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continuo Sbarco Rapporto 2013 “Testimoni di umanità”, un anno di Caritas nel mondo Ebola Il virus minaccia globale, emergenza non solo sanitaria Montenegro Gli allontanati: i malati mentali dimenticati in riva alla baia Italia Caritas POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1, AUT. GIPA/C/RM/2014 MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVII - NUMERO 8 - WWW.CARITAS.IT ottobre 2014 Record di arrivi, nel 2014, sulle coste italiane. Moltissimi i profughi: fuggono da guerre e violazioni dei diritti. Con l’Europa, dobbiamo dotarci di politiche estere e di cooperazione credibili: arroccarci è inumano. E fallimentare

Italia Caritass2ew.caritasitaliana.it/materiali/Media/Italia_Caritas/2014/IC08... · di Rodolfo Toé 36 IRAQ, IL CASTELLO DI CARTE ASSEDIATO DAL TERRORE di Silvio ... di Marina assiste

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continuoSbarcoRapporto 2013 “Testimoni di umanità”, un anno di Caritas nel mondoEbola Il virus minaccia globale, emergenza non solo sanitariaMontenegro Gli allontanati: i malati mentali dimenticati in riva alla baia

Italia Caritas

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ottobre 2014

Record di arrivi, nel 2014, sullecoste italiane.Moltissimi i profughi:fuggono da guerre e violazioni dei diritti. Con l’Europa,dobbiamodotarci di politiche esteree di cooperazionecredibili:arroccarci è inumano. E fallimentare

Mensile della Caritas Italiana

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Italia Caritas

direttoreFrancesco Soddudirettore responsabileFerruccio Ferrantecoordinatore di redazionePaolo Brivioin redazioneUgo Battaglia, Paolo Beccegato, Salvatore Ferdinandi,Renato Marinaro, Francesco Marsico, SergioPierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolohanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, Roberta Dragonettiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona CorvaiastampaMediagraf Spa, viale della Navigazione Interna 89,35027 Noventa Padovana (Pd),tel. 049 8991511, e-mail: [email protected] legalevia Aurelia, 796 - 00165 Romaredazionetel. 06 [email protected]. 06 [email protected] e modifiche nominativi richiesta copie [email protected] abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di RomaChiuso in redazione il 26/9/2014

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected])per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

L’ORA DI PASSAREDALLA PAURAALL’INCONTRO

editoriali

Le famiglie che riescono a vivereappieno la dimensione dell’amorenel matrimonio, nei rapporti tra ge-nerazioni (figli, nonni) e in quelli trafratelli, manifestano con naturalezzae spontaneità valori fondamentaliper la società: ogni persona, uomo edonna, è riconosciuta, accolta e ri-spettata nella propria dignità.

La promozione della solidarietà fa-miliare passa per uno sguardo nuovoche, cogliendo la famiglia come sogget-to sociale e pastorale capace di genera-tività e protagonismo, non ignora peròla sua costitutiva povertà e fragilità. Lafamiglia è solidale perché bisognosa; capace di riconoscere che non basta a sestessa e ha bisogno di altri, dell’Altro, per uscire da un’illusoria autosufficienza eliberarsi – liberando – nella condivisione della propria vita con altre famiglie.

Ma la famiglia pone a tutti anche una sfida educativa, per riqualificare ognirelazione in termini di alterità, dono e responsabilità, a partire dalla relazione edall’incontro con l’altro, attraverso cui ci riconosciamo parte di una sola famigliaumana, e attraverso cui elaboriamo proposte per un mondo più giusto e acco-gliente per tutti. La riflessione, dunque, si allarga sino al livello globale, in pienasintonia con il messaggio della campagna Caritas “Una sola famiglia umana, ciboper tutti”, a cui, rilanciandola in Italia, abbiamo aggiunto il motto “È compito no-stro!”, a sottolineare il necessario impegno personale, comunitario e di cittadini.

Si tratta di impegni da declinare insieme, nel cammino verso il Convegnoecclesiale di Firenze, per una Chiesa rispondente a quella tratteggiata da papaFrancesco nell’enciclica Lumen Fidei e nell’esortazione apostolica EvangeliiGaudium: una Chiesa che prende l’iniziativa, è capace di coinvolgersi, ac-compagnare, coordinare, portare frutti ed esprimere la gioia del servizio.

essun paese può affrontare dasolo le difficoltà connesse aquesto fenomeno, che è cosìampio da interessare ormai

tutti i continenti, nel duplice movi-mento di immigrazione e di emigra-zione». Così papa Francesco, nelMessaggio per la Giornata mondialedel migrante e del rifugiato 2014, hachiesto che l’Europa e l’intera comu-nità internazionale si facciano caricodi quanti fuggono da guerre e perse-cuzioni.

Dalla Siria all’Ucraina, da Gaza al-l’Iraq, ma anche la Libia, la Giordaniae la pandemia di Ebola in Africa del-l’ovest: sono sempre di più le situazionidi crisi umanitaria e di violenza attiveoggi nel mondo. Tanto che lo stesso pa-pa Francesco ha usato l’espressione di«Terza guerra mondiale, ma a pezzi».La crisi siriana, per esempio, ha fatto sìche oltre 13 milioni di persone sianobisognose di aiuto, all’interno e al-l’esterno del paese.

Non numeri, ma personeSiamo in una situazione di emergenzainternazionale che va affrontata construmenti straordinari. Perché stiamoparlando non di numeri sulla carta,ma di milioni di persone concrete, allaricerca di un futuro. Ce lo ricordanoanche le tragedie che purtroppo si ri-petono in mare, come quella immanedi Lampedusa: centinaia di vite spez-zate, il 3 ottobre dello scorso anno.

È necessario dunque, da parte ditutti, il passaggio da un atteggiamen-to di difesa, paura, disinteresse eostilità – che, alla fine, corrispondo-no alla “cultura dello scarto” – a unatteggiamento fondato sulla culturadell’incontro e del rispetto dei dirittiumani fondamentali.

Un Sinodo straordinario,in vista di quello

generale: la Chiesa si interroga sulle sfide

della pastoralefamigliare. In ogni

nucleo si sperimentanoinsufficienze e bisogni:

da qui può nascerel’apertura solidale,

che giovaall’intera società

«Ndi Francesco Soddu di Giuseppe Merisi

FAMIGLIA,GENERATIVAPERCHÉ FRAGILE

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e sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazio-ne: è il titolo del Sinodo straordinario che si svolge dal 5 al 19ottobre. Una tappa verso il Sinodo generale sulla famiglia del

2015, che coinvolge e interpella tutte le componenti ecclesiali (e nonsolo), sul tema della pastorale della persona umana e della famiglia.

Promuovere la solidarietà familiare risponde a un’esigenza prima-ria per la Chiesa, che in questo modo annuncia e testimonia la carità,quale sua dimensione costitutiva ed essenziale. Pertanto la via dellasolidarietà che si sperimenta “per”, “con” e “tra” famiglie si caratte-rizza per una straordinaria efficacia educativa.

L

UN BUON FINENON HA FINE

. facendo conoscere la nostra attività e la nostra rivista. inviando offerte per i nostri progetti . predisponendo testamento in favore di Caritas Italiana (a tal proposito, puoi richiedere informazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601)

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Giuseppe Merisi

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

12 databasedi Walter Nanni

15 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia EMERGENZA SALUTEMENTALE, AUMENTANOGLI EMPORI DELLASOLIDARIETÀ

24 poster POVERTÀ E FAME

30 zero povertydi Laura Stopponi

35 mercati di guerradi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Giulio Albanese

40 panoramamondo BURUNDI, CORDOGLIOPER LE SUORE

47 a tu per tuESTELA DE CARLOTTO:«LA VERITÀ, CURA PER IL DOLORE DI AVERE PERSOFIGLI E NIPOTI»di Daniela Palumbo

nazionale

6 BASITI AL COSPETTODEL GRANDE SBARCOdi Oliviero Fortie Francesco Marsico

MORCONE: «OLTRE EGOISMISTUCCHEVOLI, COSTRUIAMOL’EUROPA DELL’ASILO»di Paolo Brivio

12 C’È UN NOVO MODODI COSTRUIRE IL FUTUROdi Andrea La Regina

rapporto annuale

16 TESTIMONI DI UMANITÀ:2013, UN ANNODI INTERVENTI CARITAS

internazionale

26 L’ARTIGLIO DI EBOLAPERICOLO GLOBALEdi Moira Monacelli

31 SALUTE MENTALEIN MONTENEGRO:GLI ALLONTANATI, VITESCORDATE IN RIVA ALLA BAIAdi Rodolfo Toé

36 IRAQ, IL CASTELLO DI CARTEASSEDIATO DAL TERROREdi Silvio Tessari

anno XLVII numero 8

IN COPERTINAUn ufficiale di Marinaassiste alla discesa di migrantidalla motonave “Etna”nel porto di Messina: sonoalcuni tra gli oltre 125 mila sbarcatinel 2014 sulle coste italianefoto AP Photo / Carmelo Imbesi

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cui la mitezza e la debolezza sarà la cifra distintiva.Così Gesù «si voltò indietro e li rimproverò» (9,55):

l’evangelista non tace il rimprovero aspro rivolto ai duezelanti figli di Zebedeo, affinché lo stile del maestro e lasua scelta mite di non contrapporsi a un rifiuto sianochiare al lettore. E per chi desidera sapere come crearerelazioni in Samaria rinunciando a posizioni intransigen-ti, l’incontro tra Gesù e la donna al pozzo di Giacobbe sa-rà l’icona di riferimento. È il volto di un maestro debole eaffaticato, stanco e assetato, desideroso di relazione a cat-turare l’attenzione del lettore, e con lui della donna senzanome; il volto di un Gesù che lascia entrare il diverso nelproprio spazio, creando un contesto accogliente per rac-contarsi e lasciare che l’altro possa raccontare la propriastoria, così diversa e singolare. Solo a queste condizionila Samaria diventa spazio di condivisione possibile, luogodove le differenze possono coesistere.

proprio essere e della propria picco-lezza è forse il primo gradino checonduce dallo zelo al fanatismo. Gliestremismi esaltati traggono alimen-to soprattutto dall’incapacità di ac-cogliere un rifiuto, un qualsiasi im-previsto o variazione rispetto a cer-tezze stabilite: in ultima istanza, ènient’altro che l’impossibilità di starecon la differenza dell’altro, lasciandoa essa il giusto spazio nella propriastoria, nel proprio cammino.

La passione e l’ardore diventanofanatici quando si traducono in untentativo di divorare i fratelli, con unfuoco dal cielo o con qualsiasi altrostrumento di distruzione a disposi-zione, a partire dalla lingua, così cheil diverso possa sparire quanto piùvelocemente possibile dal proprioorizzonte di vita. Ma il tentativo deli-rante e maldestro di difendere Gesù,è presentato dall’evangelista comeuna vera e propria tentazione per lui,una prova per quel maestro che con-sapevolmente sta camminando ver-so Gerusalemme (Luca 9,51), verso ilcompimento della sua vita e della suamissione, verso quella passione di

parolaeparoledi Benedetta Rossi

na linea sottile distingue lo zelo religioso dal fanatismo, è breveil passo che conduce dall’uno all’altro: attraversarlo è un atti-mo, un istante che trasforma la passione in follia. Chi sta alle

frontiere dell’annuncio, chi percorre strade insolite precedendo ilmaestro nel suo andare, è più esposto al rischio.

«Signore, vuoi che diciamo al fuoco di scendere dal cielo e di con-sumarli?» (Luca 9,54). Così si rivolgono a Gesù due dei suoi più inti-mi amici, i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Sono tra gli apostolipiù vicini al maestro, quelli presenti, assieme a Pietro, sul monte del-la Trasfigurazione (Marco 9,2), quelli che a Cafarnao entrano con lui

RIMPROVERO AL FANATICO,NON SA STARE CON IL DIVERSO

fin dentro la stanza più interna dellacasa di Giairo, il capo della sinagoga, làdove la sua figlia ancora bambina pas-sa dalla morte alla vita (Marco 5,37).

Adesso, lungo la strada verso Ge-rusalemme, si imbattono in un im-previsto increscioso: i messaggeri, in-viati da Gesù avanti a sé per prepara-re il suo arrivo in un villaggio disamaritani, incontrano un deciso ri-fiuto da parte di questi ultimi. «Co-storo non lo accolsero, perché stavacamminando verso Gerusalemme»(Luca 9,53). Il netto rifiuto incassatodagli inviati scatena la reazione deidue fratelli, che si ergono a paladini e difensori della per-sona di Gesù e del suo messaggio; così la sequela delmaestro mite si trasforma in un’opportunità per invocaremorte e distruzione ai danni di chi ha osato rifiutarlo, ne-gandogli la dovuta accoglienza.

Il fanatismo della sproporzionata reazione di Giacomoe Giovanni nasconde al fondo una distorta percezione disé. Dire al fuoco di scendere dal cielo: è la sicurezza te-meraria di essere due novelli Elia a far nascere queste pa-role dalla bocca dei due fratelli. Ed è la percezione di sécome potenti uomini di Dio, capaci di governare le forzedella natura, sottoponendole alle intemperanze di ungiudizio arbitrario, quella che traspare dalla richiesta diuna punizione smisurata e folle.

Tentativo di divorare i fratelliLa perdita della coscienza di sé, della reale misura del

Tra zelo e fanatismo c’è un confine sottile.

Varcato persino da duediscepoli tra i più cari a Gesù. Gli estremismi

esaltati traggonoalimento anzittutto

dall’incapacità di accogliere un rifiuto.

Ma l’annuncio riesce sololasciando entrare l’altro

nel proprio spazio

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ridionali, e allo stesso tempo incapacedi reagire, perché vittima di una ideaanacronistica di territorio e di confine.Da un lato si presenta come paladinadei diritti umani, dall’altro promuovepolitiche di esternalizzazione dei con-trolli (che certo non ne migliorano laqualità e l’umanità), volte a tenere lon-tano dai confini europei i migranti etutto il loro carico di dolore e speranza.

Ossessiva soluzioneIn Italia, negli ultimi mesi, a questecontraddizioni di fondo si è aggiuntoun paradossale, variegato, e per certiversi inedito, fronte politico-cultura-le, il quale ha decretato il fallimentodell’operazione Mare Nostrum, omet-tendo di ricordare cosa avveniva pri-ma, e quali drammi l’inerzia su que-sto fronte provocasse. Se è vero che 2

solta solo perseguendo i trafficanti. Èuna scorciatoia che non produce effet-ti; i trafficanti sono il prodotto di scartodi politiche di chiusura verso migrantie rifugiati, che pur di trovare una solu-zione alla loro precarietà esistenziale simettono nelle mani, trovando di frontea sé sentieri legislativi e burocraticichiusi, di chi lucra sul loro destino.

Il dibattito europeo sulle migrazioniche attraversano il Mediterraneo sipresenta invece confuso, fazioso, am-mantato da una terminologia allarmi-stica, che non aiuta a comprenderel’essenza degli avvenimenti. “Emer-genza sbarchi”, “morti in mare”, “emer-genza accoglienza”: sono le immaginipiù veicolate da chi pretende di descri-vere gli eventi con l’occhio del cittadi-no del nord del mondo, senza interro-garsi più di tanto sulla natura del feno-

meno, sulle sue cause, sulle politiche –se vi sono – per affrontarlo.

L’Europa appare, di conseguenza,immobile: basita per le migliaia di mor-ti annegati in pochi mesi e le centinaiadi migliaia di arrivi sulle sue coste me-

Principali paesi d’origine dei rifugiati(fine 2013)

FON

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ERITREA263.600

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VIETNAM

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MYANMAR

REP. DEM. CONGO

SIRIA

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nazionale un mare di rifugiati

Nel 2014 arrivi recorddi migranti – moltiprofughi – sulle costeitaliane. Nel paese e in Europa il dibattitoè confuso e fazioso.Serve – presto – una politica estera e di sviluppo aperta e coraggiosa. Perché la scelta di contenere e respingere è fallimentare

e tragedie, quelle, sono l’uni-co dato tristemente certo.Settimana dopo settimana,mese dopo mese, anno do-po anno, continuano ad af-

fondare vite e speranze di chi tentaavventurose traversate. Migrantimorti in mare: una tragica contabili-tà, che sembra non volersi arrestare.Solo nei primi otto mesi del 2014, sicalcola che siano state circa duemilale persone che hanno perso la vita neltentativo di raggiungere l’Europa na-vigando il Mediterraneo su imbarca-zioni di fortuna.

Questa situazione dovrebbe met-tere in crisi, e pesantemente, le co-scienze di molti: opinioni pubbliche,figure amministrative, ceti politici edirigenti. Sicuramente, sta mettendoin crisi le già deboli politiche migra-torie europee. L’idea di un’Europainespugnabile sta cadendo a pezzi,sotto i colpi di un’umanità disperata,in fuga da un variegato e ampio nove-ro di paesi di Africa, Nord Africa, Me-dio ed Estremo Oriente. Dietro lespalle si lasciano situazioni che po-trebbero essere catalogate come ilvolto peggiore, pericolosamenteoscuro della globalizzazione: iniquità,conflitti sociali e militari, ideologieche producono violazioni dei dirittiumani, tirannie che comprimono idiritti civili sono i fattori che determi-

nano il costante aumento dei flussi diprofughi verso il continente europeo.Dove aspirano a trovare rifugio, tutelaumanitaria, la prospettiva di un do-mani da cittadini: non da sudditi, op-positori, nemici, perseguitati.

Scorciatoia senza effettiNei flussi umani in transito attraversoil Mediterraneo si contano anche moltimigranti cosiddetti “economici”: per-sone, cioè, che tentano l’avventura permigliorare le condizioni di vita propriee della propria famiglia, ma non sonooggetto di violazioni dei loro diritti fon-damentali, né hanno avuto compro-messe da violenze e guerre le proprieesistenze. Sia migranti “economici”che rifugiati viaggiano condotti da traf-ficanti e reti criminali. Ma guai a pen-sare che la questione possa essere ri-

di Oliviero Forti e Francesco Marsico L

dıfronteBasitiGrandeal

sbarco

MARE NOSTRUMMigranti in attesadi sbarcare dalla motonavedella Marina militare“Grecale” nel portodi Pozzallo, in Sicilia

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soprattutto in Medio Oriente. Su que-sta dimensione di caratura interna-zionale è necessario sviluppare unpensiero e un’azione coerenti, capacidi considerare le implicazioni politi-che, economiche, di cooperazione al-lo sviluppo e di intervento in emer-genza. E sarebbe necessario che unatale riflessione riguardasse non solo lerisorse comunitarie, ma anche gli in-terventi dei diversi stati: senza un si-mile, meno isterico e sterile approc-cio, nessuna Linea Maginot ci potràmettere al riparo. Né, soprattutto, cipotrà esentare dal rischio di mettere arepentaglio il meglio della nostra sto-ria: il ruolo politico culturale dell’Eu-

ropa – che nel secondo dopoguerra harappresentato un laboratorio straor-dinario e innovativo, in materia di co-struzione e pratica della democrazia,dei diritti umani e sociali, delle rela-zioni tra stati – non può essere ridotto

alla confusa sommatoria di egoismi eopportunismi nazionali.

L’immigrazione è un’opportunitàe una sfida, se si vuole costruire unavisione strategica comune, estesa al-l’intero continente. Se gestita come sideve, si rivela fonte di ricchezza perle nostre società ed economie. Inun’Europa senza frontiere interne, glistati membri e l’Unione devono agiresecondo una visione comune anchelungo i confini esterni: è il presuppo-sto per gestire in modo convincentee aperto l’immigrazione legale e l’in-tegrazione, e per lottare contro l’im-migrazione “clandestina”, pur conti-nuando a sostenere valori universali– la protezione dei rifugiati, il rispettodella dignità umana, la tolleranza –tradendo i quali tradiremmo il me-glio di noi stessi.

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l prefetto Mario Morcone diri-ge da giugno il Dipartimentolibertà civili e immigrazionedel ministero dell’interno. Ave-va già ricoperto in passato

questo ruolo: sa bene quanto cruciale

cadendo, e su quanto dovrà esserefatto e cambiato in futuro, in Italia ein Europa, non difetta di lucidità.

Prefetto, il 2014 è un anno di re-cord. Secondo i dati in vostro pos-

sia, per la gestione dei flussi migratoriverso il nostro paese, e l’applicazionedelle politiche in materia. È giuntonel mezzo di un anno di arrivi ingen-tissimi, senza precedenti per il nostropaese: la sua visione su quanto sta ac-

IMorcone, capo-dipartimento Immigrazione dell’Interno: «Accoglienze,nel 2014 fatto un piccolo miracolo. Il ruolo cruciale del terzo settore»

«Oltre egoismi stucchevoli,costruiamo l’Europa dell’asilo»

di Paolo Brivio

Numero di profughi nel mondo in 25 anni (in milioni, 1989-2013)

1989

60 MILIONI

50

40

30

20

1990 1991 1992 1993 1994

47,4

37,739,3

42,5

51,2

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

GENOCIDIOIN RUANDA

CONFLITTO IN KOSOVO

GUERRAIN IRAQ

GUERRA CIVILE

IN SIRIA

Principali paesi di accoglienza dei rifugiati(fine 2013)

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CINA

ETIOPIA

CHAD

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TURCHIA

GIORDANIA

LIBANO

IRAN

PAKISTAN

BIVACCO IN CENTRALEProfughi siriani alla stazione di Milano,in attesa di passaggi verso il nord Europa

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nazionale rifugiati

mila persone sono morte in mare nel2014, è altrettanto vero che oltre 120mila persone sono state salvate dallamarina militare italiana.

Mare Nostrum ha avuto certamen-te dei limiti, ma ha svelato il contatoredei morti in mare, per anni nascostoall’opinione pubblica italiana ed eu-ropea. E ha reso possibile l’apertura diun confronto pubblico sulla meccani-ca di questo fenomeno, prima celatodalla macelleria libica, ultima ed effi-cace – in termini di contenimento –stazione della via crucis dei profughiin cerca di salvezza e futuro.

Il tema è purtroppo complesso, fi-glio quantomeno illegittimo dellaglobalizzazione. Ma pervicace si ma-nifesta la volontà, almeno da partedell’Unione europea, di non guardarein maniera complessiva a una tale sfi-da storica, che imporrebbe di provarea sviluppare strategie continentali inAfrica e nel vicino Oriente. In questomomento storico, l’Europa si trova aconvivere con almeno cinque impor-tanti conflitti armati che premono aisuoi confini (Ucraina, Siria, Palestina,Iraq, Libia), che producono flussi mi-gratori ingenti e a cui va aggiunta unanon meno folta lista di conflitti, più omeno guerreggiati, comunque figli diuno strutturale deficit di democraziae di rispetto dei diritti umani, che in-teressano diversi paesi africani, soprae sotto il Sahara. A questo spinoso ro-sario di focolai di crisi, l’Europa sem-bra voler contrapporre un’unica e os-sessiva soluzione: individuare formedi contenimento dell’ingresso deiprofughi. Si prova inutilmente a blin-dare i varchi d’accesso, invece di pen-sare a sviluppare interventi di politicainternazionale capaci di aggredire al-la radice le cause delle migrazioni.

Triton, l’operazione internazionaleche sostituirà Mare Nostrum, è para-digmatica. Si tratta, infatti, di unaprospettiva, seppure condivisibile perla volontà di salvare vite in pericolo,assolutamente inadeguata rispetto

all’esigenza di immaginare una stra-tegia pluriennale non di mero conte-nimento, ma di presa in carico effet-tiva del fenomeno migratorio. Comedetto, sono molteplici le cause di que-ste migrazioni, alimentate da motiva-zioni economico-sociali, conflitti eviolazioni dei diritti umani nei paesidi origine che si intersecano e si ag-

A questo rosario di focolai di crisi, l’Europasembra voler contrapporre un’ossessivasoluzione: studiare forme di contenimento

dell’ingresso dei profughi. E così si provainutilmente a blindare i varchi d’accesso

grovigliano: la risposta non può esse-re unilaterale, fatta solo del migliorsalvataggio e della migliore assistenzapossibili, peraltro fino a quando sipuò (cioè fino a quando le opinionipubbliche interne non ricomincianoa rumoreggiare).

La Maginot non ci riparaLa questione riguarda, quindi, qualerelazione l’Unione Europea vuole co-struire con i paesi che compongono ilcontinente africano – a partire dallearee di crisi endemica – e quale ruolovuole avere rispetto alle crisi in atto,

Il 2014, anno di arrivi record sulle coste italiane, ha visto la rete Caritas intensifi-care la propria già intensa opera di accoglienza dei migranti sbarcati, e soprat-tutto delle persone richiedenti asilo o protezione umanitaria. Un monitoraggio di Caritas Italiana, avviato a marzo, ha evidenziato l’esistenza e la continuità di lavoro di un considerevole numero di accoglienze da parte delle Caritas dioce-sane. A metà settembre, il numero degli ospiti presenti nelle strutture conven-zionate con le diocesi era 3.466, e in realtà sarebbe ancora di più se si conside-rassero le persone allontanatesi spontaneamente, dopo un breve periodo di ac-coglienza, e quelle inserite nel frattempo nel Sistema di protezione perrichiedenti asilo e rifugiati (Sprar), coordinato dal ministero dell’interno.

Dalle 1.444 presenze monitorate agli inizi di maggio, si è insomma passati allequasi 4 mila. Le regioni dove le diocesi ospitano il numero maggiore di migranti e richiedenti protezione internazionale erano al 15 settembre Sicilia (693 presen-ze), Lombardia (581), Campania (545), Toscana (206) e Lazio (197). La distribu-zione delle accoglienze per area macrogeografica nazionale fa registrare il 37% al nord, il 21% al centro, il 19% al sud e il 24% nelle isole; i principali paesi di pro-venienza sono Nigeria, Mali, Senegal, Gambia e Ghana, oltre alla Siria ed Eritrea.

I gruppi provenienti da questi ultimi due paesi manifestano estrema mobilità:molti hanno scelto di fermarsi anche solo una notte nei centri d’accoglienza, ab-bandonandoli alle prime luci del giorno successivo, senza preavviso e con la spe-ranza di raggiungere al più presto il nord Europa e le reti parenterali di riferi-mento in Germania e Svezia. Ciò ha causato notevoli difficoltà agli operatori deicentri Caritas, impedendo loro di organizzare percorsi di accoglienza continuativie quindi efficaci.

Oltre alla “fluida” presenza delle famiglie siriane ed eritree, le principali critici-tà hanno riguardato lo scarso preavviso, da parte delle prefetture, dell’arrivo di cospicui gruppi di persone da accogliere, così come l’assenza di indicazionichiare sulla durata della permanenza degli ospiti: anche questi fattori hannocontribuito a rendere problematiche l’organizzazione e l’attuazione di program-mi di gestione e di integrazione nel territorio, anche semplicemente a breve ter-mine. Quello che alcuni hanno definito l’“effetto delega” sul privato sociale hacreato la sgradevole percezione di un sovraccarico dovuto, in alcuni casi, allaparziale se non totale assenza delle istituzioni locali e a una manifesta assenzadi dialogo tra gli attori coinvolti da questa emergenza.

Ciò non ha impedito a molti centri Caritas di promuovere percorsi e attività perfavorirne l’integrazione degli ospiti nel territorio e con le comunità locali. E, in mol-ti casi, di sviluppare concrete forme di coordinamento tra i soggetti che, a vario titolo, si occupano di accoglienza. Un lavoro ogni volta reinventato, e che attendedi essere valorizzato in un organico e stabile sistema di accoglienza nazionale.

[Maria Teresa Spinelli]

Rete Caritas, a metà settembrele accoglienze a quota 4 mila

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4 11

L’obiettivo è il mutuo riconoscimento;la possibilità cioè che la decisione diun paese valga in tutti gli altri, garan-tendo la mobilità dei protetti interna-zionali nell’area Schengen.

In questi mesi il suo Dipartimentoè stato molto attivo, all’interno delTavolo di coordinamento nazio-nale, nella definizione del sistemadi accoglienza in Italia. Nel Tavolosono stati di recente coinvolti Ca-ritas e Arci: quale contributo puòdare il terzo settore al rafforza-mento del percorso verso un siste-ma compiuto di accoglienza?

Senza il terzo settore e la generositàdi tanti volontari non saremmo an-dati da nessuna parte. Caritas e Arciovviamente sono in prima linea a fa-re sistema tra le tante energie positi-ve che nascono dalla società civile.

Ora il loro ruolo è ancora più im-portante: la sofferenza dei territori e ladifficoltà di chi ne ha il governo, im-pongono una nuova mobilitazioneche spieghi le ragioni e il valore diquello che stiamo facendo. E solograndi enti ed associazioni comequelle che abbiamo citato sono in gra-

do di aiutarci a condividere un’opera-zione così importante.

Spesso – di recente per il varo del-l’operazione “Triton”, in sostituzio-ne dell’italiana “Mare Nostrum” – sievoca la solidarietà europea. Qualimisure dovrebbe adottare l’Europaper aiutare l’Italia a gestire arriviconsistenti di richiedenti asilo, fa-vorendo una distribuzione equa edefficace di persone che bussano alleporte del nostro continente?

Ho già accennato al tema del mutuoriconoscimento dello status di rifu-

giato e della protezione sussidiaria.Molte altre scelte ci darebbero unamano; penso alla suddivisione perquote dei protetti internazionali intutti i paesi, o a un’applicazione piùflessibile della clausola dell’Accordodi Dublino sui ricongiungimenti fa-miliari e le persone vulnerabili.

Bisogna assolutamente evitareuno stucchevole confronto tra paesidel Nord e del Sud Europa, coinvol-gendo tra i 28 anche tutti quelli cheper il momento stanno a guardare,non essendo coinvolti o attraversatidalle rotte della speranza.

Più di 120 mila sbarcati in Italia in otto mesi, tra cui molti profughi: record, emergenza, invasione… E adesso come faremo?

Si potrebbe chiedere ai molti paesi del mondo che, da molti anni,accolgono flussi di rifugiati molto più consistenti. In un recente comuni-cato stampa, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(Unhcr) ha segnalato che a fine 2013 le persone che nel mondo fuggo-no da guerre, carestie e altre gravi crisi hanno raggiunto quota 51,2milioni, ben 6 milioni in più rispetto al 2012.

Questo drammatico spostamento forzato di persone è causato principalmente dalle guerre in Siria, Repubblica Centrafricana e SudSudan, alle quali si sono recentemente aggiunte le crisi nella Striscia di Gaza e in Ucraina. La popolazione globale di rifugiati, richiedenti asi-lo e sfollati interni è la più alta mai raggiunta dalla fine della secondaguerra mondiale. Gli sfollati interni rappresentano il gruppo più numero-so (33,3 milioni), oltre che il più a rischio: si trovano spesso in zone di conflitto, quindi difficilmente raggiungibili dagli aiuti esterni. Invece i rifugiati sono circa 16,7 milioni, di cui 6,3 in esilio da più di cinque anni.

Le nazionalità maggiormente rappresentate tra le persone raggiunteda Unhcr sono afgani, siriani e somali, presenti soprattutto in Pakistan,Iran e Libano. Si tratta di paesi che ospitano milioni di rifugiati e richie-denti asilo, ma anche alcuni paesi del Medio Oriente vicini a Siria e Iraq (Libano, Giordania, Turchia) o alcune regioni di paesi africani ac-colgono centinaia di migliaia di persone, cifra elevatissima se rapporta-ta alla popolazione “indigena”.

In Italia il 2014 sarà certamente ricordato per l’incessante flusso di profughi che hanno attraversato il Mediterraneo in cerca di protezionein Europa. Tra costoro migliaia di minori, in molti casi senza un genitoreo un parente al seguito. I paesi di provenienza sono raccolti lungo unasorta di “cintura di fuoco”, che cinge il Mediterraneo e che, passandoper l’inquieto Nord Africa del dopo-primavere (Libia, Tunisia, Egitto), si stende dall’Africa occidentale (Gambia, Mali, Niger, Nigeria, Costa d’Avo-rio), subsahariana (Centrafrica, Sud Sudan, Ciad) e orientale (Eritrea, Somalia) sino al Medio Oriente (Gaza, Siria, Iraq). Guerre civili, forme diffuse di terrorismo, anarchia violenta, dittature repressive, sistematicheviolazioni dei diritti umani: il campionario delle cause che inducono allafuga milioni di persone è drammaticamente vario. Non si tratta di un fe-nomeno circoscritto e passeggero: solo politiche estere e di sviluppo or-ganiche, a livello nazionale ed europeo, e non certo illusorie scelte di ar-roccamento e respingimento, potranno provare a gestirlo.

LA MAPPANel mondo le persone in fugasono ormai più di 50 milioni

Rifugiati accolti da regioni in via di sviluppo o sviluppate (1989-2013)

Principali paesi di destinazionedei richiedenti asilo (2012-2013)

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*NEL 2014 L’ITALIA VEDRÀ SICURAMENTE AUMENTARE DI MOLTO IL NUMERO

DEI RICHIEDENTI ASILO

sesso, quante sono state sinora lepersone sbarcate sulle nostre co-ste? Quale è la loro provenienza?

Siamo sicuramente in presenza di unagigantesca operazione umanitaria cheha portato a oggi (20 settembre, nda) ilnumero delle persone sbarcate a oltre125 mila. Come è stato altre volte postoin rilievo, anche dal ministro dell’inter-no, Angelino Alfano, i paesi di prove-nienza sono quelli dove forte è il rischioper la vita dei migranti o per conflitti in-terni e persecuzioni o, comunque, pergravi situazioni di indigenza o a causadi un tessuto sociale lacerato. Parliamoquindi di Siria, Eritrea, Gambia, Soma-lia, ma riscontriamo anche arrivi di gio-vani egiziani e persone provenientidall’Africa subsahariana.

Arrivi e accoglienza stanno avve-nendo senza che si siano creati(anche rispetto a situazioni del re-cente passato) eccessivi allarmimediatici. Ma quali sono le diffi-coltà più grandi che il nostro pae-se incontra nel farsi carico dell’ac-coglienza di un numero di richie-denti asilo elevato e – per i nostristandard – obiettivamente straor-dinario? Come si sta operando perdare attuazione al Piano di acco-glienza recentemente approvatodalla Conferenza Stato-Regioni?

Devo dire, senza nessuna presunzione,che fino a oggi abbiamo realizzato unpiccolo miracolo. Se si fa un raffrontocon l’emergenza del 2009, che aveva ri-guardato circa 36 mila persone, e conquella cosiddetta del “Nord Africa” del2011 (53 mila arrivi), balza agli occhiche l’operazione che stiamo condu-cendo è effettivamente unica nella suadimensione. Questo fino a oggi è statopossibile proprio grazie alla decisionedella Conferenza unificata, che ha per-messo a comuni, regioni e stato di con-dividere in spirito di collaborazionequesta avventura umanitaria. Natural-mente, ma questo si è sempre tradizio-nalmente verificato, uno sforzo parti-colare è venuto dalle grandi organizza-

zioni cattoliche e da segmenti del terzosettore, senza i quali tutto questo nonsarebbe stato possibile.

Oggi i territori sono davvero in sof-ferenza; le difficoltà stanno crescendo

Bisognerà fare un salto, superando egoisminazionali e interessi particolari perrealizzare quella “Europa dell’asilo” di cui

parliamo spesso, ma che stenta a decollare.Noi stiamo facendo la nostra parte

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IN BUONE MANIUn bambino, figlio di rifugiati, sbarcato

dalla motonave “Chimera” a Pozzallo

nazionale rifugiati

di giorno in giorno e credo che il gover-no dovrà fare una riflessione su comepoter portare avanti questa gara di so-lidarietà, di cui siamo orgogliosi, senzalacerazioni nella rete delle istituzioni.

Quali caratteristiche dovrà avere,in futuro, un sistema adeguata-mente attrezzato per gestire fasiacute di emergenze, ma anchel’ordinaria accoglienza di migran-ti e, soprattutto, richiedenti asilo?

La risposta ad emergenze così gravi ecosì importanti, non può prescindereda un impegno più ampio che coin-volga certamente l’Europa, assieme al-le grandi organizzazioni internazionaliche fanno capo alle Nazioni Unite.

Bisognerà fare un salto, superandoegoismi nazionali e interessi partico-lari per realizzare davvero quell’“Eu-ropa dell’asilo” di cui parliamo spesso,ma che stenta a decollare. Noi stiamofacendo la nostra parte, aumentandole Commissioni per il riconoscimentodella protezione internazionale, mi-gliorandone la formazione e la capa-cità di gestire le interviste in tempi so-stenibili, senza attenuare il pacchettodi garanzie poste a presidio dei diritti.

Numero di rifugiati ogni mille abitanti (2013)

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14 MONTENEGRO

20 SUD SUDAN

LIBANO

CON I MASSICCI ARRIVI DEL 2014, L’ITALIA

RAGGIUNGERÀ UN TASSOTRA 2 E 3 RIFUGIATIOGNI MILLE ABITANTI

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4 13

er dieci anni è stata Terra Fu-tura. Ora, da ottobre, preci-samente da venerdì 17 a do-menica 19, sarà Novo Modo.Ossia un nuovo contenitore,

lontano da formule che ormai rischia-vano la ripetitività, per continuare ariflettere, conoscere, confrontarsi e in-contrarsi su alcuni fenomeni del pre-sente che rappresentano altrettantesfide per il futuro. E per delineare per-corsi che orientino il mondo attualeverso un Novo Modo di organizzareconsumi e produzione, beni e servizi,economia e politica, verso prospettivedi equità e solidarietà.

La prima edizione di Novo Modo sisvolgerà sempre a Firenze, ma nonpiù alla Fortezza da Basso, bensì al-l’Auditorium di Sant'Apollonia. Lanuova iniziativa culturale, accanto altitolo generale, ha uno slogan che dicemolto dello spirito con cui gli organiz-zatori (Acli, Arci, Banca Etica, CaritasItaliana, Cisl, Fondazione culturale

Responsabilità Etica, Fiera delle uto-pie concrete e Legambiente, con ilcontributo della regione Toscana) in-tendono accostarsi ai temi e alle espe-rienze che saranno oggetto di presen-tazione e approfondimento: “Respon-sabilità di tutti”.

Rispetto al passato, cioè alla for-mula di Terra futura, è stata compiu-ta una scelta di ancora maggiore so-brietà ed essenzialità. Più che sullacomponente della fiera, in Novo Mo-do ci si concentrerà sulla formulazio-ne di una riflessione e un messaggioche, in modo circolare, possa esserecondiviso e arricchito tra vertici e ba-si delle organizzazioni promotrici.

L’evento sarà dunque basato suuna forte dinamica partecipativa, perpermettere a tante esperienze natedal basso, dai territori, di confluire inun momento di riflessione ed elabo-razione comune. L'idea dei promotoriè infatti quella di stimolare un con-fronto che permetta di saper cogliere

di Andrea La Regina

Per dieci anni TerraFutura ha presentatobuone pratiche di solidarietà e sostenibilità espresseda soggetti sociali,istituzioni, aziende. A ottobre, attenuatol’aspetto fieristico,torna a Firenzel’evento sui percorsiper costruire, dal basso, una societàequa e giusta

Pdi costruire il futuro

ModoNovo

nazionale iniziative

C’è un

Questo, a fronte di un crollo dell’oc-cupazione nativa, pari a -500 milaindividui.

Il tasso di occupazione degli stra-nieri, anche se superiore a quello de-gli italiani, segnala da ormai alcunianni una tendenza al peggioramen-to; dal 2008 ha infatti perso 5 puntipercentuali, attestandosi all’attua-le 58,1% (63% nel caso degli Ue e55,9% nel caso degli extra-Ue). Dal2007 (anno della massima crescitadell’occupazione) al 2013, a fronte diun calo superiore a 1,6 milioni diitaliani, l’occupazione degli stranieriè aumentata di ben 853 mila unità. In questo periodo,l’incidenza degli stranieri nel mercato del lavoro italianoè comunque aumentata. Essa ha assunto valori rilevantisia a livello aggregato – toccando, nel 2013, quota 10,5%del totale degli occupati – che a livello settoriale, in par-ticolare nelle costruzioni (19,7%), nei servizi (10,7%) ein agricoltura (13%).

Il lavoro manuale non qualificato costituisce la formaprincipale di inquadramento professionale della forza la-voro straniera. A parità di livello di istruzione “alto” (lau-rea e post-laurea), la quota di lavoratori stranieri impie-gati con mansioni di basso livello è il 22,6% del totale, afronte dello 0,4% degli italiani. Analogamente, sel’83,4%dei lavoratori italiani laureati svolge funzioni di-rigenziali, intellettuali e tecniche, ciò vale solo per il34,9% degli stranieri laureati.

L’impatto della crisi economica sulle fasce di età infe-

all’aumento del numero di stranieri di “seconda genera-zione” e alle quote di ingresso non programmate di po-polazione straniera non comunitaria (anzitutto, i richie-denti protezione internazionale).

Per l’anno 2013 è possibile stimare un numero totaledi giovani tra i 15 e i 29 anni che è privo di occupazione eal di fuori dei sistemi formativi (i cosiddetti Neet) pari a2.434.740 unità. Di questi, 385.179 sono stranieri, il15,8% della popolazione considerata.

A differenza di quanto è ravvisabile per gli italiani, tra i Ne-et stranieri la presenza femminile è maggioritaria (tra i Neetitaliani le ragazze sono il 49,7% del totale, tra i comunitarie gli extracomunitari sono il 64,3%e il 67,3%). La presenzafemminile è molto evidente nel caso di alcune comunità; adesempio, nel caso di Marocco, Bangladesh, India, Moldavia,Ucraina, Pakistan, Sri Lanka (Ceylon) le donne sono i dueterzi dei Neet, superando il 70% del totale.

PIÙ OCCUPATI,MA ANCHE PIÙ INATTIVI

riori ai 30 anni è stato rilevante. Sullungo periodo (2007-2013), l’occupa-zione degli under 30 italiani è calatadrasticamente (-1,162 milioni dioccupati), mentre si è registrata unalieve crescita (+63 mila circa) deigiovani stranieri occupati. Né lavoroné studio, molte ragazze

L’aumento tra gli occupati non signi-fica che i lavoratori stranieri non abbia-no risentito della crisi. Nel 2013 circa500 mila cittadini stranieri erano incerca di occupazione (147.376 Ue e345.564 extra-Ue), quota proprionell’ultimo anno aumentata di oltre110 mila unità (+80.911 extraco-munitari e +29.359comunitari). Il re-lativo tasso di disoccupazione ha rag-giunto quota 17,3% (15,8%per gli Uee 18% per gli extra-Ue), sopravanzan-do quello degli italiani di circa 6 punti.

Al dato sulla disoccupazione sisomma la crescita della popolazionestraniera inattiva, che ha raggiuntoquota 1.275.343(+77 milaunità, subase annua). La crescita ha interessa-to soprattutto la componente extra-Ue (+52 mila) ed è dovuta al feno-meno dei ricongiungimenti familiari,

L La Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche diintegrazione del ministero del lavoro e delle politiche socialiha pubblicato in estate il Quarto rapporto annuale 2014. Gli

immigrati nel mercato del lavoro Italia. Alla luce dell’attuale con-testo economico e delle criticità che caratterizzano il mercato dellavoro italiano, la condizione occupazionale dei cittadini straniericonferma i segnali contraddittori emersi negli ultimi anni.

A livello generale, il numero di occupati comunitari ed extracomu-nitari ha fatto registrare tra il 2012 e il 2013 un lieve incremento, di po-co inferiore alle 22 mila unità (+14.378 Ue e +7.497 extra-Ue).

Tra gli stranieri in Italiacontinua a registrarsi,

contrariamente a quanto accade ai

“nativi”, un incremento,sia pur lieve,

di lavoratori. Molti sonoinseriti in mansioni di livello più basso

rispetto al loro titolo.In aumento, però, anche

disoccupati e Neet

databasedi Walter Nanni

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POLEMICHE SUL PIL,INQUINATO E INQUINATORE

contrappuntodi Domenico Rosati

suo tempo Berlusconi, tentarono difar valere a Bruxelles il peso del “som-merso italiano”, componente organi-ca della ricchezza nazionale. Nonchécampo nel quale l'Italia vantava inve-ro livelli d'eccellenza anche per viadella competenza del suo leader, poianche giudiziariamente comprovata.

Ci sarebbe poi da compiacersi delfatto che le spese per la ricerca, fin quicomputate come costi, vengono riclas-sificate al rango di investimenti (chenon incidono sul deficit); e ciò anchese sotto la voce “ricerca” si annida unresiduo di sporco, come la franchigiaper la spesa militare che ora diventacomponente strutturale del Pil, conbuona pace di tutti i dubbi sollevati pervia della sua funzione distruttiva.

E si potrebbe continuare fino asconfinare sul terreno dell’ideologia.Viceversa, proprio l’adozione delnuovo criterio statistico induce acambiare registro. Come ha detto l’expresidente dell’Istat, Enrico Giovan-nini, con le nuove regole il Pil diventa«un indicatore più aderente al circui-to dell’economia», ma nel contempo«si allontana sempre di più dalla mi-

sura del benessere». Ecco: il Pil può indicare tante cose,ma oggi men che mai lo stato di salute di una società.

In una forma mai successivamente eguagliata per chia-rezza ed efficacia, lo aveva detto già nel 1968 Robert Ken-nedy, quando aveva notato che il Pil «comprende anchel’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e leambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle car-neficine dei fine settimana». E aveva aggiunto che «nontiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualitàdella loro educazione o della gioia dei loro momenti di sva-go. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la soli-dità dei valori famigliari o l’intelligenza del nostro dibat-tere». Insomma «il Pil non misura né la nostra arguzia, néil nostro coraggio, né la nostra conoscenza né la nostracompassione né la devozione al nostro paese. Misura tut-to, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di esserevissuta». Parole sante. Da rileggere e meditare.

Si chiama Prodotto interno lordo, per gli addetti Pil. “Lordo” ètermine tecnico, usato per distinguere la massa informe dellaricchezza prodotta (tale appunto è il Pil), dal dirimpettaio (il

Pin, o “Prodotto interno netto”) che indica in modo più raffinato lamedesima quantità economica.

Ma l’aggettivo “lordo” è anche sinonimo di “sporco” o di “sudicio”,come recita un qualsiasi dizionario. Ed è facendo ricorso a simili ri-sorse di linguaggio che si può affrontare senza angoscia la questione,insorta in estate, a proposito della decisione del consesso degli sta-tistici di includere nel computo del Pil anche la ricchezza prodottadall’economia criminale. In chiaro:produzione e spaccio di droga, eser-cizio-fruttamento della prostituzio-ne, contrabbbando et similia… Se il“lordo” tecnico si coniuga con lo“sporco” effettivo, dov'è il problema?

La notizia ha avuto un’accoglienzadi due tipi. C'è stato chi l’ha subitobuttata in politica: è un modo pergonfiare il denominatore (appunto ilPil) rispetto al numeratore (il deficit)della formula di Maastricht, in mododa far rientrare nei parametri chi, co-me l’Italia, pareva condannato auscirne, a causa della sopravvenientedecrescita tutt'altro che felice. Come dire una furbata delsolito Renzi. E c'è stato chi l’ha censurata dal punto di vi-sta etico come una mostruosità o un errore intollerabile.Altri hanno invece prefigurato l’inevitabilità della legaliz-zazione di attività finora incriminate, una volta che fos-sero ammesse nel “salotto buono” in cui si collocano i fat-tori che determinano la ricchezza delle nazioni e il con-seguente benessere dei popoli.

Bob, parole santeSchermaglie estive dal respiro corto. Può darsi che la lie-vitazione illegale del Pil (in Italia 170 miliardi l’anno?)consenta una boccata d’ossigeno a chi ne ha bisogno, masarà solo una boccata perché, a quel che sembra, il cal-colo avrà effetto retroattivo e dunque si ristabiliranno ra-pidamente le proporzioni originarie e i relativi differen-ziali. Semmai dovrebbero rallegrarsi quelli che, come a

Gli statistici chiedono di includere nel

computo del Prodottointerno lordo

la ricchezza prodottadall’economia

criminale. Qualchevantaggio immediato.Ma resta il fatto che lo

strumento può misurarela ricchezza, non

il benessere di un popolo

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4 15 14 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4

nazionale iniziative

le novità e le capacità progettuali ditante esperienze e pensieri, capaci didisegnare un futuro più equo e giusto,in economia e nella finanza, nell’or-ganizzazione delle dinamiche e deiservizi sociali, nella gestione delle ri-sorse e dell’ambiente.

Poiché un mondo migliore è “re-sponsabilità di tutti”, forte sarà l’ap-pello lanciato dall’evento fiorentinoa modificare il nostro agire quotidia-no. Non mancherà, però, una rifles-sione su come far entrare questi teminell’agenda politica e su come ren-derli prioritari a tutti i livelli, da quel-lo locale a quello nazionale, sino alleistituzioni europee e internazionali.

Responsabilità di tuttiUscire dalla logica della delega, dallaconvinzione che tutto dipenda sem-pre da altri: è il significato dell’affer-mazione per cui “la responsabilità è ditutti”. In questo solco, anche il livellonazionale di Caritas intende coinvol-gere e valorizzare maggiormente,nell’esperienza di Novo Modo, l’ap-porto delle Caritas diocesane. Le buo-

ne pratiche che esse mettono in attoin decine e decine di territori italianisono infatti una risposta creativa allesfide che gli uomini e le donne di oggi,specialmente gli ultimi, si pongono epongono a tutti. Questi bisogni e que-ste sfide vanno affrontati non solo conla logica del fornire una risposta im-mediata, ma nella convinzione di vo-ler tracciare percorsi che incidano sul-la cultura diffusa. Il realismo di chi de-ve tendere una mano, soventenell’emergenza, non deve far dimen-ticare che il compito ultimo, pedago-gico, è condividere, aprire nuovi oriz-zonti, fare dell’esperienza, per sua na-tura locale e contingente, la base di un

confronto critico, non chiuso nel pro-prio particolare.

Tutti i contributi a Novo Modo(stand e appuntamenti culturali)avranno come filo conduttore la pro-spettiva di un’umanità che vuole libe-rarsi di una concezione dello svilupposolo economica, per affermare chetutti hanno diritto a una vita dignitosae che dalla sostenibilità delle pratichedi produzione e consumo, di edifica-zione e di mobilità dipende il futurodella convivenza sul pianeta, e in defi-nitiva del pianeta stesso.

Per questo, il programma culturaledi quest’anno sceglie anzitutto lastrada coinvolgente del laboratorio e

prevede la presenza diun mix di ricercatori etestimoni, oltra alla pre-sentazione di esperien-ze e buone pratiche,chiamate a confrontar-si. Il programma di Ca-ritas Italiana, in parti-colare, è centrato sullacampagna (internazio-nale e nazionale, ma at-tuata in tanti territoridiocesani) di lotta allafame e per l’affermazio-ne del diritto al cibo,lanciata nella scorsaprimavera. Un’atten-zione particolare, sulfronte della lotta allapovertà, è dedicata an-che alle iniziative con-dotte dalle Caritas dellaGrecia, nell’ambito delgemellaggio intrapresocon alcune Caritas ita-liane. Non verrà dimen-ticato nemmeno il temadella pace, grazie a unseminario ad hoc.

Il tema trasversale scelto da Caritas Italiana per contribuire al programma culturale di Novo Modo sarà quello che fa da filo conduttore alla campagna nazionale contro la fame e per l’affermazione del diritto al cibo: “Una sola famiglia umana, cibo per tutti:è compito nostro”.

Per far circolare idee, progetti e materiali legati alla campagna, sarà allestito un piccolo spazio informativo con sussidi, documenti, video, testimonianze, ecc. Lo spaziosarà animato dalla rete Caritas, ovvero da operatori e volontari anche di diverse realtàdiocesane, impegnati in modo capillare nel territorio nazionale a promuovere e condivi-dere i temi della campagna, tramite percorsi educativi rivolti ai giovani, agli educatori,alle famiglie, a scuole e parrocchie, ma anche al mondo imprenditoriale.

Caritas Italiana, inoltre, proporrà due momenti di riflessione e approfondimento suitemi delle crisi sociali e delle relazioni di pace. Il primo si svolgerà sabato 18 ottobre; si tratterà della conferenza “Una razza, una faccia… una crisi. Le cause, le conseguenzee le lezioni della crisi economica, tra Grecia e Italia”: interverranno il professor AntonioPiga, docente all’Università di Sassari in Scienze e tecnologie alimentari, e il cantautoreVinicio Capossela, reduce da un disco in cui ha recuperato e rielaborato il “rebetico”, un genere della musica popolare greca. Parteciperà anche un rappresentante di Cari-tas Grecia, poiché l’incontro sarà l’occasione per presentare il nuovo nuovo sito internet“Gemellaggi solidali: insieme oltre la crisi” e per un confronto tra diocesi impegnate nel programma “Gemellaggi solidali in Grecia”.

Domenica 19 ottobre, infine, testimonianza sul tema “Tante guerre, una sola via perla pace: la Caritas nelle situazioni di guerra”: la renderà Silvio Tessari, operatore dell’uf-ficio Medio Oriente – Nord Africa di Caritas Italiana, di ritorno da una missione in Iraq.

Campagna, Grecia e guerrenel programma culturale Caritas

NOVA STAGIONELa rassegna “Novo Modo”,a Firenze dal 17 al 19 ottobre

I numeri

686giovani in servizio civile in Italia gestiti da Caritas Italiana nel 2013 e operanti in 62 Caritas diocesane. 65 quelli operantiall’estero, in 20 Paesi. 70 i progetti di serviziocivile finanziati con il bando ordinario di ottobre2013, di cui 61 in Italia e 9 all’estero

1.148i progetti anti-crisi economica delle diocesiitaliane, di cui 163 Fondi diocesani di solidarietà e 143 progetti di microcredito

92.484 interventi di orientamento, consulenza e segretariato sociale, erogati nel 2013 da 814centri d’ascolto o servizi in 128 diocesi

2.832 i centri di ascolto (ecclesiali, diocesani,parrocchiali o territoriali), che si fanno carico di un vasto bisogno sociale di persone e famiglie, italiane e straniere.

767.144totale interventi (di ascolto, aiuto materiale,orientamento, consulenza, segretariatosociale, ecc.) erogati nel 2013 da 814 centridi ascolto o servizi collegati, in 128 diocesiitaliane (a favore di 135.301 persone)

561.525 gli interventi di aiuto materiale a favore di persone e famiglie in difficoltà erogati nel corso del 2013 da 814 centri di ascoltoo servizi collegati, presso 128 diocesiitaliane, di cui 27.894 interventi di alloggio,478.104 erogazioni di beni e servizimateriali, 37.832 sussidi economici,17.695 interventi sanitari

294i microprogetti di sviluppo realizzati nel 2013,in 211 diocesi di 52 paesi

71 i paesi in cui Caritas Italiana ha realizzatointerventi di solidarietà (tra emergenze,cooperazione e microprogetti), in coordinamento con la rete internazionale:22 in Africa, 9 in America Latina e Caraibi,14 in Medio Oriente, Nord Africa e Cornod’Africa, 12 in Asia e Oceania, 12 in Europa

L’antidoto più efficace per contrastare la crisi e tutte le altre grandisfide in Italia, in Europa e a livello planetario è soprattuttoun’autentica educazione ai valori di carità e sobrietà, con stili di vitaadeguati e orientati al bene comune

S. E. monsignor Giuseppe Merisi Presidente Caritas Italiana (dalla Presentazione del Rapporto annuale)

PALESTRINACittadini del mondo,uomini sotto lo stesso cielo

Il progetto ha visto l’avvio di un percor-so di integrazione che, sviluppandosi su più fronti, mira a coinvolgere italianie immigrati residenti nel territorio dioce-sano, appartenenti a diverse fasced’età e provenienti da ceti sociali disa-giati. Un percorso di integrazione attra-verso la pratica gratuita del basket, adopera di un allenatore-psicologo profes-sionista, che accompagna i ragazzi nellaconoscenza e pratica di questo sport, e li guida verso un percorso di integra-zione che passa attraverso il rispettodelle regole e del gioco di squadra. Previsto anche l’avvio di corsi di italianoper stranieri, che mira a fornire ancheuna conoscenza di base del paese.

Qualche numero: sono state avviatedue squadre con più di 30 bambini, ita-liani, rom e stranieri fra gli 8 e i 11 anni,con problemi di integrazione. 60 gli stra-nieri adulti partecipanti all’attività.

CAGLIARIUn sorriso oltre l’emergenza

Il progetto “Ridare un sorriso”, realizzatodalla Caritas diocesana di Cagliari, ha interessato i comuni del sud della Sarde-gna colpiti dalle due alluvioni di ottobree novembre 2008, con epicentro Capo-terra e Segariu. Gli aiuti d’urgenza sonostati il tassello iniziale di un progettoche ha coinvolto l’intero territorio (par-rocchie, diocesi e cittadini), con interven-ti più strutturati, come l’attività nei centrid’ascolto e il supporto al reinserimentoabitativo e lavorativo. Senza dimenticarele “opere segno” sorte nei mesi e annisuccessivi: il centro di aggregazione so-ciale polivalente, in località Frutti d’Oro,e l’oratorio della parrocchia di San Gior-gio a Segariu, in completamento proprionel 2013, anno in cui la Sardegna è sta-ta colpita da una nuova alluvione.

Qualche numero: oltre cento famigliecoinvolte, una ventina di operatori.

BIELLAAccoglienza diffusa

Anticipando il concludersi dell’Emergen-za Nord Africa, il consorzio sociale Il Filo da Tessere, gestore dell’acco-glienza insieme alla Caritas diocesana,ha avviato un’azione di contatto con il territorio e la cittadinanza. Si sonoraccolte le disponibilità di alloggi, da parte di famiglie pronte ad accoglie-re, ma anche di parrocchie e enti religio-si: la ricerca e l’offerta di disponibilitàsono state rese possibili soprattuttograzie alla corale partecipazione di volontari cittadini e famiglie.

Qualche numero: sono state messe a disposizione 15 soluzioni abitative per 49 persone; sono stati portati a ter-mine 16 percorsi di avviamento al lavo-ro o assunzione; 13 sono le persone inserite in percorsi di formazione profes-sionale; 47 persone inserite in percorsidi istruzione di lingua italiana di livellointermedio e avanzato.

ANDRIABarnaba e le speranzeper i giovani

Il progetto “Barnaba – dare credito alla speranza” si propone di risponderealla disoccupazione giovanile con la creazione di nuove attività produttive,in cui i giovani mettano a frutto i propritalenti investendo nelle risorse del terri-torio. Tale processo è facilitato dallostrumento del microcredito, attivato grazie a un fondo di garanzia della diocesi costituito da Caritas, Pastoralesociale e del lavoro, Pastorale giovanilee comunità parrocchiali, grazie alla raccolta di offerte durante i periodi forti dell’anno, l’Avvento di Fraternità e la Quaresima di Carità, e implementa-te poi con i fondi 8xmille.

Qualche numero: a fronte di un fondo di Garanzia iniziale di circa 21 mila eu-ro, si è stati in grado di offrire prestitiper la creazione di lavoro per giovani per più di 300 mila euro (aprile 2013).

Paese che vai, Caritas che troviEsempi di interventi in Italia (progetti otto per mille Cei)

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4 1716 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4

rapporto annuale 2013

2013

Il 2013 di Caritas Italiana condensato nel Rapporto annuale. Attività di formazione, studio e comunicazione; progetti in Italia, in Europa e nel mondo: fatti e cifre (integrali su www.caritas.it)per inquadrare un intenso lavoro pastorale a servizio dei poveri

a cura dell’Ufficio comunicazione

ne di papa Francesco. In ambito Cari-tas, non va dimenticata la scomparsadi monsignor Giovanni Nervo, primopresidente di Caritas Italiana.

In questo anno delicato e impe-gnativo, ricca è stata la sequela diazioni e testimonianze di matriceCaritas, che hanno consentito di da-re corpo alla sensibilità e alla solida-rietà degli italiani, nei confronti degliultimi e delle periferie del mondo.

Il rapporto annuale 2013 di Cari-tas Italiana, intitolato Testimoni diumanità, è un momento di condivi-sione di tale impegno, e sintetizza illavoro svolto dall’organismo neiconfini nazionali e nell’intero piane-ta. Ma vuole anche rappresentareuno strumento di ringraziamento atutti coloro che hanno voluto esserepartecipi a questo cammino.

Sintesi e testo integrale del Rapportoannuale su www.caritas.it

avanti ai molteplici drammi– povertà, fame, sottosvilup-po, conflitti, migrazioni, in-quinamenti, calamità, disu-guaglianze, ingiustizie, cri-

minalità, fondamentalismi – checostellano il pianeta, la fraternità sipropone come fondamento e viamaestra. La globalizzazione dell’in-differenza deve lasciare posto a unaglobalizzazione della fraternità intutti gli aspetti della vita, compresil’economia, la finanza, le dinamichedella società civile, della politica, del-la ricerca, dello sviluppo, delle istitu-zioni pubbliche e culturali.

Sulla base di questa convinzioneprofonda, Caritas Italiana ha condottoil suo cammino pastorale, pedagogico,sociale e progettuale anche nel 2013.Un anno senz'altro denso di sfide quo-tidiane e di emergenze, per la Chiesasegnato da grandi accadimenti, dalledimissioni di Benedetto XVI all’elezio-

D

diTestimoni

unannodiCaritas

umanità

L’IMPEGNO CARITAS

TOTALE39.866.698,52

TOTALE IMPORTO

Progetti/Attività in Italia 26.206.436,89Progetti/Attività nel mondo 10.387.153,32Costi di gestione 3.273.108,31Totale 39.866.698,52

L’IMPEGNO CARITASRiepilogo complessivo utilizzo fondi 2013

COSTI DI GESTIONE3.273.108,318,2%

PROGETTI /ATTIVITÀ IN ITALIA 26.206.436,89 65,7%

PROGETTIATTIVITÀ NEL MONDO10.387.153,32 26,1%

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4 19

America Latina e CaraibiEURO

ARGENTINABOLIVIABRASILECILECOLOMBIACUBAECUADOREL SALVADORGUATEMALAHAITIPARAGUAYPERùREP. DOMINICANAURUGUAYAMERICA LATINA (Trasversali)TOTALE

EuropaEURO

ALBANIAARMENIABALCANIBOSNIA-ERZEGOVINAGEORGIAGRECIAKOSOVOMONTENEGROROMANIASERBIATURCHIAEUROPA (Trasversali)TOTALE

ATTIVITÀ NEL MONDO Utilizzo fondi 2013

AREA GEOGRAFICA

AMBITO DI INTERVENTO

MODALITÀ DI IMPIEGO

ATTIVITÀ IN ITALIA Utilizzo fondi 2013

AMBITO DI INTERVENTO

MODALITÀ DI IMPIEGO

TOTALE 26.206.436,89

TOTALE10.387.153,32

La globalizzazionedell’indifferenza deve lasciare posto

a una globalizzazionedella fraternità in tutti gli aspettidella vita, compresi l’economia,

la finanza, le dinamichedella società civile, della politica,

della ricerca, dello sviluppo,delle istituzioni pubbliche e culturali

SOCIO-ECONOMICO/ SANITARIO 6.225.657,9559,8%

EMERGENZA /RIABILITAZIONE1.409.148,0013,6%

PROGETTI SOCIALI DELLE CHIESELOCALI629.027,836,1%

PACE / DIRITTI UMANI372.220,793,6%

PROMOZIONE / ANIMAZIONE1.178.966,6211,4%

GESTIONEPROGETTI572.132,135,5%

AFRICA2.399.803,2923,1%

AMERICA LATINA E CARAIBI3.488.008,21

33,6%ASIA E OCEANIA2.472.053,51

23,8%

MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA1.324.214,1012,7%

EUROPA703.074,216,8%

AIUTI D’URGENZA1.070.000,0010,3%

PROGRAMMIDI SVILUPPO 8.027.053,3277,3%

MICROPROGETTI 1.290.100,0012,4%

PROGETTAZIONESOCIALE PER LE CHIESELOCALI12.267.949,3346,8%

PROMOZIONEANIMAZIONEFORMAZIONE 2.031.893,998,0%

EMERGENZE11.352.138,5743,7%

ACCOMPAGNAMENTODELLE CARITAS DIOCESANE11.565.276,3844,1%

FORMAZIONECONVEGNISEMINARI300.014,981,1%

PROGETTI CEI 8XMILLE ITALIA 13.882.375,5353,0%

DOCUMENTAZIONE 458.770,001,8%

35.300,0015.000,0015.241,30

209.188,8825.500,002.167,59

45.000,0017.500,0020.000,0054.680,00

122.982,98140.513,46703.074,21

13.400,0028.400,0010.500,0058.068,567.300,00

22.500,00199.278,00

5.000,0048.450,00

2.921.990,553.500,00

125.400,004.000,005.000,00

35.221,103.488.008,21

Asia e OceaniaEURO

AFGHANISTANBANGLADESHCINAFILIPPINEINDIAINDONESIALAOSMALDIVEMYANMARNEPALPAKISTANSRI LANKATHAILANDIAVIETNAMASIA (Trasversali)TOTALE

40.000,00264.000,00

2.000,00262.900,00294.540,78531.596,63

4.150,0013.000,00

187.000,0017.500,00

366.494,58274.163,76152.795,0011.100,0050.812,76

2.472.053,51

PROGETTI DI SERVIZIO PER I GIOVANI554.455,001,,5%

AfricaEURO

ANGOLABENINBURKINA FASOBURUNDICAMEROUNCIADCONGOCONGO REP. DEM.COSTA D'AVORIOERITREAETIOPIAGUINEA CONAKRYKENYAMADAGASCARMALAWIMALIMOZAMBICONAMIBIANIGERIAREP. CENTRAFRICANARWANDASENEGALSIERRA LEONESUDANSUD-SUDANTANZANIAUGANDAZAMBIAZIMBABWEAFRICA (Trasversali)TOTALE

rapporto annuale 2013

4.600,005.000,00

122.180,0037.500,0039.400,0017.200,0010.000,00

203.000,0015.300,00

151.721,00249.314,0067.768,24

245.350,0049.400,0020.530,00

217.350,0074.450,0010.000,004.900,00

60.000,0020.000,0045.900,0011.500,00

169.500,00120.380,0056.370,00

100.050,0010.000,0020.000,00

241.140,052.399.803,29

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Medio Oriente e Nord Africa

EURO

ALGERIAGIBUTIGIORDANIAIRANIRAQISRAELELIBANOMAROCCOMAURITANIASIRIASOMALIATERRA SANTAMONA (Trasversali)TOTALE

34.600,00217.332,0073.311,00

200.000,0080.000,0012.000,0054.650,0013.635,0010.000,00

130.000,00379.000,0069.685,9850.000,12

1.324.214,10

BURUNDIUn tetto per dire stopalla provvisorietà

Una casa solida, di 25 metri quadri, dove Arcade, con la moglie Janine e i suoi 5 figli, vive in modo confortevo-le e dignitoso. È una delle 18 abitazioniin mattoni con relativi servizi igieniciche hanno sostituito le capanne di fango e paglia della comunità di pigmei Batwa a Nyagisozi-Rukori, villaggio a nord-est della repubblica del Burundi. Grazie all’attenzione della diocesi di Nuyinga e al piccolo finanziamento di Caritas Italiana sonostati acquistati materiali da costruzionee si è pagato un muratore specializzato.Ogni famiglia ha contribuito a realizzarei mattoni, costruire i tetti in legno, le porte e le finestre.

Realizzato > MP 3/13

GEORGIARiannodare i fili della vita

Tamar, sfollata dall’Ossezia, in seguitoai pesanti scontri tra esercito georgianoe milizie ossete, ha 19 anni e da 5 vivea Gori, nel nord della Georgia, dove insieme ai genitori è ripartita da zero.Completato il ciclo unico di studi, graziea Caritas Georgia e a un contributo di Caritas Italiana di 4 mila euro, insieme ad altre dieci ragazze sfollateha potuto frequentare un corso di rica-mo e di lavoro a maglia: una formazionedi un anno, che oggi le permette di ave-re un mestiere e un reddito, che con il tempo e l’esperienza potrà incremen-tarsi. Così potrà aiutare anche i genitori.

Realizzato > MP 260/12

BRASILEDalla pioggia la vita

«Obrigado, Grazie! Una vera benedizio-ne, contro gli sprechi e per migliorare la nostra vita». Così ci ha scritto Sabi-no, che con la moglie Adalia e i tre figliAdir, Adamir e Alaide, vive a Jaguarari,zona rurale del nord-est del Brasile. Insieme ad altre famiglie povere della parrocchia San Giovanni Battistaaveva chiesto nel 2012 un aiuto per dotare le case di 8 cisterne e raccogliere acqua piovana fino a 16 mila litri. Le piogge lì sono inten-se, ma limitate a brevi periodi dell’an-no. Nel giro di otto mesi le cisterne erano già posizionate. Ora hanno acqua per bere, per la pulizia persona-le, per cucinare. E, quando ne avanza, per innaffiare il piccolo orto di casa.

Realizzato > MP 199/12

INDIAIl lavoro: riscattocontro la discriminazione

Zaiba Bi Ghattiabhana appartiene a una casta indù ed è rimasta improvvi-samente vedova. Era disperata, ma determinata a prendersi la respon-sabilità di tutta la famiglia: gli anzianisuoceri e sei figli. Grazie all’aiuto di 2 mila euro da parte di Caritas Italia-na, le suore gianelline hanno organizza-to corsi per insegnare le tecniche del commercio al dettaglio e consentireun riscatto sociale a Zaiba e tante altredonne come lei. Al termine le hanno dato anche un incentivo di 10 mila rupie per l’avvio dell’attività. Ora nel suo negozio Zaiba vende alimenti,tra cui gli snack preparati e impacchet-tati da lei. Guadagna 200-250 rupie al giorno e vive con dignità.

Realizzato > MP 211/12

Paese che vai, Caritas che troviEsempi di interventi nel mondo (microprogetti)

Alle Caritas spetta una grande responsabilità: rilanciare il loro ruolodi animazione e azione in una prospettiva educativa per continuare a dare gambe, braccia e idee alle relazioni. Un impegno da declinareogni giorno nella Chiesa della carità che ha bisogno di testimoni di umanità e di una fede operosa

Monsignor Francesco Soddu Direttore Caritas Italiana (dalla Introduzione al Rapporto annuale)

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panoramaitalia

quartiere di Colli Aniene. Gli spo-si – molti dei quali provenienti da parrocchie della periferia ro-mana – hanno accolto l’appellodel pontefice ad «aprirsi alle peri-ferie, perché è da qui che la real-tà si capisce meglio». Il progetto,condiviso con la Caritas durantela preparazione al matrimonio, intende realizzare uno spaziod’incontro per i minori e le fami-glie residenti in un quartiere peri-ferico di Roma, che possa contri-buire allo sviluppo del benessere

familiare, sostenendo i genitorinel loro compito educativo. Il centro – che verrà realizzatonei prossimi mesi – svilupperàuna serie di interventi volti a fa-vorire la crescita dei minori, so-prattutto in situazioni di disagio e di emarginazione sociale e cultu-rale. In particolare, la ludoteca siproporrà come un luogo dedicatoal gioco, quale elemento fondan-te dell’esperienza educativa, e dove organizzare feste, incontri,mostre, seminari e animazioni.

di uscire dal circuito assistenzia-le. Le attività del progetto si svol-geranno sotto la supervisionedella Caritas di Lucca, che si oc-cuperà anche di formazione. Nel-la prima fase sperimentale saran-no coinvolti una decina di ragazzi,ma il numero potrebbe aumenta-re a seconda delle adesioni.

FERMOVolontariatoformativoper i rifugiatiaccolti in città

Integrazione e formazione.Sono le parole chiave della

convenzione firmata all’inizio di settembre tra il comune di Fer-mo e la Caritas diocesana, perrealizzare un servizio di volonta-riato formativo a favore dei rifu-giati domiciliati nel seminario arcivescovile della città, i qualisaranno impiegati in diversi set-tori comunali. Obiettivi: favorire,attraverso il volontariato, percor-si personalizzati di orientamentolavorativo e reinserimento socia-le; sensibilizzare la comunità riguardo al fenomeno dei rifugia-ti; promuovere iniziative di nuovaaccoglienza e interventi interatti-vi tra gli stessi rifugiati e la socie-tà civile. La convenzione avràuna durata di 18 mesi e prevedestage singoli di sei mesi per cinque ore al giorno.

ROMARegalo ai giovanidelle periferiedalle venti coppiesposate dal papa

Una ludoteca e un centrodi aggregazione per i giova-

ni nelle periferie romane. È il do-no che le venti coppie che si so-no unite in matrimonio a SanPietro il 14 settembre hanno offerto a papa Francesco, cele-brante d’eccezione delle loronozze. Il dono sarà realizzato attraverso la Caritas diocesanadi Roma in una struttura nel

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levocingiro ((()))

Simona Ticchi (Caritas Trento). La profonda crisi economica e occupazionale cheha colpito l’Italia è arrivata in Trentino un po’ di tempo dopo. Ma ci ha spinto a in-terrogarci su cosa si potesse fare anche per una fascia di popolazione mai incon-trata prima: persone con specializzazioni importanti, con alti profili professionali. È nato così il progetto “Ridare Speranza”: consiste nell’assumere le persone persei mesi, facendole lavorare accanto ai volontari nelle nostre opere segno. Duran-te i sei mesi, le persone vengono accompagnate nella ricerca mirata di un nuovoimpiego, e questo è il vero valore aggiunto del progetto. Avere una persona accan-to a te che pensa, lavora e si impegna per darti un futuro autonomo, è decisivo.Questo progetto ha aperto una stagione di rapporti nuovi tra la Caritas e la città.

Giorgio Pusceddu (Caritas Padova). Le proposte di volontariato per i giovani cheabbiamo promosso la scorsa estate ad Atene, Lampedusa, in Tunisia e nella nostrastessa città, le abbiamo definite “anticonvenzionali”: in tutti e quattro i casi abbia-mo accompagnato i ragazzi, cercando di farli uscire dal loro mondo abituale, dalquotidiano della loro vita, per provare a rompere gli schemi consolidati con cui guar-dano la realtà e la affrontano. L’anticonvenzionale sta proprio nello sforzo di costrui-

re proposte che non solo mettano in moto le mani e il fare,ma che provochino addirittura imbarazzo, sia nello sguardosia nel modo in cui si vedono e si pensano alcune questionie situazioni del mondo. Certo, questo succede in tutte le occasioni di servizio significative: però noi in queste quattroproposte abbiamo spinto forte appunto per mettere in crisilo sguardo. Sperando che i ragazzi ne traggano frutto.

Elsa Dini (Caritas Firenze). Il cibo fa parte della cultura di un popolo, e può essere una porta di accesso al dialogo fra culture. E poi ha un valore “pedagogi-co”. Prendiamo la pizza col pomodoro: caratterizza l’Italia in tutto il mondo, eppure il pomodoro proviene dall’America latina. E così la polenta, fatta con il mais: questi piatti non esisterebbero, se non ci fossimo lasciati contaminareda popolazioni distanti. Il cibo dice anche la storia di un popolo. Pensare che la pasta al pomodoro nacque a Napoli in un momento di grave carestia è inte-ressante per fare ulteriori riflessioni: su come “grazie” alla crisi, per esempio,possano nascere idee geniali... Anche per questi motivi abbiamo aderito allacampagna internazionale e nazionale “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”.

La speranza si ritrova lavorando,lo sguardo si modifica da volontari

6di Danilo Angelelli

è partito a settembre il secon-do ciclo di incontri dedicati allefamiglie, tenuti da volontari Ca-ritas ed esperti. A Perugia infi-ne è stato inaugurato il nuovoEmporio della solidarietà “Tab-gha”, realizzato dalla Caritasdiocesana con il contributo del-la Fondazione Cassa di rispar-mio di Perugia e di Caritas Ita-liana. La struttura, inizialmentefruibile da una novantina di fa-miglie, sorge dentro il Villaggiodella carità – Sorella Provviden-za, che dalla sua apertura, a gennaio, ha dato ospitalità a 15 famiglie in difficoltà.

TREVISODonne solee senza casa,uno spazio perl’accoglienza

Uno nuovo spazio di ac-coglienza alla Casa della

Carità di Treviso. La CaritasTarvisina ha inaugurato a metàsettembre un servizio di emer-genza per donne sole e senzacasa, che offrirà ospitalità tem-poranea fino a 12 ospiti. Lospazio intende rispondere al-l’aumento di richieste di allog-

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20 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 4

gi, causato dalla mancanza di lavoro e dalla conseguenteperdita della casa. Come già av-viene per l’accoglienza maschile,il nuovo servizio offre un luogoidoneo per pernottare e fare co-lazione, per un periodo massimodi due mesi. Previsto anche unservizio di accompagnamento per-sonalizzato, con l’obiettivo di de-finire un progetto per il futuro.www.caritastarvisina.it

LUCCAFianco a fianco,per far uscirei bambinidall’assistenza

Prendersi cura per tre o quattro pomeriggi

a settimana di bambini e ragazziminorenni provenienti da nucleifamiliari svantaggiati, facendofrequentare loro corsi sportivi, attività ludico-ricreative e aiutan-doli a svolgere i compiti. È il sen-so di “Fianco a fianco”, progettosperimentale avviato dal comunedi Capannori, in collaborazionecon la Caritas diocesana di Luc-ca, per dare l’opportunità ai figlidelle famiglie che sono in caricoai servizi sociali del comune

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VERONA, GROSSETO,PERUGIAGli Emporidella solidarietà,aiuto materialeed educazione

Gli Empori della solidarietàsono una formula sempre

più diffusa di sostegno a perso-ne e famiglie in difficoltà. MolteCaritas diocesane stanno orga-nizzando queste strutture. Un Emporio nascerà entro brevenel territorio di Verona: il 5 set-tembre nel comune di Villafran-ca è stato siglato un protocollod’intesa tra enti e soggetti, pub-blici e privati (tra cui la Caritasdiocesana), per attivare un Em-porio, come strumento per isti-tuire un servizio di distribuzionedi viveri più efficace e qualifica-to, anche attraverso un monito-raggio costante del bisogno e un’analisi dell’effettiva rispo-sta a esso. A Grosseto, invece,un Emporio Caritas già esiste edè anche luogo di formazione perle famiglie, con percorsi di edu-cazione a nuovi stili di vita, al riu-tilizzo e all’attenzione al bilanciodomestico. Ora, grazie alla colla-borazione con una banca locale,

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L’appuntamento era per il 27 settembre, a Roma. La Chiesa italiana, tramite gli organismi promotori, ovve-ro Ufficio nazionale di pastorale della salute e CaritasItaliana, ha inteso dedicare una riflessione sistematicaa un tema che, in tempi difficili come gli attuali, rischiadi finire oscurato da altre emergenze sociali. “La salutementale: un’emergenza! La psichiatria in tempo di crisi”è stato dunque il titolo del convegno, organizzato per (così dichiarava il documento di invito) “ascoltare il grido, talvolta silenzioso ma sempre grave, che giungedai malati e dalle loro famiglie”.

Il convegno intendeva richiamare l’attenzione dellacomunità civile ed ecclesiale su un tema assai delicato.Secondo i promotori (che citano tra gli altri l’ l’Organizza-zione mondiale della sanità), la malattia mentale è oggiun’emergenza, perché aumentano le persone con distur-

bi psichici e si abbassa l’età nella quale si manifestanoi segni di sofferenza psichica (anche se non bisogna dimenticare l’aumento delle persone anziane con pato-logie neurodegenerative). L’ansia accompagna la socie-tà del benessere e della crisi, imponendo un crescenteuso di psicofarmaci per affrontare la “fatica di esistere”.

Come rispondere adeguatamente, allora, alla doman-da di cura, in un tempo in cui la spesa sanitaria è in regresso? Soprattutto, come garantire il diritto di cura ai più poveri? Come sostenere e valorizzare la ricerca in ambito psichiatrico? Il convegno ha inteso cominciarea dare risposte e questi interrogativi, per avviare un per-corso di sensibilizzazione rivolto alle comunità, affinchénei territori maturino esperienze di giustizia e prossimi-tà, a favore dei malati mentali e delle loro famiglie.

www.caritas.it

DISAGIOLa psichiatria soffre gli effetti della crisi,e la salute mentale è un’emergenza

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no, come l’acquisto di libri e corredi scolasti-ci o gli sconti in librerie convenzionate.

A Foligno la Caritas diocesana ha inve-ce lanciato il progetto “Adotta uno zai-no”, per raccogliere fondi da destinareall’acquisto di libri per bambini e ragaz-zi provenienti da famiglie in difficoltà.

Iniziative analoghe anche a Cremona e Rimini,dove la Caritas ha attivato una raccolta di libri e materiali scolastici inutilizzati, e a Parma, dove nel week end di metà settembre in alcuni punti vendi-ta Coop di Parma e provincia, si è svolta la seconda edizione dell’iniziativa “Una mano per la scuola”, promossa da Caritas e cooperativa Eumeo, e finalizza-ta a raccogliere materiale scolastico per le famiglie in difficoltà. Materiale che sarà poi distribuito dalla Caritas, la quale ha individuato, grazie al servizio mino-ri del comune, 45 nuclei familiari in condizioni di pover-tà estrema che necessitano di aiuto per la frequenzascolastica dei bambini.

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panoramaitalia

tra regione e amministrazione pe-nitenziaria per l’inclusione socialedelle persone sottoposte a prov-vedimenti restrittivi della libertà. Il progetto è rivolto in una primafase a una quindicina di detenutidi bassa pericolosità sociale e conpena contenuta (circa due anni).

ORISTANOPace e cibo,per tutti: appelloalla raccoltadopo la marcia

Un appello per la pace, ma anche per la donazione

di generi alimentari, per aiutarele sempre più numerose personein difficoltà economica. È il sen-so della seconda edizione della“Marcia della pace e del cibo per tutti”, promossa dalla Cari-tas diocesana di Oristano. Uncentinaio le persone che hannopreso parte, il 3 settembre, allamanifestazione, approdata alSantuario del Rimedio. Lo sloganera più che esplicito: “Pace e ci-bo per tutti”. Proprio il cibo che,anche a Oristano, manca in mol-te famiglie e, ormai, anche sugliscaffali della sede Caritas: la ge-nerosità è tanta, ma i bisogni

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In un periodo di difficoltà economiche per moltefamiglie, l’inizio della scuola può rivelarsi fonte

di ulteriori preoccupazioni, a causa delle tante spesedovute all’acquisto di libri e materiale scolastico. Contro il cosiddetto caro-libri sono molteplici le iniziati-ve delle Caritas, in vari territori: a Trieste, per esempio,è stato siglato un accordo tra comune e Caritas perfornire un aiuto capillare alle famiglie del territorio inmerito a questo capitolo di spesa; tale accordo si ag-giunge ad altre attività messe in atto dall’ente diocesa-

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quella della Caritas messinese,ma anche azioni concrete perprevenire il fenomeno: a settem-bre sono riprese le attività d’in-formazione e sensibilizzazione,oltre a specifiche azioni di orien-tamento al sostegno psicologico.

CATANIAInauguratala nuova cucinadella mensaall’Help Center

È stata inaugurata a metàsettembre, all’Help Center

di piazza Giovanni XXII, la nuovacucina della mensa della Caritasdiocesana. La realizzazione dellanuova cucina, tramite l’adegua-mento dei locali, ampliati e dotati di un’uscita di sicurezza,è stata resa possibile grazie allaraccolta fondi cominciata con il concerto “Pro Caritas” di mar-zo. Il restyling si è reso necessa-rio per ammodernare e renderepiù funzionale il servizio mensarivolto agli utenti dell’Help Centercatanese, ma anche per consen-tire ai volontari che ogni giornodedicano il loro tempo ai più poveri di lavorare in sicurezza e in un ambiente adeguato.

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sempre crescenti impongono di intensificare la raccolta.

MESSINADati allarmantisull’azzardo;azioni perla prevenzione

Anche a Messina il feno-meno del gioco d’azzardo

assume contorni allarmanti. La conferma arriva dai risultati diun’indagine condotta nell’ambitodel progetto “Game Over”, realiz-zato dalla Caritas diocesana diMessina – Lipari – Santa Mariadel Mela, insieme a parrocchie,centri d’ascolto, scuole e asso-ciazioni del territorio. Il 47% degliintervistati ha dichiarato di averfrequentato almeno una voltauna sala bingo o slot (il 22,64%solo nell’ultimo anno). Di costo-ro, il 66,67% vi è stato più di cin-que volte in un anno e il 25% piùdi dieci. Circa i motivi che spingo-no a giocare, ben il 34% delle ri-sposte fa riferimento alla volontàdi risolvere problemi economici,mentre il 22% degli intervistati ritiene che il gioco aiuti a dimen-ticare i problemi quotidiani. Nonsolo una fotografia della realtà,

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TRIESTE, PARMA, FOLIGNOIniziative in tutta Italiaper dare sostegno alle famiglieche fanno i conti col “caro-libri”

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ALIFE-CAIAZZOBorse di studioper giovanidi famiglienon abbienti

Prosegue l’iniziativa dellaCaritas diocesana di Alife-

Caiazzo (Caserta) per promuoverel’istruzione e il merito nel territo-rio, conciliandoli con la solidarie-tà. Anche quest’anno due borsedi studio saranno conferite a gio-vani di famiglie non abbienti, cheabbiano conseguito la maturitànello scorso anno scolastico e intendano iscriversi a un corsodi laurea triennale o magistrale in un’università della Campania.Tra i requisiti richiesti, l’apparte-nenza a un nucleo familiare conreddito non superiore ai 20 milaeuro. Ogni borsa di studio verràcorrisposta per l’intera durata del percorso universitario e copri-rà tutte le spese, per un massi-mo di 3 mila euro annui.www.diocesi-alife-caiazzo.it

BARIOrto idroponicoin carcere,i frutti regalatialla Caritas

Un piccolo spazio di cemen-to, usato fino a qualche

mese fa per il passeggio nell’orad’aria, trasformato in un orto ur-bano. A curarlo, da qualche me-se, con la tecnica dell’agricolturaidroponica, cioè in assenza di ter-reno e attraverso vasche piened’acqua, allestite dai volontaridell’associazione “Civiltà contadi-na” di Molfetta, sono cinque de-tenuti del carcere di Bari-Carrassi,che hanno piantato duecentopiante di pomodori e cetrioli. I primi frutti sono stati già raccoltie buona parte di essi sarà dona-ta alla Caritas diocesana di Bari,per le sue iniziative di sostegnoalimentare ai poveri. L’iniziativas’inserisce nell’alveo delle attivitàpreviste dal protocollo d’intesasperimentale, siglato nel luglio

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TERMOLI-LARINOLaboratorioe 90 fotografie,scatti invisibilisulla città

Novanta scatti per raccon-tare Termoli, attraverso

lo sguardo di fotografi “particola-ri”. A settembre la Galleria civicad’arte contemporanea di Termoliha ospitato la mostra fotografica

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“Scatti invisibili”, promossa dallaCaritas diocesana. Protagonisti13 tra senza dimora, richiedentiasilo e rifugiati beneficiari delprogetto Sprar “Rifugio sicuro”della Caritas, che ad agosto hanno partecipato al laboratorio di immagine curato dal fotografotermolese Antonio Ragni, diven-tando – attraverso la macchinafotografica – narratori delle diver-se anime della città.

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ottopermille/Trieste

L’Emporio della solidarietà, a Trieste, è nato sulla base di un’esigenza evidenziata,a partire già dal 2010, dal centro d’ascolto diocesano e dal coordinamento delleCaritas parrocchiali. Queste realtà avevano notato un forte incremento di richiestedi aiuto da parte di famiglie che non si erano mai rivolte loro per il ritiro di pacchidella spesa e di indumenti, ma anche per il pagamento di bollette e affitti.

Da quelle prime segnalazioni è nato un progetto, rivolto a persone e nuclei fami-liari, italiani e stranieri, residenti o domiciliati a Trieste, che nel volgere di brevetempo si sono visti costretti ad affrontare, ridimensionando il proprio tenore di vi-ta, rischi che non pensavano di dover correre, e a cercare soluzioni che non eranonemmeno psicologicamente preparati ad affrontare.

L’obiettivo principale del progetto è dare alle famiglie possibilità concrete di su-perare la situazione di crisi, senza però incoraggiare un atteggiamento di passivitàdi fronte alle difficoltà e agli eventi negativi. Un secondo obiettivo è lottare controlo spreco alimentare: a tal proposito, si sono intessuti rapporti con la grande distribuzione organizzata per il recupero delle eccedenze di prodotti freschi in sca-denza. Un grosso supporto nel recupero di tali generi alimentari è arrivato dal pro-getto Siticibo del Banco Alimentare del Friuli Venezia Giulia.

Un lavoro di retePer fare richiesta di accesso all’Emporio, dove possono fare la spesa gratuitamen-te, secondo criteri e limiti fissati dagli organizzatori, le persone e le famiglie si ri-volgono al centro d’ascolto diocesano Caritas, alla rete dei dieci centri d’ascoltoparrocchiali aderenti al progetto, sia delle Caritas che delle Conferenze San Vin-cenzo parrocchiali, e alle Unità operative territoriali (Uot) del servizio sociale delComune di Trieste.

Voluto dalla diocesi di Trieste quale opera segno per l’Anno eucaristico 2011-12,il progetto oggi è stato avviato da diocesi di Trieste, Fondazione CRTrieste e Confe-renza episcopale italiana tramite il fondo otto per mille gestito da Caritas Italiana.

La parrocchia di Beata Vergine delle Grazie, tra le più attive nel campo della risposta ai bisogni del territorio, ha deciso, attraverso il suo consiglio pastorale, di mettere a disposizionedella Caritas lo spazio dell’ex teatro parrocchiale, attra-verso un comodato d’uso gratuito. Così l’Emporio ha potuto aprire battenti, corsie e scaffali nell’aprile2013: da allora, ha supportato 465 nuclei familiari,per un totale di 1.402 persone.

L’Emporio per i travolti dalla crisiha già aiutato oltre 1.400 persone

8di Marco Aliotta

17 ottobre

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www.caritas.it * www.cibopertutti.it * www.novomodo.org

Povertà e fameÈ tempo di responsabilità

Giornata internazionale di lotta alla povertà

Tra un anno scade il termine degli Obiettivi di sviluppo del Millennio.

Impegniamoci per realizzarli, ovunque e per tutti.

È compito nostro.

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richiesto un’assistenza straordinaria daparte della comunità internazionaleper ampliare i centri di trattamento eaumentare il numero di letti nelle areedi isolamento, ormai sature.

L’Indice più bassoMa perché e come si è arrivati a taledrammatico scenario? I primi casi delvirus si sono verificati in Guinea, nellaprefettura di Gouéckédou, area rura-le, molto povera, terra di frontiera conLiberia e Sierra Leone. Questo fattoreha facilitato la diffusione in più paesi,in virtù dei quotidiani spostamenti dipersone e merci attraverso frontiereufficiali e chilometri di foreste.

All’origine della catena di contagio

vi sono pipistrelli, scimpanzé, roditorie bacche da essi toccate, mentre la tra-smissione tra gli esseri umani avvienesolo attraverso liquidi organici. Il con-tagio è quindi apparentemente nonfacile se si adottano regole igienico-sa-nitarie basilari, se i sintomi del virusvengono tempestivamente identificatie prese le conseguenti misure di isola-mento. Ma la situazione del contestoha reso difficile osservarle.

Le popolazioni della regione hannocome mezzo di sostentamento la cac-ciagione, mangiano animali selvatici emacellano carne senza sistemi di pro-tezione e attenzioni particolari. Gui-nea, Liberia e Sierra Leone sono inoltretra i paesi con l’Indice di sviluppo

ISTANTANEEDALL’EPICENTRO

Animatori anti-Ebolaa Freetown (Sierra

Leone), sospettomalato in strada a

Monrovia (Liberia) ebuone pratiche

igieniche in Guinea

I sistemi sanitari, già fragili e debolissimi,ora sono al collasso, con un tributo di viteumane da parte degli agenti sanitari

molto alto, in paesi in cui il personalemedico era già in numero limitato

umano più basso, secondo le NazioniUnite: i sistemi sanitari, già prima fra-gili e debolissimi, ora sono al collasso,con un tributo di vite umane da partedegli agenti sanitari molto alto, in paesiin cui il personale medico era già innumero limitato. Anche le condizionidi vita della popolazione sono mode-ste: secondo statistiche recenti, più del70% dei cittadini vivono sotto la sogliadi povertà (meno di due dollari al gior-no) e il tasso di analfabetismo è eleva-to: ciò, ovviamente, rende più difficilela presa di coscienza che occorre adot-tare misure preventive, per evitare ilcontagio. D’altronde, nella maggiorparte dei villaggi non ci sono luce néacqua corrente, i pozzi sono a chilome-tri di distanza, l’acqua non è potabile edunque è difficile adottare anche le piùelementari norme igienico-sanitarie.

All’inizio le popolazioni locali hannosottovalutato il virus; alcuni non lo han-no riconosciuto come minaccia, altri lohanno considerato “importato” dal-l’esterno. Una differenza si rileva inoltretra le aree urbane e rurali: nelle città sifa più facilmente riferimento alle strut-ture ospedaliere, mentre nei villaggi siricorre alla medicina tradizionale, o siricercano alternative “magiche”, piutto-sto che vedersi portare via un propriocaro malato. Per questo nelle aree piùremote si sono rilevati i casi più gravi direticenza nel seguire le raccomanda-zioni precauzionali e nell’accettare lemisure di prevenzione e disinfezioneindicate dalle autorità sanitarie.

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delle misure adottate per contrastareuna malattia contro cui non ci sonocure specifiche né vaccini e il cui tassodi letalità può raggiungere il 90% deicasi. Secondo le ultime stime, non ba-steranno i mesi inizialmente previsti(dai 6 ai 9) per contenere l’epidemia,ma ce ne vorranno dai 12 ai 18.

Inizialmente sottovalutata anchedagli organi di informazione, l’epide-mia è balzata agli onori delle crona-che internazionali solo quando è ap-parsa fuori controllo e ha contagiato iprimi cittadini occidentali, diventan-do una minaccia globale.

Per la prima volta l’Africa occidenta-le è stata colpita da questo virus, prima“relegato” all’Africa centrale: un’epide-mia senza precedenti, anche per esten-sione geografica. Il virus, infatti, in altricasi circoscritto in aree rurali definite,più facilmente controllabili, ha rag-giunto zone densamente popolate, tracui le capitali, rendendo più difficile ilcontenimento e più elevati i rischi dicontagio. Diversi ospedali hanno tem-poraneamente chiuso per evitare ulte-riori contagi, i paesi più colpiti hanno

urante la guerra conosceva-mo il nemico, i suoi sposta-menti, cosa fare, dove andare,cosa evitare. E sapevamo cheprima o poi sarebbe finita.

Oggi è molto più difficile: il nemico èpiù grande di noi, ha tanti lati oscuri,non sappiamo come fermarlo». Que-ste parole arrivano dalla Sierra Leone,paese che ha vissuto un decennio diguerra civile, dal 1991 al 2001, una del-le più violente degli ultimi decenni,non solo in Africa. Oggi, dopo pochianni di ritrovata stabilità e di timidi se-gni di miglioramento delle condizionidi vita, il popolo sierraleonese è postodi fronte a un nuovo dramma: Ebola.

L’epidemia che da mesi atterriscel’Africa occidentale ha già fatto miglia-ia di vittime. Sierra Leone, Liberia eGuinea sono i paesi più colpiti, ma casisono registrati anche in Nigeria e Se-negal: da febbraio a oggi, secondol’Organizzazione mondiale della sani-tà, a metà settembre erano quasi 5.400i casi registrati (tra confermati, proba-bili e sospetti) e più di 2.200 i decessi.

Le cifre dimostrano l’inefficacia

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internazionale africa&salute

L’epidemia che dilaganell’Africa occidentalee fa tremare il mondo è un’emergenzaumanitaria, non piùsolo sanitaria. Nellacultura tradizionalealcune pratiche ne favorisconol’espandersi. Ma le cause sono nella povertà e negli inadeguatisistemi sanitari

di Moira Monacelli

artiglioEboladiL’

pericolo globale

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perché le economie locali, ancora fra-gili, possano riprendere il loro regola-re corso. La Fao ha recentemente lan-ciato un allarme relativo alla sicurezzaalimentare nelle aree più colpite:mancanza di manodopera, interru-

zione del commercio transfrontalieroe penurie dovute all’epidemia «susci-tano inquietudini», ha affermato an-che il vicesegretario generale delle Na-zioni Unite, Jan Eliasson, mentre sonoa rischio i raccolti dei paesi più colpitie l’offerta limitata di prodotti farà ine-vitabilmente balzare i prezzi dei benialimentari. La mancanza di manodo-pera nel periodo di raccolta di riso e

L’impegno Caritas

La rete Caritas è impegnata sin dall’inizio nella lotta all’epidemia di Ebola, in collaborazione con i ministeri della sanità dei paesi colpiti e le organizzazioni nazionali e internazionali, in particolare Unicef, Oms e MediciSenza Frontiere. Caritas Guinea e Sierra Leone hanno lanciato appelli diemergenza attraverso Caritas Internationalis. Grazie al lavoro di più di 200animatori locali che le due Caritas hanno messo in campo, sono stati rag-giunti più di 500 mila beneficiari. Le attività principali sono la sensibilizzazio-ne nelle famiglie e nelle comunità sui rischi dell’Ebola e sulle regole igienico-sanitarie da seguire per prevenire il contagio; in presenza di sintomi sospetti,vengono distribuiti cloro e sapone e installati punti di igiene e prevenzionenei luoghi pubblici più frequentati. A queste attività, nella seconda fase di ri-sposta all’epidemia, vengono aggiunte distribuzioni alimentari e forme disupporto psicologico per le famiglie colpite dal virus e a quelle in quarantena.

Caritas Italiana è a fianco delle Caritas locali, con cui ha un partenaria-to decennale: dopo un primo contributo da 20 mila euro, continua a soste-nere il loro incessante impegno a favore delle popolazioni colpite.

Duecento animatori nelle comunità

SPETTACOLO CHOCCANTEUn operatore sanitario cosparge di disinfettante il cadavere di un uomosospetto di Ebola a Monrovia

mais – due delle principali colture del-la zona – a causa delle restrizioni aglispostamenti, avrà un grave impattosulla produzione, così come la produ-zione commerciale di olio di palma,cacao e gomma – da cui dipendono lecondizioni di vita e il potere d'acqui-sto di molte famiglie – potrebbe esserecompromessa.

Insomma, in Africa occidentaleEbola sta causando danni economicigravi, con ripercussioni nel medio-lun-go termine. E a ciò si affianca la trage-dia di molti bambini che hanno persoi genitori a causa del virus e ora, orfani,necessitano di un'assistenza continua.In una famiglia della Sierra Leone, peresempio, sono morte 14 persone e so-no sopravvissuti 5 bambini sotto i 6 an-ni: per loro, al momento, il futuro nonè che un punto interrogativo.

Se nell'immediato occorre arresta-re l’epidemia, non andrà dimenticatoche alle popolazioni locali, e a chi è di-venuto orfano, va garantito un futurodignitoso. Dopo le guerre (Liberia, ol-tre che Sierra Leone) che hanno an-nientato un’intera generazione tra lafine degli anni Novanta e l’inizio deglianni Duemila, bisogna sottrarre all’ar-tiglio di Ebola il futuro di società cheerano tornate a sperare.

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internazionale africa&salute

Convincere a non nascondersiUn ulteriore elemento da non sotto-valutare è quello culturale. La culturaafricana si fonda sul concetto di co-munità, che è alla base delle relazionisociali e di ogni aspetto della vita: gio-ie e sofferenze si condividono, i pro-blemi si risolvono insieme. Ma nei ca-si di Ebola l’isolamento dell’individuocontagiato è il primo intervento di ri-sposta al problema e ciò viene istinti-vamente considerato contro natura,un atto di “crudeltà” inflitto alla per-sona e alla sua comunità.

In caso di decesso, inoltre, il corpodel defunto, in quel momento alta-mente contagioso, non può essere re-stituito ai familiari, pertanto i riti fu-nebri non possono essere celebratisecondo tradizione. Questo ha scon-volto la popolazione locale, per laquale è fondamentale stare vicino almalato, rendergli visita, offrirgli ciboe ogni tipo di assistenza; e poi custo-dire il defunto, poterlo toccare, cele-brare un rito funebre legato a tradi-zioni millenarie, spesso di più giorni,riunendo famiglia e comunità. Il di-vieto di seguire queste tradizioni hasollevato forti proteste da parte dellepopolazioni, giunte sino a circoscritterivolte o all’incendio di magazzini diorganizzazioni internazionali impe-gnate nella lotta al virus. Per questo ècruciale coinvolgere nella sensibiliz-zazione animatori locali, nonché im-plicare le autorità civili e soprattuttoreligiose, che godono della fiduciadelle popolazioni.

Il loro ruolo è importante ancheper convincere le persone che, a fron-te di sintomi sospetti, è necessario ri-volgersi agli ospedali e ai centri medi-ci, senza nascondersi, aspettare oprendere iniziative personali. In moltecomunità rurali, infatti, le famiglietendono a non dichiarare casi sospettie continuano a celebrare funerali se-condo le tradizioni, aumentandoesponenzialmente i rischi di contagio.

E non solo non si va all’ospedale per

sospetto di Ebola, ma per nessun trat-tamento sanitario: essendo infatti i sin-tomi del virus simili, almeno inizial-mente, a quelli di malaria e febbre ti-foide, per paura di contagio da Ebola lepersone non si recano nei centri medi-ci neanche per malattie che potrebbe-ro essere curate. Ciò ha fatto aumenta-re, negli ultimi mesi, anche i decessiper malaria, diarree, febbre tifoide.

Limitazioni non pertinentiCon il diffondersi dell’epidemia, i go-verni hanno dichiarato lo stato diemergenza nazionale e preso misuredi contenimento drastiche, come la li-mitazione degli spostamenti o la di-chiarazione di giornate di coprifuocoper meglio identificare i casi sospetti,disinfettare i luoghi pubblici, teneresotto controllo gli individui in quaran-tena. Anche i governi dei paesi limitro-

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«Lavoriamo incessantemente per far fronte all’epidemia, in coordinamento conle altre organizzazioni operanti sul terreno. Ma è una corsa contro il tempo e spesso si ha la sensazione di non fare abbastanza – afferma padre MatthieuLoua, segretario generale di Caritas Guinea –. È importante comunicare inces-santemente (nella foto, animatori Caritas), con tutti i mezzi a nostra disposizio-ne, fin nei villaggi più remoti, perché le popolazioni siano informate e sensibiliz-zate. Il diffondersi dell’epidemia in Guinea sembrava a un certo punto essersiarrestato, mentre poi focolai attivi e casi sospetti sono aumentati a dismisura».

«Dobbiamo cercare di andare soprattutto nelle aree in cui le popolazioni sonopiù reticenti – aggiunge un collaboratore di Caritas Guinea –, perché attraversogli animatori locali le comunità capiscano cosa sta succedendo e il senso delleraccomandazioni sanitarie. E che rifiuto e violenza costituiscono solo un ulterioreproblema. Dobbiamo fare in modo che la popolazione non sia spaventata dai no-stri interventi, ma si senta protetta. Per questo, quando e dove possibile, i nostrianimatori indossano impermeabili e stivali per la pioggia a loro protezione, anzi-ché tute ermetiche, necessarie invece per chi è a contatto diretto con i malati».

«Abbiamo coinvolto le autorità religiose, cristiane e musulmane, perché ci aiuti-no nella sensibilizzazione, perché diano so-stegno a chi ha perso un familiare e aiutinoa capire il perché di tante restrizioni alle tra-dizioni culturali e religiose – ricapitola Edward John Bull, direttore di Caritas SierraLeone –. In una situazione così difficile il nostro compito è sensibilizzare e distribuireaiuti, ma anche dare una parola di confortoe speranza».

TESTIMONI«Informare senza spaventare,coinvolte le autorità religiose»

Secondo alcuni, tra cui l’Unione africana,che ne ha richiesto la sospensione, certiprovvedimenti d’emergenza non sono

funzionali all’arresto del contagio, macreano grossi problemi alle economie locali

fi hanno elaborato piani di contingen-za e preso misure precauzionali, a co-minciare dalla chiusura delle frontiereterrestri e aeree. Molte compagnie ae-ree hanno sospeso i voli nei paesi col-piti dal virus, mentre controlli piùstringenti si verificano negli aeroportiafricani, europei e americani per voliprovenienti dall’Africa occidentale. Se-condo alcuni, tra cui l’Unione africa-na, che ne ha richiesto la sospensione,tali provvedimenti non sono però fun-zionali all’arresto del contagio, macreano un grosso problema per le eco-nomie locali, bloccando di fatto im-portazioni ed esportazioni vitali per ipaesi interessati.

In ogni caso, ormai quella che eraun’emergenza sanitaria è diventataun’emergenza umanitaria, come hariconosciuto all’unanimità anche ilConsiglio di sicurezza dell’Onu nellarisoluzione del 18 settembre, invitan-do a non isolare i paesi colpiti. «L’epi-demia ci porta via parenti e amici, maanche un pezzo di futuro», si sente di-re spesso dalla Guinea alla Liberia allaSierra Leone: ci vorrà molto tempo

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internazionale montenegro

no ammucchiate in uno spazio di po-chissimi metri quadrati.

All’interno del padiglione, le came-rate hanno dieci letti per stanza. Lelenzuola sono sporche, c’è odore fortedi ammoniaca. «Ci dispiace che siatevenuti proprio mentre stiamo facendole pulizie – continua l’infermiera –. Vifarei vedere anche il secondo piano, sevolete. Ma non serve, è praticamentelo stesso», dice, riaccompagnandociall’entrata. «Se poteste farlo sapere aqualche donatore – sussurra prima disalutare – qui servirebbe un po’ di ar-redamento... Sedie, tavolini, ancheusati vanno benissimo».

Dobrota è il maggiore istituto perpersone affette da problemi mentaliin Montenegro. La struttura è grigia,uniforme, alle finestre ci sono le sbar-

ui i nostri ospiti hanno tuttoquello che serve, persino uncortile interno dove prendereun po’ d’aria». Sorride, l’infer-miera che ci accompagna nelpadiglione maschile dell’ospe-

dale psichiatrico speciale di Dobrota.Questa struttura residenziale nei pressidi Kotor ospita persone affette da di-sturbi mentali o tossicodipendenze, epuò contare su un reparto giudiziario.L’operatrice ci accompagna a visitare ilcortile. Gli ospiti del centro scorgono ilmovimento, si allineano davanti allaporta chiusa. «Solo un secondo, pren-do la chiave», si scusa l’infermiera. Laporta è chiusa dall’interno, per evitareche i pazienti vaghino per le stanzedella struttura. Sono una decina di per-sone che, in quel momento, se ne stan-

«Qtesti di Rodolfo Toéfoto di Lara Sicher – AssociazioneTrentino con i Balcani

L’approccio alla malattia mentale,in Montenegro, è ancora quello degli anni Sessanta. I progetti perde-istituzionalizzare i pazienti sono rimastisulla carta. Gli istitutiche li accolgono e curano somigliano a carceri. Dai qualimolti non riescono più a uscire

Gliallontanati.Vite scordate

in riva alla baia

UN’ESISTENZADA SEGREGATILe immagini di questepagine sono state raccolte negli ospedalipsichiatrici di Serbia e Montenegro per unamostra dell’AssociazioneTrentino per i BalcaniABBIAMO UNA STRATEGIA?

SÌ, MA DEV’ESSERE SOCIALE

quella di una crescita inclusiva? Inquale modo la Commissione farà inmodo che l’obiettivo relativo alla ri-duzione delle persone a rischio di po-vertà sia posto al centro della valuta-zione complessiva della Strategia?Quali strumenti saranno messi incampo per far sì che vengano dateraccomandazioni specifiche, previstenell’ambito del ciclo del Semestre eu-ropeo, a quei paesi che non compio-no progressi in questo obiettivo?

Ma non solo: secondo Caritas, inmateria di contrasto alla povertà eall’esclusione sociale è necessario,con urgenza, puntare, sia a livello eu-ropeo che nazionale, a obiettivi piùambiziosi che riguardino tutti e tre gliindicatori in questione: la percentua-le di rischio di povertà (dopo le pre-stazioni sociali); l’indice di depriva-zione materiale; la percentuale dipersone che vivono in famiglie conun’intensità di lavoro molto bassa.

Occorre inoltre sviluppare sotto-obiettivi e strategie tematiche per al-cuni dei target prioritari (persone sen-za fissa dimora, minori, anziani, po-polazione rom), garantendo l’accesso

a servizi di qualità. In particolare, si legge nell’appello ri-volto alla nuova Commissione, è necessario rafforzare gliinvestimenti sociali e i sistemi di protezione universale, ga-rantendo ovunque un reddito minimo adeguato, sostegnialla disoccupazione e pensioni entro parametri europei; eoccorre vigilare affinché le proposte di riduzione dei con-tributi sociali non impattino negativamente sul sistemacomplessivo di protezione sociale. È infine strategico in-vestire su bambini e giovani: bisogna incoraggiare in par-ticolare l’implementazione delle “Garanzie Giovani” attra-verso programmi di qualità, promuovendo l’inclusionegiovanile non solo dal punto di vista occupazionale.

La Strategia, insomma, va attuata. E rivista in senso so-ciale. La società civile europea rilancerà il messaggio, invista del 17 ottobre, Giornata mondiale di lotta contro lapovertà. E la rete Caritas non mancherà di unire la suaautorevole voce al coro dell’Alleanza.

Sono passati cinque anni da quando fu lanciata dalla Commissioneeuropea la strategia “Europa 2020”, quale forma di partenariato tral’Unione europea e gli stati membri, al fine di favorire una crescita

intelligente, sostenibile e inclusiva. Ora la Commissione europea fa unbilancio di (quasi) metà cammino e chiede alla società civile, attraversouna consultazione pubblica (http://ec.europa.eu/europe2020/public-consultation/ index_ it.htm), di “contribuire al riesame della strategiaEuropa 2020”.

Nel 2010, quando l’iniziativa fu varata, portata e durata della crisierano ancora sottostimate dalle autorità europee e nazionali. Così iprogressi verso la realizzazione degliobiettivi della Strategia, sullo sfondodi una crisi senza precedenti, sonostati disomogenei tra i paesi europei.La crisi ha acuito le differenze e il fos-sato tra stati. In particolare, perquanto riguarda l’obiettivo di ridu-zione di povertà ed esclusione socia-le, la Commissione oggi dichiara:“L’Unione si allontana ulteriormentedall’obiettivo e non si rinvengono se-gni di rapidi progressi che ponganorimedio a questa situazione…”. Cer-tamente gli obiettivi rimangono tra-guardi politici strategici, verso cuinon solo i governi nazionali, ma anche regioni e città, so-no chiamati a convergere, contribuendo secondo il prin-cipio di sussidiarietà. Ma questo traguardo pare essersifatto più lontano, anziché più prossimo.

Obiettivi più ambiziosiCaritas Europa, insieme ai principali network e organiz-zazioni europee, riuniti nella Eu Semester Alliance(http://semesteralliance.net), ha prontamente sollecitatoi nuovi Commissari europei ad affari economici e lavoro,affari sociali e mobilità, inviando interrogativi puntuali sulloro effettivo impegno per centrare obiettivi più avanzatidal punto di vista sociale, della sostenibilità e dell’equità.Sarà mantenuto l’impegno di un coinvolgimento effettivodi tutte le parti sociali interessate nella Piattaforma di lottaalla povertà? Ci sarà un impegno effettivo per ri-bilanciarele priorità economiche con quelle sociali, in particolare

La Commissioneeuropea fa un bilancio

di metà camminodella Strategia 2020

per lo sviluppodell’Unione. Caritas e

le organizzazioni socialidel continente chiedono

maggiore impegnoperché la ripresa

economica non sial’unico criterio

zeropovertydi Laura Stopponi

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stenza domiciliare) e dei centri di sa-lute mentale, che dovrebbero esseredistribuiti nel territorio e favorire unapproccio più umano. «Ma non pos-siamo convincere tutti. E la situazio-ne attuale non aiuta. Mancanoi fondi, manca il personalepreparato. In più restano gli in-terrogativi principali: cometrovare un lavoro a queste per-sone, una volta che si proveràa inserirle nella società, e comecombattere lo stigma? Le fami-glie, in moltissimi casi, non vo-gliono riprendere a casa i ma-lati. Per loro sono unicamentemotivo di vergogna, una boccain più da sfamare», concludeamaramente Tom uk.

Una risposta potrebbe arri-vare dalle istituzioni. Ma perora il governo montenegrinotentenna. Il rispetto dei dirittiumani dei pazienti psichiatrici

è una delle priorità sulla base dellequali Bruxelles valuta il percorso diavanzamento di un paese sulla stra-da dell’integrazione. Già nel 2003, inMontenegro, è stata ufficialmente va-

SENZA USCITAFrammenti di volti; sotto,luoghi anonimi di accoglienzanegli ospedali psichiatrici

rata una strategia per “il migliora-mento della salute mentale del pae-se”. Un programma ambizioso, basa-to sulle raccomandazioni dell’Orga-nizzazione mondiale della sanità. Marimasto per lo più sulla carta.

Nikola sarebbe prontoGli istituti continuano infatti a giocareun ruolo centrale nella cura delle per-sone affette da disturbi mentali. Oltrea Dobrota, altri due centri residenzialisi trovano a Nikši (dove è presente undipartimento all’interno dell’Ospeda-le generale) e nella capitale Podgorica(dove si trova la clinica psichiatricauniversitaria, che è in uno stato disconfortante abbandono per la negli-genza dell’amministrazione).

Ad oggi, però, non ci sono numericerti sul numero di persone affette daproblemi mentali in Montenegro: al-tra grave falla del sistema. Si sa tutta-via che il trend è in aumento, ancheper effetto dell’abuso sempre più fre-quente di sostanze stupefacenti daparte della popolazione. Di fronte auna domanda di servizi in costante

L’attività di Caritas in Montenegro è cominciata nel 1993. Oggi nelpaese balcanico sono attive una Caritas nazionale e due diocesane(Bar e Kotor), per cui lavorano circa 80 operatori e un centinaio di volontari. Le attività si svolgono in dieci municipalità (Bar, Podgo-rica, Tuzi, Ulcinj, Danilovgrad, Cetinje, Nikšić, Kotor, Plav i Gusinje).

Nonostante i cattolici siano una minoranza nel paese, la Caritasnon manca di far sentire forte la loro voce, essendosi sviluppatacome una delle organizzazioni umanitarie più grandi e riconosciu-te del Montenegro, capace di lavorare con le istituzioni senza per-dere il suo spirito originario e la sua vicinanza alle comunità.

Fin dall’inizio Caritas Montenegro si è occupata di distribuireaiuti ai gruppi sociali più svantaggiati. Oggi gli utenti di questiservizi assistenziali sono più di 2.500 al mese: tra essi molti anziani, ma altre importanti aree di intervento sono il sostegnoai giovani affetti da disabilità e alle persone con difficoltà mentali.

La Caritas dell’arcidiocesi di Bar è l’organismo più grande e meglio sviluppato: punto di riferimento per l’assistenza domici-liare, nelle sue strutture ospita un centro diurno, una mensa che permette di distribure pasti caldi ad anziani poveri o malati.A Bar da cinque anni funziona anche un centro diurno rivolto a bambini e giovani disabili, i quali vi trascorrono alcune ore ogni giorno, inserendosi in programmi di animazione e terapia.Nell’ambito della salute mentale, nel 2013 è stato avviato il pro-getto Open Mind, con il sostegno dell’Unione europea.

Caritas Bar sta infine lavorando su altri fronti, per favorire lo sviluppo della società civile e dell’economia sociale, per preve-nire gli abusi contro gli anziani, assistere la popolazione rom, favorire la promozione e lo sviluppo del volontariato. Organizzaanche campi estivi per giovani e corsi di lingua straniera.

Chiesa di minoranza, forte l’impegno caritativo

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Nel nostro paese lo sviluppo delle curepsichiatriche è erratico, confusionale.Spesso non c’è comunicazione tra

il “prima” e il “dopo”, tra la fase della curae quella del reinserimento nella società

semplice fatto che le famiglie non cisono più o non le vogliono in casa. Avolte restano nell’istituto per più ditrent’anni, anche per l’assenza distrutture di accoglienza alternative.

Le famiglie non li voglionoTom uk oggi è stato chiamato a diri-gere il Centro per la promozione del-la salute mentale e la cooperazioneinternazionale, un nuovo organo na-zionale che dovrebbe avere funzionedi coordinamento tra i vari ministeri,per promuovere la cooperazione in-tersettoriale. Ma il cambiamento del-la politica nei confronti delle personecon disturbi mentali è difficile e inco-stante. «L’ospedale non può durareper tutta la vita – avverte l’ex direttore–. Il nostro obiettivo ultimo resta lade-istituzionalizzazione», ovvero laprogressiva riduzione dei pazienti ri-coverati nelle strutture, attraverso lapromozione dell’home-care (assi-

inalterata in tutte le repubbliche ex ju-goslave. La guerra prima, quindi le ne-cessità della transizione hanno fatto sìche il problema della salute mentalenon venisse affrontato. E che le istitu-zioni rimanessero, di fatto, legate alpassato. «In Montenegro non c’è mol-tissima scelta per chi soffre di disturbipsichici – constata l’ex direttore di Do-brota, Aleksandar Tom uk –: l’unicaopzione è farsi ricoverare presso que-sta clinica, ma le liste d’attesa sono in-terminabili e i posti letto insufficienti.Spesso la situazione è resa ancora piùcomplicata anche per via dei lungo-degenti». Ovvero delle persone che ri-mangono ricoverate, pur non neces-sitando di cure psichiatriche, per il

re. Nemmeno la vicinanza con la bel-lissima baia di Kotor e il giardino alculmine dell’estate mitigano del tuttola sua aria lugubre. A viverci sono piùdi duecento persone. Il tempo mediodi permanenza è di circa due anni –sottolinea un recente rapporto realiz-zato dal Consiglio d’Europa – ma, co-me racconta il personale di servizio, cisono anche storie di persone che sitrovano qui da sempre: una donnaoggi cinquantenne è arrivata da bam-bina, negli anni Sessanta, quando ilcentro è stato inaugurato. Dobrota èstato tutta la sua vita.

Approccio “jugoslavo”Fondato negli anni Sessanta, il centrodi Dobrota è figlio di quella che al-l’epoca era la concezione “jugoslava”della salute mentale: lo stesso ap-proccio istituzionale che in Italiavenne progressivamente accantona-to dopo la rivoluzione di Basaglia, quinon è mai stato messo veramente indiscussione. In Montenegro, così co-me in Bosnia Erzegovina, in Serbia oin Macedonia, gli istituti vengonoconsiderati come “case di cura”, in re-altà carceri a tutti gli effetti, che han-no come scopo principale non la ri-generazione del malato, ma il suo al-lontanamento dalla società.

«Nel nostro paese lo sviluppo dellecure psichiatriche è erratico, confu-sionale. Spesso non c’è alcun tipo dicomunicazione tra il “prima” e il “do-po”, tra la fase della cura e quella delreinserimento nella società», sottoli-neava Aleksandar Kneževi , uno psi-chiatra di Novi Sad (oggi in Serbia) nel1991, pochi mesi prima dello scoppiodella guerra che doveva portare alladisintegrazione della Jugoslavia. «C’èpoi la convinzione sbagliata – conti-nuava Kneževi – che l’ospedalizza-zione e la cura medica del pazientesiano necessarie al suo benessere.L’uso di droghe e di psicofarmaci ètuttora il metodo di terapia preferito».

La situazione, oggi, è largamente

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LOTTA A FAME E POVERTÀ?LAVORIAMO PER LA PACE

ranti sono fattori che contribuisconoa scatenare sempre nuove crisi e a ren-dere il mondo sempre più violento.

Chiedere in ogni circostanzaSi assiste, insomma, a un perversocircolo vizioso. Le guerre possonoprovocare carestie per intere popola-zioni e, al contrario, povertà e fameconducono spesso a violenze. Se èperò vero che le carestie, di per sé,non generano violenza, la caratteri-stica distintiva di molte nuove crisialimentari è che il cibo esiste, ma nonci sono mezzi per acquistarlo. E que-sto può generare violenza. Insomma,un elemento fondamentale per spie-gare, in taluni casi, l’insorgere di veree proprie guerre è la diseguaglianzaeconomica esistente tra élite al poteree oppositori, o comunque segmentidella popolazione. Le maschere e lestrumentalizzazioni etno-linguistico-religiose, spesso radicate su base re-gionale, rappresentano il corollario dimolte guerre contemporanee, fonda-te su squilibri socio-economici.

In questo momento l’esempio piùeclatante di queste dinamiche è il

violento conflitto che coinvolge Iraq e Siria. Ma gli esempisi moltiplicano a ogni latitudine e longitudine, sicché sitoccano nuovi record anche per quanto concerne le areedi crisi e di violenza nel mondo. «Il problema è che le par-ti in guerra sono convinte di vincerla»: così si esprimonopersino molti consiglieri militari e analisti geopolitici.Questo rende molte guerre pressoché infinite, ed estre-mamente complesso trovare una via per le trattative e peril lavoro di mediatori e negoziatori.

Ecco perché occorre una comunità internazionalemolto più attenta, orientata alla prevenzione e al dialogo,pro-attiva. Ed ecco perché occorre un rinnovato impegnoanche dalla base, a partire da ciascuno di noi, per chie-dere pace a ogni livello. La pace, infatti, è la vera base perlo sviluppo: bisogna chiederla in ogni circostanza (op-portuna e inopportuna). E, soprattutto, pregare incessan-temente per essa.

I l 16 ottobre ricorre la Giornata mondiale dell’alimentazione. Ilgiorno dopo, 17 ottobre, non a caso si celebra la Giornata mon-diale di lotta alla povertà. In tale occasioni, ogni anno vengono

presentati rapporti e dossier, analisi e studi aggiornati sui due temi. Sivalutano tendenze e novità. E ci si sofferma sui collegamenti: gli aspettilegati alla carenza di cibo vengono accostati ai fenomeni di impoveri-mento. Tuttavia, spesso, manca una terza dimensione, che si relazionastrettamente alle prime due, e cioè la conflittualità armata e organiz-zata. Oggi più che mai fame, povertà e guerre si incrociano, arrivandoa coinvolgere milioni di persone, in un mix sempre più letale.

Si scatenano nuove guerre, si ina-spriscono quelle note, aumenta oltreogni record il numero di coloro chedevono scappare dai contesti di con-flitto, perché i combattimenti coin-volgono sempre più i civili, diretta-mente o indirettamente. Conflitti einstabilità finiscono dunque per in-terrompere la catena di distribuzionealimentare e il ciclo della produzioneagricola: si generano problemi chevanno dalla mancata semina alla de-liberata distruzione dei raccolti, unodei tanti mezzi con cui si combatte.Si tratta di dinamiche sempre più fre-quenti nei contesti di crisi, in Iraq come in Sud Sudan ein molti altri paesi. Così povertà e fame provocate dalleguerre si inaspriscono, soprattutto per i civili inermi.

I paesi più poveri e affamati, nella classifica dell’Indicedi sviluppo umano redatta dall’Onu, sono quelli più coin-volti in tale mix: Somalia, Congo, intere aree del Mali, del-la Repubblica Centrafricana, dell’Afghanistan. In questicontesti la fragilità politica si interseca con quella econo-mica, ambientale e con continue violenze, in vaste por-zioni di territorio.

Se alcune guerre africane hanno radice nella competi-zione per la terra fertile, provocata anche dai mutamenticlimatici, che si scatena tra pastori nomadi e agricoltori, ladiminuzione della produzione agricola in altre aree del pia-neta, la crescente pressione demografica su terre fertili con-tese, nuovi fenomeni come il land grabbing, le speculazionifinanziarie sulle commodities e la produzione di biocarbu-

Indigenza e crisialimentari si intrecciano

sempre più spessocon conflitti armati.Le guerre tendono

a diventare più lunghe e complesse: il perversocircolo vizioso richiede

che la comunitàinternazionale

progredisca in capacitàdi prevenzione e dialogo

mercatidiguerradi Paolo Beccegato

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ministrativi (quindi senza tribunali)può diventare un calvario lungo an-ni, senza una data di fine certa.

È il caso, per esempio, di Nikola(nome di fantasia), uno dei pazientiinternati a Dobrota. «Mi trovo qui dapiù di un anno – racconta –. La primavolta che mi hanno ricoverato era nel

2003, perché avevo datofuoco al mio apparta-mento. Da allora, sonostato qui in ospedale trevolte, ma mai più di unmese. Poi mi sono tro-vato coinvolto in unarissa di strada e le auto-rità hanno stabilito disottopormi a Tso. At-tualmente mi trovo nelreparto criminale, i cuipazienti sono internatisenza distinguere tra ireati commessi: il pic-colo criminale sta insie-me all’omicida. C’ègente anziana, che hapiù di 70 anni, ma restaqui comunque. Nonhanno un posto doveandare, i familiari non lirivogliono». Nikola vor-rebbe anzitutto una co-sa: tornare a casa. «Misento pronto – confessa–, ma non c’è nessungiudice disposto al mo-mento a rivedere il miocaso. È una situazioneorribile. Orribile. Le isti-tuzioni che dovrebberocurarti sono diventatele istituzioni che ti pu-niscono».

crescita, le istituzioni non riescono,da sole, a reagire efficacemente.

Recentemente, il Consiglio d’Eu-ropa ha dedicato un capitolo apposi-to alla salute mentale nel Rapportosulla tortura in Montenegro del 2014.Nelle osservazioni si legge che «i pa-zienti hanno poco spazio personalea disposizione; l’atmosfera è “auste-ra” fino a rasentare il carcere e lestrutture non sono attrezzate ad ac-cogliere soggetti particolarmenteviolenti». In più, «il trattamento offer-to ai pazienti è soprattutto farmaco-logico. Niente viene fatto per una ve-ra riabilitazione e per restituirli allasocietà o alle proprie famiglie». Inol-tre, «i soggetti sottoposti al tratta-mento sanitario obbligatorio spessonon hanno l’occasione concreta diottenere colloqui con il giudice, cheè il solo ad avere il potere di concede-

internazionale montenegro

L’impegno Caritas

L’attività Caritas nei Balcani sul “fronte” della salute mentale comincia nel1998, alla vigilia della guerra in Kosovo, per interessamento della Caritas diocesana di Firenze, che inizia a occuparsi dei rifugiati serbi nella zona di Niš e del manicomiodella città, Gornja Toponica, il principale della regione. Dopo una prima fase, in cui l’atti-vità è prettamente umanitaria, dal 2003 al 2007 Caritas italiana collabora con i partnerlocali per partecipare alla riforma del sistema serbo, favorire l’approccio comunitario e ridurre il numero dei pazienti degli ospedali psichiatrici. Nel 2008-2009 viene attuatoil progetto “Promozione della salute mentale in Serbia”, cofinanziato dall’Ue, che ha trai propri obiettivi la creazione di reti regionali tra specialisti e società, il miglioramentodelle condizioni di lavoro e della formazione del personale di servizio, il potenziamentodel ruolo dei cittadini al fine di favorire la nascita di associazioni di ex pazienti.

Dal 2010 al 2012, per incoraggiare lo scambio di esperienze e prassi tra Bosnia Erzegovina e Serbia, viene realizzato il progetto Upstream, mentre dal 2012 al 2014 la provincia autonoma di Trento finanzia il progetto Caritas intitolato Partn&rs, che com-prende anche l’organizzazione di visite di studio e corsi di formazione in Trentino, realiz-zati dal Centro di salute mentale di Trento. Nel 2013 viene invece avviato in Montene-gro il progetto Open Mind, anch’esso con fondi Ue e in collaborazione con Atb(Associazione Trentino con i Balcani), che consente di riavviare un percorso interrottoparzialmente nel 2006 in seguito all’indipendenza del Montenegro dalla Serbia.

Open Mind mira a rafforzare le capacità e il ruolo delle organizzazioni della societàcivile nel dialogo politico con le istituzioni, attraverso moduli di formazione e gruppi di lavoro organizzati in alcuni comuni del paese (Nikšić, Podgorica, Bar, Kotor); grazie a questa iniziativa viene inoltre realizzata un’analisi dettagliata del sistema complessivodi salute mentale in Montenegro.

La sinergia tra Unione Europea e Caritas è stata recentemente ribadita in altri dueprogetti: Pro.Motion di salute mentale di rete (in Serbia) e la seconda parte di Upstre-am. Grazie all’esperienza accumulata in anni di lavoro, Caritas Italiana è insomma diventata un punto di riferimento credibile e affidabile per la salute mentale nell’ex Jugoslavia, status che le è riconosciuto dai governi e dai servizi locali.

Per la salute mentale, anche in Serbia e Bosnia

re loro la libertà». Il risultato è che peralcuni pazienti il Tso, il trattamentosanitario obbligatorio, spesso com-minato attraverso procedimenti am-

CALVARIO LUNGO ANNII pazienti sottoposti a trattamentosanitario obbligatorio spesso nonpossono avere colloqui con il giudice

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Si sarebbe dovuta prestare più attenzionealla struttura tribale (da non condannarein sé) della popolazione irachena,ancora

ben presente oggi e articolata in circa unasettantina di gruppi clanici

finite nel 1648, dopo la cosiddetta“Guerra dei trent’anni”, mentre in Ita-lia solo nel 1848 valdesi ed ebrei han-no ottenuto i diritti politici dal re diPiemonte Carlo Alberto. Il mondomusulmano, in estrema sintesi, ha unproblema da risolvere, al suo interno,che il mondo cristiano ha già affron-tato (ma da cui non è stato esentato).

In terra d’Islam, chi non è musul-mano può essere “protetto” (il termi-ne tecnico è dhimmi) se è ebreo o cri-stiano, come afferma il Corano, altri-menti è un caso serio. E se i nonmusulmani “protetti” sono comun-que cittadini di seconda classe, gli al-tri gruppi sono facilmente identifica-ti dagli estremisti come idolatri, e co-me tali passibili di morte.

Naturalmente guai a generalizza-re: non tutti i musulmani sono fana-tici fondamentalisti, e c’è un ampiodibattito su queste deviazioni anchefra gli intellettuali musulmani. Restail fatto che coloro che danno del-l’Islam un’interpretazione estremistasono gli stessi che si sentono autoriz-zati a espellere minoranze non “pro-tette” (gli Yazidi, nel caso dell’Iraq se-gnato dall’avanzata dell’Is).

La legittimità politica non vienequindi, in questi casi, dal semplicediritto al voto, ma dall’appartenenzareligiosa. Un problema serio. Perchécondiziona i diritti di cittadinanza dimilioni di esseri umani.

Macerie avvelenateUn ruolo, nella terribile crisi irachena,lo gioca anche il particolare significato

mano. In realtà le due nazioni euro-pee intendevano dividersi le “sfered’influenza”, che nascondevano natu-ralmente anche robusti interessi: ilpetrolio appena scoperto, la possibi-lità di tenere a bada la Russia, la su-premazia geopolitica, ecc.

In quel delicato e decisivo passag-gio non si dette però la dovuta impor-tanza ad alcune caratteristiche dellegenti locali, semplicemente catalogatecome “popoli musulmani”, che si divi-dono in sciiti e sunniti, con la presenzadi minoranze cristiane da proteggere.

Si sarebbe invece dovuta prestarepiù attenzione, per esempio, allastruttura tribale della popolazioneirachena, ancora ben presente oggi earticolata in circa una settantina digruppi clanici. Il tribalismo non vacondannato di per sé: è un sistemasociale comune a molte ci-viltà costrette a vivere incondizioni dure, come sonoquelle del deserto, e nonscompare del tutto nemme-no nell’era industriale. Latribù garantisce infatti la so-pravvivenza dei clan che laformano, ma proprio per lascarsità delle risorse dispo-nibili ha leggi proprie, nonquelle di un’entità superiorecome lo stato. Soprattutto,

predispone alla lotta perpetua, peraccaparrarsi “il pozzo dell’acqua”.

Detto in altri termini: è fatale che lalegge “neutra” dello stato vada controquella della tribù. L’uomo forte dellatribù è praticamente costretto a privi-legiare i suoi capiclan. Se gli succedes-se, per amor di democrazia, di divide-re il potere con membri di un’altra tri-bù, si comporterebbe in pratica datraditore. E rischierebbe la vita.

I “protetti” e gli espulsiLa struttura sociale tribale costituisceun primo elemento per cui non è au-tomatico riuscire nell’applicazione(esportazione) della democrazia oc-cidentale. Vi sono poi altre considera-zioni, relative alle fedi. Nell’Europacristiana, le crudeli e sanguinosissimeguerre di religione sono ufficialmente

MINORANZE SFOLLATEDonna yazida pensosa nel campo

profughi di Derik; sfollata cristiana colrosario a Erbil; famiglie yazide sotto un

ponte a Duhok; tende di cristiani a Erbil HAW

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aggiungeva atterrito monsignor Sako.Una tale suddivisione, in effetti,

prepara scenari da incubo, ancorapiù tremendi dell’incubo reale vissu-to in questi ultimi mesi dall’Iraq, unpaese che rischia di assomigliare aun castello di carte, e di essere ridot-to tra non molto a un cumulo di ma-cerie, materiali, istituzionali, umane.

Sfere d’influenzaLe carte storiche del fragile castellosono complesse. Conviene non risa-lire oltre gli ultimi cento anni, dunquenon oltre i primi confini dell’Iraq,tracciati sulla carta da Francia e GranBretagna, potenze che nel 1916, nonancora finita la prima guerra mondia-le, disegnarono arbitrariamente lamappa degli stati del Medio Oriente,da crearsi dopo la sconfitta dei padro-ni del tempo, ovvero l’impero Otto-

di Silvio Tessari

internazionale iraq

castellocarte

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assediato dal terrore

Il califfato islamicoistituito dai fanaticidell’Is nel norddell’Iraq è causa di gravi sofferenze per milioni di persone.Dietro la crisi, un complesso intricodi cause storiche e sociali. Ma il MedioOriente non va lasciatosolo, per evitare che la sua malattia si propaghi

el luglio scorso, monsignorLouis Sako, patriarca dei Cal-dei, la popolazione cattolicapiù numerosa fra le confes-sioni cristiane dell’Iraq, affer-

mava che in Iraq «nessuno gode più dialcuna protezione». Il famigerato stato(cosiddetto islamico) dell’Is, prima an-cora che fossero note le turpitudini diqueste ultime settimane, dalle decapi-tazioni “mediatiche” alla vendita di ra-gazze ridotte in schiavitù alle conver-sioni forzate, già faceva temere chenon ci fossero segnali di soluzione po-litica della nuova crisi in cui stava pre-cipitando l’inquieto paese mediorien-tale. L’unica possibilità, peraltro sem-pre rifiutata fino a quel momento dallastessa Chiesa irachena, «rischia di es-sere la suddivisione del paese in can-toni su basi etniche e settarie, a partireda confessioni religiose radicalizzate»,

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GUERRA FRAZIONATACAUSA EGOISMO SMISURATO

contrappuntodi Giulio Albanese

E cosa dire dei cambiamenti clima-tici? L’estate ormai trascorsa, scandi-ta da piogge incessanti e altre intem-perie, è sintomatica delle manchevo-lezze di un progresso che quasi mai ècoinciso col rispetto del creato. Aquesto punto è ragionevole doman-darsi, davvero, dove stiamo andan-do? È la Storia a insegnarlo: il temponon si è mai manifestato in terminidi linearità, ma ha sempre subito ac-celerazioni o brusche decelerazioni.Molti imperi hanno raggiunto picchidi fulgore, per poi precipitare nel-l’oblio. Ma la variabile temporale, og-gi più che mai, non può prescinderedal valore dell’interdipendenza.

Se nel passato la caduta di un pote-re era seguita a ruota dall’affermazio-ne di un altro più forte, la globalizza-zione ha imposto un insieme di lega-mi e rapporti economici, sociali epolitici, tali per cui i comportamenti diuna comunità, o di un intero paese,hanno conseguenze su altri. Sebbenequesto approccio, idealmente, costi-tuisca l’unica via perseguibile per pro-muovere la pace e la prosperità globa-le, siamo ancora in alto mare.

L’idea di interdipendenza contra-sta sia con l’ideologia liberista, basata sul diretto perse-guimento dell’interesse nazionale indipendentementedalla considerazione delle conseguenze su altri, sia conquella realista, incentrata sulla soluzione dei conflittid’interesse imposta dai rapporti di forza e dalle sfered’influenza. Ecco perché sarebbe auspicabile che, inquesti tempi di crisi, si trovasse il coraggio di attualizzarele conclusioni della Commissione indipendente sui pro-blemi dello sviluppo internazionale, insediata dalle Na-zioni Unite nel 1978 e presieduta dallo statista tedescoWilly Brandt. Una visione purtroppo disattesa, formulatain un lungimirante rapporto, che si apriva con queste te-stuali parole: “È il mondo, oggi, a essere un’unica nazio-ne”. Purtroppo, chi è nella stanza dei bottoni ha la me-moria corta. E dimentica, soprattutto, che i gesti devonoprecedere le parole.

Sono in molti a chiedersi se quanto sta avvenendo nelle perife-rie del mondo abbia una sorta di filo conduttore. In effetti, siavverte sempre più l’esigenza di interrogarsi sul proprio desti-

no e su quello dell’umanità, in questo primo segmento di Terzo Mil-lennio. Anche perché, stando alla cronaca, abbiamo perso il contodei morti: dall’Ucraina alla Libia, passando per Iraq, Siria e Strisciadi Gaza, per non parlare di Nigeria settentrionale, Repubblica Cen-trafricana Sud Sudan e Somalia.

Alle vittime di queste guerre – poco importa se credenti o non cre-denti, comunque vittime sacrificali del nostro tempo – va il nostroricordo. Non solo ai cristiani, ma a tuttele persone, anche appartenenti ad altreespressioni religiose, comunque “crea-te a immagine e somiglianza di Dio”.

Papa Francesco ha ragione nel de-nunciare, senza mezzi termini, lo scop-pio di una “terza guerra mondiale”, sot-tolineando il frazionamento delle osti-lità in diverse aree geografiche delpianeta. Questo significa che una mol-teplicità di soggetti perseguono obiet-tivi esclusivi, egemonici, soprattuttoper quanto concerne il controllo di ma-terie prime e fonti energetiche. Non ba-sta però circoscrivere la riflessione, percosì dire, nell’ambito politico-economico. Occorre, infatti,spingersi sul piano antropologico ed esistenziale, chiarendo,una volta per tutte, che, chi uccide nel nome di Dio, non puòessere assolutamente considerato un soggetto religioso.

Un’unica nazioneLo ha detto, ripetutamente, papa Francesco. In linea, pe-raltro, con il magistero dei suoi predecessori. Dietro lequinte, si celano evidenti contrapposizioni tra modelli diciviltà, da cui emerge non solo una diversa concezione delmondo e della storia, ma anche un egoismo smisurato. Lostesso egoismo che ha messo in ginocchio il continenteafricano, dove Ebola sta falciando quotidianamente la po-vera gente. D’altronde, prim’ancora che essere un’epidemiavirale devastante, questa micidiale pandemia è espressionedelle deficienze della medicina dei poveri. Essa si è infatti,manifestata in paesi dove la salute non è un diritto.

Conflitti sanguinosi,epidemie fuori controllo,cambiamenti climatici:le periferie del mondo

teatro di eventidrammatici, che

gli interessi politico-economici non bastano a spiegare. Siamo nell’era

dell’interdipendenza, ma la pace globale

è lontana

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La cristianità ha sofferto persecuzioni. In passato gli stessi curdi non hanno avutomano leggera verso i cristiani. Ma violenta

è stata (ed è tornata a essere con l’Is) anchela contrapposizione tra sunniti e sciiti

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che i fatti storici hanno per il mondoislamico. L’islam è diviso principal-mente tra sunniti e sciiti: ma non è unadivisione comparabile a quella fra cat-tolici e protestanti. Non c’è alcuna dif-ferenza dogmatica seria tra i due grup-pi; il conflitto è nato agli albori del-l’Islam, pochi anni dopo la morte diMaometto, su chi doveva essere il capo,anche politico, della neonata comuni-tà musulmana. Il Califfo, appunto.

In Iraq questa storica frattura si so-vrappone all’ancestrale tribalismo e al-

la stratificazione sociale, cui si accen-nava sopra, determinata dall’apparte-nenza religiosa. La convivenza tragruppi diviene così problematica. Nelpaese la cristianità ha dovuto soffrire esoffre molte persecuzioni. A differenzadi oggi, in passato gli stessi curdi nonhanno avuto la mano leggera verso icristiani. Ma violenta è stata – ed è tor-nata a essere proprio con l’avanzatadell’Is – anche la contrapposizione trasunniti e sciiti. Insomma, non c’è alcunpassato di rapporti idilliaci cui rifarsi.

L’attuale conflitto in Iraq nasce in-somma anche dallo “scoppio” di mol-teplici fattori di contraddizione e crisi,presenti pure nella confinante Siria.Esse vanno ad aggiungersi alle in-fluenze internazionali, alla superficia-lità e alle divisioni del comportamen-to occidentale e ai sostegni occulti chele nefandezze dell’Is devono pur ave-re. Il castello è crollato, le macerie so-no avvelenate, gli sciacalli se ne sonoimpadroniti. E c’è chi nutre e aizza glisciacalli. Questo è il Medio Oriente dioggi e questo è quanto tutti dobbiamoricostruire, con urgenza, a ogni livellodi responsabilità. Soprattutto, Siria,Iraq e Medio Oriente non vanno la-sciati soli, perché la loro malattia nondiventi metastasi mondiale.

L’impegno Caritas

La gravissima crisi che da qualche mese interes-sa l’Iraq, soprattutto le sue regioni settentrionali, oggettodell’espansione militare dell’Is (Stato islamico), forma-zione integralista che ha instaurato un califfato sunnitaispirato alla più rigida interpretazione della legge islami-ca, ha prodotto anche colossali conseguenze umanitarie.Si contano a milioni le persone (appartenenti a minoran-ze religiose ed etniche) costrette alla fuga, per sottrarsi – come sfollati interni o rifugiati nei paesi dell’area – al fanatismo violento della formazione che ha avuto i suoi esordi nella guerra civile della confinante Siria, dove pure controlla ampie porzioni di territorio.

Il Libano oggi è un paese in grave difficoltà: alla mas-sa dei rifugiati siriani e palestinesi si aggiungono i nuoviarrivi dall’Iraq. I rifugiati sono già più di un quarto dellapopolazione, la più alta concentrazione mai registrata al mondo nella storia recente. «Bisogna salvare il Libanodal collasso» è il grido lanciato anche da Caritas Libano,impegnata in tutto il paese a mitigare le tensioni causa-te da questo disastro umanitario. Viveri, sanità, acco-glienza, protezione legale, educazione alla pace: l’assi-stenza ha raggiunto oltre 51 mila famiglie di rifugiatisiriani e palestinesi, e ha cominciato a interessarsi anche degli iracheni.

In Giordania le cifre Onu parlano della presenza di circa 820 mila siriani (solo 210 mila dei quali accoltinei campi profughi). Per raggiungere la Giordania gli iracheni sarebbero costretti a un viaggio di oltre 500 chilometri in pieno deserto: «ma li stiamo aspettando», ha dichiarato Caritas Giordania, dato che il confine non è controllato dalle autorità dell’Iraq. Peraltro, già

dal 2003 la Giordania ospita 350 mila rifugiati iracheni. Caritas Giordania assiste circa 80 mila famiglie.

Un lavoro capillare, apprezzato dalle istituzioni interna-zionali, che hanno completamente finanziato l’appello di emergenza del 2013; non è però sicuro che si trove-ranno i fondi sufficienti per l’ultimo appello 2014.

All’interno dell’Iraq, la Caritas nazionale ha dovutochiudere tre uffici (Qaraqosh, Bartilla e Alqosh) e trasferi-re il suo staff a Erbil, il capoluogo della regione del Kurdi-stan, e in altre località. Caritas aiuta gli sfollati, ormai cir-ca 1,8 milioni, in gran parte cristiani e yazidi. Una voltaal sicuro in Kurdistan, molte famiglie sono accolte e as-sistite dalla popolazione locale, ma molte sono costrettea dormire in parchi pubblici, chiese, case in costruzione.Caritas Iraq ha scelto di concentrare la maggior partedelle attività in villaggi non raggiunti da organizzazionistraniere, assistendo 7.400 famiglie (numero in costantecrescita) con viveri, medicinali, rifugi provvisori.

In Siria, paese martire, gli sfollati interni, secondo Caritas, sono fra 6,5 e 7,6 milioni, circa un terzo della popolazione: «La più grave emergenza umanitariadella nostra era», secondo un portavoce Onu. Caritas Siria è attiva in sei regioni e dall’inizio del conflitto (marzo 2011) ha assistito in vari modi 53.342 famiglie(311.271 persone).

Sommando le richieste che vengono dalle Caritas di questi paesi per il 2014 (e senza contare le necessitàdella gravissima, vicina ma distinta crisi di Gaza), il con-tributo richiesto è di circa 8 milioni di euro. Caritas Italia-na continua a sostenere gli interventi in atto e rinnoval’appello alla solidarietà. www.caritas.it

Capillare rete di aiuti nella crisi più grave della nostra era

GLI OBIETTIVI?

L’anno prossimo scade il termine entro il quale, nel 2000, 191 paesi si erano impegnati a dimezzare fame e malnutrizione nel mondo. Gli Obiettivi del Millennio centrati parzialmente: bisogna rilanciare l’impegno per l’accesso al cibo come diritto

N el settembre 2000 la Dichiarazione del Millennio delle NazioniUnite, firmata da 191 stati membri dell’Onu, impegnava (quasi)tutti i paesi del mondo a ridurre del 50% fame e malnutrizione en-

tro il 2015. L’anno prossimo dovremo fare i conti con i risultati degli im-pegni presi con gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Varie fonti attesta-no un irregolare raggiungimento dei risultati, a seconda delle diversearee del mondo e dell’impatto che vi hanno esercitato la crisi economicaglobale, i conflitti armati, le crisi umanitarie e i cambiamenti climatici.

Ad oggi, solo 38 paesi poveri hanno raggiunto gli obiettivi. Secondoun rapporto pubblicato l’anno scorso dalla Fao, sono ancora oltre 840milioni le persone che nel mondo soffrono la fame, ma sono circa duemiliardi quelle che soffrono di qualche forma di malnutrizione, comela carenza di vitamine e minerali, o di malattie non trasmissibili legatealla dieta (come diabete e affezioni cardiovascolari, senza contare cheanche l’obesità è un problema in crescita).

«Per vincere la fame, oggi – ha dichiarato Michel Roy, segretario ge-nerale di Caritas Internationalis –, non dobbiamo tanto porci il pro-blema di produrre abbastanza cibo, quanto quello di fare in modo

che ogni individuo, famiglia e comunità abbianoaccesso al cibo, a un’alimentazione adeguata enutriente che permetta a tutti di vivere una vitadegna di essere vissuta. Perché questo accada, oc-corre che le persone, e in particolare le donne, ab-biano accesso ai mezzi per prodursi il cibo per lafamiglia o per acquistarlo. E questo significa avereaccesso alla terra, ai semi, agli strumenti agricoli,al bestiame, al lavoro, a servizi finanziari e a quan-t’altro permetta di vivere una vita sana e produt-tiva, incluso l’andare a scuola, la formazione e laprotezione sanitaria».

di Roberta Dragonetti

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MISSIONEINCOMPIUTA

Caritas,campagna planetariaLa campagna “Una sola famigliaumana, cibo per tutti” è stata lanciata a livello mondiale da Cari-tas Internationalis per dare risaltoall’importanza della realizzazionedel diritto all’alimentazione comediritto umano indispensabile e universale, evidenziando le cau-se e le conseguenze che l’insicu-rezza alimentare provoca nelle vite di milioni di fratelli e sorelle in tut-to il mondo, nel nord come nel sud.In Italia la campagna è caratteriz-zata dallo slogan “Una sola fami-glia umana, cibo per tutti: è compi-to nostro”. Tramite essa, Caritasintende – tra le altre cose – fare leva sulla sua vasta rete, per fareappello su istituzioni e forze politi-che, affinché si intraprendano poli-tiche in grado di ridurre il numerodi persone che ancora oggi soffro-no la fame.

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nosce, collabo-rando da annicon la diocesi di Bujumbura e l’ordine dei Saveriani per la promozio-ne della pace tra i giovani proprio in quella zona.

Caritas Italiana, oltre a soste-nere economicamente i progettiin corso a Kamenge, ha inviatonel corso degli anni numerosi“caschi bianchi”, giovani in servi-zio civile all’estero. Alcuni di lorohanno cooperato alle attività delcentro di salute mentale apertonel quartiere e seguito dalla par-rocchia e dalle religiose. Il doloreper la scomparsa delle religioseè dunque mitigato, oltre che dallafede cristiana, dalla consapevo-lezza della testimonianza di servi-zio e carità che esse hanno reso.

archivium di Francesco Maria Carloni

«L’esperienza mostra che quando una Nazione ha il coraggio di aprirsi alle migra-zioni viene premiata da un accresciuto benessere, da un solido rinnovamento so-ciale e da una vigorosa spinta verso inediti traguardi economici e umani»: paroladi papa Giovanni Paolo II, oggi santo. Questo fu anche il pensiero che animò Cari-tas Italiana e la spinse a organizzare a Otranto, nel marzo 2001, un Convegnonazionale sull’immigrazione dal titolo “Un sogno chiamato Italia”.

Erano passati, allora, circa dieci anni dal “biblico” arrivo degli albanesi sulle coste della Puglia. Le riflessioni emerse dal Convegno confermarono l’importanzadi stare collocati su un terreno faticoso, ma fecondo: quello dell’incontro. Caritas,come lievito, si propose come fattore di spinta di tutta la Chiesa verso un’autenti-ca accoglienza e uno stile di incontro e ospitalità; non agendo come mera agenziasociale, ma come presenza nelle sfide della storia, in forza del Vangelo della Carità.

Nel novembre dello stesso anno furono pubblicati gli atti del convegno, divisi in tre sezioni contenenti 24 schede che – riportando le relazioni e gli interventi, i risultati dei laboratori e degli spunti per l’animazione – costituirono un originale,agile e prezioso sussidio per le Caritas diocesane, e non solo. Nerisultò infatti un sussidio a schede, intitolato Immigrazione, risor-sa di una società che cambia e finalizzato a favorire la riflessione,il confronto e l’animazione in contesti diversi: parrocchie, asso-ciazioni, gruppi di volontariato, privato sociale e servizi pubblici.

Quelle riflessioni meritano di essere rilette: sono un contri-buto datato, ma non certo invecchiato, da rivedere ogni qualvol-ta (e oggi è sempre più frequente) migliaia di disperati approda-no sulle coste del nostro paese.

Il coraggio di aprirsi alle migrazioni,risorsa per una società che cambia

IL SACRIFICIOE L’ESODOSuor Olga,suor Lucia e suorBernardetta,le religiose uccisea Bujumbura.Sotto, sfollatidalle regioni estdell’Ucraina

UCRAINAAppello per la pacee interventiCaritas in aiutodi vittime e sfollati

«Occorre pregare per la pace in Ucraina: pregare affinché nonsia un conflitto armato aperto traRussia e Ucraina. Questo è il no-stro appello». È stato questo l’in-vito fatto “a tutti i cristiani, a tuttigli uomini di buona volontà”, nei giorni in cui la crisi sembravaacuirsi oltre i livelli di guardia, dall’arcivescovo maggiore dellaChiesa ucraina cattolica di rito bizantino, monsignor SviatoslavShevchuk. I venti di guerra hannosoffiato forti per tutta l’estate,provocando migliaia di morti e de-cine di migliaia di sfollati interni, e drammi che restano nascosti,come quello delle persone che su-biscono maltrattamenti e trasferi-menti forzati. Caritas Ucraina èstata ed è vicina alla popolazioneche soffre, con l’aiuto e il soste-gno di molte Caritas europee, tracui Caritas Italiana. La sua azionesi sviluppa in diverse città e loca-lità del paese in quattro direzioniprincipali: assistenza sociale, ma-teriale (vestiario, beni di prima ne-cessità, alimenti) e sanitaria (me-dicine e visite mediche) a coloroche sono rimasti feriti durante gliscontri o che hanno perso il lavo-ro a seguito del peggioramentodella situazione economica; assi-stenza psicoterapeutica ai fami-liari (circa 320) delle vittime delleproteste di massa; assistenza(materiale, legale e psico-sociale)degli sfollati, circa duemila, prove-nienti dalla Crimea e dalle regio-ne orientali; infine sostegno ai piùbisognosi delle zone di Donetsk e Luhanska, maggiormente colpi-te dagli scontri degli ultimi mesi.Il programma comprende il soste-gno a case di accoglienza per an-ziani; inoltre, in vista dell’invernoin arrivo, Caritas Ucraina intenderiabilitare circa 4 mila abitazioni a Slovyansk e 5 tra scuole e asili.www.caritas.it

BURUNDICordoglio perl’uccisionedelle tre suoredi Kamenge

Una morte tragica, una testimo-nianza di dedizione e servizioscioltasi nel sangue. Ma che la-scia semi profondi di amore e so-lidarietà. Anche Caritas Italiana siè unita al dolore della Chiesa ita-liana per i tragici fatti che, dome-nica 7 settembre, hanno condot-to, a Bujumbura, capitale delBurundi, alla truce uccisione di suor Olga Raschietti, suor Lu-cia Pulici e suor Bernardetta Bog-gian, dell’ordine delle MissionarieSaveriane. Le tre religiose sonostate uccise, pare da uno squili-brato, nel loro convento di Ka-menge, zona Nord della capitale,realtà che Caritas Italiana ben co-

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La parrocchia di Kim Lam e la scuola secondaria di Nguyen Truong To si trovano nel nord del paese.

Il microprogetto prevede la realizzazione di un sistema di depurazione dell'acqua del fiume Ngen, le cui acque nonsono sempre potabili, in particolare durante i periodi di fortie insistenti piogge, molto frequenti nella zona. A usufruiredell’impianto di filtraggio saranno gli abitanti della parroc-chia e i circa 650 alunni e il personale della scuola.

> Costo: 4 mila euro> Causale: MP 111/14 VIETNAM

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VIETNAMAcqua filtrata, sempre potabile

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LASTORIALa difficoltà di trovare

lavoro rappresenta ilproblema principale

di tutti i giovani. Uncorso ci ha permessodi avviare un’attività

imprenditoriale

BRASILECristina e altre nove,dopo il corsosartoria e serigrafiaformato atelier

Mi chiamoCristina Dos

Santos, ho 25 anni e vivo ancoracon i miei genitori. A causa di problemi economici della miafamiglia, non ho potuto frequen-tare le scuole superiori.

Nella cittadina di Benevides,dove abito (stato del Parà, Nor-deste del Brasile), la difficoltà di trovare lavoro rappresenta il problema principale di tutti i giovani che non possono piùfrequentare la scuola. Ma nel2012 ho conosciuto il Movimen-to dos Focolares Norte, che è presente nell’arcidiocesi di Belèm da molti anni, e che si è sempre interessato alla pro-mozione dei giovani in difficoltà.

Così, grazie a un microproget-to del valore di 5 mila euro, finanziato da Caritas Italiana, il Movimento ha potuto acquista-re le attrezzature necessarie peravviare un corso di cucito e seri-grafia su tessuti. Insieme ad altre nove ragazze io ho decisodi partecipare al corso, della durata di un anno: le nozioni apprese e l’esperienza condottaci hanno permesso di dare avvioa un’attività microimprenditoria-le, aprendo un piccolo atelier disartoria e serigrafia.

Grazie a tale attività ora ab-biamo un reddito che, seppur minimo, è sufficiente a non gra-vare più sulle nostre famiglie.Senza il sostegno di Caritas nonavremmo potuto fruire di alcunaformazione. Ed è per questo cheio e le nove colleghe siamo mol-to riconoscenti a chi ha contri-buito economicamente al nostropercorso formativo e imprendito-riale. Grazie!

> Microprogetto 23/12 BrasileGiovani e lavoro

5 Realizzato!

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AGISCI ORA! SOSTIENI UN PROGETTO INFO: [email protected]

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ALGERIARifugiati, formazione per l’autosufficienza

Edilizia e artigianato: sono i due settori su cuipunta la Caritas di Algeri, per migliorare compe-

tenze e condizioni di vita di 25 rifugiati o richiedentiasilo, provenienti da altri paesi africani e del MedioOriente e in transito nel paese nordafricano. I corsi di formazione loro rivolti permetteranno di cercare lavoro con maggiori chance, ma anche di essereesempio per altre persone emarginate.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 122/14 ALGERIA

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ECUADORUn mulino per l’autonomia

La località di Conventillo, diocesi di Guaranda, si trova al centro del paese andino, nella regio-

ne della Sierra occidentale. Il microprogetto prevedel’acquisto di un mulino per cereali: a beneficiarne sa-ranno 20 famiglie, inserite nei programmi della Pasto-rale sociale della donna della Caritas ecuadoregna. Il mulino permetterà alle famiglie di macinare in modoautonomo i propri cereali – grano, mais e orzo – e offri-re la farina anche alle comunità dei villaggi limitrofi.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 91/14 ECUADOR

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MADAGASCARPiante e animali, fattori di sviluppo

Il villaggio di Ambohimiarina si trova nell’areacentrale dell’isola africana. La zona è spesso

soggetta a incendi, che rendono sterile il terreno. Il microprogetto prevede dunque l’acquisto di pianteper il rimboschimento di un terreno di circa 30 ettari(con piantine di eucalipto, alberi da frutto e una pian-ta locale, ravitsara). È previsto inoltre l'acquisto di 53 maiali e 250 galline ovaiole, per creare piccoliallevamenti domestici, al fine di migliorare l’alimen-tazione di base degli abitanti. Beneficiari diretti sa-ranno 131 agricoltori; indirettamente tutta la comu-nità locale, che potrà fruire di uno sviluppo agricoloequilibrato e durevole.

> Costo 4.300 euro> Causale MP 79/14 MADAGASCAR

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villaggioglobale

impone un comportamento positivo che può incidere sulladevianza. Il carcere è privazionedi libertà, ma se provi a sogna-re puoi essere felice, anche so-lo per qualche attimo”.

EVENTIA Genovaprima edizionedella “Biennaledella prossimità”

Da venerdì 10 a sabato 12 ot-tobre Genova ospita la “Bienna-le della prossimità”: primo appuntamento dedicato alle co-

zoom

balla o si muove a ritmo di mu-sica, continuando a compiere le azioni di sempre, trasforman-do la vita e i gesti banali di ognigiorno in una danza collettiva.Ci sono i detenuti, ma anche il personale che lavora all’inter-no del carcere: dall’assistentesociale alle guardie carcerarie.Il singolare video dà l’occasioneanche a chi è fuori di capire la quotidianità del carcere, e le energie e la voglia di vivereche vi albergano, al di là del gri-giore quotidiano. Il video, chesolo su Youtube ha superato in poche settimane le 50 milavisualizzazioni, è un esperimen-to ben riuscito: non solo fa ride-re, ma, soprattutto, fa passarein modo chiaro il messaggio,espresso da autori e parteci-panti al video, che “lavorare sulla felicità, quella dell’anima,

I curas villeros sono i sacerdoti delle baraccapoli di Buenos Aires e rappresentano una delle esperienzedi chiesa più vicine all'allora cardinale Bergoglio. Papa Francesco ha detto dei curas: «Vivono in modoimpegnato con i poveri. La loro è una scelta eroica.Fanno un lavoro veramente apostolico. Li muove lo spirito di don Bosco».

La Emi edizioni ha appena pubblicato un libro, Pretidalla fine del mondo. Viaggio tra i curas villeros di Bergo-glio, che racconta la scelta e la vita dei curas. Il libro(di Silvina Premat, pagine 320, prefazione di don LuigiCiotti) è la documentata ricostruzione di un’esperienzapastorale autenticamente di frontiera. L’autrice fa par-

lare numerositra i preti delleperiferie di Bue-nos Aires, unaventina di sacer-doti, in strettasintonia con ilcardinale Bergo-glio, che li avevaordinati e inviaticome parroci

munità locali, alle persone e ai loro bisogni. Promossa dal-la Rete nazionale per la prossi-mità, la Biennale racconterà co-me andare incontro ai bisogni –sempre più complessi e quasimai coincidenti con le categorierigide delle burocrazie – possacoincidere con la definizione di una nuova relazione, in cui il soggetto destinatario è co–protagonista della risposta.L’appuntamento genovese rac-coglierà le idee e le esperienze(migliori) che la società civilesta attuando per la società di domani: protagonisti dellamanifestazione saranno coope-rative, associazioni, gruppi dicittadini, attivisti, organizzazionipubbliche… tutti soggetti, anche molto diversi tra loro,che si muovono dal basso e diventano risorse per la so-

nei quartieri degradati della capita-le argentina.

L'autrice ricostruisce anche la storia di questa particolarissimaesperienza ecclesiale, che affondale sue radici nel Concilio VaticanoII e nella stagione del “Movimentodei sacerdoti per il terzo mondo”, dando risalto, soprat-tutto, alla vicenda di padre Carlos Mugica, assassinatonel 1974 da forze paramilitari.

Molti dei curas chiedono espressamente di andare a esercitare il loro servizio nelle villas, che nella Bue-nos Aires di oggi assommano a 21 (pericolose) barac-copoli. I curas sono a stretto contatto con i disagi e le emergenze più immediate dei loro fedeli impoveriti:disoccupazione, tossicodipendenza, violenza, spacciodel paco, la droga ricavata dallo scarto della lavorazio-ne della cocaina, che sfigura e abbruttisce gli adole-scenti. Preti dalla fine del mondo presenta molte storiedi vita e di impegno che rimandano in maniera moltoprecisa a quell’immagine di chiesa «in uscita nelle peri-ferie geografiche ed esistenziali» che papa Francescodesidera oggi. E a cui sprona in continuazione i fedeli e il clero. [d.p.]

DIVERSIIN ARMONIAIl colorato logodella prima“Biennale dellaprossimità”

Preti a Buenos Aires, fine del mondo:il ministero vissuto nelle baraccopoli

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e dal Centro per l’arte contem-poranea Luigi Pecci di Prato, in collaborazione con il comunetoscano; durante la serata si assiste anche alle proiezioni del “One World One Minute”,selezione dei lavori provenientidai “Festival del minuto” di tutto il mondo. La prima sezione delconcorso è tematica: trae spun-to da una serie di articoli scrittidal famoso architetto RenzoPiano, che ha sottolineato co-me la vita nelle periferie riguardiil 90% della popolazione dellecittà. Il concorso invita non soloa raccontare il degrado, ma an-che a dare voce a chi abita nel-le periferie e spesso è portato-re di grande energia umana e di cambiamento. Anche pro-muovendo buone pratiche di so-cialità e processi partecipativi:dai comitati per la cura di par-

zoom

CONCORSIUn minuto pernarrare in videole periferieda rammendare

Un concorso: Videominuto. E una forma di comunicazionemolto breve, che permette peròdi esprimere idee e creatività,storie ed emozioni con una for-te connotazione di immediatez-za e contemporaneità. Questistrumenti faranno da contenito-re a un tema coraggioso: “Leperiferie da rammendare: De-nunce inascoltate e sogni realiz-zati, fra urbanistica e nuove so-cialità”. Il bando per il concorsoscade il 21 ottobre. Tutti gli an-ni (e quest’anno sono 22) i vi-deo migliori vengono proiettatidurante “La notte del minuto”,organizzata da Controradio

A gennaio 2003, in collaborazione con le Edizioni Dehoniane, nasceva la collana Edb-Caritas, per pubbli-care agili documenti relativi a riflessioni e interventi significativi promossi da Caritas Italiana.

Nella prefazione del primo numero, a firma di monsi-gnor Benito Cocchi, allora presidente dell’organismo, si affermava che l’avvio della collana rappresentavauna sfida e una proposta: la sfida di divulgare un patri-monio di riflessione e studio, accumulato alla luce di un’esperienza pluridecennale di condivisione e di prossimità; la proposta, rivolta alla comunità cristia-na e all’intera società civile, di fare spazio alla testimo-nianza della carità e alla ricerca della giustizia, dellapace e della condivisione.

In dieci anni, i 18 sussidi pubblicati hanno toccato i temi più diversi, sempre nella prospettiva di una carità incarnata, che tende a diventare vita e azione,per rendere ragione della speranza che abita i cristiani:messaggi e proposte utili al recupero della passioneper la costruzione della polis, in cui ogni fedele e citta-dino può sentirsi stimolato a realizzare cittadinanza so-lidale e attiva.

In seguito a una verifica condotta da Caritas ed Edb, si è ora ritenuto opportuno rinnovare

chi e strade alle azioni di auto-aiuto, dagli orti sociali alle attivi-tà artistiche in spazi recuperati. www.videominuto.it

VIDEOI carcerati di Ennasi raccontano“felici” al ritmodel tormentone

“Se provi a sognare puoi esserefelice, anche qui dentro”: è lascommessa, o la lezione, deidetenuti della casa circondaria-le “Luigi Bodenza” di Enna, pro-tagonisti di un video musicale,Happy dentro, girato da PaoloAndolina, sulle note del celebrebrano musicale Happy di Phar-rell Williams, successo e tor-mentone della prima partedell’anno. È una popolazione,quella del carcere siciliano, che

la collana, in base a due obiettivi: l’agilità del formato,favorita da un restyling grafico, e la rilegatura in brossura, per far sì che i volumetti possano essereospitati anche nelle librerie al di fuori del circuito cattolico.

Della nuova collana sono usciti i primi due numeri:Famiglie sospese, quaderno di riflessione teologico-pastorale sulla famiglia in difficoltà nell’Italia delle “false partenze”, e Settanta volte sette, una riflessioneche evidenzia come l’ordine sociale e la costruzionedella polis richiedano la capacità di coniugare giustiziae perdono anche in ambito penale, tramite percorsi di umanizzazione e di reinserimento sociale offerti a coloro che sono in detenzione.

Le edizioni Dehoniane hanno rinnovato anche la collana Cammini di Chiesa, sempre con un formatoagile, che invoglia alla lettura, pubblicando i primi due volumetti: Le pratiche della carità, per una riletturaattualizzata delle opere di misericordia, e La parrocchiaal tempo di Papa Francesco, invitata a essere in missio-ne, ad abitare le periferie, ad ascoltare le tante vocidella contemporaneità, per annunciare a tutti la gioiadel vangelo.www.caritas.it

MARGINIIN IMMAGINIUn concorso, unvideo: protagonistile periferie e la vitain carcere

Collana Edb-Caritas, dopo un decenniorestyling per una diffusione più ampia

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di Daniela Palumboatupertu / Estela De Carlotto

Estela Barnes de Carlotto è nata il 22 ottobre 1930 a Buenos Aires. Quando i dittatori argentini presero il potere era il 1976: Estela aveva 46 anni ed era diret-trice di una scuola della città. Aveva una figlia, Laura,attivista politica. Che fu rapita un giorno del 1977, a 23 anni, dai militari. Era una sovversiva, per i dittato-ri. Laura divenne una dei trentamila desaparecidosargentini di quegli anni. Estela bussò a tutte le porte,ma non le fu aperto. Nessuno sapeva niente.

Laura era incinta quando fu rapita. Non era la sola.Le donne venivano fatte partorire e poi uccise. I bambi-ni erano dati in “adozione”, illegalmente, a parenti, ami-ci del regime, a volte agli stessi aguzzini che avevanotorturato le madri. Sono circa 500 i bambini rubati…

Estela, per ritrovare Laura, si unì al movimento delleMadres de Plaza de Mayo (l’associazione di madri ar-gentine che cercavano i figli scomparsi) e poi, quandoLaura venne trovata morta, iniziò la ricerca del nipoteGuido (era il nome che la madre avrebbe voluto per lui) militando nelle Abuelas de plaza de Mayo, le Nonnedi Plaza de Mayo. Oggi ne è la presidente. Intanto le Abuelas hanno ritrovato 115 nipoti e lo scorso ago-

sto Estela ha avuto la notizia che ha atteso per 37 anni: ha ritrovato il nipote Guido. Grazie alla prova deldna è certo che si tratti proprio di suo nipote. Ancoranon si sa molto della sua adozione illegale e dei suoigenitori, anch’essi illegali: i giudici stanno indagando.Ma, prima del ritrovamento di Guido, è uscito il libroEstela. La morte della figlia concepì una Abuela, un libroa cura di Riccardo Petraglia. Una biografia che raccontaanche la metamorfosi di un paese. Abbiamo intervista-to Estela all’uscita del libro, quando ancora non avevaritrovato Guido, ma sperava, fortissimamente sperava.

Ci sono stati giovani che non hanno accettato, nonostante la certezza data dalla prova del dna, di separarsi dalla famiglia “adottiva”. Qual è la po-sizione delle Abuelas?

Spesso il legame con la famiglia che li ha cresciuti è talmente forte che non sempre è facile il distacco.Tutto ciò non può che avere forti conseguenze psicolo-giche. Come Abuelas provvediamo all’accompagnamen-to psicologico, ma siamo convinte che la miglior curaper tanto dolore sia proprio la verità. Molti dei nostri nipoti sono diventati querelanti delle loro stesse fami-glie “affidatarie”, e così riescono a trovare pace e giu-stizia per i loro veri genitori e per loro stessi.

Estela, come immagina suo nipote Guido nel mondo? Sono certa che in cuor suo mio nipote porti quellafiamma che apparteneva a Laura. È difficile mettersinei panni di chi è vissuto immerso nella falsità. Vorreiparlargli dell’impegno di sua mamma, del suo coraggio,della sua volontà, di speranza e lavoro per un mondopiù giusto per tutti. Lei, come tanti altri giovani dellasua generazione, volevano vivere e mettere la sua vitaal servizio della giustizia per il bene comune. Quelle loro idee facevano paura agli aguzzini.

Qual è il vostro pensiero su papa Francesco?Crediamo che abbia portato un’aria nuova nella Chie-sa, era nei desideri dei fedeli. Noi Abuelas continuiamoad abbracciare la speranza di essere comprese nellanostra ricerca di verità e giustizia da parte del Papa.Continuiamo a sperare in un suo segnale forte perchéuna parola, un gesto del Papa, riaffermerebbe il dirittoalla ricerca dei nipoti e il diritto all’identità.

Nonna ritrova Guido,“rubato” dai dittatori:«La verità è la curaper tanto dolore»

Sono certa che incuor suo mio nipoteporti quella fiamma

che apparteneva a Laura,sua madre, mia figlia.È difficile mettersi neipanni di chi è vissutoimmerso nella falsità

“ABUELAS” CORAGGIO,TRA MEMORIA E GIUSTIZIAEstela Barnes de Carlotto,presidente delle Abuelas (Nonne)de Plaza de Mayo argentine:l’associazione, dopo avereindagato per decenni sulla sortedi mariti e figli fatti scompariredel regime negli anni Settanta, ha ritrovato 115 nipoti dati in adozione illegalmente.Su lei il giornalista RiccardoPetraglia ha curato il libroLa morte della figlia concepì unaAbuela (edizioni 24 Marzo onlus)

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La “nube dei militi ignoti” di Dio:passione, servizio e fedeltà di uomini votati all’annuncio

di Francesco Dragonetti

villaggioglobale

Annachiara ValleSanta malavita or-ganizzata (EdizioniSan Paolo, pagine

150). Frutto di un lungostudio sul campo: affron-ta con lucidità il rapportotra ‘ndrangheta e Chiesain Calabria, tratteggiandouna Chiesa spesso assopita, ma da cui possono nascere forze per il cambiamento.

LIBRIALTRILIBRI

Antonio RosminiFilosofia del dirit-to (Città Nuova,pagine 568).

In prima edizione italia-na, un’opera fonda-mentale e di grande respiro teorico, in cuisi rinvengono i germidel cattolicesimo libe-rale, immessi nella no-stra storia dal grandeteologo trentino.

Gianfranco RavasiGalati e Filippesi(Edb). Un cofanet-to, proposto

in singolo cd formatoMp3, contenente le cin-que conferenze tenutedal noto biblista al cen-tro culturale San Fedeledi Milano, arricchito dabrevi note per l'appro-fondimento e da indica-zioni bibliografiche.

paginealtrepaginecietà. La rassegna proporràmomenti culturali, scambi di esperienze, arte e occasionidi approfondimento. Si parleràdi prossimità grazie a workshop,testimonianze, mostre, reading,storie, performance, laboratori,esposizioni... Tra i temi specifi-ci, si discuterà di acquisti col-lettivi, bisogno di cibo e di beniprimari, casa e co-housing, qua-lità della vita, mutualità, cittadi-nanza, credito, rigenerazione urbana, imprenditorialità socia-le, salute e altro ancora.www.prossimita.net

LIBRIIl valore dei soldi?Idee per una“educazionefinanziaria”

In questi annisi è consu-mato un tra-dimento gra-ve: ci siamoabituati a scomporrei fini e a usa-re i beni ma-

teriali, tra cui i soldi, non finaliz-zandoli ai nostri valori. Ancheperché, ci è stato fatto credere,il mercato non permette di per-seguire valori umani estraneialle sue logiche. È questa lateoria del mercato che, comelonga manus, diventa equo e distribuisce l’utile. Ugo Biggeri,in Il valore dei soldi. Banche,finanza ed etica oltre il mitodella crescita (Paoline, pagine171), grazie alla elaborazioneteorica e all’interessante espe-rienza maturata come presiden-te di Banca Etica, propone riflessioni accessibili anche ai non addetti ai lavori. Ne sca-turisce un testo di “educazionefinanziaria” per ogni cittadinoche voglia responsabilmentedeterminare la sua vita econo-mica e non “vendere l’anima”alle logiche del mercato.

Ogni fine anno l’Agenzia Fides, organo d’informazione delle Pontificie opere mis-sionarie, redige il rapporto con i dati sugli operatori pastorali assassinati nei do-dici mesi precedenti. Non è solo un elenco di nomi e date, ma è indubbiamenteun quadro che mostra i fronti caldi dell’annuncio e invita a riscoprire le ragionidella speranza. Le storie narrate sono semplici, magari balzano agli onori dellacronaca con poche righe, o sono spesso ignorate, ma si tratta di quella “nube di militi ignoti della grande causa di Dio”, secondo l’espressione coniata da pa-pa Giovanni Paolo II, caduti mentre operavano in situazioni difficili, o magari sem-plicemente nella quotidianità di una parrocchia.

È importante distinguere tra la missione di chi ha fatto una scelta a caratterereligioso o filantropico per il bene comune e altri tipi di missione. Ma, in genera-le, chi sono oggi i missionari? Non sono “eroi”, ma uomini come gli altri, conuna vocazione particolare, segnati da forte spirito di sacrificio e fedeltà al cari-sma. L’esperienza di missione non solo diventa scuola quotidiana, ma impegnatutta la persona, a volte fino ai limiti della resistenza.

Giorgio Tonelli Marcello Candia, che straordinaria persona (Ancora Editrice,pagine 256) è una sorta di “classico” della letteratura sui missionari: non cele-bra, ma racconta le radici e lo svolgersi della scelta di un imprenditore milaneseche, negli anni Settanta, decise di vendere la sua azienda e partire per il Brasilead aiutare i lebbrosi. Con il suo stile incisivo, l’autore cerca di scandagliare le motivazioni di una scelta radicale, prova a capire chi era l’uomo e il cristianoCandia.

I missionari laici sono una grande risorsa per la missione. Il loro umi-le servizio, svolto nella quotidianità, si distingue per dedizione, coraggio,costanza e semplicità. Paolo Brunacci Apostoli nel quotidiano. L'avven-tura straordinaria di sette missionari laici del Pime (Emi, pagine 128) ripercorre la vita di queste persone, e allo stesso tempo evidenzia gli elementi più interessanti e specifici dell’impegno missionario dei laicinella chiesa. Questi laici sono persone per le quali l’impegno missiona-rio è un impegno a vita. Ma sono anche persone semplici, che hanno voluto, spesso anche a costo della propria vita, impegnarsi a costruire il loro picco lembo del Regno di Dio in mezzo agli uomini e agli ultimi.

Acli, Arci, Banca Popolare Etica, Caritas Italiana, Cisl, Fondazione Culturale Re-

sponsabilità Etica, Legambiente, già tra i partner di Terra Futura, hanno deciso

di avviare un percorso di riflessione e di elaborazione comune. È nata così l’idea

di rivedersi a Firenze per Novo Modo: un invito a riflettere, dialogare, incontrare

e soprattutto costruire insieme le proposte per un percorso di partecipazione

verso un nuovo modello sociale sostenibile.

FFiirreennzzee,, 1177--1199 00ttttoobbrree 22001144Auditorium di Sant’Apollonia, via San Gallo 25/a

PROGRAMMA

VENERDÌ 17 OTTOBRE

10.00-13.30 | La nuova economia: cantieri in corsoTavola rotonda con gli imprenditori di Nuova Economia

Franco COLOMBINI, azienda agricola Bio Colombini

Bruno TORRESAN, Almaca Bio

Franco CARADONNA, Unitrat

Eva GULLO, E. di C. spa

Andrea CECCARELLI, Emporio Altraeconomia – Coop. soc. Gerico

Conduce: Elisabetta TRAMONTO, rivista Valori

Conclusioni: Alberto FRASSINETI, Economia di Comunione

16.00-17.30 | Crisi climatica e consapevolezzaambientale: verso una nuova sostenibilitàVittorio COGLIATI DEZZA, Legambiente

Bernardo DE BERNARDINIS, Ispra

Hans BRUYNINCKX, European Environment Agency

Giampiero MARACCHI, climatologo del Cnr Italia

Conduce: Raffaele PALUMBO, Controradio

18.00-19.30 | Le forze sociali e la politicadi fronte alla sfida della responsabilitàLeonardo BASSILICHI, Confindustria

Giorgio SANTINI, Commissione Bilancio Senato della Repubblica

Maurizio PETRICCIOLI, Cisl

Conduce: Luigi LA SPINA, quotidiano La Stampa

SABATO 18 OTTOBRE

10.00-11.30 | L’onere del bene comune:la lotta alle mafie è conveniente per tuttiGiuseppe PIGNATONE, magistrato

Don Andrea BIGALLI, Libera

Renato NATALE, sindaco di Casal di Principe (Caserta)

Giuseppe ARGIOLAS, Università di Cagliari

Rossella MURONI, Legambiente

Conduce: Sabina FERIOLI, Radio Toscana

12.00-13.30 | Europa: un patto sociale per la paceSusan GEORGE, economista

Ugo BIGGERI, Banca Popolare Etica

Evelyn KARASTAMATI e Stanislao STURAITIS, Caritas Grecia

Francesca CHIAVACCI, Arci

15.30-17.00 | Pane e giustizia: responsabilità, libertà,innovazioneRaffaella PAPA, Forum della Responsabilità sociale di Napoli

Sergio GIOVAGNOLI, Arci

Roberto IOVINO, Flai Cgil

Chiara TONELLI, Università degli Studi di Roma Tre

Antonio CALABRÒ, Fondazione Pirelli – Assolombarda

Battista VILLA, Centro Studi sociali contro le mafie – Progetto

San Francesco

Conduce: Domenico IANNACONE, giornalista Rai

18.00-19.30 | Il welfare dell’accoglienza,un’espressione civileMaria Carmela LANZETTA, ministro per gli Affari regionali

Giusy NICOLINI, sindaco di Lampedusa

Don Maurizio PATRICIELLO, parroco di Caivano (Napoli)

Don Vincenzo FEDERICO, delegato regionale Caritas della Campania

Alessandro MARTINI, delegato regionale Caritas della Toscana

Conduce: Toni MIRA, quotidiano Avvenire

DOMENICA 19 OTTOBRE

10.30-11.30 | Promuovere relazioni di pacein un mondo in guerra: è compito nostroTestimonianze dalla rete Caritas: Iraq e Sud Sudan

Silvio TESSARI e Valentina CAZZANTI

11.30-13.30 | Forum Novo Modo Spazio di confronto per cittadini e organizzazioni sui processi

di cambiamento per un futuro più equo

www.novomodo.org