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Il dato che immediatamente coglie chi si occupa di ceramica è come il Piemonte, tra le regioni dell’Italia settentrionale, sia rimasto singolarmente povero di pubblicazioni con contesti del periodo che qui ci interessa, mentre in generale le poche ricer- che suggerivano la rarità, quando non addirittura l’assenza, delle produzioni ceramiche altomedievali. Nonostante la non indifferente mole di lavoro svolto negli ultimi quindici anni dalla Soprintendenza Archeologica si risente ancora della carenza di studi specifici con contesti da scavi stratigrafici ben data- ti e con “fossili guida”, che possano rendere meno problematica e incerta la cronologia dei materiali e con essa la storia della produzione e dei consumi. Allo stato attuale la difficoltà di individuare i tipi ceramici altomedievali è da ricondurre solo in parte alla scarsità dei dati archeologici disponibili mentre maggiormente incidente è la mancanza di sicuri cri- teri di identificazione. Pur nell’incertezza che deriva dall’approccio verso un tipo di ricerca non ancora sufficientemente sviluppato si è tentato di proporre un quadro regionale sulla produzione e diffusione della ceramica tra la fine del VI e il X secolo conside- rando i materiali provenienti da dodici scavi condot- ti nell’ultimo decennio in undici località distribuite in tutta la regione (fig. 1) comprendenti complessi religiosi e cimiteriali (Centallo, Cureggio), castra (Pecetto, Belmonte), insediamenti rurali (Mombel- lo), città di nuova fondazione (Chivasso), città roma- ne con continuità insediativa (Torino, Vercelli, Alba, Asti). Nell’esposizione dei diversi siti si è preferito seguire l’ordine topografico segnalando, di volta in volta, il tipo di contesto stratigrafico e le proposte cronologiche dei materiali definite sulla base delle correlazioni stratigrafiche e dei confronti. Poichè si tratta di ricerche inedite i dati di scavo presentati in questa sede sono necessariamente succinti e devono essere considerati provvisori. Per le città romane con continuità fino ai nostri giorni dove attività soprattutto edilizie hanno prodotto stratigrafie for- temente disturbate è da segnalare, come general- mente riscontrato per le situazioni pluristratificate, la forte residualità dei materiali. La ceramica in Piemonte tra la fine del VI e il X secolo Gabriella Pantò 95 Fig. 1. Ubicazione delle località presentate. * Desidero ringraziare il Soprintendente dott.ssa Liliana Mer- cando e i colleghi Alberto Crosetto, Fedora Filippi, Egle Miche- letto, Giulia Molli Boffa, Luisella Pejrani, Miretta Sardo, Ema- nuela Zanda, per avermi messo a disposizione materiali e dati di scavo inediti. I disegni dei materiali e l’impostazione grafica delle tavole sono di Susanna Salines, Alessandro La Ferla, Luca Rossi, Walter Visentin; le fotografie dei materiali di Gia- como Gallarate. Fig. 2. Periodizzazione dei contesti esaminati (grafica L.Rossi).

La ceramica in Piemonte tra la fine del VI e il X secolo · della ceramica tra la fine del VI e il X secolo conside- ... sti e dei caratteri tecnologici constatando come la morfologia

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Il dato che immediatamente coglie chi si occupadi ceramica è come il Piemonte, tra le regionidell’Italia settentrionale, sia rimasto singolarmentepovero di pubblicazioni con contesti del periodo chequi ci interessa, mentre in generale le poche ricer-che suggerivano la rarità, quando non addirittural’assenza, delle produzioni ceramiche altomedievali.Nonostante la non indifferente mole di lavoro svoltonegli ultimi quindici anni dalla SoprintendenzaArcheologica si risente ancora della carenza di studispecifici con contesti da scavi stratigrafici ben data-ti e con “fossili guida”, che possano rendere menoproblematica e incerta la cronologia dei materiali econ essa la storia della produzione e dei consumi.Allo stato attuale la difficoltà di individuare i tipiceramici altomedievali è da ricondurre solo in partealla scarsità dei dati archeologici disponibili mentremaggiormente incidente è la mancanza di sicuri cri-teri di identificazione. Pur nell’incertezza che derivadall’approccio verso un tipo di ricerca non ancorasufficientemente sviluppato si è tentato di proporreun quadro regionale sulla produzione e diffusionedella ceramica tra la fine del VI e il X secolo conside-rando i materiali provenienti da dodici scavi condot-ti nell’ultimo decennio in undici località distribuitein tutta la regione (fig. 1) comprendenti complessireligiosi e cimiteriali (Centallo, Cureggio), c a s t r a(Pecetto, Belmonte), insediamenti rurali (Mombel-lo), città di nuova fondazione (Chivasso), città roma-ne con continuità insediativa (Torino, Vercelli, Alba,Asti). Nell’esposizione dei diversi siti si è preferitoseguire l’ordine topografico segnalando, di volta involta, il tipo di contesto stratigrafico e le propostecronologiche dei materiali definite sulla base dellecorrelazioni stratigrafiche e dei confronti. Poichè sitratta di ricerche inedite i dati di scavo presentati inquesta sede sono necessariamente succinti e devonoessere considerati provvisori. Per le città romanecon continuità fino ai nostri giorni dove attivitàsoprattutto edilizie hanno prodotto stratigrafie for-temente disturbate è da segnalare, come general-mente riscontrato per le situazioni pluristratificate,la forte residualità dei materiali.

La ceramica in Piemonte tra la fine del VI e il X secolo

Gabriella Pantò 95

Fig. 1. Ubicazione delle località presentate.

* Desidero ringraziare il Soprintendente dott.ssa Liliana Mer-cando e i colleghi Alberto Crosetto, Fedora Filippi, Egle Miche-letto, Giulia Molli Boffa, Luisella Pejrani, Miretta Sardo, Ema-nuela Zanda, per avermi messo a disposizione materiali e dati

di scavo inediti. I disegni dei materiali e l’impostazione graficadelle tavole sono di Susanna Salines, Alessandro La Ferla,Luca Rossi, Walter Visentin; le fotografie dei materiali di Gia-como Gallarate.

Fig. 2. Periodizzazione dei contesti esaminati (graficaL.Rossi).

T o r i n o , strada fuori porta Decumana (figg. 3-4).

Lavori di adeguamento funzionale del castellodi Torino, dalla metà del XVII secolo chiamatoPalazzo Madama (oggi sede del Museo Civicod’Arte Antica), hanno richiesto lo scavo preventivodi un’ampia area esterna antistante la porta Decu-mana inglobata nel castello dell’inizio del XIVsecolo.

Lo scavo in estensione1 ha consentito di docu-mentare la fitta sequenza stratigrafica relativaall’impianto di due strade tra loro ortogonali, conasse privilegiato in uscita dalla città verso il fiumePo, in uso a partire dal I sec. a.C., con rifacimenti evariazioni di orientamento degli assi viari fino alXIV secolo. I sedimi adiacenti furono interessatiattraverso i secoli da varie attività anche insedia-tive, con strutture precarie.

Da strati probabilmente riconducibili alla finedel VI inizio VII secolo si è selezionato un certonumero di ciotole/coperchio sulla base degli impa-sti e dei caratteri tecnologici constatando come lamorfologia si ripeta con una certa costanza. L’orlonon risulta marcato all’esterno, ma è arrotondatoe ispessito verso l’interno (nn. 1-5). Varia l’inclina-zione delle pareti. I diametri al bordo si attestanotra i 19 e i 32 cm. Le argille utilizzate sono varie,con caratteri non omogenei, piuttosto depurate oricche di microinclusi finemente macinati (n. 5). Iframmenti presentano fiammature e annerimentiper l’uso. La diffusione di questa forma sembraprevalere nella metà del VI secolo, ma si ritrova incontesti anche altomedievali2.

Tra la ceramica grezza si segnala la presenzadi un’olla (n.6) con orlo esternamente arrotondato,distinto dal breve collo, pareti di forte spessore.L’impasto è grezzo di colore arancio chiaro conentrambe le superfici esterne brunite “a patinanera”.

Un’olla a orlo estroflesso appuntito esterna-mente sagomato, con lieve incasso per il coperchio(n. 7), ad impasto di colore rosso arancio scarsa-mente depurato, presenta sul corpo esterno goccio-lature di vetrina, di carattere chiaramente casua-le, che ne indicano la provenienza dalle stesse fab-briche che producevano l’invetriata.

Compaiono in questo livello alcuni frammenti

di parete, probabilmente di olle, ma per il momen-to non si dispone di pezzi che consentano la rico-struzione delle forme, realizzati con argille piutto-sto depurate, sempre sabbiose al tatto, leggermen-te micacee, di colore grigio scuro uniforme, affini aquelle della ceramica longobarda. Con gli stessiimpasti, maggiormente addizionati da inclusiminerali, sono prodotte olle con decorazione aonda incisa con l’uso di un pettine (fig. 3). Gliimpasti sono simili ai tipi della ceramica longobar-da stampigliata o liscia da ritrovamenti piemonte-si e in particolare dall’area funeraria di Testona eda quella insediativa di Mombello ( i n f r a), maanche da Brescia. La decorazione a onda sullaceramica non rivestita e meno di frequentesull’invetriata in Piemonte ha attestazione dal Vsecolo e più marcatamente nel successivo3. Talesintassi decorativa in Lombardia è diffusa nellearee interessate dalla presenza longobarda, e hagrande sviluppo in Alto Adige, Trentino e nei cen-tri lagunari fin dalla tarda antichità4.

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI96

1 Ricerche dirette da F. Filippi. Per una prima notizia FILIPPI,LEVATI 1993, pp. 287-290 con bibliografia precedente. Mate-riali in corso di studio da parte di F. Filippi, P. Levati, C. Morra.Poichè i dati di scavo sono in fase di elaborazione nell’esposi-zione che segue si accennerà solo brevemente alla cronologiarelativa dello scavo utilizzata, insieme all’associazione deimateriali, per le proposte cronologiche dei diversi tipi ceramicila cui durata nel tempo non è definibile a causa dell’alta resi-dualità dei materiali in tutta la sequenza stratigrafica. Non hopotuto visionare, e quindi non vengono qui considerate, le sigil-late, le ceramiche fini e le anfore.2Per tutti cfr. TASSINARI, COMPOSTELLA 1995, tav. 57.7 p. 146.

3 Sulle forme invetriate compare ad Acqui Terme in un conte-sto con materiali dal IV-V all’Altomedioevo (FILIPPI 1992, tav.1.7); a Torre Bairo in un nucleo di materiali privi di contestostratigrafico, ma datati tra il IV e l’inizio del VI secolo (CER-RATO 1992, p. 178, tav. 2.1); è assai più frequente sulle formedella ceramica comune o grezza: da Industria tra IV e V secolo(ALESSIO 1985, tav. XLVII.15-16 (IV-V sec.); da BrignanoFrascata fraz. S.Giorgio tra la fine del IV e i primi decenni delVI (GAMBARO 1993, fig. 101.5); da Belmonte e Asti via deiVarroni (infra).4 Come emerso dalle diverse relazioni presentate in sede di con-vegno, cui si rimanda.

Fig. 3. Torino, strada fuori Porta Decumana. Cerami-ca grezza.

Gabriella Pantò 97

Fig. 4. Torino, strada fuori Porta Decumana (scala 1:3).

Dallo stesso livello provengono alcuni fram-menti di recipienti con superfici trattate a stralu-cido. In particolare questa tecnica compare suun’olla con alto bordo semplice leggermente estro-flesso su collo svasato distinto da una carenaturaall’attacco con il corpo cilindrico (n.8). L’impasto èscarsamente depurato anche con macroinclusi, dicolore bianco grigiastro al bordo e grigio nel corpo.La superficie esterna è lisciata a stecca con tratta-mento a stralucido riservato al corpo del recipinte.La forma è affine a quella di un’olla da Industriada un contesto il cui ambito cronologico si poneentro la fine del VI secolo 5.

Tra la ceramica depurata si segnala la presen-za di un recipiente per liquidi con bordo verticaleaggettante rispetto al corpo quasi cilindrico; incorrispondenza del massimo diametro è presenteuna solcatura al di sotto della quale la paretecomincia a restringersi (n. 9). L’argilla è di colorearancio con radi ma grossi inclusi. La superficieesterna è parzialmente levigata con l’uso dellastecca e si notano limitate lisciature ad acqua. Purnon escludendo l’eventuale residualità del fram-mento il trattamento delle superfici sembrerebbecaratteristico della ceramica del VI secolo6.

In un ricarico cronologicamente successivo e dalivelli insediativi compare un tipo di ceramicainvetriata con vetrina sottilissima e molto assorbi-ta di colore verde (con alcuni più evidenti addensa-menti o gocciolature), che qui si definisce “assorbi-ta”, il cui esito finale sull’impasto conferisceall’oggetto una superficie appena lucente con colo-razione violacea. Compare anche su coperchi conpresa cilindrica a bottone, una forma questa cheraramente è invetriata7. Le argille utilizzate sonovarie: di colore grigio/nero con minuti inclusi, stra-cotte con risonanze metalliche (maggiormenterappresentate) (n. 10); di colore arancio ricche diinclusi che rendono granulose le superfici (n.11).Questo tipo di invetriatura non ha al momentoconfronto con altri ritrovamenti da siti piemontesi.

Tra la ceramica non rivestita si segnala la pre-senza di un coperchio con bordo esternamentearrotondato e pareti molto aperte in argilla depu-rata di colore grigio/bruna (n.12); di un’olla conbordo semplice internamente sagomato perl’incasso del coperchio ad impasto rosato con scar-si inclusi (n.13) i cui confronti riportano generica-mente a un orizzonte tardo romano o altomedieva-le (TASSINARI, COMPOSTELLA 1995, p. 112,tav. 49.3); di un’olla con orlo appuntito ed estro-

flesso a formare una breve fascia, ampio incavoper il coperchio (n.14). L’impasto di quest’ultima èdi colore grigio, duro e ben cotto, con risonanzemetalliche, caratterizzato dalla presenza di piccoliinclusi bianchi. La forma trova confronto conun’olla invetriata da Acqui Terme in un contestocon materiali datati tra il IV-V secolo e l’Altome-dioevo (FILIPPI 1992, tav. 1.8) e con un tipo pre-sente nei livelli d’uso degli edifici in legno di fasealtomedievale dell’abitato di Brescia - S. Giulia(MASSA, PORTULANO 1990, p. 118, tav.III.8).

Da una fase di parziale abbandono dei sedimi edella strada provengono alcuni tipi già attestati inprecedenza per i quali, in assenza dello studio defi-nitivo, non è possibile escludere la residualità.

Tra la ceramica priva di rivestimento si segna-la un’olla ad orlo semplice estroflesso su corpoovoide (n. 15). L’impasto e poco depurato conminuti inclusi, leggermente micaceo, di colorebruno. Il profilo non è dissimile da tipi documenta-ti nel contesto di Asti, via dei Varroni (fig. 18, nn.3-4), e dall’insediamento rustico di Brignano Fra-scata, frazione San Giorgio estinto dopo i primidecenni del VI secolo8. Un’olla ha orlo arrotondatoestroflesso su collo rientrante, spalla marcata(n.16). L’impasto è rosso arancio e le superficiesterne risultano di colore nero / violaceo simile aquello delle “invetriate assorbite”. È presente unagoccia di vetrina. La forma è di tradizione classica,ma le caratteristiche e la presenza dell’invetriatu-ra, seppure casualmente caduta, ne circoscrivonola cronologia.

È invece invetriata l’olla (n.17) ad orlo supe-riormente appuntito, esternamente ingrossato edistinto dal breve collo rientrante con spalla mar-cata. L’impasto è di colore arancio scuro/grigio concottura differenziata, minuti inclusi bianchi. Lasuperficie interna non è rivestita. L’esterno pre-senta sottilissima invetriatura “assorbita” di colo-re violaceo come il tipo già descritto (verde dove èmaggiormente addensata).

È ancora attestata la ceramica lucidata conun’olla (n.18) a bordo leggermente estroflesso,impasto grigio cenere molto depurato, duro e com-patto con risonanze metalliche. La superficie ester-na è lisciata e parzialmente trattata a stralucidosolo in corrispondenza della spalla e dell’imboccatu-ra interna, dal bordo all’avvio del collo (circa 1 cm).

Con la preparazione di un nuovo livello strada-le, probabilmente anteriore a una sepoltura conuna moneta del XII secolo (FILIPPI, LEVATI

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI98

5 PANTO’, ZANDA, Notiziario, in “QuadAPiem”, 13, in stampa.6 Il profilo del bordo (ma non lo sviluppo del corpo) si avvicina aquello di una brocca in ceramica verniciata a impasto depuratoda Luni in strati del V secolo: MASSARI 1977b, p. 514, tav.267.14.7 Ad esempio tra i materiali di Vada Sabatia (V-VII secolo) diproduzione savonese o del basso Piemonte: VARALDO, LAVA-

GNA 1992, tav. IV forma 11. Coperchi invetriati con presa api-cale a bottone sono noti piuttosto in area bizantina e nell’Italiameridionale con datazione al VII-VIII secolo: ROMEI 1992, p.381, fig.1. Cfr. anche PAROLI 1992, pp. 40-41.8 A Brignano Frascata fraz. S. Giorgio: GAMBARO 1993, fig.101.1-5. Affine al tipo Luni 36c con continuità dalla protostoriaall’Altomedioevo.

1993, p. 290), compare per la prima volta un tipo diceramica invetriata innovativo sia per quanto con-cerne il tipo di rivestimento sia per la morfologia.Si tratta di un’olla con orlo semplice estroflesso,realizzata con argilla piuttosto depurata conminuti inclusi di colore arancio e anima nera (n.19). La vetrina in monocottura è parsimoniosa-mente distribuita in chiazze addensate e gocciola-ture di colore verde/bruno. La forma trova con-fronto con materiali piemontesi in ceramica privadi rivestimento collocabili cronologicamente tra ilIX e l’ XI secolo9. La presenza qui dell’invetriaturapone, come per Alba (cfr. i n f r a), il problema diun’eventuale anticipazione del momento di intro-duzione delle prime sporadiche importazioni ditecniche o di prodotti invetriati dall’area transal-pina dove le ceramiche invetriate sono diffuse giàin età carolingia. Non si può tuttavia escludere perquesto frammento, dato il tipo di contesto, unadatazione successiva.

In conclusione la sequenza stratigraficadell’area di Porta Decumana indica la presenzadella ceramica a vetrina pesante nei livelli di IV-Vsecolo, poi sostituita nel corso del VI dai tipi avetrina sparsa (non illustrata) mentre solo dallafine del VI compare il tipo “a vetrina assorbita” inassociazione alle prime ceramiche con superficielucidata. Tra queste ultime, in particolare, alcuneforme presentano solo parte del corpo e il bordotrattato a stralucido. Negli stessi livelli sono pre-senti frammenti di olle con impasti sabbiosi, leg-germente micacei, compatti, affini ai tipi longobar-di e altri ad impasto grezzo con decorazione aonda. In tutta la sequenza stratigrafica sono sem-pre attestati massicciamente catini-coperchio.

Dopo un periodo di abbandono la sequenzariprende in epoca medievale. A questo momento èriferibile un tipo di olla a bordo estroflesso analogoalle forme documentate in tutto il Piemonte tra ilIX e l’XI secolo.

Chivasso (To), (fig. 5a).

Non vi sono informazioni documentarie sullacittadina di Chivasso anteriormente al XII secolo,ma la tradizione storiografica locale vorrebberiportarne la fondazione all’anno 700. Lo scavo inestensione di un’ampia area ubicata in una fasciaperiferica, lungo l’asse viario principale di collega-mento verso Torino, ha consentito di documentareuna fitta sequenza insediativa fino alle più recenti

strutture risalenti al XVIII secolo. Il più anticoimpianto era costituito da strutture lignee e livellid’uso cui seguirono diversi rifacimenti, l’ultimo deiquali connesso a un piano di calpestio datato dauna moneta di Enrico III di Franconia (1056-1106).In seguito fu costruito un edificio in pietra1 0.

Dai livelli più antichi sono documentate solotre forme con olle da fuoco e coperchi in ceramicagrezza e ciotole/coperchio con argilla maggior-mente depurata, accanto a recipienti in pietraollare (fig. 5a).

Le olle presentano orlo fortemente estroflesso estrozzatura al collo, pareti svasate (probabilecorpo globulare) (nn.1-4), fondo convesso (nn. 7-9);si osservano alcune varianti nei profili che nonsono indice di un’evoluzione cronologica. Gli impa-sti sono grezzi, micacei, di colore bianco-grigio conanima grigiastra, ma compaiono più rari fram-menti a impasto arancio/bruno (n. 9).

Questa forma è ampiamente diffusa convarianti dovute a differenti produzioni locali tra lafine del IX e l’XI secolo nelle ceramiche prive dirivestimento grezze o depurate dalle vicine loca-lità di Pecetto (infra, fig. 5b) e di Trino Vercellese(S. Michele in insula), ma anche dal Piemontemeridionale tra i materiali di Alba (infra, fig. 23),Centallo (i n f r a, fig. 24, n.17) e Frugarolo1 1. Com-pare senza sostanziali differenze nel profilodell’orlo anche tra i materiali del fossato da VillaClelia a Imola (V-XI secolo) (CURINA et al. 1990,fig. 19) ed è affine a modelli documentati in scavidi area alpina orientale dal V secolo all’Altome-dioevo12.

Ha lo stesso impasto grezzo delle olle il coperchioa corpo conico con parete decorata da un motivoimpresso del tutto analogo a quello su un coperchioda Alba da un contesto coevo (i n f r a, fig. 23 n. 12).

Presentano invece impasto arancio chiaro piut-tosto depurato i frammenti relativi a grandi cioto-le (o ciotole/coperchio) il cui unico esemplare rico-struibile ha orlo arrotondato introflesso distintodalla parete, base convessa (n.6)13.

Si propone per questi materiali, le cui forme inPiemonte risultano decisamente innovativerispetto alla tradizione precedente, una cronologiacompresa tra la seconda metà del IX e il X secolo. Adifferenza dei contesti del vicino sito di Pecetto e diAlba, in cui compaiono massicciamente prodotti aimpasto depurato finemente torniti cotti in atmo-sfera ossidante, qui prevalgono gli impasti grezzi.Il labbro maggiormente pronunciato e il prevalere

Gabriella Pantò 99

9 Per i confronti si rimanda a quanto esposto a proposito di Chi-vasso (infra).10 Ricerche dirette da G.Pantò e E.Zanda. Per una prima noti-zia PANTO’, ZANDA 1984, p. 286.1 1 Per Trino S.Michele: CORTELAZZO 1988, fig. 27.3 (IX-XI secolo);per Frugarolo: CORTELAZZO 1993, p. 340, fig. 3 (metà IX - X sec.).12 Cfr. BIERBRAUER 1990, tav. VIII.6 e VII.1 da scavi in Slo-

venia con materiali datati tra il tarda antichità e l’Altomedioe-vo, tav. X.1 da scavi in Alto Adige (metà IV-metà V secolo); cfr.anche RODRIGUEZ 1992, tav. 2.1-8 e NEGRI 1994, p. 65, fig.1.5 (Altomedioevo).1 3 Anche in questo caso l’affinità è con forme documentate inarea alpina orientale: RODRIGUEZ 1992, p. 164, tav. 3.5-7;NEGRI 1994, tav. 4.3, da tombe di Sclaunico (Ud) datate tra lafine del VI e l’inizio del VII.

degli impasti grezzi non sembrano elementi suffi-cientemente indicativi per poter proporre una cro-nologia più alta in assenza di ulteriri confronti concontesti chiusi ben datati anche di area locale.

Pecetto (To), Bric S.Vito, Castrum di “Monsfer -ratus” (fig. 5b).

L’altura si trova nella collina torinese (quota624 s.l.m.). Una cortina muraria delimita la super-ficie sommitale disegnando un’area poligonale di

800 mq. La struttura e l’insediamento coevo sonodatati su basi stratigrafiche al X secolo con conti-nuità fino al XII-XIII. Si è appena evidenziata, manon ancora indagata, una f a c i e s precedente. I mate-riali provenienti dalle raccolte di superficie e resti-tuiti da strati di riporto, indicano la frequentazionedell’area dall’Età del Ferro con apparente conti-nuità almeno fino al VII secolo e frequentazioni suc-cessive. Si segnala la produzione in loco di ceramicaa vetrina pesante tardoantica, attestata da un altonumero di scarti di lavorazione, come già documen-

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI100

Fig. 5. a) Chivasso. b) Pecetto, castrum del Bric S.Vito (scala 1:3).

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tato nel caso del c a s t r u m di Belmonte (PANTO’,PEJRANI 1992, p. 165), e il ritrovamento di unframmento di ceramica longobarda stampigliata1 4.

Al X-XI secolo può essere riferita l’olla con orlosemplice fortemente estroflesso, impasto media-mente depurato con scaglie micacee di colore grigiobruno (n. 10). Meno rappresentata è la forma conorlo esternamente arrondato, spalla marcata dauna solcatura (n. 11). L’impasto è depurato, lieve-mente micaceo, addizionato con c h a m o t t e, di colorebeige rosato con superfici grigie. Al bordo, come nelprecedente, si notano estesi annerimenti. Le basisono sempre convesse (nn. 12-13). La forma con-fronta con materiali diffusi in tutta la regione conleggere varianti tra la fine del IX e il X secolo1 5.

Rappresenta un’evoluzione delle forme prece-denti l’olla con bordo estroflesso a profilo quadran-golare e gola interna di alloggiamento per il coper-chio (n. 14). L’impasto è in questo caso depuratis-simo di colore grigio chiaro con superfici rosate. Laforma confronta con prodotti di area piemontese etransalpina della fine del XII secolo (DEMIANSD’ARCHIMBAUD 1980, figg. 236-237, 11).

Belmonte (To), Castrum (figg. 6-10).

L’altura all’imbocco della valle Orco (quota 727s.l.m.) fu sede di insediamenti tra il Bronzo Finalee la prima Età del Ferro. In seguito il sito venneprogressivamente abbandonato (è trascurabile lafrequentazione romana) per essere rioccupato nelcorso della tarda antichità quando sorsero struttu-re abitative e artigianali all’interno di una cintamuraria, che racchiuse la superficie sommitale dicirca 2,5 ettari. Si ipotizza l’abbandono repentino equasi totale del sito entro la metà del VII secolo; ilpersistere nell’VIII secolo di un luogo di culto èsuggerito dal ritrovamento di un capitellino. Invecchi scavi, privi di contesto stratigrafico, sonostati recuperati materiali ceramici e pietra ollarecompresi tra il V e la metà del VII secolo, numero-si oggetti di ferro per uso domestico e agricolo,complementi di abbigliamento e armi di tipo lon-gobardo (una fibula a croce, fibbie e puntali di cin-tura, scramasax, punte di lancia a di freccia, dueumboni di scudo), che confermano la presenza lon-gobarda a Belmonte nel VII secolo. La ripresadelle indagini archeologiche nell’ultimo decennioha rivelato la presenza di complesse fasi edilizieconnesse a diversi rifacimenti della cinta muraria.È per il momento ancora problematica la definizio-

ne cronologica del complesso anche per l’esiguitàdei materiali raccolti nei recenti scavi stratigrafi-ci16. In questa sede si presenta la ceramica priva dirivestimento fine e grezza proveniente dai vecchiscavi la cui cronologia potrà essere meglio precisa-ta con l’ultimazione dell’analisi dei contesti strati-grafici.

Sul totale dei materiali la percentuale maggio-re riguarda la ceramica priva di rivestimento,seguita dalla ceramica invetriata e dalla pietraollare, in quantità pressochè equivalenti, mentre èpoco significativa la presenza di ceramica fine diimitazione di sigillata chiara o d’importazione.Sono completamente assenti le anfore (fig. 8).

La ceramica priva di rivestimento grezza èdocumentata da poche forme relative soprattuto alpentolame da fuoco e da conserva replicate in diffe-renti dimensioni e con leggere varianti, accomuna-te da una notevole omogeneità dei caratteri. Gliimpasti sono leggermente micacei con colorazioniche variano dal biancastro/rosato al grigio/nero,passando attraverso tutte le gradazioni del grigio,con l’aggiunta di degrassante minerale, talvoltagrossolanamente triturato, e in qualche caso di c h a -m o t t e. Sulle superfici del vasellame si notano segnidi finitura a stecca, di lisciatura a mano o medianteun tessuto. La cottura è quasi sempre in atmosferariducente non perfettamente controllata.

Tra le olle da fuoco la forma maggiormente rap-presentata è quella a corpo ovoide schiacciato,spalla poco pronunciata, orlo estroflesso tagliatoobliquamente, fondo sabbiato (fig. 6 nn. 1-5).L’altezza è di poco inferiore alla larghezza dellabocca, che a sua volta è appena inferiore o coinci-dente con il massimo diametro. I diametri all’orlovariano da 10 a 22 cm, con valore prevalente intor-no ai 20 cm, ma nelle forme più piccole crescel’altezza in rapporto alla larghezza della bocca.

In corrispondenza della spalla sono spesso pre-senti decorazioni a onda o zig-zag (fig. 6, nn.2,5;fig. 7), a volte circoscritte tra due bande rettilinee,realizzate con una stecca o con un pettine a due opiù punte. La foggiatura è in tutti i casi al tornioveloce. Sulle pareti esterne e talvolta al bordo sinotano consistenti annerimenti per l’utilizzo alfuoco (cottura a riverbero).

Questa forma trova stringenti analogie, ancheper la sintassi decorativa, con materiali recupera-ti nel corso di scavi non controllati condotti neglianni Sessanta nel territorio delle Vaude (To)(SARDO 1988, tav. 2.16-17). La vicinanza geogra-

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1 4 Ricerche dirette da chi scrive. Per una prima notizia cfr.PANTO’ 1994, pp. 340-342; PANTO’, N o t i z i a r i o, in “QuadA-Piem”, 13, in stampa.15 Hanno bordo maggiormente allungato e estroflesso le olle adimpasto grezzo dal vicino abitato di Chivasso (supra, fig. 5a nn.1-4), mentre mostrano maggiori affinità, anche per il tipo diimpasto depurato, i prodotti di Alba datati alla fine del IX-X

secolo (infra, fig. 23, nn. 1-3); per ulteriori confronti si rimandaa quanto detto a proposito delle due località citate.16 Ricerche dirette da L. Pejrani Baricco. Per lo scavo e i mate-riali cfr. l’anticipazione in PANTO’, PEJRANI BARICCO 1992con bibliografia precedente; in ultimo PEJRANI BARICCO1990, schede IX.1-IX.16, pp. 344.348.

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI102

Fig. 6. Belmonte, castrum (scala 1:3).

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Fig. 8. Belmonte, castrum (scala 1:3).

Fig. 7. Belmonte, castrum. Olla (= n.2 fig.6). Fig. 9. Belmonte, castrum. Bicchiere (= n.1 fig.8).

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI104

Fig. 10. Belmonte, castrum (scala 1:3).

fica dei due siti induce ad ipotizzare la produzionelocale del tipo o l’approvvigionamento da un unicomercato. Olle con analogo profilo dell’orlo, ma condifferenze nello sviluppo del corpo, sono note daritrovamenti dalla Liguria, alla pianura padana,all’arco alpino orientale, in un ampio periodo cro-nologico compreso tra il IV e il VII secolo17.

Sono documentate anche ciotole impiegate perdiverse funzioni sia sulla mensa o per la prepara-zione dei cibi, sia al fuoco forse come coperchi,come parrebbe indicare la frequenza con cui com-paiono annerimenti localizzati solo sulle superficiinterne: il bordo è squadrato superiormenteappiattito o leggermente scivolato verso l’interno,il corpo emisferico, la base apoda (fig. 6, nn. 6-9). Idiametri al bordo variano dai 16 ai 21 cm. Anche inquesto caso l’esterno è decorato con motivi a ondao da bande orizzontali18.

Presenta bordo semplice estroflesso la ciotolanella quale, rispetto alla forma precedente il rappor-to tra diametro e altezza varia in favore dell’altezza(fig. 6, n. 9). Gli annerimenti da utilizzo compaionosulla parete esterna confermando un possibileimpiego per la cottura dei cibi. La forma è nota daAsti in contesti di IV-V secolo e oltre (ZANDA, CRO-SETTO, PEJRANI 1989, p. 91, tav. XXIV.5/2).

Un’altra forma frequentemente attestata èquella del recipiente cilindrico (o bicchiere) conorlo superiormente appiattito, parete verticale oleggermente convessa assottigliantesi verso labase (fig. 8, nn. 1-3). L’esterno è decorato a fasciaoppure interamente campito mediante irregolarilinee sinuose, zig-zag, e altre ad andamento retti-lineo iregolare. L’altezza è uguale al diametro. Larealizzazione della maggior parte di questi reci-pienti è al tornio lento oppure a mano19.

Non dissimile nella forma è il recipiente cilindri-co caratterizzato dalla presenza di un breve listelloaggettante a un terzo dalla base e da evidenti solca-ture da tornio sulla parete esterna (fig. 8 n. 4). Perquesti recipienti era già stata ipotizzata la possibileimitazione di forme della pietra ollare da cui sem-brano derivare (PANTO’, PEJRANI 1992, p. 167).Mostrano infatti i caratteri propri della pietra ollarenel colore (sono sempre grigi o neri), nella presenzadel listello, nelle superfici esterne solcate da linee ditornitura intenzionalmente conservate e non liscia-te. La loro diffusione, seppure limitata, sembra con-centrata tra la metà del VI e il VII secolo2 0.

I coperchi sono rappresentati in un’unicavariante formale con presa apicale a bottone cilin-drico, orlo semplice a profilo rettangolare, corpoconico con pareti a sviluppo rettilineo o legger-mente concavo (fig. 8, nn. 8-9). La parte centraledelle prese è talvolta concava e si nota il segno deldistacco a funicella dal tornio. In rari casi è pre-sente un foro centrale di sfiato praticato a crudo. Idiametri alla base variano da 15 a 34 cm, con mag-giore attestazione intorno ai 20 cm, e pertantorisultano solo in parte coincidenti con le bocchedelle olle. È ipotizzabile quindi anche il loro impie-go su recipienti in altri materiali quali pietra olla-re o metallo piuttosto che come ciotole a causadella precaria stabilità conferita dal tipo di base.In tutti i casi sono presenti vistosi annerimentidelle superfici interne e al bordo21.

Sono massicciamente documentati catini-coper-chio a listello di varie forme con diametro compresotra i 25 e i 40 cm. Quasi tutti hanno vistosi anneri-menti da contatto con il fuoco. Gli impasti presenta-no una maggiore quantità di degrassanti minerali,mai finemente macinati, e vacuoli lamellari.

Gabriella Pantò 105

17 La forma è diffusa in area lariana dove compare tra il corre-do di una tomba datata al III-IV secolo: NOBILE 1992, p. 45,tav. 6.7/1; a Castelseprio è attribuita ad età tardoromana dallamissione di scavo polacca (DABROWSKA et al. 1978-79), maquesta cronologia, sulla base delle più recenti indagini, sembrada abbassare almeno al VI secolo con termine post quem non lacostruzione dell’abside della chiesa di S.Giovanni degli inizi delVII secolo: BROGIOLO, LUSUARDI SIENA 1980, pp. 495-496,fig. 14.2; a Cremona a Palazzo Pignano nell’invetriata successi-vamente alla metà del V: BOLLA et al 1985, pp. 208-209, tav.X.3; a Bellinzona tra la tarda antichità e l’Altomedioevo:MEYER 1976, fig. 43. E5, E3; a Desenzano in contesti di IV-Vsecolo: ROSSI, PORTULANO 1994, p. 168, tav. IV.2; in Roma-gna nel VII secolo: BROGIOLO, GELICHI 1984, p. 295, tav. II1.5; da I b l i g o-Invillino tra la prima metà del V e la secondametà del VII: BIERBRAUER 1990, tav. II.3; nell’area slovena enella bassa Austria tra il V e il VI secolo: BIERBRAUER 1990,tav.VIII.5; XI.2; a Luni da livelli tardoantichi e altomedievali:MASSARI 1977, p. 525, tav. 271.11.18 Problematico il reperimento di confronti specifici anche perla facile confusione con bordi di coperchio. Cfr. ad esempio laforma da Castelseprio: DABROWSKA et al 1978-79, fig.56.11,13, ma anche fig. 40.6 (coperchio).1 9 Del tutto analogo è il ritrovamento dal territorio delleVaude: SARDO 1988, tav. 6.39. Un frammento probabilmente

riconducibile a questa forma è stato individuato tra i materialidell’insediamento goto di Monte Barro: NOBILE 1991, tav.XLI.7, p. 68. A Brescia S.Giulia contenitori cilindrici compaio-no in associazione con ceramica longobarda: MASSA, PORTU-LANO 1990, p. 119, tav. IV.1. La forma è nota anche dall’areadi Invillino: BIERBRAUER 1987, tav. 124.1-3.2 0 La forma del recipiente cilindrico con listello è presente inPiemonte tra i materiali dell’isola d’Orta (infra, fig. 13, n. 12), aBiella in un contesto del VII secolo (PANTO’ 1993, tav.XLV.28), e tra materiali privi di contesto stratigrafico del terri-torio delle Vaude (SARDO 1988, tav. 39, p.158). Un esemplareinteramente ricostruito compare tra i materiali dell’insedia-mento in grotta della Ciota Ciara presso Borgosesia datato trala fine del V e la metà del VI secolo: BRECCIAROLI TABO-RELLI 1994, tav. CXXXVb, p. 356 e BRECCIAROLI TABO-RELLI in stampa. In Lombardia è documentata tra i materialidell’abitato di Angera in strati di II e III fase, ossia dal IV alme-no fino agli inizi del VII secolo e oltre: TASSINARI, COMPO-STELLA 1995, p. 162-163, tav. 626.8; a Castelseprio:DABROWSKA et al. 1978-79, figg. 37.10, 38.11, entrambi delperiodo dell’occupazione longobarda. 2 1 Si nota una certa rispondenza per il profilo del bordo conmateriali da Milano tra i quali non è possibile distinguere quel-li di produzione tardoromana: GUGLIELMETTI, LECCABISHOP, RAGAZZI 1991, tav. CIV p. 227.

Maggiormente attestato è il catino a campanacon pareti piuttosto sottili in proporzione al dia-metro, fondo convesso, breve listello (fig. 10, n. 1).In questa forma talvolta compaiono piccoli fori disfiato singoli o sovrapposti in coppia (n. 1). Proba-bilmente relativo alla stessa forma è il n. 3 a pro-posito del quale si segnala la presenza di una pati-na grigiastra nel suo interno. Le forme a fondoconvesso nei ritrovamenti milanesi sono state col-locate in età longobarda2 2.

Presenta corpo troncoconico lievemente rien-trante verso il bordo esternamente ingrossato,listello decorato da una serie continua di taccheverticali, la forma n. 2. In questo caso sono evi-denti le lisciature a stecca localizzate soprattuttosulla superficie esterna2 3.

Raggiunge più cospicue dimensioni la forma conorlo semplice a sezione quadrangolare, corpo tron-coconico, ampio listello (n. 4). I confronti riportanoal VI-VII secolo con ampia diffusione del tipo docu-mentata soprattutto in Lombardia2 4.

Per questi manufatti era già stato ipotizzatoanche l’utilizzo come contenitori per liquidi per usocollettivo con il listello per l’appoggio funzionale in unsupporto (BROGIOLO, LUSUARDI SIENA 1980).Per quanto concerne i ritrovamenti di Belmonte ladefinizione del loro utilizzo funzionale risulta proble-matica in quanto un’alta percentuale di frammentiha consistenti annerimenti localizzati sulle paretiinterne o al bordo. Parrebbe dunque probabile l’uti-lizzo della stessa forma per diverse funzioni: comerecipienti per la preparazione dei cibi o collettivi perla mensa, ma anche come fornetti e copribrace2 5.

È realizzata ad impasto la brocca dalle paretifortemente irregolari, ansa a nastro al di sotto delmassimo diametro (fig. 8, n.5). L’impasto, di colorebruno chiaro, è grezzo addizionato con c h a m o t t e.L’annerimento di parte della parete denuncia l’uti-lizzo al fuoco del recipiente probabilmente per scal-

dare i liquidi in esso contenuti.In ultimo si segnalano due frammenti di colatoio

o “vasi pertugiati” (fig. 8, nn. 6-7). Uno degli oggetti,quasi completamente ricostruito, mostra breve orlosuperiormente arrotondato con attacco del manico(largh. cm 6), parete convessa, base piana o legger-mente concava. I fori sono inferiori al centimetrodistribuiti irregolarmente sul fondo e sulla parete.In entrambi i casi si notano tracce di combustioneesterne e interne; sarebbe quindi ipotizzabile unuso al fuoco per arrostire alimenti, forse castagne2 6.

Tra il vasellame in ceramica fine destinato allamensa per la mescita dei liquidi è conservata unabrocca biconica a corpo tondeggiante (fig.6, n.11),apoda con piede concavo, probabilmente con orloarrotondato (come documentato in altri frammen-ti), ansa a nastro al di sopra del massimo diametro,decorazioni orizzontali incise sulla spalla. Sullabase è evidente la sigillatura del perno di tornituracon un sassolino. All’esterno si notano segni diun’accurata lisciatura a stecca. I confronti orienta-no verso una cronologia al VI-VII secolo2 7. È in cera-mica fine anche il frammento con beccuccio cilindri-co (fig. 8, n. 5) in argilla di colore bruno chiaro, conminuti inclusi. All’interno e all’esterno si conserva-no tracce di vernice bruna che qualificano il reci-piente come imitazione delle sigillate tarde2 8.

Anche la ceramica invetriata, già illustrata insintesi al Convegno di Pontignano del 1990(PANTO’, PEJRANI 1992), presenta caratteristi-che di notevole omogeneità soprattutto per quantoconcerne gli impasti, tutti di un unico tipo secondoquanto risultato dalle analisi minero-petrografi-che condotte in tale occasione, che deponevano afavore della produzione locale peraltro confermatada scarti di lavorazione. Sul colle di Belmonte dovedovevano essere attivi impianti artigianali per lafabbricazione di ceramica (come nel c a s t r u m d iPecetto), accanto alla fucina per la forgiatura di

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI106

22 Forme con bordo semplice compaiono a Castelseprio in etàlongobarda: BROGIOLO, LUSUARDI SIENA 1980. fig. 18,3;DABROWSKA et al 1978-79, fig. 16, nn. 16-17, 36. In generalesul tipo cfr. GUGLIELMETTI, LECCA BISHOP, RAGAZZI1991, tav. CVIII.4, p. 235. Da segnalare come anche negli esem-plari emiliani sia presente un foro di sfiato sotto la presa: BRO-GIOLO, GELICHI 1984, tav. III. 3-5, p. 295. 2 3 Per la decorazione del listello cfr. NOBILE 1991, tav.XLIV.4. Affine al tipo da Cremona, Palazzo Pignano la cui dif-fusione è prevalente nel V secolo, ma si ritrova anche in segui-to: BOLLA 1985, p. 203, fig. 37.9; la stessa cronologia è confer-mata dai ritrovamenti di Milano: GUGLIELMETTI, LECCABISHOP, RAGAZZI 1991, p. 234, tav. CVII.5.2 4 A Milano: GUGLIELMETTI, LECCA BISHOP, RAGAZZI1991, p. 235, tav. CVIII.3-4; a Castelseprio: DABROWSKA e tal. 1978-79, fig. 16, nn.16-17, 36.2 5 In generale per la discussione sul problema cfr. quanto inLAVAZZA, VITALI 1994, pp. 43-45.26 In area canavesana si segnalano i colatoi sia grezzi che inve-triati tra il materiale di Torre Bairo: CERRATO 1992, tav. 2.9;delle Vaude (con un esemplare interamente ricomposto con

lungo manico dal bordo al di sotto del massimo diametro):SARDO 1988, tav. 6.42. In area lombarda la produzione sareb-be particolarmente diffusa nel comprensorio del Ticino nel IVsecolo: Milano capitale 1990, (E.Tonso), 4c.1d. A Castelsepriosono documentati nelle fasi della seconda occupazione longo-barda, ma anche in precedenza: DABROWSKA et al. 1978-79,figg. 56.7, p. 75; 57.11, p. 83; 65.8, p. 71. A Milano si ritrovanonelle fasi del IV-V secolo: GUGLIELMETTI, LECCA BISHOP,RAGAZZI 1991, p. 236, tav. CIX.9-10; ad Angera tra la tardaantichità e l’Altomedioevo: ROZZI, 1995, pp. 174-175, tav. 64.27 L’esemplare è analogo a brocche rinvenute nello scavo di unpozzo a Pistoia con materiale datato tra il VI e il VII secolo:LAVAZZA, VITALI 1994, p. 62, tav. 5.8-9.28 La forma compare in diversi siti della Liguria costiera e inparticolare a Luni dove un frammento simile compare in uncontesto di metà IV secolo: RATTI 1977, p. 196, tav. 128.7, e aVentimiglia in contesti di V-VI secolo: OLCESE 1993, pp. 315-322, tav. 321, alla quale si rimanda per la bibliografia di con-fronto. La brocca a beccuccio tubolare si ritrova frequentemen-te anche nella ceramica longobarda, le T ü l l e n k a n n e n per lequali si rimanda a von HESSEN 1968, p. 23, tav. 2.

utensili in ferro. La stessa origine locale è ipotiz-zabile per la ceramica priva di rivestimento acco-munata da caratteri tecnico-morfologici di notevo-le omogeneità. La completa assenza di anforepotrebbe essere conferma di rapporti commercialicondotti essenzialmente a piccolo raggio o dell’ado-zione di contenitori di tipo diverso (botti di legno).

È da segnalare come per il momento non siaancora stata registrata la presenza di ceramica astralucido o stampigliata tipica della produzionel o n g o b a r d a .

V e r c e l l i , Palazzo Avogadro della Motta (fig. 11).

Il palazzo sorse nel XVIII secolo non lontanodalle chiese di S. Pietro della Ferla, oggi scomparsa,e di S. Eusebio di fondazione paleocristiana. Loscavo in estensione del cortile2 9 ha consentito didocumentare una sequenza stratigrafica dalla tardaantichità al XV secolo. Alla più antica occupazionetestimoniata da un lungo muro rettilineo forse direcinzione, affiancato da una tomba “alla cappucci-na”, seguì, posteriormente alla fine del V secolo, ilcompleto abbandono dell’area per la formazione diuno strato limoso, che innalzò la quota di oltre 1metro, generato da uno o più eventi alluvionali conlo straripamento del vicino fiume Cervo. Tra i mate-riali in esso contenuti si segnalano un frammento dipiatto in sigillata chiara D decorato a cerchi concen-trici databile tra la metà del IV e la metà del secolosuccessivo (A t l a n t e, tav. LVIa. 22-24) e un frammen-to epigrafico funerario con formulario cristiano lacui datazione è stata proposta alla metà del V secolo(PANTO’, MENNELLA 1994). In un livello successi-vo sono stati raccolti una decina di frammenti cera-mici che sembrano collocarsi, anche su base strati-grafica, in un orizzonte di metà VI secolo. Sono com-pletamente assenti le ceramiche fini e le invetriate.

Tra la ceramica priva di rivestimento è docu-mentata un’olla (n. 1) con breve orlo ad arpione,pareti di forte spessore (probabile corpo ovoide), inceramica mediamente depurata, di colore rosato,con c h a m o t t e e minuti inclusi, la cui forma non com-pare tra i materiali datati entro la metà del V seco-lo provenienti da un contesto urbano di prossimae d i z i o n e3 0.

Un altro frammento di olla (n. 2) presenta l’orlocon marcata scanalatura su breve collo. L’impastoè discretamente depurato di colore grigio-nero consuperfici lisciate a stecca e trattate “a patinanera”. Pur avendo l’orlo segnato dalla scanalaturala forma non presenta nessuna affinità con i tipinoti inquadrati anteriormente alla metà del Vs e c o l o3 1. Il tipo di trattamento delle superficimostra invece stringenti analogie con il vasellamepresente a Centallo nel VI-VII secolo (infra).

Ha una forma assai singolare anche il coper-chio di piccole dimensioni (diametro cm 21) conbordo tagliato obliquamente verso l’esterno, brevelistello sagomato da cui parte il corpo probabil-mente troncoconico con parete assottigliata (n.4).

È da segnalare la presenza di un’anfora di pro-babile produzione africana dell’area tripolitanaadibita al trasporto del vino, la cui diffusione, sep-pure piuttosto contenuta, è attestata in Italia pertutto il V secolo3 2. È conservata la base umbonatacon l’avvio della parete (n. 5). Il frammento presen-ta impasto rosato con ingubbiatura esterna beige.

La presenza di anfore africane nel V secolo e dianfore egee e orientali ancora nella prima metà delsecolo successivo comincia ad essere documentataanche per il Piemonte non solo nelle principali città,raggiunte dalle maggiori direttrici del traffico com-merciale ma, seppure in misura minore, anche negliinsediamenti rurali attestando in modo tangibile ilpersistere degli scambi commerciali3 3.

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2 9 Ricerche dirette da chi scrive. Per una prima notizia cfr. PANTO’1993b, pp. 312-313. Materiali in corso di studio da M. Biagini.30 VASCHETTI, in stampa. La forma si avvicina a un tipo pre-sente nell’insediamento rurale di Brignano Frascata, frazioneFrascata, la cui cronologia comprende il VI secolo: GAMBARO1993, p. 157, fig. 158.10.31 Ad esempio cfr. i tipi presenti nell’abitato di Angera: TASSI-NARI, COMPOSTELLA 1995, tav. 48.2-3.

3 2 VILLA 1994, p.397, tav. 8.11. Cfr. anche CARIGNANI,PACETTI 1989, pp. 611-614.33 Nel Piemonte settentrionale la presenza di anfore “spatheia”è attestata nel V secolo a Biella (Bugella) (PANTO’ 1993, tav.XLIV.23-23) e a Chieri (Carreum Potentia ) (SCIAVOLINO1994, p. 88). Anfore orientali e egee compaiono tra i materialidell’insediamento valsesiano della Ciota Ciara non dopo lametà del VI secolo: BRECCIAROLI TABORELLI 1994, p. 356;tav. CXXXV e BRECCIAROLI TABORELLI in stampa.

Fig. 11. Vercelli (scala 1:3).

Cureggio (No). Battistero (fig. 12).

La chiesa e il battistero sorsero nel V-VI secolonell’area in seguito incastellata. La struttura delbattistero romanico, oggi ancora apprezzabileaccanto alla chiesa parrocchiale, è a pianta ottago-nale con quattro absidiole estradossate. Gli scaviall’interno dell’edificio34 hanno consentito di indi-viduare i resti di un più antico impianto planime-trico preromanico ottagonale con muri d’ambitocompletamente perduti, ma testimoniati dallefosse di spogliazione; in fase con questo era unfonte ottagonale, che nel tempo fu modificato duevolte prima di un radicale rifacimento in forma cir-colare. L’ultimo fonte risultava coperto da unostrato fortemente organico di accrescimento natu-rale formatosi probabilmente in seguito al tempo-raneo abbandono dell’edificio avvenuto, secondoquanto ipotizzabile sulla base dell’associazione deimateriali in esso rinvenuti, in un momento com-preso tra la seconda metà e la fine del VI secolo. In

seguito si impostò il cantiere per il rifacimentoromanico dell’edificio il cui pavimento sigillò lasequenza precedente.

I materiali ceramici provengono tutti dal livel-lo di abbandono anteriore alla fase romanica. Lamaggiore attestazione è relativa a forme da fuoco oda conserva in ceramica priva di rivestimento; duesole forme, rispettivamente in ceramica verniciatae in ceramica invetriata, erano destinate allamensa.

In generale i diversi tipi sono accomunati dauna notevole omogeneità sia per quanto concernegli impasti, generalmente grezzi con macroinclusie leggermente micacei, sia per le caratteristichetecnologiche relative all’imperfetta cottura conviraggio del colore e al trattamento delle superficirifinite con lisciature a stecca che, tuttavia nonnascondono gli inclusi affioranti.

Presenta impasto scarsamente depurato, di colo-re arancio scuro, con grossi inclusi affioranti, la cio-tola verniciata (fig. 12, n. 1). Il rivestimento interno

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI108

34 Ricerche dirette da L. Pejrani Baricco. Per una prima antici-pazione sullo scavo cfr. PEJRANI BARICCO 1986, pp. 212-213.Si presentano in questa sede i materiali raccolti nel livello di

abbandono (14 frammenti). Tutto il deposito al di sotto dellapavimentazione di età romanica è stato setacciato.

Fig. 12. Cureggio (scala 1:3).

costituito da vernice arancio spento è quasi comple-tamente assorbito mentre l’esterno è trattato a stec-ca fino a lisciare la superficie ottenendo un effettolucido e brillante. La ciotola è affine alla formaHayes 80B, da cui si discosta leggermente per il pro-filo della vasca qui meno incavato, diffusa in Italiasettentrionale dalla fine del V al VI secolo3 5.

Tra la ceramica priva di rivestimento è attesta-ta un’unica forma di olla con bordo verticale afascia, orlo assottigliato all’apice e distinto lungo ilprofilo esterno inferiore (nn. 3-4). È presente contre leggere varianti del profilo e in tre differentidimensioni con diametri da 24 a 39 cm. Pur nonessendo conservate sufficienti porzioni di pareteper definire la forma del recipiente è possibile cheil corpo si sviluppasse in forma ovoide. Gli impasti,omogenei, variano di colore dal giallo/rosatoall’arancio cuoio.

Questa forma sembra essere diffusa fin dal IVsecolo nell’area ticinese con termine ultimo al Vsecolo (SIMONETT 1941, p. 203,8 e 204 necropolidi Vignetto), ma ha una maggiore attestazionedalla fine del V e poi nel VI secolo negli abitati diAngera, di Milano e di Castelseprio dove comparein strati relativi alla fase di occupazione longobar-da36. In Piemonte è nota in numerose varianti for-mali nell’insediamento temporaneo in grotta dellaCiota Ciara presso Borgosesia in un contesto conmateriali datati tra la fine del V e la metà del VIsecolo37.

Probabilmente relative a recipienti da conser-va sono due basi rispettivamente con impasto ana-logo a quello delle olle descritte (n. 5) oppure grez-zo caratterizzato dalla presenza di macroinclusibianchi e grigi, da chamotte (n. 6). In quest’ultimocaso la presenza sulla superficie esterna di grossiinclusi poi caduti ha lasciato numerosi vacui. Labase è sabbiata.

Presenta base sabbiata con forte spessoreanche un recipiente foggiato al tornio lento (n. 7),caratterizzato dall’impasto già descritto, qui dicolore arancio chiaro con anima grigia, e alta fre-quenza di macroinclusi e chamotte.

In ultimo tra la ceramica priva di rivestimento

compare un coperchio (n. 8) con presa cilindrica abottone, con impasto grezzo a cottura differenziatatra il rosato e il grigio. È invece piuttosto depuratoe di colore arancio l’impasto della ciotola invetria-ta (n.9). La forma ha bordo fortemente rientrantedecorato da solcature parallele, listello leggermen-te rialzato anch’esso decorato da solcature. Lavetrina è verde distribuita solo internamente achiazze sparse e molto assorbite mentre sul bordoe sul listello compaiono solo rade gocciolature. Iconfronti in ambito piemontese si collocano tra lametà del IV e il VI secolo (prima metà) senza chesia possibile una migliore approssimazione crono-l o g i c a3 8. In Lombardia la forma è maggiormentediffusa in contesti dell’inizio del VI secolo39.

Da quanto esposto appare evidente come imateriali presentati siano caratterizzati da unanotevole omogeneità indice di produzione locale oregionale anche del vasellame da mensa. Per ladefinizione cronologica del contesto permangonoalcune incertezze. Come si è visto i materiali par-rebbero collocarsi, sulla base dei confronti,nell’ambito del VI secolo e in particolare nellaprima metà. Poichè i dati di scavo indicano come sisiano avvicendati quattro diversi rifacimenti delfonte battesimale prima del temporaneo abbando-no dell’edificio, anteriormente alla ricostruzioneromanica, si dovrà necessariamente riconsiderareil momento di abbandono la cui collocazione crono-logia appare più verosimile dopo la metà del secolo.

Isola di S. Giulio D'Orta (No) (figg. 13-15).

La tradizione ricorda S.Giulio, venuto sul fini-re del IV secolo dall’isola di Egina con il fratelloGiuliano, come il fondatore della chiesa sull’isola epropagatore del culto cristiano nel novarese. Il sitoè menzionato da Paolo Diacono a proposito diMimulfo “dux de Insula Sancti Juliani” . Dopoessere stata contesa tra il vescovo di Novara e gliimperatori nel 962 l’isola passò definitivamentealla chiesa di Novara. È possibile che il preminen-te ruolo politico e militare svolto dall’età longobar-da alla signoria vescovile vada anticipato ad epoca

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3 5 HAYES 1972, pp. 127-128 e A t l a n t e I, p. 104 datata dagliinizi alla fine del V secolo, ma anche 80B/99, assai meno diffu-sa, datata al VI secolo (HAYES 1972, p. 155, fig. 28.28).36 Per l’abitato di Angera TASSINARI, COMPOSTELLA 1995,pp. 104, 106, 122, tavv. 45.10,12; 46.1-4; 52.9-10; per MilanoGUGLIELMETTI, LECCA BISCHOP, RAGAZZI 1991, p. 220,tav. C.16; per Castelseprio DABROWSKA et al. 1978-79, fig.38.7-8: scavo II, strato III di fase longobarda; l’assegnazione alV-VI secolo è confermata anche dalle più recenti ricerche: BRO-GIOLO, LUSUARDI SIENA 1980, pp. 481-482, fig. 11.2-3.3 7 Per un’anticipazione cfr. BRECCIAROLI TABORELLI1994, pp. 356-357; BRECCIAROLI TABORELLI, in stampa.3 8 In Piemonte questa forma invetriata compare all’isola diS.Giulio d’Orta in uno strato con materiali attribuiti alla fine

del V-VI secolo (infra, fig. 13, n. 4); a Biella in un contesto data-to al V secolo (PANTO’ 1993, tav. XLIV.18); al Villaro di Tici-neto nell’Alessandrino tra materiali assegnati al IV-V secolo(GARERI CANIATI 1985, tav. 1.5); a Brignano Frascata fraz.S.Giorgio tra la fine del IV e i primi decenni del VI secolo, e infraz. Frascata tra la metà del IV e il VI secolo (GAMBARO1993, fig. 95.6-7; fig. 104.4).3 9 La forma sembra abbastanza diffusa forse come derivazionedalle forme della sigillata D 3E e 3F e della Late Roman C, data-ta all’inizio del VI secolo. Compare al Monte Barro (BROGIOLO1991, p. 80, tav. XLVIII.3-4, con bordo non decorato), a Brescia invia A.Mario in contesti di fine V-VI secolo (BROGIOLO 1988,tav. XIV.2-3), a Castelseprio nella prima metà del VI (LUSUAR-DI SIENA, SANNAZARO 1985, p. 205, tav. I.7, periodo IIIA).

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI110

Fig. 14. Isola di S.Giulio d’Orta, giara invetriata. Fig. 15. Isola di S.Giulio d’Orta, fiasca.

Fig. 13. Isola di S.Giulio d’Orta (scala 1:3).

tardoantica (PEJRANI BARICCO 1990).L’indagine archeologica nella chiesa ha consen-

tito di portare in luce i resti di un primo edificioabsidato rivolto a Nord, probabilmente già cristia-no, costruito sullo scorcio del IV secolo in riva al

lago. Solo in un secondo tempo sorse la chiesa conorientamento canonico. La stratigrafia, quasi deltutto asportata in antico, nel corso delle numeroseattività edilizie che hanno interessato l’edificio,non ha restituito materiali ceramici diagnostici. A

confermare la precoce cronologia dell’impianto cri-stiano sono i resti rinvenuti durante lavori discavo condotti nel 1697. In tale occasione si raccol-sero le tarsie del rivestimento in opus sectile c h eornava il cenotafio di S.Giulio (fine IV-V secolo) ela lapide funeraria del vescovo novarese Filacriodeposto nel 553 (CIL V, 6633)40.

Le recenti esplorazioni condotte in occasionedei lavori di scavo per la posa dell’impianto dimetanizzazione lungo tutta la fascia perimetraledell’isola consentono di riferirne l’occupazione adun momento non anteriore alla metà del V secolo,dopo una più antica frequentazione protostoricagolasecchiana. Il tracciato di scavo in sezioneobbligata ha seguito la strada che serve le case untempo dei canonici sorte nel Bassomedioevo inriva al lago probabilmente ricalcando un prece-dente impianto risalente, nella sua organizzazio-ne, al X secolo. In alcuni settori è stato possibilepraticare più ampi sondaggi. Non è invece statainteressata la zona centrale dell’isola dove sorgevail più antico castello i cui resti sono stati completa-mente cancellati dalla costruzione ottocentescadel Seminario.

Di particolare interesse è la sequenza strati-grafica documentata lungo tutto il tracciato conlivelli d’uso periodizzabili dalla fine del V secoloalla fine del VII secolo. Successivamente si verificòun temporaneo abbandono dei sedimi41.

Nel sondaggio in vicolo S.Demetrio è stataosservata la seguente sequenza: I. La più anticaoccupazione è testimoniata da alcuni riporti e livel-lamenti per bonifica praticati lungo le rive del lagoe da superfici d’uso con buche da palo (fine V seco-lo); II. Fase insediativa con edifici e livelli d’uso (VIsecolo); III. Strato nero a crescita continua (metàVI-VII sec.); IV. Nuova fase insediativa (VII sec.);V. Abbandono (nessun elemento cronologico).

La medesima sequenza stratigrafica è statarilevata in ulteriori sondaggi stratigrafici oampliamenti condotti lungo il tracciato.

Tra i materiali ceramici raccolti complessiva-mente è da notare la netta prevalenza di ceramicapriva di rivestimento con vasellame da fuoco e daconserva, coperchi e catini-coperchio, la rarefazio-ne delle forme invetriate e delle anfore (solo pochiframmenti di parete), l’assoluta assenza di sigilla-te d’importazione o di imitazione e di lucerne.

Periodo I. Tra la ceramica priva di rivestimen-to è presente un’olletta a orlo verticale leggermen-te ingrossato e estroflesso verosimilmente su corpoovoide a impasto rosato piuttosto depurato conminuti inclusi e c h a m o t t e (fig. 13, n.1) i cui con-fronti riportano tra la fine del V e il VI secolo42.

In associazione si segnala la presenza di uncoperchio (n. 2) a impasto depurato leggermentemicaceo di colore rosso con superfici vistosamenteannerite; di un coperchio (n. 3) con bordo estrofles-so e parete sub-verticale ad impasto, leggermentemicaceo, con numerosi inclusi, di colore rosa/gri-gio, superfici non rifinite, decorato sul bordo datacche oblique realizzate a stecca. I confrontianche in questo caso orientano verso una cronolo-gia compresa tra la fine del V e il VI secolo43.

Un unico frammento di invetriata è relativo aduna ciotola con bordo rientrante (n. 4), listello leg-germente rialzato decorato da solcature parallele.Impasto di colore rosato, grezzo micaceo con nume-rosi inclusi bianchi e grigiastri, spessa vetrina gial-lo/bruna solo interna, rada sul listello. I confrontidi ambito piemontese e con la vicina Lombardiasono tra il IV secolo e la prima metà del VI con mag-giori attestazioni dalla fine del V secolo4 4.

Periodo II. Dagli strati di frequentazione dellafase II provengono scarsi materiali. Si segnala lapresenza di un coperchio con presa cilindrica a bot-tone analogo a quelli, meglio conservati, che perdu-rano nella fase successiva e di ceramica invetriatacon un vaso a listello di forma non ricostruibile.

Periodo III. È presente la ceramica invetriatacon una grande giara a vetrina sparsa o fortemen-te assorbita (fig. 13, n.5; fig. 14). Il frammento haimpasto friabile molto depurato, ma addizionatocon chamotte, di colore grigio con superfici rosate.La vetrina sulla superficie esterna è rada a chiaz-ze sparse e gocciolatere; all’interno è quasi com-pletamente assorbita. Il tipo è molto simile a quel-lo documentato a Mombello cui si rimanda per iconfronti (infra, fig. 16, n.3).

Tra la ceramica priva di rivestimento compaio-no forme realizzate al tornio lento. Gli impastisono rosati, micacei e le forme (olle o contenitori daconserva) hanno superfici brunite e sono caratte-rizzate dalla base sabbiata, in un caso leggermen-te convessa (n. 6). Perdura il coperchio con piccolapresa cilindrica a bottone di altezza asimmetrica

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40 Ricerche dirette da L.Pejrani Baricco. Per una prima sintesidei ritrovamenti cfr. PEJRANI BARICCO 1990, p. 297; cfr.anche LUSUARDI SIENA 1989, pp. 196-197.4 1 Da questi livelli sono stati raccolti complessivamente 65frammenti di ceramica e pietra ollare. Molto più abbondante lapresenza di materiali bassomedievali e successivi in strati conanche materiali residuali di cui non si tiene conto in questasede.42 La forma è documentata a Monte Barro: NOBILE 1991, tav.XXXIX,2.

4 3 A Brignano Frascata: GAMBARO 1993, fig. 110.17 (fraz.Frascata, metà IV-VI secolo), fig. 101.11-13 (fraz. S.Giorgio,fine IV-primi decenni VI); a Monte Barro: NOBILE 1991, tav.XLII, 3; a Brescia S. Giulia con gocciolature di vetrina: MASSA,PORTULANO 1990, tav. III.2, p. 118. Questa decorazionerisulta essere molto diffusa nel VI secolo anche a Castelseprio:DABROWSKA et al. 1978-79, fig. 38.26.4 4 Per i confronti e l’inquadramento cronologico si rimanda aquanto detto per Cureggio, supra.

(nn. 7-8), di un tipo morfologico già documentato aCastelseprio (DABROWSKA et al. 1978-79, fig.40,6). L’impasto è micaceo a cottura differenziatain rosso/grigio. Si notano estesi annerimenti loca-lizzati soprattutto in corrispondenza della presa.

Sono presenti anche frammenti di pietra ollare.Periodo IV . Relativo a questo periodo è un

unico frammento di parete di un recipiente in cera-mica priva di rivestimento marcato all’esterno daun breve listello (non illustrato) di forma analogaal frammento n.12 di cui si tratterà in seguito.

Periodo V . Nel livello di abbandono sono statiraccolti solo alcuni frammenti di parete di cerami-ca priva di rivestimento (non diagnostici) e di pie-tra ollare.

Sondaggio in piazza Tallone. Strato nero a cre-scita continua, assimilabile al periodo III. Tra laceramica priva di rivestimento vi è un tipo di olla(n. 9) con orlo ingrossato, superiormente appiatti-to, arrotondato esternamente e internamente dovee distinto mediante una solcatura, corpo probabil-mente ovoide. L’ impasto è rosato fortementemicaceo con inclusi bianchi. Affine a un tipo daBrignano Frascata datato all’inizio del VI secolo(GAMBARO 1993, p. 157, fig. 110,6), da Biella daun contesto del VII secolo (PANTO’ 1993, tav.XLV,29), dall’insediamento in grotta della CiotaCiara presso Borgosesia45, ma è noto anche a Bre-scia S.Giulia e dall’abitato di Angera in contestitra il IV e il VI secolo46.

In associazione è un’olletta con orlo estroflessoarrotondato al labbro (n. 10) in ceramica ad impa-sto grigio uniforme, piuttosto micaceo. I confrontianche in questo caso con l’area lombarda orienta-no verso una cronologia alla seconda metà del VIsecolo con attardamenti fino al VII47. Una base diolla presenta impasto rosa, micaceo, con superficieesterna più scura.

Sondaggio in piazza Marangoni. Livello d’uso,assimilabile al periodo IV. Compare un tipo di reci-piente cilindrico (n. 12) con alto bordo verticaleappiattito leggermente rientrante rispetto allaparete dalla quale è distinto da un cordolo sago-mato aggettante. L’impasto è grigio con animaappena rosata, tenero, mediamente depurato conpiccoli inclusi e chamotte. All’esterno si notano sol-chi di tornitura. Il colore grigio uniforme, la pre-senza di solcature all’esterno (lasciate intenzional-

mente in evidenza) e lo sviluppo del corpo conbreve listello, avvicinano questo recipiente a tipiin pietra ollare dai quali potrebbe derivare laforma. In Piemonte questa forma è al momentonota dal castrum di Belmonte (supra, fig. 8, n. 4) edalla vicina pianura delle Vaude, da Biella in uncontesto del VII secolo, dall’insediamento in grottadella Ciota Ciara presso Borgosesia con materialidatati entro il VI secolo. La cronologia compresatra la metà del VI e il VII secolo è confermataanche dagli scarsi ritrovamenti del territorio lom-bardo con ritrovamenti dell’abitato di Angera incontesti dell’inizio del VII secolo e di Castelsepriodel momento della penetrazione longobarda4 8 edall’analogia con i recipienti di pietra ollare concordolo esterno, che a Luni e in area ligure si collo-cano tra la fine del VI e il VII secolo49.

Allo stesso periodo è riferibile un frammentoforse pertinente alla spalla di una bottiglia o fiasca(Hochhalsige Flaschen ?) (n. 13; fig. 15), come par-rebbero indicare l’impasto depurato e l’assenza diannerimenti. L’impasto è depurato, leggermentevacuolato, polveroso, di colore arancio uniforme.Presenta decorazione a onda tra linee orizzontalianaloga a quella riscontrata in un frammento dibottiglia da Asti (i n f r a, fig. 20,n.6), ma più pun-tualmente con una fiasca longobarda da Fiesole diminori dimensioni (von HESSEN 1968, p. 17, tav.20.101).

In conclusione sono possibili alcune considera-zioni. Gli impasti dei materiali rinvenuti sull’isolanon presentano caratteristiche di omogeneità,segno evidente di approvvigionamenti da diversimercati. Anche se il numero dei materiali raccoltiè inferiore alle cento unità è da rilevare la quasitotale assenza di frammenti di anfora cui forsesupplivano, come contenitori da trasporto, le giareinvetriate. Nonostante la presenza longobardasull’isola nessun frammento può essere riferitocon certezza alle produzioni tipiche.

Mombello Monferrato (Al) (figg. 16-17).

Le indagini sono state avviate nel 1994 in unavasta area rurale segnalata per i cospicui affiora-menti di materiali. Un primo sondaggio di accerta-mento ha consentito di documentare una comples-sa sequenza stratigrafica con fasi insediative ricon-ducibi sostanzialmente a due differenti orizzonti

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI112

45 Il contesto è datato tra la fine del V e la metà del VI secolo:BRECCIAROLI TABORELLI 1994; BRECCIAROLI TABO-RELLI in stampa.46 Per Brescia S.Giulia MASSA, PORTULANO 1990, tav. III,2; per Angera TASSINARI COMPOSTELLA 1995, p.109, tav.47.6-7, tav. 48.1.47 A Castelseprio: DABROWSKA et al. 1978-79, fig. 39,7 (stra-to III dell’occupazione longobarda); a Monte Barro: NOBILE

1991, tav. XL,15, p. 68; a Milano: GUGLIELMETTI, LECCABISHOP, RAGAZZI 1991, p. 218 tav c.1, p. 220 tav. C.12; a Bre-scia S.Giulia: MASSA, PORTULANO 1990, tav. III,6; ad Ange-ra: TASSINARI, COMPOSTELLA 1995, p. 110, tav. 48.4-5.48 Supra, nota 20.49 Per Luni LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1986, pp. 180-182 (fine IV-VII sec.); per Vada Sabazia LAVAGNA 1986, fig.5, n. 6 (V-VII sec.).

cronologici: ad un insediamento di età romana concontinuità nella tarda antichità, si è sovrapposto,dopo un periodo di abbandono, un nuovo insedia-mento inquadrabile, sulla base dei materiali anchenon ceramici, a partire dalla fine del VI secolo. Ildefinitivo abbandono dell’area parrebbe collocarsientro la fine del VII secolo. È prevista per l’anno incorso la presecuzione dell’intervento con lo scavo inestensione, che potrà fornire dati sul tipo di inse-diamento e più puntuali precisazioni cronologichesulle diverse fasi già riconosciute all’interno dellepiù ampie periodizzazioni indicate5 0.

Tra lo scarso materiale raccolto nella fase dioccupazione della fine del VI secolo si segnala lapresenza di un grande orcio invetriato (le dimen-sioni non consentono la definizione morfologica)ad impasto piuttosto depurato, micaceo, facilmen-te sfaldabile, color arancio differenziato e grigiosotto il rivestimento (fig. 16, n. 3). La vetrina è sot-tilissima e sparsa, distribuita solo internamente,di colore verde giallognolo. La superficie esterna èdecorata da solcature orizzontali realizzate a stec-ca. La forma trova confronto in ambito piemontesetra i materiali dell’isola di San Giulio d’Orta, con iquali presenta anche stringenti analogie nellecaratteristiche di impasto e rivestimento (s u p r a,figg. 13, n.5; fig. 14), e di Belmonte in contesti dipieno o fine VI secolo (PANTO’, PEJRANI 1992,tav. 3, p. 163). Le giare o “contenitori da conservabiansati” (LUSUARDI SIENA, SANNAZARO1991) hanno una discreta diffusione in Lombardiacon un’ampia gamma di forme inquadrandosi trala metà e la fine del VI secolo e forse oltre51.

Sempre dallo stesso contesto provengono alcu-ni frammenti di olla in ceramica a impasto colorbruno chiaro caratterizzato dalla presenza diminuti inclusi e scaglie micacee, superficie esterna

rosata resa scabra dagli inclusi affioranti. Laforma ha confronti regionali e in area lombardadal V secolo avanzato all’Altomedioevo52.

Ad impasto piuttosto depurato, fortementemicaceo, di colore arancio spento/grigio è un coper-chio con presa cilindrica a bottone, parete internafortemente annerita dall’uso (n. 2).

È di particolare interesse la presenza di alcuniframmenti di parete di ceramica longobarda vero-similmente riconducibili a forme a fiasco (n.4; fig.17a). Gli spessori delle pareti sono piuttosto sotti-li, ma non costanti. Gli impasti sono depurati, leg-germente micacei, di colore grigio scuro o nero deltutto analoghi a tipi prodotti a Brescia e confron-tati in sede di convegno. Alcuni frammenti presen-tano la superficie esterna trattata a stralucido (fig.17c). Un frammento si distingue per l’impastomolto depurato di colore arancio scuro, superficieesterna nera lisciata e decorata a stampiglia conun punzone di tipo non noto dai repertori dellaceramica funeraria (fig. 17b).

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5 0 Ricerche dirette da M.T. Sardo e E. Zanda. Per una prima noti-zia SARDO, ZANDA, N o t i z i a r i o, in “QuadAPiem”, 13, in stampa.5 1 Per Monte Barro: NOBILE 1991, p. 81, tav. LI, 1, 2; per Castel-seprio: LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1992, tav. 2. 3-4 e p.33; LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1982, p. 195, tav. 1.13.52 Confronta con un frammento da Biella datato su basi strati-grafiche al V secolo avanzato (PANTO’ 1993, tav. XLIII, 5).

Una forma simile a sezione rettangolare è presente al MonteBarro con diverse varianti del VI secolo, che hanno confrontiregionali nell’Altomedioevo (NOBILE 1991, tipo IV, in partico-lare variante m, p. 68, tav. XL, 13). Il tipo è diffuso anche aCastelseprio (BROGIOLO, LUSUARDI SIENA 1980, fig. 15,2)e tra i ritrovamenti dell’abitato di Angera (TASSINARI, COM-POSTELLA 1995, tav. 48.8 pp. 107-108.

Fig. 16. Mombello Monferrato (scala 1:3).

Fig. 17. Mombello Monferrato, ceramica longobarda.

In associazione sono stati raccolti inoltre unpettine di osso decorato, un vago di collana inpasta vitrea e un bronzo ageminato.

Per il contesto si propone una cronologia com-presa tra la fine del VI e i primi decenni del VII ossiacoincidente con il momento di penetrazione longo-barda. La presenza longobarda in questa importan-te area geografica di collegamento con Pavia era giàstata indiziata da alcuni ritrovamenti in val Cerrinatra cui una crocetta aurea da Serralunga di Crea(MICHELETTO, PEJRANI in stampa).

Dal livello di abbandono (US 16) provengonosoprattutto frammenti di pietra ollare con formeposteriori alla metà del VII, una fusaiola in cera-mica priva di rivestimento con decorazione aocchio di dado tracciata a compasso (n. 5) e scarsiframmenti ceramici ad impasto grezzo di colorebruno chiaro con forme non ricostruibili.

L’assenza di sigillata d’imitazione, ancoradocumentata nelle fasi di età tardoromana, dianfore e la presenza prevalente di pietra ollare dallivello di abbandono, se confermata dalla prosecu-zione dello scavo, parrebbe accomunare questocontesto con altri piemontesi di pieno VII secolo.

Asti, Via dei Varroni (figg. nn. 18-21).

In quest’area della città secondo le fonti docu-mentarie sorgeva, il castrum Varronum, strutturamilitare probabilmente anteriore alla costruzionedel castrum Vetus, citato nel IX secolo.

Lo scavo in estensione (1984-1986) ha compor-tato l’indagine di una domus di età primo imperia-le di notevole impegno con tre ambienti superstiti,la cui organizzazione planimetrica è risultata coe-rente con il reticolo ortogonale della città romana.Il pavimento a mosaico con tessere bianche e neree inserti in opus sectile di uno degli ambienti e isuccessivi livelli d’uso risultavano tagliati dalloscavo per un’ampia fossa tondeggiante, moltoprofonda, legata alle attività di cava per il recupe-ro di materiali da edilizia da utilizzare per lenuove costruzioni sorte nell’area sullo scorcio del Xo XI secolo. Tali strutture, con apparecchio mura-rio di ottima fattura, erano connesse a uno stratod’uso che ha restituito materiali ceramici inqua-drabili tra il X e l’XI secolo.

La fossa risultava colmata da materiali di demo-

lizione e ceramici compresi tra la tarda antichità e lafine del X secolo5 3. Dall’elevato numero di frammen-ti ceramici raccolti nel suo riempimento (US 259) eda un livello d’uso (US 279) sono stati estrapolati itipi con caratteristiche tecnologiche e formali che sidiscostano dalle produzioni note di età tardoantica5 4.

Nelle stratigrafie del sito è ancora attestata lapresenza di sigillata chiara C e D con forme damensa d’importazione delle coste africane e in par-ticolare la forma Hayes 61A della D. Permaneabbondante la presenza di anfore africane.

La ceramica invetriata è attestata con ciotole alistello che ben si inquadrano nelle produzioni delV secolo. Potrebbe appartenere invece alle produ-zioni del VI secolo avanzato un frammento di cio-tola (o ciotola/coperchio) con orlo verticale a sezio-ne quadrata lievemente inclinato verso l’interno.L’esterno è decorato da un motivo a onda tracciatocon la stecca. La vetrina è di colore verdastrodistribuita solo internamente (fig. 18, n. 18)55.

Tra la ceramica priva di rivesto è documentatada un unico frammento l’olla a bordo verticaleappiattito con concavità interna per il coperchio(fig.18, n.1). L’impasto è piuttosto depurato dicolore arancio. La forma è affine al tipo attestato aInvillino tra la seconda metà del V e la secondametà del VII secolo (BIERBRAUER 1990 tav.III.9-10, p.66).

Presenta orlo estroflesso e labbro arrotondatocon incasso per il coperchio l’olla (n. 2) ad impastogrezzo di colore arancio spento con grossi inclusiaffioranti in superficie.

Le altre forme ricostruibili sono accomunate dauna notevole emogeneità dei caratteri. L’impastomicromicaceo, di colore da grigio chiaro con sfuma-ture da nocciola a nero, è caratterizzato dalla fittapresenza di dimagrante costituito da minuti inclusiminerali addizionati alle argille, che danno una con-sistenza sabbiosa e ruvida al tatto. Le forme sono perlo più realizzate al tornio lento o ad impasto e spessopresentano le pareti decorate da motivi a onda.

È presente con leggere varianti e in diversedimensioni l’olla a corpo ovoide con orlo verticaleappuntito, lievemente astroflesso, spalla di pocoinferiore al massimo diametro. I diametri allabocca variano da 14 a 16 cm. La forma, di tradizio-ne protostorica, ha confronti che si collocano perlo-più nell’Altomedioevo (nn. 3-4)56.

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI114

53 Ricerche dirette da E. Zanda. Per la notizia preliminare delloscavo cfr. ZANDA in ZANDA, CROSETTO, PEJRANI 1989, pp.97-98. Si veda inoltre MERCANDO 1990, pp. 464 ss., fig. 16.5 4 Si segnalano come provenienti dall’US 279 (livello d’uso) iframmenti alla fig. 18 nn.9-10 e alla fig.20 n. 2. Si ribadisce,anche per questo contesto, l’alta residualità dei materiali.55 La forma si avvicina a quella da una necropoli di fine VI-VIIa Sclaunico (Ud) in ceramica priva di rivestimento con decora-zione a onda esterna (NEGRI 1994, p. 64, tav. 4.1) ed è notaanche a Invillino (BIERBRAUER 1990, tav. I.4). La decorazio-ne a onda su invetriate compare in Piemonte tra i materiali di

Alba datati tra il IV e il V secolo (FILIPPI 1992, tav. 1.7) e diTorre Bairo da un contesto non stratigrafico datato tra il IV el’inizio del VI (CERRATO 1992, p. 182 tav. 2.1).56 In Piemonte questa forma è nota da ritrovamenti a Torinonell’area fuori Porta Decumana (supra, fig. 3, n. 15), tra i mate-riali non stratigrafici dal territorio delle Vaude: SARDO 1988,tav. 2.14. Non dissimile da una forma da Castelseprio prove-niente da uno strato datato ad età tardoromana: DABROW-SKA et al. 1978-79, fig. 19c, p. 85; affine anche al tipo 36c diLuni con continuità nell’Altomedioevo: MASSARI, RATTI1977, pp. 623-624, tav. 271.11.

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Fig. 18. Asti, via dei Varroni (scala 1:3).

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È inoltre attestata l’olla con bordo verticale appe-na rientrante a sezione quadrata tagliato obliqua-mente verso l’interno, corpo ovoide (n. 5) e bordo asezione quadrata leggermente inclinato versol’esterno (n. 6).

Presenta bocca con diametro di poco inferioreal massimo diametro l’olla con labbro verticaletagliato obliquamente verso l’esterno ma legger-mente introflesso, corpo cilindriforme (n.7). Laspalla è ornata da un motivo irregolare a onda rea-lizzato con un pettine a triplice punta.

Lo stesso motivo a onda, con una doppia solcatu-ra sinuosa tracciata con la stecca, compare su unaciotola realizzata al tornio lento (n. 8)5 7. Questaforma, con leggere varianti nell’inclinazione dellaparete, è già nota da un precedente ritrovamento inAsti da un contesto con materiali datati al V secoloe oltre (ZANDA, CROSETTO, PEJRANI 1989, tav.XXIV.5.4), ma è diffusa in Piemonte dalla fine delIV-V secolo a I n d u s t r i a, Torino, Vercelli e Centallo,perlopiù con decorazione a onda sulla spalla5 8.

Presentano corpo cilindrico o leggermente rastre-mato verso il basso le olle con bordo a sezione rettan-golare leggermente espanso reclinato verso l’internoe diametro alla bocca pari o leggermente inferiore almassimo diametro (nn. 9-11). L’esterno può essereprivo di decorazione oppure ornato da linee sinuose omotivi a zig-zag tracciati con la spatola.

Riprende la medesima forma il recipiente adimpasto (n. 12), con ansa ad anello (sezione circola-re) di breve sviluppo al di sopra del massimo diame-tro (il profilo della parete risulta deformatodall’attacco dell’ansa). Una decorazione a zig-zagmolto corsiva è stata praticata a stecca sull’argillaancora fresca rendendo i bordi dell’incisione a rilievo(figg. 18, n. 12; fig. 19). Se si esclude l’assonanza conla forma precedente non sono noti confronti in Pie-monte mentre in Lombardia e in particolare a Bre-scia, come si è osservato in sede di Convegno, è pre-sente in contesti di VII-VIII secolo5 9.

Ha profilo rettangolare al bordo anche il reci-piente cilindrico (n. 13), analogamente decorato daun motivo a onda, che confronta con tipi documenta-ti al c a s t r u m di Belmonte (s u p r a, fig. 8, nn. 1-3) e inaltri siti piemontesi e padani in contesti inquadraticronologicamente dalla metà del VI al VII secolo6 0.

Le stesse caratteristiche di impasto sono in coper-chi con presa apicale a bottone, orlo semplice (super-fici lisciate con un tessuto) (nn. 14-15) e nell’ansa anastro di grande recipiente per liquidi (n. 16).

Dal contesto risultano stranamente assenti leciotole/coperchio e i catini/coperchio con listello, chesolitamente sono ben documentati nei contesti coevi.

Presentano argilla affine a quella delle produ-zioni longobarde due frammenti di orlo di recipien-ti con sviluppo del corpo non restituibile. L’impa-sto è in entrambi i casi depurato di colore arancioscuro (fig. 20, nn. 2-3). Le superfici sono trattate astralucido con maggiore cura all’esterno con effet-to finale di rigature orizzontali, mentre all’internosono maggiormente evidenti le strie delle lisciatu-re a stecca. Le forme, le caratteristiche di impastoe il tipo di trattamento delle superfici trovanostringenti analogie con i materiali recentementerinvenuti a Centallo (infra, fig. 24, nn. 11-12). Nonsono al momento noti ulteriori confronti.

È da segnalare la presenza di un frammento diceramica longobarda (fig. 20, n. 1; fig. 21) a pastadepuratissima con pareti piuttosto sottili, esternotrattato a stralucido con effetto peptizzato di ecce-zionale qualità, decorato a stampiglia con un punzo-ne che assomma il motivo a occhio di dado alle losan-ghe e al cerchiello dentato, che compaiono, però nonesattamente replicati, nelle ceramiche da contestof u n e r a r i o6 1. Nonostante la presenza dell’importantecurtis ducalis, non lontana da Pavia, non sono notidal perimetro urbano ritrovamenti certi di tombe odi oggetti longobardi6 2. Assume pertanto particola-re rilievo l’individuazione di ceramica da contestoinsediativo in quest’area della città.

Di particolare significato è anche il ritrova-mento di un frammento di pégau con becco a ponte,(fig. 18, n. 17) bordo espanso e appiattito (in partedeformato all’attacco del becco), realizzato conargilla di colore arancio con fitta presenza di inclu-si finemente macinati. Il becco conserva tracce dicombustione. Il tipo trova diffusione oltralpe apartire dalla fine del X secolo con maggiore fre-quenza nei secoli successivi6 3. La forma e il tipod’impasto, dissimile da quelli noti nella regionepotrebbero qualificare l’oggetto come di importa-zione dall’area franca confermando l’ipotesi stori-ca che individuava nella zona del castello la sedecomitale (BORDONE 1980, p. 22).

Nel livello successivo (X-XI) compare la cerami-ca depurata con pentolame da fuoco a fondo con-vesso e pareti con decorazione a onda. Gli impastisono molto depurati, di colore arancio, le superficiesterne lisciate e l’interno segnato da fitte solcatu-re da tornio (fig. 20, nn. 4 e 5).

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI116

57 Affine al gruppo dell’Italia alpina orientale e in particolare aun catino da Romans d’Isonzo: NEGRI 1994, pp. 69-70, tav. 4.1.5 8 Per I n d u s t r i a cfr. ALESSIO MANZONI 1985, tav. XLVII, p. 60;il frammento da Torino proviene dagli scavi presso Porta Decu-mana (non illustrato nel presente lavoro); anche il frammentodallo scavo del Monastero della Visitazione in Vercelli è inedito(VASCHETTI in stampa); per Centallo cfr. i n f r a. (non illustrato.59 A questo proposito si rimanda ai vari contributi e in partico-lare a MASSA, PORTULANO, in questo volume.6 0 Per i confronti e l’inquadramento cronologico cfr. quanto

esposto a proposito di Belmonte supra, note 19 e 20. 61 von HESSEN 1968, tav. 32, motivo 104b (Lombardia); partedel 43 (Piemonte).62 Un nucleo di armi, oggetti metallici e alcune Beutelflaschendecorate a stampiglia, ora in corso di studio da parte di A.Cro-setto, sono conservate nel Museo Civico Archeologico di Asti,ma non se ne può escludere la provenienza dal territorio: CRO-SETTO, 1993, nota 1.63 BOUVIER et al. 1992, p. 256, fig. 23.19-20; COLARDELLE1983, p. 358, fig. 131.

Gabriella Pantò 117

Fig. 19. Asti, via dei Varroni, ceramica ad impasto (= n.12 fig. 18).

Fig. 21. Asti, via dei Varroni, ceramica stampigliata(= n.1 fig. 21a).

Fig. 20. a) Asti, via dei Varroni. b) Asti, via S.Giovanni (scala 1:3).

Asti, Via S.Giovanni (fig. 20b).

Un limitato sondaggio di scavo64 è stato prati-cato nell’area orientale della città, a E della catte-drale di S.Maria di fondazione paleocristiana.L’indagine ha consentito di evidenziare un livello

d’uso sigillato da una successiva fase abitativadatata da monete e ceramica del XIII secolo.

Dal livello d’uso provengono solo 4 frammenti.Di particolare interesse per la definizione cronolo-gica del contesto è un collo di bottiglia (Hochhalsi -ge Flasche) ad impasto depuratissimo di colore

6 4 Ricerche dirette da E. Zanda e A. Crosetto. Per una prima informa- zione sullo scavo: CROSETTO, N o t i z i a r i o, “QuadAPiem” 13, in stampa.

nocciola rosato, leggermente micaceo, molto duro ecompatto. Il settore mediano del collo presentadecorazione a fascia con motivo a onda circoscrittotra due linee orizzontali, praticato a stecca (fig. 20,n.6). Il tipo confronta con esemplari longobardiintegri da Brescia e Fiesole datati al VII secolo(von HESSEN 1968, pp. 14, 17, tav. 20, BUORA1990, scheda p. 218, fig. p. 217, IV, 116).

Gli altri frammenti sono relativi a un coperchioe due ciotole/coperchio. Il coperchio restituito grafi-camente, privo di presa apicale, ha il bordo rettan-golare tagliato obliquamente, impasto semidepu-rato di colore arancio bruno con superfici fortemen-te annerite (n. 7). La ciotola/coperchio n. 9 ha orloindistinto dalla parete ingrossato verso l’esternocon angolo sub-verticale, decorato a tacche oblique.L’impasto è grezzo, duro e ben cotto di colore aran-cio/bruno. La forma del bordo si avvicina a un tipoda Monte Barro, che però presenta diametro infe-riore (NOBILE 1991, tav. XLIII, n.4). L’ultimoframmento di ciotola/coperchio (o forse di catinocoperchio con listello) conserva unicamente una

porzione del fondo convesso (n. 8). L’impasto è piut-tosto depurato color grigio cuoio. La superficieesterna è lisciata con un panno6 5.

Per il contesto si propone pertanto una cronolo-gia tra la fine del VI secolo e i primi decenni delsecolo successivo.

A l b a, p.zza Risorgimento, ex casa Miroglio (fig. 23).

In un recente scavo preliminare condotto dopola demolizione dell’edificio noto come “ex casaMiroglio”, sorto nella metà del secolo scorsonell’antica piazza del Duomo, è stata individuatauna poderosa torre, alla quale si addossarono edi-fici di abitazione di periodi diversi, connessi aduna fitta sequenza stratigrafica di livelli d’uso efocolari, ben datati grazie al ritrovamento dimonete. Il contesto più antico contenente materia-li, successivo ai livelli di abbandono di età romana,è datato da due monete carolingie (secondo quartodel IX-X secolo)66.

In esso è stata raccolta ceramica caratterizzatada una notevole omogeneità tecnologica, realizza-ta al tornio veloce. Gli impasti sono riconducibili adue gruppi con argilla semidepurata o grezza e conargilla depurata, talvolta finemente micacea conminuti inclusi, di colore rosso arancio, cottura inatmosfera tendenzialmente ossidante non perfet-tamente controllata. Le superfici esterne sonolisciate e brunite, con vistosi annerimenti anche albordo per uso al fuoco. In alcuni più rari casil’impasto, dalle risonanze metalliche, è differen-ziato con anima grigia67.

È attestata con maggiore frequenza l’olla conbordo fortemente estroflesso e orlo appiattito o piùraramente arrotondato, corto collo e spalla pro-nunciata (nn. 1-3). Le forme sono tutte di piccoledimensioni con diametro al bordo mediamentecompreso tra 10 e 20 cm, fondo convesso (nn. 8-9).Il profilo presenta alcune varianti all’orlo che puòessere maggiormente arrotondato con lieve allog-giamento interno per il coperchio (nn.4-5) o asezione rettangolare (n.6). Questa forma è attesta-ta senza sostanziali differenze in diverse localitàdel Piemonte tra il IX e il X-XI secolo, in Emilianella stessa epoca e fin dall’Altomedioevo nellanell’area alpina orientale68.

Il tipo a sezione rettangolare è ben documenta-to tra i materiali dello scavo recentemente edito diFrugarolo (Al) datati tra la seconda metà del IX e

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI118

65 Cfr. quanto esposto a proposito dei catini/coperchio a fondoconvesso da Belmonte, supra. È con pareti meno svasate rispet-to al tipo presente a Monte Barro (NOBILE 1991, p. 74, tav.XLV,1). 66 Ricerche dirette da E.Micheletto. Per una prima notizia cfr.MICHELETTO, Notiziario, in “QuadAPiem”, 13, in stampa.67 Per questa unità stratigrafica, scavata in due tagli successi-vi caratterizzati dalla costante residualità di materiali romani,si fornisce la seguente indicazione delle presenze ceramiche: I

taglio: grezza e depurata 100 frr.; pietra ollare 1 fr.; residualeromana 22 frr.; anforacei 65 frr. II taglio: grezza e depurata 114frr.; vetrina densa 2 frr.; pietra ollare 29 frr.; residuale romana15 frr.; anforacei 62 frr. In complessivo tra i materiali medieva-li percentualmente risulta l’87% di ceramica grezza o depurata,il 12% di pietra ollare e lo 0,8% di ceramica invetriata.6 8 Per i confronti e l’inquadramento cronologico si rimanda aquanto esposto a proposito dei materiali di Chivasso (supra).

Fig. 22. Asti, via dei Varroni, ceramica depurata(=nn.4-5 fig. 20).

la seconda metà del secolo successivo (CORTE-LAZZO 1993, p. 340, fig. 3.2). Anche in quel caso leargille sono depurate e i recipienti cotti in atmo-sfera ossidante, ma non si notano all’esterno trac-ce di annerimenti per l’utilizzo al fuoco.

Presenta caratteri distinti l’olla con orlo estro-flesso ad arpione (n. 7), ad impasto semidepuratodi colore grigio/cuoio. Questa forma è affine a untipo presente tra i materiali di Trino Vercellese(S.Michele in insula), datato anch’esso tra il IX el’XI secolo (CORTELAZZO 1989, fig. 27.2,4), ma èben attestata tra la ceramica del castello di Man-zano (Cherasco, Cn) negli strati relativi al periododi vita del castello, ossia tra la prima metà del X ela prima metà del XIII secolo (CORTELAZZO1990, p. 264, fig. 21, 1-4).

Ha impasto semidepurato di colore grigio, ruvi-do al tatto per la presenza di minuti e fitti inclusi,il coperchio con probabile profilo conico, decoratoal bordo da un motivo continuo impresso costituitoda triangoli allungati con vertice verso la base (n.12). Un confronto puntuale è con un coperchio conanaloga decorazione e profilo da Chivasso in livel-li di abitato del IX-X secolo (supra, fig. 5a, n. 5).

Sono presenti solo pochi frammenti di reci-

pienti di pietra ollare solitamente ben attestatanei contesti coevi analizzati. Compaiono invecedue frammenti di parete in ceramica coperta davetrina pesante in monocottura di colorebruno/verde con superfici “a buccia d’arancia” ilcui tipo è diffuso in Piemonte a partire dal XIIIsecolo seppure in percentuale molto bassa (CER-RATO, CORTELAZZO, MORRA 1991, p. 129).Poiché la produzione di ceramica a vetrina piom-bifera verde o bruna è documentata nelle areeurbane e rurali della Francia meridionale fin daepoca carolingia (C.A.T.H.M.A 1992, pp.68-69)non è da escludere che la sporadica introduzionedi merci o tecniche almeno nel cuneese, commer-cialmente legato all’area provenzale, possa esse-re anticipata alla fine del IX-X secolo6 9.

Nel successivo strato di vita permane l’olla conbordo fortemente estroflesso (n.13), ma si affermail tipo a profilo rettangolare (n. 14). A sigillare lastratigrafia è un probabile strato di abbandonodatato da un denaro di Pavia (1056-1160) in cuicompare l’olla con orlo arrotondato estroflesso eincasso per il coperchio (n. 15) la cui forma perdu-ra nel XIII secolo (CERRATO, CORTELAZZO,MORRA 1991, p. 121).

Gabriella Pantò 119

69 Insoluto il problema di un’eventuale continuità della produ-zione di ceramica invetriata in epoca successiva al VI secolo,che in Piemonte sarebbe al momento unicamente testimoniatadalle fusaiole (posto in sede di convegno da M.M.Negro Ponzi

Mancini). La presenza di un frammento di ceramica a vetrinapesante proveniente da un livello anteriore all’XI secolo era giàstata segnalata a proposito di Biella (PANTO’ 1992, p.152).

Fig. 23. Alba (scala 1:2).

C e n t a l l o , località Madonna dei Prati (figg. 24-25).

A una villa romana rovinata da un incendio trala fine del IV-inizio V secolo si sovrappose, reim-piegandone le strutture, una chiesa ad aula absi-data. Il successivo edificio di culto triabsidato èriferibile al VI-VII secolo. La sequenza stratigrafi-ca, con altissima residualità dei materiali, è forte-mente disturbata dall’estesa presenza del cimiterosviluppatosi tra il VI e VII secolo, anche con tombelongobarde come parrebbe indicare lo studioantropologico e il ritrovamento di alcuni elementidi corredo e del vestiario. L’edificio di culto per-durò fino alla fine del Medioevo e oltre, con unaripresa del cimitero nel XIII-XIV secolo. È proba-bile che accanto all’edificio di culto sorgesserostrutture abitative la cui presenza è indiziata daresti murari70; pertanto la presenza di un ingentequantitativo di ceramica raccolta nell’area funera-ria si giustifica con l’utilizzo di vasellame d’usocomune nel vicino contesto insediativo.

Tra il complesso del materiale sono stati sele-zionati alcuni tipi caratteristici che, pur presen-tando un problematico inquadramento cronologi-co, potrebbero collocarsi in un orizzonte di fine VI-VII secolo.

Un gruppo è accomunato da impasti depurati ocon minuti inclusi di colore tra il bruno arancio e ilgrigio e dal rivestimento delle superfici “a patinan e r a ”7 1. È documentata un’olla a orlo arrotondatosu breve collo rettilineo, spalla carenata, corpo apareti rettilinee o leggermente convesse. L’impastoè depurato di colore bruno arancio leggermentemicaceo (fig.24, n. 1). L’olla con bordo rettilineoappiattito, corpo probabilmente ovoide (n. 2), pre-senta impasto grigio/bruno con inclusi sabbiosi checonferiscono una superficie ruvida al tatto; la formarichiama nel profilo un’olla documentata in un con-testo di Asti datato al V secolo e oltre ed è affine aun’olla da Castelseprio raccolta in uno strato suc-cessivo alla seconda fase di occupazione longobar-d a7 2. Anche l’olletta con bordo arrotondato, spallacarenata, corpo ovoide o cilindrico (n. 3) presentaimpasto piuttosto depurato bruno arancio (cotturanon uniforme) con piccoli inclusi; confronta conmateriali da I n d u s t r i a datati entro la fine del VIsecolo (PANTO’, ZANDA in stampa).

Un altro nucleo è caratterizzato dalla omoge-neità degli impasti e del trattamento delle superfi-

ci con le pareti esterne lucidate a stecca con effettoa stralucido. Per il momento sono note solo alcunebasi di forme chiuse per liquidi in ceramica aimpasto depurato di colore arancio bruno consuperficie esterna nera (nn. 4, 6, 7). All’internosono visibili fitte solcature del tornio e sulle basisegni del distacco a funicella. All’esterno si notanole tracce della lucidatura a stecca (striature a rag-gera dal fondo verso il massimo diametro). Sullabase del n. 7 è presente un segno cruciforme trac-ciato in negativo prima della cottura. Anche nelrecipiente ad impasto di color bruno nocciola esuperfici rossastre (n.5) è riproposto lo stesso tipodi lucidatura.

Hanno impasto depurato di colore aranciospento e superfici nere trattate a stralucido conesito finale di rigature orizzontali anche diverseforme con pareti piuttosto sottili destinate per usoindividuale e recipienti di più grandi dimensioniper uso collettivo: la coppetta a orlo appuntito (n.8); le ciotole con orlo leggermente introflesso espalla ingrossata (n. 9) e con orlo arrotondatoestroflesso (n. 10); i grandi recipienti a bordo verti-cale arrotondato (n. 11; fig. 25b) o esternamentesagomato (n. 12; fig. 25a). Per questi ultimi è darilevare l’affinità morfologica con i materiali dalcontesto di Asti, via dei Varroni, associati a unframmento di ceramica longobarda stampigliata(supra, fig.20, nn. 2-3). Alcuni frammenti di questotipo provengono dal taglio di scavo praticato per lafondazione dell’abside della chiesa che ha interfe-rito i livelli di incendio della villa73.

Anche tra i materiali di Centallo ai segnala lapresenza di un frammento di parete di ceramica lon-gobarda stampigliata (n. 13) con argilla depurataleggermente micacea, di colore nocciola. La decora-zione è impressa con un punzone non noto tra quellirepertoriati, ma affine a un tipo già documentato inPiemonte (von HESSEN 1968, tav. 32, n. 48).

Hanno impasto di colore nocciola, compatto,con rari ma grossi inclusi minerali, alcuni reci-pienti di piccole dimensioni con orlo sempliceestroflesso, corpo ovoide, realizzati al tornio lento(nn. 14-15; fig. 26). Sulla spalla presentano unafitta decorazione a linee orizzontali irregolari trac-ciate con un pettine. Alcuni annerimenti sullepareti esterne ne denunciano l’utilizzo al fuocoforse per scaldare liquidi. Le forme si avvicinano aquelle adottate dalle produzioni longobarde (bic-

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI120

7 0 Ricerche dirette da G.Molli Boffa e L.Pejrani Baricco. Peruna prima informazione cfr. PEJRANI, MOLLI BOFFA instampa. Il complesso dei materiali ceramici è in corso di studioda parte di A.Cagnana.7 1 Lo stesso trattamento delle superfici compare in un fram-mento da Vercelli: supra, fig. 13, n. 2). In sede di convegno si èevidenziato come tale trattamento delle superfici compaia trala ceramica di Brescia S.Giulia in livelli longobardi. Cfr. a taleproposito MASSA, PORTULANO, in questo volume.72 La forma da Asti, pur mostrando lo stesso profilo, presenta il

bordo esternamente sagomato: ZANDA, CROSETTO, PEJRA-NI 1989, tav. XXIV. 17,4. Maggiormente puntuale è il confron-to con Castelseprio (strato V): DABROWSKA et al. , 1978-79,fig. 57.14. 73 Tra i materiali combusti dall’incendio della villa erano con-servati un piatto in terra sigillata chiara D decorata con cerchiconcentrici (HAYES 1972, fig. 40 n. 25b, pp. 218-219) databilefra il 350 e il 420, e una coppetta sempre in chiara D formaHayes 44 con cronologia tra la fine del III e gli inizi del IV seco-lo (HAYES 1972, p. 61).

Gabriella Pantò 121

Fig. 24. Centallo (scala 1:2).

chieri a sacco) mentre se ne discostano sotto il pro-filo tecnico presentando caratteristiche proprie.

Non mancano i frammenti relativi ai grandicatini/coperchio a listello. Il frammento n. 16, digrandi dimensioni (diametro cm 48), con bordoesternamente ingrossato e breve listello, ha impa-

sto piuttosto depurato e ben cotto di colore aranciobruno, scurito sul listello74.

Le importazioni di sigillata africana e la diffu-sione dei prodotti di imitazione non sembra atte-stata dopo il V secolo. Per quanto concerne la cera-mica invetriata, in attesa dello studio definitivo

74 Cfr. l’esemplare da Monte Barro però con listello meno pro- nunciato: NOBILE 1991, tav. XLV.3.

16

dei materiali, si rimanda a quanto anticipato inoccasione del Convegno di Pontignano del ‘90(FILIPPI 1992, pp.121-122).

Appartiene alle produzioni del X secolo l’ollacon bordo estroflesso (n. 17) in ceramica ad impa-sto mediamente depurato, lievemente micaceo, dicolore rosso arancio. Sulla parete esterna e sulbordo si notano annerimenti per contatto con ilfuoco. Questa forma è documentata in diversi sitipiemontesi tra il IX e il X secolo e in particolareconfronta con un’olla invetriata da Torino, area diPorta Decumana (fig. 3, n. 19) e dal più vicino cen-tro di Alba75 (fig. 23, nn. 2-3).

CONCLUSIONI.

In conclusione, da quanto emerge dai dati pre-sentati, appare significativa l’assenza delle cera-miche d’importazione dall’Africa, in particolare disigillata da mensa, ma anche di anfore sempredalle coste nord africane e dalle regioni microasia-tiche. Dopo la metà del VI secolo questi prodottinon raggiungono più neppure i centri maggiorilegati alle principali vie di transito mentre ancoranei primi decenni del secolo si erano mantenutiintensi traffici commerciali anche nelle aree rura-li della Liguria interna caratterizzate dalla relati-va floridezza economica degli insediamenti (GAM-BARO 1993). Risulta del tutto eccezionale la pre-senza di un piatto di produzione tunisina in sigil-

lata D, variante della forma Hayes 94 (Atlante I, p.110, tav. LI.9-10) la cui maggiore diffusione si col-loca nella metà del VI secolo, rinvenuto nell’inse-diamento in grotta della Ciota Ciara presso Borgo-sesia (BRECCIAROLI TABORELLI 1994, p. 356;BRECCIAROLI TABORELLI, in stampa).

Per quanto concerne le produzioni di ceramicainvetriata è già stata posta l’attenzione sul notevo-le incremento che queste ebbero nei contesti inse-diativi dell’area Padana centro-settentrionale apartire dall’età gota proprio in sostituzione dellaceramica fine da mensa in seguito alla rarefazionedelle importazioni (BROGIOLO, GELICHI 1992,p. 27).

Anche in Piemonte le produzioni a vetrinapesante del IV e V secolo vengono progressiva-mente sostituite nel corso del VI secolo dai tipi convetrina sparsa, parsimoniosamente distribuitanon su tutto il corpo ceramico, con forme differen-ziate rispetto alla tradizione precedente (Cureg-gio, Orta). Con la fine VI-VII secolo a Mombello eOrta sono documentati grandi contenitori coninvetriatura sottile parzialmente assorbita eimpasti tra loro straordinariamente simili; potreb-be trattarsi di contenitori da trasporto sostitutividelle anfore ormai assenti. Solo a Torino, nei con-testi dalla fine del VI secolo compare un tipo inve-triato definito “a vetrina assorbita” associato alleceramiche a parziale stralucido, alle grezze deco-rate a onda e a quelle ad impasto piuttosto depu-

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI122

75 Per ulteriori confronti e l’inquadramento cronologico del tipo si rimanda a quanto esposto a proposito di Chivasso (supra).

Fig. 25. Centallo, ceramica a stralucido (= nn. 11-12fig. 24).

Fig. 26. Centallo, olla (= nn. 15 fig. 24).

rato sabbioso affine alle produzioni longobarde.Nessuno dei tipi esaminati si avvicina all’invetria-tura della fiaschetta stampigliata da Biella carat-terizzata da vetrina corposa di ottima qualità(PANTO’ 1992, p. 154) ben diversa da quella menouniforme della fiaschetta da Testona (PEJRANIBARICCO 1980-81, p. 39).

Nel quadro delle produzioni longobarde conritrovamenti da contesto insediativo7 6 (fig. 27) sisegnala il frammento di eccezionale qualità daAsti, importante sede di ducato, con superficie astralucido stampigliata. In associazione sono statiraccolti alcuni frammenti di grandi recipienti daportata in ceramica ad impasto arancio scuro consuperfici nere trattate a stralucido analoga a quel-la documentata a Centallo dove però è presenteuna maggiore articolazione di forme anche per usoindividuale. La circolazione sul mercato dellaceramica di tipo pannonico stampigliata o a stra-lucido è testimoniata dai ritrovamenti negli inse-diamenti rurali di Centallo (accanto all’edificio diculto con sepolture longobarde) e da Mombello inquest’ultimo sito con caratteristiche straordina-riamente simili ai ritrovamenti di Brescia S.Giu-lia. Da Centallo è inoltre da segnalare la cospicuapresenza di vasellame “a patina nera”, che a Bre-scia si trova associato alle produzioni longobarde,la cui diffusione in Piemonte è indiziata da alcuniritrovamenti a Torino e Vercelli. In ultimo è dasegnalare ancora da Asti un frammento di botti-glia a impasto depuratissimo con collo decorato aonda del tipo Fiesole e Brescia, cui potrebbe essereassimilato il frammento da Orta ad impasto menodepurato.

Per quanto concerne la ceramica priva di rivesti-mento grezza o semidepurata si sottolinea il perdu-rare di alcune forme già attestate dal V secoloaccanto all’introduzione di nuovi modelli e in parti-colare dei bicchieri o recipienti cilindrici lisci o conlistello, documentati ormai in molti centri regionali,la cui maggiore diffusione sembra attestarsi nel VIIsecolo. Le forme richiamano quelle coeve della pie-tra ollare sempre presente in tutti i contesti esami-nati il cui incremento pare sensibile dalla metà delVII secolo in concomitanza con la riduzione delrepertorio morfologico anche del pentolame dafuoco in ceramica. In generale, se si eccettua il casoanomalo di Asti, è costantemente presente il catino-coperchio o fornetto il cui uso polifunzionale sembraormai assodato. Il vasellame è ancora realizato altornio con il consistente utilizzo del tornio lentoaccanto alla tecnica ad impasto. Le cotture sonoperlopiù riducenti e imperfette. Come già constata-to anche per l’area padana le produzioni appaionoindirizzate ad un mercato essenzialmente locale.

Il IX-X secolo è caratterizzato in tutta la regio-ne piemontese dalla comparsa di una forma di ollaa bordo estroflesso e profilo del fondo convessodecisamente innovativa rispetto alle tipologie pre-cedenti. Sono ancora presenti gli impasti grezzi incottura riducente (Chivasso) che tendono ad esse-re gradatamente sostituiti da quelli semidepuratie depurati con recipienti a parete maggiormenteassottigliata cotti in atmosfera ossidante, anche senon sempre perfettamente controllata. Pur indiverse varianti regionali la forma, già documen-tata tra i materiali editi di Trino Vercellese e diFrugarolo, entrambi datati al IX-X secolo, compa-re a Chivasso, Torino, Pecetto, Alba, Centallo.

Accanto alle olle perdura la produzione di ciotoleo ciotole/coperchio. In quasi tutti i contesti esamina-ti è significativa la presenza di pietra ollare la cui

Gabriella Pantò 123

7 6 La carta regionale con la localizzazione dei ritrovamenti fune-rari longobardi (63 siti) è stata elaborata revisionando gli Archivi

della Soprintendenza Archeologica e la bibliografia in vista dellaredazione della carta archeologica di prossima pubblicazione.

Fig. 27. Ubicazione dei ritrovamenti longobardi conevidenziati i siti con ceramica da contesto funerario(triangoli) e di ceramica stampigliata da contestoinsediativo (triangolo inscritto): 1 Torino via Nizza; 2Testona; 3 Beinasco; 4 Carignano; 5 Borgomasino; 6Caluso; 7 Biella; 8 Desana; 9 Borgovercelli; 10 Mez-zomerico; 11 Nebbiuno; 13 Pecetto Bric S.Vito; 13Mombello Monferrato; 14 Asti; 15 Centallo.

diversa incidenza andrà valutata in relazione al tipodi contesto sociale. Nel centro urbano di Chivasso lapietra ollare raggiunge appena il 2% dei ritrova-menti e bassa è la sua presenza anche ad Alba con il12% mentre a Frugarolo, nello stesso periodo, rag-giunge il 28% (CORTELAZZO 1993, p. 340). Sia aChivasso che ad Alba con gli impasti grezzi compa-re la ceramica depurata analoga a quella documen-tata in numerose varianti a Pecetto dal X secolo, chenei livelli di XI secolo di Alba e Asti diventa presso-chè esclusiva con un notevole incremento percen-tuale dei ritrovamenti, che documentano anche latrasformazione nella scala dei consumi.

È significativo il ritrovamento ad Asti, sede

comitale, di un frammento di pegau della fine delIX-X secolo, che implica rapporti con l’area francaanche di tipo commerciale. In tale ottica andrebbevalutata la presenza ad Alba, in livelli datati damonete ad età carolingia, di ceramica invetriata inmonocottura probabilmente frutto di sporadiche eoccasionali importazioni o precoci tentativi diintroduzione della tecnica. Infatti anche se lalarga diffusione delle ceramiche invetriate è atte-stata in Piemonte solo dal XIII secolo alcuni spora-dici ritrovamenti e la presenza di fusaiole inve-triate lascerebbero intravvedere la possibile tra-smissione di questa tecnica da aree geografichecontigue o legate politicamente e culturalmente.

(Gabriella Pantò)

LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI124

BIBLIOGRAFIA

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