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Anno LIII - N.1 gennaio - aprile 2017 Inviato in omaggio agli aderenti all’ACOS Notiziario dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari Somma rio Buona Pasqua amiche ed amici ....................................... pag. 2 Il diritto alla salute: tra virtù e burocrazia: appunti dal convegno ....................................................... pag. 4 a proposito di DAT: non esiste medicina senza relazione umana libera e condivisa fino alla fine ........................ pag. 11 La collega Miscio Annunziata ....................................... pag. 12 Una targa in ricordo del prof. Carlo Boggiano ........... pag.13 Appuntamenti associativi .............................................. pag. 15

La corsia 1-2017 - acos-nazionale.it · anche quando la burocrazia e la politica cercano di sminuire o di minare la persona malata. Il prof. Marzocca porta i saluti dell’AMCI

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Anno LIII - N.1gennaio - aprile 2017

Inviato in omaggio agliaderenti all’ACOS

Notiziario dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari

Somma rio

Buona Pasqua amiche ed amici ....................................... pag. 2

Il diritto alla salute: tra virtù e burocrazia: appunti dal convegno ....................................................... pag. 4

a proposito di DAT: non esiste medicina senza relazione umana libera e condivisa fi no alla fi ne ........................ pag. 11

La collega Miscio Annunziata ....................................... pag. 12

Una targa in ricordo del prof. Carlo Boggiano ........... pag.13

Appuntamenti associativi .............................................. pag. 15

Buona Pasqua amiche ed amici!

In questo periodo regaliamoci un momento di silenzio per dare uno sguardo dentro di noi e va-lutare quanto siamo coerenti con il valore più bello che Gesù ci invita a vivere (Giov 15:15-17):

15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Come aiuto alla nostra meditazione, ecco di seguito, il pensiero di un poeta che molto ha scritto sui temi fondamentali della vita.

di Giuseppe Marcianò

Sull’amiciziaE un adolescente disse:“Parlaci dell’Amicizia”.E lui rispose dicendo:L’ amico è la rispostaal vostro bisogno.È il campo che seminate con amoree mietete con riconoscenza.È la vostra mensae il vostro focolare.Poiché, aff amati, vi rifugiate in luie lo ricercate per trovarvi pace.Quando l’amico vi confi da il suo pensiero,non negategli la vostra approvazione,né abbiate paura di contraddirlo.E quando tace,il vostro cuore non smettadi ascoltare il suo cuore:Nell’amicizia ogni pensiero,ogni desiderio, ogni attesanasce in silenzio e viene condivisocon silenziosa gioia.Quando vi separate dall’amiconon rattristatevi:La sua assenza può chiarirviciò che in lui più amate,così come per lo scalatorela montagna appare più chiara dalla pianura.E non vi sia nell’amicizia altro scopoche l’approfondimento dello spirito.Poiché l’amore che non cerca in tutti i modidi spiegare sé stesso,non è amore,ma una rete lanciata in avantie che imprigiona solo ciò che non ha valore.E il meglio di voi sia per l’amico vostro.Se lui dovrà conoscereil rifl usso della vostra marea,fate che ne conosca anche la piena.Quale amico è il vostro,per cercarlo nelle ore di morte?Cercatelo sempre nelle ore di vita.Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno,ma non il vostro vuoto.E nella dolcezza dell’amiciziaci siano risate e la condivisione dei piaceri.Poiché nella rugiada delle piccole coseil cuore ritrova il suo mattino e si ristora.

Khalil Gibran

44appunti dal convegno

IL DIRITTO ALLA SALUTE: TRA VIRTU’ E BUROCRAZIA

Cinzia Della Scala Gambini

Rossana Sinatti

Come ormai da qualche anno du-rante la giornata del malato, l’A-COS organizza in collaborazione con le atre associazioni AMCI, AVO e Cappellania Ospedaliera, un evento culturale. Quest’anno il convegno ha come tema “IL DI-RITTO ALLA SALUTE: TRA VIR-TU’ E BUROCRAZIA”, proprio a voler sottolineare come la salute sia un bene inalienabile del cittadino.

Accanto alla standardizzazione di procedure si evidenzia il bisogno di un’assistenza personalizzata; due istanze da armonizzare per garan-tire al meglio un’assistenza effi cace, un diffi cile equilibrio da ricercare tra risorse conomiche e qualità.

Nel messaggio per la Giornata del Malato 2017 Papa Francesco ci ri-corda che ogni malato è e rimane

sempre un es-sere umano, e come tale va rispettato e sot-tolinea inoltre l’importanza di diff ondere una cultura rispet-tosa della vita, della salute e dell’ambiente e di lottare per il rispetto dell’in-tegralità e della dignità della persona. Tutto questo si tra-duce e si con-cretizza nella nostra mission di operatori sa-nitari. Il dirit-to alla salute è sancito nell’art. 32 della Costi-

tuzione Italiana, e lo ritroviamo anche nei codici deontologici dei medici e degli infermieri. L’ obiet-tivo di questa giornata è quello di fornire degli spunti di rifl essio-ne sulla necessità di strutturare le organizzazioni sanitarie con lo sguardo puntato sul malato e non sull’organizzazione stessa come spesso succede. In alcuni casi ven-gono fornite cure sporadiche, con-centrate sull’immediato che spesso non tengono conto sul vissuto del malato e che poco garantiscono la continuità della vera presa in cari-co globale del malato stesso.

Il malato che giunge in ospedale o in altri ambiti di cura, si affi da agli operatori sanitari ed alla struttura alla ricerca di una risposta ai pro-pri bisogni di cura. Come garantire tutto questo, in modo di rispondere correttamen-te, puntualmente ed in modo etica-mente corretto a queste richiesta? Come vigilare affi nché non si in-corra ancora in nuovi casi di “ma-lasanità” o di “criminalità” di cui si occupata recentemente la stampa? Credo che i relatori di oggi con i loro interventi ci forniranno spunti di rifl essione.

Dopo questa breve ma signifi cativa introduzione della nostra vicepre-

8.30 Arrivo partecipanti e adempimenti ECM

8,45 Saluto delle autorità

Discussants: Carlo Valerio Bellieni (Medico - Pediatria) Manola Pomi (Infermiere)

9.00 Dal giuramento di Ippocrate (ieri) ad un lungo elenco di doveri (oggi) Gemma Migliaro (Medico - Anestesia)

9.40 Protocolli e mansionari fanno la buona sanità? Chiara Mantovani (Medico - Bioetica)

10.20 L’infermiere oggi: ripartire dal quotidiano Edoardo Manzoni (Direttore Infermieristico)

11.00 coffee break

11.15 Back to basic: ripartire dall’assistenza per migliorare gli esiti Lorenzo Righi (Infermiere)

11.50 Operatore: tra sofferenza ed efficacia Giovanni Bonelli (Medico - Psichiatria)

12.30 Il bisogno di salute nell’organizzazione sanitaria attuale Giuseppe Marcianò (Medico - Malattie respiratorie) 13.00 conclusioni e adempimenti ECM

SIENA, 11 FEBBRAIO 2017

CENTRO DIDATTICO OSPEDALE SANTA MARIA ALLE SCOTTE AULA 6

ORARIO 8,30 -13,00

La partecipazione al convegno è gratuita, l’iscrizione è obbligatoria e accettata fino all’esaurimento dei posti disponibili.L’iscrizione è effettuabile tramite il sito: http://formazione.sigmainformatica.com, e disponibile nel portale dell’AOUS.Segreteria organizzativa: 0577585549

IL DIRITTO ALLA SALUTE: TRA VIRTU’ E BUROCRAZIA

L’ evento è inserito nel programma di manifestazioni in occasione della Giornata Mondiale del Malato e in collaborazione con le associazioni ACOS, AMCI, AVO, Cappellania Ospedaliera.

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sidente Manuela Pomi che con il dottor Carlo Valerio Bellieni han-no condotto la giornata, non sono mancati i saluti delle autorità nella persona della dottoressa Anna Fer-retti, Assessore alla salute e al so-ciale del Comune di Siena, la quale sostiene come noi professionisti siamo tutti i giorni a confrontarci sulla fragilità della persona malata. Quindi giuste regole da rispettare ma la nostra professionalità a ser-vizio del bene del paziente, quindi non può essere rimandata come un foglio ma è costantemente presente “in ogni momento”.

Presente anche il presidente IPA-SVI di Siena Michele Aurigi, il quale osservando il logo del con-vegno che presenta la persona al centro, sottolinea come la persona è il centro ma troppo spesso ci na-scondiamo dietro le barriere della burocrazia. Ogni singolo profes-sionista deve mettere sempre al centro del suo operato la persona anche quando la burocrazia e la politica cercano di sminuire o di minare la persona malata. Il prof. Marzocca porta i saluti dell’AMCI e sottolinea nuovamente le diffi col-

tà della sua associazione a reperire nuovi associati ma conferma la sua volontà di collaborazione per crea-re eventi di questo genere.

Il dottor Bellieni introduce quindi la prima relatrice, Gemma Miglia-ro, medico anestesista di Genova e presidente dell’associazione Medi-cina e Persona. La dottoressa inizia la sua relazione con un excursus sulla professione, dal giuramento di Ippocrate fi no ai nostri giorni. Il giuramento di Ippocrate è un insieme di regole e doveri verso il paziente. Seguire il giuramento garantiva al medico fama e buona reputazione, non osservarlo o in-frangerlo equivaleva a grande di-sonore. Attorno ad Ippocrate ed al suo giuramento si è convalidata l’etica medica, tanto che anche perfi no i padri della Chiesa lo lodavano e trascrissero il giuramento a forma di croce. La fi nalità del giuramento non era proprio la fi lantropia, ma era la tutela della reputazione che nasce da una vita pura. La medici-na non può quindi essere superata dai principi morali e integrata di sacralità. Proprio per questo non

mancano tutt’oggi critiche alla me-dicina sganciata da ogni rapporto d’equipe o di parità tra i diritti e doveri tra medico e paziente, cioè tutta incentrata sulla fi gura del medico paternalista. Ad oggi que-sta fi gura paternalistica non è più attuale data la necessità di profes-sionalità per garantire l’assistenza adeguata al paziente. Nel Medio Evo era impossibile distinguere tra poveri e malati date le scarse condizioni alimentari e igieniche nacono infatti gli ospizi religiosi in cui ci si prendeva cura dell’ani-ma e del corpo. Intorno all’anno Mille nella Chiesa si sviluppò una maggiore apertura e considera-zione per la realtà fi sico-biologica dell'uomo. Il sapere medico iniziò una sistematizzazione che trovò la sua sede ideale nelle grandi univer-sità dell’antichità. Sempre in que-sto periodo storico sorgono anche gli Ospedali, esempio di grande gratuità, in cui l’assistenza veniva comunque fornita per lo più da ec-clesiastici.

Una delle motivazioni fondanti l'i-stituzione degli ospedali, che sor-gono, a partire dal 1200, è proprio quella di volersi distinguere dall’o-spizio monastico, adoperandosi per la scissione tra infermi e pove-ri, concedendo assistenza solo agli infermi e cercando di avviare un cammino che porterà a quello che è l’ospedale di oggi e alla fi gura del medico “professionista”. Nel corso del tempo si avvertì l’esigenza di codifi care sia le conoscenze acqui-site sia le regole comportamentali. Nel ‘700 vengono introdotti i pri-mi Trattati di Etica della medicina. Primo fra tutti fu “l’Etica medica” di Percival, seguito dopo tempo dal trattato dell’Associazione Medica Americana. Il trattato vuole ribadire il rappor-to di fi ducia medico-paziente e al

66contempo difendere, attraverso delle regole, la corporazione me-dica da altre fi gure come barbieri, dentisti che senza alcun titolo pra-ticavano la professione. Arriviamo così alla “deontologia” che rac-chiude l’insieme dei doveri ai quali sono legati tutti i membri di una determinata professione (norme di comportamento accettate da tutti).Il Codice Deontologico varia nel corso degli anni, si passa via via a codici usati come strumento dedi-cato ai mutamenti sociali del tem-po, la tutela della salute individuale e collettiva. I codici contempora-nei inevitabilmente si riferiscono a quello che è oggi la medicina con tutte le sue problematiche e le sue criticità. Restano fermi i principi quali quello di soccorrere, di alle-viare la soff erenza, di non creare danno al malato e quello di rispet-tarlo nella sua dignità di uomo. Il Codice Deontologico del 2014, da punto di riferimento per i me-dici che contiene i principi e le regole che essi devono osservare nell’esercizio della professione, vie-ne trasformato in “corpus normati-vo” dell’impegno professionale del medico. Anche stilisticamente ha cambiato aspetto. Sparisce, in mol-ti articoli il verbo «deve, devono» sostituito da locuzioni meno im-positive. Il verbo dovere indica la

necessità non evitabile di dare ini-zio a un’azione conseguente a un giudizio morale; quando si sostitu-

iscono ai principi le regole questo passaggio, mediato dalla libertà del singolo sulla spinta della coscienza, non è più necessario. Perde vigore il cardine del nostro “in scienza e coscienza”: più entria-mo con la norma nel dettaglio più togliamo “pezzetti “alla coscienza. Alla fi ne resterà un mansionario che non avrà bisogno della nostra libertà, dovremo solo (forse con qualche diffi coltà) applicarlo mec-canicisticamente.

Alla dott.ssa Migliaro segue Chia-ra Mantovani odontoiatra e bioe-ticista, che ha portato alla nostra attenzione la relazione fra buona sanità e protocolli e procedure. Ha iniziato il suo intervento con la do-manda: cosa vuol dire una sanità? Indubbiamente per buona sanità si intende una buona anamnesi, una buona diagnosi e una buona tera-pia. Siamo sicuri che basti? Oggi, ai giovani medici non si insegna quasi più la semeiotica, e della sua

importanza. TC e RMN hanno il sopravvento e le mani del medico non sanno più toccare un paziente.

Tuttavia è proprio il tatto che con-traddistingue noi operatori sanita-ri, infatti siamo gli unici autorizzati a toccare il corpo di un altro nelle condizioni di maggior diffi coltà, possiamo farlo in virtù del fatto che siamo in grado di comunicar-gli la nostra partecipazione al suo dolore. Se ci priviamo di questa facoltà perdiamo un tratto identifi cativo della nostra professione. Dei buo-ni medici fanno dei buoni ospedali e non viceversa, in quanto sono le persone in quanto tali che rendo-no buona una struttura anche se una buona organizzazione aiuta una buona medicina. Come si fa ad essere un buon medico? Per rispondere a questa domanda bi-sogna immaginarsi come pessimi pazienti. Un altro punto fondamentale è che la sanità non può essere vista come una voce di bilancio ugua-le alle altre; la sanità è in stretto contatto con la carità che di per se

77costa e non fa guadagnare, perché nasce in una prospettiva cristiana. Gli ospedali nascono in una pro-spettiva di carità ovvero di fare al prossimo quello che avremmo vo-luto fare a Cristo (Cristo Paziente) e come quello che Cristo ha fatto con amore per noi (Cristo Medi-co). La vostra città, ricorda, ne ha un esempio nel Santa Maria della Scala dove accogliendo il paziente come ospite si cercava di alleviare le sue soff erenze, fi no ad aff rescare le pareti con opere di pregio ancora oggi riconosciute come capolavori. Prima del cristianesimo infatti si curava il malato solo negli accam-pamenti militari, nelle palestre e nelle aziende agricole ovvero nei luoghi dove vi era il maggior nu-mero di infortuni e dove si cercava di recuperare le forze lavoro per mandare avanti la struttura. Il cristianesimo cambia la prospet-tiva ovvero si agisce per carità, na-scono così luoghi (Ginnasi) per i poveri dove si raccolgono malati di ogni tipo: dalla persona debilitata alla persona “imbecille”, dal pel-legrino e alla persone al termine della vita. Dopo Galileo arriviamo ai monaci Benedettini che appli-cando la loro regola “Ora et labo-ra” creano dei luoghi dove si pas-sa dalla teoria alla pratica. I loro ospizi sorgono sulle vie di maggior spessore come la Via Francigena ed accolgono i pellegrini. La consapevolezza che non si può curare solo la malattia porta alla nascita della Bioetica a cura del dr. Potter; la conoscenza biologica viene combinata con i valori uma-ni. Finisce così un certo tipo di paternalismo e si passa alla pater-nalità ovvero fare il tuo bene come di solito fanno i padri, suscitando in ciascuno una stima così grande per l’uomo, da avvicinarsi ad ogni persona con VENERAZIONE – RISPETTO – EDUCAZIONE.

Oggi prevale la cultura del cinismo visibile negli episodi televisivi della serie Dr. House. È preferibile un medico che ti tenga la mano men-tre muori o che ti ignori mentre guarisci? Rispetto al ruolo del protocollo una svolta importante fu segnata dal processo di Nursing. Più di una ventina di dottori tedeschi furono processati per l’atrocità commesse durante il periodo bellico e tutti di-chiararono che avevano seguito il

protocollo ed avevano ubbidito ad ordini superiori. In questa occasio-ne per la prima volta i giudici ame-ricani introdussero l’importanza di seguire la propria coscienza. Oltre al protocollo si introduce l’impor-tanza di saper cogliere gli aspetti contingenti come la soff erenza e le esigenze della persona che ti sta davanti, riconoscendo di fatto il dovere all’obiezione di coscienza. Nonostante ciò ci sono stati fi no al 1996 altri casi di questo tipo fatti in nome della scienza. Negli ultimi anni anche la Comu-nità Europea si sta attivando af-fi nché non si verifi chino altri casi come questi, un esempio per tutti: la Convenzione di Oviedo. Le associazioni di matrice cattolica hanno il compito di risvegliare le

coscienze degli operatori affi nché venga riportata la persona al cen-tro tenendo conto che non esiste una buona etica se non è affi ancata da una buona scienza. Allora come creare un ambiente dove stare bene anche quando si fa esperienza di malattia e dove ven-ga tenuto conto delle esigenze in ogni momento della vita? A que-sto proposito la dottoressa Man-tovani porta un’ esperienza fatta a Bologna e denominata “Progetto Giacomo” che si occupa fra l’altro di malati pediatrici terminali. Un gruppo di professionisti sta cercan-do di dimostrare che i protocolli e le procedure possono scaturire da una esperienza di vita vera. In con-clusione possiamo quindi dire che il miglior protocollo deve essere basato sul rigore scientifi co del la-voro di equipe ma con un sguardo attento alle esigenze della persona tenendo presente che nessuno è solo, ma esiste intorno una rete di aff etti e solidarieta.

Il terzo relatore è stato Edoardo Manzoni dirigente infermieristi-co e Direttore Generale della Casa di cura Beato Palazzolo che ci ha parlato del ruolo dell’infermie-re oggi. Questi esordisce con una domanda chiave: “oggi diciamo molte cose e scriviamo molto ma dovremmo domandarci come sto io dentro? Come riesco a realizza-re questa centralità della persona nel mio servizio, come non tradire quel giuramento che ho fatto?” Vi-viamo un’epoca in cui l’ordinario, lo standard è divenuto negativo, noioso; abbiamo sempre bisogno dello straordinario, quello che era importante ieri, oggi è vecchio ed inadeguato. In questo tempo si vanno rompendo i paradigmi, ov-vero quegli elementi di fondo in cui siamo cresciuti, non vengono più riconosciuti o non bastano più.

88Questo è riconosciuto da due acutissimi censori: il Santo Padre Francesco il quale nella sua en-ciclica “Laudato sì” aff erma che “non stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca” e del sociologo Bauman il quale aff erma “che stiamo vivendo in una società liquida che si identi-fi ca con il contenitore che la ospita prendendone le caratteristiche”. Predomina il super vivere cioè so-pravvivere nonostante tutto. La no-stra comunità sociale vive la malat-

tia e il morire come non possibile. L’unica cosa certa è l’incertezza, gli elementi sui quali siamo cresciuti non bastano. Nel nostro mondo occidentale sono due le parole che assumono maggior rilievo: il cambiamento e la complessità. 1-Il cambiamento può essere defi -nito come fenomeno che fa fatica ad essere compreso e subito cam-bia. Il nostro sistema sanitario na-zionale si trova a rispondere non più ai bisogni (con i quali siamo cresciuti) ma con i desideri. Si guarda più all’esteriorità, ai contor-ni che non al centro. 2- La complessità: se il fenomeno è complesso non vuol dire diffi ci-le ma inadeguato ovvero fenomeni

così integrati fra loro da risultare complessi e se proviamo a scom-porli rischiamo di perdere alcu-ne fasi. Ognuno si concentra nel proprio ruolo (medico, infermiere oss) dimenticando la totalità del paziente. La centralità della perso-na deve essere il fondamento delle nostre professioni. Dobbiamo in questo tempo che ci mangia le ore (Kronos) riprendere quel tempo perfetto (Kairos) che ci dà la sensazione di essere nel mo-mento giusto, nel luogo giusto e nella situazione giusta. Prendersi cura vuol dire non solo applicare protocolli, linee guida, o affi ancare le migliori evidenze scientifi che ma unendo il gesto assistenziale si ha il vero ponte fra teoria ed esperien-za. Questo è il tempo del toccare, è il tempo dell’assistere, è il tempo della nostra attività quotidiana. In questo senso è il tempo dell’eter-no nel quale il gesto assistenziale si pone al di fuori del tempo ed è momento in cui l’uomo percepi-sce: di percepisce di non essere il centro ma trova il proprio centro in quell’esperienza d’infi nito che chiamiamo relazione di cura che è in quell’attimo non si ripeterà più. È il gesto che coniuga scienza e co-scienza: nessuna distanza, nessuna scelta, nessuna congiunzione.

Dopo una breve pausa, riprendia-mo con la relazione di Lorenzo Righi, infermiere del Dipartimen-to dell’Emergenza dell’Area Vasta Sud-Est, il quale ci ha parlato del “Back to the Basic”. Ha iniziando ponendoci il quesito: cosa è oggi l’assistenza infermieri-stica: l’insieme delle tecniche o la capacità di farsi carico della per-sona? Solo in alcuni settori, come nella sua esperienza alla centra-le dell’emergenza-urgenza si ha il prevalere delle tecniche che devo-no essere messe in atto velocemen-

te visto l’urgenza del momento. Ma in tanti altri settori i professionisti devono riprendersi l’assistenza in modo da poter misurare non tanto gli esiti negativi ma quelli positivi e il Back to the basic permette di trovare gli esiti positivi. Il Back to the basic è nato da un gruppo di infermieri di terapia intensiva che si domandavano se davvero quello che facevano era solo un insieme di tecniche o se c’era qualcos’altro. La prevenzione degli errori e la prevenzione dei rischi ponendo al centro la scienza portava ad una ri-duzione degli esiti negativi. Vari studi portati avanti da diri-genti avevano l‘obiettivo di dimo-strare quanto l’operato quotidiano dell’infermiere sia concreto e lasci una traccia sugli eventi avversi te-nendo solo conto della parte quan-titiva e non di quella qualitativa. Studi successivi invece si sono ba-sati anche sulla parte qualitativa ovvero sul benefi cio prodotto dal nursing, sul livello di soddisfazione dell’operatore e sull’ambiante lavo-rativo. Più diffi cile risulta quantifi -care la parte empatica e il grado di soddisfazione del paziente. Molti degli eventi avversi sono legati al numero di personale impiegato anche se è altrettanto importante la qualità del professionista. Uno studio europeo “Nursing for Ca-

99sting” riguarda l’ambiente di lavoro e come infl uisca sugli esiti del pa-ziente correlato al numero di infer-mieri. I numeri sono certamente impor-tanti ma bisogna tenere conto an-che delle criticità sistemiche dei nostri ospedali e della nostra realtà quotidiana. Sperimantiamo un for-te squilibrio fra le competenze as-sistenziali ed i bisogni dei pazienti che sono mutati nel corso del tem-po; in molti settori le tecniche han-no preso il sopravvento a scapito della comprensione del contesto. D’altro canto anche come operatori non siamo “accountability” ovvero non siamo capaci dimostrare i no-stri esiti assistenziali a livello nu-merico. Ci sono in atto vari studi ma tutti da ultimare e i dati raccolti non sono ancora signifi cativi, l’u-nico dato che emerge sempre da-gli studi sono gli eventi negativi. Questo, sottolinea Righi, ci deve portare a rifl ettere: Siamo sempre più legati a protocolli e procedure e sempre meno a quelle azioni de-nominate “Missing Cure”, come ad esempio la pulizia del cavo orale, la parte più assistenziale della nostra professione. Tra i molti studi eff ettuati dove pre-valgono gli eventi avversi, c’è uno studio del 2016 che ha evidenziato anche un aspetto positivo: il “Pren-dersi cura” che include il prestare attenzione all’ altro, il rispettare il tempo dell’altro, il dare confort al paziente, l’entrare con delicatezza nell’intimità dell’altro; ovvero la pratica quotidiana degli infermieri.

La relazione successiva è stata quella di Giovanni Bonelli, me-dico psichiatra che ha portato una rifl essione su alcune parole del no-stro vvere quotidiano. La prima parola presa in esame è stata la soff erenza. Per soff erenza si intende affl izione profonda pro-

lungata nel tempo. Se questo stato si prolunga troppo a lungo può tra-sformarsi in depressione. In genere

non pensiamo troppo alla nostra soff erenza ma ci mettiamo spesso in relazione con quella degli altri. Il termine soff erenza si relaziona bene con altri termini tra cui mor-te, virtù, fi no ad arrivare a inutili-tà e ineffi cienza. Quando stiamo soff rendo in genere tendiamo a nasconderlo fi no a negarlo perché ci fa paura e ci provoca dolore fi no ad arrivare alla frustrazione perché dobbiamo lottare contro noi stessi e quindi non siamo più effi caci. Per effi cacia s’intende il raggiun-gimento dell’obiettivo nel minor tempo possibile con la maggior competenza possibile al minor co-sto. Più specifi catamente in sanità s’intende la disponibilità di mo-difi care in meglio la salute di un individuo o di una collettività prendendo in considerazione parti teoriche e pratiche. La disponibi-lità deve portare all’effi cienza che vuole dire utilizzare tutte le risorse disponibili per il raggiungimento di un obiettivo. L’ effi cacia è anche vista come fare le cose bene e le cose giuste; men-tre l’effi cienza è vista anche come fare le cose bene anche se non ne-cessariamente giuste. L’operatore si

trova in questa contraddizione e deve agire con umiltà e disponibi-lità altrimenti rischia di perdersi e di stare male con l’aumento dei sin-tomi psichiatrici fi no ad arrivare al barn-out. Come curare tutto questo? L’ope-ratore ha in mano molti strumenti: formazione, supervisione, collabo-razione, integrazione, confronto, professionalità, legislazione, ov-viamente questi strumenti devono essere ricercati altrimenti non ser-vono a niente. L’utilizzo di questi strumenti ci deve portare all’accettazione e all’accoglienza della nostra soff e-renza, perché chi non ha soff erto non è in grado di condividere la soff erenza altrui. L’accettazione della soff erenza deve portare all’ac-cettazione della solitudine e del dolore che è tuttavia impossibile se non utilizziamo gli strumenti a no-stra disposizione. Senza dubbio la motivazione che dobbiamo trovare dentro di noi ci porterà a mettere in atto quei comportamenti speci-fi ci al benessere proprio e dell’altro. Chiude l’intervento portandoci una testimonianza che mette in risalto l’importanza del prendersi

cura dell’altro attraverso una cita-zione di Mimmo Battaglia (diret-tore di alcune comunità terapeuti-

1010che), il quale defi nisce il prendersi cura come “un atto creativo che modifi ca l’esistenza generando bel-lezza, ma soprattutto un atto rivo-luzionario che modifi ca lo scorrere grigio delle cose con i colori dell’at-tenzione, dell’ascolto e dell’amore”.

L’ultima relazione è affi data a Giu-seppe Marcianò, medico di Bron-coscopia Diagnostica e Interven-tistica dell’AOUS. Questi precisa che se dovessimo trovare un para-metro senza di cui non possiamo fare niente è senza dubbio il tem-po. Infatti un obiettivo si poggia su tre parametri: TEMPO – SPAZIO – RISORSE in funzione delle PER-SONE. Mentre sia lo spazio che le risorse che le persone possono es-sere trovati, acquistati, ottenuti, il tempo è l’unico che non può essere reperito. Quando aff rontiamo un’e-mergenza in medicina abbiamo

due strade da seguire: decidiamo per la malattia o la malattia decide per noi.Il protocollo e le linee guida sono i medici e gli infermieri. Tra tempo (Kronos) e tempo perfetto (Kairos) deve prevalere il tempo opportuno. La conoscenza inizia nel momento in cui si dà il giusto nome alle cose e dà il contenuto alla parola. La bu-rocrazia e l’eff etto economico inci-dono sul modo di Hospitare quindi sull’obiettivo. Solo il lavorare in equipe può ri-durre i rischi. Altro cardine della medica ed infermieristica è l’A-SCOLTO. l’ascolto inteso in ma-niera completa, con l’attenzione necessaria che include anche il linguaggio del corpo. Come ci po-niamo in ascolto è l’80% della co-municazione. Quello che possiamo trasmettere ai nostri pazienti che attraversano un momento parti-

colar di diffi coltà è che noi siamo sullo stesso piano.

Conclude la moderatrice facendo notare che viene usato lo stesso materiale per costruire un ponte o un muro e che sta a noi operatori sanitari di qualunque ordine e gra-do fare la diff erenza.

Prende parola in ultimo la nostra presedente Marina Bossini per rin-graziare i relatori che mai come quest’anno, per i temi trattati, si sono integrati bene fra loro nono-stante le diverse provenienze.Sottolinea che che il loro scopo era quello di lasciare buoni spunti sui quali rifl etteree e conclude rimar-cando l’importanza di mettere la persona al centro con i fatti e non solo nella teoria.

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Sta per approdare in aula alla Ca-mera dei Deputati il disegno di legge su “Norme in materia di con-senso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate”, dopo che in Commissione Aff ari sociali si è consumata una rottura tra le posi-zioni dei parlamentari. Otto di questi hanno abbandonato i lavori constatando il non acco-glimento pregiudiziale delle loro proposte, essendo la maggioranza interessata più a fare in fretta e a tagliare la discussione che non a elaborare un testo condiviso. Vediamo alcuni nodi di tale propo-sta di legge. Nell’articolo più dibattuto e con-troverso (art. 3) si parla non più di “dichiarazioni” ma di “disposizio-ni” di volontà anticipate, toccando tutti gli aspetti cruciali della que-stione: idratazione e nutrizione, obbligo del medico di mettere in pratica le volontà del paziente, mo-dalità con cui le DAT devono esse-re registrate. Viene operato un cambiamento di termini signifi cativo (da dichiara-zioni a disposizioni) assimilando il lessico a quello utilizzato per espri-mere le volontà testamentarie, nel-le quali la persona dispone di beni materiali che “possiede”, volontà che devono solo essere eseguite. Occorre osservare che tali dispo-sizioni rendono decisiva una scelta assunta in un tempo/spazio altro rispetto a quello in cui sarà appli-

cata, astraendola dalla reale situa-zione attuale della persona. Una scelta che viene cristallizzata indipendentemente dalla specifi -ca malattia in atto, da ogni lettura clinica e soprattutto dalla relazio-ne di cura. L’aspetto più distruttivo riguarda infatti lo svuotamento di signifi cato della relazione di cura paziente-medico, la cui centralità viene così totalmente demolita e il legame di alleanza terapeutica reso superfl uo. Appare evidente che tale normati-va sia fuori dalla realtà clinica quo-tidiana e lontana dai bisogni delle persone e, nel suo complicato ten-tativo di descrivere una prassi lega-listica, ignora gli elementi cogniti-vi ed emotivi che costituiscono la relazione di cura qui e ora, in una dinamica viva e reciproca, come la fi ducia, la stima, la competenza, la responsabilità. Infatti se si prova ad immaginare di applicare nella no-stra quotidianità lavorativa quanto via via è scritto nella proposta di legge, appare evidente il lato assur-do (e anche ridicolo) insito nella pretesa di descrivere attraverso una prassi legalizzante quella che è e continua ad essere una relazione.

La legge vuole formalizzare in un atto con valenza legale il contenu-to di un percorso pieno di uma-nità che avviene nel tempo e nello spazio della relazione di cura. Se in molti (troppi) casi ciò non accade

è perché i professionisti non si as-sumono la responsabilità di una re-lazione personale, fi nendo così per favorire il tanto deprecato “accani-mento terapeutico”. Occorre poi notare con forza che, trattandosi di una legge dello Stato, quando verrà approvata i medici saranno obbligati a rispettarla. Si comprende bene come intro-durre il vincolo di obbligatorietà trasformerebbe il medico in mero esecutore di volontà preceden-temente espresse. Il rapporto di cura che l’esperienza clinica inse-gna non è certo quello delineato in stile compromissorio “politically correct” dalle parole della relatrice della legge Donata Lenzi: “Abbia-mo cercato il bilanciamento dei valori della salute e della libertà e tenuto presente che l’autodetermi-nazione non è senza limiti come anche l’autonomia del medico: solo incontrandosi si ha una relazione di cura che cerchiamo di mante-nere anche nelle fasi fi nali dell’esi-stenza.” E’ fondamentale pertanto che ven-ga introdotta la possibilità per il medico di esprimere una obiezione di coscienza, anche se è diffi coltoso descriverne la fattispecie. Deve inoltre restare aperta nell’e-sperienza di tutti i giorni, ovunque sia un malato, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle abitazioni, la facoltà di considerare come atto medico o come terapia l’idratazio-

A proposito di DAT: NON ESISTE MEDICINA SENZA RELAZIONE UMANA,

LIBERA E CONDIVISA FINO ALLA FINE

ASSOCIAZIONE MEDICINA E PERSONA

1212ne e la nutrizione e di rifi utare che questo aspetto debba essere sotto-posto al vincolo di una norma che non può adattarsi alla estrema va-riabilità delle situazioni. Alla fi ne quale è la questione di fondo? Non anzitutto un confl itto tra liberal e conservatori, tra chi difende la mo-rale e chi la soggettività. In gioco sono due opposte concezioni di persona, vista o come individuo o come io-in-relazione (con il tessu-to di rapporti familiari, amicali, di sostegno, aiuto, cura, che ne sono i fattori costitutivi). Si impoverisce l’umanità, la concezione stessa di

persona umana, se l’ideale dell’au-tonomia personale si riduce ad au-todeterminazione - indipendenza dell’individuo. Basti pensare alle persone disabili o ai malati psichici e provare a ri-fl ettere, in concreto, su quanto la previsione di una eventuale futu-ra incapacità di autodeterminarsi rappresenti un concetto ambiguo e indefi nito. Fatto salvo il prezioso lavoro che alcuni deputati hanno svolto e continuano a svolgere, cre-diamo che occorra un lavoro di co-noscenza e di rifl essione di ognuno sulle grandi tematiche che la legge

vorrebbe regolamentare. A questo lavoro vogliamo invita-re tutti. Aiutiamoci a tenere ben presente che la sfi da per noi, pro-fessionisti della sanità, è quella di testimoniare che l’alleanza tera-peutica o, se si vuole, l’“autonomia relazionale” e l’“etica della cura”, sono più aff ascinanti e attraenti del suicidio assistito e della eutanasia, qualunque legge l’Italia abbia.https://www.medicinaepersona.org/

EDITORIALE marzo 2017

Un saluto a Annunziata Miscioper tutti Edy

Giuseppe Marcianò

Edy, una vita vissuta in punta di piedi sempre attenta all’esigenze dell’altro e piena di riconoscenza per ogni mi-nima attenzione ricevuta. Una lunga malattia, vissuta ed accettata con dignità, cercando di non essere di peso a chi le stava accanto e chiedendo solo l’indispensabile e con delicatezza. Ritorna alla casa del Padre una brava infermiera, rimane nel nostro cuore un’amica a dirci “coraggio, vivete sempre con il cuore in mano!”

1313

Il 16 marzo u.s. si è svolta, nel Po-liclinico di Santa Maria alle Scotte, la cerimonia per l’intitolazione dell’U.O. di Malattie Infettive al compianto Professore Carlo Al-berto Boggiano, Primario del Re-parto dal 1970 al 1996, che ci ha lasciato nel 2015. Avevo proposto io stesso l’intitolazione alla Dire-zione Aziendale il 1 luglio 2016, il giorno dopo il mio pensionamen-to. L’inaugurazione della recente ristrutturazione degli ambulatori delle due Unità Operative di Ma-lattie Infettive ed Epatologia e di Malattie Infettive è stata l’occasio-ne per celebrarla uffi cialmente. Nell’occasione è stata scoperta una targa commemorativa con la frase che avevo preparato per ricordare il Professore: “Il Reparto e l’Ospe-dale, dopo la famiglia, furono lo scopo della sua vita e l’ha sempre dimostrato, come Docente, come Direttore e come Coordinatore Sa-nitario”. Anche se nei media locali è stato dato molto spazio all’inaugura-zione e alle interviste al Direttore Generale e all’attuale Direttore del Reparto di Malattie Infettive, a me sembra giusto sottolineare la parte relativa al ricordo del Prof. Boggia-no, che ha fondato una Scuola, ha comunicato agli allievi la sua pas-sione per le malattie infettive e ha sviluppato lo studio delle malattie del fegato, stimolando e sostenen-do all’interno del Reparto l’attività

del Laboratorio di Epatologia. È sempre stato attivo nell’ambito delle Società Infettivologiche ita-liane e dell’Associazione Italiana per lo studio del Fegato. Ha colto prontamente le occasioni per pro-porre e attuare aggiornamenti e innovazioni, fi no a quando è stato costretto, appena sessantunenne, a farsi da parte per una grave emor-ragia cerebrale. Ha tenuto sempre in grande considerazione la re-lazione con pazienti e familiari, come ci ha dimostrato una signi-fi cativa testimonianza spontanea durante la celebrazione. Ci ha sem-pre sottolineato, più coi fatti che con le parole, l’importanza di cia-scun componente, ognuno nel suo ruolo, del Personale del Reparto. Gli sono stato accanto anche in se-guito, quando si era ritirato nella sua casa sul mare in Versilia; voleva

sempre essere aggiornato sui Col-laboratori e le loro famiglie e sul Reparto. Ricordo la sua gioia im-mensa quando è entrata nella vita familiare la nipotina Benedetta e la sua felicità quando ebbe la notizia che sarei tornato a Siena, a dirigere il Suo Reparto, dopo i dodici anni trascorsi a Massa Carrara. Ho nella mente e nel cuore la lucidità, che comunque non poteva mascherare il dolore, con cui aff rontò la malat-tia e la scomparsa dell’amatissima moglie Enrica. Ho provato gioia e orgoglio quan-do ho constatato che a ricordarlo in Ospedale sono stati presenti i suoi e nostri Infermieri di ieri e di oggi, alcuni storici Allievi Collabo-ratori, Amici e Amministratori che hanno fatto la storia dell’Ospedale di Siena e perfi no qualche Collega arrivato da lontano.

Lo storico direttore delle Malattie Infettive Senesi: Dott. Carlo Boggiano

una targa celebra la sua competenza e il suo impegno

Paolo Almi

1414LA NOSTRA GITA

Questa volta abbiamo deciso di ri-manere a Siena, di conoscere più approfonditamente la nostra città, di apprezzare i suoi tesori spesso misconosciuti.In primavera perchè non dedicare qualche ora all’Orto Botanico, ricco esempio di specie vegetali.“L’Orto Botanico dell’Università di Siena fu istituito dal Granduca di Toscana nel 1784, poiché era ne-cessario avere un orto non dipen-dente dall’Ospedale S. Maria della Scala. La direzione fu affi data al Lettore (così chiamato all'epoca) di Botanica, Biagio Bartalini, e la sede era dietro lo Spedale di Santa Maria della Scala, dove già sin dalla fi ne del 1500 era presente un Giar-dino dei Semplici o della Spezieria. Più precisamente le antiche origi-ni di questo Giardino, risalgono al 1588, quando fu istituita a Siena, come a Pisa e a Firenze, la Catte-dra dei Semplici (semplici veniva-no defi nite le erbe offi cinali grezze; composti, invece, erano semplici combinati fra loro per ottenere le sostanze medicamentose). Dal 1822 al 1851 Giuseppe Giuli fu il professore di Scienze Naturali e Botanica che si occupò del Giar-dino, arricchendolo secondo la tradizione del tempo, di numerose piante esotiche ancora poco note e provenienti dai viaggi nei paesi esotici. Solo nel 1856, dopo varie lettere di richiesta di fi nanziamenti e di tra-sferimento in una sede più ampia, il direttore Giovanni Campani, ri-

uscì a far approvare dal Ministro dell’Istruzione lo spostamento del Giardino nella sede attuale di via Tufi (oggi via P. A. Mattioli), nei terreni dell’Accademia dei Fisiocri-tici. A metà degli anni 1960, gra-zie al curatore Vincenzo De Do-minicis, l'Orto si apre al pubblico e una particolare attenzione viene rivolta alle scuole, tramite servi-zi educativi su vari argomenti di botanica. Nel nuovo millennio il tema cardine di tutti i vari servizi educativi e scientifi ci è la conser-vazione della Biodiversità. Quin-di nell’Orto Botanico sono stati completati (iniziati alla metà del 1990) gli allestimenti: il Giardino Roccioso, le Orchidee spontanee della Toscana centro meridionale, il Felceto e il Lago. Collezioni che permettono di far conoscere agli studenti e al pubblico in genere, un sempre maggior numero di specie spontanee della Toscana, con l’in-tenzione di portare il visitatore a rispettare e conservare la natura e particolari specie a rischio di estin-zione. Grazie all’attenzione dedi-cata al problema della tutela della natura, la Regione Toscana con la legge 56/2000, ha riconosciuto gli Orti botanici della Toscana come Centri per la conservazione Ex-Situ della fl ora (C.E.S.FL.). Questa identifi cazione permette all’Orto di attivare progetti scientifi ci di con-servazione e di monitoraggio della fl ora autoctona nel territorio pro-vinciale.”http://www.ortobotanicoitalia.it

Lo scorso 23 dicembre, a Sie-na, si è inaugurata la mostra “La bellezza ferita”, ospitata nella Cripta sotto il Duomo e Complesso Museale Santa Maria della Scala.Le opere, appartenenti all’Archi-diocesi di Spoleto-Norcia, che ri-portano le numerose “ferite” pro-vocate dal recente sisma, saranno ospitate dalla città di Siena: nella cosiddetta Cripta del Duomo, de-dicato alla Vergine Maria, e nel per-corso del Santa Maria della Scala, luogo principe dell’accoglienza, dai pellegrini agli infermi, dai bambi-ni abbandonati, i gittatelli, fi no agli indigenti, senza cibo né tetto. L’allestimento prevede un itinera-rio attraverso i capolavori prima custoditi all’interno di basiliche, santuari e pievi del territorio. Una serie di video, concessi dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, e materiali fotografi ci di fotorepor-ter locali permetteranno inoltre la visione delle fasi di recupero delle opere dopo il terremoto.

Tale progetto permette la presen-tazione del territorio di Norcia e delle sue opere a un pubblico vasto che ogni giorno raggiunge la città di Siena, facendo conoscere al turi-smo internazionale la drammatica realtà delle zone terremotate, ma anche il forte orgoglio civico del popolo che le abita. Norcia, così danneggiata nel suo intimo, impe-tra ora una rinascita.

I promotori e gli organizzato-ri hanno destinato un contributo economico all’Archidiocesi di Spo-leto-Norcia per le fasi di restauro e ricostruzione.http://www.enjoysiena.it

1515

26 aprileore 17,00

Santa Caterina della Notte -

Piazza Duomo

Santa Messa dell’Associazione

con Don Benedetto

29 aprileore 12,00

Monumento a Santa Caterina

viale dei Mille - Siena

consegna dell’omaggio fl oreale alla Santa

30 aprileore 10,00

Portico dei Comuni - Sienaoff erta dell’olio per la ampada votiva e celebrazioni della Festa in onore di Santa Caterina con Sua Eminenza Giuseppe Betori cardinale di Firenze

20 maggioore 10,15

Piazza di Sant’Agostino

Gita all’Orto Botanico e

alla Cripta del Duomo di Siena

vedi pagina 16

9 aprileOspedale Santa Maria alle Scotte - Siena

come ogni anno ACOS e AVO off ro-no ai malati dell’ospedale un rametto di olivo benedetto in occasione della Domenica delle Palme

APPUNTAMENTI ASSOCIATIVI

1616

Direttore responsabile: Giuseppe Marcianò

Comitato di Redazione: Donatella Coppi, Marina Bossini

Progetto grafi co e impaginazione:Daniele Capperucci

Collaborazioni:Daniela Fabbri, Marcello Boscagli

Direzione:Piazza Abbadia, 6 - 53100 Siena

Stampa:Industria Grafi ca Pistolesi

Numero chiuso il 04 aprile 2017.Spedizione in A. P. Legge 662/96 art. 2 comma 20/C Fil. di SienaReg. Tribunale di Siena n. 276 del 15/11/1965

Notiziario dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari

Carissimo, l’adesione all’Acos è importante perché è attraverso di essa che possiamo riaff ermare il nostro impegno di operatori sanitari cattolici e portare un contributo di idee e di presenza nel mondo sanitario odierno. L’Acos non ha risorse economiche ed è solo grazie al contributo di tutti e anche tuo che ci dai questo appoggio che riusciamo tutti insieme a portare avanti, nello spirito dello statuto, i valori per i quali operia-mo. Il rinnovo dell’adesione è rimasto invariato ed è come lo scorso anno di Euro 25,00. Il periodico “La Corsia” è un sussidio inviato gratuitamente agli iscritti, che si propone come mezzo di informazione, formazione e collegamento tra gli aderenti. Non ti nascondo le diffi coltà economiche che si presentano ogni volta per realizzare un numero, ma coscienti della sua importanza ci impegniamo nel realizzarlo; ogni contributo di idee, articoli, suggerimenti è ben accetto, sia da abbonati, simpatizzan-ti o lettori. Per trasmetterli oltre al servizio postale puoi utilizzare il nostro recapito e-mail: [email protected].

Con l’occasione ricordiamo che il rinnovo delle quote per l’anno 2017: quota ordinaria: € 25,00 sostenitori: € 50,00 quota simpatizzante: € 20,00 studenti: € 12,00

Chi rinnova la propria associazione e presenta un nuovo socio avrà uno sconto di € 5,00 su ogni quota.Il rinnovo potrà essere fatto direttamente in sede associativa o attraverso CCP 10591535 intestato a ACOS Siena.

PROGRAMMAore 10.15 ritrovo in Piazza Sant’ Agostinoore 10.30 ingresso all’Orto Botanico e visita guidataore 13.00 Pranzo presso Parrocchia San Pietroore 15.00 Visita guidata alla Cripta del Duomo e alla Bellezza Ferita (Opere Umbre scampate al terremoto)ore 18.00 termine giornata

iscrizioni: Marina Bossini 3335 292411 Donatella Coppi 3491276509

Costo: Euro 25,00 comprensive dell’ingresso all’Orto Botanico e l’ingresso alla Cripta, le visite guidate e il pranzo.Bambini fi no a 12 anni Euro 22,00

Le iscrizioni sono aperte fi no al 14 maggio e fi no ad esaurimento dei posti disponibili, l’incontro verrà eff ettuato al raggiungimento minimo di 30 iscritti.

INCONTRO DI PRIMAVERA

SABATO 20 MAGGIO 2017