12
Un secolo fa nasceva lo storico caffè San Marco, proprio accanto alla sinagoga di Trieste. I due dirimpettai sono sempre andati molto d'accordo tanto che, scrive Paolo Rumiz: "In un libro di Stelio Vinci, il vecchio assicuratore Fritz Morway racconta che tra le due guerre alla Eine del Kippur gli ebrei che andavano a rifocillarsi al San Marco della contigua sinagoga erano così tanti che formavano lunghe code come in guerra ai tempi del razionamento". Dopo anni nei quali il caffè ha tirato avanti un po' stanco e debilitato, una nuova gestione si preEigge di invertire la tendenza. Una missione ardua ma estremamente affascinante. A raccontarcela è Guido Tripaldi, tra i nuovi soci del locale. "L'idea di fondo – spiega – è che vogliamo far tornare il San Marco un centro di culture. Culture al plurale proprio in onore di Trieste, la città dalle mille anime. Sarà coinvolta la Comunità ebraica, nostra vicina di casa, con cui vogliamo intavolare una proEicua collaborazione". I tavolini del San Marco potrebbero raccontare storie che voi umani... Da James Joyce, il dublinese con Elussi di coscienza a gogo a Giorgio Voghera, l'ultimo testimone della triestinità dorata. E come non ricordare Claudio Magris che dalla sua postazione tiene sotto osservazione il mondo? La Mitteleuropa si trova in una tazzina di caffè come i ricordi di Proust dentro una madeleine bagnata di tè. Inoltre è iniziata la pedonalizzazione dell'area circostante e i nuovi proprietari sono sempre più motivati. "Vogliamo che i giovani vengano qui a studiare, vogliamo che tutti si sentano liberi di entrare e creare cultura. Niente personalismi o ansie da prestazione: il San Marco è di tutti". Il caffè dove sono state girate anche alcune scene delle trasposizioni cinematograEiche dei romanzi di Italo Svevo, al secolo Ettore Schmitz, pur impolverato e pieno di aggiustamenti da fare, già pianiEica il suo futuro: "Il 21 ottobre – racconta ancora Tripaldi – organizzeremo un incontro con la scrittrice Giacoma Limentani. Il rapporto con l'ebraismo è sempre stato vitale per questo luogo". E così forse si riapre la speranza di ritrovare la Trieste di Bobi Bazlen e di Scipio Slataper, di Umberto Saba e Guido Voghera. La Trieste in cui il mondo si cambiava parlando davanti a una tazzina fumante. Rachel Silvera Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 8/2013 UNA VOCE FORTE CONTRO L’ODIO A PAG. 12 Lanciato in giugno, il Balagan Cafè della Comunità ebraica di Firenze è ormai un punto di incontro imprescindibile per centinaia di cittadini che ogni giovedì pomeriggio, nei giardini del Tempio, si rac- colgono per assistere a dibattiti letterari, performance artistiche e momenti musicali di grande in- tensità e suggestione. Un'occasione di incontro declinata in più forme e che ha registrato un pieno coinvolgimento delle altre realtà culturali e religiose del territorio. Laura Forti, in un articolo nelle pagine interne del giornale, ricostruisce le emozioni di questa esperienza di successo e ci spiega perché “è bello fare Balagan”. QUI FIRENZE - GRAN BALAGAN AL TEMPIO D’ESTATE HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche n. 8 2013 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 20371543 (direttore responsabile: Guido Vitale) La sinagoga e i musei che compongono il polo culturale ebraico di Casale Monferrato sono abituati ad accogliere visitatori illustri. In particolare da quando ospitano la grande collezione di Channukkiot del Museo dei Lumi, le stanze attorno a vicolo Olper si sono popolate periodicamente dei loro autori: un album dei più importanti artisti contemporanei italiani e non. Di solito però sono concentrati verso la festa che diventa un momento di presentazione delle nuove opere e un incontro ecumenico con la città. È stata dunque un'occasione più che eccezionale quella che ha portato tre protagonisti dell'arte mondiale a varcare la porta della Comunità nelle scorse settimane. Si sono infatti presentati insieme Arnaldo Pomodoro, Giuseppe Maraniello e Antonio Recalcati. Motore dell’incontro è stato proprio Recalcati, autore legato alla Casale ebraica da una lunga collaborazione. a pag. 11 CASALE EBRAICA Il Caè San Marco ritorna con Giacoma Limentani TRIESTE EBRAICA + oltreconfine Grandi artisti Doni preziosi C’è tempo Eino al 31 agosto per partecipare alla nuova edizione del concorso Obiettivo sul mondo ebraico promosso dall’Archivio fotograEico della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. All'interno i dettagli. a pag. 4-5 ROMA EBRAICA MILANO EBRAICA Cdec, nuovi click per il concorso Otto donne. Libere, emancipate, viaggiatrici, ambasciatrici di cultura ai più alti livelli. Saranno le protagoniste della grande mostra Ebraicità al femminile: Otto artiste del Novecento organizzata dalla Comunità ebraica di Padova in collaborazione con l'amministrazione cittadina al Centro Culturale Altinate. Curata da Marina Bakos (nella foto) con il supporto di Virginia Baradel, la mostra sarà inaugurata venerdì 30 agosto e resterà aperta al pubblico Eino a metà ottobre. a pag. 6 Emozioni in piazza Conferme dal Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica giunto quest'anno alla sesta edizione. Tra gli ospiti più applauditi lo scrittore Roberto Saviano. a pag. 2-3 PADOVA EBRAICA Otto artiste e il Novecento Una realtà piccola nei numeri ma aperta alla città e capace, con il suo impegno sul territorio, di avvicinare e mettere a confronto le diverse identità locali in una regione storicamente portata ad essere declinata secondo i più variegati stilemi linguistici e culturali. È il quadro che emerge da una singolare tesina di maturità dedicata alla Comunità ebraica di Merano nei suoi due secoli di vita. Autrice la giovane Miriam Orso. a pag. 10 MERANO EBRAICA Nuovo studio sulla Comunità Nell'immagine la redazione all'interno del Caffè San Marco, ancora in fase di ristrutturazione, ascolta gli ultimi sviluppi logistici da uno dei nuovi proprietari, il libraio Alexandros Delithanassis. La riapertura del locale alla città è prevista per il prossimo autunno.

Italia Ebraica - moked.itmoked.it/italiaebraica/files/2011/05/IE-08_2013_LR.pdf · singolare tesina di maturità dedicata alla Co‐ ... dalla depressione". Leggendo Martin Buber

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Un secolo fa nasceva lo storico caffè SanMarco, proprio accanto alla sinagoga diTrieste. I due dirimpettai sono sempreandati molto d'accordo tanto che, scrivePaolo Rumiz: "In un libro di Stelio Vinci,il vecchio assicuratore Fritz Morwayracconta che tra le due guerre alla inedel Kippur gli ebrei che andavano a ri‐focillarsi al San Marco della contigua si‐nagoga erano così tanti che formavanolunghe code come in guerra ai tempidel razionamento". Dopo anni nei qualiil caffè ha tirato avanti un po' stanco edebilitato, una nuova gestione si pre‐igge di invertire la tendenza. Una mis‐

sione ardua ma estremamente affasci‐nante. A raccontarcela è Guido Tripaldi,tra i nuovi soci del locale. "L'idea di fon‐do – spiega – è che vogliamo far tornareil San Marco un centro di culture. Cul‐ture al plurale proprio in onore di Trie‐ste, la città dalle mille anime. Sarà coin‐volta la Comunità ebraica, nostra vicinadi casa, con cui vogliamo intavolare unapro icua collaborazione".

I tavolini del San Marco potrebbero rac‐contare storie che voi umani...Da James Joyce, il dublinese con lussidi coscienza a go‐go a Giorgio Voghera,l'ultimo testimone della triestinità do‐

rata. E come non ricordare Claudio Ma‐gris che dalla sua postazione tiene sottoosservazione il mondo? La Mitteleuropasi trova in una tazzina di caffè come iricordi di Proust dentro una madeleine

bagnata di tè. Inoltre è iniziata la pedo‐nalizzazione dell'area circostante e inuovi proprietari sono sempre più mo‐tivati. "Vogliamo che i giovani venganoqui a studiare, vogliamo che tutti si sen‐tano liberi di entrare e creare cultura.Niente personalismi o ansie da presta‐zione: il San Marco è di tutti". Il caffè dove sono state girate anche al‐cune scene delle trasposizioni cinema‐togra iche dei romanzi di Italo Svevo,al secolo Ettore Schmitz, pur impolve‐rato e pieno di aggiustamenti da fare,già piani ica il suo futuro: "Il 21 ottobre– racconta ancora Tripaldi – organizze‐remo un incontro con la scrittrice Gia‐coma Limentani. Il rapporto con l'ebrai‐smo è sempre stato vitale per questoluogo". E così forse si riapre la speranzadi ritrovare la Trieste di Bobi Bazlen edi Scipio Slataper, di Umberto Saba eGuido Voghera. La Trieste in cui il mon‐do si cambiava parlando davanti a unatazzina fumante.

Rachel Silvera

Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 8/2013

UNA VOCE FORTECONTRO L’ODIO A PAG. 12

Lanciato in giugno, il Balagan Cafè della Comunità ebraica di Firenze è ormai un punto di incontroimprescindibile per centinaia di cittadini che ogni giovedì pomeriggio, nei giardini del Tempio, si rac-colgono per assistere a dibattiti letterari, performance artistiche e momenti musicali di grande in-tensità e suggestione. Un'occasione di incontro declinata in più forme e che ha registrato un pienocoinvolgimento delle altre realtà culturali e religiose del territorio. Laura Forti, in un articolo nellepagine interne del giornale, ricostruisce le emozioni di questa esperienza di successo e ci spiegaperché “è bello fare Balagan”.

QUI FIRENZE - GRAN BALAGAN AL TEMPIO D’ESTATE

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 8 ‐ 2013 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)

La sinagoga e i musei che compon‐gono il polo culturale ebraico diCasale Monferrato sono abituati adaccogliere visitatori illustri. In par‐ticolare da quando ospitano lagrande collezione di Channukkiotdel Museo dei Lumi, le stanze at‐torno a vicolo Olper si sono popo‐late periodicamente dei loro autori:un album dei più importanti artisticontemporanei italiani e non. Disolito però sono concentrati versola festa che diventa un momentodi presentazione delle nuove operee un incontro ecumenico con la cit‐tà. È stata dunque un'occasione piùche eccezionale quella che ha por‐tato tre protagonisti dell'arte mon‐diale a varcare la porta della Co‐munità nelle scorse settimane. Sisono infatti presentati insieme Ar‐naldo Pomodoro, Giuseppe Mara‐niello e Antonio Recalcati. Motore dell’incontro è stato pro‐prio Recalcati, autore legato allaCasale ebraica da una lunga colla‐borazione.

a pag. 11

CASALE EBRAICA

Il Caffè San Marco ritorna con Giacoma Limentani TRIESTE EBRAICA

+ oltreconfine

Grandi artistiDoni preziosi

C’è tempo ino al 31 agosto per parteciparealla nuova edizione del concorso Obiettivo sulmondo ebraico promosso dall’Archivio foto‐gra ico della Fondazione Centro di documen‐tazione ebraica contemporanea. All'interno idettagli.

a pag. 4-5

ROMA EBRAICA

MILANO EBRAICACdec, nuovi clickper il concorso

Otto donne. Libere, eman‐cipate, viaggiatrici, amba‐sciatrici di cultura ai più altilivelli. Saranno le protago‐niste della grande mostraEbraicità al femminile: Otto artiste del Nove‐cento organizzata dalla Comunità ebraica diPadova in collaborazione con l'amministra‐zione cittadina al Centro Culturale Altinate.Curata da Marina Bakos (nella foto) con il sup‐porto di Virginia Baradel, la mostra sarà inau‐gurata venerdì 30 agosto e resterà aperta alpubblico ino a metà ottobre.

a pag. 6

Emozioni in piazza

Conferme dal Festival Internazionale di Let‐teratura e Cultura Ebraica giunto quest'annoalla sesta edizione. Tra gli ospiti più applauditilo scrittore Roberto Saviano.

a pag. 2-3

PADOVA EBRAICAOtto artistee il Novecento

Una realtà piccola nei nu‐meri ma aperta alla città ecapace, con il suo impegnosul territorio, di avvicinare

e mettere a confronto le diverse identità localiin una regione storicamente portata ad esseredeclinata secondo i più variegati stilemi lingui‐stici e culturali. È il quadro che emerge da unasingolare tesina di maturità dedicata alla Co‐munità ebraica di Merano nei suoi due secoli divita. Autrice la giovane Miriam Orso.

a pag. 10

MERANO EBRAICANuovo studiosulla Comunità

Nell'immagine la redazione all'interno del Caffè San Marco, ancora in fase diristrutturazione, ascolta gli ultimi sviluppi logistici da uno dei nuovi proprietari,il libraio Alexandros Delithanassis. La riapertura del locale alla città è previstaper il prossimo autunno.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 2 agosto 2013

La sesta edizione del Festival Internazionale di Let‐teratura e Cultura Ebraica si è conclusa registrandoun nuovo successo. Protagonista d'eccezione, Ro‐berto Saviano che ha confessato al numeroso pub‐blico in sala: "La letteratura ebraica mi ha salvatodalla depressione". Leggendo Martin Buber e Singer,infatti, uno dei protagonisti dell'Italia contemporaneaè riuscito a superare i momenti dif icili che non sonodi certo mancati. Ma il Festival non è stato solo Sa‐viano: Francesca Segal, scrittrice 30enne che con ilsuo romanzo di esordio “La cugina americana” hacreato un caso editoriale, è approdata nella capitale.La storia d'amore all'ombra di Golders Green, il quar‐tiere ebraico londinese e Hampstead Garden, è en‐trata nel cuore di moltissimi lettori. E per chi volevail brivido ci ha pensato Dror Mishani già ribattezzato,scrive il Giornale, "il Montalbano di Tel Aviv". Il libro“Un caso di scomparsa” sembra essere l'ingredienteperfetto da aggiungere al duo mare‐ombrellone. La presenza israeliana non manca con Assaf Gavron,

autore di “Idromania” tradotto da Shulim Vogelmann,dove si racconta una disperata lotta per l'acqua. Ga‐vron fa parte della fortunata e virtuosa nuova gene‐razione di scrittori made in Israel. Tra Benjamin Markovits e Raphael Jerusalmy, autoredi “Salvare Mozart” (la storia di Otto Steiner che siappiglia con tutte le sue forze alla musica nell'anno1939), le calde serate capitoline scorrono serene. IlFestival non ignora uno dei generi più amati dai let‐tori di tutte le età: la graphic novel ed ecco che facapolino Rutu Modan, illustratrice nata a Tel Hasho‐mer. Oltre ai libri, grandi attori, il pubblico può parteciparealle lezioni di rav Roberto Della Rocca e rav RiccardoDi Segni e all'incontro con Yarona Pinhas. Per chi selo fosse perso viene proiettato “Il iglio dell'altra”, ililm francese di Lorraine Lévy che ha fatto discutere

per la sua trama insolita: uno scambio di igli, un ra‐gazzo palestinese ed uno israeliano. Si inisce in musica con la coreogra ia di Mario Piazza

e i The Shuk in concerto. Shulim Vogelmann, curatoredel Festival con Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino,si mostra soddisfatto: "Siamo molto contenti, ha par‐tecipato un nutrito gruppo di affezionati già conso‐lidati e la cosa più stimolante è che gli scrittori chehanno animato le passate edizioni hanno parlato inmodo entusiastico del Festival ai loro colleghi. La

zona dell'antico Ghetto con tutto il suo fascino ha dicerto attratto ancora di più i curiosi". La presenzadi Saviano è stato un progetto condiviso che è natochiacchierando e ha rappresentato il momento fortedi questa edizione. Si guarda già al futuro: "Non cisarà alcuna interruzione. Niente crisi del settimoanno".

È un nuovo omaggio alle atmosfere dellaRoma ebraica ad animare le pagine cultu-rali del New York Times in un lungo arti-colo, a irma di David Laskin, apparso sullecolonne del quotidiano newyorkese a metàluglio. Quattro pagine, molti aneddoti dalletante anime del Portico d'Ottavia. A partiredagli esercizi commerciali e dai suoi indi-menticabili protagonisti per arrivare ai te-sori documentali custoditi nelle sale delMuseo ebraico dove oggi convergono turistidelle nazionalità più disparate. E ancora ilsigni icativo percorso di rinascita culturalee religiosa di un'identità duramente provatadalle persecuzioni nazifasciste e oggi orgo-gliosa dei suoi molti successi come la scuolaebraica che, scrive Laskin, “è punto di rife-rimento per giovani dei diversi quartieridella Capitale”. A colpire il giornalista, inpiù passaggi, lo stridente contrasto tra l'at-

tuale vivacità del quartiere e gli echi di unpassato di orrore che proprio in quelle stra-de si consumava in una delle declinazionipiù drammatiche: era il 16 ottobre di set-tant’anni fa e aveva inizio la razzia e la de-portazione di oltre un migliaio di ebrei ro-mani verso i campi di concentramento esterminio nazisti. Oggi - pur nella consape-volezza di una ferita che non si potrà maidel tutto rimarginare - un trionfo di sapori,suoni, colori. Il vecchio Ghetto, osserva La-skin, “si è trasformato in una festa della col-lettività”. La meta di molti turisti e romanibenestanti che ne gremiscono gli spazi “permangiare all'ebraica” sulla falsariga diquanto fanno i newyorkesi, alla ricerca dicibo etnico, gremendo i locali di Little Italye Chinatown. “Degustando un cabernetisraeliano e con humus e couscous nei no-stri piatti – scrive Laskin – è stato dif icile

ricollegarsi alle ombre del passato”. E an-cora, nel passaggio conclusivo dell'articolo,una sottolineatura che fa ri lettere: “In po-chi anni gli ultimi sopravvissuti non saran-no più in vita e gli eventi persecutori sa-ranno inglobati nel lusso storico di Roma.Ma per il momento, nell'allegra effervescen-za del quartiere le voci di quanti vi abita-rono possono ancora essere udite”. Grandeentusiasmo per lo spazio riservato al quar-tiere del Portico d’Ottavia dal prestigiosoquotidiano statunitense anche tra i com-menti alla notizia sulla postazione Facebo-ok di Pagine Ebraiche “E’ uno dei quartieripiù suggestivi di Roma” scrive Lara “Buonii carcio i…” commentano Idina e Michele.Tantissimi anche i “Mi piace” e le condivi-sioni sui propri pro ili. “Piazza” come vienechiamata affettuosamente dagli ebrei ro-mani, conquista anche le piazze virtuali.

Con Saviano al Festival Letteratura La risposta di pubblico e autori

Portico d’Ottavia protagonista sul New York Times

ROMA EBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 3agosto 2013

Lea Sestieri, la forza dell'umiltà e un compleanno da festeggiareBiglietti d’auguri, testimonianze, fotogra ie d’epoca e tanta emozioneal Centro Bibliogra ico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italianeper festeggiare i cento anni di Lea Sestieri, docente universitaria e trale grandi animatrici del dialogo interreligioso in Italia. Organizzatodal Collegio Rabbinico Italiano in collaborazione con il diploma uni-versitario triennale incultura ebraica, l’evento– dal titolo “Tanti auguriLea” – ha visto la parte-cipazione del rabbinocapo di Roma rav Ric-cardo Di Segni, del coor-dinatore del CollegioRabbinico rav Gianfran-co Di Segni e del presi-dente dell’amiciziaebraico-cristiana di Ro-ma Marco Morselli. Neltesto a ianco la ri les-sione di rav AlbertoAvraham Piattelli. “Duecaratteristiche dellapersonalità di Lea Se-stieri vanno rilevate inparticolare. La prima –scrive il rav – è costituita dal suo buonsenso manifestato in tante oc-casioni ma soprattutto nel dialogo interreligioso, proprio durante isuoi primi e dif icili passi.La seconda è costituita invece dalla profonda modestia e umiltà chesempre hanno accompagnato Lea nella sua condotta”.

Vado con il ricordo a quando ero bambino e come presso la mia fa‐miglia era dominante il mito della morà Teresa Marino z.l. insegnantedi ebraico nella nostra scuola come pure delle mie sorelle. La suaigura quasi carismatica si poteva identi icare a quella di un rabbino,

per cultura, saggezza e profonda fede, sempre pronta con estremamodestia ad ascoltare e aconsigliare chiunque a leisi rivolgesse.Quando ho conosciutoLea Sestieri, che Iddio leconceda lunga vita, mi tor‐nò a mente quella la iguradella morà Marino (ancheil timbro della voce eramolto simile) e vedevo inloro il modello di un certotipo di donna ebrea roma‐na che nei secoli nella no‐stra comunità si distin‐gueva per saggezza, percultura e amore verso lastoria e la tradizione diIsraele.Insegnano i nostri Maestriche davanti alla persona

interessata è permesso esprimere solamente “mikzat shevachò”, ov‐vero solamente una piccola parte della lode che invece meriterebbe.Perciò mi limiterò ad affermare solo poche cose che a me appaionocome essenziali della personalità di Lea Sestieri.Della sua cultura fanno testo le sue opere, le sue ricerche e le tante

conferenze su temi più svariati, dalla storia alla Bibbia, dal pensieroal costume degli ebrei.Come pure gli anni di insegnamento soprattutto nella Ponti icia Uni‐versità Lateranense che le è valsa la stima e l’alta considerazione delcorpo accademico e degli studenti. Di questo posso esserne direttotestimone. Ma due caratteristiche della personalità di Lea Sestierivanno rilevate in particolare.La prima è costituita dal suo buonsenso manifestato in tante occasionima soprattutto nel dialogo interreligioso, proprio durante i suoi primie dif icili passi. Con grande pazienza Lea Sestieri cercava di evidenziaregli aspetti storici, biblici e culturali che avrebbero potuto avvicinarele due comunità lasciando da parte gli altri problemi controversi esoprattutto gli spinosi problemi teologici.La seconda caratteristica è costituita dalla profonda modestia e umiltàche sempre hanno accompagnato Lea nella sua condotta.Insegnano i nostri Maestri che Mosè è riuscito a salire i quarantanovegradi della saggezza e della sapienza. La condizione che permise aMosè questa ascesa è stata la sua grande umiltà. Perché l’umiltà èuna predisposizione ad ascoltare e ad imparare da ciascuno altrouomo, senza mai chiudersi nella propria presunzione di superioritàculturale e morale.Questa qualità ha permesso a Lea Sestieri di salire verso gli alti gradidella saggezza e della cultura d’Israele e noi le siamo grati e le ren‐diamo omaggio.Desidero rivolgere a Lea gli auguri più affettuosi, sempre circondatadai suoi amici e numerosi allievi, e la preghiera con le parole delSalmo (61,7): “Aggiungi altri giorni ai giorni che hai destinato ai re(‘man malchè? Rabbanan!’ – Chi sono i re? Le persone sagge). E sianoi suoi anni numerosi come quelli di molte generazioni”.

Rav Avraham Alberto Piattelli

FIUMEFrontiere che cadono, distanze che si accorciano in nome dell’integrazione e della varietà culturale.L’ingresso della Croazia nell’Unione Europea è salutato con particolare emozione dagli ebrei del Quarnero,i primi a pagare sulla propria pelle il fardello dell’ideologia nazionalista portata all’estremo. Una giovanedocente del liceo italiano di Fiume ha raccolto questo sentimento per i nostri lettori.

Un felice sincretismo di cultureA Fiume la gioia e latrepidazione è nel‐l’aria: non è più il2003 né il 2007quando i tempi pro‐mettevano bene o co‐munque meglio diquanto promettanooggi. Per me che so‐no iumana “patocca”(il “doc” di qui) nonè che una confermadi uno spirito cosmo‐polita, tollerante, in‐clusivo e sovranazio‐nale del quale la miacittà ha sempre go‐duto. Accolgo questoingresso tanto ritar‐dato un po’ blasé: incasa e al lavoro siparla italiano, fuoricasa croato, il mio pa‐trigno si arrabbia in ungherese, telefoniamo in ebraico o in inglese un giorno sì e uno no, con i nonnisi parlava il dialetto iumano. Ma oggi, con questo felice sincretismo di culture, festeggio anch’io. Perchéè una conferma che quanto fatto ino adesso è stato un bene, che siamo sulla strada buona e chepossiamo continuare ad arricchirci vicendevolmente e continuare ad imparare gli uni dagli altri. Ben‐venuti e bentrovati!

Rina Brumini

oltreconfine

Darsi una mano contro la solitudine. Essere presentiper un appoggio in situazioni quotidiane che purpiccole, quando si devono sbrigare senza un aiuto,sembrano diventare insormontabili. Quando l’asso‐ciazione dedicata alla memoria della giovane SharonFederica Biazzi è nata nel 2000 erano questi sempliciprincipi a costituire la linee guida dell’attività da svi‐luppare. A 13 anni di distanza, l’associazione Biazzi(divenuta nel 2002 una onlus) è una realtà ormaiconsolidata che si fa apprezzare sul territorio, dallaComunità ebraica milanese, cui sono iscritte le duegrandi animatrici del progetto Rosanna Bauer Biazzie Joyce Anter Hasbani, e poi dalle ASL, dalle parroc‐chie, da altri operatori del sociale che consideranoi circa trentacinque volontari coordinati da Rosannae Joyce un punto di riferimento. “Le nostre attivitàsono molto varie e si adeguano alle esigenze di chisi trova ad avvalersene. Dieci anni fa ‐ spiegano ‐ eramolto diffuso e apprezzato il nostro programma divolontari per fare compagnia agli anziani, anche a

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 4 agosto 2013

Un talled avvolge gli sposi sotto la chuppah, lo sguar‐do dello scultore Roberto Terracini si perde nel vuotomentre impugna il suo strumento del mestiere, uncellulare si posa sull’orecchio sovrastato dal grandecappello di pelliccia di un ebreo ortodosso, una bam‐bina biondissima esplode di gioia mentre riabbracciail suo papà in divisa: sono le quattro immagini vin‐citrici negli scorsi anni del concorso fotogra ico Obiet‐tivo sul mondo ebraico indetto dalla FondazioneCentro di Documentazione ebraica contemporanea(Cdec), nel 2013 alla sua quinta edizione. Il concorso

è sempre abbinato alla Giornata eu‐ropea della cultura ebraica, dellaquale segue il tema, che per quest’an‐no sarà Natura e tradizione ebraica.“Il nostro scopo è quello di far cono‐scere un ambito di attività che non

ha nulla a che vedere con la Shoah e che sta diven‐tando sempre più importante, il nostro archivio fo‐togra ico”, spiega Giorgio Sacerdote del Cdec. L’archivio riunisce oltre 50mila immagini, che pro‐vengono da 680 diversi fondi, per lo più famiglie oqualche volta donatori che non sanno cosa fare dellefotogra ie che hanno in casa, ma anche da archivispeciali. La raccolta delle foto è un processo com‐plesso, che consiste nello scovare le famiglie che po‐trebbero avere materiali interessanti, spiegare lorodi cosa si tratta e una volta convinte guardare insie‐me, esplorare e setacciare pile di vecchie foto, ine‐stimabili testimoni del passato. “L’archivio serve araccontare la storia e la vita degli ebrei in Italia, dallametà dell’800, ino a ieri sera, se possibile”, illustraSacerdote. Sono documentati personaggi ed eventi davvero si‐gni icativi per la storia sia delle Comunità ebraichesia dello Stato italiano, e poi frammenti di vita fa‐migliare che danno un’idea dell’evoluzione della pre‐senza ebraica nel corso dei decenni. “Le fotogra iepiù dif icili da reperire – prosegue Sacerdote – sononaturalmente quelle degli ebrei al lavoro, che sareb‐bero davvero utili per analizzare i cambiamenti della

situazione economica”. L’intento è ora quello di ren‐dere l’archivio sempre più fruibile: già qualche annofa è stato completamente digitalizzato, ma consul‐tabile solo attraverso gli studiosi del Cdec. Da unpaio di mesi è stato però messo in funzione un nuovosistema basato su internet, chesi spera in futuro possa renderel’archivio direttamente consul‐tabile da chiunque, superandole varie dif icoltà di tipo legaleche questo comporta. Nel corso degli ultimi anni in molti si sono rivolti alCdec per utilizzare foto dell’archivio, sia per ricerchepersonali nel mare delle famiglie ebraiche italianesia per pubblicazioni, ma sono stati anche redattialcuni cataloghi e organizzate mostre. Fra di esse nel 2011 quella intitolata “Donne ebreenell’Italia unita” per celebrare il centocinquantesimoanniversario della Repubblica. “C’è però ancora trop‐

po silenzio su questo lavoro, l’archivio fotogra ico èun patrimonio di grande valore ma purtroppo ancorapoco conosciuto – afferma Paola Mortara (nell’im‐magine), che ne è responsabile – attraverso il qualesi potrebbero svolgere studi antropologici e storici

sull’ebraismo italiano molto appro‐fonditi”. E così continua l’incessante ricercadi fotogra ie, ma anche di fotogra i,che arricchiscano l’archivio con illoro ingegno. Possono essere pro‐

fessionisti o aspiranti tali, come Mattia Montecorboli,studente di architettura, 27 anni, romano, vincitorenel 2011 sul tema Judaism and new media, che daallora ha scritto un libro con un reportage di viaggioche fotografa la situazione israelo‐palestinese, in at‐tesa di pubblicazione, e ha organizzato una mostrasull’Iran. “Il mio sogno nel cassetto – racconta – èproprio quello di diventare fotoreporter”. Ma fotogra i

ci si può anche improvvisare, basta cogliere, ancheinconsapevolmente, l’oraziano attimo per creareun’opera d’arte, come è successo a Hadassah Chen,38 anni, primo posto al concorso dell’anno scorso,dal tema “riso ebraico”, che vive in Israele con i suoitre igli, e ricorda: “Io nella vita non mi occupo di fo‐togra ia. Quel giorno però mio marito tornava dallaTzavah, mia iglia gli è corsa incontro e lo scatto èpartito, quasi per sbaglio”. Insomma, basta armarsi di macchina fotogra ica ebuttarsi, senza temere la giuria, formata da membriche vanno da un giornalista a un pubblicitario a unesperto di comunicazione, perché “non si valuta solol’abilità fotogra ica, ma un insieme di tanti elementiche rendono unica una fotogra ia”, sottolinea PaolaMortara. Che aggiunge: “In fondo l’immagine è il lin‐guaggio universale per de inizione, e oggi più chemai”.

Francesca Matalon

C’è tempo ino al 31 agosto per partecipare alla nuova edizione del concorso Obiettivo sul mondoebraico promosso dall’Archivio fotogra ico della Fondazione Centro di documentazione ebraicacontemporanea con sede a Milano in collaborazione con AEPJ (European Association for thePreservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage). “Natura e tradizione ebraica” il tema scelto per il 2013: la cerimonia di premiazione è ormaidivenuta un appuntamento tradizionale della Giornata europea della cultura ebraica. “Le im-magini dovranno sviluppare il tema e caratterizzarsi per la presenza di elementi ebraici: dalcollegamento al signi icato simbolico della natura nelle feste e nei riti, al legame con la terrad’Israele e allo sviluppo delle tecniche agricole, dai campi scuola per chaluzim ai campeggi deimovimenti giovanili…” si legge nel regolamento di questa quinta edizione. Il concorso è apertoa tutti con partecipazione gratuita. Previste due diverse sezioni: “Foto d’autore”, per gli scattirealizzati direttamente dai concorrenti e “Foto dal cassetto” per le immagini storiche o difamiglia. Le fotogra ie inaliste verranno esposte in una mostra durante la Giornata mentre aiprimi classi icati verrà assegnato rispettivamente un premio di 350 euro e una menzionespeciale.

“NATURA, ECOLOGIA ED EBRAISMO”: IL CONCORSO 2013

Il linguaggio universale delle immagini e un archivio da valorizzare

MILANO EBRAICA

Il Centro di documentazione ebraica contemporanea scatta

Michele Levis, Benedizione degli sposi sotto la chuppah, 2009

Mattia Montecorboli, Ortodossiamoderna, 2011

Maurizio Turchet, Fine delloShabat -Yerushalem, 2009

Sfumature di identità nelle foto più belle

Estate, tempo di vacanze, soprattutto per il mondodella scuola. Ma tempo anche di bilanci, in particolaredei progetti realizzati nell’anno precedente, per ca‐pire quali risultati sono stati ottenuti e come pro‐cedere in futuro. Il progetto dedicato alla salute psi‐comotoria dei bimbi dell’asilo nido e scuola dell’in‐fanzia della Comunità ebraica di Milano non fa ec‐

cezione. Realizzato dall’Asso‐ciazione medica ebraica insie‐me alla Fondazione Villa SantaMaria (specializzata nel campodei disturbi della psicomotri‐cità e della comunicazione), lostudio si è avvalso anche dellacollaborazione del centro di

Beersheva diretto dalla neuropediatra Marina Norsie dell’Università di Gerusalemme. Lo scopo consi‐steva nel favorire il pieno sviluppo delle potenzialitàdei bambini in tutti i campi, ma anche e soprattutto

nell’individuare e porre le basi per ovviare alla sem‐pre più frequente manifestazione dei disturbi nelpercorso di crescita. “Nelle scuole israeliane, l’espe‐rienza di monitorare i piccoli sin dai primissimi annidi vita è diffusa. Questo consente di aumentare tan‐tissimo le possibilità di porre effettivo rimedio a

problemi che se invece vengono scoperti più tardipossono causare grosse dif icoltà – spiega il presi‐dente dell’Ame e consigliore dell’Unione delle Co‐munità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara (nell’im‐magine) – Per questo come Ame abbiamo accoltocon grande favore l’idea di lanciare un progetto pi‐

coloro che si trovavano in Casa di Riposo e che, purin salute, apprezzavano la possibilità di avere qual‐cuno con cui andare a fare una passeggiata o sem‐plicemente chiacchierare. Oggiquesto tipo di servizio è menorichiesto, ma a costuituire un im‐portante valore aggiunto è la no‐stra possibilità di accompagnarein macchina le persone, con trevetture, di cui due attrezzate an‐che per il trasporto di carrozzel‐le. Ci sono sempre lunghe listed’attesa per usufruirne”. L’asso‐ciazione, grazie alla generosità di un donatore, fe‐steggia in queste settimane l’arrivo di nuove autoche sostituiscono quelle vecchie ormai compromesse,ma non nasconde anche qualche dif icoltà. “Ovvia‐

mente cerchiamo di reperire risorse, che riceviamoesclusivamente con donazioni o dalla raccolta delCinque per Mille, ma saremmo felici anche di trovare

un numero maggiore di volontari– sottolineano ancora Rosanna eJoyce – Per esempio una delle no‐stre aree di intervento consistenel portare pasti kasher in ospe‐dale a chi ne fa richiesta e cerca‐vamo qualcuno che potesse effet‐tuare le consegne con un moto‐rino, per risparmiare tempo ecarburante, ma inora non si è fat‐

to avanti nessuno”. Un’attività che sarebbe apparen‐temente adatta ai giovani, che però sono pochi. “Lamaggioranza dei nostri volontari ha tra i 45 e i 70anni, è dif icile trovare giovani che abbiamo voglia

e tempo di impegnarsi” concludono. Loro invece lavoglia di impegnarsi non la perdono. Il principio èsempre lo stesso: nessuno deve essere lasciato dasolo (per ulteriori informazioni www.federicasha‐ronbiazzi.com).

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 5agosto 2013

L’importanza di darsi una mano

lota, per la prima volta in Italia, per favorire questapresa di coscienza”. Così, a partire dal novembre2012, alcune osservatrici di Villa Santa Maria, concompetenze speci iche in questo tipo di attività han‐no portato avanti una serie di sedute insieme ai bam‐bini tra i 12 e i 61 mesi. “Ovviamente il fatto di la‐sciare i bambini nel loro ambiente, nella loro scuola,è un fattore fondamentale ‐ sottolinea ancora Mor‐tara – e sono state ben il 97 per cento delle famigliead accettare che i igli prendessero parte allo studio”. “Mentre veri icare la regolarità della crescita da unpunto di vista somatico è abbastanza semplice, grazieall’esistenza di tabelle e parametri di riferimentocirca per esempio l’altezza o il peso – spiega il pro‐fessor Enzo Grossi, direttore scienti ico di Villa SantaMaria – più complesso è veri icare il buono sviluppodella motricità globale o della capacità di comuni‐cazione. Soprattutto a questo tendeva il lavoro dellenostre operatrici. Ricordando sempre che ciò cheviene rilevato non costituisce necessariamente unproblema reale, ma solo un campanello d’allarmeche suggerisce ulteriori veri iche”. Monitoraggio dei bambini nelle loro spontanee at‐tività e interazioni attraverso giochi e laboratori,senza invadere la vita dei piccoli una delle caratte‐ristiche chiave dello studio. “Oltre ai disturbi, la ri‐cerca mette in rilievo anche le capacità particolar‐mente sviluppate del bimbo” ricorda Grossi.I risultati sono stati comunicati singolarmente ai ge‐nitori alla ine dell’anno scolastico: nel complessocirca il 17 per cento dei bambini ha presentato lieviproblematiche in una o più aree dello sviluppo, il30 per cento ha mostrato di possedere capacità avan‐zate e nel 53 per cento dei casi si è registrato inveceun pro ilo normale. “Il mio auspicio è che da una parte la Comunità ebrai‐ca di Milano, dopo il primo anno di progetto pilota,decida di proseguire la collaborazione con Villa SantaMaria per il prossimo periodo scolastico e dall’altrache si possa lanciare un analogo esperimento anchenelle scuole delle altre Comunità – conclude GiorgioMortara – Penso che rappresenti un’opportunità im‐portantissima di aiutare i bambini, e dunque il nostrofuturo”.

I bambini e le potenzialità da appoggiare per la crescita

Rosanna BauerBiazzi

Joyce Anter Hasbani

Ruggero Gabbai,L’urlo, 2010

AlessandraCoen, Sorriso,2012

Sara Moiola,Starting fromA,B,C - Oded Ezergraphic designer,2010

Hadssah Chen, La felicità del ritorno del papà

dalla Tzavà, 2012

David Terracini, Lo scultoreRoberto Terracini al lavoro,1954

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 6 agosto 2013

Otto donne. Libere, emancipate, viaggiatrici, am-basciatrici di cultura ai più alti livelli. Sarannole protagoniste della grande mostra Ebraicità alfemminile: Otto artiste del Novecento organiz-zata dalla Comunità ebraica di Padova in colla-borazione con l'amministrazione cittadina alCentro Culturale Altinate. Curata da Marina Ba-kos (nella foto) con il supporto di Virginia Ba-radel, la rassegna sa-rà inaugurata vener-dì 30 agosto e reste-rà aperta al pubblicoino a metà ottobre.

A fare da perno la i-gura di AntoniettaRaphaël, pittrice escultrice di famamondiale e fondatri-ce assieme al maritoMario Mafai del cele-bre sodalizio “di viaCavour”, che saràpresente con unaventina di seleziona-tissime opere. E con lei, in un continuo dialogotra diverse correnti che sarà sviluppato neglispazi espositivi, il contributo artistico di AdrianaPincherle, Alis Levi, Eva Fischer, Gabriella Oref-ice, Lotte Frumi, Paola Consolo e Silvana Weil-

ler.Obiettivo dell’esposizione: dare il giusto risalto,osserva la curatrice, “a quei tracciati di espe-rienze femminili che sono state in grado di tra-

sformare una condizione di minorità sociale inuna ragione di affermazione, di indipendenzacreativa tali da valorizzare sia le loro esistenzeche la vita culturale del nostro paese”.Al di là dell'appartenenza di genere, ri lette an-cora Bakos, gli artisti ebrei del Novecento eranoaccomunati dall'appartenenza alle classi medio-alte e all'elite culturale e concepirono un'arte

variamente declinata.Alcuni intrinsecamen-te latina e mediterra-nea, altri attenti aglisviluppi dell'avan-guardia europea perriaffermare tutta la li-bertà creativa insitanel liberalismo italia-no. Mediando conti-nuamente tra la vitapubblica e la vita pri-vata, tra l’identità re-ligiosa e quella nazio-nale, “realizzarono unoperato sostanzial-

mente legato e concorde a quello che andavaconsolidandosi sulla scena della cultura europeacontemporanea”.L'idea viene da lontano: due anni di gestazioneper arrivare un mosaico di notevole fascino e com-plessità. Con uno sponsor d'eccezione: la scrittriceMiriam Mafai, iglia di Mario e Antonietta, ado-peratasi per l'esito positivo dell'iniziativa anchenegli ultimi tormentati giorni di vita.

Otto artiste raccontano il NovecentoUnica nel suo genere, la mostra presenta un’accurataselezione di opere di otto artiste del Novecento chetiene conto di una doppia identità: l’essere donneed ebree oltre che artiste, dedicate a una vocazionescelta e perseguita con lucida passione. Al centro dell’esposizione s’impone, per quantità equalità di opere, la presenza di Antonietta Raphael,protagonista della Scuola Romana, pittrice e scultriceil cui valore è emersocon chiarezza sin dalleprime rivisitazionicondotte con appro‐fondite mostre mono‐gra iche sin dagli anniOttanta. In mostra cisaranno opere fonda‐mentali e assai note:dipinti come Autori‐tratto con violino e Na‐tura morta con chitar‐ra e un consistente nu‐mero di sculture comeAngoscia e Re Davidepiange la morte di As‐salonne. Non mancanosoggetti relativi al te‐ma dell’ebraicità (Lalamentazione di Giobbe e Yom Kippur in sinagoga)nei quali Raphael ribadisce il suo “deciso orgogliodella differenza”: Mia madre benedice le candele ap‐pare come il testamento morale di una donna e diun’artista straordinaria. Una sala centrale è dedicataanche a Eva Fischer, pittrice assai feconda e ancora

attiva. Fischer traduce il ricordo “della tragedia” inun personale diario sulla Shoah: è la pagina più toc‐cante della sua produzione fatta di colori lividi cherimandano ai versi di Nelly Sachs (Meditate che que‐sto è stato). Ma la sua personalità solare si nutre an‐che di altri temi che si succedono a cicli: gli Interni,i Mercati (che incantarono de Chirico), Capri le cuiarchitetture mediterranee iniranno per trasformarsi

in partiture astratte ispi‐rate alle composizioniche scrisse per lei EnnioMorricone. Fisher visseper intero la stagione ro‐mana del dopoguerra,apprezzata dai protago‐nisti dell’arte, del cine‐ma, della letteratura, del‐la musica che si davanoconvegno in quei luoghidi socialità e dibattito ri‐masti leggendari. La prima sala della mo‐stra è dedicata ad AlisLevi che si presenta coni disegni di formazionee le prime prove a pa‐stello nate sulla scia dei

maestri francesi, ma che ben presto lasciano spazioa innovazioni di matrice capesarina, vicine a GinoRossi e a Garbari, come testimonia Bambino sottol’albero. In opere quali S. Pietro in Volta e PaesaggioAlis si af ida prevalentemente all’acquarello: i piccolipaesaggi pittoreschi sono pieni di luce, incastonati

Tradizione, vocazione, passione

Antonietta Raphael, Autoritratto con violino (1928)

L'improvviso e inaspettato arrivo a Triestedi circa un migliaio di uomini, donne, an-ziani e bambini, cacciati dall'isola di Corfùperché ebrei e, in quanto tali, ingiusta-mente incolpati di un'odiosa e falsa accusadi omicidio rituale, tra la ine dell'Otto-cento e l'inizio del Novecento, fu per la Co-munità ebraica locale un vero e proprioshock. Forte di quasi 5mila iscritti per lo più diorigine ashkenazita, bene integrata neltessuto sociale cittadino in cui era presenteda sei secoli e orgogliosa del proprio na-zionalismo italiano, si trovò infatti a con-frontarsi con una realtà completamentediversa. I profughi erano per la gran partefamiglie povere, con usanze e tradizioniproprie e diverse da quelle cui erano abi-tuati gli ebrei triestini che non celaronola loro dif icoltà ad assorbire gli “stranieri”.Alla povertà materiale dei cor ioti si ac-compagnava però una ricchezza spiritualee un profondo attaccamento alla fede re-ligiosa che tuttora continua ad arricchirela nostra Comunità. La vita quotidiana diqueste famiglie ruotava attorno alla si-

nagoga ed era scandita dallo Shabbat, ilSabato, e dalle altre festività ebraiche, ce-lebrate con grande partecipazione di tuttii componenti della famiglia in dai prepa-

rativi della casa e delle pietanze tipichecor iote. Per questo, ancor oggi, ogni fe-stività ci riporta ai profumi e ai gusti chesi sentivano nelle case dei nostri nonni.

Allora non vi fu mai una completa inte-grazione tra la Comunità ebraica e i nuoviarrivati. E ad accentuare la separazionecontribuì il fatto chegran parte degli ebreicor ioti andò ad abi-tare nell'area dell'exghetto, abbandonatada tempo dai correli-gionari ormai bene-stanti. Qui aprirono leproprie attività, per lopiù rigatterie e botte-ghe, o iniziarono a la-vorare come venditoriambulanti, operai, sartie l'emarginazione, di cuiper lungo tempo furono oggetto, ebbe l'ef-fetto di rafforzare la coesione identitariada cui trassero la forza per proseguire no-nostante le numerose dif icoltà. La tragedia delle leggi razziste e della Sho-ah, di cui l'intera Comunità ha patito leconseguenze, ha travolto queste incom-prensioni e i dissapori. Il trascorrere deltempo ha fatto il resto, assestando gli equi-

libri e facendo rimarginare le profondeferite. Oggi la componente cor iota rappresentala maggioranza di una Comunità storica

che, seppur ridotta nei numeririspetto a un secolo fa, continuaa sentirsi orgogliosamente parteintegrante della città che l'haaccolta: citta emblema della coe-sistenza paci ica di popoli, linguee religioni. Questo volume ci offre uno spac-cato inedito, di grande interessee a tratti commovente, di questisnodi cruciali che hanno modi-icato nel profondo l'ebraismo

triestino contribuendo a deline-arne il volto odierno.

In qualità di presidente della Comunitàebraica di Trieste orgoglioso delle sue ori-gini cor iote, invito i lettori a scoprire inqueste pagine questo tratto della nostrastoria.

Alessandro Salonichiopresidente della Comunità ebraica

di Trieste

Corfù e la dolorosa diaspora che ha cambiato il volto alla Comunità

PADOVA EBRAICA

TRIESTE EBRAICA

Festa di nozze tra Matilde (detta Stamo) Muscatti e Sino Nacson. Trieste,1946. Matilde nel 1944 è stata deportata da Corfù, dove è nata e avevasempre vissuto. Dopo la liberazione dal campo di Bergen-Belsen l'inizio diuna nuova vita ai piedi del Carso (Archivio privato Anna Mustacchi)

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pag. 7agosto 2013

in ombre scure e animati dal gioco dei pastelli checrea densità e asperità accentuandone i toni e esal‐tandone il valore cromatico. Continuando nel percorso troviamo af iancate nellasala successiva, Adriana Pincherle e Gabriella Oref‐ice, due pittrici che accendono i toni di una policro‐

mia pulsante confrontandosi sulle due sponde op‐poste dell’Espressionismo e del Postimpressionismo.Adriana, la “fauve” romana, mette tutta la sua vitalitàin “pezze di vivo colore” distribuite con eguale ir‐ruenza nei celebri ritratti (come quelli della sorella:Ritratto di Elena con cappellino del 1950 e nel piùtardo Ritratto di Elena Cimino) e nelle composizionicome La scatola dei guanti, di grande e costruttivaintensità cromatica. La Oref ice esponente di spiccodella seconda stagione capesarina, esordisce in mo‐

stra con Maschera siamese che risente di un brevema fecondo allunato presso Galileo Chini. A seguiredipinti di straordinaria carica cromatica come latempera del 1919 Natura morta con sedia rossa oMele e tazzina, un olio su tavola del 1927, mentrein Natura morta – Il The, del 1920 il colore si fa piùscabro e asciutto. Paesaggi quali Barene a Mazzorbodel 1926 risentono ancora di cromatismi brillantiche in opere come Riva degli Schiavoni e Barche sulcanale si ripiegano in luminosità più soffuse. Spiccain mostra il Ritratto di Semeghini, del 1929.Altro genere di pittura è quello di Lotte Frumi, nataa Praga e formatasi alla cultura Mitteleuropea (co‐nobbe e frequantò Ka ka e Schiele). Il suo stile sibasa su un antinaturalismo espressionista che si av‐vale di una luce chiara, a volte livida e di colori freddi

cui spesso fa da contrap‐punto il dialogo acceso dirossi e ruggine. In mostrapaesaggi quali Vela rossae Le lavandaie dialoganocon i ritratti di ArmandoPizzinato ed Ernesto Ru‐bin de Cervin.La koiné novecentista èpresente in mostra conuna pittrice di grande va‐lore, nipote di MargheritaSarfatti, che morì giovanedi parto, Paola Consolo.Le sue igure fortemente modellate, vigorosamenteplastiche ma possiedono anche una sottile intelli‐genza del colore che, diventando via via meno men‐tale, si af ida ai rosa segreti, ai grigi minerali, agli az‐zurri soffusi che infondono alla sua pittura una liricitàsilenziosa. Nell’Autoritratto, esposto alla Biennaledel 1932, l’artista si presenta come un’icona nove‐centista: i toni bassi sottolineati dal chiaroscuro ac‐centuano la rigorosità delle forme.Nell’ultima sala Silvana Weiller, che non è stata solopittrice ma anche poetessa, scrittrice, critica d’artee letteraria. Protagonista dell’intellettualità patavinadegli anni Cinquanta e Sessanta, è igura ancora mol‐to amata in città. La mostra mette in risalto un ope‐rato articolato e pluriforme, muove da sperimenta‐zioni materiche grevi di colore squillante (Il Prato

verde) dove pian piano ogni iguratività è rimossa(Muri in ghetto e Alberi di luce) sino a giungere aimonocromi, densi di pece rappresa.Il percorso espositivo, ospitato nel piano nobile delCentro Culturale Altinate‐San Gaetano, si avvale del‐l’allestimento di Fumolo e Luser di trart, l’organiz‐zazione che edita anche il catalogo bilingue con testidi Marina Bakos, Virginia Baradel e Serena De Do‐minicis e corredato delle biogra ie delle artiste.Accompagneranno la mostra un video d’apertura incui Marina Bakos illustrerà il signi icato e il caratteredella mostra e due videointerviste: all’unica artistaancora attiva, Eva Fischer e alla nipote di AdrianaPincherle, Gianna Cimino.I video sono stati realizzati da DNA. Regia e mon‐taggio di Diego Loreggian e Andre Guidot.

“Una realtà che si conferma fondamentale nelrapporto tra Comunità ebraica e territorio al-largandosi a sempre nuove città e scuole”. È lavalutazione del presidente della Comunità ebrai-ca di Parma e consigliere UCEI Giorgio Giavarinia margine della premiazione della quarta edi-zione del concorso Shevilim. L'appuntamento,con obiettivo la promozione e la diffusione dellacultura ebraica nelle scuole, ha visto come diconsueto la sua conclusione nella sinagoga e almuseo ebraico Fausto Levi di Soragna. Due lescuole premiate con un pubblico riconoscimento:l'Istituto Comprensivo di Sergnano per il progetto“La stella di David” e l’Istituto di Istruzione Se-condaria di Primo Grado Pietro Zani di Fidenzaper “Come nasce una stella”.Ad intervenire, oltre a Giavarini, l'assessore pro-vinciale per le politiche scolastiche GiuseppeRomanini e il sindaco di Soragna Salvatore IaconiFarina. In conclusione un concerto dal titolo Igiardini di Israel con protagonisti Stella Bassani,Luca Bonaf ini e Stefano Morselli.Nel concedere il patrocinio della Provincia l'as-sessore Romanini ha commentato: "Solo attra-verso una corretta informazione ed educazionedei giovani si possono gettare le basi per lo svi-

luppo di una convivenza consapevole nell'attualesocietà globalizzata, convivenza che deve essereanzitutto fondata sulla tolleranza, sull'accoglien-za e sulla paci ica convivenza delle diverse cul-ture e tradizioni".

A sinistra: Eva Fischer,Tre barche (1957). A destra: SilvanaWeiller, Alberi di luce(1977-78).

Shevilim, vittoria sul territorioA due anni dalla grande mostra allestita per raccontare le vicende degliebrei cor ioti ai piedi del Carso arriva alle stampe, grazie alla casa editriceLa Mongol iera, l'elegante catalogo Evraikì-Una diaspora mediterranea daCorfù a Trieste. Un lavoro lungo e appassionante presentato alla città, alMuseo ebraico, nei giorni del laboratorio giornalistico Redazione Aperta.Grande la soddisfazione della leadership comunitaria e dei curatori delvolume (Mauro Tabor, Tullia Catalan, Annalisa Di Fant e Fabrizio Lelli) peril raggiungimento di questo risultato.“Se inizialmente sembrava che il materiale fosse poco, cercando di nucleo

famigliare in nucleo famigliare, come in un mosaico, èstato possibile ricostruire la complessità di un gruppoche ha contribuito a rendere Trieste una comunità moltoparticolare” ha osservato Tabor, assessore alla Culturadella Comunità giuliana. L'incontro è stato aperto dalleparole del presidente Alessandro Salonichio, che ha volutodedicare il catalogo alla memoria del suo precedessore e indimenticabile protagonista dellavita ebraica del Nord-Est Andrea Mariani.In apertura di volume due saggi di Fabrizio Lelli. Il primo, di carattere introduttivo e incentratosulla presenza ebraica a Corfù ino al pogrom del 1891, restituisce l'immagine sul lungoperiodo di una comunità orgogliosa e combattiva nella rivendicazione dei propri diritti maal tempo stesso, scrive Cattalan, “vessata anche da episodi di intolleranza”. Nel secondo con-

tributo si illustrano invece i tratti principali della tradizione religiosa dell'ebraismo cor iota soffermandosi sullaliturgia, sulle lingue e sulla sua ricca produzione culturale e artistica. In luce in particolare i rapporti intrattenuticon Venezia e con la Puglia e le profonde contaminazioni culturali e linguistiche causate da questi contatti. Ilsaggio di Annalisa Di Fant analizza invece la presenza cipriota a Trieste dalla seconda metà dell'Ottocento eino alla vigilia delle leggi razziste del 1938.

Una storia che viene da lontano

PARMAEBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 8 agosto 2013

di Laura Forti

Balagan è una parola presa in prestito dall’ebraicomoderno, che a sua volta l’ha rubata dal russo cheforse l'ha presa dal turco. E’ una parola nata per stra‐da, quindi, una parola dell’esilio, in migrazione dauna cultura all’altra e signi ica caos, confusione, di‐sordine ma anche contaminazione di stili, di storie,di linguaggi. Seguendo questa suggestione, EnricoFink, da quest’anno assessore alla Cultura della Co‐munità ebraica di Firenze, ha dato vita al BalaganCafè, libere prove di creatività all’interno del giardinodella sinagoga. Ogni giovedì dalle 19 alle 23 il cancellodi ferro che separa la sinagoga da via Farini si apree la città è invitata a una festa collettiva che partecon una presentazione di un libro, di un disco, di unprogetto, prosegue con un’apericena e si concludecon un incontro musicale. Finora sul palco posto suigradini della sinagoga si sono visti s ilare generi eculture molto diverse in pieno stile balagan: dallaconversazione fra Wlodek Goldkorn e MassimilianoFuksas che ha spaziato dall'architettura alla iloso ia,alla presentazione di libri come “Attentato alla sina‐goga” di Arturo Marzano e Guri Schwartz, alle ri les‐

sioni su autori come Irene Nemirovsky, ai burattinipraghesi di Simcha Jelinek, alle tamurriate napole‐tane dei bravissimi Rocco Zecca e Pasquale Rimolo;e poi il klezmer suonato dai giovanissimi del labo‐ratorio di musica etnica del liceo musicale di Arezzo,dal gruppo klezmer delcentro di culture popolaridi Roma Gianni Bosio, edalla “house band”, la Ba‐lagan Cafe Orkester, com‐posta da giovani musicistidella nostra comunità; maanche la musica del mon‐do dell’orchestra Multiet‐nica di Arezzo e quellaclassica eseguita dal quar‐tetto di Miriam Sadun epoi dal duo Massimo Ne‐si/Stefano Bezziccheri in due concerti in ricordo diRuth Pardo e Lara D’Angelo, due musiciste scomparsetragicamente qualche mese fa. Il signi icato più profondo del balagan comunque èmescolare, sorprendere, aprire la testa e dare unasbirciatina alla realtà da una prospettiva diversa.

Per questo per ino il cocktail della serata è il balaganbitter sweet, un long drink dove protagonista è lamelagrana, simbolo della tradizione e anche del belgiardino che ospita l’evento, che si sposa però conla cosmopolita vodka ingentilita da menta e lime.

Per questo il cibo ogni gio‐vedì è diverso, come du‐rante la serata di aperturaalla comunità musulmana,dove cuochi delle due cul‐ture si sono uniti in cucinae hanno dato via a un me‐nu misto, di grande impat‐to per vista e palato: la for‐za del peperoncino e lespezie del riso egiziano sisono sposati con la delica‐tezza degli scacchi di ver‐

dure e la salsa di melanzane con il risultato di uncreativo balagan che univa e mescolava due popolie due storie (che si sa ‐ come diceva la grande cuocascrittrice Jenny Bassani Liscia ‐ passano sempre dallacucina). Perché anche il cibo, come faceva notaregiustamente qualcuno, in queste serate non è “solo

cibo”, è incontro, è cultura, è gioco, è conoscenza delgusto degli altri, da cui l’idea immediatamente ap‐provata di avere un menu scritto che presenti le pie‐tanze commentandole e raccontandone una brevestoria, quasi si trattasse della lista dei personaggipiù importanti di una commedia in attesa di entrarein scena. E per riempire la pancia di chi arriva in ri‐tardo (visto che la gente continua ad arrivare a grup‐pi numerosi ino a tardi) adesso c’è una cena ridottae consolatoria, che si può pagare a metà prezzo, danoi prontamente ribattezzata “il balaghino”. Nessunodeve andare via senza essere stato accolto, rifocillatocon cibo e sorriso, o magari solo con un “balaghillo”– un dolcetto di marzapane a forma di sigaro, rega‐lato a tutti i presenti ‐ senza aver battuto le mani alritmo della musica, senza aver provato un passo didanza, insomma, senza essersi sentito, anche perun momento, il re della festa. Ora, dopo questo primomese e visti i numeri che arrivano alle seicento per‐sone a serata, davvero inaspettati anche per noi, bi‐sogna fare qualche ri lessione. La città ha voglia diincontro: è spinta sicuramente dalla curiosità di co‐noscere uno spazio che per la maggior parte deltempo e negli anni è rimasto chiuso, a scoprire il

Piacere dell'incontro e del confronto facendo Balagan all’ombra del Tempio

Riscaldati dal buon ciboLe prime sere faceva un gran freddo – nonostante la dataestiva – ma chi è rimasto ha avuto modo di scaldarsi coni buoni piatti di cibo e con la musica che si spandeva intutto il giardino e oltre la cancellata (ancora chiusa, maforse per poco). La sera dell’incontro con la Comunitàislamica c’era per ino la partita dell’Italia. Pensavo chesaremmo stati due gatti: invece, come al solito e più delsolito, una marea di persone e un’atmosfera bellissima.Mentre ascoltavo l’orchestra multietnica di Arezzo, coni suoi cantanti valdarnesi dalle molteplici origini, mi sonoaccorta di avere dietro di me un giovane con cui stavolavorando da giorni per la pubblicazione di un libro. Gliho chiesto come fosse capitato lì e mi ha risposto cheaveva sentito la notizia alla radio e la cosa lo aveva inte‐ressato, così gli era venuta voglia di venire.C’è tanta gente diversa che partecipa a queste serate.Gente della Comunità e anche tanti iorentini, felici dipassare una serata nello spazio magico del nostro giar‐dino.

Milka Ventura

Lavorando per la Coopoculture, la società che gestisce le visite all’interno della sinagoga e del Museoebraico ed essendo anche iscritta alla Comunità di Firenze, da quando esiste il Balagan Cafè non mi sonopersa una serata. Ci sono sere in cui a turno lavoriamo tutti, ma ormai venire è diventato irresistibile. Anche dopo una giornata di lavoro è impossibile rimanere lontano. Finalmente si avvera il sogno mio e di tanti altri iscritti, in primis la nostra presidente Sara Cividalli, diaprire il nostro bel giardino non solo ai turisti ma anche a tutti i iorentini. Una serata è incentrata sulla s ida tra cucina ashkenazita e sefardita. Profumi di mangiarini deliziosi pervadono il giardino, specialità di ogni tradizione attirano ebrei e nonebrei, ed è questa l’atmosfera che si è creata per cui, anche da fuori, le persone vengono volentieri perscoprire cosa si celava dietro al famoso cancello!Girellando per il giardino cerco di ascoltare i commenti degli ospiti che sono venuti e sono tutti favorevoli,apprezzano la cucina, i programmi culturali che vengono proposti di settimana in settimana e la buonamusica di vario genere che non guasta mai. In tutto questa organizzazione c’è tanto lavoro dietro da partedi tante persone, operatori, consiglieri, presidente, dipendenti, volontari e chi più ne ha più ne metta.Ho scoperto che le persone vengono perché si respira un’aria familiare. Sono serate semplici ma che nellaloro semplicità danno un qualcosa che forse ormai si era un po’ perso e che è bello scoprire questaatmosfera ebraica a loro sconosciuta. Venite e godetene tutti!Ah, dimenticavo… la s ida culinaria è inita con un bel pari.

Monica Hagen

Quell’atmosfera familiare da riscoprire

Prime adesioni per la chiamata a raccolta formu‐lata dall'avvocato Alberto Kostoris (nella foto) edalla Comunità ebraica di Trieste nel procedi‐mento giudiziario contro il consigliere provincialedella Lega Nord Paolo Polidori che la Comunitàstessa – nella primavera 2012 – aveva denunciatodopo che Polidori aveva quali icato in pubblico ilpresidente del Consiglio Mario Monti e il governoin carica come “espressioni del potere giudaicomassone”. Nel tentativo di distogliere l'attenzione

su questo vergognoso episodio il consigliere le‐ghista ha citato a sua volta in giudizio l'avvocatoKostoris prendendo a pretesto un post apparsosulla sua pagina Facebook in cui si leggono espres‐sioni ruvide che non fanno espresso riferimentoa fatti o persone, ma in cui Polidori sostiene diaver percepito una ingiusti icata volontà aggres‐siva nei suoi confronti. Un'azione che ha suscitatoforte sdegno e disagio nella Comunità. Di comuneaccordo Kostoris e il presidente Alessandro Sa‐

lonichio hanno così deciso di offrire, a ogni singoloebreo italiano, la possibilità di costituirsi partecivile nel procedimento (sono inoltre allo studiomodalità di inclusione di altre realtà intervenutepresso lo studio in queste settimane). Al momento hanno aderito l'associazione ItaliaIsraele e la Comunità ebraica di Padova: la spe‐ranza è di allargare ulteriormente la rete. “Vogliodare ad ognuno la possibilità di far sentire la pro‐pria voce dimostrando di avere la forza e il co‐

raggio di metterci la faccia senza paura. Si tratta– commenta Kostoris – di una personale mitzvahche faccio con immenso piacere anche nel ricordodi mio padre (che fu fra i protagonisti del processoper i crimini commessi nella Risiera di San Sabba,ndr). Le stesse ragioni che oggi muovono me avevanomosso lui nel dedicarsi anima e corpo, nel verosenso della parola, a quel processo. L’importanteè fare presto, con l’estate nel mezzo settembre è

La Comunità chiama a raccolta per reagire contro chi fomenta l’odio

FIRENZEEBRAICA

TRIESTE EBRAICA

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 9agosto 2013

giardino che si svela nella sua bellezza dietroal cancello di ferro; ma quello che piace dav‐vero alle persone è entrare in un mondo, inuna cultura, in una storia. “Vogliono vedereche non abbiamo la coda” scherza qualcuno.Ma dietro lo scherzo c’è una verità. Forse quelcancello è stato per troppo tempo chiuso, perragioni anche giuste e motivate, la sicurezza,la paura di attentati in anni che non sonosempre stati facili. Adesso è necessario fareun atto di fede e credere negli altri. È neces‐sario riconciliarsi e aprire quel cancello. Erastrano e bello ad esempio, durante la seratadedicata alla cultura musulmana, vedere in‐sieme nello stesso luogo, a cantare, ballare,

cucinare, mangiare, esponenti delle tre reli‐gioni, cristiana, ebraica e musulmana, tre re‐ligioni che per secoli si sono combattute etuttora in molte parti del mondo continuanoa essere ostili l’una all’altra. Davanti alla si‐nagoga, luogo di pace per eccellenza, per unasera si è tornati a essere igli dello stesso pa‐dre Abramo, e quindi fratelli. I fratelli possonolitigare, addirittura vendersi come è successoa Giuseppe, ma alla ine devono perdonarsi,dice la Genesi. Devono frequentarsi, comepropone la cuoca Sannà che ci spiega che ètutor di un gruppo di ragazzi all’Isolotto concui studia i testi sacri e che sarebbe interes‐sante incontrarsi e confrontarsi con giovani

ebrei che fanno lo stesso. Devono creare oc‐casioni per parlare e discutere, magari anchedurante l’anno, non solo una tantum. Perchéqueste occasioni di incontro, di scambio ri‐scaldano anche il nostro cuore di volontari,ci rimettono in gioco come Comunità, ci fannocondividere una piccola grande avventura, ilviaggio misterioso verso gli altri. Se poi conoscersi, bere qualcosa insieme, bal‐lare e cantare possono servire a superarepregiudizi e facili schematismi, possono farvedere che ebrei e arabi non hanno la codae che i cristiani non sono la Santa Inquisizio‐ne, ben vengano queste serate. Ben venga ilBalagan!

Aria puraIl balagan deve rispettare la veraessenza della vita, ricca di sorpreseed imprevedibile. Il nostro balagan

è diventatodisordinec r e a t i v o .Quest'espe‐rienza indi‐menticabiledi cui siamop a r te c i p iunisce laComunitàin manieranuova e ha

dato una ventata di aria pura. Nessuno potrà scordare queste se‐rate.

Simcha e Gloria Jelinek

Un gruppo affiatatoMi hanno chiesto di scrivere qualcosa sui giovedì in sinagoga.Beh, che dire, siamo un gruppo af iatato che non solo lavoracon un ritmo instancabile ma si diverte anche molto. Le nostre giornate in cucina sono ricche di crescita per tutti.Abbiamo condiviso bellissimi momentinei quali lo scambio di idee e culture ciha reso complici di esperienze indimen‐ticabili.Ci sono state serate con ospiti in cucina,la signora Saanah della comunità isla‐mica, Ugo Caffaz in s ida con GiuseppeBurschtein per conquistare i palati deinostri ospiti.E poi ci sono, non da meno, i miei pre‐ziosissimi e non sostituibili collabora‐tori senza i quali non avrei potuto rea‐lizzare tutto ciò.Per scoprire chi siamo visitate la pagina Facebook Firenze Ebrai‐ca e vedrete tutte le nostre foto.

Monia Bartolini

Un nuovo rabbino per la sezione senese

Grande novità per la sezione ebraica se‐nese che, dal 25 agosto, darà il benve‐nuto al suo nuovo capo culto, rav Cre‐scenzo Efraim Piattelli. Le ridotte di‐mensioni della comunità, che dagli anni'30 è sezione della kehillah iorentina,hanno spesso comportato varie dif icoltàquali raggiungere un semplice miniandurante le feste. Negli ultimi tempi si so‐no succeduti diversi capo culto ma Piat‐telli sarà il primo rabbino a stabilirsi aSiena dopo oltre 50 anni. La presidenteSara Cividalli, il consigliere Davide Sadun

e il rabbino capo di Firenze Joseph Levi hanno tenuto dei colloqui frontalicon nove candidati, quattro dei quali sono stati presentati ai rappresentantidella realtà senese. Rav Piattelli è stato ritenuto particolarmente idoneoper la sua esperienza con le piccole comunità, come quella di Verona dicui è stato rabbino capo per oltre 25 anni e per la sua preparazione reli‐giosa che potrà permettere un notevole miglioramento del servizio diTalmud Torah rivolto ai bambini.

Gadi Piperno Corcos

davvero dietro l’angolo”. “Comeistituzione comunitaria e comeebreo – afferma Salonichio – sen‐to il dovere morale che un’azionegiudiziaria come quella in corsonon cada esclusivamente sullespalle di Alberto, ma su tutti noi.Il fatto in sé ci preoccupa perchéoltre a riproporre con leggerezzavecchi e falsi stereotipi di cui ilnostro popolo ha subito l’onta, utilizza gli stessitermini della propaganda nazista e fascista cheoggi vediamo citati da noti gruppi estremisti di‐

chiaratamente antiebraici.Purtroppo questi termini so‐no usati anche da un espo‐nente politico locale di unpartito. Tali oltraggi, non soloverbali, si stanno di nuovomanifestando e diffondendoin modo preoccupante in tut‐ta Europa”.Chi volesse entrare in contatto

con l’avvocato Kostoris può farlo scrivendo una mailall’indirizzo [email protected] op‐pure chiamando il 040360162

Una realtà piccola nei numeri ma apertaalla città e capace, con il suo impegno, diavvicinare e mettere a confronto le di‐verse identità locali in una regione sto‐ricamente portata ad essere declinatasecondo i più variegati stilemi linguisticie culturali. È il quadro che emerge da unasingolare tesina di maturità dedicata allaComunità ebraica di Merano e al ruolosvolto sul territorio negli ultimi due se‐coli. Dal 1832, anno della costituzione diun primo nucleo ebraico in loco grazieai fratelli Schwarz – fondatori di una ban‐

ca e possidenti di alcune fabbriche di bir‐ra – ino ai giorni nostri. Un lavoro digrande originalità, redattodalla diciannovenne MiriamOrso, neodiplomata al liceolinguistico Gandhi, che hasorpreso e commosso lastessa Comunità. In partico‐lare il suo presidente Elisa‐betta Innerhofer (nella fotoa sinistra) che, nel commen‐tare l'opera, parla di elaborato “ricco diinformazioni” e “ben centrato da un pun‐

to di vista sia storico che emotivo”. Il lavoro di ricerca si ispira a un'espe‐

rienza personale emotivamentemolto forte come il Treno dellaMemoria nei luoghi dello ster‐minio nazifascista. Dalla visitaad Auschwitz e Birkenau, com‐pletata insieme ad altri 300 ra‐gazzi lo scorso inverno, l'impulsoad allargare i propri orizzonti ead andare oltre i tragici mecca‐

nismi della Shoah. La necessità, quindi,di raccontare una storia fatta di grandi

pulsioni commerciali e contributi di ma‐trice intellettuale di cui resta ancora oggiuna traccia. Oltre il dolore, la forza e latenacia di costruire il futuro e aprirsi al‐l'intera cittadinanza come in occasione

della recente rassegna Shalom Aleichemche ha coinvolto oltre 40mila visitatori.“La Comunità ebraica, dopo aver affron‐tato orribili e disumane vicende, ha con‐tinuato a vivere. La sua antica cultura –scrive Miriam – pulsa nei cuori dei di‐scendenti, dei nuovi arrivati, nel cuoredi Merano e di tutti noi. Merano non èsolo una città sul con ine o una città bi‐lingue, ma una città multietnica. Non dob‐biamo avere paura del diverso, ma di chivuole rendere tutto una sola cosa. Accet‐tiamoci come siamo e costruiamo insie‐me un mondo multiculturale in pace, per‐ché è bello potersi innamorare di chiun‐que”.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 10 agosto 2013

La kehillah conquista l'esame di maturità

Folto pubblico sinagoga a Vercelli in occasione dellaFesta della Musica – Solstizio d’estate. Presentatoun programma di melodie eseguite da un gruppo digiovani strumentisti ad arco dagli 8 ai 16 anni, conla partecipazione delle insegnanti di violino (LilianaMijatovic), violoncello (Valentina Ponzoni) e solfeggio(Francesca Peretta) del Laboratorio di musica d’in‐sieme per archi della Scuola F.A.Vallotta di Vercelli,nonché di alcuni giovani studenti, coetanei, dei Con‐servatori di Musica di Novara e Torino. Il tutto co‐ordinato, con il violino in mano, da Enrico Groppo.Il concerto è stato eseguito in maniera eccellente aconclusione del lavoro svolto durante l’anno scola‐stico e la sinagoga vercellese ha ospitato con grandeentusiasmo l’iniziativa inserita nella stagione mu‐sicale Via Foa in concerto la cui organizzazione ar‐tistica è stata af idata a Simonetta Heger, che dalungo tempo collabora con la Comunità, coadiuvatada Groppo e dall’organista Giorgio Guilla. Via Foa in concerto si impegna per riproporre al‐l’ascolto non solo musica conosciuta, di ambito ebrai‐co e non, ma soprattutto di fare della ricerca storicae musicologica la base della sua programmazione.Per questo, oltre alla collaborazione con lo Spaziodella Memoria Musicale della Biblioteca del Conser‐vatorio di Milano, che ha presentato l’inedito Quar‐

tetto Lilliput di Kurt Sonnenfeld nel concerto di inau‐gurazione della mostra Musica Perseguitata a curadi Pinuccia Carrer, si è af idata a Rosy Moffa Boscoe Marco Allolio per le fonti musicali degli autori ver‐cellesi. Prossimamente verranno eseguiti con l’anticoarmonium, brani di musica sinagogale dell’800 dicompositori ebrei vercellesi (Bonajut Treves e Eze‐chiello Levi).

Rossella Bottini Treves,presidente Comunità ebraica di Vercelli

Sabrina e l’uomo della ListaI temi della Memoria sono stati al centro diun'altra tesina di maturità di grande interes-se. Autrice la bolzanina Sabrina Impellizzeri,iglia di un carabiniere in servizio presso l'uf-icio dell'addetto militare dell'ambasciata

italiana a Tel Aviv. Cuore del lavoro un'intervista a Jonas Dre-sdner, tra gli oltre mille ebrei salvati dal Giu-sto tra le Nazioni Oskar Schindler nella suaceleberrima Lista. La tesina, premiata con lalode, è stata recentemente consegnata al direttore delle biblioteche di YadVashem, Rob Rozett, e alla responsabile per le relazioni internazionali Su-sanna Kokkonen. “Con la ine dell'estate mi piacerebbe invitare entrambein Comunità per parlare dei brillanti lavori che hanno realizzato”, affermail presidente della Comunità ebraica di Merano Eli Rossi Innerhofer.

Miriam, un viaggio nell’orrore e il desiderio di concretezzaL’ispirazione per questa tesina mi è stata data da un’esperienza personale che ho fatto l’annoscorso partecipando all’iniziativa il Treno della Memoria organizzata dall’associazione Terradel Fuoco. Siamo partiti in più di 300 ragazzi, provenienti da quasi tutta Italia, con un trenodiretto a Cracovia, per poter visitare la città e i campi di concentramento di Auschwitz e Bir-kenau. È stata un’esperienza che mi ha segnata molto. Sono tornata diversa da questo viaggio,i miei orizzonti si sono allargati e ho pensato che avrei dovuto fare qualcosa di concreto pertrasmettere la mia esperienza, per informare e per rendere le persone consce di ciò chesuccesse poco più di 70 anni fa. Ecco perché scrivo ora questa tesina, perché voglio che non si dimentichi quello che èsuccesso. Ognuno deve sapere e deve ricordare per fare in modo che niente del genere riaccada più. Mi sono concentrataprincipalmente sulla storia locale, sugli avvenimenti nel Sudtirolo, perché sono quelli che mi riguardano per primi. Iocredo che la storia del luogo in cui si vive sia importantissima per capire la propria cultura, la società, la politica. Oltre a voler ricordare e a tenere impressi nella memoria questi avvenimenti, vorrei che questa tesina riuscisse a ri-costruire la presenza ebraica a Merano e dimostrare come la cultura ebraica abbia arricchito la nostra città e facciaparte di essa. Perché non si deve parlare solo di Shoah, ma anche di tutto ciò che l’ha preceduta.

Miriam Orso

Festa in musica per il Solstizio“Una storia straordinaria”. Queste le parole con cuiil rabbino capo di Genova rav Giuseppe Momiglianoha voluto commentare il racconto di Franca Amorettisui fatti che interessarono la città di Nardò negli anniQuaranta e in particolare nell'accoglimento di nu‐merosi profughi ebrei. Una vicenda poco conosciuta,che inizia nel 1943 e che la conferenziera – in occa‐sione della conclusione dell'anno sociale dell'amiciziaitalo‐israeliana a Genova ‐ ha sviluppato con ricchez‐za di particolari interessanti e inediti. Oltre al rac‐conto storico, Amoretti si è soffermata sulla com‐movente cerimonia di benvenuto alle “ iglie del Sa‐lento” svoltasi in primavera al Museo della Memoriae dell’Accoglienza di Santa Maria al Bagno. Nate tra il ‘45 e il ‘47 nei campi di transito predispostinella regione, campi ove vennero alla luce oltre 200bambini, le iglie del Salento sono oggi cittadineisraeliane. Ad essere ricordata è stata quindi unabella pagina di rinascita e fratellanza scritta dai so‐pravissuti dei campi di sterminio insieme alla po‐polazione locale che, pur impoverita e distrutta dallaguerra, accolse migliaia di profughi con grande ge‐nerosità. Ha introdotto la relatrice il presidente del‐l'associazione per l'amicizia italo‐israeliana FrancoBovio. L'iniziativa pugliese ha avuto inizio con due lettere,

una dell’amico regista israeliano Gady Castel, ideatoredel progetto Rinascita in Puglia, e l’altra di invitoalla cerimonia di Enrico Molinaro, presidente del‐l’associazione Prospettive Mediterranee. Entrambeindirizzate al generale di corpo d’armata, Pietro Pi‐stolese e a sua moglie, Franca Amoretti. Entusiastica

Una bella storia di accoglienza

MERANO EBRAICA

GENOVAEBRAICAVERCELLI EBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 11agosto 2013

La sinagoga e i musei che compongono il polo cul‐turale ebraico di Casale Monferrato sono abituatiad accogliere visitatori illustri. In particolare daquando ospitano la grande collezione di Channukkiot(ora sono 150!) del Museo dei Lumi, le stanze attornoa vicolo Olper si sono popolate periodicamente deiloro autori: un album dei più importanti artisti con‐temporanei italiani e non. Di solito però sono con‐centrati verso la festa che diventa un momento dipresentazione delle nuove opere e un incontro ecu‐menico con la città.È stata dunque un'occasione più che eccezionalequella che ha portato tre protagonisti dell'arte mon‐diale a varcare la porta della Comunità nelle scorsesettimane. Si sono infatti presentati insieme ArnaldoPomodoro, Giuseppe Maraniello e Antonio Recalcati.Motore dell’incontro è stato proprio Recalcati, autorelegato alla Casale ebraica in dai primi passi del‐l’odierno rinascimento culturale (suo il piccolo me‐moriale all'ingresso della sinagoga). E' stato Recalcaticoinvolgere Pomodoro e Maraniello nell’idea checiascuno creasse una Channukkiah e la donasse alMuseo in questa occasione. La semplice cerimonia di presentazione ha come alsolito calamitato i tanti amici della Comunità (im‐mancabile Gad Lerner). Un po’ di emozione quandoElio Carmi e il presidente della Comunità casaleseGiorgio Ottolenghi hanno tracciato la storia di unluogo che nel dopoguerra sembrava privo di pro‐spettive (e di esseri umani); immancabile il donoagli ospiti di Krumiri Rossi kasher e in ine eccole lì,le due opere: immerse nella penombra con le loroiammelle accese. Simbolo di una religiosità e una

tradizione diventata prima che arte un oggetto vi‐vo.Arnaldo Pomodoro (romagnolo, classe 1926), è con‐siderato uno dei più grandi scultori italiani di questosecolo e tutti ricordano i bronzi di forma sferica odiscoidale che abbelliscono le più importanti piazzedel mondo. Per lui si tratta del secondo contatto conun’opera legata all’ebraismo. Lo spiega ricordandoche nel 2003 ha realizzato una sorta di cippo, inti‐tolato Dedica, per la tomba di Giorgio Bassani nel‐l’antico cimitero ebraico di Ferrara. Un giardino im‐merso nella quiete, un luogo di grande tensione emo‐tiva. "Oggi ‐ ha affermato ‐ sono stato lieto e onoratodi ricevere questa commissione per la collezione delMuseo dei Lumi, un’istituzione che non conoscevo”.Per il Museo casalese Pomodoro ha realizzatoun'opera lineare, simmetrica in cui il servitore, cen‐trale, si distacca dagli altri solo per l'altezza: “Hopensato a un elemento essenziale che si sviluppaorizzontalmente e ho realizzato una putrella che so‐stiene le nove candele. Sulla putrella stessa sono inserite due lastre di bron‐zo sulle quali ho tracciato le trame e i segni carat‐teristici del mio linguaggio espressivo: tra itture ir‐regolari e itte, cunei, ili, denti”. E questo fa pensare,perché in un museo ebraico dove la parola scritta ècelebrata in mille opere d’arte ci si inisce fatalmenteper interrogare sul signi icato di quei gli i che con‐traddistinguono tutta l’opera di Pomodoro. “Ho sem‐pre subito un grande fascino da tutti i segni dell’uo‐mo, soprattutto quelli arcaici, come i graf iti primor‐diali nelle grotte, quelli fatti per riconoscere la strada,per non perdersi, e come tutte le antiche scritture.Mi hanno sempre catturato questi segni così semplicie insieme così intensi. Nell’opera per la Comunitàdi Casale ho cercato di far emergere una serie di se‐gni astratti e immaginari per formare un raccontoche si connettesse in generale con l’idea del pensiero,dell’esperienza e della memoria; senza peraltro volerentrare nel merito di un tema così vasto e articolato,come è la complessa simbologia del mondo ebrai‐co”.Anche Giuseppe Maraniello, nato a Napoli nel 1945,ha le sue creazioni esposte perennemente al pubblico(una sua scultura è ai giardini di Boboli a Firenze).Come esponente di spicco dell’avanguardia ha rea‐lizzato mostre nei più importanti musei. Anche perlui la materia è il bronzo: in questo caso tutta la sualampada è un segno, una delicata e incerta calligra ia,nata dall’accostamento delle forme. Come spiega luistesso non c’è stato un progetto preciso: "Ho fattoun po’ di prove tra i bronzi che uso, una specie ditavolozza di bronzo e poi li ho assemblati”.

Per Maraniello si tratta della prima esperienza conun oggetto legato alla tradizione ebraica. “Anche seho molti amici ebrei e ho realizzato diverse operedi arte sacra ‐ prosegue ‐ non ho mai avuto occasionedi creare qualcosa attinente a questo mondo. Peròho la massima stima per le religioni e sento il doveredi confrontarmi con esse. Trovo che un artista siaprima di tutto al servizio del suo linguaggio e dellasua opera, ma poi debba essere al servizio degli altrie questo comprende anche il lato spirituale della

vita”. Le opere saranno esposte alla Sala Carmi inoalla chiusura estiva e poi entreranno a far parte dellacollezione. A Casale il Museo dei Lumi espone a ro‐tazione una cinquantina di lampade per volta. Maormai sono sempre i più i musei che ne chiedono inprestito i lumi. Probabilmente, nel futuro di questedue lampade, c’è anche l’impegno a portare il nomedi questa piccola Comunità in giro per il mondo.

Alberto Angelino

Grandi artisti in sinagoga per tenere alto il nome del Monferrato nel mondo

l'adesione. Nella pellicola Rinascita in Puglia si rac‐conta il viaggio delle iglie del Salento nei luoghidove nacquero e vissero i primi anni della loro vita.Il pensiero rivolto ai loro giovani genitori di allorafra diari, archivi, piccole e vecchie foto. Alla cerimoniaerano presenti in gran numero – 17 – giunte da Israe‐le con le rispettive famiglie. Festeggiati dalla bandalocale, hanno ricevuto il loro certi icato di nascitadai sindaci di Nardò, Castrignano del Capo, SantaMaria al Bagno, Santa Maria di Leuca, Tricase. DaIsraele sono inoltre arrivati alcuni regali simbolici(una isarmonica e un abito da sposa), appositamentedonati al Museo realizzato su progetto dell’architettoe consigliere UCEI Luca Zevi, presente alla cerimonia. Una testimonianza sopratutto di gratitudine e rin‐graziamento ai cittadini del Salento per il gesto fra‐terno e di spontanea generosità. Un augurio di ami‐cizia e fratellanza per le giovani generazioni. La cittàdi Nardò, è stato ricordato, nel 2007 è stata insignitadella medaglia d’oro dell’accoglienza dall'allora pre‐sidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. La vicenda delle iglie del Salento narrata con il pa‐thos della brava Franca ha reso il racconto affasci‐nante e importante. Un tributo al ruolo che ebberole madri con il loro amore alla vita, la loro determi‐nazione a guardare al futuro con speranza e il co‐raggio di diventare madri subito dopo gli orrori dellaShoah.

Vera Meschoulam

CASALE EBRAICA

In questi giorni afosi di mezz'estate gliattivisti NO TAV sono tornati a farsi sen‐tire, con le solite “passeggiate al cantiere”(come amano de inirle loro), che spessoe volentieri sfociano in sassaiole soste‐nute e altri atti di ordinaria violenza chei media nostrani sono ormai stanchi dimostrare. Vi è però una novità circa ilcampeggio NO TAV di Chiomonte, nel‐l'alta Val di Susa, dove il gruppo italianodell'International solidarity movement,organizzazione ilopalestinese di famamondiale, organizza un viaggio nei ter‐ritori palestinesi, in data da de inirsi, ri‐servato esclusivamente ai manifestantivalsusini. Subito verrebbe da pensare alsolito legame suggerito dalle etichettepolitiche; in realtà però, proprio nel cuo‐re del tanto odiato Israele, sta faticosa‐mente vedendo la luce una nuova opera

infrastrutturale a carattere ferroviario,un progetto ambizioso e molto contro‐verso promosso dallo Stato ebraico nellontano 1987: trattasi di una linea adalta velocità e alta capacità che colleghe‐rà le città di Gerusalemme e Tel Aviv inun tempo di percorrenza di soli 28 mi‐nuti. Il grande astio per questa strutturarisiede nel fatto che la nuova linea do‐vrebbe attraversare l'enclave palestinesedi Latrun, rimanendo tuttavia un servizioad uso esclusivo di Israele: si tratta diappena sei chilometri oltre la famosa li‐nea verde d'armistizio che però sono

stati suf icienti ad attivare numerose as‐sociazioni ilopalestinesi a livello mon‐diale, al ine di dipingere l'infrastrutturacome l'ennesimo bafometto sionistapronto a calpestare il neonato Stato pa‐lestinese. La pressione mediatica ancora una voltaè stata vincente: la Deutsche Bahn, azien‐da ferroviaria tedesca di Stato vincitricedell'appalto per la fornitura del nuovomateriale rotabile ha lasciato il campo,seguita qualche mese più tardi dall'ita‐liana Pizzarotti, impresa leader nel Bel‐paese nelle infrastrutture ferroviarie,

che ha prontamente sospeso la collabo‐razione al progetto. In diverse occasioni la ferrovia è riuscitaa svolgere il ruolo di vero e proprio vet‐tore della pace. Ad esempio, nelle vestidella linea Jesenice‐Trieste, che ha con‐tinuato a collegare Belgrado con il restodella penisola balcanica, nonostante ibombardamenti Nato. Qui invece diventa una chimera in unpaese che ha la sola colpa di essere odia‐to dai propri vicini. A Israele non restache tenersi i suoi navettoni diesel a 30chilometri orari su linee ormai obsoletee la sua società Egged, che con i suoi buspuò dormire sonni tranquilli, rimanendoil monopolista d'eccellenza del trasportopubblico israeliano.

Simone Foa

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

UN GIORNALE APERTO AL LIBERO CONFRONTO

DELLE IDEE

direttore Joel Hazan

HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 8 - 2013 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)

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La nostra agendafino al CongressoDopo le prime prove generali e le primedecisioni è inalmente arrivato il pro-gramma del Consiglio Ugei per i prossimimesi. Il Consiglio ha quindi deciso e com-pilato l'agenda ino al Congresso che sisvolgerà verosimilmente nel mese di no-vembre. Per la cultura si è deciso di puntare tuttosulla Giornata Europea della CulturaEbraica del 29 settembre, magari adot-tando una delle piccole comunità delnord-est, spesso bersagliate da violentiattacchi razzisti e neonazisti. Oltre a ciò si è deciso di arrivare a un in-contro-dibattito riguardo al tema sicu-ramente più caldo, quello delle contro-verse mozioni, del quale però non si èancora decisa la località e sul quale ilConsiglio sta ancora lavorando per cer-care una linea guida che sia il più con-divisa possibile. Intanto i problemi attorno a noi, in Italiama soprattutto nel mondo, si ampli ica-no. Sulla falsariga della Turchia ancheil Brasile ha inscenato, durante la Con-federations Cup, una protesta contro ilrincaro dei prezzi su mezzi pubblici e be-ni di prima necessità.Anche in Egitto, vicino di casa di Israele,i problemi e le lotte non mancano: allos iduciato Morsi si sta sostituendo l'eser-cito sotto l'ombra e le ali protettive ame-ricane, che fanno ben sperare per quantoriguarda i rapporti commerciali e socialitra Israele e gli egiziani, ma lasciano adesiderare per quanto riguarda lo stiledi vita della popolazione locale. Attorno a questo clima di incertezza po-litica e instabilità economica, l'ebraismo– e soprattutto quello italiano – ha decisodi non prendere ancora una posizionenetta preferendo restare in disparte eprima di tutto risolvere i propri disguidiinterni che non mancano mai, come d'al-tronde è tradizione nella nostra religione. In ine ripropongo l'invito alla solidarietàe all'unione per risolvere qualsiasi tipodi problematica interna ed esterna, inquanto l'unione è sempre stata fonda-mentale nella storia ebraica e quello cheha permesso al nostro popolo e alla no-stra religione di persistere per tutti questilunghi secoli.

Joel Hazan

Gerusalemme­Tel Avive l’assurdo boicottaggio

Negli scorsi mesi abbiamo assistito consofferenza ad atti di antisemitismo neipressi delle Comunità di Padova e Verona.Svastiche e scritte ingiuriose che non sonocomunque riuscite a dissipare, nella cittàdi Romeo e Giulietta, quel profondo senti‐mento di simchà per l'arrivo di un nuovoSefer Torah. Tali atti non possono che es‐sere il frutto di un orribile misto di vanda‐lismo, ignoranza e razzismo gratuito: sen‐timenti infusi nella società, ad esempio, daalcune frange politicizzate delle tifoseriecalcistiche, dalla sempre maggior propa‐ganda e ricerca di popolarità di formazionineofasciste e dal dilagante senso del “di‐verso” ancora troppo presente.Gli anni passano, gli ultimi superstiti dellaShoah e delle lotte partigiane ci stanno i‐siologicamente lasciando. Sta giungendoquindi quella fase per cui molti nostri cor‐religionari, coinvolti nei tragici eventi dellaseconda guerra mondiale, si sono tantooperati in questi anni: il momento di nondimenticare e di continuare a diffondereil ricordo, seppur indiretto, di cosa l'uomosia riuscito a fare nei confronti di un altrouomo. La differenza di oggi rispetto ad al‐lora è la presenza dell'antisionismo, con‐cetto che troppo facilmente sfocia nell'an‐

tisemitismo. Anzi, talvolta vengono a coin‐cidere per colpa dell'evidente ignoranzadi taluni personaggi che incolpano gli ebreidelle dif icili scelte del governo israeliano. La crisi di certo non ci aiuta: la mancanzadi sicurezza economica e di poter lavoraresostenendo oltre a noi stessi anche le no‐stre famiglie, rende la nostra società piùpredisposta a cadere nel tranello del raz‐zismo nei confronti di quelle persone checi sembrano essere più svantaggiate e fa‐cilmente vulnerabili per sfogare la rabbia:ieri eravamo noi, oggi i migranti. Sarebbe però sbagliato limitarsi ad osser‐vare questi fenomeni di razzismo solo nellasfera che da più vicino ci compete: è nostrocompito combattere ogni tipo di discrimi‐

nazione. Proprio in questo senso si stamuovendo il Consiglio UCEI in questi pochimesi di lavoro, instaurando rapporti conle comunità omosessuali, aderendo a ini‐ziative legate alla rimembranza del geno‐cidio rom durante la Shoah e continuandoad avere rapporti con le comunità islami‐che. Recentemente abbiamo avuto l'opportunitàdi farci sentire in merito ad altri atti di an‐tisemitismo più “raf inato” all'interno dellascuola italiana, intervenendo con durezzanei confronti delle dichiarazioni del pro‐fessor Damiani (noto professore antisemitadel padovano) ottenendo anche un incon‐tro con il ministro dell'Istruzione. L'unico modo per combattere la discrimi‐

nazione dovuta all'ignoranza è farci cono‐scere, aprirci alla società per far compren‐dere meglio i nostri usi e costumi. Provo‐cando un reciproco scambio di conoscenze,di culture e tradizioni che ci portino a unmaggior rispetto dell'altro pur mantenendosalda la propria identità.Lo Stato in tutto questo deve però ricoprireun ruolo fondamentale, quello di essereun motore capace di creare spazi di con‐fronto interculturale, interreligioso e po‐litico nelle scuole, in televisione e nellepiazze. Deve quindi condannare con forzaogni forma di razzismo, cosa che non ap‐pera così scontata dopo i fatti riguardantiil ministro Kyenge con ancora seduti, nellastessa aula, personaggi sicuramente discu‐tibili i quali ultimamente hanno trovato vi‐sibilità solo insultandola. In quanto ugeini dobbiamo parlare a quelbacino di utenza che ci è più familiare: igiovani. Dobbiamo farlo nei social network,nelle scuole e nelle università, sui nostriposti di lavoro e nei nostri posti di ritrovo.

Filippo Tedeschi consigliere Ugei con delega

al dialogo interreligioso e alle piccole comunità

Una voce forte contro ogni discriminazione