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IOVANI IN I - Tagliacarne · economiche e, forse meglio e di più, la politica potranno, nel caso, mettere in campo. Uno spazio a parte si è voluto dedicare, poi, ad alcuni temi

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AASSPPEETTTTII DDEEMMOOGGRRAAFFIICCII,, EECCOONNOOMMIICCII EE SSOOCCIIAALLII

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I giovani in Italia:

aspetti demografici, economici e sociali

Pubblicazione edita a cura dellaSCUOLA SUPERIORE DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’INTERNO

Ufficio II Problematiche sociali e socioeconomicheUfficio III Ufficio Centrale di [email protected]

CoordinamentoDirigente Ufficio II: Maria Gabriella GALEOTTIDirigente Ufficio III: Eva BELLI

Redazione

Il presente Quaderno di Documentazione è stato realizzato con la collaborazione scientifica dell’IstitutoGuglielmo Tagliacarne (si ringraziano: Giacomo Giusti, Francesco Salate Santone, Roberto Piana, MarcoPini e Alessandra Rinaldi) e dell’Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno (si ringraziano:Maria Teresa Miccoli e Anna Pucci.

Un particolare ringraziamento va rivolto alle Prefetture – UTG per le rilevazioni effettuate nell’ambitodell’indagine sullo stato delle province in Italia.

Aggiornamenti a cura dei consiglieri frequentatori della Scuola: Alberto Grassia e Marcella Nicoletti.

Ultima revisione 26 febbraio 2011

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I giovani in Italia:

aspetti demografici, economici e sociali

SOMMARIO

Presentazione................................................................................................................................................. 3

1. Il dato demografico................................................................................................................ 7

1.1. Situazione generale........................................................................................................................ 7

1.2. Le classi “giovani”......................................................................................................................... 8

1.3. Popolazione residente straniera.................................................................................................. 12

2. I giovani e lo stato dell’economia........................................................................................ 15

2. 1. Elementi di valutazione emersi dalle relazioni delle Prefetture U.T.G................................. 15

2. 2. L’imprenditoria giovanile ......................................................................................................... 21

2.3. I dati e le stime dell’ISTAT ........................................................................................................... 26

2.3.1. Rapporto Istat per il 2009......................................................................................................26

2.3.2. Primo aggiornamento 2010................................................................................................... 31

2.3.3. Aggiornamento Istat di fine 2010........................................................................................... 32

3. Il “disagio giovanile” ........................................................................................................... 35

3.1 La situazione dei minori nella relazione 2010 delle Prefetture-UTG..................................... 36

3.2. Dal “disagio” alla “devianza”..................................................................................................... 39

3.2.1 Bullismo................................................................................................................................... 40

3.2.2 Vandalismo.............................................................................................................................. 43

3.2.3 Discriminazione razziale......................................................................................................... 45

3.2.4 Risse......................................................................................................................................... 47

3.2.5 Reati da stadio......................................................................................................................... 49

3.2.6. Disturbo della quiete pubblica e molestie.............................................................................. 50

3.2.7 Guida in stato di ebbrezza....................................................................................................... 52

3.3. Altre situazioni di disagio/devianza........................................................................................... 56

4. I giovani e la scuola.............................................................................................................. 57

4.1 Variazioni demografiche.............................................................................................................. 57

4.2 Statistiche di scolarità.................................................................................................................. 62

4.3 Studenti minori extracomunitari................................................................................................. 68

Appendice (in CD-Rom).........................................................................Errore. Il segnalibro non è definito.

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Presentazione

Nel febbraio dello scorso anno, licenziando il “quaderno di documentazione” sugli anziani

in Italia1, si è pensato subito di impostarne uno dedicato, questa volta, ai giovani.

L’idea era quella di scandagliare lo stato dei diversi aspetti della “questione giovanile”

soprattutto sul fronte del lavoro e su quello del “disagio”, anche in considerazione dei

riflessi sociali della difficile congiuntura economica che il Paese - direi l’Europa, insieme a

gran parte del mondo evoluto - sta attraversando.

Idea, evidentemente, non troppo originale, visto che già poche settimane dopo l’ISTAT2

era in grado di fornire i dati, preoccupanti, sull’occupazione giovanile nel 20093.

E’ ovvio che questa ricerca non intende sovrapporsi o sostituirsi a quelle dell’Istituto

Nazionale di Statistica o di altri Centri specializzati, perché non ne avrebbe né le

competenze né i mezzi. Al contrario, essa fa tesoro dei dati e delle analisi dell’Istat,

prendendoli a riferimento, salvo parziali integrazioni con i dati raccolti da altre Istituzioni

e, soprattutto, con le valutazioni emerse nel territorio, raccolte attraverso le relazioni

delle Prefetture-UTG.

Il senso ed il perché del presente “quaderno di documentazione” è tutto, in definitiva, nel

desiderio di condensare in uno spazio dedicato i fatti e i dati salienti di particolare in-

teresse per l’Amministrazione dell’Interno e di confrontarli con la percezione che se ne ha

nelle diverse province, per fornire uno strumento ulteriore, di documentazione e di

valutazione, alle politiche di sviluppo territoriale.

Questa proiezione al futuro, al superamento della “crisi” ed allo sviluppo, che la Scuola

Superiore dell’Amministrazione dell’Interno ritiene assolutamente essenziale e che trova

conferme nei dati dell’ultimo anno, nei quali già si intravedono segnali di “ripresa” o,

1 “Gli anziani in Italia. Aspetti demografici e sociali ed interventi pubblici”, Scuola Superiore

dell’Amministrazione dell’Interno. Quaderno di Documentazione n. 1/2010, febbraio 2010. Reperibile in

formato pdf sul sito web della Scuola: http://ssai.interno.it.

2 “La situazione del Paese nel 2009” – Istituto nazionale di Statistica. Rapporto annuale – maggio 2010.

Reperibile sul sito web: www.istat.it. V., in particolare, da pag. 140 il paragrafo sull’occupazione

giovanile.

3 Ulteriori elementi sul mercato del lavoro sono stati pubblicati dall’Istat il 1° febbraio 2011 come stime

provvisorie, perché basate su una parte, pur se consistente (oltre 26 mila famiglie, pari a oltre 61 mila

individui, per il mese di dicembre), del campione coinvolto nella rilevazione.

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almeno di rallentamento della flessione economica, non impedisce, tuttavia, di soffermare

lo sguardo sulle non poche criticità, insieme alle potenzialità solo parzialmente espresse

dai nostri ragazzi fra i 15 e i 30 anni, per chiedersi come e quando la nostra generazione,

che ha vissuto per intero la seconda metà del XX secolo, ha omesso di curare il futuro delle

generazioni successive e come e quando quest’ultime possono fare meglio.

Qui ci basta suggerire gli strumenti di base per un approfondimento che altri meglio potrà

fare, con le risorse e le sensibilità che gli studiosi di scienze sociali, politiche ed

economiche e, forse meglio e di più, la politica potranno, nel caso, mettere in campo.

Uno spazio a parte si è voluto dedicare, poi, ad alcuni temi cruciali (quali l’imprenditoria

giovanile, i giovani e la scuola, ed alcuni aspetti del “disagio giovanile”) attraverso “focus”

mirati, curati principalmente da Istituzioni specializzate (Infocamere), dallo stesso Ufficio

centrale di statistica del Ministero e dalle altre strutture di “ricerca” della Scuola4.

A tutti il mio ringraziamento e, particolarmente, all’Istituto G. Tagliacarne, della cui

collaborazione la Scuola si è avvalsa per il supporto scientifico e l’analisi dei diversi

“indicatori” utilizzati dalle Prefetture nelle loro relazioni.

Senza avere la pretesa di una sintesi, che non riuscirebbe a cogliere la grande varietà e

complessità dei temi emersi da realtà territoriali estremamente diversificate, due aspetti,

almeno, meritano di essere posti in luce: la perdurante differenza Nord-Sud, che continua

ad alimentare, malgrado tutto, significative ed irresistibili correnti migratorie (interne ed

esterne) verso la parte economicamente più forte, e l’attesa: l’attesa, principalmente, di

una sistemazione lavorativa ritenuta confacente alle proprie aspettative ed al proprio stile

di vita…. con quello che ne consegue circa i rischi di decadimento delle reti di sostegno e le

reali potenzialità occupazionali e di sviluppo nell’ambito della legalità.

Un elemento positivo sembra, comunque, doversi cogliere in una rinnovata (seppure

ancora troppo timida) partecipazione dei giovani all’imprenditoria ed alla vita pubblica,

quale è testimoniata, purtroppo ancora in modo frammentario ed episodico, dalla

presenza di un certo numero di amministrazioni pubbliche e di nuove imprese dirette da

giovani di età inferiore ai trenta anni: a loro, particolarmente, è dedicato questo lavoro,

con gli auguri più sinceri.

Roma, febbraio 2011

Giulio Cazzella

direttore della S.S.A.I.

4 Per la situazione delle tossicodipendenze si rinvia alla Relazione annuale al Parlamento sull’uso di

sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui la

Scuola ha collaborato fornendo i dati di competenza del Ministero dell’Interno.

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I giovani in Italia:

aspetti demografici, economici e sociali

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1. Il dato demografico

La nostra analisi, sebbene destinata a concentrarsi su particolari tematiche sociali, induce

preliminarmente a illustrare la situazione demografica complessiva del nostro Paese,

anche al fine di delimitare, in modo chiaro e preciso, il nostro specifico campo di indagine.

1.1. Situazione generale

Va subito detto che la popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2010 risultava essere

complessivamente di 60.340.328 unità5.

Adottando il criterio di classificazione recentemente accreditato nell’ambito degli studi

demografici, è possibile esaminare la composizione delle varie fasce di età individuate

dall’Istituto nazionale di statistica: la prima, da 0 a 19 anni, pari a 11.445.298 unità (ca. 19

%), ripartite tra 5.887.592 maschi e 5.557.706 femmine; la seconda, da 20 a 35 anni, di

11.783.904 unità (ca. 20 %), distinte in 5.958.373 maschi e 5.825.531 femmine; la terza, da

36 a 64 anni, di 24.904.656 unità (ca. 41 %), ripartite in 12.302.903 maschi e 12.601.753

femmine.

Infine, la fascia, costituita dagli anziani, dai 65 anni di età in su, pari a 12.206.470 persone

(ca. 20 %), di cui 5.138.535 maschi e 7.067.935 donne.

(fonte: Istat)

5 I dati si riferiscono alla popolazione residente, ossia debitamente iscritta in anagrafe, sia essa di

nazionalità italiana, straniera o apolide e sono tratti dal sito http://demo.istat.it.

Struttura per fasce di età della popolazione reside nte al 1° gennaio 2010

da 0 a 19 anni 19%

da 20 a 35 anni 20%

da 36 a 64 anni41%

da 65 anni in su20%

da 0 a 19 anni

da 20 a 35 anni

da 36 a 64 anni

da 65 anni in su

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Il ricorso ad una rappresentazione grafica consente di individuare la distribuzione

regionale della popolazione per fasce d’età.

Struttura per età e per regione (comprese province autonome) della popolazione residente al 1° gennaio 2010

01020304050607080

0-14 anni 15-64 anni 65 anni e oltre

2010

Fasce di età

Per

cen

tual

i

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trent ino-Alto Adige

Bolzano-Bozen

Trento

Veneto

Fri uli-Venezia Giulia

Liguria

Emilia-Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sic ilia

Sardegna

Secondo l’Istat 6, nel corso del 2010 si è registrato un incremento totale della popolazione

in misura pari a 4,3 per mille residenti (+4,9 per mille nel 2009). Tale incremento è dato

dalla somma del saldo naturale (-0,5 per mille), del saldo migratorio netto con l’estero (+6

per mille) e del saldo migratorio interno e per altri motivi (-1,2 per mille). In Italia, alla fine

del 2010, quindi, considerato l’avvenuto incremento di 261 mila unità, la popolazione

totale risulta di 60 milioni 601 mila residenti.

Peraltro, nella illustrazione delle stime anticipate dei principali indicatori demografici per

l’anno 2010, l’Istat avverte che “la dinamica migratoria è ancora una volta determinante

ai fini della crescita demografica. Il saldo migratorio netto con l’estero si mantiene sui

livelli del 2009, risultando pari al 6,0 per mille. I cittadini stranieri residenti, pari a oltre 4

milioni e mezzo, sono in costante aumento e costituiscono il 7,5% del totale”. Inoltre, la

diminuzione della popolazione di cittadinanza italiana, riscontrata ormai per il quarto

anno consecutivo, risulta compensata parzialmente dagli acquisti di cittadinanza italiana

(+ 64 mila).

1.2. Le classi “giovani”

Definito il quadro demografico di riferimento, è possibile procedere alla individuazione

della componente giovane, che, come osserva il demografo Pierpaolo Bonerba, si

inquadra attualmente in due classi, rispettivamente l’una (classica) 0-14 e l’altra

(moderna) 0-35 anni. Quest’ultima si divide in due sottoclassi, ovvero la prima 0-19

6 Istat, Indicatori demografici, Anno 2010 (24 gennaio 2011). Il testo citato è consultabile sul sito

www.istat.it.

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(identificabile con la “pseudo popolazione scolastica”) e la seconda 20-35 anni, più

variegata e composta dai giovani impegnati in varie attività come studio universitario, o

percorsi formativi e lavori precari ecc..7

Alla stregua dei dati forniti dall’Istat, con riferimento alla popolazione residente al 1°

gennaio 2010, è da rilevare che la fascia di età da 0 a 18 anni ammonta a 10.831.152,

ripartiti tra maschi (5.571.117) e femmine (5.260.035). Invece, la fascia da 18 a 35 anni,

per lo stesso arco di tempo considerato, è di 13.001.577, che risultano distribuiti tra

6.586.426 maschi e 6.415.151 femmine.

Assumendo un arco temporale triennale recente (2008-2010), è utile illustrare la

distribuzione della popolazione nel tempo per età e territorio regionale, attraverso la

sottostante tabella, sulla base dei dati resi disponibili dall’Istat.

Struttura per età della popolazione al 1° gennaio – Anni 2008-2011 (valori percentuali)

2008 2009 2010REGIONI 0-14

anni15-64

anni65 annie oltre

0-14anni

15-64anni

65 annie oltre

0-14anni

15-64anni

65 annie oltre

Piemonte 12,6 64,7 22,7 12,7 64,6 22,7 12,8 64,4 22,8

Valle d'Aosta 13,5 65,9 20,6 13,7 65,6 20,7 13,9 65,3 20,8

Lombardia 13,9 66,3 19,9 14,0 66,0 19,9 14,1 65,8 20,1Trentino-AltoAdige 16,0 65,8 18,1 16,0 65,6 18,4 16,0 65,5 18,6

Bolzano-Bozen 16,8 66,0 17,2 16,7 65,7 17,5 16,6 65,6 17,9

Trento 15,3 65,6 19,0 15,3 65,5 19,2 15,3 65,4 19,3

Veneto 14,0 66,4 19,5 14,1 66,2 19,7 14,2 65,9 19,9Friuli-VeneziaGiulia 12,2 64,7 23,1 12,4 64,4 23,2 12,5 64,1 23,4

Liguria 11,2 62,0 26,8 11,3 61,9 26,8 11,4 61,7 26,8

Emilia-Romagna 12,8 64,6 22,6 13,0 64,5 22,5 13,2 64,4 22,4

Toscana 12,4 64,4 23,3 12,5 64,2 23,3 12,6 64,1 23,2

Umbria 12,6 64,2 23,2 12,7 64,1 23,2 12,8 64,0 23,1

Marche 13,1 64,4 22,5 13,2 64,3 22,4 13,3 64,3 22,4

Lazio 13,9 66,5 19,6 14,0 66,4 19,7 14,0 66,3 19,8

Abruzzo 13,2 65,6 21,3 13,1 65,7 21,2 13,0 65,7 21,3

Molise 12,9 65,2 21,9 12,7 65,4 21,9 12,6 65,5 21,9

Campania 17,0 67,4 15,7 16,7 67,4 15,9 16,5 67,5 16,0

Puglia 15,3 67,0 17,8 15,1 66,9 18,0 14,9 66,8 18,2

Basilicata 13,9 66,1 20,0 13,7 66,2 20,1 13,5 66,4 20,1

Calabria 14,7 66,8 18,5 14,5 66,9 18,6 14,4 66,9 18,7

Sicilia 15,7 66,1 18,2 15,4 66,2 18,3 15,3 66,3 18,4

Sardegna 12,5 69,1 18,4 12,4 68,9 18,7 12,3 68,6 19,1

7 Vedi: www.ba2015.org.

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ITALIA 14,0 65,9 20,0 14,0 65,8 20,1 14,1 65,7 20,2

Nord 13,4 65,4 21,2 13,5 65,3 21,2 13,6 65,0 21,3

Nord-ovest 13,3 65,4 21,4 13,4 65,2 21,4 13,5 65,0 21,5

Nord-est 13,6 65,5 21,0 13,7 65,3 21,0 13,8 65,1 21,1

Centro 13,2 65,4 21,4 13,3 65,3 21,4 13,4 65,2 21,5

Mezzogiorno 15,4 66,9 17,8 15,2 66,9 17,9 15,0 66,9 18,1

Sud 15,6 66,9 17,5 15,4 66,9 17,7 15,2 67,0 17,8

Isole 14,9 66,9 18,3 14,7 66,9 18,4 14,6 66,9 18,6(Fonte: Istat)

Le analisi dell’Istat offrono, inoltre, una tripartizione nella classificazione della popolazione

in tre fasce di età, rispettivamente 0-14, 15-64, 65 anni e oltre, che fa emergere nella

fascia intermedia quella che viene definita la “popolazione in età attiva”. Le rimanenti

confluiscono, per esclusione, nella cosiddetta “popolazione in età non attiva.

Indicatori strutturali della popolazione residente al 1° gennaio 2011 per regioni (stima)

(Fonte: Istat)

Prendendo in considerazione i tre citati raggruppamenti nell’ultimo decennio, è possibile

rilevare:

- un aumento della quota delle persone fino ai 14 anni di età di 348 mila unità, che si

traduce in una percentuale del 14% del totale, a differenza del 14,3% registrato nel

2001;

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- un aumento 1,8 milioni delle persone nella fascia di 65 anni e oltre, che passa dal

18,4% (2001) al 20,3% (2011);

- un incremento notevole (1 milione 456 mila unità) è riscontrabile anche, nello stesso

periodo di tempo, nella popolazione in età attiva, benché rispetto al 2001 essa

presenti un minor peso percentuale (65,7% a fronte del 67,3%).

Variazione demografica nel periodo 2001-2011

da 0 a 14 anni

da 15 a 64 anni

da 65 anni in su

0

500.000

1.000.000

1.500.000

2.000.000

da 0 a 14 anni da 15 a 64 anni da 65 anni in su

Fasce di età

Incr

emen

ti

Aumento

La rilevante consistenza quantitativa della componente “giovane” della popolazione

residente è determinata dal concorso di tre fattori principali:

1. la relativa esiguità della componente infantile, a causa del calo delle nascite;

2. l’aumento della popolazione anziana;

3. l’aumento della presenza degli stranieri (prevalentemente giovani).

Per quanto concerne il primo aspetto, è da sottolineare un saldo negativo, per il quarto

anno consecutivo, nella differenza tra nascite e decessi. Il tasso di natalità risulta di 9,2 per

mille residenti. Non a caso a differenza del 2009 si registrano 12.200 nascite in meno.

Nonostante i nati da madri di cittadinanza italiana costituiscano ancora una parte

prevalente, è ormai innegabile un non indifferente contributo delle donne straniere, alle

quali è stato rimesso il compito di sostenere la fecondità nazionale, la cui riduzione è,

invece, da addebitare soprattutto alle italiane.

Inoltre, l’incremento continuo della popolazione anziana determina nel tempo la crescita

progressiva della età media della popolazione. Basti pensare, a proposito, al passaggio da

41,7 anni nel 2001 a 43,5 nel 2011 8.

8 Sull’incidenza della popolazione anziana, vedasi anche, in questa collana, “Gli anziani in Italia, aspetti

demografici e sociali ed interventi pubblici”. Febbraio 2010

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1.3. Popolazione residente straniera

Ai fini della nostra indagine, la distinzione tra italiani e stranieri risulta decisamente

condizionata dall’adozione o meno del criterio discretivo dell’età, per effetto della

prevalenza massiccia di giovani, fra gli immigrati, con una significativa concentrazione

nella fascia 18-39 anni, presente in tutte le regioni con lievi differenze. Per una lettura

dettagliata della distribuzione territoriale si veda la seguente tabella:

(Fonte: Istat)

Le immagini sottostanti rappresentano infine, rispettivamente, la presenza puntuale di

stranieri nelle diverse località (in azzurro) e la relativa percentuale (in marrone) rispetto

alla popolazione nazionale.

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E’ evidente, dalle due cartine, che la preferenza degli stranieri per le aree del Centro-Nord

più sviluppate del Paese diventa ancora più marcata nelle località in cui risulta più bassa la

densità della popolazione nazionale. E’ emblematica, a questo riguardo, la situazione del

Piemonte (con Valle d’Aosta e Liguria) e della Toscana (con alto Lazio e Umbria) dove gli

stranieri sembrano aver occupato aree abbandonate dai nazionali.

Al contrario, a Napoli e Salerno, la pur marcata presenza di stranieri quasi si confonde

nella elevata densità di presenza dei nazionali.

L’età media degli stranieri residenti è di 31,8 anni; il 22 % è rappresentato da bambini e

ragazzi fino a 17 anni di età, ed il 68,5 % ha meno di 40 anni di età. Nelle regioni del Nord,

l’età media scende a 31,1 anni e la percentuale dei minori sale al 23,5 %.

Come osserva l’Istat “a fronte di un tasso di incidenza medio del 7,5%, i minori stranieri

incidono per il 9,8% del totale (un minore straniero ogni dieci minori), mentre quelli di età

compresa tra i 18 e i 39 anni incidono per il 12,7% (uno straniero ogni otto residenti). Il

fenomeno è oltremodo marcato nelle regioni centro-settentrionali. In Lombardia si ha un

minore straniero ogni otto minorenni e un adulto straniero ogni cinque adulti 18-39enni”9.

9 Istat, Indicatori demografici, Anno 2010 (24 gennaio 2011).

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2. I giovani e lo stato dell’economia

Una delle voci più importanti della relazione periodica delle Prefetture U.T.G. sullo stato

delle province è sempre stata quella sull’andamento dell’economia. Da qualche anno,

inoltre, le relazioni stesse si avvalgono di indicatori socio-economici realizzati con la

collaborazione scientifica dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, che ne hanno affinato le

potenzialità di analisi.

Incoraggiati dai buoni risultati ottenuti, grazie ai quali si è potuto produrre, con la

collaborazione dello stesso Istituto Tagliacarne due dei “Quaderni di Documentazione” più

apprezzati dell’ultimo anno 10

, per il 2010 si è pensato di arricchire ulteriormente la

ricerca, compiuta sempre con la medesima collaborazione scientifica, focalizzando

l’attenzione sull’andamento della crisi di quest’ultimo biennio, con particolare riguardo

all’occupazione giovanile.

Ne è risultato un quadro difficile, sia pure con qualche elemento incoraggiante, che si

espone qui di seguito, ma che si è voluto arricchire con uno specifico “focus”

sull’imprenditoria giovanile, anche in relazione ad alcune indicazioni incoraggianti

provenienti da un’agenzia specializzata 11

.

Si è ritenuto, inoltre, di completare la ricerca consultando ripetutamente gli indicatori

Istat, fino alla pubblicazione delle stime complessive per l’anno 2010, avvenuta il 1°

febbraio scorso 12

.

2. 1. Elementi di valutazione emersi

dalle relazioni delle Prefetture U.T.G.

Dalle relazioni periodiche del 2010, riferite, ovviamente, a dati dell’anno precedente, ma

già proiettate all’anno in corso, è emersa subito la straordinaria criticità dell’anno di

riferimento, con livelli di disoccupazione o sottoccupazione pericolosamente elevati,

10

“Economia ed occupazione – lo stato delle province in Italia – dicembre 2009” e “Linee di tendenza nella

situazione socioeconomica delle province – marzo 2010”, reperibili in formato pdf sul sito web della

Scuola: http://ssai.interno.it .

11 Comunicato stampa di Infocamere del 15 luglio 2010, riportato più avanti.

12 Istat “Occupati e disoccupati – dicembre 2010 – stime provvisorie”, reperibile sul sito web: www.istat.it .

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soprattutto nella fascia da 15 a 25 anni, spesso ampliata fino ai 35, dovuti essenzialmente

a due fattori: nella prima fase, decisamente recessiva, la più agevole riduzione dei posti di

lavoro meno “protetti” (gran parte dell’occupazione giovanile di questi ultimi anni era,

infatti, dovuta a rapporti di lavoro “atipici” ed a tempo determinato) e, nella seconda fase,

di timida ripresa, l’estrema prudenza del mondo imprenditoriale a procedere a nuove

assunzioni.

Secondo quanto riferito da molte Prefetture anche i tentativi volti a stimolare la

realizzazione di nuove imprese di giovani, pur accompagnate da iniziative regionali di

sostegno, hanno risentito negativamente - nel 2009 - della crisi generale dell’economia ed

hanno avuto un successo inferiore alle aspettative.

Si è venuto, quindi, ad ampliare, nell’anno di riferimento, l’area già consistente di “non

occupazione” giovanile che sembra avere alimentato, da una parte, ampi strati di

sottoccupazione, spesso irregolare o “in nero”, e, dall’altra, soprattutto nelle aree più

sviluppate, una netta propensione all’inattività o alla ”attesa” di un impiego confacente

alle proprie aspettative ed al proprio livello di istruzione.

In questa ampia area di “tempo sospeso” (che alcune ricerche indicano come

particolarmente significativa 13

), vi è chi prolunga oltre misura l’età della formazione, chi

si dedica a lavori saltuari, spesso “in nero”, a prevalente scopo di mantenimento, e chi,

infine viene riassorbito nell’ambito dell’indigenza o della devianza.

Come è agevole intendere, l’impatto sociale della crisi è, per questi aspetti, decisamente

importante e tale da costituire, esso stesso, un fattore critico rilevantissimo per lo

sviluppo del Paese.

I paragrafi che seguono, realizzati con la collaborazione scientifica dell’Istituto G.

Tagliacarne, attraverso la lettura degli indicatori economici e di quelli compilati dalle

Prefetture – U.T.G., mostrano nel dettaglio le criticità riscontrate, insieme ad alcuni

segnali di ripresa, confermando i caratteri diversificati e complessi del tessuto socio-

economico delle diverse aree del paese.

Una reportistica di dettaglio, provincia per provincia, basata sulle relazioni delle

Prefetture, viene fornita in appendice, su apposito supporto informatico, al fine di non

appesantire il testo del presente Quaderno.

13

Ricerca dell’Università Bocconi, Ricerca dell’Ires, citate da Prefettura UTG di Milano.

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I giovani e il mercato del lavoro

L’espansione della crisi economica nell’anno 2009, caratterizzata da un consistente

degrado dei livelli produttivi e commerciali di industria e servizi, ha portato come

inevitabile conseguenza l’incremento della disoccupazione, i cui effetti negativi sono stati

in gran parte fronteggiati attraverso il ricorso, assolutamente straordinario per durata ed

ammontare, agli ammortizzatori sociali.

In tale contesto, si è innestata la difficile condizione lavorativa dei giovani, oltremodo

penalizzati dagli effetti della recessione. Se su scala nazionale si è registrato

complessivamente un aumento di 1,1 punti percentuali rispetto al 2008 dell’esplicativo

tasso di disoccupazione (pari al rapporto fra persone in cerca di occupazione e le

corrispondenti forze di lavoro), ben più rilevanti sono risultate le variazioni per la

popolazione di età comprese tra i 15 e i 24 anni (addirittura +4,1 punti percentuali) e tra i

25 e i 29 anni (+2,2 punti percentuali).

Analoghe conclusioni possono essere tratte dall’analisi del tasso di occupazione (rapporto

fra gli occupati e la popolazione attiva), per il quale la diminuzione tra i due anni

dell’occupazione giovanile è circa 3 volte superiore al valore registrato a livello nazionale.

Nel dettaglio territoriale, spicca la difficile condizione del Mezzogiorno, dove in gran parte

delle province i giovani tra i 15 e i 24 anni che lavorano non raggiungono il 20% della

popolazione attiva, mentre per la fascia 25-29 anni difficilmente si rilevano tassi di

occupazioni superiori al 50%.

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Le criticità in abito occupazionale messe in evidenza dai già citati dati Istat sulle forze di

lavoro sono state confermate dalle percezioni sul territorio in termini forse ancora più

preoccupanti: infatti, se da un lato il livello della disoccupazione è stato valutato come

“grave” o “preoccupante” nella quasi totalità delle province (84,7%, in aumento di oltre 14

punti percentuali rispetto al 2008), dall’altro la condizione dell’occupazione è risultata non

soddisfacente per una quota altrettanto cospicua (81,7%, +13,2 punti percentuali rispetto

all’anno precedente).

Uno scenario di questo tipo ha inciso ovviamente anche sulla ricerca di una prima

occupazione, per la quale si è manifestata una tendenza negativa in 3/4 dei territori

provinciali, con particolari criticità concentrate nell’area meridionale del Paese (province

di Napoli, Nuoro, Agrigento, Siracusa, Brindisi, Rovigo, Palermo, Massa-Carrara, L'Aquila,

Verbania e Caltanissetta), mentre sono risultate in incoraggiante controtendenza alcune

delle province del Nord-Est.

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Il delicato momento dell’economia italiana ha avuto risvolti anche sulla diffusione del

lavoro irregolare, il quale ha svolto, soprattutto nel Mezzogiorno, il ruolo di vero e proprio

ammortizzatore contro la crisi finanziaria delle famiglie, minando, però, sensibilmente,

l’affidamento sulle reali possibilità di restituzione alla legalità delle diverse situazioni

irregolari. Livelli di particolare allarme si sono registrati nelle province di Pisa, Lecce e

Palermo, sebbene comunque gli uffici territoriali definiscano preoccupanti le situazioni in

un ulteriore 51,2% delle province, quota grosso modo invariata rispetto all’anno 2008.

Le problematiche, in verità non particolarmen-

te accentuate, circa lo sfruttamento minorile

come supporto a buon mercato per le attività

produttive, sono rimaste, invece, relegate ad

un limitato insieme di territori principalmente

concentrati nel Sud Italia, per quanto si siano

manifestate isolate criticità anche in parte delle

province del Centro-Nord.

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Gli interventi di sostegno

Alla contrazione delle assunzioni a tempo indeterminato non ha fatto da contraltare una

maggiore diffusione del ricorso al lavoro flessibile: tale regolamentazione del mercato del

lavoro, alla luce delle percezioni delle Prefetture-UTG, ha prodotto infatti risultati

trasversalmente poco confortanti, come si evince dalla rappresentazione cartografica:

circa il 76% di valutazioni tutt’altro che soddisfacenti.

Tali considerazioni sono state sostanzialmente confermate dagli indicatori relativi alla

tipologia di contratti, per i quali si è registrato un non trascurabile aumento rispetto

all’anno precedente (pari a 15 punti percentuali) della quota di insoddisfazione e,

soprattutto, dai dati Istat di cui si dirà al termine della presente esposizione.

L’erogazione di sussidi di disoccupazione come strumento per far fronte alla particolare

congiuntura del mercato del lavoro è sembrata, poi, non del tutto sufficiente a mitigare gli

effetti negativi della crisi: si rilevano condizioni di particolare sofferenza che si

distribuiscono in modo piuttosto omogeneo nella Penisola (e prevalentemente nelle

province di Macerata, Matera, Bologna, Cremona, Taranto, Avellino, Napoli, Cuneo,

Catanzaro, Forlì-Cesena, Lecce, Verbania, Trapani, Massa-Carrara), benché comunque

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siano presenti zone, soprattutto al Nord-Est, in cui il tessuto economico ha tenuto e

conseguentemente non si riscontrano problemi in riguardo a questo tipo di

ammortizzatori.

2. 2. L’imprenditoria giovanile

Un discorso a parte va fatto per l’imprenditoria giovanile, sia pure di piccola o piccolissima

caratura, quale generalmente si profila in alternativa alla rarefazione di altre opportunità

lavorative.

Al fine di agevolare la ripresa dei comparti produttivi e la creazione di nuovi posti di

lavoro, alcune amministrazioni locali hanno offerto supporti all’imprenditoria giovanile

attraverso la costituzione e lo stanziamento di fondi di garanzia, la concessione di

contributi e l’istituzione di comitati.

La presenza più o meno rilevante delle sopracitate agevolazioni ha favorito lo sviluppo di

nuove attività economiche in oltre il 42% delle province italiane, evidenziando particolari

eccellenze nei territori di Lodi e Piacenza; di contro, emergono criticità nel restante 50%

del Paese, in questo caso non eccessivamente concentrate nel Meridione.

Quanto appena detto circa le indicazioni provenienti dalle Prefetture UTG ha trovato

conferma nelle segnalazioni delle Camere di commercio, industria, agricoltura e

artigianato, e, particolarmente, nel comunicato stampa di Unioncamere del 15 luglio 201014, di cui si riporta qui di seguito il periodo centrale:

14

Il comunicato completo è rinvenibile in http://www.infocamere.it – Comunicato stampa del 15.7.2010.

Cfr, nella tavola finale, i dati provinciali delle nuove iscrizioni, delle cessazioni e dei tassi di crescita.

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“Tra aprile e giugno … il bilancio anagrafico delle imprese italiane è stato positivo per

47.221 unità (lo 0,78% in più). Si tratta del miglior risultato nel II trimestre degli

ultimi otto anni, dopo quello del 2004 (che risultò maggiore di 2.013 unità). Il saldo

del trimestre è frutto di un significativo aumento delle nuove iscrizioni, pari a

107.306 unità (9.465 in più rispetto al corrispondente trimestre dell’anno

precedente) e di una più significativa diminuzione delle cessazioni, scese a 60.085

unità (9.750 in meno di quelle del II trimestre 2009). Il gioco dei due flussi riporta così

il tasso di crescita del periodo (+0,78%) ad avvicinarsi ai valori del 2004 e del 2005,

superando la serie poco brillante degli ultimi quattro anni. In particolare, è da notare

come mentre il flusso delle nuove iscrizioni appare consolidarsi su livelli ‘normali’,

quello delle cessazioni stia perdendo il carattere ‘emorragico’ degli ultimi due anni,

per ritornare ad un ritmo più fisiologico dei ricambi e delle sostituzioni.”

Secondo i dati di Infocamere risalenti al 2009, “il computo totale degli imprenditori di età

inferiore ai 29 anni è pari a 344.031, equivalenti a circa il 7% dei quasi 5 milioni di titolari o soci di

imprese italiane, e ripartiti in prevalenza in un sotto-insieme dei settori di attività economica

costituito da “Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione auto e motocicli”, “Costruzioni”,

“Attività di servizi di alloggio e ristorazione” e “Agricoltura, silvicoltura e pesca”, che racchiude

complessivamente quasi 7 giovani su 10; ne consegue una scarsa presenza di attività gestite da

under 30 nella gran parte dei restanti settori (si veda la tabella 1.1).“

Tab. 1.1 – Imprenditori di età inferiore ai 30 anni per settore di attività economica – Anno 2009

Classificaz ione Ateco 2007Giovani

imprenditori% sul totale dei giovani

A Agricoltura, silvicoltura pesca 32.062 9,32%

B Estrazione di minerali da cave e miniere 78 0,02%

C Attività manifatturiere 24.247 7,05%

D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz. 53 0,02%

E Fornitura di acqua; reti fognarie, att ività di gestione 309 0,09%

F Costruzioni 63.815 18,55%

G Commercio all'ingrosso e dettaglio; riparazione auto e motocicli 97.811 28,43%

H Trasporto e magazzinaggio 5.892 1,71%

I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 34.491 10,03%

J Servizi di informazione e comunicazione 6.689 1,94%

K Att ività finanziarie e assicurative 8.450 2,46%

L Attivita' immobiliari 10.552 3,07%

M Att ività professionali, scientifiche e tecniche 8.705 2,53%

N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese 9.797 2,85%

O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale 1 0,00%

P Istruzione 902 0,26%

Q Sanita' e assistenza sociale 1.623 0,47%

R Attività art istiche, sportive, di intrattenimento 3.638 1,06%

S Altre att ività di servizi 16.748 4,87%

T Att ività di famiglie e convivenze 0 0,00%

U Organizzazioni ed organismi extraterritoriali 0 0,00%

X Imprese non classificate 18.168 5,28%

TOTALE 344.031 100,00%

Fonte: Infocamere

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“Nel dettaglio dei comparti produttivi (Tab. 1.2), è il settore della sanità e dell’assistenza sociale ad

avere il tasso di giovani imprenditori15

più elevato (11,98%), e supera, in termini di scostamento

assoluto, di ben 5 punti percentuali la media nazionale. Seguono a loro volta i comparti relativi ai

servizi di alloggio e ristorazione e i servizi di noleggio, agenzie di viaggio e supporto alle imprese,

per i quali il rapporto tra giovani e totale è prossimo al 10%.

Se nel Meridione la quota degli imprenditori under 30 è, in modo trasversale, significativamente

maggiore di quella del resto dell’Italia, vi sono dei settori in cui queste differenze si accentuano

considerevolmente: basti pensare che per la fornitura di energia elettrica e per le attività

immobiliari i sopracitati rapporti risultano addirittura doppi rispetto alla media nazionale.”

Tab. 1.2 - Tasso di imprenditorialità giovanile per settore di attività economica e ripartizioni territoriali – 2009

Classificazione Ateco 2007 Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud ITALIAA Agricoltura, silvicoltura pesca 3,80% 2,45% 3,51% 4,38% 3,69%B Estrazione di minerali da cave e miniere 2,69% 2,80% 2,36% 2,55% 2,59%C Att ività manifatturiere 4,47% 4,20% 4,82% 6,45% 5,01%D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz. 4,10% 3,88% 5,44% 12,56%6,65%E Fornitura di acqua; reti fognarie, att ività di gestione 4,51% 6,04% 6,65% 6,69%6,06%F Costruzioni 9,41% 8,49% 8,66% 9,07% 8,95%G Commercio all'ingrosso e dettaglio; riparazione auto e motocicli 6,11% 5,40% 6,46% 9,09%7,23%H Trasporto e magazzinaggio 3,78% 3,33% 3,51% 5,27% 4,02%I Att ività dei servizi alloggio e ristorazione 9,59% 8,23% 8,81% 12,55% 9,94%J Servizi di informazione e comunicazione 8,17% 8,13%8,14% 12,38% 9,32%K Att ività finanziarie e assicurative 8,50% 7,37% 7,54% 10,16% 8,52%L Att ivita' immobiliari 5,59% 5,18% 5,91% 10,84% 5,91%M Attività professionali, scientifiche e tecniche 8,15% 7,62% 7,59% 9,90% 8,31%N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese 9,41% 8,78% 9,49% 11,20%9,83%O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale 0,00% 0,00% 0,00% 10,00%2,86%P Istruzione 5,96% 5,73% 6,35% 8,21% 6,85%Q Sanita' e assistenza sociale 8,63% 8,46% 10,22% 15,03%11,98%R Att ività art ist iche, sport ive, di intrattenimento 7,72% 6,36% 6,67% 12,54% 8,82%S Altre att ività di servizi 8,06% 7,11% 7,06% 9,18% 7,97%T Att ività di famiglie e convivenze 0,00% - - - 0,00%U Organizzazioni ed organismi extraterritoriali - - 0,00% - 0,00%X Imprese non classificate 7,85% 9,96% 10,20% 15,35%11,50%TOTALE 6,83% 5,69% 6,52% 8,29% 7,00%

Fonte: Infocamere

Su scala nazionale, nel corso dell’ultimo quinquennio si è assistito ad una considerevole

diminuzione (attestatasi intorno al 17%, Tab. 1.3) del numero di giovani imprenditori, ben più

corposa rispetto a quella relativa al totale degli imprenditori, che ha invece mostrato un calo più

contenuto (5,17%), segno che la crisi dei comparti produttivi del Paese ha penalizzato in maniera

più marcata lo sviluppo di nuove attività economiche. Anche dalle variazioni percentuali con l’anno

precedente emergono segnali poco confortanti, sottolineati da scostamenti compresi tra il -4,45%

del Nord-Ovest e il -6,59% del Nord-Est della componente giovanile.

15

Il tasso di imprenditorialità giovanile è calcolato come rapporto tra numero di imprenditori di età inferiore

ai 30 anni e totale degli imprenditori

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Tab. 1.3 – Giovani imprenditori e totale imprenditori per ripartizioni territoriali

Ripartizioni Giovani Totale Giovani Totale Giovani TotaleNord-Ovest 82.828 1.213.413 -4,45% -1,45% -14,34% -4,52%Nord-Est 59.926 1.053.706 -6,59% -1,78% -20,68% -5,99%Centro 65.787 1.009.485 -5,75% -1,28% -16,42% -4,02%Sud e Isole 135.490 1.634.974 -5,44% -1,80% -17,12% -5,83%ITALIA 344.031 4.911.578 -5,47% -1,60% -16,99% -5,17%

Variazione 2009-2005

Fonte: Infocamere

Anno 2009Variazione 2009-2008

Esplicativi, sotto questo punto di vista, risultano i grafici relativi alla serie storica 2005-2009, dai

quali si evince il netto trend negativo per entrambi i fenomeni rappresentati: se da un lato il totale

degli imprenditori ha subito un ridimensionamento mediamente pari a 70.000 unità l’anno,

dall’altro il calo degli under 30 in termini reali è stato in media di circa 18.000 unità, incidendo in

modo deciso sulla corrispondente quota totale.

Che il quadro complessivo abbia assunto contorni allarmanti è ulteriormente confermato

dall’intensità delle contrazioni tra il 2009 e l’anno precedente, in cui la dimensione della

componente giovanile dell’imprenditoria italiana ha registrato una riduzione superiore ai 5 punti

percentuali. A livello territoriale, bisogna evidenziare il vero e proprio collasso registratosi nel

versante Nord-Orientale del Paese, in cui nell’ultimo quinquennio oltre 1/5 dei giovani titolari o soci

ha abbandonato le redini della propria impresa, senza tralasciare il -6,59% evidenziato dell’ultimo

anno; tenuto conto delle notevoli diminuzioni in termini assoluti tra gli anni, il contesto d’insieme

del Nord-Est appare più complesso se si considera il tasso di imprenditorialità giovanile, che risulta

il più basso tra le macro-ripartizioni geografiche e attualmente inferiore al 6%.”

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“Tra il 2005 e il 2009 si è assistito ad una sorta di processo di invecchiamento della componente

dirigenziale delle imprese, causato della riduzione delle presenze di giovani negli organigrammi

aziendali. Mentre nel 2005 circa l’8% dei titolari o soci delle aziende era costituito da under 30, con

il passare degli anni questa quota si è progressivamente ristretta, fino ad arrivare al 7% del 2009. A

livello territoriale va comunque rimarcata la situazione del Mezzogiorno, la cui quota di giovani

imprenditori sul totale (ben 135.000 in valore assoluto) risulta la più alta in assoluto, l’unica al di

sopra della media nazionale tra le ripartizioni geografiche, e che nel periodo di origine della serie

storica si trovava addirittura oltre il 9%.

Il rapporto tra giovani titolari o soci e popolazione residente della medesima fascia di età è

pressoché omogeneo su tutta la Penisola (a livello nazionale si mantiene di poco al di sotto del 2%),

confermando che il ricambio generazionale in atto nell’imprenditoria del Sud non è influenzato da

una maggiore incidenza della componente giovanile sulla popolazione; la maggior quota di under

30 impegnati in ruoli di comando nelle aziende può rappresentare per il Meridione una risorsa per

il rinnovamento e il rilancio dei comparti produttivi, e un tentativo per colmare il gap economico

con il più sviluppato Settentrione.

Il dettaglio provinciale riportato nelle rappresentazioni cartografiche mette in evidenza sia

l’evoluzione nell’ultimo quinquennio della quota di giovani imprenditori, con differenziali tra i

territori piuttosto marcati, sia lo spaccato statico dell’ultimo anno. Se nel 2005 l’Italia si presentava

quasi esattamente suddivisa in due tronconi con una considerevole differenza in termini

percentuali del tasso di imprenditorialità giovanile tra Nord e Sud (ad eccezione di parte delle zone

centrali del Settentrione, tra cui spiccano in particolare i valori elevati delle province di Bergamo,

Lecco, Como, Lodi, La Spezia e Prato).”

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“A distanza di 5 anni, complice la fase di recessione economica del Paese, il numero delle province

con tasso di imprenditorialità giovanile superiore al 7,83% ha subito un drastico

ridimensionamento; viceversa, si assiste ad una diffusione a macchia d’olio delle realtà in cui la

quota di imprenditori under 30 non supera il 7% del totale, con sole 11 province appartenenti alla

classe più alta del tasso in questione (Frosinone, Isernia, Caserta, Napoli, Cosenza, Crotone,

Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Enna e Catania).”

2.3. I dati e le stime dell’ISTAT

Attesa l’importanza e la delicatezza del tema di questo “quaderno”, si è ritenuto di

integrare la documentazione con alcune delle pagine salienti del Rapporto annuale

dell’Istat sulla situazione del Paese nel 200916

, inserendo anche gli aggiornamenti via via

pubblicati e, particolarmente, le stime provvisorie per l’anno 2010, pubblicate dall’ Istituto

nazionale di statistica il 1° febbraio 201117

.

2.3.1. Rapporto Istat per il 2009

La veloce contrazione dell’attività economica provocata dalla crisi internazionale si è

tradotta, anche in Italia, come osservava l’Istat nel maggio 2010, in una “progressiva

diminuzione della quantità di lavoro impiegata nei processi produttivi, mediante riduzioni

16

“La situazione del Paese nel 2009” – Istituto nazionale di Statistica. Rapporto annuale – maggio 2010.

Reperibile sul sito web: www.istat.it.

17 Istat, Occupati e disoccupati, Dicembre 2010, Stime provvisorie. Reperibile sul sito web: www.istat.it.

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27

sia delle ore lavorate che dei lavoratori impiegati, con una progressiva accelerazione del

meccanismo di riduzione permanente degli addetti” 18

.

Tra l’inizio del 2008 e la fine del 2009 è stata calcolata una flessione di circa un milione di

unità, assorbendo quasi del tutto la fase espansiva precedente. Insieme al

ridimensionamento della base occupazionale, il 2009 ha fatto emergere la nuova

espansione del numero dei disoccupati che, nella media dell’anno, si è portato poco al di

sotto dei due milioni, ma che, a partire da gennaio 2010, ha superato quel livello.

Secondo i dati Istat dell’epoca, “nel nostro Paese, l’aumento del numero dei disoccupati

nel 2008 ha attraversato tutte le classi di età (Tavola 3.8): in misura maggiore gli

ultracinquantenni (19,3 per cento), seguiti dai 30-49enni (15,0 per cento) e dai giovani fino

a trent’anni (13,7 per cento). L’incremento dei giovani disoccupati è stato alimentato (per

il 26,3 per cento) anche dalla componente straniera, mentre quello degli ultracinquantenni

è da ascrivere in gran parte alla componente maschile autoctona”.

“La tendenza al rialzo dei tassi di disoccupazione giovanili – proseguiva l’Istat - non

costituisce una sorpresa: infatti, è questa la componente che nei periodi di recessione di

norma peggiora di più, perché meno protetta rispetto agli occupati adulti, e anche perché

impiegata in misura maggiore in lavori con contratti a termine, i primi a non essere

rinnovati nei periodi di crisi. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto,

nella media del 2009, il 25,4 per cento. Dopo i prodromi del 2008, nel corso del 2009 la

condizione giovanile è andata rapidamente peggiorando, con un progressivo allargamento

della forbice con il resto dei disoccupati fino a tutto il terzo trimestre, ritornando, nel

quarto, al divario di inizio anno.”

Circa gli effetti della crisi sull’occupazione giovanile, si riportano le pagine centrali del

Rapporto 19

:

“Nel 2009 il 13,1 per cento della popolazione (7,8 milioni) rientra nella fascia

giovanile (18-29 anni) 20

, la cui incidenza è andata progressivamente riducendosi, dal

14,6 per cento del 2004. Si tratta di 2,5 milioni di studenti, di 3,4 milioni di occupati

(di cui 287 mila inseriti in un percorso di studio) e di 1,9 milioni di giovani né studenti

né occupati.

18

Istat, “La situazione del Paese nel 2009” cit. pag. 83.19

Istat, doc. cit., pag. 140-142.

20 Fino ai 18 anni è scarsa in Italia la partecipazione al mercato del lavoro dei giovani in quanto sono in

larghissima parte inseriti in percorsi di istruzione. L’età dei 18 anni rappresenta quindi un punto di svolta

nel rapporto dei giovani italiani con il sistema di istruzione ed il mercato del lavoro. Infatti, dai 18 anni in

poi decresce ad un ritmo piuttosto forte la quota dei giovani in istruzione e parallelamente accelera

quella dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. D’altro canto, per l’Italia le difficoltà di inserimento

lavorativo si protraggono almeno fino alla soglia dei trent’anni, anche per effetto di un tardivo

conseguimento della laurea rispetto agli altri paesi europei (nota del Rapporto Istat).

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L’impatto della fase ciclica negativa sul composito aggregato della popolazione

giovanile ha determinato una significativa flessione degli occupati (300 mila in meno

rispetto all’anno precedente, il 79 per cento del calo complessivo dell’oc-cupazione),

un allargamento dell’area dei giovani non impegnati né in un lavoro né in un

percorso di studi (142 mila) e una crescita degli studenti (83 mila in più, cui se ne

aggiungono altri 47 mila che in precedenza erano studenti-lavoratori,

presumibilmente propensi a prolungare gli studi in ragione delle ridotte prospettive

occupazionali).

La diminuzione dell’occupazione giovanile, avviatasi nella seconda parte del 2008, ha

prodotto nel 2009 una sequenza di forti e consecutivi arretramenti tendenziali: dalle

271 mila unità del primo trimestre, alle 348 e 317 mila del secondo e terzo trimestre

fino alle 263 mila degli ultimi tre mesi del 2009.

Dato che la popolazione giovanile si è ridotta di 28 mila unità nel 2009, l’entità della

contrazione occupazionale appare ancora più preoccupante: il tasso di occupazione è

sceso in un solo anno al 44 per cento, dopo le moderate contrazioni intervenute nel

precedente quadriennio (dal 49,7 al 47,7 per cento). La caduta è di oltre tre volte

superiore a quella subita dal tasso di occupazione totale.

Tavola 1 – Occupati 18-29 anni per sesso, ripartizione geografica, titolo di studio, in istruzione

o non più in istruzione e tasso di occupazione – Anno 2009

(valori assoluti in migliaia, variazioni tendenziali assolute in migliaia e percentuali)

Con riguardo alle differenze di genere, tra i giovani in Italia il tasso di occupazione

maschile è di quattordici punti percentuali più elevato di quello femminile (51 e 37

per cento rispettivamente nella media 2009).

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Il Nord presenta un tasso di occupazione quasi doppio rispetto al Mezzogiorno (56,1

contro 30,4 per cento) e la caduta dell’occupazione, diffusa in tutto il territorio

nazionale, è stata relativamente più accentuata nelle regioni meridionali (-11,0

contro -7,1 per cento del Nord e -5,9 per cento del Centro), ancorché in termini

assoluti le differenze siano alquanto contenute (-120 mila contro -137 mila su base

annua).

Inoltre, la crisi accentua la tendenza discendente dell’occupazione giovanile con

basso titolo di studio, peggiora la condizione dei giovani in possesso di un diploma di

scuola media superiore e comprime la precedente crescita dei giovani lavoratori con

un livello di istruzione più elevato. In generale, nessun titolo di studio sembra essere

stato in grado di proteggere i giovani dall’impatto della crisi sull’occupazione,

comunque manifestatasi maggiormente per i giovani in possesso di un titolo di

studio non superiore alla licenza media (-11,4 per cento a fronte di variazioni del -6,9

e del -5,2 per cento, rispettivamente, per i titoli di studio medio e alto).

La riduzione delle opportunità occupazionali per i giovani con un basso livello di

istruzione è ormai presente da anni e i livelli di partecipazione al mercato del lavoro

sono molto bassi: nel 2009 il loro tasso di occupazione si è attestato al 38,8 per

cento, 4,5 punti percentuali in meno dell’anno precedente. Per i giovani in possesso

di un diploma il tasso di occupazione scende nel 2009 al 45,6 per cento, 3,2 punti

percentuali in meno rispetto all’anno precedente. Infine, per i giovani laureati il calo

è stato di 3,6 punti percentuali e ha portato il tasso di occupazione al 50,6 per cento

in media annua, anche se nel quarto trimestre l’indicatore è sceso fino al 48,9 per

cento (-4,9 punti percentuali su base annua).

L’impatto della crisi a livello settoriale si può riassumere nella flessione

occupazionale dell’11,9 per cento nell’industria in senso stretto (101 mila giovani in

meno, circa un terzo della flessione occupazionale giovanile), nell’intermediazione

monetaria e finanziaria (-18,0 per cento), nei trasporti e comunicazioni (-12,0 per

cento), nei servizi alle imprese (-8,6 per cento) e nel commercio (-64 mila unità, pari

al -9,0 per cento su base annua).

Le professioni qualificate sono quelle maggiormente coinvolte dal calo: -118 mila

unità, di cui 88 mila nel gruppo delle professioni tecniche. A fronte della significativa

crescita del 2008, è anche consistente (97 mila unità) la riduzione tendenziale delle

professioni impiegatizie e del commercio. Le professioni operaie e quelle non

qualificate proseguono il precedente andamento cedente, con un calo di 85 mila

unità.

Il 37 per cento della flessione occupazionale giovanile riguarda il lavoro atipico (-110

mila unità). La forte presenza di questa tipologia lavorativa nell’occupazione

giovanile (il 30 per cento della popolazione 18-29enne ha un lavoro atipico, a fronte

dell’otto per cento della restante parte della popolazione) ha certamente contribuito

al grave impatto che la crisi ha avuto sui giovani. Anche il lavoro standard accentua

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negli anni più recenti la tendenza già illustrata, con variazioni negative sostenute (-

7,6 per cento in media annua), soprattutto nel secondo semestre del 2009.

In base ai dati longitudinali dell’indagine, per ogni 100 giovani occupati nel primo

trimestre 2008 circa 15 transitano nella condizione di non occupato a distanza di un

anno (erano 10 un anno prima). Mentre gli operai, gli imprenditori e i liberi

professionisti registrano tassi di uscita verso la non occupazione non discosti dalla

media, i giovani collaboratori mostrano movimenti in uscita decisamente più elevati

(27 transitano nella non occupazione).

L’impatto della fase recessiva sui giovani occupati è diverso per quelli ancora inseriti

nel sistema educativo e quelli non più in istruzione: i primi sono 287 mila e

rappresentano il 10 per cento dei giovani in istruzione, anche se il ridotto numero dei

giovani che abbinano un’attività lavorativa allo studio determina il modesto

contributo fornito alla flessione occupazionale (16 per cento del totale). La discesa

relativa dell’occupazione tra 2008 e 2009 di questo segmento è rapida (-14,2 per

cento, pari a 48 mila unità), quasi doppia rispetto a quella che ha colpito il gruppo

dei giovani che sono esclusivamente impegnati in un’attività lavorativa. La riduzione

dell’occupazione dei giovani impegnati in attività di studio si è concentrata in misura

pressoché esclusiva nelle forme di lavoro atipiche e part time (88 per cento del calo

complessivo).

I giovani occupati e impegnati anche in un percorso di studio hanno lavori meno

stabili: uno su due è impiegato con lo stesso datore di lavoro da più di un anno (per

quelli occupati ma fuori dal sistema di istruzione il rapporto è di tre su quattro). Il

lavoro parzialmente standard (part time con durata non predeterminata) investe

circa il 24 per cento dei giovani in istruzione, contro il 9 per cento dei giovani

occupati fuori dagli studi. Inoltre, un giovane studente lavoratore ogni due ha un

occupazione atipica (uno su quattro per i giovani occupati non più in istruzione).

Le scarse prospettive occupazionali indotte dalla fase recessiva potrebbero avere

spinto una parte dei giovani a proseguire il percorso di studi o a tornare in istruzione,

tant’è vero che i giovani studenti crescono nel 2009, rispetto a un anno prima, di 83

mila unità (3,1 per cento). Nell’ultimo decennio l’incremento dei giovani in istruzione

è ininterrotto, in ragione di una progressiva tendenza al prolungamento degli studi

sulla quale incide la riforma scolastica prima (con l’innalzamento dell’età

dell’obbligo) e quella universitaria poi (con l’introduzione delle lauree brevi).

L’incidenza degli studenti 18-29enni sulla corrispondente popolazione, pari nel 2004

al 30,4 per cento, raggiunge il 35 per cento nel 2009, con una crescita

particolarmente significativa nel corso dei primi tre trimestri (Figura 1).

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Figura 1 – Giovani 18-29 anni occupati, in istruzione né occupati né in istruzione – Anni 2007-2009

(variazioni tendenziali assolute in migliaia)

In base ai dati longitudinali, aumenta il flusso in entrata nella condizione di studente

alimentato dai giovani occupati che perdono il lavoro e si orientano allo studio: nel

primo trimestre 2009, per ogni 100 giovani studenti, 7,7 provengono dalla condizione

di occupato di un anno prima (erano 4 nel 2008). Questo è vero tanto nel Nord

quanto nel Mezzogiorno. Anche gli studenti che restano studenti fanno registrare un

lieve aumento. Entrambe le circostanze corroborano l’ipotesi che il sistema di

istruzione svolga una funzione di ammortizzatore sociale: d’altra parte, la

permanenza nel sistema d’istruzione favorisce la qualificazione professionale e

quindi incrementa le opportunità di inserimento o reinserimento nel mercato del

lavoro.

Qualora però la crisi dovesse perdurare, i costi della formazione potrebbero spingere

all’abbandono e a migrare verso il collettivo dei giovani non impegnati in attività

lavorative o di studio. Nel 2009, i giovani 18-29 anni fuori dal circuito istruzione-

occupazione sono aumentati rispetto al 2008 di 142 mila unità, con un netto

incremento dell’incidenza di questi sul totale dei giovani dopo un biennio, nel quale il

valore era rimasto piuttosto stazionario.”

2.3.2. Primo aggiornamento 2010

Si riporta qui di seguito il testo del Comunicato Istat diffuso il 24 giugno 2010 sullo stato

dell’occupazione nel primo trimestre 2010:

“Nel primo trimestre 2010 il numero di occupati risulta pari a 22.758.000 unità

segnalando un calo rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente pari allo 0,9%

(-208.000 unità). Al protrarsi del forte calo dei dipendenti a tempo indeterminato si

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contrappone la sostanziale battuta d’arresto della caduta del lavoro temporaneo

(dipendenti a termine e collaboratori) e il consolidamento dell’occupazione a orario

ridotto.

Il tasso di occupazione è pari al 56,6%, con una flessione di otto decimi di punto

percentuale rispetto al primo trimestre 2009, mentre il numero delle persone in cerca

di occupazione raggiunge 2.273.000 unità (+291.000), con un aumento del 14,7%

rispetto al primo trimestre 2009. L’incremento della disoccupazione si concentra

ancora una volta nel Centro-nord e tra gli individui che hanno perso la precedente

occupazione.

Alla crescita della disoccupazione si accompagna un moderato incremento degli

inattivi (85.000 mila unità), sintesi di una lieve riduzione delle non forze di lavoro

italiane e di una ulteriore crescita di quelle straniere.

Il tasso di disoccupazione è pari, nella media del primo trimestre, al 9,1% (7,9% nel

primo trimestre 2009).” 21

2.3.3. Aggiornamento Istat di fine 2010

Dalle stime più recenti pubblicate dall’Istituto nazionale di statistica22

risulta che il numero

di occupati a dicembre 2010 (dati destagionalizzati) è invariato sia rispetto a novembre

2010 sia su base annua. Il tasso di occupazione, pari al 57 per cento, rimane stabile

rispetto a novembre dello stesso anno ed in riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto allo

stesso periodo dell’anno precedente.

Emerge, inoltre, (v. tabella 1 nella pagina seguente) che il numero delle persone in cerca di

occupazione a dicembre 2010 è in diminuzione dello 0,5 per cento rispetto a novembre,

ma in aumento del 2,5 per cento rispetto a dicembre 2009.

Il tasso di disoccupazione, pari all’8,6 per cento, rimane stabile rispetto a novembre; in

confronto a dicembre 2009 il tasso di disoccupazione registra un aumento di 0,2 punti

percentuali.

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni a dicembre 2010 aumenta dello 0,1

per cento rispetto sia a novembre sia a dicembre 2009. Il tasso di inattività, pari al 37,6

per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in diminuzione rispetto a dicembre

2009 (-0,1 punti percentuali).

21

In www.Istat.it – calendario dei comunicati 2010.

22 Istat, Occupati e disoccupati, Dicembre 2010, Stime provvisorie. Reperibile sul sito web: www.istat.it

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Tralasciando ogni altra indicazione, qui preme rilevare che, secondo l’Istat, i dati relativi

alle stime mensili dei principali indicatori del mercato del lavoro derivanti dalle rilevazioni

sulle forze di lavoro mostrano che nel mese di dicembre 2010 il tasso di disoccupazione

giovanile (15-24 anni) è salito al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al

mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009, segnando così un

nuovo record negativo.

Si tratta del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del

2004. Come segnalano gli stessi tecnici dell'Istituto di statistica, il dato sulla

disoccupazione giovanile è l'unico indicatore negativo in un quadro generale piuttosto

confortante. "A chiusura del 2010 le condizioni del mercato del lavoro appaiono un po' più

serene - rilevano gli statistici -, da autunno l'occupazione ha smesso di scendere e la

disoccupazione nell'ultimo bimestre, novembre e dicembre, ha preso a calare. L'unico

elemento che stona è la disoccupazione giovanile, che ancora una volta torna a scalare

posizioni, segnando un nuovo record".

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3. Il “disagio giovanile”

Delle tensioni proprie della adolescenza e della prima giovinezza, delle difficoltà dei

percorsi di crescita ed, in definitiva, del “disagio giovanile” si è scritto e si scrive tanto e

numerosissime sono anche le ricerche quantitative sulle tante diverse manifestazioni di

quel “disagio” e, tuttavia, le sollecitazioni a scandagliare ancora un mondo che malgrado

tutto non riusciamo a comprendere appieno si presentano ogni giorno, tant’è che in molte

province ed in molte regioni sono stati istituiti specifici Osservatori sul “disagio giovanile”.

Oggi, se vogliamo, c’è un motivo in più per conoscere: ed è quello di una riflessione sui

“rischi aggiuntivi” che potrebbero essere connessi alla crisi economica e, più in generale,

sugli effetti della “rivoluzione occupazionale” (il sostanziale indebolimento della

prospettiva del lavoro “fisso”, a tempo indeterminato, spesso presso un unico datore di

lavoro, a favore di una “prospettiva di mobilità” capace di incidere anche sugli stili di vita)

che in Europa precede largamente la “crisi”, ma che questa ha inevitabilmente posto alla

ribalta in modo particolarmente crudo.

Certamente quello che si è detto sull’andamento della crisi economica ancora in atto e

sugli effetti che essa sta avendo sulle opportunità dei giovani di accesso al mercato del

lavoro è in gran parte scoraggiante e, se dovessimo valutare le responsabilità delle scelte

strategiche avviate sin dalla fine degli anni ’80 solo attraverso questo parametro finiremo,

forse, con il darci un giudizio fortemente negativo.

Ma un tale giudizio è, tutto sommato, ingiustificato. La crisi economica è un fatto

contingente; la disoccupazione/inoccupazione giovanile, per quanto ampia, giunge dopo

un periodo importante di sviluppo e di livello occupazionale elevati, come nei decenni

passati non si erano mai visti e le nuove povertà colpiscono i giovani molto meno delle

persone di età matura o degli anziani.

Per ora il sentimento prevalente fra i giovani non sembra quello del ripiegamento su

aspettative e stili di vita meno ambiziosi o più austeri, ma, ancora, di attesa per un

dispiegamento pieno di potenzialità ritenute elevate.

Intanto è nostro impegno registrare, in questa parte del “report”, alcuni elementi

sintomatici del “disagio giovanile” propri dell’esperienza delle cose che maggiormente

attirano l’attenzione dell’Amministrazione dell’Interno. Si tratta di fenomeni quali la

delittuosità, l’abuso di alcol o di stupefacenti che non sono tipici delle face di età qui in

argomento e di cui, tuttavia, è interessante esaminare l’incidenza, o di altri quali la fuga

dal proprio domicilio, la dispersione scolastica, l’abuso sui minori, specifici e di significativo

interesse.

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I paragrafi che seguono, realizzati, in parte, attraverso le risorse scientifiche interne e, in

parte, attraverso la collaborazione di altre Istituzioni, mostrano nel dettaglio le criticità

riscontrate, insieme ad alcuni segnali positivi, confermando i caratteri diversificati e

complessi del tessuto sociale delle diverse aree del paese.

Una reportistica di dettaglio, basata sulla relazione delle Prefetture UTG del 2010 sullo

stato delle province, viene fornita in appendice, su apposito supporto informatico, al fine

di non appesantire il testo del presente Quaderno.

3.1 La situazione dei minori nella

relazione 2010 delle Prefetture-UTG

Anche per il 2009, la relazione delle Prefetture UTG sullo stato delle province ha dedicato,

come di consueto, una voce dell’area “Sociale” al tema dei minori.

Al riguardo gli indicatori di percezione, pur mantenendo una maggioranza di valutazioni

complessivamente positive, segno della diffusa percezione che le criticità rappresentano

pur sempre una minoranza del mondo giovanile, mostrano un trend negativo, se si

confronta il dato 2009 con quello del precedente anno (con una quota di criticità che

sfiora il 40% del totale nazionale, in aumento di circa 7,7 punti percentuali). Anche agli

indicatori di previsione, sembrano confermare l’andamento delle criticità, in quanto non

accennano ad inversioni di tendenza nel breve periodo.

0,5% 31,4% 2,0% 56,4% 9,6%

39,7% 1,2% 50,4% 8,6%

0% 20% 40% 60% 80% 100%

2008

2009

INDICATORE DI ANALISI DELLA VOCE "MINORI"

AREA "SOCIALE"(RISPOSTE PONDERATE PER LA POPOLAZIONE RESIDENTE; COMPOSIZIONI

PERCENTUALI)

CONFRONTO SITUAZIONE 2008-2009

Molto negativo Negativo Non indica P ositivo Molto positivo

Nondimeno, quando si vanno ad analizzare i diversi fattori di criticità (v. grafico nella

pagina seguente), qualche timido segnale positivo sembra potersi cogliere in relazione

all’evoluzione dei fenomeni di alcolismo e tossicodipendenza giovanili, per i quali si

registra un discreto calo in termini percentuali delle valutazioni negative: nello specifico, i

livelli di allarme relativi all’assunzione di sostanze stupefacenti e all’abuso di alcol tra i

giovani sono passati rispettivamente dall’87,4% al 75,5% e dal 74% al 70,3%, malgrado la

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quota delle criticità si mantenga comunque piuttosto elevata, nonostante le azioni di

contrasto e prevenzione attuate dagli organi competenti.

Anche i fenomeni di scomparsa dei minori risultano limitati ai territori provinciali di Roma,

Palermo, Agrigento e Firenze, confermando sostanzialmente i dati del 2008. Al contrario,

sembrano destare sempre maggiori preoccupazioni alcune problematiche sociali di un

certo rilievo, quali la prostituzione minorile, il bullismo, il disagio giovanile e la violenza sui

minori. La situazione di abbandono e di disagio in cui tanti minori vivono emerge in modo

sempre più forte e preoccupante, ed è testimoniato dall’espansione di oltre 15 punti

percentuali delle condizioni di emergenza.

0,8% 8,9% 2,0% 49,8% 38,6%

11,3% 1,2% 52,4% 35,0%

15,7% 2,0% 42,9% 39,5%

29,5% 1,2% 38,0% 31,3%

0,8% 29,0% 2,0% 58,7% 9,6%

39,1% 1,2% 52,9% 6,8%

0,8% 32,3% 2,0% 52,8% 12,2%

39,5% 1,2% 48,5% 10,7%

0,8% 32,7% 2,0% 58,1% 6,4%

47,3% 1,2% 45,3% 6,2%

0,3% 73,7% 2,0% 21,7% 2,3%

1,4% 68,9% 1,2% 19,8% 8,7%

2,9% 84,5% 2,0%9,8% 0,8%

1,6% 73,9% 1,2%15,5% 7,7%

0% 20% 40% 60% 80% 100%

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

Min

ori

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van

i

VALUTAZIONE DI ALCUNI ASPETTI DELL'AREA

"SOCIALE"(RISPOSTE PONDERATE PER LA POPOLAZIONE RESIDENTE; COMPOSIZIONI

PERCENTUALI)CONFRONTO SITUAZIONE 2008-2009

Grave Preoccupante Non indica P oco preoccupante Non preoccupante

Circa la diffusione territoriale, i fenomeni di disagio giovanile si estendono, come si suol

dire, “a macchia di leopardo” con una leggera prevalenza nel Sud del Paese, ed

affermandosi nelle province delle grandi città italiane (Roma, Milano, Napoli, Palermo,

Venezia, Bari).

Simili livelli di allarme si raggiungono in relazione alla diffusione del bullismo, favorito da

carenze sociali, dal generale decadimento dei valori tra la popolazione giovanile e dalla

mancanza di saldi punti di riferimento; anche in questo caso il numero complessivo di

situazioni problematiche sfiora il 40% del totale, in preoccupante aumento di circa 10

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punti percentuali rispetto all’anno precedente, e, in analogia al fenomeno disagio, le

criticità si diffondono principalmente nei grandi centri urbani.

I dati sui delitti perpetrati ai danni dei minori, seppur non consolidati, forniscono un

quadro generale in tendenza positiva relativamente ai casi di pedofilia e sfruttamento (con

diminuzioni rispettivamente del 6% e del 10,1%), mentre è il computo totale degli

abbandoni a far registrare un non trascurabile aumento in termini percentuali; non si

rilevano invece significativi scostamenti tra gli anni per i casi di maltrattamento minorile.

Delitti 2009 2008Variazione 2008-2009

Pedofilia 1613 1716 -6,0%Sfruttamento 143 159 -10,1%Maltrattamenti 6001 6032 -0,5%Abbandoni 998 894 11,6%Fonte: Ministero dell'Interno

In contrapposizione con i dati appena citati è la percezione delle Prefetture sul tema della

violenza sui minori, per la quale si evidenzia una decisa maggiorazione delle situazioni

giudicate preoccupanti; a riguardo, la rappresentazione cartografica non presenta profili

territoriali ben delineati, dal momento che coesistono all’interno della stessa regione sia

situazioni di criticità che situazioni di del tutto rasserenanti.

Anche la diffusione del fenomeno della prostituzione minorile, seppur relegato ad un

ristretto insieme di territori, mostra una preoccupante espansione, quantificata in un

aumento di 9,3 punti percentuali rispetto al 2008; il dettaglio territoriale, oltre a mettere

in luce il livello di allarme in parte delle aree metropolitane della Penisola (tra le quali

troviamo le province di Roma, Napoli, Milano, Palermo e Bari) mostra, ad ogni modo,

ampie aree in cui le problematiche in oggetto risultano del tutto assenti.

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3.2. Dal “disagio” alla “devianza”

Non è agevole ed è estremamente delicato affrontare la linea di confine fra “disagio

giovanile” e “devianza”, pur dovendosi riconoscere che nel comune sentire e, in definitiva,

nella percezione di relativa insicurezza dei cittadini, molti fenomeni di disagio e di

devianza vengono sommati con effetti assolutamente negativi, sia nella percezione che,

soprattutto, nella predisposizione delle famiglie ad affrontare misure di intervento

correttivo, con effetti spesso divergenti o, spesso, con una palese rinuncia ad esprimere il

proprio ruolo educazionale.

Ritenendo, tuttavia, necessario affrontare il problema, si è ritenuto di dedicare uno

specifico “focus” di analisi socio-statistica, condotta nell’arco temporale del quinquennio

2004 – 2008, al delicatissimo tema della “devianza giovanile”, volendo comprendere nel

termine quei comportamenti asociali o violenti che senza costituire, di massima,

espressione di una delittuosità finalizzata, comune o organizzata, o, peggio, ispirata ad un

modello criminale dominante, sono in genere espressione di una esasperata divaricazione

fra condotte di auto-affermazione o di ribellione tipicamente giovanili e le norme di

convivenza sociale generalmente accettate.

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Nota metodologica

Per affrontare l’argomento con il necessario supporto statistico sono stati presi come riferimento i

dati - esclusivamente quantitativi - raccolti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza nella banca

dati “SDI” (Sistema di Indagine), relativi alle persone denunciate, arrestate o fermate nel

quinquennio 2004 - 2008, a partire, cioè, dal primo anno di entrata in vigore del protocollo SDI.

Poiché per sua natura la banca dati in questione annota esclusivamente i fatti costituenti reato,

sono stati individuati, per i diversi comportamenti asociali e violenti generalmente ascrivibili a

fenomeni di “devianza giovanile”, alcuni “reati sintomatici”, con una scelta forse discutibile ma non

arbitraria, di cui si darà conto di volta in volta, ponendo l’attenzione su due fasce d’età: quella dei

minori di anni 18 e quella dei giovani dai 18 ai 30 anni.

Premesso che è risultato impossibile avere una rilevazione attendibile nella fascia della non

imputabilità (minori infra-quattrordicenni), va detto che anche nella fascia superiore degli infra-

diciottenni i dati vanno presi con estrema cautela, posto che il contesto degli adulti tende a

circoscrivere le denunce e l’intervento degli organi di polizia ai fatti più gravi o esasperanti.

Di converso, la fascia dei “giovani adulti” (18-30 anni) è stata presa in considerazione non solo per

un utile termine di paragone, ma anche perché di per se rilevante ai fini della ricerca, per

frequenti fenomeni di trascinamento dello “status” e del “vissuto” tipicamente

adolescenziali ben oltre il raggiungimento della maggiore età.

3.2.1 Bullismo

Tra i fenomeni giovanili più preoccupanti degli ultimi anni si pone sicuramente il bullismo:

termine che sta ad indicare il comune denominatore di una serie di azioni, ripetute nello

spazio e nel tempo, aventi lo scopo di creare un dominio psicologico dei più forti nei

confronti dei più deboli e che può trasformarsi in veri e propri fenomeni persecutori e

causare danni gravissimi. Episodi di bullismo sono stati segnalati in tutti gli ambienti in cui

sono presenti gruppi di giovani: a scuola, in discoteca, nel cortile, sulla spiaggia, nei luoghi

in cui si pratica sport. Ne sono protagonisti ragazzi sempre più giovani, che si divertono ad

esercitare, spesso “in branco” una specie di “potere” nei confronti degli altri, attraverso

differenti forme di violenza fisica o verbale.

Non sempre i fatti vengono denunciati e spesso si tratta di minori degli anni 14, perciò non

imputabili. Ciò, come avvertito, falsa notevolmente le rilevazioni statistiche che vanno,

quindi, esaminate con estrema cautela. Nondimeno, gli indicatori di tendenza riportati

dalle Prefetture UTG (vedi retro, paragrafo 3.1), che segnalano una crescita del

fenomeno, trovano una conferma nelle rilevazioni statistiche relative ai reati di violenza

privata, nei quali spesso si esprime il bullismo, con l’avvertenza, peraltro, che si tratta pur

sempre di una fattispecie quantitativamente del tutto marginale nel panorama

complessivo della delittuosità.

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Variazioni 2004 - 2008

Nel 2008, in particolare, su un totale di 3.179 autori del reato, in età compresa tra 0 e 30

anni, a livello nazionale, il 14 % circa del totale, è rappresentato da giovani di età minore,

mentre l’86 % è rappresentato dai giovani adulti (dai 18 ai 30 anni), con un incremento,

rispetto al 2004, di oltre il 134 %, per i primi, e del 52 % circa, per i secondi.

Nella distribuzione territoriale, peraltro, alcune regioni presentano, relativamente agli

infra-diciottenni, tassi di crescita di gran lunga superiori al dato nazionale: l’Abruzzo (+800

%), seguito dal Lazio (+786 %), dalla Puglia (+583 %), dalla Calabria (+400 %), dal Trentino

Alto Adige (317 %), dal Piemonte (+307 %) e dal Veneto (+231%).

Registrano, invece, una flessione il

Molise (-100 %), la Sardegna (-41 %),

le Marche (-40 %) e la Liguria (-25 %).

Un caso particolare è l’Umbria che a

fronte di una sostanziale stabilità del

fenomeno, abbastanza esiguo,

relativamente ai minori di 18 anni,

registra un aumento del 267 % nella

fascia d’età dai 18 ai 30 anni, seguita

dal Molise (+114 %) e dalla Calabria

(+104 %).

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Tab 1b

0-18% su tot

Italia 18-30% su tot

Italia ? 30% su tot

Italia(a)

433 100,00 2.746 100,00 3.179 100,00

Roma 44 10,16 153 5,57 197 6,20

Torino 24 5,54 131 4,77 155 4,88 Milano 12 2,77 104 3,79 116 3,65 Napoli 7 1,62 77 2,80 84 2,64

Padova 16 3,70 65 2,37 81 2,55 Bologna 2 0,46 74 2,69 76 2,39 Bari 19 4,39 56 2,04 75 2,36 Salerno 1 0,23 72 2,62 73 2,30

Brescia 7 1,62 65 2,37 72 2,26 Venezia 2 0,46 65 2,37 67 2,11 Cosenza 3 0,69 53 1,93 56 1,76

Verona 7 1,62 43 1,57 50 1,57 Firenze 4 0,92 44 1,60 48 1,51 Palermo 8 1,85 40 1,46 48 1,51 Trento 16 3,70 31 1,13 47 1,48 Pistoia 10 2,31 35 1,27 45 1,42 Vicenza 10 2,31 35 1,27 45 1,42

INCIDENZA % SUL TOTALE ITALIAANNO 2008

Graduatoria delle province numericamente più significative (col. a)

TOTALE ITALIA

VIOLENZA PRIVATA

Elaborazione Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati del Dipartimento della Polizia Stato - SDI

Province< 18 anni 18-30 anni ? 30

ANNO 2008% su tot

ItaliaANNO 2008

% su tot Italia

ANNO 2008% su tot

Italia

Dati 2008

Tralasciando l’aspetto diacronico, ed analizzando la distribuzione territo-riale della

“violenza privata” nel 2008, emerge la sostanziale omogeneità fra le diverse aree del

Paese, ad eccezione delle isole, in cui il fenomeno incide solo per il 10 % del totale.

Le differenze emergono, invece,

nella distribuzione regionale,

con una netta prevalenza del

Lazio, in cui si concentra il 14,32

% dei minori usi a tali pratiche

deviate, seguito dal Piemonte

(14%), dal Veneto (10%) e dalla

Lombardia (9%). In quest’ultima

regione anche il dato relativo ai

ragazzi con età dai 18 ai trenta

anni è del 12% circa, il valore

più alto tra tutte le regioni.

A livello provinciale, è Roma ad

avere l’incidenza maggiore di

infradiciottenni (10%), seguita

da Torino (6%), Bari e Padova

(entrambe al 4%). La capitale è

in testa anche per la fascia di

età superiore, fino a 30 anni,

seguita da Torino e Milano.

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3.2.2 Vandalismo

Con il termine vandalismo, si intende fare riferimento a quei comportamenti a carattere

eminentemente distruttivo del valore funzionale, artistico o economico di un bene di

qualsiasi natura, che non implica necessariamente la distruzione completa del bene

stesso, in quanto l’effetto disfunzionale può essere realizzato spesso con il solo

imbrattamento. Per questo motivo i reati sintomatici sono stati individuati, innanzi tutto,

in quelli in cui la condotta materiale consiste nel deturpare o imbrattare cose altrui. Alla

stessa sintomatologia possono accostarsi i reati di distruzione e deturpazione di bellezze

naturali.

Anche qui si tratta di fatti numericamente più che marginali rispetto al quadro

complessivo della delittuosità per cui si prendono in considerazione, più che i valori

assoluti, i tassi di incremento.

Variazioni 2004 - 2008

Se si sommano le due fattispecie penali, si rileva che nel 2008 si è verificato un aumento

complessivo del 70% delle persone, da 0 a 30 anni, coinvolte rispetto al 2004: il 54% in più

per gli autori minori di 18 anni e il 74% in più tra i 18-trentenni, con un rapporto, fra le due

fattispecie, generalmente attestato fra due terzi e un terzo.

Come si nota dal grafico, l’incremento massimo nella somma delle due fasce d’età si

registra in Piemonte (+ 494%) seguito dal Trentino Alto Adige (+ 283 %), dalla Basilicata (+

260 %), dall’Abruzzo (+ 227 %) e dalla Campania (+ 200 %).

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Nella classe di età più giovane, quella fino a 18 anni di età, emergono il Trentino Alto

Adige (+700%), la Sicilia (+ 500%), la Campania e l’Abruzzo (entrambe + 300 %), la Calabria

(+ 240 %), il Piemonte (+ 206 %) e la Puglia (+175 %).

In Calabria e Puglia si registra, peraltro, una diminuzione nella fascia d’età superiore 18-30

(rispettivamente -33% e -61%). Al contrario, in Piemonte la fascia 18-30 anni fa registrare

un aumento molto accentuato (+ 633 %). Analogo andamento si verifica in Liguria e in

Lombardia, dove, a fronte di una diminuzione nella fascia d’età più giovane

(rispettivamente – 60 % e – 33 %) si registra un aumento consistente tra i 18-trentenni

(rispettivamente + 191 % e + 138 %). In marcata diminuzione sono i dati globali del

Molise (-100%), della Valle d’Aosta (-50%), del Friuli Venezia Giulia (-5%), dove, peraltro. il

fenomeno era già riconducibile a pochi casi, e della Sardegna (-49%).

Dati 2008

Nel 2008, come si evince dalla tavola nella pagina che segue, la Lombardia ha il primato

dei giovani segnalati nelle due fattispecie sintomatiche del vandalismo, con il 22 % del

totale nazionale, seguita dal Piemonte (17 %) e dalla Campania (11 %). Ma se si osserva la

classifica relativa ai soli minori di 18 anni, è il Piemonte che registra la percentuale più

consistente rispetto al totale nazionale di tale fascia d’età (15%) seguito dalla Lombardia

(13%), dall’Emilia Romagna (12%) e dalla Toscana (9 %).

La Lombardia, inoltre, registra un’alta incidenza percentuale sul totale nazionale per la

fascia 18-30 anni con il 25% di autori di detti reati, seguita dal Piemonte (18 %) e dalla

Campania (13 %).

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In breve, si rileva che è il

Nord-ovest con il 42%

circa degli autori, da zero a

trenta anni, a guidare

questa singolare classifica,

seguito dal Sud con il 21%,

dal Centro con il 18%, del

Nord-est con il 14% e delle

isole con il 6%.

Per quanto riguarda le

singole province, il

primato spetta a Milano,

con 171 casi (pari al 10%

del totale nazionale),

Varese la segue con 158 (9

%), Alessandria con 118 (7

%) e Roma con 95 (6 %). A

Torino, invece, sono i

minori di 18 anni che

raggiungono il 6 % del

totale nazionale per quella

fascia d’età.

3.2.3 Discriminazione razziale

Qui più che mai vale la consueta avvertenza di estrema cautela nella valutazione dei dati,

atteso che le fattispecie variamente qualificabili come di discriminazione razziale sono

eventi così numericamente marginali da costituire dei veri e propri casi isolati. Tuttavia

sono significative le variazioni intervenute nel quinquennio di riferimento, perché

segnano un incremento delle persone coinvolte, soprattutto tra i giovanissimi (+ 338 %),

anche se il trend è altrettanto importante nella fascia 18-30 anni (+ 284 %).

L’analisi del dato geografico (v. grafico seguente) delinea una precisa localizzazione del

fenomeno, con un incremento molto accentuato nel Nord-ovest del Paese, in particolare

in Lombardia con 48 casi verificatisi nel 2008, rispetto ai 3 segnalati nel 2004 (+ 1.500 %).

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Anche il Nord-est con un + 258 % mostra una linea di tendenza xenofoba, con particolare

riferimento ai minori di 18 anni ed al Trentino-Alto Adige, dovuta quasi totalmente alla

differenza tra lo 0 del 2004 ed i 34 casi del 2008 in provincia di Bolzano. La classifica

prosegue con il Lazio (+ 400 %) e il Veneto (+ 200 %). Il fenomeno è invece in diminuzione,

nel suo insieme, in Friuli Venezia Giulia (-100 %), in Sicilia (-100 %) e in Emilia Romagna (-

89 %), regioni in cui, peraltro il dato era già esiguo nel 2004. Da segnalare che il fenomeno

è quasi inesistente nelle regioni del Sud e delle Isole.

Dati 2008

Gli eventi si sono manifestati, nel 2008, soprattutto in Trentino Alto Adige (45%), in

Lombardia (27%), in Toscana (10%) e nel Lazio (9%). Pressoché irrilevanti i dati delle altre

regioni, come si evince dal grafico che precede.

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Il dettaglio provinciale espone

città come Bolzano più di Milano

e Pistoia più di Brescia (o di

Prato, del tutto assente dalla

lista), al di là di ogni ragionevole

proporzione, avva-lorando,

piuttosto, il sospetto che si tratti

di eventi talvolta orchestrati per

motivi diversi, senza alcun

plausibile – seppure comunque

ingiustificabile – riferimento a

fenomeni immigratori sociolo-

gicamente significativi.

3.2.4 Risse

Di tutte le fattispecie fin qui considerate, quella della rissa è forse l’unica ad avere una

valenza numerica ed una diffusione territoriale significative nel complesso della

delittuosità in Italia. Tuttavia è l’unica che non manifesta rilevanti variazioni peggiorative

nel quinquennio 2004-2008. Gli incrementi registrati (fra l’ 8 % tra i minori e il 3 % tra i

giovani adulti), confermano il reato fra le condotte violente maggiormente stabilizzate.

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Interessano, semmai, alcuni picchi di incremento nei fatti commessi da minorenni: in Valle

d’Aosta (+ 700 %, ma si tratta solo di otto episodi nel 2008), nel Lazio (+ 300 %), in

Basilicata (+ 267 %) e le flessioni, nella stessa fascia d’età, in Umbria (-96 %), Friuli Venezia

Giulia (-83 %), Molise (-67 %), Puglia (-61 %) e Calabria (-44 %).

Dati 2008

I dati assoluti del 2008 confermano, con la

sostanziale stabilità, anche la notevole

diffusione del fenomeno.

Riguardo alla distribuzione geografica, i più

“rissosi” sono concentrati nel Nord Ovest

del Paese con il 26% degli autori, rispetto al

totale nazionale, seguito dal Centro e dal

Sud con, rispettivamente, il 24 % e il 21 %,

mentre il Nord Est si attesta sul 17 % e le

isole intorno al 12 %.

Peraltro, la Sicilia, il Lazio, la Campania, la Lombardia e, con qualche distacco, il Piemonte,

l’Emilia Romagna, la Toscana mostrano un elevato livello di rissosità fra i ragazzi con menodi 18 anni di età, che spesso (nelle prime tre Regioni) supera notevolmente i già alti livellidei giovani adulti della fascia d’età fra i 18 e i 30 anni.

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0-18% su tot

Italia 18-30% su tot

Italia ≤ 30% su tot

Italia(a)

593 100,00 5.406 100,00 5.999 100,00

Torino 24 4,05 209 3,87 233 3,88 Brescia 5 0,84 175 3,24 180 3,00 Napoli 41 6,91 139 2,57 180 3,00 Bologna 15 2,53 163 3,02 178 2,97 Salerno 10 1,69 109 2,02 119 1,98 Firenze 13 2,19 100 1,85 113 1,88 Genova 10 1,69 99 1,83 109 1,82 Catania 23 3,88 85 1,57 108 1,80 Bergamo 4 0,67 87 1,61 91 1,52 Foggia 5 0,84 82 1,52 87 1,45 Messina 7 1,18 78 1,44 85 1,42 Palermo 12 2,02 70 1,29 82 1,37 Sassari 12 2,02 70 1,29 82 1,37 Viterbo 5 0,84 73 1,35 78 1,30 Cuneo 10 1,69 65 1,20 75 1,25 Agrigento 16 2,70 58 1,07 74 1,23 Enna 16 2,70 35 0,65 51 0,85

% su tot Italia

ANNO 2008% su tot

Italia

Elaborazione Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati del Dipartimento della Polizia Stato - SDI

INCIDENZA % SUL TOTALE ITALIAANNO 2008

Graduatoria delle province numericamente più significative (col. a)

TOTALE ITALIA

R I S S A

Province< 18 anni 18-30 anni ≤ 30

ANNO 2008% su tot

ItaliaANNO 2008

Entrando più nel dettaglio,

la provincia con la più alta

percentuale di minori coin-

volti in risse, rispetto al

totale nazionale, è Napoli

con circa il 7 %, seguita da

Torino e Catania (entrambe

al 4%), da Bologna,

Agrigento ed Enna (al 3 %).

Se si osserva la fascia d’età

18-30 anni, è ancora Torinoa registrare il 4 %, seguita daBrescia, Bologna e Napoli(tutte intorno al 3 %).

3.2.5 Reati da stadio

Solo brevi note appaiono necessarie per lanciare uno sguardo su un altro fenomeno tipico

di “devianza” qual è la violenza in occasione di manifestazioni sportive, in quanto la

materia è stata diffusamente trattata in più di una ricerca del Dipartimento della pubblica

sicurezza.

In questa sede si è ritenuto di soffermare l’attenzione soltanto sulle condotte riassumibili

nella fattispecie penale di lancio di materiale pericoloso, scavalcamento ed invasione di

campo in occasione di manifestazioni sportive, oggetto della novella legislativa n. 336 del

2001 e successive modificazioni, per evidenziare una sensibile diminuzione, nel 2008

rispetto al 2004, degli atti perpetrati da soggetti minori (-55 %) e dai giovani fino a trenta

anni (-35%).

Ciò anche grazie agli ulteriori interventi legislativi in materia, come la Legge n. 41 del 4

aprile 2007, e all’utilizzo di più diffuse tecnologie e nuove misure organizzative (es. la

diffusione dell’uso di telecamere a circuito chiuso) ed agli aumentati controlli, anche fuori

degli stadi, da parte delle forze dell’ordine.

Solo in alcune regioni si è assistito ad un incremento della fenomenologia come in Abruzzo

(+100 %), Piemonte (+25 %), Emilia Romagna (+18 %) e Calabria (+11%).

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3.2.6. Disturbo della quiete pubblica e molestie

Ad un livello decisamente più basso, si pongono le condotte di disturbo della quiete

pubblica e di molestie, anche se particolarmente quest’ultime possono essere sinto-

matiche di più gravi deficit sociali, tanto da configurare nuove fattispecie di reato (è il caso

dello stalking).

Variazioni 2004 - 2008

Il confronto fra i dati nei due anni di riferimento (2004 e 2008) evidenzia che anche i

comportamenti che disturbano le occupazioni e il riposo delle persone e le molestie o

disturbo delle persone presentano un incremento, rispettivamente del 35 % e del 46 %,

soprattutto nella fascia d’età più giovane (fino a 18 anni).

Sommando le due fattispecie, si evidenzia subito che accanto ad aree in cui le attività

moleste sono commesse indifferenziatamente da giovanissimi e da 18-trentenni

(Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta, Sicilia) o altre dove

sono state prevalenti le attività dei giovani adulti (Umbria, Lazio, Basilicata), in altre i

picchi hanno riguardato essenzialmente, con punte particolarmente elevate, proprio i

ragazzi infradiciottenni, particolarmente in Campania (+375 %), nelle Marche (+271 %), in

Abruzzo (+220 %), in Emilia Romagna (+176 %).

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Dati 2008

I dati del 2008 sono stati in definitiva quantitativamente significativi e complessivamente

diffusi su tutto il territorio nazionale. La maggiore concentrazione è stata, nondimeno,

nelle regioni settentrionali: Nord-ovest (29%) e nel Nord-est (26%).

Su base regionale primeggia la Lombardia con il 16 %, seguita dal Piemonte (11%),

dall’Emilia Romagna e dal Veneto (8 %), dal Friuli Venezia Giulia, dalla Toscana e dalla

Sicilia (7 %).

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Tra le province, più “vivaci” vi

sono Milano e Varese nelle

quali si concentrano il 4 % dei

giovani autori di tali reati,

insieme a Trieste (3,80 %)

seguite da Torino (3%).

Per la fascia più giovane si

aggiungono Pesaro, Bologna,

Roma e Napoli, tutte intorno

allo stesso valore del 3 %.

3.2.7 Guida in stato di ebbrezza

Uno dei fenomeni di maggiore differenziazione delle condotte giovanili rispetto agli

standard tradizionali, pur senza esprimersi in alterazioni della socialità o in devianze,

meno che mai in violenze, è costituito dalla separazione sempre più netta fra le condotte

diurne e feriali rispetto a quelle notturne e di svago, sinteticamente riconducibili nel

termine di “sballo del sabato sera”.

Ne sono specchio, anche se non del tutto fedele, gli illeciti nella guida dei mezzi di

locomozione, fra i quali si sono ritenuti particolarmente sintomatici quelli connessi

all’abuso di alcool e di stupefacenti, di cui agli articoli 186, 187 e 187-bis del Codice della

Strada.

Variazioni 2004 - 2008

La rilevazione diacronica fa emergere un notevole incremento del numero di giovani

trovati alla guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti o alcol,

rispetto al 2004 (+126 %), in special modo tra i minori (+ 525 %).

0-18% su tot

Italia 18-30% su tot

Italia TOTALE

% su tot Italia(a)

622 100,00 4.323 100,00 4.945 100,00

Milano 25 4,02 182 4,21 207 4,19

Varese 8 1,29 191 4,42 199 4,02

Trieste 12 1,93 176 4,07 188 3,80

Torino 13 2,09 148 3,42 161 3,26

Cuneo 16 2,57 131 3,03 147 2,97

Roma 22 3,54 123 2,85 145 2,93

Bologna 23 3,70 84 1,94 107 2,16

Massa Carrara 21 3,38 76 1,76 97 1,96

Napoli 22 3,54 45 1,04 67 1,35

Pesaro 24 3,86 29 0,67 53 1,07

% su tot Italia

ANNO 2008% su tot

Italia

Elaborazione Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati del Dipartimento della Polizia Stato - SDI

INCIDENZA % SUL TOTALE ITALIAANNO 2008

Graduatoria delle province numericamente più significative (col. a)

TOTALE ITALIA

DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSO NE E

MOLESTIA O DISTURBO ALLE PERSONE

Province< 18 anni 18-30 anni ≤ 30

ANNO 2008% su tot

ItaliaANNO 2008

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Non si esclude che l’incremento sia imputabile, anche in modo consistente, come hanno

segnalato molte Prefetture UTG, ad un aumentato numero di controlli su strada da parte

delle forze dell’ordine, specialmente nei fine settimana, e dalle intervenute modifiche al

Codice della Strada dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92 che hanno inasprito le sanzioni e reso,

in parte, meno disagevole l’accertamento degli illeciti.

Né si può negare che i dati sono naturalmente sbilanciati dal fatto che gran parte degli

illeciti riguardano la guida di autovetture o motociclette e, quindi, ragazzi di età superiore

ai 18 anni, nondimeno il quadro della tabella precedente già evidenzia picchi preoccupanti

di condotte ascrivibili a ragazzi della fascia più giovane in Campania, in Puglia e nel Lazio.

La regione che segna l’aumento maggiore rispetto al 2004 è la Campania da passa da 1

caso del 2004 a 12 nel 2008 (+1.100%), seguita dalla Puglia (+800%), dal Lazio (+500%),

dalla Liguria (+150%) e dalla Toscana (+127%).

Invece i più indisciplinati tra i 18-trentenni sembrano essere gli automobilisti della Calabria

(+306%), della Puglia (+237%), della Campania (+236%), della Sicilia (+163%), del Lazio

(+114%) e dell’Abruzzo (+108%).

Dati 2008

Nell’analisi dei dati stabilizzati al 31 dicembre 2008 è agevole rilevare che, al di là degli

incrementi diacronici sopra rilevati, la regione maggiormente interessata alla

fenomenologia qui in esame è la Lombardia, che da sola fa registrare un’incidenza del 20

% degli illeciti sul totale nazionale, seguita dall’Emilia Romagna (14%) e dal Veneto (12%).

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Scendendo nel dettaglio provinciale,

occorre distinguere fra la fattispecie

di guida sotto l’influenza dell’alcool e

quella di guida in stato di alterazione

psico-fisica per sostanze stupefa-

centi/psicotrope o sotto l’influenza

di stupefacenti.

Nel primo caso (riquadro di sinistra)

troviamo la più alta percentuale, sul

totale nazionale, a Milano (6 %),

Brescia (4 %), Bologna, Roma e

Verona (3 %) e, per i minorenni,

Genova (8 %), seguita da Bolzano e

Verona (5 %), da Brescia e Bergamo

(4 %) e da Firenze (3 %).

< 18 anni% su tot

Italia 18-30% su tot

Italia ≤ 30% su tot

Italia(a)

213 100,00 34.719 100,00 34.932 100,00

Milano 6 2,82 1.931 5,56 1.937 5,55 Brescia 9 4,23 1.560 4,49 1.569 4,49 Bologna 3 1,41 1.192 3,43 1.195 3,42 Verona 10 4,69 1.179 3,40 1.189 3,40 Roma 6 2,82 1.065 3,07 1.071 3,07 Torino 3 1,41 932 2,68 935 2,68 Rimini 6 2,82 907 2,61 913 2,61 Venezia 2 0,94 843 2,43 845 2,42 Bergamo 9 4,23 826 2,38 835 2,39 Reggio Emilia - - 733 2,11 733 2,10 Cuneo 2 0,94 690 1,99 692 1,98 Treviso 1 0,47 615 1,77 616 1,76 Varese 1 0,47 601 1,73 602 1,72 Genova 17 7,98 577 1,66 594 1,70 Firenze 7 3,29 556 1,60 563 1,61 Vicenza 5 2,35 558 1,61 563 1,61 Ancona 5 2,35 534 1,54 539 1,54 Ravenna 5 2,35 419 1,21 424 1,21 Bolzano 11 5,16 366 1,05 377 1,08

Elaborazione Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati del Dipartimento della Polizia Stato - SDI

% su tot Italia ANNO 2008

% su tot Italia

INCIDENZA % SUL TOTALE ITALIAANNO 2008

Graduatoria delle province numericamente più significative (col. a)

TOTALE ITALIA

SANZIONI PER GUIDA SOTTO L'INFLUENZA DELL'ALCOOL - art. 186 comma 2

Province< 18 anni 18-30 anni ≤ 30

ANNO 2008% su tot

Italia ANNO 2008

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Nel secondo caso, dopo Milano e

Roma, anche qui in testa alla

classifica con il 5 % dei casi rispetto

al dato nazionale, seguono Verona

e Brescia (4 %). Per i minorenni,

oltre a Genova, con il 9 %,

emergono, a distanza, Firenze e

Como (5 %), Padova, Bologna e

Reggio Emilia (4 %).

Una ulteriore rilevazione è stata fatta

sul rifiuto di sottoporsi agli

accertamenti antidroga e antialcool.

Anche per quest’ultima fattispecie si

conferma la più alta concentrazione

del fenomeno nel Nord-Ovest (32%

del totale nazionale), soprattutto in

Lombardia (15%) ed in Piemonte

(13%), ma anche al Centro (25%), in

particolare nel Lazio (12%), e nel

Nord-Est (24%) specialmente in Emilia

Romagna (13 %), ossia nelle regioni a

più elevata densità automobilistica e

dell’industria del divertimento.

< 18 anni% su tot

Italia 18-30% su tot

Italia ≤ 30% su tot

Italia(a)

75 100,00 4.384 100,00 4.459 100,00

Milano 1 1,33 224 5,11 225 5,05 Roma 2 2,67 204 4,65 206 4,62 Verona 2 2,67 190 4,33 192 4,31 Brescia 2 2,67 178 4,06 180 4,04 Torino 2 2,67 160 3,65 162 3,63 Cuneo - 0,00 149 3,40 149 3,34 Bologna 3 4,00 136 3,10 139 3,12 Bergamo 2 2,67 128 2,92 130 2,92 Reggio Emilia 3 4,00 118 2,69 121 2,71 Novara - 0,00 104 2,37 104 2,33 Perugia - 0,00 103 2,35 103 2,31 Padova 3 4,00 98 2,24 101 2,27 Alessandria 2 2,67 94 2,14 96 2,15 Genova 7 9,33 79 1,80 86 1,93 Sondrio 1 1,33 78 1,78 79 1,77 Firenze 4 5,33 71 1,62 75 1,68 Treviso 2 2,67 52 1,19 54 1,21 Como 4 5,33 49 1,12 53 1,19

Elaborazione Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati del Dipartimento della Polizia Stato - SDI

% su tot Italia ANNO 2008

% su tot Italia

INCIDENZA % SUL TOTALE ITALIAANNO 2008

Graduatoria delle province numericamente più significative (col. a)

TOTALE ITALIA

GUIDA IN STATO DI ALTERAZIONE PSICO-FISICA PER SOST ANZE STUPEFACENTI/PSICOTROPE O SOTTO L'INFLUENZA DI STU PEFACENTI

- Legge 285/1992 - art. 187 comma 1 e 2 e art. 187bis

province< 18 anni 18-30 anni ≤ 30

ANNO 2008% su tot

Italia ANNO 2008

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Su base regionale, il primato è, anche qui, della Lombardia, con il 15% circa dei rifiuti di

accertamento sul totale nazionale, seguita dall’Emilia Romagna (13,26%) dal Piemonte

(12,75%) e dal Lazio (12,42%).

3.3. Altre situazioni di disagio/devianza

Altre situazioni di “devianza giovanile” o, quanto meno, di allarme sociale, più o meno

accentuato sono state segnalate nel territorio, non suscettibili, tuttavia, di una rilevazione

statistica efficace, per sporadicità o occasionalità degli eventi, come nel caso dei “rave

party”, o per assoluta irrilevabilità delle condotte salienti (è il caso della “movida” e del

“tuning”).

Resta fermo che il fenomeno più allarmante, ma anche fra i più studiati in assoluto, è

quello dell’abuso di stupefacenti, con i connessi fenomeni di traffico, spaccio e diffusione.

Su tale tema, costantemente all’attenzione delle Prefetture UTG, così come degli organi di

polizia e delle strutture locali di sostegno, si rinvia alla pubblicistica documentaria di

settore, fra cui gli specifici “Quaderni di documentazione” di questa Scuola Superiore e le

“Relazioni annuali al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia”23

, curate

dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

23

Rinvenibile sul sito web: www.politicheantidroga.it.

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4. I giovani e la scuola

Anche se le relazioni periodiche delle Prefetture UTG non segnalano in genere particolari

emergenze sul fronte della scolarizzazione, si ritiene di completare il presente “Quaderno”

dedicato ai giovani, con una ricerca sul mondo della scuola, soprattutto quella primaria e

secondaria di I grado, curata direttamente dall’Ufficio centrale di statistica, sulla base di

dati Istat o Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur).

Oggetto della ricerca sono, particolarmente, le variazioni intervenute nel “sistema scuola”

in un arco temporale di cinque anni, dal 2004 al 2008, rapportandole alla consistenza della

popolazione giovanile nello stesso periodo, a sua volta oggetto di variazioni significative

sulle quali vale la pena di soffermarsi.

4.1 Variazioni demografiche

Le tavole riportate nelle pagine che seguono documentano le variazioni di consistenza

della popolazione infra-diciottenne intervenute nel periodo preso in considerazione, su

base regionale e per classi di età, grosso modo corrispondenti ai diversi cicli di formazione

(scuola materna, da 0 a 5 anni; scuola elementare, da 6 a 10 anni; scuola secondaria, di

primo e di secondo grado: rispettivamente da 11 a 13 anni e da 14 a 18).

A questo proposito è opportuno sottolineare che le diverse classi di età così definite

presentano una diversificata incidenza rispetto al complesso della popolazione residente,

che sfiora il 6 % nella classe da 0 a 5 anni e non raggiunge il 3 % in quella da 11 a 13, come

si evince dal grafico qui riportato.

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Per assicurarne la piena leggibilità, la tabella che segue, in cui sono riportati tutti gli

elementi demografici di interesse, è ripartita in due riquadri: il primo, con i dati per le

classi di età 0-5 e 6-10 anni; il secondo, con quelli delle classi 11-13 e 14-18 anni.

POPOLAZIONE AL 31 DICEMBRE 2004 ED AL 31 DICEMBRE 2008 SUDDIVISA PER CLASSI D'ETA'Valori assoluti e variazioni percentuali - Dati provinciali

Tab. 1

2004 2008 Variaz. % 2004 2008 Variaz. %

PIEMONTE 218.917 230.949 5,50 174.400 187.131 7,30

VALLE D'AOSTA 6.856 7.321 6,78 5.235 5.822 11,21

LOMBARDIA 531.227 572.607 7,79 410.583 451.017 9,85

LIGURIA 69.764 73.424 5,25 56.683 61.138 7,86

ITALIA NORD - OCC. 826.764 884.301 6,96 646.901 705.108 9,00

TRENTINO A. A. 63.617 64.890 2,00 52.623 54.964 4,45

VENETO 267.548 285.406 6,67 211.468 229.049 8,31

FRIULI V. G. 59.064 62.671 6,11 46.404 50.870 9,62

EMILIA ROMAGNA 216.460 240.529 11,12 163.429 185.755 13,66

ITALIA NORD -OR. 606.689 653.496 7,72 473.924 520.638 9,86

ITALIA SETTENTR. 1.433.453 1.537.797 7,28 1.120.825 1.225.746 9,36

TOSCANA 177.884 193.783 8,94 139.118 152.958 9,95

UMBRIA 43.078 47.501 10,27 34.256 37.217 8,64

MARCHE 78.500 84.364 7,47 64.762 68.779 6,20

LAZIO 293.125 325.982 11,21 236.510 255.316 7,95

ITALIA CENTRALE 592.587 651.630 9,96 474.646 514.270 8,35

ABRUZZO 66.242 68.795 3,85 57.567 57.715 0,26

MOLISE 15.743 15.094 4,12- 14.573 13.760 5,58-

CAMPANIA 389.970 373.446 4,24- 336.145 327.182 2,67-

PUGLIA 244.065 232.433 4,77- 213.965 209.280 2,19-

BASILICATA 32.526 29.959 7,89- 28.839 27.712 3,91-

CALABRIA 113.342 110.390 2,60- 102.541 96.957 5,45-

ITALIA MERID. 861.888 830.117 3,69- 753.630 732.606 2,79-

SICILIA 305.078 300.608 1,47- 269.215 257.601 4,31-

SARDEGNA 80.534 80.567 0,04 70.012 68.926 1,55-

ITALIA INSULARE 385.612 381.175 1,15- 339.227 326.527 3,74-

TOTALE ITALIA 3.273.540 3.400.719 3,89 2.688.328 2.799.149 4,12 Fonte: Elaborazione dell'Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati Istat

ProvinciaClasse d'età 0 - 5 anni Classe d'età 6 - 10 anni

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segue Tab.1

2004 2008 Variaz. % 2004 2008 Variaz. % PIEMONTE 105.929

108.950 2,85

175.595 184.715

5,19

VALLE D'AOSTA 3.047 3.237

6,24 5.129

5.346 4,23

LOMBARDIA 245.102

256.931 4,83

402.925 426.233

5,78

LIGURIA 35.869 36.459 1,64 58.398 62.942 7,78 ITALIA NORD - OCC. 389.947

405.577 4,01

642.047 679.236

5,79

TRENTINO A. A. 30.859 32.646

5,79 49.253

53.378 8,38

VENETO 125.868

132.562 5,32

205.654 220.504

7,22

FRIULI V. G. 28.197 29.221

3,63 45.941

49.331 7,38

EMILIA ROMAGNA 97.149

103.904 6,95

156.144 173.145

10,89

ITALIA NORD -OR. 282.073 298.333

5,76 456.992

496.358 8,61

ITALIA SETTENTR. 672.020

703.910 4,75

1.099.039 1.175.594

6,97

TOSCANA 85.690 88.022

2,72 144.416

151.021 4,57

UMBRIA 21.693

21.929 1,09

37.367 38.245

2,35

MARCHE 40.740 40.802

0,15 68.581

71.113 3,69

LAZIO 151.434 152.122 0,45 251.884 268.547 6,62

ITALIA CENTRALE 299.557 302.875

1,11 502.248

528.926 5,31

ABRUZZO 38.534

35.606 7,60 -

66.129 65.891

0,36 -

MOLISE 9.971 8.850

11,24 - 17.323

16.652 3,87 -

CAMPANIA 224.823

201.829 10,23 -

380.356 372.767

2,00 -

PUGLIA 142.584 128.975

9,54 - 246.083

237.252 3,59 -

BASILICATA 19.810

17.261 12,87 -

35.417 33.084

6,59 -

CALABRIA 71.179 61.814

13,16 - 128.998

118.716 7,97 -

ITALIA MERID. 506.901

454.335 10,37 -

874.306 844.362

3,42 -

SICILIA 184.525 162.499

11,94 - 314.699

308.437 1,99 -

SARDEGNA 48.152

42.703 11,32 -

88.329 81.380

7,87 -

ITALIA INSULARE 232.677 205.202 11,81 - 403.028 389.817 3,28 - TOTALE ITALIA 1.711.155

1.666.322 2,62 -

2.878.621 2.938.699

2,09

Fonte: Elaborazione dell'Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati Istat

Classe d'età 11 - 13 anni Classe d'età 14 - 18 anni Provincia

POPOLAZIONE AL 31 DICEMBRE 2004 ED AL 31 DICEMBRE 2008 SUDDIVISA PER CLASSI D'ETA' Valori assoluti e variazioni percentuali - Dati provinciali

Il dato più rilevante della tabella 1 è nella crescita diseguale della popolazione minorile

nell’arco del quinquennio, con incrementi significativi nelle classi di età da 0 a 5 anni (+

3,89 %) e da 6 a 10 (+ 4,12 %), realizzati quasi esclusivamente nelle regioni del centro-

nord, piuttosto che nell’Italia meridionale e nelle isole.

Quest’ultime, al contrario, registrano un costante decremento della popolazione in età

prescolare e scolare, come si vede bene nel grafico che segue.

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60

Pur continuando a registrare indici elevati di popolazione minorile in termini assoluti

(4.164.141 infra-diciottenni su un totale Italia di 10.804.889, pari al 38,53 %), ciò vuol dire

che le regioni meridionali e le isole hanno fortemente diminuito la loro quota nell’arco del

quinquennio (nel 2004 erano 4.357.269 su 10.551.644, pari al 41,29 % del totale), per un

totale di 193.128 bambini e 2,76 punti percentuali.

nel dettaglio

La classe d’età 6 – 10 anni rappresentava nel 2004 e nel 2008, rispettivamente, il 4,60% ed il 4,66%

della popolazione totale. A livello nazionale essa registra, tra i due anni considerati, un aumento

pari al 4,12%, da imputare essenzialmente alle regioni del Centro Nord. Nel confronto regionale,

infatti, si evidenzia immediatamente che, a fronte di crescite anche di oltre il 10% rilevate nell’area

settentrionale del Paese (Valle d’Aosta ed Emilia Romagna), in tutte le regioni meridionali ed

insulari, eccezion fatta per l’Abruzzo, si rileva un decremento che va dal – 1,55% della Sardegna al

– 5,58% del Molise. Se nella disamina si pone l’attenzione sulla disaggregazione provinciale, risulta

ancora più evidente il divario fra le regioni del Centro Nord e quelle del Sud: l’Emilia Romagna in

particolare registra un aumento della popolazione 6 – 10 anni in tutte le province passando dal +

11,27% di Piacenza al + 16,29% di Reggio Emilia. Situazione analoga si evidenzia nelle province

lombarde (dal + 6,81% di Como al + 14,65% di Mantova, con eccezione di Sondrio, praticamente

invariato) ed in quelle della Toscana (dal + 3,32% di Massa Carrara al + 14,71% di Prato). In misura

meno evidente, ma pur sempre con un trend crescente, si registrano gli incrementi nelle altre

regioni centrali con punte provinciali abbastanza consistenti (Perugia + 9,14%; Pesaro e Urbino +

9,35%; Roma + 11,01%).

La classe d’età 11 – 13 anni rappresenta nel 2004 e nel 2008, rispettivamente, il 2,93% ed il 2,78%

della popolazione totale. Dalle tabelle allegate si evince una situazione analoga alla classe

precedente, ma con caratteristiche in parte diverse: si rileva, infatti, un decremento a livello

nazionale (- 2,62%) da attribuire, in maggior misura, alle diminuzioni registrate nell’area

meridionale. Anche qui si conferma una crescita della fascia d’età considerata per tutta l’area

settentrionale del Paese, pur con percentuali inferiori al 10% e con alcune sporadiche diminuzioni

(il massimo si registra, a livello regionale, in Emilia Romagna con + 6,95% e, a livello provinciale, a

Ravenna con + 9,69%), e quindi con una crescita più contenuta rispetto a quanto avvenuto per la

classe d’età 6 – 10 anni. Viceversa, scendendo verso l’area centro-meridionale si registrano

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61

diminuzioni via via sempre più evidenti e marcate, soprattutto al Sud e nelle Isole, passando

da – 7,60% dell’Abruzzo a – 13,16% della Calabria; a livello provinciale si segnalano, fra gli

altri, i forti decrementi di Messina (- 14,58%), Caltanissetta (– 14,11%), Cosenza (– 14,14%),

Potenza (–14,02%), ecc.. In definitiva, a fronte del 4,75% di crescita nelle aree settentrionali (+

4,01% nel nord-ovest e + 5,76% nel nord-est), nell’Italia Meridionale ed Insulare si riscontra una

diminuzione in tutte le regioni superiore al 10%, eccezion fatta per l’Abruzzo e la Puglia che

registrano una diminuzione inferiore (rispettivamente, – 7,6% e – 9,54%).

Infine, la classe d’età fra i 14 ed i 18 anni, tra gli anni 2004 e 2008 è rimasta pressoché costante

rappresentando, rispettivamente, il 4,92% ed il 4,89% della popolazione totale. Nel medesimo arco

temporale la classe d’età in esame ha registrato un aumento del 2,09%, anche in questo caso, da

attribuire interamente agli aumenti registrati nell’area settentrionale del Paese. Infatti, a partire

dall’Emilia Romagna, che registra un aumento di oltre il 10% dei 14-18enni, tutte le regioni

settentrionali, soprattutto quelle nord – orientali registrano aumenti che vanno dal +4,23% della

Valle d’Aosta al +8,38%del Trentino Alto Adige; nell’area centrale, pur in presenza di incrementi, le

variazioni sono più contenute.

Si riportano, qui di seguito, alcuni grafici per una lettura più immediata dei dati (Le percentuali sono

calcolate rapportando la popolazione della classe in esame di ogni area geografica sul totale della popolazione dell'area

stessa).

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62

Come sarà possibile vedere meglio parlando, nel paragrafo 4.2 , dei livelli di scolarizzazione, diversi

sono i fattori che possono aver inciso sulle rilevate variazioni demografiche, fra cui l’immigrazione

interna e quella dall’estero, ovviamente attratte dalle maggiori occasioni di occupazione nel

centro-nord piuttosto che al sud o nelle isole, ma un fattore rilevante particolarmente significativo

è quello del decremento degli indici di natalità.

La tabella che segue è formata prendendo in considerazione la consistenza delle classi d’età da 6 a

10 anni e da 11 a 13 alle date del 31 dicembre 2004 e 31 dicembre 2008:

31 dicembre 2004 31 dicembre 2008

classe 6 – 10 anni classe 11 – 13 anni classe 6 – 10 anni classe 11 – 13 anni

Nati negli anni 1994 - 1998 1991 - 1993 1998 - 2002 1995 - 1997

Tassi dinatalità *

9,1 / 9,3 9,6 / 10,1 9,2 / 9,4 9,1 / 9,3

Fonte: Elaborazione dell’Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno su dati Istat

Come si evince dalla tabella, i tassi di natalità degli anni di nascita della classe d’età 6 – 10 anni

risultano sostanzialmente stabili tra il 2004 ed il 2008; viceversa i tassi relativi alla classe d’età 11 –

13 anni presentano, nel confronto 2004 - 2008, una diminuzione pari a 0,5/0,8 nascite per 1.000

abitanti. E’ infatti nella seconda metà degli anni ’90 che l’Italia ha toccato il minimo storico delle

nascite e, precisamente, nel 1995.

La denatalità è rilevante soprattutto nell’area meridionale dove, dal 1995 al 2008, si registrano

decrementi anche consistenti della natalità (Basilicata – 21%) (dato Istat).

Viceversa, la natalità ha ripreso a crescere nel centro - nord, anche per la significativa influenza

delle famiglie di immigrati che presentano tassi di natalità elevati, su valori superiori al livello di

sostituzione (numero figli per donna maggiore di 2).

4.2 Statistiche di scolarità

Le variazioni demografiche si sono riflesse, comprensibilmente, sul numero degli iscritti

nei diversi livelli di scolarità, negli anni scolastici 2004-2005 e 2008-2009, nonché, come si

dirà, su quello delle unità scolastiche e delle sezioni, con un percorso, però, non del tutto

parallelo.

Come si può notare dalla tabella che segue, gli iscritti “totali” nella scuola primaria, (pari a

2.776.184, nell’anno scolastico 2004 – 2005 ed a 2.819.193 nell’A.S. 2008 – 2009) hanno

subìto, nel quinquennio, un incremento dell’1,55 %.

Al contrario la scuola secondaria di I grado o, secondo la vecchia dizione, scuola media

inferiore, ha perso nel quinquennio in esame ben 37.094 iscritti, pari al 2,07%, passando

da 1.795.478 a 1.758.384 studenti.

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A. S. 2004 - 2005

A. S. 2008 - 2009

A. S. 2004 - 2005

A. S. 2008 - 2009

PIEMONTE 179.410 187.649 4,59 111.170 115.297 3,71

VALLE D'AOSTA 5.240 5.701 8,80 3.322 3.424 3,07

LOMBARDIA 417.211 447.788 7,33 254.199 266.167 4,71

LIGURIA 59.864 61.624 2,94 38.677 38.628 0,13-

ITALIA NORD - OCC. 661.725 702.762 6,20 407.368 423.516 3,96

TRENTINO A.A. 52.997 54.332 2,52 31.929 33.702 5,55

VENETO 216.110 229.382 6,14 131.470 138.101 5,04 FRIULI V. G. 46.837 50.519 7,86 29.222 30.202 3,35

EMILIA ROMAGNA 167.039 185.980 11,34 101.572 108.017 6,35

ITALIA NORD - OR. 482.983 520.213 7,71 294.193 310.022 5,38

ITALIA SETTENTR. 1.144.708 1.222.975 6,84 701.561 733.538 4,56

TOSCANA 143.672 153.697 6,98 90.398 92.955 2,83

UMBRIA 35.771 37.270 4,19 22.724 22.804 0,35

MARCHE 66.400 69.110 4,08 42.199 42.539 0,81

LAZIO 256.023 257.527 0,59 164.436 161.203 1,97-

ITALIA CENTRALE 501.866 517.604 3,14 319.757 319.501 0,08-

ABRUZZO 59.145 57.627 2,57- 39.526 37.286 5,67-

MOLISE 14.654 13.751 6,16- 10.108 9.202 8,96-

CAMPANIA 349.482 335.348 4,04- 234.742 215.189 8,33-

PUGLIA 219.875 212.416 3,39- 148.030 136.192 8,00-

BASILICATA 29.048 27.677 4,72- 20.214 17.872 11,59-

CALABRIA 103.589 97.284 6,09- 72.772 64.675 11,13-

ITALIA MERID. 775.793 744.103 4,08- 525.392 480.416 8,56-

SICILIA 281.703 265.408 5,78- 196.864 178.450 9,35- SARDEGNA 72.114 69.103 4,18- 51.904 46.479 10,45-

ITALIA INSULARE 353.817 334.511 5,46- 248.768 224.929 9,58- ITALIA 2.776.184 2.819.193 1,55 1.795.478 1.758.384 2,07-

Fonte: Elaborazione dell'Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati MIUR

Variazione %

Numero iscritti Numero iscritti

(*) Nel numero degli iscritti "totali" sono conteggiati, oltre tutti coloro che hanno età compresa fra i 6 e i 10 anni, per la scuola primaria, e fra gli 11 e i 13 anni per la scuola secondaria di I grado, anche i bambini e i ragazzi che hanno un’età inferiore al limite minimo e maggiore del limite massimo (anticipatari e ripetenti).

Numero iscritti "totali" (*) alla scuola primaria (elementare) e alla scuola secondaria di I grado (medie inferiori)Anno scolastico 2008 - 2009 e confronto con l'anno scolastico 2004 - 2005

Dati assoluti e variazione percentuale

PROVINCIA

Scuola primaria (elementare) Scuola secondaria di I grado

(medie inferiori)

Variazione %

I dati ricalcano e confermano il trend crescente delle iscrizioni nell’area settentrionale del

Paese per entrambi gli ordini di scuola e gli anni scolastici di riferimento, la sostanziale

stabilità del centro, e il decremento generalizzato in tutto il mezzogiorno, soprattutto per

la scuola secondaria di primo grado.

Quanto alla conformazione delle classi ed alle infrastrutture, il quinquennio di riferimento

si è caratterizzato per una generalizzata flessione numerica, che, nella scuola primaria, è

stata del 2,46 %, particolarmente accentuata nel Sud e nelle isole (complessivamente –

3,12 %), e, in quella secondaria di primo grado, del 3,81 %, anche qui con forti

differenziazioni fra Nord e Sud.

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Una indicazione “di sintesi” delle differenti linee di tendenza tra Nord e Sud può ritrovarsi

nella tabella che segue, che riporta, in termini assoluti, le variazioni intervenute, agli

estremi del quinquennio in esame, circa il numero degli iscritti nei due ordini di scuola

(primaria e secondaria di I grado), le unità scolastiche e le relative sezioni.

Variazioni rilevate tra l’anno scolastico 2004 – 2005 e quello 2008 – 2009Dati nazionali – Valori assoluti

Tipologia della scuola

unità scolastiche sezioni iscritti totaliiscritti d’età

regolare

Scuola primaria - 454 - 1.002 + 43.009 + 31.595

Scuola secondaria di

I grado - 24 - 3.280 - 37.094 - 62.999

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Per età “regolare” si intende quella prescritta per il relativo corso, quindi età 6 – 10 anni per la

scuola primaria e 11 – 13 anni per la scuola secondaria di I grado. Nel numero degli iscritti “totali”

sono compresi, invece, oltre a coloro che hanno le età appena menzionate, anche i bambini o

ragazzi che hanno un’età inferiore al limite minimo e maggiore del limite massimo (anticipatari e

ripetenti).

nel dettaglio

Le considerazioni svolte sulle variazioni regionali degli iscritti nella scuola primaria mutuano gli

andamenti registrati nella sezione demografica. Significativi appaiono, infatti, le percentuali di

incremento ed i relativi valori assoluti registrati nella scuola primaria in Emilia Romagna (+ 11.34%,

pari a circa 19.000 unità), in Lombardia (+ 7.33% pari a quasi 31.000 unità) e in Veneto (+ 6.14%

pari ad oltre 13.000 unità); al centro solo la Toscana presenta un incremento di poco superiore alle

10.000 unità (+ 6.98%). La situazione si ribalta completamente a partire dall’Abruzzo ,con

diminuzioni che in Campania superano le 14.000 unità (- 4,04%), in Sicilia le 16.000 (- 5.78%), in

Puglia le 7.000 (- 3.39%) ed in Calabria le 6.000 (- 6.09%).

Sul fronte provinciale, gli aumenti più consistenti, dal 10,76% di Rimini al 14,72% di Reggio Emilia

hanno interessato, in ordine decrescente, Ravenna, Prato, Mantova, Pordenone, Bologna e Forlì;

per quanto riguarda i livelli di contrazione, i più importanti cali si sono evidenziati nelle province di

Isernia (-11,45%), Vibo Valentia (-8,23%), Benevento (-8,02%), Nuoro (-7,55%),Crotone (-7,44%) e

Caltanissetta (-7,06%).

In relazione alle strutture scolastiche, per la scuola primaria, delle 103 province, ben 85, pari

all’82,52%, sono state interessate da tale diminuzione (valore massimo a L’Aquila con – 8%) e di

esse 40 sono situate al Nord, 15 al Centro, 20 nel Sud e 10 nelle Isole; rapportando tali valori al

numero di province esistenti in ciascuna area del Paese, il numero di province in cui si è rilevato il

decremento va dal 71,43% del Centro all’86,96 % sia per il Nord, sia per il Meridione. E’ da

sottolineare, comunque, che in 41 province sulle 85 indicate, di cui 32 al Nord e 9 al centro, alla

diminuzione delle unità scolastiche si accompagna un aumento nel numero delle classi, mentre al

Sud e nelle Isole si conferma un decremento anche in tal senso (rispettivamente - 4,26% e – 3,27%).

Si segnala, infine, a livello provinciale, che l’aumento nel numero delle classi al nord ha superato, in

alcuni casi anche il 7% (Reggio Emilia + 9,6%; Bologna +8,03%; Mantova + 7,07%), mentre nel Sud

e nelle Isole le diminuzioni sono state superiori, a volte, all’8% (Reggio Calabria – 11, 34%; Catania

– 9,20%; Caltanissetta -8,69%; Nuoro – 8,60%; Messina – 8,42%; L’Aquila – 8,18%; Catanzaro – 8,

07%). Nell’area centrale del Paese si evidenzia un’alternanza di aumenti e diminuzioni, queste

ultime più evidenti man mano che si scende dalla Toscana al Lazio: a fronte di aumenti il cui valore

massimo si segnala a Prato, con + 7,26%, i decrementi più consistenti si hanno a Rieti, con – 6,01%,

e a Frosinone, con – 5,87%.

Anche per scuola secondaria di I grado valgono, in generale, le considerazioni espresse per la

scuola primaria, tuttavia occorre puntualizzare che gli aumenti registrati nell’intera area

settentrionale, sono in questo caso più contenuti rispetto al caso precedente, sia in termini assoluti

che percentuali (dal 3 al 6%), mentre le flessioni riscontrate nel mezzogiorno sono più marcate,

anch’esse in entrambi i termini (da – 6 a – 12%). Si evidenziano, infatti, aumenti di quasi 12.000

unità in Lombardia e di oltre 6.000 in Veneto, come pure in Emilia Romagna; di contro, si

registrano, in meno, oltre 19.000 unità in Campania, poco più di 18.000 in Sicilia, circa 12.000 in

Puglia ed oltre 8.000 in Calabria. Va sottolineato che, a partire dal Lazio compreso e scendendo

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fino alla Sardegna, i saldi tra i due anni scolastici esaminati sono sempre costantemente negativi,

cosa che si conferma ancor più da punto di vista provinciale, laddove nessuna provincia del Lazio e

dell’intero mezzogiorno presenta uno scarto positivo. I soli incrementi consistenti si sono registrati

a: Ravenna (+ 11,21%), Asti (+ 8,08%), Piacenza (+ 7,96%), Mantova (+ 7,62%), Bergamo (+ 7,36%),

Cremona (+ 7,02%).

Per le strutture scolastiche, a livello provinciale sono state 30 le città nelle quali si è registrato un

aumento, o una stabilità, nel numero di unità scolastiche e, contemporaneamente, un aumento nel

numero di classi: di queste ben 25, pari ad oltre l’83%, sono collocate nel nord del Paese. Sempre in

quest’ultima area, altre 11 province, a fronte di una diminuzione delle unità scolastiche, hanno

segnalato un incremento nel numero delle classi: in definitiva, sulle 46 province presenti nel Nord,

in 36 si registra l’aumento nel numero delle classi (pari al 78,26%), mentre solo in 9, pari al 19,56%,

se ne rileva una decremento.

Nessuna provincia del Sud o delle Isole ha registrato aumenti nel numero delle classi, viceversa

sono tutte comprese (23 al Sud e 13 nelle Isole) in quelle che, a prescindere dall’aumento o meno

del numero delle unità scolastiche, hanno registrato una diminuzione nel numero di classi con

valori anche superiori al 10% (sono 14 province, tra le quali: Reggio Calabria – 15,37%; Cagliari –

14,64%; Siracusa – 14,99%; Cosenza – 13,97; Brindisi – 13,94; Enna – 12,54%; Isernia – 12,34%;

ecc.).

Come si può notare, nel caso della scuola primaria alla riduzione del numero delle unità

scolastiche e delle sezioni non corrisponde una riduzione, bensì un incremento del numero degli

iscritti di 43.009 unità, pari a + 1,55%, determinato essenzialmente dalla loro crescita

nell’area settentrionale (+ 6,84%) e, in minor misura, in quella centrale (+ 3,14%).

La differenza fra gli iscritti totali ed i “regolari”, pari a 11.414 unità, è dovuto essenzialmente ai

tanti bambini che accedono alla scuola primaria prima del compimento del 6° anno d’età. Il loro

numero, infatti, è passato da 38.734 nell’A. S. 2004 – 2005 a 50.320 nell’A. S. 2008 – 2009 con un

incremento del 29,90%. La possibilità dell’accesso anticipato nella scuola primaria è stata

introdotta gradualmente proprio a partire dal 2004 – 2005: inizialmente limitata ai nati entro il 28

febbraio, poi estesa ai nati entro il 31 marzo ed, infine, ai nati entro il 30 aprile (D.P.R. 20/3/09, n.

89 – art. 4; D.P.R. 20/3/09, n. 81 – art.

10). Viceversa, e fortunatamente, colo-

ro che permangono nella scuola

primaria oltre il periodo previsto sono in

leggero calo, soprattutto quelli di età

superiore agli 11 anni.

Una particolare situazione si rileva in

Campania dove si registra il maggior

numero di “anticipi” per entrambi gli

anni scolastici esaminati: 8.718 su

76.729 iscritti fino a 6 anni, pari

all’11,36% (A. S. 2004 – 2005), 12.551 su

77.193 iscritti fino a 6 anni, pari al

16,26% (A. S. 2008 – 2009).

(Fonte: Elaborazione dell’Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno su dati MIUR)

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Nel caso della scuola secondaria di I grado si rileva, rispetto alla scuola primaria, una più ridotta

diminuzione delle unità scolastiche, ma una più marcata riduzione degli iscritti, come già

evidenziato, per un ammontare di 37.094 unità, pari a – 2,07%.

Anche nel caso della scuola

secondaria è significativo il numero

degli iscritti in anticipo rispetto all’età

regolare, ossia prima del compimento

dell’11° anno d’età, passati da

20.987, nel 2004 - 2005, a 43.507

nell’anno scolastico 2008 – 2009, con

un incremento pari al 107,65%.

Da segnalare che il fenomeno degli

“anticipi” è più accentuato, in

generale, nelle regioni dell’area

meridionale ed insulare del Paese per

entrambi i tipi di scuola. Anche in

questo caso la Campania detiene il

primato degli “anticipi” sia nel 2004

(con un’incidenza del 10,25%), sia nel

2008 (11.841 su 77.367 iscritti fino a

11 anni, pari al 15,30%).

(Fonte: Elaborazione dell’Ufficio Centrale di Statistica M.I. su dati MIUR)

Non mancano, inoltre, i “ritardi” (di coloro che permangono nella scuola secondaria di I grado oltre

il compimento dei 14 anni), con un leggero aumento del 3,69 % nel 2008, rispetto al 2004.

Come si evince dai grafici delle pagine precedenti, c’è una sostanziale coerenza fra il dato

demografico segnalato al paragrafo 4.1 (incremento della popolazione infantile al nord e,

in parte, al centro e decremento al sud e nelle isole) ed i dati sull’andamento delle

iscrizioni scolastiche, in incremento al nord, per entrambi gli ordini di scuola, soprattutto

per la scuola primaria, ed in decremento nelle regioni dell’area meridionale ed insulare,

soprattutto per la scuola secondaria di I grado.

E’ possibile che una parte del divario sia assorbito dalla diversa incidenza della

“dispersione scolastica” (maggiore al sud e nelle isole e minore al nord e al centro), ma la

rilevata coerenza con i dati demografici fa ritenere che i motivi di tali andamenti siano da

ricondurre principalmente: al diverso andamento degli indici di natalità (cfr. retro

paragrafo 3.1); ai flussi migratori interni; alla maggiore presenza, al centro e al nord, di

famiglie di immigrati sufficientemente stabilizzate e orientate all’integrazione.

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4.3 Studenti minori extracomunitari

L’incidenza dei minori stranieri nella popolazione scolastica, cui si è accennato alla fine del

precedente paragrafo non va però sopravvalutata (neppure nelle regioni in cui appare più

evidente), ma neppure sottovalutata, ma va considerato nel complesso delle relazioni

economico-sociali Nord – Sud, aggiungendo al Sud tradizionale del Paese, anche il Sud

extranazionale.

Numero iscritti

A. S. 2004/05

Incid. % regioni/Italia

Numero iscritti

A. S. 2008/09

Incid. % regioni/Italia

Numero iscritti

A. S. 2004/05

Incid. % regioni/Italia

Numero iscritti

A. S. 2008/09

Incid. % regioni/Italia

PIEMONTE 14.602 9,88 22.487 9,60 8.024 9,34 13.491 9,63

VALLE D'AOSTA 250 0,17 495 0,21 136 0,16 269 0,19

LOMBARDIA 35.703 24,16 58.267 24,88 20.359 23,70 32.945 23,52

LIGURIA 4.425 2,99 6.346 2,71 2.985 3,47 4.299 3,07

ITALIA NORD - OCC. 54.980 37,20 87.595 37,40 31.504 36,67 51.004 36,42

TRENTINO A. A. 3.286 2,22 4.872 2,08 1.762 2,05 2.953 2,11

VENETO 19.273 13,04 29.643 12,66 10.805 12,58 17.559 12,54

FRIULI V. G. 3.404 2,30 5.334 2,28 2.063 2,40 3.427 2,45

EMILIA ROMAGNA 17.097 11,57 26.879 11,48 9.522 11,08 15.410 11,00

ITALIA NORD - OR. 43.060 29,13 66.728 28,49 24.152 28,12 39.349 28,10

ITALIA SETTENTR. 98.040 66,34 154.323 65,89 55.656 64,79 90.353 64,51

TOSCANA 11.146 7,54 18.001 7,69 7.281 8,48 11.142 7,96

UMBRIA 3.472 2,35 5.229 2,23 2.068 2,41 3.186 2,27

MARCHE 5.694 3,85 8.497 3,63 3.452 4,02 5.180 3,70

LAZIO 14.827 10,03 22.188 9,47 8.386 9,76 14.095 10,06

ITALIA CENTRALE 35.139 23,78 53.915 23,02 21.187 24,66 33.603 23,99

ABRUZZO 2.362 1,60 3.946 1,68 1.573 1,83 2.524 1,80

MOLISE 212 0,14 453 0,19 124 0,14 285 0,20

CAMPANIA 3.180 2,15 5.317 2,27 2.048 2,38 3.425 2,45

PUGLIA 2.861 1,94 4.436 1,89 1.570 1,83 2.692 1,92

BASILICATA 323 0,22 559 0,24 194 0,23 380 0,27

CALABRIA 1.714 1,16 3.273 1,40 1.022 1,19 2.084 1,49

ITALIA MERID. 10.652 7,21 17.984 7,68 6.531 7,60 11.390 8,13

SICILIA 3.167 2,14 6.658 2,84 2.038 2,37 3.793 2,71

SARDEGNA 797 0,54 1.326 0,57 489 0,57 911 0,65

ITALIA INSULARE 3.964 2,68 7.984 3,41 2.527 2,94 4.704 3,36

ITALIA 147.795 100,00 234.206 100,00 85.901 100,00 140.050 100,00

Fonte: Elaborazione dell'Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell'Interno su dati MIUR

(*) I dati comprendono anche iscritti provenienti dai paesi facenti parte dell'Unione Europea

ISCRITTI CON CITTADINANZA NON ITALIANA

ALLA SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI I GRADO (*)

Anni Scolastici 2004 - 2005 E 2008 - 2009

Dati regionali e incidenza percentuale

PROVINCIA

Scuola primaria Scuola secondaria di I grado

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Come si può rilevare dalla tabella riportata nella pagina precedente, la distribuzione

territoriale degli iscritti stranieri conferma l’andamento già evidenziato nella premessa

demografica: pur aumentando il loro numero in tutto il Paese – oltre il 58% nella scuola

primaria e più del 63% nella scuola secondaria di I grado tra il 2004 ed il 2008 – la maggior

parte di essi si concentra nell’area settentrionale, con una percentuale pari a circa il 65 –

66 % del totale per entrambi i tipi di scuola e per entrambi gli anni (A. S. 2008 2009 -

scuola primaria: nord ovest 37,40%, nord est 28,49% - scuola secondaria. I grado: nord

ovest 36,42%, nord est 28,10%).

In termini assoluti, la Lombardia è la regione con il più alto numero di iscritti stranieri, sia

per la scuola primaria sia per la scuola secondaria di I grado, in entrambi gli anni

considerati; a seguire, con le stesse caratteristiche, il Veneto e l’Emilia Romagna, seguiti

da Piemonte, Lazio e Toscana.

Analogamente, a livello provinciale, il maggior numero di iscritti si rileva a Milano, Roma e

Torino e, tra le province non capoluogo di regione, a Brescia, sempre per entrambi i tipi di

scuola e gli anni considerati. Questa situazione trova riscontro nell’esame del numero di

permessi di soggiorno rilasciati nel 2008: infatti nelle stesse province indicate si rileva il

maggior numero di tali permessi ed il maggior numero di minori di 14 anni iscritti sul

permesso del genitore/affidatario.

Come si evince dalla tabella, complessivamente, gli iscritti extracomunitari alla scuola

dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado sono pari a 388.880 che, posti direttamente

a confronto con i 479.811 infra-quattordicenni extracomunitari risultanti dai permessi di

soggiorno dei genitori, danno luogo, ipotizzando una diretta corrispondenza dei due

universi (cosa tutt’altro che provata), ad un rapporto pari all’81,05 % di scolarizzazione.

Ex adverso, lo stesso rapporto consente di ipotizzare, in prima approssimazione e con

tutte le riserve del caso, un livello di “renitenza scolastica” fra i minori extracomunitari

inferiore al 20 % e, in definitiva, una sostanziale adesione delle famiglie straniere al

modello educazionale pubblico italiano e, comunque, un grado elevato di propensione

all’integrazione.

Nord e Sud nelle dinamiche di scolarità

Si riportata alla pagina successiva una tabella complessiva delle iscrizioni nell’anno

scolastico 2008-2009, ottenuta incrociando i dati delle iscrizioni complessive nei due

ordini di scuole, con quelli relativi alle sole iscrizioni dei bambini stranieri, e relative

percentuali.

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Iscrizioni nell’anno scolastico 2008 – 2009

Scuola primaria Scuola secondaria 1° gradoRegioniTotale iscr. Iscr. stranieri % Totale iscr. Iscr. stranieri %

Piemonte 187.649 22.487 11,98 115.297 13.491 11,7Valle d’Aosta 5.701 495 8,68, 3.424 269 7,85Lombardia 447.788 58.267 13,01 266.167 32.945 12,37Liguria 61.624 6.346 10,29 38.628 4.299 11,12ITALIA NORD OVEST 702.762 87.595 12,46 423.516 51.004 12,04Trentino A.A. 54.332 4.872 8,96 33.702 2.953 8,76Veneto 229.382 29.643 12,92 138.101 17.559 12,71Friuli V. G. 50.519 5.334 10,55 30.202 3.427 11,34Emilia Romagna 185.980 26.879 14,45 108.017 15.410 14,26ITALIA NORD EST 520.213 66.728 12,82 310.022 39.349 12,69ITALIA NORD 1.222.975 154.323 12,61 733.538 90.353 12,31Toscana 153.697 18.001 11,71 92.955 11.142 11,98Umbria 37.270 5.229 14,03 22.804 3.186 13,97Marche 69.110 8.497 12,29 42.539 5.180 12,17Lazio 257.527 22.188 8,61 161.203 14.095 8,74ITALIA CENTRO 517.604 53.915 10,41 319.501 33.603 10,51Abruzzo 57.627 3.946 6,84 37.286 2.524 6,76Molise 13.751 453 3,29 9.202 285 3,09Campania 335.348 5.317 1,50 215.189 3.425 1,59Puglia 212.416 4.436 2,08 136.192 2.692 1,97Basilicata 27.677 559 2,01 17.872 380 2,12Calabria 97.284 3.273 3,36 64.675 2.084 3,22ITALIA SUD 744.103 17.984 2,41 480.416 11.390 2,37Sicilia 265.408 6.658 2,50 178.450 3.793 2,12Sardegna 69.103 1.326 1,91 46.479 911 1,96ITALIA INSULARE 334.511 7.984 2,38 224.929 4.704 2,09TOTALE ITALIA 2.819.193 234.206 8,30 1.758.384 140.050 7,96

Confermando i già rilevati scostamenti di molte Regioni dalla media nazionale

dell’incidenza degli scolari stranieri, con nette differenze fra Nord e Sud, il confronto

diretto accentua ulteriormente, in un quadro di generale concentrazione della presenza di

scolari stranieri al Nord e, in parte, al Centro, e di generale rarefazione al Sud e nelle Isole,

la particolare incidenza della presenza straniera nelle scuole primarie e secondarie di I

grado dell’Emilia-Romagna, seguite da quelle della Lombardia e del Veneto, insieme ad

una incidenza assolutamente minima in Campania, in Sardegna e in Basilicata.

Se si porta l’attenzione sulle regioni con un maggior numero di iscritti, nazionali e non

nazionali, nei due ordini di scuola sopra menzionati, si può ragionevolmente osservare che

la popolazione nazionale scolarizzata si concentra nelle regioni tradizionalmente più

popolose ed in quelle maggiormente interessate allo sviluppo economico-sociale dagli

anni ’50 fino agli anni ’90, mentre quella non nazionale si concentra nelle regioni oggi

interessate alle dinamiche economico-sociali di maggior rilievo, siano esse quelle da

tempo più ricche e dinamiche (Lombardia e, in minor misura, Piemonte, Emilia-Romagna,

Toscana) o siano quelle di più recente sviluppo (Veneto, Marche, Liguria):

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Regioni a più elevata densità di popolazione scolarizzata (per l’anno scolastico 2008-2009)

Regione nazionali Regione stranieri

Lombardia 622.743 Lombardia 91.212Campania 541.795 Veneto 47.202Sicilia 433.403 Emilia-Romagna 42.289Lazio 382.447 Lazio 36.283Puglia 341.480 Piemonte 35.978Veneto 320.281 Toscana 29.143Piemonte 266.968 Marche 13.677Emilia-Romagna 251.708 Liguria 10.645Toscana 217.509 Sicilia 10.451

I flussi migratori interni

La diminuzione delle iscrizioni alla scuola primaria e secondaria di I grado, rilevata all’inizio

della presente sezione, trova una ulteriore conferma dall’analisi dei dati Istat sulle

iscrizioni/cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza. Sia per il 2004 che per il

2008, si registra, infatti, un saldo positivo tra iscritti e cancellati nelle regioni del centro

nord, mentre, a partire dal Molise, in tutto il Sud tale saldo risulta negativo.

In particolare: nel 2004, nell’area meridionale ed insulare le cancellazioni hanno superato

le iscrizioni, con rapporti percentuali anche oltre il 40% (Puglia, Sicilia e Basilicata), con

punte massime in Campania (- 51,17 %) ed in Calabria (- 48,84 %); di contro le iscrizioni

hanno superato le cancellazioni nell’area centro settentrionale con un valore massimo del

73,61% registrato in Emilia Romagna, seguita da Marche (+ 57,41 %) e Trentino-Alto Adige

(*53,55 %).

Analoga situazione si è registrata nel 2008, anno in cui il rapporto iscrizioni/cancellazioni

ha registrato percentuali negative sempre superiori al – 40 % (Puglia e Calabria), con valori

ancora più accentuati in Campania (- 56,53 %) ed in Basilicata (- 49,27 %) e, viceversa,

variazioni percentuali in ulteriore crescita in tutto il Centro – Nord, particolarmente in

Emilia-Romagna (+71,42 %), Trentino Alto Adige (+55,02 %) e nelle Marche (+40,19 %).

Questo fenomeno dell’immigrazione interna, anche in anni precedenti la crisi

economico-finanziaria in atto, rappresenta evidentemente un dato strutturale della

società italiana, destinato probabilmente ad accentuarsi ove dovesse venir meno o

affievolirsi il sostegno pubblico all’economia meridionale.