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Scienze dell’Interazione, 1-2, 2018 ARCHIVIO La bio-psico-tipologia Il precursore scientifico del razzismo diagnostico Le scienze cliniche della psiche, a partire dalla fisiognomica e patognomica, sono sempre state ossessionate dai ‘prototipi diagnostici’ caratterologici, ad esempio ancor oggi presenti come progetto, nel cosiddetto Criminal profiling e nelle tipologie funzionali del cervello su cui lavorano gli esperti in neuroimmagini, come i loro trisavoli si affannavano sui reperti neuro-anatomici delle persone di basso rango, ‘non normali’. Continuazione di una tradizione illustre ma dai risultati inconsistenti e quindi costantemente mutevole nel tempo come le mode accademiche. Non solo la craniometria, la frenologia, l’esame autoptico dei cervelli degli alienati e criminali, ma via via si sono succedute altre ideologie tassonomiche, come le teorie costituzionali della personalità, nella ricerca ostinata, senza risultati, ma accurata, nel tentativo di connettere, comportamento sociale, disposizioni mentali, tratti razziali, devianze con gli aspetti somatici, endocrini, temperamentali, espressivi e altro ancora, di cui i famosi ‘atlanti di iconografia psicopatologica’. Se andate nella biblioteca dei dipartimenti di Psicopatologia all’Università di Padova, potete trovare, vecchi di poche decine d’anni d’anni, un paio di monografie sui rapporti tra caratteristiche biotipologiche e tratti di personalità o un testo sulla caratterologia moderna. Una tradizione quella di edificare una psicologia dei tratti di personalità con criteri categoriali tassonomici su base bio- tipologia, o presa come modello, che poi abbandonato il regno del somatico, è stata rivestita di attributi psichici, ritagliati da criteri di giudizio. In cui il modello, la matrice originaria, non è cambiata, naturalistica e tassonomica. Modello sempre pronto a reintrodurvi elementi bio-tipologici che, poi, hanno alimentato in modo esplicito, come nel testo sotto riportato, il razzismo, il pregiudizio di classe, di mestiere, le gerarchie estetiche, sociali, culturali e ogni altro criterio differenziale, ideologicamente utilizzabile per ogni forma di discriminazione, fino al punto di creare settori di ricerca scientifica accademicamente qualificati. Quando uno studente di psicologia impara le ultime differenziazioni nosografiche a fini diagnostici, non fa che riprodurre una linea di continuità con la forma mentis della tradizione bio-psico-tipologia, di cui la ‘psicologia dei tratti’ è un ramo, che sopravvive nonostante sia stata ampiamente sconfessata dalla dimostrazione dell’assenza di collegamento tra i tratti attribuiti e la spiegazione del comportamento. Seguono alcune immagini tratte da ‘Antropologia e psicologia’, di Landra, G., Emelli, A. & Banissoni, F. 1940 - Bompiani. 108

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La bio-psico-tipologia Il precursore scientifico del razzismo diagnostico

Le scienze cliniche della psiche, a partire dalla fisiognomica e patognomica, sono sempre state ossessionate dai ‘prototipi diagnostici’ caratterologici, ad esempio ancor oggi presenti come progetto, nel cosiddetto Criminal profiling e nelle tipologie funzionali del cervello su cui lavorano gli esperti in neuroimmagini, come i loro trisavoli si affannavano sui reperti neuro-anatomici delle persone di basso rango, ‘non normali’. Continuazione di una tradizione illustre ma dai risultati inconsistenti e quindi costantemente mutevole nel tempo come le mode accademiche. Non solo la craniometria, la frenologia, l’esame autoptico dei cervelli degli alienati e criminali, ma via via si sono succedute altre ideologie tassonomiche, come le teorie costituzionali della personalità, nella ricerca ostinata, senza risultati, ma accurata, nel tentativo di connettere, comportamento sociale, disposizioni mentali, tratti razziali, devianze con gli aspetti somatici, endocrini, temperamentali, espressivi e altro ancora, di cui i famosi ‘atlanti di iconografia psicopatologica’. Se andate nella biblioteca dei dipartimenti di Psicopatologia all’Università di Padova, potete trovare, vecchi di poche decine d’anni d’anni, un paio di monografie sui rapporti tra caratteristiche biotipologiche e tratti di personalità o un testo sulla caratterologia moderna. Una tradizione quella di edificare una psicologia dei tratti di personalità con criteri categoriali tassonomici su base bio-tipologia, o presa come modello, che poi abbandonato il regno del somatico, è stata rivestita di attributi psichici, ritagliati da criteri di giudizio. In cui il modello, la matrice originaria, non è cambiata, naturalistica e tassonomica. Modello sempre pronto a reintrodurvi elementi bio-tipologici che, poi, hanno alimentato in modo esplicito, come nel testo sotto riportato, il razzismo, il pregiudizio di classe, di mestiere, le gerarchie estetiche, sociali, culturali e ogni altro criterio differenziale, ideologicamente utilizzabile per ogni forma di discriminazione, fino al punto di creare settori di ricerca scientifica accademicamente qualificati. Quando uno studente di psicologia impara le ultime differenziazioni nosografiche a fini diagnostici, non fa che riprodurre una linea di continuità con la forma mentis della tradizione bio-psico-tipologia, di cui la ‘psicologia dei tratti’ è un ramo, che sopravvive nonostante sia stata ampiamente sconfessata dalla dimostrazione dell’assenza di collegamento tra i tratti attribuiti e la spiegazione del comportamento.

Seguono alcune immagini tratte da ‘Antropologia e psicologia’, di Landra, G., Emelli, A. & Banissoni, F. 1940 - Bompiani.

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