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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Minori Un bambino su dieci è povero. Anche di opportunità educative Filippine I diritti violati degli indigeni, che ci sono da sempre Albania Mimoza, sua mamma e le altre: per le donne futuro in salita MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLIX - NUMERO 6 - WWW.CARITAS.IT luglio / agosto 2016 Italia Caritas Approvata la complessa riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile. Mette ordine in un comparto cruciale. Con qualche ombra… cambia che Quel profit del non

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Minori Un bambino su dieci è povero. Anche di opportunità educativeFilippine I diritti violati degli indigeni, che ci sono da sempreAlbania Mimoza, sua mamma e le altre: per le donne futuro in salita

M E N S I L E D I C A R I T A S I T A L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I X - N U M E R O 6 - W W W. C A R I T A S . I T

luglio / agosto 2016

Italia Caritas

Approvata la complessa riforma del terzosettore, dell’impresa sociale e del serviziocivile. Mette ordine in un comparto cruciale. Con qualche ombra…

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editoriali

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A CRACOVIAPER STUPIRCIDEI GIOVANI

Ecco perché, davanti al drammaepocale di chi fugge dalla propria terra,non ci si può limitare al dovere di ac-cogliere queste persone: bisogna cer-care di rimuovere le cause delle migra-zioni forzate, dalla guerra alla fame, daidisastri ambientali alle persecuzionireligiose, per permettere a chi soffre direstare, se lo vuole, nella propria terra.

In questa cornice si inserisce laproposta dei vescovi italiani: sostene-re mille microrealizzazioni nei paesidi provenienza dei migranti. Propostache Caritas Italiana, Missio e Focsivhanno rilanciato tramite la campagna“Il diritto di rimanere nella propria terra”. L’obiettivo è principalmente educa-tivo, volto a valorizzare le esperienze di cooperazione internazionale e missio-naria, promuovere occasioni di scambio pastorale, rapporti solidali, formazio-ne, animazione e sensibilizzazione nelle comunità locali.

Uno tra i frutti più rilevanti è quello che ha radunato dal 7 al 9 luglio ad Atenei rappresentanti dei tre organismi – e tutti gli aderenti della campagna 2015“Una sola famiglia umana, cibo per tutti” –, impegnati a riflettere sulle conse-guenze della crisi economica e finanziaria greca e di quella dei rifugiati.Un’emergenza strutturale in cui si fondono drammi, povertà, dolori. Ma ancheesperienze come i gemellaggi solidali e i progetti di cooperazione.

Il tema di garantire a tutti una vita dignitosa, per consentire a ognuno di sce-gliere se restare o migrare, è stato centrale anche per un concorso di foto, disegnie testi, promosso da Caritas e ministero dell’istruzione, destinato agli studentiitaliani. I vincitori sono stati premiati il 20 giugno, Giornata mondiale del rifu-giato. La creatività dei ragazzi, le mille microrealizzazioni giubilari: traguardi rag-giungibili in ogni diocesi; percorsi che fanno fiorire solidarietà concreta.

pesso lamentiamo la lontanan-za dei giovani dal mondo e daivalori cristiani. Ma non può es-sere un lamento sterile, deve es-

sere seme per nuove proposte e nuovipercorsi, partendo da ascolto, osserva-zione, realismo, discernimento. Dob-biamo aiutarli a leggere meglio il loromondo, il loro territorio, la loro corpo-reità, i loro desideri. Anche perchémolti ragazzi che la sera stanno in piaz-za con la bottiglia o lo spinello – e chenoi critichiamo – forse frequentano ohanno frequentato le nostre parroc-chie e non siamo stati capaci di farli in-namorare di ideali alti.

Le Caritas ci sarannoA fine luglio a Cracovia si svolgerà laGiornata mondiale della gioventù e,come nelle precedenti, ci stupiremoper la partecipazione di tanti ragazzi,a un appuntamento in cui non si pro-mettono posti di lavoro, divertimentisfrenati, sballo, e che non li blandisceprospettando il “tutto e subito”, il “tut-to facile”, il “non c’è problema”. Al con-trario, si chiede di andare controcor-rente e pagare di persona per testimo-niare la propria fede, per tradurla incomportamenti coerenti. Perché – co-me ha sottolineato papa Francescodurante il Giubileo dei ragazzi – solocon «scelte coraggiose e forti (…) sirealizzano i sogni più grandi, quelli percui vale la pena di spendere la vita».

Le Caritas ci sono e ci saranno, nonsolo a Cracovia, ma ogni volta che aigiovani è offerta l’occasione di espe-rienze che segnano la vita. In tutte op-portunità di formazione, di incontrocon l’umanità sofferente ed emargina-ta, di condivisione con poveri e ultimi.Che sono occasioni di incontro conGesù e con la forza del suo Amore.

La campagna giubilareper realizzare mille

microprogetti nei paesid’origine dei migranti, il concorso rivolto alle

scuole d’Italia: iniziativeeducative, tese a creare

coscienza tra adulti e ragazzi. Perché

i drammi del nostrotempo vanno

affrontati alla radice

Sdi Francesco Soddu di Francesco Montenegro

RESTARE O MIGRARE?TUTTI HANNODIRITTO ALLA DIGNITÀ

i fronte alle sfide e alle contraddizioni del nostro tempo, eccol’obiettivo principale del vostro essere e del vostro agire: esserestimolo e anima perché la comunità tutta cresca nella carità e

sappia trovare strade sempre nuove per farsi vicina ai più poveri, ca-pace di leggere e affrontare le situazioni che opprimono milioni di fra-telli – in Italia, in Europa, nel mondo». Così papa Francesco ha esor-tato le Caritas, ricevute in udienza lo scorso aprile in occasione del45° di fondazione di Caritas Italiana. Al di là di numeri e progetti, ci èchiesta una carità aperta al mondo, che impasta progetti e riflessione,denuncia profetica con ricaduta pedagogica, grazie a reti e alleanze.

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direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, RobertaDragonetti

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona Corvaia

stampaMediagraf Spa, viale della NavigazioneInterna 89, 35027 Noventa Padovana

(Pd), tel. 049 8991511, e-mail: [email protected]

sede legalevia Aurelia, 796 - 00165 Roma

redazionetel. 06 66177226-503 [email protected]

offertetel. 06 66177215-249 [email protected]

inserimenti e modifichenominativi richiesta [email protected]

spedizionein abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di Roma

OFFERTEVanno inoltrate a Caritas Italiana tramite:. Versamento su c/c postale n. 347013. Bonifico una tantum o permanente a:- UniCredit, via Taranto 49, Roma

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La Caritas Italiana, su autorizzazionedella Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione.

LASCITIInformazioni: Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601, e-mail: [email protected]

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Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected]) per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Italia CaritasMensile della Caritas ItalianaOrganismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 796 - 00165 Romawww.caritas.itemail: [email protected]

Chiuso in redazione il 8/7/2016

UN BUON FINE NON HA FINE

. facendo conoscere la nostra attività e la nostra rivista. inviando offerte per i nostri progetti . predisponendo testamento in favore di Caritas Italiana (a tal proposito, puoi richiedere informazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601)

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sommario

rubriche

3 editorialidi Francesco Soddu

e Francesco Montenegro

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

10 dall’altro mondodi Oliviero Forti

12 databasedi Walter Nanni

15 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia RESTARE, MIGRARE, VIVERE:PREMIATE LE SCUOLE

24 poster I GIOVANI A CRACOVIA

30 zeropovertydi Laura Stopponi

34 cibo di guerradi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Alberto Bobbio

47 a tu per tuERALDO AFFINATI:«IL DON MILANI AUTENTICOE LA RESPONSABILITÀDELLO SGUARDO ALTRUI»di Daniela Palumbo

anno XLIX numero6

IN COPERTINAUna volontaria gioca con un bambinonell’ambito di un progetto educativo.Il terzo settore è ridisegnatodalla nuova legge di riforma:che ne è dell’apportodel volontariato?(foto Romano Siciliani)

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so sciolga i suoi dubbi nella solitudine della preghiera nottur-na. Così, con l’audacia che solo una madre in pena possiede,la donna gli risponde: «Signore, ma anche i cagnolini sotto latavola mangiano delle briciole dei figli» (7,28).

Lo chiama Signore, riconoscendone l’autorità, siprende il ruolo scomodo del cagnolino, ma con altret-tanta autorità dichiara inaccettabile la distinzione postada Gesù tra un prima e un dopo. Tutti hanno il diritto dimangiare insieme, figli e cani, il popolo dell’alleanza e ipagani. Non si può attendere che i figli siano saziati, per-ché gli altri ricevano il cibo (anche perché chi garantisceche mai i figli si reputino tanto sazi da donare volonta-riamente parte del loro pane)? Così è una donna a scar-dinare dal di dentro la logica della legge, che prevedeconfini rigidi, esclusioni, un prima e un dopo fissati perla salvezza. Sono il coraggio e l’audacia di una madre, inun confronto aperto con il Messia.

Israele, con le sue pecore perdute.C’è una norma stabilita che regolal’agenda del Messia con le sue priori-tà: «Lascia che prima si sazino i figli;non è bene prendere il pane dei figlie gettarlo ai cagnolini» (7,27).

Le differenze tra questa scena equella parallela di Matteo (15,22-24)rivelano un Gesù in ascolto silenziosodel suo tempo, in riflessione e forse inattesa di capire la via da percorrereper salvare. Non solo la donna entrasenza chiedere il permesso nel segre-to della casa dove egli si trova, ma en-tra anche a provocare le sue perples-sità, riflesse in una risposta certo du-ra, ma che non esclude la possibilitàdi un cambiamento. C’è un “prima”dato ai figli, ma forse – benché nondetto – ci sarà anche un “dopo” pertutti gli altri, non è da escludere.

Si apre così uno spiraglio per rivederenon solo consuetudini e abitudini, mapersino per una inimmaginabile modi-fica dell’agenda messianica. Di certo,però, una bambina, una figlia possedu-ta dal male, non può aspettare i tempiper una revisione ufficiale, e nemmenopuò attendere che quel maestro penso-

a revisione di leggi tradizionali è uno dei tratti distintivi dellosviluppo interno alla Scrittura; la stessa Torah, la legge di Israe-le, conosce al suo interno modifiche e superamenti, adegua-

menti anche molteplici di consuetudini legali fissate dal tempo. Ilcambiamento e la flessibilità sono ciò che consente alla tradizionedi sopravvivere, rimanendo vitale.

Sorprende constatare come dall’Antico al Nuovo Testamento spes-so proprio volti di donne siano associati a sviluppi di questo tipo, atrasformazioni di costumi e usanze. Accade, infatti, talvolta che sianoloro ad avanzare esplicitamente la richiesta di rivisitare una legge

MAESTRE DEL CAMBIAMENTO,SCARDINATRICI DI ESCLUSIONI

(come in Numeri 27, o nel secondo li-bro di Samuele 14), e quando l’istanzadi revisione è al di là di ogni apparentepossibilità, e soprattutto quando l’ur-genza incalza e non c’è tempo di at-tendere i macchinosi processi di legit-timazione necessari per un aggiorna-mento ufficiale, le donne si assumonola responsabilità di andare contro lalegge tradizionale e – costringendo re,profeti e maestri al cambiamento – in-staurano una nuova prassi.

Gesù non scampa a questa formi-dabile risorsa delle donne, come rac-conta Marco (7,24-30). È da solo, a Ti-ro; senza i suoi discepoli al seguito è sconfinato in terrastraniera, è alloggiato in una casa e vuole rimanere na-scosto in questa sua incursione tra i pagani. Le normeche distinguono il puro dall’impuro marcano i confini deipaesi, le soglie delle case, minacciano la santità del mae-stro di Nazareth, che pare quasi pensoso, reticente nelsuo scavalcare le consuetudini. La riservatezza dura po-co: «Subito, una donna […] la cui figlioletta uno spiritoimpuro possedeva, arrivata si gettò ai suoi piedi. E la don-na era greca, sirofenicia di stirpe» (7,25-26).

Figli e cagnoliniStraniera, pagana e per di più a contatto con l’impuritàdella figlia posseduta: l’evangelista presenta così questamadre che, senza chiedere il permesso, entra in mezzo atutte le prudenze di Gesù e chiede grazia per la figlia. IlCristo ha un ordine da rispettare per la missione: prima

Una madre straniera si confronta con il

Maestro: in diversi passidella Scrittura, sono

le donne ad assumersila responsabilità di promuovere

l’evoluzione di consuetudini

e norme, che fissavanoconfini divenuti rigidi

e discriminanti

4 I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6

L6

parolaeparoledi Benedetta Rossi

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nazionale

6 RIFORMADEL TERZO SETTORE:ERA NECESSARIA.È ANCHE SUSSIDIARIA?di Francesco Marsico

13 RAPPORTO SUI DIRITTIDELL’INFANZIA:PICCOLI E POVERI,ANCHE DI EDUCAZIONEdi Diego Cipriani

rapportoannuale2015

16 IN GESÙ CRISTOIL NUOVO UMANESIMO

internazionale

26 POPOLI INDIGENINELLE FILIPPINE:I DIRITTI VIOLATIDI CHI C’È DA SEMPREdi Matteo Amigoni

31 DONNE IN ALBANIA:L’AUDACE MIMOZAAVRÀ UN ALTRO FUTURO?di Simona Putignano

35 ARGENTINA:DALLE PARTI DI ALBERDISI È ACCAMPATA LA DROGAdi Manuela Robles

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sistemica i diversi ambiti, modificandoanche le norme civilistiche e fiscali re-lative, offrendo quindi una regolazioneorganica di un settore economico-so-ciale ormai significativo, anche in ter-mini quantitativi, per il nostro paese.

Volontariato minoritario?La riforma appare pertanto positiva,nel suo complesso. Ma quali sono glielementi di sostanziale novità, oltre allaprevisione della stesura di un “Codicedel terzo settore” che – come dicevamo– contenga disposizioni generali appli-cabili a tutti gli enti, individui le attivitàdi interesse generale svolte dalle orga-nizzazioni del terzo settore e la loro dif-ferenziazione tra i diversi tipi di ente?

Innanzitutto è importante valuta-

re la revisione della normativa in ma-teria di volontariato e promozionesociale, che va in una triplice direzio-ne: armonizzazione delle relativeprevisioni legislative, promozione delvolontariato (anche in collaborazio-ne con il sistema scolastico) e valo-rizzazione dell’esperienza dei volon-tari in ambito formativo e lavorativo.In questa prospettiva, i Centri di ser-vizio per il volontariato (Csv) potran-no essere gestiti non solo dalle orga-nizzazioni di volontariato ma da tuttigli enti del terzo settore (sebbene ne-gli organi di governo la maggioranzadeve essere garantita al volontariato)e i servizi saranno erogati a tutti glienti che si avvalgono di volontari. Èinoltre prevista la costituzione di or-

C’è preoccupazione rispetto alla previstaassimilazione delle imprese socialia componenti di diritto del terzo settore,

anche se adottano forme di remunerazionedel capitale e di distribuzione degli utili

ganismi di coordinamento regionalie sovraregionali, con funzione di pro-grammazione e controllo dei Csv.

Qualche perplessità ha suscitatoproprio la scelta di trasformare i Csv incentri di servizio per il volontariato e ilterzo settore, unificando due realtàestremamente diverse sotto tutti i pro-fili: non si può negare il rischio chequesta componente diventi minorita-ria rispetto alle associazioni, alle fon-dazioni e alle istituzioni di terzo setto-re, che hanno struttura, potenzialitàeconomiche e bacino di utenti piùconsolidati. Su questo fronte, qualchepreoccupazione suscita anche la di-sposizione che prevede che gli even-tuali emolumenti di amministratori edirigenti dei Csv vengano posti a caricodelle fondazioni bancarie in forma ag-giuntiva rispetto ai finanziamenti deri-vanti dall’articolo 15 della legge266/1991, con il rischio di compromet-tere la loro autonomia nei riguardi de-gli enti finanziatori. I decreti attuatividevono regolare questi aspetti in mododa garantire i soggetti più deboli sulpiano organizzativo e l'autonomia deiCsv nei confronti dei suoi finanziatori.

L’altro capitolo di significativa rifor-ma riguarda la prospettiva di nuovenorme relative all’impresa sociale, pre-so atto delle difficoltà applicative dellalegge 155/06, che in dieci anni ha “pro-dotto” circa 700 imprese. La delega cer-ca di introdurre correttivi tali da rende-re possibile la coproduzione di beni eservizi tra non profit, pubblica ammi-nistrazione e investitori privati. L’im-presa sociale è definita “organizzazioneprivata che svolge attività d’impresaper le finalità di cui all’articolo 1, chedestina i propri utili prioritariamenteal conseguimento dell’oggetto socialema può remunerare il capitale investi-to nella misura pari a quanto oggi in vi-gore per le cooperative a mutualitàprevalente, adotta modalità di gestioneresponsabili e trasparenti, favorisce ilpiù ampio coinvolgimento dei dipen-denti, degli utenti e di tutti i soggetti in-teressati alle sue attività”.

Anche in questo caso alcune vocihanno espresso preoccupazioni ri-spetto alla previsione relativa all’assi-milazione delle imprese sociali (nonsolo associazioni e fondazioni, maanche Spa, Srl, ecc.) a componenti didiritto del terzo settore, anche se di

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È anche sussidiaria?

6 I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6 6 I TA L I A C A R I TA S |

Il parlamento ha approvato la complessa legge di riforma del terzosettore, dell’impresasociale e del serviziocivile. Il testo metteordine in un settoregovernato da leggidatate. Ma alcuni punti denotano unadiffidenza persistenteverso le libereformazioni sociali

a legge delega per la “Riformadel terzo settore, dell’impresasociale e per la disciplina delservizio civile universale” èstata approvata dal Senato, in

via definitiva, il 25 maggio scorso. Co-me per altre vicende – per esempio larecentissima approvazione del provve-dimento sul cosiddetto “Dopo di noi” –si deve riconoscere la determinazionedell’iniziativa del governo nel perse-guire il risultato della chiusura di iterparlamentare non certo semplici.

Si discuteva da anni, peraltro, dellanecessità di aggiornare la legislazioneche regolava i tanti soggetti che com-pongono l’arcipelago del terzo setto-re. Indubbiamente le norme in vigoreavevano subito un logoramento dausura del tempo, tale da meritare unrestyling: la legge 266 sul volontariatoè del 1991, stesso anno di nascita della283 sulla cooperazione sociale, men-tre la 383 sull’associazionismo risaleal 2000, un anno prima dell’approva-

zione della legge 64 sul servizio civile,dal 2001 non più collegato all’obiezio-ne di coscienza al servizio militare.

La recentissima riforma è stata par-torita da un complesso iter parlamen-tare, che ha cercato di definire sia unaggiornamento delle norme rispetto alcontesto attuale, sia un’azione di rifor-ma, frutto di una maggiore consapevo-lezza: pur nelle innegabili e molteplicidifferenze, infatti, il terzo settore è uncontinuum di forme giuridiche e dimodalità di azione sociale, con un co-mune fondamento solidaristico, gra-duabile anche a partire dalla diversa re-lazione di ogni componente rispetto almercato. Immaginare separatezze den-tro questo variegato mondo sarebbeimproponibile non solo sul piano defi-nitorio, ma tanto più se si guardano gliintrecci di generazione e di relazionetra i diversi soggetti. Per questo neltempo era maturata l’esigenza di co-struire una normativa complessiva che,senza confondere, regolasse in maniera

di Francesco Marsico

L

nazionale riforma del terzo settore

SPECIE DA TUTELAREVolontari in una mensa peri poveri, in una scuola popolaree in un guardaroba sociale:Il loro spirito di gratuitàe le organizzazioni in cuioperano vanno salvaguardatinell’applicare la riforma

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n apprezzamento convinto(«siamo molto soddisfatti»)per l’impianto generale. Lacautela per i nodi che restanoda sciogliere. Così la Cnesc

(Conferenza nazionale enti di serviziocivile, alla quale aderiscono 24 soggettinazionali e della quale Caritas Italianaè tra i fondatori) ha accolto l’approva-zione della riforma del terzo settore,che introduce anche una nuova “disci-plina del Servizio civile universale”.

In una nota emessa all’indomanidel voto del parlamento, la Cnesc rico-

nosce che «il nostro paese, con la rifor-ma che disciplina il Servizio civile uni-versale, porta a compimento l’ispira-zione degli obiettori di coscienza alservizio militare, secondo cui “la Patriasi difende anche senza armi”. (…) IlServizio civile universale si proponeinoltre all’Ue come risorsa importanteper contrastare i crescenti nazionali-smi, razzismi ed egoismi che ne mina-no le radici stesse, attraverso la realiz-zazione di iniziative di cooperazioneallo sviluppo anche fuori dall’Unione».

La principale innovazione del testo,

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Quest’ultimo aspetto suscita qual-che interrogativo circa l’idea di sussi-diarietà che alimenta la scelta. È lostesso dubbio che riguarda anche lacostituzione del Fondo sulla povertàeducativa, previsto dalla legge di sta-bilità 2016, generato da risorse delleFondazioni bancarie – incentivate dauno sconto fiscale – e gestito da unmeccanismo di governance mistopubblico-privato. Ma il tema delle for-me di governance effettivamente sus-sidiarie sconta un recente passato ne-gativo, o quanto meno ambivalente,che merita certo sperimentazioni, noninvasioni di campo di parte pubblica.

Quanto all’attuazione della riforma,i mesi che verranno dovranno produr-re una mole di decreti attuativi di par-ticolare delicatezza, compresa la ri-scrittura delle parti del Codice civileche regolano la materia e che rende-ranno effettive le norme approvate dalparlamento: anche questa fase sarà unbanco di prova per verificare la volon-tà sussidiaria e di apertura al confron-to da parte dell’attuale governo.

guità del Servizio Civile nazionale (…).L’apertura, per legge, all’accesso deicittadini comunitari e degli stranieriregolarmente soggiornanti è l’altropasso concreto verso un’Unione euro-pea costruita dai cittadini e verso unapproccio propositivo di fronte ai fe-nomeni migratori ».

Alcuni passaggi genericiCon il decreto delegato, fa osservare la

nota, si apre ora «la seconda fase, al-trettanto importante e delicata, perchéalcuni passaggi generici nel testo pos-sano trovare una precisa cornice legi-slativa. La governance delle relazionidello stato con le regioni, le provinceautonome, gli enti locali e il terzo set-tore è il primo nodo da sciogliere e ve-dremo in che modo il terzo settore, nelcui ambito legislativo è stata inserita ladisciplina del Servizio civile universale,

Lo status giuridico dei giovani del Serviziocivile universale e i riconoscimenti per la loro scelta al servizio del paese,

a cominciare dalla valorizzazione delleloro competenze, è un altro nodo delicato

verrà valorizzato. Lo status giuridicodei giovani del Servizio civile universa-le e i riconoscimenti per la loro sceltaal servizio del paese, a cominciare dallavalorizzazione delle loro competenze,è un altro nodo delicato (…). Il passag-gio dai progetti annuali ai programmi,l’articolazione delle durate e la duratadei dodici mesi come prassi ordinaria,un accreditamento che valorizzi la fun-zione di organizzazione promotrice diservizio civile, controlli su tutti i puntidella rete, un monitoraggio indipen-dente che metta a disposizione delleistituzioni e della società le conoscenzenecessarie sono altri punti nevralgicidel decreto legislativo. Così come laprogrammazione triennale dei contin-genti deve basarsi sulla definizionetriennale delle risorse finanziarie».

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TUTELA E INTEGRAZIONESopra, volontari puliscono una spiaggiainquinata. Sotto, volontaria in serviziocivile: sui 21.359 giovani reclutati dal bando nazionale per il 2016, la reteCaritas ne impiegherà 1.012 in Italia (146 progetti) e 58 all’estero (6 progetti)

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fatto adottano forme di remunerazio-ne del capitale e distribuzione degliutili, paventando una grave compro-missione del principio di dono e dellagratuità, che dovrebbe ispirare questosettore economico-sociale.

Aggiuntiva o sostitutiva?Altro elemento rilevante è la riformadel servizio civile in senso universale:questo si aprirà strutturalmente ai cit-tadini stranieri regolarmente residen-ti, prevederà uno status giuridico spe-cifico per i volontari in servizio civilee modalità di accreditamento per glienti titolari di progetto. Il progettoavrà una durata variabile tra otto mesie un anno, con la previsione che il ser-vizio sia prestato in parte in uno deglistati membri dell’Unione europea,nonché per iniziative riconducibili al-la promozione della pace e della non-violenza e alla cooperazione allo svi-luppo anche nei paesi extra europei.

Un ulteriore capitolo riguarda la di-mensione della fiscalità e del sostegnoeconomico, che dovrebbero subire

una positiva semplificazione, nonchél’istituzione di misure di supporto, co-me l’introduzione di nuovi strumentidi finanza sociale, l’agevolazione delledonazioni, la costituzione di un fondopresso il ministero del lavoro e dellepolitiche sociali, il consolidamento euna maggiore trasparenza della rego-lazione del cinque per mille.

Vengono peraltro istituiti un “Regi-stro unico del terzo settore” presso ilministero del lavoro e delle politichesociali e un Consiglio nazionale del ter-zo settore: l’iscrizione sarà obbligatoriaper gli enti che ricevono finanziamentipubblici, fruiscono di fondi privati rac-colti attraverso pubbliche sottoscrizio-ni o di fondi europei, o esercitano atti-vità in forma di accreditamento o con-venzione, o che intendono avvalersidelle agevolazioni previste dall’articolo9 del testo di riforma. Rimane da chia-rire, nei decreti delegati, se questa re-gistrazione nazionale è sostitutiva oaggiuntiva alle registrazioni regionali ese per le imprese sociali resta – se e inquanto costituite in base al Libro V del

Codice civile – l’obbligo della doppiaregistrazione. Anche sotto questoaspetto si registra una sorta di diffi-denza del legislatore verso le iniziativeliberamente assunte dai cittadini e ca-ratterizzate da finalità di interesse ge-nerale, per le quali viene sempre pre-visto un “passaggio” governativo, re-taggio del Codice civile del 1942, chemal si raccorda con l’articolo 2 dellaCostituzione, che valorizza e tutela lecosiddette “formazioni sociali”.

Governo misto,ma senza invasioniUna novità, invero un po’ estrinsecaalla materia regolativa del terzo setto-re, è la previsione della istituzione diuna fondazione di diritto privato, de-nominata “Italia Sociale”, con lo scopodi sostenere, mediante l’apporto di ri-sorse finanziarie e di competenze ge-stionali, la realizzazione e lo sviluppodi interventi innovativi da parte di entidi terzo settore, caratterizzati dallaproduzione di beni e servizi con ele-vato impatto sociale e occupazionale.

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«Servizio civile, davvero universale:non violento e realmente aperto a tutti»Documento della Conferenza degli enti di servizio civile sulla riforma.Apprezzamento sull’impianto generale, attesa per il decreto delegato

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nazionale riforma del terzo settore

che ne giustifica la definizione di “Ser-vizio civile universale”, secondo laCnesc, «è l’obiettivo di far parteciparetutti i giovani che vorranno farlo, inmodo volontario. Se per lo stato è unasfida per le risorse da trovare e per lacapacità organizzativa di programma-zione da implementare, per le organiz-zazioni, in primis quelle della Cnesc, èuna sfida educativa e di formazionedella coscienza civica, oltre che econo-mica e organizzativa, che ben volentie-ri facciamo nostra».

Inoltre «la scelta della difesa non ar-mata della patria e del dovere di parte-cipazione civica come finalità uniche,a cui rendere funzionali i settori di in-tervento, sono la vera architrave cultu-rale, giuridica e formativa del Serviziocivile universale, superando le ambi-

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ca l’incidenza degli stranieri sul totale della popolazionescolastica, si riscontrano valori particolarmente elevatinelle regioni del nord, con l’Emilia Romagna che registraun’incidenza significativamente più alta della media na-zionale (15,5%), seguita da Lombardia (14,3%) e Umbria(14,2%). Nelle regioni del centro-nord il valore non scen-de mai al di sotto del 10%, con le sole eccezioni di Valled’Aosta (8,2%, incidenza inferiore alla media italiana) eLazio (9,3%).

Con riferimento al mondo del lavoro, anche nel 2015si sono rilevati dati e tendenze in linea con il passato. Co-me rilevato dal ministero del lavoro nel suo ultimo rap-porto, «l’Italia, anche nel confronto con gli altri paesi eu-ropei, continua a rappresentare un unicum. L’originalitàdel caso italiano è data, in particolare, dalla presenza diun tasso di occupazione dei cittadini stranieri più alto diquello dei nativi, dalla presenza di trend dell’occupazioneasimmetrici tra le diverse nazionalità (si contrae il nume-ro di lavoratori italiani e cresce la platea dei lavoratori co-munitari ed extracomunitari), dalla contemporanea cre-scita dell’occupazione, della disoccupazione e dell’inat-tività della popolazione straniera». I dati dicono, dunque,che anche la manodopera straniera ha risentito delle dif-ficoltà di questi ultimi anni e lentamente sta risalendo lachina della crisi più e meglio di quanto non stia facendola forza lavoro italiana.

tuale scende al 25,4% nel centro, con un ulteriore calo nelMezzogiorno (15,2%). Questa distribuzione si spiega conla maggiore diffusione di progetti orientati alla stabiliz-zazione e alla stabilità in aree con sistemi economicimaggiormente sviluppati e con tassi di occupazione piùalti. Si può anche notare che l’equilibrio di genere è undato comune a tutte le regioni.

Lavoro, si risale la chinaIn tre regioni del Nord ed una del Centro è concentratapiù della metà dell’intera popolazione straniera presentein Italia (56,6%). In particolare, si tratta della Lombardia(23,0%), del Lazio (12,7%), dell’Emilia Romagna (10,7%)e del Veneto (10,2%).

Con riferimento alle acquisizioni di cittadinanza, i datiIstat relativi al bilancio demografico nazionale mostranoche la diminuzione della componente italiana della po-polazione è mitigata dall’acquisizione della cittadinanzada parte di una componente sempre più ampia della po-polazione straniera (+130 mila unità nel 2014).

Gli alunni stranieri nati in Italia nel 2014-’15 sono stati445.534, pari al 54,7% del totale degli alunni stranieri. Cir-

ROMA CITTÀ MISTAPresenze multietniche in un quartiere centrale della

capitale: le migrazioni trasformano la nostra quotidianità

dall’altromondodi Oliviero Forti

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25 ANNI DI INDAGINISULL’ITALIA MULTICULTURALE

motore delle migrazioni globali. Ilmaggiore saldo negativo è registratoin Asia, seguita, con valori decisa-mente inferiori, da America Latina eCaraibi e Africa, in cui sono più con-sistenti le migrazioni interne.

Nell’area Ue, il numero degli stra-nieri residenti è continuato a cresceregiungendo, nel 2015, a 35,2 milioni,+3,6% rispetto all’anno precedente.Considerando la distribuzione nei va-ri paesi, il 76,2% dei residenti stranierisono ospitati in Germania (21,5%),Regno Unito (15,4%), Italia (14,3%) eFrancia (12,4%). Gli stranieri sono il6,9% della popolazione totale dell’Ue.

Ben più di metà al nordIn Italia, i dati diffusi dall’Istat evi-denziano che al 1° gennaio 2016 vi ri-siedevano 60 milioni 656 mila perso-ne, di cui 5 milioni 54 mila stranieri,cioè l’8,3% della popolazione. Tra es-si, la componente femminile si atte-stava (dato di inizio 2015) al 52,7%.

I nati stranieri nel 2014 erano in-vece diminuiti di 2.638 unità rispettoal 2013, mostrando un’inversionedella tendenza all’incremento delle

nascite dovuto alle donne straniere. La regione che pre-senta l’incidenza più elevata di nati stranieri sul totale deinati è l’Emilia Romagna, dove è straniero quasi un natoogni quattro (24%). Anche nel 2015 i saldi del movimentonaturale (differenza nati e morti) e migratorio (differenzatra iscrizioni e cancellazioni) per la componente stranieradella popolazione si sono confermati positivi, mentre so-no risultati negativi per la componente italiana.

Al 1° gennaio 2015, in Italia erano presenti ben 195 na-zionalità, anche se le prime 15, in ordine decrescente diconsistenza numerica, raggruppavano 3.746.854 perso-ne, il 74,7% del totale dei residenti stranieri. Le naziona-lità più presenti in ordine decrescente, dopo la Romania(22,6%), sono Albania (9,8%) e Marocco (9%): queste trenazionalità rappresentavano il 41,4% del totale degli stra-nieri residenti.

Quasi il 60% degli immigrati vive nel nord; la percen-

Puntuale è giunto, anche quest’anno, il Rapporto immigrazio-ne Caritas Migrantes, ricco come sempre di dati e analisi sulvariegato mondo dell’immigrazione. L’edizione 2016 (pre-

sentata a inizio luglio) è la 25ª di un lungo cammino, intrapreso dal-la Chiesa italiana, di lettura e analisi dei fenomeni collegati alla mo-bilità umana. Sempre al fianco di migranti e rifugiati: milioni dipersone che hanno attraversato il nostro paese e in molti casi han-no deciso di stabilirvisi, contribuendo all’avvio di una società mul-ticulturale, nella quale ormai convivono quasi 200 nazionalità.

Dunque l’Italia è protagonista indiscussa dello scenario dellemigrazioni contemporanee: è infattistabilmente tra i primi dieci paesi, a li-vello mondiale, per numero di immi-grati. Non più una new entry, ma unadelle principali destinazioni dei flussi.

Noi siamo undicesimiIl 25° Rapporto, si diceva, è ricchissi-mo di dati. A cominciare da quellisullo scenario globale. Secondo il Di-partimento Onu per gli affari econo-mici e sociali, il numero dei migrantinel mondo ha continuato a crescerenegli ultimi 15 anni: nel 2000 erano173 milioni, mentre nel 2015 erano243,7 milioni le persone che vivevano in un paese diversoda quello d’origine (al netto dei cosiddetti “irregolari”).Dal 1990 al 2015 il numero dei migranti è dunque aumen-tato del 59,7%; nel 2015 rappresentavano ormai il 3,3%dell’intera popolazione mondiale. Sempre l’anno scorso,l’Europa ospitava il 31,2% del totale internazionale deimigranti, seguita da Asia (30,8%) e Nord America (22,4%).Nel loro insieme queste tre aree continentali raggiunge-vano l’84,4% del totale mondiale dei migranti.

Gli 11 paesi del mondo con più alto numero di migran-ti hanno invece accolto nel 2015 il 53,8% del totale dei mi-granti; Stati Uniti e Federazione russa ospitavano insiemeun quarto del totale, seguiti da Canada, Australia, ArabiaSaudita ed Emirati Arabi, quindi Germania, Regno Unito,Francia e, agli ultimi due posti, Spagna e Italia.

Il saldo migratorio positivo registrato nelle regioni piùsviluppate conferma il flusso sud-nord come principale

Pubblicata l’edizione2016 del Rapporto

immigrazione CaritasMigrantes. L’analisiparte dallo scenarioglobale: in un quarto di secolo, nel mondo,

il numero dei migranti è aumentato di quasi il 60%. Con la penisola

divenuta stabilepaese di destinazione

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Rapportoimmigrazione Caritas

Migrantes

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Dal 9° “Rapporto suidiritti dell’infanzia”, emerge un paese a due velocità:permane, soprattuttonel sud Italia,un’ampia areadi povertà minorile,assoluta e relativa. Che si sovrappone a una diffusa povertàdi opportunitàformative, aggregative,sportive e culturali

l 10% dei bambini in Italia è po-vero. È il triste riassunto dei da-ti sulla povertà assoluta nel no-stro paese, contenuti nel 9°Rapporto di monitoraggio della

Convenzione Onu sui diritti dell’in-fanzia e dell’adolescenza, presentatoa giugno dal Gruppo Crc (una rete diorganizzazioni non profit, di cui faparte anche Caritas Italiana). Redattoda 134 operatori dei 91 soggetti par-tecipanti al network, in oltre duecen-to pagine il Rapporto fornisce una fo-tografia su tutti gli aspetti della vitadei minori che risiedono in Italia,monitorando il rispetto dei diritti se-condo gli standard internazionali. Epurtroppo, riguardo al diritto di unbambino a vivere in una condizionedi non povertà e di non esclusionesociale, l’Italia deve fare ancora moltastrada.

Secondo l’Istat, nel 2014 i minori

in condizioni di povertà assoluta era-no 1.045.000, una quota che, sebbenestabile negli ultimissimi anni, tutta-via resta un macigno sul futuro del-l’intero paese. I dati sull’incidenzadella povertà assoluta riferiti all’am-piezza, alla tipologia familiare e alnumero di figli minori dicono che ildisagio economico è più diffuso seall’interno della famiglia è presenteun numero crescente di figli mino-renni: il dato più alto, infatti, si regi-stra nel caso in cui la famiglia è com-posta da 5 o più persone (16,4%), sela coppia ha 3 o più figli (16%) e sequesti sono minori (18,6%).

Non va meglio se si guarda alle sti-me della povertà relativa. Mentre nel2013 l’incidenza della povertà relati-va per persone di età inferiore ai 18anni era del 17,5%, nel 2014 è arrivataal 19%: quasi 2 milioni bambini. Conuna distribuzione territoriale che

di Diego Cipriani

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nazionale diritti dei minori

poveriePiccolianche di educazione

CIRCOLO VIZIOSOAdolescenti di periferia: povertà e

scarsità di stimoli aggregativi eculturali si rafforzano reciprocamente

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CAREGIVER O SEDENTARI?COSÌ CAMBIA L’ADOLESCENZA

hanno un’età compresa tra i 14 e i 17anni (l’8,1% della popolazione ado-lescente residente in Italia).

La condizione di vita degli adole-scenti è ovviamente condizionatadalla situazione famigliare. Secondole indagini Istat, nel 2014 le separa-zioni sono state 89.303 e i divorzi52.335; il 73,3% delle separazioni eil 66,2%dei divorzi hanno riguarda-to coppie con figli avuti durante ilmatrimonio. L’invecchiamento de-mografico e il mutamento delle retifamiliari stanno determinando ilnuovo fenomeno degli “adolescenticaregiver”: secondo Istat, il 2,8% della popolazione tra i15 e i 24 anni si prende regolarmente cura dei parentiadulti o anziani fragili, all’interno della famiglia.

Tanto calcio, ma d’azzardoImportanti anche i consumi, non solo materiali. Nel2014, l’83%dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni utilizzava in-ternet con un telefono cellulare e il 57% navigava sulweb. I maggiori fruitori di tecnologia sono gli adolescenti14-17enni, i quali utilizzano ogni giorno (o più volte allasettimana) il telefono cellulare nel 92,6% dei casi (con-tro il 67,8% degli 11-13enni), nel 50,5% dei casi usanoil personal computer (contro il 27,4%) e nel 69% dei ca-si navigano su internet (contro il 39,4%). Le ragazze fragli 11 e i 17 anni usano più frequentemente dei coetaneimaschi sia telefono cellulare che internet.

Tali abitudini hanno un impatto anche sulla sedenta-

ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti. Il 19,8% è vit-tima assidua di una delle tipiche azioni di bullismo». Sisottolinea poi che «tra i ragazzi utilizzatori di cellulare einternet, il 5,9% denuncia di avere subìto ripetutamenteazioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui socialnetwork». Le ragazze sono le vittime più frequenti di cy-berbullismo (7,1%, contro il 4,6% dei ragazzi).

Infine, riguardo alle dinamiche scolastiche e verso ilmondo del lavoro, l’Italia è tra i paesi europei con il piùalto tasso di dispersione: nel 2014, il 15% dei ragazzi trai 18 e i 24 anni ha conseguito al massimo il titolo di scuo-la media. Molti dispersi finiscono per rientrare nella ca-tegoria dei Neet, ovvero i giovani che non studiano e nonlavorano (Not in Education, Employment or Training).L’Istat ne ha contati oltre due milioni, circa il 24%dei giovani tra i 15 e i 29 anni, quota significativamentesuperiore alla media dell’Unione europea.

rietà degli adolescenti. Il 42% dei ra-gazzi trascorrono davanti al televiso-re da una a due ore al giorno; il24,5% ne fa un utilizzo ancora piùintenso, da due a quattro ore, e il6,2% vi trascorre oltre quattro ore.Inoltre aumenta il numero di coloroche fanno un uso intenso del pc: il23,6% lo usa da due a quattro ore ecirca il 12% più di quattro ore.

Dai dati dell’Osservatorio sulletendenze e comportamenti, rilevatisu un campione di circa 4 mila gio-vani in tutta Italia, emerge poi chel’11,5% dei ragazzi intervistati giocaregolarmente d’azzardo online; il13% scommette online (sul calcio il77%, su altri sport il 10,4%); il 29%gioca anche nei centri scommesse(in genere gli adolescenti dai 17 ai 19anni) e punta per l’88% sul calcio.

Gli adolescenti che subiscono ohanno subìto azioni di bullismo ocyberbullismo, anche omofobico,sono oltre il 50%. Secondo un’in-dagine Istat, «nel 2014, poco piùdel 50% degli 11-17enni ha subìtoqualche episodio offensivo, non ri-spettoso o violento da parte di altri

A inizio giugno è stato diffuso il 9° Rapporto sui diritti dell’infan-zia e dell’adolescenza in Italia a cura del Gruppo Crc (ChildRight Convention), un network coordinato da Save the Chil-

dren e composto da 91 associazioni italiane impegnate nella tutela epromozione dei diritti dell’infanzia nel nostro paese.

Il Rapporto si concentra soprattutto sulla situazione della fascia dietà compresa tra i 14 e i 18 anni. Al 1° gennaio 2015, gli adolescenti nellafascia 14-17 anni erano 2.293.778 (il totale delle persone di minoreetà era di 10.096.165). Degli stranieri residenti in Italia al gennaio2015, secondo dati Istat, il 21,7%sono minorenni e il 3,7%(186.450)

Pubblicato il 9°“Rapporto sui diritti dei

minori in Italia”. Datiinteressanti, in parte

sorprendenti: se quasi il 3% di adolescenti deveoccuparsi di famigliarivecchi e malati, molti

stanno immobilidavanti agli schermi.

Che usano anche per scommettere…

databasedi Walter Nanni

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contrappuntodi Domenico Rosati

quella obbligatoria, finanziata da la-voratori e imprese; quella facoltativa,derivante dalle opzioni individuali.Ma già nel 1970, con la riforma com-piuta sull’onda delle grandi lotte sin-dacali, si introduceva l’aggancio deltrattamento all’ultimo salario perce-pito, con intuitive conseguenze sul-l’equilibrio dei conti.

Fu nel 1995 (governo Dini) che sidovette procedere a una revisione ra-dicale, con la rinuncia al “sistema re-tributivo” e il ritorno al “sistema con-tributivo”, per commisurare il tratta-mento al cumulo dei contributiversati, sia pure ribadendo i diritti ac-quisiti con il meccanismo abrogato.

A questo punto, però, il sistemapensionistico perde identità: da pila-stro stabile della sicurezza sociale di-venta una variabile, dipendente datanti fattori, incluse le esigenze di cas-sa. E sul piano ideologico avviene latransizione dal concetto di “salariodifferito”, che rinviava alla responsa-bilità di lavoratori e sindacati, a quellodi “spesa pubblica”, che conferisce aigoverni ogni prerogativa di manovra.

La legge Fornero si colloca lungoquesta pista culturale, ispirata dal progressivo regrediredella visione solidaristica, a vantaggio degli spiriti animalidel mercato onnipotente. In questo ordine si collocanoanche alcune singolari suggestioni, formulate in sede au-torevole (menti raffinate), come quella di tagliare le pen-sioni di reversibilità riservate alle vedove perché, rimastesole, non saprebbero che farne di tali emolumenti…

Per questo, mentre sono ben accette tutte le “riparazio-ni”, appare indispensabile riattivare un discorso menoprecario sul significato di civiltà proprio dello stato socia-le. Le variabili da considerare non sono solo quelle di bi-lancio, ma soprattutto quelle dell’equilibrio demografico,della disponibilità delle risorse, degli indicatori di benes-sere, dei requisiti minimi di vivibilità. Lo impone l’attualeincarnazione del capitalismo, che ha sconvolto i terminidel compromesso sociale del secolo scorso. E allude a uncambiamento, che però resta un’incognita.

ra “comunali” archiviate e referendum in arrivo, si torna aparlare di pensioni. Il governo ostenta la disponibilità a in-contrarsi con i sindacati. Da cui giungono parole di gratitu-

dine: segnali di intesa?Difficile immaginare i termini della discussione. Le notizie fatte cir-

colare si collocano lungo una scala che va da un minimo (l’attenuazio-ne di alcuni strafalcioni della legge Fornero) a un massimo che com-prende, come sempre accade, l’intera problematica della previdenza.

Il piatto forte dell’opzione minima è l’introduzione dell’istitutodell’uscita dal ciclo lavorativo in anticipo (fino a tre anni) rispetto all’età fissata dalla legge. Se ne conosce an-che il nome. Si chiama Ape, che staper “Anticipo pensionistico”. Il lavora-tore in ritiro precoce potrebbe otte-nere dal sistema bancario un prestitoche gli garantirebbe un trattamentoquasi pari a quello della pensionepiena. Ovvio che se poi l’età non loassiste, dovrà lasciare agli eredi l’one-re delle rate non rimborsate...

Si è fatto notare che in tal modonon si corregge al ribasso l’età pen-sionabile, ma si riduce uno dei suoieffetti più negativi, che costringe il la-voratore a immaginare un prolunga-mento di fatica oltre il limite della sopportabilità.

Dopo il laborioso tamponamento della condizione degli“esodati” (rimasti senza reddito e senza pensione) sarebbequesto il secondo doveroso esame di riparazione rispettoagli effetti indesiderati, ma prevedibili, di un provvedimento(la legge Fornero) adottato nel pieno dell’emergenza (2012)con il coinvolgimento di tutte le principali forze politiche.

Regredire del solidarismoChe l’emergenza sia sempre cattiva consigliera è noto. Mail campo previdenziale è il più adatto a fornire la più con-vincente delle conferme. In Italia, è stato sovente un cam-po di sperimentazioni non riconducibili a un disegno uni-tario. Si pensi al concetto di previdenza deliberato nel Pro-gramma economico nazionale 1966-70 e approvato dalparlamento. Prevedeva tre livelli di pensione: quella di ba-se, per tutti i cittadini, finanziata con il sistema fiscale;

Sistema previdenzialesotto i riflettori: l’esame

di riparazione dellalegge Fornero avverrà

nel quadro di unaprospettiva umanamenteconvincente, in risposta

alle variabili chel’evoluzione del

capitalismo impone? O prevarrà di nuovol’improvvisazione?

DI NUOVO LE PENSIONI,SARÀ L’ENNESIMA TOPPA?

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nazionale diritti dei minori

condanna le regioni del Mezzogior-no, soprattutto Calabria, Basilicata eSicilia. Basti pensare che, se per lecoppie con tre o più figli l’incidenzadi povertà a livello nazionale è al27,7%, al sud si arriva al 35,5%. Anchein questo caso, la situazione peggiorase all’interno della famiglia sono pre-senti figli minori.

Le cattive notizie sono confermatedal confronto con il resto dell’Unioneeuropea. L’Eurostat stima che nel2014 il 28,3% della popolazione ita-liana era “a rischio di povertà o esclu-sione sociale” (il 3,9% in più rispettoalla media europea) e il 31,9% tra iminori 0-16enni (+4,5 punti rispettoal corrispondente valore europeo).

Dal governo misure efficaci?Di fronte a questa drammatica situa-zione, che cosa si fa nel nostro paese?Qualche timido passo si comincia afarlo. Almeno nelle intenzioni, peradesso.

A luglio 2015, l’Osservatorio nazio-nale per l’infanzia e l’adolescenza haapprovato la bozza finale del quartoPiano nazionale d’azione per l’infan-zia, che individua, tra le priorità, an-che il contrasto della povertà mino-rile e familiare.

Nella stessa direzione si muove lalegge di stabilità 2016, che ha previ-sto, nell’ambito di un Piano naziona-le, la creazione di una misura di con-trasto alla povertà, per la quale è sta-to istituito presso il ministero dellavoro e delle politiche sociali un ap-posito fondo.

Il Piano, triennale, prevede l’avviosu tutto il territorio nazionale di unamisura di contrasto alla povertà, intesacome «estensione, rafforzamento econsolidamento della sperimentazio-ne» del Sostegno per l’inclusione attiva(Sia), già realizzata (o in corso di rea-lizzazione) in 12 grandi città. Ad averela precedenza saranno i nuclei fami-liari in modo proporzionale al numerodi figli minori o disabili presenti.

Il parlamento sta discutendo inqueste settimane un disegno di leggedelega recante norme relative al con-trasto alla povertà, al riordino delleprestazioni e al sistema degli inter-venti e dei servizi sociali. La misuradi contrasto, secondo la legge in di-scussione, si traduce in un «sostegnoeconomico condizionato all’adesio-ne a un progetto personalizzato di at-tivazione e di inclusione sociale e la-vorativa volto all’affrancamento dallacondizione di povertà, comprenden-te una componente di servizi allapersona». Si tratta della «presa in ca-rico delle persone in condizione difragilità»; una vera e propria rivolu-zione nelle politiche sociali del no-stro paese.

Staremo a vedere se le misure pro-poste dal governo Renzi per ridurrela povertà nel nostro paese (in parti-colare quella minorile) saranno effi-caci; per ora si può essere soddisfattiper l’acquisizione di un principio im-portante: i trasferimenti monetari

La povertà educativa è la privazione dellapossibilità di apprendere e sperimentare.In Italia, quasi il 25% dei quindicenni

è sotto la soglia minima di competenzein matematica, e quasi 1 su 5 in lettura

MONITORAGGIO ANNUALELa copertina del Rapporto 2016pubblicato dalla rete Crc Italia,cui aderiscono 91 organismi

non sono sufficienti, da soli, a ridurrela povertà.

Di generazione in generazioneMa le legge di stabilità di quest’annoha voluto affrontare anche il temadella povertà educativa minorile, isti-tuendo un apposito fondo alimentatodalle fondazioni bancarie. Per contra-stare la povertà minorile, infatti, lastessa Unione europea ha ricordato atutti gli stati membri che occorre «raf-forzare l’influenza del sistema educa-tivo» e «incoraggiare la partecipazio-ne di tutti i minorenni ad attività lu-diche, ricreative, sportive e culturali».

La povertà educativa è la privazio-ne, da parte dei bambini e degli ado-lescenti, della possibilità di appren-dere, sperimentare, sviluppare e farfiorire liberamente capacità, talentie aspirazioni. Anche in questo caso,la situazione italiana è drammatica:quasi il 25% dei quindicenni è sottola soglia minima di competenze inmatematica, e quasi 1 su 5 in lettura,percentuali che si impennano fra gliadolescenti che vivono in famigliecon un basso livello socio-economi-co e culturale. Povertà economica epovertà educativa, infatti, si alimen-tano reciprocamente e si trasmetto-no di generazione in generazione,creando tra i ragazzi vere e proprie“disabilità”.

D’altronde anche i servizi e le op-portunità formative scolastiche ed ex-tra-scolastiche non riescono a rag-giungere tutte le famiglie: solo il 14%dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad an-dare al nido o a usufruire di servizi in-tegrativi, il 68% delle classi della scuolaprimaria non offre il tempo pieno e il64% dei minori non accede ad attivitàricreative, sportive, formative e cultu-rali, con un paese, anche in questo ca-so, diviso a metà fra nord e sud.

Insomma, un quadro preoccupan-te con tratti desolanti, quello dellacondizione dei minori e degli adole-scenti nel nostro paese. C’è solo dasperare che le buone intenzioni, so-stenute dai primi timidi tentativi disostegno finanziario, possano darepresto i frutti attesi. Per non perderciuna generazione di bambini.

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I numeri

61centri di distribuzione viveri, promossi da186 Caritas diocesane, che si fannocarico di un vasto bisogno alimentare dipersone e famiglie, italiane e straniere

6.273.314 pasti erogati nel corso del 2015 da 353mense, presso 157 diocesi italiane

64.713 interventi di ascolto, orientamento, consulenzae segretariato sociale, erogati nel primosemestre 2015 da 595 Centri di Ascoltoo servizi collegati, in 87 diocesi

1.169 progetti anti-crisi delle diocesi, tra cui 171fondi di solidarietà e 140 progettidi microcredito per famiglie e imprese

213 progetti 8xmille Italia approvatia 135 Caritas diocesane, finanziatidalla Conferenza Episcopale Italiana eaccompagnati da Caritas Italiana

2.000 domande di Prestito della Speranzafinanziate con: 10 milioni di euro per1.800 singoli e famiglie, 2,5 milionidi euro per 200 piccole imprese

149progetti di servizio civile (per un totale di1.190 posti) e 10 all’estero (per 69posti). Coinvolte 80 Caritas diocesane

31 progetti da parte di 30 Caritasdiocesane che hanno proposto ai giovanil’esperienza dell’anno di volontariato sociale

2progetti di servizio civile legati al Giubileodella Misericordia, proposti uno da CaritasItaliana insieme all’Azione Cattolica Italianae l’altro dalla Caritas 27 posti

84 Paesi in cui si e ̀ intervenuti accanto alleChiese locali con progetti in risposta aemergenze, crisi o sviluppo

2,9milioni di euro in risposta agli appellidi Caritas Siria e delle Caritas nazionali deipaesi del Medio Oriente e dei Balcani chehanno accolto i rifugiati (Giordania, Libano,Turchia, Cipro, Grecia, Macedonia e Serbia)

2.000 donatori che hanno finanziato in 46 paesi(166 diocesi) 217 microprogetti

PRATO E NARDÒ – GALLIPOLILe biciclette creano lavoro

La bicicletta può diventare occasionedi lavoro e di contrasto dello sfrutta-mento. A Prato, in Toscana, l’associa-zione Insieme per la famiglia onlus,braccio operativo della Caritas diocesa-na, gestisce un servizio di parcheggiocustodito in centro città e un’officinaper la riparazione e manutenzione dellebiciclette. Il progetto, chiamato “Bici-park”, offre opportunità lavorative a persone vittime della crisi occupazio-nale impegandole come custodi, ma vuole anche ricordare che grazie alla bici si può vivere la città in mododiverso, più sociale e più ecologico. Invece nella diocesi di Nardò – Gallipo-li, in Puglia, una bici può contribuire a liberare gli immigrati lavoratori stagio-nali in agricoltura. La Caritas cerca di tutelarli con il Progetto Presidio, e promuove anche l’iniziativa “A ruotalibera”, ciclofficina dove chiunque puòportare una bicicletta che non usa e che per altri rappresenta la possibili-tà di spezzare una catena di sfrutta-mento. Le bici riparate vengono infattimesse a disposizione dei migranti che in estate raggiungono il territorioper la raccolta delle angurie. Un modoper non pagare il trasporto quotidianoda dove dormono ai campi di lavoro,evitando ulteriori debiti e sfruttamenti.

ROMA E PESCARA – PENNEUna famiglia per una famiglia

Una famiglia si trova improvvisamentein difficoltà perché si ammala un fami-liare. Una mamma sola o un papà se-parato non ce la fanno a gestire i figlisenza un aiuto esterno. Una mammaimmigrata ogni giorno è costretta a fare ore di viaggio in bus per accom-pagnare i figli a scuola perché non ha la patente. Sono tante le situazioniin cui le famiglie possono trovarsi a fronteggiare un periodo difficile,

che può generare disagio ed emargina-zione. Con un’azione preventiva e cura-tiva e un metodo innovativo che coin-volge altre famiglie affidatarie, è attivoil progetto “Una famiglia per una fami-glia”, ideato a Torino dalla FondazionePaideia e poi diffuso in molte localitàdel centro-nord. Nel 2015 il progetto è partito a Pescara e a Roma.

TRENTO, SASSARIE VENTIMIGLIA – SAN REMO Scuola ed educazione

Un protocollo triennale d’intesa tra Caritas Italiana e Miur (Ministero dell’istruzione, l’università e la ricerca)è stato siglato nel 2014 al fine di «educare alla pace, alla mondialità,al dialogo, alla legalità e alla corre-sponsabilità attraverso la valorizzazio-ne del volontariato e della solidarietàsociale». Ma la spinta, come sempre, è venuta dal territorio, dove fiorisconoiniziative Caritas in ambito educativo.A Trento, per esempio, la Caritas dioce-sana promuove percorsi rivolti agli stu-denti di medie e superiori dedicati al-l’attenzione al prossimo: per rifletteree confrontarsi sui pregiudizi, sulla pre-senza degli stranieri, ma anche su po-vertà, riuso, alimentazione, dinamicheinternazionali… Analogamente, a Sas-sari prosegue l’impegno della CaritasTurritana rivolto a bambini e ragazzi di primarie, medie e superiori. Il pro-getto “Indice” affronta temi di intercul-tura, diversità e pace, mentre “A tuttocampo” si occupa di educazione allacittadinanza. Inoltre, considerando il progressivo arrivo di persone richie-denti asilo, molte Caritas stanno inten-sificando le iniziative consolidate da anni. L’Associazione servizi dellaCaritas diocesana di Ventimiglia – SanRemo, per esempio, organizza un cor-so gratuito di formazione per volontariche intendono dedicarsi all’insegna-mento della lingua italiana alle perso-ne straniere. Un altro modo per co-struire inclusione tramite l’educazione.

In Italia: alcuni progetti 8x1000 realizzati Totale 2015: 213 progetti 8xmille approvati in tutte le regioni

I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6 17

La bici, un’opportunità: per i disoccupatia Prato, per migranti stagionali a NardòPrima Torino, poi il centro Italia: le famiglie

diventano risorse per altre famiglieL’educazione alla mondialità, proposta dal ministero, si concretizza in tanti territori

16 I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6

rapporto annuale 2015

2015Il 2015 di Caritas Italiana, riassunto nel Rapporto annuale.Attività di formazione, studio e comunicazione; progetti in Italia,in Europa e nel mondo: fatti e cifre (integrali su www.caritas.it)per documentare un intenso lavoro pastorale, nello spirito del Giubileostraordinario della Misericordia, sempre a servizio dei poveri

a cura dell’Ufficio comunicazione

re la campagna Il diritto di rimanerenella propria terra 3.

Intanto, il XXIV Rapporto Caritase Migrantes sull’Immigrazione met-teva a fuoco ancora una volta la por-tata del fenomeno, e il 2° Rapporto2015 sulla Protezione Internazionalein Italia ha offerto in dettaglio ele-menti legati all’accoglienza dei ri-chiedenti asilo.

L’azione in Italia di Caritas ha do-vuto affrontare anche nel2015 molte emergenzelegate ad eventi meteo-rologici come le alluvioniin Campania e Calabria,mentre è continuato l’im-pegno nell’“Alleanza con-tro la povertà” per richie-dere di introdurre il Red-dito di inclusione sociale(Reis) per tutte le fami-glie più indigenti, allaluce anche dei dati didue Rapporti realizzatisulle Politiche contro lapovertà in Italia e sulla

n Italia l’impegno verso i pove-ri e gli ultimi ha visto una par-ticolare attenzione ai migranti,a partire anche dalle molte tra-gedie nel Mediterraneo. Avviati

o rafforzati vari progetti. Due nellospecifico: Protetto. Rifugiato a casamia , accoglienza di profughi nelle fa-miglie; Progetto Presidio , assistenzadei lavoratori stagionali in Italia.

A ottobre, inoltre, la CEI ha appro-vato un vademecumcon indicazioni praticheper le diocesi italianesull’accoglienza dei ri-chiedenti asilo e rifugia-ti. Il Giubileo straordina-rio della Misericordia,aperto da papa France-sco l’8 dicembre, ha da-to ulteriore spinta a que-sta attenzione, portan-do, sempre su invitodella Conferenza Epi-scopale Italiana, Fonda-zione Missio, FOCSIV eCaritas Italiana a lancia-

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In Gesù Cristo

Un annodi Caritas

L’IMPEGNO CARITAS

TOTALE52.591.448,07

TOTALE IMPORTO IN €

Progetti/attività in Italia 37.035.407,38Progetti/attività nel mondo 12.058.844,69Costi di gestione 3.497.196,00Totale 52.591.448,07

L’IMPEGNO CARITASRiepilogo complessivo utilizzo fondi 2015

COSTI DI GESTIONE 3.497.196,00 6,7%

PROGETTI/ATTIVITÀ IN ITALIA37.035.407,38

70,4%

PROGETTI/ATTIVITÀNEL MONDO

12.058.844,6922,9%

il nuovo umanesimo

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I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6 19

ATTIVITÀ IN ITALIAUtilizzo fondi 2015

AMBITO DI INTERVENTO

MODALITÀ DI IMPIEGO

TOTALE 37.035.407,38

Mi piace una Chiesa italianainquieta, sempre piu ̀ vicina

agli abbandonati, ai dimenticati,agli imperfetti.

Desidero una Chiesa lietacol volto di mamma,

che comprende,accompagna, accarezza

Papa Francesco, 10 novembre 2015, FirenzeV Convegno ecclesiale nazionale

MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA1.760.505,7114,6%

PROGETTAZIONE SOCIALEPER LE CHIESE LOCALI

28.681.681,77 77,5%

PROGETTI DI SERVIZIO PER I GIOVANI491.959,001,3%

EMERGENZE 5.957.045,6416,1%

ACCOMPAGNAMENTO DELLE CARITASDIOCESANE 7.706.435,2520,8%

PROMOZIONE /ANIMAZIONE /FORMAZIONE 1.904.720,975,1%

tutto sul versante della crisi econo-mica in Grecia, della tragedia dell’al-luvione nei Balcani e della guerra inUcraina, a cui si è poi aggiunto il pas-saggio dei rifugiati in fuga dalla guer-ra siriana. Un’attenzione particolare

che legate a esperienze e interventiconcreti in vari Paesi del mondo.

In un’Europa colpita dalle tragediedegli attentati di Parigi, Caritas Italia-na, in rete con le altre Caritas, haconcentrato il suo impegno soprat-

è stata dedicata ad analizzare l’im-patto sociale della crisi economica,con il 3° Rapporto europeo.

Obiettivo costante è stato quelloindicato nell’enciclica Laudato si’ :promuovere un’economia a serviziodell’uomo, per una«cittadinanza ecolo-gica». Per questo, alivello internaziona-le, si è lanciata lacampagna Una solafamiglia umana. Ci-bo per tutti , che hacaratterizzato anchela partecipazioneCaritas all’Expo Mi-lano 2015 e la pre-sentazione della ri-cerca Cibo di guerra ,il 5° Rapporto suiconflitti dimenticati,che ha indagato ilcondizionamentotra conflitti bellici ebeni alimentari.

Molte poi le emer-genze affrontate nel-l’anno, tra cui quelladi ebola in Sierra Leo-ne, Guinea Conakry eLiberia, e dei conflittiin Nigeria, Burundi eRepubblica Centra-fricana, nonché i ter-remoti in Nepal e Ci-le. È continuato inol-tre l’impegno in moltiPaesi attraverso i mi-croprogetti di svilup-po e l’azione nelle Fi-lippine, a due annidal tifone Haiyan, ead Haiti a cinque an-ni dal terremoto.

Il 21 marzo 2015 ciha lasciato monsignorGiuseppe Pasini, diretto-re di Caritas Italianadal 1986 al 1996, nellostesso giorno in cui ri-correva il secondo an-niversario della scom-parsa del nostro pri-mo presidente, mon- signor Gio vanni Ner-vo. Abbiamo ancheaccolto il ritorno co-me nostro presidentedel cardinale FrancescoMontenegro.

EUROPA 964.794,578,0%

AIUTI D’URGENZA1.325.000,00 11,0%

PACE / DIRITTI UMANI216.760,52 1,8%

GESTIONEPROGETTI 528.402,934,4%

PROGETTI CEI 8XMILLE ITALIA28.395.304,84

76,7%

DOCUMENTAZIONE 472.368,291,3%

FORMAZIONECONVEGNISEMINARI 461.299,00 1,2%

PROMOZIONE / ANIMAZIONE /FORMAZIONE431.910,303,6%

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AFRICA 2.333.906,58 19,4%

ATTIVITÀ NEL MONDOUtilizzo fondi 2015

AREA GEOGRAFICA

TOTALE12.058.844,69

SOCIO-ECONOMICO/ SANITARIO 2.899.187,0424,0%

PROGETTI SOCIALI DELLE CHIESELOCALI2.862.899,9023,7%

AMERICA LATINA E CARAIBI 2.423.346,1720,1%

rapporto annuale 2015

18 I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6

BRASILEUn’officina per ripartire

«Mi chiamo Henrique e vivo nel bairrodi Miguel Couto, nell’area metropolitanadi Rio de Janeiro. Ho 16 anni e 5 fratelli,tutti più grandi. Mio padre fa lavori sal-tuari, mia madre da due anni fa le puliziepresso una famiglia benestante di Rio.Si alza la mattina alle 4 e rincasa dopole 21, domeniche incluse. Sono tre anniche non vado più a scuola. Un giorno però ho conosciuto la Casa do MenorSão Miguel Arcanjo. Lì ho seguito un cor-so di meccanica le cui attrezzature (co-state 4.200 euro) erano state finanziateda Caritas Italiana. In un anno ho appre-so le basi di un mestiere e ora lavoro in un’officina che ripara automobili e ci-clomotori. Percepisco un piccolo salario, ma sono sicuro che con il tempo e l’espe-rienza potrò avere una vita dignitosa».

KENYASemi di speranza

«Mi chiamo Ulda Ayange Otieno, ho 42anni e vivo nel villaggio di Kiranda, lungoin Lago Vittoria. Sono sieropositiva. Miomarito era pescatore, è morto di Aids tre anni fa, lasciandomi sola con sei figli,dai 4 ai 16 anni. Prima lavoravo saltua-riamente nelle fattorie della zona, poi hosaputo dell’avvio di un progetto di orticol-tura e irrigazione per la sicurezza alimen-tare, al centro St. Paul of the Cross Gol-gotha, nel mio villaggio. Così ora lavorola terra a tempo pieno e vendo i prodottiin eccedenza. Grazie al contributo di Ca-ritas Italiana (5 mila euro), il centro haacquistato attrezzi e tubature per arare il terreno, installare un sistema di irriga-zione, seminare e costruire una recinzio-ne di difesa dagli animali. Così i miei figlimaggiori hanno ripreso gli studi e io pos-so avere una dieta equilibrata, indispen-sabile per combattere l’Aids, con il sup-porto di medicinali anti-virali».

GEORGIAUn “taglio” al passato

«Mi chiamo Marina Iashvili, ho 20 annie vivo all’estrema periferia di Tbilisi,capitale della Georgia. Mio padre è un tassista “in proprio”, mia madre è casalinga. Ho una sorella di 10 annie un’altra di 28. Nel mio quartiere con-vivono facciate scrostate, gallerie d’ar-te e boutique alla moda: contrasti figlidi una sostanziale ineguaglianza nelladistribuzione della ricchezza. Io trascor-revo le mie giornate a casa, aiutandomia madre nelle faccende domestichee nella cura alla famiglia. Poi ho sapu-to di alcuni corsi professionali promos-si da Caritas Georgia. Ho frequentato il laboratorio per parrucchiera, insiemead altre cinque donne. Grazie al contri-buto di Caritas Italiana (4.500 euro per materiale di lavoro) io e le mie amiche abbiamo imparato un mestiere. E ho ricevuto una proposta di lavoro da un salone di bellezza! Una svolta,che mi garantisce un futuro».

INDIARiannodare i fili della vita

«Mi chiamo Gunjita Hruday Rani, ho 26anni e due bambini. Provengo da Nusi-kottala, sud-est dell’India. Tre anni fasono rimasta vedova e ho dovuto lavora-re nei campi per 100 rupie al giorno.Ero isolata da tutti, perfino dai miei pa-renti. Nel luglio scorso la Caritas di Kur-nool ha organizzato corsi formativi pervedove e ho partecipato a un gruppo di mutuo aiuto con una decina di altredonne. Grazie al contributo di CaritasItaliana (4.500 euro) sono stati acqui-stati tessuti e materiale di lavoro per avviare piccole botteghe e vendere i prodotti. Ora i miei figli frequentano la scuola del villaggio e io riesco a gua-dagnare circa 600 rupie al giorno».

Nel mondo: alcuni microprogetti realizzati Totale 2015: 127 microprogetti finanziati in 46 paesi

ASIA E OCEANIA4.576.291,6637,9%

MODALITÀ DI IMPIEGO

EMERGENZA /RIABILITAZIONE5.119.684,0042,5%

MICROPROGETTI 950.987,007,9%

PROGRAMMI DI SVILUPPO9.782.857,69

81,1%

AMBITO DI INTERVENTO

Ulda è sieropositiva. Ma coltiva la terra.E i suoi sei figli hanno ripreso la scuolaMarina passava giornate a casa, senza

prospettive. Ora la bellezza è il suo lavoroGunjita, vedova giovanissima, e altre donnecome lei: in gruppo si aprono nuove strade

Povertà e l’esclusione sociale .Sul versante dello studio e della

documentazione, Caritas Italiana hainaugurato una serie di pubblicazio-ni, i “dossier con dati e testimonian-ze”, che hanno approfondito temati-

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massimo di due mesi) fino a dieci persone senza dimora, da accompagnare in un percorsodi responsabilizzazione. Dopo tre anni di lavoro è stato poi fattoun bilancio del progetto “FarmacoAmico”: ben 15 mila confezionirecuperate, 845 chili di farmaci,per un valore complessivo di cir-ca 206 mila euro. Il progetto pre-vede la raccolta e il riutilizzo deifarmaci non scaduti, e coinvolgecinque farmacie; inoltre l’Ausl di

Imola, attraverso il proprio servi-zio di assistenza domiciliare, rac-coglie i farmaci non utilizzati daipazienti in carico e li deposita inun apposito contenitore. L’attivi-tà, coordinata da Last MinuteMarket, riutilizza farmaci nonscaduti. Circa il 16% delle confe-zioni depositate è stato scartato:per il resto, i farmaci sono utiliz-zati dall’ambulatorio Caritas, cheassiste persone in condizione di povertà ed esclusione sociale.

per dedicare tempo ed energie a esperienze di volontariato. Ca-ritas Padova negli ultimi anni haproposto vari strumenti indirizzatiai giovani, finalizzati a informaresulle numerose proposte e occa-sioni in diocesi, in Italia e al-l’estero. Ora, grazie a fondi ottoper mille della Chiesa cattolica:è stato aperto il sito internetwww.esperienzedivolontariato.it,strumento interattivo in grado di intercettare le iniziative di Cari-tas locali, associazioni, enti ditutta Italia. Nel sito si trova unampio ventaglio di proposte: na-to a ridosso dell’estate, si propo-ne di diventare un punto di riferi-mento nazionale per tutto l’anno.

TREVISOAlloggi inagibiliristrutturatie assegnatia 15 famiglie povere

Comune e Caritas diocesa-na di Treviso (con il suppor-

to di Aeep, agenzia locale perl’edilizia pubblica) rimettono a nuovo 15 appartamenti nonagibili a Castelfranco Veneto, che saranno assegnati a famigliebisognose. Gli appartamenti, in condizioni pessime, spessodanneggiati da precedenti inquili-ni, necessitano di lavori di ristrut-turazione. Con un fondo di 50mila euro (metà messi a disposi-zione dal comune, metà dalla Ca-ritas diocesana) gli alloggi saran-no sistemati e verranno poiaffidati ad altrettanti nuclei fami-liari in condizione di povertà.

IMOLAAsilo notturnoper dieci persone,Farmaco Amicoper la salute di tutti

L’accoglienza. E la salute.La Caritas diocesana

di Imola è protagonista di un dop-pio impegno. A giugno ha inaugu-rato un asilo notturno in via IXFebbraio: può ospitare (per un

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Carlo Pesco (Caritas Ancona-Osimo). «Lo abbiamo chiamato “Io e-per-con l’altro”: è il percorso promosso, la scorsa primavera, per volontari, educatori, formatori e operatori parrocchiali. A tenere i vari incontri, un sociologo, un filosofo e un sacer-dote. Tre persone che conoscono bene la realtà della nostra diocesi e anche della regione. Ci hanno aiutato a migliorare la capacità di leggere, capire l’altro, inteso co-me colui che chiede, ma anche come compagno di viaggio, o persona che si incontraper caso. Noi diamo spesso per scontato di essere persone disponibili. La disponibi-lità è un incontro con l’altro che spesso viene definito come risorsa. E già in questadefinizione leggiamo una motivazione economica. Invece dietro gesti spontanei ci so-no motivazioni più profonde, e queste motivazioni, questi gesti più profondi li dobbia-mo sapere interpretare. Per essere più sereni e trasmettere serenità agli altri».

Giorgio Pallucco (Caritas Spoleto-Norcia). «Gli “Orti solidali della Misericordia” si trovano su un terreno di 15 mila metri quadrati. Al momento dell’inaugurazione,poco prima dell’estate (nella foto), più della metà del terreno (messo a disposizio-ne dalla regione Umbria) era stato suddiviso in 40 parcelle, destinate a famiglie in difficoltà. L’ente pubblico non è in grado di mettere a frutto un proprio bene, e lo dà alla comunità affinché questo possa costituire una risorsa concreta. Gli Orti sono un progetto di promozione umana: la persona, coltivando, produce e consuma ciò di cui ha bisogno e lavora insieme agli altri; la comunità vede persone che si danno da fare per riscattarsi dal disagio, si pone al loro fianco nei modi più disparati e sperimenta quanto sia bello e utile condividere».

Carlo Mele (Caritas Avellino). «Il tema del disagio mentale ci vede impegnati da tempo, con riflessioni e iniziative di sostegno e sensibilizzazione. È stato ancheal centro di un recente incontro pubblico: “Dal disagio alla disperazione”. Abbiamovoluto confrontarci con operatori, familiari, con le stesse persone che vivono questodisagio, perché notiamo uno stato di abbandono, la rinuncia a un progetto capace di dare speranza e soprattutto possibilità di cittadinanza e accoglienza. La Chiesa e le istituzioni preposte possono farsi carico di tante cose: non è questione di denaro, ma di progetto. Bisogna costruire una rete che aiuti a integrare le diversità. La malattia mentale è in cre-scita esponenziale anche nelle carceri. Dove la me-dicina più diffusa è il Tavor, che crea dipendenza. Il carcere cosa restituirà alla società?».

Disagio mentale, questione di progetto.Nell’Orto si sperimenta la condivisione

6levocingiro di Danilo Angelelli

panoramaitalia

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Si svolgerà all’inizio di settembre a Roma, da venerdì 2 a domenica 4, il Giubileo del volontariato e degli operatoridi misericordia. L’incontro dei volontari e degli operatori con papa Francesco è previsto in due momenti, sempre in piazza San Pietro: per la catechesi sabato mattina, per la messa (con la canonizzazione della beata Madre Tere-sa di Calcutta) e per l’Angelus domenica mattina. Altro momento significativo, il pellegrinaggio verso la Porta Santa(pomeriggio di venerdì). L’intero programma è consultabile sul sito del Giubileo (www.iubilaeummisericordiae.va).A novembre, invece, iniziative giubilari specifiche: domenica 6 Giubileo dei carcerati; da venerdì 11 a domenica 13pellegrinaggio a Roma da tutta Europa per diverse migliaia di persone senza dimora.

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to il ramadan, è ricominciata lacollaborazione per i pasti seralitra Caritas diocesana e due as-sociazioni umanitarie francesi di ispirazione islamica. Lo scopoè garantire 600 piatti per i migran-ti. Da gennaio a maggio 2016 i migranti assistiti da CaritasVentimiglia sono stati 3.500,200 in più rispetto a tutto il 2015; in forte aumento i mino-ri adolescenti non accompagnati,mentre diminuiscono i bambini.

SALUZZOContainer perospitare stagionalinei “Comunidella frutta”

Da anni la Caritas di Saluz-zo è impegnata nell’acco-

glienza di centinaia di bracciantiagricoli africani regolari, che dagiugno all’autunno cercano di la-voro nelle tante aziende agricoledel territorio. Molti sono i migran-ti accolti nelle cascine, ma da tre

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anni oltre 400 trovano alloggionel campo solidale che Caritas,con il comune di Saluzzo e l’as-sociazione Papa Giovanni XXIII,allestisce nel Foro Boario dellacittadina del cuneese. A giugnoCaritas ha firmato un accordocon Lagnasco group, tra le coo-perative leader del settore frutti-colo della zona, per utilizzarecontainer alloggiativi di sua pro-prietà, attrezzati con letti, doccee servizi igienici. Alcuni sono sta-ti sistemati al Foro boario, altriservono per realizzare mini-cam-pi, avviando così un’accoglienzadiffusa nei cosiddetti “Comunidella frutta”, i municipi dell’areafrutticola ai piedi del Monviso.

PADOVAEsperienzedi volontariato:un sito censisceproposte per i giovani

L’estate per molti giovani è il momento opportuno3

VENTIMIGLIA-SANREMOGiorni di emergenza,diocesi e parrocchiein prima filaper l’accoglienza

Una frontiera sotto pres-sione. Quella litoranea

che separa (o unisce?) l’Italia alla Francia. Lì, da mesi, si con-suma il dramma di centinaia di migranti cui le autorità france-si impediscono l’ingresso nel loropaese. A giugno il problema si è inasprito. E così la Caritasdi Ventimiglia-Sanremo nella fasedell’emergenza acuta ha dato vi-ta a diversi interventi. In collabo-razione con tanti volontari soli-dali e gli stessi migranti accolti,ha realizzato “Ventimiglia ConFi-ne Solidale”, campo di prima ac-coglienza autofinanziato e auto-gestito, per supportare l’azionedella parrocchia di Sant’Antonioa Roverino, che ha accolto finoa 600 persone, e di un’altra par-rocchia. Sempre a giugno, parti-

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Si è svolta lunedì 20 giugno, nella ricorrenza dellaGiornata mondiale del rifugiato, la premiazione dellescuole vincitrici del concorso promosso da Caritas Italia-na e dal Miur (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca). Il concorso, dal titolo “Diritto di restare,migrare, vivere”, invitava gli studenti a riflettere sulla ne-cessità di garantire a tutti, nel mondo, una vita dignitosaper consentire a ognuno di scegliere se restare nella pro-pria terra o migrare e trovare accoglienza in altri paesi.

All’iniziativa (giunta alla seconda edizione, nel 2015era stata dedicata ai temi del cibo e di Expo) hanno par-tecipato decine di scuole di tutta Italia, con lavori distri-

buiti in tre sezioni: fotografia, breve scritto e disegno. La premiazione si è svolta all’Ostello “Don Luigi Di Liegro”della Caritas diocesana di Roma, nei pressi della stazioneTermini, dove è ubicata la “Porta Santa della Carità”,aperta per il Giubileo da papa Francesco il 18 dicembre.

Il ministero ha invitato a Roma i vincitori, all’aperturaufficiale dell’anno scolastico. Inoltre i loro lavori sarannoesposti a Lampedusa il 3 ottobre, Giornata in memoriadelle vittime dell’immigrazione. L’elenco delle scuole vinci-trici e dei lavori premiati (nella foto, il “Calligramma di viag-gio” elaborato da una scuola primaria di Asti, premiato perla sezione “Disegno”) è disponibile su www.caritas.it.

CONCORSORestare, migrare, vivere: premiati i lavoriprodotti da decine di scuole di tutta Italia

ANNO SANTOA inizio settembre Giubileo di volontari e operatori di Misericordia

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rarsi” durante la giornata. Ora nei locali di viaPrincipessa Maria sono attivi spazi per l’ascol-to, assistenza sanitaria e medicazioni sem-plici, la lavanderia e le docce. La struttu-ra si avvarrà della collaborazione diorganismi pubblici e del privato sociale,oltre che dell’apporto di cittadini volontari.

A Nuoro, invece, il gruppo Caritas della cattedra-le di Santa Maria della Neve ha recuperato un ma-gazzino attiguo alla chiesa e lo ha adibito a piccolodormitorio, in cui potranno trovare ristoro notturno sei persone senza dimora. Il progetto si intitola “Una notteal caldo” e si svilupperà in tre stanze da letto doppie e duebagni, in cui potranno trovare ospitalità per la notte i parroc-chiani senza dimora (casistica purtroppo in aumento). Il dormitorio è studiato per affrontare situazioni di emergen-za: un’alternativa temporanea, offerta a persone che la not-te si arrangiano come possono, in attesa che la loro condi-zione di sofferenza abitativa venga superata.

ci. Dunque accessibile a tutti.Specie a chi ha davvero bisogno.In via Monza, a Roma, è statoinaugurato a metà giugno “Em-porio Savoia”, un negozio di abitie accessori in vendita, la mag-gior parte firmati, rimessi a nuo-vo da un team sartoriale di altolivello, nel quadro del progettoCariotas “Abito qui”. Giovani don-ne di varie nazionalità (senegale-si, nigeriane, del Bangladesh),con alle spalle storie di sfrutta-mento e miseria, oggi richiedentiasilo, ospiti di strutture Caritas,hanno imparato un mestiere e dato vita a un circuito sartoria-le e di vendita di manufatti di qua-lità. Il ricavato della “boutiquesolidale” permetterà di potenzia-re il laboratorio stesso, incre-mentando i partecipanti e au-mentando i corsi di formazione.

ROMARelazioni violate,incontri per far emergereviolenze domestiche

“Le relazioni violate: violen-za domestica e violenza

assistita”. Caritas Roma in giu-gno ha promosso un convegno(rivolto a operatori socio-pastora-

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C’è il giorno e c’è la notte. Tempi diversi, che deter-minano bisogni diversi. Ma ai quali occorre dare

eguale attenzione, sebbene tradizionalmente le risposte e i servizi si siano indirizzati soprattutto verso la necessi-tà di dormire al caldo e riparati. In Sardegna, due iniziati-ve avviate a giugno si prendono a cuore le due distinteesigenze. A Sassari, la Caritas diocesana ha inaugurato il “Centro diurno di accoglienza e accompagnamento”,colmando un vuoto che esisteva in città: non esisteva un luogo dove le persone senza dimora potessero “ripa-

le, tanto silenzio. E un eloquentestriscione lasciato a futura me-moria, per esprimere indignazio-ne contro sfruttatori e clienti.L’iniziativa è stata realizzata perricordare e onorare la memoriadi Ester Johnson, donna nigeria-na costretta a prostituirsi dopo il suo approdo in Italia, uccisa in giugno a colpi di pistola.

TRAPANICentri estivi percentinaia di ragazzi,socializzazionee integrazione

L’estate dei bambini e ragazzi che frequentano

i centri della Caritas di Trapani è iniziata con una giornata in un maneggio, a contatto conla natura e con i cavalli. Ma èstata solo una delle attività deicentri, che moltiplicano attivitàper l’intera estate, anche graziealla partecipazione ai “grest” attivi nelle parrocchie, alternata a giornate al mare. I centri di ag-gregazione giovanile della Caritassono attivi a Trapani dal 2000:lavorano con bambini e ragazzifornendo sostegno scolastico,occasioni di socializzazione, attività pedagogiche e ludiche.

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li, personale Asl e dei servizi so-ciali territoriali, psicologi e volon-tari delle organizzazioni di volon-tariato) dedicato a un fenomenopurtroppo in crescita. La Caritasha avviato in questo modo unaserie di lezioni operative, rivolte a organizzazioni cattoliche e lai-che impegnate nel settore. Il fe-nomeno delle denunce per vio-lenze domestiche a Roma è in aumento, perché sempre piùdonne trovano la forza di reagire,spezzando l’isolamento psicolo-gico. «Le donne italiane si rivela-no più fragili, sono più condizio-nate da tanti fattori e spessosopportano in silenzio situazioniinsopportabili e pesantissime», è stato detto durante il convegno.

BENEVENTOPiantati 36 girasoliper ricordare Estere condannare chisfrutta le prostitute

Hanno piantato nel terreno36 girasoli. 36, come gli

anni che aveva Ester. La Caritasdiocesana ha organizzato in giu-gno una fiaccolata, che ha rag-giunto uno dei luoghi dove di soli-to le prostitute attendono i clientinella città campana. Poche paro-

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SASSARI E NUORONotte o giorno, in strada si soffre:un centro diurno a Sassari,un piccolo dormitorio a Nuoro

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PERUGIAQuarto emporioaperto in diocesi:aiuterà 200 famiglie,sarà luogo di ascolto

È stato inaugurato a metàgiugno il quarto “Emporio

della solidarietà” realizzato dallaCaritas diocesana di Perugia. I primi tre sono “Tabgha”, pressoil “Villaggio della carità” del ca-poluogo; “Divina Misericordia”,nella zona industriale di San Sisto; “Betlemme” in Schiavo di Marsciano. Ora c’è anchel’emporio “Siloe” di Ponte SanGiovanni, e insieme agli altri con-tribuisce ad aiutare un migliaio di famiglie in difficoltà, soprattut-to in zone di periferia e in prossi-mità di aree industriali che risen-tono della crisi. Ad ascoltare e seguire le prime 200 famiglieutenti del nuovo servizio, percomplessivi 600-700 beneficiari,saranno 65 volontari, mentre le parrocchie coinvolte sono 12.

TERNI-NARNI-AMELIASostegnoalimentare,nuovo servizioper 500 persone

È Amelia la località cheospita il secondo emporio

solidale della Caritas di Terni-Nar-ni-Amelia, dopo quello aperto nelcapoluogo. Il nuovo emporio fun-ziona presso la “Cittadella dellasolidarietà”; si rivolgerà a un ba-cino d’utenza costituito dai circa500 soggetti che si sono rivoltinell’ultimo anno ai servizi socialidel comune di Amelia, ai centrid’ascolto Caritas e alle associa-zioni presenti nel territorio.

ROMA“Abito qui”,aperta la boutiqueche fa lavorare donnerichiedenti asilo

Una boutique particolare.Chic, ma dai prezzi simboli-

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RIMINIPiù di 80 personeavviate al lavoroe 20 assuntegrazie al Fondo

Sono 573 le domandegiunte al “Fondo per il lavo-

ro” della Caritas diocesana. E 83persone sono state avviate al la-

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voro, grazie ai 429.654,68 euroraccolti tra contributi e donazioni.Di esse, 20 hanno ottenuto un posto di lavoro con contrattoa tempo indeterminato, unaha avviato un’attività autonomadopo il tirocinio, una ha rifiutato il lavoro. Sono 50 le aziende con-venzionate che hanno effettuatoassunzioni tramite il Fondo.

Lavoro, solidarietà, reti d’impresa. Gli ingredienti per favorire l’occupazione posso-no essere semplici e ricchi di valore. Come le “primizie” dei campi. Con questospirito la Caritas diocesana di Brescia, in collaborazione con Caritas Italiana e gra-zie al sostegno dei fondi Cei 8x1000, ha avviato tre progetti di agricoltura sociale,per favorire l’inclusione socio-lavorativa e arginare la perdita di posti di lavoro.

Si è partiti dal primo progetto pilota, “Latte solidale”, che ha incentivato un allevamento già esistente di cavalle avelignesi per la produzione di latte. Successivamente è nato il progetto “A passo d’asino”, incentrato su un alleva-mento di asine per la produzione di latte. Attualmente gli animali sono circa 50,ma si prevede di raggiungere i 100 capi entro il 2016. Date le numerose proprie-tà del latte di asina, oltre al latte fresco vengono realizzati nutraceutici, integrato-ri alimentari e prodotti cosmetici. Il latte di cavalla, insieme al latte di asina, è il più simile al latte materno e particolarmente adatto ai bambini allergici; ogni anno in Italia nascono 15 mila bambini allergici al latte vaccino.

Con gli asini verranno attivate anche altre azioni socioeducative: attività assi-stite, passeggiate e onoterapia (attività terapeutiche e riabilitative con gli asini).Per l’allevamento e per le altre funzioni collaterali (commerciale, ricerca e svilup-po, attività socioeducative e riabilitative) è prevista la creazione di circa 12 postidi lavoro, nell’arco dei primi tre anni del progetto, 2015-2017. Molte anche le si-nergie istituzionali: Coldiretti, Agenzia di tutela della salute, Istituto zooprofilatti-co, alcune università e associazioni.

Avrebbero chiuso in seiIl terzo progetto si chiama “Rete agrosolidale” e ha determinato la nascita di unarete d’impresa tra alcune realtà che lavorano nell’ambito agricolo, anche grazie al supporto di RetImpresa. La nuova rete, denominata “Fatto in rete”, racchiudesei realtà, che senza la forza del nuovo contratto di rete avrebbero rischiato di chiudere. Grano antico, olio denocciolato, formaggi locali, vino, miele, casoncel-li, latte di cavalla e di asina: sapori antichi,preservati grazie all’impegno solidale, allacollaborazione e all’adozione di un mar-chio comune, in grado di aprire a nuovimercati, mantenendo 40 posti di lavoro.

Tre opere segno, nel solco dell’enciclicaLaudato si di Papa Francesco per «proteg-gere la nostra casa comune (…) nella ricer-ca di uno sviluppo sostenibile e integrale».

Latte, asini e una rete tra imprese:l’agricoltura crea e conserva lavoro

8di Anna Attolicoottopermille/Brescia

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«Qualche mese fa a Kalibo un an-ziano Bukidnon è morto. Lo hannoriportato a Libacao, dov’era nato, abraccia, seguendo il fiume Aklan –racconta Jan Masigon, responsabiledelle attività della Caritas diocesanadi Kalibo –. E non è l’unica dimostra-zione di attaccamento alle radici.Quando si raccoglie il riso a maggio,si fa la festa, ma c’è da aspettare chetutta la famiglia rientri per condivi-dere questo momento importante: siaspettano anche settimane».

Concentrarsi sulle tradizioniSono cose che oggi non capiamo più,ma che ci raccontano molto dei valorie della lunga storia di popoli che han-

no dovuto, a partire dall’arrivo deglispagnoli, nel Cinquecento, subire so-prusi, isolamento, negazione dei di-ritti e ruberie da parte dei poteri e del-la cultura dominante. Queste popola-zioni dalla pelle chiara vivevano nellazona costiera di Panay e della vicinaisola di Negros, come testimoniatodal poema Hinilawod, poi si sposta-rono nell’interno e divennero agricol-tori. Gli spagnoli hanno accelerato lamigrazione, probabilmente già incorso. Le comunità indigene sonostate comunque capaci di difenderela propria cultura per secoli, adattan-dosi al mondo intorno, e i “dominiancestrali”, anche grazie alla strutturanon gerarchica di governo, fondata

Le comunità indigene hanno difeso la propria cultura per secoli, adattandosial mondo intorno, e i “domini ancestrali”,

grazie alla struttura non gerarchica di governo, fondata sul consigliodegli anziani

sul consiglio degli anziani, che cercadi riportare pace e unità, nei casi diproblemi nel clan o di guerre tribali.

«Dopo il tifone Hayian del novem-bre 2013, con i suoi venti a più di 300chilometri orari, la distruzione sullemontagne di Libacao era desolante:le case da poco risistemate e le pianterimesse a dimora dopo il tifone Frankdi cinque anni prima erano state dinuovo distrutte – spiega Masigon –.Con esse, anche strade, servizi per lasalute, punti nascita, energia elettri-ca, bagni e gabinetti, ovvero infra-strutture quasi inesistenti prima diFrank. La Caritas di Kalibo si è propo-sta di ricostruire, anche le case neivillaggi più lontani, rispettando tra-dizione e materiali locali. Due centridi evacuazione, oggi in costruzione,costituiranno un rifugio sicuro, in ca-so di emergenze naturali. E l’anticacoltivazione dell’abaca può conti-nuare, anche grazie al dipartimento

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Rodrigo Duterte è il nuovo presidente delle Filippine.Eletto a larga maggioranza a maggio, dopo una campagna elettorale giocata sulla provocazione e con parole spesso volgari, sboccate e al limite del-l’educazione, Duterte, 71 anni, ha promesso di volersiconcentrare sulla lotta alla corruzione e la difesa della legalità: ha proposto di uccidere trafficanti di dro-ga e criminali senza tante storie. Pur avendo insultatoil Papa, minacciato di morte i giornalisti che non scri-vono la verità, fatto capire che il parlamento non devemettere i bastoni fra le ruote ai suoi progetti, ha vinto,nonostante qualcuno abbia parlato di possibile ritornoalla dittatura.

Duterte è stato sindaco di Davao, cittadina del Min-danao, che dopo vent’anni di governo dutertiano è sen-

za problemi di legalità e povertà: un migliaio di perso-ne, ritenute criminali, tuttavia sono state uccise da mili-zie private, spalleggiate dal sindaco. Ha promesso che in sei mesi (il mandato inizia a luglio) di abbatterela criminalità con le maniere forti, allargare la pena di morte, limitare le nascite. Dopo l’elezione ha già liti-gato anche con la Chiesa cattolica, definendola ipocritae contestando i preti che girano in suv, che non fanno il bene della popolazione.

Ora c’è attesa a tutti i livelli: tra la gente per vederecosa cambierà, tra gli osservatori per vedere se ci saràuna restrizione dei diritti, nella Chiesa per capire setutti i proclami si realizzeranno. Molti rimangono scet-tici, altri hanno paura, ma nessuno ha ancora capitobene come saranno i prossimi sei anni nelle Filippine.

IL NUOVO PRESIDENTEDuterte, un Giustiziere al potere: futuro di ordine o di dittatura?

DALL’EPICA ALLA CRONACAVillaggi di povere capanne, in mezzoalla foresta: è la semplice, fragile,minacciata quotidianità delleantiche popolazioni Ati e Bukidnon

di Matteo Amigonifoto di Matteo Amigoni e Jan Masigon

I dirittiviolati

l fiume Panay in quella pozzarallenta e leviga i sassi da cen-tinaia d’anni. In alto gli alberiinerpicati sulla roccia si staglia-no contro il cielo azzurro, in un

silenzio punteggiato solo dai suoniemessi da alcuni volatili. «La nostrabambinaia ci raccontava che questouccello non portava bene e che dove-vamo stare attenti – ricorda monsi-gnor Jose Advincula, vescovo delladiocesi filippina di Capiz, ascoltandoi suoni senza tempo –. Era un’indige-na Bukidnon di Tapaz, provenienteda questa terra, ci ha insegnato il suodialetto e tutte le sue tradizioni. Oggivoglio che la mia diocesi si impegniper aiutare questa popolazione a nonessere costretta a emigrare, a disper-dere i propri costumi originari a cau-sa della povertà, della mancanza didiritti e dell’assenza di lavoro».

Alle spalle ci sono i monti, dovetrae origine la cultura Bukidnon

Nelle Visayas,arcipelago centraledelle Filippine, vivonodiversi popoli indigeni.Vittime di diverseforme di esclusionee discriminazione.Il supertifone Hayian,nel 2013, ha inaspritole loro condizionidi vita. Caritas è al loro fianco, non solo per ricostruire

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internazionale filippine

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(“gente della montagna”): sono ilcentro delle loro storie, raccontatenel più lungo poema epico della sto-ria, Hinilawod (I racconti della focedel fiume Halawod), 28 mila versicantati in tre giorni, registrati per laprima volta nel 1956, quasi per caso,dall’antropologa Landa Jocano.

Difficilmente accessibili ancoraoggi, quei monti segnano i confinidelle quattro province di Panay, l’iso-la triangolare nel cuore delle Visayas,arcipelago centrale delle Filippine. Dilì nascono i quattro fiumi che gli in-digeni storicamente hanno conside-rato come punto di riferimento per leloro aree di influenza: si consideranotutti Bukidnon, ma con diverse carat-teristiche, che hanno portato gli indi-geni della parte settentrionale del-l’isola di Panay (divisi tra Panayanon,quelli della zona di Capiz, e Akeanon,della zona di Kalibo) a guerre tribali,i cui echi si perpetuano ancora oggi.

di chi c’è da sempre

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Da qualche anno Caritas Kalibo èinfatti vicina agli Ati, cui fornisce ciboe vestiti e il sostegno per avviare picco-le attività. «Nei prossimi mesi daremoalle 25 famiglie di questa baraccopolinuove case. A pochi chilometri da Ka-libo abbiamo comprato la nuova terrae siamo pronti a costruire una sala tra-dizionale della comunità, per mante-nere viva la cultura e fare formazioneper i ragazzi – spiega padre Ulysses Da-lida, direttore di Caritas Kalibo –. Lavo-rare con le popolazioni indigene localinon è semplice: gli Ati sono da semprecacciatori e raccoglitori. Ma vi sono al-

cune esperienze positive, in cui il cam-biamento culturale verso la sedenta-rietà, con proposta di agricoltura e al-levamento, ha avuto successo, senzaviolentare il dna culturale delle comu-nità indigene. In più, abbiamo il desi-derio di condurre attività di advocacyper la difesa dei diritti degli indigeni.Anche sull’isola di Boracay».

Boracay, con i suoi famosi 6 chilo-metri di spiaggia bianca a ovest di Ka-libo, attira più di un milione e mezzodi turisti all’anno, ma relega i circa200 Ati, che sono lì da sempre, a vive-re in un fazzoletto di terra, mentremilioni di euro alimentano inquina-mento per tutti e guadagni per pochi.«Quanta ricchezza c’è nella diversitàculturale, invece – chiosa il vescovoJose Advincula, sullo sfondo dellemontagne di Panay –. Preservare iballi dei Bukidnon, la musica deglistrumenti tradizionali in bambù, lestorie dei loro miti, la pulizia e limpi-dezza di questo fiume, è un’impresaimportante». Per il futuro degli indi-geni. Ma anche perché l’intero paesenon perda la memoria. E con essal’armonia con la sua terra.

ri spagnoli sono una fonte parziale,seppur attendibile.

Il problema, oggi, è superare formedi esclusione sociale anche aspre. Po-chi bambini Ati, per esempio, fre-quentano la scuola e solamente finoalle medie, in una città – Kalibo – dovenon mancano auto e residenze di lus-so. Si sono stabiliti vicino al ponte sulfiume Aklan in miserabili capannesenza servizi igienici, o sotto teli checoprono un tavolato di bambù rialza-to da terra per evitare gli allagamenti,pagando persino un affitto alla fami-glia che possiede la terra. «Avevamo ilsogno di spostarci inuna zona meno soggettaad alluvioni, ma nontroppo lontana dal mer-cato cittadino – raccon-ta Rosita, che dopo lamorte del marito è ilpunto di riferimento perla sua famiglia Ati –. Maora che hanno deciso dicacciarci dobbiamo farein fretta, anche se, graziea Caritas, avremo unapossibilità».

DA PADRONI A MENDICANTIGiochi di bambini, discussioni

tra madri, nei villaggi postiai piedi delle montagne:

i popoli indigeni delle isole Visayasvedono minacciati, insieme

alla loro terra e alla sua biodiversità,la loro storia, i loro costumi,

l’armonia con l’ambiente naturale

L’impegno di Caritas Italiana nelle Filippine ha una lunga sto-ria. Anzitutto per l’aiuto dopo i periodici tifoni, terremoti e alluvioni, chetormentano l’intero paese. Si lavora con le strutture Caritas nelle dioce-si, organizzate dalla Caritas nazionale filippina (Nassa). Dopo il più for-te tifone mai registrato nel paese (Haiyan, novembre 2013, più di 6 mi-la vittime dichiarate e 9 milioni di persone colpite), sono state circa 60le iniziative avviate, che hanno raggiunto 60 mila beneficiari diretti, pre-valentemente in 9 diocesi (Jaro, Capiz, Cebu, Palo, Kalibo, Antique, Cal-bayog, Borongan, Taytay), per un totale di più di 8 milioni di euro di aiu-ti dispiegati, raccolti grazie alla generosità degli italiani.

In particolare, sono state ricostruite più di 450 case; 7 centri di eva-cuazione per l’emergenza sono terminati (un altro è in costruzione); più di 7.300 famiglie hanno ricevuto generi alimentari, attrezzi da lavo-ro e assistenza sanitaria e psicologica; altre 200 famiglie hanno ricevu-to capitali per riattivare le attività produttive; 100 ragazzi che avevanolasciato la scuola hanno seguito corsi professionali con buoni risultati.Recentemente sono stati approvati 3 progetti di sviluppo per i coltivato-ri del riso, i pescatori, gli allevatori e per famiglie colpite da malnutrizio-ne. Sono inoltre in corso attività a favore degli indigeni dell’isola di Panay, oltre alla costruzione di case e alla creazione di centri di for-mazione agricola.

Gli interventi sono possibili grazie anche alla presenza a Roxas City(provincia di Capiz, isola di Panay) di due operatori, che coordinano le attività e accompagnano la chiesa locale nel lavoro in favore dellepersone colpite dal tifone e delle fasce vulnerabili.

L’impegno Caritas

Ricostruzione, istruzione, sviluppo agricolo

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delle fibre naturali dell’università diKalibo: stiamo cercando di migliora-re la qualità di questa pianta e in fu-turo di accedere senza intermediarial mercato». L’abaca, coltivata da se-coli sulle montagne dei Bukidnon, èuna fibra naturale, ricavata da unapianta molto simile al banano, ed èusata per fare corde resistentissime,tessuti e oggetti di artigianato. Il mer-cato internazionale è ampio, ma ilguadagno per gli indigeni è scarno.

Concentrarsi sulle attività tradizio-nali sembra essere un buon modo perlavorare con gli indigeni e provare amantenere vivo lo spirito degli avi,come sostiene il vescovo di Capiz:«Abaca, riso coltivato con poca acquasulle montagne, specie vegetali localicome le patate dolci e le banane sonocoltivazioni abbandonate, negli ulti-mi anni, a causa della confusione sul-la proprietà della terra, che la leggedice dovrebbe andare agli indigeni,ma invano. Noi pensiamo di avviarescuole di formazione agricola sulcampo, usando metodi di coltivazio-ne tradizionale, che rispettano l’am-biente e non inquinano».

I soggetti più poveriSu queste montagne la presenzadell’esercito, a partire dagli anni Set-tanta del Novecento, per controllarela guerriglia indipendentista comu-nista, ha contribuito a bloccare ognisviluppo agricolo. Ora la situazionesembra migliorata. «L’istruzione è al-trettanto determinante – continua ilvescovo –. Una scuola solida, usataanche come centro di evacuazione,può fare la differenza per i ragazzi diTapaz: nella struttura da noi edificataci sono programmi di studio integraticon la cultura tradizionale».

Nei consessi internazionali questoapproccio è riconosciuto come posi-tivo. Le popolazioni indigene abitual-mente vivono in aree ricche di biodi-versità, piene di flora e fauna ancora

Anche nelle Filippine, dove sono più di 12milioni, distribuiti in 110 tribù principali, gli indigeni sono i soggetti più poveri:

analfabetismo, disoccupazione, malattiee malnutrizione hanno valori più alti

re”, Eskaya, Mamanwa, Manobo)hanno subito le maggiori discrimina-zioni: dati del 2011, per esempio, di-cono che una percentuale bassissimariceve i sussidi governativi in riso cuihanno diritto le famiglie povere.

Spiaggia ricca, non per tuttiLo sanno bene le Caritas locali delladiocesi di Capiz e Kalibo, alle presecon la gestione della ricostruzionedopo il tifone Hayian. Caritas Italianainsieme a loro sta cercando di aiutarevarie comunità indigene, pur tra mil-le difficoltà.

Non ci sono solo i Bukidnon, infat-ti. La tribù degli Ati è storicamente no-made tra le isole di Panay, Guimaras eNegros. Gli Ati (che hanno un coloredella pelle più scuro) sono semprestati isolati, anche negli ultimi decen-ni, a Capiz e Kalibo: non hanno dirittisulla terra su cui i loro antenati, sin dal12° secolo, si muovevano liberamente,e oggi sono costretti a mendicarequalche moneta o un pacchetto di ri-so fuori dai centri commerciali. Si sapoco, comunque, della storia di questipopoli: solo le cronache dei missiona-

internazionale filippine

incontaminata, e detengono cono-scenze millenarie nella gestione ocu-lata delle risorse naturali per uno svi-luppo sostenibile. Basterebbe nontoccare questi equilibri ancestrali.

Ma purtroppo non succede così.Anche nelle Filippine, dove sono piùdi 12 milioni (14% della popolazio-ne), distribuiti in oltre 110 tribù prin-cipali, gli indigeni restano i soggettipiù poveri: tra loro, analfabetismo,disoccupazione, mortalità, malattie emalnutrizione registrano indici piùalti della media. Le Nazioni Unite nel2010 calcolavano che a livello mon-diale almeno un terzo dei poveri so-no indigeni. E a queste statistiche leFilippine non sfuggono.

In particolare nelle Visayas (isoledi Panay, Cebu, Guimaras, Negros,Bohol, Samar e Leyte) le molte co-munità indigene di varie tribù (Bu-kidnon, Ati, Badjao o “zingari del ma-

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I TA L I A C A R I TA S | L U G L I O / A G O S T O 2 0 1 6 31

deve stare sottomessa e soccomberealle volontà dell’uomo, piuttosto chesepararsi. Anche perché alla donna al-banese non spetta alcuna suddivisio-ne delle proprietà: una volta sposata,entra a far parte della famiglia del ma-rito, perdendo ogni diritto di eredità,diventando nullatenente ed economi-camente dipendente dal coniuge.

Spazi condivisi con i violentiSecondo l’Instat (l'istituto di statisti-che nazionale), il 56% delle donne al-banesi ha subito violenza domesticae questa percentuale si riferisce soloalle denunce fatte in casi estremi,quando la vita delle donne e dei figliè seriamente in pericolo. Per il resto,si tende a sopportare, mentre la vio-lenza psicologica nemmeno è rico-nosciuta come tale.

Dal 2006 è entrata in vigore, in Alba-nia, la legge sulle “Misure di prevenzio-ne della violenza nei rapporti familia-

di Simona Putignano

Mimoza

In Albania il 56% delle donne ha subitoviolenze domestiche. E si parla di casi di violenze gravi, che mettono a repentaglio la vita…L’emancipazione è un traguardolontano: leggi e istituzioni nonaiutano abbastanza,ma è il clima culturalel’ostacolo principale

imoza vive in uno dei tan-ti villaggi della Zadrima,regione a nord dell’Alba-nia. Ha 12 anni ed è unaragazzina che si distin-

gue. Vivace nelle attività dell’oratoriodel villaggio, audace nel giocare a cal-cio con i maschietti, ha uno stile radi-calmente diverso da quello delle coe-tanee, che stanno in disparte e nongiocano, perché non si confà a una ra-gazzina albanese educata e composta.

Ma Mimoza è diversa, coraggiosacome la mamma. Sfida le convenzionisociali: le due donne vivono da sole inuna casa in affitto in un villaggio lon-tano da quello di origine, perché lamamma ha avuto il coraggio di sepa-rarsi dal marito, estremamente violen-to. La donna non è stata riaccolta daisuoi genitori: secondo la mentalità al-banese, se una donna viene picchiatadal marito, quest'ultimo avrà i suoibuoni motivi. E comunque una donna

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internazionale albania

L’audace

LAVORO SENZA TREGUASoprattutto nei contesti

rurali e montani la condizionedelle donne, in Albania,

è ancora segnata dapesante subordinazione

avrà un altro futuro?

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MISURE ANTI-ESCLUSIONE:VINCENTI, SE INTEGRATE

L’Italia si è posta l’impegno di con-correre all’obiettivo comunitario dicontrasto alla povertà, riducendo en-tro il 2020 di 2,2 milioni le personeche vivono in condizioni di povertà odi esclusione sociale. In linea con leindicazioni comunitarie ha approva-to il Sia (Sostegno per l’inclusione at-tiva), misura nazionale di sostegno alreddito, rivolta alle famiglie in condi-zioni di particolare fragilità economi-ca e sociale, con particolare riferi-mento ai nuclei in cui sono presentiminori. È un importante passo versol’approvazione di un Piano nazionaleper il contrasto delle povertà, in ottemperanza agli obbli-ghi assunti in sede europea.

In linea con la raccomandazione della Commissionedi Bruxelles del 2008 sull’inclusione attiva, che prevedel’obbligo di affiancare al beneficio economico un pro-getto di attivazione sociale e lavorativa, a febbraio 2016è stato inoltre approvato il modello da adottare per at-tuare i progetti di presa in carico delle famiglie benefi-ciarie del Sia, che dovranno aderire a un progetto perso-nalizzato volto al reinserimento lavorativo e all’inclusio-ne sociale, supportato da una rete di servizi. I comuni ogli ambiti territoriali interessati dovranno associare altrasferimento monetario un progetto personalizzato diintervento dal carattere multidimensionale, che coinvol-ga tutti i componenti della famiglia, con particolare at-tenzione ai minorenni. Il progetto di presa in carico saràpredisposto dai servizi sociali in rete con i servizi per

gionali, volte con diverse sottolineature a favorire il rein-serimento lavorativo, ad accrescere l’accesso ai servizi, adassicurare condizioni di vita dignitose a tutti. Bisognaoperare per costruire programmi territoriali e progetti in-dividuali capaci di utilizzare in maniera coordinata la levadel sostegno al reddito, i percorsi di inserimento socio-la-vorativo, la fruizione di servizi sociali, socio-assistenzialie socio-sanitari di qualità.

Vale la pena percorrere questa strada. Gli stati membriche investono di più in politiche sociali, sanità e istruzio-ne, e che hanno buoni sistemi di tutela sociale e di soste-gno alla flessibilità del mercato del lavoro, sono tra i piùprosperi dell’Ue. Hanno inoltre resistito meglio agli effettinegativi della crisi sul fronte sia sociale che economico,dimostrando che gli investimenti volti a combattere po-vertà e disuguaglianza costituiscono anche una politicaeconomica vincente.

l’impiego, i servizi sanitari e le scuo-le, nonché con soggetti privati attivinell’ambito degli interventi di con-trasto alla povertà.

Chi più investe, più resistePer gestire le nuove politiche attivesarà necessario, grazie anche ai Fon-di europei che verranno erogati (so-prattutto attraverso il Piano operati-vo inclusione sociale 2014-2020), co-struire l’infrastruttura organizzativae sociale necessaria a ripensare ilmodello organizzativo dei servizi, ga-rantendo adeguate professionalità erafforzando la capacità di operare inrete con altri soggetti pubblici, privatie del terzo settore, per garantire unapresa in carico integrata e multidi-mensionale delle persone in condi-zione di bisogno.

Le risorse europee andranno coor-dinate con quelle disposte da stato eregioni, per accrescere il valore ag-giunto degli sforzi compiuti ed evitarerischi di dispersione di risorse. Saràimportante attivare congiuntamentee in modo integrato e complementa-re le politiche europee, nazionali e re-

L a promozione della coesione economica, sociale e territorialee la lotta contro l’esclusione sociale e le discriminazioni co-stituiscono obiettivi fondamentali dell’Unione europea,

iscritti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. E così la Stra-tegia Europa 2020, approvata all’inizio del decennio, stabilisce tragli obiettivi l’uscita dalla povertà e dall’esclusione sociale almeno 20milioni di persone, e l’aumento al 75% del tasso di occupazione dellapopolazione tra 20 e 64 anni. Diversi altri strumenti messi a dispo-sizione dall’Ue hanno inoltre contribuito all’orientamento delle ri-forme strutturali avviate dagli stati membri in questi ambiti.

Con il potenziamentodel Sia (strumento

varato dal governo),l’Italia fa un passo

avanti nella lotta allapovertà. Ma le politiche

attive di inclusionefunzioneranno davvero,se gli interventi europei,

nazionali e regionaliconvergeranno su

programmi coordinati

zeropovertydi Laura Stopponi

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fatto che una donna sposata non av-verte più la necessità di lavorare, per-ché dovrà essere il marito a mantener-la, o lo stesso glielo impedisce, si scon-ta la totale assenza di legislazione inmateria di tutela della maternità. Lostato è assente ed è per questo che bi-sogna partire dal basso.

Peraltro, la diminuzione della di-scriminazione femminile gioverebbeanche agli uomini, pure vittime diuna società ingessata da rigide cate-gorie sociali e prassi culturali: in Al-bania, se da una donna ci si aspettache sia una moglie e madre perfetta,da un uomo si pretende che sostengaeconomicamente la famiglia ampia(genitori, zii, fratelli e sorelle nonsposati...); in periodi di difficoltà eco-nomiche, come l’attuale, si verificano

così molti casi di depressione e alco-lismo tra i giovani albanesi, dovutisoprattutto alla frustrazione di nonriuscire a portare a termine il propriocompito di burr (uomo). Naturaleche ciò incrementi la violenza dome-stica, in un circolo vizioso difficile dafermare.

Storie come quella della madre diMimoza sono ancora rare in Albania.Ma sono piccoli esempi di coraggio emanifestazioni di una forte voglia dicambiamento, per il quale le donnehanno bisogno di supporto. Il percor-so dell’emancipazione è lungo e im-pervio, non impossibile. Occorre fareinformazione, sostenere progetti dioccupazione, sensibilizzare ai diritti.Perché Mimoza, in futuro, sia prota-gonista di un’altra storia.

La tratta e la depressioneNella Zadrima opera dal 1997 l’asso-ciazione Ambasadoret e Paqes (Am-basciatori di pace), che si occupa diattività educative per i bambini neivillaggi della diocesi di Sapa e nellescuole della provincia di Lezha. Dadue anni affronta il problema delladiscriminazione femminile. Inoltreha sempre lavorato contro il trafficodi esseri umani, che coinvolge molteragazze albanesi le quali, credendo ditrasferirsi in Italia per raggiungere ineo-sposi, vengono costrette a pro-stituirsi. Succede soprattutto perché,in quell’area, è ancora molto alto iltasso di matrimoni combinati.

Nascere donna in Albania, in defini-tiva, non è una fortuna; non a caso, ilpaese vanta (si fa per dire) una percen-tuale di popolazione maschile moltopiù alta di quella femminile e il più altotasso, in Europa, di aborto selettivo.

Essere donna in Albania non è faci-le, anche se dagli anni Novanta qual-cosa è migliorato. Il cammino versol’emancipazione resta lungo e difficile:l’istruzione gioca un ruolo importante,ma i risultati stentano a manifestarsi.Nonostante le donne siano più istruiterispetto agli uomini, la percentuale didisoccupazione femminile è moltopiù alta di quella maschile, senza con-siderare le differenze salariali. Oltre al

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Albania del Sud, municipalità di Gostime. Dieci donne intorno a un tavolofirmano un “patto d’onore”. È il gesto simbolico di una piccola rivoluzione,in territori dal tasso di disoccupazione e povertà più alto di tutta l’Albania.Le donne si guardano per la prima volta non come persone relegate a com-piti domestici, inclusa la cura di terra e animali, ma come imprenditrici agri-cole. Sono insieme, si impegnano a lavorare secondo logiche consortili. Col-laboreranno perché la produzione sia di maggiore qualità e quantità,condivideranno attrezzature e saperi, rispetteranno la terra, senza inquinar-la con additivi chimici. La loro agricoltura, hanno deciso, sarà biologica.

È questo il patto sottoscritto dalle donne che la Caritas dell’Albaniadel Sud, insieme alla congregazione delle Piccole Sorelle di Gesù, hachiamato a far parte del progetto “Sale della terra”, sostenuto dalla Ca-ritas di Benevento e Avellino e da Caritas Italiana. Le donne si impegne-ranno a investire tutte le loro energie per vendere i prodotti. Se le dieciimprenditrici rispetteranno il patto, le due Caritas diocesane italiane si impegneranno ad acquistare da loro 20 quintali di pomodori da salsae donare nuove pompe e nuove frese per migliorare la produzione.

Il progetto è al secondo anno, o meglio al secondo raccolto, ma frut-ti e criticità sono già parlanti. Le imprenditrici hanno iniziato a fidarsil’una dell’altra e a credere nella potenzialità economica della terra, cheva protetta, non aggredita. L’anno scorso la Caritas locale ha acquista-to da loro 10 quintali di pomodori da salsa, mentre Benevento ed Avel-lino si sono impegnate a donare fresa, pompa, sementi, e a sostenerele piccole imprese familiari tramite un agronomo italiano, che ha se-guito le fasi della semina e della raccolta.

La criticità riguarda lo scarso impegno nel vendere i prodotti ecce-denti, non comprati dal sistema protetto delle Caritas. Alcune produzio-ni di pomodori, senza mercato, si sono perse inutilmente. Quest’annocon il patto le imprenditrici si sono impegnate a vendere 20 quintali di pomodori da salsa al circuito protetto Caritas, e a piazzarne altri 20 nei mercati locali: questa prova di intraprendenza determinerà il premio di produzione, a fine raccolto.

Con grande senso di serietà e d’impresa, con coscienza ed autonomia,le donne hanno firmato e assunto questo onere: sapendo di progettarecosì il bene comune per la propria terra e i propri figli. [Angelo Moretti]

“Sale della terra”, dieci per un patto:«Sarà biologica, sarà un’impresa»

FEMMINILE TRADIZIONALELavorazione del cotone in un progetto

Caritas; a destra, costume tipicoe vendita di prodotti al mercato

«I miei figli sono orgogliosi di me: diconoagli amici che la loro mamma non guarda le mucche,ma lavora!». Kristina, dipendente della saponeria, è a suavolta fiera. Zadream è nata nell’aprile 2015, grazie al so-stegno della Caritas diocesana di Caltanissetta e a fondidi Caritas Italiana, per dare occupazione ad alcune don-

ne dei villaggi rurali dellaZadrima, regione del nord,tra le più povere dell’Alba-nia, nonostante la forti potenzialità. Qui le donnelavorano per lo più in casa,nell’orto e nella stalla, sen-za possibilità di emancipa-

zione sociale, a causa dellamentalità patriarcale impe-rante.

La saponeria impiega tre donne, senza considerarele altre, impiegate nella raccolta delle erbe aromaticheusate per la saponificazione e nel laboratorio di cera-mica e sartoria per la confezione dei saponi. A differen-za delle altre realtà albanesi, la saponeria rispetta la maternità delle impiegate: Valbona, una delle tre dipendenti, per non correre rischi durante la gravidanzasi occuperà del packaging e della parte commerciale.In un altro contesto sarebbe stata licenziata senza re-more. Ma la dipendente più entusiasta è proprio Kristi-na: orgogliosi i cinque figli, lei felice del loro orgoglio.

Progetto Caritas

Una saponeria e tre sogni al femminile

ri”, in seguito a forti pressioni da partedella società civile. Ma la legge ha di-verse falle. Dal momento in cui vieneemesso un “ordine di protezione” – po-chi casi, dato il maschilismo vigente inambito giudiziario anche da parte digiudici donna –, chi abusa deve allon-tanarsi. Ma essendo la casa sempre diproprietà dell’uomo, spesso le donnecontinuano a condividere gli spazi conmariti violenti. Il governo non ha crea-to centri di accoglienza per donne vit-time di violenza, mentre le famiglie,come quella della mamma di Mimoza,non riaccolgono le figlie.

Ovviamente ci sono notevoli diffe-renze tra villaggi e città e tra nord (piùpovero) e sud (turistico e più svilup-pato), ma generalmente l'Albania èdominata da una cultura fortementepatriarcale, che non facilita l’emanci-pazione femminile. La legislazionenon basta, se non si riforma il climaculturale. Un problema evidente è peresempio la disinformazione da partedelle donne sui propri diritti. Sin dapiccole, le bambine vengono educatea diventare brave mogli e madri, sot-tomesse al marito; l’aspirazione mas-sima di molte albanesi è sposarsi, perraggiungere lo scopo di una vita, quel-lo per cui sono state formate.

In assenza delle istituzioni, stannonascendo alcuni centri per donne,grazie al lavoro di associazioni locali

le donne, affinché possano essere alsicuro, in attesa di sistemazioni sicu-re), supporto a percorsi di riabilitazio-ne personale. Molte donne hanno bi-sogno di re-imparare a prendersi curadi sé e dei propri figli, ma anche di re-sponsabilizzarsi, perché non c’è piùnessuno che le sostenga economica-mente. Quest’ultimo è uno dei pas-saggi più difficili da superare, dati ilretaggio culturale, per cui alla donnaspettano i lavori di casa, e il forte as-sistenzialismo vigente in Albania.

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internazionale albania

ed estere. Validi esempi sono i proget-ti di associazioni quali Hapa Te Lethe(A passi leggeri) e Rtm (Reggio TerzoMondo) nella zona di Scutari: preven-zione della violenza, inserimento so-cio-economico delle vittime, creazio-ne di tavoli inter-istituzionali, offertadi aiuti economici, esperienze di co-housing (appartamenti condivisi dal-

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abusiva e manca dei principali servizi(acqua, luce, gas, sistema fognario), maè comunque caratterizzata da una cer-ta stabilità degli spazi abitativi, costrui-ti con mattoni, lamiere e materiali riu-tilizzati, ciò che consente di svilupparele case verso l’alto. Invece le baracchedi un asentamiento sono costruite inorizzontale con mezzi di fortuna, prin-cipalmente pali di legno e nylon, e nonsono dotate di servizi igienici; spesso il“bagno” si trova all’esterno dell’abita-zione ed è costituito da un semplicepozzo scavato nel terreno.

Alberdi è un lungo stradone af-fiancato da un canale scavato nel ter-reno, su cui si affacciano le baracche;la parte più solida di alcune di questeè costituita da “pareti” costruite conle traverse di legno, smontate dai bi-nari che scorrono a una ventina dimetri dietro le baracche, ormai utiliz-zati solo da treni merci. I bambini siarrampicano sui convogli in transito

di Manuela Robles

Alberdidi

Un piccolo

nell’ovestdell’Argentina. Le 80 famiglie hannoproblemi di consumoe traffico. Mali cheormai hanno pervasogran parte del paese.E che si pensa di combattere con il proibizionismo.Mentre le radici sononell’esclusione sociale

uesta è la storia di David, 8anni, vittima di abusi perpe-tuati per vendetta, a causa diun torto commesso dal pa-dre. Questa è la storia di Ma-ria, alla quale poco più di un

mese fa è stato ucciso il marito perun regolamento di conti e per que-stioni di competenza territoriale nel-la vendita delle droghe. Questa è lastoria del posto dove vivono: l’asen-tamiento Alberdi, periferia di Men-doza, città dell’Argentina centrale,quasi ai confini con il Cile.

Un asentamiento non è una barac-copoli, non è una tendopoli, non è unafavela (che qui tra l’altro si chiamanovilla miseria); un asentamiento (ac-campamento, alla lettera) si producequando un gruppo di persone occupa-no illegalmente un’area e vi si installa-no in modo disordinato, informale,precario e inadeguato. Anche una villamiseria si produce da un’occupazione

Q

internazionale argentina

partiDalle

DIPENDENZA DI PERIFERIAStrade fangose ed edifici

disordinati ai margini diMendoza: i quartieri difficili

delle città argentine sono tra iluoghi preferiti dal narcotraffico

si è accampata la droga

asentamiento

FAME, ATROCE REALTÀCOMPAGNA DEI CONFLITTI

indispensabili al metabolismo. Ilcorpo può resistere alla mancanza dinutrimento per un certo tempo, peròil sistema immunitario s’indebolisceesponenzialmente mano a mano chesi perde peso. Basta ridurre l’alimen-tazione di 500 kilocalorie al giorno,circa un quarto del fabbisogno mini-mo, per moltiplicare per otto il tassodi mortalità in una popolazione.

È una morte atroce, quella da fa-me. Innanzitutto, consuma l’intellet-to, l’anima, l’etica. Si riesce a pensaresolo al cibo, ossessivamente, ininter-rottamente. Non importa che sia ci-bo, purché attenui la fame. Parlando della carestia Ucrai-na del 1933, Vasily Grossman scrive «Quando si sciolse laneve, cominciò la fame vera. La gente aveva facce, gambee ventri gonfi. Non riusciva a contenere le urine. (…) Eadesso mangiavano qualsiasi cosa. Catturavano topi, rat-ti, passeri, formiche, lombrichi. Macinavano le ossa inuna specie di farina e facevano lo stesso con il cuoio e lesuole delle scarpe. Cucinavano perfino la colla». Poi arri-vano i dolori, la fiacchezza, la febbre, le afte, le piaghe, legengive si ritirano, i denti cadono, il corpo è pieno d’in-fiammazioni, l’intestino va in necrosi…

Vittime per difettoNon tutti vengono colpiti dalla malnutrizione nella stessamisura. I primi, e quelli che ne soffrono le conseguenzepeggiori, sono i bambini. In Somalia, nel 1992, si stimache sia morto il 90% dei cittadini sotto i 5 anni. In certi

aiuti ad opera dei governi coinvolti nelle guerre e le mi-nacce alla sicurezza degli operatori umanitari rappresen-tano ostacoli spesso insormontabili per prestare assisten-za ai più bisognosi.

Lo scenario geopolitico contemporaneo è caratteriz-zato da un continuo crescere del numero dei conflitti ar-mati: se si aggiunge il proliferare del mercato delle armi,l’impatto sulla popolazione civile non può che essere ine-vitabile, per quanto riguarda il diffondersi delle violenze,ma anche della fame. I dati relativi ai morti direttamenteimputabili ai conflitti armati non tiene conto di tutti co-loro che soffrono la fame e spesso – in fondo – muoionoper lo stesso motivo, la guerra. Occorre pertanto maggio-re consapevolezza delle devastazioni umane che la famepuò provocare, da parte sia dei media sia della comunitàinternazionale, come ha richiesto anche papa Francescocon impareggiabile efficacia.

casi, la fame viene imposta come pu-nizione e consiste nell’alimentare lapopolazione colpita con dosi calori-che al di sotto dei minimi vitali, inmodo di prolungarne l’agonia. Comeaccadde agli ebrei del ghetto di Var-savia, dove si arrivò a distribuire ap-pena 500 chilocalorie al giorno a te-sta. Quando è il nemico a controllareil cibo, tutto può accadere.

Il sistema umanitario ha sviluppa-to metodi molto efficaci per combat-tere la malnutrizione, soprattutto neigruppi più vulnerabili, grazie a meto-di innovativi per la preparazione e ladistribuzione delle razioni alimenta-ri. Ad esempio, con l’invenzione deicibi terapeutici pronti all’uso, estre-mamente efficaci per affrontare e ri-solvere rapidamente la malnutrizio-ne infantile. Il problema principalerimane quello dell’accesso alle vitti-me, condizione indispensabile persalvare la vita di milioni di persone.In quasi tutti i teatri di guerra attuali,soprattutto quelli dove si combatto-no numerosi conflitti dimenticati, ilblocco da parte delle forze combat-tenti, il controllo di gran parte degli

La visita di papa Francesco al Programma alimentare mondiale(Pam) lo scorso 13 giugno ha permesso di tornare a parlare difame nel mondo, tema che sembrava sepolto nella memoria

della comunità internazionale e del sistema mediatico dominante. In-vece oggi la fame è ancora una triste realtà, sperimentata da quasi unmiliardo di persone, molte delle quali vivono in aree teatro di conflittidimenticati, le cui conseguenze ricadono soprattutto sui minori.

L’organismo umano ha bisogno mediamente di assimilare circa2100 kilocalorie al giorno, in forma di carboidrati (70%), grassi (17%)e proteine (13%), oltre a minime quantità di vari micronutrienti

Basta ridurrel’alimentazione di un

quarto del fabbisogno,per moltiplicare per otto

il tasso di mortalità. Chi promuove e gestisce

le guerre lo sa. E ne approfitta

per condizionarel’intervento di chi aiuta.

Oltre che il destino di intere popolazioni

cibodiguerradi Paolo Beccegato

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giungere in meno di un mese i portidel Mediterraneo (si parla di relazionidei cartelli locali con la ’ndrangheta),dove 500 chili di cocaina pura valgono100 milioni di euro. Mentre il bagayeroche ha trasportato la merce attraversoil confine con la Bolivia riceverà circaun euro e mezzo...

Poliziotti corrompibiliLe discusse relazioni tra narcotrafficoe forze di polizia si spiegano con il fat-to che gli uomini delle forze dell’ordi-ne vengono, in buona parte, dalle

frange più vulnerabili della società escelgono questa professione per so-stenersi economicamente; sono dun-que più facilmente corruttibili, ancheperché spesso, dentro il loro gruppofamiliare o tra i loro conoscenti, figu-rano personaggi coinvolti con la cri-minalità. Ovviamente incidono anchel’inadeguata formazione professiona-le fornita da accademie e scuole di po-lizia, e soprattutto l’assenza di un ade-guato accompagnamento psicologico(permanentemente esposti alla vio-lenza e al pericolo di morire, gli uomi-ni delle forze dell’ordine spesso accu-sano stress post-traumatici).

Sebbene l’Argentina ancora non siariconosciuta come paese “narco”, stainsomma diventando una base stra-tegica per le operazioni di tutti i gran-di cartelli internazionali. Nella zona diOrán, estremo nord argentino, a pochichilometri dalla Bolivia, risiedono cir-ca 4 mila colombiani e alcuni messi-cani. Nel libro Narcolandia di VirginiaMessi e Juan Manuel Bordón, si rac-conta in modo dettagliato l’arrivo deinarcos colombiani in Argentina e la

territorio argentino, la merce vieneabilmente camuffata nei veicoli, ne-gli airbag o nel paraurti, o semplice-mente dentro bidoni d’olio, diluitanella benzina, nascosta in altri pro-dotti… Nei casi più sofisticati è rico-perta con resina di plastica, per evi-tare che sia individuata dai cani.

Dal confine le foglie scendono peruna ventina di chilometri fino adAguaray: prima di arrivare in città,molti veicoli scaricano la merce e lafanno trasportare da mulattieri attra-verso i canneti oltre i posti di controlloe la ricaricano di nuovoalcuni chilometri più inlà. Altre volte consegna-no un carico alla gen-darmeria, per farne pas-sare sottobanco altridue. Una volta suparataAguaray, in ogni caso, lastatale 34 prosegue drit-ta fino alle grandi città:Santa Fe, Cordoba, Bue-nos Aires. Dove si con-suma. Anche se la desti-nazione finale è rag- D

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per rubare il carbone: scena appa-rentemente anacronistica, in realtàmolto comune ad Alberdi...

Tra i tanti problemi dell’asenta-miento spicca quello della contami-nazione ambientale: non c’è alcunservizio di raccolta della spazzatura,e la terra è infestata dalla scabbia.All’interno di questo perimetro mal-sano, vivono 80 famiglie, la maggiorparte provenienti da La Gloria, quar-tiere di un’altra zona complicata diMendoza, da cui sono “emigrate” permancanza di risorse o per conflitti trabande. Ma il controllo del territorioper la vendita della droga è un cancroche si propaga ovunque: anche den-tro il piccolo asentamiento pare cisiano tre gruppi in lotta fra loro.

Tendono ad autoescludersiIl caso di Alberdi è uguale a tanti altriin tutto il paese. E aiuta a mettere afuoco la situazione cui è condannatabuona parte della popolazione in Ar-gentina: famiglie totalmente esclusedal sistema regolare di vita e lavoro,che cercano strategie di sopravvivenza,vivono in una situazione di estremavulnerabilità sociale e precarietà abita-tiva, segnate da analfabetismo, fortedispersione scolastica, disoccupazio-ne, una generale mancanza di oppor-tunità. Le possibilità di migliorare lapropria condizione di vita sono basseper il solo fatto di vivere in un asenta-miento. Che, di prassi, è collocato inuna periferia remota, dove nessunopuò vedere gli occupanti, i quali a lorovolta tendono ad autoescludersi, e anon sviluppare alcun progetto di vita.

È proprio la vulnerabilità econo-mica e sociale dei cittadini più poveria esporli maggiormente al problemadel traffico e del consumo di droghe.Diverse istituzioni statali e non ope-rano per contrastare il fenomeno, mai tentativi condotti sinora hanno mo-strato scarsi risultati.

L’incapacità delle istituzioni di la-

vorare in modo integrale in “piccole”situazioni come Alberdi è il riflesso diquello che succede a livello macro: lefalle generate dall’assenza di un coor-dinamento efficace hanno permessol’espansione dei cartelli della droga,che in meno di un decennio sono riu-sciti a installarsi nel paese, propriograzie all’assenza di un lavoro con-giunto tra istituzioni nazionali ed in-ternazionali. La Dea (l’agenzia statu-nitense per la lotta al narcotraffico) hacollaborato a lungo con l’intelligencenella regione del nord del paese, finoa quando negli anni 2000 il governoargentino ha deciso di interromperetutti gli accordi di collaborazione.

Così oggi in Argentina manca unalinea politica chiara ed efficace per lalotta al narcotraffico. Le periodiche re-tate nelle villas riempiono le carceridel paese, ma le persone e le famiglieche vivono in estrema povertà, ai limi-ti della dignità umana, costituisconosolo la manovalanza visibile del nar-cotraffico, piccoli strumenti di un girod’affari ben più grande. Il quale pro-spera grazie anche alla corruzione di-lagante, tanto negli organismi nazio-nale, provinciali e municipali, quantotra i grandi latifondisti, che lascianopassare indisturbati sui propri terrenii veicoli dei trafficanti, o permettonola “pioggia” di piccoli pacchi da aereiche sorvolano le loro proprietà.

Grossi carichi dal cieloQuella del nord argentino, soprattut-to, è una frontiera calda, in cui con-fluiscono tutti gli elementi necessariper il narcotraffico. Dal lato bolivianosi produce la coca, circa 45 mila ton-nellate di foglie l’anno, di cui 20 miladestinate a usi tradizionali e medici-nali, e le restanti 25 mila sviate versola produzione di droga. Il Perù, invece,primo produttore mondiale di coca,ne produce 70 mila tonnellate l’anno.

In Argentina, le condizioni clima-tiche non permettono la coltivazione

internazionale argentina

Un “asentamiento”, di prassi, è collocatoin una periferia remota, dove nessuno puòvedere gli occupanti. I quali, a loro volta,

tendono ad autoescludersi e pertanto a non sviluppare alcun reale progetto di vita

della coca. La gendarmeria argentinaha inoltre scoperto nel paese alcunicasi di laboratori per l’estrazione del-la cocaina, ma si tratta di casi ecce-zionali; i grandi laboratori si trovanotutti in Bolivia e Perù, strettamenteconnessi con cartelli colombiani omessicani, in particolare quelli di Ca-li e Sinaloa. In generale, i carichi gros-si vengono trasportati direttamentevia aerea, grazie alla compiacenza diservizi di sicurezza aeroportuali cor-rotti o latifondisti collusi.

Il trasporto al dettaglio avviene in-vece tramite la porosa frontiera conla Bolivia, svolto dai cosiddetti baga-yeros, che in sacchi legati alla testatrasportano fino a 80 chili da un latoall’altro del confine (in ogni sacco,nascosto tra altre merci, possono es-serci dal mezzo chilo ai 3 chili di fo-glie di coca o cocaina). Una volta in

NULLA DI BELLO NEL BAIRROAuto abbandonate, giochi di bambiniin spazi angusti, baracche comeabitazioni: vivere ai bordi delle cittàargentine è un esercizio di precarietà

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contrappuntodi Alberto Bobbio

REAGAN, UN DILETTANTE:IL PROFITTO CI GOVERNERÀ?

il perimetro del bene comune, stabilitosecondo l’interesse privato. La segre-tezza che ha accompagnato la discus-sione sul Ttip, per diversi anni, avevapermesso di elaborare norme scellera-te, solo in parte corrette appena si è sa-puto cosa contenesse il Trattato.

Il testo era d’altronde costruito at-torno ad acronimi che nelle mani diimprenditori globali e di governantisenza scrupoli potevano (e potrebbe-ro) far male al mondo intero. Il più in-quietante è Isds, cioè Investitor StateDispute Settlement, meccanismo chepermette alle aziende di citare in giu-dizio i governi. Dopo le proteste di dueanni fa, quando si capì che i collegi ar-bitrali, formati da privati, potevano es-sere influenzati dalla multinazionali, laCommissione europea ha indetto unaconsultazione: l’Isds è stato bocciato97 a 3. La modifica ha portato a unnuovo acronimo (Ics, cioè InvestimentCourt System), ma non ha cambiato lafilosofia, perché comunque si stabilivache fosse una corte speciale a giudica-re, scavalcando i tribunali nazionali.

Era già accaduto in Germania quan-do, dopo la tragedia di Fukishima, la

cancelliera Angela Merkel decise di anticipare la chiusuradelle centrali nucleari dal 2035 al 2022. Tre aziende elettrichefecero causa a Berlino, presso il Tribunale speciale sugli ac-cordi commerciali, chiedendo miliardi di euro a titolo di ri-sarcimento. Le Nazioni Unite da tempo denunciano il fattoche i tribunali speciali commerciali ignorano diritti umani eambiente e favoriscono diritto commerciale e profitto.

La globalizzazione della reaganomics, per via di un Trat-tato bilaterale tra i due più importanti mercati mondiali, pa-re dunque scongiurata. Almeno per il momento. Risorgeràsotto altre forme? Eppure gli effetti sarebbero abbastanzacontenuti. Economisti e centri studi internazionali invitanoalla cautela sul rapporto costi-benefici. L’Unione aveva sti-mato che il Ttip avrebbe prodotto un aumento del Pil realedello 0,5% nel 2027. Altre analisi offrono indicatori peggiori.Valeva, e vale oggi ancora la pena, rinunciare alle nostre tu-tele, e cambiare il rapporto tra democrazia e mercato?

A lla fine si trattava di rispondere a una domanda: deve essere lademocrazia a stabilire i vincoli del mercato, o il mercato a sta-bilire i vincoli della democrazia? Dopo tutte le discussioni sul

Ttip (sui rischi per salute, cibo e ambiente, sul danno o sui vantaggieconomici), la questione vera andava ben al di là di ciò che tecnica-mente stava dentro le migliaia di pagine del Trattato transatlanticosul commercio e gli investimenti, che Unione europea e Stati Unitihanno discusso per anni. Eppure su questo si è riflettuto poco.

I tempi della reaganomics sembravano archiviati e la libertà d’im-presa, intesa come glorificazione del capitalismo più cinico, parevasegnata al guinzaglio della storia. Ma ilmovimento di idee e manifestazionicostruitosi poco a poco intorno alloslogan “no Ttip” ha invitato a riaprireuna questione cruciale, che si sarebberivelata drammatica se il nuovo inqui-lino della Casa Bianca diventerà quelDonald Trump che ritiene Ronald Rea-gan poco più di un dilettante.

Il Trattato ora è nudo: molti docu-menti sono stati sfilati dal segreto, e siè capito che sarebbe servito ad aumen-tare il potere delle imprese nel control-lare economia e società. Sarebberosparite barriere doganali, sarebberostati rimossi norme e regolamenti con il solo fine di aumen-tare i profitti, senza considerazione per le tutele che una de-mocrazia avanzata stabilisce per i propri cittadini. I profittiprivati avrebbero avuto più peso dell’interesse pubblico.

Acronimi che fanno maleIl Ttip ora sembra arenato, a causa dell’uscita dalla GranBretagna dall’Unione europea, sancita per referendum, edell’annuncio, da parte della Francia, di volersi rititrare dalletrattative. Nessuno crede più alla possibilità che un accordovada in porto velocemente. Ma se tornasse a essere dibat-tuto, nell’attuale o in altre forme, la democrazia rischierebbedi andare sotto scacco istituzionalmente. Le bozze elaboratenel tempo prevedevano infatti tribunali d’affari privati, chia-mate Corti internazionali di arbitrato commerciale, messiin grado di giudicare gli stati e le loro leggi, su ricorso delleaziende, impegnate a far valere la propria libertà d’azione:

Il Ttip, trattato che Usa e Ue stavano negoziando

su commercio e investimenti, pare aver fatto naufragio.

Nonostante la correzionedi alcune norme,

la filosofia non eracambiata: più potere

alle aziende, soprattuttonelle controversie

con gli stati

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relazione tra questo fatto e l’escala-tion degli omicidi dovuti al traffico didroghe. Gli autori paragonano l’Ar-gentina a un “vivaio per i narcos”;molti colombiani obbligati a lasciareil loro paese a causa di problemi conla giustizia o con bande rivali, favoritidalla vicinanza culturale e linguisticatrovano in Argentina un buon postodove vivere, che offre un’alta qualità divita e un sistema giudiziario e di poli-zia abbastanza permissivo.

Ripetuti, dal 2012, sono stati i fattidi cronaca che hanno avuto per pro-tagonisti narcos colombiani in Ar-gentina. Anche il “Chapo” Guzmán, ilnarco messicano di cui hanno parla-to tutte le testate internazionali negliultimi mesi, ha cercato di creare unabase nella città argentina di Formosa,al confine con il Paraguay, per gestiregli invii di marijuana attraverso il fiu-me Paraná. Tutti questi episodi sonoaltamente significativi e dimostranoche il paese si sta trasformando in unnodo strategico per il narcotrafficointernazionale.

A scuola di crudeltàSecondo i dati della Associazione an-tidroghe della repubblica argentina(Aara), nel paese operano attualmen-te sei grandi gruppi criminali di dif-ferenti nazionalità: la zona est, con iporti di Rosario, San Lorenzo e Ra-mallo, è controllata dai colombiani,mentre i messicani dominano l’areanord della capitale Buenos Aires;questi due gruppi sono i più grandiesportatori di cocaina verso l’Europa.I boliviani si occupano invece del tra-sporto dal nord, controllano la cittàdi Salta e hanno una base operativanel quartiere Liniers, poco fuori daBuenos Aires; i peruviani fanno lostesso ma dalla città di Jujuy fino alquartiere bonairense del bajo Flores;i dominicani smerciano la droga aldettaglio e gestiscono giri di prostitu-zione nel centro di Buenos Aires.

internazionale argentina

Molti colombiani obbligati a lasciare il loropaese a causa di problemi con la giustiziao con bande rivali, trovano in Argentina un

posto che offre un’alta qualità di vita e unsistema giudiziario abbastanza permissivo

Ma non sono solo le bande crimi-nali di altri paesi le responsabili delnarcotraffico in Argentina. Negli ulti-mi anni si sono formate gang crimi-nali autoctone in diverse città, chemantengono un clima di terrore at-traverso rapine, scontri con altrebande e omicidi. Secondo l’analisidella sociologa Laura Etcharren, i LosMonos, nella città di Rosario, sono labanda di narcotrafficanti con il pro-filo più simile a quello di un cartello:hanno importato i crudeli metodidella criminalità messicana, come leuccisioni a sangue freddo, le estorsio-ni e la realizzazione di gallerie per lospostamento di droghe. Sebbene labanda ancora non abbia superato lefrontiere nazionali, sta “migrando”verso la provincia di Buenos Aires.L’atteggiamento di negazione da par-te della politica e l’assenza di politi-che di sicurezza efficaci sono statifunzionali, negli ultimi anni, al pro-cesso di sviluppo e consolidamentodel narcotraffico.

Il neo-presidente argentino, Mau-ricio Macri, durante la propria cam-pagna elettorale aveva dichiarato co-

me uno dei suoi tre obiettivi di gover-no «chiudere con il narcotraffico».L’aveva ribadito durante il primo di-scorso da presidente, dinnanzi alCongresso. Il suo però è un rigidoproseguimento delle politiche proi-bizioniste sinora intraprese, lontanodal dibattito sulla regolamentazionedel mercato delle droghe e sulla lega-lizzazione di alcune sostanze, in attoa livello internazionale. Continuare acombattere il narcotraffico, come co-minciò a fare Nixon negli Stati Unitiagli inizi degli anni Settanta, median-te la criminalizzazione dei consuma-tori, la militarizzazione della lotta an-tinarcotici e la proibizione totale delledroghe, si è già rivelata una strategiafallimentare. Questi metodi non han-no posto fine al consumo, alla produ-zione e ai rapporti con i narcotraffi-canti. Durante l’Assemblea generaledelle Nazioni Unite, riunitasi ad apri-le a New York per valutare e discuterele priorità nelle politiche di contrastoalla droga, è emersa la posizione dimolti paesi e organismi, secondo cuii tempi sono maturi per inquadrare ilproblema nell’ambito delle questionisociali e di salute. Nessuno degli abi-tanti di Alberdi ha voce sufficienteper contribuire a un tale approccio.Ma le loro storie e le loro condizionidi vita sono la prova più lampantedella sua bontà.

La Caritas diocesana di Mendoza è in contatto con le 80 fa-miglie dell’asentamiento Alberdi attraverso un programma di borse di stu-dio (200 pesos mensili a studente), assegnate ai nuclei con figli minori di 18 anni, per il completamento del ciclo di educazione primaria e secon-daria: 20 famiglie (37 bambini in totale) stanno beneficiando del pro-gramma, che procede da quattro anni e prevede anche l’accompagna-mento delle famiglie da parte di un’assistente sociale Caritas.

Caritas Mendoza promuove anche incontri per sensibilizzare le famigliesui rischi fisici, sociali, relazionali e legali causati dal consumo di sostanzestupefacenti, che si diffonde in modo allarmante persino tra i giovanissimi.

Caritas Italiana, attraverso i progetti presentati dai propri volontari in servizio civile, negli ultimi anni ha finanziato diversi progetti per favori-re l’inclusione sociale, a sostegno delle iniziative di Caritas Mendoza. Per il prossimo anno pastorale il progetto, in fase di elaborazione, serviràa consolidare la mobilitazione creata dagli incontri di sensibilizzazioneper famiglie, attraverso la creazione di opportunità di prevenzione rivolteai giovani: scuole di musica, aule per il supporto scolastico, cineforum, in generale organizzazione di attività ricreative di vario genere.

L’impegno Caritas

Istruzione e prevenzione, accanto alle famiglie

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ALFABETIZZARE,

di Francesco Maria Carloni

CIOÈ NUTRIRELO SPIRITO

L’alfabetizzazione è uno dei più validi strumenti di crescita socia-le; non è soltanto saper leggere e scrivere, ma significa, ad esem-pio, imparare a conoscere le proprie risorse; a lavorare la terra e

a irrigarla; ad avviare un’attività di artigianato... Alfabetizzazione è ancheconoscenza delle norme igieniche elementari, conoscenza della leggecome strumento di vita civica, coscientizzazione sui propri diritti e i pro-pri doveri.

Si calcola che, ancora oggi, circa 800 milioni di persone nel mondo sia-no completamente analfabete. E che circa 100 milioni di bambini nonfrequentino la scuola elementare. Nel contesto dello sviluppo di un pae-se, l’educazione deve essere vista come il fattore più decisivo per stabilireun sistema democratico e contribuire alla formazione di persone e co-munità indipendenti.

La campagna giubilare “Il diritto a rimanere nella propria terra” – pro-mossa dalla Conferenza episcopale italiana e seguita nel suo sviluppo da-gli organismi Missio, Focsiv e Caritas Italiana – intende contribuire con-cretamente al diritto all’istruzione, finanziando microrealizzazioni cheprevedono l’allestimento di laboratori per corsi professionali, fornituredi arredi e strumenti didattici anche informatici, ecc.

L’enciclica Populorum Progressio, parlando dell’alfa-betizzazione, dice: «Si può affermare che la crescita eco-nomica è legata innanzi tutto al progresso sociale cheessa è in grado di suscitare, e che nell’educazione di ba-se è il primo obiettivo d’un piano di sviluppo. La famed’istruzione non è in realtà meno deprimente della famedi alimenti: un analfabeta è uno spirito sottoalimentato.Saper leggere e scrivere, acquisire una formazione pro-fessionale, è riprendere fiducia in se stessi e scoprire chesi può progredire insieme con gli altri».

ADULTI PIÙ ISTRUITI,MA C’È ANCORAUN GRAN LAVORO DA FARE

La comunità internazionale si era impegnata a migliorare i livelli di alfabetizzazione degli adulti del 50% tra 2000 e 2015. Il numero di analfabeti è nettamente diminuito negliultimi dieci anni, ma 781 milionidi adulti (64% dei quali donne)non sono ancora in grado di leggere e scrivere.

Nel 2012, il tasso globale di alfabetizzazione degli adultiera pari all’84,3%, rispettoall’89,4% dei giovani. Il tasso di alfabetizzazione degli adultiera al di sotto del 50% in 14 paesi: Afghanistan, Benin,Burkina Faso, RepubblicaCentrafricana, Ciad, Costad’Avorio, Etiopia, Guinea, Haiti, Liberia, Mali, Mauritania,Niger e Sierra Leone. I tassi di alfabetizzazione più bassi si osservano in Africasubsahariana e in Asiameridionale e occidentale.

Circa 800 milioni di persone nel mondo sono analfabete. E circa 100milioni di bambini non frequentano la scuola elementare. L’istruzione,causa e conseguenza insieme di uno sviluppo diffuso. È quantoinsegna la campagna Cei “Il diritto di rimanere nella propria terra”

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panoramamondo

il Papa –. La comunità interna-zionale deve sostenere colloquidi pace verso la costruzione di un governo di unità nazionale.Vi invito – aggiunge il Papa, sol-lecitando tutti i fedeli – a rivol-gervi a coloro che sono coinvoltinei negoziati di pace, affinchéprendano sul serio questi accor-di e si impegnino ad agevolarel’accesso agli aiuti umanitari».

La rete Caritas è impegnatadall’inizio del conflitto a fornire cibo, assistenza sanitaria, istru-zione, alloggio, consulenza, prote-zione e mezzi di sussistenza agliabitanti della Siria e ai rifugiatinei paesi ospitanti. Gli aiuti Cari-tas hanno raggiunto 1,3 milionidi persone solo lo scorso anno.Nuovo sito: syria.caritas.org

archivium di Francesco Maria Carloni

«Riandare alle radici dell’ascolto in senso ecclesiale, ridirci perché la comunità eccle-siale è chiamata strutturalmente all’ascolto e come lo può realizzare». Fu questol’obiettivo che monsignor Elvio Damoli, al tempo direttore di Caritas Italiana, diede al terzo convegno sui Centri di ascolto (Cda), che si svolse a Senigallia dal 9 all’11maggio 1997; vi parteciparono 280 operatori da 78 diocesi.

Il convegno di Senigallia era stato preceduto da altri due incontri nazionali sul te-ma. Il primo, nel 1994, costituì l’occasione per porre basi condivise, al fine di dare vita a uno strumento innovativo, rivolto all’ascolto delle persone in difficoltà. Seguì poi il convegno del 1991, che approfondì il tema della formazione degli operatori e fece emergere lo stretto collegamento con gli Osservatori della povertà.

La presenza dei Cda nelle diocesi, da quegli anni, è andata sempre crescendo, in termini sia quantitativi che qualitativi. Gli atti del convegno di Senigallia (62 pagine)danno testimonianza di quella crescita. Raccolti nel primo numero del 1998 di ItaliaCaritas documentazione, con il titolo “I colori dell’incontro”, riepilogano il dibattito tra i partecipanti, divisi in tre aree di studio: Cda e comunità ecclesiale, Cda e conte-sto socio-culturale, Cda e territorio.

Nelle conclusioni programmatiche, due furono gli aspetti di cui si dichiarò la neces-sità di un ulteriore approfondimento: la vera identità dei Cda, nella giusta collocazionee relazione con le Caritas parrocchiali; più in generale, la collocazionenell’ambito ecclesiale e l’interdipendenza con gli Osservatori delle po-vertà. Cda e Osservatori, infatti, sono sin dalle origini destinati a unacostante sinergia, espressione e strumento di un doveroso serviziodelle chiese particolari alle persone in difficoltà: luoghi di servizio e analisi, da parte di una Chiesa che intenda rimanere inserita nellasocietà con un’attenzione preferenziale a camminare con i poveri.

“I colori dell’incontro”, ovverouna Chiesa che sa farsi ascolto

Un appello alla comunità interna-zionale, perché si moltiplichinogli sforzi per raggiungere la pacein Siria, ad oltre 5 anni dall’iniziodel conflitto che ha provocatocentinaia di migliaia di morti,quasi 5 milioni di rifugiati e 7-8 milioni di sfollati interni.

Lo lancia Caritas Internatio-nalis (rete di 165 organismi di tutto il mondo, tra cui caritasItaliana) tramite la campagna“La pace in Siria è possibile”,lanciata a fine giugno.

Papa Francesco in un videoha voluto dare sostegno allacampagna Caritas, esortando i governi a trovare una soluzionepolitica alla guerra. «Non esisteuna soluzione militare per la Si-ria, ma una politica – afferma

APPELLOLavoratori domestici,il 90% rimanesenza protezionesociale e previdenziale

Affrontare i problemi di lavoratorie lavoratrici domestiche significadomandarsi quale tipo di societàsi vuole costruire per il futuro. È l’impegnativo dato politicoemerso da una tavola rotonda organizzata a Roma, a metà giu-gno, da Acli Colf, in collaborazio-ne con Caritas Internationalis. Inoccasione del quinto anniversariodell’adozione, da parte dell’Orga-nizzazione internazionale del lavo-ro, della Convenzione internazio-nale sulle lavoratrici e lavoratoridomestici, Caritas Internationalisha ricordato che, nonostante lesperanze accese dalla Convenzio-ne stessa, la situazione del lavo-ro domestico resta critica: il 90%dei lavoratori impiegati nel setto-re domestico (dati Oil) non ha ac-cesso a coperture previdenziale;su 67 milioni di lavoratori dome-stici nel mondo, ben 60 non be-neficiano di protezione sociale.Nel mondo del lavoro domesticosi verifica l’incontro di due debo-lezze: quella delle assistenti familiari e quella delle famiglie.

Molti dei soggetti convenuti si sono detti concordi nel rilancia-re, su scala nazionale, una propo-sta, già sostenuta da Acli Colf,per la detraibilità fiscale dellespese per il lavoro di cura per la famiglia. Un’altra proposta rilan-ciata è fare del 2 giugno, festadella Repubblica, l’occasione perdare il benvenuto ai nuovi cittadi-ni in forme ufficiali e pubbliche.

INCONTRODI FRAGILITÀUna “badante”accompagnaun’anzianaa fare compere:scena da tempoconsueta nellecittà italiane.Ma non solo

CAMPAGNA CARITAS«La pace in Siria è possibile: non esisteuna soluzione militare, ma una politica»

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panoramamondo

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LASTORIARingrazio di avermidato la possibilità

di assicurareai miei figli

un pasto riccodi proteine e di

avermi sollevatodall’abbrutimento

della lotta per lasopravvivenza

TANZANIALe percosse eranoil pane di Subira,“rinata” graziea 400 pulcini

Mi chiamo Su-bira Kapombe,

ho 30 anni e vivo a Mtua (diocesidi Lindi), nella Tanzania meridiona-le. Il padre dei miei quattro figli ci ha abbandonati quando ero ancora in attesa dell’ultimo. Pocomale: violenza e percosse erano il mio pane quotidiano... In questazona – tra le più povere e popolo-se del paese – si può sopravvive-re lavorando nei campi di cassavae anacardi. L’ho fatto finché ho potuto, ma il compenso eratalmente gramo che non riuscivoa sfamare né me, né i bambini. Il parroco di Mtua, in contatto con l’Ufficio diocesano di Lindi(che dista circa 40 chilometri) mi ha segnalato un gruppo di donne con esperienza in avicol-tura. Alcune suore hanno messo a disposizione un piccolo terreno.Grazie al contributo di 3.600 eurodi Caritas Italiana, io e alcune altre donne abbiamo potuto costruire un pollaio con abbevera-toi e acquistare 400 pulcini. Nonostante le cure veterinarie, 20 sono deceduti, ma con i restanti 380 abbiamo avviato un allevamento di galline ovaiole,ora abbastanza fiorente. RingrazioCaritas di avermi dato la possibili-tà di assicurare ai miei figli un pasto ricco di proteine e di avermi sollevato dall’abbruti-mento della lotta per la sopravvi-venza! Il mio sogno è diventato realtà e questo progetto-pilotaconsentirà ad altre donne abusatee meno fortunate di riappropriarsidella dignità rubata.

Grazie, non stancatevi di soste-nere un MicroProgetto!

> Microprogetto 61/15 TANZANIAAllevare galline, far valere i propri diritti

5 Realizzato!

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MICROPROGETTO

PAKISTANArtigianato è promozione (della donna)

La condizione femminile, in alcuni contesti del Pakistan, è soggetta a numerose limitazioni

e discriminazioni. Il microprogetto, proposto da un’asso-ciazione della diocesi di Faisalabad, prevede l’avvio di corsi di formazione in artigianato, l’acquisto di materia-li e l’avvio di un fondo rotativo di microcredito. L’obiettivo è migliorare le condizioni socio-economiche di almeno600 donne povere di dieci villaggi, che hanno già frequen-tato corsi di taglio e cucito e si sono riunite in cooperative.

> Costo 4.100 euro> Causale MP 217/16 PAKISTAN

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Apprendere è anche costruirsi una professionali-tà. La St. Monica Beekeepers Association,

nella diocesi di Masaka, intende acquistare 50 arnie,10 affumicatori, 25 abiti protettivi e 2 kit di attrezzi per l’apicoltura. L’obiettivo è fornire a 50 giovani di Kalisizo (150 chilometri a sud della capitale Kampa-la) una formazione tecnico-pratica per l’allevamento di api (raccolta, conservazione e vendita del miele), così da avviare un’attività generatrice di reddito.

> Costo 3.400 euro> Causale MP 208/16 UGANDA

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UGANDAIl futuro volasulle ali delle api

MICROPROGETTO

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MICROPROGETTO

GUINEA CONAKRYMateriali per cinque scuole elementari

L’obiettivo è importante: migliorare le condi-zioni di apprendimento di circa mille bambini

in cinque villaggi rurali del sud-est del paese, vicinoai confini con Liberia e Costa d’Avorio. Il micropro-getto, proposto dalla direzione diocesana per l’inse-gnamento della diocesi di N’zerekoré, prevede l’acquisto di libri di testo di francese, matematica e scienze di vari livelli, e di 70 banchi per l’attivitàdidattica.

> Costo 44.900 euro> Causale MP 187/16 GUINEA CONAKRY

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NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

MICROPROGETTO

BOLIVIADiventare sarte,per integrarsi meglio

Acquistare 35 macchine per cucire e i relativi acces-sori per le rifiniture. È l’obiettivo del microprogetto

proposto dalla pastorale sociale della Caritas diocesana di La Paz, capitale boliviana. L’obiettivo è migliorare la pro-duzione artigianale delle donne migranti che vengono sostenute dall’associazione Amasur, costituita nel 2005nella parrocchia di San Clemente. Il laboratorio di sartoriaintende permettere a 35 donne una migliore integrazionesociale e un aumento del reddito famigliare.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 212/16 BOLIVIA

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villaggioglobale

dalla taiga dell’Alaska ai desertidell’America e dell’Africa, finoad arrivare alle montagne del-l’America, del Cile e della Sibe-ria. Salgado definisce il progetto«un tentativo di antropologia pla-

netaria»; Gene-si nasce perdocumentareangoli del globoancora non ag-grediti dall’in-quinamento e dall’econo-mia selvaggia.Ma anche per

dire alle nuove generazioni cheun rapporto equilibrato fra uomoe natura, è possibile. Il suo viag-gio è durato otto anni ed è statotradotto sul grande schermo daun altro maestro, Wim Wenders.

FILMLa leggenda del calcionata dalla strada:Pelé, ovvero il sognodei bimbi delle favelas

È il 1950 e il Brasile intero hala radio all’orecchio e gli occhipuntati al piccolo schermo:

MOSTRE“Genesi” lo sguardodel grande Salgadoper cercare equilibriotra uomo e natura

Genesi è un memorabile viaggiofotografico nei cinque continen-ti, per documentare con immagi-ni in bianco e nero la rara bellez-za del nostro pianeta. SebastiaoSalgado è considerato il piùgrande fotografo dei nostri tem-pi, e questo lavoro lo dimostrapienamente. È certamente il progetto più appassionato e grandioso che il fotografo bra-siliano ha compiuto: Genesi èuno sguardo, di più, una pre-ghiera dell’artista nei confrontidell’uomo contemporaneo, perfar sì che quest’ultimo trovi laforza di salvaguardare ciò cheresta del nostro pianeta. In mo-stra (sono state visibili a Geno-va da febbraio a fine giugno) ol-tre duecento fotografie in biancoe nero, molte delle quali ecce-zionali: dalle foreste tropicalidell’Amazzonia, del Congo, del-l’Indonesia e della Nuova Gui-nea ai ghiacciai dell’Antartide,

questione di orgoglio nazionale.La sconfitta in casa per manodell’Uruguay, nell’ultima partitadei Mondiali di calcio, a Rio deJaneiro, mette in ginocchio unintero paese. Ma di lì a pochis-simo tempo arriverà un ragazzi-no che cambierà la storia delcalcio mondiale. E la stella delBrasile tornerà a brillare splen-dente nel cielo del football.

Pelé, la leggenda del calcio:1.283 gol, tre mondiali vinti. Il più forte calciatore al mondo.E le leggende di solito sonoraccontate, tramandate, fissatenella memoria. È quello che è accaduto con il film dedicatoal campione che giocava a pal-lone ed è diventato un idolodelle favelas brasiliane. In effet-ti nel film emerge in particolareil sogno dei bambini di strada:diventare un campione del cal-cio. Il film punta molto sullasull'infanzia di Pelé e su quellastrada, fatta di povertà, fatica,sudore e perdite dolorose, chel'ha portato al Santos e a vin-cere tre Mondiali, il primo deiquali, da protagonista, nel 1958in Svezia, a soli 17 anni.

zoom

«Chi può predisporsi, se non la poesia, a un censimen-to di tutto ciò, cose e persone, che pur viaggiandociaccanto sembrano invisibili? È in questa nebbia che si muovono figure familiari e nello stesso tempo lonta-nissime. Così questi versi si nutrono di storie e scendono in strada, nella guer -ra e nel fango per andarsele a prendere. Figure e storie che entrano tutte in un gigantesco museo dell’inquietudine».Da questo assunto muove i suoi versi una raccolta di poesie, ispirata da una delle tragedie più devastanti di questo inizio di millennio: 3.200 migranti mortinel 2015, tra cui oltre 700 bambini, so-prattutto nel mare che condividiamo conaltri continenti. Il Censimento degli invisi-bili (Edizioni Fuorilinea, pagine 144) è pro-

posto dal giornalista e poeta Cesare Davide Cavoni, autore di un viaggio poetico che prende spunto dallatragedia dei migranti e dalle piccole e grandi storie di persone considerate invisibili, tra guerre, conflitti

interiori e la nostra condizione di Ulisse di periferia.

In realtà la raccolta di versi è un dupli-ce viaggio, reale e immaginario, che si snoda lungo due distinti versanti narrativi; da una parte gli invisibili che affiorano dal-la realtà, fino a farsi cronaca: malati, mi-granti, vittime di guerre e regimi; dall’altrala traccia di un altro viaggio, in apparenzapiù personale, ma che rispecchia la ricercadi senso di ogni persona, e che attraversail dolore come una smemorata radiografiadi cartapesta. [Francesco Dragonetti]

Gli invisibili censiti e riscattati dalla poesia,duplice viaggio alle periferie della storia

GENESI E SOGNISpledido bianco-nero di Salgadodall’Alaska;sotto, la locandinadel film sul piùgrande del football

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mania, dove la minoranza rom è molto consistente. Tante le richieste di ragazzi e ragazzerom di altre città, al punto chela direttrice del TgRom sta pen-sando ad ampliare la rete concorrispondenti da altre città.www.tgrom.it

LIBRICercatore di scartini,Maralla recuperaoggetti per l’arte e persone per la vita

Leonardo Maralla è un “cerca-tore di scartini”. Così si defini-sce lui stesso, artista e psi-chiatra, dopo aver presentato le sue ultime opere in una mo-stra a Milano. Maralla è tantoaffezionato a questa auto-defi-nizione, da averne fatto ancheil titolo dell’ultimo suo libro: Il cercatore di scartini (edizioniErikson). Con questo testo Ma-ralla approfondisce in manieraprovocatorio la parola “scarti-ni”, che nel suo vocabolario in-dica i deboli, gli ultimi. Nel pa-rallelismo tra oggetti scartati,raccolti e rivalorizzati, e le per-

zoom

INTERNETTorino è la culladel primo TgRom,giovani redattoriin lotta coi pregiudizi

TgRom è confezionato e lavora-to da una trentina di ragazzi trai 13 e i 28 anni. Si intitola cosìperché i ragazzi e le ragazzeche lo animano, giornalisti in erba, sono tutti rom. I giorna-listi sono coordinati in questoprogetto (visibile in internet, nell’omonimo sito) dall’associa-zione Idea Rom, mentre della loro formazione si sono occupatii professionisti della testata Nuo-va Società. Coraggiosamente, il primo servizio del tg i ragazzihanno voluto dedicarlo alla per-cezione che i torinesi hanno delpopolo rom. Naturalmente i variluoghi comuni (rubano, puzzano,ecc...) sui rom non sono statirisparmiati all’intervistatrice...che pure era di etnia romanì!Torino è la prima città italianache ospita l’esperimento, ispira-to ad alcune trasmissioni giàtentate con successo in paesicome Serbia, Macedonia e Ro-

Nuova vita per Sosta Forzata, il giornale del carcere di Piacenza, rimasto chiuso per diversi mesi. Oggi sichiama Sosta forzata – Itinerari della giustizia e i redatto-ri sono anzitutto le persone in messa alla prova esternadall’Uepe (l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna), poici sono alcune studentesse volontarie e un tirocinanteUepe. Il direttore del giornale è Carla Chiappini, espertanella scrittura autobiografica. «Sono ragazzi molto giova-ni, tra i 19 e i 28 anni – spiega Chiappini –. Le studen-tesse e il tirocinante hanno più o meno la loro età: si è instaurato un bellissimo confronto, molto diretto e onesto. Le ragazze si sono poste in una posizione maiaccusatoria né tantomeno leggera, ma con un’idea di re-sponsabilità e consapevolezza». La testata continuerà a uscire anche in versione cartacea, sempre allegata

al giornale diocesano Il nuovo giornale. Previsti tre numeril’anno. Il magazine sarà portato anche nelle scuole peraprire un confronto con le nuove generazioni, che spes-so non conoscono nulla della vita carceraria, nonché per informare gli studenti circa il tema complesso dellagiustizia e della pena. «Lavorare con ragazzi messi allaprova è molto diverso dal lavorare con detenuti residentiin carcere – racconta Carla Chiappini –, ma è un’espe-rienza altrettanto bella. I loro reati sono molto meno gra-vi e talvolta anche tollerati dalla società civile. Per que-sto tutta la riflessione passa su binari e storie diversirispetto a quelli si è abituati quando si parla di carcere».

sone emarginate, e accolte, sta il filo rosso che lega insie-me l’intero progetto (libro, mo-stra itinerante, terapia psichia-trica) che è stato efficacementesintetizzato con il termine“scartini”. «Ogni scarto assur-ge al rango di soggetto di cuiprendersi cura, con cui entrarein relazione profonda, per cono-scerlo, apprezzarlo e valorizzar-lo fino ad attribuirgli un'intrinse-ca sacralità. Risulta evidentel’analogia tra l’operare artisticoe la relazione interpersonale: i frammenti, gli scarti, i “lui”possono essere indifferente-mente materiali e oggetti, comepure singole persone»: cosìEzio Meroni nella prefazione del libro di Maralla. Questa atten-zione al rispetto, all’accoglien-za, al ridare dignità e vita a tuttii “lui” che incrociamo per stra-da, ha l’ambizioso obiettivo didiffondere uno stile e un mes-saggio che parla di rinascita e creatività, serenità e speran-za. Da ogni situazione è possi-bile ripartire. E risorgere (conun aiuto rispettoso e amorevole),sostiene l’autore e psichiatra.

LE VOCIDEGLI ULTIMIInformazionefatta da ragazzisul proprio popolo:è la scommessadi TgRom. Sotto,il libro dellopsichiatra Maralla

Non è più, anzi è ancora“Sosta forzata”: il carcere si svela a giovani e scuole

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villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / Eraldo Affinati

Un don Milani autentico. Ce lo restituisce lo scrittoreEraldo Affinati, con L’uomo del futuro (Mondadori). Sia-mo ormai abituati a pensare al priore di Barbiana attra-verso l’abusato (e addomesticato) I care: grandioso,ma spesso ridotto a uno slogan buono per tutte le stagioni. Affinati no, lui ci racconta Lorenzo, cercan-do attraverso un viaggio letterario di capire perché eraimportante, per lui, essere dalla parte dei Gianni, figliodi contadini, e mai dei Pierini, con la villa in muratura e le domestiche per la casa.

«Gli uomini di cultura non possono restare lontanidalla realtà coltivando chissà quale rivelazione», si legge nel libro. Perché ci si atrofizza come unapianta senza acqua. E non ci saran-no nuovi semi. Invece è esattamen-te la semina che interessa EraldoAffinati e la sua letteratura…

Questo sarebbe l’obiettivo primario.Per riuscire a realizzarlo, però, bisognamettersi in gioco, rischiare sulla pro-pria pelle. Bruciarsi, ferirsi. Noi do-vremmo vivere a fondo perduto, senzapensare al risultato che potremmo ot-tenere, ma avendo fede in ciò che fac-ciamo: è stata la lezione più bella cheil priore di Barbiana mi ha impartito.

Si è scoperto diverso, al terminedel viaggio accanto a don Lorenzo?

Don Lorenzo mi ha toccato nel profon-do. È come se fosse entrato con un

Il don Milani autentico:«Rivoluzione è assumersila responsabilitàdello sguardo altrui»

Dovremmo viverea fondo perduto,senza pensare al

risultato che potremmoottenere, ma avendo fedein ciò che facciamo:è la lezione delpriore di Barbiana

ferro rovente dentro di me. Sento che riguarderà la PennyWirton, la scuola di italiano per immigrati che ho fondatoinsieme a mia moglie, Anna Luce Lenzi. Ma non riescoancora a definire in quale modo.

Nella scuola di oggi ce la fanno quelli che possonopermettersi di studiare greco e latino...

Io ho sempre avuto a che fare con quelli che non studia-no greco e latino. Quindi, per riprendere Lettera a unaprofessoressa, il capolavoro di don Milani, ho conosciutoGianni, non Pierino. Ma quest’anno ho chiamato Pierinoa insegnare a Gianni. Fuor di metafora: Pierino è Fulvia,studentessa del liceo bene di Roma. Gianni è Mohamed,appena sbarcato dall’Egitto. Grazie all’alternanza scuola-

lavoro, li abbiamo messi a contatto. Il risultato è stato formidabile.Sono tanti i don Milani sparsi per il mondo…La suora di Benares che imbocca i para-litici, quella di Pechino che aiuta i cere-brolesi, il maestro arabo, il disertorerusso: sono soltanto alcuni degli incon-tri che racconto nel mio libro. Barbianaè morta, ma oggi rinasce negli occhi degli immigrati che hanno lo stesso problema dei bambini del Mugello: imparare la lingua italiana. La vera rivo-luzione è assumersi la responsabilitàdello sguardo altrui. Con i nostri limiti.Chi vive sbaglia. Ma non dovremmo tenerci le mani in tasca.

MANUALI“Ataya”, l’italianoper i migranti:quattro capitoli…e la vita reale

La cooperativa Ruah, attiva a Bergamo, lavora con i migran-ti anche sul fronte dell’alfabe-tizzazione. Lo fa dal 2011. Ha una media di 1.200 alunnil’anno da 75 nazioni. Sono cento insegnanti solo in città:insegnanti in pensione, studen-ti, gente che vuole rendersi uti-

le. I profughi studenti, cin-que anni fa, erano 100 in tutta la provincia, oggisono 1.340. Però insegna-re la lingua italiana non è facile. E allora le inse-gnanti della cooperativaRuah hanno creato Ataya,un manuale pratico di inse-gnamento della lingua chenasce dai corsi, dalle storiee dagli errori grammaticalidei migranti. Perché, dicono

a Ruah, nessuno investe sui libri per insegnare l’italiano

ai migranti. Ataya, che significa“tè” in wolof, una delle linguedel Senegal, è diviso in quattrosezioni: accoglienza, lavoro, sa-lute, trasporti. Per ogni sezione,oltre la grammatica c’è la vitareale: le uscite in quartiere e le dispense pratiche sonostrumenti indispensabili, ancheconsiderando che molti dei mi-granti non hanno frequentato le scuole, nei loro paesi, e han-no difficoltà con le astratte regole grammaticali.www.cooperativaruah.it

DAGLI ERRORILa copertinadel manuale

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«Tutti cadaveri!» a Marcinelle,60 anni fa tragedia italianache si ripete oggi nel nostro mare

di Francesco Dragonetti

Stefano ZamboniTeologia dell’amici-zia (Edb, pagine72). Qual è il rap-

porto fra amicizia e fraterni-tà? Che distinzione esistefra amico e prossimo?L’amicizia è disposizioneche assume come compitoetico l’affinità elettiva. Maè al tempo stesso un mi-stero: si nutre anche di si-lenzio, che apre all’infinito.

LIBRIALTRILIBRI

Nando PagnoncelliDare i numeri. Le percezioni sba-gliate sulla realtà

sociale (Edb, pagine104). L’autore è presiden-te di Ipsos: sottolinea i luoghi comuni sbagliatidietro la misurazione delle opinioni dei cittadi-ni. Il rischio: troppe volte «la realtà percepita è quella che conta».

Allan Zuckoff, Bon-nie Gorscak Domanicambio (davvero!)(Erickson, pagine

338). Il metodo del colloquio motivazionale,per promuovere l’auto-cam-biamento. Quando si vuoleperdere un’abitudine nega-tiva, o prendere una deci-sione difficile, contano forza delle motivazioni e capacità di gestirle.

paginealtrepagine

8 agosto 1956: un errore umano (un carrello urta contro cavi elettrici e provocaun incendio in un pozzo di Bois du Cazier) causa la morte di 262 persone di dodi-ci diverse nazionalità, soprattutto italiane (136 vittime), poi belghe (95). In unaminisera di Marcinelle, in Belgio, si consuma una tragedia agghiacciante: minato-ri senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Roberto MelchiorreMarcinelle. Una tragedia italiana (Textus, pagine 104) ricostruisce l’evento, finoal disperato momento in cui, il 23 agosto, uno dei soccorritori pronunciò in italia-no: «Tutti cadaveri!».

Solo dopo la tremenda tragedia, una delle più gravi della storia italiana del se-colo scorso, venne finalmente introdotta nelle miniere del Belgio la maschera an-tigas. Le condizioni in cui lavoravano i minatori erano deplorevoli; il governo italia-no, per la reazione scandalizzata della popolazione, interruppe l’enorme esodo di manovali italiani che era in atto verso il Belgio.

Altra conseguenza fu una regolamentazione più severa in materia di sicurezzasul lavoro; la solidarietà fu vasta, la richiesta di accertare le responsabilità civili e penali della catastrofe fu unanime, e da quel momento le condizioni di vita dei “macaroni” divennero un caso dibattuto dall’opinione pubblica belga, che iniziòa interessarsi del loro destino.

Una ricca bibliografia, al riguardo, è contenuta in Igor Mavric, Davide PascuttiMarcinelle, storie di minatori (Becco Giallo, pagine 128) e Paolo Di StefanoLa catastròfa (Sellerio Editore, pagine 344): si succedono testimonianzedi vecchi minatori superstiti, amici, familiari (soprattutto i bambini di allo-ra), che portano il lettore nei cunicoli arroventati della miniera incendiata,negli anfratti dove i minatori avevano cercato disperato rifugio, e in super-ficie per fare luce sugli esiti di tanto dolore individuale e collettivo.

Oggi, migliaia di immigrati, non più italiani, ma spesso verso l’Italia,vengono ancora respinti o costretti alla clandestinità, senza il riconosci-mento dei diritti fondamentali inalienabili di ogni persona, abbandonati al loro destino. La grande tragedia di Marcinelle si ripete tragicamente, oggigiorno, nell’esperienza di quanti fuggono la miseria, la guerra, la com-pressione dei diritti e, sperando in una vita migliore, finiscono nelle manidi moderni mercanti di schiavi. O in fondo a un mare sconosciuto.

LIBRIVisitare i carcerati:opera di misericordiadisinteressata,dovere d’ogni uomo

Don Giovanni Nicolini, già diret-tore per lungo tempo della Caritas diocesana di Bolognaed editorialista di Italia Caritas,da anni è cappellano nel carce-re di Dozza, a Bologna. Per laEmi (Editrice missionaria italia-na) ha scritto un libro dal titoloVisitare i carcerati. La miseri-cordia libera più di ogni pena.Sacerdote che ha dedicato ilsuo ministero agli esclusi, donNicolini scrive nel libro: «I dete-nuti non devono essere giudi-cati sulla base di una loro con-dizione intrinseca di cattiveriao di malevolenza; in realtà sono solo più poveri d’amore,meno amati di coloro che anco-ra godono della loro libertà». È in quest’ottica che, secondol’autore, va contestualizzatal’opera di misericordia della vi-sita ai carcerati, un atto d’amo-re disinteressato (ma anche un dovere dell’essere umano),spesso però lasciato all’iniziati-va dei familiari e di pochi volon-tari, a cui Nicolini esprime gra-titudine. Sottostare a disciplinerigide e vedersi privati della libertà sono solo due degliaspetti più dolorosi della realtàproblematica del carcere, argo-menta il libro. Tuttavia, sebbe-ne “condannati” e colpevoli di fronte alla legge, agli occhidi Dio i carcerati e le carceratenon sono altro che «nostri fra-telli e sorelle».

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Brief Caritas MIGRAZIONI: IL SONNO DELLE COSCIENZE

SEZIONE MANIFESTI - ANNUNCIO STAMPA

Secondi classificatiGabriella Ferracane, Fabrizio Merlini, Rosita Rotondo e Simone Seani

Fondazione Accademia di comunicazione – Milano

Quattordicesima edizione Premiazione a Salerno, 28 maggio 2016

I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritas.it

www.creativisinasce.it