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PROSPETTIVE OCCUPAZIONALI DELLA RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE A NAPOLI (Abstract) 0

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PROSPETTIVE OCCUPAZIONALI DELLA RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE A NAPOLI(Abstract)

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Direzione scientifica della ricerca:

Salvatore VinciIstituto Universitario Navale –Napoli-Presidente Fondazione D. Colasanto

Ricercatori:Sergio BruschiniRaffaele MontuoriMichele MoscaElena Pagliuca Raffaele SibilioTiziana Vernola

Coordinamento e organizzazione:Eugenio Zambrano con la collaborazione di Raffaele Montuori

La ricerca è stata realizzata con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Napoli

Parte IProspettive occupazionali della riqualificazione ambientale

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Premessa

Agli inizi degli anni novanta si apre a Napoli una nuova vicenda urbanistica. Questo nuovo processo di definizione della disciplina d’uso del suolo si avvia nel 1994 con l’approvazione, da parte del Consiglio Comunale, degli Indirizzi per la pianificazione urbanistica; Una cultura urbanistica ormai rinnovata guarda al futuro del territorio e delle città contemperando il concetto di valorizzazione a quello di risparmio delle risorse non rinnovabili. A ciò si correla una attenzione crescente agli elementi non riproducibili ed identitari, come la cultura locale o le tradizioni produttive quali leve dello sviluppo e dell’innovazione.L’innovazione urbanistica è impegnata oggi a realizzare il superamento della dicotomia tra spazio urbano di pregio e spazio sistema produttivo, non più inteso come area degradata dal consumo. Si tende, dunque, a produrre un territorio differenziato nei ruoli ma omogeneamente fruibile. I nuovi strumenti di governo sperimentano l’accordo istituzionale per attivare sinergie pubblico/private su programmi urbanistici di nuova generazione; si elaborano nuovi meccanismi gestionali, come le società di trasformazione urbana, in grado di guidare programmi complessi che annunciano itinerari alternativi alla conduzione autoritaria e settoriale delle scelte.

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1. Generalità

Napoli Est si estende su un’area che conta circa 400 aziende per 12000 addetti molti dei quali impiegati nei settori industriali .Si tratta di un’area strategica entro il ristretto perimetro del Comune di Napoli per diversi ordini di motivi primo dei quali è il ruolo che assume nella dimensione metropolitana per la presenza dei più importanti terminali del sistema della mobilità che la qualifica come snodo tra città e territorio; un secondo fattore caratterizzante è una discreta disponibilità di aree in attesa di contenuti, le aree industriali dimesse o in uso ad attività a rischio, contornate da parti minori di terreni ad uso naturalistico (agricolo o residuale) collocati prevalentemente nelle fasce di rispetto della rete infrastrutturale.Queste risorse territoriali, per quanto limitate rispetto al livello di congestione del contesto, costituiscono una riserva di suolo per la produzione di nuovi ruoli urbani. Ne consegue che sul sistema NapoliEst viene ad esprimersi una pressante domanda di futuro posta nei termini di regolarizzare i rapporti esistenti, valorizzare il potenziale delle risorse ed orientare lo sviluppo, ma la prefigurazione del cambiamento stenta a formalizzarsi per la complessità delle implicazioni e la molteplicità delle istanze, anche contraddittorie, che vi convergono.In particolare a Napoli Est si chiede un tessuto produttivo moderno, alti livelli di occupazione, qualità urbana ed attrezzature per il riequilibrio ambientale insieme a sicurezza, affidabilità degli investimenti e competitività: nuovi spazi per la produzione lo scambio ed il consumo conformi a ciò che, in epoca di globalizzazione dell’economia, si enfatizza per le città.La ricerca disegna un percorso di apprendimento volto a realizzare un quadro, anche istituzionale, delle risorse in campo per NapoliEst in modo da meglio inquadrare la nuova offerta per le forze produttive conseguente alla variazione del PRG’72 e valutarla in termini di aspettative di nuova occupazione.L’ambito di approfondimento è il correlato di regole urbanistiche efficaci ed itinerari istituzionali efficienti che, a partire da un progetto d’uso produttivo dell’area, possa contribuire alla riqualificazione ambientale in modo da innescare nuovi rapporti di territorialità tali da contribuire positivamente allo sviluppo della struttura occupazionale ed al recupero del substrato di coesione sociale.Due precisazioni, con territorialità si intendono sia i rapporti sociali mediati dalla materialità delle cose sia le trasformazioni fisiche mediate dai rapporti sociali. Con qualità ambientale si comprende un insieme di condizioni, fisiche e culturali, che influenza la territorialità attiva dei soggetti e che si traduce in vantaggi competitivi, o leve di sviluppo, connaturati al contesto locale1 ed alle sue qualità.1.1 Riqualificazione ambientaleLa riqualificazione ambientale, nell’area Est di Napoli, si concretizza in termini di recupero di rapporti di sostenibilità tra le componenti insediate. La sostenibilità è associata al concetto di sviluppo, e uno sviluppo diventa sostenibile allorquando consente di procedere alla produzione di nuova ricchezza senza compromettere la base di risorse che rappresenta il “capitale” complessivo di una comunità.Le cause del degrado del territorio orientale di Napoli sono da ricercarsi nelle dinamiche insediative, in particolare delle attività produttive, che non hanno generato un tessuto ma solo sfruttato delle opportunità venendo a costituire una esternalizzazione delle economie del

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centro urbano in un rapporto centro-periferia che ha travolto il sistema di relazioni tra territorio edificato e territorio naturale.L’accezione integrata del termine riqualificazione ambientale, distinta da quella vincolistica, strettamente ecologica e paesaggistica, è utilizzata anche dal POR2 Campania, che la intende nei termini trasversali della sostenibilità e quindi volta alla valorizzazione di tutte le componenti del sistema produttivo che presidiano l’ambiente e la finalizza a sanare le condizioni di marginalità con interventi di rivitalizzazione principalmente economica.La riqualificazione ambientale interviene nel progetto di rinnovo di Napoli Est come elemento di valorizzazione diffusa per la costruzione di un sistema produttivo rinnovato e competitivo.1.2 Inquadramento

Ad una prima analisi l’area orientale di Napoli resta individuata, ad ovest, da una linea ideale, quasi un traguardo, che ricalca il limite della città antica e congiunge, su 3Km, la collina di Poggioreale con la costa, un’ampia zona pianeggiante dove si snodano le infrastrutture che collegano il capoluogo campano.Sul fronte urbano, allineati da Nord a Sud in un sistema scarsamente interconnesso, si succedono l’aeroporto, la stazione ferroviaria con il parco binari, le immissioni in città dell’autostrada ed il porto; in questo allineamento può leggersi una cesura tra il centro ed il territorio orientale (discontinuità funzionale).L’area di inquadramento comprende i quartieri di Barra, Poggioreale, S.Giovanni a Teduccio e Ponticelli e si estende ad oriente fino al confine comunale dove, da Sud a Nord, incontra Portici, S.Giorgio a Cremano, S.Sebastiano al Vesuvio, Cercola, Volla e Casoria.Questo subsistema urbano, che la teorica della città metropoli individua negli anni ‘80 come città orientale (25000ha per 150 mila abitanti), si pone al limite del nucleo centrale della città consolidata e svolge il ruolo di cerniera nel sistema metropolitano tra Napoli città ed il suo hinterland: la piana campana, i centri dell’aversano e la conurbazione vesuviana. Al suo interno sono distinte diverse componenti insediative che si caratterizzano come subsistemi minori per la diversa storia dei luoghi ed il diverso tono di problematiche e prospettive attuali. I caratteri netti che le connotano consentono la perimetrazione di 5 unità di suolo su cui articolare il discorso urbanistico: il Centro Direzionale e la nuova città di Ponticelli, le polarità della struttura orientale; la zona industriale profondamente condizionata dalle dinamiche di ristrutturazione dei settori produttivi, composta dall’area storica di Gianturco e dalla recente zona industriale di Barra; i terminal del sistema della mobilità (porto, FFSS, aeroporto); i nuclei urbani storici di Barra e S.Giovanni a Teduccio, estrema propaggine della città centrale.Le problematiche inerenti alla prospettiva di nuova occupazione coinvolgono sostanzialmente il rinnovo dell’area industriale che chiamiamo Napoli Est, ma anche le attività portuali e la ristrutturazione del sistema FS, dovendosi invece ritenere elementi di sfondo le zone a prevalenza residenziale consolidate intorno al sistema degli insediamenti storici di Barra e S.Giovanni.Ponticelli ed il Centro Direzionale (CD) fanno caso a sé; la prima si candida a realizzare un ambiente residenziale qualificato di rilievo urbano ed il secondo è destinato ad accogliere le attività amministrative ed i comparti più verticali della la new economy.

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1.3 Le Prospettive

Le opinioni sul futuro di NapoliEst vedono schieramenti divergenti; sembra che l’unico elemento di convergenza sia la necessità di rivitalizzare questa parte urbana.La riflessione sul progetto di destinazione d’uso dei suoli di Napoli Est coltiva da tempo la consapevolezza che alla riqualificazione urbanistica vadano affiancate misure di politica dell’occupazione finalizzate al recupero della struttura sociale.L’ efficacia del programma urbano dipende dal coordinamento di un insieme di politiche impegnate a produrre le condizioni per il radicamento di opportunità lavorative stabili rivolte alla popolazione insediata.Il tema delle aree produttive riveste ruolo sovracomunale; secondo fonti recenti3 l’apparato industriale campano, pur nella crescita di alcuni settori, si presenta ancora fragile, la struttura produttiva ha un andamento non omogeneo con aree investite da flussi di “eccedenze” provenienti da settori in forte espansione a cui si succedono aree dove crescono la disoccupazione e la disuguaglianza sociale.In questo quadro creare lavoro è il tema, non banale, che taglia orizzontalmente le scelte, una priorità per salvaguardare i rapporti sociali e democratici ed insieme il deterrente più efficace al dilagare della criminalità.Il sistema delle imprese campane, fondato per il 70% su PMI con l'eccezione di alcuni settori, si presenta debole, non competitivo e sostenuto dal sistema degli incentivi centrali. Per rafforzarne il ruolo è necessaria un’azione strategica finalizzata a strutturare le attività in nuovi spazi produttivi.Come però affermano gli esperti del centro studi Confindustria, l’area industriale di Napoli non ha elementi di competitività per la localizzazione di attività produttive. Oltre alle diseconomie derivanti dai problemi di sicurezza, mancanza di infrastrutture e costo del lavoro, il problema strutturale è la mancanza di spazio che non consente in nessun modo all’area industriale di Napoli di essere competitiva con l’entroterra delle provincie di Napoli e Caserta.L’opinione di Confindustria, ampiamente argomentata da una lettura manager oriented elaborata con la Provincia , vede Napoli come appartenente, insieme a Portici, al gruppo dei grandi centri urbani dove si concentrano le economie più ricche dopo quelle turistiche caratterizzate da un elevato livello di urbanizzazione, una diffusa presenza di servizi avanzati ed un’elevata concentrazione di attività nel settore terziario sia pubblico che privato.Questa lettura assegna a Napoli un ruolo nel sistema metropolitano che richiama lo schema già espresso dal progetto Neonapoli, secondo cui le opzioni praticabili per attuare uno sviluppo sostenibile sono riconducibili al terziario avanzato (Parchi Tecnologici ed università) ed il verde attrezzato. Il progetto così formulato ha ispirato le tesi del Preliminare di Piano, dei primi anni 90, che è poi naufragato nelle tempeste di Tangentopoli.Una ipotesi alternativa è invece stata perseguita dalla Società Napoli Orientale, una società mista consortile di promozione della trasformazione, nata nel 1997, per il recupero dei processi di investimento sulle attività manifatturiere, turistiche e terziarie, negli ambiti della ristrutturazione urbana. Uno dei punti di forza della Società avrebbe dovuto essere il Contratto d’Area naufragato per l’opposizione delle componenti sociali più intransigenti.2. Le componenti del nuovo sistema produttivo

2.1 I terminal del sistema della mobilità - Le aree FFSS

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Nell’area di Gianturco, a cavallo tra i quartieri di Poggioreale e Barra, sono collocate le aree attrezzate della Stazione Centrale di Napoli che dispongono di un vasto parco binari per le attività dello scalo merci e del settore manutenzione; i suoli, per un totale di circa 111 ha, sono una ingente riserva da inquadrare nel discorso di riqualificazione/rivitalizzazione di Napoli Est.Le riflessioni da affrontare per dedurre quali implicazioni comporti il riuso di queste aree sull’assetto urbano complessivo, sono da svolgersi su due diversi piani.Per primo l’aspetto funzionale, la stazione centrale riveste il ruolo strategico di grande terminal urbano del sistema del trasporto di persone e merci a partire dal livello locale fino a quello internazionale. Il suo inquadramento nelle direttive regionali4 e centrali (Piano Generale dei Trasporti5 - PGT’98) è già previsto ed in via di realizzazione nel breve-medio termine.Il programma strategico regionale6 assegna a Napoli un ruolo centrale nell’assetto infrastrutturale della Campania in un sistema intermodale che coinvolge il Porto, l’Aeroporto, le FS e la TAV, le indicazioni della Regione e la Variante divergono sul futuro dell’aeroporto di Capodichino che la seconda delocalizza.Il secondo aspetto da considerare ha carattere geografico e topologico, e riguarda la collocazione delle aree FFSS come vasta unità di suolo in relazione alle parti urbane contigue. Riguardo a ciò bisogna considerare che il recinto FS ha costituito, storicamente, un ostacolo alle relazioni del sistema urbano sia in direzione Nord-Sud, tra il sistema Foria-Poggioreale-Centro Direzionale e l’area costiera di Granturco-Porto, e sia in direzione Est-Ovest, tra la città centrale e la periferia orientale.Questo limite urbano, che ricalca quello storico-idrografico, ha oggi da confrontarsi con forti tensioni urbanizzative conseguenti all’esasperata congestione delle zone centrali e l’atrofia funzionale delle aree periferiche.Le scelte possibili, in estrema sintesi, sono la conferma degli usi attuali o l’arretramento della stazione7 ed il via libera alle pratiche di intenso rinnovo urbano che porterebbe lo sviluppo del tessuto terziario del Centro Direzionale fino al mare verso Sud8.La Variante al PRG esclude questa ipotesi e quindi sancisce la conferma degli usi attuali da coltivarsi con la riqualificazione delle infrastrutture ed il superamento puntuale degli ostacoli (interramenti e sottopassi) alla relazione fra parti urbane.

4 LR34/93 BURC n.40 del 13 sett 1993 Cfr. http://www.technapoli.it/trasporti/PianoRegdeiTras.html

5 Cfr. http://www.ced.llpp.it

6 Programma operativo regionale (POR)

7 Cfr. PRG’39. anche G.Alisio A.Izzo R.Amirante (a cura di), Progetti per Napoli, Università degli Studi di Napoli – ventidue idee per la città, Guida editori, Napoli, 1987. Tra i progetti quello del gruppo Gregotti Associati (l’area orientale) basa sull’arretramento della stazione la realizzazione di un sistema integrato intermodale che connette la nuova stazione FS con il porto e l’aeroporto; a completare il sistema il terminal autobus, l’eliporto ed attività terziarie e ricettive e produttive. L’esito finale è un sistema integrato per il trasporto totalmente dedicato a realizzare la porta della città, l’impianto ,bilaterale, separa la organizzazione degli usi urbani ed il comparto produttivo.

8 Cfr.F.Forte, Napoli: problemi e prospettive del Piano Urbanistici Comunale, in A.dal Piaz G.Forte (a cura di), Pianificazione urbanistica ed ambientale, Maggioli, Rep. Di S.Marino, 1999

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La nuova tessitura è basata sulle direttrici est-ovest (via Argine,via Marina e via Gianturco) e su due nuovi assi che, sfruttando tratti già esistenti, partono da Ponticelli e si attestano sui due lati, a monte ed a valle della stazione centrale, quest’ultimo collegato al nuovo teminal dell’Alta Velocità.La nuova rete ha carattere urbano ed è finalizzata al collegamento diretto delle periferie con il centro e non apporta novità alla qualità dei collegamenti tra la zona industriale ed il porto. Questo argomento risulta quindi tutto da esplorare insieme all’ipotesi di potenziamento del sistema della viabilità costiera su cui, invece, diversi progetti degli ultimi anni si sono espressi9.Sembra invece più chiaro il quadro istituzionale che costituisce le premesse di scenario per l’attuazione del programma urbanistico annunciato dalla Variante.Il più importante degli atti sottoscritti è l’Accordo Quadro tra Comune di Napoli, FS spa, e TAV spa del 9/5/96, per l’attuazione degli interventi sulla rete dell’area metropolitana, con cui è stato approvato il Nodo di Napoli ed il successivo Accordo di Programma tra Ministero dei Trasporti, Regione Campania, Provincia e Comune di Napoli, FS spa e TAV spa del 1/10/97 per gli interventi di riassetto del Nodo connessi all’Alta Velocità (AV).Entrambi gli accordi sono conseguenti all’Accordo Quadro tra Regione Campania, Ministero dei Trasporti, FS spa e TAV spa del 9/5/96per l’integrazione della linea AV con interventi di potenziamento del sistema regionale già previsti dal Piano Regionale dei Trasporti (1993)10.A seguito di ciò, ed in conformità con quanto previsto, il Consiglio Comunale ha approvato il Piano Comunale dei Trasporti (PCT’97)11, che è parte integrante e sostanziale della Variante’99. Gli indirizzi di piano si prefiggono la riduzione del trasporto privato in favore di

9 Cfr. G.Alisio A.Izzo R.Amirante (a cura di), Progetti per Napoli, Università degli Studi di Napoli – ventidue idee per la città, Guida editori, Napoli, 1987

Si questa linea i progetti dell’arch. A.Loris Rossi ed quello di U. Siola; monto interessante la soluzione del gruppo Gregotti che propone a giantirco ul progetto urbano completamente dedicato al sistema della mobilità come cerniera tra le componenti produttiva e ricettiva.

Il raddoppio della viabilità costiera è anche al centro della proposta del Preliminare di Piano 1982 ma è affrontata con un tracciato che potenzia principalmente la viabilità costiera nel quartiere di S. Giovanni a Teduccio e la convoglia verso la via Gianturco. Il tema della riconfigurazione della costa è particolarmente approfondito dal progetto coordinato dal Prof. S.Bisogni, realizzato nell’ambito del MURST e presentato nel marzo 1999 alla IX settimana della cultura scientifica e tecnologica Scienza ed Educazione.

10 subentrato al Piano Comprensoriale del 1979.

11 delibere 92 e 99 dell’8/3/97 - Le nuove nodalità previste per NapoliEst dal PCT sono Poggioreale, Stadera, Galileo Ferraris e San Giovanni (una seconda stazione all’altezza di Vigliena), Centro Direzionale e Ponticelli.

Intorno alle nuove stazioni si riorganizzeranno i servizi e le attrezzature di completamento alla mobilità anche con la ristrutturazione delle stazioni esistenti di S.Giovanni, Barra e Gianturco. Nuove tratte trasversali collegheranno Gianturco-Centro Direzionale e Traccia-Ascarelli ed un nuovo tracciato di collegamento tra le linee S.Giorgio-Volla e Napoli-Nola-Baiano della Circumvesuviana costituirà l’ossatura del sistema ferroviario per il trasporto urbano dell’area Orientale, centrato su Ponticelli che farà da contrappunto al nucleo di Garibaldi

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quello pubblico mediante azioni volte a supportare il decentramento, in nuclei urbani esterni, di alcune funzioni pubbliche e private, oggi interne al tessuto storico. Il piano progetta la nuova accessibilità alle funzioni decentrate con un sistema a rete, interconnesso ed intermodale, da ottenersi con il potenziamento dell’offerta infrastrutturale ed una nuova gestione dei flussi.La nuova infrastrutturazione urbana produrrà effetti di rifunzionalizzazione per tutta l’area metropolitana ed in città con la introduzione di treni ad alta frequentazione inoltre, a partire dalle nuove stazioni, sarà articolata in una serie di interventi, quasi tutti su suoli FS, che innescheranno processi di riqualificazione dei quartieri orientali, proprio quelli che più nel passato sono stati penalizzati dalla presenza dei corridoi e delle attrezzature delle stesse infrastrutture.Alla politica di potenziamento del sistema di trasporto su ferro si affiancano gli aspetti gestionali con la liberazione dai traffici nazionali delle tratte per Cancello, Salerno e Villa Literno12 ed il conseguente declassamento della tratta costiera ad usi metropolitani, ciò sarà possibile in seguito al completamento del nuovo tracciato Roma-Napoli dell’AV13 che devierà sulla nuova stazione Campania Afragola i flussi destinati a Sud.La stazione Campana Afragola è a tre Km da Napoli, al centro di un agglomerato urbano di media grande dimensione14 ed è configurata come nodo di interscambio tra alta velocità e linee metropolitane e regionali (circumvesuviana15 e Cancello-Napoli16)Dal nuovo assetto scaturiranno due aspetti fondamentali connessi alle realtà economiche e produttive che influenzeranno le attività di indotto del sistema mobilità.Lo spostamento di molte attività del settore trasporti da Napoli Smistamento e Traccia allo Smistamento di Marcianise ed all’Interporto Campano di Nola dove saranno dirottati i traffici diretti al corridoio adriatico ed al Sud Italia lungo le linee a monte del Vesuvio. L’interporto17 di Nola è già oggi un distretto logistico integrato produttivo e commerciale che include il CIS (40mila mq dedicati alla distribuzione all’ingrosso) che grazie alla posizione baricentrica rispetto alle reti nazionale e regionale18, verrà a costruire un nodo di strategico per i flussi di merci di origine e destinazione europea ed una valida alternativa per la movimentazione delle merci.

Entreranno in città la Circumvesuviana fino alla stazione marittima, l’Alifana con il prolungamento da Capodichino a P.zza Carlo III fino a P.zza Cavour e la Metropolitana collinare fino al CD.Cfr. Comune di Napoli Dipartimento viabilità ed infrastrutture, Napoli: prospettive di mobilità, Edizioni Graffiti, Napoli, 1996

12 Una nuova nodalità su via Ferrante Imparato sarà stazione passante della linea interregionale che avrà altri nodi di interscambio a Pzza Garibaldi, Poggioreale, Stadera e S.Giovanni a Teduccio.

13 Accordo Procedimentale tra Ministeri dell’Ambiente, dei Trasporti, FS spa e TAV spa del 20/10/93

14 Acerra, Afragola; Volla; Casalnuovo di Napoli e Casoria

15 per la Circumvesuviana è stato sviluppato un progetto per il prolungamento da Volla ad Afragola. Accordo di programma 1/10/97.

16 Il progetto di variante di FS-TAV, concordato con la Regione, è nell’Accordo Quadro Regione, Min. Trasporti, FS, TAV del 9/5/96

17 tra i suoi principali azionisti Fiat Engineering, Alenia e Curia Arcivescovile A regime nel 2015, movimenterà 34 milioni di tonnellate di merce l’anno ed è in parte già in funzione; al suo interno il Polo del Freddo, il più grande frigorifero del Mezzogiorno (354 mila mc).

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NapoliEst potrà così essere alleggerita di alcuni comparti produttivi che attualmente costituiscono un forte impatto sulla zona orientale poiché necessitano di ampi spazi e, in proporzione, realizzano poca economia, ma per conservare un ruolo in questo settore di attività il progetto per Napoli Orientale dovrà occuparsi di offrire plus e contesti riqualificati alle sedi delle società spedizioniere tradizionalmente concentrate nel capoluogo.La seconda delle implicazioni dell’accordo sull’AV è la previsione a Napoli dell’Impianto Dinamico Polifunzionale (IDP) sulle aree attualmente occupate dallo scalo merci di Napoli Smistamento e dal deposito locomotive.L’IDP, già parzialmente in funzione, sarà adibito a deposito, pulizia e manutenzione dei nuovi treni veloci ed ordinari, ai suoi impianti dovrebbero essere indirizzate le attività dell’Ansaldo, nel cuore dell’area produttiva di Napoli, che diventerà un caposaldo del nuovo polo ferroviario in conformità con la destinazione produttiva prevista dalla Variante’99.In questo quadro sono ancora da chiarirsi le vicende che vedrebbero la fusione di Ansaldo Trasporti e Breda Ferroviaria19 prospettata nel maggio ’99 con la riorganizzazione di Finmeccanica, in ogni caso il piano del Ministero dei Trasporti aggiunge certezza all’ipotesi del polo ferroviario a cui sarebbe affidato l’ammodernamento della rete ferroviaria che prevede ingenti investimenti per i prossimi 10 anni.Questa promessa, in qualche modo, costituisce ancora una forma di aiuto statale indirizzato a sorreggere l’industria napoletana, ma il ruolo di rilievo che potrà acquistare la sinergia IDP-Ansaldo nel campo nazionale della manutenzione della rete ferroviaria e del materiale rotabile dovrebbe garantire parti importanti della la struttura occupazionale locale e potrà puntare a costituire una realtà competitiva anche sui mercati esteri e contribuire alla costruzione di prospettive di lunga durata. La prospettiva industrialista come rafforzata da queste premesse andrebbe approfondita dal piano negli aspetti morfologici finalizzati a sfruttare la peculiare prossimità del porto e della stazione alle aree produttive che realizza a una realtà unica e competitiva anche nei confronti delle aree più interne della provincia.Le regole urbanistiche in questo caso possono coadiuvare i potenziali di sviluppo legati all’AV (settore tecnologie e trasporti) trovando per NapoliEst un assetto coerente delle aree ex-industriali in modo da creare intorno al nuovo polo ferroviario, le premesse per la ubicazione (infrastrutture e norme d’uso) di un tessuto produttivo integrato.

18 sul corridoio ferroviario Tirrenico tra il Nord Europa ed il porto di Gioia Tauro e sul corridoio trasversale tra il centro-sud e la Puglia

19 Il Comune di Napoli fonda su questa ipotesi per il rafforzarsi dell’ipotesi produttiva come documenta l’OdG approvato all’unanimità dal Consiglio nel 3/5/99 ed ha esercitato pressioni al tavolo di trattative governativo che vedeva riunite le istituzioni locali, nazionali e le organizzazioni dei lavoratori, al fine di garantire l’insediamento del centro direzionale della costituenda nuova società in città, in modo da rafforzare le consolidate professionalità e competenze ed il valore produttivo ed innovativo.

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2.2 - Il porto20

Il porto è una componente strategica di forte impatto sulla realtà napoletana, una risorsa mai sfruttata a pieno. Il potenziamento del complesso delle sue attrattive territoriali comporta implicazioni ambivalenti che coinvolgono su fronti differenti il rapporto della città con il mare.La Variante promuove l’acquisizione del fronte mare alla città in corrispondenza del centro storico, la specializzazione commerciale e la funzione produttiva vanno quindi coltivate più ad Est in relazione alle aree produttive per il rafforzamento dell’intensità del ruolo e dei fattori competitivi.L’attività portuale è connessa inoltre alla teorica ambientale perché contribuisce ad alleggerire il sistema dei trasporti terrestri con una offerta alternativa ai flussi di passeggeri ma, principalmente, delle merci.La sinergia tra porto e città va quindi coltivata in settori differenziati con la riqualificazione degli spazi e l’incremento delle relazioni al contorno, ma anche attraverso l’opportunità normativa della L202/91 sui porti franchi21 che attua un regime di agevolazione tale da costituire un importante differenziale territoriale ed incoraggiare importanti prospettive di produttività, a seguito di ciò verso il porto potrebbero orientarsi importanti flussi di risorse private ed internazionali.I vantaggi previsti nelle zone franche di più recente impianto le qualificano come attrattore di investimenti e flussi di valuta pregiata, innovazione tecnologica e Know how nei settori del manifatturiero e dell’esportazione e sono riassumibili in 5 punti:

- la esclusione dai tributi doganali del valore aggiunto prodotto dalle lavorazioni effettuate nella zona franca

- l’esenzione dai tributi doganali dei prodotti impiegati nelle lavorazioni- agevolazioni in materia di oneri sociali per lavoratori dipendenti ed esenzione a durata

limitata delle imposte sui redditi,- esenzione da imposta sull’acquisto dei suoli industriali- snellimento delle procedure autorizzative

La Zona Franca è compatibile con la Variante che però non si esprime esplicitamente, le implicazioni di questa eventualità non trovano riscontri nei grafici. Il documento urbanistico evidenzia invece il rapporto tra la riqualificazione del porto e la delocalizzazione dei depositi Q8 che, se giungerà a buon fine, comporterà la riconversione della darsena petroli a nuovi usi portuali.Nella ipotesi della Variante questa è una condizione necessaria ma risulta per nulla esplorata la sua fattibilità, anche perché rimandata alla competenza sovracomunale.

20 - PORTO al 1999 dichiara un traffico in crescita di :

- merci 13mil di tonnellate

- conteiners per 333 teus

- transito per una stazza netta di 72 mil di tonnellate

- 7,3 mil di passeggeri

21 regolata anche da DPR 43/73, DPR 960/77 derettiva CEE 69/75 e dai regolamenti comunitari 2504/88 e 2562/90

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E’ stata avanzata, comunque, una proposta di compromesso dalla società petrolifera per razionalizzare gli impianti su superfici minori ed allestire una nuova attrezzatura per l’attracco delle navi sulla diga foranea, negli ultimi mesi del 2000 è in fase di approvazione il preliminare del PRG portuale che dovrebbe coordinarsi con le previsioni della Variante e sono invece già avviate opere di ampliamento (molo F.Gioia (terminal merci), molo Bausan ed antemurale; nuovo fuso binari per le manovre, rifacimento della rete idrica). E’ in attesa di approvazione del Min dell’Ambiente la nuova Darsena Energetica, per ora è in funzione la torre petrolifera a 4 Km dalla costa.

2.3 - Zona Industriale e Gianturco – Il nuovo sistema produttivo

L’area produttiva di Napoli è composta di due grandi unità di suolo, la zona industriale e l’area delle attrezzature alla portualità.I confini della zona produttiva sono ben delineati, a Nord a partire dalla Stazione Centrale la perimetrazione segue la linea FS fino alla zona della “Castelluccia”, località nei pressi del confine comunale con Volla e Casoria, qui l’autostrada A2–A3 (Roma Milano e Salerno ReggioCalabria) costituisce il limite Est dell’area che prosegue a disegnare il confine meridionale con lo svincolo per Napoli via Marina e segue con l’ultimo tratto di via Argine; sul lato mare, tra San Giovanni a Teduccio e Poggioreale il limite dell’area coincide con la via Volta e si chiude sulla Stazione lungo corso Lucci. A sud dell’area il porto.L’area industriale e l’area portuale sono separate dal fascio di binari dello scalo merci.Nella zona di Gianturco, il nucleo storico della prima industrializzazione, insieme a nuclei residenziali storici, sono localizzate le attività di servizio al porto ed anche aziende di servizi (Napoletanagas, ENEL, ANM, Telecom) ed altre industrie manifatturiere (Manifattura Tabacchi, Alimentari). Nell’area produttiva si trovano significative attività manifatturiere tra cui le più importanti dei settori meccanico, elettromeccanico e chimico (Fiat, Ansaldo, Wirpool, Son) insieme ad attività a rischio22, gli impianti di stoccaggio dei prodotti petrolifici, e modeste componenti residenziali ed agricole.La suddivisione in due zone è una eredità della storia; era propria del PRG’72, ancora vigente, che ne assegnava una (Gianturco) alle ZTO F2 destinate ad impianti e costruzioni relative alle attività secondarie e terziarie comunque connesse o collegate ai traffici portuali ed alle industrie ausiliarie che hanno sede nel porto23; l’altra, l’attuale ambito di NapoliEst, rientrava nelle ZTO N (Industriale) dove le aree sono riservate alle attività industriali di tipo manifatturiero, con esclusione di industrie di base ed industrie nocive od inquinanti. Sono

22 Nel Comune di Napoli, tutti in NapoliEst, sono segnalati come impianti e depositi industriali a rischio di incidente rilevante (art.4 DPR 175/88):

Italcost Srl (scheda NQ007)

Kuwait raffinazione e chimica SpA (scheda NQ008)

Petrolchimica Partenopea SpA (scheda NQ010)

Agip Gas SpA (scheda NQ001)

CLEAM SpA (scheda NQ002)

Fonte: Ministero dell’Ambiente – Servizio Inquinamento atmosferico, acustico e delle industrie a rischio

Elaborazione: Consorzio Sistema Città-Territorio – Data ultimo aggiornamento 19 maggio 1999

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inoltre ammessi insediamenti industriali che garantiscano la occupazione di non meno di 30 add./ha. Il tema dello spostamento delle industrie nocive era correlato al fine di reperire gli spazi necessari per attrezzature pubbliche, o di uso pubblico, in misura non inferiore al 30% dell’area industriale.A conti fatti il piano del’72 rimane inattuato sia per la previsione delle aree destinate ad attrezzature24 e sia per la densità di occupazione che a fronte di 30addetti/ha ne registra oggi circa la metà; inoltre l’area di Gianturco supera di 1,7 punti la densità territoriale prevista dal PRG.Già negli anni precedenti alla deindustrializzazione il sistema di NapoliEst si rivelava sottoindustrializzato, privo di economie esterne, di terziarizzazione e di attrezzature urbane capaci di attrarre attività economiche di rilievo. Successivamente la situazione si è aggravata con il trasferimento in provincia dei settori produttivi tradizionali (abbigliamento e calzature) e la trasformazione delle sedi napoletane in depositi; ne risulta oggi in tessuto produttivo privo di struttura ed in progressivo declino, il risultato di una somma di impianti definiti da recinti, una realtà estranea. Ciononostante l’area risulta congestionata dai traffici pesanti, in buona parte derivanti dal porto e dai depositi petrolifici, e si registra una certa vitalità nella ristrutturazione dei rustici industriali e nel riuso da parte di attività artigianali ma principalmente commerciali della vendita all’ingrosso (materiali edili e meccanici)Nel complesso l’impatto con l’area est è caotico e disorientante, gli assi della viabilità principale (le vie Granturco, Ferraris, Imparato, Argine, Volta e de Roberto) non costituiscono una trama chiara delle percorrenze tra i recinti produttivi, spesso le intersezioni stradali avvengono a mezzo di svincoli e l’assenza di sedi dedicate alle diverse componenti del traffico comporta intralci alla circolazione.Lo stato di avanzamento della progettualità per NapoliEst è ancora molto in arretrato ed il ritardo rispecchia la difficoltà dell’accordo sulle prospettive da coltivare aggravata da limiti strutturali dell’ente pubblico a definire strumenti efficaci ed innovativi per superare i problemi fondiari ed immobiliari.La Variante ’99 vi disegna due ambiti soggetti a ristrutturazione urbanistica che annunciano solo in termini areali la dimensione con cui interverrà a modificare gli attuali assetti, le due zone perimetrate sono sottoposte a regime attuativo indiretto, che rimanda alla redazione del piano esecutivo: la zona ex-raffineria (ambito 13 scheda 71 art.143) e la zona di Gianturco (ambito 12, scheda 65 art.137) articolata in subambiti (Gianturco FS, Gasometro, Ponte della Maddalena, Mecfond, Feltrinelli).Le due aree sono trattate in articolati normativi distinti in cui si evidenziano variazioni sul progetto di destinazione d’uso e diversi processi attuativi, la vicenda di NapoliEst nell’ambito delle ex-raffinerie è resa singolare dal richiamo delle norme ad una Società di Trasformazione Urbana25.

3. La Variante ’99 - Le norme generali per la zona produttiva

23 con edificazione condizionata da: It =3mc/mq, utilizzazione delle aree 30% ed attrezzature pubbliche con prevalenza per i parcheggi; e con l’indicazione perb il piano particolareggiato di armonizzare le funzioni assegnate con la permanenza degli insediamenti abitativi anche con la previsione di attrezzature.

24 Con una stima di massima del deficit di 152ha

25 L127/97.SpA di iniziativa comunale che, con soci qualificati, interviene con l’acquisizione dei suoli, anche a mezzo di esproprio, con la trasformazione e la successiva commercializzazione dei beni prodotti.

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Nella zona orientale la Variante persegue l’obiettivo della riqualificazione del paesaggio urbano per la formazione di un moderno insediamento per la produzione di beni e servizi.I settori d’intervento che in questo senso vengono individuati sono:- Una articolato di azioni per il miglioramento della qualità ambientale ed urbana entro

il quale costituiscono obiettivi specifici:- la delocalizzazione delle attività incompatibili ed il riuso delle aree dismesse- La riorganizzazione del sistema della mobilità in coerenza al PCT e l’apertura

della città consolidata ad Est- Un nuovo sistema verde dedicato ad una molteplicità di usi.- La riqualificazione delle urbanizzazioni primarie- la riconfigurazione del sistema delle urbanizzazioni secondarie con il

potenziamento del verde attrezzato ed impianti di servizio alle attività produttive e residenziali

- la riqualificazione degli insediamenti residenziali con l’innalzamento degli standard abitativi.

- il potenziamento delle attività compatibili con gli insediamenti urbani- la riqualificazione dei manufatti industriali di interesse architettonico o tipologico

testimoniale (ZTO Da) connessa alla integrazione di nuovi ruoli.Il nuovo tessuto produttivo è composto da ZTO G26 (insediamenti urbani intergrati) ZTO Da (riqualificazione degli impianti di pregio) e ZTO Db (Nuovi insediamenti per la produzione di beni e servizi).Le distinzioni normative di zona riguardano sia il carattere attuale degli insediamenti e sia ciò che per essi il piano prefigura: le zone G sono aree prevalentemente edificate dove, attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, riutilizzo dei volumi e ristrutturazione urbanistica, saranno reinsediate attività, nuove o esistenti con quote di incremento. Gli usi ammessi (residenziali, terziari, produttivi e servizi) configurano un ambiente misto.Le zone Db sono le aree della ristrutturazione per il recupero delle aree dimesse agli usi produttivi; le utilizzazioni compatibili sono l’artigianato, il commercio al minuto, le attività per la produzione di servizi e per la produzione di beni e relative funzioni di servizio e quote minori di residenza.L’attuazione è soggetta all’approvazione di Piani Urbanistici Esecutivi (PUE)27 riferiti a ciascun ambito, la nuova edificazione conseguente alla ristrutturazione urbanistica

26 assimilate alle ZTO B DM 1444/68 -… le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate … : si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq

27 Possono costituire stralcio del piano esecutivo, ed in questo caso le superfici fondiarie escluse impongono il ricalcalo dei dimensionamenti previsti per la Superficie lorda di pavimento e per le attrezzature , i lotti impegnati da edifici residenziali multipiano, dove è ammessa la manutenzione e la riqualificazione delle pertinenze con aree verdi, ed i lotti produttivi impegnati da impianti attivi e compatibili con il progetto d’uso dell’ambito; per questi ultimi è ammesso l’ampliamento entro il 15% dei volumi esistenti previa convenzione che impegna i proponenti alla cessione di un’area pari ad 1mq di suolo per 10mc di volume aggiuntivo ed alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. Le aree da cedersi possono essere reperite tra tutte quelle che la variante destina ad opere di urbanizzazione; nel caso di impossibilità, ed in alternativa, i concessionari sono obbligati al pagamento della somma corrispettiva al costo di esproprio più il costo delle opere a realizzarsi.

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(It<0,3 mq/mq, If =0,7 mq/mq) delle zone D e G è condizionata a convenzione di esproprio, che impegna il Comune a realizzare gli spazi pubblici e le attrezzature. Analogamente la realizzazione del viale urbano con il parco lineare (ZTO Fc) e gli spazi pubblici, la struttura del nuovo sistema urbano, che rimanga inattuata dalle convenzioni sono sottoposte a regime pubblicistico espropriativo come la realizzazione del Parco del Sebeto che però è di competenza regionale; il ricorso all’esproprio non chiarisce con quali risorse il piano intenda perseguire la sua azione strategica.Storicamente il procedimento espropriativo è uno dei fattori di insuccesso dell’urbanistica, la strutturale limitazione finanziaria dell’ente locale lascia indeterminati gli esiti ed alla scadenza del vincolo di inedificabilità la previsione di piano perde efficacia.La Variante non affronta la questione ed elude la valutazione delle implicazioni finanziarie del progetto di riuso. Diversamente durante la fase preliminare del piano lo studio dei i risvolti di congruità dell’operazione con sperimentazioni e valutazioni avrebbe potuto costituire fondamento dell’accordo costitutivo della società di trasformazione e meglio definirne i contenuti a partire dagli oneri di bonifica fino a valutare la rispondenza sul mercato dei risultati attesi.Questa, che chiamiamo politica dei suoli concordata, consentirebbe di veicolare la produzione degli spazi pubblici (la qualità urbana) con la realizzazione dei nuovi usi privati in un unico processo di idoneizzazione insediative.Le tecniche perequative sperimentate in casi analoghi ampliano i margini di fattibilità e l’efficacia delle politiche urbane e si differenziano dal regime pubblicistico espropriativo con esiti formali e prestazionali del progetto conformi agli obiettivi della qualità urbana e della sostenibilità. Alla rigidità della zonizzazione funzionale che distingue entro perimetrazioni differenti l’uso privato da quello pubblico e che produce la monofunzionalità si preferiscono superfici coordinate di attuazione con cui perseguire la complessificazione degli usi e l’efficacia delle prescrizioni.Le unità di suolo a cui si fa riferimento sono i materiali che il piano ricompone in una articolata tessitura dove le aree private e quelle pubbliche concorrono a realizzare tutti gli obiettivi inclusa la integrazione funzionale e la riqualificazione ambientale.

3.1 - La Variante’99 - Il perimetro di Napoli Est

Nell’area della ex raffineria, su di una superficie complessiva di 420ha, 60ha sono sede viaria e 120ha di superficie fondiaria sono occupati dagli impianti petroliferi, i principali impianti attivi dell’area sono Ansaldo, Fiat e Whirpool.Il progetto urbanistico interpreta l’area secondo una doppia lettura, a scala urbana come cerniera tra i diversi quartieri ed a scala sovracomunale come terminal costiero del sistema del verde da riconnettere entro un più ampio ecosistema.Il progetto d’uso esprime la duplice natura del ruolo annunciato; in esso si bilanciano il Parco Regionale (ZTO Fe) ed il nuovo insediamento: per la produzione di beni e servizi (ZTO Da e Db) ed integrato (ZTO G).Secondo la L127/97 la perimetrazione dell’ambito da affidarsi a Società per la Trasformazione Urbana, approvata dal Consiglio Comunale, corrisponde a dichiarazione di pubblica utilità che implica la totale operatività dell’istituto societario all’adozione del piano.Il soggetto promosso dall’ente locale è una società mista di diritto privato che si occuperà di tutte le attività di acquisizione, bonifica, riurbanizzazione e produzione immobiliare intesa come idoneizzazione dei suoli o spinta alla realizzazione edilizia; i beni prodotti sono commercializzati o locati dalla stessa società (SpA).Le azioni d’ambito saranno finalizzate a:

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- riorganizzare il sistema della mobilità - realizzare il nuovo sistema del verde- potenziare le attività produttive e complessificare gli usi.I nuovi insediamenti produttivi sono destinati a piccole industrie, attività artigiane delocalizzate dal centro, ad industrie dei settori tecnologico ed informatico, ma anche ad attività per la produzione di servizi28, la specifica di destinazione lascia indefinita la scelta fra produzione di beni e produzione di servizi.La qualità ambientale dell’insediamento è affidata al sistema delle certificazioni ambientali che consente vantaggi alle imprese29 ed a prescrizioni di carattere tipologico per i lotti industriali e produttivi.I grafici che formalizzano le indicazioni per il Piano Urbanistico Esecutivo30 vedono il nuovo tessuto produttivo concentrato in due insediamenti, uno a monte , su via De Roberto nei pressi dello stabilimento FIAT, ed uno a valle in cui ricadono l’Ansaldo e la Whirpool, organizzato sul nuovo asse di ponticelli e su via Argine.Dal grafico di piano si evincono nuovi insediamenti per circa 190ha (ZTO Db e G) e la tabella dimensionale di ambito dichiara 177ha di nuova superficie fondiaria di cui 150,4 per i nuovi impianti produttivi e 26,6 per la nuova residenza.Se ne deduce in planimetria l’attribuzione per 100ha alle ZTO Db e 77ha alle ZTO G, in queste ultime è compresa la superficie residenziale. Completano l’intervento 26ha per impianti tecnologici, 55ha per verde, viabilità e parcheggi e 150ha di aree a parco in cui troveranno luogo le attrezzature.La tessitura dei grandi lotti produttivi si attesta su una dimensione media di 4-6ha con punte minime di 1,6ha e massime di 16 ha; poiché le attrezzature sono previste a parte, nelle aree a parco, la superficie dei lotti è da considerarsi al netto di ogni altra utilizzazione e quindi destinata alla produzione ed agli standard pertinenziali.Applicando l’indice fondiario alle sole aree dell’insediamento produttivo (0.7 mq/mq) risulta edificabile 1239000 mq di nuova superficie lorda di pavimento che la tabella dimensionale destina ai nuovi impianti produttivi in misura di 1.053.000 mq ed i restanti alla residenza.

28 tra le altre direzionali, ricettive, culturali, sanitarie, per l’istruzione universitaria, sportive, commercio all’ingrosso, …

29 Benefici regolamentari come semplificazione dei procedimenti autorizzativi e di controllo, ed economici con l’erogazione di finanziamenti. Cfr. Programma di Sviluppo Sostenibile e Durevole UE 1993, che ha individuato, entro il programma di valutazione EcoAudit, il regolamento EMAS (1836/93) per il controllo del processo produttivo che rilascia certificazioni alle imprese interessate.

30 Art 143 scheda 71 bis

Nelle more del piano esecutivo è consentito l’intervento diretto per le opere di urbanizzazione primaria come da grafico del PUE ed inoltre nelle sottozone:

Da – interventi diretti nel rispetto della normativa;

Db – intervento diretto con convenzione su lotti >5000 mq nel rispetto degli indici;

Fh – ampliamento ed adeguamento degli impianti e piantumazione lungo i confini con le zone G;

Il comparto attrezzato per gli autoriparatori provenienti dal centro storico nel complesso ex Sidercomit (delibera CC 219 27/10/98)

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Considerando per gli impianti produttivi un’altezza massima di 10,5 m e per la residenza 3 metri di interpiano, le dimensioni della variante si traducono in circa 11.614.500 mc con un indice territoriale di fabbricabilità intorno a 2,7 mc/mq di poco inferiore alle densità attuali.

valori medi attuali attualielaborazione GIS

AMBITO Sfha

Rapp.cop Df mc/mq

Df Slpmq/mq

13 ex-raffinerie 360 1/2,5 3,4 0,53

3.2 – Gianturco

L’area di Gianturco è articolata in una serie di sottoambiti, è area produttiva ed insieme ha forte carattere urbano che deriva dalla sua storia e dalla sua posizione geografica. Il progetto d’uso è connesso al ruolo di nodalità urbana verso cui convergono i sistemi territoriali, la riqualificazione d’ambito è articolata intorno ai temi della mobilità volti a configurare un sistema interconnesso: la nuova piazza della stazione AV posta al termine dell’asse proveniente da Ponticelli, le stazioni metropolitane ed il terminal bus. Nell’ambito ha spazi significativi l’obiettivo del recupero della memoria storica perseguito mediante il restauro di numerosi immobili anche industriali.La riqualificazione ambientale è correlata al riuso delle aree FS, al riassetto della rete urbana ed alla delocalizzazione della darsena petroli.La ridefinizione del rapporto con il Porto è annunciato nelle premesse di piano ma non è coltivato da alcuna formalizzazione configurante rapporti di relazione o continuità degli spazi.L’ambito contiene insediamenti di interesse storico (ZTO A), agglomerati di recente formazione (ZTO B), insediamenti per la produzione di beni e servizi (ZTO Da e Db) ed insediamenti integrati (ZTO G), il parco di nuovo impianto (ZTO Fc) ispirato alla continuità del sistema verde.L’attuazione è subordinata a 5 PUE:

- Gianturco FS – è incentrato sulla realizzazione della nuova piazza AV nell’area oggi occupata dallo scalo merci. Prevede il terminale del nuovo viale urbano, la ristrutturazione della stazione della metropolitana31, il riuso urbano della bretella autostradale, la riqualificazione a verde del terrapieno FS.

- Gasometro – l’area è soggetta a ristrutturazione urbanistica con parti di restauro per i manufatti di pregio destinati ad attrezzature di uso pubblico o alla produzione di beni e servizi. Le nuove costruzioni sono destinate alla produzione di beni e servizi con piccole quote residenziali. Gli spazi liberi sono destinati a verde pubblico o di uso pubblico o collettivo.

- Ponte della Maddalena – il PUE è finalizzato al restauro e recupero della valenza storica e paesaggistica dell’area da ottenersi anche mediante ristrutturazione urbanistica e ricostruzione a parità di volume.Sono previsti il restauro del Ponte della Maddalena, il restauro ambientale del fosso Cuzzone, la risistemazione delle attività produttive su via Volta.

- Mecfond – l’area è soggetta a ristrutturazione urbanistica con If <0,8 mq/mq.

31 Stazione di Gianturco metropolitana linea 1

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Sono da prevedersi nuove strade interne, preferibilmente con il recupero dei tratti storici ed il recupero dei manufatti storici di architettura industriale (Da)

- Feltrinelli – l’area è soggetta a ristrutturazione urbanistica con If < 0,8 mq/mq a meno del recupero dei i manufatti storici di architettura industriale.E’ previsto il restauro ambientale per il canale Corsea e la concentrazione delle aree verdi in continuità con il Parco regionale del Sebeto (ambito 13).Il sistema della mobilità è completamente rinnovato con un nuovo tessuto viario32 e parcheggi, la riqualificazione della stazione metropolitana33 di Gianturco, una nuova stazione della metropolitana regionale FS per Salerno in via Ferraris, un nuovo terminal bus.I nuovi volumi residenziali sono collocati lungo la via Marina al fine di dare continuità ai caratteri urbani del tracciato.

32 preferibilmente con il recupero dei tracciati storici o delle giaciture dei binari

33 Stazione di Gianturco metropolitana linea 4

La Variante – zonizzazione – elaborazione GIS dalla mappa della zonizzazione del piano

Ambiti

Sup.t

haSup f

attuale

ha

ZtoDbSf ha

Spl Db

mq

ZtoGSf ha

Spl G

mq

Quota diResidenzain ZTO GSf ha

Quota diSpl resin ZTO Gmq

TotaleAree prodSf haSlp mq

Ex raffineria

420 360 100 700000 77 539000 26,6 186200150,41052800

Gianturco

184 146 75 600000 56 448000 4,6 51200124.6996800

totale 604 506 175 1300000 137 987000 31,8 2374002752049600

Le ZTO sono calcolate sul grafico di piano, i dimensionamenti derivano dall’applicazione degli indici di zona e di ambito

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Il grafico di piano – elaborazione GIS

ZTO – superficie complessiva calcolata sul grafico di piano (elaborazione GIS)

Stha

A ha

Bha

Daha

Dbha

Fha

Gha

13 ex-raffinerie 420 0 0 4,49 100 164 9212 Gianturco 184 6 2,29 30,16 60,24 15 32

3. Il dimensionamento delle attività produttive

In sintesi, ed in cifre, la nuova offerta di aree produttive della Variante per l’area Est, in ZTO Db e G, consiste in circa 275ha Sf (superficie fondiaria) per 2.049.600 mq Slp (superficie lorda di pavimento) localizzata in due ambiti, ex raffineria e Gianturco, con un indice medio di utilizzazione fondiaria che supera di poco i 0,7 mq Slp/mq SfIn realtà questo costituisce solo il potenziale generato dagli indici di edificabilità applicati agli areali di zona, la ristrutturazione è invece dimensionata dalle tabelle d’ambito da cui si desumono i limiti all’edificabilità e le proporzioni per il dimensionamento di viabilità e standard.La ristrutturazione urbanistica è limitata a 227,4ha di cui 194,4 sono destinati alla produzione di beni e servizi nella proporzione di 150,4ha per 10.530.000mq Slp in ambito ex raffinerie e 24ha per 352.000mq Slp in Gianturco dove è introdotta una quota di attività ricettive.

La Variante in cifre (dalla relazione di piano)

Ambiti

Sup

ha

Nuova

edif.

ha

ab Res

%

AttrQuart

%

Parco

%

Ins. Prod serv%

Att.Ricett

%

Viab

%

ImpTec

%

NuovaEdif

%

If

mq/mq

Ex raffineria

420 177 15000 6,3 33,7 36,6 35,8 6,2 42,3 0,7

Giant. FS 52 24,8 804 7,6 40,8 40,4 11,4 47,7 0,8Gasometro 5,8 3,5 76 5 32,8 36,7 28 x 0,4Ponte Madd

7,6 x x x x x x x

Mecfond 15 7,1 237 7,3 42,7 40 10 47,3 0,8Feltrinelli 39 18,5 318 3,8 42,3 43,6 10,3 47,4 0,8

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Per comprendere in termini pratici la dimensione dell’intervento occorre porre in relazione le quantità del piano con le dimensioni “tecniche” degli spazi produttivi.Operando una semplificazione consideriamo quattro componenti tipologiche: unità artigianali, piccole o medie industrie, e centri per la produzione di servizi; le caratteristiche tecniche degli spazi sono approssimate dai dati della tabella per quanto sia, ovviamente, possibile ipotizzare

La Variante – ambiti di ristrutturazione dalle norme di piano

Ambiti

Sup.t

ha

Sf

Nuova edificazione

ha

SfProduzione ha

SplProduzione mq

Sf Residenzaha

Spl residenzamq

Aree prodBeni e servSf haSlp mq

Aree prod serviziSf haSlp mq

Ex raffineria

420 177 150,4 1053000 26,6 186000150,41053000

Gianturco 184 50,4 40* 352000* 6,4 5100021168000

23184000

totale 604 227,4 194,4 1405000 33 237000171,41221000

*Nei subambiti Mecfond e Feltrinelli di Granturco 23ha e 184000mq slp sono destinati alla sola produzione di servizi

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aggregazioni diverse delle unità prescelte che poco varierebbe nel calcolo svolto di seguito34

se non nelle caratteristiche distributive dell’insediamento il cui dettaglio progettuale compito del piano esecutivo o di lottizzazione.

Le unità produttive sono analizzate in base all’ampiezza della superficie coperta, quelle artigianali si intendono composte da un ambiente di lavoro unico che oscilla tra i 450mq e gli 800mq, per il dimensionamento si assume la pezzatura di 600mq, le attività industriali oscillano tra 1200mq e i 10000mq ai fini del nostro calcolo si assumono pezzature per la piccola impresa la di 2400mq e per la media impresa 4800mq35. Naturalmente ogni attività ha la sua specifica necessità di spazi coperti e spazi scoperti e ne derivano una molteplicità di articolazioni possibili, tuttavia in fase analitica i dimensionamenti proposti sembrano consentire una articolata aggregazione di uffici, reparti produttivi e servizi, rispondente alle necessità delle PMI.Riguardo alle unità terziarie per la produzione di servizi ci si attesta sui 25000mq di superficie utile ( 12500 di superficie coperta) che corrisponde alla dimensione di un ipermercato e che secondo il DL 114/98 deve essere destinata a circa 12 esercizi commerciali36, per analogia si assume la possibilità di impianto di 12 unità per la produzione di servizi.

34 Ad una attività industriale media corrispondono 8 unità artigianali e due piccole imprese, ad una piccola impresa corrispondono quattro unità artigianali

35 E’ da tenerein conto che nella zona, oltre i depositi petrolifici 120ha,i principali stabilimenti occupano: Ansaldo 16ha, Whirlpool 5,5 ha, ma la dimensione media si aggira tra 1 e 2 ettari.

36 Secondo la legge la possibilità di impiantare strutture commerciali di questa dimensione è subordinata al contingentamento del Programma Regionale per l’insediamento delle grandi strutture di vendita la LR 1/2000 dichiara disponibili 81492mq per l’area metropolitana di Napoli.

In alternativa alla dimensione proposta si considri la classificazione degli esercizi proposta dalla legge regionale per i grandi comuni:

a) Medie strutture inferiori, per prodotti alimentari o misti con superficie netta di vendita tra 250 e 1.500 mq;

b) Medie strutture inferiori, per prodotti extraalimentari con superficie netta di vendita tra 250 e 1.500 mq.;

c) Medie strutture superiori, anche in forma di centro commerciale, per prodotti alimentari o misti aventi superficie netta di vendita tra 1.500 e 2.500 mq;

LOTTI TIPO perDESTINAZIONE

ARTIGIANALEScop 600mq

INDUSTRIALE*

Scop 2400 – 4800 mq

PRODUZIONESERVIZI Scop 12500mq

Dimensione lotto minimo 0,12 ha 0,5 –1 ha 3 haRapporto di copertura nelle aree produttive 0,50 0,50 0,40

Spazi minimi da destinare a parcheggio per addetto nel lotto 6 mq 6 mq 6 mq

Superficie destinata a spazi pubblici, parcheggi e verde nel comparto

10% della superficie territoriale80mq/100mqSlp+5mq/100mc volume edificato

Rapporto di copertura nelle zone di servizio comuni 0,30

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A parte le unità produttive una reale approssimazione degli spazi insediativi necessari deriva dal calcolo degli di standard da prevedersi ai sensi del DM 1444/68, questi sono spazi pubblici a servizio delle attività e la loro dimensione varia in funzione del carattere delle attività insediate.Gli spazi attrezzati sono posti dalle norme di piano della variante fuori dal perimetro di zona ma si pone egualmente la necessità di calcolarne l’entità poiché le attrezzature sono il vero potenziale strategico per l’appetibilità dell’area.Per le attività industriali la legge prescrive spazi pubblici per attività collettive, verde, parcheggio in misura non inferiore al 10% della lottizzazione37, mentre per le attività direzionali e commerciali si calcolano 0,8 mq per mq di Slp più 5 mq per 100 mc di volume costruito38.La ipotesi distributiva assunta prende corpo da alcune riflessioni preliminari.L’ambito 13 (ex raffineria) ha carattere più marcatamente produttivo in senso tradizionale, pertanto vi si intendono collocate prevalentemente attività industriali ed artigianali, tale intenzione sembra esplicitata dalla previsione di una superficie destinata ad impianti tecnologici nella misura di 26ha a corredo delle attività del comparto, questo tipo di attrezzatura specializzante consente la introduzione di impianti a gestione comune in conformità a quanto previsto nelle aree ASI39, le prescrizioni però sono poco definite a

dMedie strutture superiori, anche in forma di centro commerciale, per prodotti extraalimentari aventi superficie netta di vendita tra 1.500 e 2500 mq;

e) Ipermercati: strutture di vendita fino a 5.000 mq. per la vendita di prodotti alimentari e non alimentari;

f) Strutture di vendita fino a 15.000 mq. per la vendita di soli prodotti non alimentari;

g) Centri commerciali di quartiere o interquartiere: strutture con almeno 6 esercizi commerciali fino a 4.000 mq;

h) Centri commerciali inferiori: strutture commerciali di almeno 8 esercizi commerciali fino a 15.000 mq.;

i) Centri commerciali superiori: strutture commerciali di almeno 12 esercizi commerciali fino ad un max di 25.000 mq.

l) Centri commerciali costituiti da aggregazioni commerciali polifunzionali costituite da almeno 6 esercizi appartenenti alle grandi e medie strutture ed esercizi di vicinato, con singole superfici di vendita fino a mq. 5.000, nonché da attività produttive artigianali e di servizi, al fine di realizzare la modernizzazione e il recupero delle imprese esistenti DL114\98. Dette strutture debbono essere poste all’interno di una struttura funzionale unitaria.

37 Assumiamo come superficie della lottizzazione (St) quella derivata dall’espressione St=Sf+standard+viabilità in cui gli ultimi due addendi valgono 20/100. Ne deriva St = 5/4 Sf

38 Art. 18 L765/67

39 ASI – agglomerati di sviluppo industriale, introdotti dalla L634/57 successivamente modificata ed integrata dalle L555/59 e 1462/62 e DPR 218/78. I Piani ASI sono piani di settore, interessano parti limitate del territorio ed hanno efficacia urb di I livello, sovrordinata al PRG. Sono amministrati da Consorzi, enti pubblici economici, costituiti dagli enti promotori (Comuni, Province, Camere di Commercio, ed altri interessati). I Consorzi realizzano la lottizzazione industriale con contributo del Dip. per il Mezzogiorno e l’Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (L64/86 exCassa del Mezzogiorno) ed hanno potere di esproprio. I proprietari dei suoli, nelle more dell’espropriazione, non

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riguardo, infatti si legge a commento delle tabelle che gli standard sono calcolati ipotizzando un insediamento con attività di sola produzione di servizi, le due indicazioni contrastanti lasciano aperta ogni scelta.L’attendibilità di una ipotesi per quantificare la nuova offerta delle nuove attività produttive necessiterebbe di una approfondita analisi della domanda ma, in mancanza di questa si può egualmente sperimentare un dimensionamento di massima per poi procedere con una simulazione ponderata.Dalla Variante apprendiamo che circa 195ha di superficie fondiaria saranno prodotti dalla ristrutturazione urbanistica e destinati a insediamenti integrati e produttivi. Ad una prima analisi i suoli prodotti dal piano annunciano alternativamente 1620 attività artigiane, tra 194 e 338 unità produttive commisurate ad impianti industriali medio-piccoli o 65 centri di servizi o commerciali.Dimensionamento di massimaAttività Sf

haArtigianali

0,12 ha

Piccoleindustrie0,5 ha

Medie industrie1 ha

Produzione di servizi3 haAmbiti

Ex raffineria 150,4 1254 300 150 50Gianturco 44 366 88 44 15totali 195 1620 338 194 65

Procedendo nel dimensionamento valutiamo che gli impianti artigianali ed industriali produrrebbero un fabbisogno di 20ha di superficie a standard che nel caso delle attività terziarie e commerciali raggiungerebbe la dimensione di 140ha40, su una superficie complessiva di 604ha.E’ evidente che l’assunzione di un tessuto così omogeneo non può produrre risultati significativi ai fini dell’analisi condotta anche perché contraddice l’ipotesi adottata dalla variante ispirata alla complessità.Si procede quindi ad individuare le caratteristiche di un tessuto misto con le dovute distinzioni tra i due diversi ambiti.Si pone per la zona della ex raffineria (ambito 13), nel perimetro della società di trasformazione, l’utilizzazione delle zone Db al 70% per le produzioni di beni ed al 30% per i centri di servizi e nelle restanti zone (ZTO G) una proporzione pari al 50% per ognuna delle due componenti come riportato nelle tabelle a seguito.Nell’area di Gianturco 23ha sono destinati dalle tabelle d’ambito alla produzione di servizi e sui restanti 21ha si opererà la ripartizione al 50% come nelle ZTO G dell’ambito ex raffineria.

Ambito 13 - ex raffineria

sono sottoposti alla cogenza del piano ASI ma devono adeguarsi solo alla disciplina di zona del PRG.

L’attuazione può essere gestita con un Accordo di Programma (L64/86) tra amministrazioni statali, regionali, locali e altre, ed approvato dal Consiglio dei Ministri, che individua i soggetti, coordina le azioni ed attiva i finanziamenti. Nelle Zone Industriali e Artigianali possono insediarsi attività che stipulano convenzione con il Consorzio per l’assegnazione dei lotti. Il comune competente territorialmente rilascia la concessione edilizia.

Sono passate alle ASI le aree, le risorse e le funzioni per il completamento degli investimenti nelle aree L. 219/81.

40 Ipotizzando la minima volumetria corrispondente a 3,5 m di interpiano

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ZTO DbProduttive70%

ZTO DbServizi30%

ZTO GProduttive50%

ZTO GServizi50%

TotaleProduttive

Totale Servizi

Superficie fondiaria ha 70 30 25,5 25,5 95,5 ha (86) 55,5 ha (50)

Sup. lordaPavimento mq

490000 210000 178500 178500 668500 mq 388500 mq

Ambito 12 - GianturcoZTO Db e GProduttive

ZTO Db e GServizi

Superficie fondiaria ha 10,5 (9,5) 33,5 (30)

Sup. lordaPavimento mq

84000 268000

Nelle aree per la produzione di beni si adotta una ripartizione della superficie fondiaria equivalente per i tre tipi di impianti produttivi (artigianato, piccola e media industria) ne derivano superfici di 31 ha da assegnare a ciascuna tipologia e quindi 290 attività artigiane, 70 piccole industrie e 35 medie imprese. A queste si sommano circa 30 centri per la produzione di servizi commisurati alla restante superficie fondiaria.A questa dimensione insediativa corrispondono 13ha di standard alla produzione e 63ha di standard per le attività commerciali e terziarie per un totale di 76ha.Alla società di trasformazione, su NapoliEst, verrebbero assegnati teoricamente un massimo di 265 lotti artigiani, 62 più 32 lotti per piccole e medie imprese industriali e 18 centri di servizi o commerciali per un’area a standard di 52ha che corrisponde all’ordine di grandezza che nella tabella dimensionale d’ambito la variante assegna a verde, viabilità e parcheggi.A parte una verifica generale che andrebbe condotta per comprendere quale esito, in termini di articolazione e spaziale, implichi la concentrazione delle superfici fondiarie senza relazioni con gli spazi pubblici attrezzati e l’indice di edificabilità di 0,7 mq/mq, il reale problema si pone allorquando alla valutazione dimensionale si affianchi quella finanziaria e si proceda a quantificare gli oneri di esproprio per realizzare le superfici a standard.La valutazione finanziaria è una chiave di lettura necessaria alla previsione di fattibilità che pone a confronto i costi della trasformazione ed i ricavi, valori di mercato, previsti per i nuovi beni prodotti41. Inoltre l’analisi dei costi di trasformazione dovrebbe tenere in conto dell’incidenza della bonifica (smantellamento degli impianti e disinquinamento del suolo) sul costo di produzione e di sistemazione dell’area. Ad una prima analisi per rendere praticabile

41 Per una migliore definizione dell’analisi economico finanziaria dell’intervento Cfr A DalPiaz e F.Forte (a cura di),Piano urbanistico: interessi fondiari, regole perequative, Clean, Napoli, 1995

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l’ipotesi il valore di esproprio42 dovrebbe attestarsi sotto le 50.000 £/mq senza peraltro produrre margini alla socializzazione degli utili.Posto per ipotesi il superamento delle difficoltà finanziarie, l’alto valore che verrebbero ad assumere i suoli nel mercato immobiliare vanificherebbe ogni opportunità di selezione delle nuove attività produttive finalizzata a condizionare, per esempio, il trasferimento a NapoliEst delle attività artigiane incompatibili con il centro urbano o, in generale, di orientare la riqualificazione dell’area alla realizzazione di fini sociali.Per questi motivi ogni discorso sui futuri assetti deve farsi carico di valutare la rispondenza delle trasformazioni previste con le dinamiche d’impresa, ogni imprecisione provocherebbe ritardi con il risultato di disincentivare l’iniziativa privata che sostanzialmente chiede tempi certi e convenienze esplicite.In questo senso il ricorso alla perequazione, in alternativa alle pratiche espropriative, consentirebbe il superamento ostacoli posti dalla transazione finanziaria, ed alla conseguente stima preventiva dei beni, con un bilancio economico generale che riconosca, insieme alla convenienza imprenditoriale, anche i vantaggi per la collettività perseguiti con procedure trasparenti.Con il meccanismo perequativo43 i suoli di NapoliEst verrebbero a costituire un bacino di risorse da assoggettare a compensazione fondiaria per la realizzazione di convenienze pubbliche e private.In altri termini secondo la meccanica compensativa la superficie fondiaria che il piano pone in ristrutturazione va tradotta in termini di superficie integrata (circa 225ha), la dimensione reale del nuovo insediamento, composta dalla somma di superficie fondiaria, viabilità ed attrezzature che la legge prevede come contributo alla urbanizzazione. Inoltre il plusvalore della ristrutturazione, fatto salvo un congruo profitto imprenditoriale, appartiene alla collettività perché conseguente al piano urbanistico ed in questi termini cnsentirebbe la

42 L359/92 art 5bis che calcola il valore di esproprio pari alla metà del valore di mercato. Secondo l’osservatorio immobiliare del ministero del tesoro che segnala 75000L/mq per i terreni inedificabili, 800.000 L/mq per i capannoni industriali, 1.700.000 L/mq per le residenze e 2.100.000 L/mq per gli uffici. Gli ultimi tre valori sono riferiti alla superficie utile che nelle aree edificate produce valori molto alti.

43 .E’ un procedimento mirato al perseguimento di obiettivi pubblici basato sul trasferimento di utilizzazione edificatoria.

Consiste nella cessione al Comune, consensuale e gratuita, di aree originariamente partecipi di cespiti privati.

Le regole perequative si applicano in ambiti di ristrutturazione urbanistica o in ambiti di trasformazione abilitati a recepire il trasferimento di capacità di utilizzazione edificatoria.

Il trasferimento può avvenire su aree pubbliche, destinate ad insediamenti produttivi e sottoposti a PUE, o su aree private a destinazione pubblica o private assoggettate a trasformazione urbanistica e completamento. (superfici compensative organizzate).

I soggetti delle aree di provenienza e di destinazione sono incentivati da un premio di capacità edificatoria.

I criteri compensativi applicati alle ZTO D può avvenire su aree divenute pubbliche per cessione consensuale gratuita che si rendano disponibili a seguito della capacità generata dalle altre aree.

Cfr. F. Forte, Nuove regole per la pianificazione comunale, in F.Forte (a cura di), Perequare tra interessi perequare fra valori, Napoli, Clean, 1999

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cessione consensuale di una quota di superficie di compensazione44 (Sc) come congruo utile pubblico da utilizzarsi per obiettivi collettivi (aree verdi, attrezzate a scomputo dei fabbisogni pregressi e superfici produttive di proprietà pubblica). In questo caso la superficie acquisita alla mano pubblica potrebbe essere impiegata secondo un’azione finalizzata ad agevolare la localizzazione di determinate attività o a formare una nuova offerta di suoli che abbatta i costi insediativi.La tecnica adottata è riassunta dall’espressione:St = xSi + yScDove x ed y sono funzione del costo dei suoli e dell’indice di fabbricabilità assentito dal piano e si aggirano tra il 40% ed il 60%.St è la Superficie Territoriale che comprende tutti i suoli perimetrali dallo strumento esecutivo.Sc è la Superficie di Compensazione acquisita consensualmente dall’amministrazione comunale, o dalla Società di Trasformazione, ed è destinata a realizzare gli obiettivi di pubblica utilità (riequilibrio ambientale, localizzazione agevolata, complessità prestazionale, accessibilità).Si è la Superficie integrata composta da Superficie fondiaria (Sf), superficie a standard e viabilità.La Sf costituisce una percentuale variabile della Si in funzione del tipo di attività previste, con punte massime per gli impianti per la produzione di beni (intorno all’80%) e minime per le utilizzazioni commerciali, direzionali e ricettive (intorno al 50%); la percentuale è proporzionale alla dimensione degli standard corrispondenti alle attività insediate.La perequazione implica una attenzione progettuale specifica per la gestione di comparti compensativi ad attuazione coordinata quindi progetti misurati e gestibili; in un’area così vasta è indispensabile la disaggregazione dell’intervento in subcomparti che definiscano il disegno della nuova struttura urbana e la tessitura degli elementi minori.Le implicazioni formali del regime perequativo si distinguono da quelle della zonizzazione funzionale perché gli ambiti d’intervento sono integrati già dalle norme di piano con una molteplicità di funzioni previste ma principalmente la figurazione di ciò che chiamiamo qualità urbana e che corrisponde alla qualità degli spazi pubblici.

44 La sentenza TAR Emilia n. 22 del 14 gennaio 1999 ha sancito la legittimità giuridica del procedimento perequativo

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Conclusioni

I potenziali istituzionali, e dunque le azioni e gli accordi posti in essere descritti ai paragrafi precedenti chiariscono lo scenario di riferimento da considerare come stato di fatto in cui s’inquadra il territorio di NapoliEst; dalle dinamiche generali si perviene a prevedere, quantificare e qualificare, i caratteri del nuovo insediamento produttivo attraverso la correlazione tra unità di suolo ed unità di uso.Il ragionamento svolto evidenzia il contrasto tra l’aggravarsi delle dinamiche involutive dell’apparato produttivo locale, che immobilizza suoli e risorse, e le prospettive di sviluppo annunciate dal nuovo piano ma principalmente dai programmi di riassetto infrastrutturale dell’area che pone in essere le premesse per la collocazione di Napoli Est in posizione strategica sul mercato degli investimenti.Le ragioni di questa discrepanza sono da ricercarsi nei ritardi accumulati dalle politiche urbane napoletane che attendono da lungo tempo il rinnovo della strumentazione urbanistica. D’altro canto gli stessi ritardi sono il sintomo delle perplessità del mercato di fronte ad un programma di riqualificazione che non approfondisce la fattibilità delle prescrizioni e quindi non disegna con chiarezza regole per garantire insieme alle quantità edificabili anche le qualità ambientali.I nuovi programmi di riuso consentono di superare la distinzione tra intervento pubblico, garante della qualità, ed intervento privato, motore delle economie, con il supporto di meccanismi di partenariato pubblico-privato fondati su una politica dei suoli calibrata alle convenienze sia collettive che imprenditoriali.Il caso Napoli Est si differenzia dalle esperienze di riuso delle aree dimesse delle grandi città perché non persegue la massima valorizzazione e la terziarizzazione delle attività economiche ma intende occuparsi di favorire settori produttivi a largo impiego di occupazione in modo da costituire una risposta, anche in termini sociali, alle problematiche cittadine.In questo senso il piano per l’area orientale deve guardare al presente ma la sua programmazione deve contenere i germi del futuro in modo da consentire oggi una gestione della trasformazione rivolta all’imprenditoria locale (emersione) ma successivamente, se avrà successo il risanamento ambientale, dovrà interloquire con il mercato internazionale (competitività) eprevedibilmente orienterà la sua offerta ai settori più innovativi con quote crescenti di attività per la produzione di servizi più che di beni.Il motore del ragionamento oscilla tra scelte contingenti di politica sociale per l’occupazione (incentivi territoriali, finanziari e gestionali) e politiche di riequilibrio ambientale per sanare i danni dello sperpero delle risorse e prefigurare ambienti ricettivi per la imprenditoria presente e futura; le nuove categorie progettuali devono fissare inderogabilmente livelli prestazionali adeguati ed agevolare il ricambio delle attività, per questo si valuta adeguato assumere come target, in prima approssimazione, le piccole e medie imprese industriali ed artigiane e le attività di servizio alla produzione che potranno poi assumere caratteristiche maggiormente affini al terziaro ed al commerciale.In conclusione si pongono alcuni spunti di riflessione per ipotizzarre, con parametri diversi dal dimensionamento, le implicazioni derivanti dalle scelte sui livelli prestazionali ed il profilo degli attori/utenti dell’intervento di rinnovo urbano.

La concentrazioneL’attività di promozione delle nuove iniziative industriali attiene alla teorica degli interventi statali in favore dell’industria che favorisce la concentrazione degli insediamenti.I vantaggi tecnici che derivano dalla concentrazione di industrie in ambiti organizzati sono benefici economici che vanno dalla preparazione dei lotti condizionata a cessione a

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prezzi contenuti, alla realizzazione di rustici industriali e di infrastrutture di servizio polifunzionali (viabilità, reti idriche, metanodotti, impianti di depurazione centralizzati e studi sul fabbisogno di servizi reali ed idrogelogici) fino alla fornitura agevolata di acqua e depurazione, energia, manutenzione delle aree verdi, viabilità, illuminazione etc … La concentrazione non implica necessariamente la zonizzazione funzionale ma può essere integrata in ambienti capaci di relazionarsi con il contesto urbano e territoriale anche salvaguardando la specializzazione produttiva, la relazione tra spazi produttivi e realtà urbana è affidata alla continuità degli spazi pubblici ed alle attrezzature.La previsione di parti attrezzate può gravare più o meno significativamente sul bilancio del Comune, è necessario che il soggetto privato concorra a realizzare standard ed infrastrutture e quindi sia coinvolto a realizzare la qualità ambientale come fattore di competitività della sua stessa attività economica, le attrezzature possono essere realizzate attraverso il project financing45 che attiva meccanismi di partenariato tra pubblico e privato (partecipazione finanziaria mista) per realizzare le opere pubbliche, in taluni casi, regolati da convenzione, è consentita anche la gestione funzionale delle opere ed il diritto di sfruttarle economicamente46 da parte dei privati realizzatori.Elemento caratterizzante del piano urbanistico è la definizione del livello prestazionale delle infrastrutture, in ambiente industriale le attrezzature devono orientarsi alla gestione comune degli approvvigionamenti, dei rifiuti o di eventuali processi di riciclo delle risorse al fine di ridurre gli impatti di una gestione separata; diversamente se l’ambiente è più orientato alla produzione di beni immateriali e servizi, può prevedere maggiori spazi di rappresentanza, per il tempo libero e per la gestione delle maestranze, come punti di ristoro, servizi alle persone, attrezzature per il commercio o il terziario e quant’altro.Naturalmente si parla in termini di prevalenza perché sia le prime che le seconde tipologie di attrezzature arricchiscono gli ambienti della produzione sia di beni che di servizi.Una politica delle attrezzature contribuisce ad orientare il processo urbanistico verso la realizzazione di ambienti più funzionali all’insediamento di distretti (a caratteristiche omogenee) ovvero a filiere dove sono rappresentati diversi stadi afferenti allo stesso processo produttivo47.

45 Il Project financing è una procedura istituita dalle legge Merloni (L109/ 94 Legge quadro in materia di lavori pubblici) secondo cui le opere pubbliche vengono realizzate da soggetti imprenditoriali , tra cui almeno una società edile, dotati di idoneità tecnica-organizzativa ed economico-finanziaria (imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative; consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro o tra imprese artigiane; consorzi stabili costituiti anche in forma di società consortili tra imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro; associazioni temporanee di concorrenti; i consorzi di concorrenti.). Gli oneri della progettazione sono a carico delle amministrazioni aggiudicatici, fino ad una entità massima pari al 10 per cento dell'importo del lavoro.

Le regioni possono istituire un fondo per la progettazione di opere pubbliche cui possono accedere gli enti locali territoriali qualora le opere da progettare siano previste da strumenti di pianificazione generali vigenti.

46 eventualmente coadiuvato dal soggetto pubblico per sostenere prezzi o tariffe amministrati o controllati.

47 Che corrisponde sostanzialmente a prevedere una gamma più o meno ampia di usi consentiti.

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Nel caso di NapoliEst il Comune opta per un doppio livello di attrezzature, quelle per la produzione e quelle ambientali destinate alla città ed al tempo libero.I soggetti/utentiIl motore della trasformazione interagisce e deriva dal progetto urbanistico, la invariante è il ruolo del Comune che può scegliere procedure ordinarie o complesse e diversi partner per rivitalizzare il suo territorio.La gestione ordinaria prevede la definizione di una norma d’uso e la perimetrazione dei comparti, misurati, di intervento dove i piani particolareggiati esecutivi definiscano il limite tra gli spazi ad uso pubblico e quelli ad uso privato. La realizzazzione della parte pubblica è di competenza dell’ente locale e la produzione degli impianti produttivi è affidata al mercato. La vastità dell’area sembra opporsi per inerzia ad una simile ipotesi.La gestione ordinaria sembra più efficace a condurre la ristrutturazione (edilizia) delle aree produttive facilitata dal DL 122/98, che confersce ai Comuni le funzioni amministrative relative alla localizzazione, realizzazione ed ampliamento di impianti produttivi ed istituisce lo Sportello Unico48 per le attività produttive in grado fornire tutte le informazioni concernenti sia le procedure autorizzatorie che le attività di servizio ed assistenza alle imprese.Lo Sportello Unico garantisce una serie di servizi mirati a semplificare ed accelerare le procedure amministrative, rendere trasparente l'azione amministrativa e la sua apertura alla partecipazione dei cittadini, promuove lo sviluppo economico locale. L’efficacia della sua azione è potenziata dalla facoltà di ricorrere alla Conferenza di Servizi, sostanzialmente gestisce il rinnovo fisiologico delle aree produttive.Le strade della modifica e della trasformazione degli assetti attuali sono alternative alla gestione ordinaria diretta, soni altresì perseguibili con l’accordo di programma49 e la perequazione urbanistica che potrebbero di misurarsi con i contenuti innovativi della progettualità urbanistica attraverso la gestione controllata del processo di rinnovo urbano;

48 La procedura prescritta semplifica il percorso il percorso burocratico amministrativo anche alleggerendo la cogenza delle norme urbanistiche vigenti.

La individuazione delle aree da destinare all'insediamento di impianti produttivi è effettuata dai comuni in osservanza alle prescrizioni dei piani sovrordinati, qualora le concessioni richieste siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti, previa intesa con le altre amministrazioni eventualmente competenti assunta in sede di conferenza di servizi (L241/90), si procede alla procedura di variante.

La condizione necessaria per la realizzazione dell’insediamento produttivo è l'esistenza, o la previsione, delle opere di urbanizzazione.

I destinatari possono adempiere alle procedure mediante autocertificazione, oppure lo Sportello Unico reperisce tutti gli atti autorizzatori o di consenso. Se una delle amministrazioni si pronuncia negativamente il procedimento si intende concluso oppure lo Sportello può convocare una Conferenza di Servizi al fine di concordare quali siano le eventuali condizioni per ottenere il superamento della pronuncia negativa.

La conferenza di servizi convocata dal Sindaco consente l’apertura di procedimento di variante per progetti in contrasto con lo strumento urbanistico per la mancanza di suolo ma conformi alle norme vigenti (ambientali, sanitarie e di sicurezza del lavoro). Il procedimento si conclude nel termine di sei mesi (undici mesi per le opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale)

49 L64/86

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l’accordo di programma consente il conseguimento del rapido accordo tra soggetti pubblici, anche la definizione di varianti specifiche, e realizza la programmazione degli interventi e la disponibilità di finanziamenti.L’articolato del piano trova supporto alle realizzazioni di progetto anche nei recenti istituti per l’attuazione del PRG che gestiscono programmi complessi50 ed hanno natura di strumenti urbanistici esecutivi, di iniziativa pubblica o privata. I programmi complessi tendono a promuovere interventi di rinnovo e riqualificazione facendo ricorso al capitale privato51 e sono: Programmi integrati di intervento (179/92), Programmi di Riqualificazione Urbana (LR3/96 e L179/92) Programmi di Recupero Urbano (L493/93 con particolari risvolti sull’edilizia residenziale pubblica) e i Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST - DM 1169/98).Il PRUSST è il più idoneo alla riqualificazione delle aree industriali perché è organizzato come programma dei programmi ma all’attualità resta ristretto ad un regime di sperimentalità perché frutto di una occasionali iniziativa del Min LLPP legata ad un flusso finanziario.La gestione di programmi complessi si confronta con la contrattazione programmata e l’istituto della società di trasformazione urbana52, quest’ultima è sostanzialmente un

50 con il termine complessi ci si riferisce all’elemento unificante degli intenti di legge che istituiscono i diversi programmi e che gli affidano la gestione integrata ed integrante di parti urbane al fine di ottenere effetti di ampia portata sull’organismo urbano. Ciò determina che i programmi abbiano l’obiettivo trasversale della riqualificazione e della integrazione funzionale, e siano tenuti a prevedere una pluralità di funzioni e diverse tipologie d’intervento.

51 Cfr F. Forte, Nuove regole per la pianificazione comunale, in F.Forte (a cura di), Perequare tra interessi perequare fra valori, Napoli, Clean, 1999

52 L127/97 (Bassanini Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) i Comuni possono costituire Società per Azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana.

Le società di trasformazione urbana operano in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, le aree interessate dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera del consiglio comunale che equivale a dichiarazione di pubblica utilità. I rapporti delle Società sono regolati da convenzione; i soci devono essere scelti tramite procedura di evidenza pubblica

La procedura prevede la preventiva acquisizione delle aree da parte della società, consensuale o con il ricorso alle procedure di esproprio, la loro trasformazione e la commercializzazione dei suoli prodotti. Le aree di proprietà degli enti locali interessate dall'intervento possono essere attribuite alla società a titolo di concessione.

E’ possibile la cessione a titolo gratuito ai comuni, alle province e alle regioni che ne facciano richiesta, beni immobili dello Stato, iscritti in catasto nel demanio civile e militare che da almeno dieci anni risultino inutilizzati.

La Società per Azioni ha precedenti nella L142/90 dove interviene nella gestione dei servizi che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali d a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. Lo statuto societario consente il coinvolgimento di soggetti privati ma richiede la maggioranza del capitale pubblico locale.

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operatore immobiliare a cui compete la produzione di idoneità insediativa per la immissione di suoli sul mercato.Assodato che la Società di trasformazione non è l’utilizzatore finale dell’intervento ne consegue che il ruolo di intermediario vada interpretato in un agire dinamico per evitare che il processo di rivitalizzazione dell’area avvenga in differita, solo nella fase finale, quando le nuove attività si insedieranno. In questo caso il progetto d’uso rimarrebbe in bozza per tempi prevedibilmente lunghi nelle mani della società che nel frattempo avrebbe da occuparsi delle questioni immobiliari. Considerando che gli impegni prioritari spesso riguardano la bonifica dei suoli, è facile prevedere che i tempi di attuazione travalicherebbero le capacità previsionali del piano, e la soluzione del processo di riqualificazione avverrebbe quando la sua funzione sarà verosimilmente superata.D’altro canto il plus offerto dalla società immobiliare è la costituzione di un soggetto manageriale idoneo a confrontarsi con la gestione unitaria dei comparti ampi ed a ricondurre le singole trattative ad obiettivi generali, la gestione della grande dimensione potrebbe risultare facilitata.Va posto in rilievo che la approssimazione secondo cui i soggetti attuatori coincidono con i soggetti beneficiari dell’intervento, che alla fine del processo metteranno in esercizio le attività, misura anche il potere di controllo degli strumenti urbanistici sull’effettiva specializzazione produttiva dei suoli e sugli esiti generali del processo urbanistico.Le problematiche relative a questo tipo di operazioni sono difficilmente ponderabili e già si annuncia la bagarre con le vicende preliminari relative alla costituzione della Società Consortile Napoli Orientale (società di promozione quindi priva dei poteri istituiti dalla legge e della disponibilità dei suoli) e che il Consiglio Comunale si avvia a ridefinire.Un importante fattore di autorevolezza per la società potrebbe derivare dal dotarsi di una struttura tecnica per la gestione trasparente della trasformazione, un laboratorio territoriale di promozione e ricerca per la concertazione impegnato a valutare preventivamente le strategie di sviluppo e parallelamente a realizzare un archivio integrato di materiali di diversa provenienza (Sportello Unico, Confindustria, rappresentanze dei lavoratori ed in generale parti sociali interessate alla trasformazione). Questa iniziativa, tra l’altro, produrrebbe occupazione subito per settori professionali qualificati ed innovativi con ricadute apprezzabili in termini di patrimonio esperenziale e professionale stabile. Inoltre lo sviluppo di un laboratorio dedicato al marketing territoriale contribuirebbe attivamente alla rinascita dell’economia locale come infrastruttura amministrativa, tecnologica e telematica.A questo riguardo è da segnalare nel campo della produzione di servizi l’istituto di numerosi centri per l’impresa, settore paraproduttivo verso cui hanno finito per convergere le partecipazioni statali con Sviluppo Italia53.

53 Sviluppo Italia è l'Agenzia nazionale per lo sviluppo economico e imprenditoriale del Mezzogiorno e delle altre aree svantaggiate del Paese, alla quale è affidato il compito di: promuovere attività produttive, iniziative occupazionali e nuova imprenditorialità, attrarre investimenti; stimolare la domanda di innovazione: sviluppare sistemi locali d'impresa; fornire consulenza alle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, in materia di programmazione finanziaria, progettualità dello sviluppo, gestione degli incentivi nazionali e comunitari; di stimolare la crescita del tessuto industriale senza togliere spazio all'investimento privato, ma affiancandolo solo per periodi limitati nel tempo.

Sviluppo Italia è una S.p.A. il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero del Tesoro. Costituita nel 1999, ha raccolto e consolidato le società IG, Insud, Itainvest, SPI, Finagra e RIBS in essa confluite.

Sviluppo Italia partecipa al capitale d’impresa con azioni ordinarie, azioni privilegiate, obbligazioni convertibili, finanziamenti su misura e combinazioni di questi.

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In alternativa ai centri governativi si contano numerose strutture private tra cui i fenomeni emergenti sono costituiti dai BIC54 e dai CISI55.Infrastrutture di questo tipo, poste all’interno delle aree di crisi industriale, costituiscono un importante attrattore d’impresa.

In conclusione NapoliEst è un importante ambito di sperimentazione dove l’innovazione degli usi e degli spazi sarà praticata con continuità poiché l’innovazione è connaturata alle attività della produzione, l’immobilismo dell’azione di riqualificazione non solo non produce risorse e sviluppo ma è esso stesso azione che alimenta le strategie di attesa ed il dispiegarsi della rendita.

Attraverso la certificazione dei bilanci e la verifica della funzione amministrativa, Sviluppo Italia partecipa alla vita societaria con una rappresentanza nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale per poi uscirne in una fase concordata. Il servizio non è gratuito ma i costi contenuti.

54 BICI project "Business Innovation Cooperative Industries" - Global Grant (1997-99)

I BIC (Business Innovation Centre) sono uno strumento creato dalla Direzione Generale delle Politiche Regionali e di Coesione della Commissione Europea (DG XVI) che ha attuato in oltre 150 sedi sparse in tutta Europa le politiche regionali di riconversione, recupero o di sviluppo industriale.

I compiti del centro sono è stimolare la nascita di nuove imprese, assistendo i gli imprenditori nel percorso della loro iniziativa. Sostiene le imprese già esistenti che vogliano sviluppare nuovi progetti, partecipa a programmi mirati a favorire lo sviluppo economico, delle imprese e dell'occupazione nei territori dove agisce.

I BIC offrono ad Enti, Imprese e futuri imprenditori un sistema integrato di servizi che comprende: animazione economica finalizzata allo sviluppo, assistenza alle scelte di localizzazione,

promozione e supporto al partenariato internazionale ed al trading, supporto alla creazione e programmazione di impresa, accesso alla finanza, programmazione e supporto nella definizione delle strategie di management, consulenza nell'innovazione nei vari settori di attività di impresa. I BIC sono organizzati in una rete Nazionale ed europea

In Italia molti centri di sviluppo sono in aree industriali o in Parchi scientifici e tecnologici.

55 CISI - I centri di Impresa e di Innovazione del CISI CAMPANIA ubicati a Pozzuoli, a Marcianise ed a breve a Salerno . Contengono "incubatori" funzionali dotati di tutti i servizi necessari per avviare un’attività con opera di tutoraggio e consulenza destinata a farle crescere ed imporre sui mercati.

Si propone a giovani laureati interessati alla creazione di imprese proprie con leggi agevolative a carattere regionale, nazionale e comunitario; artigiani, cooperative e piccole aziende con prospettive di sviluppo; ricercatori, dirigenti di aziende, lavoratori autonomi; PMI già esistenti e operanti sul mercato che intendono avviare processi di diversificazione e/o sviluppo; grandi imprese interessate alla realizzazione di aggregazioni produttive quali poli e filiere.

Le potenzialità complessive dei 3 Centri d’Impresa in Campania ammontano a: 102 laboratori, Superficie totale coperta (mq) 24.000, 96 Imprese create, 1.000 Addetti attuali, 150 Imprese previste per i prossimi 3 anni, 1.500 Addetti previsti per i prossimi 3 anni, 35 miliardi di investimenti

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L’innovazione, la valutazione degli esiti e la trasparenza delle procedure producono riqualificazione ambientale nelle implicazioni fisiche e sociali e coadiuvano il soggetto pubblico e quelli privati nella tensione alla complessificazione delle economie e dei ruoli.Diversamente e senza chiara prospettiva urbanistica, ma principalmente politica, potrà avviarsi la bonifica dei suoli, considerando che i fondi sono già stanziati; questo produrrà lavoro comunque, a breve termine, su di un progetto di prospettiva limitata e basato su risorse statali. Ma anche in questo caso la qualità gestionale caratterizzerà l’intervento, se improntato sulle categorie dell’azione locale e della crescita socio-economica potrà produrre comunque piccoli frammenti di sviluppo, limitati ma duraturi.

La situazione attuale

AMBITO Stha Addetti Addetti

industria

addettiad ha(media)

Addetti ad ettaro

addettiin zto F

Addetti In zto Da

AddettiIn zto Db

AddettiIn zto G

13 ex-raffinerie 420 6384 4944 41

15,21274

0 3635 1475

12 Gianturco 184 12723 2644 104 70 28 2649 5582 2843

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ALCUNI ASPETTI SOCIOLOGICIDELL’AREA ORIENTALE DI NAPOLI

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CAP. I - LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE SOCIODEMOGRAFICHE E CULTURALI DELL’AREA ORIENTALE

1.1. Il profilo demografico dell’area e le principali dinamiche in atto

L’area orientale di Napoli è costituita dai quartieri di Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, ex comuni aggregati alla città dal 1926, e Poggioreale - Zona Industriale. L’intera aerea è considerata la zona industriale della città, perché, almeno per il passato, vi erano localizzate gran parte delle industrie cittadine.

La superficie territoriale copre 26,41 Kmq, dove risiedono complessivamente 156.583 abitanti. In particolare, il quartiere di Barra ricopre una superficie territoriale di 7,82 kmq di morfologia pianeggiante dove risiedono 39.767 abitanti; Ponticelli occupa una superficie territoriale pianeggiante di kmq 9,11 e ospita 56.086 abitanti; San Giovanni a Teduccio copre una superficie territoriale pianeggiante di 2,35 kmq, dove risiedono 27.427 abitanti; il quartiere di Poggioreale, comprendente la Zona Industriale situata sulle pendici, occupa una superficie territoriale di morfologia pianeggiante di kmq 7,13 dove risiedono 33.303 abitanti. L’area risulta essere densamente popolata. Sono infatti ben 5.929 gli abitanti che in media occupano ciascun kmq della superficie territoriale orientale. Il quartiere a maggiore densità abitativa è San Giovanni a Teduccio con 11.671 abitanti per kmq; segue il quartiere di Ponticelli con una densità di 6.156 ab./kmq; il quartiere di Barra con una densità abitativa di 5.085 ab./kmq; e, infine, il quartiere di Poggioreale - Zona Industriale che presenta una densità di 4.670 ab./kmq .

Il peso demografico dell’area orientale rispetto al complesso dell’area comunale risulta essere del 15,94 %, mentre la superficie territoriale copre il 22,52% dell’intera superficie comunale. Il comune di Napoli conta, infatti, 1.080.332 abitanti su una superficie di 117,27 kmq con una densità di 9.212 abitanti per kmq.

Tab. 1.1.1 - Popolazione residente nell’area orientale di Napoli al 17/02/2000

Popolazione residente

Superficie in Kmq Densità ab/Kmq

Barra 39.767 7,82 5.085

Ponticelli 56.086 9,11 6.156

S. Giovanni a Teduccio 27.427 2,35 11.671

Poggioreale – Zona Ind. 33.303 7,13 4.670

ZonaEst 156.583 26,41 5.929

34

Napoli 1.080.332 117,27 9.212

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – S.E.D.

Esaminando la composizione della popolazione secondo il sesso, si rileva che la popolazione femminile è leggermente maggiore di quella maschile di 3.339 unità (80.034 contro 76.695). Circostanza che viene confortata dai dati relativi all’intera superficie comunale che vedono la maggioranza della popolazione femminile rispetto a quella maschile di 39.138 unità (totale residenti donne = 559.735; totale residenti uomini = 520.597).

Tab. 1.1.2 - Distribuzione della popolazione per sesso al 17/02/2000

Maschi Femmine Totale

Barra 19.572 20.195 39.767

Ponticelli 27.632 28.454 56.086

S. Giovanni a Teduccio 13.227 14.200 27.427

Poggioreale – Zona Ind. 16.181 17.122 33.303

ZonaEst 76.695 80.034 156.583

Napoli 520.597 559.735 1.080.332

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – S.E.D. aggiornati al 17/02/2000

35

La distribuzione della popolazione per classi d’età, nell’ambito dei quartieri considerati, individua nella fascia giovanile, compresa tra i 6 e i 20 anni, le classi più affollate costituenti il 21,92% della popolazione (valore assoluto 34.323). In particolare, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, i giovani residenti compresi in questa fascia costituiscono il 21,12% della popolazione (valore assoluto 5.793), a Barra il 21,79% (valore assoluto 8.667), a Ponticelli il 23,54% (valore assoluto 13.207), a Poggioreale - Zona Industriale il 19,98 % (valore assoluto 6.656). L’alta percentuale della popolazione giovanile è supportata dai dati relativi al Comune di Napoli, in cui le classi d’età 6-13 e 14-20 sono pari al 18,93% della popolazione totale (in valori assoluti sono 204.612 i giovani residenti nel territorio comunale) . Napoli, infatti, insieme alla limitrofa Caserta, è una delle aree nazionali in cui la popolazione risulta essere più giovane.

Relativamente alla densità abitativa, in generale, la situazione abitativa della città di Napoli risulta più equilibrata rispetto a quella di circa 50 anni fa. Con il passare del tempo, infatti, la popolazione si è ridistribuita in modo più equilibrato nei vari quartieri, migrando da quelli tradizionalmente più popolati a quelli meno densi di abitanti. Si pensi ai quartieri di San Ferdinando, S. Giuseppe e Porto che dal 1951 al 1991 hanno visto ridurre la loro popolazione rispettivamente del 66%, 51% e 75% e, viceversa, all’incremento demografico registrato nei quartieri di Soccavo (circa l’85%) e Pianura (circa l’82%). Rispetto ad altri quartieri di Napoli, le tendenze demografiche dell’area orientale si sono mantenute elevate.

Al censimento del 1951 la densità abitativa della popolazione dell’area orientale è di 8.155 ab./kmq nel quartiere di Poggioreale, 2.327 ab./kmq a Ponticelli, 3.894 ab./kmq a Barra e 15.066 ab./kmq a San Giovanni a Teduccio. Nel 1981, la densità abitativa subisce un incremento per i quartieri di Poggioreale, Ponticelli e Barra (rispettivamente 5.094 ab./kmq, 4.959 ab./kmq e 5.704 ab./kmq) mentre la densità abitativa di San Giovanni a Teduccio diminuisce a 14.249 ab./kmq.

Gli anni Ottanta evidenziano, al contrario, un calo della popolazione, ad eccezione di Ponticelli, pari al 16% a Poggioreale, al 7% a Barra e al 18.4% a San Giovanni a Teduccio. Infatti, al 1991 - data dell’ultimo censimento - la densità abitativa dei quartieri di Poggioreale, Barra e San Giovanni a Teduccio è rispettivamente di 4.278, 5.306, 11.623 ab./kmq. Gli ultimi dieci anni confermano tale tendenza: la densità di popolazione registrata a Poggioreale nel 1998 è di 4.099 ab./kmq, a Barra di 4.782 ab./kmq e a San Giovanni a Teduccio di 10.678 ab./kmq.

Il calo demografico verificatosi in questi quartieri dell’area è dovuto in parte alle migrazioni sia interne al territorio comunale che esterne e in parte alla limitazione delle nascite.

Ponticelli è l’unico quartiere dell’area orientale che registra un costante aumento della popolazione: 2.327 ab./kmq nel 1951, 3.859 nel 1961, 4.138 nel 1971, 4.959 nel 1981, 5.683 nel 1991, 5.738 nel 1998. Ciò è dovuto principalmente al fatto che proprio in questa zona si è concentrata la costruzione di gran parte dei 28.000 alloggi della ricostruzione post-terremoto.

Tab. 1.1.3 - Superficie territoriale in Kmq e popolazione residente nel comune di Napoli

(1951-1961-1971-1981-1991-1998)

Anno Superficie kmq 1951 1961 1971 1981 1991 1998

Quartiere

36

Chiaia 2,71 74.345 70.351 61.819 55.828 45.369 45.457

S.Giuseppe 0,43 17.290 11.729 8.926 7.354 5.931 6.350

Vomero 2,17 78.397 71.780 70.485 63.737 52.434 51.075

Arenella 5,25 - 61.913 97.181 97.044 81.446 76.181

Posillipo 5,17 20.362 24.504 30.275 31.326 25.370 25.215

S.Ferdinando 0,92 42.360 36.205 28.839 24.931 20.607 19.480

Avvocata 1,22 59.892 60.491 49.080 45.808 36.954 34.687

S. Carloall’Arena 7,64 81.510 92.393 104.04

2 97.46 81.079 71.027

Porto 1,14 20.090 15.092 9.577 7.927 4.943 4.839

Fuorigrotta 6,20 32.926 85.104 111.788

106.890 86.563 81.169

Montecalvario 0,75 52.492 46.824 35.975 28.539 24.116 22.245

Stella 1,87 60.086 57.404 46.118 41.066 31.563 29.085

Vicaria 0,72 31.090 26.076 23.852 21.242 16.625 15.827

S. Lorenzo 1,42 121.270

106.236 78.068 65.963 52.862 50.064

Mercato 0,39 24.966 23.876 14.745 13.198 10.577 12.283

Pendino 0,63 46.522 40.404 28.125 21.816 16.760 16.589

Bagnoli 7,79 20.570 32.346 31.834 32.168 26.758 26.775

Soccavo 5,11 7.437 14.343 60.028 61.762 52.050 49.230

Pianura 11,45 9.479 12.129 17.913 38.527 53.963 54.106

Chiaiano 9,67 10.203 14.988 13.696 14.801 21.830 23.110

Piscinola 3,55 14.546 20.427 28.864 51.105 28.342 25.450

37

Miano 1,87 13.692 22.878 35.853 36.544 27.541 23.795

Secondigliano 2,94 34.616 54.148 68.914 72.590 51.405 47.871

Scampia 4,23 - - 13.772 - 43.980 42.135

S. Pietro a Paterno 5,45 13.145 14.655 30.580 15.597 17.217 16.755

PoggiorealeZona Ind. 7,13 36.289 48.771 9.562 36.317 30.505 29.229

Ponticelli 9,11 21.200 48.771 37.697 45.174 51.770 52.275

Barra 7,82 30.450 35.156 42.817 44.602 41.491 37.395

S.Giovanni aTeduccio 2,35 35.406 40.449 36.169 33.485 27.314 25.093

Napoli 117,27 1.010.550 41.963 1.226.5

941.212.387

1.067.365

1.014.792

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici aggiornati al 31/12/1998

38

Tab. 1.1.4 - Densità (abitanti/Kmq) comune di Napoli anni 1951-1961-1971-1981-1991-1998

Anno1951 1961 1971 1981 1991 1998

Quartiere

Chiaia 27.434 26.026 22.811 20.601 16.741 16.774

S.Giuseppe 40.209 27.277 20.758 17.102 13.793 14.767

Vomero 36.128 33.078 32.482 29.372 24.163 23.537

Arenella - 11.793 18.511 18.485 15.514 14.511

Posillipo 3.938 4.740 5.856 6.059 4.907 4.877

S.Ferdinando 46.043 39.353 31.347 27..099 22.399 21.174

Avvocata 49.092 49.583 40.230 37.548 30.290 28.432

S. Carloall’Arena 10.669 12.093 13.618 12.702 10.612 9.297

Porto 17.552 13.239 8.401 6.954 4.336 4.295

Fuorigrotta 5.311 13.726 18.030 17.240 13.962 13.092

Montecalvario 69.989 62.432 47.967 38.052 32.155 29.660

Stella 32.132 30.697 24.662 21.960 16.879 15.553

Vicaria 43.181 36.217 33.128 29.503 23.090 21.982

S. Lorenzo 85.401 74.814 54.977 46.453 37.277 35.256

Mercato 64.015 61.221 37.808 33.841 27.121 31.945

Pendino 73.844 64.133 44.643 34.629 26.603 26.332

Bagnoli 2.584 4.064 3.999 4.041 3.362 3.364

Soccavo 1.455 2.807 11.747 12.086 10.186 9.634

39

Pianura 828 1.059 1.564 3.365 4.713 4.725

Chiamano 1.055 1.550 1.416 1.531 2.257 2.390

Piscinola 4.097 5.754 8.131 14.396 7.984 7.169

Miano 7.322 12.234 19.173 19.542 14.728 12.725

Secondigliano 11.774 18.418 23.440 24.690 17.485 16.283

Scampia - - - - 10.397 9.961

S. Pietro a Paterno 2.412 2.689 2.527 2.862 3.159 3.074

PoggiorealeZona Ind. 8.155 10.960 6.872 5.094 4.278 4.099

Ponticelli 2.327 3.859 4.138 4.959 5.683 5.739

Barra 3.894 5.173 5.475 5.704 5.306 4.782

S.Giovanni aTeduccio 15.066 17.857 15.391 14.249 11.623 10.678

Napoli 8.617 10.086 10.460 10.338 9.102 8.653

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici aggiornati al 31/12/1998

40

1.2. Altri indicatori socioculturali

Gli aspetti socio-culturali della popolazione dell’area possono essere ricavati attraverso l’analisi di alcuni indicatori (grado di istruzione, nuclei familiari, ampiezza media della famiglia, numero delle abitazioni) tenendo comunque presente che le informazioni utilizzate sono tratte dall’ultimo censimento del 1991.

Il <<grado di istruzione>> dell’area orientale è tendenzialmente basso, come risulta dalla percentuale dei laureati (1,2%), dei diplomati (11,9%), con licenza media (31,7%), con licenza elementare (36,6%), alfabeti che non hanno alcun titolo di studio (14,7%) e analfabeti (3,7%). Tali dati sono più bassi della media comunale in cui la quota dei laureati costituisce il 6%, quella dei diplomati il 19,1%, con licenza media il 29,6%, con licenza elementare il 31%, alfabeti senza titolo di studio l’11,6%, gli analfabeti il 2,4%.

Le percentuali disaggregate per quartiere sono Poggioreale: i laureati sono il 1,6% della popolazione residente in età di sei anni in

poi, i diplomati il 14,7%, con licenza media il 32,4%, con licenza elementare il 36,2%, alfabeti senza titolo di studio il 12,4% e gli analfabeti il 2,3%;

Ponticelli: i laureati costituiscono il 1,2% della popolazione residente in età di sei anni in poi, i diplomati il 12,3%, con licenza media il 31,7%, con licenza elementare il 35%, alfabeti senza titolo di studio il 15,3% e gli analfabeti il 4,1%;

Barra: 0,8% sono i laureati rispetto alla popolazione residente in età di sei anni in poi, i diplomati il 10,3%, con licenza media il 32%, con licenza elementare il 37,2%, alfabeti senza titolo di studio il 15,1% e gli analfabeti il 4,2%;

San Giovanni a Teduccio: i laureati costituiscono il 0,9% della popolazione residente in età di sei anni in poi, i diplomati il 10,4%, con licenza media il 30,2%, con licenza elementare il 38,8%, alfabeti senza titolo di studio il 15,4% e gli analfabeti il 4%;

Tab. 4 - Grado di istruzione popolazione di 6 anni e più residenze nella zona Est

41

  Poggioreale Ponticelli Barra S.Giovanni Napoli Est  1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991Laureati 391 475 513 612 286 337 206 242 1.396 1.666Diplomati 3.323 4.176 3.095 5.825 2.759 3.929 2.229 2.628 11.406 16.558Licenza media inf. 7.479 9.185 9.487 15.046 8.589 12.122 6.345 7.622 31.900 43.975Licenza elementare 14.662 10.264 17.036 16..620 18.440 14.101 13.405 9.765 63.543 50.750Alfabeti senza titolo di studio 5.733 3.528 7.423 7.279 7.543 5.745 6.131 3.888 26.830 20.440Analfabeti 1.191 659 2.316 1.972 1.802 1.595 1.667 1.013 6.976 5.239

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici

Pur registrando al 1991 una percentuale di scolarità più bassa rispetto alla media comunale, nel periodo compreso tra i due ultimi censimenti (1981 e 1991) la popolazione in possesso di un titolo di studio residente nella zona orientale è aumentata in percentuale maggiore rispetto alle variazioni percentuali registrate nell’intera area comunale.

Tab. 5 - Grado di istruzione popolazione di 6 anni (zona Est e Napoli)

  

Napoli Est Napoli

1981 1991 Var.% 1981 1991 Var. %Laureati 1.396 1.666 19,34 51.868 60.192 16,05Diplomati 11.406 16.558 45,17 146.857 190.472 29,70Licenza media inf. 31.900 43.975 37,85 259.908 294.341 13,25Licenza elementare 63.543 50.750 -20,13 429.232 307.966 -28,25Alfabeti senza titolo di studio 26.830 20.440 -23,82 179.773 115.424 -35,79Analfabeti 6.796 5.239 -22,91 35.308 24.557 -30,45FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici

I <<nuclei familiari>> hanno conosciuto negli anni Ottanta una sensibile diminuzione. Dalle 43.527 unità rilevate nell’area orientale napoletana nel 1981 si passa alle 40.962 unità rilevate nel 1991.Gli elementi che caratterizzano tale periodo sono:

Calo assoluto del numero delle famiglie di 1.378 unità nel quartiere di Poggioreale pari in termini relativi ad una diminuzione del 13,3%; calo del numero delle famiglie in termini assoluti di 840 unità a Barra, pari ad una variazione percentuale negativa del 7%; calo assoluto delle famiglie nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di 1.801 unità, in termini percentuali pari al 19,4%; Ponticelli, al contrario, registra un aumento dei nuclei familiari in termini assoluti di 1454 unità, pari ad un aumento percentuale del 12,2%

Ampiezza media familiare assestata sui valori del 3.6 componenti per nucleoTab. 6 - Nuclei familiari – zona orientale

  Poggioreale Ponticelli Barra S.G. a Teduccio Napoli Est

42

N. famiglie per n. componenti 1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991

1 1.502 1.313 1.342 1.111 1.400 1.139 1.474 1.007 5.718 4.5702 2.081 1.825 1.995 2.074 2.171 1.867 1.687 1.341 7.934 7.107da 3 a 5 5.489 4.972 6.775 8.419 6.468 6.611 4.683 4.014 23.415 24.016Più di 6 1.289 873 1.844 1.806 1.902 1.489 1.425 1.106 6.460 5.274Totale famiglie 10.361 8.983 11.956 13.410 11.941 11.101 9.269 7.468 43.527 40.962FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici

Per quanto concerne le <<abitazioni>> i dati relativi al censimento del 1991 ne rilevano nella zona orientale complessivamente 47.023, di cui 11.432 unità nel quartiere di Poggioreale, 15.159 a Ponticelli, 12.061 a Barra, 8.371 a San Giovanni a Teduccio. Rispetto ai dati del 1981 si assiste ad un significativo incremento di 1824 unità a Poggioreale (19%), 3.873 unità a Ponticelli (34,3%), 1.061 unità a Barra (9,6%), 43 unità a San Giovanni a Teduccio (0,5%).

Delle 47.023 unità rilevate nel territorio orientale, 6.089 risultano non occupate.

Tab. 7 - Abitazioni – zona orientale

Poggioreale Ponticelli Barra S.G. a Teduccio Napoli Est

Abitazioni 1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991 1981 1991

Abitazioni occupate 9.086 8.979 10.859 13.403 10.602 11.097 7.826 7.455 38.373 40.934

Stanze occupate 29.087 31.140 39.396 52.411 34.895 40.221 24.281 26.885 127.659 150.657

FONTE: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli – Servizi statistici

43

1.3. Gli orientamenti politici

La spiccata eterogeneità della dimensione culturale, l’entità e la varietà dei contrasti, delle contrapposizioni, degli stili di vita, hanno da sempre caratterizzato Napoli come città delle differenze, coacervo di opposte pulsioni e di diverse identità. Anche nell’analisi degli orientamenti politici e delle espressioni di voto, Napoli non manca di mostrare la sua peculiarità. La valutazione del comportamento elettorale sulla base di una comparazione inter-circoscrizionale, è in grado di evidenziare con particolare efficacia tendenze e diversità della cultura cittadina.

C’era una Napoli del dopoguerra: con una forte radice di destra nella parte interna, una identità ‘centrista’ e conservatrice nella periferia occidentale caratterizzata da una spiccata vocazione contadina, e un’anima di sinistra nei quartieri orientali a prevalenza operaia.

Oggi tutto è più sfumato, meno netto, più complesso. Una tricotomia di fondo permane e alimenta la prosecuzione del tradizionale orientamento tripolare dell’elettorato napoletano, ma il comportamento di voto non è più collocabile sul territorio con la stessa precisione del passato: le differenze politiche tra i quartieri si sono attenuate, i consensi si distribuiscono con maggiore uniformità, il fenomeno del ‘non voto’ ha assunto dimensioni di grande rilievo e maggiori di qualsiasi entità partitica.

Nell’ambito di questa dinamica di lenta convergenza, i quartieri dell’area orientale hanno per lo più mantenuto la loro tradizionale identità di sinistra che trova le sue profonde radici già nel periodo prefascista, e sono tutt’oggi caratterizzabili con il classico attributo di ‘zona rossa’. Ciò non toglie che ci sia stata una certa evoluzione interna e che esistano differenze – anche abbastanza marcate – tra il comportamento medio all’area e il quartiere Poggioreale che da sempre presenta delle disomogeneità rispetto al resto della zona orientale e in cui il comportamento di voto è tradizionalmente più variegato e spesso di ben più complessa e controversa lettura.

Se nel complesso la zona orientale può senz’altro essere considerata come la roccaforte della sinistra, tuttavia un’attenta rilettura diacronica del comportamento elettorale permette di individuare caratteristiche e peculiarità insospettate. La caratteristica metodologica di una tale interpretazione deve essere, necessariamente, l’uso dei dati non per un confronto tra liste, bensì per approdare all’individuazione del ‘livello di forza’ di ciascun partito rispetto al tempo e al territorio. A questo scopo risultano indispensabili due indicatori statistici: l’indice di originalità56 e l’indice di evoluzione57, che consentono rispettivamente la valutazione del ‘differenziale di forza’ di un partito tra i diversi ambiti circoscrizionali che compongono in territorio cittadino e della evoluzione dinamica della forza di un certo partito nel tempo.

Per effettuare simili confronti, nel caso specifico, è opportuno avvalersi dei dati relativi alle elezioni comunali, visto che i dati delle consultazioni politiche disaggregati per quartiere presentano notevoli incongruenze, soprattutto per gli anni meno recenti, ciò renderebbe ardua ed imprecisa l’analisi.

56 Rapporto tra i voti validi guadagnati da un partito in una porzione del territorio (es. il quartiere) e il totale dei voti ottenuti dal partito nell’intero territorio.

57 Rapporto percentualizzato tra la percentuale dei voti riportati da un partito in una consultazione elettorale e la percentuale ottenuta dallo stesso partito in un anno base n.

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Il fenomeno del ‘non voto’58 è forse quello che più palesemente emerge da un’analisi storica del comportamento elettorale dei napoletani, soprattutto nei quartieri orientali. Tradizionalmente le più ampie sacche di ‘non partecipazione’ al voto mostravano maggiore forza nelle zone centrali della città – in particolare nei quartieri disagiati – e avevano il loro minimo proprio nell’area orientale. Negli ultimi anni, però, si è instaurata una evidente tendenza al mutamento di tale situazione. Il ‘non voto’ nei quartieri orientali è ancora percentualmente inferiore alla media cittadina, ma gli stessi quartieri hanno presentato negli ultimi venti anni indici di evoluzione (tab. 1.3.1) nettamente superiori alla media globale. Tale dinamica ha fatto si che ormai l’indice medio di originalità del ‘non voto’ dell’area sia arrivato a sfiorare la parità (tab. 1.3.2).

58 Il dato del ‘non voto’ è formato da: ASTENUTI + SCHEDE BIANCHE + SCHEDE NULLE

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Tab. 1.3.1 - Indice di Evoluzione del ‘non voto’ (Zona Est e Napoli - base 1952) (Elezioni per il Rinnovo del Consiglio Comunale)

Anno 1952 1956 1960 1962 1975 1983 1987 1992 1993 1997

ZonaEst 100 81 86 101 84 134 123 190 232 217

Napoli 100 72 86 92 78 124 114 171 196 187

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Nel periodo 1983-1997 la ‘non partecipazione’ al voto è cresciuta nella Zona Orientale del 61,9% contro una crescita media nella città che si attesta sul 50,8.Gli effetti del differenziale di crescita (di quasi 12 punti) sono chiaramente visibili nell’evoluzione degli indici di originalità (tab. 1.3.2).

Tab. 1.3.2 - Indice di Originalità del ‘non voto’ per la Zona Orientale rispetto a Napoli (Elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale)

Anno 1952 1956 1960 1962 1975 1983 1987 1992 1993 1997

Zona Est 84.3 97.2 84.4 92.7 91 91.1 90.1 93.6 99.4 97.4

Napoli 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Il massimo del ‘non voto’ è stato raggiunto nel 1993, poi un lieve calo nel 1997. Ma la tendenza dell’area orientale ad uniformarsi ai livelli medi cittadini di ‘non voto’ si individua con estrema chiarezza. Il confronto con i dati delle politiche (ineccepibili nell’ultimo ventennio) consente di delineare con precisione ancora maggiore la crescita della ‘non partecipazione’. Infatti, il ‘non voto’ alle politiche, generalmente leggermente inferiore rispetto alle comunali, ha subito accelerazioni ancora più consistenti. Nella tab. 1.3.3, ponendo come anno base il 1983, l’indice di evoluzione permette di rilevare come nell’Area Orientale la ‘non partecipazione’ sia cresciuta addirittura del 78.6% contro la media cittadina del 56,3%, con uno scarto evolutivo di oltre 20 punti.

Tab. 1.3.3 - Indice di Evoluzione del ‘non voto’ (Zona Est e Napoli – base 1983)

(Elezioni Politiche – Camera dei Deputati)

Anno 1983 1987 1992 1994 1996

Zona Est 100 109 133.3 158.6 178.6Napoli 100 109.5 125.9 142 156.3

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

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Gli indici di evoluzione sono alti in tutti i singoli quartieri dell’area, mentre sulle dimensioni dell’originalità hanno un grosso peso i quartieri di Poggioreale e San Giovanni a Teduccio (con I.O. spesso superiori o uguali a 100 nel decennio ‘87-‘97) mentre Barra e Ponticelli conservano indici ancora relativamente bassi rispetto alla media dell’area e a quella cittadina (tab. 1.3.4).

Tab. 1.3.4 - Indice di originalità per quartiere (Area Orientale) rispetto a Napoli (Elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale)

Anno 1983 1987 1992 1993 1997Poggioreale-Z.I. 100 100 97 103 100Ponticelli 83 85 88 96 95Barra 83 84 89 93 94S.Giovanni a Ted. 99 100 104 107 102Napoli 100 100 100 100 100

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Le dinamiche esposte hanno comportato, come si accennava, il raggiungimento di dimensioni assolute di ‘mancata partecipazione’ di rilevanza tale da far si che il ‘non voto’ sia ormai il primo partito. Le percentuali per quartiere sono riportate in tab. 1.3.5.

Tab. 1.3.5 – ‘Non voto’: valori relativi per Napoli e quartieri Zona-Est (Elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale)

Anno 1983 1987 1992 1993 1997Poggioreale-Z.I. 23.7 21.5 31.5 38.9 35.6Ponticelli 19.4 18.0 28.7 35.8 33.9Barra 19.7 18.2 28.9 34.9 33.5S.Giovanni a Ted. 23.3 21.5 33.8 39.9 36.4Napoli 23.5 21.6 32.5 37.3 35.5

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Nel passato generalmente il ‘non voto’ veniva spiegato sostanzialmente facendo riferimento a fattori non intenzionali e incidentali. Con la crescita del fenomeno è divenuto ormai chiaro che ‘il voto di chi non vota’ supera abbondantemente l’astensionismo organico di tipo strutturale e configura, per una sua porzione consistente, la volontà di una precisa manifestazione di dissenso politico.

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Non è azzardato ipotizzare, ad esempio, che nei quartieri orientali operai la crescita del fenomeno negli ultimi possa essere correlata agli strappi scissionisti originati dalla fine del P.C.I. e dal conseguente disorientamento di una parte dell’elettorato. Tale causa si inserisce nel più vasto quadro di disaffezione alla politica e ai partiti e di sfiducia verso il sistema che ormai costituiscono fatti inconfutabili.

Nonostante le lacerazioni interne alla sinistra e la lenta tendenza generale ad una uniformità territoriale nelle distribuzioni delle preferenze, la Zona Orientale rimane, nel suo complesso, saldamente ancorata a sinistra. Anche dopo la ‘svolta’ della trasformazione del P.C.I. in P.D.S. e la scissione di Rifondazione, i dati

elettorali zonali non lasciano spazio ad equivoci. Nell’area Est della città, dopo il momentaneo crollo del 1992 (24,18%), i due partiti ex P.C.I. raccolgono insieme il 34,5% dei suffragi nel 1993 e ben il 44,2% nel 1997. Ma la perentorietà del dato aggregato nasconde differenze, anche notevoli, tra i quartieri, la cui consapevolezza è bene recuperare attraverso i dati disaggregati per circoscrizione. La tab. 1.3.6 evidenzia la persistenza e la significatività della varianza del comportamento elettorale di Poggioreale-Zona Industriale rispetto al voto medio dell’area: una diversità così consistente da far sembrare il quartiere addirittura politicamente estraneo, per certi versi, rispetto agli orientamenti prevalenti dell’area geografica in cui in cui è collocato.

Tab. 1.3.6 - % P.C.I. – P.D.S. Elezioni del Consiglio Comunale – Napoli e quartieri Est

Anno 1952

1956

1960

1962

1964

1970

1975

1980

1983

1987

1992

1993

1997

Poggior.-Z.I. 26.5 23.2 29.5 26.2 29.8 31.3 36.8 35.3 29.3 25.1 14.0 20.7 38.2Ponticelli 50.6 42.2 44.5 41.9 46.6 46.9 46.1 48.0 39.7 34.7 21.2 31.7 40.9

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Barra 40.6 36.8 42.5 38.9 41.9 43.7 50.6 49.6 43.4 38.1 21.0 31.8 46.7S.Giovanni a Ted 43.6 38.4 44.8 42.4 44.7 45.0 52.4 56.0 50.5 42.6 22.6 34.0 50.3Napoli 21.5 19.1 23.3 20.9 24.6 26.1 32.3 31.7 27.0 23.0 12.7 19.8 33.4

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Dal dopoguerra ad oggi, Poggioreale è sempre stato il quartiere meno organico all’orientamento comunista dell’area. Il Partito Socialista, di contro, ha sempre avuto nel quartiere un altissimo consenso. Si pensi che in tutta la sua storia elettorale il P.S.I. napoletano è stato il primo partito in una circoscrizione solo una volta: non a caso questo è accaduto a Poggioreale nel 1992.

Tuttavia, gli elettori del quartiere hanno successivamente punito assai più severamente il P.S.I. rispetto al voto medio di zona: l’indice di evoluzione a base 1952 passa, infatti, dal valore 542 del 1992 (P.S.I. primo partito del quartiere) a quello di 92 nell’anno successivo. Ma la peculiarità del voto di Poggioreale va oltre la diversa caratterizzazione nell’ambito delle forze di sinistra e si apre ad un curioso orientamento di destra; tanto che nel 1993, con il crollo del P.S.I., l’M.S.I. diventa addirittura il primo quartiere nella circoscrizione. A differenza degli altri tre quartieri dell’area – dove il P.C.I.-P.D.S. è stato stabilmente il primo partito dal ’52 ad oggi (con la sola eccezione del 1992) – nella circoscrizione Poggioreale la sinistra ha dovuto spesso cedere, nel computo delle preferenze, anche alla D.C. (1962, 1964, 1970, 1987). Le caratteristiche socioeconomiche del quartiere hanno un certo peso nella spiegazione della ‘anomalia’ di voto rispetto al resto dell’area orientale. I dati dell’ultimo censimento effettuato nel 1991 confermano che rispetto alla media della Zona Est la percentuale di giovani al di sotto dei 30 anni è del 28,8% mentre supera il 31% negli altri quartieri dell’area; il tasso di disoccupazione femminile è del 57% contro una media degli altri tre quartieri che sfiora il 67%; altra differenza significativa è nella struttura professionale della popolazione: la percentuale degli addetti al settore secondario è circa 8 punti percentuali inferiore rispetto alla media dell’area.

Nel panorama politico dell’area orientale, fino alla fine degli anni ’70 si rilevava anche un alto livello di forza del centro dello schieramento politico (in particolare della D.C.) nel quartiere Ponticelli, dove l’indice di originalità del voto democristiano è stato per un lungo periodo – tra il 1950 e i tardi anni ’70 – quasi sempre superiore alla media della città. Il fatto è, chiaramente, da mettere in correlazione con la struttura professionale del quartiere. Ponticelli, infatti, è stato ininterrottamente dalla metà degli anni 50, il quartiere con il numero più alto di addetti al settore primario, che sono notoriamente caratterizzati da orientamenti centristi. Le percentuali di 1.3.7 chiariscono l’entità delle differenze tra Ponticelli e gli altri quartieri dell’area, nonché rispetto alla media generale di Napoli, relativamente alla collocazione economica ‘primaria’ dei residenti.

Tab. 1.3.7 – Addetti al settore primario per 100 residenti in condizione professionale (quartieri area orientale e Napoli)

Anno 1951 1961 1971 1981 1991Poggior-Z.I. 4.5 1.8 0.8 1.3 2.2

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Ponticelli 32.5 23.1 16.8 10.4 3.4Barra 14.3 9.2 6.0 5.5 3.3S.Giovanni a Ted 3.0 3.4 2.6 5.5 3.3Napoli 3.9 3.0 1.8 1.9 1.7

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

L’andamento degli indici di evoluzione e di orientamento (1.3.8 e 1.3.9) evidenzia la relazione di fondo (caratterizzata da un leggero ritardo) tra il mutamento della condizione professionale e il calo dei consensi rivolti alla D.C.

Tab. 1.3.8 – Indice di originalità del voto D.C. di Ponticelli rispetto a Napoli

ANNO 1952 1956 1960 1962 1964 1970 1975 1980 1983 1987 1992 1993

PONTICELLI 105 110 111 114 95 91 110 89 90 88 91 88

Napoli 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

Tab. 1.3.9 – Indice di evoluzione del voto D.C. per Ponticelli e Napoli (base 1952)

Anno 1952 1956 1960 1962 1964 1970 1975 1980 1983 1987 1992 1993Ponticelli 100 72 117 126 132 123 125 90 88 106 109 35Napoli 100 69 110 117 146 142 119 106 102 128 125 42

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

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CAP II - ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA E FORMAZIONE SCOLASTICA

2.1. I servizi socio-sanitari

Le strutture operanti in ambito socio-sanitario nell’area orientale di Napoli sono 221 in forma di impresa con 240 unità locali e 496 addetti, 6 istituzioni con 23 unità locali e 2.180 addetti. I dati sono riferiti al Censimento del 1991. Ai fini del Censimento per impresa si intende “l’organizzazione di una attività economica esercitata con carattere professionale al fine della produzione di beni o per la prestazione di servizi destinati alla vendita”; per istituzione si intende “un’unità che ha una contabilità completa e una autonomia decisionale, la cui funzione principale è quella di produrre beni e servizi non destinabili alla vendita”; per unità locale si intende “un luogo variamente denominato in cui si realizza la produzione di beni o nel quale si svolge o si organizza la prestazione di servizi destinabili o non destinabili alla vendita”.

Si riporta in dettaglio la situazione delle strutture per quartiere:

Tab. 2.1.1 – Imprese, istituzioni, unità locali e addetti nella sezione sanità ed altri servizi sociali

  

Imprese Istituzioni

numero n° U.L. n° addetti numero n° U.L. n° addetti

Poggioreale 29 35 117 1 5 83

Ponticelli 81 86 113 1 3 136

Barra 55 57 118 2 8 216

San Giovanni a Teduccio 56 62 148 2 7 1.745

Totale area est 221 240 496 6 23 2.180

Totale comunale 2.488 2.656 7.124 56 221 27.015

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Statistici del Comune di Napoli.

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L’azienda sanitaria locale di competenza nella zona orientale è l’ASL Napoli 1, che ricopre l’intero ambito territoriale del comune di Napoli ed eroga e assicura assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, servizi e prestazioni sanitarie distrettuali e assistenza ospedaliera di emergenza ordinaria e in day hospital, tramite: N. 1 Dipartimento di Prevenzione N. 10 Distretti Sanitari N. 9 Presidi Ospedalieri

Per favorire la promozione ed il miglioramento della qualità delle attività sanitarie, l’ASL ha istituito il Servizio Centrale Controllo di Qualità e Pubbliche Relazioni (URP), che ha curato la compagna di informazione sui diritti dei cittadini promossa con la Carta dei Servizi Sanitari.

Con riferimento all’area di interesse, le strutture pubbliche sociosanitarie operanti nella zona orientale sono: ASL NA 1 Distretto Sanitario 52 – URP per i quartieri di Barra, Ponticelli e San

Giovanni a Teduccio e ASL NA 1 Distretto Sanitario 53 – URP per il quartiere di Poggioreale. L’URP svolge attività di informazione su servizi e prestazione erogate dall’ASL, ascolto dei bisogni e delle esigenze dei cittadini, accoglienza e orientamento ai servizi, attività di integrazione con i servizi sociali e gli organismi territoriali di volontariato. Il servizio è rivolto a tutta la popolazione residente;

N. 2 Unità Operative Materno Infantile facenti capo al Distretto Sanitario 52 e 53. Svolgono attività di accoglienza ed informazioni e prestazioni mediche. Il servizio è destinato ai minori tra 0 e 14 anni;

N. 2 Ser.t., il primo operante nei quartieri di Barra, Ponticelli e San Giovanni a radoccio, il secondo nel quartiere di Poggioreale. Effettuano servizi di accoglienza e orientamento,prevenzione e terapia rivolta ai tossicodipendenti.

N. 4 Consultori Familiari (uno per quartiere). Operano attività di accoglienza, informazione, erogano servizi di educazione alla salute, educazione sessuale nelle comunità scolastiche, attività di consultazione presso i CIC nelle scuole medie superiori;

N. 2 Centri di Salute Mentale - operanti, uno nei quartieri di Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, l’altro nel quartiere di Poggioreale. Svolgono attività di accoglienza della domanda, attività specialistica ambulatoriale, attività di urgenza ed emergenza, assistenza domiciliare, attivazione di Centri Crisi. La tipologia di utenze è identificata nei giovani e nei minori.I centri di salute Mentale, nello svolgimento delle proprie attività sono affiancate dalle

seguenti strutture: N. 1 Comunità Protetta nel quartiere di Barra; N. 1 Casa Famiglia Centro Diurno di Riabilitazione nel quartiere di Ponticelli; N. 1 Ambulatorio nel quartiere di San Giovanni a Teduccio; N. 1 Centro Crisi Struttura Intermedia Infantile nel quartiere di Poggioreale.

                                                 

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2.2. I Centri di Servizi Sociali 59

Presenti in ogni quartiere della zona presa in esame, i Centri di Servizi Sociali si rivolgono principalmente ad un utenza giovane (minori 0-18 anni) e alle famiglie svolgendo azioni di collegamento con la rete dei servizi pubblici (ASL, Centri di Salute Mentale, Servizi Tossicodipenza, Consultori ed Unità Operative Materno-infantile) e del volontariato. Tra le attività, vi sono quelle relative al segretariato sociale e quelle connesse alle richieste di affido familiare, di interventi per inadempienza scolastica, alle richieste di convitto, semi-convitto, di istituti per anziani, di assistenza domiciliare e di assistenza sociale-giudiziaria in collaborazione con la magistratura. Con riferimento all’assistenza sociale-giudiziaria, la Tab. 2 riporta le procedure adottate dall’Autorità Giudiziaria Minorile nel 1998 attuate dai Centri di Servizi Sociali:

Tab. 2 – Procedure adottate dall’Autorità Giudiziaria Minorile e attuate dai Centri di Servizi Sociali60 – Anno 1998

Procedura POGGIOREALE Ponticelli Barra S. Giov.

a Teduccio Napoli Est Napoli

VOLONTARIA GIURISDIZIONE 30 91 34 36 191 936

Ricovero 5 26 8 8 47 229

Abbandono 4 16 7 5 32 172

Idoneità coniugi per adozione 5 5 2 2 14 134

ADOZIONE 1 3 1 1 6 83

INCHIESTE SOCIO-AMBIENTALI

27 11 4 3 45 641

59 Fonte: Comune di Napoli – 94° servizio – Politiche giovanili per i minori ed il tempo libero

60 “Volontaria Giurisdizione” tribunale per i Minorenni; “Ricovero” Tribunale per i Minorenni; “Abbandono” Tribunale per i Minorenni; “Idoneità coniugi per l’adozione” Tribunale per i Minorenni; “Adozione” Tribunale per i Minorenni “Inchieste Socio-Ambientali” Pretura; “Richieste Indagini Socio-Ambientali per Coppie in Separazione” 1° Civile Trib. Ordinario; “Misure Alternative” raccordo con il S.S. Penale del tribunale per i Minori; “Richieste dai Tribunali Nazionali per i Minori”; “Richieste Indagini” Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minori.

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RICHIESTE INDAGINI SOCIO-AMBIENTALI PER COPPIE IN SEPARAZIONE

2 5 1 2 10 57

MISURE ALTERNATIVE

1 2 - - 3 14

RICHIESTE DAI TRIBUNALI NAZIONALI DEI MINORI

- 2 3 1 6 25

RICHIESTE INDAGINI 1 - - 1 2 13

ALTRO 12 7 22 16 57 499

TOTALI PROCEDURE 88 168 82 75 413 2.803

MINORI INTERESSATI ALLE PROCEDURE

107 222 106 105 540 3.089

Fonte: Ns. elaborazioni su dati forniti dal Comune di Napoli, Servizi statistici.

Su un totale di 2.803 procedure attivate dall’Autorità Giudiziaria Minorile nell’intero territorio comunale, 413 riguardano la zona orientale, interessando 540 minori. Il più alto numero di procedure è concentrato nel quartiere di Ponticelli. Seguono nell’ordine Poggioreale, Barra e San Giovanni a Teduccio. Tuttavia, se si confronta il dato “procedure attuate” con il totale della popolazione residente nei singoli quartieri, il tasso di incidenza si attesta su valori omogenei, tra lo 0,32% di Ponticelli e lo 0,21% di Barra61.

Per l’individuazione dei centri pubblici e privati presenti sul territorio che svolgono funzioni di sostegno sociale e aggregativi, ludico-ricreativo e culturali, la mappa cittadina disponibile sul sito web del Comune di Napoli (ragazzincittà.net), fornisce una serie di informazioni sulle attività, le strutture e i servizi rivolti

61 L’incidenza percentuale delle procedure attuate sulla popolazione residente è per l’intera superficie comunale dello 0,27%.

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all’infanzia e all’adolescenza. L’ “Accordo di Programma” con l’ASL NA1 per l’integrazione Socio-Sanitaria e l’ “Accordo di Programma Triennale” previsto dal Piano Territoriale d’Intervento per l’infanzia e l’adolescenza, in attuazione della L.285/97, ha permesso la realizzazione di un vero e proprio sistema integrato di opportunità rivolto ai ragazzi presenti sul territorio. Del resto, la città di Napoli è da qualche anno impegnata in diverse sperimentazioni progettuali realizzate in collaborazione con altre istituzioni pubbliche: l’ASL NA1, il Provveditorato agli Studi di Napoli, il Centro per la Giustizia Minorile Campania e Molise e le agenzie territoriali appartenenti al Terzo Settore. La Tab. 3 riporta in termini quantitativi, la presenza delle strutture e dei progetti attivati nell’area orientale di Napoli, distinti per quartiere:

Tab. 3 – Strutture e servizi rivolti all’infanzia e all’adolescenza nella zona orientale di Napoli

  Ponticelli Poggioreale Barra San Giovanni a Teduccio

Enti e Strutture 10 8 11 10 di cui:strutture comunali 1 1 1 2altre strutture pubbliche 5 5 5 5enti appartenenti al terzo settore 4 2 5 3

Progetti 22 9 18 18 di cui:finanziati dal bilancio comunale e/o in convenzione

9 5 8 11

finanziati da altri enti pubblici 1 - 1

finanziati dalla L 285/97 10 4 7 6finanziati dalla L 104/92 - - - -finanziati dalla L.216/91 2 2 1finanziati dalla L.309/90 - - - -finanziati dalla L.R.41/87 - - - -

Fonte: Ns. elaborazione dati rilevati sul sito web del comune di Napoli “www.ragazziincittà net”

Escludendo i finanziamenti erogati dal bilancio comunale, la L.285/97 risulta la forma di finanziamento più utilizzata. Tra i progetti finanziati dalla L.285/97: il progetto “Fratello maggiore” che coinvolge i ragazzi delle scuole superiori nella creazione di una rete di sostegno per i minori a “rischio abbandono scolastico”, il progetto “Arcobaleno” che ha creato luoghi di incontro per tutti i giovani, in cui è possibile compiere un percorso formativi, ludici e ricreativi riconducibili a tre differenti moduli tematici: suoni, immagini e movimento; i “Laboratori di Educativa Territoriale” per l’animazione ed il sostegno scolastico. Tutti questi progetti oltre ad offrire i finanziamenti necessari all’implementazione di alcune attività territoriali, mirano alla creazione di una rete del servizio pubblico e del

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privato sociale, che possa sia prendersi in carico la salute del cittadino, sia inventarsi “nuovi” luoghi di aggregazione e di riferimento, soprattutto per i giovani. L’obiettivo di sostenere la crescita della società e l’integrazione ha portato all’istituzione di un progetto di tutela e di sostegno all’inserimento sociale per gli immigrati ed i nomadi, in tutta la zona orientale.

Tra le strutture operanti, un ruolo particolarmente importante è rivestito dalle associazioni e le cooperative sociali coinvolte in azioni di prevenzione del disagio minorile e giovanile, che, in tutta la zona orientale, svolgono attività ludico-ricreative, di sostegno scolastico, di accoglienza diurna, di assistenza socio-sanitaria rivolte a donne in difficoltà, anziani, minori e portatori di handicap.

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2.3. La dispersione scolastica

La realtà socio-educativa napoletana si presenta ancora oggi “difficile”. Indicatore significativo di tale disagio è il tasso di inadempienza scolastica, individuato attraverso i dati raccolti sulla base delle segnalazioni di Presidi e Direttori didattici all’Osservatorio Dispersione Scolastica. Si precisa che i dati di seguito riportati fanno riferimento alla percentuale di inadempienti effettivi, categoria che esclude i rientrati e i trasferiti.

Relativamente all’anno scolastico 1997/1998, nell’ambito territoriale del Comune di Napoli esistono 83 circoli didattici con 53.379 iscritti e 98 scuole medie con 40.889 iscritti.

Gli inadempienti effettivi complessivamente per l’area del Comune di Napoli, raggiungono la percentuale dello 0.49% per le scuole elementari e dal 2,19% per le scuole medie. Dati in diminuzione rispetto a quelli registrati dalla rilevazione dell’anno precedente (0,50% per le scuole elementari e 2,35% per le scuole medie). La riduzione del tasso di inadempienza scolastica riferita alle scuole elementari, registrata nel corso degli anni 95/96, 96/97 e 97/98 ha, tuttavia, subito un arresto nell’ultimo periodo, laddove a fronte di una diminuzione di 0,46 punti percentuali dal 95/96 al 96/97, si assiste ad una riduzione di 0,1 punto percentuale nel periodo 96/97- 97/98.

I quartieri nei quali il disagio scolastico, relativamente alla scuola elementare, si presenta con maggiore frequenza risultano:

Pendino Mercato (1,39%); San Giovanni a Teduccio (1,27%); Scampia (1,15%) Poggioreale (1,03%); Avvocata Montecalvario (0,91%); Ponticelli (0,71%).

Le circoscrizioni con la percentuale di inadempienza più bassa sono quelle collinari e alcune circoscrizioni della zona settentrionale e della zona occidentale:

Zona collinare: Vomero (nessun inadempiente), Arenella (0,15%); Zona settentrionale: Chiaiano (0,07%); Secondigliano (0,10%); Zona occidentale: Bagnoli (0,20%), Fuorigrotta (0,10%).

Per le scuole medie si assiste, invece, ad una diminuzione costante, con valori che passano dal 2,58% al 2,35% e al 2,19% nel periodo considerato (95/96-96/97-97/98).

Le Circoscrizioni che registrano la maggiore incidenza di dispersione scolastica sono:

Scampia (6,30%); Pendino Mercato (5,99%); Piscinola (5,86%); Chiaiano (4,10%); Avvocata Montecalvario (3,75%); Miano (3,52%);La percentuale di inadempienza più bassa è, invece, registrata dalle seguenti

Circoscrizioni: Zona Collinare: Vomero (0,13%), Arenella (0,28%); Zona Orientale: Poggioreale (0,52%); Zona Occidentale: Bagnoli (0,58%), Pianura (0,58%).

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Per le scuole medie, le stime di inadempienza sono ancora preoccupanti, sebbene in lento miglioramento. Le cause sono da ricercarsi probabilmente nel maggiore impegno richiesto dalla scuola media agli alunni o dall’impegno richiesto agli alunni, ormai più grandi di età, nell’espletamento di attività lavorative per aiutare il nucleo familiare di appartenenza.

Con riferimento all’area di interesse, per le scuole elementari i quartieri di San Giovanni a Teduccio e Poggioreale registrano i valori di inadempienza effettiva più alti, rispettivamente dell’1,27% e dell’1,03%. Barra con una percentuale dello 0,44% si posiziona al di sotto della media comunale. Ponticelli registra un dato dello 0,71%.

Tab. 2.3.1 – Dispersione scolastica zona orientale - scuole elementari

NAPOLI EST 15 9.518 36 87 15 1,87% 0,80%

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

Nel complesso la zona orientale registra il più alto tasso di inadempienza effettiva (0,80%) dell’intero territorio comunale. Inoltre, come risulta dall’osservazione dell’evoluzione storica dell’inadempienza effettiva, la percentuale di inadempienti è in diminuzione in tutte le zone cittadine ad eccezione della zona Ovest e della zona Est:

Tab. 2.3.2 – Evoluzione storica della % di inadempienza effettiva - scuole elementari

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

Circoli didattici

Alunni iscritti

Inademp. Rientrati Trasferiti Inademp.%

Inademp.Effettivi %

Poggioreale 4 2.228 49 25 1 2,20% 1,03%Ponticelli 6 4.068 77 42 6 1,89% 0,71%

Barra 3 2.044 16 6 1 0,78% 0,44%

S.Giov.Teduccio 2 1.178 36 14 7 3,06% 1,27%

Napoli 83 52.379 455 165 32 0,87% 0,49%

  95/96 96/97 97/98Centro 1,43% 0,68% 0,61%Collina 0,05% 0,13% 0,08%Ovest 0,41% 0,14% 0,27%Est 1,34% 0,64% 0,80%Nord 0,89% 0,67% 0,45%Totale 0,96% 0,50% 0,49%

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Diversamente, per le scuole medie, il quartiere di Poggioreale è tra quelli con una percentuale di inadempienza più bassa, ossia dello 0.52%. Meno felice la situazione per i quartieri di Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, che registrano valori più alti, rispettivamente del 2,56%, del 2,50% e del 2,05%, quest’ultimo comunque inferiore al dato percentuale dell’intero comune (2,19%).

Tab. 2.3.3 – Dispersione scolastica zona orientale - scuole medie

NAPOLI EST 13 5.752 214 79 10 3,72% 2,17%

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

Complessivamente il dato relativo all’intera area orientale si attesta su valori inferiori alla media comunale (2,17%). Segnale incoraggiante rispetto all’anno scolastico 1996/97 in cui il tasso di inadempienza effettiva registrava un valore del 3,47%.

Tab. 2.3.4 – Evoluzione storica della % di inadempienza effettiva - scuole medie

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

Il numero di circoli didattici e di scuole medie presenti sul territorio comunale dell’area orientale è di 15 per le scuole elementari e 13 per le scuole medie. L’aumento di circoli didattici da 70 unità a 83 unità, registrato nel periodo compreso tra il 95/96-97/98 nell’intera area comunale, riguarda l’area orientale soltanto di una unità. Il numero di iscritti aumenta nel periodo considerato di 995 unità.

ScuoleMedie

Alunni iscritti

Inademp. Rientrati Trasferiti Inademp.%

Inademp.Effettivi %

Poggioreale 2 768 7 3 0 0,91% 0,52%Ponticelli 5 2.969 118 45 4 4,38% 2,56%

Barra 3 1.120 54 22 4 4,82% 2,50%

S.Giov.Teduccio 3 1.168 35 9 2 3,00% 2,05%

Napoli 98 40.889 1.171 233 42 2,86% 2,19%

95/96 96/97 97/98Centro 3,00% 2,04% 2,35%Collina 1,28% 0,29% 0,23%Ovest 1,45% 1,04% 0,96%Est 2,88% 3,47% 2,17%Nord 3,16% 4,63% 4,32%Totale 2,58% 2,35% 2,19%

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Tab. 2.3.5 - Evoluzione storica del numero di circoli didattici/numero di iscritti per zone cittadine

95/96 96/97 97/98

Circoli Didattici

N° Iscritti

Circoli Didattici

N°Iscritti

Circoli Didattici

N°Iscritti

Centro 22 12039 30 15.179 27 15.996

Collina 6 4.032 8 4.545 6 4.784

Ovest 12 8..225 17 10.962 17 10.611

Est 14 8529 15 9.358 15 9.524

NORD 16 10.569 18 12.226 18 11.499

Totale 70 43.394 88 53.010 83 52.414FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

Sempre nello stesso periodo, a fronte di un aumento complessivo sul territorio comunale di 15 scuole medie, l’area orientale vede incrementare il numero delle scuole di 2 unità a fronte di un aumento del numero di iscritti di 271 unità.Tab. 2.3.6 – Evoluzione storica numero di scuole medie/numero di iscritti per zone cittadine

95/96 96/97 97/98

Circoli Didattici

N° Iscritti

Circoli Didattici

N°Iscritti

Circoli Didattici

N°Iscritti

Centro 32 11.320 41 14.395 39 13.948

Collina 3 1.095 9 4.389 9 4364

Ovest 18 8.730 19 9.306 18 8.822

Est 11 5.481 13 6.105 13 5.752

NORD 19 8.330 19 8.183 19 8.003

Totale 83 34.956 101 42.378 98 40.889FONTE: Ns. elaborazioni su dati dell’Osservatorio Dispersione Scolastica - Comune di Napoli.

CAP. III - DEFICIT URBANISTICO E LIVELLO DI VIVIBILITA’ DELL’AREA

3.1. Il deficit urbanistico nelle attrezzature di quartiere.

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La variante al PRG attualmente in discussione al Consiglio Comunale, delinea le dimensioni di fabbisogno per ciò che concerne le attrezzature di quartiere e individua gli interventi di reperimento e riqualificazione dei suoli atti a colmare i deficit individuati.

La pianificazione della variante assume come scenario di riferimento l’anno 2006 per il quale, a seguito delle tendenze demografiche e dei flussi di emigrazione verso l’hinterland (soprattutto di neo-famiglie), le stime indicano un ridimensionamento della popolazione dell’8,6%, il che - in termini assoluti - si traduce in una diminuzione di residenti di circa 87.000 unità. Tutti i deficit e i relativi interventi sono, dunque, calcolati sulla proiezione della popolazione. Tale tendenza è pienamente in atto anche nei quartieri Est, che tuttavia conosceranno un calo demografico leggermente più contenuto (circa l’1,5% in meno) rispetto alla media cittadina.

Ad una prima analisi la situazione di ‘sofferenza urbanistica’ dell’area orientale sembra rientrare pienamente nella condizione media cittadina, tuttavia una lettura ‘interna’ e attenta dei dati consente di rilevare le specificità delle esigenze della zona. Inoltre, si registrano differenze significative tra i vari quartieri orientali.

Per ciò che concerne l’edilizia scolastica pubblica abbiamo calcolato, sulla base dei dati riportati nella variante al PRG, che per l’intera aria il deficit strutturale è pari circa al 107% dell’attuale disponibilità. (tab. 3.1.1)

Tab. 3.1.1 - Attrezzature di quartiere– Istruzione Area Orientale (valori in in mq)

Esistente Fabbisogno Deficit Deficit/ab.

350.000 726.275 376.205 2,6 Fonte: Ns. elaborazione

Il fabbisogno è calcolato in base ad uno standard urbanistico che prevede la presenza sul territorio di 5 mq di edilizia pubblica destinata all’istruzione per abitante. La tabella mostra come, in media, nell’area orientale la proiezione dell’attuale stato sui dati demografici 2006, comporterebbe un deficit/abitanti superiore al 50% del fabbisogno. La situazione più seria è quella di Poggioreale, con un deficit/abitanti di 3,7 mq.

Meno preoccupante è la situazione delle ‘Attrezzature di interesse comune’ che gli standard fissano ad un minimo di 2,5 mq per abitante.

Tab. 3.1.2 - Attrezzature di quartiere – Attrezzature d’interesse comune Area Orientale (valori in mq)

Esistente Fabbisogno Deficit Deficit/ab.

298.536 363.137 64.601 0,4 Fonte: Ns. elaborazione

In questo caso il deficit globale dell’area si attesta su valori più contenuti: circa il 16% rispetto al valore ideale (21,6% rispetto all’esistente). La percentuale di fabbisogno da coprire risulta particolarmente alta nel quartiere Barra, dove il deficit medio per abitante è più che doppio rispetto alla media dell’area e supera l’unità.

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Alquanto evidente risulta, in tutta l’area, con alcune situazioni critiche (Ponticelli), la fame di ‘Spazi Pubblici’. I numeri di tab. 3.1.3 configurano una chiara situazione di disagio urbano.

Tab. 3.1.3 - Attrezzature di quartiere – Spazi Pubbici Area Orientale (valori in mq)

Esistente Fabbisogno Deficit Deficit/ab.

338.440 1.452.550 1.114.110 7,67 Fonte: Ns. elaborazione

Lo standard urbanistico di riferimento indica un valore ottimale di 10 mq per abitante, mentre gli spazi esistenti superano appena il livello 2 mq/ab, si determina in tal modo un ampio margine di fabbisogno insoddisfatto: ben il 329% rispetto alla superficie esistente. Il disagio risulta ancora più acuto nel quartiere Ponticelli, dove il deficit unitario raggiunge il massimo dell’area di 8,26 mq/ab e del 480% sull’esistente.

Meno critica è la situazione per ciò che concerne il suolo adibito a ‘Parcheggi’. Dalla tab. 3.1.4 si rileva che il deficit si attesta intorno al 50% dell’optimum, sostanzialmente in linea con la situazione media globale della città. Nel quartiere Barra si registra un significativo picco di varianza rispetto alla condizione media degli altri quartieri dell’area (2,45 rispetto allo 0,96).

Tab. 3.1.4 - Attrezzature di quartiere – Parcheggi Area Orientale (valori in mq)

Esistente Fabbisogno Deficit Deficit/ab.

180.427 363.137 182.710 1.26 Fonte: Ns. elaborazione

I dati aggregati relativi al deficit totale delle attrezzature di quartiere (tab. 3.1.5) indicano la necessità di reperire e recuperare almeno 1.737.627 mq di suolo nell’area orientale, pari al 148,8% della superficie attualmente disponibile.

Tab. 3.1.5 - Attrezzature di quartiere – Totali Area Orientale (valori in mq)

Esistente Fabbisogno Deficit Deficit/ab.

1.167.473 2.905.100 1.737.627 12 Fonte: Ns. elaborazione

I dati disaggregati per quartiere consentono di rilevare, ancora una volta, la situazione di particolare sofferenza di Barra. Tale condizione è tra l’altro da mettere in relazione al fatto che Barra è l’unico dei quartieri dell’area in cui le stime demografiche segnalano un aumento della popolazione (+10,3%) nei prossimi anni, in consistente controtendenza rispetto all’area orientale, nonché all’intera città.

La tab. 3.1.6 contiene l’indicazione dei deficit globali separatamente per ogni quartiere Est e per Napoli nel suo complesso.

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Tab. 3.1.6 – Deficit per quartiere (Area Orientale e Napoli)

Superficie(kmq)

Abitanti al 2006

Deficit globale (mq)

Deficit / Superficie (%)

Deficit/abitanti(mq)

San Giovanni a Ted. 2,35 23.691 195.664 8,3% 8,26Ponticelli 9,11 51.361 601.157 6,6% 11,70Poggioreale + Z.I. 7,13 28.362 339.211 4,7% 11,96Barra 7,82 41.241 571.595 7,3% 13,86Area Orientale 26,41 145.255 1.737.627 6,6% 11,96Napoli 117,27 927.733 12.773.707 10.9% 13,76

Fonte: Ns. elaborazione

Risulta evidente che l’area orientale nel suo complesso non presenta situazioni di gravità relativa rispetto all’intera area urbana, anzi essa mostra deficit più contenuti rispetto alla media globale della città. Ciò è dovuto essenzialmente al fatto che la zona in questione è di urbanizzazione relativamente recente rispetto agli angusti quartieri del centro storico (particolarmente quelli disagiati), dunque vive meno drammaticamente la necessità di reperire suolo. Infatti, lo scarto rispetto alla media napoletana si evidenzia soprattutto nel rapporto deficit/superficie – dove supera i 4 punti – mentre risulta più contenuto nell’indice relativo al deficit per abitante (dove la differenza si riduce a meno di 2 punti.

Nonostante la situazione possa sembrare in termini quantitativi meno difficile che in altre realtà territoriali cittadine, tuttavia i problemi di quest’area saranno legati alla particolare complessità delle operazioni di bonifica e risanamento dei suoli che per molto tempo sono stati destinati all’attività industriale; tra l’altro nel caso della riconversione delle aree dismesse la realizzazione delle attrezzature sarà tendenzialmente a carico di privati o con iniziative di compartecipazione pubblico/privato le cui forme sono ancora per la gran parte da definire.

Inoltre, gli interventi previsti dalla variante per quest’area sono solo per il 45% diretti (cioè attuativi con l’approvazione della variante) e per la restante parte sono subordinati a piani esecutivi particolari; mentre nel centro storico gli interventi diretti costituiscono ben il 97% del totale. Le principali perplessità, dunque, nel caso specifico dell’area orientale, riguardano, più che il reperimento di suolo, la complessità tecnica ed economico/finanziaria del suo recupero, oltre che il prevedibile allungamento dei tempi in relazione alla non immediata operatività della variante per il 55% delle superfici individuate.

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3.2. Gli attrattori urbani tra pubblico e privato

Nel rilevare la presenza e l’efficacia dei cosiddetti “attrattori urbani”, si è tenuto conto del numero delle strutture e della tipologia delle attività che operano in campo ludico-ricreativo, sportivo, culturale. In definitiva, tutte le strutture che sono in grado di “attrarre” gli interessi della popolazione residente, diversificate per tipologia.

Biblioteche comunali. Le tabelle 7, 8 riportano i dati relativi alle due biblioteche comunali dell’area orientale: la biblioteca comunale “G. Andreoli” di Poggioreale e la biblioteca comunale “A. Labriola” di San Giovanni a Teduccio; la tabella 9 riporta sinteticamente i dati riferiti alla totalità delle biblioteche comunali di Napoli

Tab. 7 – Biblioteca comunale “G. Andreoli” – Quartiere Poggioreale anno 1998

Libri in prestito n°

LettoriRagazzi Adulti TotaleMF F MF F MF F

Gennaio 45 239 117 207 105 446 222Febbraio 32 126 60 207 113 333 173Marzo 37 159 66 198 95 357 161Aprile 49 136 84 96 47 232 131Maggio 31 233 157 274 190 507 347Giugno 37 131 73 233 126 364 199Luglio 16 11 7 30 10 41 17Agosto Chiusa al pubblico

Settembre 29 170 94 125 66 295 160

Ottobre 21 320 194 219 112 539 306

NOVEMBRE 24 24 140 164 82 188 222

Dicembre 9 168 86 117 56 285 139ANNO 330 1.717 1.078 1.870 999 3.587 2.077

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Archivi Storici, Biblioteche e documentazioni.

Tab. 8 – Biblioteca comunale “A. Labriola” – Quartiere San Giovanni a Teduccio anno 1998

Libri in prestito n°

LettoriRagazzi Adulti TotaleMF F MF F MF F

65

Gennaio 56 311 163 485 270 796 433Febbraio 26 520 250 530 230 1.050 480Marzo 33 580 300 500 280 1.080 580Aprile 45 420 180 460 200 880 380Maggio 39 550 250 470 220 1.020 470Giugno 32 490 220 640 300 1.130 520Luglio 14 93 60 520 270 613 330Agosto Chiusa al pubblico

Settembre 25 730 380 880 400 1.610 780

Ottobre 35 927 782 1.150 630 2.077 1.112

NOVEMBRE 37 1.100 645 1.310 710 2.410 1.355

Dicembre 21 355 160 490 190 845 350ANNO 363 6.076 3.090 7.435 3.700 13.511 6.790FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Archivi Storici, Biblioteche e documentazioni

Tab. 9 – Biblioteche comunali anno 1998

Libri in prestito n°

LettoriRagazzi Adulti TotaleMF F MF F MF F

G. Andreoli di Poggioreale 330 1.717 1.078 1.870 999 3587 2.077

R. Caccioppoli di Fuorigrotta 988 2.755 1.401 5.801 3.192 8.556 4.593

B. Croce del Vomero 492 5.969 2.704 5.205 2.466 11.174 5.170

Dorso di Secondigliano 481 10.840 5.400 12.140 6.160 22.980 11.560

D. Fortunato di Soccavo 1.328 5.459 2.691 8.160 4.016 13.619 6.707

F. Flora di San Carlo all’Arena 268 1.560 750 1.447 674 3.007 1.524

A. Labriola di S. G. a Teduccio 363 6.076 3.090 7.435 3.700 13.511 6.790

TOTALE 4.901 40.806 20.235 45.269 22.616 86.075 42.851

FONTE: Ns. elaborazioni su dati dei Servizi Archivi Storici, Biblioteche e documentazioni

Se si esclude la biblioteca comunale di San Carlo all’Arena, la biblioteca di Poggioreale si caratterizza per la minore attività, in termini di libri dati in prestito (330), e numero di visitatori (3.587), rispetto al biblioteche comunali presenti in tutta l’area comunale. Con riferimento all’età dei lettori il numero dei visitatori adulti

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è di poco superiore a quello dei ragazzi in età scolare, con una percentuale del 52% di adulti sul totale delle visite.

La biblioteca di San Giovanni a Teduccio, pur con una limitata attività in termini di libri dati in prestito (363), è caratterizzata da una elevata frequenza di visite (13.511). Anche in questo caso, la percentuale dei lettori adulti è di poco superiore a quella dei ragazzi: 55% contro il 45%. Campi sportivi comunali. Nel quartiere di Ponticelli sono situati il “PalaArgine” destinato al basket ed altre manifestazioni sportive e culturali nazionali ed internazionali, ed uno stadio comunale destinato alle partite di calcio fino alla serie C. Il quartiere di Barra ospita lo stadio intitolato ai “Caduti di Brema” destinato alle attività calcistiche.

Non esiste, al momento, una mappatura delle attrezzature sportive private.

Teatri e cinema. La presenza sul territorio di impianti di proiezione cinematografica è assai limitata, infatti, i dati riferiscono di sole due sale di proiezione cinematografica presenti a San Giovanni a Teduccio e di una multisala di recente ristrutturazione nella zona di Ponticelli, spesso sede di manifestazioni culturali e mostre fotografiche. Non è stata rilevata la presenza, nell’area orientale, di teatri e/o di strutture pubbliche e private, dedicate alle rappresentazioni teatrali.

Altri centri di interesse comune. Tra i centri di interesse comune, il parco Troisi, di recentissima costruzione, ubicato nel quartiere di Ponticelli, è uno dei maggiori centri di aggregazione territoriale, spesso sede di importanti manifestazioni culturali, anche a carattere nazionale.

Il quartiere di Barra, dalla ristrutturazione dell’antica villa “Letizia”, l’Ufficio Urbanistica del Comune di Napoli, ha ricavato un importante centro operativo distaccato, denominato “La casa della città”: un vero e proprio laboratorio di progettazione urbanistica partecipata, che si rivolge ad un’utenza sia di adulti sia di bambini. A questi ultimi è consentito, inoltre, di usufruire del “prestito” dei giocattoli.

Presso la Casa del Popolo, tra Barra e Ponticelli, è stato istituito un laboratorio Educativo sugli audiovisivi, rivolto ad un’utenza adolescenziale. Percorso formativo realizzato dall’Arci Movie, nel quale i ragazzi sperimentano un approccio al mondo della produzione audiovisiva.

Sempre per un’utenza minorile ed adolescenziale, in tutta la zona orientale, vengono allestiti dei “punti gioco territoriali” (distaccamenti della Ludoteca cittadina) nell’ambito del progetto “La città in gioco”, promosso dall’Assessorato all’Educazione.

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3.3. La qualità della vita nella zona orientale

Con l’espressione, piuttosto ampia, di “qualità della vita” si tende ad identificare tanto nel linguaggio comune quanto in quello delle scienze sociali, il complesso di problemi non solo economici, ma anche sociali, ambientali e relazionali che caratterizzano le società moderne. Si fa riferimento alla “qualità della vita” non solo per quanto riguarda la soddisfazione dei bisogni primari, ma anche di quelli secondari (culturali, relazionali, psicologici).

Nello stimare la qualità della vita nella zona orientale (Barra, Poggioreale, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio) si è data particolare importanza ad alcuni indicatori specifici, quali gli spazi verdi ed i parchi gioco disponibili e l’esistenza di attrezzature ricreative e culturali.

La proposta di variante generale per Napoli ha individuato nei quartieri succitati una superficie in verde esistente totale di 594.588 mq. (Barra 42.971 mq., Poggioreale e zona industriale 95.095 mq., Ponticelli 313.471 mq., S. Giovanni 143.051 mq.) pari a 3,78 mq. per abitante: il dato non è confortante, dal momento che, le più recenti ricerche sui fabbisogni della popolazione hanno definito 10 mq/ab., la quota necessaria per soddisfare il fabbisogno di gli spazi pubblici e parchi gioco.

Se la situazione di Poggioreale-Z.I. sembra essere particolarmente critica, con un rapporto mq. verde/ab. pari a 2,85, è addirittura drammatica la condizione del quartiere Barra dove lo stesso rapporto indica il preoccupante valore di 1,08. Le situazioni relativamente migliori di Ponticelli e S.Giovanni a Teduccio, con valori intorno a 5, comunque, arrivano solo alla metà del livello considerato ottimale.

La situazione difficile di Barra si può leggere anche dal rapporto percentualizzato tra superficie verde e superficie totale; tale rapporto mostra come il ‘suolo verde’ sia solamente lo 0,54% dell’intera area circoscrizionale, contro la media dell’Area Est già drasticamente bassa del 2,25. Anche Poggioreale presenta un valore nettamente inferiore a quello medio dell’area (1,3%). Situazioni relativamente migliori si registrano a Ponticelli (3,4%) e a San Giovanni a Teduccio che può vantare un lusinghiero 6,1%, valore non trascurabile se confrontato con la situazione di Barra e la media generale.

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Il grafico sottostante mostra l’eterogeneità, in senso assoluto (oltre che in rapporto alla popolazione e alla superficie), della distribuzione aree verdi, all’interno dell’area.

Nonostante negli ultimi anni, nella zona orientale siano stati piantati 651

alberi, la porzione di superficie destinata al verde pubblico fruibile è del tutto insoddisfacente, dal momento che nel definire il “verde pubblico” si intende anche l’arredo urbano e le singole aiuole.

La zona orientale mostra forti carenze infrastrutturali, anche per la superficie destinata alle attrezzature ricreative e culturali; infatti, queste aree di interesse comune a tutta la popolazione residente deficitano di circa 64.513 mq.

Nella valutazione della qualità della vita di un territorio riveste molta importanza individuare il capitale sociale presente (gli organismi e le persone che partecipano alla vita pubblica e sociale): nei territori presi in esame operano molti enti ed associazioni di volontariato (circa 14 associazioni e cooperative a Barra, 14 a San Giovanni a Teduccio, 13 a Ponticelli, 11 a Poggioreale) che svolgono varie azioni di sostegno e recupero sociale, rivolte ad utenze diverse. La stima di questi organismi di volontariato e partecipazione civile e delle loro azioni e programmi ha permesso di delineare una mappa delle opportunità offerte dal territorio ed i bisogni collettivi soddisfatti dalle suddette azioni sociali, quali importanti aspetti della sottodimensione relazionale che partecipa alla costruzione della qualità della vita.

Le azioni pro-sociali presenti nella zona sono numerose e ben innestate nel territorio: infatti, esse riescono a coinvolgere numerose persone ed anche se al momento non è possibile stimare il numero preciso degli operatori e dei volontari, si può senz’altro affermare che il capitale sociale nei quartieri presi in considerazione è attivo ed in continua crescita. La presenza di una forte partecipazione civile e sociale,

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fa sì che il territorio possa crescere e, se stimolato correttamente, svilupparsi in modo “sano”.

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CAPITOLO IV - LE TENDENZE

4.1. Punti di forza e di debolezza.

L’area orientale sembra essere interessata, negli ultimi anni, da un positivo fermento culturale. La principale potenzialità del territorio è probabilmente nel capitale umano che vi opera. Non a caso le attività di volontariato si sono in breve tempo moltiplicate e hanno prodotto risultati di buon rilievo. L’impressione è che sia intervenuta negli ultimi anni una lenta ma progressiva evoluzione culturale sia nella popolazione, meno passiva e più disposta ad operare direttamente per il miglioramento della propria quotidianità e il recupero dei propri spazi fisici e sociali , sia a livello istituzionale, dove si è andata affermando la consapevolezza del ruolo nevralgico dell’area per il rilancio dell’intera città.

La riconversione produttiva di alcuni impianti e la riqualificazione dell’intero territorio nel senso della valorizzazione delle risorse ambientali sono punti fermi da cui non si potrà prescindere.

La variante al P.R.G. ha già individuato i suoli in cui intervenire per ciò che concerne le attrezzature di quartiere: essi soddisfano completamente il fabbisogno di spazio dell’area, dunque gli interventi programmati annullerebbero o ridurrebbero drasticamente i deficit urbanistici attuali. Da questo punto di vista l’area orientale non vive la fame di spazio degli angusti quartieri disagiati del centro.

A fronte di un deficit stimato in 1.737.627 mq. sono stati individuati spazi idonei alla destinazione come attrezzature di quartiere per un totale di ben 4.132.044 (circa il 2,4 volte il deficit e 1,4 volte il fabbisogno) mq.; con un eccedenza positiva di oltre 2.391.414 (pari al 137,6% del deficit). In tab. 4.2.1 sono riportati i dati disaggregati per quartiere. Questa situazione è da considerarsi un punto di forza fondamentale del processo di recupero. La difficoltà di quest’ultimo non è dunque di ordine spaziale ma risiede più che altro nella difficoltà di gestire il cambiamento e di coordinare le varie forze in campo.

La condizione dell’area orientale, per ciò che concerne gli spazi potenzialmente recuperabili alla vita quotidiana degli individui e alla produttività, mostra un vantaggio evidente nei confronti della media cittadina e degli asfittici quartieri del centro. L’eccedenza di spazi disponibili rispetto a quelli necessari, infatti, non è affatto scontata. Si pensi che tra i 29 quartieri che compongono attualmente la città, questa circostanza si verifica solo in 14 di essi (compresi i 5 dell’area orientale), dunque, meno della metà. Il problema dell’area est di Napoli, quindi, non è la disponibilità degli spazi ma la loro gestione, la reale capacità di un intervento su di essi che non si limiti ad un recupero ‘freddo’ ma che, al contrario, riesca effettivamente a riportare le aree dismesse nella dimensione di vita quotidiana delle popolazioni residenti.

Tab. 4.1.1 – Situazione suoli per le attrezzature di quartiereQuartiere Fabbisogno (mq) Deficit (mq) Aree reperite (mq) Differenze (mq)S.Giovanni a Ted. 473.820 195.665 287.652 91.987

Barra 824.820 571.596 1.202.924 631.328Ponticelli 1.027.220 601.158 706.992 105.834Poggioreale 446.920 272.241 1.436.176 1.163.935Zona Industriale 132.320 96.970 489.300 392.330

Tot. Area Orientale 2.905.100 1.737.627 4.132.044 2.391.414

FONTE: Ns. Elaborazione su dati del Comune di Napoli

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Le principali perplessità della circa la pianificazione della riqualificazione

dell’area riguardano la complessità e il costo del recupero delle aree in industriali in questione e, soprattutto, i tempi di realizzazione dell’operazione. A differenza che nel resto della città, infatti, gli interventi sull’area orientale sono si stati individuati, ma la loro attuazione non è legata alla pur complessa operazione di definizione – anche in termini operativi - della variante al P.R.G., bensì alla definizione/approvazione di piani specifici. La lentezza del processo di risanamento potrebbe amplificare perturbazioni economiche dovute a strategie di attesa degli attori coinvolti, a manovre speculative sui suoli individuati, nonché a pressioni di natura camorristica.

Nonostante la situazione possa sembrare in termini spaziali-quantitativi meno difficile che in altre realtà territoriali cittadine, tuttavia i problemi di quest’area saranno legati alla particolare complessità delle operazioni di bonifica e risanamento dei suoli che per molto tempo sono stati destinati all’attività industriale; tra l’altro, nel caso della riconversione delle aree dismesse la realizzazione delle attrezzature sarà tendenzialmente a carico di privati o con iniziative di compartecipazione pubblico/privato le cui forme sono ancora per la gran parte da definire.

Inoltre, gli interventi previsti dalla variante per quest’area sono solo per il 45% diretti (cioè attuativi con l’approvazione della variante) e per la restante parte sono subordinati a piani esecutivi particolari; mentre nel centro storico gli interventi diretti costituiscono ben il 97% del totale.

Le principali perplessità, dunque, nel caso specifico dell’area orientale riguardano, più che il reperimento di suolo, la complessità tecnica ed economico/finanziaria del suo recupero, oltre che il prevedibile allungamento dei tempi in relazione alla non immediata operatività della variante per il 55% delle superfici individuate per il recupero.

4.2. Le prospettive a medio e lungo periodo.

Allo stato attuale delle cose, qualsiasi prospettiva di effettivo miglioramento della vivibilità e delle condizioni socioeconomiche dell’area sembrano essere fatalmente legate alla realizzazione di una razionale riqualificazione globale dell’area.

Il processo di riqualificazione che la variante propone pretende, come condizione preliminare, la delocalizzazione di tutti gli impianti petroliferi: non solo i residui depositi, ma anche l’attracco delle petroliere nel porto, in mancanza del quale gli oleodotti continueranno a

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rappresentare un’ingombrante e pericolosa presenza, incompatibile con la nuova dimensione qualitativa degli insediamenti. Tuttavia, quello della Darsena petroli di Napoli Est resta a tutt’oggi un nodo irrisolto. L’unico punto fermo, su cui tutti sembrano convergere, è che questa debba essere trasferita, ma nulla di vi è di certo sulla sua nuova collocazione. Sembra invece maglio definita la sorte della centrale Enel di Vigliena (sita nell’area adiacente l’ex Corradini): essa dovrebbe subire una riconversione a metano e assumere dimensioni decisamente più ridotte rispetto a quelle attuali.

Le linee guida per la riqualificazione dell’area sono ormai ben più che semplicemente abbozzate. La logica di fondo è quella di una pluralità di grossi interventi integrati che possano innescare lo sviluppo trainando le iniziative private. Il piano prevede cinque interventi fondamentali:

Un Campus universitario nella zona occupata dagli ex stabilimenti Cirio e Corradini, nel quale dovrebbero essere ospitate le nuove Facoltà di Giurisprudenza e Ingegneria della “Federico II”. Il Campus, disegnato per una popolazione studentesca che superi le 20.000 unità, sarà dotato anche di mense, sale congressi e biblioteche. Accanto alle Facoltà si pensa ad una serie di strutture di ricerca e di formazione professionale.

Un porticciolo turistico dotato di 600 posti-barca. Esso dovrebbe sostituire l’attuale porticciolo realizzato all’inizio degli anni ’90 con investimenti privati. Molte strutture per cantieristica e rimessaggio di quest’ultimo potranno però essere recuperate per il nuovo insediamento portuale.

Una stazione della metropolitana sarà realizzata tra l’area ex-Corradini e il porticciolo. In generale, il fattore “trasporti e mobilità” sarà assolutamente nevralgico per il successo dell’intero piano di recupero. Il problema storico dell’Area Orientale, infatti, è la evidente discrasia tra il buon livello di accessibilità e il basso grado di connettività. In pratica, l’accessibilità è garantita dalla confluenza alla rete autostradale nazionale, della grande viabilità urbana e metropolitana, della rete ferroviaria nazionale e di alcune vie su ferro metropolitane (Alifana e Circumvesuviana). Si tratta, però, di un’accessibilità di attraversamento, più che di servizio all’area stessa; ciò implica una continua serie di ‘cesure’ interne all’area che viene ad essere divisa in ‘enclaves’ mal collegate tra di loro da un sistema viario sottodimensionato rispetto ai flussi che lo impegnano. L’area costituisce un sistema insediativo che è il risultato di una somma di elementi separati tra di loro sia ‘fisicamente’ che funzionalmente: è la mancanza di connettivi a caratterizzare tale sistema. I piani di riqualificazione dell’area non potranno ignorare che la connettività è uno degli elementi fondamentali del recupero di una zona alle attività produttive e all’interazione sociale, dovranno dunque prestare grande attenzione alla razionalizzazione delle strutture dei trasporti e alla loro gestione.

Il nuovo Ospedale di Ponticelli, il cui progetto è già stato affidato a Renzo Piano: 290 miliardi la spesa prevista. La grande utilità in termini sociali del progetto è evidente ove si consideri che, tra i quartieri Est, Ponticelli è stato l’unico ad avere una forte pressione demografica nell’ultimo ventennio (gli altri hanno tutti subito decrementi di popolazione residente), a causa della concentrazione sul suo territorio dell’edilizia post-terremoto.

Un Terminal lungo 630 metri, capace di far agganciare contemporaneamente due grandi navi di nuova generazione. Il progetto Terminal Levante interessa complessivamente un’area di 250.000 metri quadrati per la movimentazione dei containers.

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La linea guida fondamentale di tutto l’intervento è sicuramente la rivalutazione dell’ambiente naturale; in particolare il recupero del litorale assume un alto valore sia in termini economici e di qualità della vita che dal punto di vista simbolico. Una delle direttrici dell’intervento sarà, dunque, la valorizzazione della risorsa ‘mare’, con la possibilità nel giro di qualche anno di recuperare spiagge alla balneazione.

Altro perno della riconfigurazione resta il sistema formato dal grande ‘Parco del Sebeto’ di circa 170 ettari, che collegherebbe la piana agricola al mare, seguendo l’andamento del nuovo corso d’acqua che ricorda il Sebeto e il lungo viale che, partendo dalla nuova piazza che duplica Piazza Garibaldi in corrispondenza del binario d’arrivo dell’alta velocità, raggiunge Ponticelli. E’ la scelta che, anche simbolicamente, esprime l’obiettivo, ricorrente nel piano, di ricongiungere centro e periferia.

Estrema attenzione, nell’intervento di recupero, dovrà essere attribuita al concreto coinvolgimento della componente umana dei luoghi, attraverso il contatto e la costante capacità d’ascolto di associazioni, movimenti spontanei, comitati espressi dalle comunità locali. Se assumiamo il degrado territoriale come problema fondamentale da affrontare nel progetto di riqualificazione e sviluppo, ci troviamo nella necessità di complessificare i tradizionali indicatori di sostenibilità; occorre verificare gli indicatori ambientali rispetto agli indicatori di sostenibilità sociale, culturale, geografica, economica: il degrado territoriale comprende infatti il degrado ambientale, ma riguarda anche il degrado e la decontestualizzazione del territorio costruito e il degrado sociale che ne consegue. Il degrado ambientale deve essere interpretato come conseguenza di un sistematico processo di de-territorializzazione, di destrutturazione dell’identità locale, di rottura delle relazioni con il contesto locale, con i suoi modelli socioculturali di lunga durata e i suoi saperi ambientali; attraverso la sua sostituzione con una seconda natura artificiale, alienante. Se a queste cause è fatto risalire il degrado ambientale, è alla rimozione di esse che vanno principalmente indirizzate le azioni di recupero integrato. La ricostruzione delle relazioni coevolutive interrotte (e, dunque, l’avvio di forme di ri-territorializzazione) richiede trasformazioni anche nel concetto di produzione della ricchezza; nel senso che l’inversione della curva delle povertà si può attuare solo internalizzando, nella misura della crescita della ricchezza, la produzione di ambienti insediativi ad alta qualità territoriale. Il problema è dunque riprendere, in forme nuove, la produzione interrotta di territorialità, in quanto produzione di valore. Ma un’alta qualità territoriale è sempre stata prodotta, nella storia delle civilizzazioni, dalla costruzione di relazioni virtuose fra una comunità insediata e il proprio ambiente; dunque la sua produzione non può che avvenire attraverso nuovi ‘atti territorializzanti’ nei quali la società locale (ancorché multietnica, mobile, cangiante) riconosca il proprio territorio e lo valorizzi costruendo socialità. L’autoriconoscimento e la crescita dell’identità locale, la sua capacità di ri-pensarsi è dunque la matrice dello sviluppo. Per questi motivi ogni processo di riqualificazione di un territorio deve necessariamente coinvolgere la comunità locale e ogni recupero di un territorio è sempre, evidentemente, anche recupero della sua socialità.

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4.3. Gli strumenti e gli operatori

Le varie istituzioni competenti per il recupero di Napoli Est si trovano a dover affrontare un duplice, complesso, problema: da un lato quello di riorganizzare regole e modalità di intervento al fine di superare rigidità, inerzie e ritardi che si sono accumulati per un lungo periodo di tempo e dall'altro quello di favorire la costituzione di nuovi e più solidi sistemi di convenienze all'investimento in un ambiente delicato e particolarmente esposto a gravi impatti sociali.

Dopo un iter travagliato e sofferto lo strumento fondamentale scelto per l’azione di riqualificazione è l’accordo di programma. Tale strumento dovrebbe essere in grado di superare la lenta prassi del piano regolatore e consentire di accelerare la realizzazione degli insediamenti. L’accordo si basa su una convergenza simultanea di una pluralità di volontà istituzionali a diversi livelli. In particolare sono chiamati in causa: Regione Campania, Comune di Napoli, Ateneo “Federico II”, Autorità Portuale, Ministero dei Trasporti e Ministero dei Lavori Pubblici. Il project financing prevede l’uso di fondi europei e regionali ma anche il coinvolgimento dei privati. Per le cinque grandi opere individuate dall’accordo di programma (vedi par. 4.2), l’investimento globale dovrebbe superare la quota di 800 mld. di lire. Il piano prevede 290 mld. per l’ospedale, 220 per il Campus e 210 per la Darsena e il Porticciolo.

Ogni soggetto istituzionale coinvolto dovrà fare la sua parte; dal reperimento dei fondi, alla presentazione di progetti particolareggiati. C’è una scadenza importante: i fondi europei devono essere utilizzati entro il 2006.

E’ una sfida che la città non deve perdere: rigenerare Napoli Est in sei anni. Bisogna bruciare le tappe, bisogna valutare, tra l’altro, l’impatto positivo che avrebbe l’apertura dei cantieri nella zona Est per l’occupazione in città, il volano produttivo che potrebbe essere innescato da un’operazione che, nel complesso, dovrebbe superare abbondantemente i 1.000 mld. Ma tutto dovrà essere fatto tenendo conto delle reali esigenze della popolazione residente, che dovrà essere il più possibile coinvolta in un’operazione di recupero che dovrà essere anche culturale.

Le attività di volontariato sorte negli ultimi anni testimoniano una volontà di rimpossessarsi del territorio e della propria quotidianità che non vanno trascurate, bensì opportunamente valorizzate per la rinascita culturale dell’area.

Attraverso la "cura" di recupero si dovrà puntare non solo ad effetti immediati in termini di occupazione e di consenso, ma anche (soprattutto) alla realizzazione di equilibri durevoli fra insediamento umano e ambiente, riconnettendo nuovi usi, nuovi saperi, nuove tecnologie alla sapienza ambientale storica.

La ricostruzione della comunità è l’elemento essenziale dello sviluppo autosostenibile; la comunità antropica che "sostiene se stessa" fa si che l’ambiente possa sostenerla nella sua azione; l’azione conservativa (anche di valori ambientali) che non promani dalla fiducia interna e dalla self-reliance è destinata a creare resistenze e fallimenti.

Il concetto di “produzione sociale del territorio” comporta un processo di riavvicinamento fra la figura di "abitante-consumatore" e quella di "produttore" che sono state radicalmente scisse, nel modello fordiano, con l’estensione sociale del lavoro salariato e della mercificazione delle relazioni di scambio. In molti casi, l’abitante è un residente che non ‘possiede’ i mezzi di produzione del proprio quartiere, del proprio territorio che gli è ‘mentalmente estraneo’: non sa da dove gli arrivano la luce, il cibo, gli alimenti; dove vanno i

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suoi rifiuti; il suo lavoro è "lontano". In molti casi, nell’impresa "virtuale", ad esempio, non sa più nemmeno per chi lavora.

In ogni seria operazione di recupero di un territorio che ambisca ad un successo duraturo, si dovrebbero pianificare strumenti e strategie d’intervento che puntino a realizzare uno scenario basato su un avvicinamento delle figure dell’abitante e del produttore, su un sistema economico che riduca il lavoro salariato e valorizzi autoimprenditorialità diffusa e relazioni di reciprocità, tenendo presente che la produzione di ‘territorialità’ è fondamentale per la qualità dello sviluppo e che tale produzione può realizzarsi con successo se i cittadini vi partecipano attivamente, anziché subirla in maniera statica e passiva. Essi devono diventare operatori del loro sviluppo, ‘crearlo’ culturalmente, sostenerlo attraverso la produzione sociale della loro propria quotidianità.

Si delinea, dunque, un processo che dalla "partecipazione" dei privati, dei cittadini residenti, evolve verso la "produzione sociale del piano di recupero", fino alla "produzione sociale del territorio". Il punto cruciale è l’attivazione degli abitanti/produttori come protagonisti della ricostruzione dei valori territoriali.

Questo riavvicinamento fra abitanti e produttori è possibile in un’epoca caratterizzata dalla contrazione del lavoro salariato, dall’espansione del lavoro autonomo, dalla crisi del dominio di relazioni di libero scambio e la crescita di relazioni di reciprocità, a condizione che il lavoro autonomo, anziché essere appendice molecolare delle imprese a rete e delle imprese virtuali nel contesto della globalizzazione, divenga il tessuto connettivo di nuove relazioni produttive fra comunità insediata e ambiente; relazioni che, attraverso la “cura", la manutenzione e la valorizzazione del territorio e dell’ambiente favoriscono la crescita di rapporti di solidarietà e la creazione di legami sociali. La produzione di socialità, di capitale sociale, diviene una componente essenziale della produzione di territorio da parte della comunità locale e viceversa. Il lavoro autonomo e di microimpresa che costituisce, nel bene e nel male, il potenziale superamento del lavoro salariato come forma storica dominante del rapporto sociale di produzione e del conflitto, può essere determinante come soggetto collettivo per la costruzione di un altro sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile.

Queste potenzialità possono essere colte in strategie di autonomizzazione e risocializzazione del lavoro diffuso intorno a progetti locali condivisi, in cui l’abitante-produttore divenga un operatore protagonista del progetto di sviluppo, della ricerca della sua qualità, della sua identità specifica e dei suoi "statuti": intervenendo sul che cosa, sul dove, sul quanto, sul come produrre per la trasformazione del patrimonio territoriale in forme durevoli. L’autoimprenditorialità diffusa, può dunque, nell’ambito di un progetto politico di recupero e sostenibilità, divenire la base produttiva centrale di sistemi socioeconomici a base territoriale.

La partecipazione evolve dunque verso l’autogoverno della comunità insediata, nelle forme contraddittorie e conflittuali che la complessità sociale impone, con la messa in atto di tavoli contrattuali e decisionali locali, in cui il sistema locale degli attori riesca a trovare patti di cooperazione rispetto a scenari strategici e progettuali di riferimento. In questa prospettiva il ruolo dei governi locali se potenziati nelle loro funzioni di governo dell’economia, consiste nel denotare, selezionare e incentivare ‘operatori’ che siano portatori di energie virtuose per la sostenibilità di progetti e "stili" di sviluppo differenziati attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali in forma durevole. Sono necessarie nel processo di piano nuove forme di ascolto "degli attori muti", dei significati contestuali, attraverso approcci comunicativi in cui la partecipazione divenga autoconsapevolezza che rafforza gli attori deboli, indirizzando i risultati dell’interazione sociale verso esiti di sostenibilità.

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