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Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo Joe Sacco A proposito di satira Olivier Roy Chi sono i musulmani francesi internazionale.it Ahmed Rashid La vera minaccia è Al Qaeda 3,00 € PI, SPED IN AP, DL ART DCB VR DE BE CH CHF UK IL MONDO IN CIFRE EURO Con il cuore a Kobane 16/22 gennaio 2015 n. 1085 anno 22 Reportage a fumetti dal confine turco-siriano tra i combattenti curdi che difendono la città dal gruppo Stato islamico Dopo la strage di Charlie Hebdo Commenti e analisi

Internazionale 1085

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Internazionale 1085 - Zerocalcare

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  • Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

    Joe Sacco A propositodi satira

    Olivier Roy Chi sono i musulmani francesi

    internazionale.it

    Ahmed Rashid La vera minaccia Al Qaeda

    3,00

    PI, SPED IN AP, DL ART DCB VRDE BE CH CHF UK I L M O N D O I N C I F R E E U R O

    Con il cuorea Kobane

    16/22 gennaio 2015 n. 1085 anno 22

    Reportage a fumetti dal con ne turco-siriano tra i combattenti curdi che difendono la citt dal gruppo Stato islamico

    Dopo la strage

    di Charlie Hebdo

    Commentie analisi

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 3

    Sommario

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    La settimana

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    Simbolo

    3FFG3>;F14 Dopo la strage

    di Charlie The Guardian

    7GDAB325 Croazia Jutarnji List

    38D;53 7?76;AAD;7@F726 Nigeria

    Daily Maverick

    3?7D;5:728 Stati Uniti

    The Christian Science Monitor

    3E;37B35;8;5A30 Sri Lanka The Guardian

    EB39@376 Podemos

    allattacco El Pas

    75A@A?;380 La Monsanto

    semina dati Mother Jones

    E5;7@L384 Nel mondo

    dei sordi The New York Review

    of Books

    BADF8A>;A90 Operazione

    Condor Joo Pina

    D;FD3FF;96 Barney Curley The Economist

    H;399;100 Al mercato

    di Atene Kathimerini

    8D3@5;3102 Morti e basta Les Inrockuptibles

    BAB116 La milonguera Tamzin Baker

    E5;7@L3122 Il secondo

    che scombussola la rete The Christian Science Monitor

    ;@5AB7DF;@3Con il cuore a KobaneReportage a fumetti dal conine turco-siriano tra i combattenti curdi che difendono la citt dal gruppo Stato islamico (p. 33). Illustrazione di Zerocalcare.

    75A@A?;3 7>3HADA126 Corea del Sud The Diplomat

    5g^fgdS106 Cinema, libri,

    musica, video, arte

    Le opinioni

    27 Amira Hass

    108 Gofredo Foi

    110 Giuliano Milani

    112 Pier Andrea Canei

    114 Christian Caujolle

    120 Tullio De Mauro

    >WdgTd[UZW10 Posta

    13 Editoriali

    129 Loroscopo

    130 Lultima

    Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

    Joe Sacco A propositodi satira

    Olivier Roy Chi sono i musulmani francesi

    internazionale.it

    Ahmed Rashid La vera minaccia Al Qaeda

    3,00

    Con il cuorea Kobane

    16/22 gennaio 2015 n. 1085 1anno 22

    ZEROCALCARE

    Dopo la strage

    di Charlie Hebdo

    Daily Maverick un sito sudafricano di attualit e approfondimento politico. Larticolo a pagina 26 uscito il 12 gennaio 2015 con il titolo originale I am Charlie, but I am Baga too: On Nigerias forgotten massacre. El Pas uno dei pi importanti quotidiani spagnoli, simbolo della transizione dal franchismo alla democrazia. Larticolo a pagina 76 uscito il 29 novembre 2014 con il titolo El mordisco de Podemos. LOrient Le Jour un quotidiano libanese in

    lingua francese. Larticolo a pagina 20 uscito il 12 gennaio 2015 con il titolo Le choc des hypocrisies. Mother Jones un bimestrale statunitense che d ampio spazio al giornalismo investigativo. Larticolo a pagina 80 uscito a novembre del 2014 con il titolo originale Monsanto is using big data to take over the world. Internazionale pubblica in esclusiva per lItalia gli articoli dellEconomist.

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    Articoli in formato mp3 per gli abbonati

    Tra un anno cosa rester di questo entusiasmo per la libert despressione? La gente si opporr alla chiusura dei giornali? Delle edicole? La gente comprer ancora i giornali?. Gli interrogativi di Luz, uno dei disegnatori di Charlie Hebdo (un giornale) sopravvissuti alla strage del 7 gennaio, sono stati pubblicati su Les Inrockuptibles (un altro giornale) ed escono questa settimana anche su Internazionale (ancora un giornale). Luz deinisce Charlie una fanzine da liceali che, suo malgrado, diventata un simbolo nazionale e internazionale. Senza entrare nel merito delle considerazioni di Luz giuste, soferte e dolorose molto al margine di tutta la storia di Charlie Hebdo c da notare che in unepoca in cui i giornali sono dati per spacciati, il mondo intero si stretto intorno alla redazione di un piccolo settimanale satirico francese stampato su carta. Certo, mai avrebbero voluto diventare un simbolo, soprattutto lasciandosi alle spalle dieci compagni morti. Ma un dato di fatto che i giornali sono, pi di altri mezzi di comunicazione, capaci di diventare segni di appartenenza, bandiere da esporre. I giornali servono a informarsi e a farsi unopinione, ma contribuiscono anche a deinire lidentit di chi li legge. In questo senso la previsione della loro scomparsa potrebbe essere largamente esagerata. Quindi, per rispondere alla domanda iniziale di Luz: s, la gente comprer ancora i giornali, almeno inch saranno fatti bene. X

    Giovanni De Mauro

    Non meglio spazzare davanti alla propria porta prima di lamentarsi della sporcizia del vicino?

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  • Immagini

    Siamo tutti CharlieParigi, Francia11 gennaio 2015

    Il corteo per la libert despressione e contro il terrorismo attraversa il boule-vard Voltaire, a Parigi. Al centro cam-peggiano i pannelli che ritraggono gli occhi di Charb, il direttore di Charlie Hebdo. Nella capitale francese hanno sfilato quasi due milioni di persone, guidate dal presidente Franois Hol-lande insieme a pi di quaranta autorit straniere. Manifestazioni simili si sono svolte anche in altre citt francesi, riu-nendo in tutto circa quattro milioni di persone. Foto di Christopher Furlong (Getty Images)

  • Immagini

    Da tutto il mondoParigi, Francia11 gennaio 2015

    Il gruppo dei capi di stato e dei leader politici che ha aperto il corteo in ricordo delle 17 vittime degli attentati di Parigi. Tra i partecipanti, il presidente francese Franois Hollande, il presidente malia-no Ibrahim Boubacar Keta, il primo mi-nistro israe liano Benjamin Netanyahu, il presidente palestinese Abu Mazen, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier britannico David Cameron e il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi. Molte polemiche ha suscitato la presenza di autorit di pae si che non ri-spettano la libert di stampa, come la Turchia, il Gabon, lUngheria, la Russia e lArabia Saudita. Foto di Eric Feferberg (Afp/Getty Images)

  • Immagini

    Il blitzParigi, Francia9 gennaio 2015

    Due giorni dopo lattentato alla redazio-ne di Charlie Hebdo, le forze dellordine francesi fanno irruzione nel supermer-cato kosher vicino alla stazione di Porte de Vincennes, nellest della capitale, per liberare gli ostaggi trattenuti da Amedy Coulibaly. Quattro persone sono morte durante il sequestro mentre Coulibaly, 32 anni, stato ucciso dalla polizia nel blitz. Coulibaly era gi ricercato per luccisione, il giorno prima, di unagente municipale a Montrouge, a sud di Pari-gi. I funerali delle vittime del supermer-cato kosher si sono svolti a Gerusalem-me. Foto di Dominique Jacovides (Besti-mage/Sgp)

  • 10 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    [email protected]

    Leterna promessa X Ho letto con attenzione larti-colo sullArgentina (Internazio-nale 1084), scritto nel mese di agosto del 2014. Forse il tempo trascorso non per lautrice un dato rilevante visto che parago-na gli argentini alle formiche o a una trib della foresta afri-cana per dire che in quel paese niente cambia e tutto si ripete ciclicamente. Ha dimenticato che dopo il default del 2001 lAr-gentina riuscita a pagare la to-talit del suo debito con il Fondo monetario internazionale, che cresciuta economicamente in modo vertiginoso, al punto di far parte ora del G20, che luni-co paese dellAmerica Latina ad aver processato i vari dittatori e complici, che ha aumentato la spesa per istruzione, salute e ri-cerca, che i disoccupati sono meno della met di quelli italia-ni. Cambiamenti che indicano una linea politica ed economica ben determinata. Mi piacerebbe leggere articoli che raccontasse-ro del grande laboratorio di al-ternative al pensiero unico che si tenta in America Latina. Graciela Marchueta

    Grazie di tutto X da poco che sono abbonata, ma vi ho cominciato a leggere da qualche anno: sono contenta che ci siate, che non lasciate spazio al sensazionalismo, che sul sito e sui canali social non siate pieni di font brutte e urlate e di link osceni che fanno leva sulle pruderie dei lettori. Il gior-no della strage a Charlie Hebdo ceravate, ci avete aggiornato su Facebook e sul sito in modo puntuale, attento, preciso e ric-co di opinioni e punti di vi-sta. Grazie per averlo fatto in questo modo, davvero. Mi arri-vata lemail con la notiica del nuovo numero. Grazie anche di questo. Tania Beccaceci

    Per vincere la paura X Ho paura. Non tanto del ter-rorismo, ma soprattutto dellin-capacit della nostra societ ad afrontarlo. Pare che in Francia siano stati mobilitati 88mila uo-mini per dare la caccia a tre ter-roristi: sono stati mobilitati al-trettanti uomini, sociologi, psi-cologi per andare a parlare con i

    giovani nelle periferie o nelle scuole? Non con le armi che si pu sconiggere il terrorismo, ma con le idee e la ragione. Ol-tre che con il rigore morale. inaccettabile veder marciare a Parigi il premier israeliano Ben-jamin Netanyahu, che per colpi-re il terrorismo ha causato la morte di pi di mille civili le cui vite erano importanti e innocen-ti come quelle dei giornalisti e di tutte le altre vittime dellattenta-to avvenuto in Francia. Marco Moschini

    Errata corrige

    X Nel numero 1084 di Interna-zionale, a pagina 24, c scritto che il governo libico guidato da Abdallah al Thani si insediato a Tobruk. In realt ha sede ad Al Bayda.

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    INTERNAZIONALE SU

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    Il parco dove gioca mia i-glia pieno di cacche: ma i padroni dei cani proprio non ci pensano ai bambini?Barbara

    In un ventoso pomeriggio di i-ne agosto ho portato i bambini sul forte di Charlottenlund, un parco sul lungomare a nord di Copenaghen dove i cannoni arrugginiti sono ancora punta-ti verso lantica nemica Svezia. Mentre contemplavo il roman-tico panorama con mio iglio pi piccolo dallalto di una col-linetta, lui ha infranto la magia del momento dichiarando: Cacca!. Erano i primi giorni

    senza pannolino e non sarei arrivato a un bagno in tempo: gli ho calato i pantaloni e glielho fatta fare l, a due passi dal cannone. Dopo averlo puli-to, siamo andati a prendere una bustina in macchina e, tornando indietro, ho notato un cane che correva sulla colli-netta seguto dal padrone. Ar-rivati in cima, la cacca di mio iglio non cera pi. Sparita. Mi sono guardato intorno e ho vi-sto il padrone del cane che si allontanava con un sacchetto in mano: laveva raccolta lui, pensando che fosse del suo ca-ne. Stavo per gridargli: Si fer-mi! Ha raccolto la cacca sba-

    gliata!, ma poi mi sono fer-mato. Perch a quel tizio sco-prire di aver maneggiato le feci di mio iglio avrebbe fatto dav-vero schifo. Ma anche perch mi sono vergognato. Ti rac-conto questo drammatico epi-sodio per dimostrarti che a volte i padroni di cani sono perino pi civili di noi genito-ri. E quindi ti chiedo: sei pro-prio sicura che quelle cacche ai giardinetti siano tutte cacche di cane?

    Claudio Rossi Marcelli un giornalista di Internazio-nale. Risponde allindirizzo [email protected]

    Dear Daddy

    Genitori e padroni

    Le correzioni

    X Mustapha Ourrad aveva sessantanni e due igli. Faceva il correttore di bozze a Charlie Hebdo. morto insieme ad al-tre undici persone nellatten-tato di mercoled 7 gennaio. Quel giorno non avrebbe do-vuto essere nella sede del gior-nale: in genere ci andava il lu-ned, per rivedere le pagine prima che fossero spedite in ti-pograia. Ma la scorsa settima-na partecipava alla riunione di redazione perch stava lavo-rando a un numero speciale. Era nato ad At Larba, in Alge-ria. Pi precisamente in Cabi-lia, come amava ricordare. Or-fano, era arrivato in Francia a ventanni grazie a un viaggio pagato dai suoi amici. Dopo un inizio diicile, aveva co-minciato a collaborare con giornali e case editrici. Le per-sone che hanno lavorato con lui lo ricordano come un auto-didatta erudito, appassionato di ilosoia e di letteratura francese, gentile, riservato e autoironico. Quando avevo bisogno di un consiglio sulla lingua, era sempre un interlo-cutore acuto, ha detto a Le Monde unex collega della rivi-sta Viva, dove Ourrad aveva lavorato per anni. Sul comodi-no teneva una copia di Mendi-canti e orgogliosi di Albert Cos-sery. Gli amici lo chiamavano Mustapha Baudelaire. Lui si deiniva un ateo suita. Ave-va da poco ottenuto la cittadi-nanza francese. Giulia Zoli una giornalista di Internazionale. Lemail di questa rubrica [email protected]

    Un correttore dalla Cabilia

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 13

    Editoriali

    In questi giorni i francesi hanno rivolto al mondo e ai responsabili degli attentati di Parigi un mes-saggio di unione, di determinazione e soprattutto di attaccamento ai valori che sono stati aggrediti: la libert, la tolleranza, il pluralismo. Ma una vol-ta passata lemozione ci si dovr interrogare su come proteggerci. Come evitare che atti del ge-nere si ripetano? Come mettere i terroristi in con-dizione di non nuocere, ora che sappiamo che vi-vono tra noi? Voci forti e convincenti si alzeranno e si alzano gi per chiedere misure repressive sempre pi forti. Queste voci useranno argomen-ti semplici, eicaci, seducenti. Senza dubbio bi-sogna reagire con fermezza, analizzare i punti deboli delle nostre misure di sicurezza e capire come uomini che erano stati a lungo sorvegliati dalla polizia siano stati in grado di portare a ter-mine questi attacchi.

    Ma bisogna anche evitare la trappola dell11 settembre: quella della guerra mondiale contro il terrore del presidente statunitense George W. Bush. La repressione e la sorveglianza senza pre-cedenti hanno s evitato nuovi attentati con lec-

    cezione di quello di Boston nel 2013 ma anche destabilizzato il mondo arabo e musulmano, di cui lEuropa un vicino. La Francia dispone gi di leggi e misure di sicurezza importanti. Lultima legge antiterrorismo stata varata nel novembre scorso, mentre unaltra legge sui servizi segreti in preparazione e dovr tener conto degli ultimi attentati. Bisogna fornire ai servizi di sicurezza i mezzi per adattarsi a una minaccia terroristica in costante evoluzione. Ma bisogna anche rispettare i valori professati da chi sceso in piazza l11 gen-naio.

    Ci sono altre cose che possiamo fare per difen-derci. Una priorit devessere la lotta alla radica-lizzazione nelle carceri, che trasformano tanti giovani delinquenti disorientati in futuri terrori-sti. E poi c lEuropa, i cui cittadini e leader han-no subito risposto allappello dei francesi. Il terro-rismo devessere combattuto su scala europea, ma il vecchio continente riluttante a una mag-giore cooperazione nel campo della sicurezza e della giustizia. Rinunciare signiica non ascoltare il messaggio di Parigi. X as

    La repressione non la risposta

    Le Monde, Francia

    Le altre vittime del terrorismo

    Financial Times, Regno Unito

    Negli ultimi giorni lattenzione delloccidente stata monopolizzata dagli attacchi di Parigi. Le espressioni di lutto e la grande manifestazione di unit organizzata in Francia l11 gennaio sono sta-te una risposta adeguata. Per contrasto, di fronte alla serie di attentati jihadisti in Africa e Medio Oriente loccidente rimasto muto. Nel nord del-la Nigeria centinaia o forse migliaia di persone sono state massacrate da Boko haram. In Yemen, nello stesso giorno dellattentato a Charlie Heb-do, 37 persone sono state uccise da Al Qaeda nel-la penisola araba. Confrontate quello che succe-de in Francia e quello che succede da noi, ha di-chiarato larcivescovo nigeriano Ignatius Kaiga-ma. C una grande diferenza.

    comprensibile: il primo dovere di ogni go-verno proteggere i suoi cittadini. Ma il mondo deve anche rispondere alle preoccupazioni espresse dallarcivescovo e da altri. Negli Stati Uniti e in Europa i governi e i mezzi dinformazio-ne sono spesso indiferenti alle violenze quando le vittime sono arabe o africane. Questo rischia di creare un senso di ingiustizia in Africa e in Medio Oriente, oltre a trascurare quanto il jihadismo sia

    radicato come fenomeno globale. I leader occi-dentali devono fare di pi per risolvere questo problema. Lestrema destra europea ritiene che per sconiggere il jihadismo basti raforzare i con-ini e la sicurezza. Ma la verit che queste mi-nacce devono essere afrontate alla radice, come sta facendo loccidente aiutando il governo ira-cheno nella lotta al gruppo Stato islamico.

    C un altro motivo per cui la violenza in Afri-ca e in Medio Oriente non pu essere ignorata. Molti parlano di scontro di civilt tra lislam e loccidente, ma gli attacchi in Nigeria e in Yemen hanno ucciso moltissimi musulmani. lennesi-ma dimostrazione che il vero scontro tra lislam moderato e quello radicale. I paesi occidentali devono afrontare una sida lunga e complessa. Per il momento limportante che i loro leader capiscano che il jihadismo una sida mondiale. Negli ultimi giorni lattenzione dei politici e dellopinione pubblica si comprensibilmente concentrata sulle violenze in una grande citt eu-ropea. La minaccia jihadista, per, si estende dallAfrica occidentale al Pakistan. Il pericolo globale, e lo sono anche le vittime. X bt

    Vi sono pi cose in cielo e in terra, Orazio,di quante se ne sognano nella vostra ilosoiaWilliam Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De MauroVicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo ZanchiniEditor Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (opinioni), Camilla Desideri (America Latina), Simon Dunaway (attualit), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa e Medio Oriente), Junko Terao (Asia e Paciico), Piero Zardo (cultura, caposervizio)Copy editor Giovanna Chioini (web, caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caposervizio), Giulia ZoliPhoto editor Giovanna DAscenzi (web), Mlissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web)Impaginazione Pasquale Cavorsi (caposervizio), Valeria Quadri, Marta RussoWeb Giovanni Ansaldo, Annalisa Camilli, Donata Columbro, Francesca Gnetti, Francesco Longo, Stefania Mascetti (caposervizio), Martina Recchiuti (caposervizio), Giuseppe RizzoInternazionale a Ferrara Luisa CifolilliSegreteria Teresa Censini, Monica Paolucci, Angelo Sellitto Correzione di bozze Sara Esposito, Lulli Bertini Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla ine degli articoli. Marina Astrologo, Giuseppina Cavallo, Stefania De Franco, Andrea De Ritis, Andrea Ferrario, Giusy Muzzopappa, Floriana Pagano, Francesca Rossetti, Fabrizio Saulini, Andrea Sparacino, Bruna Tortorella Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto graico Mark Porter Hanno collaborato Gian Paolo Accardo, Luca Bacchini, Francesco Boille, Catherine Cornet, China Files, Sergio Fant, Anita Joshi, Andrea Pira, Fabio Pusterla, Marc Saghi, Andreana Saint Amour, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pierre Vanrie, Guido VitielloEditore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Emanuele Bevilacqua, Giovanni De Mauro, Giovanni Lo StortoSede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e difusione Francisco Vilalta Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Alessia SalvittiConcessionaria esclusiva per la pubblicit Agenzia del marketing editorialeTel. 06 6953 9313, 06 6953 9312 [email protected] Download Pubblicit srlStampa Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Distribuzione Press Di, Segrate (Mi)Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0. Signiica che pu essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per ini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]

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  • 14 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Attualit

    Dopo la strage

    Dopo lo shock e lorrore arrivato il momento del risveglio collettivo. Nessuno in Francia ave-va visto qualcosa di si-mile dai tempi delle

    immagini di Parigi nel 1944, lanno della li-berazione. Oggi, come allora, siamo una nazione che vuole disperatamente riafer-mare lessenza della sua repubblica e la sua volont di sopravvivere e di superare il trau-ma dellaggressione, ma anche le divisioni e i fallimenti interni.

    Quasi quattro milioni di persone sono scese in piazza in tutta la Francia in una di-mostrazione di unit contro il terrore e in difesa dei valori che sono al centro della de-mocrazia e dellEuropa. I loro volti erano determinati ed emozionati. Le famiglie hanno portato i igli, neonati compresi: tut-te le generazioni hanno partecipato a que-sto momento storico. Nella folla compatta e solenne, i presenti non hanno nascosto la loro diversa appartenenza etnica, religiosa o sociale mentre cantavano insieme fra-ternit, libert, repubblica: volevano di-mostrare che gli assassini non riusciranno a spaccare la nazione n a indebolire lessen-za dellumanesimo europeo.

    Davanti a quel iume di persone ho pro-vato una sensazione fortissima: questo spi-rito di resistenza dovr durare, dovr essere linizio di un Mai pi, dovr essere il pun-to di partenza di un processo che faccia chiarezza, non solo in Francia ma anche in Europa, dove le reti jihadiste si stanno allar-

    gando (anche se rimangono molto piccole) e dove il populismo e la xenofobia sono in crescita.

    Come siamo arrivati a questo? Diversa-mente dall11 settembre e dalloccupazione nazista, quello di Parigi non stato un attac-co partito da lontano: stato un atto sangui-nario nato allinterno della Francia. Gli isla-misti fanatici, armati e indottrinati che hanno ucciso 17 persone erano giovani francesi, nati e istruiti in Francia. Questo elemento fondamentale per capire la grande manifestazione di lutto e di rabbia e la necessit di riafermare lidentit del pa-ese mostrando la forza della democrazia.

    Altrettanto importante stata la presen-za di molti leader europei. Non si trattato solo di solidariet, ma anche di ribadire i valori fondamentali dellEuropa: tolleran-za, diritti umani, stato di diritto.

    Charlie, poliziotto, ebreoJe suis Charlie, je suis lic, je suis juif stato lo slogan pi forte ed eicace tra quel-li scanditi dai manifestanti. Io sono Charlie, io sono un poliziotto, io sono ebreo. Lattac-co terrorista ha avuto tre dimensioni. In primo luogo ha preso di mira la libert di espressione e il diritto alla blasfemia. Le vi-gnette di Charlie Hebdo possono non pia-cere, ma sono lesercizio di un diritto intro-dotto dalla rivoluzione francese nel 1789. Prima di allora la blasfemia era un crimine.

    Charlie Hebdo non ha mai violato i dirit-ti democratici. Nel 2007, quando il giornale fu denunciato dalle organizzazioni islami-

    Natalie Nougayrde, The Guardian, Regno Unito

    La reazione della Francia agli attentati. Il rapporto tra islam e democrazia. I giovani musulmani e la propaganda jihadista. La stampa internazionale rilette sulle cause e le conseguenze degli attacchi di Parigi

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  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 15

    age di Charlie

    Parigi, 11 gennaio 2015

  • 16 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Attualit

    che francesi per aver fomentato lodio e aver insultato lislam e i musulmani, il tri-bunale stabil che la redazione, pur avendo ofeso alcune sensibilit, non aveva supera-to i limiti della libert di espressione.

    In secondo luogo, gli assassini hanno preso di mira gli agenti di polizia, ucciden-done tre a sangue freddo. In questo modo hanno attaccato chi ha il compito di difen-dere lo stato di diritto. stata unaggressio-ne contro le istituzioni della repubblica e contro persone che hanno cercato di ferma-re gli assassini rischiando la propria vita.

    Infine i jihadisti hanno attaccato gli ebrei, commettendo un massacro allinter-no di un negozio kosher poche ore prima dellinizio del sabato. In Francia dei cittadi-ni francesi hanno assassinato degli ebrei solo perch erano ebrei. stata una trage-dia che ci riporta agli orrori della seconda guerra mondiale, ed arrivata appena tre anni dopo gli attacchi antisemiti di Tolosa.

    Dopo la grande dimostrazione di unit contro il terrore di domenica scorsa arri-vato il momento di porsi alcune domande: negli ultimi anni stato fatto abbastanza per combattere quello che oggi viene con-dannato a gran voce? C stata abbastanza solidariet quando Charlie Hebdo stato accusato di blasfemia? O quando stato eti-chettato come razzista e antiarabo in un modo che ha completamente travisato lo spirito del giornale, nato dal movimento studentesco e dal maggio francese? stata data la dovuta attenzione al fatto che in al-cune periferie francesi i poliziotti sono ac-colti da lanci di pietre e a volte anche da colpi darma da fuoco? Sono stati indagati i motivi per cui alcuni ebrei francesi si sento-no minacciati e sempre pi spesso decidono di emigrare in Israele? stata fatta chiarez-za sulla minaccia al tessuto sociale francese rappresentata dallo spettacolo antisemita del comico Dieudonn? Temo di no. Que-ste domande devono essere analizzate. Questi problemi hanno bisogno di soluzio-ni. L11 gennaio, a Parigi, tutti erano mobili-tati, determinati ed emozionati, ma le crepe nella societ francese e le debolezze mo-strate dai partiti, dai governi e dalle istitu-zioni non sono scomparse in un solo giorno grazie a una manifestazione, per quanto grande e necessaria. X as

    Natalie Nougayrde una giornalista francese. stata corrispondente di Libra-tion e della Bbc, e direttrice di Le Monde dal 2013 al 2014.

    Lemozione suscitata in Francia dallattacco a Charlie Hebdo qualcosa di pi di una reazione dorrore o di una manifestazio-

    ne di solidariet: un fenomeno sociale. Perch questattentato terroristico pi di un semplice crimine: un evento politico. Non solo perch il peggior attentato com-messo in Francia dal 1961 o perch ha col-pito la libert despressione e di stampa, ma anche perch trasforma un dibattito intel-lettuale in una questione esistenziale. Ri-lettere sul legame tra islam e violenza si-gniica rilettere sul posto dei musulmani in Francia.

    una questione esistenziale perch ri-guarda la coesione della societ francese, secondo qualcuno minacciata da una pre-senza musulmana che va oltre il semplice fenomeno demograico (e questa ormai lopinione dominante), secondo altri mi-nacciata da una paura dellislam alimenta-ta da pochi terroristi ( la variante antiraz-zista di questa preoccupazione sul vivere insieme: il rischio maggiore in questo caso sarebbe lostracismo sempre maggiore ver-so i musulmani di Francia).

    Rovesciamento

    Al di l dellaspetto della sicurezza, perfet-tamente gestibile, la sida riguarda la pre-senza dei musulmani in Francia. Una sida che era emersa ben prima dellattentato contro Charlie Hebdo, ma solo in termini localizzati dal punto di vista politico: lossessione populista contro limmigrazio-ne, le ansie civilizzatrici di una destra con-servatrice che si rif a un cristianesimo identitario, la fobia antireligiosa di un laici-smo proveniente da sinistra che si trasfor-

    mata in un discorso identitario acchiappa-voti nella versione proposta dal Front na-tional.

    La preoccupazione suscitata dallislam e dai musulmani che vivono in Francia ormai diventata un tema pi ampio, meno connotato politicamente, che supera i con-ini tra le famiglie ideologiche, e dunque non deve pi sottostare a un trattamento moralizzatore o colpevolizzante. Non serve a niente prendere di mira il Front national: i suoi temi fanno parte ormai del dibattito pubblico e il giochino di individuare il re-sponsabile non ha quasi pi senso.

    Due diversi discorsi si contendono lo spazio pubblico. Nel discorso dominante, il terrorismo lespressione esacerbata di un vero islam che si ridurrebbe di fatto al ri-iuto dellaltro, alla supremazia della sharia e al jihad conquistatore, anche se queste scelte si fanno pi per errore e per risenti-mento che per la certezza di possedere la verit. In parole povere, ogni musulmano avrebbe una specie di software coranico impiantato nel subconscio, che lo rende in ogni caso non assimilabile, a meno che non proclami a gran voce la sua conversione pubblica a un improbabile islam progressi-sta, femminista e gay-friendly. Questa ri-chiesta di sottomissione ricorrente (perch voi musulmani non condannate il terrorismo?). Ed certamente per antino-mia che lo scrittore Michel Houellebecq nel suo ultimo romanzo ha ribaltato questa sottomissione.

    Il secondo discorso, minoritario e che fatica a farsi sentire, lo deinirei islamico-progressista ed portato avanti da musul-mani pi o meno credenti e dal movimento antirazzista. Not in my name, non in mio no-me: lislam dei terroristi non il mio islam, e non nemmeno lislam, che invece una religione di pace e tolleranza. La vera mi-naccia sono lislamofobia e lemarginazio-ne, che spiegano, senza giustiicarla, la ra-dicalizzazione dei giovani. Pur partecipan-do al coro della grande narrazione delluni-t nazionale, gli antirazzisti aggiungono

    La comunit

    che non esiste

    Olivier Roy, Le Monde, Francia

    I francesi si sentono minacciati dai musulmani, accusati di mettere la religione davanti alle leggi dello stato. Ma una paura infondata

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 17

    una nota: attenzione a non stigmatizzare i musulmani.

    La giustapposizione di questi discorsi porta a unimpasse. Per uscirne bisognerebbe chiarire un po di fatti che non vogliamo vedere: i giovani radicalizzati non sono lavanguardia o i portavoce delle frustrazioni della popolazione musulmana e, soprattutto, non esiste una comunit musulmana in Francia.

    Lillusione dei convertiti

    I giovani radicalizzati, pur rifacendosi a un immaginario politico musulmano (la um-ma delle origini), sono in rotta sia con lislam dei genitori sia con le culture delle societ musulmane. Cos inventano un islam da contrapporre alloccidente. Questi giovani vengono dalla periferia del mondo musulmano (cio loccidente: basti pensare che il Belgio fornisce al gruppo Stato islamico un numero cento volte superiore di

    jihadisti rispetto allEgitto, in proporzione alla popolazione musulmana presente sul territorio), si muovono in una cultura occidentale della comunicazione, della teatralit e della violenza, incarnano una rottura generazionale (i genitori ormai si rivolgono alla polizia quando i igli partono per la Siria), non sono inseriti nelle comunit religiose locali (le moschee di quartiere), si radicalizzano autonomamente su internet, perseguono il jihad globale e non sono interessati alle lotte concrete del mondo musulmano (la Palestina). In breve non lavorano allislamizzazione delle societ, ma alla realizzazione della loro illusione di eroismo malato (ho vendicato il profeta, ha proclamato uno degli assassini di Charlie Hebdo). Il gran numero di convertiti tra i jihadisti (secondo la polizia francese sono il 22 per cento di quelli che sono andati a combattere per il gruppo Stato islamico) dimostra che solo una frangia marginale dei giovani musulmani interessata dalla radicalizzazione.

    Al contrario, i fatti dimostrano che i musulmani francesi sono pi integrati di quan

    to si pensi. Ogni attentato di matrice estremista islamica causa di solito almeno una vittima musulmana tra le forze dellordine: come Imad ibn Ziaten, il militare francese ucciso da Mohamed Merah a Tolosa nel 2012; o Ahmed Merabet, il poliziotto ucciso mentre cercava di fermare il commando degli assassini di Charlie Hebdo. Ma invece di essere citati come esempio, sono indicati come controesempio: il vero musulmano il terrorista, gli altri sono eccezioni. Da un punto di vista statistico, per, falso: in Francia i musulmani nellesercito, nella polizia e nella gendarmeria sono pi numerosi di quelli nelle reti di Al Qaeda, per non parlare di quelli che lavorano nella pubblica amministrazione, negli ospedali, nei tribunali o nella scuola.

    Un altro luogo comune sostiene che i musulmani sono restii a condannare il terrorismo. Invece, internet trabocca di condanne e di fatwa contro il terrorismo. Se questi fatti smentiscono la tesi della radicalizzazione della popolazione musulmana, perch non riescono a imporsi? Perch ci si interroga tanto su una radicalizzazione che

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    Bobigny, 13 gennaio 2015. I funerali di Ahmed Merabet, uno degli agenti uccisi nellattacco a Charlie Hebdo

  • 18 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Attualitriguarda solo i margini? Perch alla popolazione musulmana si attribuisce uno spirito di appartenenza comunitaria e poi la si accusa di dissimularlo. Ai musulmani si rimprovera di essere propensi a concepirsi come comunit, ma poi gli si chiede di reagire al terrorismo come farebbe una comunit. Siamo in presenza di ci che si deinisce un doppio vincolo: siate quello che vi chiediamo di non essere.

    Se a livello locale, quello dei quartieri, si pu constatare uno spirito di appartenenza alla comunit, questo non avviene a livello nazionale. I musulmani francesi non hanno mai avuto la volont di dar vita a istituzioni rappresentative e ancor meno a una lobby musulmana. Non sintravede nemmeno la possibilit che nasca un partito islamico; i candidati alla vita politica dorigine musulmana si dividono nellintero spettro politico francese (compresa lestrema destra). Non esiste un voto musulmano (e il Partito socialista lha scoperto a sue spese).

    Scongiurare listeriaNon ci sono reti di scuole musulmane (meno di dieci in tutta la Francia) n forme di mobilitazione di piazza (nessuna manifestazione per una causa islamica ha mai raccolto pi di qualche migliaio di persone), le moschee di grandi dimensioni sono pochissime (e quasi sempre inanziate dallestero) ma ci sono molte piccole moschee. Se esiste uno sforzo di instillare uno spirito di comunit, viene dallalto, dagli stati, non dai cittadini. Le presunte organizzazioni rappresentative, dal consiglio francese del culto musulmano alla Grande moschea di Parigi, sono sostenute dagli sforzi del governo francese e di quelli stranieri, ma non hanno legittimit locale. In breve la comunit musulmana soffre di un individualismo molto gallico e si ribella al bonapartismo delle lite. E questa una buona notizia.

    Eppure non si fa altro che parlare di questa famigerata comunit musulmana, a destra e a sinistra, per denunciare il riiuto di integrarsi o per farne una vittima dellostilit verso lislam. I due discorsi opposti si basano di fatto sulla stessa illusione. Non esiste una comunit musulmana, ma una popolazione musulmana. Ammetterlo sarebbe gi un buon modo per scongiurare listeria presente e futura. X gim

    Olivier Roy uno studioso francese di islam e Medio Oriente. Il suo ultimo libro En qute de lOrient perdu (Seuil 2014).

    Lattentato contro Charlie Hebdo ha sconvolto la Francia, toccata nella sua identit profonda di paese dello spirito frondista e

    della libert di espressione. Questo terrorismo feroce ha superato per crudelt gli attentati degli ultimi ventanni. Quelli commessi da terroristi fatti in casa, cio cresciuti in Francia, sono cominciati con Khaled Kelkal nel 1995: nellestate di quellanno ci fu una serie di attacchi che caus 8 morti e 148 feriti. Le vittime furono scelte a caso. In seguito gli attentati terroristici divennero mirati. Nel 2012 Mohamed Merah uccise sette persone, tra cui tre militari e quattro ebrei, e ne fer sei.

    Il 24 maggio 2014 Mehdi Nemmouche ha ucciso quattro persone al museo ebraico di Bruxelles. E oggi due fratelli, Sad e

    Chrif Kouachi, hanno ucciso dodici persone, tra cui i giornalisti del settimanale satirico Charlie Hebdo, colpevoli di aver profanato con le loro caricature il profeta dellislam. Tre categorie di persone, pi di altre, sono prese di mira: militari e poliziotti (soprattutto musulmani), ebrei, e giornalisti.

    Quali sono gli elementi che accomunano queste azioni? Ecco un identikit del jihadista fatto in casa: si tratta quasi sempre di giovani con un passato criminale, che hanno alle spalle reati per furto o per traico di droga. Quasi tutti sono stati in carcere e quasi tutti prima non erano musulmani praticanti. Poi sono diventati dei musulmani born again attraverso la riscoperta delle proprie radici o dei jihadisti convertiti sotto linluenza di un guru, di amici o grazie a quello che hanno letto su internet. Tutti hanno fatto un viaggio iniziatico in un paese del Medio Oriente o in zone di guerra (Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan). Delinquenza, carcere, viaggio iniziatico e islamizzazione radicale sono i quattro elementi caratteristici.

    La loro personalit segnata dallodio

    Lidentikitdel jihadistaFarhad Khosrokhavar, Le Monde, Francia

    I terroristi che hanno compiuto lattentato nella redazione di Charlie Hebdo sono nati e cresciuti in Francia. Cosa ha alimentato il loro odio?

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    Parigi, 7 gennaio 2015. Gli attentatori dopo aver colpito la sede di Charlie Hebdo

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 19

    verso la societ, dallesclusione sociale, dallaver vissuto nelle periferie e da un an-tagonismo nei confronti degli inclusi, siano essi francesi gallici o di origine norda-fricana. Per i jihadisti il ghetto si trasforma in una prigione interiore in cui lunica via duscita trasformare il disprezzo che nu-trono per se stessi in odio nei confronti degli altri. Vogliono caratterizzare la loro rivolta con azioni negative piuttosto che denuncia-re il razzismo. Alcuni di loro riescono a su-perare lesclusione e a unirsi alla classe me-dia. Per chi sofre di unintensa forma di vittimismo e pensa che le vie duscita dallesclusione sociale siano sbarrate, lodio si trasforma in una delinquenza ostentata e in alcuni casi in un jihadismo che vuole sa-cralizzare la rabbia e dare un senso religioso al malessere.

    Il parallelo con il sessantottoUnidentit in rotta con gli altri tenta di ven-dicarsi della propria infelicit attaccando una societ considerata colpevole nella sua totalit, senza sfumature; secondo il gergo jihadista, una societ eretica, empia. ne-cessario abbatterla, anche a costo di farsi uccidere come martiri di una causa sacra. Il viaggio iniziatico raforza la nuova identit del giovane jihadista, riconnettendolo alle societ musulmane, di cui per non parla la lingua n condivide i costumi. Ha solo biso-gno di illudersi di stare dalla loro parte e contro il suo paese.

    Lislam jihadista gli ofre lo status di eroe negativo e lui lo incarna in quanto mujahid (combattente) di quella fede di cui si auto-proclamato difensore: uccider, terrorizze-r, si far odiare e sar orgoglioso di questo nuovo status conquistato attirando latten-zione dei mezzi dinformazione, superando lanonimato. Ora qualcuno ed riuscito a sostituire il disprezzo sullo sguardo dei bianchi con la paura della morte. pronto a morire e a uccidere e gli altri temono per le loro vite, perci in una posizione di supe-riorit. Gli altri glielo riconoscono consa-crandogli per giorni il predominio nei mez-zi dinformazione.

    A partire dal 2013, dopo lo scoppio della guerra civile in Siria, a questo modello clas-sico se ne contrappone un altro: i ragazzi delle classi medie, i convertiti di quasi tutte le religioni, cristiani, ebrei, buddisti, ma anche ragazze che si uniscono ai tanti soste-nitori del jihad esasperato. Non odiano la societ n hanno interiorizzato lostracismo con cui questa ha schiacciato i giovani delle

    periferie. Allora perch lo fanno? Perch sono lopposto dei ragazzi del sessantotto: i giovani di allora cercavano lintensiicazio-ne dei piaceri nel desiderio sessuale ricon-quistato, questi ragazzi invece cercano di inquadrare i desideri e di imporsi attraver-so la prospettiva di un islam intransigente restrizioni che nobilitano. Nel sessantotto si cercava di liberarsi dalle restrizioni e dal-le gerarchie imposte, oggi quelle imposizio-ni si reclamano con forza e si chiedono leggi che abbiano un carattere sacro.

    Nel sessantotto si era anarchici e si odia-va il potere patriarcale, oggi c una societ svuotata di senso e lislamismo radicale, separando il ruolo della donna da quello delluomo, riabilita una visione distorta del patriarcato sacralizzato in riferimento a dio. Il sessantotto era la festa ininterrotta e il movimento hippy voleva esserne il prose-guimento nel delirio del viaggio esotico ino a Katmandu o in un Afghanistan ancora li-bero dallinluenza del jihadismo. Oggi il viaggio iniziatico rappresenta una ricerca di purezza di fronte alla morte in nome del martirio.

    La liberazione femminile era parte inte-grante di quel periodo. Oggi le ragazze vo-gliono trovare i loro innamorati tra coloro che accettano di morire. E nella sottomis-sione alla prova del martirio si rivela una sincerit che dimostra la loro seriet agli occhi di quella femminilit islamica che ri-tengono di incarnare. Accanto a tutto que-sto, c la ricerca di giustizia per la Siria, dove un regime sanguinario ha ucciso due-centomila persone e ne ha condannate mi-lioni alla fuga.

    Sar necessario inventare un nuovo mo-do di stare insieme per difendere lideale di libert che ci caro. La reazione spontanea di centinaia di migliaia di cittadini dopo lattentato nella redazione di Charlie Heb-do lascia intravedere linizio di una soluzio-ne nei termini dellesaltazione dei valori collettivi ritenuti sacri. Questi valori sfug-gono al nichilismo dei profeti di sventura che promettono la morte della repubblica, della laicit e dellessere umano, che siano jihadisti o intellettuali inaciditi. X gim

    Farhad Khosrokhavar un sociologo franco-iraniano. Docente presso lcole des hautes tudes en sciences sociales di Parigi,si occupa di mondo arabo, fondamentali-smo islamico e movimenti sociali in Iran. Il suo ultimo libro La radicalisation (Msh Paris 2014).

    X 7 gennaio 2015 Alle 11.30 due uomini armati entrano nella redazione del setti-manale Charlie Hebdo, nel centro di Pari-gi, e uccidono dodici persone. Gli attenta-tori fuggono in auto verso nordest. La poli-zia sospetta che gli attentatori siano i fra-telli Chrif e Sad Kouachi, 32 e 34 anni, na-ti a Parigi da genitori algerini. Chrif un jihadista, condannato nel 2008. X 8 gennaio Alle 8.45 nel quartiere di Montrouge, nella periferia sud di Parigi, un uomo uccide una poliziotta e ferisce un netturbino. Poi scappa. Alle 10.30 Chrif e Sad Kouachi rapinano una stazione di ser-vizio a nordest di Parigi. X 9 gennaio A un posto di blocco a Seine-et-Marne la polizia spara contro i fratelli Kouachi. I due riescono a scappare e si ri-fugiano in una tipograia a Dammartin-en-Gole. Intanto lattentatore di Mon-trouge viene identiicato grazie al dna su un passamontagna trovato dopo la spara-toria: Amedy Coulibaly, 32 anni, nato a Juvisy-sur-Orge, nellle-de-France. Ha conosciuto Chrif Kouachi in carcere. Alle 12 la polizia conferma che c un legame tra Coulibaly e i fratelli Kouachi. Alle 13 c una sparatoria vicino a Porte de Vincen-nes, nella zona est di Parigi. Coulibaly prende in ostaggio alcuni clienti di un su-permercato kosher. Nelle prime fasi del se-questro uccide quattro persone. La polizia cerca anche Hayat Boumedienne, 26 anni, compagna di Coulibaly. Tra le 16.55 e le l 17.10 le forze speciali fanno due irruzioni. La prima a Dommartin-en-Gole, dove i fratelli Kouachi vengono uccisi. La secon-da a Parigi, dove viene ucciso Coulibaly.X 11 gennaio Quasi quattro milioni di per-sone manifestano in tutta la Francia per di-fendere la libert despressione. A Parigi quasi due milioni di persone silano, insie-me a molti leader mondiali, da place de la Rpublique a place de la Nation.X 14 gennaio Il comico Dieudonn Mbala Mbala, gi condannato per le sue battute antisemite, in stato di fermo provvisorio nella sua abitazione con lac-cusa di apologia di terrorismo per aver scritto su Facebook Je suis Charlie Cou-libaly. Le Nouvel Observateur

    Da sapere

    Dagli attentati ai cortei

  • 20 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Attualit

    La forza di Charlie Hebdo era la denuncia delle ipocrisie, luso del sarcasmo contro tutti i potenti. Per questo

    ironico vedere una cinquantina di capi di stato, tra i quali molti alieri dellau-toritarismo, rendere onore a giornalisti provenienti in gran parte da una sini-stra radicale, anarchica e libertaria ostile a tutte le forme di autorit.

    Come se non fosse mai esistito il ca-so Salman Rushdie, lIran ha condan-nato il radicalismo del pensiero. An-che lArabia Saudita ha denunciato la vigliaccheria degli assassini, poco prima che cominciasse la ben pi co-raggiosa punizione del blogger saudita Raif Badawi, condannato a mille fru-state per aver criticato il clero wahabi-ta. Mentre il premier israeliano Benja-min Netanyahu cercava di sfruttare po-liticamente la tragedia di Parigi, lavvo-cato Alan Dershowitz, zelante propa-gandista dello stato di Israele, si chie-deva se la Francia non si fosse meritata gli attentati dato che aveva riconosciu-to lo stato palestinese e dunque ri-compensato i terroristi. Cerano anche le autorit della Turchia, il paese che ha pi giornalisti in carcere, e della Russia, che ha adottato leggi contro la blasfemia paragonabili a quelle di alcu-ni paesi musulmani.

    Al di l di queste piccole ipocrisie, il dibattito sulla libert despressione che si scatenato intorno a Charlie Hebdo negli ultimi dieci anni stato caratte-rizzato dallo scontro tra due monu-mentali ipocrisie parallele, entrambe

    incapaci di uscire dallambiguit e dallin-dignazione selettiva. Allimprovviso si ve-dono persone che non sono mai state lai-che servirsi della laicit alla francese come arma contro lislam. Questa fobia della religione ha pi a che fare con lodio che con lumanesimo laico. Nel mondo arabo, daltra parte, lipocrisia di alcuni in-tellettuali era gi evidente negli anni no-vanta, quando molti di loro hanno soste-nuto il diritto alla libert despressione del negazionista Roger Garaudy, pur ta-cendo delle migliaia di prigionieri politici che marcivano nelle prigioni dei paesi ara-bi. La stessa ipocrisia degli intellettuali oc-cidentali che celebravano il pamphlet raz-zista di Oriana Fallaci e insorgevano con-tro il presunto antisemitismo degli arabi.

    Poca coerenzaIl mondo islamico sarebbe pi credibile nelle sue proteste contro lislamofobia oc-cidentale se afrontasse lantisemitismo e il negazionismo al suo interno. E sarebbe pi facile prendere sul serio la condanna dellantisemitismo arabo in occidente se questo avesse dato prova della stessa indi-gnazione quando il rabbino israeliano Ovadia Yosef invitava a sradicare gli ara-bi o quando lex primo ministro dIsraele Menachem Begin li deiniva animali a due zampe. Tanto pi che lideologia si concretizza in unoccupazione brutale del-la Palestina che va avanti da quarantotto anni. Se il nostro primo rilesso stato ri-afermare la sacralit della libert di

    espressione, daremmo prova di ottusi-t se non analizzassimo la paura osses-siva dellislam che si difonde in tutto loccidente e ricorda lantisemitismo del secolo scorso.

    Impacciata dalla propria soferenza, ciascuna comunit si mostra incapace di comprendere le soferenze delle al-tre. Eppure stato dimostrato che lan-tisemitismo e lorientalismo si basano sulla stessa tradizione intellettuale. Per molto tempo gli ebrei sono stati ritratti nella letteratura occidentale come orientali, e gli sono state attribuite le stesse caratteristiche che oggi si attri-buiscono ai musulmani. Erano consi-derati diversi, furbi, non assimilabili e altre sciocchezze simili. Lantisemiti-smo stato screditato in occidente do-po la seconda guerra mondiale, ma al-cuni continuano a trovare simpatiche le caricature dello stesso tipo che pren-dono di mira i musulmani.

    Il dibattito sulla libert despressio-ne non semplice. Il problema la mancanza di coerenza di chi vuole tu-telare alcune opinioni e criminalizzar-ne altre. Non c niente di pi facile che difendere la libert dopinione quando le opinioni in questione sono anche le nostre. Bernard-Henri Lvy ha difeso Rushdie davanti ai radical chic di Saint-Germain-des-Prs, il giornalista pachi-stano Eqbal Ahmad lo ha difeso davan-ti ai suoi connazionali infuriati: chi dei due stato pi coraggioso? La maggior parte degli intellettuali occidentali e musulmani si accontenta di predicare nel suo campo. Tutti dimenticano le pagine di Montaigne sullautocritica e linvito di Theodor Adorno a pensare contro se stessi.

    Oggi gli occidentali si scagliano contro i musulmani, considerati inca-paci di capire la libert despressione dei vignettisti, mentre gli altri si sca-gliano contro un occidente percepito come un insieme omogeneo, razzista e imperialista. Il coraggio di un intellet-tuale non sta soprattutto nellafrontare i pregiudizi? Non meglio spazzare da-vanti alla propria porta prima di lamen-tarsi della sporcizia del vicino? X gim

    Karim mile Bitar un politologo li-banese. Lavora allistituto Iris di Parigi.

    In occidente come nel mondo islamico il dibattito sulla libert di espressione viziato dal pregiudizio

    Lo scontrodelle ipocrisie

    Karim mile Bitar, LOrient Le Jour, Libano

    Lopinione

    Non c niente di pi facile che difendere la libert dopinione quando le opinioni in questione sono anche le nostre

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 21

    A un certo punto qualcosa cam-bi. Avevo 13 anni, pensavo solo ai libri e alle ragazze, ero un sa-no adolescente di origine ma-rocchina senza troppi problemi. Poi qualco-sa mi fece sentire diverso. Un giorno, a scuola, affrontammo il tema della fatwa contro Salman Rushdie. Il professor Fok parl di libert di espressione, io dissi che erano insulti al profeta. In aula cadde un si-lenzio imbarazzante. Fok disse che la fatwa non aveva senso. Comera possibile ofen-dersi per un romanzo? Comera possibile essere condannati a morte per aver usato la fantasia?

    Ricordo che saltai in piedi e alzai la voce, cercando di spiegare quanto era sacro il profeta per me e per la mia comunit. E pi il professore continuava con la sua analisi fredda e razionale, pi mi arrabbiavo. Non

    si trattava pi di un romanzo, ma di me. Di noi. Volevo vendetta. Fok si limit a guar-darmi e mi chiese di uscire dallaula. Per la prima volta capii cosa significava essere musulmano. Non volevo sentirmi cos. Vo-levo essere accettato. Poi, quando la fru-strazione e la rabbia cominciarono a calare, mi vergognai per aver tradito la mia religio-ne, la mia famiglia, me stesso. Mi vergogna-vo di una rabbia che non capivo.

    Libert di dubitare

    Sono cresciuto in una famiglia marocchina abbastanza tradizionale. Osservavamo il ramadan ma mio padre non andava quasi mai in moschea. Non parlammo molto del-la fatwa, ma era impossibile ignorarla del tutto. Era la prima volta che ci sentivamo in dovere di rispondere ad alcune domande: da che parte stai? Perch ti senti ofeso? Da dove viene tutta questa rabbia? Lislam pu coesistere con i valori occidentali?

    Da allora il mondo non ha pi smesso di ricordarmi che sono musulmano. Il mio no-me, le mie origini, il colore della pelle, quel-lo che succedeva: tutto mi spingeva a farmi delle domande. Lislam mi diceva: se rispet-

    ti i cinque pilastri della fede andr tutto be-ne. Ma noi vivevamo in un paese non mu-sulmano. Dovevo trovare il modo per con-ciliare la mia religione con il mondo laico che mi circondava. Mi sentivo orfano. Alla ine le risposte le ho trovate non nei testi sa-cri ma nella letteratura.

    Ho letto Kaka e Camus. E a 17 anni ho cominciato a leggere I versi satanici di Rushdie, rimanendone afascinato. Ero un adolescente che si sforzava di capire la sua fede in un mondo senza fede. Il libro con-fermava quello che provavo: ogni societ aperta una minaccia per chi religioso.

    Oggi succede di nuovo. Ragazzi e ragaz-ze lasciano le famiglie e si trasformano in macchine per uccidere. Noi affermiamo che questo non il nostro islam. Ma so per esperienza che, quando cresci in un mondo in cui tutti sembrano disprezzare la tua cul-tura, il richiamo dellestremismo pu essere molto forte. E, cedendo allislamofobia, i governi europei non aiutano certo a com-battere lestremismo. Non hanno il corag-gio di accettare i musulmani europei come veri europei, cittadini come gli altri.

    Quello che successo a Parigi non ha niente a che fare con il senso dellumorismo o con la satira. E neanche con lodio per loc-cidente. solo rabbia che ha preso una stra-da sbagliata. I terroristi hanno trovato il loro dio in una societ senza dio. I vignettisti di Charlie Hebdo si sono presi gioco di questo dio, e sono stati uccisi da ragazzi vittime di una potente illusione. la stessa illusione che provavo io da adolescente, quando pen-savo che la mia rabbia sarebbe sparita se avessi attaccato chi mi ofendeva. Ma luni-co modo per placare la rabbia capirne le radici. Per me la libert di dubitare, di non schierarmi e di cercare di capire le persone con le quali non ero daccordo stata libera-toria. Oggi accetto la mia religione, ma sen-za i suoi aspetti dogmatici e repressivi.

    Dopo l11 settembre molti musulmani europei hanno dubitato della loro identit. Appartenevano alla Parigi di Voltaire o alla Mecca di Maometto? una domanda sba-gliata. Noi musulmani siamo europei quan-to i rom, i gay, gli intellettuali, i contadini e gli operai. Siamo in Europa da secoli e i po-litici e la stampa devono smettere di trattar-ci come se fossimo arrivati ieri. Siamo qui e ci rimarremo. X bt

    Abdelkader Benali uno scrittore olande-se di origine marocchina. Ha scritto Matri-monio al mare (Marcos y Marcos 2000).

    Dalla rabbia

    alla violenza

    Abdelkader Benali, The New York Times, Stati Uniti

    Isolare i giovani musulmani europei e farli sentire stranieri nei loro paesi serve solo a spingerli verso lestremismo

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    La manifestazione di Parigi, 11 gennaio 2015

  • 22 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Attualit

    Appena si difusa la notizia del massacro nella redazione di Charlie Hebdo, sono cominciate le congetture: forse lattenta

    to era legato allo Stato islamico, il gruppo estremista che da mesi preoccupa le autorit occidentali per la sua ascesa in Siria e in Iraq. Ma la igura pi inluente dietro Said e Chrif Kouachi, i due attentatori di Parigi, appartiene a unaltra organizzazione, a cui loccidente, negli ultimi mesi, ha dedicato troppo poca attenzione. Si chiama Al Qaeda nella penisola araba (Aqpa) e ha la sua base nello Yemen.

    Il 14 gennaio con un video postato su Youtube Aqpa ha rivendicato lattentato, ma gi il 7 gennaio Chrif Kouachi aveva dichiarato a una tv francese di essere stato inviato da Al Qaeda nello Yemen e di essere stato inanziato da Anwar al Awlaki, un religioso statunitense che si era stabilito nello Yemen ed stato ucciso nel 2011 da un drone. Anche se il terzo terrorista, Amedy Coulibaly, ucciso dalla polizia in un supermercato kosher di Parigi il 9 gennaio, ha dichiarato di appartenere allo Stato islamico, non ci sono prove che il gruppo abbia avuto qualche ruolo negli attentati parigini.

    La base nello YemenQuesti fatti non devono sorprendere. Sono anni che nelle cerchie jihadiste e in quelle dello spionaggio occidentale si sa benissimo che il ramo pi attivo di Al Qaeda ha le sue basi nello Yemen. Qui la rete terrorista addestra raffinati fabbricatori di ordigni esplosivi, recluta attentatori suicidi di diverse nazionalit, controlla un territorio molto esteso e, a diferenza dello Stato isla

    mico, mira specificamente ad attaccare loccidente. Inoltre era noto che Stphane Charbonnier (Charb), il direttore di Charlie Hebdo, era in cima allelenco degli obiettivi di Al Qaeda. Per di pi Parigi sapeva che i fratelli Kouachi, cittadini francesi di origini algerine, erano legati allAqpa, e sospettava che fossero stati addestrati nello Yemen nel 2011. Eppure lintelligence francese aveva smesso di sorvegliare i due fratelli perch, ora che i rilettori sono puntati sul gruppo Stato islamico, non li riteneva pi una minaccia. Questa scarsa attenzione ai rapporti dei Kouachi con lo Yemen un fallimento disastroso da parte dellintelligence francese. Al contrario, loccidente dovrebbe preoccuparsi in modo particolare dellAqpa.

    Il gruppo yemenita nato pi o meno in contemporanea allAl Qaeda originaria, creata nei primi anni ottanta da Osama bin Laden in Afghanistan e in Pakistan. La famiglia di Bin Laden proveniva dallo Yemen, e lui ha sempre voluto mantenere unorganizzazione in quel paese, dove era abbastanza facile appropriarsi di un territorio per creare basi permanenti da cui agire. Finch Bin Laden era vivo non successo, ma oggi le istituzioni yemenite sono nel caos e non si pu escludere che Al Qaeda nella penisola araba riprenda il controllo di una parte del paese. Inoltre per gli obiettivi occidentali questo gruppo una minaccia pi diretta dello Stato islamico.

    Da quando cominciata la sua espansione in Iraq e in Siria, il gruppo Stato islamico ha infatti come obiettivi principali i regimi arabi del Medio Oriente, che giudica corrotti. I jihadisti dello Stato islamico puntano a conquistare territori arabi, distruggere conini e fondare un califato che si estenda dal Marocco allIndia. Invece lAqpa ha mantenuto la inalit originaria: far crollare i regimi arabi colpendo il nemico lontano, cio i paesi occidentali.

    Nonostante gli attacchi con i droni condotti dagli Stati Uniti, lAqpa continua ad avere unorganizzazione forte. A diferenza

    La vera minacciaviene da Al QaedaAhmed Rashid, The New York Review of Books, Stati Uniti

    Nellultimo anno lattenzione si concentrata sul gruppo Stato islamico, ma il pericolo principale per loccidente rimane la rete terrorista

    di altri rami di Al Qaeda, non ha mai cercato lo scontro con lo Stato islamico, anche se tra i due gruppi c rivalit. Lo Stato islamico potr anche avere mire sullo Yemen, ma il paese lontano dalle sue roccaforti in Iraq e in Siria, quindi per il momento lAqpa non considerato un avversario. Questo dovrebbe indurre i servizi di sicurezza occidentali a essere particolarmente vigili.

    E invece la crescita fenomenale del gruppo Stato islamico nellultimo anno ha distolto lattenzione dalla minaccia di Al Qaeda. I successi dello Stato islamico sul campo hanno convinto circa 18mila jihadisti stranieri, provenienti da novanta paesi, a unirsi al movimento per combattere in Siria e in Iraq. LAl Qaeda originaria non mai riuscita a reclutare tanti seguaci. Il successo dello Stato islamico ha ispirato molti estremisti, in Europa e nel resto del mondo, ma al tempo stesso ha colto impreparate le agenzie dintelligence occidentali. In molti rapporti si legge infatti che i servizi di sicurezza europei hanno avuto troppe piste da seguire, troppi combattenti di ritorno dalla Siria e dallIraq da sorvegliare, e che il loro personale era insuiciente. Restano ormai pochi dubbi sul fatto che, a beneiciare di questo cambiamento nelle priorit dei servizi occidentali, sia stata proprio lAqpa.

    La cosa pi graveGli attentati di Parigi hanno fatto molte meno vittime degli attacchi dell11 settembre, ma lefetto stato quasi altrettanto potente: hanno terrorizzato i governi di tutta Europa, stravolto i protocolli e le norme di sicurezza in vigore e hanno perino spinto alcuni politici a chiedere una revisione del trattato di Schengen. lecito attendersi altre ripercussioni sociali, politiche ed economiche, in Francia e in altri paesi europei. Ma la cosa pi grave che gli attentati di Parigi rischiano di portare nuovi consensi ai partiti di destra ostili agli immigrati e ai musulmani. Gli attacchi possono modiicare il modo di agire dei governi occidentali, proprio come cerc di fare Al Qaeda attaccando le torri gemelle. Se lo Stato islamico una minaccia fuori dal comune, gli attentati di Parigi dimostrano che Al Qaeda ancora il pericolo pi grande per loccidente. X ma

    Ahmed Rashid un giornalista pachista-no esperto di Al Qaeda. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia Pericolo Pakistan(Feltrinelli 2013).

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 23

    La mia prima reazione agli omi-cidi nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi non statadi rabbiae di sfida.

    Non mi venuta voglia di battermi il petto e riaffermare il principio della libert di espres-sione.

    La mia prima reazione stata di tristezza. Alcune persone erano state brutalmente uccise, tra cui diversi fumettisti. La mia trib.

    Posso prestarmi anchio a questo gioco? Certo. Posso disegnare un nero che cade da un albero con una banana in mano. Eccolo.

    S, io affermo il mio diritto di prendere in giro. Ecco il disegno non necessario di un vero credente che esegue il volere di dio nel deserto.

    Se rispondiamo Perch in loro c qualcosa di profondamente sbagliato e certamente cera qualcosa di profondamente sbagliato negli assassini allora tanto vale cacciarli dalle loro case e rispedirli in mare.

    Alla luce di questo, eccovi un ebreo che conta i soldi nelle viscere della classe operaia.

    Tanto ho il diritto di offendere, giusto?

    Se oggi accettate la battuta, pensate a come vi sarebbe sembrata nel 1933

    MA DOPOIL DOLORE

    HO COMINCIATO A PENSARE

    ALLA NATURA DI ALCUNE VIGNETTE

    SATIRICHEDI CHARLIE.

    A PROPOSITO, LO SA-PEVATE CHE CHARLIE HEBDO HA LICENZIA-TO UN VIGNETTISTA MAURICE SINET,

    CERCATELO SU GOOGLE PERCH AVREBBE SCRITTO

    UN ARTICOLO ANTI-SEMITA?

    MA FORSE,QUANDO CI

    STANCHIAMO DI MOSTRARE IL DITO MEDIO, POSSIAMO

    PROVARE A CAPIRE PERCH OGGI IL MONDO COS

    COM

    E PERCHI MUSULMANI,

    QUI E OGGI, SONO INCAPACI DI FARSI

    UNA RISATA GUARDANDO UNA

    VIGNETTA.

    PERCH MOLTO PIFACILE CHE CERCARE DI

    CAPIRE COME CONVIVERE.

    IN REALT,DISEGNARE UNA

    LINEA SIGNIFICA AN-CHE ATTRAVERSARNE UNA. PERCH LE LINEE

    SU UN FOGLIO SONO ARMI, E LA SATIRA SERVE AD ARRIVARE SUBITO AL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE. MA DI QUALE QUE-

    STIONE? E QUAL IL BERSAGLIO?

    EPERCH?

    DEFORMAREIL NASO DEI

    MUSULMANI TANTOACCETTABILE QUANTO

    OGGI APPARE PERICOLOSO, MA LHO SEMPRE

    CONSIDERATO UN MODO INUTILE DI USARE

    LA PENNA.

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  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 25

    Europa

    Le elezioni presidenziali in Croazia hanno acquisito unimportanza che va al di l della semplice scel-ta di chi guider il paese nei pros-

    simi cinque anni. Al ballottaggio dell11 gennaio non era in gioco solo lelezione di un presidente con poteri formali e limitati: il nuovo capo dello stato avr di fatto grande libert di manovra. E i cittadini non si sono limitati a scegliere tra il socialdemocratico Ivo Josipovi e Kolinda Grabar-Kitarovi del partito di destra Hdz: hanno deciso qua-le strada prender in futuro la Croazia.

    La partecipazione inaspettatamente al-ta al voto dimostra che gli elettori hanno capito bene limportanza della posta in gio-co. Gli opposti schieramenti hanno progres-sivamente alzato i toni e il paese si profon-damente diviso. Ma alla ine la decisione su chi dovesse essere il nuovo presidente ar-

    rivata dallestero: lHdz riuscito a colmare lo svantaggio nei confronti dei socialdemo-cratici (Sdp) con i voti dei croati dellErze-govina, e la sua candidata ha vinto con il 50,74 per cento dei voti.

    Kitarovi deve questo successo al suo carattere deciso, ma anche al fatto che il suo partito ha funzionato come una macchina da guerra. Considerato che era dai tempi di Franjo Tuman che lHdz non riusciva a conquistare la presidenza, stato un suc-cesso molto importante. Kitarovi non sa-rebbe riuscita a vincere senza la retorica moderata e conciliante con la quale ha cer-cato di conquistare lelettorato di centro. Ma lavvicendamento alla presidenza so-prattutto il risultato del malcontento verso il governo in carica. Il premier socialdemo-cratico Zoran Milanovi responsabile del-la vittoria Kitarovi forse ancor pi della stessa vincitrice: il successo dellHdz stato un vero e proprio regalo dellSdp.

    Tensioni evidentiIvo Josipovi ha perso una tornata elettorale che inizialmente sembrava una passeggia-ta. stato un grande fallimento. Alla base della sua sconitta ci sono la mancanza di risolutezza mostrata nei cinque anni di

    mandato e una campagna elettorale poco comprensibile, ma soprattutto lincapacit e limpopolarit del governo, di cui ha indi-rettamente subto le conseguenze. Non gli stata daiuto nemmeno la retorica iniam-mata dellHdz. La campagna della destra, che in vista del ballottaggio stata domina-ta da un linguaggio dodio e ha cercato di far leva sugli istinti pi bassi dei cittadini, ha avuto lefetto di convincere molti elettori di sinistra che non sembravano interessati al voto ad andare alle une per sostenere Josipovi. Ma non bastato. Alla ine hanno vinto le colonne di autobus pieni di croati provenienti dallErzegovina.

    Ora la questione principale capire qua-le linea seguir Kitarovi, e soprattutto co-me si evolver il suo rapporto con il leader dellHdz Tomislav Karamarko. Tra i due le tensioni sono ormai evidenti. Dopo la pro-clamazione dei risultati elettorali Karamar-ko salito sul palco prima della vincitrice, rubandole cos il trionfo. Kitarovi ha rispo-sto con prudenza, afermando che sar la presidente di tutti e invitando a superare le divisioni in nome dellunit nazionale.

    In campagna elettorale, tuttavia, lHdz ha fatto il contrario, usando una retorica sempre pi estremista. Durante un comizio a Zagabria Karamarko ha tenuto un discor-so intollerante e ostile non solo verso il pre-sidente in carica e i suoi elettori, ma anche contro tutti i croati di sinistra e perino di centro. Gli alleati dellHdz hanno tappezza-to i muri di diverse citt del paese con mani-festi in cui Josipovi era ritratto con una stella rossa sulla fronte e deinito traditore. Il celebre e controverso cantante Thom-pson ha sostenuto la candidata dellHdz afermando che le elezioni erano unocca-sione per mandare nel dimenticatoio gli ultimi residui dello jugocomunismo.

    A questo punto rimane da capire se Kitarovi avr la capacit di far abbassare i toni allHdz. Riuscir a esercitare unin-luenza sui rapporti allinterno di un partito dal quale, in quanto presidente, dovr di-mettersi? una domanda fondamentale, anche considerato che la sua vittoria stata risicata e che il paese spaccato a met tra destra e sinistra e vive in un clima di antago-nismo senza precedenti.

    Nessuno dei due blocchi pu conside-rarsi dominante. Con una frattura cos net-ta, senza un leader in grado di superare le divisioni e con dei politici interessati solo a renderle pi profonde, la Croazia ha di fron-te tempi diicili. X af

    La Croazia spaccata in due sceglie la destra

    Al ballottaggio dell11 gennaio Kolinda Grabar-Kitarovi ha sconitto il capo di stato uscente Ivo Josipovi. Che ha pagato la sua mancanza di iniziativa ma soprattutto gli errori del governo

    Jelena Lovri, Jutarnji List, Croazia

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    Kolinda Grabar-Kitarovi a Zagabria, l11 gennaio 2015

  • 26 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Africa e Medio Oriente

    I l massacro commesso a Parigi il 7 gennaio stato tragico, ma non sta-to il peggiore di quei giorni. Per quello bisogna invece rivolgere lo sguardo

    verso la Nigeria e in particolare a Baga, nel-lo stato di Borno. Le notizie della strage compiuta in questa cittadina sono inevita-bilmente confuse: i giornalisti pi vicini vi-vono a centinaia di chilometri di distanza e le poche informazioni arrivano da profughi traumatizzati e da fonti governative inai-dabili. Baga nel nordest della Nigeria, al conine con il Camerun. L i massacri non sono una novit: nellaprile del 2013 due-cento persone, in gran parte civili, sono sta-te uccise dalle forze armate nigeriane nel corso di unofensiva contro i miliziani del gruppo estremista islamico Boko haram.

    Dal 3 gennaio 2015, per cinque giorni, i ribelli di Boko haram sono entrati nuova-

    mente in citt, mettendo in fuga i soldati nigeriani e uccidendo chi era troppo lento a scappare. Lintera citt era in iamme, ha riferito un testimone. Altri parlano di strade piene di cadaveri. Il bilancio delle vittime incerto ma secondo Amnesty international i morti sono pi di duemila. Qualunque sia il numero esatto, si trattato dellattacco pi feroce sferrato da Boko haram, che ora controlla di fatto lo stato di Borno.

    Nulla di sorprendenteMa non stata lunica tragedia di quei gior-ni in Nigeria. Il 10 gennaio una bambina secondo alcune fonti, aveva circa dieci anni entrata in un afollato mercato di Maidu-guri, la principale citt del nordest del pae-se. Era carica di esplosivo e mentre le forze di sicurezza si avvicinavano a lei il conge-gno esploso, uccidendo 16 persone. Non chiaro se sia stata lei ad aver fatto esplodere la bomba n se sapesse di avere addosso dellesplosivo. Nonostante Boko haram non abbia rivendicato lattacco, non ci sono altri sospetti (il giorno dopo a Potiskum stato compiuto un attentato simile che ha fatto cinque morti e a portare lesplosivo erano due ragazze). In circostanze normali avremmo parlato di un atto di sorprendente

    brutalit. Ma non c niente di sorprenden-te. Anzi, notizie del genere sono tristemen-te familiari e dimostrano che lo stato non in grado di difendere i suoi cittadini. Allo stesso tempo, questi eventi faticano ad atti-rare lattenzione dei mezzi dinformazione internazionali. In tutto il mondo il massacro di Baga stato citato a margine della coper-tura dedicata al giornale Charlie Hebdo. Perino sulla stampa nigeriana i morti di Parigi hanno ricevuto pi attenzione di quelli di Baga, sostiene il blogger Ethan Zu-ckerman, facendo notare che il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha espresso solidariet al governo francese, tacendo per sui fatti di Baga.

    Certo, dal nordest della Nigeria non ar-rivano grandi quantit di immagini dram-matiche. Inoltre, la situazione diicile da interpretare e non si adatta perfettamente alla narrazione dello scontro di civilt. Ep-pure centinaia di persone sono morte, e il mondo rimasto in silenzio. Peggio ancora: lAfrica rimasta in silenzio. Dove sono i leader africani che condannano il massacro di Baga? Dove sono i giornalisti africani che lo analizzano in modo ossessivo? Dove so-no le manifestazioni di solidariet? Perci s, siamo Charlie. Ma ino a che non sa-remo anche Baga, il nostro sdegno e la no-stra solidariet per il massacro di Parigi sar anche un simbolo di come noi africani igno-riamo le tragedie dellAfrica e diamo alle vite occidentali un valore maggiore delle nostre. X gim

    Silenzio colpevole sul massacro in Nigeria

    A Baga i miliziani di Boko haram hanno ucciso in pochi giorni centinaia di civili. Ma la strage passata in secondo piano rispetto ai fatti di Parigi. Anche in Africa

    Simon Allison, Daily Maverick, Sudafrica

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    X Il 12 gennaio ci sono stati violenti scontri in Camerun tra soldati camerunesi e miliziani di Boko haram vicino alla base militare di Kolofata, a pochi chilometri dalla frontiera con la Nigeria. secondo le autorit camerunesi sono morti 143 terroristi e un soldato. Jeune Afrique

    Da sapere sul fronte camerunese

    Dopo lattentato a Potiskum, 12 gennaio 2015

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 27

    Pochi palestinesi hanno partecipato alle manifestazioni di condanna degli attentati in Francia organizzate in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. La posizione uiciale dellAutorit Nazionale Palestinese stata naturalmente di indignazione e solidariet, e anche Hamas si unito alla condanna. Tuttavia Facebook ha diffuso la teoria popolare secondo cui dietro gli attacchi ci sarebbe il Mossad israeliano, che in questo modo avrebbe voluto difamare lislam.

    La verit che tra i palesti

    nesi non emerge un reale senso di orrore per gli attacchi. Al contrario, c quasi unidentiicazione con la rabbia che ha spinto tre musulmani francesi a commettere questo massacro, specialmente tra i giovani di Gaza. Si sentono le solite domande: E i civili palestinesi uccisi da Israele?. Oppure: E gli attacchi delloccidente contro i musulmani?. Molti accusano loccidente di essere legato a Israele e ignorare i palestinesi. Tutto questo rende loccidente complice, quindi colpevole, quindi punibile.

    In questo momento non c nessuno che possa far capire ai giovani palestinesi perch importante distinguere tra la rabbia giustiicata e le interpretazioni pi oscure e distruttive dellislam. Il problema che qualcuno potrebbe essere tentato dallemulazione, soprattutto a Gaza, devastata e mai ricostruita, dove la gente vive in case diroccate e la disoccupazione al 45 per cento. E nella prigione di Gaza la rabbia e la disperazione possono essere rivolte solo contro altri palestinesi. X as

    Da Ramallah Amira Hass

    Rischio di emulazione

    Quando la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) andr a votare nel 2016, il presidente Joseph Kabila sar alla guida del paese da 15 anni. A quel punto rispetter il limite costituzionale dei due mandati o cercher di modiicare la legge a suo favore?, si chiede Les Afriques. Per il momento il dibattito politico si

    concentra sulla riforma elettorale. Il testo presentato dal governo al parlamento il 12 gennaio prevede che le liste elettorali debbano essere aggiornate per rilettere i cambiamenti demograici. Questo fa pensare che si dovr organizzare un censimento prima del 2016. I partiti dellopposizione sostengono che il governo vuole solo prendere tempo e prolungare di fatto il mandato di Kabila, e per questo hanno organizzato delle manifestazioni a Kinshasa contro cui intervenuta la polizia. Nellest del paese continua la lotta contro i gruppi ribelli. Come scrive Voice of America, il 2 gennaio scaduto il termine per il disarmo volontario imposto ai ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda. Il Sudafrica ha dichiarato che i suoi soldati, schierati nel contingente di peacekeeping dellOnu, sono pronti a intervenire. X

    Rdc

    Riforme contestate

    Les Afriques, Svizzera

    MALI

    Cambiodi governo Uicialmente si dimesso, ma in realt stato licenziato. Moussa Mara, lex primo ministro maliano, in nove mesi era riuscito a mettersi tutti contro, scrive Jeune Afrique. Il 9 gennaio a Bamako quindi entrato in carica il nuovo governo, guidato da Mobibo Keta. La sicurezza continuer a essere una priorit dellesecutivo, visto che il Mali non ancora riuscito a sconiggere i gruppi estremisti islamici che due anni fa avevano occupato il nord del paese. Il 5 gennaio otto persone sono morte in un attacco terroristico contro una base militare a Nampala, vicino al conine con la Mauritania.

    LIBANO

    Torna la pauraa Tripoli Lattentato suicida al caf Omran del 10 gennaio, in cui sono morte nove persone, ha riportato il terrore a Tripoli, la citt del nord del Libano pi colpita dalle divisioni religiose legate al conlitto in Siria. Lattentato avvenuto nel quartiere a maggioranza alawita di Jabal Mohsen ed stato rivendicato dal Fronte al nusra, il ramo siriano di Al Qaeda, scrive An Nahar. Due giorni dopo la polizia ha trasferito numerosi detenuti estremisti islamici rinchiusi nella prigione di Roumieh, accusati di complicit con gli attentatori.

    MOZAMBICO

    Avvelenati in massa A Chitima il 9 gennaio sono morte per avvelenamento 69 persone. Le vittime avevano partecipato a un funerale e avevano bevuto della birra artigianale contaminata con bile di coccodrillo, afermano le autorit. Il governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, scrive @Verdade.

    IN BREVE

    Egitto Il 12 gennaio un tribunale del Cairo ha assolto 26 uomini arrestati in un bagno turco con laccusa di depravazione. X Il 13 gennaio la giustizia egiziana ha annullato la condanna a tre anni di prigione dellex presidente Hosni Mubarak, accusato di corruzione. Ci sar un nuovo processo.Uganda Il governo ha annunciato che Dominic Ongwen, uno dei leader dei ribelli dellEsercito di resistenza del Signore (Lra), il gruppo guidato da Joseph Kony, sar consegnato alla Corte penale internazionale.

  • 28 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Americhe

    I favorevoli e i contrari alla costruzione delloleodotto Keystone Xl, la propo-sta energetica pi contestata degli Stati Uniti, sono daccordo su una co-sa: arrivato il momento che il presidente Barack Obama prenda una decisione. Il progetto prevede la costruzione di un nuovo oleodotto tra Hardisty, in Canada, e il Ne-braska. Dopo sei anni di ritardi in cui i so-stenitori e i detrattori hanno cercato di in-luenzare il governo, la pressione sulla Casa Bianca pi forte che mai. Una recente sen-tenza della corte suprema del Nebraska ha spinto la palla nel campo del presidente, e il nuovo congresso ansioso di prendere in mano la situazione. Il senato, controllato dai repubblicani, ha cominciato il dibattito sul decreto per approvare loleodotto, an-che se Obama ha dichiarato che metter il veto per permettere allamministrazione di

    continuare ad analizzare il progetto. Il se-nato ha i numeri per approvare il provvedi-mento nelle prossime settimane, e questo signiica che Obama lunico ostacolo ri-masto. In questi giorni sembra che tutti stiano pressando il presidente perch pren-da una decisione, dai circoli industriali agli ambientalisti contrari alloleodotto.

    Qualcosa in cambioLazione del senato, che ha lobiettivo di for-zare la mano a Obama, arriva dopo che il progetto ha compiuto due passi in avanti. Alla camera, infatti, il decreto stato appro-vato, mentre la corte suprema del Nebraska ha respinto la richiesta di vietare il passag-gio delloleodotto nello stato. arrivato il momento che il presidente metta ine alla questione, spiega Randy Thompson, pro-prietario terriero del Nebraska e principale promotore della richiesta inoltrata alla cor-te suprema.

    Obama ha dichiarato che approver il progetto solo quando avr la certezza che loleodotto non peggiorer sensibilmen-te la situazione climatica provocata dalle emissioni di carbonio dei combustibili fos-sili. Loleodotto si estenderebbe per circa 1.900 chilometri trasportando 830mila ba-

    rili di petrolio al giorno da Alberta, North Dakota e Montana verso le rainerie del Texas.

    Alcuni analisti sostengono che limpatto del nuovo oleodotto sul clima sarebbe co-me una goccia nelloceano delle emissioni globali. Per questo motivo Obama potrebbe usare il progetto come merce di scambio con i conservatori per favorire il suo pro-gramma di tagli alle emissioni o raggiunge-re altri compromessi con il congresso con-trollato dai repubblicani. E se la Casa Bianca considerasse lo scontro sul Keysto-ne Xl come unopportunit per trovare un accordo pi ampio?, si chiesto Ryan Lizza sul New Yorker. Secondo Lizza, il progetto delloleodotto una delle poche priorit dei repubblicani in cui la distanza ideologi-ca tra Obama e il congresso relativamente piccola. In privato Obama avrebbe messo in dubbio la tesi degli ambientalisti secon-do cui Keystone Xl sarebbe un disastro per lambiente, e gli studi del dipartimento di stato confermerebbero le sue perplessit. Tutto lascia pensare che Obama stia tergi-versando perch prima di approvare il pro-getto vuole ottenere qualcosa in cambio dagli avversari.

    Da parte loro, gli attivisti e gli analisti che si oppongono alloleodotto sostengono che Obama ha suicienti informazioni per scegliere di bloccare il progetto. Ne sap-piamo abbastanza da dire no a un oleodotto canadese nel cuore degli Stati Uniti, ha di-chiarato Danielle Droitsch, direttrice del Canada project del gruppo ambientalista Natural resources defense council. Quando ha minacciato il veto, Obama ha detto che linterferenza del congresso contrasta con lautorit dellesecutivo nella risoluzione delle questioni legate allinteresse naziona-le. In questo senso Obama ha ragione. una decisione che legalmente spetta al pre-sidente e non necessita di unazione del congresso, conclude Stavins. Xas

    Il braccio di ferro sulloleodotto Keystone Xl

    Negli Stati Uniti il congresso a maggioranza repubblicana spinge per lapprovazione del progetto, ma Obama ha detto che metter il veto. Una questione che avr grandi conseguenze politiche

    Jared Gilmour, The Christian Science Monitor, Stati Uniti

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    Proteste contro loleodotto Keystone Xl a Washington, il 10 gennaio 2015

  • Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015 29

    HAITI

    Senzaparlamento Il 13 gennaio il parlamento di Haiti si sciolto dopo il falli-mento degli ultimi negoziati tra governo e opposizione per estendere il mandato delle ca-mere, che scadeva il 12 gennaio. Quello stesso giorno, in occa-sione della cerimonia per il quinto anniversario del terre-moto che nel 2010 ha provocato pi di 200mila vittime, il presi-dente haitiano Michel Martelly ha invitato i cittadini alla cal-ma, scrive Le Monde. Da setti-mane molti haitiani protestano per chiedere al governo dindire nuove elezioni politiche, previ-ste inizialmente a maggio del 2012, e chiedere le dimissioni di Martelly, accusato di corruzione nellutilizzo dei fondi per la rico-struzione. Ora che il parlamento stato sciolto, il presidente do-vr governare per decreto ino alla scadenza del mandato, lan-no prossimo. Il 25 dicembre Martelly aveva nominato Evans Paul nuovo primo ministro.

    STATI UNITI

    La crisidella Georgia Leconomia statunitense conti-nua a mostrare segni di ripresa, ma c uno stato che non segue questo andamento: la Georgia, che nei mesi di agosto, settem-bre e ottobre del 2014 ha avuto il livello di disoccupazione pi alto della nazione (intorno al 7 per cento). sorprendente, scrive lAtlantic, se si pensa che la Georgia ospita multina-zionali come Coca-Cola e Ups, e che nel 2013 e nel 2014 era in cima alla lista degli stati dove pi facile fare afari. Secondo alcuni economisti, la colpa proprio dellapproccio ultralibe-rista alleconomia, con una combinazione di bassi salari, tasse minime e servizi sociali ineicienti.

    MESSICO

    Ancora scontria Iguala Il 12 gennaio i parenti dei 43 stu-denti scomparsi il 26 settembre hanno assaltato due basi dellesercito a Iguala e Chilpan-cingo, nello stato di Guerrero. Il giorno dopo questi scontri, scrive Reforma, il governo fe-derale ha accettato di aprire le sedi militari ai parenti delle vit-time, per rendere pi trasparen-te lindagine sulla scomparsa degli studenti. Secondo i fami-liari dei ragazzi che frequenta-vano la scuola normale rurale di Ayotzinapa, lesercito sarebbe coinvolto nei fatti del 26 settem-bre. Intanto, il 12 gennaio un giudice federale ha dato il via li-bera a un processo penale con-tro Mara de los ngeles Pineda, moglie dellex sindaco di Iguala per il coinvolgimento nella spa-rizione dei 43 studenti.

    IN BREVE

    Brasile Il 14 gennaio stato ar-restato Nestor Cerver, ex diret-tore degli afari internazionali dellazienda petrolifera pubblica Petrobras, al centro di uno scan-dalo di corruzione. Paraguay Il leader dei ribelli dellAssociazione contadina ar-mata (Aca), Albino Jara, rima-sto ucciso il 7 gennaio durante una sparatoria nella giungla. Stati Uniti Il 13 gennaio stata eseguita in Georgia la condanna a morte di Andrew Howard Brannan, che nel 1998 aveva uc-ciso un poliziotto. Anni prima gli era stato diagnosticato un di-sturbo post traumatico da stress.

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    Liberati 53 prigionieri politiciIl 13 gennaio, pochi giorni dopo la ripresa delle relazioni diplomati-che tra Cuba e Stati Uniti, lAvana ha rilasciato 53 prigionieri politici. Una mossa accolta in modo positivo da Washington, che non risolve per il problema dei diritti umani a Cuba. El Nuevo Herald riporta un comunicato di Amnesty International sulle recenti e preoccu-panti detenzioni di dissidenti. X

    LAvana, 11 gennaio 2015. Alcuni dissidenti rilasciati

    Stati Uniti

    Nel 2014 nato un movimento che vuole mettere ine una volta per tutte al razzismo della societ statunitense nei confronti dei neri. Nei prossimi mesi gli attivisti, uniti sotto lo slogan black lives matter, dovranno avanzare proposte concrete per ottenere un miglioramento reale. Secondo The Nation, la storia

    statunitense dimostra che non si pu afrontare il tema delle discriminazioni senza contrastare lo sfruttamento economico. Laspetto pi importante riguarda il mercato del lavoro. Oggi la maggioranza dei disoccupati o delle persone che lavorano in condizioni di precariet composta da neri poveri che abbandonano la scuola. Il governo dovrebbe attuare una politica di piena occupazione, espandendo i programmi di lavoro garantito e concedendo un reddito di base per le famiglie pi povere. Milioni di persone potrebbero svolgere lavori utili nelle loro comunit, e questo sarebbe anche un deterrente contro le detenzioni di massa e le politiche discriminatorie messe in atto dalla polizia. X

    The Nation, Stati Uniti

    Proposte per il movimento

    Cuba

    Persone scomparse in MessicoFonte: The Telegraph

    Persone scomparse in Messico

    dal 2007 al 2014

    22.610

    Persone scomparse

    nel 2014 (lanno peggiore)

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  • 30 Internazionale 1085 | 16 gennaio 2015

    Asia e Paciico

    La mattina del 9 gennaio le strade di Colombo erano tranquille. Poi sono arrivati i fuochi dartiicio e dopo ancora piccoli gruppi di per-

    sone che cantavano e festeggiavano. Al tra-monto, inalmente, c stato il giuramento, e in migliaia sono accorsi per vedere il nuo-vo presidente, Maithripala Sirisena.

    Anche se il risultato delle elezioni dell8 gennaio indicava chiaramente che il vinci-tore era lex ministro della salute, ci sono volute diverse ore prima che la notizia si difondesse nella capitale culturale e com-merciale del paese. Il verdetto delle urne, che ha sorpreso molti, mette ine a un de-cennio di potere incontrastato di Mahinda Rajapaksa, accusato di essere diventato sempre pi autoritario e corrotto. Secondo gli analisti, queste elezioni sono state le pi signiicative degli ultimi decenni per liso-

    Lo Sri Lanka volta pagina

    Dopo dieci anni al potere, il presidente Rajapaksa ha persole elezioni. Gli srilanchesi si liberano di un leader accusatodi dispotismo, corruzione e violazione dei diritti umani

    J. Burke e A. Perera, The Guardian, Regno Unito

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    Maithripala Sirisena a Kandy, l11 gennaio 2015

    la-nazione, e unultima possibilit per la democrazia. Anche se molti temevano epi-sodi di violenza prima e dopo il voto, non ci sono stati incidenti e laluenza stata su-periore all81 per cento, un record.

    Rajapaksa, che a novembre aveva indet-to elezioni anticipate convinto di vincerle, ha riconosciuto la sconitta e lasciato la re-sidenza presidenziale alcune ore prima dellannuncio uiciale. Il conteggio inale ha assegnato a Sirisena il 51,2 per cento dei voti. ex agricoltore e veterano della politica, Sirisena aveva lasciato lincarico di m