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FILM – DOCUMENTARIO: “IL GHETTO DI VENEZIA, 500 ANNI DI VITA” Regista: Emanuela Giordano Scheda di approfondimento del film e delle tematiche sulla Shoah Sinossi: “Il Ghetto di Venezia, 500 Anni di Vita” ricostruisce la storia del ghetto più antico d’Europa grazie ai ricordi e alle testimonianze di “testimoni eccellenti”, custodi della memoria e della complessa evoluzione della comunità ebraica di Venezia. Ciascuno approfondisce un tema: le origini, la relazione tra gli ebrei e il governo della Serenissima, tra ebrei di diverse lingue e culture, i grandi personaggi della storia del ghetto, i mestieri permessi, il denaro, la cabala, il cibo, la lingua giudaico veneziana, le persecuzioni, l’integrazione. Raccontano la vita quotidiana, alcuni momenti e luoghi identitari: un Bar Mitzvah, un funerale, le sinagoghe nascoste dietro facciate apparentemente anonime, l’antico cimitero ebraico e molti altri fortemente evocativi di una cultura antichissima. La traccia narrativa segue il percorso di scoperta di Lorenzo Luzzatto, un adolescente ebreo di New York che viene mandato a Venezia per conoscere le origini della sua famiglia materna, origini strettamente legate alla vita del ghetto. Lorenzo affronterà questo percorso di scoperta in compagnia di una zia e di due giovani cugini veneziani che gli offriranno lo stimolo per entrare sempre più all’interno di un mondo a lui sconosciuto. L’iniziale spiazzamento emotivo del ragazzo farà strada ad una curiosità sempre crescente. Questa esperienza offrirà a Lorenzo uno spunto unico per riflettere e maturare. Il suo sguardo si farà mano a mano più attento, più percettivo, più indagatore, senza mai perdere la freschezza e la naturale simpatia della sua età. La sua voce fuori campo – talvolta riflessiva, talvolta divertita – ci farà da guida costante, alternata a momenti di “fiction” vera e propria. Abituato ad una città in continuo evolversi, che non lascia dietro di sé forti tracce del tempo, Lorenzo resta affascinato dalla stratificazione dei ricordi e delle storie che si dipanano e si susseguono da una calle ad un campo, da una sinagoga ad un’altra. Queste storie di tanto in tanto prendono forma grazie a inserti di ricostruzione storica realizzati in animazione, presentati come frutti della fervida fantasia del protagonista. Genere: documentaristico Regia: Emanuela Giordano Titolo Originale: Il ghetto di Venezia Distribuzione: Cinecittà Istituto Luce Produzione: Roberto Levi, Ilann Girard, Yannis Metzinger Sceneggiatura: Emanuela Giordano, Alessandra Bonavina Direttore della Fotografia: Alberto Marchiori Montaggio: Sara Zavarise

Istituto Tecnico "J. Sansovino" · Web viewSi iniziò il 24 e 25 aprile 1915 con la deportazione e lo sterminio dell’intera intellighenzia armena (giornalisti, intellettuali, scrittori,

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FILM – DOCUMENTARIO: “IL GHETTO DI VENEZIA, 500 ANNI DI VITA”

Regista: Emanuela Giordano

Scheda di approfondimento del film e delle tematiche sulla Shoah

Sinossi:

“Il Ghetto di Venezia, 500 Anni di Vita” ricostruisce la storia del ghetto più antico d’Europa grazie ai ricordi e alle testimonianze di “testimoni eccellenti”, custodi della memoria e della complessa evoluzione della comunità ebraica di Venezia. Ciascuno approfondisce un tema: le origini, la relazione tra gli ebrei e il governo della Serenissima, tra ebrei di diverse lingue e culture, i grandi personaggi della storia del ghetto, i mestieri permessi, il denaro, la cabala, il cibo, la lingua giudaico veneziana, le persecuzioni, l’integrazione. Raccontano la vita quotidiana, alcuni momenti e luoghi identitari: un Bar Mitzvah, un funerale, le sinagoghe nascoste dietro facciate apparentemente anonime, l’antico cimitero ebraico e molti altri fortemente evocativi di una cultura antichissima. La traccia narrativa segue il percorso di scoperta di Lorenzo Luzzatto, un adolescente ebreo di New York che viene mandato a Venezia per conoscere le origini della sua famiglia materna, origini strettamente legate alla vita del ghetto. Lorenzo affronterà questo percorso di scoperta in compagnia di una zia e di due giovani cugini veneziani che gli offriranno lo stimolo per entrare sempre più all’interno di un mondo a lui sconosciuto. L’iniziale spiazzamento emotivo del ragazzo farà strada ad una curiosità sempre crescente. Questa esperienza offrirà a Lorenzo uno spunto unico per riflettere e maturare. Il suo sguardo si farà mano a mano più attento, più percettivo, più indagatore, senza mai perdere la freschezza e la naturale simpatia della sua età. La sua voce fuori campo – talvolta riflessiva, talvolta divertita – ci farà da guida costante, alternata a momenti di “fiction” vera e propria. Abituato ad una città in continuo evolversi, che non lascia dietro di sé forti tracce del tempo, Lorenzo resta affascinato dalla stratificazione dei ricordi e delle storie che si dipanano e si susseguono da una calle ad un campo, da una sinagoga ad un’altra. Queste storie di tanto in tanto prendono forma grazie a inserti di ricostruzione storica realizzati in animazione, presentati come frutti della fervida fantasia del protagonista.

Genere: documentaristico Regia: Emanuela Giordano Titolo Originale: Il ghetto di Venezia Distribuzione: Cinecittà Istituto Luce Produzione: Roberto Levi, Ilann Girard, Yannis MetzingerSceneggiatura: Emanuela Giordano, Alessandra BonavinaDirettore della Fotografia: Alberto Marchiori Montaggio: Sara ZavariseScenografia: Mirko Donati Costumi: Cristina Da RoldDestinatari: Scuole Secondarie di II grado Approfondimenti:

IL GHETTO DI VENEZIA, 500 ANNI DI VITA (Italia, Francia/Italy, France, HD, col. 55’)

in collaborazione con Rai Cinema, film riconosciuto di interesse culturale con contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo-Direzione Generale per il Cinema, realizzato con il contributo di Assicurazioni Generali, in collaborazione con Regione del Veneto, Venice Film Commission, il Comitato dei 500 Anni del Ghetto di Venezia, con il patrocinio della Città di Venezia-Assessorato alla Attività Culturali, con il sostegno di Centre National Du Cinema Et De L’Image Animée, Region Alsace, Communaute Urbaine De Strasbourg,in collaborazione con Fondation Pour La Memoire De La Shoah, con il contributo di AB Thématiques Pour Tout L’Histoire.

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Nel 2016 il Ghetto di Venezia compie cinquecento anni. Questo antico quartiere ebraico, che gode del poco invidiabile primato di aver visto il suo nome diventare sinonimo di segregazione, fu istituito dalla Serenissima in periodo politico di incertezza: Venezia accoglieva e allo stesso tempo escludeva un nucleo ebraico cosmopolita di cui voleva assicurarsi i servigi, concedendogli in cambio un grado di protezione inusuale in un’Europa sempre pronta alla persecuzione antiebraica.

Il Ghetto diventò gradualmente nei secoli una zona di contatto tra culture, un “cortile” chiuso e rassicurante, poi un’area povera e abbandonata che sta ridiventando oggi, tra molte contraddizioni, una meta di pellegrinaggio turistico e religioso. Questo piccolo luogo racchiude grandi lezioni per il mondo contemporaneo, lezioni che necessitano di un paziente scavo del suo passato e uno sguardo critico sul suo presente.Shaul Bassi - Isabella di Lenardo(da Fuori Dentro Ghetto, Venezia, Venezia, Corte del Fontego Editore, 2014)

NOTE DI REGIA / DIRECTOR’S STATEMENTConosco il ghetto di Venezia da sempre, da prima del suo restauro, così come appariva in film preziosi come Senso di Visconti. Da sempre percepivo, istintivamente, la sua unicità... Il ghetto è una piccola “isola” ancora misconosciuta dal turismo di massa, il fiume dei turisti la sfiora solo lateralmente, lungo la strada nuova.Il ghetto, nella sua apparente semplicità, quasi dimessa, ci racconta una storia unica, ci racconta lo straordinario coabitare di gente da sempre errante, proveniente da tutti i punti cardinali. Francesi, tedeschi, spagnoli, portoghesi, turchi che, per legge e per necessità, ad un certo punto della storia si sono insediati nel ghetto e lì si sono sposati, hanno fatto figli, imparando a convivere a stretto contatto, gomito a gomito.Non ci interessa quindi spingere la storia sui binari di un’interpretazione agiografica della comunità ebraica di Venezia, ci appassiona invece la speciale relazione “laica” e sostanzialmente “aperta“ che Venezia e gli ebrei seppero costruire sulla base di reciproci interessi e specifiche capacità. È un viaggio che riguarda tutti noi, perché è parte importante della nostra Storia, è un viaggio che ci stimola a capire quale strada intraprendere affinché ogni etnia ed ogni popolo possano e debbano, nel rispetto degli altri, integrarsi e prendere parte alla vita di un paese. Riflettere sulla storia del primo ghetto d’Europa ci stimola a riflessioni che guardano oltre, non risposte, certamente, ma riflessioni importanti, come quelle espresse da Amos Luzzatto, che è stato a lungo Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, uomo d’ indiscussa saggezza e umanità. Amos Luzzatto ci ha ricordato che non c’è pace finché non c’è rispetto dell’identità dell’altro, finché non viene compiuto uno sforzo per comprendere le sue necessità. Lorenzo, ritornando a casa, porterà con se queste riflessioni che forse lo aiuteranno a crescere.

Emanuela Giordano

LA REGISTAEMANUELA GIORDANO http://www.emanuelagiordano.com/breve-curriculum-vitae/

Gli studi universitari, con indirizzo cinema e teatro, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, i numerosi corsi al Centro Sperimentale di Cinematografia e di sceneggiatura americana, il corso universitario di scrittura scenica con Eduardo De Filippo le hanno permesso di sviluppare un doppio percorso professionale indirizzato alla scrittura scenica e alla regia. Il tema dell’olocausto e della storia ebraica ha segnato e ispirato i suoi primi progetti filmici. Il suo primo cortometraggio “Appunti di questi giorni 1943 1944” sul rastrellamento degli ebrei ai tempi dell’occupazione nazista a Roma, ha ottenuto il Premio Sacher diretto da Nanni Moretti e il premio del Cinema della Resistenza diretto dai Fratelli Taviani, è stato invitato al Festival NYCE a New York, a San Francisco, a Locarno e al Festival di Torino. Il medio metraggio “Le ragazze del Ponte”, sempre legato al tema dell’occupazione nazista, è stato presentato e premiato nell’ambito di ‘900 Donna, progetto del Ministero dei Beni Culturali.

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PERCHÈ È IMPORTANTE CHE LE SCUOLE VEDANO QUESTO FILM:

Il 2016 segna il cinquecentesimo anniversario dell’istituzione del Ghetto di Venezia, il primo nel mondo. Venezia, Repubblica laica e tollerante, motivava l’istituzione del Ghetto, con ragioni politiche e sociali, salvaguardando il rapporto con la comunità ebraica e rifuggendo comunque da forme di razzismo presenti nei vari stati europei.

La storia del Ghetto di Venezia diviene così anche dialogo e confronto, non solo esclusione, e come dice lo storico Gadi Luzzatto: "Nel momento in cui le ondate di immigrazione ci hanno costretto a confrontarci con nuove realtà umane, l'andare a ritrovare esempi di questi confronti nella storia, e la storia del Ghetto di Venezia è la storia di questi numerosi confronti, è qualcosa che è assolutamente presente. È attuale".

La storia di questo antichissimo Ghetto è raccontata attraverso gli occhi di un adolescente ebreo, di origini veneziane ma nato e cresciuto a New York, e grazie ai ricordi e alle testimonianze di “testimoni eccellenti”, custodi della memoria e della complessa evoluzione della comunità ebraica di Venezia. Di tanto in tanto queste storie prendono forma anche grazie ad inserti di ricostruzione storica realizzati in animazione.

Il documentario, ideato con uno scopo principalmente divulgativo, é un ottimo strumento didattico da utilizzare nelle Scuole Medie e Superiori a livello nazionale che fornisce un importante spunto di riflessione sulla ricchezza che lo scambio di culture diverse può dare. È una storia positiva che riguarda tutta l'Italia.

UN PO’ DI STORIA

Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò che gli ebrei di diverse contrade cittadine si trasferissero nella corte di case site in Ghetto, presso San Girolamo, una zona che prende il nome da «geto de rame», il luogo in cui venivano riversati («gettati») gli scarti della lavorazione delle fonderie presenti nella zona. Poiché una parte importante della comunità ebraica era di origini tedesche, la parola venne pronunciata sempre più spesso con una “g” dura, dando così origine a quella parola che nel corso dei secoli, e su tutti i continenti, sarebbe presto diventata sinonimo di segregazione.

Li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che sono in Ghetto apresso San Girolamo, ed acciocchè non vadino tutta la notte attorno: Sia preso che dalla banda del Ghetto Vecchio dov’è un Ponteselo piccolo, e similmente all’altra banda del Ponte siano fatte due Porte, qual Porte se debbino aprir la Mattina alla Marangona (campana di San Marco che scandiva il lavoro all’Arsenale);, e la Sera siano serrate a ore 24 per quattro Custodi Cristiani a ciò deputati e pagati da loro Giudei a quel prezzo che parerà conveniente al Collegio Nostro…

Con queste parole il Senato della Serenissima ordinò, il 29 marzo 1516, l’istituzione del ghetto dove il popolo ebraico residente a Venezia rimase segregato per quasi tre secoli, fino all’arrivo di Napoleone che l’abolì nel 1797. Prima del confino degli ebrei nel ghetto, una piccola comunità di circa 1300 individui era presente in città fin dal XII secolo e documentata nel 1152. Dal XIII secolo ebbero residenza stabile presso l’Isola di Spinalonga, che da allora, avendo molti abitanti Giudei, cambiò il proprio nome in Giudecca.Con il passare del tempo agli Ebrei fu vietata la residenza in città e furono costretti a stabilirsi nelle vicinanze, specie a Mestre, mantenendo tuttavia il diritto di commerciare all’interno della città lagunare.Nato come misura di confinamento, il Ghetto diviene in breve un luogo effervescente e cosmopolita, che accoglie gli ebrei provenienti dai luoghi più diversi, oltre a rappresentare uno dei centri di commercio fondamentali della Repubblica veneziana. La struttura architettonica delle sue case, inusuale per Venezia – con i suoi caseggiati sviluppati in altezza per far posto al numero crescente di abitanti ivi confinati -, si intreccia alla vicenda storica del luogo, centrale per l’Italia e l’Europa. Qui sorgono i banchi di pegno dai quali passerà buona parte del prestito di denaro della potenza lagunare, ma nel Ghetto non mancano le professioni liberali e la cultura, che fanno di Venezia una delle capitali indiscusse del mondo ebraico e non solo.

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La zona del ghetto già a quel tempo si presentava come al giorno d’oggi: una piccola isola, circondata da canali, i cui accessi avvengono solo tramite due ponti. In corrispondenza di questi, un tempo, c’erano dei robusti cancelli, che venivano chiusi e sorvegliati di notte, poiché agli abitanti era permesso uscire dal quartiere solo di giorno e con appositi segni distintivi. Se fate attenzione, ancora oggi, si possono vedere i fori dove affondavano i cardini dei cancelli. L’area del ghetto ebraico è distinta in 3 parti: il gheto vechio, il gheto novo e il gheto novissimo e per quanto possa sembrarci strano il gheto novo è paradossalmente la zona ebraica più antica di Venezia. L’aggettivo vecchio o nuovo non c’entra nulla infatti come anticipato con il periodo storico della zona ma è semplicemente collegato all’età della fonderia (del geto) che vi era ubicata. Al tempo del decreto, fu infatti, proprio la zona del ghetto nuovo ad essere utilizzata come prima dimora per la popolazione ebraica. Poco tempo dopo, tuttavia, non fu più sufficiente a ospitare tutti e le autorità veneziane si trovarono costrette ad ampliare il ghetto nuovo. Nel 1541 venne aggiunto il ghetto vecchio, concesso ai cosiddetti ebrei Levantini, giunti dalla penisola Iberica e dall’impero Ottomano e nel 1633 venne aperto il ghetto nuovissimo, una piccola area a est del ghetto nuovo, al di là del canale. Gli Ebrei di Venezia dovevano provvedere a loro spese alla sorveglianza sostenendo il costo delle barche che di notte facevano la ronda attorno all’isolotto. Cosa questa che non gravava particolarmente sulla comunità perché, grazie all’abilità degli abitanti in ambito mercantile, il ghetto godeva di una florida economia. Al commercio si affiancava il prestito su pegno. La comunità stessa si ingrossava sempre più: dapprima con l’arrivo dei todeschi, poi del levantini, provenienti da Istanbul, che divennero davvero indispensabili alla sopravvivenza dei commerci di Venezia. Per ultimi arrivarono i ponentini e i tre gruppi, denominati nazioni, si riunirono nella Università all’interno del ghetto

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Nel campo del gheto novo, incastonato tra le due più antiche sinagoghe veneziane, si trova anche il Museo Ebraico: un piccolo, ma ricchissimo museo fondato nel 1954 dalla Comunità Ebraica veneziana. Il museo visitabile al costo di 8€ è suddiviso in due aree tematiche: la prima dedicata al ciclo delle festività ebraiche ed alla liturgia, contiene libri e manoscritti antichi, manifattura orafa e tessile databile tra il XVI e il XIX secolo e oggetti propri della vita religiosa della comunità; la seconda, racconta la storia del ghetto ebraico e della persecuzione degli ebrei, dalle origini ai campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale, attraverso immagini e oggetti. Aggiungendo pochi euro al prezzo del biglietto è anche possibile visitare con guida alcune delle sinagoghe del GHETTO. Dal punto di vista culturale fin dal XVI secolo il ghetto di Venezia conobbe una vivacità rara. Da parte dei vari gruppi etnici vennero fatte costruire le sinagoghe, o “Schole”. Sorsero così le Schole ashkenazite Tedesca e Canton, la Schola Italiana, le Schole sefardite Levantina e Spagnola. Nonostante alcuni interventi successivi, le sinagoghe sono rimaste intatte nel tempo, testimoniando il valore del ghetto di Venezia. Delle nove sinagoghe costruite a partire dal 1719 solo cinque sono rimaste in piedi. La più grande è quella Levantina, edificio di gran pregio architettonico. L’aumento demografico è, inoltre, testimoniato dalle altissime case, cosa rara a quei tempi, divise in piani più bassi della norma. Quando ci si avvicina al sestriere di Cannaregio saltano all’occhio quasi fossero delle torri che si stagliano verso il cielo. Nonostante lo sviluppo economico e demografico, con l’andar del tempo, a causa dell’ingerenza del governo della Serenissima, che imponeva che l’attività di prestito fosse un’esclusiva degli ebrei perché maggiormente controllabili, si diffuse malumore fra gli abitanti del ghetto che non ottenevano dal prestito i guadagni sperati e mal digerivano quella sorta di schiavitù in cui caddero. Questo fatto, assieme a una diffusa crisi economica, fece temere una fuga di massa, verso gli inizi del Settecento. Ma naturalmente il senato giocò d’anticipo: decretò che l’autorizzazione a lasciare il ghetto fosse concessa solo a coloro che fossero in regola con il pagamento delle tasse e della quota di debiti contratti fissata dai capi dell’Università. Dalla situazione di crisi e di diffuso disagio gli ebrei veneziani furono salvati dalle truppe napoleoniche che aprirono definitivamente le porte il 7 luglio 1797. Da quel momento gli ebreiiniziarono ad integrarsi con i veneziani e a inserirsi nel tessuto cittadino.

“USURAI” MA NON PER SCELTA! IL BANCO DEI PEGNI ROSSO, VERDE E NERO

Oggi il termine usuraio assume la connotazione negativa che tutti conosciamo, ma un tempo non era così. Nel Medioevo il termine “usura” indicava qualsiasi interesse preteso per prestiti in denaro o in natura. A Venezia tale attività fu inizialmente svolta dai Cristiani nei Monti di Pietà, quest’ultimi però vennero ben presto considerati contrari ai dettami della religione cristiana e quindi chiusi. La chiusura dei Monti di Pietà rappresentava un importante problema nella città lagunare, in quanto erano numerose le persone che vi facevano uso, per cui tale lavoro venne imposto per legge alla comunità ebraica. All’interno del ghetto vennero quindi istituiti tre Banchi di Pegno: il Rosso, Verde e Nero, presumibilmente per via del colore delle ricevute che venivano consegnate ai clienti. Questi tre banchi sopravvissero fino alla fine della Repubblica (1797), poi se ne perse il ricordo. Fortunatamente, oggi è possibile visitare di nuovo uno di questi banchi, il Banco Rosso, che recentemente è stato restaurato e aperto ai visitatori. Una curiosità. Qui a Venezia, si dice che il termine bancario “andare in rosso”, derivi proprio da questo antico Banco di Pegni veneziano!

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L’ANIMA DELLE SINAGOGHE DI VENEZIA

Non ci si può accostare all’anima del quartiere ebraico se non partendo dalle sue sinagoghe.All’ interno del Gheto Novo si possono vedere tre delle cinque sinagoghe del ghetto. La più antica è la sinagoga (o Schola) Tedesca, quella degli ebrei ashkenaziti, che si trova nello stesso edificio del museo ebraico. All’angolo della piazza si trova invece la sinagoga Canton (dell’angolo appunto) e lì vicina la Schola Italiana. Spostandosi nel ghetto vecchio ci sono le due sinagoghe più recenti: quella spagnola e la sinagoga o Schola levantina. Le sinagoghe del ghetto sono difficilmente riconoscibili dall’esterno, essendo ricavate all’ interno di palazzi preesistenti e si trovano tutte all’ ultimo piano, giacché per religione non può esserci nulla di terreno al di sopra della sinagoga. La sinagoga è considerata qualcosa di più complesso di un luogo di preghiera. Sono luoghi di aggregazione dove vengono prese le decisioni più importanti per la comunità, si celebrano i passi più importanti per la persona e ci si ritrova per leggere e commentare pezzi del libro sacro, la Torah. Perché le “riunioni” possano avere luogo, è necessario che ci siano almeno 10 uomini presenti. Tutti i presenti possono inoltre leggere pezzi della Bibbia, ma solo il rabbino può commentarli. Le donne che desiderano prender parte a questi incontri possono assistere da una zona separata rispetto agli uomini, in un matroneo sopraelevato o separate da apposite grate

QUALCHE CURIOSITÀ SUL QUARTIERE

LA CUCINA EBRAICA. Se volete calarvi ancor più nello spirito del quartiere e l’ora è quella giusta per una sosta, potreste assaggiare delle specialità tipiche ebraiche presso il ristorante “GamGam Kosher”, oppure, per uno spuntino veloce, al “panificio Giovanni Volpe” potrete trovare pane fresco e dolci tipici della tradizione ebraica.

LA KIPPAH. Come segno di rispetto quando si visitano le sinagoghe, è necessario coprirsi il capo con la Kippah, un piccolo cappellino solitamente di stoffa che si trova vicino all’ entrata. La popolazione ebraica usa coprirsi la testa non solo nelle sinagoghe, ma anche nella vita quotidiana. Si indossa al mattino con la preghiera del mattino e si toglie a fine giornata con la preghiera della sera. Ma per quale motivo è tradizione indossare la Kippah? Ecco le parole del rabbino Chabad Abraham Shemtov in risposta al presidente degli Stati Uniti R. Reagan che nel 1984 fece la stessa domanda: “Signor Presidente, la Kippah per noi è un segno di riverenza. Abbiamo posto la Kippah sul punto più alto del nostro essere – sulla nostra testa, il vascello del nostro intelletto – per ricordare a noi stessi e al mondo che esiste qualcosa che è al di sopra dell’intelletto umano – la sapienza infinita di Dio.”

RIVALITÀ NEL GHETTO. Nel ghetto, pare che un tempo, ci fosse una certa rivalità tra ebrei di origini diverse. I levantini, ad esempio, gli ultimi arrivati nel ghetto, hanno ricevuto la residenza molto tempo dopo esservi stabiliti. Pare infatti, che gli ebrei “originari”, essendo già il ghetto molto affollato, fecero di tutto, anche con persistenti lettere al doge, per impedire che i levantini ottenessero il permesso di residenza.

LA TORAH che viene letta in sinagoga è scritta rigorosamente a mano, con un inchiostro naturale e con penne speciali che si tramandano da secoli. Chi compie il lavoro di trascrizione, ha un compito sacro e non può sbagliare. Per poter seguire più agevolmente la lettura della Torah in sinagoga, si utilizzano dei bastoncini di argento che segnano il punto a cui si è arrivati con la lettura.

Info utili e approfondimenti:MUSEO EBRAICO: http://www.museoebraico.it/SITO COMUNITA’ EBRAICA DI VENEZIA: http://www.jvenice.org/MAPPA DEL GHETTO EBRAICO: http://www.museoebraico.it/Mev%20mappa.pdfBANCOROSSO: http://www.bancorosso.org/

LA SHOAH

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PER COMPRENDERE DOBBIAMO DOMANDARCI: DOVE, PERCHÈ, COME, QUANDO, CHI?DOVE SI SONO SVOLTI I FATTI?Gli eventi della Shoah si sono svolti essenzialmente nell’Europa Centro-Orientale dove per secoli vivevano grandi comunità ebraiche; ovunque minoranze, quasi sempre diffamate, spesso vessate e alla fine perseguitate e massacrate. Le comunità ebraiche più colpite erano quelle della Polonia, dell’Ucraina, della Russia, dell’Ungheria, della Romania, della Grecia, della Germania, dell’Olanda, della Boemia-Moravia, della Slovacchia, della Lituania, della Yugoslavia e dell’Austria. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale si sono avute deportazioni, massacri e vessazioni anche in Italia, Francia, Belgio, Nord Africa Francese (Algeria, Marocco, Tunisi) e Libia. Attacchi e vessazioni si sono verificate in alcuni stati arabi, essenzialmente in Iraq. PERCHÉ É STATO POSSIBILE CHE ACCADESSE QUESTA TRAGEDIA?

1. NUOVI STATI E NUOVI CONFINI - DALLE RIVALITÀ ETNICHE AI CONFLITTI FRA STATI.Avendo visto come la tragedia abbia avuto il proprio epicentro nell’Europa Centrale ed Orientale è logico iniziare la storia della Shoah con la fine della Prima Guerra Mondiale quando si ebbero la disintegrazione della Monarchia Austro-Ungarica e dell’Impero Ottomano oltre al crollo del regime zarista in Russia e della Monarchia in Germania e il sorgere di nuovi stati. Le rivalità fra le varie etnie dei disciolti imperi divennero quindi conflitti fra stati e amplificati sia dalle differenze religiose che da diseguaglianze socio-economiche. Ognuna di queste etnie era in maggioranza su un certo territorio dove gli appartenenti ad altre etnie rivali costituivano delle minoranze. Però le comunità ebraiche erano però in minoranza ovunque, in ogni territorio e in tutti i nuovi stati; in una situazione simile si trovavano gli zingari.

2. LE NUOVE BARRIERE DOGANALI E LA ROTURA DI SECOLARI LEGAMI ECONOMICI.Nell’ambito degli imperi dissolti nei secoli si erano stabiliti dei legami economici, interrotti dai nuovi confini fra stati dimostratisi incapaci di stabilire qualche forma di cooperazione economica. Anzi, i conflitti politici fra gli stati resero ancora più difficili i rapporti economici/commerciali. Il danno era comune a tutte le popolazioni interessate alle quali però si doveva indicare “un colpevole”, facile da accusare perché non in grado di difendersi in quanto minoranza: gli ebrei.

3. LE INGENTI RIPARAZIONI BELLICHE IMPOSTE ALLA GERMANIA E L’INFLAZIONE IN GERMANIA, AUSTRIA E UNGHERIA DETERMINANO L’IMPOVERIMENTO DI GRAN PARTE DEL CETO MEDIO CHE QUINDI PRESTA ASCOLTO ALLA PROPAGANDA.

Alla rottura dei secolari legami economici dovuta ai nuovi confini e barriere doganali si aggiunse l’inflazione in Germania, Austria e Ungheria con l’impoverimento di quel ceto medio che aveva investito i propri risparmi nel debito pubblico (prestiti di guerra, ecc.) polverizzato e in immobili colpiti dai blocchi degli affitti. L’inflazione annullava pure il potere d’acquisto delle retribuzioni. Il sistema economico della Germania era inoltre gravato dal peso delle ingenti riparazioni belliche imposte nei trattati di Versailles. Il piccolo borghese defraudato dei propri risparmi e il lavoratore ridotto alla disoccupazione o alla povertà non si poteva accorgere come i grandi capitalisti con i profitti di guerra, quasi non tassati, acquisivano beni e imprese di chi era costretto a cedere a qualsiasi prezzo, allargando cosi il proprio potere. Questi grandi capitalisti dovevano distogliere l’attenzione delle masse dai propri affari indicando “un colpevole”, facile da individuare e odiare, e pertanto appoggiavano la propaganda antisemita che indicava gli ebrei quali colpevoli di tutto.

4. L’INCAPACITA’ DEI GOVERNI DEMOCRATICI DI PRENDERE PROVVEDIMENTI PER AFFRONTARE I PROBLEMI SPIANA LA STRADA A PARTITI E REGIMI AUTORITARI E TOTALITARI.

A Versailles i vincitori avevano caricato i vinti e i nuovi stati di pesi eccessivi rispetto alle strutture economiche esistenti. Tutti gli stati europei avevano il peso di un gran numero di invalidi, vedove e orfani; la Germania anche quello delle riparazioni da pagare ai vincitori. Gli stati nuovi Polonia, Romania e Yugoslavia comprendevano territori più progrediti acquisiti dall’Austria-Ungheria e dalla Germania e più arretrati acquisiti dalla Russia ed erano quindi anche multinazionali come pure la Cecoslovacchia; ne derivavano aspri contrasti. La “Grande Crisi” iniziata nel 1929 con il crollo della borsa di New York colpì

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quindi in modo massiccio stati con deboli strutture economiche e scarsa coesione interna ed ebbe quindi pesanti effetti sociali quale la disoccupazione di molti lavoratori e un nuovo duro colpo al ceto medio. L’incapacità dei governanti democratici di adottare in tempo provvedimenti adeguati alla gravità di questi problemi economico/sociali apriva la strada prima alla formazione di partiti e movimenti con programmi autoritari o totalitari che in seguito riuscirono a prendere il potere in quasi tutti gli stati coinvolti negli avvenimenti della Shoah.

5. DIFFUSIONE DI TEOLOGIE TENDENTI A SMINUIRE IL VECCHIO TESTAMENTO, DI FILOSOFIE CENTRATE SUL SUPERUOMO E DI TEORIE RAZZISTE BASATE SU UNA PRETESA SUPERIORITA’ DELLA RAZZA ARIANA E DI UN PRETESO DIRITTO DEI TEDESCHI ALLO SPAZIO VITALE NELL’EST EUROPEO.

Già negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo in Germania alcuni cattedratici, argomentando con i risultati delle prime ricerche archeologiche in Mesopotamia e Palestina, mettevano in dubbio la veridicità del Vecchio Testamento, che veniva scisso dal Nuovo Testamento, rafforzando cosi la propaganda antisemitaDall’altra parte si diffondeva l’idea di un superuomo, di un eroe vincente perché non vincolato da leggi o scrupoli morali. Al superuomo si addiceva l’estetica – in musica, poesia, architettura – fine a se stessa e senza riguardo all’uomo semplice. In Germania e altri paesi europei trovava pure ascolto l’esaltazione del rispettivo passato pagano, visto come eroico e più estetico. La colpa per la caduta dell’Impero Romano veniva attribuita alla diffusione del Monoteismo e non ai molti vizi e alle crudeltà contro schiavi e popoli soggetti.Il superuomo vincente su minoranze prive di tutela come quella ebraica o su altri soggetti deboli solo perché libero dai vincoli della legge e della morale poteva comunque diventare attraente per le masse popolari abbruttite dai gravi problemi economico/sociali. I dittatori europei venivano cosi presentati quale figure di Superuomo o di Uomo della Provvidenza che aveva sempre ragione e al quale tutto era consentito.Particolarmente in Germania si diffondevano teorie basate su una presunta differenza fra le varie razze umane e la distinzione fra razze superiori e razze inferiori. Nell’ambito della razza ariana la stirpe germanica era presentata come superiore; ovviamente primeggiava l’etnia tedesca quale depositaria di una cultura autentica e non degenerata; si facevano grandi richiami alle tradizioni contadine e montanare dalle quali gli ebrei erano, ovviamente, esclusi.Partendo dalla presentazione riduttiva del Vecchio Testamento, slegato dal Nuovo Testamento, e da teorie estetiche e razziste, si arrivava facilmente alla figura del Superuomo Adolf Hitler che allontana gli ebrei (da “re-insediare” chi sa dove) e riduce in quasi schiavitù le razze inferiori (polacchi, russi, ecc.) conquistando cosi con le armi l’ambito SPAZIO VITALE ALL’EST EUROPEO. COME SI SONO SVOLTI I FATTI DELLA SHOAH?Si possono distinguere vari modi:

1. DENIGRAZIONE, quale diffusione di accuse contro “gli ebrei” presentati quali sovvertitori del’ordine sociale e approfittatori delle difficoltà economiche generali. Le accuse di natura religiosa - quali deicidio, omicidio rituale, profanazioni del culto cristiano - divennero più frequenti. Da citare il foglio DER STUERMER con le caricature.

2. VIOLENZE DIFFUSE verbali e fisiche, quali attacchi a singoli ebrei o sedi ebraiche o azioni violente volte ad impedire l’accesso ad università o altre istituzioni. Incitamenti all’odio su varie pubblicazioni e in adunate pubbliche.

3. EMANAZIONI DI NORME DISCRIMINATORIE DI FATTO volte a limitare l’accesso a scuole, università o a determinate professioni in base a quote etnico/religiose; di fatto miravano a colpire gli ebrei.

4. EMANAZIONI DI NORME DISCRIMINATORIE ESPLICITE di espropri di beni e imprese, dimissioni da cariche ed impieghi, esclusione dal godimento di prestazioni di assistenza o previdenza sanitaria e sociale, revoche di cittadinanza; varie vessazioni.

5. EMARGINAZIONE: Obbligo della Stella Gialla, ghettizzazione in edifici particolari nelle città della Germania e in quartieri chiusi di varie città dell’Europa dell’Est dove con l’affollamento e restrizioni alimentari viene provocata la diffusione di epidemie mortali.

Page 9: Istituto Tecnico "J. Sansovino" · Web viewSi iniziò il 24 e 25 aprile 1915 con la deportazione e lo sterminio dell’intera intellighenzia armena (giornalisti, intellettuali, scrittori,

6. DEPORTAZIONE. Trasferimenti coatti di grandi gruppi verso destinazioni lontane quali Ghetti nell’Est Europa, Campi di Concentramento o di Sterminio, “Insediamenti” in aree con condizioni di vita molto dure.

7. STERMINIO: Lavoro coatto in condizioni di pericolo di vita nei Campi di Concentramento. Stragi compiute da unità militari o specializzate nelle zone occupate. Camere a Gas nei Campi di Sterminio oppure mobili costruite su camion speciali.

QUANDO SI SONO SVOLTI I FATTI?Si possono distinguere quattro fasi:

1. 1918-1933Dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla salita di Hitler al potere in Germania. Denigrazione, Violenze verbali e fisiche. Prime discriminazioni di fatto. Regimi dittatoriali in URSS e ITALIA e governi autoritari in UNGHERIA, POLONIA, ROMANIA, YUGOSLAVIA. Creazione in URSS dell’Arcipelago Gulag (sfruttamento del lavoro coatto degli avversari politici in campi concentramento sparsi sul territorio) e della REPPUBBLICA AUTONOMA EBRAICA –BIRO BIDJAN - in una lontana regione di confine con la Cina/Manciuria; con l’istituzione di una NAZIONALITA’ EBRAICA si pongono le basi per le future discriminazioni. In GERMANIA debolezza del regime democratico di WEIMAR che non ha l’appoggio della maggioranza popolare e deve avvalersi di funzionari, giudici e militari ostili o indifferenti alle regole democratiche. Il Partito Nazista (NSDAP) inserisce nel programma l’esclusione degli ebrei dalla vita quotidiana, trova un crescente numero di aderenti e si propone quale alleato di altri partiti reazionari e conservatori in chiave anticomunista. Viene pubblicato il MEIN KAMPF, tradotto anche in altre lingue, che chiaramente enuncia gli obiettivi razzisti.

2. 1933-1939 Dalla salita al potere di Hitler all’attacco alla Polonia/Seconda Guerra Mondiale. In Germania si hanno le prime norme discriminatorie esplicite con dismissione da impieghi statali e progressive esclusioni da professioni. Con le LEGGI DI NORIMBERGA gli ebrei, intesi come razza e non solo religione, perdono la cittadinanza e vengono classificati quale “Appartenenti al Reich” che non possono avere legami matrimoniali o affettivi con cittadini di razza ariana. Crescenti violenze che culminano nella NOTTE DEI CRISTALLI. Definitiva esclusione dalle attività economiche con la cessione coatta delle ultime, piccole, aziende. Il sistema dei Campi di Concentramento segue il modello dell’Arcipelago Gulag sovietico e il ricavato del lavoro coatto finanzia l’Ordine Nero degli SS che diventa uno stato nello stato e armata parallela. Inizio dei contatti fra nazisti e nazionalisti arabi. La Gran Bretagna, quale potenza mandataria, emana delle norme che limitano fortemente l’immigrazione ebraica in Palestina. La progressiva esclusione degli ebrei dalla vita quotidiana in Germania ha ripercussioni in altri stati europei quale Polonia dove sono sempre più frequenti le violenze e le richieste di discriminazioni; i dirigenti eletti delle comunità ebraiche vengono sostituiti con persone scelte dal governo. I nazionalisti polacchi propongono di trasferire un milione di ebrei a Madagascar; piano rifiutato dal governo francese. Revoca della cittadinanza polacca agli ebrei residenti da molto tempo all’estero. In Romania si ha un crescendo di violenze e a molti ebrei viene revocata la cittadinanza. Leggi razziali in Italia, in Ungheria e in Slovacchia.

3. 1939/1941. La Germania, con i suoi alleati, all’attacco; persecuzioni in quasi tutta l’Europa. Un trattato d’amicizia fra la Germania nazista e l’Unione Sovietica prevede la spartizione della Polonia e rende possibile l’attacco tedesco, dando cosi l’avvio alla Seconda Guerra Mondiale. Le norme discriminatorie diventano più dure. Inizio delle deportazioni. In Polonia si ha il concentramento degli ebrei nelle città maggiori dove, in quartieri degradati, vengono istituiti i Ghetti chiusi a Varsavia, Cracovia, Lodz, e altrove. Disastrose condizioni igieniche e gravi restrizioni alimentari portano ad una crescente mortalità. Con l’attacco all’URSS si hanno nuovi Ghetti a Wilna, Kaunas/Kovno, Riga, Minsk, Leopoli e altre città. Esecuzioni di massa a BabiYar, Odessa e altrove sia da parte di reparti tedeschi che da unità rumene e ungheresi. Attacchi tedeschi alla Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Norvegia, Grecia. Yugoslavia e quindi ha l’estensione delle persecuzioni a quasi tutta l’Europa e il Nord-Africa. Viene dato l’ordine per la SOLUZIONE FINALE.

4. 1941/1945. Periodo della fermata e delle ritirate dei nazi-fascisti fino alla sconfitta e resa. Alla CONFERENZA DI WANNSEE si elaborano, con l’intervento di rappresentanti di varie amministrazioni

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civili e militari, le linee guida per la persecuzione degli ebrei in Germania, nei paesi già occupati e in quelli che si conta di occupare e anche negli stati alleati. Si parla della SOLUZIONE FINALE e di TRATTAMENTO SPECIALE. Si passa in realtà dalla fase dei Ghetti (affollamento, fame e epidemie mortali) a quella dello Sterminio, essenzialmente nei CAMPI di AUSCHWITZ, SOBIBOR, MAJDANEK, CHELMO, TREBLINKA ma anche con esecuzioni di massa. Nel dicembre 1941 con l’entrata in guerra degli USA e il primo arresto dell’offensiva tedesca sul fronte russo non si era più del tutto sicuri sulla vittoria finale e quindi si voleva affrettare la Soluzione Finale. Per ragioni di propaganda e per distogliere l’attenzione popolare viene istituito il Ghetto Modello di THERESIENSTADT (TEREZIN) per persone che avevano una qualche protezione o erano conosciuti all’estero mentre per possibili scambi di ebrei aventi protezioni estere con cittadini tedeschi internati in stati nemici viene istituito un Campo di Transito/Sosta a BERGEN BELSEN. Inizio della “liquidazione” dei Ghetti con trasferimento per lavoro coatto presso i reparti dei complessi industriali nei Campi di Concentramento oppure in Campi di Sterminio; casi di massacri sul posto. Di fronte alla continua avanzata dell’Armata Rossa e delle Armate Anglo-Americane si ebbero continui trasferimenti da un Campo di Concentramento all’altro e, in ultimo, le MARCE DELLA MORTE. Non molti ebrei vennero liberati ad Auschwitz. Negli altri Campi di Concentramento la Croce Rossa Internazionale poté agire in favore dei prigionieri solo durante gli ultimi mesi della Guerra. Molti morirono per malattie anche dopo la RESA DELLA GERMANIA.

CHI ERANO E COSA FECERO I CARNEFICI, LE VITTIME E GLI SPETTATORI?

1. CARNEFICIa. CORPI PARAMILITARI NAZI/FASCISTI formatisi all’inizio delle prime violenze fisiche e poi organizzate

con struttura gerarchica. In Germania prima le SA (squadre d’assalto) nel cui ambito si era formato il corpo più organizzato delle SS, diventato autonomo nel 1934 sotto il comando di Himmler posto nel 1936 anche a capo della Polizia del Reich; i suoi principali collaboratori per la Shoah erano Heydrich per servizi segreti e di polizia, Mueller a capo della GESTAPO (Polizia Segreta), Eichmann per le deportazioni e Globocnik per le stragi in Polonia.Nei paesi satelliti della Germania, come pure nei paesi occupati, si ebbero varie milizie di partito quali gli USTASHA in Croazia, la GUARDIA HLINKA in Slovacchia, la GUARDIA DI FERRO in Romani, le CROCI FRECCIATE in Ungheria i CAGOULARDS in Francia e altre sempre formate da volontari collaborazionisti.

b. COMANDI MILITARI sia della Germania che degli stati satelliti – Romania, Ungheria – si resero responsabili di stragi, violenze, vessazioni e imposizioni di lavoro coatto. L’Alto Comando spesso sollecitò delle deportazioni.

c. FORZE DI POLIZIA per rastrellamenti e scorte alle deportazioni. Qualche volta poliziotti tedeschi vennero coinvolti in esecuzioni di massa.

d. FUNZIONARI E GIUDICI particolarmente zelanti nell’elaborazione ed applicazione delle norme vessatorie.

e. INTELETTUALI che - su giornali, in pubblicazioni e in manifestazioni - conferivano veste scientifica alla propaganda antisemita.

2. VITTIME.a. Chi era ebreo per religione e iscritto ad una locale comunità ebraica.b. Chi si era dissociato aderendo ad altra confessione religiosa oppure si era dichiarato come “senza

confessione”.c. Discendenti – figli e nipoti - d’ebrei, anche dissociati. Si guardava se c’erano uno o più nonni

considerati ebrei per graduare la discriminazione della persona considerata.d. Coniugi non ebrei dei matrimoni misti. In Germania venivano sottoposti a pressioni per indurli a

divorziare mentre in Polonia dovettero seguire la sorte del coniuge ebreo. 3. SPETTATORI.a. Chi in quegli anni stava al sicuro, senza saper prendere iniziative utili per aiutare, faceva discorsi

imprudenti o lanciava iniziative destinate al fallimento senza curarsi che il nemico ascoltava, e dopo

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si permetteva domande tipo “perché non avete resistito?” o “come mai siete sopravvissuti?” oppure lanciava accuse e calunnie contro chi era stato in quel inferno.

b. Chi in quegli anni stava comodo al sicuro e trovava pretesti per negare l’aiuto richiesto e che invece gli sarebbe stato possibile per poi entrare nel coro dei critici e calunniatori.

c. Chi aveva saputo “cogliere l’occasione” per trarre profitto e dopo faceva domande tipo “come mai sei tornato?” “ma chi sei?”.

d. Chi si assisteva compiaciuto alle varie fasi della persecuzione.e. Chi, vedendo le ingiustizie, si domandò “come posso aiutare?” e entrò in azione sfruttando anche la

propria posizione “nel sistema” e pagando qualche volta con la vita. Si va dalla umile domestica al diplomatico o funzionario di origini aristocratiche, dal sottoufficiale al generale, dalla monaca di clausura al Prelato. C’era chi riuscì a salvare molte persone, e chi solo poche, fino alla liberazione e c’era chi poté aiutare molti, oppure solo pochi, in un momento decisivo per poter andare avanti, rendendo possibile la salvezza. C’era chi si vide riconosciuto i meriti e chi veniva emarginato, diffamato o anche punito.

f. Chi vedendo persone in difficoltà e che dovevano nascondersi fece finta di niente evitando domande e taceva fino alla fine; molti di questi spettatori benevoli sono rimasti per sempre ignoti.

g. C’era chi pur essendo in una situazione di sudditanza dichiarandosi solidale poté aiutare; da ricordare Re Cristiano X° di Danimarca, la Regina Madre del Belgio Elisabetta o il Metropolita Bizantino di Leopoli, che pur stando sotto occupazione tedesca, usarono il proprio prestigio per aiutare nei limiti delle loro possibilità.

I GENOCIDI DEL SECOLO BREVE

Armenia. Il genocidio armeno fu il primo del ‘900: tra il 1915 ed il 1916 il governo turco condusse una campagna di eliminazione sistematica della minoranza armena, già perseguitata dal sultano Abdul Hamid II tra il 1895 ed il 1897 perchè considerata nemica di religione oltre che alleata della Russia contro l’impero ottomano: solo in quell’occasione, definita ‘primo genocidio armeno’, nei pogrom furono uccise più di duecentomila persone. Quando salirono al potere i Giovani Turchi, i primi anni del ‘900, la loro idea di una federazione di tutti i popoli inclusi nell’impero ottomano servì a mascherare in realtà un feroce nazionalismo turco che vedeva nell’elemento armeno un pericolo interno da distruggere. Si iniziò il 24 e 25 aprile 1915 con la deportazione e lo sterminio dell’intera intellighenzia armena (giornalisti, intellettuali, scrittori, persino parlamentari), per poi proseguire con arresti di massa della popolazione ed estenuanti ‘marce della morte’ nel deserto senza né cibo né acqua, mentre l’esercito turco massacrava i civili a macchia di leopardo in tutto il territorio. Fu solo con la fine della Prima Guerra Mondiale ed il conseguente trattato di Sèvres (1920) che si stabilì l’esistenza di uno stato armeno. Il governo turco non ha ancora riconosciuto il genocidio come tale e in Turchia è in vigore ancora oggi la legge del 1927 che vieta agli armeni l’ingresso nel Paese. Il numero di morti tra il 1915 ed il 1916 è stato stimato tra un milione e un milione e mezzo.

Holodomor, Ucraina. Con holodomor (dal russo morytyholodom, letteralmente ‘infliggere la morte per fame’) si indica una carestia ideata e realizzata dal regime comunista di Stalin nei primi anni Trenta per indebolire l’Ucraina e la sua tradizione di aziende agricole private. Dapprima si assistette ad una collettivizzazione forzata delle strutture agricole, alla quale si opposero i ricchi contadini e proprietari terrieri (i kulaki) del ‘granaio d’Europa’ che furono con questa scusa deportati in Siberia, dove morirono a migliaia. La collettivizzazione provocò una prima carestia e le confische alimentari divennero una prassi istituzionalizzata, ma fu alla fine del 1932 che la situazione precipitò definitivamente: le autorità iniziarono a requisire non sono il grano ma qualunque genere alimentare e attrezzo agricolo nelle campagne, distrussero i forni da cucina, vietarono il possesso di cibo nelle zone rurali e qualunque tipo di commercio alimentare e arrivarono ad stabilire la pena di morte per chi rubasse qualcosa da mangiare. Dopo questi provvedimenti la gente cominciò a morire in massa: dapprima i bambini, poi gli uomini e gli anziani ed infine le donne. In tutto morirono di fame tra i sette ed i dieci milioni di persone: un numero che si aggiunge ai morti nei campi di lavoro in Siberia istituiti dal regime staliniano, i cosiddetti ‘gulag’, dove secondo le stime persero la vita all’incirca sei milioni di persone. L’holodomor è stato riconosciuto come crimine contro l’umanità dal Parlamento Europeo solo nel 2008.

Nigeria. La guerra civile scoppiò nel 1967, a seguito delle pressioni indipendentiste del popolo Igboche aveva proclamato la Repubblica del Biafra nella zona sudorientale del Paese. La risposta del governo nigeriano a questa

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dichiarazione non si fece attendere: nel Biafra si trovano infatti i quattro quinti del petrolio nigeriano. Nel corso del conflitto, conclusosi nel 1970 a favore della Nigeria, si calcola che siano morte all’incirca due milioni di persone, soprattutto a causa di fame e malattie e tre milioni circa furono i profughi in fuga dalla zona. Tutte le infrastrutture delle regioni Igbo furono completamente distrutte. La guerra civile oltre alle vittime provocò anche una progressiva discriminazione del popolo Igbo, tanto nel settore pubblico quanto nel privato, che li ha resi uno dei gruppi etnici più poveri sulla terra. I leader del Biafra spingono affinché i crimini commessi durante la guerra civile siano riconosciuti come genocidio.

Cambogia. Il genocidio avvenuto in Cambogia è forse uno dei meno noti in Occidente, sia per il tentativo dei Khmer rossi di nascondere i loro crimini, sia per una certa distrazione mediatica nei confronti di zone del mondo ritenute ‘periferiche’. Tra il 1975 ed il 1979 i Khmer rossi guidati da PolPot occuparono il Paese: l’intera popolazione venne classificata in categorie come ‘popolo nuovo’ (da rieducare nei cosiddetti ‘campi di rieducazione’ o ‘killingfields’), ‘sotto-popolo’ e ‘traditori’ (da eliminare). Vittime delle persecuzioni del regime rosso furono le minoranze vietnamite, cinese e musulmana Cham, ma anche chiunque avesse una laurea o esercitasse una libera professione, considerata ‘borghese’ e quindi da estirpare in funzione dell’egualitarismo rurale instaurato nel Paese. I Khmer rossi sterminarono all’incirca due milioni di cambogiani su una popolazione di 7,7 milioni diabitanti. A mettere fine ai soprusi fu l’invasione della Cambogia da parte del Vietnam, che costrinse i Khmer rossi alla fuga sulle montagne, ma non è ancora stato istituito un tribunale internazionale per portare giustizia al popolo cambogiano.

Ruanda. La storia del Ruanda è segnata in modo inequivocabile dal genocidio del 1994, che vide accanirsi le milizie locali e le bande di etnia hutu contro la minoranza tutsi, uno scontro esploso a seguito delle tensioni accumulatesi negli anni. Il Belgio – affidatario della regione dal 1924 tramite un mandato ONU – aveva infatti costretto i ruandesi ad inserire sulla carta d’identità l’etnia di appartenenza e aveva fornito il suo appoggio all’etnia tutsi in nome delle teorie fisiognomiche che vedevano nei tutsi, più alti e slanciati e con la pelle un po’ più chiara rispetto agli hutu, un’etnia superiore. Negli anni ’50, gli hutu iniziarono a ribellarsi ai tutsi, che nel frattempo premevano per ottenere l’indipendenza dal Belgio: il Belgio scelse dunque di sostenere la ‘rivoluzione hutu’. Nel 1962, il Ruanda divenne stato indipendente, ma ciò non placò gli scontri che si susseguirono negli anni tra gli estremisti tutsi del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr) e gli ultrà dell’Hutu Power quando il presidente Habyarimana, di etnia hutu, si rifiutò di dividere il potere con i tutsi, il suo aereo venne abbattuto a Kigali (aprile 1994). Fu l’inizio del genocidio: più di un milione di persone – soprattutto di etnia tutsi, ma anche hutu sospettati di aiutare i ‘nemici’- vennero trucidate con armi rudimentali e machete. Non esistevano posti sicuri, vennero violate anche le chiese e le operazioni di sterminio erano coordinate da radio ‘Mille Colline’, che invitava i tutsi a presentarsi ai blocchi stradali per farsi ammazzare. Francia, Gran Bretagna e Belgio organizzarono l’evacuazione dei propri cittadini dal Paese, lasciano il Ruanda a se stesso. Il Fpr prese infine il potere a luglio dello stesso anno e milioni di hutu lasciarono il paese per timore di vendette da parte dei tutsi. Nel novembre del 1994 fu istituito dalle Nazioni Unite il Tpir, Tribunale Pena Internazionale per il Ruanda: in più di dieci anni, ha giudicato e condannato per il genocidio soltanto una ventina di persone.

Bosnia, Srebrenica. Il massacro di Srebrenica si inserisce nel quadro della guerra in Bosnia (1992-1995), che causò in totale più di 250.000 morti: i dirigenti comunisti serbi nel corso del conflitto si rendono colpevoli di pulizia etnica nei confronti dei musulmani bosniaci. Il massacro di Srebrenica è considerato uno degli stermini di massa più sanguinosi avvenuti in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: nel luglio 1995 le truppe serbo-bosniache, guidate da RatkoMladic, condussero un massacro sistematico dei musulmani bosniaci della zona protetta di Srebrenica che si trovava sotto la tutela delle nazioni Unite. Le stime ufficiali parlano di più di ottomila morti, anche se le associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime ritengano più plausibile una cifra che superi i diecimila. Una volta entrate nella città, le truppe serbo-bosniache separarono gli uomini dai 14 ai 65 anni dal resto degli abitanti per essere ammazzati. Delle migliaia di salme esumate dalle fosse comuni, solo poche più di sei mila sono state identificate: alle altre si sta ancora cercando di dare un volto. la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja nel 2007 ha riconosciuto il fatto come genocidio poiché ‘l’azione commessa a Srebrenica venne condotta con l’intento di distruggere in parte la comunità bosniaco musulmana della Bosnia-Erzegovina e di conseguenza si trattò di atti di genocidio commesse dai serbo bosniaci’.

Questionario – Parte 1- Cognome/nome …………………………………………… Classe ……… Data ………………

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CHE COSA CONOSCI DELL’ARGOMENTO?

TI PROPONIAMO UN QUESTIONARIO PER CHIARIRE LE TUE CONOSCENZE E PER AVVIARE UN DIBATTITO IN CLASSE

1. Perché si celebra la Giornata della Memoria?

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22. Quando è stata istituita la Giornata della Memoria? Da quale istituzione intergovernativa?

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3- In Italia quando è stata istituita per legge la celebrazione della Giornata della Memoria?

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4. Che cosa ti viene in mente alla parola Auschwitz?

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5. Quale differenza c’è tra campo di sterminio, lager, campo di internamento , campo di concentramento ?

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6 . Quale differenza sostanziale è presente tra luoghi come Birkenau, Balsen-Balsen, Dachau, Buchenwald, risiera di San Sabba e Fossoli, Bolzano-Gries, Monigo, Borgo di San Dalmazzo?

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7. Con il termine SHOAH cosa si definisce?

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8. Quanti ebrei furonouccisi durante l’Olocausto? Quali altri gruppi di persone vennero deportati e morirono nei campi di sterminio?

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9. Qual è il significato del termine “Soluzione Finale” e qual è la sua origine?

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10. Cosa significa il termine genocidio?

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11. A partire da quale secolo questo termine è stata utilizzato nel linguaggio giuridico per definire determinati tipi di crimine ?

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12. Conosci quali azioni contro minoranze, etnie, popoli sono stati definiti genocidi dagli storici del ‘900?

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13. Chi furono i “Giusti fra le Nazioni? ………………………………………..

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14. Quali furono i provvedimenti adottati contro gli ebrei dal regime nazista in Germania e negli stati occupati e dal regime fascista in Italia e nei territori occupati o posseduti dal I° dopoguerra ?

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Questionario – Parte 2 - Cognome/nome …………………………………………… Classe ……… Data ………………

1) Secondo te esistono razze umane diverse ? sì............... no...........

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2) Se sì, quali? …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

3) Secondo te, cosa distingue una razza da un’altra?…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

4) Il concetto di razza negli uomini ha un fondamento sul piano genetico ? Si ………. No……………..

5) Cosa vuol dire essere ebreo? O abitare in Israele O appartenere a un'altra razza O essere di religione ebraica

6) Un ebreo nato in Italia è italiano? sì............... no...........

7) Quali caratteristiche bisogna avere per essere italiano? O avere l'italiano come lingua madre O essere italiano da più di 3 generazioniO avere la cittadinanza italiana O avere la pelle bianca

8) quali caratteristiche bisogna avere per essere ebreo?O parlare l'ebraico O essere israeliano O essere consapevoli di discendere dal popolo ebraico

9) Secondo te un ebreo è sempre religioso?sì............... no...........

10) Nel secolo scorso gli ebrei sono stati perseguitati?sì............... no...........

11) I termini “vittime, carnefici, spettatori” sono attualmente utilizzati per definire un fenomeno che riguarda soprattutto il mondo dei giovanissimi e dei giovani , sai dirmi qual è il fenomeno e in che modo la tua scuola interviene?

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VERIFICA FINALE- Cognome/nome …………………………………………… Classe ……… Data ………………

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Quesiti a risposta multipla. Scegli la risposta esatta.1) Le prime tracce della presenza ebraica a Roma risalgono a:

a) I secolo a:C.b) II secolo a.C.c) I secolo d.C.d) II secolo d.C.

2) Gli ebrei ashkenaziti provengono dall’:a) Europa occidentaleb) Europa orientalec) Africad) Asia

3) Gli ebrei sefarditi provengono dall’:a) Europa occidentaleb) Europa orientalec) Africad) Asia

4) Il primo ghetto nasce a:a) Torinob) Firenzec) Romad) Venezia

5) La prima emancipazione coincide cona) l’arrivo di Napoleone in Italiab) il Congresso di Viennac) l’emanazione dello Statuto albertinod) la proclamazione dell’unità d’Italia

6) ll sionismo, in Italia, può essere considerato:a) un movimento largamente diffuso tra gli ebreib) un fatto sostanzialmente marginalec) un fenomeno legato all’antifascismod) un atteggiamento prevalentemente religioso

7) All’inizio degli anni Venti gli ebrei aderiscono:a) ai partiti politici di destrab) ai partiti politici di sinistrac) a nessun partito politicod) a tutti i partiti politici

8) Con il Concordato del 1929 la religione ebraica viene:a) indicata come religione di Statob) perseguitata dallo Statoc) definita culto ammessod) messa sullo stesso piano della religione cattolica