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ISTRUZIONE, IL PILASTRO DELLA SOCIETA’

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DOCUMENTO PROGRAMMATICO GD PRATO – AMBITO NAZIONALE

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DOCUMENTO PROGRAMMATICO GD PRATO – AMBITO NAZIONALE

ISTRUZIONE, IL PILASTRO DELLA SOCIETA’“Una montagna è come l'istruzione: quanto più alta l'ascesa, tanto più esteso il panorama.” (Barnard)

INTRODUZIONE

Il sistema formativo italiano è oggetto di un ampio processo di ristrutturazione, non ancora giunto a termine, in cui si sono susseguite leggi volte a modificare normative varate in un vecchio mondo, per un vecchio mondo, fondanti la celebre riforma Gentile (1923).

Tale riforma divide il percorso formativo di uno studente in due cicli ben distinti.

Il Primo ciclo di istruzione è costituito dalla Scuola primaria e successivamente dalla Scuola secondaria di primo grado, al termine della quale lo studente, all’età di soli 13 anni, è tenuto a scegliere quale percorso formativo intraprendere per il suo futuro. Lo studente entra così nel Secondo ciclo di formazione, articolato in due percorsi:

• Sistema dei Licei

• Percorsi di formazione tecnico-professionale

Quello che all’apparenza sembra essere un sistema formativo organizzato e impeccabile, riscontra invece molti problemi che è bene risolvere al più presto.

L'EREDITA' DELLA RIFORMA GELMINI, LA DEMOLIZIONE DEL SISTEMA SCUOLA

Il precedente Governo definiva ciò che faceva al mondo della cultura una Riforma. Ma cosa è una riforma? La riforma è una modifica volta a dare un nuovo e migliore assetto a qualcosa in ambito politico, sociale o economico; un cambiamento più o meno radicale di un sistema, graduale nel tempo, che ne prevede un miglioramento. Ciò basterebbe per non consentire l'uso di questo termine.

Cambiamento, forse, ma senza miglioramento.

Dal 2008 la scuola italiana ha subito sempre più tagli. Con la riforma fiscale, infatti, è stato previsto che il mondo dell’istruzione avrà un calo di fondi pari a 8 miliardi di euro che verranno tagliati gradualmente fino al 2013. Sino ad oggi sono stati rimossi 4,7 miliardi di euro alla scuola pubblica e ben 140.000 fra insegnanti e personale ATA, lasciando in difficoltà molti istituti che, adesso, si vedono costretti ad abbandonare tanti loro progetti per mancanza di denaro.

Nonostante il periodo di crisi che stiamo vivendo, la scuola pubblica ha subito disinvestimenti, non solo finanziari, ma anche educativi e gestionali. In poco meno di 3 anni l’istruzione italiana è stata pesantemente minata da tagli accompagnati da una cattiva gestione delle risorse umane ed economiche.

UN BIENNIO UNITARIO CHE AIUTI LO STUDENTE A SCEGLIERE IL PERCORSO FORMATIVO

La riforma Gentile fu pensata per dividere i giovani studenti in una futura classe dirigente o in una futura classe lavorativa. L’intero sistema scolastico italiano si basava sulla concezione che la scuola non dovesse essere altro che un mezzo di formazione limitato a queste due categorie, rappresentate dal sistema liceale (formazione di nuova classe dirigente), che presupponeva il proseguo degli studi nell’Università, e dal percorso di istruzione professionale (classe lavorativa) che forniva un diploma che permetteva l’ingresso nel mercato del lavoro senza ulteriori studi. Da ciò discende che lo studente appartenente a una famiglia economicamente agiata avrebbe scelto più

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facilmente un percorso di studi liceale, mentre il giovane facente parte di un nucleo familiare povero si sarebbe dato un’istruzione di tipo professionale, proprio per entrare subito nel mondo del lavoro.

Anche oggi, nonostante la divergenza di epoche, lo studente medio italiano, terminato il primo ciclo del suo percorso formativo, sviluppa allo stesso modo la scelta del suo futuro cammino educativo, anteponendo, spesso, la situazione socio-economica familiare e le sue amicizie alle sue passioni o capacità. Talvolta sono le stesse famiglie che condizionano nella valutazione lo studente tredicenne, ancora troppo piccolo perché prenda da solo decisioni così importanti come la scelta del suo futuro percorso scolastico e, quindi, della sua futura posizione lavorativa.

Non è accettabile che uno studente, ancora troppo giovane perché comprenda l’importanza della sua scelta, debba essere soggetto a condizionamenti e debba mettere solo in secondo piano le sue passioni, aspirazioni e capacità.

E’ necessario istituire un biennio unitario (ossia uguale per tutti gli indirizzi di scuola secondaria superiore), che aiuti il giovane studente a far maturare una propria e autonoma valutazione sul futuro percorso formativo in base ai suoi interessi e alle sue aspirazioni. Occorre quindi che l’alunno sviluppi da solo la consapevolezza di ciò che è e di ciò che vuole diventare, attraverso un’offerta formativa che gli dia la possibilità di comprendere il percorso scolastico che più gli si addica.

TUTTI GLI ISTITUTI DEVONO ESSERE DI SERIE A

L’istruzione italiana è ancora legata all’idea gentiliana per la quale il sistema liceale deve essere privilegiato rispetto ad un percorso di formazione professionale. Anche in questi giorni, con la riforma Gelmini, gli istituti tecnico-professionali hanno subito drastici tagli alle ore di laboratorio, perdendo maggiormente la loro identità.

Di fronte ad un mercato del lavoro sempre più moderno che richiede specializzazioni e competenze, il nostro sistema scolastico diventa sempre più antico e retrogrado. Ce lo dimostrano gli ultimi dati relativi alle iscrizioni alle varie scuole superiori italiane per l’anno 2011/2012, con un aumento complessivo del 3,5% rispetto all’anno precedente per i licei. Sul fronte degli istituti tecnici e professionali è stato registrato, al contrario, un ulteriore calo, che per gli istituti tecnici si ferma all'1,4% in negativo rispetto all’anno precedente e per gli istituti professionali raggiunge il 2,2% in negativo. In generale dall'anno scolastico 1995/1996 ad oggi gli istituti tecnici hanno registrato un calo di preferenze quasi di 10 punti percentuali. Nell’annata 2010/2011 erano risaliti dell'1,2%, ma con la riforma Gelmini sono nuovamente scesi. Risulta chiaro che l'istruzione tecnica è vista come un percorso di serie B, mentre la licealità (nella tradizione culturale italiana) gode di ottima fama.

Siamo quindi in controtendenza con il resto d'Europa che ha visto con gli anni un aumento degli iscritti negli istituti tecnico-professionali che hanno goduto di maggiori investimenti finanziari e formativi.

La scuola superiore italiana necessita, dunque, di un nuovo modello formativo che possa equiparare il sistema liceale ai percorsi professionali, attraverso l’aumento di ore di laboratorio, investimenti economici ed educativi. Gli istituti tecnico-professionali non devono essere visti come scuole di secondaria importanza, ma come volano della ripresa economica italiana, capaci di formare una classe di lavoratori specializzati e competenti, proprio perché sono scuole nelle quali convivono il sapere ed il saper fare.

LA QUESTIONE DEGLI INSEGNANTI

In Italia il 57,8% degli insegnanti nelle scuole medie-superiori ha più di 50 anni (la gran parte di loro è entrata a lavoro negli anni ’70 e ’80), ma non è questo il dato più preoccupante: il numero di

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insegnanti sotto i 30 anni è molto basso. In particolare, l'Italia ha la percentuale più bassa in assoluto fra i paesi UE (0,5%).

Gli insegnanti italiani percepiscono uno stipendio che è circa il 20% in meno della media OCSE e la progressione economica, che avviene solo per anzianità, è molto contenuta e non ha nessun legame con la valutazione della professionalità.

Inoltre, in una società dove i valori del denaro tendono a prendere il sopravvento sui valori della cultura, una professione mal pagata non gode neppure di grande prestigio. Il prestigio sociale della figura dell’insegnante è costantemente calato, nel corso degli anni, nella percezione collettiva.

Occorre ridare dignità al mestiere dell’insegnante, ma per fare questo è necessario operare su diversi fronti. Prima di tutto svecchiare l’organico, eliminando il blocco del turn-over che impedisce la sostituzione di tutti quegli insegnanti che stanno andando in pensione in questi anni e regolarizzare i tantissimi precari della scuola, che sono confinati per troppo tempo nel limbo del contratto a tempo determinato. Poi è indispensabile aumentare gli stipendi, ridando dignità alla categoria, inserendo però degli strumenti che permettano di valutare il merito, così da individuare un nucleo di insegnanti d’eccellenza che devono essere retribuiti di più, indipendentemente dall’età, ma dei quali soprattutto ci dobbiamo servire per gestire le situazioni più difficili che si incontrano nell’insegnamento.

SCUOLA, UNA FABBRICA DI CITTADINANZA E DEMOCRAZIA

“Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.” (Piero Calamandrei)

L’attuale sistema formativo pone la scuola in relazione con il mondo lavorativo, eppure un istituto non può essere solo un luogo dove gli studenti si preparano ad un futuro incarico nel mercato del lavoro; la scuola deve essere anche un luogo di formazione del cittadino che verrà.

Dobbiamo capire che l’istruzione non è solo il pilastro dell’economia, ma è anche un pilastro sociale e culturale, eppure non esistono, se non in minima parte, finanziamenti o investimenti su questo fronte.

E’ quindi necessario che il nostro sistema scolastico cambi priorità e che segua un modello volto non solo a formare il lavoratore, ma anche il cittadino, attraverso ore aggiuntive, iniziative o programmi che portino lo studente a crearsi una coscienza critica sul mondo, la società e la cultura circostanti.

Troviamo dunque indispensabile che la scuola sia vista come mezzo essenziale per lo sviluppo culturale della società e che rimanga aperta oltre l’orario scolastico, tutti i giorni, tutto l’anno, tutta la vita.

UNA SCUOLA CHE SOSTENGA GLI STUDENTI IN DIFFICOLTA'

Il risultati del sistema scuola italiano, per quanto riguarda i livelli d’apprendimento ci devono spingere ad alcune riflessioni. I livelli di istruzione finali sono mediamente più bassi rispetto alla media in Europea. In Italia, ci sono solo il 12,8% di laureati, il 40% di diplomati, mentre il 46,6% ha solo la licenza media. A questi risultati generali, non certo rassicuranti, si aggiungono anche delle lacune specifiche per chi porta a termine gli studi nel nostro Paese, come ad esempio una scarsa capacità di acquisire conoscenze scientifiche o la padronanza di una lingua straniera. Questa difficoltà nel raggiungere standard europei dipende, oltre che da situazioni strutturali di arretratezza, dal fatto che in anni recenti i Governi di destra hanno tagliato risorse e strumenti alla scuola pubblica, finanziando e sostenendo allo stesso tempo gli istituti privati.

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Le riforme Gelmini hanno poi introdotto una pericolosa alterazione del concetto di meritocrazia. Diminuendo le risorse, l’ex Governo Berlusconi ha puntato sul concetto di “rigore” come arma con cui fare selezione in una scuola che, di colpo, non poteva essere più per tutti. Il riferimento euforico al dato sull’aumento dei bocciati è la cartina al tornasole di questo disegno: il Governo che si fa vanto di un minor numero di persone che raggiunge il traguardo formativo. Tutto ciò è stato veicolato a livello comunicativo con il lessico della meritocrazia, ma in realtà non è che un’operazione di selezione grossolana degli studenti più in difficoltà. Il vero problema è che i tagli al settore dell’istruzione pubblica hanno penalizzato, purtroppo, soprattutto chi già versava in condizione economiche poco favorevoli, dato che ad essere maggiormente colpiti sono quegli studenti che non possono accompagnare al proprio talento e alla propria forza di volontà, l’aiuto di costosi insegnanti privati o corsi di recupero. Quella che la destra chiama erroneamente “meritocrazia” è la banalissima selezione dell'esistente, senza solidarietà alcuna, senza innovazione. Noi crediamo nel merito come strumento per aiutare i migliori ad esprimere a pieno il proprio talento ma anche per recuperare chi resta indietro e per dare una possibilità a chi, magari, parte da una condizione sociale difficile. Riteniamo di qualità un’istruzione che ha come fine quello di far ottenere buoni risultati a tutti, non solo a una certa parte di studenti, non solo a quelli che se lo possono permettere. La scuola non può e non deve abdicare al ruolo fondamentale di ascensore sociale. La scuola deve essere democratica e libera e, soprattutto, deve fornire le stesse condizioni di partenza per tutti.Il vecchio Governo era fiero dell’aumento delle bocciature nelle scuole, sostenendo che quello della competitività fosse il miglior modo per istruire i ragazzi e selezionarne i migliori. Noi, invece, siamo fieri di tutte quelle scuole in cui studenti o docenti organizzano ore di recupero gratuite per aiutare gli studenti in difficoltà. Siamo orgogliosi di tutte quelle scuole che cercano di comprendere i disagi che un ragazzo può avere durante il suo percorso, di vita e di studio, per assisterlo e guidarlo.

IL SOVRAFFOLAMENTO DELLE CLASSI, UN PROBLEMA DI SICUREZZA ED APPRENDIMENTO

Per quanto riguarda le strutture, in Italia ci troviamo davanti a una situazione allarmante. Due edifici scolastici su tre non sono a norma di legge. E’ improrogabile mettere subito in sicurezza gli edifici che non rispettano i parametri. Da uno studio della KRLS Network of Business Ethics, emerge che in Italia solo il 46% delle scuole ha il certificato di agibilità statica, contro il 98% della Germania, il 93% della Francia, il 92% dell’Inghilterra, l’89% della Spagna, il 77% della Polonia, il 71% del Portogallo, il 64 % della Romania, il 58% della Bulgaria e il 53% dell’Albania che chiude la classifica.

Contestualmente la scuola, durante gli anni della Gelmini, ha subito un taglio di 17.000 cattedre che ha aumentato considerevolmente il rapporto tra docente-alunno, portando a una riorganizzazione delle classi che ha visto crescere a dismisura il numero medio degli studenti per classe, prevedendo a possibilità di formare classi che vanno ben oltre i 30 alunni, quando il limite stabilito dal regolamento nazionale antincendio è di 26 studenti per un'unica porta di fuga.

Questa tendenza, quindi, non garantisce più né la completa sicurezza delle nostre strutture (basti pensare che per legge uno studente dovrebbe avere a disposizione 1,96 metri quadri nella propria classe), né un adeguato rapporto insegnante-alunno tale da garantire l’apprendimento.

IL SOSTEGNO AGLI STUDENTI DISABILI DA POTENZIARE E RIQUALIFICARE

Nell’ultimo anno scolastico il numero degli alunni con disabilità è cresciuto del 2,3 per cento raggiungendo la cifra di 208.489 studenti. In concomitanza con tale avvenimento, anche il numero degli insegnanti di sostegno è aumentato del 6%.

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Di fronte a questi dati sembrerebbe che quindi tutto sia stato risolto. Purtroppo non è così. Sono infatti tantissime le famiglie di disabili che denunciano aule strapiene nelle quali, spesso, il figli si trovano in compagnia di altri portatori di handicap. Eppure la normativa dichiara che ci deve essere un tetto massimo di 20 studenti per ogni aula in cui è presente un ragazzo disabile. Peccato che, ad oggi, il 13,4 per cento delle classi con un ragazzo disabile contiene più di 20 alunni ed il 7% delle classi italiane ospita addirittura due o tre portatori di handicap.Senza contare le strutture scolastiche che in molti casi non garantiscono la piena efficienza e la piena sicurezza (sono 42.000 le scuole che necessitano di ristrutturazioni secondo il rapporto di Legambiente).

Quella della disabilità nelle scuole è una tematica che va affrontata e risolta, poiché non è ammissibile che questi ragazzi non abbiamo l’opportunità ed i mezzi per esprimersi ed imparare al meglio in una scuola che faccia loro da trampolino di lancio per il futuro; un trampolino che permetta loro di trovare un modo per rendersi utili nella società, o semplicemente a vivere al meglio la propria vita. La scuola non dovrebbe tagliare, ma potenziare e qualificare il sostegno alle classi con alunni diversamente abili perché è dimostrato che questo fa bene alla crescita pedagogica sia dello studente disabile sia dei suoi compagni.

UNA SCUOLA CHE SOSTENGA L'INTEGRAZIONE CULTURALE E SOCIALE

L'abbandono scolastico. Il rapporto annuale 2009 dell’ISTAT, fa emergere un vero e proprio allarme educativo. L’Italia ha un primato negativo in Europa: 2 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni non sono né a scuola, né a lavoro. Il tasso di abbandono scolastico è del 22% ed è stato rilevato che il 12,2% degli iscritti al primo anno della scuola superiore abbandona definitivamente la scuola, percentuale che sale al Sud e tra gli stranieri.

La scuola dovrebbe essere un luogo di accoglienza e di recupero sociale. Il problema dell’abbandono non è circoscritto all’adolescente scansafatiche che è tentato dell’interrompere gli studi, ma interessa soprattutto gli studenti con problemi familiari o economici, e gli immigrati per i quali fallisce il processo di integrazione.

La scuola ha smesso di essere la comunità che era un tempo, è indispensabile ricostruire una rete di sostegno che non lasci lo studente solo con i propri libri.

L'integrazione. Un capitolo a parte lo merita l’integrazione. La mancata integrazione nelle classi degli studenti di origine straniera è uno dei fattori che concorre ad alzare la media dell’abbandono scolastico. Oggi più del 60% degli alunni stranieri sono nati in Italia da famiglie immigrate. Gli ultimi governi non hanno varato nessuna misura per tutelare e incentivare l’integrazione fra i ragazzi.

Da un punto di vista strutturale e pedagogico–didattico, l'inserimento scolastico degli alunni stranieri è una delle trasformazioni più significative che la scuola abbia attraversato, soprattutto se si tiene conto dei numerosi inserimenti di bambini e ragazzi in età di obbligo scolastico ad anno scolastico già avviato. Una modificazione destinata a durare nel tempo, a diffondersi e a porre il sistema scolastico di fronte a problematiche di non facile soluzione. L’iscrizione a scuola al di fuori dai tempi previsti dalla normativa vigente in materia di formazione delle classi e della conseguente assegnazione rigida dell’organico nel corso degli ultimi anni, ha creato una situazione per cui l’inserimento in corso d’anno sia diventato sempre più complesso.

Insegnare e apprendere in una classe multiculturale e plurilingue sta diventando sempre più una necessità diffusa. Anzi, la concentrazione della popolazione scolastica straniera in alcune zone delle nostre città ha delle ripercussioni di portata significativa sulla potenziale offerta formativa degli istituti. Per questo motivo diventa fondamentale dotarsi di strumenti che favoriscano la lettura delle dinamiche che segnano il percorso dell'integrazione dei ragazzi immigrati.

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Sono necessarie risposte integrate e calibrate sulle esigenze specifiche delle singole realtà scolastiche. Infatti ogni realtà scolastica, e più in generale ogni realtà territoriale, ha una sua storia che deve rendere differente l’offerta formativa..Sono tre i momenti pedagogico-didattici da promuovere: per primo l’accoglienza da cui dipendono le tappe successive, cioè l’inserimento dell’alunno e la costruzione di relazioni significative con gli altri, specie con i pari.Per secondo, l’apprendimento della lingua italiana, che può avvenire sia in classe come istruzione, sia come gruppo di interazione. L’età è un fattore determinante: così, se alle materne ai nuovi arrivati bastano 2-3 mesi per essere in grado di comunicare efficacemente, per affrontare la complessità concettuali della scuola superiore sono necessari, ad un ragazzo giunto a 16 anni, 5 anni di studio della lingua italiana. Infine l’approccio interculturale, inteso come attenzione alle diversità ed ai vissuti personali mettendo in luce differenze, convergenze riconducendole alla relatività dei punti di vista proprie di ogni popolo. Immersi in una nuova cultura, i ragazzi di qualsiasi origine assorbono nuovi comportamenti, atteggiamenti e linguaggi che presto li costringono a confrontarsi con quelli dei genitori, a fare raffronti che li porteranno in mezzo ad un guado. Per favorire l’inserimento di un giovane straniero in classe deve essere incentivata la sotto-utilizzata figura del mediatore culturale. Compito del mediatore deve essere facilitare l’inserimento dello straniero ed agire anche sulla famiglia aiutandola a superare difficoltà pratiche di inserimento e di mantenimento del figlio nel sistema formativo.

CONTRO IL CARO LIBRI, UNA SCUOLA CHE SOSTENGA L'USO DELLE NUOVE TECNOLOGIE

Stiamo vivendo un periodo in cui la società non può prescindere dalle tecnologie informatiche. Oramai i personal computer ed internet sono diventati la maggiore fonte di informazione dei cittadini di tutto il mondo.

Il 45esimo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, redatto dal Censis, ha rivelato che l'utenza del web in Italia nel 2011 ha superato la soglia del 50%, attestandosi per l'esattezza al 53,1% (+6,1% rispetto al 2009). Di questi, ben l'87,4% è composto da giovani, che sempre di più usano internet come principale mezzo di informazione. E' da sottolineare il fatto che, ormai, il 65, 7% dei giovani ricorre ai motori di ricerca per informarsi.

La scuola italiana non può rimanere indietro. Per questo riteniamo importante che venga attuato un piano che modernizzi e faciliti il modo di istruire i ragazzi italiani, attraverso l’uso di tecnologie all’avanguardia.

Il recente rapporto di Federconsumatori che, come ogni anno, ha monitorato il costo dei materiali scolastici, ha registrato un notevole aumento del prezzo dei libri scolastici per l'anno accademico 2011/2012. Infatti le spese di una famiglia risultano, in media, pari a 481 euro, ovvero il 3% in più rispetto allo scorso anno (quando la spesa si attestava a 468 euro)

Non è più accettabile vedere studenti e bambini con cartelle pesantissime a causa dei numerosi libri di testo, spesso costosi, che vanno a pesare sulle spese di una famiglia. Adesso la tecnologia è in grado di mettere in una tablet, se non tutti, almeno gran parte dei documenti e dei testi di cui uno studente ha bisogno. Chiediamo, quindi, che sia sfruttata questa tecnologia come strumento che combatta il caro libri e che faciliti l’apprendimento di uno studente, avvicinandolo, nello stesso modo, alle nuove frontiere informatiche.

INGLESE? NON SOLO UNA LINGUA, MA UNO STRUMENTO SOCIALE E INTEGRATIVO

La scuola italiana non consente ad un normale studente di apprendere pienamente la lingua inglese. Sono sempre di più, infatti, le famiglie che si rivolgono a privati per insegnare ai figli la

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lingua internazionale. E’ dunque necessario che la scuola pubblica possa dare gli strumenti adeguati per l’insegnamento della lingua che, anno dopo anno, diventa sempre più l’unico strumento di interazione fra i vari popoli, in una società multiculturale come quella europea.

UNA SCUOLA ECOSOSTENIBILE

E’ in corso, nel nostro Paese, un processo di ammodernamento delle nostre strutture scolastiche che procede però troppo lentamente. Eppure sappiamo benissimo che esso è indispensabile per garantire una maggiore vivibilità delle strutture. Migliorare l'efficienza energetica delle scuole, in particolare, significa nuove tecnologie, diverse abitudini, miglioramento della qualità della vita all'interno delle scuole e riduzione di costi e consumi. L'installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di tutte le scuole, e la coibentazione degli edifici scolastici, sono un futuro che per altri paesi europei è prossimo e che per noi invece sembra essere proiettato lontano nel tempo.

La Scuola primaria di Piobesi Torinese, inaugurata nel 2010, è fornita di pannelli fotovoltaici ed è costruita con materiali sani. I progettisti hanno addirittura installato un sistema che raccolga l'acqua piovana per irrigare il giardino ed hanno aggiunto apparecchi per la regolazione automatica dei sistemi tecnologici, dall'accensione della luce comandata da sensori che rivelano la presenza di persone in una determinata stanza, all'interruttore crepuscolare per l'illuminazione esterna. Il ritorno degli investimenti è stato calcolato in 7 anni. Questo è un ottimo esempio che ci permette di chiedere con ancora più forza di agire subito intervenendo sugli edifici anche con l’obiettivo di raggiungere entro i prossimi anni l’autosufficienza energetica delle scuole.

INVESTIRE SULL'ISTRUZIONE E SULLA RICERCA VUOL DIRE INVESTIRE SUL FUTURO DEL PAESE

“Questo programma vuole al tempo stesso risanare le finanze pubbliche e preparare la nostra economia al futuro. Ecco perché abbiamo deciso di riservare entro il 2013 fino a 12 miliardi di euro in nuovi investimenti nella ricerca, nello sviluppo e nell’istruzione.” (Angela Merkel - programma anti-crisi)

Il recente rapporto Ocse 2010 evidenzia come la media di investimenti in istruzione nei paesi membri dell’UE, sia cresciuta fortemente negli ultimi anni e risulti pari al 5,7% del Pil. Nonostante ciò l’Italia si colloca ben al di sotto della media, investendo solo il 4,5% del Pil; penultimi in graduatoria, davanti alla sola Slovacchia. Eppure è dimostrato che la maggiore spesa per istruzione produce rendimenti certi, come un maggior gettito fiscale ed un maggiore tasso di occupazione e la stessa Banca d’Italia sostiene, sulla base di complesse analisi, che il rendimento medio dell’investimento in istruzione è dell’8,9%.

Il precedente Governo ha adottato solamente una politica di risparmio volta a combattere le urgenze, ma non ha facendo ciò che noi gli chiedevamo; non ha fatto ciò che tutti gli altri paesi europei hanno capito: una politica di investimento per il futuro.

Noi vogliamo una scuola che garantisca a tutti il diritto ad un’istruzione adeguata.

Noi vogliamo una scuola pubblica che faccia dell’integrazione il suo cavallo di battaglia.

Noi vogliamo la Scuola Pubblica, la più grande risorsa del nostro paese, caposaldo imprescindibile del nostro progresso.