermiere gli fa una flebo, masentirselo dire ha un impatto differente: significa dare valore alla persona che abbiamo di fronte, alpaziente.

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La gestione della quotidianita' con il paziente

La gestione del rapporto quotidiano con il paziente richiede che tutti gli elementi di comunicazioneefficace visti sino ad ora vengano messi in pratica, con pazienza, costanza, impegno.

Autovalutazione: come mi comporto abitualmente con i pazienti?

Poniamoci alcune domande: - Quando arrivo in stanza saluto il paziente con un buongiorno, buon pomeriggio, buonasera? - Gli comunico cosa sto facendo per lui? - Ho ascoltato in modo efficace cio' che ha da dirmi? - Sono attento e ho compreso i bisogni espressi del paziente? - Ho valutato leffetto della mia comunicazione verbale su di lui? - E della mia comunicazione non verbale?7. Ho cercato di ricalcare/rispecchiare per agevolare lacomunicazione con lui?

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capitolo 08 CONCLUSIONI

CONCLUSIONI

Lavorare e vivere in corsia necessita di coraggio, dedizione, capacita' di provare empatia. I pazientinon sono corpi da aggiustare ma persone da curare, aiutare, supportare. Comunicare efficacementecon i pazienti e' necessario, indispensabile e richiede impegno, dedizione, capacita', attenzione,interesse sincero e volonta' di mettersi in discussione. La comunicazione efficace e' un processo, incontinua evoluzione, che non si conclude mai. Se ci rendiamo conto che un certo nostrocomportamento non funziona, modifichiamolo. Proviamo fino a quando non troviamo ilcomportamento piu' adatto alla situazione e alla persona. Piu' siamo flessibili, piu' scelte avremo perrapportarci ai pazienti al meglio. Comunicare efficacemente migliora le giornate di tutti: infermieri epazienti.

Conclusione del corso

Il corso si conclude qui. Ora puoi dare l'esame di accreditamento con il pulsante 'TEST CONCLUSIVO'.

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