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1. Introduzione. Sotto l’influenza della Convenzione delle Nazioni Unite dell’11 aprile 1980 sui contratti di compravendita internazio- nale di merci (CISG), la divisione tradizionale tra mora, im- possibilità e cattiva esecuzione o inadempimento (chiamata anche «breach of an obligation») 1 , che possiamo trovare nel vecchio BGB tedesco (e in tutti i sistemi da esso influenzati) o nel codice civile francese (e in tutti i sistemi da esso influen- zati), è stata rimpiazzata dalla nozione unitaria di «non performance» o «breach of contract» (art. 25 CISG) 2 . L’as- senza di esecuzione, il ritardo e la cattiva esecuzione – come la consegna difettosa – possono tutte essere considerate come delle «breach of contract» (art. 25 CISG), che generano im- Pascal Pichonnaz Mora e interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa * * Una presentazione su questo tema è stata data all’incontro annuale della Société Internationale «Fernand de Visscher» pour l’Histoire des Droits de l’Antiquité (SIHDA) a Kavala (Grecia) nel settembre 2009. Rin- grazio Geneviève Michelet, avvocato e assistente alla cattedra di diritto pri- vato dell’Università di Friburgo, per avere riletto questo testo. Ringrazio an- che la Prof. Emmanuelle Chevreau (Paris II) e il Prof. Jean-François Gerkens (Liège), per avere verificato dei riferimenti su dei libri che non erano disponibili a Friburgo. Una versione inglese sarà publicata nella rivista Su- dafricana Fundamina 16 (1) 2010, 258 ss, con il titolo «The evolving function of interpellatio in case of default». Ringrazio vivamente Andrea Ermotti, assi- stente all’Università di Friburgo (Svizzera) per la sua traduzione del testo originale. 1 Utilizzo il termine “breach of obligations” a ragion veduta. Sotto l’in- fluenza romana, qualsiasi domanda di risarcimento è legata alla violazione di un’obbligazione (contrattuale) e non al contratto in quanto tale. Que- st’ultima è una posizione seguita dalla Common law; ragione per la quale questi sistemi parlano di “breach of contract”. 2 Cfr. P. SCHLECHTRIEM - I. SCHWENZER (eds.), Commentary on the UN Con- vention on the International Sale of Goods 3 (CISG), Oxford, 2010, 17 s.

interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa e interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa 203 pre un’interpellatio precedente da parte del creditore

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1. Introduzione.

Sotto l’influenza della Convenzione delle Nazioni Unitedell’11 aprile 1980 sui contratti di compravendita internazio-nale di merci (CISG), la divisione tradizionale tra mora, im-possibilità e cattiva esecuzione o inadempimento (chiamataanche «breach of an obligation»)1, che possiamo trovare nelvecchio BGB tedesco (e in tutti i sistemi da esso influenzati) onel codice civile francese (e in tutti i sistemi da esso influen-zati), è stata rimpiazzata dalla nozione unitaria di «nonperformance» o «breach of contract» (art. 25 CISG)2. L’as-senza di esecuzione, il ritardo e la cattiva esecuzione – comela consegna difettosa – possono tutte essere considerate comedelle «breach of contract» (art. 25 CISG), che generano im-

Pascal Pichonnaz

Mora e interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa*

* Una presentazione su questo tema è stata data all’incontro annualedella Société Internationale «Fernand de Visscher» pour l’Histoire desDroits de l’Antiquité (SIHDA) a Kavala (Grecia) nel settembre 2009. Rin-grazio Geneviève Michelet, avvocato e assistente alla cattedra di diritto pri-vato dell’Università di Friburgo, per avere riletto questo testo. Ringrazio an-che la Prof. Emmanuelle Chevreau (Paris II) e il Prof. Jean-François Gerkens(Liège), per avere verificato dei riferimenti su dei libri che non eranodisponibili a Friburgo. Una versione inglese sarà publicata nella rivista Su-dafricana Fundamina 16 (1) 2010, 258 ss, con il titolo «The evolving functionof interpellatio in case of default». Ringrazio vivamente Andrea Ermotti, assi-stente all’Università di Friburgo (Svizzera) per la sua traduzione del testooriginale.

1 Utilizzo il termine “breach of obligations” a ragion veduta. Sotto l’in-fluenza romana, qualsiasi domanda di risarcimento è legata alla violazionedi un’obbligazione (contrattuale) e non al contratto in quanto tale. Que-st’ultima è una posizione seguita dalla Common law; ragione per la qualequesti sistemi parlano di “breach of contract”.

2 Cfr. P. SCHLECHTRIEM - I. SCHWENZER (eds.), Commentary on the UN Con-vention on the International Sale of Goods3 (CISG), Oxford, 2010, 17 s.

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mediatamente il diritto a chiedere un risarcimento (artt. 45 Ib e 64 I b CISG), a meno che non ci sia inadempimento scu-sabile (art. 79 CISG).

Questo nuovo approccio unitario, che non tiene contodella colpa, è stato ormai adottato dai principi UNIDROIT deicontratti commerciali internazionali (PICC), dai Principi didiritto europeo dei contratti (Principles of European ContractLaw della Commissione Lando - PECL), dal recente DraftCommon Frame of Reference (DCFR), così come, perlomeno par-zialmente, dal Codice Civile Olandese del 1992 e dal CodiceCivile Tedesco nella sua versione in vigore dal 2002 (BGB §280). Per questo sembra utile esaminare come questa visionegenerale influenzi l’esistenza o la funzione dell’interpellatio incaso di mora.

Dopo aver messo in evidenza la funzione punitiva dellamora nel diritto romano (infra, § 2), esaminerò l’evoluzionenel Medioevo (infra, § 3) e concluderò la nuova funzione del-l’interpellatio nel diritto moderno (infra, § 4).

2. La funzione punitiva della mora nel diritto romano.

La mora (mora debitoris) è un istituto che è stato fatto og-getto di svariati studi: Jan Dirk Harke ha pubblicato due librisull’argomento3 e sviluppi significativi si trovano nell’Histori-sch-kritischer Kommentar zum BGB (HKK-BGB) di SebastianLohsse4. Tuttavia, malgrado gli importanti contributi deglianni ’705, molte questioni restano oggetto di controversie, trale altre la questione di sapere se la mora (mora) richieda sem-

3 J. D. HARKE, Schuldnerverzug, Eine dogmengeschichtliche Untersuchung, Ber-lin, 2006; ID., Mora debitoris und mora creditoris im klassischen römischen Recht,Berlin, 2005.

4 M. SCHMOECKEL - J. RÜCKERT - R. ZIMMERMANN (eds.), Historisch-kritischerKommentar zum BGB, Band II Schuldrecht: Allgemeiner Teil, 1. Teilband §§ 241-304, Tübingen, 2007, ad §§ 286-292 BGB, Verzug des Schuldners, 1312-1387.

5 M. KASER, Perpetuari obligationem, in «SDHI», 46, 1980, 87 ss.; C. A. CAN-NATA, s.v. Mora, in «ED», 26, 1976, 921 ss.; H. H. JAKOBS, Culpa und Interpella-tio bei der mora debitoris nach klassischem Recht, in «TR», 42, 1974, 23 ss.,ristampato in ID., Kleine Schriften zum Römischen Recht, Goldbach, 2004, 3 ss.;e già prima H. SIBER, Interpellatio und Mora, in «ZSS», 29, 1908, 47 ss.

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pre un’interpellatio precedente da parte del creditore o se lasemplice esistenza di un termine (dies) sia sufficiente a met-tere in mora il debitore6.

2.1. Le conseguenze della mora debitoris. – Prima di con-frontarci con la funzione dell’interpellatio, è importante consi-derare le conseguenze solitamente attribuite alla mora (moradebitoris). La mora debitoris produceva essenzialmente due con-seguenze: anzitutto, una diversa distribuzione dei rischi (infra,§ 2.1.1.) e in secondo luogo la concessione di un risarcimentodel danno per il ritardo (infra, § 2.1.2.).

2.1.1. Una responsabilità aggravata o una diversa ripartizionedei rischi. – Non appena il debitore si trovava in mora, diven-tava responsabile per la perdita della cosa oggetto dell’obbli-gazione. Proceduralmente questo significa che la finzionedella perpetuatio obligationis si applicava in caso di stricti iuris iu-dicia, permettendo di stimare il valore della cosa al momentoin cui si produce la mora7, come se la cosa da consegnare esi-stesse ancora al momento della litiscontestatio.8 Nelle azioni dibuona fede la responsabilità per la perdita non era tecnica-mente fondata sulla perpetuatio obligationis, ma aveva comeconseguenza la stessa responsabillità aggravata. Si era quindiin presenza di una responsabilità generale rinforzata del de-bitore in mora, in virtù della quale il semplice fatto di esseremoroso non bastava a rendere colpevole per la perdita il de-bitore9. La mora era quindi una sanzione per il ritardo nell’e-

6 Sull’idea che nel diritto romano la mora si produca automaticamente,cfr. p. es. E. CHEVREAU, Le temps et le droit: La réponse de Rome, L’approche dudroit privé, Paris, 2006, 201, secondo la quale l’esigenza di un’interpellatioappare solamente sotto Giustiniano.

7 KASER, Perpetuari obligationem, cit., 133, nt. 194 e Ulp. 27 ad ed. D. 13, 3,3 i.f. (quare ad tempus morae in his erit reducenda aestimatio).

8 C. A. CANNATA, Quod veteres constituerunt, Sul significato originario della‘Perpetuatio obligationis’, in M. J. SCHERMAIER - J. M. RAINER - L. C. WINKEL

(eds.), Iurisprudentia universalis, Festschrift für Th. Mayer-Maly, Cologne - Wei-mar - Vienne, 2002, 85 ss., in particolare 92; cfr. anche Ulp. 78 ad ed. D. 45,1, 82, 1: Si post moram promissoris homo decesserit, tenetur nihilo minus, proinde acsi homo viveret.

9 Pomp. 9 ad Sab. D. 19, 1, 3, 3: Si per venditorem vini mora fuerit, quo mi-nus traderet, condemnari eum oportet, utro tempore pluris vinum fuit, vel quo venit

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secuzione dell’obbligazione, in particolare perché il debitorenon poteva evitare questa responsabilità provando che siavrebbe in ogni caso avuto una perdita, anche se egli avesseadempiuto alla sua obbligazione per tempo10. Quando il de-bitore era in mora, la mora debitoris giustificava un risarci-mento (compensatorio).

Tuttavia, se l’inadempimento era dovuto a dolus o a culpada parte del debitore, ciò avrebbe messo in moto la sua re-sponsabilità contrattuale (ordinaria). Quindi, il risarcimentosarebbe stato accordato sulla base delle regole ordinarie, ri-conoscendo il diritto all’id quod interest (interesse positivo),senza alcun bisogno di costruire qualcosa di specificamentelegato alla situazione di mora. In altre parole, la mora met-teva in moto un trasferimento del rischio per periculum al de-bitore, se egli non era responsabile altrimenti11. L’ammontaredel risarcimento era calcolato al dies, se ve n’era uno, o altri-menti al momento della litis contestatio12.

La culpa in quanto tale sarebbe stata sufficiente per ricor-rere alla finzione della perpetuatio obligationis13. La mora per-tanto aveva un ruolo fondamentale nell’aggravamento dellaresponsabilità del debitore. Il trasferimento del rischio tutta-

vel quo lis in condemnationem deducitur, item quo loco pluris fuit, vel quo venit velubi agatur; KASER, Perpetuari obligationem, cit., 141.

10 Cfr. KASER, Perpetuari obligationem, cit., 139 ss. e Pomp. 9 ad Sab. D. 45,1, 23; Pomp. 25 ad Sab. D. 45, 1, 33; Ulp. 46 ad Sab. D. 46, 2, 8 pr.; Afr. 5quaest. D. 30, 108, 11; Ulp. 21 ad Sab. D. 30, 39, 1.

11 Cfr. anche CANNATA, Quod veteres constituerunt, Sul significato originariodella ‘Perpetuatio obligationis’,cit., 89 ss.; A. MAGDELAIN, Note sur la ‘purgatio mo-rae’, in Jus imperium auctoritas, Etudes de droit romain, Rome, 1990, 679 ss, inparticolare 680, che nota tuttavia che a suo avviso una responsabilità gene-rale per forza maggiore in caso di mora non esisteva; il legame sarebbe conil dies constituti.

12 Sul diritto di scegliere, basato sulla mora, cfr. HARKE, Schuldnerverzug,cit., 34 s. e 110; Pomp. 9 ad Sab. D. 19, 1, 3, 3; sul tempo v. Ulp. 27 ad ed. D.13, 3, 3 (quare ad tempus morae in his erit reducenda aestimatio); per tutti KASER,Perpetuari obligationem, cit., 133 nt. 194; su questo anche D. MEDICUS, Id quodinterest, Studien zum römischen Recht des Schadensersatzes, Cologne, 1962, 31 ss.;H. HONSELL, Quod interest im bonae-fidei-iudicium, Munich, 1969, 7 ss.; B. KUPI-SCH, Id quod interest bei Nichterfüllung und Verzug des Verkäufers, in «TR», 43,1975, 2 ss.

13 CANNATA, Quod veteres constituerunt, Sul significato originario della ‘Perpe-tuatio obligationis’, cit., 93.

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via dipendeva da un’azione legale; le conseguenze della moranon si applicavano senza un’azione, come già sottolineato daScaevola: «Nulla intellegitur mora ibi fieri, ubi nulla petitio est»(Scaev. 5 quaest. D. 50, 17, 88).

2.1.2. L’interesse di mora (usurae moratoriae). – L’interessedi mora era concepito come una sanzione perché, come di-ceva Papiniano, «non oportere frustrationem impunitam esse» («nonbisogna lasciare impunita l’inadempienza») (Pap. 20 quaest. D.22, 1, 3, 4) o per riprendere Paolo (Paul. l. s. de usuris D. 22, 1,17, 3 i.f.): «usurae enim non propter lucrum petentium, sed proptermoram solventium infliguntur» (l’interesse è imposto non per ilprofitto dei querelanti, ma per il ritardo dei debitori)14.

Questo interesse di mora non poteva tuttavia essere otte-nuto separatamente, ma doveva essere richiesto contempora-neamente all’esperimento dell’azione nascente dal contrattoche mirava alla concessione di un risarcimento compensato-rio, dato che era basato sull’officium iudicis, come nota peresempio Ermogeniano (Herm. 2 iuris epit. D. 19, 1, 49): «Pretii,sorte licet post moram soluta, usurae peti non possunt, cum hae nonsint in obligtione, sed officio iudicis praestentur» (l’interesse sulprezzo non può essere reclamato dopo che il debito di base èstato pagato, anche se con ritardo; perché l’interesse stessonon fa parte dell’obbligazione, ma è dovuto al libero apprez-zamento del giudice)15. Questo significava che, se la mora erarettificata da una esecuzione tardiva (purgatio morae), nessuninteresse di mora poteva essere reclamato, dal momento chenon esisteva più una base per una domanda di risarcimento.

La funzione punitiva della mora debitoris nel diritto ro-mano, classico e giustinianeo, era imposta per assicurare cheessa fosse ben giustificata, ed è in questo contesto che giocaun ruolo importante l’interpellatio.

2.1.3. L’interpellatio e il suo contenuto. – Ai nostri giorni,l’interpellatio è definita solitamente come una «dichiarazione,esplicita o implicita, che il creditore rivolge al debitore per-

14 J. HALLEBEEK, Charging of interest from joinder of issue?, in «RIDA», 35,1988, 139 ss.

15 GUARINO, Diritto privato romano12, cit., 1019, nt. 92.2.

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ché questi capisca che deve fornire la sua prestazione». Que-sta è la definizione nel diritto svizzero16. Quindi, l’interpellatiopermette al debitore di capire se il suo ritardo nell’esecu-zione sarà considerato come una «violazione dell’obbliga-zione»17. Tale violazione ha diverse conseguenze, che differi-scono da un sistema legale all’altro.

Per quanto concerne il diritto romano, un brano del trat-tato sulle regole di Marciano, giurista del secondo secolodopo Cristo18, dovrebbe aiutarci ad afferrare meglio la portatadell’interpellatio.

Marc. 4 reg. D. 22, 1, 32 pr.:

Mora fieri intellegitur non ex re, sed ex persona, idest, si interpellatus oportuno loco non solverit: quodapud iudicem examinabitur: nam, ut et Pomponius li-bro duodecimo epistularum scripsit, difficilis est huiusrei definitio. Divus quoque Pius Tullio Balbo rescri-psit, an mora facta intellegatur, neque constitutioneulla neque iuris auctorum quaestione decidi posse,cum sit magis facti quam iuris19.

Secondo Marciano, l’interpellatio è una condizione per lamora (mora debitoris). Se il debitore ha ricevuto un’interpellatio

16 Nel diritto svizzero, cfr. in particolare P. TERCIER, Le droit des obliga-tions4, Genève - Bâle - Zurich, 2009, ntt. 1075 e 1283; L. THÉVENOZ, Commen-taire romand du Code des obligations, I, (art. 1-529) (eds. F. WERRO - L. THÉVE-NOZ), Bâle, 2003, n. 17 ad art. 102 CO; F. SCHENKER, Die Voraussetzungen unddie Folgen des Schuldnerverzugs im schweizerischen Obligationenrecht, Fribourg,1988, 86.

17 THEVENOZ, Commentaire romand du Code des obligations, I, cit., n. 17 adart. 102 CO.

18 W. KUNKEL, Die Römischen Juristen, Herkunft und soziale Stellung2, Colo-gne, 1967, 258.

19 Trad. it.: la mora si capisce se considerata non come dipendente uni-camente dai fatti (da elementi oggettivi), ma dalle persone, ciò significa cheil debitore, anche se ha ricevuto un’interpellatio in un luogo opportuno, nonha pagato: cosa che deve essere esaminata davanti al giudice. Come ha scrittoPomponio nel libro 12 delle epistulae, la definizione di questo concetto è dif-ficile. Anche Antonino il Pio ha risposto in un rescritto a Tullio Balbo chel’esistenza della mora dev’essere dedotta dai fatti, e che questa questione nonpuò essere decisa né tramite una costituzione, né tramite l’avviso di giure-consulti, dal momento che si tratta piuttosto di fatti che di diritto.

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in un luogo adeguato e non ha pagato; a partire da quelmomento, egli è in mora. Le condizioni della mora non sonotuttavia puramente oggettive, ma dipendono anche dalle in-tenzioni del creditore, perlomeno in questo caso. Riferendosi adaltri autori e ad Antonino Pio, Marciano riferisce che la defi-nizione dell’interpellatio non è facile perché essa dipendemolto dall’analisi dei fatti. L’allusione fatta da Marciano al-l’impossibilità di fissare questa questione in un testo giuridico,come una costituzione imperiale o un avviso di diritto, sottoli-nea che l’efficacia dell’interpellatio dipende dal suo contenuto20.

Quale dev’essere dunque il contenuto della dichiarazionefatta al debitore affinché si possa ritenerlo in mora? Un testodi Pomponio può aiutarci a trovare una risposta (Pomp. 22Sab. D. 12, 1, 5)21. In effetti, quando cerca di capire chi è re-sponsabile per la perdita di una cosa che è andata distruttamentre spettava unicamente al debitore consegnarla (quamper te factum erit quominus id mihi dares), Pomponio considerache il debitore sopporta le conseguenze della perdita quandogli era possibile adempiere alla sua obbligazione (in potestatetua fuerit id), ma non lo ha fatto o non può più farlo per causasua (aut dolo malo feceris quominus esset). Pomponio aggiungetuttavia che la responsabilità per la perdita della cosa sussisteanche quando vi è una giusta causa (iusta causa) che può in-durre il debitore a capire che deve fornire la sua prestazione(sed etiam si aliqua iusta causa sit, propter quam intellegere debereste dare oportere). Questa giusta causa è spesso considerata comeun riferimento diretto all’interpellatio22.

Quest’ultimo punto, quindi, evidenzia che quello checontava ai fini della mora era anzitutto che la prestazione

20 M. MARRONE, Istituzioni di diritto romano3, Palermo, 2006, 428, si riferi-sce a questo passaggio per argomentare che l’interpellatio apparve nel dirittoromano tardo classico.

21 Cfr. D. 12, 1, 5: Quod te mihi dare oporteat si id postea perierit, quamper te factum erit quominus id mihi dares, tuum fore id detrimentum con-stat. Sed cum quaeratur, an per te factum sit, animadverti debebit, non so-lum in potestate tua fuerit id nec ne aut dolo malo feceris quominus essetvel fuerit nec ne, sed etiam si aliqua iusta causa sit, propter quam intellegeredeberes te dare oportere.

22 R. ZIMMERMANN, The law of obligations, Oxford, 1996, 793, nt. 67; KASER,Perpetuari obligationem, cit., 107 ss.

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fosse possibile (in potestate) e che il debitore sapesse o, al li-mite, avrebbe dovuto sapere che doveva fornire la sua presta-zione in quel momento specifico.

L’interpellatio consisteva dunque nel «far sapere al debi-tore che il creditore si aspetta che egli fornisca la sua presta-zione». Dunque, se la determinazione dell’esistenza o menodi un’interpellatio era difficile, era proprio perché si doveva inciascun caso individuare se il debitore sapeva o aveva motivi asufficienza per sapere che doveva fornire la sua prestazione,ma poi si era rifiutato di farlo. In altre parole, le conseguenzedella mora dipendevano dalla conoscenza soggettiva del debi-tore23 (mora ex persona, come dice Marciano in D. 22, 1, 32pr.): egli sapeva che doveva fornire la sua prestazione e non loha fatto, o ha fatto in modo – per dolo – di non essere più ingrado di fornirla, o ancora, la sua ignoranza riguardo alla suaobbligazione di fornire la prestazione non era giustificata, dalmomento che vi erano elementi a sufficienza perché egli sa-pesse di dovere fornire tale prestazione. In tutti questi casi, viè allora un inadempimento del debitore che giustifica il ri-corso alla perpetuatio obligationis e impone una responsabilitàrinforzata legata alla mora.

Non è necessario, a mio avviso, determinare se tale ina-dempimento (dovuto a inavvertenza o a dolo) costituiva omeno una colpa24. Significherebbe avere un approccio troppodogmatico, che è stato tuttavia seguito da alcune codificazionimoderne, come quella del Codice Civile tedesco del 1900, esostenuto con forza da alcuni autori francesi del diciannove-simo secolo25. In ogni caso, possiamo constatare che la mora

23 Per un’interpretazione in questo senso, cfr. KASER, Perpetuari obligatio-nem, cit., 111; CANNATA, s.v. Mora, cit., 929 ss.; JAKOBS, Culpa und Interpellatiobei der mora debitoris nach klassischem Recht, cit., 43 ss.

24 J. F. GERKENS, La mora debitoris est-elle une faute?, in Mélanges Fritz Sturm,I, (eds. J. F. GERKENS - R. VIGNERON - H. PETER - P. TRENK - HINTERBERGER),Liège, 1999, 139 ss.; KASER, Perpetuari obligationem, cit., 116 ss. sostiene che lamora (o moram facere) sia un mezzo per prevenire che il debitore agisca col-pevolmente essendo in ritardo; per una teoria senza colpa, cfr. JAKOBS, Culpaund Interpellatio bei der mora debitoris nach klassischem Recht, cit., pp. 34-44.

25 Cfr. in particolare CH. DEMOLOMBE, Traité des contrats ou des obligationsconventionnelles en général, V, Paris, 1877, 595 ss.: «La demeure du débiteur!mais c’est aussi une faute! Et une faute, qui doit entraîner, à sa charge,

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aveva come conseguenza che il debitore era responsabile perla perdita della cosa, anche se non aveva colpa, malgrado ilfatto che il contratto preso in considerazione imponesse lacolpa come condizione della responsabilità del debitore. Gliautori moderni che aderiscono alla tesi secondo la quale lamora debitoris si produce automaticamente26, considerano im-plicito che, al momento di agire in giudizio, il debitore sapevadi dovere adempiere alla sua obbligazione, circostanza questache rende superflua l’interpellatio. A mio avviso, il giudice do-veva determinare se, al momento dell’azione, il debitore con-venuto era cosciente del suo obbligo di adempiere all’obbli-gazione. Questo implica che si deve stabilire se c’è stata un’in-terpellatio o meno. Tra l’altro, era sempre durante il processoche il praetor stabiliva – per dirlo in termini moderni – se il de-bitore era già in mora al momento dell’impossibilità di adem-piere alla sua obbligazione.

Infine, se il debitore fosse stato cosciente dell’obbligo difornire la sua prestazione, gli sarebbe stato possibile evitare leconseguenze della mora debitoris, anche dopo il momento delpagamento, offrendo di eseguire la prestazione o eseguen-dola effettivamente (purgatio morae)27. Ciò implicava evidente-mente che l’esecuzione dell’obbligazione doveva ancora es-sere possibile.

l’obligation de réparer le dommage, qui en est résultée pour le créancier.Voilà comment la demeure peut le rendre responsable de la perte mêmearrivée par cas fortuit; à savoir: lorsque c’est sa demeure, qui est cause quece cas fortuit a fait périr la chose; parce que la chose n’aurait pas péri chezle créancier, si elle lui eût été livrée, dans le temps où elle devait l’être …»citato da GERKENS, La mora debitoris est-elle une faute?, cit., 139. Cfr. su questoaspetto rispettivamente Gai. 9 ad ed. prov. D. 16, 3, 14, 1 e Ulp. 22 ad Sab. D.30, 47, 6; cfr. anche D. DEROUSSIN, Histoire du droit des obligations, Paris, 2007,591 ss.

26 Tra gli altri, CHEVREAU, Le temps et le droit: La réponse de Rome, L’appro-che du droit privé, cit., 203; cfr., tuttavia, KASER, Perpetuari obligationem, cit., 115e JAKOBS, Culpa und Interpellatio bei der mora debitoris nach klassischem Recht, cit.,53, che argomentano in modo convincente che al limite si può ammettereche, se un’ interpellatio fosse necessaria o meno malgrado un termine fissato,andava verificato caso per caso.

27 MAGDELAIN, Note sur la ‘purgatio morae’, cit., 679 ss.; CANNATA, Quod ve-teres constituerunt, Sul significato originario della ‘Perpetuatio obligationis’, cit., 89e 91; cfr. anche Paul. 17 ad Plautium D. 45, 1, 91, 3.

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2.1.4. L’interpellatio in presenza di un termine. – L’ulterioreinterrogativo da porsi è se l’interpellatio fosse sempre necessa-ria per provocare le conseguenze della mora. Sappiamo che,in ogni caso, non è necessario informare il ladro dell’obbligodi restituire lacosa rubata. Egli lo sa perfettamente! Quindi,per il furto, le conseguenze della mora si applicavano senzanessuna interpellatio particolare in virtù dell’adagio «fur semperin mora est»28.

In compenso, è più difficile determinare se l’esistenza diun termine (dies) per adempiere a un’obbligazione era suffi-ciente a provocare le conseguenze della mora a partire dallascadenza del termine. Per riprendere l’opinione di Pomponio(Pomp. 22 ad sab. D. 12, 1, 5), quello che contava era il fattoche il debitore sapeva di dovere pagare «propter quam intellegeredeberes te dare oportere»29. Rispetto a un termine (dies), era dun-que necessario deteminare se l’indicazione del suddetto diesbastava a dimostrare che il creditore desiderava che la presta-zione fosse eseguita30. In altre parole, l’indicazione di un ter-mine equivaleva a interpellatio?

Se riprendiamo il brano di Marciano, dobbiamo ammet-tere che il criterio «ex persona» permette di fare un collega-mento con Pomponio. La cosa fondamentale era il criteriopersonale, ovvero il fatto di determinare se il debitore sapevadi dover fornire la prestazione a un momento preciso31.Un’interpellatio era dunque sempre necessaria in presenza diun termine fissato contrattualmente, entro il quale il debitoredoveva eseguire la sua prestazione? Possiamo immaginare chei testi lascino questa questione all’interpretazione del giudice.Tutto dipendeva dalla maniera con la quale il dies era men-zionato e ovviamente dalle circostanze specifiche del caso,

28 Ulp. 27 ad ed. D, 13, 1, 8, 1 più precisamente afferma: semper enim mo-ram fur facere videtur; cfr. anche Tryph. 15 disput. D. 13, 1, 20; nel Medioevol’adagio fu creato sulla base di questi testi, cfr., tra gli altri, B. WINDSCHEID -TH. KIPP, Lehrbuch des Pandektenrechts9, Frankfurt a. M., 1906 (ristampato aAachen 1984), 137 ss.; ZIMMERMANN, The law of obligations, cit., 793; cfr. ancheKASER, Perpetuari obligationem, cit., 115 ss. e 142.

29 In questo senso, cfr. KASER, Perpetuari obligationem, cit., 108 ss.30 GUARINO, Diritto privato romano12, cit., 1019, nt. 92.2 sembra ammet-

tere questo, almeno per il diritto romano classico.

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Mora e interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa 211

che potevano giustificare che la prestazione non fosse fornitaper tempo.

Di fatto, due elementi permettono di affermare che l’in-terpellatio poteva ancora essere necessaria, anche in presenzadi un termine (dies):

a) La pretesa di un debito esigibile.

Il testo di Marciano non fornisce le condizioni «oggettive»della mora. Tuttavia, possiamo afferrare tra le righe come lamora del debitore dipendesse dal fatto che egli doveva pa-gare, in altre parole che la prestazione fosse esigibile32.

Questa pretesa di un debito esigibile risulta chiaramenteda un frammento di Paolo (Paul. 37 ad ed. D. 45, 1, 49, 3): Sipromissor hominis ante diem, in quem promiserat, interpellatus sit etservus decesserit, non videtur per eum stetisse (Se colui che ha pro-messo uno schiavo è stato chiamato [interpellato] prima delgiorno [termine] per il quale l’aveva promesso e lo schiavomuore, non risulta che sia a causa sua [non appare come re-sponsabile]).

Il frammento appena riportato dimostra che l’esistenza diun termine non esclude necessariamente il bisogno di un’in-terpellatio. Difatti, se il termine fosse stato sufficiente per pro-vocare la mora, Paolo avrebbe evocato il decesso unicamentedomandandosi se questi avesse avuto luogo prima o dopo iltermine; egli evoca l’interpellatio per indicarci in quale mo-mento essa rilevi.

b) La funzione dell’interpellatio.

La funzione dell’interpellatio è quella di trasformare il ri-tardo nell’esecuzione in un «ritardo qualificato», che noichiamiamo «mora». Considerando le conseguenze che lamora implica per il debitore, era necessario assicurarsi cheegli sapesse di dover fornire la propria prestazione e che il

31 In questo senso cfr. ZIMMERMANN, The law of obligations, cit., 792; KASER,Perpetuari obligationem, cit., 111 ss.

32 M. KASER - R. KNÜTEL, Römisches Privatrecht17, Munich, 2003, § 37, nt. 7;M. TALAMANCA, Elementi di diritto privato romano, Milano, 2001, 339.

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non averlo fatto dipendesse solo da lui. Marciano (Marc. 4reg. D. 22, 1, 32 pr.) parla in questo senso di «moram facere»(produrre la mora [del debitore])33. L’interpellatio aveva cosìla funzione di proteggere il debitore contro le severe conse-guenze della mora.

Talamanca ritiene che un termine (dies), fissato nell’inte-resse del creditore, permetteva di ottenere la mora senza in-terpellatio se la prestazione doveva essere fornita al domiciliodel creditore (Bringschuld)34, come nel caso del denaro. Inpresenza di una prestazione che doveva essere fornita al do-micilio del debitore (Holschuld), l’interpellatio era collegata al-l’idea che il creditore dovesse accettare l’oggetto della presta-zione, ciò implicava necessariamente un’interpellatio al mo-mento in cui il creditore andava – invano – ad accettare taleoggetto. La concezione di Talamanca non trova fondamentonei testi, ma deriva piuttosto da una interpretazione del si-stema attraverso il diritto moderno. Questo non significa chequesta concezione sia sbagliata in quanto tale, ma nemmenoche sia senz’altro corretta.

Si nota dunque che la questione di sapere se un’interpella-tio sia richiesta quando si è in presenza di un termine, non èbanale; la posizione tradizionale considera, probabilmente agiusta ragione, che il giudice deve decidere in ogni caso sullabase dei fatti. Se si preferisce un approccio procedurale dellamora debitoris, approccio privilegiato per esempio da Emma-nuelle Chevreau35, si deve considerare che il giudice dovevaesaminare, al momento dell’esperimento dell’azione, se il de-bitore conosceva il suo dovere di fornire la sua prestazione,che doveva essere ancora possibile al momento in cui essa eradovuta. Quando la risposta a questa questione non era chiaraper delle ragioni legate ai fatti, il giudice doveva allora cer-care un’interpellatio per determinare questo punto. E questodunque dava il via alle varie conseguenze (punitive) che ab-biamo menzionato.

33 KASER, Perpetuari obligationem, cit., 106.34 M. TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano, Milano, 1990, 655; ID., Ele-

menti, cit., 339.35 CHEVREAU, Le temps et le droit: La réponse de Rome, L’approche du droit

privé, cit., 202 ss.

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3. L’evoluzione nel Medioevo.

Passiamo ora ad analizzare l’evoluzione della funzionedella mora nel Medioevo. Dopo aver esaminato il periodo deiglossatori e commentatori (infra, § 3.1.), concentrerò breve-mente la mia attenzione sul cambiamento di prospettiva cheè apparso con gli umanisti francesi (infra, § 3.2.).

3.1. Il periodo dei glossatori e dei commentatori. – Per i glossa-tori e secondo la Glossa ordinaria, la mora (mora debitoris) haconservato una funzione punitiva. Questo è particolarmentechiaro nella Lectura super Codice di Odofredo «unde magis pu-niendus est»36.

In primo luogo, la responsabilità per casus fortuitus vi erain ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la cosa sarebbe andatadistrutta anche se consegnata per tempo37. Tuttavia, Martinoera (cosa non soprendente) dell’avviso che bisognava pren-dere in considerazione il fatto che la cosa sarebbe andata di-strutta anche se il debitore l’avesse consegnata per tempo38;egli suggeriva quindi che il debitore non doveva essere rite-nuto responsabile in un caso del genere, malgrado il fatto chefosse in mora39. La maggior parte degli autori disapprovava

36 ODOFREDUS, Lectura super Codice, Part II, ad C. 7.47, n. 10, f. 122, Lug-duni, 1552 (ristampato a Bologna, 1968).

37 Gl. Detrimentum ad D. 12, 1, 5; Gl. Difficilis ad D. 22, 1, 32 pr.: «…Quintum habet effectum circa interitum. Nam indistincte morosus de periculo tenetur:erat res peritura penes actorem, vel non: satis est enim quod potuit non perire …»;Azonis, Lectura super Codice, ad C 7, 47, Parisii, 1577 (ristampato in: Corpusglossatorum iuris civilis, III, Torino, 1966, 589): «distinguitur tamen a quibu-sdam: utrum erat peritura eodem modo penes deponentem, an non: ut in primo casunon teneatur depositarius, in secundo teneatur. Sed nostri doctores dixerunt deposi-trium et quemlibet debitorem teneri de casu fortuito quia satis est quod res potuit nonperire penes actorem».

38 Cfr. Gl. Detrimentum ad D. 12, 1, 5, Lugduni, 1627 (ristampato a Osna-brück, 1965, I, col. 1204): «Nota post moram rei periculum ad creditorem non per-tinere ut … Nec distinguitur, secundum Ioannem utrum eodem modo periisset penescreditorem ut … Sed Martinus distinguebat per …»; anche gl. Si ex legati ad D. 45,1, 23, Lugduni, 1627 (ristampato a Osnabrück, 1965, III, col. 933): «Re debitapost moram interempta debitor non liberatur, nisi fuisset omnino res peritura apudcreditorem, Sic recte M[ARTINUS] ex l.si plures.§.ult. supra depos. … Cuiac.».

39 Cfr. per questa opinione, HARKE, Schuldnerverzug, cit., 17.

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questa opinione40, circostanza questa che mette in evidenzache per tali autori lo scopo non consisteva nel compensare idanni dovuti alla mora, ma nel punire il debitore moroso41.

Gli interessi di mora non erano ancora considerati comein obligatione, quindi non potevano essere reclamati separata-mente42. Questo conferma l’idea di una sanzione legale, comepossiamo vedere in un brano di Bartolo da Sassoferrato, chescrive, mentre riflette sul divieto degli interessi «sed [usurae] exmora, id est, poena per legem statuta sunt, dico illas … licitas» (magli interessi per la mora, cosa che significa che questo è im-posto dalla legge come sanzione, dico…questo è lecito)43. Af-finché queste conseguenze (e altre)44 si producessero, era ne-cessario, secondo la Glossa ordinaria, che fossero rispettatedue condizioni: la possibilità e l’interpellatio.

3.1.1. La potestas (possibilità). – La prestazione doveva es-sere possibile. Gli autori non erano tuttavia concordi sullaportata di questa idea. La Glossa ordinaria ha corretto, in D.22, 1, 32 pr., il termine «difficilis» con «difficilis est. Id est impos-sibilis, sicut tertium notitia» (Difficilis est vuole dire impossibilità,come è notato in terzo luogo).

3.1.2. L’ interpellatio. – La Glossa ordinaria insisteva sulfatto che il debitore doveva capire o avrebbe dovuto capireche doveva pagare: «cum intellegat se debere vel intellegere debeat»45.L’interpellatio non era tuttavia necessaria in caso di furto (fursemper in mora)46 o in presenza di minori di 25 anni47. Nelle al-

40 Cfr. anche HARKE, Schuldnerverzug, cit., 20 ss.41 Per tale argomentazione cfr. HARKE, Schuldnerverzug, cit., 19.42 Cfr. HARKE, Schuldnerverzug, cit., 32 e i suoi riferimenti a AZONIS

(Summa codicis, ad C. 4, 32 [141]).43 BARTOLUS DE SAXOFERRATO, Commentaria in primam Codicis partem, C. 1,

1, n. 8 (ed. Augustae Taurinorum, 1574, 3v).44 Cfr. gl. Difficilis est ad D. 22, 1, 32 pr., I, Lugduni, 1627, col. 2040, che

stabilisce: «Haec autem mora sic commissa habet quinque principales effectus».45 Gl. Difficilis est ad D. 22, 1, 32 pr., I, ed. cit., col. 2040.46 Gl. Difficilis est ad D. 22, 1, 32 pr., I, ed. cit., col. 2041: «specialis autem

sit multis modis … Quinto, odio: ut fure et praedone».47 Gl. Difficilis est ad D. 22, 1, 32 pr., I, cit., col. 2041: «specialis autem sit

multis modis … Secundo, in minoribus xxv annis ubi sit re ipsa ut [C. 2.40.3] ethaec purgatur temporis cursu».

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tre ipotesi, l’interpellatio era sempre richiesta48. La sua defini-zione tuttavia si è evoluta, dato che l’interpellatio può prodursiin tre modi diversi, come spiegato nella Glossa ordinaria (gl.difficilis ad D. 22, 1, 32 pr.)49:

Interpellatus per diem appositae lapsum ut [D. 45, 1,114 e C. 8, 37[38], 12], vel per litis contestationem ut[D. 45, 1, 82, 1], vel per eius, cui debetur, denuntia-tionem congruo loco, et tempore factam ut ut [D. 22,1, 32 e D. 45, 1, 23], cum intelligat se debere vel intel-ligere debeat, ut [D. 12, 1, 5], nec omissa sit debiti re-petendi instantia, sine causa distulit rei praestationem,vel solutionem, ut [D. 22, 1, 32 e D. 22, 1, 21].

a) «per diem appositae lapsum»: l’interpellatio poteva prodursiper la scadenza di un termine inserito («appositus») nell’ac-cordo;

b) «per litis contestationem»: esperendo l’azione, il creditoresegnalava la sua volontà di ottenere l’esecuzione e ciò eraquindi considerato equipollente a una interpellatio;

c) «per eius cui debetur denuntiationem»: la mora era ancheprodotta da un’interpellazione della persona in favore dellaquale la prestazione doveva essere eseguita, ovvero il credi-tore, a condizione che questa interpellatio fosse fatta in unluogo e in un momento opportuno e a condizione che il de-bitore avesse capito o avrebbe dovuto capire che doveva for-nire la sua prestazione.

Dunque, la nostra questione di sapere se un’interpellatiofosse necessaria malgrado la presenza di un termine non siponeva più in questi termini nel Medioevo, dato che la sca-denza del termine era considerata come interpellatio. L’espres-sione «dies interpellat pro homine» deve tra l’altro essere inter-pretata in questo senso: l’esistenza di un termine era un’inter-pellatio non (direttamente) fatta dal creditore.

48 ZIMMERMANN, The law of obligations, cit., 795.49 La cosa era già affermata da ODOFREDUS, Lectura super Codice, I, ad C.

2, 40, 2, n. 8, Lugduni 1552, (ristampato in Opera iuridica rariora, V.1., Bolo-gna, 1968, fol. 111).

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Questo approccio non era tuttavia incontestato. In parti-colare, l’ultramontanus Petrus de Bellapertica considerava chel’inserimento di un termine non era costitutivo di mora:«[D]ico, appositio diei aliquem non constituit in mora»50. Questaposizione fu poi nuovamente respinta, in particolare da Cinoda Pistoia, così come da altri autori51.

3.2. Un cambiamento di posizione con gli umanisti francesi. –Una vera svolta si osserva negli scritti dell’umanista franceseHugo Donellus e dei suoi compatrioti Jacopus Cuiacius e An-tonius Faber. Per riassumere la loro posizione basta menzio-nare due aspetti essenzali: la funzione punitiva della morascompare (infra, § 3.2.1) e il fatto che l’interpellatio era fondatasulla violazione colpevole di un’obbligazione (infra, § 3.2.2).

3.2.1. Il venir meno della funzione punitiva della mora. – Que-sto non deve esse frainteso. L’esigenza di una colpa apparvecon più vigore ; tuttavia, tutte le conseguenze erano legate al-l’idea che, a causa del ritardo colpevole, il debitore dovevacompensare il creditore per la sua perdita. In altre parole, ilrisarcimento poteva essere accordato solamente se poteva es-sere collegato all’esecuzione tardiva. In caso contrario, accor-darlo non sarebbe stato equo perché, come dice Donellus:«Quod si verum est, non est aequum id detrimentum dependere temora facta, quod peculiariter cessationi tuae adscribi non potest»52.

Questo passaggio da una funzione punitiva a una fun-zione compensatoria può essere messo in relazione con duepunti.

La responsabilità aggravata per la perdita di una cosa incaso di mora era applicata solamente se la perdita nonavrebbe colpito la cosa in caso di consegna tempestiva. Donel-

50 PETRUS DE BELLAPERTICA, Commentaria in Digestum Novum, ad D. 45, 1,23, n. 4, Francoforti, 1571 (ristampato in Opera iuridica rariora, X, Bologna,1968, 224); cfr. anche HARKE, Schuldnerverzug, cit., 39.

51 Su questo, cfr. HARKE, Schuldnerverzug, cit., 40, che cita parecchiestratti.

52 H. DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 7, 47, c. 11, n. 9, in Operaomnia, IX, Lucae, 1766, (ristampato a Goldbach, 1997, col. 862; per un’ana-lisi, cfr. HARKE, Schuldnerverzug, cit., 54 ss.).

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lus si sofferma su tale punto. Egli enuclea dapprima la regolasecondo la quale il debitore in mora è responsabile anchesenza colpa o negligenza («quod sic accipiendum est, ut teneaturetiamsi sine dolo malo et culpa, negligentiave eius perierit»)53. In se-guito, Donellus continua e immagina la situazione nella qualel’evento avrebbe colpito la cosa con una modalità simile, an-che se il debitore avesse fornito la sua prestazione per tempo.Per questo egli dice che il principio deve essere mitigato («secontineri eius sententiae temperamentum») nel senso che la perditache colpisce il creditore («ad actorem pertinere») deve esseresopportata da quest’ultimo54. Tuttavia, Donellus pone un li-mite: se il creditore fosse stato capace di vendere la cosa (nelcaso in cui l’avesse ricevuta per tempo) prima dell’evento, al-lora la perdita non poteva più essere sopportata dal creditore.Di conseguenza, era il debitore che doveva sopportare la per-dita. Donellus aggiunge però che ci sono svariate situazioninelle quali la perdita avrebbe colpito comunque il creditore,per esempio, se il creditore fosse stato su una nave sulla qualenon c’era nessun mercante al quale vendere la cosa55. In uncaso del genere, il debitore non deve essere ritenuto respon-sabile («in his vero et similibus recte dixerimus naturali interitu …debitorem liberari»)56. Allo stesso modo, Antonio Faber sottoli-nea che il debitor deve provare che la cosa oggetto della presta-zione sarebbe ugualmente stata colpita dalla perdita se essafosse stata consegnata tempestivamente al creditore:

Ergo hoc casu depositarium et alium debitorem quemlibetliberari aequum est, sed hoc ita, si clarissime probet, quodplerumque difficillimum est aeque rem penes actorem fuisseomnimodo perituram, puta si homo debitus statim post inter-pellatum debitorem repentino percussus morbo perierit, et ut

53 H. DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 16, 2, c. 2, n. 14, in Operaomnia, IV, Lucae, 1766, (ristampato a Goldbach, ed. cit., col. 619 ss.).

54 DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 16, 2, c. 2, n. 15, in Operaomnia, IV, ed. cit. (ristampato a Goldbach, ed. cit., col. 620).

55 DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 16, 2, c. 2, n. 15, in Operaomnia, IV, ed. cit. (ristampato a Goldbach, ed. cit., col. 621 segg.).

56 DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 16, 2, c. 2, n. 15, in Operaomnia, IV, ed. cit. (ristampato a Goldbach, ed. cit., col. 622).

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certum sit medium tempus nullum intercessisse quo vendipotuerit …57.

I danni che possono essere risarciti devono limitarsi allaperdita causata dalla mora. Donellus restringe i danni dovutidal debitore moroso unicamente alla perdita causata diretta-mente dalla mora; essi devono quindi coprire l’interesse circarem, i danni direttamente legati alla cosa. Tale «causa unica»quindi limitava l’entità dei danni coperti in caso di mora. Seil creditore poteva ottenere l’esecuzione altrimenti, allora laperdita risultante dall’inadempimento non era legata allamora. Il seguente brano di Donellus è piuttosto efficace alproposito:

Nostra sic ratio est, neque in emptione et venditione,neque in ullo alio iudicio, si res quae praestari debuit,tradita non sit, eam utilitatem esse aestimandam, quaecirca rem non consistit: id est, quae ex re non est, seuquae talis est, ut quamvis res absit, quae tradi debeat,ipsa tamen esse, et percipi eodem modo potueritaliunde, neque interesse speciesne aliqua, ut triticum,an pecunia debeatur quae praestita non fuerit …Quod si verum est, non est aequum id detrimentumdependere te mora facta, quod peculiariter cessationituae adscribi non potest. Haec ratio, non in uno ali-quo genere obligationis aut rei in obligationem de-ductae tantum valet, sed aeque in omnibus58.

57 A. FABER, Rationalia in tertiam partem pandectarum, in tres tomos divisa,III, ad D. 16, 3, 14, 1, Lugduni, 1663, 360. Trad. it.: Dunque, in questo caso,è giusto che il depositario o qualche altro debitore sia liberato, ma questosolamente se riesce a provare in modo evidente, cosa che spesso è molto dif-ficile, che la cosa sarebbe andata distrutta in ogni caso se si fosse trovatanelle mani del querelante per esempio se dopo l’interpellatio del debitore loschiavo che era dovuto, si ammala e muore, e appare certo che in questoperiodo di tempo non sarebbe stato possibile venderlo.

58 DONELLUS, Commentarii de iure civili, ad C. 7, 47, c. 11, n. 9, in Opera om-nia, IX, ed. cit. (ristampato a Goldbach, ed. cit., col. 885 ss.). Trad. it.: Così,la nostra giustificazione risiede nel dire che se la cosa che doveva essere for-nita non è stata trasferita, la sua utilità non deve essere stimata né nel casodel contratto di vendita, né per un’altra azione, perché detta utilità non sta

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3.2.2. L’interpellatio fondata sull’inadempimento colpevole diun’obbligazione. – Secondo Cuiacius, «[m]ora est culpa non re-spondentis ad conventionem opportunam creditoris, vel debitoris»59;la mora consisteva quindi nella colpa del debitore o del cre-ditore di non fornire la sua prestazione in modo conforme alcontratto. Di conseguenza, il non rispetto del momento fis-sato per l’esecuzione (tramite un’interpellatio o un termineconvenuto), era sempre considerato da Cuiacius come una«violazione contrattuale» colpevole. La responsabilità per laperdita dopo la mora era quindi dogmaticamente fondata suuna responsabilità convenzionale per colpa. Per questo Cuia-cius interpretava l’espressione «dies interpellat pro homine» nonnel senso che il termine dava il via alla mora, ma nel sensoche il debitore stesso aveva accettato di pagare a una data de-terminata. Il non rispetto di questa intenzione iniziale eradunque la vera interpellatio60.

Con Cuiacius il ruolo dell’interpellatio cambia in modofondamentale. Concepita inizialmente come uno strumentoche permetteva di giustificare il trasferimento del rischio incaso di perdita a un debitore moroso, e come la sanzione diun comportamento inappropriato tramite l’obbligazione dipagare degli interessi di mora in caso di mancata esecuzionedella prestazione prima di una litis contestatio, l’interpellatio èdivenuta un meccanismo di sostituzione della colpa, che giu-stifica così il risarcimento dei danni per inadempimento col-pevole degli obblighi contrattuali.

in quello che deriva direttamente dal valore della cosa: ovvero, che si ritengao meno il valore della cosa (ex re), malgrado il fatto che la cosa che dovevaessere fornita non è qua, questa cosa esiste e avrebbe potuto essere ottenutanello stesso modo altrove; né il contante né qualsiasi altra cosa contano qui,come del grano o del denaro che era dovuto e non è stato fornito… Se que-sto è vero, non è giusto che tale svantaggio, che non può essere attribuitoparticolarmente al tuo ritardo, dipenda dal fatto che tu abbia prodotto lamora. Questo ragionamento vale non soltanto per un certo genere di obbli-gazioni o di cose che si trovano in un’obbligazione, ma allo stesso modo pertutte.

59 J. CUIACIUS, Paratitla in libros Digestorum, ad D. 22, 1, in Opera Omnia, I,Napoli, 1722-1727, col. 780.

60 J. CUIACIUS, Recitationes solemnes in 4-9 libros Codicis, ad C 8, 37, 12,Francoforte, 1597, 946.

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4. L’ interpellatio nei tempi moderni.

Le raccolte internazionali di regole, come la convenzionedelle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazio-nale di merci (CISG), così come i principi UNIDROIT dei con-tratti commerciali internazionali (PICC), non fondano il ri-sarcimento su una violazione colpevole delle obbligazioni.

Secondo l’art. 7.4.1 PICC («[o]gni inadempimento, sem-preché non sia scusabile in conformità con i presenti Prin-cipi, attribuisce al creditore il diritto al risarcimento deldanno, sia a titolo esclusivo che congiuntamente ad altri ri-medi»)61, l’inadempimento scusabile è legato alla forza mag-giore o a una clausola di esenzione, dato che l’eccessiva diffi-coltà in quanto tale non esclude la responsabilità per danni62.La stessa cosa vale per la CISG, dato che l’art. 45 par. 1, per ilcompratore, e l’art. 61 par. 1 (b), per il venditore, dispongonoche «se il venditore [compratore] non adempie uno qualsiasidegli obblighi risultanti per lui dal contratto di compraven-dita o dalla presente Convenzione, il compratore [venditore]può … (b) chiedere risarcimento giusta gli articoli 74 a 77».

L’interpellatio dunque non è più richiesta per avere il di-ritto di domandare un risarcimento in caso di mora. L’ina-dempimento in quanto tale è sufficiente per avere diritto aun risarcimento. Si può quindi pensare che la nozione di in-terpellatio non abbia più alcun ruolo in queste moderne rac-colte di regole. Difatti, se il compratore o il venditore non èprivato del diritto di richiedere il risarcimento per remoranell’adempimento (artt. 47 par. e art. 63 par. 2 CISG), eglinon può appellarsi ad altri mezzi in assenza di una violazionefondamentale, a meno che egli non faccia un’ interpellatio perun termine più lontano. Una volta trascorso il periodo addi-zionale senza che ci sia stata esecuzione, il venditore o il com-pratore può dichiarare sciolto il contratto secondo gli artt. 49

61 Per un’analisi approfondita di questa disposizione, cfr. E. MCKEN-DRICK, in Commentary on the UNIDROIT Principles of International CommercialContracts (PICC) (eds. S. VOGENAUER - J. KLEINHEISTERKAMP), Oxford, 2009, nt.1 ss. ad art. 7.4.1.

62 MCKENDRICK, in Commentary on the UNIDROIT Principles of InternationalCommercial Contracts (PICC), cit., nt. 6 ad art. 7.4.1.

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Mora e interpellatio nello sviluppo del diritto privato in Europa 221

par. 1 e 64 par. 1 CISG. L’interpellatio ha quindi una nuovafunzione, che è quella di rendere possibile la risoluzione delcontratto.

Lo stesso regime si riscontra nei principi internazionali,come all’art. 8:106 PECL e l’art. 7.1.5 PICC, nonché nel re-cente Draft Common Frame of Reference (art. III-3:503 DCFR)63.In tutti questi contesti, il diritto di mettere termine al con-tratto esiste, in primo luogo, in tutti i casi di violazione fon-damentale del contratto o di «inadempimento essenziale»(art. 9:301 PECL; art. 7.3.1 PICC), oppure quando una pro-roga è stata accordata. Questa proroga compensa allora l’as-senza di violazione fondamentale o l’inadempimento (art.9:303 PECL; art. 7.1.5 PICC)64.

Questa è una funzione che si può già trovare in certi si-stemi nazionali; per esempio il diritto tedesco, come quelloitaliano e svizzero, prevede un termine supplementare (délaisupplémentaire, Nachfrist), che permette al creditore di metterefine al contratto alla scadenza («vom Vertrag zurücktreten»,BGB, § 32365 e § 325; «il contratto s’intenderà senz’altro risoluto»,art. 1454 c.c.66; «recedere dal contratto», art. 107, Codice svizzerodelle obbligazioni). Ancora una volta, in questi sistemi nazio-nali, questa «seconda» interpellatio introduce la possibilità dirisolvere il contratto.

Così, all’epoca attuale, l’interpellatio ha acquisito unanuova funzione. Dopo essere stata essenzialmente richiesta

63 Art. III-3:503 par. 1: «A creditor may terminate in a case of delay inperformance of a contractual obligation which is not in itself fundamental ifthe creditor gives a notice fixing an additional period of time of reasonablelength for performance and the debtor does not perform within thatperiod».

64 SCHELHAAS, in Commentary on the UNIDROIT Principles of InternationalCommercial Contracts (PICC), cit., nt. 5 ad art. 7.1.5; S. EBERHARD, Les sanctionsde l’inexécution du contrat et les Principes UNIDROIT, Lausanne, 2005, 166 ss.

65 «Erbringt bei einem gegenseitigen Vertrag der Schuldner eine fälligeLeistung nicht oder nicht vertragsgemäß, so kann der Gläubiger, wenner dem Schuldner erfolglos eine angemessene Frist zur Leistung oderNacherfüllung bestimmt hat, vom Vertrag zurücktreten».

66 «Alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adem-piere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmentedetto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto».

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222 Pascal Pichonnaz

nel diritto romano per permettere delle misure punitive,come il trasferimento del rischio in caso di mora e la conces-sione di interessi di mora come sanzione, l’interpellatio è infinestata considerata come un mezzo, fondato sulla colpa, per co-stituire una violazione degli obblighi contrattuali.

E solamente nel diritto moderno che la funzione dell’in-terpellatio è divenuta quella di rendere qualsiasi violazione so-stanziale o fondamentale e quindi di permettere la risolu-zione del contratto. In questa nuova prospettiva non è più es-senziale decidere se la mora sia possibile anche nel caso in cuiil ritardo si produca senza nessuna colpa, dal momento cheun risarcimento è dovuto in tutti i casi, a meno che non si siain presenza di un evento inevitabile, imprevedibile e irresisti-bile (art. 79 CISG). Quello che è davvero importante, è ilfatto di sapere se la parte morosa è cosciente di essere inmora; se ella insiste nel rifiuto di fornire la sua prestazione, laviolazione diviene fondamentale, cosa che permette all’altraparte di risolvere il contratto. Comunque, siamo qui in pre-senza di un continuum dall’epoca romana, nel senso che loscopo dell’interpellatio è quello di dare al debitore un avverti-mento prima di provocare delle conseguenze sfavorevoli: untrasferimento del rischio nel diritto romano, dei danni com-pensatori per gli umanisti, la risoluzione del contratto nel di-ritto moderno.