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INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI 1 ( [email protected]) PRIMA LEZIONE 09-11-18 (a cura di Greta Talone) Area Critica: qualunque struttura/servizio/unità operativa in cui il personale qualificato si impegni, con l’uso di adeguate attrezzature, a soddisfare i bisogni del paziente critico. - Qualificato: la legge 43 prevede che per lavorare in area critica si abbia un master apposito. - Adeguate attrezzature e risorse: l’infermiere di area critica si confronta continuamente con nuove tecnologie e sistemi all’avanguardia. - Bisogni del paziente critico: “cultura del codice rosso” immediato pericolo di vita della persona comporta taglio della valutazione del paziente al necessario: o Mantenimento delle funzioni vitali: funzione cardiovascolare o Funzione respiratoria o Dipende dal quadro che mi trovo di fronte Il paziente critico è l’individuo che si trova in situazione di cosante lotta per la sopravvivenza, con un equilibrio psichico e fisico instabile, soggetto a continui mutamenti a volte imprevedibili e controllabili elevata intensità assistenziale. - Equilibrio psichico: per il paziente di area critica non potrebbe esserci un secondo momento, quindi per lui tutti i momenti sono condensati in uno. “Mi è passata la vita davanti” frase tipica che spiega come il tutto si riduca a pochi minuti (accertamento, modello assistenziale e valutazione). Emergenza: condizione statisticamente poco frequente (poca incidenza temporale) che coinvolge uno o più individui vittime di eventi che necessitano di un immediato e adeguato intervento terapeutico o ricorso a mezzi speciali di trattamento. Differenza tra una maxi-emergenza e una catastrofe: - Maxi emergenza: quando la domanda è superiore all’offertadiscrepanza (6 feriti e un’ambulanza) - Catastrofe: ad es: terremoto amatrice. Sovvertimento dell’ordine naturale delle cose. Non esiste più il 118, non esiste più centrale operativa, sono caduti i ponti radio, non ci sono linee telefoniche, telecomunicazioni e viabilità interrotte, c’è pericolo di crolli imminenti, non si hanno rifornimenti, gli ospedali non funzionano ecc. Nell’urgenza ci sono condizioni sempre gravi ma che ci fanno respirare, non c’è pericolo imminente di vita, ed è la differenza che passa tra un codice rosso (emergenza) e codice giallo (urgenza). Il codice rosso non viene rivalutato perché ha priorità d’accesso. DIAGNOSI INFERMIERISTICHE

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI · coloro che sono in prima fila e hanno dei carichi e volumi di attività molto importanti. INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI 4 Capacità

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INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

1

( [email protected])

PRIMA LEZIONE 09-11-18

(a cura di Greta Talone)

Area Critica: qualunque struttura/servizio/unità operativa in cui il personale qualificato si

impegni, con l’uso di adeguate attrezzature, a soddisfare i bisogni del paziente critico.

- Qualificato: la legge 43 prevede che per lavorare in area critica si abbia un master

apposito.

- Adeguate attrezzature e risorse: l’infermiere di area critica si confronta continuamente

con nuove tecnologie e sistemi all’avanguardia.

- Bisogni del paziente critico: “cultura del codice rosso” → immediato pericolo di vita

della persona comporta taglio della valutazione del paziente al necessario:

o Mantenimento delle funzioni vitali: funzione cardiovascolare

o Funzione respiratoria

o Dipende dal quadro che mi trovo di fronte

Il paziente critico è l’individuo che si trova in situazione di cosante lotta per la

sopravvivenza, con un equilibrio psichico e fisico instabile, soggetto a continui mutamenti

a volte imprevedibili e controllabili → elevata intensità assistenziale.

- Equilibrio psichico: per il paziente di area critica non potrebbe esserci un secondo

momento, quindi per lui tutti i momenti sono condensati in uno. “Mi è passata la vita

davanti” frase tipica che spiega come il tutto si riduca a pochi minuti (accertamento,

modello assistenziale e valutazione).

Emergenza: condizione statisticamente poco frequente (poca incidenza temporale) che

coinvolge uno o più individui vittime di eventi che necessitano di un immediato e adeguato

intervento terapeutico o ricorso a mezzi speciali di trattamento.

Differenza tra una maxi-emergenza e una catastrofe:

- Maxi emergenza: quando la domanda è superiore all’offerta→ discrepanza (6 feriti e

un’ambulanza)

- Catastrofe: ad es: terremoto amatrice. Sovvertimento dell’ordine naturale delle cose.

Non esiste più il 118, non esiste più centrale operativa, sono caduti i ponti radio, non ci

sono linee telefoniche, telecomunicazioni e viabilità interrotte, c’è pericolo di crolli

imminenti, non si hanno rifornimenti, gli ospedali non funzionano ecc.

Nell’urgenza ci sono condizioni sempre gravi ma che ci fanno respirare, non c’è pericolo

imminente di vita, ed è la differenza che passa tra un codice rosso (emergenza) e codice

giallo (urgenza). Il codice rosso non viene rivalutato perché ha priorità d’accesso.

DIAGNOSI INFERMIERISTICHE

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

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- Adattamento inefficace

- Alterazioni sensoriali e percettive

- Carenza di informazione

- Riduzione della mortalità

La diagnosi infermieristica è il giudizio clinico riguardante le risposte della

persona/famiglia/comunità a problemi di salute attuale e/o potenziali. In ambito critico

serve ad orientare il processo assistenziale nei confronti del paziente che abbiamo davanti.

Processo di nursing (accertamento, diagnosi, obbiettivi, pianificazione, attuazione e

valutazione), ex preparazione-esecuzione-riordino. La razionalità del processo passa

attraverso lo stato attuale di salute del paziente, quello che noi ci prefissiamo, come

vogliamo agire in relazione alla situazione e alla fine valutiamo se il nostro intervento ha

funzionato.

IL TRIAGE

Strumento indispensabile a tutti i tipi di assistenza, serve per selezionare, “assortire secondo

qualità” (il primo tipo parte dai raccoglitori di caffè). È una struttura concettuale che aiuta

a prendere decisioni.

Catastrofi:

- Giggino, 9 anni, arresto cardiaco

- Piero, papà, 40 anni, espansione asimmetrica del torace. (Pneumotorace iperteso, sento

l’enfisema sottocutaneo, individuo il secondo spazio intercostale, prendo un ago, buco,

il polmone non si riespande ma ho fermato lo sbandieramento mediastinico.)

- Ottavio, nonno, 80 anni, si sta strozzando con qualcosa.

Su chi agisci prima? Su chi ha più possibilità di sopravvivenza, inizi sul nonno, poi passi

al padre e infine se avanza tempo agisco su Giggino. Se agisco prima su di lui avrei sprecato

tempo, anziché avere un morto ne avrei avuti 3.

L’abilità sta nel ricercare segni e sintomi → semeiotica. Il triage consiste nel riconoscimento

di segni e sintomi, la loro unione, dargli un valore, per poi avere un risultato finale che si

trasforma in un codice colore.

Fasi del BLSD:

- A: AIRWAY uccide prima di B

- B: BREATHING uccide prima di C

- C: CIRCULATION

La metodica deve avere facile applicazione, facile comprensione, e adeguata capacità di chi

lo pratica→ il triage è fatto solo ed unicamente da infermieri perché la norma lo prevede,

deve avere il giusto grado di formazione, lo esercita attraverso i protocolli condivisi e

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autorizzati dl direttore del pronto soccorso. Ci sono situazioni dove però una forma di triage

un po’ meno evoluta viene fatta da non infermieri → triage sulla porta. In caso di maxi-

emergenze c’è una migrazione dei coinvolti verso i pronto soccorso più vicini → attivazione

del PAINAF (piano di emergenza interna per massiccio afflusso di feriti), prevede che il

triage venga anticipato da un portantino sulla porta, fatto in maniera grossolana, si monta

una tenda fuori del pronto soccorso per poi smistare i feriti all’interno di canali ben definiti.

Si va a snellire l’afflusso delle persone.

SECONDA LEZIONE 16-11-2018

(a cura di Alessia Chiuccariello)

Chi salvi prima? Il nonno il padre o il piccolo? Il nonno perché ha maggiore possibilità di

sopravvivenza!

Il triage serve a dare immediata assistenza al malato che giunge in emergenza, quindi serve

a dare la possibilità a tutti I pz di essere assistiti.

Triage quindi è una rilevazione semeiotica di segni e sintomi che danno origine al quadro

di gravità del pz tradotto poi in codice colore.

Il dato della gravità è deciso da una serie di parametri a livello internazionale.

Es pz con lombalgia +massa pulsante (rosso/ dissecazione aorta?) o pz con lombalgia e basta

(verde)

Il triage permette una sorta di smistamento per evitare la folla nelle specialità.

Serve a ridurre lo stato d’ansia del pz che combattiamo solitamente con la considerazione!

Purtroppo, la possibilità di considerare I pazienti in molti casi non c’è e di conseguenza

aumenta lo stato d’ansia.

Sarebbe opportuno Migliorare la qualità delle prestazioni professionali e del personale in

pronto soccorso.

Valutare periodicamente lo stato dei pz in attesa (I codici rossi vanno rivalutati?

Assolutamente no entrano subito)

Fornire informazioni sanitarie ai pz e ai loro familiari (in uno scenario ideale è ottimale, la

cosa migliore da fare)

Nel triage la comunicazione è fondamentale!

Inevitabilmente chi lavora al triage nel tempo trasforma il suo modo di essere poiché sono

coloro che sono in prima fila e hanno dei carichi e volumi di attività molto importanti.

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Capacità di ascolto ed empatia (è possibile instaurare una relazione con un pz anche in un

quarto d’ora)

È importante per l’infermiere pensare semplice

Legge delle 3 M (merda morte malattia)

Chiarezza e precisione-> è importante parlare con I pazienti in modo semplice e adeguato

al loro livello culturale in quanto la non chiarezza porta ad uno stato eccessivo di ansia nel

paziente poiché non ha compreso quale sia il suo problema.

È importante che il paziente capisca realmente le informazioni fornitegli.

Congruenza tra comunicazione verbale e non verbale.

È importante dire la verità ai pazienti e ai propri cari poiché diventano collaborativi e molto

incisivi tanto che diventano la prima risorsa per risolvere il loro problema.

In America le modalità di approccio al pz sono differenti, molto più diretti e veri, seguendo

quindi dei protocolli. (Esempio ER)

TERZA LEZIONE 11-01-2018

(a cura di Giorgio Sforza)

Gestione del traumatizzato nel territorio

Incominciamo a stabilire che molto spesso di trauma si muore, molto più che di tumori. Il

trauma è sottodimensionato, sottostimato.

Facciamo un esempio: Arturo, l’elettricista che viene a casa e avvita una lampadina, cade dalla

scala: solitamente pensiamo che non si sia fatto niente, ma la scala è alta 2 metri, più l’altezza

di Arturo 1,80, la testa è caduta al di sopra dei 3 metri.

Una caduta al di sopra dei 3 metri prevede la centralizzazione.

Centralizzazione: quando un paziente deve essere portato in un trauma center, quel DEA

di secondo livello provvisto di tutte le specialità come la radiologia all’interno del pronto

soccorso.

Il trauma è:

• una patologia tempo-dipendente. (“Prima se sbrigamo e più vite salvamo”)

• ad altissimo rischio evolutivo. Cosa significa? Che un GLS 15 in questo momento, in

un momento dopo può essere un GLS 3.

Se non vi sono palesi condizioni per dire che è traumatizzato, si tende a sottovalutare il

trauma.

Nel trauma più del sintomo è importante la dinamica! A noi dei sintomi dell’evento

traumatico indicativamente, paradossalmente ci importa di meno. Ci serve sapere la

dinamica di quell’evento traumatico. Con dei criteri di dinamica maggiore, noi trattiamo un

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traumatizzato come se fosse un politrauma. (come se fosse stato schiacciato da un trattore).

Perché l’energia cinetica espressa è altissima.

• • Il trauma è la prima causa di morte per le persone < di 40 anni.

• • Per ogni decesso nel trauma, ci sono 2-3 invalidi. Prima che si affinassero le tecniche

di soccorso per ogni 2-3 morti c’era un invalido.

• • Gli invalidi di adesso sono quelli che una volta erano definiti morti sul colpo, ciò

perché le tecniche e i presidi sono migliorati. Pensate all’intraossea, mediante la quale si

infondono liquidi attraverso un accesso su un punto osseo, come se fosse un CVC.

Nell’approccio al politraumatizzato bisogna prestare moltissima attenzione.

Il 62% delle morti sono inevitabili nel trauma, non possiamo fare niente.

• • Il 26% potenzialmente prevenibili, che significa? Con una prevenzione fatta come

si deve, ovvero indossando le cinture di sicurezza, il casco ecc ed un soccorso immediato e

competente si possono combattere.

• • Quelle facilmente prevenibili (ad esempio il togliere il boccone di terra dal

motociclista incidentato).

La prima cosa da tenere in considerazione è lo scenario, che va valutato attentamente: se il

soccorritore non ritiene lo scenario sicuro non interviene poiché se per andare a salvare una

vita incerta, si mette a repentaglio una vita certa, non c’è proporzione.

N.B: tra velocità (sinonimo di fretta) e precocità c’è una grande differenza. Precocità è

anticipare gli aventi avversi.

Il tempo dipende anche dalla difficoltà che ho nel raggiungere e recuperare il

politraumatizzato ed anche la presenza di più feriti, che ci costringe alla valutazione del

codice START: prima si trattano le persone che hanno problemi in A, sulle prime vie aeree,

poi quelli in B, problemi respiratori, e poi quelli in C. In poche parole si tratta prima chi ha

più probabilità di sopravvivenza.

Quali sono le variabili che mettono in crisi l’assistenza ad un politraumatizzato?

• • Fattori meteo negativi

• • Problemi di ordine pubblico

• • Impatto emotivo

N.B: Ricordate bene la legge delle 3 M: Merda, Morte e Malattia. Quando non ne sentirai più la

puzza, quando la vita di una persona per te non farà differenza, quando le sofferenze di una persona

saranno una cosa normale, cambia lavoro che sei diventato un animale. Al contrario di quello che

vorranno farvi credere, ovvero che voi avrete il pelo sullo stomaco, non dategli retta, riservatevi

sempre il diritto di versare una lacrima. Non esiste nessuno di noi che prima o poi non si trovi davanti

ad una situazione dove rimane di sale. La vostra salvezza quale sarà? La conoscenza profonda del

protocollo, perché anche se sto di sale so fare la giusta procedura.Gli automatismi che

passano attraverso la conoscenza, sono positivi. Nonostante lo stress emotivo della

situazione sapete risolvere la situazione.

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Colore che presentano Multiple Organ Failure non si possono salvare.

• • Il danno primario come lo combattiamo?Con la prevenzione, cercando di

prevenire gli avventi avversi ed utilizzando i dispositivi di sicurezza.

• • Il danno secondario invece lo combattiamo con la qualità del soccorso. Se noi

abbiamo fatto un soccorso qualitativamente accettabili, stabilizzando le 5 masse corporee

con il ragno: cranio, tronco, bacino, ginocchia e piedi; possiamo minimizzare danni

secondari. Se io stringo bene piedi e ginocchia, tronco e cranio, mentre lascio lasco il bacino,

tutta l’energia si concentrerà nel movimento del bacino.

Di cosa si muore nel trauma? Ipossia e Shock, condizioni accomunate da mancanza di

ossigeno. Ipossia e shock sono ossigeno dipendenti, nel trauma si muore per mancanza

d’ossigeno. Lo shock cardiogeno, neurogeno, ipovolemico sono accomunati dal fatto che

in tutti manca l’ossigeno che perfonde i tessuti. Capito questo si capisce come iniziare il

trattamento del politrauma.

GOLDEN HOUR: entro 60 minuti il politraumatizzato deve entrare in una camera

operatoria, per ogni minuto che passa in percentuale diminuiscono le possibilità di

sopravvivenza. La golden hour è un concetto che va avanti da anni, ma adesso si parla anche

di platinum minuts, ogni minuto di questa ora è di platino, ne perdiamo 1, abbiamo perso

un immenso valore temporale nei confronti del paziente. L’ora d’oro non parte da quando

arriviamo sul luogo, ma da quando ha avuto l’incidente, il trauma. Quindi avremo

sicuramente meno tempo al nostro arrivo.

Come affrontiamo il politraumatizzato?

Anticipazione: la mattina quando salite su un’ambulanza, viene prima il controllo e il check

della macchina. Verifica del materiale e soprattutto la presenza del materiale, oltre al suo

funzionamento, soprattutto per quanto concerna la bombola dell’ossigeno.

ALCUNI PRINCIPI DI FISICA APPLICATI AL TRAUMA

Un corpo in movimento rimane in movimento finché non incontra una forza esterna.

Quindi, in un trauma, quello che non si vede all’esterno del corpo, potrebbe essere successo

all’interno, perché gli organi continuano a muoversi fino ad impattare sull’interno del

nostro corpo.

La cavitazione è dovuta ad esempio da una coltellata, ma il fegato può essere comunque

traumatizzato modificando l’anatomia del corpo. Con una randellata, si provoca un danno

interno pari ad una coltella, ma non si vede dall’esterno.

Perciò in quest’ottica usiamo due strategie di trattamento:

• nei traumi chiusi usiamo lo “stay and play”, stai lì e te la giochi, stabilizzi il paziente.

• nei traumi aperti, la coltellata, usiamo lo “scoop and run”, lo carico in ambulanza e

corro all’ospedale perché serve il chirurgo che dia un’occhiata all’interno.

I criteri di centralizzazione di trauma grave quali sono?

• Incidente in autostrada, velocità elevata. In autostrada anche se dite che ci sono 50€

di danni, non ci siamo fatti niente, l’attivazione in centrale operativa è CODICE ROSSO.

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• Incidente con necessità di estricazione, CODICE ROSSO, perché serve tempo per

tirarlo fuori.

• Scontro frontale su strada extraurbana

• Scontro auto-bici

• Incidenti sportivi

COME PROCEDIAMO? LA VALUTAZIONE PRIMARIA E LA VALUTAZIONE

SECONDARIA.

La valutazione primaria ci permette di identificare i killer che portano a morte il paziente.

Dobbiamo identificare immediatamente 2 killer: insufficienza respiratoria e shock.

Quando si sta per strada è fondamentale avere il quadro della situazione sotto gli occhi, ma

soprattutto gestire tutte le vostre azioni con l’ausilio di tutti e 5 i sensi, più il sesto senso,

l’istinto. Non diffidate dell’istinto. Se una cosa non vi quadra, ma i parametri sono ok, non

diffidate dell’istinto.

Perché ci sono dei segnali che voi imparerete a percepire dopo anni di esperienza, ma non

diffidatene.

La valutazione primaria si compone di cinque step: A-B-C-D-E

A: Pervietà delle vie aeree: controllo delle vie aeree e immobilizziamo il rachide.

B: Controllo del respiro attraverso l’OPACS: Osservo, Palpo, Ausculto, Conto,

Saturimetro

C: Circolazione

D: Valutiamo lo stato di coscienza con altri due strumenti: la AVPU è una cosa immediata,

si basa solamente sull’apertura degli occhi, e l’altro è il GCS.

E: Esposizione e protezione

• Valutazione e trattamento vanno svolti in contemporanea, se valuto risolvo, se non riesco

a risolvere non passo allo step successivo.

• In Esposizione e protezione si denudano i pazienti.

N.B Prima legge: i versi emessi dalla bocca del traumatizzato sono inversamente proporzionali al

danno. Seconda legge, l’unico punto che non controlli è quello critico.

Perciò è vero che li dobbiamo spogliare per ispezionare bene il corpo, ma li dobbiamo

assolutamente ricoprire, perché il politraumatizzato anche a 45° di temperatura disperde

calore e va in ipotermia.

A perdere un grado ci vuole un’ora, a recuperarlo 7-12 ore.

Oltre alla coperta termica, infusioni calde.

Fase A

• • Valutiamo lo stato di coscienza, ovviamente su un politrauma non si scuote, ma si

ecciteremo sensorialmente con stimoli sonori o dolorosi (lo stimolo doloroso si dà sull’arcata

sopraciliare).

• • Esploriamo il cavo orale, rimuoviamo eventuali corpi estranei comprese le protesi

dentarie. Rendere le vie aeree aperte in base alle proprie competenze. Come valutiamo la

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

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pervietà delle vie aeree? Con l’iperestensione della testa? Ad un politraumatizzato no, si fa

la sublussazione della mandibola, manovra estremamente dolorosa, il paziente deve

avere problemi in A, non respirare ed essere incosciente.

• • si posiziona il collare cervicale.

Finita la fase A, passiamo alla fase B.

Valutazione del respiro con OPACS

• • Osservo l’attività respiratoria, come espande questo torace: simmetricamente,

bilateralmente, asimmetrico.

• • P.Inizio a palpare il torace, delicatamente, orientato, alla ricerca dell’eventuale

enfisema sottocutaneo percepito all’osservazione, che è il segno patognomonico.

Dell’enfisema si sente andando a palpare la sensazione di crepitio di neve sotto le mani,

che è il segno di uno pneumotorace iperteso. In questo caso l’aria entra, ma non esce; il

polmone si gonfia, spinge la trachea lateralmente, si ha il turgore delle vene giugulari, si

sente il crepitio sotto le dita e ciò significa che ha poco margine di sopravvivenza. In questo

caso si fa il drenaggio immediato: secondo spazio intercostale, margine superiore della terza

costa (non margine inferiore della seconda!) buchiamo con un ago di grosso calibro e

dreniamo l’aria; tanto che si detende la situazione ed arriviamo in ospedale con tempi tecnici

adeguati per far trattare il paziente.

• • A- Ascolto se ventila o non ventila, crepitii

• • Conto: sotto i 12 e sopra i 29 non respiriamo, insufficienza respiratoria.

• • Saturimetro

I protocolli precedenti prevedevano, per quanto riguardava il politrauma, 12-15 litri minuto

con maschera con resevoir a tutti. Le nuove linee guida prevedono che venga dato ossigeno

ad alti flussi solo sotto il 95% di saturazione.

Qual è il problema del trauma? L’ossigeno. Tutti noi sappiamo che il 40% delle persone che

soccorrete e sono agitate ed aggressive sono sotto l’effetto di alcol o droghe, ma noi persone

che hanno questo tipo di comportamento dopo un trauma dobbiamo sempre considerarli

come possibili ipossici celebrali. Tutte le persone che hanno turbe del comportamento

quindi vanno considerate come ipossiche. Una cosa che di solito si fa è un emo-glucotest,

perché la turba del comportamento può essere data dall’alcol, dalle droghe, dal trauma, ma

anche dal fatto che può essere in ipoglicemia. Le bombole d’ossigeno di ultima generazione

non hanno bisogno di chiavi, qualora vediate qualcuno che cambia una bombolo di

ossigeno con chiavi inglesi, sta sbagliando qualcosa. La bombola d’ossigeno ha un

manometro che indica la pressione all’interno, da lì si può dedurre se è carica o meno, però

sappiamo solo quante atmosfere ci sono all’interno, ma non quanto ossigeno ci sia.

Perciò come faccio a sapere quanto ossigeno ho? Sul collo della bombola d’ossigeno vi sono

una serie di simboli, lettere e numeri. Ci sono scritti anche i litri della bombola, ad esempio

7L, 2L ecc Il manometro indica la pressione interna, allora per sapere quanti litri di

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ossigeno gassoso/volatile noi abbiamo, dobbiamo moltiplicare i litri della bombola per

il numero del manomentro:

7 litri x 200 = 1400 litri di gas dentro la bombola, che se dati per 10 l/min, ogni 10 minuti sono

100 litri, ogni 60 minuti sono 600 litri, quindi con 1400 litri in 2 ore ne ho consumati 1200.

Negli autorespiratori portatili, frequenza respiratoria e volume respiratorio sono gestiti

automaticamente, mentre tutta la macchina funziona pneumaticamente, e va considerata

anche la pressione minima di esercizio al di sotto della quale l’autorespiratore non funziona.

La pressione minima di esercizio di questi dispositivi è di 50 atm.

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA- MARI 18-01-2018

(curato da Costanza Marsella)

Nel politrauma la valutazione primaria è quella che serve ad evidenziare le situazioni

(ovvero i killer) che possono portare a repentina morte del paziente.

La valutazione primaria si compone di:

• A: airway, vie aeree

• B ed OPACS (osservo, palpo, ascolto, conto, saturazione ossigeno)

• C: circolazione

• D: disability

• E: exposure

Iniziamo ora a parlare di C

PERFUSIONE INTRAOSSEA

Una perfusione intraossea ha la stessa capacità infusionale di un CVC. Disponiamo di

diversi modelli per fare le intraossee. Uno è il BIG (Bone Injection Gun). L’ago viene

inserito per mezzo di un meccanismo a molla precaricata.

Come funziona?

• Si toglie la sicurezza;

• si punta sul piatto tibiale. Il piatto tibiale si ricerca in questo modo: si individua per

prima cosa la tuberosità tibiale e ci si sposta di 2cm lateralmente;

• si spara il chiodo e poi si collega il sistema di perfusione.

• Testa dell’omero e malleolo sono ulteriori siti infusionali utilizzabili

• È disponibile anche un ago pediatrico.

Dispositivo FAST-ONE. Quest’ultimo è dotato di una guida cilindrica che contiene il

dispositivo di infusione, provvista di aghi-guida lungo la circonferenza. L’operatore preme

manualmente la guida sul sito di inserzione innestandola nel tessuto osseo. Il dispositivo

resta in sede dopo la rimozione della guida. Il dispositivo “Fast One”, ha come sito

accessibile solo lo sterno.

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Dispositivo EZ-IO. L’ago viene inserito per mezzo di un trapano elettrico. Il catetere

intraosseo dotato di mandrino si innesta sull’apposito trapano che serve a posizionarlo

all’interno dell’osso; terminato il posizionamento si rimuove il mandrino e si può iniziare

l’infusione.

________________________________________________________________________________

REPERIMENTO DEL SITO VENOSO. I protocolli moderni, per quanto riguarda il

politrauma, prevedono al massimo due tentativi di accesso venoso, dopodiché si passa

all’intraossea. Se non si ha a disposizione l’intraossea, si fanno due tentativi, si carica il

paziente e si va al pronto soccorso. Magari in itinere si continua a provare, ma è meglio

portare al pronto soccorso un politrauma in tempo senza un accesso venoso che portarlo in

ritardo con un accesso venoso poiché la differenza molto spesso -come vi dicevo per le ferite

penetranti- la fa la sala operatoria.

Allo stesso modo, se non si riesce ad intubare si usa una i-gel, un otturatore esofageo o un

altro dispositivo sovraglottico. Mal che vada si utilizza una jet ventilation, ovvero si buca

la cartilagine cricoidea con un ago di grosso calibro e si manda nell’albero bronchiale

ossigeno ad alto flusso.

________________________________________________________________________________

TAMPONAMENTO O LACCIO? La prima cosa da fare in fase C è usare tutti i sensi

nell’analizzare lo scenario. Qualora andaste ad approfondire il protocollo in maniera

sistematizzata, la prima cosa è valutare se ci sono emorragie visibili. In questo caso cosa

facciamo? Tamponiamo o mettiamo il laccio emostatico?

Il laccio emostatico deriva da una concezione un po’ arcaica dall’emostasi d’emergenza.

Badate bene, ho detto laccio (intendendo cinte, cravatte etc) poiché questi dispositivi hanno

una superficie d’appoggio limitata. Per tale ragione, nel momento in cui li stringiamo, hanno

un’azione tagliente rovinando i tessuti, compresi i vasi, tanto da creare problemi ai chirurghi

vascolari con le anastomosi. Per un certo periodo ci siamo orientati quasi esclusivamente

verso il tamponamento o con il blocco arterioso a monte: se comprimo l’arteria omerale

sicuramente qualsiasi emorragia a valle si arresta. Attualmente stiamo rivalutando il laccio

sotto forma di tourniquet che stringe come il laccio l’arto ma con una superficie d’appoggio

molto più larga, tanto che quando costringiamo non fa danni da “taglio”. Fermo restando

che le indicazioni da un punto di vista generale è che il laccio si mette prevalentemente nelle

amputazioni, soprattutto in quelle da strappamento. Ferite come quelle provocate da

macchine di tipografia sanguinano pochissimo poiché l’azione meccanica esercitata dalla

lama fa collabire i vasi, creando un’emostasi da schiacciamento.

Ci sono delle parti in cui la compressione è difficile ed è preferibile il laccio, così come parti

anatomiche facilmente. A me è capitato che un macellaio si fosse infilato uno stiletto

nell’inguine. In quel caso si tappa la ferita con un dito ed in seguito si usano altri presidi: si

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

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può ad esempio utilizzare una fisiologica per creare un bendaggio compressivo con l’ausilio

di garze e cerotti. Le compressioni, così come il tourniquet, non sono manovre leggere.

Quando posizioniamo un tourniquet -e questo vale prevalentemente in teatri di guerra- ogni

quarto d’ora va allentato per non creare una sindrome da riperfusione. Ci comportiamo

dunque come se avessimo una sindrome da schiacciamento poiché allentando il laccio

improvvisamente, tutte le sostanze tossiche formatesi nel frattempo vanno in circolo, ed il

paziente rischia di morire. Nel caso in cui si debbano soccorrere persone con arti schiacciata

da pesi si mette il laccio o, in casi estremi, si taglia in situ. Non si rimuove il peso se la

circolazione non è stata interrotta a monte del trauma.

Controlliamo che vi siano emorragie visibili. Facciamo quello che si fa nel bls. Se non ha

segni di circolo facciamo il massaggio cardiaco, pur consapevoli che in caso di arresto

cardiaco dato da trauma la possibilità di sopravvivenza o di ritorno a ritmo sinusale di quel

cuore è quasi pari a zero.

________________________________________________________________________________

VALUTAZIONE DEL CIRCOLO. Per valutare il circolo vanno presi in considerazione

diversi fattori:

• Temperatura e colore della cute. Dove quest’ultima è molto fredda e bluastra, in

genere il sangue non arriva;

• Tempo di riempimento capillare: sui politraumi spesso la prima cosa che facciamo

è premere il letto ungueale, che normalmente con questa manovra diventa bianco e

subito dopo si ricolora. Il tempo di riempimento capillare normale è circa 2 secondi.

• Frequenza cardiaca e qualità del polso.

• La cosa più importante è sapere che pressione noi abbiamo in relazione al

reperimento dei polsi periferici perché dobbiamo garantire l’ossigenazione di tutti i

tessuti nobili che sono: cervello, cuore, midollo spinale.

La “pressione minima di esercizio” del cervello, ovvero il valore al di sotto del quale il

cervello va in sofferenza con danni cerebrali è 60 mm/hg. Se sento un polso radiale, ho

sicuramente una pressione uguale o superiore agli 80 mm/hg. Se vi sono problemi

particolari, si prende il polso carotideo. In tal caso, qualora prendessi nota del valore del

polso carotideo, un medico legale saprà che in quel momento si sta lavorando con valori

uguali o superiore 80 mm/hg, garantendo dunque la perfusione cerebrale.

• Se non è reperibile il radiale ma sentiamo il femorale, è superiore uguale a 70 mm/hg.

• Se non reperiamo il radiale, né il femorale ma solo il carotideo, avrò un valore uguale

o superiore a 60 mm/hg. In questo caso la preoccupazione è estrema.

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Segni clinici dello shock. Quando incominciamo a sospettare che un paziente sia in in

shock?

• Colorito della pelle. Pallore, pelle sudata e fredda.

• Ipotensione;

• Tachicardia;

• Tachipnea;

• Stato di agitazione

Anche se il 40% delle persone agitate e violente sono sotto l’effetto di alcool e droga, noi li

dobbiamo considerare come potenzialmente ipossici poiché se si abbassa la pressione e vi è

discrepanza tra massa circolante e letto circolatorio, il cervello non viene perfuso

correttamente.

Mediamente il 7% del peso corporeo è quello del sangue. Questo faceva la differenza per

il progetto di riempimento volemico utilizzato in precedenza. Con questo sistema, si

valutavano le perdite e si classificavano i pazienti in una classe di shock. Le classi di shock

andavano dal 15 al 40% di perdite ematiche, in base ad una serie di segni (coscienza,

respirazione, pressione sistolica, frequenza cardiaca). Si classificava dunque il paziente in

una classe di shock in base alla quale (es ha perso il 30% di sangue, es quasi un litro, lo devo

reintegrare con i liquidi) si impostava il progetto di riempimento volemico.

Si allarga il letto circolatorio, la massa circolante resta la stessa. Qual è lo shock che dà una

cosa del genere? Neurogeno.

Quanti tipi di shock conosciamo?

• Cardiogeno

• Settico

• Ipovolemico (letto circolatorio invariato ma si abbassa la massa circolare)

• Neurogeno (vaso vagale). Quando subisco un trauma al midollo spinale, ho uno

shock neurogeno: la pressione si abbassa, la frequenza cardiaca resta uguale perché

il SNC il vago ed il periferico non fanno altro che dilatare il letto circolatorio. La

massa circolante resta uguale, il problema è che la pressione si abbassa.

Lo shock non si vede solo dalla pressione, è una condizione multifattoriale

comprendente:

• Ipotensione;

• Cute pallida e sudata

• Estremità fredde

• Tachicardia con polso piccolo

• Tachipnea

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13

• I primi segni vengono dalla testa: il paziente inizia ad essere nervoso, agitato,

aggressivo arrabbiato per poi arrivare al poco lucido, al sopore e poi al coma.

La comunità scientifica internazionale ha dunque stabilito che chi ha presenta determinate

caratteristiche caratteriali si dà per ipossico fino a prova contraria, ottenuta in ambiente

protetto

Queste assunzioni hanno modificato il concetto di riempimento vascolare.

Non teniamo più alle classi di shock ed a quanto si è perso di netto. In passato ciò

rappresentava un problema in quanto la comparazione volumetrica tra liquidi e sangue era

complessa: se perdo un litro di sangue, volumetricamente lo posso sostituire con un litro di

colloide (ad esempio Emagel). I protocolli tuttavia prevedevano che non potessi usare più

di 500cc di Emagel poiché, oltre a provocare un sovraccarico renale importante, può dare

origine ad allergie importanti difficilmente risolvibili. Per questa ragione, dopo i 500cc di

Emagel si usavano i cristalloidi, e lì insorgeva una ulteriore problematica perché il rapporto

sangue cristalloidi è di 1:3 in quanto il 33% del cristalloide va nello spazio intercellulare. Se

perdo un litro di sangue, mezzo litro può essere dunque tamponato con l’Emagel, l’altro

mezzo con un litro e mezzo di cristalloidi. Capite bene come vi fossero grossi problemi da

un punto di vista gestionale. Da un punto di vista clinico, oltre ad un sovraccarico a livello

cardiaco una conseguenza piuttosto importante era l’emodiluizione: sebbene il paziente

fosse volumetricamente compensato, il liquido in circolo non aveva più quelle proprietà

tipiche del sangue. Per tali ragioni ora si fa riferimento ai target pressori.

TARGET PRESSORI

• Nel trauma chiuso è necessario mantenere una pressione arteriosa sistolica di

massimo 90mm/hg.

• Nel trauma penetrante dobbiamo mantenere una pressione arteriosa sistolica di

massimo 70mm/hg.

• Nel trauma cranico dobbiamo superare i 110mm/hg.

Quando abbiamo un’emorragia cerebrale, eccetto per uno sfondamento totale della scatola

cranica, il sangue resta all’interno della stessa formando un grumo. Dobbiamo dunque

raggiungere pressioni più elevate affinché il sangue circolante superi questo ostacolo -

gravità compresa- e ce la faccia a garantire quella minima perfusione cerebrale.

Tra trauma penetrante e trauma chiuso, come abbiamo detto, cambia la cavitazione ovvero

una variazione o meno dell’integrità tessutale. Non vi è dunque differenza, se non questa,

tra la pressione di un dito ed una coltellata. Naturalmente, che tutto sia tornato come prima

dopo la pressione esercitata con un dito non implica che non vi sia stato danno.

Nel trauma penetrante dobbiamo tenere la pressione un pochettino più a bada per evitare

l’emodiluzione e l’effetto “tappo di champagne”: rischiamo di far saltare, per un aumento

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improvviso della pressione, i processi coagulativi iniziali. Pericolo minore vi è nel trauma

chiuso poiché è vero che vi è un danno ma, non essendovi soluzione di continuo sui tessuti,

la parte è compattata, minimamente compressa dal punto di vista anatomico fisiologico

quindi possiamo permetterci una pressione maggiore.

Quella dei target pressori è una scoperta italiana che poi è stata acquisita a livello mondiale.

I target pressori sono utilizzati in tutti il mondo per il progetto di riempimento volemico

attuale. È stato appurato – mediante studi randomizzati, dopo anni di sperimentazioni e

valutazioni si fa la metanalisi ovvero si comparano i risultati degli studi, dopodiché

eventuale dopo counseling a livello mondiale ci si attiva sulle linee guida- che sia

sufficiente garantire i target pressioni. Se ad esempio ho un paziente che ha subito una

coltellata con una sistolica di 50 mm/hg ed una minima impercettibile, il mio progetto

volemico sarà quello di portarlo a 70 mm/hg e mantenerlo a 70 mm/hg.

Quando abbiamo la possibilità, nella fase C mettiamo due aghi. Come saprete, ve ne sono a

disposizione diverse misure: 18,16,14 e così via. Il 18 è la cannula di cortesia, serve a poco,

gli aghi che si usano in emergenza extraospedaliera per quanto riguarda prevalentemente

il trauma sono corti e di grosso calibro, da 16 a 14 FR arancioni o grigi). Ogni ago garantisce

un tot di perfusione all’ora. Se la flebo è avviata al massimo, avrò il 18 che fa 300cc/h, il 16

che fa 500cc/h, il 14 che fa 1500cc/h

Perché proprio due aghi? Uno viene impostato con lavaggio, uno a mantenimento del target

pressorio. Ne vengono posizionati due poiché, se uno non funziona, si ha l’altro pronto,

anzitutto, in secondo luogo poiché in ospedale ne abbiamo uno pulito per le analisi, dopo il

lavaggio. Gli aghi attuali tra l’altro hanno enzimi antiaggreganti piastrinici e conformazione

di punta che impediscono l’aggregazione piastrinica ed enzimi

D: DISABILITY.

Nella fase D andiamo a valutare lo stato di coscienza. Lo possiamo valutare con due

strumenti:

AVPU: è velocissimo e si basa solo ed esclusivamente sulla apertura degli occhi. Un

paziente è:

• Alert: sta ad occhi aperti e chi segue;

• Verbal: quando apre gli occhi solo dietro stimolo verbale;

• Pain: quando apre gli occhi solo ed esclusivamente dietro similo doloroso;

• Unresponsive: non risponde affatto, è l’equivalente di Glasgow 3.

Il Glagow Coma Scale. Si basa su:

• Apertura occhi;

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• Risposta verbale

• Risposta motoria

Il punteggio va da 3 a 15. È un misto di valutazione neurologica che va ad incidere sulla

sopravvivenza del paziente. Con un Glasgow sotto 9, si intuba.

• Lo stimolo doloroso -si dà solo ed esclusivamente sull’arcata sopracciliare.

• Quando parliamo di risposta motoria si evoca la risposta motoria neurologicamente

più semplice ovvero tirar fuori la lingua.

• Per la risposta verbale si fanno domande di cui noi conosciamo sicuramente la

risposta (in che giorno siamo oggi?).

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E: EXPOSURE.

Si tratta dell’esposizione del paziente. Il politraumatizzato disperde molto calore. I reni non

filtrano più, se andiamo in ipotermia, e rischiamo di perdere il paziente quindi appena lo

scopriamo lo dobbiamo ricoprire e termoproteggere con la termocoperta/metallina che

garantisce l’isolamento termico. L’oro va fuori perché attira il calore. L’argento va dentro,

poiché respinge il calore che il paziente disperde facendo ritornare il calore sullo stesso.

Quando scopriamo il paziente, dobbiamo andare alla ricerca di quelle situazioni che non

abbiamo potuto vedere prima: oggetti penetranti, ferite che non avevamo visto, deformità

che non dovrebbero esserci per poi ricoprirlo.

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VALUTAZIONE SECONDARIA

Abbiamo finito la valutazione primaria -che si fa in un minuto e mezzo tre minuti.

Dobbiamo passare alla secondaria. In un’ottica di stay and play, la facciamo sul posto. In

un’ottica di scoop and run, finiamo la primaria e scappiamo in ospedale. Se abbiamo la

possibilità la facciamo sul cammino.

Se nella primaria abbiamo cercato i killer: il respiro, il sangue etc, la secondaria è,

sottilizzando, una rifinitura che ci fornisce le particolarità. La valutazione parte dalla testa,

facendo l’esame testa/piedi. Anzitutto cambiamo i guanti: il guanto bianco ci permette di

valutare se parti che prima non avevamo tastato sanguinano. Inizio a toccare in maniera

approfondita il paziente:

• Teca: integra

• Arcate sopraccigliari: integre

• Zigomi: integri;

• Pupille: isocoliche, isocitiche, normoreagenti

• Piramide nasale: integra;

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• Segno del “procione”: assente, segno di Buttle, assente. Il “segno del procione” si ha

quando il paziente presenta occhi ecchimotici, il segno di Battle sono delle ecchimosi

retroauricolari che stanno a significare una probabile frattura della base cranica

• Piramide nasale: integra

• Rinoliquorrea o rinorragia, negativa

• Otoliquorrea o otorragia, negativa

• Non avulsioni dentarie

• Giugulari: normotese o turgide

• Trachea, in asse

Nella primaria facevamo OPACS, nella secondaria ci limitiamo ad OPA: osservo come

espande il torace, palpo e lì viene fuori la prima novità: lo palpo non in maniera veloce

ma che mirava solo da una parte, ovvero l’enfisema sottocutaneo, che è uno dei killer.

Adesso andiamo a saggiare strutturalmente la gabbia toracica:

• Sterno;

• Coste per sentire se ci sono fratture

• Ausculto, ventila nei quattro quadranti. Devo paragonare ovviamente apice-apice

base-base.

Passo all’addome:

• Trattabile, non masse pulsanti, non ematomi

Valutazione del bacino

Vi sono due correnti di pensiero che possiamo benissimo unire per avere i risultati migliori.

L’HTRS ci dice che la manovra sul bacino non va fatta, bisogna osservare soltanto i segni

secondari ovvero allineamento e perdita ematica dalle vie urinarie, che potrebbero essere

segni di rottura del bacino. Il PTC dice di fare la manovra del bacino con massimo 8 kg di

pressione. Se trovate un bacino completamente disassiato, è evidente, solo Josef

“Todesengel” Mengele andrebbe a fare una pressione. Se ho un bacino normale, e non ho

segni evidenti di perdite ematiche, posso fare una modica manovra in apertura sulle creste

iliache. Se sento che cedono, scrivo sulla scheda di soccorso bacino +++ e da quel momento

quel bacino non deve essere toccato.

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Io dunque unirei le due raccomandazioni: disassiamento, non eseguo nessuna manovra,

bacino in asse con una dinamica che potrebbe protendere per una lesione del bacino, lo

valuto. Una volta valutato si posiziona un T pod, che è una sorta di panciera che viene messa

con dei lacci che fanno da tirante, ma per noi che siamo poveri metto un lenzuolo, non lo

allungo per tutta la circonferenza, tengo la patta larga e con un cerotto stringo ed avvicino i

due lembi.

Dopo il bacino si esegue la valutazione della sinfisi pubica che ha lo stesso meccanismo del

bacino. Negli uomini esiste il priapismo che è indice, nel 99% delle volte di una lesione alta

del midollo spinale. Subito dopo facciamo le prove di sensibilità sotto le mani, chiediamo di

chiuderci le mani, saggiamo la forza. La differenza tra destra e sinistra è importante. Se il

braccio ha preso una botta stringerà di meno, se non ha preso colpi ed il paziente ed ha

anisocoria e rima buccale storta può indicare un altro genere di lesione.

Quando abbiamo fatto OPACS, vi ho parlato di alcune cose che si possono vedere e trovare

nella gabbia toracica. Consideriamo un’espansione anomala della gabbia toracica: il voilet

costale è una rottura di costole successive che antagonizza il movimento della gabbia

toracica. Si chiama anche respiro paradosso.

• Puntura per lo

pneumoiperteso

• Jet Ventilation: per

dare grossi flussi di ossigeno.

Buchiamo la cricoide con un

ago di grosso calibro e

colleghiamo alla via aerea

ossigeno ad alti flussi. C’è una

ridotta attività respiratoria. Il

soccorritore occlude con il dito

la valvola in fase inspiratoria,

chiudendo quella valvola tutto l’ossigeno che viene erogato va dentro l’albero respiratorio.

Ed anche se i volumi sono minori, si aumenta la concentrazione di ossigeno. Si tratta di una

tecnica che può garantire un margine limitato di tempo però in emergenza quando non si

riesce a fare altrimenti, si riesce a raggiungere un ospedale vicino.

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Il 25% dei giovani è su una sedia a rotelle perché il soccorritore ha commesso un errore di

mobilizzazione. Quando vi parlavo di immobilizzazione e mobilizzazione del paziente -

solidarizzazione delle cinque masse corporee sull’asse spinale- e quando dicevo che le

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

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ambulanze non devono andare a 300 all’ora per non amplificare le vibrazioni che possono

far diventare una frattura composta una lesione mielica, intendevo proprio questo. Il trauma

è la patologia negletta del nostro tempo, la più sottostimata. Il 20% delle autopsie che

vengono eseguite a seguito di un trauma, danno un esito positivo per compromissione

vertebrale, soprattutto del rachide cervicale.

IL SISTEMA DI EMERGENZA SANITARIA EXTRAOSPEDALIERA DEL LAZIO

Per dare una risposta sanitaria al di fuori dell’ospedale, bisogna avere determinate

caratteristiche. Il Lazio ha (con una tendenza all’aveva) il più grande sistema di emergenza

sanitaria extraospedaliera di Europa ma anche l’unico sistema di emergenza sanitaria

extraospedaliera composto esclusivamente da professionisti. Non vi erano volontari e non

vi erano privati. Con il blocco delle assunzioni e l’invecchiamento del personale stiamo

procedendo verso l’outsourcing.

La missione di un servizio di emergenza sanitaria extraospedaliera è una sola: superare il

concetto di trasporto, andare all’ospedale più idoneo e non quello più vicino nei tempi

previsti, che sono normati dalla legge:

• 8 minuti in area urbana;

• 20 minuti in area extraurbana

Quello che non si sa è che questi tempi sono rispettati. Essendovi però triage telefonico, i

verdi aspetteranno molto.

Nel passato c’era un sistema di trasporto: chi era deputato al trasporto si occupava soltanto

di far prevenire il paziente in ospedale come se fosse un pacco. Dopodiché, con una serie di

interventi legislativi, si è trasformato il tutto da un servizio di trasporto ad un servizio di

soccorso. La differenza è notevole. L’ospedale è andato sul territorio, il paziente è soccorso

nel tempo nel modo giusto e portato al posto giusto, il soccorso entra a pieno titolo nella

parte sanitaria di tutto il sistema. Da trasportatori si è diventati dunque soccorritori.

Nell’arco del tempo c’è stato un grande sforzo culturale, un piano formativo che ha

omogeneizzato sia gli strumenti che la base culturale. Si è data una sorta di LEA al 118, nel

senso che i livelli minimi di formazione li dovevano avere tutti tanto da omogeneizzare il

territorio. Abbiamo dotato gli automezzi con la stessa tipologia di allestimento. Tutti

riusciamo a garantire in maniera uguale la stessa erogazione di servizio a tutti i cittadini del

Lazio. Questo è stato un grande risultato. Siamo diventati soccorritori e non trasportatori

perché prima arrivava la chiamata, punto A partenza, B il target, C l’ospedale di afferenza.

Da punto A a B 8 minuti, da B a C 8 minuti. Poi ad un certo punto abbiamo visto che da

punto A a B 8 minuti ma da B a C 20,25, 30 minuti. Avevamo iniziato a trattare i pazienti

sul posto. Poiché mettere il paziente sulla barella a cucchiaio, spostarlo sulla spinale,

mettere il collare, togliere la spinale, mettere il ragno, trovare due vie di accesso sono

operazioni dispendiose in termini di tempo, ergo il sistema si era modificato radicalmente.

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

19

Si va da mezzi che permettono di conservare al minimo le funzioni vitali di base – come le

moto mediche- e poi, incrementando l’allestimento del mezzo, migliorare l’assistenza.

Il tutto viene gestito da una centrale operativa. È un organico che va dalle 60 alle 80 unità

con due linee di attività ben precise:

• Triage

• Dispatch

Il numero sta transitando dal 112 al 118. Quando qualcuno risponde, le domande che fa

sono da protocollo standardizzato – che viene effettuato attraverso evidenze scientifiche

dicono che quelle sono le domande da fare. Le domande hanno un andamento dicotomico.

Si tratta di domande che daranno origine ad un codice colore. Es, Respira? Codice rosso e

parte un’ambulanza. Si continua con le altre domande ma viene fatto partire subito il mezzo.

Quando si riesce ad acquisire il dato, il collega che da origine ad un codice, pigia un pulsante

e la videata si trasferisce sull’altra linea di attività, che è quella del dispatch. I dispatchisti

decidono a chi dare il soccorso avendo un’ottima conoscenza del territorio. Queste due

attività sono di competenza infermieristica per legge. I dispatchisti danno il soccorso,

sanno perfettamente a chi lo danno e le caratteristiche del soccorso: molto spesso danno

soccorso ad una ambulanza a 10km rispetto ad una che sta a 2, sapendo magari che in quella

via ci sono lavori e strettoie. Questo significa saper tenere il territorio.

Le domande che vengono fatte non sono domande casuali. Possono suscitare l’ilarità

dell’utente della serie: cosa vede? I campi. Che campi? Campi di grano, sono stati mietuti

da poco? Quando parlate date delle indicazioni che a voi non risultano vitali ma per noi

sono chiavi di volta. Se mi dite che ho un incidente pontina direzione Roma, con un paziente

incastrato in macchina ed io ho Pomezia che è fuori verso Anzio per un altro soccorso mi

hai detto:

• Estricazione complessa

• Golden hour

• Devo chiamare i pompieri

• Devo mandare una macchina dal sant’eugenio

• Essendo estricazione complessa devo mandare il paziente ad un trauma center ergo

ci mette un’ora. Allora il sant’Eugenio stabilizza, i pompieri estricano, stabilizzazione

e devo domandare se il prato è stato mietuto. Cosa c’entra? Se l’elicottero deve

atterrare e se il campo non è mietuto deve fare hovering perché con una spiga nel

rotore l’elicottero casca.

Abbiamo ponti dedicati digitali su due canali per Roma e fuori Roma. Comunichiamo su

ponte radio, rete cellulare e localizzazione satellitare su tutti i mezzi. Può servire da un

punto di vista giuridico in caso di contenzioso legale che in quell’ora ti trovati in quel punto.

INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI

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Comunichiamo con rete digitale sia con palmari, ogni mezzo è dotato di radio con

attivazione dei sistemi di emergenza e sicurezza: se pigio i pulsanti in una certa maniera, la

radio si attiva in comunicazione: in centrale operativa annulla il canale e si sente solo quello

che faccio io -quando c’è pericolo per la sicurezza dell’operatore, ad esempio se è minacciato

con un’arma.

Noi abbiamo un modello di gestione orizzontale. Altre centrali operative a minori flussi di

attività hanno un andamento verticale: mi prendo la chiamata, la elaboro, dò il codice colore

e assegno il soccorso mentre le centrali ad alti flussi di chiamate non possono fare questo.

Siamo più veloci, facciamo fronte a notevoli chiamate, gestiamo più mezzi

contemperamento ma servono tante persone, c’è un effetto catena di montaggio ed è troppo

frammentato il soccorso: chi ha generato il codice triage ed ha dato indicazioni a chi era

presente non saprà come andrà a finire perché generato il codice la schermata va nel settore

del dispatch. Abbiamo 5 centrali operative (adesso sono diventate 3 perché Rieti e Viterbo e

Latina e Frosinone sono state accorpate). Roma è quella che ha il coordinamento nel caso di

maxi emergenze, Roma è quella che ha la gestione del territorio laziale.

In ogni azienda il costo primario non è quello del materiale o delle macchine bensì il costo

del personale. Il 67% delle spese dell’Ares è dato dal costo del personale.

Soccorsi del 2013: guardateli ed iniziate a riflettere. Non ho aggiornato le slide perché i

numeri sono simili.

• Roma e Provincia

• Viterbo

• Rieti

• Latina

• Frosinone

Non c’è battaglia ed i dati all’interno del raccordo sono massicci. Bologna, con una

popolazione notevolmente inferiore ha 70 automezzi, Roma oggi ne ha in circolo 32. Capite

bene che far fronte ad un volume di attività del genere è dura.

Come mai la provincia di Frosinone ha un costo così alto?

• Distanza dall’ospedale;

• Chilometri di percorrenza per raggiungere un DEA di secondo livello sono maggiori;

• Geografia impervia del territorio (catene, gomme termiche, mezzi 4x4)

• Maggiori danni ai mezzi e maggiori spese per la gestione del personale poiché

l’incidenza di incidenti è maggiore

• Percorrenze lunghe

Con i percorsi clinico assistenziali, non posso portare tutti da tutte le parti. Non posso

portare un politraumatizzato in un ospedale che non sia un trauma center.