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ALLEGATO A PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N. 3 ART. 6 ter Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello ......omogenee che rappresentano la base territoriale e organizzativa per la programmazione faunistico – venatoria e per

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ALLEGATO A

PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N. 3 ART. 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale

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PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 2

INDICE

ELEMENTI IDENTIFICATIVI DEL PIANO ……………………………………………………………………..………. 3

1. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO-PROGRAMMATICO …………………………………..………. 4

1.1 QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO ……………………………………………………………..…..……. 4

1.2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO ……………………………………………………..……….. 8

2. QUADRO CONOSCITIVO …………………………………………………………………………………………..………. 13

2.1 ANALISI DELLA POPOLAZIONE E ANDAMENTO DEL NUMERO DEI CACCIATORI ……………. 13

2.2 ANALISI DEL TERRITORIO –SUPERFICIE AGRO-SILVO-PASTORALE ………………….……..…….. 15

2.3 ISTITUTI FAUNISTICI, AREE PROTETTE, AREE DI CONNETTIVITA’ ECOLOGICA ……………... 16

2.4 ANALISI DEI DATI FAUNISTICI DEL TERRITORIO ………………………………………………………….. 16

2.5 ANALISI DEI DANNI PROVOCATI DALLA FAUNA SELVATICA ………………………………………….. 17

2.6 IL QUADRO SOCIO ECONOMICO …………………………………………………………………………..……….. 17

2.7 SICUREZZA E SALUTE …………………………………………………………………………………………..……... 18

2.8 ANALISI SWOT ……………………………………………………………………………………………………………. 19

3. PRINCIPALI OBIETTIVI STRATEGICI DELL’ATTUALE PROGRAMMAZIONE …………..…..………. 21

3.1 DESTINAZIONE DIFFERENZIATA DEL TERRITORIO AGRICOLO FORESTALE …………………………………………………………………………..

23

ISTITUTI PUBBLICI ………………………………………………………………………………………….. 23

ISTITUTI PRIVATI ……………………………………………………………………………………..……... 24

AREE PROTETTE E AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA …….…….…... 24

3.2 GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA …………………………………………………………………………. 24

3.3 SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITA’ FAUNISTICA E AGRICOLA ……………………………….. 27

FAUNA PROTETTA E SPECIE PROBLEMATICHE …………………………………………………. 28

3.4 GOVERNANCE……………... 3.5

28

3.5 INCENTIVARE LA CULTURA DELLA SICUREZZA E DEL RISPETTO RECIPROCO 4. RICOGNIZIONE DELLE RISORSE ATTIVABILI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO ……..…………….

32

4. RICOGNIZIONE DELLE RISORSE ATTIVABILI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO ……..……………. 32

5. INDICAZIONI VAS AI SENSI DELLA L.R. 10/2010 ……………………………………………………………... 33

6. INDIVIDUAZIONE DELLE MODALITA’ DI CONFRONTO ESTERNO ……………………………………... 34

7. CRONOPROGRAMMA ………………………………………………………………………………………………………. 36

5. INDICAZIONI VAS AI SENSI DELLA L.R. 10/2010 ……………………………………………………………...

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PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 3

ELEMENTI IDENTIFICATIVI DEL PIANO

DENOMINAZIONE PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE RIFERIMENTI NORMATIVI: L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 bis RIFERIMENTI PROGRAMMATICI: PRS 2016-2020 ASSESSORE PROPONENTE: MARCO REMASCHI DIREZIONE GENERALE: AGRICOLTURA E SVILUPPO RURALE DIRIGENTE RESPONSABILE: PAOLO BANTI SETTORE COMPETENTE: ATTIVITÀ FAUNISTICO VENATORIA , PESCA DILETTANTISTICA , PESCA IN MARE

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1. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO-PROGRAMMATICO

1.1 QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO

Il Piano Faunistico Venatorio regionale (PFVR) è lo strumento di pianificazione con il quale sono stabiliti gli indirizzi e gli obiettivi delle politiche regionali in materia di gestione del territorio agricolo-forestale destinato alla protezione della fauna e alla caccia programmata, nonché le tipologie di intervento necessarie per l’attuazione degli stessi.

Il PFVR è previsto dalla normativa nazionale Legge 11 febbraio 1992, n. 157 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio che all’art. 14 comma 7 prevede che “le regioni provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del piano

faunistico-venatorio e del regolamento di attuazione con periodicità quinquennale”.

E’ altresì disciplinato dalla legge regionale n. 3 del 12 gennaio 1994 “Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio". Negli ultimi anni la norma è stata oggetto di revisioni e aggiornamenti, in particolare per l’adeguamento al nuovo assetto istituzionale oggetto del riordino previsto dalla LR 22/2015 con cui la Regione Toscana ha ricondotto alla propria competenza l’intera materia della gestione faunistico-venatoria; inoltre è stato adottato un generale aggiornamento della norma, volto a modernizzarne l’impostazione generale e gli strumenti di tutela. Le modifiche hanno riguardato in particolare l’abrogazione degli articoli 3, 4, 5 (funzioni provinciali) e dell’art. 8 (Piani faunistico venatori provinciali). Per quanto riguarda la Regione Toscana, nello specifico il PFVR persegue gli obiettivi di pianificazione faunistico-venatoria come ricavabili dall’art. 6 della LR 3/94 che fissa appunto le finalità di fondo da perseguire nella redazione del piano faunistico venatorio.

Obiettivo principale del Piano Faunistico Venatorio Regionale è pertanto la conservazione delle specie di fauna selvatica (uccelli e mammiferi) viventi in Toscana e la programmazione di un prelievo venatorio compatibile con le esigenze di tutela, impostato in modo biologicamente corretto, sulla base di una corretta stima quantitativa per le specie sedentarie, e della valutazione dello stato di conservazione per le specie migratrici.

In attuazione di ciò, gli obiettivi del presente PFVR tendono da un lato a perseguire le su indicate finalità, dall’altro a correggere o eliminare le criticità emerse in sede di precedente programmazione.

Il territorio su cui trova applicazione la LR 3/94 è suddiviso in comprensori ovvero aree omogenee che rappresentano la base territoriale e organizzativa per la programmazione faunistico – venatoria e per la formulazione dei programmi di gestione (art. 6 bis).

All'interno del comprensorio sono individuati dal Piano Faunistico Venatorio (art. 6 bis):

• le zone e le oasi di protezione

• le zone di ripopolamento e cattura

• i centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale

• i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale

• le aziende faunistico venatorie

• le aziende agrituristico venatorie

• le aree di addestramento e allenamento cani

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• le zone in cui sono collocabili appostamenti fissi

• le aree vocate e non vocate per ciascuna specie di ungulato

• i parchi nazionali e le aree protette di cui alla LR 30/2015

• tutte le ripartizioni del territorio necessarie per l'organizzazione del prelievo venatorio.

In ogni comprensorio la parte di territorio agro-silvo-pastorale che residua dalla presenza di tutti gli istituti e strutture sopra elencate e non soggetta ad altra destinazione è destinata alla caccia programmata ed è gestita da Ambiti Territoriali di Caccia (art. 6)

E’ stato poi introdotto l’art. 6 ter (Piano faunistico venatorio regionale) che prevede che il Consiglio regionale approvi il PFVR in cui determina la destinazione differenziata del territorio regionale. Tale piano faunistico venatorio costituisce presupposto per l’eventuale deroga ai termini di apertura e chiusura della caccia ai sensi dell’articolo 18, comma 2, della l. 157/1992 così come indicati nel calendario venatorio regionale.

Ulteriore importante modifica attiene l’art. 7 (Programmazione regionale) individuando

la Regione per stabilire gli indirizzi e gli obiettivi delle politiche regionali in materia di gestione del territorio agricolo-forestale destinato alla protezione della fauna e alla caccia programmata, nonché le tipologie di intervento necessarie per l’attuazione degli stessi nell’ambito del Programma regionale di sviluppo (PRS) di cui alla legge regionale 7 gennaio 2015, n. 1 . La Giunta regionale provvede annualmente alla ripartizione finanziaria delle risorse disponibili e a definire i criteri e le modalità per il monitoraggio della fauna, per la gestione delle risorse per la prevenzione e per il risarcimento danni in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole .

La LR 3/1994 all’art. 6 ter prevede che la Regione approvi, previo parere obbligatorio degli ATC e sentiti i comuni, il piano faunistico venatorio regionale in cui determina la destinazione differenziata del territorio regionale nel rispetto degli atti di pianificazione territoriale, paesaggistica e ambientale vigenti. Il piano faunistico venatorio costituisce presupposto per l’eventuale deroga ai termini di apertura e chiusura della caccia ai sensi dell’articolo 18, comma 2, della l. 157/1992 così come indicati nel calendario venatorio regionale.

In ottemperanza al dettato della LR 9 febbraio 2016, n. 10 “Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana. Modifiche alla l.r. 3/1994”, la Giunta ed il Consiglio Regionale hanno già approvato una revisione delle “zone vocate” e “non vocate” alla presenza del cinghiale.

Il quadro normativo della Regione Toscana in materia di valutazione ambientale è costituito dalla Legge regionale 12 febbraio 2010 n. 10 “Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza”.

Le principali normative di riferimento a livello internazionale, comunitario, nazionale e regionale sono elencate di seguito.

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Livello internazionale

Ramsar, 2 febbraio 1971 - Conservazione delle zone umide di importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici

Parigi, 23 novembre 1972 - Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale

Washington, 3 marzo 1973 - Regolamentazione del commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES)

Bonn, 23 giugno 1979 - Conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica (CMS)

Berna, 19 settembre 1979 - Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa

Rio de Janeiro, 5 giugno 1992 - Convenzione sulla conservazione della diversità biologica

L'Aia, 18 giugno 1995 - Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell'Africa-Eurasia (AEWA)

Livello Comunitario

Direttiva 92/43/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (“Direttiva Habitat”)

Regolamento (CE) N. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio

Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (“Direttiva Uccelli”), che abroga la 79/409/CEE

Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente

Regolamento (UE) N. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio Del 22 ottobre 2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive.

Livello Nazionale

Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette

Legge 11 febbraio 1992, n. 157 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio

Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 - Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche

Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 - Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale

Decreto Ministeriale 17 ottobre 2007 - Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)

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Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 230 - Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive

Livello Regionale

Legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 - Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"

Legge regionale 10 giugno 2002, n. 20 - Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio").

Legge Regionale 12 febbraio 2010, n. 10 - Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA), di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e di autorizzazione unica ambientale (AUA).

Legge Regionale 10 novembre 2014, n. 65 - “Norme per il governo del territorio”.

Legge regionale 19 marzo 2015, n. 30 “Norme per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico - ambientale regionale. Modifiche alla l.r. 24/1994, alla l.r. 65/1997, alla l.r. 24/2000 ed alla l.r. 10/2010”

Legge regionale 9 febbraio 2016, n. 10 - “Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana. Modifiche alla l.r. 3/1994” in vigore dal 28 febbraio 2016 al 27 febbraio 2019.

Decreto del Presidente della Giunta Regionale 05 settembre 2017, n. 48/R - Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 – Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”) e della legge regionale 9 febbraio 2016, n. 10 (Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana. Modifiche alla l.r. 3/1994)

Deliberazione della Giunta Regionale 5 luglio 2004, n. 644 - Attuazione art. 12, comma 1, lett. a) della L.R. 56/00 (Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche). Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR)

Deliberazione della Giunta Regionale 11 dicembre 2006, n. 923 avente oggetto “Approvazione di misure di conservazione per la tutela delle zone di protezione speciale, ai sensi delle direttive 79/409/CE, 92/43/CEE e del DPR 357/1997 come modificato con il DPR 120/2003”

Deliberazione della Giunta Regionale 16 giugno 2008, n. 454 - D.M. 17.10.2007 del Ministero Ambiente e tutela del Territorio e del Mare - Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS) - Attuazione.

Deliberazione della Giunta Regionale 18 novembre 2014, n. 1006 - L.R. 56/00: art. 12 comma 1, lett. a). Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR). Aggiornamento e integrazione della Deliberazione n. 644 del 5 luglio 2004.

Deliberazione della Giunta Regionale 15 dicembre 2015, n. 1223 - Direttiva 92/43/CE "Habitat" - art. 4 e 6 - Approvazione delle misure di conservazione dei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) ai fini della loro designazione quali ZSC (Zone Speciali di Conservazione)”

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Deliberazione del Consiglio Regionale n. 77 del 01/08/2018 - Revisione delle aree vocate e non vocate alla specie cinghiale (Sus scrofa) in Regione Toscana ai sensi della legge regionale 9 febbraio 2016, n. 10 (Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana. Modifiche alla l.r. 3/1994).

1.2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

La definizione del Quadro di riferimento programmatico per la stesura del Piano faunistico-venatorio regionale ha lo scopo di effettuare una prima analisi sull’integrazione e il raccordo degli obiettivi e delle strategie del Piano rispetto alle linee generali della programmazione settoriale e intersettoriale regionale e di descrivere come questo contribuisca al raggiungimento degli obiettivi strategici (socio-economici-ambientali-territoriali) del Programma regionale di sviluppo (PRS).

Il Piano Faunistico Venatorio Regionale rappresenta lo strumento di programmazione e di indirizzo per l’attuazione della L.R. 3/1994. Conseguentemente al riassetto istituzionale introdotto dalla L.R. 22/2015, in seguito al quale le funzioni attinenti alla gestione faunistica e venatoria, precedentemente in carico a Province e Città Metropolitana, sono transitate in Regione, detto strumento di pianificazione è passato dall’essere un documento di indirizzo di carattere generale, su cui si inserivano i piani provinciali quali strumenti di attuazione a livello locale, all’essere l’unico atto di programmazione di settore.

Nella precedente programmazione regionale la gestione faunistico-venatoria trovava il suo strumento di pianificazione all’interno del Piano Regionale Agricolo Forestale (PRAF) 2012-2015, quale documento unitario per la definizione delle politiche regionali agricole, forestali, di sviluppo rurale e faunistiche, definendo gli indirizzi per la pianificazione provinciale i cui contenuti erano stabiliti dalla LR 3/1994. Le modifiche introdotte alla stessa norma in seguito al riassetto istituzionale hanno quindi eliminato il livello di pianificazione provinciale (abrogando l’art. 8), andando successivamente a ridefinire nell’art. 6 ter (e successivi) i nuovi contenuti della programmazione regionale. In tal senso il presente Piano dovrà stabilire i criteri generali per la gestione del territorio agro-silvo-pastorale regionale destinato alla protezione della fauna e alla caccia programmata e gli indirizzi e le linee di gestione della fauna selvatica, andando inoltre a determinare localmente ambito e modalità di applicazione degli indirizzi previsti. In particolare, vista la complessità degli equilibri in campo, nell’adozione del piano sarà data una lettura attuale del territorio regionale che tenga conto delle singole peculiarità locali - fondamentali per una corretta gestione faunistica - rimanendo in un contesto armonico che consenta la ricostruzione di un vero e proprio patto tra agricoltura, caccia e ambiente.

In base all’art. 7 bis della LR 3/1994 i piani faunistici venatori provinciali restano validi sino all’entrata in vigore del nuovo piano faunistico venatorio regionale per le parti non in contrasto con la normativa regionale in materia di attività venatoria.

Il Piano faunistico-venatorio regionale presenta elementi di coerenza con altri strumenti di pianificazione regionale, di cui può contribuire al raggiungimento degli obiettivi.

- Programma Regionale di Sviluppo 2016/2020

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Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 9

Il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) per il quinquennio 2016/2020 è lo strumento orientativo delle politiche regionali per l'intera legislatura dove sono indicate le strategie economiche, sociali, culturali, territoriali e ambientali della Regione Toscana.

La LR 3/1994 prevede all’art. 7 che “la Regione stabilisce gli indirizzi e gli obiettivi delle

politiche regionali in materia di gestione del territorio agricolo- forestale destinato alla

protezione della fauna e alla caccia programmata, nonché le tipologie di intervento

necessarie per l’attuazione degli stessi nell’ambito del Programma Regionale di Sviluppo

(PRS) di cui alla legge regionale 7 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni in materia di

programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili.

Modifiche alla l.r. 20/2008).”

Al fine di perseguire gli obiettivi di settore il Documento di economia e finanza regionale (DEFR) stabilisce annualmente, in coerenza con il PRS, le priorità per l’anno successivo e, in fase di nota di aggiornamento, individua gli interventi da realizzare, tenuto conto degli stanziamenti del bilancio di previsione.

Il Programma Regionale di Sviluppo 2016/2020 individua alcune priorità strategiche riconducibili a una serie di progetti che interessano anche le politiche per la gestione faunistico-venatoria. In particolare, nell’ambito delle Politiche per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (Area 1) il PRS 2016/2020 identifica l’obiettivo di “sostenere gli interventi

in materia faunistico venatoria per assicurare una gestione faunistica coerente con il

contesto ambientale e agricolo di riferimento. Al fine di fronteggiare i problemi derivante

dall’eccessivo aumento degli ungulati sul territorio regionale, sarà attuata una gestione

speciale, definita in accordo con l’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale

(ISPRA), finalizzata a ristabilire l’equilibrio faunistico tenendo conto delle diverse

caratteristiche del territorio regionale, per garantire sia la conservazione delle specie

autoctone nelle aree ad esse riservate, sia la conservazione delle attività antropiche e dei

valori ambientali tipici del paesaggio rurale regionale, nelle altre aree”.

Tale indirizzo strategico trova attuazione nel progetto d’intervento “Politiche per la aree interne e per la montagna” che prevede l’obiettivo (“Equilibrio faunistico del territorio”) di “sostenere gli interventi volti ad una gestione della fauna ittica ed omeoterma coerente con

il contesto ambientale ed agricolo di riferimento, monitorando lo stato di raggiungimento di

un equilibrio faunistico del territorio e valorizzando la fauna selvatica come risorsa per lo

sviluppo delle aree montane. Sostenere gli interventi in materia faunistica venatoria per

assicurare una gestione faunistica coerente con il contesto ambientale e agricolo di

riferimento con l’intenzione di raggiungere e mantenere l’equilibrio faunistico del

territorio”.

- Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico (PIT)

Il Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico (PIT) persegue la promozione e la realizzazione di uno sviluppo socio-economico sostenibile e durevole e di un uso consapevole del territorio regionale, attraverso la riduzione dell’impegno di suolo, la conservazione, il recupero e la promozione degli aspetti e dei caratteri peculiari della identità sociale, culturale, manifatturiera, agricola e ambientale del territorio, dai quali dipende il valore del paesaggio toscano.

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PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 10

Le finalità del PFVR si inseriscono principalmente nella disciplina dell’Invariante strutturale II “I caratteri eco sistemici del paesaggio”, il cui obiettivo generale è l’elevamento della qualità ecosistemica del territorio regionale, ossia l’efficienza della rete ecologica, un’alta permeabilità ecologica del territorio nelle sue diverse articolazioni, l’equilibrio delle relazioni fra componenti naturali, seminaturali e antropiche dell’ecosistema.

A livello regionale e di ambito, l’invariante ha individuato gli ecosistemi naturali, seminaturali o antropici quali principali morfotipi ecosistemici, descrivendone il contributo alla caratterizzazione dei paesaggi toscani, i valori naturalistici, le criticità e gli obiettivi di conservazione.

In particolare l’invariante è strutturata nei seguenti morfotipi ecosistemici: • Ecosistemi forestali • Ecosistemi agropastorali (anche in mosaici con habitat primari montani)

• Ecosistemi palustri e ripariali • Ecosistemi costieri • Ecosistemi rupestri e calanchivi • Ecosistemi arbustivi e delle macchie.

Tra le principali criticità per gli ecosistemi forestali e agropastorali il PIT riporta l’elevato carico di ungulati selvatici, e in particolare di cervo, daino, capriolo e cinghiale nelle aree continentali, di cinghiale e muflone nell’Arcipelago toscano, che rappresentano da alcuni decenni una delle maggiori cause di danneggiamento del patrimonio agricolo-forestale. Nelle indicazioni per le azioni è riportata la riduzione del carico di ungulati e dei relativi impatti. Ciò è dettagliatamente citato in particolare tra le indicazioni per le azioni dei seguenti elementi della rete ecologica forestale: • Nodo forestale primario

• Nodo forestale secondario

• Nuclei di connessione ed elementi forestali isolati • Matrice forestale ad elevata connettività

• e dei seguenti singoli elementi della rete ecologica degli ecosistemi agropastorali: • Nodo degli ecosistemi agropastorali • Agroecosistema frammentato attivo e in abbandono con ricolonizzazione arborea/ arbustiva • Agroecosistema frammentato in abbandono con ricolonizzazione arborea/ arbustiva.

L’elevato carico di ungulati è indicata anche tra le concause delle scarsa rinnovazione negli ecosistemi costieri sabbiosi caratterizzati da habitat dunali pinetati.

La problematica dell’eccessivo carico di ungulati è evidenziata anche nella disciplina a livello di ambito. Tra gli indirizzi per le politiche contenuti nelle venti "Schede degli ambiti di paesaggio”, che costituiscono riferimento per l'elaborazione delle politiche di settore, si prevedono interventi rivolti ad assicurare una densità faunistica sostenibile con particolare riferimento agli ungulati al fine di prevenire i danni alle colture arboree in fase di impianto, ai boschi in rinnovazione, alle produzioni agrarie, ed a mantenere la biodiversità negli ambienti forestali (nelle aree riferibili ai sistemi della Collina, Montagna, Dorsale, Margine).

Il PFVR promuove la riqualificazione ambientale in particolare attraverso interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici (p.es. gestione faunistica del margine del bosco

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PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 11

e impianto di siepi) andando in tal senso a costituire un elemento di incidenza positiva sulle criticità di alcuni ecosistemi agropastorali caratterizzati da una riduzione o eliminazione degli elementi vegetali lineari o puntuali (siepi, filari alberati, boschetti, alberi camporili)”.

Nelle zone umide la diffusione di specie aliene, animali e vegetali, rappresenta una grave minaccia per gli ecosistemi palustri e per le importanti specie vegetali e animali, in grado di alterare velocemente gli assetti ambientali delle aree umide con modificazioni osservabili anche alla scala di paesaggio. Per la mitigazione degli impatti legati alla diffusione di specie aliene invasive è indicato il controllo/riduzione della presenza di specie aliene invasive.

- Piano Ambientale ed Energetico Regionale (Paer)

Il Piano Ambientale ed Energetico Regionale (Paer) è istituito dalla L.R. 14/2007.

Il Paer si configura come lo strumento per la programmazione ambientale ed energetica della Regione Toscana e assorbe i contenuti del vecchio Pier (Piano Indirizzo Energetico Regionale), del Praa (Piano Regionale di Azione Ambientale) e del Programma regionale per le Aree Protette. Sono esclusi dal Paer le politiche regionali di settore in materia di qualità dell'aria, di gestione dei rifiuti e bonifica nonché di tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica che sono definite, in coerenza con le finalità, gli indirizzi e gli obiettivi generali del PAER, nell'ambito rispettivamente del Piano regionale per la qualità dell'aria (PRQA), del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti e Bonifica dei Siti Inquinati (PRB) e del Piano di tutela delle acque.

Il Paer attua il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) 2011-2015 e si inserisce nel contesto della programmazione comunitaria 2014-2020, al fine di sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, in un'ottica di contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici e prevenzione e gestione dei rischi. Il Paer contiene interventi volti a tutelare e a valorizzare l'ambiente ma si muove in un contesto eco-sistemico integrato che impone particolare attenzione alle energie rinnovabili e al risparmio e recupero delle risorse.

I principali obiettivi del Paer sono: A. Contrastare i cambiamenti climatici e promuovere l'efficienza energetica e le energie

rinnovabili B. Tutelare e valorizzare le risorse territoriali, la natura e la biodiversità

C. Promuovere l'integrazione tra ambiente, salute e qualità della vita

D. Promuovere un uso sostenibile delle risorse naturali.

La strategia regionale per la biodiversità, riportata all'interno dell'Obiettivo B e in particolare nell'Obiettivo specifico B1 “Conservare la biodiversità terrestre e marina e promuovere la fruibilità e la gestione sostenibile delle aree protette” allegato al disciplinare del Paer, contiene gli obiettivi più direttamente connessi a quelli del PFVR. La Strategia è articolata su 15 Target la cui conservazione garantisce la tutela di gran parte della biodiversità della regione.

Nell’analisi dei fattori di pressione/minaccia risulta che l’attività venatoria è tra le pressioni che interessano la biodiversità toscana, anche se non tra le principali e con un trend stimato in riduzione. L’attività venatoria ha un impatto sui seguenti ambienti target:

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Target n. 2 - Coste rocciose continentali e insulari Target n. 3 - Aree umide costiere ed interne, dulcacquicole e salmastre, con mosaici di specchi d’acqua, pozze, habitat elofitici, steppe salmastre e praterie umide

Target n. 5 - Aree agricole di alto valore naturale (HNVF)

Target n. 7 - Ambienti aperti montani e alto collinari, con praterie primarie e secondarie, anche in mosaici con brughiere e torbiere

Target n. 13 - Arcipelago toscano

Anche i danni da ungulati sono tra le pressione per la biodiversità e con un trend stimato in aumento. Gli ungulati selvatici, ed in particolare il cinghiale, rappresentano da alcuni decenni la maggiore causa di danneggiamento delle aree agricolo-forestali. L’eccessivo carico di ungulati rappresenta una significativa pressione sulle coste sabbiose (target 1), sulle zone umide (target 3), sui ambienti forestali (target 9, 10, 11), sulle aree di prateria e agroecosistemi (target 5 e 7), con danni alla rinnovazione di specie forestali, eliminazione del sottobosco (in particolare bulbifere ma non solo), erosione del suolo, alterazione del cotico erboso, impatto su specie (ad es. anfibi) ed habitat forestali e prativi, o sui target geografici con particolare riferimento all’Arcipelago Toscano (target 13) e alle Alpi Apuane ed Appennino settentrionale (target 14). A tal proposito si fa presente che il PFVR riporta tra i suoi principali obiettivi quello di adottare adeguate strategie gestionali per attenuare l’impatto che gli ungulati selvatici esercitano sull’agricoltura, andando pertanto in tal senso a costituire un elemento di incidenza positiva sulle strategie di tutela del Paer.

Un altro fattore di criticità in alcuni target di conservazione è quello relativo agli impatti di specie aliene animali la cui diffusione costituisce una importante minaccia alla biodiversità in quanto probabilmente deve ancora manifestare gran parte dei suoi effetti negativi.

Da evidenziare che gran parte delle azioni previste dalla Strategia Regionale che riguardano la gestione degli habitat e in particolare degli agroecosistemi sono perseguite dal PFVR attraverso gli indirizzi di gestione per gli istituti faunistici in merito agli interventi di miglioramenti agricolo-ambientali a fini faunistici.

I procedimenti da attivare per la formazione del PFV , in considerazione dei contenuti previsti dalla legge, sono:

· procedimento di Valutazione Ambientale Strategica - VAS - ai sensi dell’articolo 5 della l.r. 10/2010, all’interno del quale si svolge l’endoprocedimento di Valutazione di incidenza – VINCA ai sensi dell’articolo 87 della l.r. 30/2015;

· procedimento di conformazione al PIT con valenza di piano paesaggistico approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 27 marzo 2015, n. 37, ai sensi dell’articolo 31 della l.r. 65/2014 e dell’articolo 20, comma 1 della disciplina di piano. Per le modalità di svolgimento di tale procedimento si fa riferimento all’Accordo tra MIBACT e Regione ai sensi dell’articolo 31, comma 1 della l.r. 65/2014 e ai sensi dell’articolo 21, comma 3 della disciplina del PIT - PPR;

· procedimento di partecipazione ai sensi dell’articolo 36, comma 2 della l.r. 65/2014; le attività di informazione e partecipazione devono essere coordinate con le attività di partecipazione di cui alla l.r. 10/2010 e alla l.r. 1/2015, nel rispetto del principio di non duplicazione;

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· procedimento di concertazione ai sensi dell’articolo 3 della l.r. 1/2015, da effettuarsi

facoltativamente in fase di avvio e obbligatoriamente in contemporanea allo svolgimento della

fase di presentazione delle osservazioni a seguito dell’adozione del piano.

2. QUADRO CONOSCITIVO

In questa parte vengono riportate le principali fonti di dati che potranno essere utilizzate per le valutazioni e le analisi che sottenderanno alla programmazione di riferimento del Piano Faunistico Regionale, che opera sul Territorio Agro-Silvo-Pastorale.

Il territorio su cui trova applicazione la L.R. 3/94 è suddiviso in comprensori ovvero aree omogenee che rappresentano la base territoriale e organizzativa per la programmazione faunistico – venatoria e per la formulazione dei programmi di gestione (art. 6 bis).

All'interno del comprensorio sono individuati dal Piano Faunistico Venatorio (art. 6 bis): • le zone e le oasi di protezione; • le zone di ripopolamento e cattura; • i centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; • i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; • le aziende faunistico venatorie; • le aziende agrituristico venatorie; • le aree di addestramento e allenamento cani; • le zone in cui sono collocabili appostamenti fissi; • le aree vocate e non vocate per ciascuna specie di ungulato; • i parchi nazionali e le aree protette di cui alla L.R. 30/2015; • tutte le ripartizioni del territorio necessarie per l'organizzazione del prelievo venatorio.

In ogni comprensorio la parte di territorio agro-silvo-pastorale che residua dalla presenza di tutti gli istituti e strutture sopra elencate e non soggetta ad altra destinazione è destinata alla caccia programmata ed è gestita da Ambiti Territoriali di Caccia (art. 6).

2.1 ANALISI DELLA POPOLAZIONE E ANDAMENTO NEL NUMERO DEI CACCIATORI

Nella stagione venatoria 1999-2000 furono rilasciati dalla Regione Toscana 124.101 tesserini venatori, a fronte dei 73.318 rilasciati nella passata stagione 2017-2018. Nei 18 anni presi in considerazione si è verificato un saldo negativo di ben 50.783 cacciatori, con una diminuzione del 41%. I dati indicano che dal 2010 in poi i cacciatori che cessano l’attività sono compresi in una forbice fra il 3,5% ed il 4,9% ogni anno.

Considerata in particolare l’elevata età media dei cacciatori, il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze ha molto recentemente effettuato una elaborazione statistica della diminuzione del numero dei cacciatori. Da questa risulta che nel vicino 2020 i cacciatori supereranno di poco le 64.000 unità, mentre nel 2030 oscilleranno fra i 35.000 ed i 40.000.

Tale riduzione, oltre ad influenzare negativamente le entrate economiche regionali e degli ATC, comporterà una forte riduzione di alcuni apporti tradizionali, quale ad esempio la possibilità di utilizzare il volontariato per azioni gestionali quali l’attività nelle ZRC e ZRV, il controllo della fauna, la vigilanza volontaria, le opere di prevenzione danni ed il miglioramento ambientale. Tale fenomeno è già iniziato da tempo, anche se è stato spesso sottovalutato e non adeguatamente percepito.

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Visto il minor numero di cacciatori, sarà necessario instituire metodi di valorizzazione dell’impegno profuso da chi presta servizi di volontariato, nella misura in cui crea una ricchezza faunistica che va a favore di tutta la collettività, contrastando in particolar modo la crescente disaffezione nei confronti degli istituti faunistici pubblici (ZRC e ZRV).

Sarà dunque indispensabile adottare una strategia in grado di sostenere la gestione della piccola selvaggina e i relativi istituti faunistici pubblici destinati ad irradiarla tramite anche il lavoro dei cacciatori ad essa interessati.

Come emerso durante l’ultima Conferenza Regionale sulla Caccia del 28 – 29 giugno 2019, una misura in tal senso è rappresentata dalla possibilità di scontare una certa parte della quota di inscrizione all’Ambito Territoriale di Caccia tramite l’effettuazione di una o più prestazioni d’opera, in particolare a favore della piccola selvaggina, possibilità già presente nella normativa regionale ma che necessita di linee guida generali per una applicazione corretta e diffusa.

Da prevedere inoltre la possibilità di istituire, su valutazione degli ATC, delle zone sperimentali per la caccia alla minuta selvaggina stanziale senza che interferiscano con altre forme di caccia come quella alla migratoria. Queste zone possono essere affidate in gestione a gruppi di volontariato in grado di svolgere tutte quelle attività utili a favorire al ripristino di adeguate consistenze di queste specie (dal ripopolamento al controllo di predatori ed antagonisti).

Un ulteriore effetto della progressiva diminuzione di cacciatori è visibile sulle risorse economiche a disposizione degli ATC, ormai finanziati quasi esclusivamente attraverso le quote di iscrizione degli esercenti l’attività venatoria. Per garantire l’operatività nel medio-lungo termine degli Ambiti occorreranno in particolare anche apposite previsioni legislative:

- migliorare la disciplina degli ATC, sia dal punto di vista della redazione dei bilanci al fine di poterne garantire la reale efficacia, sia dal punto di vista gestionale, consentendo nell’ambito della programmazione regionale, di poter valorizzare le molte specificità dei diversi territori, spesso non individuabili su grande scala;

- rivedere il sistema di cofinanziamento dei costi di convenzione con le polizie provinciali;

- prevedere la possibilità di interventi di soccorso da parte del bilancio regionale mediante un fondo di rotazione, in caso di difficoltà gestionali causate da eventi eccezionali e comunque alla presenza di criteri oggettivi (ad esempio sforamento danni per cause ambientali non prevedibili);

- potenziare il ruolo di coordinamento degli ATC, anche mediante una definizione efficace dei loro compiti, chiarendo eventuali problematicità di interpretazione delle norme e semplificando le procedure per la nomina e sostituzione dei membri dei comitati al fine di garantirne la piena operatività;

- rafforzare i rapporti di interscambio tra uffici regionali territoriali e ATC al fine di creare una continuità dei flussi informativi tesi, da una parte a supportare l’attività dei comitati di gestione, dall’altra a consentire un feedback tempestivo rispetto allo stato di applicazione delle disposizioni regionali per adottare eventuali correttivi o migliorie.

Inoltre, al fine di garantire una gestione corretta e migliorare la tempestività delle azioni intraprese sia a livello regionale che a livello locale, sarà necessario portare a regime l’implementazione e l’utilizzo di nuovi sistemi informatici, attualmente in corso di adozione, che consentiranno di risolvere la quasi totalità delle criticità ancora in essere in

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seguito al riassetto istituzionale dovuto alla LR 22/2015. In particolare rilevante a questi fini sarà:

- il sistema informativo per la gestione faunistica in particolare degli ungulati, al fine di avere in tempo reale un quadro della situazione in essere;

- il sistema informativo per la gestione degli interventi di controllo faunistico, in particolare il portale ARTEA per la richiesta in via telematica delle autorizzazioni a scopo preventivo e la successiva procedura delle polizie provinciali per la gestione degli interventi di controllo ex art. 37 LR 3/1994, al fine di garantire una cooperazione tra agricoltori, regione, polizie provinciali e ATC con tempistiche certe e prestabilite (36 ore);

- il sistema informativo per la gestione delle richieste di danni alle colture e dei relativi indennizzi.

La diminuzione dei cacciatori porterà anche altre conseguenze negative, soprattutto in termini di riduzione delle opportunità di prelievo delle specie che causano danni, in particolare ungulati, anche se il calo numerico interessa in misura minore la caccia di selezione a queste specie.

Risultano inoltre in calo le forme di caccia vagante, in maniera leggermente inferiore quelle da appostamento.

2.2 ANALISI DEL TERRITORIO – SUPERFICIE AGRO-SILVO -PASTORALE

L'art. 6 c. 1 della L.R. 3/94 afferma che tutto il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria. L'esercizio dell'attività venatoria è una concessione rilasciata purchè non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica che per la Legge 157/1992 , articoli 1 e 1 bis, è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. Pertanto lo Stato e le Regioni adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare le popolazioni di tutte le specie ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, turistiche e culturali, tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative e facendo in modo che le misure adottate non provochino un deterioramento dello stato di conservazione delle specie e dei loro habitat.

Uso del suolo - Agricoltura - zootecnia

Le attività agro-silvo-pastorali sono molto importanti in quanto artefici del mantenimento di importanti ecosistemi, habitat e connessioni ecologiche tra di essi. Spesso si assiste, la dove gli ecosistemi sono marginali rispetto alle zone più antropizzate, a situazioni di conflitto a causa dei danni arrecati alle colture o agli animali da produzione .

La pianificazione faunistico-venatoria può garantire una corretta ed equilibrata interazione tra le attività agro-silvo-pastorali e le attività di gestione della fauna anche mediante forme di controllo selettivo.

L'analisi di dettaglio della caratterizzazione agricola del territorio della Regione e dell'uso del suolo in generale, evidenziando possibili elementi di criticità, può fornire dati molto importanti per predisporre al meglio la pianificazione territoriale.

L’abbandono dei terreni marginali ha portato alla loro trasformazione in rifugi per gli ungulati, anche a ridosso di città e centri abitati. La superficie forestale è passata dagli

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850.000 ettari del 1990 ai 1.200.000 ettari attuali, pari a circa il 55% del territorio toscano.

I cambiamenti climatici, l’abbondanza di alimentazione e la diminuzione dei cacciatori, fanno si che stiamo assistendo, in tutta Europa, ad un aumento consistente di specie quali il cinghiale ed il capriolo.

Queste specie, cresceranno ancora per le modifiche in atto del paesaggio toscano, legate alla redditività delle coltivazioni e degli allevamenti.

Di conseguenza in sede di pianificazione del territorio ed agricola, dovrebbe essere adeguatamente previsto il futuro assetto agricolo e forestale, in connessione con l’evoluzione delle politiche agricole Comunitarie e Regionali. In tema di programmazione dei fondi comunitari per l’agricoltura, occorrerà quindi valutare l’inserimento nel nuovo PSR di misure tese alla valorizzazione delle attività agricole che facilitino la creazione di habitat adeguati alla presenza di fauna stanziale di piccola taglia, incentivando il recupero produttivo di aree marginali, oggi abbandonate per mancanza di redditività e che potrebbero ricreare la necessaria fascia di protezione tra il bosco e le aree produttive, creando i presupposti per un migliore controllo anche della presenza di ungulati.

Un nuovo modello di miglioramenti ambientali, che quindi veda Regione, ATC e agricoltori come componenti di un unico progetto di riassetto territoriale su scala regionale, partendo da progetti sperimentali da attuarsi su indicazione degli ambiti nelle aree a maggior valenza come le ZRC.

2.3 ISTITUTI FAUNISTICI, AREE PROTETTE, AREE DI CONNETTIVITÀ ECOLOGICA

La localizzazione e distribuzione nello spazio di tutti gli istituti faunistici e aree protette della Regione facilmente visionabile attraverso il programma Geoscopio (http://www.regione.toscana.it/-/geoscopio) permette di coordinare le azioni di pianificazione in funzione delle esigenze territoriali e vincoli presenti. Inoltre fornisce la base che permette di visionare le aree di connettività ecologica che grande importanza hanno nel mantenere la "comunicazione" tra popolazioni di aree naturali diverse. Tale "comunicazione" che possiamo più semplicemente, per quanto attiene al nostro contesto, individuare nel movimento di animali tra un'area naturale adatta alle esigenze di quella specie ad un'altra con affini caratteristiche , può giocare un ruolo fondamentale nella gestione faunistica del territorio.

Una oculata realizzazione di miglioramenti ambientali o aree protette spesso permette di evitare che si creino zone di connettività ecologica che attraversano aree fortemente urbanizzate o vie di comunicazione, si pensi agli incidenti stradali provocati da specie selvatiche.

2.4 ANALISI DEI DATI FAUNISTICI DEL TERRITORIO

La conoscenza dei dati di distribuzione, consistenza , abbattimento e immissioni delle specie sono fondamentali per la pianificazione delle azioni di gestione faunistico-venatoria. All’uopo sarà imprescindibile disporre, nella redazione del piano, di dati e statistiche completi, al fine di poter motivare in modo preciso ed incontrovertibile la consistenza e le tempistiche di realizzazione del piano medesimo.

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A questo scopo sarà altresì necessario dare nuovo impulso alla collaborazione fra istituzioni e cacciatori, che rappresentano con la loro presenza capillare un elemento imprescindibile per la raccolta di informazioni e soprattutto procedere a regolamentare la raccolta di dati che possano supportare le scelte regionali.

Il Piano presenterà i risultati delle indagini specifiche realizzate direttamente dalla regione, quali ad esempio il monitoraggio sulla Beccaccia, gli studi e rilevazioni sulle specie svernanti e nidificanti e le osservazioni effettuate sul territorio. I dati raccolti nel corso degli anni, oltre a fornire un trend delle specie ci permette una valutazione delle azioni messe in atto negli ultimi anni sia che si tratti di dati di distribuzione delle specie ungulate, dai quali possiamo evincere se i piani di abbattimento siano adeguati alle esigenze gestionali, sia che si tratti di dati di produttività delle aree di ripopolamento e cattura o dei centri di riproduzione della fauna selvatica, dei quali è possibile così verificare se siano più o meno produttivi, sia che si tratti dei dati relativi alle azioni di intervento per il contenimento dei danni, che potranno essere calibrate in maniera tale da cercare di massimizzare costi/benefici. In questo quadro molta importanza rivestono quindi tutti i dati raccolti nella precedente programmazione e inseriti nel portale regionale (http://www.regione.toscana.it/-/geoscopio).

2.5 ANALISI DEI DANNI PROVOCATI DALLA FAUNA SELVATICA

La lettura e l'analisi dei danni provocati dalla fauna selvatica, compresa la fauna protetta, negli ultimi anni ci permette di valutare l'efficacia della gestione faunistica effettuata e contemporaneamente ci permette di attuare le correzioni che si reputino opportune anche attraverso la previsione di utilizzo di miglioramenti ambientali, metodi dissuasivi, coordinamento con forme di ristoro del danno e contenimento selettivo.

La creazione di un’unica Banca Dati nella quale afferiscano i dati provenienti da tutti gli Enti proposti alla raccolta e gestione del dato è quanto mai fondamentale per avere una visione complessiva e poter fare valutazioni adeguate ai contesti ambientali e socio economici. Contestualmente è anche importante raccogliere i feedback di tutte le azioni di prevenzione messe in atto così da poter mettere in campo sempre le soluzioni migliori caso per caso).

Negli ultimi anni i conflitti maggiori e con maggiore risalto mediatico si sono avuti con gli ungulati, in particolare cinghiale e capriolo, e con il lupo. Altre situazioni problematiche sono state riscontrate con i piccioni, i corvidi e specie ittiofaghe, in particolare cormorani.

La Regione Toscana, per quanto riguarda il cinghiale, ha profuso un grande impegno nella prevenzione di tali conflitti sia mediante il finanziamento di metodi di prevenzione ecologici, sia attraverso un piano di gestione triennale del cinghiale che ha contribuito fortemente a diminuire la pressione di questo ungulato sul territorio. Per quanto riguarda il lupo la Regione Toscana ha finanziato un progetto per la tutela dell’integrità genetica del lupo e ha investito risorse nella prevenzione dei danni causati da questo predatore finanziando recinzioni elettrificate, la distribuzione di cani da guardiania ai pastori e la ricerca di sponsor per la fornitura di alimentazione gratuita e cure veterinarie per i primi anni di vita dei cuccioli di cane.

2.6 IL QUADRO SOCIO-ECONOMICO

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Anche il quadro sociale ed economico collegato alla gestione faunistica e venatoria ha subito notevoli mutamenti negli ultimi anni e quindi necessiterà di adeguata valutazione ai fini di apportare i dovuti correttivi alla gestione ottimale del territorio.

2.7 SICUREZZA E SALUTE

Dall'analisi dei dati sulla incidentalità legata all'esercizio della caccia risulta che il maggior numero di incidenti si registra nella braccata al cinghiale. La Regione Toscana con le Leggi di settore e le Delibere attuative ha posto l'accento sull'esercizio della caccia in sicurezza prevedendo l'utilizzo obbligatorio di idonei indumenti ad alta visibilità sia durante le azioni di caccia al cinghiale , sia durante lo svolgimento degli interventi di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94. E' inoltre prevista l'affissione di appositi cartelli recanti l'avviso di operazioni di abbattimento con armi da fuoco, presso le principali vie di accesso alle aree di intervento (punto 4 c) della D.G.R. 807 del 01/08/2016).

L'utilizzo dei pallini di piombo può avere ripercussioni su alcune componenti faunistiche. Gli effetti tossici del piombo disperso in acqua e accidentalmente ingerito sono conosciuti dall'ottocento e sono stati confermati da numerosi successivi studi. I pallini in piombo vengono soprattutto ingeriti dagli anatidi e dagli animali che frequentano e si cibano negli ambienti con presenza di acque e terreni umidi . Non è insolito poi che l'intossicazione si estenda, attraverso la catena alimentare, ad animali predatori o spazzini che si cibano di animali contaminati fino ad avere ripercussioni sull’uomo . Data la pericolosità per l'impatto ambientale derivante dall'utilizzo del munizionamento in piombo molti paesi ne hanno bandito totalmente l'utilizzo sul territorio o fortemente limitato. La convenzione AEWA (African-Eurasian Migratory Waterbird Agreement), sottoscritta all’Aia nel 1996 prevede il divieto di uso dei pallini da caccia al piombo nelle zone umide a partire dal 2000 . In Italia l'adesione è stata formalmente attuata con la L. 66/2006 e riguarda esclusivamente le aree umide inserite nelle Zone di Protezione Speciale. La Regione Toscana anche con la D.G.R. 767/2018 "Calendario Venatorio Regionale 2018/2019" ha vietato l'utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all’interno di tutte le zone umide del territorio della Regione Toscana, quali laghi naturali e artificiali, stagni, paludi, acquitrini permanenti, lanche e lagune d’acqua dolce, salata e salmastra; nonché, nelle zone speciali di conservazione (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS), ”divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all’interno delle zone umide quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d’acqua dolce nonché nel raggio di 150 m dalle rive più esterne.

La Regione Toscana anche nell'ottica di favorire uno sviluppo della commercializzazione della carne degli animali selvatici ed in particolare degli ungulati abbattuti, ha emanato direttive precise per la gestione e l'utilizzo delle carni di selvaggina abbattuta in azioni di caccia e per la raccolta di campioni biologici per i controlli sanitari di concerto con il Servizio Sanitario Nazionale e l'Istituto Zooprofilattico. Ha predisposto per questo una ben precisa filiera delle carni degli ungulati selvatici abbattuti prevedendo, come previsto dal Reg. CE 853/2004, oltre alla figura del "Cacciatore formato" anche Centri di Sosta e Centri di Lavorazione Selvaggina. A riguardo, una delle problematiche più urgenti consiste nella creazione di un sistema di punti di sosta per la conservazione delle carcasse in attesa del ritiro da parte di centri di lavorazione.

Questi ultimi sono stati creati in maniera estremamente difforme nei diversi ambiti della regione a causa delle diverse situazioni ambientali e culturali. È necessario perciò

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ricercare nuove soluzioni per completare la rete, indispensabile per una gestione corretta della filiera dal punto di vista sanitario ed economico, analizzando le opportunità che potrebbero essere già presenti sul territorio e coinvolgendo tutti gli attori in gioco.

Come emerso in sede di Conferenza Regionale, una soluzione attuabile riguarda il coinvolgimento delle squadre di caccia in braccata, che sotto il coordinamento degli ATC e mediante la redazione di apposite linee guida regionali, potrebbero dare un importante contributo essendo ben organizzate e distribuite su tutto il territorio, e consentendo loro di essere inserite in un sistema rispondente alle norme sanitarie e adeguato alle odierne necessità.

Sarà necessario infine valutare il soggetto migliore alla gestione della parte di valorizzazione mediante un apposito marchio, in base alle direttive comunitarie e nazionali, ipotizzando come soggetto principale il coordinamento degli ATC.

2.8 ANALISI SWOT

L’analisi è uno strumento di pianificazione strategica attraverso la quale vengono valutati i punti di forza, debolezza, le opportunità e le minacce di un Piano.

La definizione delle matrici è un elemento fondamentale per la valutazione degli indicatori, che devono essere in grado di rappresentare non solo gli effetti sull’ambiente ma anche le interazioni e le compensazioni che si possono riscontrare nell’ambito delle diverse attività svolte sul territorio.

Aree protette - Natura e Biodiversità

Punti di forza Punti di debolezza

• Ampio sistema di aree con diversi livelli di protezione

• Ricco sistema di aree umide anche di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar

• Coinvolgimento in Piani di Azione per le specie protette e in attività di monitoraggio e di controllo dello stato di conservazione delle specie e degli habitat

• Presenza di CPPS (Centro Pubblico Produzione Selvaggina) d'eccellenza.

• Incremento della risorsa faunistica

• Frammentazione degli ecosistemi e riduzione degli habitat per progressiva urbanizzazione

• Mancata o ritardata adozione dei piani di gestione dei siti Natura 2000 e delle misure di conservazione specifiche

• Rischio alterazione patrimonio genetico specie autoctone

Opportunità Criticità

• Realizzazione di miglioramenti ambientali tesi a recuperare terreni marginali e abbandonati

• Conservazione e ripristino delle aree umide

• Migliorare la connettività creando reti ecologiche tra gli ambienti naturali

• Introgressione di specie esotiche

• Incremento della pressione antropica nelle aree naturali protette e no determinato dal turismo escursionistico

• Funzione di “serbatoio” esercitata da molte aree protette per specie problematiche per le attività

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• Miglioramento della funzionalità delle aree boschive anche mediante interventi PSR

• Promozione di pratiche agricole con minor impatto sugli ecosistemi

• Implementare i sistemi di monitoraggio delle popolazioni selvatiche e dei prelievi

• Incremento del turismo legato alla risorsa faunistica

agricole

• Mancata valorizzazione della produzione di selvaggina di qualità

Uso del suolo, attività agro-silvo-pastorali

Punti di forza Punti di debolezza

• Presenza di produzioni di pregio e tipiche

• Aumento delle produzioni agricole biologiche e biodinamiche

• Presenza di piccole realtà a carattere agro-silvo-pastorali, anche non imprenditoriali, con importante funzione di cura del territorio e mantenimento della biodiversità

• Sviluppo dell'agricoltura multifunzionale

• Incremento delle attività forestali e di gestione del bosco

• Sovrasfruttamento delle risorse, idriche in particolar modo

• Aumento del disturbo anche in ambienti naturali

• Presenza di Istituti Faunistici con gestioni non adeguate alle realtà territoriali

• Presenza di specie “problematiche” per le attività agricole

• Realizzazione di miglioramenti ambientali non sufficientemente adeguati alle realtà territoriali e che non contribuiscono ad alleggerire gli impatti delle specie problematiche sulle produzioni agricole

Opportunità Criticità

• Realizzazione di filiere tese a valorizzare le produzioni regionali

• Valorizzazione delle carni provenienti dalla gestione faunistico venatoria con l’introduzione di una filiera dedicata

• Verifica funzionalità Istituti Faunistici presenti

• Promozione di pratiche agricole con minor impatto sugli ecosistemi

• Implementazione della raccolta dei dati relativi alle denunce danni

• Monitoraggi specie fauna di interesse venatorio per assicurare prelievi sostenibili

• Formazione, informazione e supporto idonee pratiche di dissuasione e allontanamento delle specie problematiche per ridurre la spesa pubblica per il risarcimento dei danni

• Adozione specifici piani di controllo specie problematiche

• Impatti delle specie “problematiche” sulle produzioni agricole

• Produzioni di pregio con aumento spesa per il risarcimento dei danni

• Difficoltà ad accettare la necessità di utilizzo di metodi di protezione e allontanamento

• Difficoltà a reperire personale per monitoraggi delle popolazioni di fauna omeoterma

• Presenza di alcune realtà problematiche impermeabili all’effettiva realizzazione di piani di contenimento

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Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 21

Popolazione, quadro socio economico, salute pubblica e sicurezza

Punti di forza Punti di debolezza

• Adozione di misure di prevenzione di incidenti durante le operazioni di caccia ( indumenti alta visibilità, cartelli di avviso..)

• Limitazione utilizzo munizionamento contenente piombo

• Sviluppo di una filiera della carne proveniente dalle operazioni di caccia e controllo

• Organizzazione di un database georeferenziato per gli incidenti con la fauna selvatica

• Sistema di recupero della fauna in difficoltà h 24

• Diminuzione della popolazione venatoria e conseguente perdita di “volontariato”

• Contaminazione suolo, acqua. Avvelenamento specie legate agli ambienti umidi e ripercussioni sulle specie predatrici e/o spazzine e uomo

• Disturbo sulle strutture recettive diffuse sul territorio

• Impatto su attività outdoor legate a forme di imprenditorialità del territorio (escursionismo a piedi, a cavallo,…)

Opportunità Criticità

• Ricerca di nuove forme di valorizzazione del volontariato

• Sperimentazione di forme di caccia specialistiche

• Migliorare l’interscambio tra ATC e Uffici regionali per rendere maggiormente incisivi gli interventi sul territorio e l’applicazione di correttivi

• Migliorare la gestione della filiera “carne”, aumentando la sicurezza sanitaria

• Partecipazione ai Piani di monitoraggio sanitario della fauna selvatica di concerto con il SSN e IZS

• Formazione e sensibilizzazione sulla sicurezza nelle azioni di caccia

• Utilizzo del database georeferenziato degli incidenti con la fauna selvatica per interventi di gestione faunistica ad hoc

• Diminuzione delle risorse economiche (legate alle quote cacciatore) da investire nella gestione del territorio a fini faunistici

• Difficoltà nella realizzazione e gestione dei Centri di Sosta e Centri di Lavorazione Carni

• Alta incidentalità con specie di fauna selvatica

• Poca diffusione del munizionamento atossico nelle operazioni di caccia e controllo

3. PRINCIPALI OBIETTIVI STRATEGICI DELL’ATTUALE PROGRAMMAZIONE

Con la Legge Regionale 22/2015 sul riordino amministrativo, la Regione Toscana ha ricondotto alla propria competenza l’intera materia della gestione faunistico-venatoria, assorbendo il personale addetto presso gli uffici ex provinciali. Si è trattato di un passaggio epocale con una razionalizzazione e unificazione di tutte le procedure sull’intero territorio.

Nei primi mesi del 2016 è stata modificata la Legge Regionale 3/94 sulla protezione della fauna omeoterma e sul prelievo venatorio. Le modifiche hanno riguardato in particolare l’abrogazione del Titolo 2 “Ripartizione delle competenze” e la modifica del Titolo 3

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“Pianificazione” , all’interno del quale il comma 2 dell’art. 6 fissa degli obiettivi di fondo da perseguire nella redazione del piano faunistico venatorio .

In particolare la pianificazione faunistico venatoria è finalizzata: - per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle loro effettive capacità

produttive e al contenimento naturale di altre specie . - per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale, alla loro

conservazione e a garantirne la coesistenza con le altre specie e con le attività antropiche presenti sul territorio mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.

L’introduzione poi dell’art. 7 bis ha previsto che i PFV provinciali restino validi sino all’entrata in vigore del nuovo piano faunistico venatorio regionale per le parti non in contrasto con la normativa regionale in materia di attività venatoria.

Sulla base del monitoraggio e della valutazione degli interventi di gestione della precedente programmazione faunistica sono identificati gli obiettivi del presente Piano che tendono a correggere o eliminare le criticità emerse.

Con il Piano Faunistico Venatorio Regionale (PFVR) si delineano, nel rispetto della L. 157/1992 e della legge di recepimento regionale LR 3/1994, gli obiettivi, le strategie di intervento, le priorità e gli strumenti di intervento che saranno alla base della gestione faunistica per il prossimo periodo di programmazione.

Nell’individuazione degli obiettivi, la Regione persegue la progressiva integrazione della programmazione faunistico-venatoria nelle politiche complessive di governo del territorio, una visione unitaria del territorio rurale e un ruolo della gestione faunistica per il rilancio dell’economia agricola.

E’ importante sottolineare che la pianificazione faunistica e venatoria avviene in conformità e in coerenza non solo con la conservazione delle specie faunistiche di interesse venatorio, ma anche con la tutela e conservazione della biodiversità e dell’ambiente in generale. Per questo motivo, il Piano Faunistico Venatorio rientra tra gli atti di pianificazione che, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, punto b) della L.R. 10/2010, sono obbligatoriamente soggetti a Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Ai fini di questa valutazione, il Piano conterrà quindi il Rapporto Ambientale e, per il territorio ricadente in SIR/SIC/ZPS, anche un apposito Studio di Incidenza, facenti parte integrante e sostanziale del Piano stesso. Di seguito sono riportati gli obiettivi del presente Piano che sono stati individuati sulla base del monitoraggio e della valutazione degli interventi di gestione della precedente programmazione faunistica. Di fondamentale importanza nell’individuazione delle priorità del PFVR è stata anche una fase di confronto e partecipazione con le varie componenti sociali antecedente alle fasi di consultazione e partecipazione previste dalla LR 10/2010 e dalla LR 65/2014. Questo processo partecipativo ha visto nella “Conferenza Regionale sulla caccia in Toscana” (28 e 29 giugno 2019 a Grosseto) il momento conclusivo di una condivisione della problematiche, delle aspettative e delle linee operative che ha preso avvio con i Tavoli tecnici preparatori.

OBIETTIVI FAUNISTICI E VENATORI

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3.1 DESTINAZIONE DIFFERENZIATA DEL TERRITORIO AGRICOLO FORESTALE

La destinazione differenziata del territorio agricolo forestale deve garantire la coesistenza di tutte le tipologie di istituti previsti dalla legge (art. 6 bis della LR 3/1994) nel rispetto della normativa e di criteri funzionali al raggiungimento degli obiettivi generali e faunistici venatori.

La pianificazione faunistica e venatoria interessa tutto il territorio regionale e deve prevedere il coordinamento della gestione sull’intero mosaico di strutture e istituti, anche se soggetti a vincolo o a regime di protezione, che nel rispetto delle normative specifiche e delle differenti finalità persegua interessi collettivi e obiettivi unitari, tra cui il conseguimento della densità ottimale delle specie selvatiche. E’ importante tuttavia tener conto e valorizzare anche le singole peculiarità locali, fondamentali per una corretta gestione faunistica di un territorio come quello toscano costituito da realtà ambientali estremamente differenziate.

L’impostazione della gestione faunistica deve partire dall’adeguamento degli istituti faunistici pubblici e privati. Le proposte di modifica e nuova istituzione saranno valutate tenendo conto dei dati territoriali relativi alle diverse tipologie di istituto e sulla base della verifica e rispetto delle quote della Superficie agro-forestale impegnata e destinabile (art. 6 LR 3/1994). L’individuazione degli istituti e strutture deve avvenire inoltre in una più attenta verifica delle finalità istitutive e delle caratteristiche ambientali, per una loro riqualificazione ai fini dell’incremento faunistico e della produzione della piccola fauna stanziale e della migratoria, anche mediante l’accorpamento o la trasformazione di istituti idonei.

L’esame dell’utilizzo del suolo confrontato con le aree di maggior problematicità per incidentalità stradale con animali selvatici può inoltre suggerire strategie migliorative della gestione del territorio che permettano di ridurre gli episodi di collisione.

- ISTITUTI PUBBLICI

Le Zone Ripopolamento e Cattura (ZRC), le Zone di Rispetto Venatorio (ZRV), le Zone di Protezione e le Oasi rappresentano insieme ai Centri Pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale (CPPS) gli istituti faunistici pubblici costituiti ai sensi della L.R 3/94 e finalizzati alla conservazione e riproduzione della fauna selvatica, con particolare riferimento alla piccola fauna stanziale. La gestione di tali istituti aveva lo scopo di affrancare completamente la caccia dalle immissioni di piccola selvaggina, sostituite in teoria dalle catture ed irradiamento da tali aree. Questo obiettivo non è stato raggiunto, salvo limitate eccezioni. Si rende quindi indispensabile un intervento immediato secondo diverse azioni di revisione della costituzione e gestione di tali istituti. In particolare per le ZRC già presenti nel precedente periodo di programmazione è necessaria un’analisi puntuale della loro reale valenza gestionale sulla base di dati pregressi, valutando quindi l’eventuale revoca qualora non vi siano risultati apprezzabili, o la loro trasformazione in ZRV. L’istituzione di nuove ZRC deve basarsi sulla valutazione di caratteristiche ambientali idonee; in via prioritaria dovranno ricadere nelle aree particolarmente vocate alla presenza di piccola selvaggina per creare un reticolo di istituti funzionale all’irradiamento naturale sul territorio della fauna selvatica, al quale dovrebbero altresì contribuire gradualmente anche le ZRV, all’interno delle quali il ricorso alla selvaggina allevata in

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cattività dovrebbe avvenire nel rispetto di corretti criteri di ambientamento e avere comunque l’auspicabile finalità di ricostituzione di popolazioni che si autoriproducono.

- ISTITUTI PRIVATI

Le AFV possono rivestire un ruolo molto importante nella produzione di selvaggina naturale, quale lepre, fagiano, starna e pernice rossa. Nelle AFV con scarsa presenza di fauna selvatica stanziale, le immissioni dovranno avvenire con soggetti di alta qualità e le operazioni dovranno seguire specifici criteri tecnici. L’istituzione di nuove Aziende dovrà contemplare l’idoneità ambientale del territorio vincolato alle esigenze ecologiche delle specie in indirizzo.

Si prevede il miglioramento gestionale degli istituti privati, anche attraverso la stesura di appositi disciplinari per il raggiungimento delle finalità istitutive e al fine di garantirne la piena integrazione con il territorio a caccia programmata. In particolare si prevede un monitoraggio faunistico a campione, forme di incentivazione per attività di collaborazione con le sedi territoriali regionali, la semplificazione del sistema di contribuzione, oggi affidata alla conversione economica dei conferimenti (metodo complesso per i gestori e poco verificabile dalla Regione), e la definizione di incentivi per le aziende che conseguano degli obiettivi gestionali concertati, tesi a garantire un irradiamento naturale della minuta selvaggina nel territorio circostante, e un controllo efficace della presenza di ungulati in sinergia con l’ATC di riferimento.

- AREE PROTETTE E AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA

Rientrano in tale categoria

• Parchi statali e regionali

• Riserve naturali statali e regionali

• ANPIL

• Demanio Regionale

• Fondi chiusi e Aree sottratte alla caccia programmata, ai sensi dell’art. 25 L.R. 3/1994

• Aree temporaneamente chiuse alla caccia ai sensi dell’art. 33 della stessa Legge. Il PFVR conterrà una raccolta georeferenziata delle informazioni inerenti la superficie interessata, le specie di interesse conservazionistico, la gestione faunistico venatoria, le specie problematiche e i danni. Verranno individuate, sulla base delle informazioni raccolte, le possibili opzioni migliorative applicabili anche con lo scopo di realizzare un controllo faunistico e ambientale omogeneo rispetto al restante territorio. In particolare risulta fondamentale attuare quanto previsto dalle norme regionali in merito alla gestione faunistica dell’intero territorio, garantendo una effettiva attività di monitoraggio e controllo in tutte le aree protette e attuando quanto previsto dai piani regionali di controllo dei cinghiali approvati per quelle aree.

3.2 GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA

Tutta la gestione faunistico venatoria è improntata alla conservazione delle specie tipiche della fauna regionale in popolazioni vitali e naturalmente strutturate, anche con lo scopo di rendere massima la biodiversità faunistica. Fanno eccezione le specie che causano danni alle coltivazioni, agli habitat naturali e alle altre specie selvatiche, le specie aliene e quelle immesse accidentalmente per le quali sono indicate forme di gestione finalizzate al controllo non conservativo.

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In quest’ottica sono individuati come prioritari per il PFV i seguenti obiettivi faunistici e venatori:

• individuazione dei criteri gestionali per la piccola fauna stanziale, con particolare attenzione alla valorizzazione del fagiano , della lepre e della pernice rossa;

• definizione dei criteri gestionali per gli ungulati per il raggiungimento di densità sostenibili, anche attraverso una gestione non conservativa delle specie per tutelare le produzioni agricole e per ridurre lo stato di rischio e preoccupazione per la pubblica incolumità (incidenti stradali, frequentazione di aree peri-urbane e residenziali);

• determinazione dei criteri gestionali anche per i selvatici diversi dagli ungulati, per la fauna migratrice, per la valorizzazione e tutela delle specie di interesse conservazionistico e per la difesa delle colture e in generale delle attività antropiche attraverso piani di limitazione dei danni delle specie predatrici e concorrenti (art. 37 della LR 3/1994) e delle specie "problematiche" allo scopo di aumentare il valore delle risorse faunistiche riducendo al tempo stesso gli aspetti negativi;

• miglioramento della raccolta dati faunistici con particolare riguardo ai dati di consistenza e alle rotte di migrazione dell’avifauna per una più puntuale definizione dei calendari venatori;

• creazione e valorizzazione di centri di inanellamento e progetti specifici.

- PICCOLA FAUNA STANZIALE

In generale si è assistito, specialmente nell’ultimo decennio, ad una graduale diminuzione della piccola selvaggina stanziale (lepre, fagiano e starna). Se da un lato sul breve periodo ciò è attribuibile anche a una diminuzione delle operazioni di immissione di soggetti di allevamento appartenenti alle specie fagiano e lepre che in passato costituivano pratiche annuali di ricostituzione di popolazioni artificiali per scopi venatori, dall’altro il tentativo di creare nuclei naturali di fagiano e lepre in grado di autosostenersi attraverso l’attuazione di buone pratiche di gestione conservativa (immissione protetta di soggetti di elevata qualità, miglioramenti ambientali, lotta selettiva ai predatori, limiti quantitativi e temporali di prelievo) ha avuto sul territorio esiti molto diversificati, ma solamente in alcune situazioni puntiformi ha raggiunto buoni risultati. Alla luce dei risultati ottenuti e di quanto evidenziato in precedenza, il PFV deve tendere al raggiungimento dello sviluppo delle popolazioni attraverso azioni diversificate e complementari tra loro come ad esempio:

1. ridurre in maniera consistente la presenza del cinghiali e di altri antagonisti nelle strutture specifiche per la piccola fauna stanziale, allo scopo di aumentare la capacità produttiva naturale ed il successo delle immissioni;

2. programmare per il fagiano e la pernice rossa, attraverso immissioni controllate di soggetti di elevata qualità, la costituzione delle popolazioni o il rafforzamento di quelle esistenti;

3. effettuare controlli sulla provenienza e sulla consegna della selvaggina destinata alle immissioni, sull’età e purezza genetica dei soggetti da immettere. Obbligo di immissione di sola selvaggina proveniente da allevamenti rispondenti alle “linee guida” regionali;

4. approvazione di protocolli di immissione che prevedano nella maggioranza dei casi l’immissione “protetta” mediante recinti di ambientamento;

5. incentivare la gestione conservativa basata sulla riproduzione naturale e sull’irradiamento dagli istituti faunistici sia pubblici che privati;

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6. attuazione di miglioramenti ambientali “dedicati” nelle aree di immissione degli animali;

7. sensibilizzare gli ATC a non effettuare gare a “ribasso” per l’acquisto di selvaggina, puntando sulla qualità e non sulla quantità;

8. istituire un albo degli allevatori di riferimento per gli ATC, rispondenti ai parametri definiti nei disciplinari, verificati da soggetti regionali competenti e/o da soggetti universitari;

9. valorizzazione degli endemismi delle popolazioni di fauna stanziale.

Si prevede inoltre l’elaborazione della carta di vocazionalità della minuta selvaggina stanziale con particolare riferimento all’individuazione delle aree che, per specifiche caratteristiche ambientali, rappresentano siti idonei alla presenza di questa tipologia di fauna e per i quali dovranno essere previsti programmi finalizzati al loro mantenimento ed espansione.

Al fine di valutarne la fattibilità, si prevede la possibilità di istituire, su valutazione degli ATC, delle zone sperimentali dove pianificare la caccia alla minuta selvaggina stanziale, individuando modalità di gestione che non interferiscano con altre forme di caccia come quella alla migratoria. Queste zone si dovrebbero basare su gruppi di volontariato in grado di svolgere tutte quelle attività utili a favorire il ripristino di adeguate consistenze di queste specie (dal ripopolamento al controllo di predatori ed antagonisti).

- GESTIONE DEGLI UNGULATI

Gli ungulati selvatici sono le specie maggiormente rappresentate a livello regionale ed il notevole incremento avvenuto negli ultimi 20 anni ha posto la necessità di adottare adeguate strategie gestionali per attenuare l’impatto che queste esercitano sull’agricoltura. Proprio i conflitti con il mondo agricolo e le tensioni sociali che il cinghiale e il capriolo, ma anche localmente il cervo e il daino hanno generato, hanno richiesto l’adozione della LR 10/2016. La LR n. 10 del 9 febbraio 2016, relativa al ripristino dell’equilibrio delle popolazioni di ungulati rispetto al territorio, ha costituito un passaggio normativo fondamentale, incentivando il prelievo selettivo del cinghiale e prima in Italia la filiera delle carni dei selvatici abbattuti. Partendo dai contenuti della normativa in vigore e da quanto indicato dal DPGR 48/R/2017, il Piano dovrà prevedere le strategie da mettere in atto per conseguire densità di presenza di ungulati compatibili con le attività agricole presenti sul territorio. In particolare:

• revisione delle carte di vocazionalità faunistiche degli ungulati, con un aggiornamento della situazione reale del territorio, sia rispetto alla consistenza delle popolazioni delle diverse specie mediante l’utilizzo di metodi di censimento adeguati e omogenei sull’intero territorio, sia rispetto alla loro sostenibilità dal punto di vista ambientale e di compatibilità con le attività antropica con particolare riferimento alle coltivazioni. In particolare al fine di ottenere una gestione corretta e sostenibile del territorio e viste le criticità emerse dall’attuale modello che prevede due possibili stati (vocato o non vocato) si potranno prevedere diverse graduazioni di vocazione del territorio, ognuna con una propria modalità gestionali specifica;

• coinvolgimento di tutti gli Enti di gestione delle aree protette;

• incentivare, per quanto possibile, la prevenzione dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole al fine di tutelare prioritariamente il lavoro degli agricoltori e

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prevedendo l’indennizzo dei danni stessi quale ultima ratio nel caso in cui la prevenzione si sia dimostrata incapace di conseguire l’obiettivo;

• prioritaria destinazione degli eventuali risparmi conseguiti tramite un’efficiente opera di prevenzione dei danni agricoli al miglioramento ambientale in favore della piccola selvaggina stanziale, in modo tale da consentire il conseguimento di un fondamentale obiettivo: l’opportunità per gli agricoltori di integrare il proprio reddito tramite lo svolgimento di una meritoria azione di qualificazione ecologica del territorio. Un aspetto importante del PFV è la valorizzazione della risorsa fauna e della filiera delle carni. Il tema della filiera è dibattuto ormai da oltre un decennio, tanto da essere argomento anche della scorsa conferenza regionale del 2009. Rispetto ad allora sono stati fatti una serie di passi avanti sia dal punto di vista normativo che gestionale, tanto che l’aumento del numero di capi avviati alla filiera negli ultimi 3 anni è evidente. Permangono tuttavia forti criticità e potenzialità ancora inespresse, che richiedono un attento lavoro di cooperazione tra tutti gli attori al fine di poter sviluppare un settore che potrebbe, offrire alcune opportunità e prospettive a medio e lungo termine di sostenibilità del sistema oltre ad una maggiore garanzia di tranciabilità e sicurezza. Una delle problematiche più urgenti consiste nella creazione del sistema di punti di sosta per la conservazione delle carcasse in attesa del ritiro da parte centri di lavorazione, che sono stati creati in maniera estremamente difforme nei diversi ambiti regionali, a causa delle diverse situazioni ambientali e culturali.

E’ necessario quindi si cerchino nuove soluzioni per completare la rete, indispensabile per una gestione corretta della filiera dal punto di vista sanitario ed economico, analizzando le opportunità che potrebbero essere già presenti sul territorio, e coinvolgendo tutti gli attori in gioco, comprese anche le squadre di caccia in braccata, che sotto il coordinamento degli ATC e mediante la redazione di apposite linee guida regionali, potrebbero dare un importante contributo, essendo ben organizzate e distribuite su tutto il territorio, consentendo loro di essere inserite in un sistema adeguato alle norme sanitarie e quindi maggiormente rispondente alle necessità moderne.

E’ necessario mettere in atto tutte le azioni necessarie per creare e valorizzare una filiera delle carni che veda la realizzazione di un apposito marchio regionale, in base alle direttive comunitarie e nazionali.

Il recupero dei capi feriti con l'utilizzo del cane da traccia, inoltre, è una pratica purtroppo non diffusa nella caccia e di notevole rilevanza etica e morale. Tale pratica, oltre a permettere di raggiungere l’animale ferito evitandogli inutili e prolungate sofferenze, consentirebbe di recuperare ingenti quantitativi di carne di ungulato.

3.3 SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITÀ FAUNISTICA E AGRICOLA

Nell'ambito del livello di protezione accordato alle diverse specie migratrici, il PFV deve occuparsi in particolare di quelle che esercitano un maggiore impatto sulle altre popolazioni, sulle colture agricole e sulla pesca. Ai migratori presenti nel territorio regionale in svernamento, spostamento ed estivazione, vanno aggiunte le specie che hanno conseguito negli ultimi anni un carattere di stanzialità, come colombaccio e storno. Saranno indicate inoltre le linee di gestione degli appostamenti in chiave di miglioramento ambientale e di conservazione di particolari habitat. In tale contesto emergono le possibilità di coinvolgere il mondo venatorio e gli stessi titolari degli appostamenti a perseguire la conservazione di siti di alimentazione, rifugio e nidificazione anche delle specie non oggetto di caccia. E’ il caso ad esempio dei chiari di caccia agli acquatici, che

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hanno il merito di aver preservato dalla bonifica habitat spesso compromessi nel resto del territorio. - Fauna protetta e specie problematiche In Toscana sono presenti specie stanziali e migratrici, protette o cacciabili, alle quali le direttive CE e la legge 157/92 accordano regimi di protezione diversi. Si tratta di specie di Mammiferi o Uccelli che in alcuni casi presentano problematiche di conservazione o causano elevato impatto sull’altra fauna o sulle attività antropiche. Tra di esse si annoverano sia specie autoctone che alloctone, ed in particolare i principali Mammiferi carnivori (lupo, volpe, Mustelidi, ecc), alcune specie di erbivori “aliene” come la minilepre e la nutria, o proprie della fauna nazionale come l’istrice ed il coniglio selvatico, alcune specie ornitiche in difficoltà (alcuni Limicoli, alcuni Rapaci) e alcune specie problematiche (Corvidi, Ardeidi, cormorano, gabbiani, tortora dal collare orientale, storno, colombo di città). Tenendo conto degli areali distributivi delle specie suddette, delle entità numeriche, degli impatti sull’ambiente o sulla fauna, saranno indicate modalità di gestione che garantiscano comunque la conservazione delle popolazioni. E’ necessario diffondere sempre più la cultura della prevenzione dei danni in questo contesto cercando di migliorare il dialogo tra mondo agricolo e mondo venatorio. Oltre al PFVR è poi fondamentale migliorare la redazione dei piani di gestione e di controllo delle diverse specie, per le quali è ormai irrinunciabile possedere dati e statistiche estremamente precise e complete. A questo scopo è fondamentale quindi un nuovo impulso di collaborazione tra istituzioni e cacciatori che rappresentano, con la loro presenza capillare sul territorio un elemento imprescindibile per la raccolta di dati che possano supportare le scelte regionali. In questa ottica è necessario diffondere in modo ampio l’utilizzo degli strumenti tecnologici già oggi presenti, come il tesserino venatorio elettronico, che facilita sia il cacciatore che potrebbe evitare le procedure di ritiro e consegna del tesserino cartaceo come avviene oggi, sia gli uffici regionali nella raccolta e analisi tempestiva dei dati di carniere. Per quanto riguarda il lupo è necessario mettere in atto tutte le azioni per diminuire la conflittualità uomo/lupo e preservare la purezza genetica dei branchi attraverso il controllo degli ibridi. La RT è in possesso della mappatura (relativa al 2017) di 110 gruppi riproduttivi di lupi, dei quali almeno 22 sono costituiti da soggetti ibridi, sui quali poter intervenire nei loro areali. Deve essere prodotta una cartografia che evidenzi le aree dove si sovrappongono gli allevamenti, le superfici a pascolo e l’areale dei branchi di predatori, in particolare degli ibridi, per prevedere in accordo con organismi scientifici di valenza nazionale le operazioni da mettere in campo tra quelle previste per il contenimento degli esemplari non geneticamente puri.

3.4 GOVERNANCE

La Regione intende svolgere pienamente il ruolo di programmazione, pianificazione, studio, monitoraggio, oltre a quello di coordinamento e controllo della loro attuazione pratica per mezzo dell’azione gestionale degli Ambiti Territoriali di Caccia e dei titolari degli Istituti faunistici e venatori privati.

Nel corso degli ultimi anni il sistema di governo della gestione faunistico venatoria in Toscana è profondamente mutato, con riforme diverse e ravvicinate, sia per quanto riguarda la configurazione e i compiti degli ATC sia per l’assetto istituzionale.

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Per quanto riguarda gli ATC, tra i cambiamenti più significativi vanno certamente annoverati:

- 2014: passaggio da un finanziamento indiretto degli ATC mediante fondi regionali a una gestione diretta degli introiti derivanti dal pagamento delle quote di iscrizione dei cacciatori e accorpamento degli ATC in 9 in ambiti provinciali;

- 2016: riassetto del numero e distribuzione degli ATC a seguito di sentenza della Corte costituzionale in merito alla riforma del 2014 per arrivare agli attuali 15 ATC;

- 2017 nuove modifiche al sistema delle nomine dei comitati di gestione.

Ulteriore elemento di forte discontinuità con il passato è rappresentato dal nuovo assetto istituzionale venutosi a creare a seguito della cosiddetta riforma Del Rio recepita con legge Regionale Toscana n. 22 del 2015, in base alla quale molte competenze delle Province sono rientrate in capo alla Regione. Tra queste la gestione faunistico venatoria rappresenta certamente una delle discontinuità più forti, con una gestione storicamente effettuata su base provinciale e che vedeva la Regione come ente di programmazione generale.

E’ evidente che se da una parte il nuovo assetto tendeva a semplificare i passaggi, nella pratica gestionale quotidiana ha causato la necessità di una revisione completa di tutte le procedure e modalità assodate negli anni, per adattarsi alla nuova configurazione Regione – ATC.

Il periodo transitorio di questo cambiamento epocale, ancora in fase di riassorbimento completo, ha comportato quindi alcune problematiche soprattutto in merito alle tempistiche necessarie, che in campo faunistico venatorio rappresentano sempre un elemento di criticità, ma nel contempo ha fornito l’opportunità di rivedere in modo approfondito modalità operative e regolamentazioni stratificatisi a livello delle singole province, al fine di semplificare e ottimizzare su scala regionale.

Oggi quindi c’è la necessità di garantire la stabilità del sistema nel suo complesso, valorizzando al meglio le peculiarità di un sistema su base regionale e cercando al contempo di limitarne gli effetti indesiderati. In particolare sarà quindi necessario operare su:

• migliorare la disciplina degli ATC, mediante una definizione efficace dei loro compiti, chiarendo eventuali problematicità di interpretazione delle norme, razionalizzando i costi di gestione e semplificando le procedure per la nomina e sostituzione dei membri dei comitati al fine di garantirne la piena operatività;

• revisionare l’autonomia della gestione degli ambiti, sia dal punto di vista della redazione dei bilanci al fine di poterne garantire la reale efficacia, sia dal punto di vista gestionale consentendo, nell’ambito di una programmazione comunque regionale, di poter valorizzare le molte specificità dei diversi territori, spesso non individuabili su grande scala;

• rafforzare i rapporti di interscambio tra uffici regionali territoriali e ATC al fine di creare una continuità dei flussi informativi tesi da una parte a supportare l’attività dei comitati di gestione, dall’altra a consentire un feedback tempestivo rispetto allo stato di applicazione delle disposizioni regionali per adottare eventuali correttivi o migliorie.

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PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE L.R. 12 GENNAIO 1994 N . 3 ART . 6 ter

Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 30

- SOSTENIBILITA’ DEL SISTEMA

Nonostante la tendenza alla diminuzione del numero dei cacciatori sia nota ed evidente quanto costante negli anni, non solo in Toscana, oggi abbiamo la consapevolezza che questo non rappresenti solo un fenomeno culturale di perdita di una tradizione millenaria e che sta alla base della nostra identità, ma siamo certi che in assenza di questa componente, in assenza di azioni preventive, sarà difficile recuperare un sano equilibrio del territorio.

Uno dei primi effetti della diminuzione dei cacciatori è visibile dalle risorse economiche disponibili per l’attuazione delle azioni di gestione degli ATC, che si basa quasi unicamente sui proventi delle quote di iscrizione.

Oggi siamo in presenza di un generale equilibrio economico nei bilanci degli ambiti, ma è necessario comunque operare alcune scelte al fine di garantirne la piena operatività almeno a medio termine agendo in particolare per :

• diminuire la rigidità delle disposizioni relative ai bilanci degli ATC (percentuali costi di gestione, professionisti ecc);

• rivedere il sistema di cofinanziamento dei costi di convenzione con le polizie provinciali;

• in caso di difficoltà gestionali causate da eventi eccezionali (ad esempio sforamento danni per cause ambientali non preventivabili), alla presenza comunque di criteri oggettivi, intervento di soccorso da parte del bilancio regionale mediante un fondo di rotazione;

• potenziare attraverso l’istituzionalizzazione il ruolo di coordinamento degli ATC, con definizione formale di competenze tese ad una ottimizzazione del sistema.

Richiamando la necessità di considerare come insieme unico il sistema agroambientale regionale, sarà anche necessario nell’ambito della discussione della nuova programmazione dei fondi comunitari per l’agricoltura valutare l’inserimento nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale (PSR) di misure tese alla valorizzazioni delle attività agricole che facilitino la creazione di habitat adeguati alla presenza di fauna stanziale di piccola taglia, incentivando il recupero produttivo delle aree marginali, oggi abbandonate per mancanza di redditività, che potrebbero ricreare la necessaria fascia di protezione tra il bosco e le aree produttive, creando quindi i presupposti per un migliore controllo anche della presenza di ungulati. Tale finalità può essere perseguita anche valorizzando ulteriormente le risorse destinate ai miglioramenti ambientali a disposizione degli ATC, creando un nuovo modello che veda Regione, ATC e agricoltori come componenti di un unico progetto di riassetto del territorio su scala regionale. Gli investimenti degli ATC e le opportunità fornite dalle misure del PSR possono essere utilizzate per valorizzare le ZRC realizzando così dei veri e propri polmoni di biodiversità per quanto riguarda popolazioni di galliformi e lagomorfi.

Di primaria importanza appare l’individuazione di un percorso operativo che consenta di portare avanti una gestione sostenibile, sociale e partecipata, per sfruttare al meglio le risorse umane a disposizione e non disperdere il patrimonio di volontari che partecipano attivamente alla gestione.

Fattori come la diminuzione del numero dei cacciatori, la loro età media sempre più elevata e le oggettive difficoltà amministrative nel supportare il lavoro volontario hanno indubbiamente giocato un ruolo di rilievo rispetto al netto calo di partecipazione da parte

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dei cacciatori. E’ quindi necessario trovare metodi di valorizzazione dell’impegno profuso da chi presta servizi di volontariato, nella misura in cui crea una ricchezza faunistica che va a favore di tutta la collettività, contrastando in particolar modo la crescente disaffezione nei confronti della gestione degli istituti faunistici pubblici (ZRC, ZRV, OASI e ZPM).

Per porre rimedio a questa realtà, è dunque indispensabile adottare una strategia in grado di sostenere la gestione della piccola selvaggina e dei relativi istituti faunistici pubblici destinati ad irradiarla tramite il lavoro di tutti i cacciatori ed agricoltori ad essa interessati. Una misura in tal senso è rappresentata dalla possibilità di scontare per i cacciatori una certa parte della quota di iscrizione all’Ambito Territoriale di Caccia tramite l’effettuazione di una o più prestazioni d’opera, in particolare a favore della piccola selvaggina, possibilità già presente nella norma regionale ma che necessita di linee guida generali per una applicazione corretta e diffusa.

Al fine di valutarne la fattibilità in via generale, si dovrebbe prevedere la possibilità di istituire, su valutazione degli ATC, delle zone sperimentali dove pianificare la caccia alla minuta selvaggina stanziale, senza che interferiscano con altre forme di caccia come quella alla migratoria. Queste zone si dovrebbero basare su gruppi di volontariato in grado di svolgere tutte quelle attività utili a favorire il ripristino degli habitat e di adeguate consistenze di queste specie.

Nel contempo, è necessario ottimizzare le risorse economiche a disposizione per la gestione faunistico venatoria, per non arretrare rispetto ai migliori livelli gestionali raggiunti.

- CONCERTAZIONE E CONFRONTO

Per l’attuazione degli obiettivi programmatici previsti nel Piano Faunistico Venatorio appare fondamentale il metodo della concertazione e del confronto con i vertici degli ATC e con le varie componenti sociali. Si evidenza infatti l’importanza del confronto aperto e costante con i rappresentanti del mondo agricolo, venatorio e della protezione ambientale quale strumento di supporto per le scelte di programmazione, nonché per rendere coerente e più efficace l’attuazione delle azioni individuate attraverso una convergenza dell’attività pratico-operativa di tutti i soggetti coinvolti nell’ambito faunistico-venatorio.

Appare necessario inoltre migliorare l’interscambio tra gli uffici regionali e le rappresentanze del mondo venatorio agricolo e della protezione ambientale e gli ATC per analizzare e dove necessario modificare in modo condiviso l’attuale normativa regionale, con l’obiettivo di semplificare e rendere più efficiente l’azione amministrativa.

- SEMPLIFICAZIONE

Appare utile analizzare le possibili sinergie tra Regione, ATC e associazioni di categoria per sfruttare in modo completo le competenze di ogni soggetto e valutarne le rispettive potenzialità con lo scopo di migliorare e semplificare il rapporto con il cittadino, secondo il principio della sussidiarietà, già utilizzato con successo in altri settori.

Al fine di garantire una gestione corretta e migliorare la tempestività delle azioni intraprese, sia a livello regionale che a livello locale, è necessario portare a regime l’implementazione e l’utilizzo dei nuovi sistemi informatici in corso di adozione che

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consentiranno di risolvere la quasi totalità delle criticità ancora in essere in seguito al riassetto istituzionale. In particolare di grande rilevanza sarà:

• sistema informativo per la gestione faunistica in particolare degli ungulati, al fine di avere in tempo reale un quadro della situazione in essere;

• sistema informativo per la gestione degli interventi di controllo faunistico ex art. 37 L.R. 3/94. In particolare il portale ARTEA per la richiesta in via telematica delle autorizzazioni a scopo preventivo da parte delle Aziende Agricole e la successiva procedura delle polizie provinciali per la gestione degli interventi di controllo ex art. 37 LR 3/1994 al fine di garantire una cooperazione tra agricoltori, Regione, polizie provinciali e ATC per garantire interventi con tempistiche stabilite (36 ore);

• sistema informativo per la gestione delle richieste di danni alla colture e dei relativi indennizzi.

L’utilizzo di questi sistemi, oggi in via di sperimentazione, potrà non solo garantire una semplificazione e velocizzazione dei procedimenti, ma garantirà anche la necessaria trasparenza delle informazioni a tutti i soggetti in campo in base alle rispettive competenze.

3.5 INCENTIVARE LA CULTURA DELLA SICUREZZA E DEL RISPETTO RECIPROCO La Regione Toscana sia con la LR 3/94 sia con la legge 10/2016 ha previsto apposite azioni per l’esercizio della caccia in sicurezza. Il più importante è l’obbligo di utilizzo di idonei indumenti ad alta visibilità durante le azioni di caccia al cinghiale e di controllo ai sensi dell’art. 37 della LR 3/94 e di adottare, nel luogo di esercizio, idonee forme per avvisare del potenziale pericolo per le azioni in corso. La cultura della sicurezza deve essere incentivata anche attraverso capillari campagne informative e appositi corsi. Lo sviluppo di una “filiera” delle carni derivanti da azioni di caccia e controllo rende necessario anche migliorare le azioni di controllo sanitario e formazione previste dalle normative di settore. E’ necessario, con specifiche campagne di sensibilizzazione, incrementare la consapevolezza dell’impatto dell’utilizzo di munizionamento in piombo sugli ecosistemi.

4. RICOGNIZIONE DELLE RISORSE ATTIVABILI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO

Il Piano regionale per la caccia si configura principalmente come uno strumento di indirizzo e pianificazione che riporta i principi di gestione della fauna selvatica e gli ambiti di applicazione della legislazione regionale di riferimento. Il documento in quanto tale non necessita di una copertura finanziaria nell’ambito di una programmazione degli interventi.

5. INDICAZIONI VAS AI SENSI DELLA L.R. 10/2010

La Direttiva 2001/42/CE (cd. direttiva VAS) persegue l’obiettivo “di garantire un elevato

livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni

ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di

promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che venga effettuata la valutazione

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ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi

sull’ambiente” (art. 1).

La Direttiva 2001/42/CE è stata recepita dallo Stato italiano con il D.Lgs. 152/2006, il quale impone la VAS per “i piani e i programmi che possono avere impatti significativi

sull’ambiente e sul patrimonio culturale” (art. 6, comma 1).

Segnatamente, “viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono

elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo,

forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle

acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione

dei suoli […]” (art. 6, comma 2, lett. a, D.Lgs. 152/2006).

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, tra i piani da sottoporre alla procedura di VAS, rientra obbligatoriamente, tra gli altri, il Piano Faunistico Venatorio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10 maggio 2011, n. 2755).

La Regione Toscana ha recepito la normativa statale in materia di VAS con la L.R. 10/2010, la quale agli artt. 23 e ss., delinea lo svolgimento della procedura di VAS.

Al riguardo, il richiamo all’art. 5 L.R. 10/2010 operato dal punto 5 dell’Allegato A recante lo “Schema per l’informativa preliminare ai sensi dell’art. 48 dello Statuto Regionale” non può riguardare il comma 3, che stabilisce: “L’effettuazione della VAS è subordinata alla

preventiva valutazione, effettuata dall’autorità competente secondo le disposizioni di cui

all’articolo 22, della significatività degli effetti ambientali, nei seguenti casi:

a) per i piani e programmi di cui al comma 2, che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e le relative modifiche che definiscano o modifichino il quadro di riferimento per la realizzazione dei progetti;

b) per le modifiche minori di piani e programmi di cui al comma 2;

c) per i piani e programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, e per le loro modifiche, che

definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti”.

È pertanto evidente che il PFVR non rientra in alcuna di queste tre ipotesi, bensì nell’ambito di applicazione del comma 2, lett. a), dello stesso art. 5 della L.R. 10/2010, il quale, in sintonia con quanto previsto dal D.Lgs. 152/2006, afferma: “Sono

obbligatoriamente soggetti a VAS:

a) i piani e i programmi elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico,

industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni,

turistico, per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, della pianificazione

territoriale o della destinazione dei suoli […]”.

La sottoposizione a VAS del PFVR risulta dunque obbligatoria.

6. INDIVIDUAZIONE DELLE MODALITÀ DI CONFRONTO ESTERNO Il Piano Faunistico Venatorio sarà elaborato dando spazio ai momenti di confronto, concertazione, informazione e partecipazione, secondo quanto previsto dalle normative regionali in materia di valutazione ambientale strategica (L.R. 10/2010), di programmazione (L.R. 1/2015) e di governo del territorio (L.R. 65/2014), che disciplinano i vari passaggi previsti nel processo di formazione del piano.

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I processi partecipativi previsti dalla L.R. 65/2014, si attivano nella fase di avvio del procedimento e proseguono fino alla definitiva approvazione del piano. Al fine di coordinare al meglio le forme di partecipazione regolate dalle diverse leggi regionali sopra richiamate, nonché nel rispetto del principio di non duplicazione di cui al co. 6 dell’art. 36 della L.R. 65/2014, sarà attuato il presente programma di informazione e partecipazione, che è stato concordato con il Garante regionale, nella persona dell’Avvocato Francesca De Santis già nominato con DPGR n. 83 del 18.5.2016, come definito dall’art. 2, comma 1, lettera a) del D.P.G.R. 14 febbraio 2017, n. 4/R. Il programma di informazione e partecipazione è costituito dai seguenti elementi:

1. documento di sintesi Come previsto dall’art. 3, lettera a, delle Linee guida sui livelli partecipativi di cui alla DGR

1112/2017, sarà elaborato un documento di sintesi dei contenuti del piano quale documento di introduzione al processo partecipativo diretto a garantire una maggiore accessibilità e comprensibilità del piano a tutti i cittadini. Tale sintesi non tecnica sarà disponibile nella pagina web del garante.

2. pagina web del garante Come previsto dall’art. 3, lettera b, delle Linee guida sui livelli partecipativi di cui alla DGR

1112/2017, sarà creata una pagina web del garante nella quale indicare e inserire l’indirizzo di posta elettronica del garante, il programma delle attività di informazione e partecipazione, i documenti di piano, il documento di sintesi e il costante aggiornamento delle attività in itinere.

3. partecipazione digitale Come previsto dall’art. 3, lettera c, delle Linee guida sui livelli partecipativi di cui alla DGR

1112/2017 , sarà attivata almeno una forma di partecipazione digitale, in quanto idonea a raggiungere chiunque abbia interesse a partecipare, tramite l’attivazione di una pagina web del Garante con un format da compilare da parte dell’interessato nel quale inserire i propri dati e il contributo partecipativo. Il Garante, all’esito di tale partecipazione digitale, procederà ad esaminare da un punto di vista oggettivo e soggettivo i contributi pervenuti, potendo altresì organizzare incontri pubblici o workshop su specifiche tematiche e argomenti emersi dalla consultazione informatica, coinvolgendo anche la parte politica e la parte tecnica della Regione, anteriormente all’adozione.

4. incontri pubblici Come previsto dall’art. 3, lettera d, e dall’art. 4 delle Linee guida sui livelli partecipativi di

cui alla DGR 1112/2017, saranno programmati alcuni incontri pubblici, adeguatamente e tempestivamente pubblicizzati.

Ai sensi della normativa sopra citata, il garante dell’informazione e della partecipazione è responsabile dell’attuazione del presente programma, nel rispetto dei livelli prestazionali, fissati nel regolamento, e dei livelli partecipativi uniformi fissati nelle Linee guida. All’esito delle attività svolte tra l’avvio del procedimento e l’adozione del piano, il garante redige il rapporto di cui all’articolo 38, comma 2 della l.r. 65/2014 dando atto non solo dell’attuazione del presente programma ma anche degli esiti e risultati della

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Informativa preliminare ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto regionale 35

partecipazione, valendo i contributi partecipativi quale proposta di contenuto di piano sulla quale l’Amministrazione deve decidere motivando adeguatamente ai sensi della LR 65. Pertanto, il rapporto è trasmesso al RUP prima della adozione affinché l’Amministrazione decida motivando adeguatamente già in sede di adozione. A seguito dell’adozione del Piano, il garante promuove attività di informazione sul procedimento, al fine di consentire la presentazione delle osservazioni, ai sensi dell’articolo 19, commi 2 e 3 della l.r. 65/2014. Il rapporto del garante sarà quindi integrato in relazione alle attività svolte dopo l’adozione e allegato alla delibera di approvazione. Si precisa che il Piano sarà sottoposto alla attivazione del procedimento di concertazione ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 1 del 2015. Il garante regionale coordina le forme di partecipazione regolate dalle diverse leggi regionali

sopra richiamate, nel rispetto del principio di non duplicazione e del divieto di aggravio

procedimentale, di concerto con il responsabile del procedimento, come stabilito dall’art. 14

del D.P.G.R. n. 4/R/2017.

Il calendario degli incontri di informazione e partecipazione Il programma di informazione e partecipazione del presente piano prevede lo svolgimento di incontri da effettuarsi, a Firenze, in adeguate sedi. Si ipotizza il seguente programma di incontri.

1 Incontro di informazione e di partecipazione con acquisizione di contributi da parte di portatori di interessi ambientali ed economici e delle associazioni agricole

2 Incontro di informazione e di partecipazione con acquisizione di contributi da parte delle associazioni venatorie

3 Incontro di informazione e di partecipazione con acquisizione di contributi da parte di Enti locali, Ordini professionali, Organizzazioni sindacali, cittadini

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7. CRONOPROGRAMMA

2019 2020

Mesi previsti 10 11 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Fase Sub fase

1.1 - Elaborazione documenti

(Informativa, documento di avvio del procedimento,

documento preliminare VAS)

1.2 - Esame in CD dell'informativa al CR e dell'atto di

avvio del Procedimento

1.3 - Esame in GR dell'Informativa al CR e del

Documento di Avvio del

Procedimento – Approvazione

1.4 - Invio dell'Informativa preliminare al CR per

indirizzi.

Trasmissione dell'Avvio del Procedimento agli

Enti/soggetti interessati per contributi. Trasmissione

dell'avvio del procedimento al MiBAC e alla

Sopraintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ai

fini del processo di conformazione al PIT

1.5 - Invio del Documento

preliminare VAS al NURV ed

agli SCA per l'impostazione e la definizione dei contenuti

del rapporto ambientale

1.6 - Indirizzi da parte del CR

1) FASE PRELIMINARE

INFORMATIVA PRELIMINARE AL

CONSIGLIO REGIONALE (ai sensi

dell'art. 48 dello Statuto

Regionale)

AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(ai sensi dell'art. 17 della LR

65/2014)

DOCUMENTO PRELIMINARE

Di VAS

1.7 – Concertazione L.R. 1/2015 Partecipazione L.R.

65/2014

2.1 - Elaborazione della

Proposta di Piano, del Rapporto Ambientale e della

Sintesi non tecnica

2.2 - Esame della proposta in CD e

GR e trasmissione al CR

2.3 – Adozione in CR

2) FASE INTERMEDIA PROPOSTA di

PFVR

(comprensiva del Rapporto

Ambientale, della Sintesi non

Tecnica) 2.4 – Trasmissione del Piano adottato al MiBAC e alla

Sopraintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ai

fini del processo di conformazione al PIT

3.1 - Pubblicazione avviso sul

BURT per consulta VAS e recepimento osservazioni

65/2014 ART 19

3.2 - Esame del NURV ed

espressione del parere

dell'Autorità Competente (60g)

3.3 – Elaborazione proposta finale PFVR

(controdeduzioni e dichiarazione di sintesi)

3.4 – Trasmissione del Piano controdedotto al MiBAC e

alla Sopraintendenza Archeologia, Belle Arti e

Paesaggio, ai fini del processo di conformazione al PIT

3.5 – Concertazione L.R. 1/2015

3.6 – Esame in CD della proposta finale

3.7 – esame in GR della Proposta finale e trasmissione in

CR

3.8 – Approvazione in CR

3-9 – Trasmissione del Piano approvato al al MiBAC e

alla Sopraintendenza Archeologia, Belle Arti e

Paesaggio, ai fini del processo di conformazione al PIT

3) FASE FINALE PROPOSTA FINALE -

APPROVAZIONE

3.10 – Informazione della

decisione e pubblicazione

avviso sul BURT

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