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INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA E NUOVO
MODO DI LAVORARE. CONOSCENZA, COMPETENZA, LAVORO AD ALTA
PERFORMANCE
Leonello Tronti (Istat, CIRET)Master DLPS – 21 gennaio 2017
Argomenti
Perché cresce la produttività?
L’organizzazione flessibile
I paradigmi dell’organizzazione flessibile, la produzione snella, l’organizzazione che apprende
Un benchmark italiano: la Olivetti di Adriano Olivetti
Gestire la conoscenza, sviluppare le competenze
Tecnologia, organizzazione, innovazione «a grappolo»
Innovazione organizzativa e pratiche di lavoro ad alta performance (AP)
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Perché cresce la produttività?
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Quando esperti, politici e partner sociali parlano di produttività, la intendono quasi sempre come qualcosa:
che non riguarda le organizzazioni (a parte le amministrazioni pubbliche!),
che nasce fuori dalle porte degli uffici e dai cancelli delle fabbriche, ed è causato da:
deficienza di infrastrutture,
carenza di qualità dell’istruzione,
inefficienza della P.A.,
regole poco flessibili nel mercato del lavoro, ecc.
Fattori esterni e fattori interni all’organizzazione
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Livello e dinamica della produttività
I fattori esterni sono indubbiamente importanti per determinare il livello della produttività di un’economia; ma non la sua dinamica.
La letteratura econometrica internazionale (e, in misura crescente, anche nazionale) dimostra che la crescita della produttività:
si concentra nelle organizzazioni flessibili,
e scaturisce da una riorganizzazione del lavoro e dei luoghi di lavoro (workplaces),
senza la quale l’influenza dei fattori esterni è decisamente scarsa.
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Cosa spiega la dinamica della produttività?
Ad esempio, tra gli ormai numerosi studi empirici sul tema, un importante lavoro apparso sulla rivista inglese Economic Journal(Black e Linch, 2004) dimostra che:
la crescita annua dell’1.6% della produttività totale dei fattori è riconducibile nella misura pari all’1.4% (equivalente all’89%):
alla reingegnerizzazione dei luoghi di lavoro, ovvero:
all’adozione delle nuove tecnologie,
e alle pratiche di lavoro «ad alta performance» (AP),
adottate assieme dalle imprese «flessibili».
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Crescita delle produttività totale dei fattori nelle imprese americane
Reingegnerizzazione e nuove
pratiche; 1,4; 89%
Altri fattori; 0,2; 11%
Fonte: Black e Lynch, 2004.
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Cos’è un’organizzazione flessibile, innovativa, capace di
apprendere (learning)?
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Flessibilità sì, ma quale?
A) Organizzazione rigida e flessibilità dei rapporti di lavoro
Un primo tipo di flessibilità (nel rapporto di lavoro) tende a ricercare un miglioramento della competitività di prezzo nei mercati, interni o internazionali, mediante il contenimento del salario e dei costi accessori derivanti dai sistemi di protezione sociale.
Si tratta di una strategia a carattere difensivo, con la quale l’impresa mira ad aumentare i profitti o a rispondere in modo immediato (spesso senza un disegno di lungo periodo) alla concorrenza dei paesi emergenti, rimanendo nei segmenti di produzione tradizionali.
Una tale strategia si inserisce non di rado in politiche nazionali e di settore focalizzate sul social dumping.
In questo ambito prevale una flessibilità del fattore lavoro di tipo numerico ed esterna all’impresa, caratterizzata essenzialmente sul piano della libertà di assunzione e licenziamento e del ricorso esteso a forme di impiego flessibili, quali i contratti temporanei e le collaborazioni.
Leonello G. Tronti 921/01/2017
B) Organizzazione flessibile - 1
Un secondo tipo di flessibilità è più conforme a strategie innovative che perseguono un disegno di maggior respiro, che tendono ad accrescere:
non soltanto la competitività di prezzo (riduzione difensiva dei costi),
ma anche la competitività non di prezzo (qualità del prodotto e servizi connessi),
attraverso la collocazione delle imprese in segmenti della produzione di qualità più avanzata e a più alto valore aggiunto, caratterizzati da traiettorie industriali innovative e, quindi, dall’impegno in innovazione, ricerca e sviluppo.
Leonello G. Tronti 1021/01/2017
B) Organizzazione flessibile - 2
Simili strategie devono essere assistite da sistemi di innovazione basati su infrastrutture scientifiche, di formazione e di accrescimento del capitale umano e sulla diffusione di sistemi di coesione sociale.
Esse richiedono una flessibilità di tipo funzionale e internaall’impresa, caratterizzata dall’utilizzo di lavoro qualificato, da rapporti di lavoro di lungo periodo, elevata mobilità interna tra compiti e funzioni differenziate e progressione di carriera indotta dalle competenze acquisite.
Il processo decisionale segue un ‘approccio consensuale’, in cui i rapporti fiduciari e la responsabilità individuale o di gruppo vengono realizzati mediante il coinvolgimento delle risorse umane nell’organizzazione dell’impresa.
Leonello G. Tronti 1121/01/2017
I paradigmi dell’organizzazione flessibile
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Qualità dei luoghi di lavoro e sviluppo delle
competenze
Poiché i lavoratori sviluppano le loro competenze soprattutto nei luoghi di lavoro, le moderne teorie dell’organizzazione cercano sempre più di collocare l’apprendimento, la creazione e diffusione della conoscenza e lo sviluppo delle competenze direttamente nella struttura organizzativa, che va riprogettata a questo fine.
Sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro, il paradigma principale per organizzazioni di dimensioni medio-grandi è quello della produzione snella, di cui il World Class Manufacturingpuò essere considerato una variante.
Mentre, sotto il profilo della psicologia di gruppo, la guidafondamentale allo sviluppo delle competenze nei termini della capacità di creare forme di apprendimento organizzativo, è offerta dall’approccio della learning organization.
Leonello G. Tronti 1321/01/2017
Il paradigma organizzativo
principale
Il paradigma fondamentale per l’organizzazione di dimensioni medio-grandi:
la produzione snella (lean production, Womack, Jones e Roos, 1991).
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La logica della produzione snella (Marsden, 1996): il lavoro HT-HP, high trust-high performance
Eliminazione delle scorte
Evidenziazione dei problemi
organizzativi e tecnici nascosti
Necessità di lavoro di squadra
cross-functional
Necessità di condivisione
sistematica dell'informazione
(Perdita di importanza dei modelli
organizzativi basati sulle professioni)
Necessità di una risposta diagnostica
da parte di lavoratori e management locale
Aumento dell'impegno del lavoratore e
sviluppo dei rapporti high trust
Sviluppo di metodi firm-specific
di utilizzazione degli skills
21/01/2017 Leonello G. Tronti
Lo scambio tra lavoratore e impresa «snella»
Nelle organizzazioni flessibili lo scambio tra impresa e lavoratore è essenzialmente tra:
identificazione del lavoratore con l’impresa, (commitment) alla base della partecipazione cognitiva,
contro
partecipazione (gestionale, organizzativa, finanziaria) e/o garanzia del posto di lavoro (impiego a lungo termine).
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Decentramento decisionale e controllo dei processi
Una delle caratteristiche fondamentali del modello organizzativo della produzione snella è quella della riduzione dei livelli gerarchici, con un conseguente decentramento delle responsabilità e aumento della
discrezionalità ai livelli medio-bassi della struttura organizzativa.
Tale caratteristica si combina opportunamente con i moderni sistemi di gestione integrata dell’organizzazione (applicativi gestionali), che sono in grado di offrire ai manager l’esercizio delle funzioni di
monitoraggio, controllo e coordinamento dei processi a costi più contenuti che in una situazione caratterizzata da un’accentuata gerarchizzazione.
La governance dell’organizzazione e dei processi è pertanto assicurata dalla complementarità tra: 1. tecnologie; 2. disegni organizzativi decentralizzanti; 3. pratiche innovative di gestione delle risorse umane (high trust-
high performance).
Leonello G. Tronti21/01/2017
Altri paradigmi di innovazione organizzativa
La qualità totale (TQM), la certificazione di qualità (ISO ecc.)
La learning organization
Il World Class Manufacturing (WCM)
L’impresa-rete:
modelli centro-periferia e filiere,
distretti industriali,
consorzi di qualità
L’impresa responsabile (EFQM, bilanci sociali ecc.).
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Competenza e miglioramento continuo
Nel paradigma produttivo dell’economia della conoscenza, la competenza si ridefinisce come capacità di svolgere i compiti lavorativi:
non solo in modo desiderabile (o professionale),
ma anche in accordo con il principio del miglioramento continuo (kaizen).
Diventa ancor più chiaro che la competenza emerge soltanto in presenza della volontà di usarla.
Per questo Boyatzis (2008) definisce le competenze come:
«insiemi di comportamenti correlati ma diversi, organizzati attorno a un sottostante costrutto intenzionale».
Leonello G. Tronti 1921/01/2017
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La logica della Learning organization (Senge, 1990)
1. Competenza (Boyatzis)
Intent Action Result
2. Valutazione
Action Result
3. Apprendimento (Senge)
Competenza + Valutazione = Apprendimento
L’apprendimento organizzativo è il frutto della combinazione sistematica:
del lavoro competente
con la valutazione della qualità delle azioni messe in campo, a partire dai risultati ottenuti.
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«Servire qualità». Il modello di Parasuraman e l’importanza degli scostamenti cognitivi
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Il modello EFQM (European
Foundation for Quality Management)
Organizzazione e innovazione:
Un benchmark italiano
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Innovazione organizzativa e innovazione di prodotto: Un benchmark tutto italiano In Italia, l’esperienza storica esemplare dell’Olivetti di
Adriano Olivetti. Tra i molti meriti, è stata l’impresa che nel 1964 ha inventato il PC: la Programma 101
(Si veda il documentario «Quando Olivetti inventò il pc»: http://ildocumento.it/informatica/quando-olivetti-invento-il-pc.html).
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Cultura e comunità = innovazione
I concetti chiave dell’Olivetti di Adriano Olivetti erano due:
Cultura,
Comunità.
La visione della cultura che lo stesso Adriano propugnava e poneva alla base del successo mondiale della sua azienda si riassume in questa sua definizione:
la cultura è «ricerca disinteressata di verità e bellezza» (Olivetti, 1946).
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Cultura del lavoro e cultura al lavoro Intellettuale lui stesso (ingegnere, urbanista, politico,
editore), Adriano Olivetti assumeva nella sua azienda uomini di riconosciuta cultura, impiegandoli in settori differenti e a vari livelli, tra i quali:
Libero Bigiaretti, Luciano Codignola, Franco Fortini, OttieroOttieri, Leonardo Sinisgalli, Giorgio Soavi, Paolo Volponi, Ludovico Zorzi e tanti altri ancora.
Non ‘utilizzava’ gli intellettuali come “fiore all’occhiello” dell’impresa, per giovare alla sua immagine, né li assumeva per fare opera di mecenatismo:
li voleva con sé perché aveva capito che erano necessari all’impresa per realizzare quell’eccellenza che assicura il successo di un’azienda (tanto internamente quanto all’esterno).
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Gestire la conoscenza
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Ma gestire la conoscenza è difficile
L’Olivetti era un’azienda d’avanguardia, profondamente innovativa (A. Olivetti: «In me non c’è che futuro»).
Ma l’innovazione si basa sullo sviluppo della conoscenza che, come abbiamo visto nella prima lezione, non è un bene come gli altri, in quanto è contrassegnata da caratteristiche del tutto particolari, quali:
l’incertezza dei risultati e la conseguente difficoltà di valutazione ex-ante,
l’incertezza dei diritti di proprietà,
la produzione di entropia informativa,
i complessi effetti esterni alla transazione-apprendimento (esternalità) e altri ancora.
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Scomodità dell’innovazione
Tra l’altro, come ricorda Machiavelli, l’innovazione incontra sempre ostacoli perché pone a rischio privilegi consolidati e ancora non rende beneficio a chi potrà poi trarne vantaggio.
Per questi motivi, l’introduzione di innovazioni, per quanto desiderabili, è tipicamente gravata da frizioni elevate,
a meno che, come già abbiamo visto nella lezione precedente, la conoscenza non sia considerata e gestita come un bene comune (Hess e Ostrom, 2009).
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Innovazione, conoscenza, comunità
In generale dunque, come già aveva compreso Adriano Olivetti, l’innovazione (ovvero la creazione, l’acquisizione, la condivisione e l’utilizzazione della conoscenza) richiede:
che i lavoratori si identifichino il più possibile come appartenenti ad una comunità (più precisamente a una “knowledge community”),
E riconoscano la conoscenza come un patrimonio comune, da accrescere e gestire assieme,
E l’innovazione che ne deriva come il frutto di quel patrimonio comune.
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Innovazione e partecipazione cognitiva
Il ruolo centrale svolto dalla gestione della conoscenza (KM o knowledge management) nella generazione e diffusione dell’innovazione comporta, a sua volta (come già abbiamo notato nella prima lezione), che i lavoratori assumano una nuova attitudine cruciale, • una nuova competenza che definisco con il termine di
partecipazione cognitiva:
ovvero «la volontà e la capacità di acquisire, condividere e utilizzare la conoscenza (propria e dell’organizzazione) per migliorare i prodotti e i processi produttivi e organizzativi» (Tronti 2013).
21/01/2017 Leonello G. Tronti
Interazioni tra organizzazione e risultati
L’organizzazione di una comunità di conoscenza richiede all’impresa e alle relazioni industriali:
la capacità di instaurare e mantenere rapporti di lavoro ad alta fiducia e alta performance (HT-HP).
I due termini vanno di pari passo, perché l’alta performance si presenta solo dove i rapporti di fiducia sono elevati.
La comunità di conoscenza, abbattendo i costi e le frizioni dell’apprendimento, consente di:
dare vita ad una una learning organization,
ovvero un’organizzazione che apprende, che è capace di valutare, condivide e utilizza la conoscenza per migliorare continuamente i prodotti e i processi.
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Gestione della conoscenza come bene comune: interazioni tra organizzazione, rapporti di lavoro e risultati
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COMUNITA'DI
CONOSCENZA
Creazione e condivisione della
conoscenza,
Innovazione organizzativa
Flessibilità interna, decentra-mento, lavoro in gruppo, BPR
Competitività/sostenibilità dell’impresa
Innovazione/qualità dei prodotti
Pratiche di lavoro AP
Apprendimento sul luogo di lavoro,sviluppo competenze,
miglioramento continuo
InnovazioneIdentificazione,impegno, soddisfazione
Nuove tecnologie ICT
Trasmissione e gestione della conoscenza
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Dalla conoscenza alla competenza Competenza = capacità di svolgere compiti lavorativi in
modo desiderabile, a regola d’arte. Ma oggi, in accordo con il principio del miglioramento
continuo, gli elementi costitutivi della competenza sono: a) conoscenza, b) abilità produttive (skills), c) esperienza, d) abilità relazionali (networking abilities), e) X
Cos’è X?
Per essere davvero innovativa, (flessibile, learning, moderna) l’organizzazione deve riuscire a creare ambienti di lavoro (spazi, regole, condizioni e relazioni di lavoro, sistemi premiali ecc.) tali da:
incoraggiare e sostenere la volontà dei lavoratori di usare le proprie conoscenze, abilità, esperienze e relazioni per ilmiglioramento continuo di processi e prodotti.
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Lo sviluppo delle competenze
Per sviluppare le competenze di un’organizzazione è quindi necessario che essa crei: un ambiente di lavoro favorevole all’apprendimento e
al miglioramento continuo,
perché solo su questa base le competenze possono accumularsi, diffondersi e svilupparsi.
Il processo di sviluppo delle competenze avviene infatti soprattutto durante il lavoro quotidiano (everyday learning), e non nei corsi di formazione (Statistics Sweden 2007).
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L’iceberg dell’apprendimento
Fonte: Statistics Sweden, 200721/01/2017 Leonello G. Tronti
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Costruire un’organizzazione che apprende
Per costruire un’organizzazione learning è necessario:1. Organizzare i processi di lavoro avendo a mente
l’apprendimento tanto quanto la performance produttiva; 2. Individuare e rafforzare le conoscenze desiderate e quelle
necessarie per il continuo sviluppo delle competenze;3. Migliorare la capacità di tutti i dipendenti di assolvere ai
propri compiti e di risolvere i problemi di lavoro (do the right thing in the right way);
4. Rendere ciascun dipendente cosciente dello sviluppo delle sue competenze nella sua situazione di lavoro quotidiano;
5. Creare significative opportunità di trasferire conoscenze nel corso del lavoro quotidiano.
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Tecnologia, organizzazione,
innovazione a grappolo
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Conoscenza, competenze personali e competenze dell’organizzazione
Ogni organizzazione ha bisogno di accedere alla conoscenzanon meno che alle risorse finanziarie o alle altre risorse produttive.
La conoscenza concreta (saper fare) deriva dalla complementarità tra competenze personali e competenze dell’organizzazione (tecnologie incluse).a) competenze personali = abilità sia individuali che collettive
(capacità di risolvere i problemi collaborando con i colleghi, i clienti o i fornitori),
b) competenze dell’organizzazione = conoscenze incorporate in procedure, cultura, valori, e anche tecnologie (sistemi, attrezzature, software, network, applicativi ecc.) a disposizione dell’organizzazione.
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Il ciclo competenze personali nuove tecnologie competenze organizzative competenze personali nuove tecnologie ...
Competenze personali (individuali e collettive) + competenze organizzative = capitale intellettuale dell’organizzazione.
Lo sviluppo delle competenze personali può essere sostenuto dalle competenze organizzative - e viceversa. Il lavoro intellettuale e le nuove tecnologie consentono
l’accumulazione di competenze organizzative che, a loro volta, facilitano il trasferimento di competenze ai dipendenti e l’innovazione di processo e di prodotto.
Con la diffusione di procedure e sistemi Ict user-friendly, che incorporano competenze organizzative, si agevolano l’apprendimento, lo sviluppo delle competenze personali e il miglioramento continuo.
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Complementarità tra tecnologia, organizzazione e rapporti di lavoro
La letteratura internazionale documenta che il driver della performance è costituito non tanto dalla tecnologia in sé (dal momento che essa è alla portata di ogni impresa in ogni paese), quanto dalla complementaritàtra: le moderne tecnologie, le nuove configurazioni organizzative, le pratiche lavorative innovative.
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Nuove tecnologie e capitale organizzativo
La complementarità, definita da Milgrom e Roberts (1995) come quella condizione secondo cui «l’aumento dell’impiego di un elemento aumenta il rendimento marginale di altri elementi», indica che:
Le tecnologie rendono possibile l’innovazione, ma solo la modifica dell’organizzazione secondo le potenzialità delle
tecnologie e l’apprendimento organizzativo favorito dalle pratiche di lavoro ad alta performance consentono di metterne a frutto le potenzialità.
La presenza di una nuova organizzazione del lavoro e di nuove pratiche di lavoro orientate ad utilizzare al meglio le opportunità offerte dalla tecnologia rende moltiplicativa la produttività degli investimenti in tecnologia.
Per converso, i mancati investimenti in capitale organizzativo costituiscono una barriera al rendimento di ulteriori investimenti in tecnologia.
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Retroazione delle innovazioni
In termini operativi, la complementarità prende propriamente corpo nel medio periodo, quando i nessi di causalità si cumulano (positivamente) agli effetti di retroazione tra le variabili in gioco: tecnologie telematiche e dell’informazione combinate
con le innovazioni organizzative e le nuove pratiche di lavoro stimolano la produttività e la performance, le quali a loro volta esercitano un effetto di
retroazione positivo sull’adozione e sulla diffusione dell’innovazione (effetto di apprendimento),
dal momento che i costi dell’innovazione tendono ad essere finanziati con fondi interni (rendimento dell’apprendimento).
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Complementarità e innovazioni “a grappolo”
Le verifiche empiriche della complementarità mettono in evidenza alcune importanti qualificazioni.
La spinta alla produttività risulta condizionata al fatto che tanto i nuovi disegni organizzativi (organizzazione orizzontale, processi e ruoli) quanto le nuove pratiche di lavoro ad alta performance (vedi più sotto), siano adottati a grappolo: più estesi sono i «grappoli» adottati (in termini di numero di
pratiche innovative adottate), e più intensi essi sono al loro interno (in termini di lavoratori coinvolti), maggiore è la performance aziendale.
Le singole adozioni (o i parziali ammodernamenti) non pagano, così come gli investimenti in nuove tecnologie inseriti in una vecchia organizzazione d’impresa possono dimostrarsi addirittura controproducenti.
21/01/2017 Leonello G. Tronti
I tempi lunghi dell’innovazione organizzativa
Il processo di innovazione organizzativa si compone di quattro fasi successive:
1. Dare le nuove capacità a un gruppo di persone che sperimentano l’innovazione,
2. Modificare l’organizzazione per consentire alle persone con la nuova capacità di metterla in pratica nel lavoro quotidiano,
3. Sperimentare e affinare l’organizzazione sino a quando la nuova capacità diventa competenza dell’organizzazione, indipendente dalle persone,
4. Ottenere i risultati di miglioramento desiderati.
Le 4 fasi possono richiedere in tutto da 2 a 4 anni e più.
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Innovazione organizzativa e pratiche di lavoro
ad alta performance (AP) (European Commission, 1997)
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Pratiche di lavoro AP - 1
1. Organizzazione per processi e non più per funzioni (orientamento al cliente, BPR);
2. Riduzione dei livelli gerarchici (impresa piatta, produzione snella);
3. Sviluppo delle carriere in diagonale (non più in verticale);
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Pratiche di lavoro AP - 24. Costruire ruoli professionali di polivalenza e policompetenza,
Soprattutto attraverso la rotazione delle mansioni (v. anche 6);
5. Lavorare in gruppo (con poteri effettivi al team); Creare gruppi di lavoro interfunzionali, capaci di
assicurare il controllo e la responsabilizzazione su uno o più processi (anche con autoselezione del team leader);
6. Assicurare la condivisione di informazioni, apprendimenti e conoscenze attraverso specifici strumenti organizzativi knowledge-friendly: Ad es., oltre al lavoro di gruppo, rotazione delle mansioni,
affiancamento, tutoring, mentoring, circoli di qualità, focus group ecc.;
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Pratiche di lavoro AP - 3
7. Raccogliere sistematicamente suggerimenti dal basso sul miglioramento continuo di processi, prodotti e organizzazione;
8. Valutare frequentemente la performance o lo sviluppo delle competenze dei dipendenti, con attribuzione di premi (o no);
9. Coinvolgere e consultare ricorrentemente i lavoratori (indagini “di clima”), sulla qualità:
della propria collocazione,
del proprio lavoro e del workplace,
della dirigenza, ecc.;
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Pratiche di lavoro AP - 4
10.Creare un sistema di incentivi economici di breve periodo, mirati a premiare l’apprendimento, il miglioramento continuo e lo sviluppo delle competenze;
11. Buone relazioni industriali (non necessariamente non conflittuali), orientate:
ad evidenziare i vantaggi per tutti del miglioramento continuo (partnership),
allo sviluppo delle pratiche AP e della soddisfazione dei lavoratori per il proprio lavoro.
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Capitale organizzativo e pratiche di lavoro AP Solo incrementi significativi di produttività sono in grado di far
incamminare l’impresa lungo la strada del contenimento dei costi, dell’aumento della competitività e contemporaneamente di una crescita dei salari reali,
in quanto si tratta di incrementi che si dimostrano tendenzialmente duraturi (sostenibili) perché derivano da un patrimonio (il capitale organizzativo, la comunità di conoscenza) difficilmente imitabile dai concorrenti, quantomeno nel breve-medio periodo.
Il grave problema di produttività che affligge l’apparato produttivo italiano è il risultato non solo di infrastrutture esterne ai luoghi di lavoro inefficienti, ma anche e soprattutto di una trappola culturale, che spesso vede nella tecnologia il principale o l’unico marchingegno di miglioramento della performance: Ma le macchine, per quanto sofisticate, non possono sostituire le
competenze di chi le utilizza.
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Capacità cognitiva, performance, sostenibilità
L’innovazione tende a sua volta a generare una maggiore capacità cognitiva dell’impresa;
i nuovi tratti organizzativi, tecnologici e nei rapporti di lavoro stimolano lo sviluppo delle competenze dei singoli lavoratori (personali) e del collettivo (organizzative),
consentendo all’impresa la costruzione di quella comunità di conoscenza che assicura una maggior propensione all’innovazione di prodotti, processi e organizzazione, da cui derivano: una migliore performance nel medio periodo e, conseguentemente, una maggiore solidità e
sostenibilità dell’impresa nel tempo.
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I risultati
Come già abbiamo visto, la letteratura empirica internazionale dimostra che organizzazioni innovative, flessibili, learning sono quelle:
con la dinamica della produttività più sostenuta,
e quindi:
che pagano meglio i propri dipendenti,
i cui dipendenti sono più soddisfatti del lavoro che svolgono.
Per esempi concreti si possono esaminare le imprese vincitrici del premio “Great Place to Work”.
Il sito del GPtW Institute Italia è: http://www.greatplacetowork.it/gptw/index.php
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