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1 La e-Biblioteca degli Schildhöfe di Coi e Col TESTO N. 025 IL POPOLO VENETO E LE SUE COMUNITÀ Carlo Goldoni. Le opere 1 Carlo Goldoni nacque a Venezia nel 1707. Laureatosi in legge a Padova, eser- citò per breve tempo la professione di avvocato a Venezia. L'incontro con il capo- comico Giuseppe Imer convinse Goldoni a lavorare come autore per il teatro di San Samuele. Sono gli anni dell'apprendistato e anche delle prime commedie interamen- te scritte. Nel 1744, a causa dei debiti contratti dal fratello, abbandonò Venezia per Pisa, dove riprese a esercitare l'avvocatura. Nel 1748 rientrò a Venezia e firmò un impegno quadriennale, come autore, con la compagnia di Girolamo Medebach, che recitava al teatro di Sant'Angelo. Il successo incontrato suscitò l'invidia dei comme- diografi letterati, come l'abate Chiari, che accusava Goldoni di non rispettare le re- gole tradizionali. Nel 1753 passa a collaborare con il teatro San Luca di Antonio Vendramin. La collaborazione durò fino al 1762, quando, anche per le polemiche contro il suo teatro accese da Carlo Gozzi, Goldoni accettò l'invito della Comédie ita- lienne di trasferirsi a Parigi. Qui incontrò fortuna alterna: costretto dal pubblico a ri- tornare al teatro degli scenari, poté solo occasionalmente continuare la sperimenta- zione avviata a Venezia. Ottenne riconoscimenti ufficiali dalla corte di Francia. Nel 1784 comincia a scrivere in francese i Mémoires, che costituiscono l'ultima sua opera. Morì a Parigi nel 1793. *** L'uomo di mondo Rappresentata per la prima volta nel 1738 al teatro San Samuele di Venezia, con l'originario e più felice titolo di Momolo cortesan (dal diminutivo di Girolamo, nome del protagonista), L'uomo di mondo è la prima commedia riconosciuta del Gol- 1 Articolo tratto da: http://www.parodos.it/anapliromatica/bios/8.htm .

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La e-Biblioteca

degli Schildhöfe di Coi e Col

TESTO N. 025

IL POPOLO VENETO E LE SUE COMUNITÀ

Carlo Goldoni.

Le opere 1

Carlo Goldoni nacque a Venezia nel 1707. Laureatosi in legge a Padova, eser-citò per breve tempo la professione di avvocato a Venezia. L'incontro con il capo-comico Giuseppe Imer convinse Goldoni a lavorare come autore per il teatro di San Samuele. Sono gli anni dell'apprendistato e anche delle prime commedie interamen-te scritte. Nel 1744, a causa dei debiti contratti dal fratello, abbandonò Venezia per Pisa, dove riprese a esercitare l'avvocatura. Nel 1748 rientrò a Venezia e firmò un impegno quadriennale, come autore, con la compagnia di Girolamo Medebach, che recitava al teatro di Sant'Angelo. Il successo incontrato suscitò l'invidia dei comme-diografi letterati, come l'abate Chiari, che accusava Goldoni di non rispettare le re-gole tradizionali. Nel 1753 passa a collaborare con il teatro San Luca di Antonio Vendramin. La collaborazione durò fino al 1762, quando, anche per le polemiche contro il suo teatro accese da Carlo Gozzi, Goldoni accettò l'invito della Comédie ita-lienne di trasferirsi a Parigi. Qui incontrò fortuna alterna: costretto dal pubblico a ri-tornare al teatro degli scenari, poté solo occasionalmente continuare la sperimenta-zione avviata a Venezia. Ottenne riconoscimenti ufficiali dalla corte di Francia. Nel 1784 comincia a scrivere in francese i Mémoires, che costituiscono l'ultima sua opera. Morì a Parigi nel 1793.

***

L'uomo di mondo

Rappresentata per la prima volta nel 1738 al teatro San Samuele di Venezia, con l'originario e più felice titolo di Momolo cortesan (dal diminutivo di Girolamo, nome del protagonista), L'uomo di mondo è la prima commedia riconosciuta del Gol-

1 Articolo tratto da: http://www.parodos.it/anapliromatica/bios/8.htm .

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doni. Momolo è un giovane mercante veneziano, di cui è innamorata Eleonora, al cui amore egli non sembra insensibile, ma alla quale non intende legarsi, perché ge-losissimo della propria libertà. Alla fine, dopo essere andato incontro agli inganni delle passioni, si unirà in un ragionevole matrimonio con la giovane. La commedia fu molto applaudita e replicata con successo.

Il prodigo

Composto dopo il successo del Momolo cortesan (titolato successivamente l'Uomo di mondo), Il prodigo fu portato sulle scene con discreta fortuna nella stagione teatrale 1739-40, con il titolo originale di Momolo sulla Brenta. Rispetto al Momolo presenta una sicurezza e una naturalezza maggiori. Il personaggio di Colombina contiene in nuce la Mirandolina della Locandiera. In origine la commedia era scritta parzialmente. La caratterizzazione della realtà economico-sociale è la vera novità della commedia.

La bancarotta

La bancarotta fu rappresentata nel carnevale del 1741 con minore successo ri-spetto all'Uomo di mondo e al Prodigo, alle quali si ricollega. La commedia prese lo spunto dal Pantalone mercante fallito di Tomaso Mondini, commedia in cui si rap-presentava un vecchio che, dopo aver dissipato i suoi capitali, si riduceva in prigio-ne a cantare in musica le sue disgrazie. Protagonista della commedia goldoniana è dunque il vecchio Pantalone, personaggio che non è stato ancora trasformato nell'o-nesto mercante delle commedie successive. Dell'antica maschera conserva, infatti, ancora i tratti del vecchio libertino e vizioso.

La donna di garbo

Amata dal Goldoni nonostante i suoi difetti, «perché scritta fin dal principio per intero», La donna di garbo fu composta in occasione del carnevale del 1743 e rap-presentata al teatro San Samuele di Venezia. La protagonista è Rosaura, donna che con le armi femminili vede trionfare le sue ragioni sul sesso maschile e sui pregiudi-zi del passato. Argomenti su cui il Goldoni ritornerà in seguito più volte nelle sue commedie.

Il servitore di due padroni

Composta nel 1745, su richiesta del celebre attore Antonio Sacchi, la comme-dia Il servitore di due padroni fu rappresentata a Milano e a Venezia nel 1746 con grande successo. Il Goldoni, che nella prima stesura si era servito di un canovaccio francese inviatogli dallo stesso Sacchi (forse Arlequin valet de deux maîtres di J. Pierre de Mandajors), la riscrisse interamente nel 1753 per l'edizione Paperini. La fortuna di questa commedia dal '700 ad oggi è stata ininterrotta. Alla sua diffusione ai nostri giorni ha contribuito il Piccolo Teatro di Milano, sotto la regia di G. Strehler, col tito-lo mutato in Arlecchino servitore di due padroni. Tutta la vicenda è incentrata sul per-sonaggio di Truffaldino.

Il frappatore

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Composta in tre settimane a Pisa nel luglio del 1745, per insistenza di Cesare d'Arbes (il Pantalone della compagnia Medebach), la commedia Il frappatore fu rap-presentata a Livorno nello stesso anno con il titolo più popolare di Tonin bella grazia. Si tratta di una commedia-farsa incentrata sulla caricatura di Sior Tonin, raggirato da Ottavio, uomo di malaffare. Scrive il Goldoni nella prefazione: «È stata la com-media fatale che mi ha nuovamente tentato per il teatro», quando l'autore aveva de-ciso di abbandonare le scene, per esercitare la professione legale. Fu rappresentata anche a Venezia, nel 1748, ma con esito non felicissimo. In origine non tutte le scene erano scritte per intero.

I due gemelli veneziani

Scritta a Pisa, su richiesta dell'attore Cesare d'Arbes, e lì rappresentata nel 1747, la commedia I due gemelli veneziani deve il suo successo alla vivacità dell'in-treccio e al gioco degli equivoci più che al carattere dei personaggi. Il Goldoni di-chiara di essersi voluto confrontare con un tema classico, quello del doppio, le cui origini sono nei Menaechmi di Plauto. Fu portata a Vienna nel 1751.

L'uomo prudente

Recitata per la prima volta a Mantova nella primavera del 1748, dalla com-pagnia Medebach, per la quale il Goldoni l'aveva espressamente composta, L'uomo prudente si resse inizialmente soprattutto sulla bravura di Cesare d'Arbes, un Panta-lone riformato: non più il vecchio vizioso, ma il nuovo simbolo della borghesia vene-ziana, avveduta e onesta. L'intreccio è abbastanza esile: il buon Pantalone ricostitui-sce la famiglia, che si sta sfasciando per colpa dei costumi del tempo. La commedia, per il messaggio morale che conteneva, godette di un discreto successo e, una volta stampata (1750), fu tradotta in tedesco, spagnolo e portoghese.

La vedova scaltra

Rappresentata trionfalmente la sera del 26 dicembre 1748 al teatro Sant'An-gelo dalla compagnia Medebach, La vedova scaltra costituì una novità assoluta per il pubblico, non solo perché interamente scritta, ma anche perché i caratteri sono deli-neati con finezza psicologica e l'intreccio si fonda proprio sul contrasto dei caratteri e non sui colpi di scena. Rosaura, intelligente e bella vedova, deve decidere su quale dei quattro pretendenti di diversa nazionalità che la corteggiano dovrà dirigere la sua scelta; per questo motivo li metterà alla prova, presentandosi a ciascuno trave-stita. La scelta cadrà sul conte italiano che non ha ceduto alle tentazioni. Alla Vedova scaltra è collegato il rifacimento dell'abate Chiari, intitolato La scuola delle vedove (1749). Rosaura è l'evoluzione di un tipo femminile prediletto dal Goldoni, già pre-sente nella Donna di garbo e nella Putta onorata, che avrà la sua piena realizzazione nel personaggio di Mirandolina della Locandiera.

La putta onorata

La putta onorata è una fortunata commedia dialettale, la cui composizione ri-sale al 1748, anno della riforma. Fu rappresentata dalla compagnia Medebach al tea-tro Sant'Angelo nel carnevale del 1749. Le intenzioni riformatrici sono evidenti nella sostanza psicologica, tutta nuova, dei caratteri. La commedia vuole rivendicare l'o-nore delle giovani popolane veneziane, spesso oltraggiate sulle scene. Bettina ama

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Pasqualino, creduto figlio di un gondoliere: in realtà è figlio del ricco mercante Pan-talone, il quale, a sua volta, si crede padre di Lelio, figlio del gondoliere. Su questo scambio e sul vizioso comportamento del marchese Ottavio che farà rapire Bettina, la «putta onorata», è imperniato l'intreccio della commedia, fino al riconoscimento finale e al giusto matrimonio. La putta onorata ebbe una continuazione nella Buona moglie.

La buona moglie

La buona moglie o La bona muger, come suona il suo titolo in dialetto, è la con-tinuazione della Putta onorata e fu recitata con i medesimi personaggi e con altret-tanto successo nel 1749, al Sant'Angelo di Venezia. Incontriamo Bettina, ormai sposa di Pasqualino, che con pazienza riconduce il marito ai doveri coniugali e alla condi-zione del suo stato dopo una sbandata.

Il cavaliere e la dama

Con Il cavaliere e la dama, commedia di ispirazione edificante rappresentata per la prima volta a Verona nell'estate del 1749 e successivamente a Venezia, il Gol-doni rivolge la sua attenzione al ceto nobiliare, mettendone allo scoperto i cedimenti e facendo risaltare per contrasto le virtù di donna Eleonora (la dama) e di don Ro-drigo (il cavaliere). Il carattere larmoyant della commedia viene attenuato dalla pre-senza di un tema comico di sicuro divertimento: la satira del cicisbeismo. Il Goldoni sottopose il testo, dalla stesura originale a quella definitiva, a una complessa riela-borazione.

L'avvocato veneziano

Con L'avvocato veneziano, commedia rappresentata nella stagione teatrale 1749-50, il Goldoni, non immemore della professione da lui esercitata a Pisa, porta sulla scena, in contrasto con la tradizione teatrale che rappresentava gli uomini di legge come cavillosi e intriganti, il carattere positivo di un avvocato veneziano che non esita a sacrificare la passione e i sentimenti per difendere l'onore della sua pro-fessione (scrive nella Prefazione: «Era ben giusto che all'onoratissima mia professio-ne dar procurassi quel risalto, che giustamente le si conviene»). La commedia ebbe un notevole successo, benché ingiustificato secondo alcuni critici, e fu portata anche all'estero.

Il padre di famiglia

Rappresentata a Venezia nel carnevale del 1750, Il padre di famiglia subì di-verse modifiche e tagli nel passaggio dalle scene alla stampa. Il padre di famiglia o-riginariamente era Pantalone, a cui Goldoni, con l'eccezione della Bancarotta, affida sempre un compito moralizzatore; nelle scene era coadiuvato dalle maschere tradi-zionali di Balanzone, Arlecchino e Brighella. Nella redazione definitiva Pantalone fu sostituito da Pancrazio e le maschere da altri personaggi.

La famiglia dell'antiquario

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Recitata al teatro Sant'Angelo di Venezia nel 1750, con il sottotitolo La suocera e la nuora (la legittimità dei due titoli viene difesa dal Goldoni nella Prefazione), La famiglia dell'antiquario è ritenuta la prima commedia classica del Goldoni. L'azione principale si sviluppa intorno ai contrasti della contessa Isabella, moglie dell'anti-quario Anselmo Terrazzani, di cui l'autore ci fornisce una caricatura irresistibile, e della nuora Doralice. La commedia, fondata sul contrasto tra nobiltà impoverita e borghesia danarosa, non ebbe una buona accoglienza. Curiosamente il testo ha in-contrato maggiore fortuna nel teatro del Novecento.

L'erede fortunata

Composta nel 1748 e rappresentata al Sant'Angelo di Venezia due anni dopo, L'erede fortunata fu un insuccesso. A parte qualche felice battuta, la commedia man-cava di novità; il dialogo è scontato e, con la sola eccezione di Pantalone, non vi è al-cun carattere vivo e originale. Tuttavia il Goldoni, consapevole della fragilità del la-voro, rispose alla sfiducia del pubblico, e a quei detrattori che nella caduta dell'Erede fortunata avevano creduto di vedere la sua fine, con la promessa di sedici nuove commedie.

Il teatro comico

Commedia scritta nel 1750 e recitata per la prima volta a Milano, può consi-derarsi una sorta di grande prefazione al programma delle commedie nuove con cui l'autore si ripresentò al pubblico dopo l'insuccesso dell'Erede fortunata. È quindi un documento prezioso per seguire il processo di rinnovamento teatrale perseguito dal Goldoni. La commedia è costruita secondo la tecnica del teatro nel teatro: presenta, infatti, gli attori della compagnia Medebach, intenti a provare una specie di farsa in-titolata Il padre rivale del figlio (un espediente analogo si trova nell'Impromptu de Ver-saille di Molière), che criticano il cattivo gusto secentesco e i lazzi e le tirate delle commedie all'improvviso. Il teatro comico fu portata al teatro Sant'Angelo di Vene-zia per due sole sere. Fu aspramente criticata dal Baretti nella Frusta letteraria del 15 marzo 1764. Ebbe invece successo a Vienna.

Le femmine puntigliose

Le femmine puntigliose, del 1750, è una commedia di satira sociale. In essa vie-ne rappresentato il contrasto tra la nobiltà e la borghesia, già presente, seppure in forma più lieve, nella Famiglia dell'antiquario. L'azione scenica è giocata sull'opposi-zione tra una ricca borghese (donna Rosaura, moglie di un mercante) e una nobil-donna (la contessa Beatrice), entrambe infelici nella propria condizione. Dopo le rappresentazioni a Mantova, Milano e Venezia, non è stata quasi più rappresentata, anche se vanta buone scene e arte abilissima.

La bottega del caffè

È una delle più note e ammirate commedie del Goldoni, ideata e rappresen-tata nel 1750, l'anno delle sedici commedie nuove. Originariamente in dialetto, nel passaggio dalle scene alla stampa l'autore preferì italianizzare i dialoghi e abolire le maschere, facendo perdere in parte vivacità all'azione. La scena è nel caffè di un campiello veneziano, al centro del quale è il personaggio di don Marzio, chiacchie-rone e vanitoso, una delle figure più riuscite del teatro goldoniano. Attraverso il suo

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occhio pettegolo veniamo a conoscere le vicende dell'intero ambiente che ruota in-torno al caffè.

Il bugiardo

Ispirata al Menteur di Corneille (1642), che il Goldoni aveva visto recitare a Firenze in una poco felice traduzione, Il bugiardo diviene nel rifacimento un'opera inconfondibilmente goldoniana. Nonostante qualche difetto, la commedia è nell'in-sieme riuscita. Piacque e divertì il pubblico al suo debutto a Mantova nel 1750; è ri-masta nel repertorio teatrale durante tutto l'Ottocento e viene riproposta anche ai giorni nostri. Personaggio centrale della commedia è Lelio, figlio di Pantalone, un bugiardo temerario, che fa della bugia una specie di missione.

L'adulatore

Fu piuttosto scarso il successo riscontrato da questa commedia, scritta e reci-tata per la prima volta a Mantova nel 1750. Si tratta di una satira sociale disegnata però senza particolare finezza, per cui la figura dell'adulatore, il segretario Sigi-smondo, non riesce autentica. Importante la Prefazione nell'edizione Pasquali.

Il poeta fanatico

Con il titolo originario I poeti, il Goldoni scrisse questa commedia per ironiz-zare sugli improvvisatori e sul furore poetico che sembrava caratterizzare il suo se-colo, così come nel dramma giocoso L'Arcadia in Brenta dell'anno precedente si era preso gioco dell'Arcadia e delle Accademie. Giudicata dallo stesso autore come una delle sue commedie più deboli, incontrò maggiore o minore favore di pubblico a se-conda delle città in cui venne recitata.

Pamela

Tratta dal celebre romanzo epistolare Pamela, or Virtue Rewarded di S. Richar-dson (1741), la Pamela goldoniana fu rappresentata nel 1750, l'anno memorabile del-le sedici commedie. La commedia, che ha goduto di una lunga popolarità, narra le vicende di una giovane insidiata dal nobile padrone, alle cui lusinghe non cede fino a quando costui, superati i pregiudizi sociali e convinto dalle virtù di lei, la farà sua sposa. Il Goldoni rispetto al romanzo rovescia il tema sociale, fingendo che alla fine Pamela si riveli figlia di un nobile proscritto. Pamela rappresenta il prototipo della commedia lagrimosa: un filone che corre lungo tutta l'opera del grande commedio-grafo. Il titolo della commedia è Pamela nelle edizioni Paperini e Bettinelli; nell'edi-zione Pasquali diventa Pamela fanciulla in modo da essere distinta dalla Pamela mari-tata del 1760.

Il cavaliere di buon gusto

Presentata al pubblico veneziano del teatro Sant'Angelo nel dicembre del 1750 dopo il trionfo della Pamela, Il cavaliere di buon gusto fu accolta tiepidamente, anche perché mancava di una vera e propria azione drammatica. Con questa com-media il Goldoni ha voluto disegnare nella figura del conte Ottavio l'esempio del perfetto cavaliere: galante, garbato, amante della tavola, della cultura, dei buoni a-

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mici, ma anche attento alle trasformazioni sociali ed economiche, tanto da mettersi in affari con il mercante veneziano Pantalone.

Il giuocatore

Questa commedia, rappresentata nel dicembre del 1750, è ispirata al Giocato-re del commediografo francese J.-F. Regnard (1696). In essa vengono messi in risalto le conseguenze negative del vizio del gioco, che nel Settecento si era diffuso come una malattia in tutta Europa. Il Goldoni aveva già toccato l'argomento nell'inter-mezzo musicale Barcaiolo veneziano e anche nella Bottega del caffè.

Il vero amico

Il 26 dicembre 1750 il Goldoni si presentò al pubblico veneziano con questa commedia di stampo secentesco, che tratta della lotta tra l'amore e l'amicizia (con la vittoria di quest'ultima), ottenendo un trionfo che lo consolò dell'insuccesso del Giuocatore. La commedia fu ripresa da Diderot nel suo dramma Le fils naturel ou les Epreuves de la vertu del 1757. Oggi la commedia, nonostante il successo e le molte traduzioni di cui ha goduto in passato, risulta scarsamente interessante. Il perso-naggio più autentico è Ottavio, un vecchio che inaugura la serie dei celebri avari goldoniani.

La finta ammalata

Presentata con successo durante il carnevale del 1751 con il titolo Lo speziale, o sia la finta ammalata, questa commedia si confronta con il tema comico del malato immaginario, ricorrente nella tradizione teatrale. Come dichiara l'autore stesso nella Prefazione, lo spunto originario fu a lui fornito da L'amour médecin di Molière. Ben disegnato il personaggio di Rosaura, che si finge ammalata per amore, e dello spe-ziale Agapito, il vero protagonista della commedia. Da La finta ammalata il Goldoni ricavò un dramma giocoso che fu musicato nel 1768 da F. J. Haydn.

La dama prudente

Recitata durante il carnevale del 1751 dalla compagnia Medebach con scarso successo, la commedia, di tono moraleggiante, affronta il tema del cicisbeismo, già presente in Il cavaliere e la dama. Don Roberto si rammarica nel vedere la consorte donna Eularia servita, secondo la moda del tempo, da due cicisbei gelosi l'uno dell'altro; ma ancora di più si rammarica di provare anche lui un po' di gelosia.

L'incognita

L'occasione di questa commedia romanzesca, il cui titolo originale suonava L'incognita perseguitata dal bravo impertinente, fu per Goldoni la necessità di misurarsi con l'odiato abate Chiari, che aveva messo in scena al teatro di San Samuele di Ve-nezia tre lavori ricavati dal Tom Jones (1749) di Fielding. Il risultato tuttavia è delu-dente, e la commedia rappresentata nel 1751 rimase senza storia.

L'avventuriere onorato

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Si tratta di una commedia a sfondo autobiografico scritta alla fine del 1750 (rientra dunque nel ciclo delle sedici commedie nuove). Recitata il 13 febbraio 1751, fu replicata per otto sere consecutive sempre con favore di pubblico. Fu probabil-mente la curiosità per la materia autobiografica a sostenere questa commedia: infat-ti, l'autore adombra sé stesso sotto la figura di Guglielmo, falso avvocato e mercante fallito.

La donna volubile

Portata sulle scene nell'anno delle sedici commedie nuove (1751) e recitata in maniera affrettata, la commedia non ebbe eccessiva fortuna. Eppure il tema della vo-lubilità femminile, rispetto al quale Goldoni dichiara il debito all'Irresoluto di De-stouches (1713), è trattato in maniera vivace, soprattutto in relazione al personaggio della giovane Rosaura. La commedia conserva una grazia tutta settecentesca e l'au-tore si diverte a scherzare sulla moda del tempo.

I pettegolezzi delle donne

La commedia I pettegolezzi delle donne, recitata al Sant'Angelo di Venezia l'ul-tima sera di carnevale del 1751, fu molto applaudita dal pubblico, il quale, anche per l'uso del dialetto, riconobbe molto verosimili le vicende degli sposi promessi Checca e Beppo. È l'ultima delle sedici commedie promesse dal Goldoni, e l'autore si com-piace nella Prefazione che il lavoro riuscisse gradito al pubblico anche a distanza di anni dalla prima rappresentazione. Il testo fu rimaneggiato da F. Riccoboni e messo in scena a Parigi il 4 febbraio 1767 con il titolo Les caquets.

Il Molière

Fu la prima commedia realizzata dal Goldoni dopo la grande fatica delle se-dici commedie. Allestita per il pubblico torinese, scarsamente interessato alla novità della riforma goldoniana, influenzato piuttosto dal teatro francese, venne applaudi-ta la sera del suo debutto al teatro Carignano il 28 agosto 1751. La materia deriva dalla Vita di Molière del Grimarest e dal Tartufo di Molière. Ma la vera novità della commedia consiste nel fatto che è la prima del Goldoni a essere scritta in versi mar-telliani. Oggi, come accade per le altre commedie storiche di Goldoni, troviamo in questo lavoro scarsi motivi di interesse.

La castalda

Scritta per l'attrice Maddalena Marliani-Raffi della compagnia Medebach, versatile interprete di tanti personaggi femminili del teatro goldoniano, la comme-dia svolge il tema della serva-padrona. Tra le fonti ricordiamo La serva padrona di Pergolesi (1733) e l'intermezzo del Fagiuoli Serva scaltrita sa farsi padrona. La castalda apre la serie delle commedie ispirate alla villeggiatura; infatti la scena è in una villa di proprietà di Pantalone sulla riviera del Brenta. Alla recita dell'autunno del 1751 il pubblico rimase piuttosto freddo, probabilmente impreparato a riconoscere l'argu-zia dei dialoghi. Al centro della vicenda è Corallina, la serva che riesce a sedurre e sposare il vecchio padrone. Nel 1755, quando il Goldoni diede alle stampe la com-media, oltre a rifare alcune scene, sostituì con l'italiano il vivace veneziano di Coral-lina, ma il risultato non fu felicissimo.

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L'amante militare

Commedia di argomento inconsueto per il teatro goldoniano, ma che ha un precedente nell'intermezzo per musica Il quartiere fortunato, scritto dall'autore nel 1744. Il titolo allude alla professione dei due protagonisti della vicenda, l'alfiere don Alonso e il tenente don Garzia. Il primo incarna l'ideale goldoniano del buon solda-to (che ha senso del dovere e dell'onore, senza spavalderie, fedele all'amore); a lui si contrappone don Garzia (il soldato spavaldo che tratta con leggerezza le donne). Al-la commedia, che pure non manca di azione e vivacità, nuoce il linguaggio lettera-rio. Il pubblico accolse bene questa commedia, rappresentata nell'autunno del 1751 a Venezia, grazie soprattutto al personaggio di Corallina, interpretata dalla Marliani-Raffi; in seguito però non fu più ripresa.

Il tutore

Questa commedia fu rappresentata durante il carnevale del 1752. Contrav-venendo alle convenzioni della tradizione teatrale che faceva del tutore un perso-naggio avido ed egoista, il Goldoni porta sulle scene un tutore onesto e accorto, rappresentandolo nel personaggio di Pantalone. La commedia ha goduto di un di-screto successo fino ai primi decenni dell'Ottocento; in seguito non è più stata ogget-to di attenzioni particolari.

La moglie saggia

Commedia del 1752 che per i primi due atti può essere considerata al livello delle migliori opere del teatro goldoniano. Torna il tema della moglie virtuosa, che l'autore aveva già rappresentato nella Buona moglie: Rosaura, moglie trascurata del conte Ottavio per la capricciosa marchesa Beatrice, offre un esempio borghese (è fi-glia di Pantalone) della fedeltà e della saggezza coniugali. Assolutamente fuori del comune la scena VII del II atto, nella quale Rosaura si fa ricevere dalla rivale per chiedere consiglio su come riconquistare l'amore del marito. Dal terzo atto in poi, però, l'autore riporta la storia nel meccanismo convenzionale, sacrificando alla ne-cessità del lieto fine la novità dell'invenzione.

Il feudatario

Commedia che ebbe molto successo di pubblico, non solo in Italia, ma anche in Austria e in Germania. Rappresentata nel corso del carnevale del 1752, è ambien-tata nel feudo di Montefosco (nella realtà Sanguineto nel veronese). L'azione scenica è incentrata sulla protesta dei tre deputati di Montefosco contro le pretese del nuovo marchese Florindo, feudatario del luogo. Goldoni mette in scena per la prima volta della gente di campagna.

Le donne gelose

Con Le donne gelose il Goldoni chiude al Sant'Angelo la stagione teatrale del 1752, mettendo in scena uno squarcio di vita veneziana, colto tra la Frezzaria e il Ri-dotto in una giornata di carnevale. Al centro della vicenda sono il gioco del lotto e il personaggio di una vedova non più giovane, ma che non intende per questo rinun-ciare alla sua femminilità e alla libertà che le deriva dal denaro (questa parte fu reci-

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tata con grande bravura dalla Marliani-Raffi, che ispirerà poco dopo il personaggio della Locandiera). Il titolo pone l'accento sulle donne gelose della vedova piuttosto che sulla figura della protagonista. La commedia, in dialetto veneziano, incontrò un buon successo anche fuori di Venezia.

La serva amorosa

Questa commedia fu recitata a Bologna dalla compagnia Medebach nel 1752 con esito assai felice, del che lo stesso Goldoni si dichiarò sorpreso. L'autore aveva studiato il personaggio della serva devota appositamente per la Marliani-Raffi, e il merito del successo è da attribuire probabilmente proprio alla bravura dell'attrice. Per il resto la commedia presenta spunti piuttosto convenzionali, come l'odio della matrigna per il figliastro Florindo oppure la finta morte di Ottavio.

I puntigli domestici

Il Goldoni ritenne questa sua commedia sfortunata, perché, a differenza della Serva amorosa dalla quale non si aspettava successo, ai Puntigli amorosi aveva prono-sticato un esito favorevole; ma con suo rammarico fu meno applaudita di altri suoi lavori, sia a Milano, dove venne rappresentata per la prima volta nell'estate del 1752, sia nell'autunno di quello stesso anno a Venezia. La causa della debolezza va ricercata probabilmente nel carattere troppo convenzionale dei personaggi, ma an-che nella lentezza dell'azione.

La figlia obbediente

La figlia obbediente fu accolta favorevolmente dal pubblico veneziano al suo debutto nell'autunno del 1752, e la sua fortuna continuò fino ai primi decenni dell'Ottocento. In effetti, anche se l'argomento è piuttosto convenzionale (Florindo, figlio di un mercante livornese ama riamato Rosaura, figlia di Pantalone, il quale l'ha però promessa al ricco conte Ottavio), l'azione presenta motivi d’interesse spe-cialmente nella cura con cui sono delineati i caratteri.

I mercatanti

La commedia, in origine intitolata I due Pantaloni, fu scritta nel 1753 per l'at-tore Antonio Mattiuzzi, detto il Collalto, che fu chiamato a sostenere contempora-nemente due ruoli, quello del padre e quello del figlio. Il vecchio Pantalone è ormai sull'orlo del fallimento a causa dei vizi del figlio, quando viene salvato da un mer-cante olandese. Con questa commedia il Goldoni intese offrire un modello positivo di esercizio della mercatura. Quando il Goldoni diede alle stampe la commedia, e-liminò il dialetto e le maschere; in questa nuova veste, e specialmente per l'esalta-zione delle virtù borghesi che essa contiene, fu tradotta in varie lingue.

La locandiera

Rappresentata per la prima volta a Venezia al teatro Sant'Angelo nel carne-vale del 1753, La locandiera costituisce uno dei vertici dell'invenzione goldoniana e il punto di arrivo più maturo della sua riforma del teatro comico. Al centro della vi-cenda è il personaggio di Mirandolina, corteggiata da un conte, un marchese e un

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cavaliere ospiti della sua locanda, ma che alla fine sceglie di sposare il servo Fabri-zio. Mirandolina è un personaggio tratteggiato con assoluto realismo, che non con-serva più nulla delle convenzioni proprie della maschera di Colombina, da cui pure deriva. La locandiera è di gran lunga la più fortunata commedia di Goldoni.

Le donne curiose

Al centro della commedia è la curiosità di alcune donne verso una setta dalla quale le donne sarebbero escluse. Se l'autore volesse riferirsi alla massoneria non è dato sapere. La commedia fu rappresentata con successo al teatro Sant'Angelo nel corso del carnevale del 1753. Interessò soprattutto per il mistero che l'autore aveva saputo costruire intorno alla setta.

Il contrattempo

Sull'argomento di questa commedia, recitata nel carnevale del 1753 a Vene-zia, il Goldoni aveva già prodotto uno scenario dal titolo L'uomo imprudente. Il carat-tere che l'autore voleva rappresentare era quello di un uomo che in tutte le sue azio-ni agisse con imprudenza. La rappresentazione veneziana di fatto non incontrò un gran successo. Goldoni fu accusato di aver caricato troppo il personaggio, fino a far-lo apparire come una sorta di pazzo. Nell'Ottocento la commedia fu ripresa con A-delaide Ristori nella parte di Rosaura.

La donna vendicativa

Con questa commedia il Goldoni si congeda dal teatro Sant'Angelo e dalla compagnia di Girolamo Medebach, dopo cinque anni di intensa e ininterrotta colla-borazione, per legarsi al teatro San Luca. La donna vendicativa è uno scherzo di Gol-doni alla bravissima attrice Teodora Marliani-Raffi, per cui egli aveva creato i per-sonaggi femminili di tante sue commedie, e che ora viene rappresentata sulla scena animata da spirito di vendetta per il tradimento subito. Il testo fu consegnato, se-condo gli impegni, per il carnevale del 1752, ma il Medebach lo portò sulla scena la prima sera dell'autunno seguente.

Il geloso avaro

Con Il geloso avaro, commedia rappresentata per la prima volta a Livorno nell'estate del 1753, Goldoni inaugura nell'autunno dello stesso anno la nuova sta-gione teatrale al San Luca di Venezia, dopo la collaborazione quinquennale con il Sant'Angelo. La commedia non piacque al pubblico veneziano, diversamente da quanto era avvenuto a Livorno. Protagonista dell'azione è Pantalone geloso della moglie, Donna Eufemia, e insieme avaro. Lo stesso tema si trova già nell'Avaro di Molière.

La donna di testa debole

La donna di testa debole o sia La vedova infatuata è la commedia che il Goldoni aveva scritto per il suo debutto al teatro San Luca nell'autunno del 1753; doveva precedere nella recita Il geloso avaro, ma lo impedì un capriccio della prima attrice, la quale, avendo saputo che l'autore non sarebbe stato presente la sera della prima, si

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rifiutò di recitare. La commedia era stata concepita dal Goldoni in modo che potes-sero prendere parte alla recitazione tutti gli attori della numerosa compagnia del San Luca. Il lavoro aveva già superato positivamente il giudizio del pubblico a Li-vorno, durante l'estate, ma a Venezia l'accoglienza non fu ugualmente calorosa.

La cameriera brillante

L'importanza di questa commedia, rappresentata al teatro San Luca nel car-nevale del 1754 (ma aveva già fatto una breve apparizione nell'autunno dell'anno precedente, senza lasciare nel pubblico una particolare impressione), va ricercata sia nella realizzazione del personaggio di Argentina, un'altra Mirandolina, sia nell'a-zione scenica che presenta nel terzo atto la recitazione di una commedia nella com-media, nella quale i personaggi recitano ognuno una parte che è in netto contrasto con il proprio carattere.

Il filosofo inglese

Il filosofo inglese è una commedia in versi martelliani, in cinque atti, che il Goldoni fece recitare al San Luca nel carnevale del 1754 sulla scia del successo della Sposa persiana. Fu apprezzata dal pubblico e replicata per molte sere di seguito. Qui il Goldoni mette in scena il personaggio di un filosofo inglese ingiustamente vilipe-so e satireggiato, il quale si difende dalle accuse dei suoi detrattori dimostrando calma e virtù, fino alla vittoria finale. Dietro il filosofo inglese l'autore adombra sé stesso. La commedia conserva un certo valore storico per le critiche di cui fu fatta oggetto da parte del poeta dialettale Giorgio Baffo, a cui rispose con equilibrio Carlo Gozzi.

Il vecchio bizzarro

Recitata durante il carnevale del 1754 al teatro San Luca, Il vecchio bizzarro (o anche El cortesan vecchio o El cortesan antigo) rappresentò uno dei maggiori insuccessi del Goldoni, che sembra bruciare all'autore ancora a distanza di tre anni, in occasio-ne della pubblicazione del testo nel 1757. L'aggettivo bizzarro va inteso nel significa-to di piacevole, brillante.

Il festino

La commedia Il festino fu recitata negli ultimi giorni di carnevale del 1754, dopo l'insuccesso del Vecchio bizzarro. Scritta in soli cinque giorni, come ricorda il Goldoni nella Prefazione, costituisce un'indubbia prova delle sue capacità di improv-visazione. L'autore ritenne che il modo migliore di smentire i suoi detrattori fosse la realizzazione di una nuova buona commedia. Con Il festino il Goldoni ritorna a col-pire il cicisbeismo. Anche se l'esito non è felicissimo, alcuni personaggi e alcune sce-ne sono apprezzabili per la loro verosimiglianza.

L'impostore

L'impostore è una commedia in tre atti, scritta dal Goldoni a Modena nella primavera del 1754. L'autore, benché non del tutto ristabilito da una malattia che lo aveva colpito, non poté resistere alle insistenze di padre G. B. Roberti che lo pregava

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di allestire una commedia in prosa appositamente per le recite del collegio dei Ge-suiti della città. Il lavoro trae spunto da un episodio accaduto all'autore stesso negli anni 1742-43, al tempo delle guerre franco-spagnole, quando svolgeva a Venezia le funzioni di console della Repubblica di Genova. Allora ebbe a che fare con un impo-store che per sette lunghi mesi si spacciò per capitano di una potenza europea (l'epi-sodio viene rievocato nella Prefazione). Tra i personaggi della commedia troviamo, oltre a Orazio Sbocchia, il finto capitano, lo stesso Goldoni con il nome arcadico di Polisseno, nonché il fratello Giampaolo (sotto le spoglie di Ridolfo). Molte scene ri-sultano ricche di spirito e questo spiega il successo nei Collegi anche di Bologna, Reggio e Milano.

La madre amorosa

Fu recitata al San Luca nell'autunno del 1754, anche se era già pronta per il carnevale, come si apprende dalla Prefazione. Il pubblico veneziano accolse senza ec-cessivi entusiasmi la commedia, che presenta un argomento insolito per il teatro comico: una madre vedova cede alla figlia, desiderosa di sposarsi, l'uomo che ama e da cui è riamata.

Terenzio

Commedia con cui il Goldoni dovette pagare il suo tributo al pubblico vene-ziano nello sforzo di emulare l'abate Chiari, il quale andava raccogliendo i più lar-ghi consensi al teatro Sant'Angelo con le sue tragicommedie in versi martelliani. Tre anni dopo il Molière, il Goldoni portò quindi sulla scena un altro commediografo, Terenzio, alle prese con l'amore per una schiava, contesagli contemporaneamente da un senatore. La commedia in versi, rappresentata nell'autunno del 1754, costruita con sapienza narrativa, procurò un certo successo al Goldoni.

Torquato Tasso

Con questa commedia, che inaugurò il carnevale del 1755 al teatro di San Luca, il Goldoni cedeva ancora una volta, dopo il Molière e il Terenzio, alla moda del-le commedie storiche in versi. Per la materia, del tutto leggendaria, il Goldoni, come scrive anche nella Prefazione, attinse al Grand dictionaire historique del Moréri (1674). L'intreccio della commedia ha origine dall'equivoco sul nome di Eleonora, che era quello della donna amata dal Tasso e di altre tre donne della corte del Duca di Fer-rara, città dove è ambientata la scena. La commedia piacque al pubblico e fu ripresa anche nel corso dell'Ottocento.

Il cavalier Giocondo

Intitolata inizialmente I viaggiatori, quando il Goldoni pubblicò questa com-media, che è in versi martelliani, preferì chiamarla Il cavalier Giocondo, dal nome del protagonista, un parvenu fanatico dei viaggi e delle abitudini straniere. La sua cari-catura, così come quella della moglie (madama Possidaria), riesce piuttosto grade-vole. L'autore dovette essere soddisfatto dell'esito del Cavalier Giocondo, portato sulle scene durante il carnevale del 1755, se di lì a poco ne ricavò il melodramma giocoso Il viaggiatore ridicolo.

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Le massere

Commedia in cinque atti, in versi dialettali, rappresentata nelle ultime sere del carnevale del 1755 al San Luca. Come dichiara il Goldoni nella Prefazione, il lavo-ro risponde all'intento dell'autore di rallegrare il pubblico negli ultimi giorni di car-nevale con una commedia di carattere veneziano. Questo era già avvenuto con la Putta onorata, con la Buona moglie, con i Pettegolezzi delle donne e con le Donne gelose. Il pubblico gradì molto la commedia, nella quale s’intrecciano le voci dei diversi per-sonaggi con un andamento corale che avrà il suo esito più alto nel Campiello dell'an-no seguente, e una vivacità dei dialoghi che resta memorabile.

I malcontenti

Con I malcontenti, commedia in tre atti pronta fin dall'aprile del 1755 e rap-presentata una sola volta a Verona durante l'estate, il Goldoni torna alla prosa dopo la lunga parentesi delle commedie in versi martelliani, a cui era stato obbligato dalla moda imposta dall'abate Chiari. La commedia, che precorre il tema che l'autore af-fronterà nelle Smanie per la villeggiatura, fu accolta piuttosto freddamente dal pubbli-co veronese: a Venezia, dove la commedia avrebbe dovuto recitarsi, la rappresenta-zione era stata impedita dalla censura, con l'intento di stroncare la disputa troppo accesa tra i seguaci di Goldoni e quelli di Chiari.

La buona famiglia

Rappresentata all'inizio dell'autunno del 1755, La buona famiglia, commedia di buoni sentimenti, ebbe un'accoglienza negativa da parte del pubblico veneziano, cosa di cui il Goldoni si rammarica nella Prefazione. Al Goldoni era accaduto altre volte di presentare sulla scena personaggi virtuosi, ma gli esiti erano stati molto di-seguali: si pensi al successo che il pubblico aveva riservato alla Putta onorata e alla Buona moglie, e alla tiepida accoglienza dimostrata invece al Padre di famiglia. Di fatto l'idillio coniugale di Fabrizio e Costanza - ai quali viene contrapposta la coppia Raimondo e Angiola - riesce ne La buona famiglia sdolcinato e poco verosimile.

Le donne de casa soa

Con il titolo Le donne de casa soa il Goldoni allude alla laboriosità e alla forza di carattere di sior'Anzola e siora Betta, le due massaie protagoniste di questa com-media in versi dialettali, con cui il commediografo di nuovo trionfa al San Luca nell'autunno del 1755, dopo l'insuccesso della Buona famiglia. Al centro dell'azione c'è l'amore contrastato di Checca, priva di dote, e Tonino, timido innamorato che non sa fronteggiare l'opposizione dello zio Isidoro. Solo grazie all'astuzia e alla chiacchiera di sior'Anzola e siora Betta il matrimonio verrà finalmente celebrato. La commedia ha il suo maggiore motivo d’interesse nella verosimiglianza con cui l'au-tore ha saputo rappresentare la realtà della piccola borghesia veneziana.

La villeggiatura

Il tema squisitamente settecentesco della villeggiatura, assai caro al Goldoni che lo aveva già affrontato nei Malcontenti (la cui recita era stata però proibita a Ve-nezia), viene riproposto in questa commedia rappresentata con discreto successo durante il carnevale del 1756. Bisognerà però attendere la famosa trilogia per avere

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sull'argomento delle commedie degne della migliore arte goldoniana. Nella Villeg-giatura l'autore si sofferma a rappresentarci le avventure degli ospiti della casa di campagna di don Gasparo e l'intera commedia è giocata sul contrasto di carattere tra i diversi personaggi, in particolare tra donna Lavinia, costante e fedele, e Florida, più leggera e volubile.

Il raggiratore

Rappresentata durante il carnevale del 1756 al teatro San Luca di Venezia, Il raggiratore, commedia di tre atti in prosa, costituì un fiasco clamoroso, anche se por-tata in seguito a Milano, Roma e Firenze ottenne migliore fortuna. Le circostanze dell'insuccesso (sconcertante per il Goldoni, dopo il successo della tragicommedia di argomento orientale L'Ircana in Julfa) sono oggetto delle riflessioni dell'autore nella Prefazione. La commedia offre alcuni momenti di autentica comicità, ma nell'insieme l'azione risulta slegata. Il protagonista è il finto conte Nestore, in realtà un contadi-no, il quale riesce a raggirare il nobile ma spiantato Don Eraclio.

La donna stravagante

La donna stravagante, commedia di cinque atti in versi martelliani, che fu reci-tata al San Luca durante il carnevale del 1756, con buon successo di pubblico. Ga-sparo Gozzi in una lettera dell'11 febbraio 1756 dichiara di averla ascoltata con pia-cere due volte. L'azione è costruita intorno agli equivoci generati dal carattere orgo-glioso e ostinato della protagonista femminile (donna Livia), la quale, in seguito alla morte dei genitori, vive insieme alla sorella minore nella casa dello zio paterno. Dif-ficile stabilire se il Goldoni avesse letto la Bisbetica domata di Shakespeare, da cui a-vrebbe potuto ricavare lo spunto per il tema delle due sorelle e per la priorità obbli-gatoria del matrimonio della maggiore. In ogni caso il carattere di Livia è assoluta-mente goldoniano.

Il campiello

Scritto dal Goldoni appositamente per le ultime sere di carnevale del 1756, Il campiello ottenne un successo strepitoso non solo a Venezia, dove trionfò la sera del 19 febbraio, ma anche a Milano e dovunque fu rappresentata. La forza del Campiello consiste in gran parte nella spontaneità e autenticità dei dialoghi. La scena si svolge per l'appunto in un campiello, dove le persone accorrono per partecipare al gioco del lotto. È la rappresentazione di un mondo popolare che Goldoni sa riscoprire e descrivere nella sua più autentica genuinità.

L'avaro

Non è necessario fare riferimento a Plauto o a Molière per dar conto della scelta di Goldoni di trattare questo soggetto. Gli avari del teatro comico erano stati tanti e il nostro autore aveva già rappresentato questo carattere nel Vero amico e nel Geloso avaro. La commedia, costituita di un solo atto in prosa, fu commissionata al Goldoni dal marchese Francesco Albergati di Bologna a uso della sua piccola com-pagnia di attori dilettanti, formata dai cavalieri e dalle dame che frequentavano la sua dimora. La recita ebbe luogo nel 1756 e, secondo il giudizio dell'autore, venne eseguita in maniera perfetta. L'avaro ebbe un certo successo anche fuori d'Italia: si conoscono sue traduzioni in tedesco, in francese, in spagnolo e in catalano.

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L'amante di sé medesimo

Recitata per la prima volta a Milano nel settembre del 1756, quindi a Venezia nel mese di ottobre, L'amante di sé medesimo, commedia di cinque atti in versi martel-liani, fu sempre molto applaudita e anche ripresa più volte nel corso dell'Ottocento, con il titolo mutato L'egoista. Il Goldoni credé, come dichiara nella prefazione, di a-vere creato nella figura del conte dell'Isola un carattere ben definito, ma l'intenzione di dar vita a un personaggio preoccupato soprattutto di far salva la propria tranquil-lità non sortì il risultato artistico sperato.

Il medico olandese

Rappresentata prima a Milano nell'estate del 1756 e solo in seguito a Vene-zia, Il medico olandese, commedia in versi martelliani, divertì il pubblico e piacque al-la critica. La scena è a Leida, in Olanda, nella casa di monsieur Bainer, medico di professione, il quale oppone la sua onestà intellettuale e morale alla falsa scienza perseguita da quattro accademici suoi antagonisti. Una parte di rilievo viene affida-ta al personaggio della nipote del medico, madama Marianna, attraverso il quale l'autore inserisce il motivo tutto settecentesco della buona educazione delle fanciul-le.

La donna sola

La donna sola è una commedia in versi martelliani, rappresentata per la prima volta a Venezia nel carnevale del 1757, senza incontrare un grande successo. La vi-cenda, ambientata a Milano, ha per protagonista donna Berenice, una vedova che, pur avendo numerosi cavalier serventi che la lusingano, finisce per essere piantata da tutti nel momento in cui le sarebbe più necessario un consiglio o un appoggio. L'invenzione scenica ha una certa originalità nel fatto che un unico personaggio femminile è circondato da ben sei personaggi maschili.

La pupilla

La pupilla, commedia di cinque atti in endecasillabi sdruccioli, fu scritta dal Goldoni nel 1757 al fine di completare il decimo e ultimo tomo dell'edizione Paperi-ni, ma anche a giudizio dell'autore difficilmente rappresentabile. Si può considerare un divertissement predisposto dal Goldoni a uso di quei letterati che lo trattavano da ignorante, ai quali volle offrire una garbata parodia del teatro cinquecentesco. Que-sta la trama: la giovane e ingenua Caterina è contesa da Messer Luca, suo tutore, e dal giovane Orazio; l'intreccio si scioglierà quando la vecchia nutrice avrà rivelato che Caterina è figlia di messer Luca.

Il cavaliere di spirito

Il Goldoni scrisse Il cavaliere di spirito o sia La donna di testa debole per la com-pagnia del marchese Francesco Albergati: la commedia, in versi martelliani, fu reci-tata nella villa di Zola, presso Bologna, nell'estate del 1757, poi tornò più volte sulla scena a Bologna e a Modena, sempre recitata da dilettanti. Al San Luca di Venezia approdò nel carnevale del 1764. L'azione teatrale ruota intorno al personaggio di donna Florida, la cui fedeltà al promesso sposo, che la guerra ha portato lontano,

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vacilla per la presenza del conte Roberto. Lo spunto per la commedia fu fornito al Goldoni da un racconto di Marmontel dal titolo Lo scrupolo o l'amore malcontento stampato nel 1756 nel «Mercurio di Francia».

La vedova spiritosa

Il Goldoni scrisse nei Mémoires di aver ricavato lo spunto per la Vedova spiri-tosa da una novella di Marmontel intitolata Lo scrupolo o l'amore malcontento, da lui letta nel 1756 nel «Mercurio di Francia». Egli si era ispirato alla stessa novella anche per Il cavaliere di spirito, ma in quell'occasione non aveva dichiarato la fonte. La commedia conserva pochissimo della trama originale. Il personaggio principale è donna Placida, una vedova che vorrebbe mantenere la sua libertà, ma che cade con molta facilità nelle braccia di un lezioso avvocato (don Fausto). La vedova spiritosa, in versi martelliani, fu recitata per la prima volta a Venezia nell'autunno del 1757. Della commedia esiste anche una riduzione in prosa.

Il padre per amore

Il padre per amore, commedia in versi martelliani recitata a Venezia con suc-cesso nell'autunno del 1757, rappresenta la vicenda di due fratelli rivali in amore in un contesto di personaggi e situazioni da teatro secentesco (la fanciulla alla ricerca dell'amante infedele; la cameriera travestita; il capitano che torna dalle Americhe ecc.). Viene considerata dalla critica una delle commedie meno felici del Goldoni. Lo spunto venne dalla Cènie di M.me Graffigny, che il Goldoni vide recitare da una compagnia di comici francesi a Parma nel 1756 e della quale esisteva una traduzione italiana di Gasparo Gozzi.

Lo spirito di contraddizione

La commedia, in versi martelliani, fu rappresentata per la prima volta a Ve-nezia nel carnevale del 1758. La vicenda è incentrata sul personaggio di donna Do-rotea, la quale ha l'ossessione di voler contraddire perché convinta di essere costan-temente contraddetta. Sarà merito del conte Alessandro, un perfetto «uomo di mon-do», se la donna guarirà dalla malattia che la portava ad apparire insopportabilmen-te puntigliosa. Bisogna credere al Goldoni quando dichiara che al tempo della com-posizione della commedia non conosceva affatto l'Esprit de contradiction (1700) del Dusfreny, uno scherzo comico di un solo atto che egli avrebbe visto solo più tardi rappresentato a Parigi. La commedia godette del favore del pubblico e della critica, e fu portata diverse volte sulla scena nel corso dell'Ottocento.

Il ricco insidiato

Il ricco insidiato è una commedia in versi martelliani d'intento didattico-morale. L'intreccio si svolge intorno alle sorti del conte Orazio, il quale, diventato ricco grazie a un'improvvisa eredità, si vede circondato da falsi amici e abili sfrutta-tori. L'azione non manca di alcune scene ben costruite, come la scena VI del III atto in cui la scaltra Brigida tesse le lodi della figlia Rosina. L'accoglienza presso il pub-blico veneziano nell'autunno del 1758 al San Luca fu tiepida; maggiore fortuna in-contrò nel secolo seguente.

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Le morbinose

Il titolo Le morbinose (in dialetto veneziano morbinoso significa «allegro, scherzoso») allude alla lieta intraprendenza della giovane Marinetta, che in tempo di carnevale, con l'aiuto della fida cameriera Tonina, intenta uno scherzo a un sim-patico e benestante milanese, il conte Ferdinando, fingendosi innamorata di lui. Lo scherzo riesce, ma Marinetta finisce per innamorarsi per davvero. La commedia in versi dialettali è molto piacevole, specialmente nei primi due atti; i personaggi sono ben delineati, e la spiritosa Marinetta è una delle figure femminili più vive e convin-centi del teatro goldoniano. Le morbinose, recitata negli ultimi giorni di carnevale del 1758, ebbe un'accoglienza molto calorosa e la sua fortuna continuò anche in seguito.

Le donne di buon umore

Le donne di buon umore non è altro che la traduzione in prosa italiana che il Goldoni fece delle Morbinose per il teatro Tordinona di Roma. La commedia, ridi-mensionata in tre atti e recitata nel 1758, lo stesso anno della prima veneziana, non ebbe quella accoglienza calorosa che il pubblico aveva riservato alla versione origi-nale. In effetti, la prova risulta infelice: l'azione scenica viene ridotta e i personaggi, abbandonato il dialetto, perdono di efficacia, a cominciare da Marinetta che, tra-sformata in Costanza, smarrisce molta della spontaneità e della grazia originarie.

L'apatista

Questa commedia, come L'avaro e Il cavaliere di spirito, fu composta dal Gol-doni per il teatro del marchese Francesco Albergati e rappresentata nella villa di Zo-la nell'estate del 1758. Essendo ideata esclusivamente per un teatro di dilettanti, pre-senta pochi personaggi. L'azione scenica muove intorno alla difficile scelta della contessina Lavinia, alle prese con tre corteggiatori di indole diversissima: lo smar-giasso capitan Giacinto, il filosofo apatista cavaliere Ansaldo e l'appassionato aman-te don Paolino, destinato ad avere la meglio sugli altri due pretendenti.

La donna bizzarra

Scrive il Goldoni nella Prefazione alla Donna bizzarra che nel 1758, pressato dagli impegni, per non deludere le aspettative del marchese Francesco Albergati, il quale attendeva con ansia una nuova commedia per il suo teatro di Zola, fu costret-to ad adattare una commedia già rappresentata, La donna stravagante del 1756. A giustificare il titolo della commedia è il personaggio della protagonista, la vedova contessa Ermelinda, alle prese con ben quattro corteggiatori, nessuno dei quali tut-tavia corrisponderà alle sue esigenze. Dell'adattamento nessuno si accorse e la commedia godrà nel corso dell'Ottocento di una certa fortuna.

La sposa sagace

La Sposa sagace, commedia in versi martelliani rappresentata a Venezia nell'autunno del 1758, ha come protagonista la giovane Barbara, che nasconde al padre (il benestante don Policarpio) e alla sua nuova moglie (donna Petronilla), ge-losa della figliastra, le sue nozze segrete con il conte d'Altomare. Più che nella di-sposizione dell'intreccio, l'abilità del commediografo risalta nel disegno del carattere dei personaggi, specialmente di donna Petronilla che ama circondarsi di cicisbei, i

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quali però frequentano la sua casa solo per incontrare la giovane Barbara. La com-media, ambientata a Palermo, ha un'inconfondibile grazia da opera buffa. La sposa sagace fu accolta favorevolmente dal pubblico e riproposta a lungo sulle scene anche nel XIX secolo.

La donna di governo

La donna di governo, scritta contemporaneamente alla Sposa sagace e recitata per quattro sere di seguito nell'ottobre del 1758 al San Luca di Venezia, ripropone il tema della serva padrona, già presentato dal Goldoni nella Castalda (1751) e nella Cameriera brillante (1753). L'azione di questa commedia, in versi martelliani, si svolge a Milano nella casa del signor Fabrizio, un vecchio benestante che la governante ha circuito per interesse. Il piano di Valentina (è questo il nome della governante), che ha raggirato il vecchio per derubarlo a vantaggio del suo amante, viene fortunata-mente sventato dalle due giovani nipoti del signor Fabrizio, le quali mal sopportano di vedere dileguarsi la loro parte di eredità.

La donna forte

Il titolo con cui questa commedia in versi martelliani debuttò sulle scene, nell'autunno del 1758 al San Luca di Venezia, fu La sposa fedele. Il Goldoni nella pre-fazione accenna alle difficoltà incontrate dalla commedia nella sua veste originaria, giudicata moralmente sconveniente dalla censura veneziana, che ne proibì la rap-presentazione perché un rappresentante della nobiltà, già sposato, non poteva tenta-re una donna onorata con promesse di matrimonio e poi addirittura cercare di far uccidere il rivale. L'autore fu costretto a cambiare il titolo e a rivedere l'intreccio. L'esito della commedia, così modificata, non fu felice e Goldoni attribuì la ragione di ciò alla forzata revisione. La commedia fu invece stampata nella sua forma originale.

I morbinosi

A un anno esatto dalle Morbinose (in dialetto veneziano morbinoso significa «allegro, scherzoso»), il Goldoni scrisse nel 1759, per le ultime sere di carnevale, I morbinosi, commedia in versi dialettali, con la quale il commediografo, in partenza per Roma, prende temporaneo congedo dal teatro San Luca. Si tratta di un'azione scenica corale, ma a differenza della commedia gemella non fece presa sul pubblico. Il Goldoni attribuì il cattivo esito della rappresentazione alla sua assenza.

La scuola di ballo

Scritta dal Goldoni in occasione del suo rientro a Venezia dopo la parentesi romana del 1759, La scuola di ballo è una commedia in terzine. L'esperimento che do-vette costare non poca fatica all'autore, data la scarsa dimestichezza con il metro del-la terzina, doveva secondo le sue intenzioni, riconquistare il pubblico veneziano del teatro San Luca, che durante l'assenza del commediografo aveva chiuso le recite con gravi perdite. Tuttavia la commedia, nonostante il tema alla moda, non ottenne i ri-sultati sperati, mentre il concorrente teatro San Samuele portava in trionfo Bartolo-meo Sacchi con i suoi lazzi di Arlecchino.

Gl'innamorati

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Il Goldoni, durante il viaggio di ritorno da Roma nell'estate del 1759, si fer-mò due mesi a Bologna; qui scrisse Gl'innamorati, considerata non a torto una delle sue commedie più belle. Pensata in un primo tempo in versi sdruccioli, fu composta alla fine in prosa in due sole settimane e con esito assai felice. La commedia infatti fu recitata tra gli applausi del pubblico nell'autunno seguente, ed ebbe successo ovun-que fosse rappresentata. Negli Innamorati, come in generale nelle commedie di que-sto periodo, l'interesse del commediografo è concentrato sui caratteri dei personag-gi, delineati con grande finezza e profondità psicologica. Protagonisti sono Eugenia e Fulgenzio, innamorati dal carattere puntiglioso: l'intera commedia è un susseguir-si di scontri e ripicche, condotti con magistrale perizia dall'autore fino al lieto fine di prammatica.

Pamela maritata

La Pamela maritata è la continuazione della Pamela, la fortunata commedia che il Goldoni aveva ricavato nel 1750 dal romanzo epistolare di S. Richardson Pamela, or Virtue Rewarded (1741). Quella goldoniana non è la sola continuazione della Pame-la: già l'abate Chiari a Venezia e il Cerlone a Napoli si erano impadroniti della vi-cenda per modificarne il finale. Rispetto alle fantasiose invenzioni di questi ultimi, il Goldoni si limita a rendere Milord Bonfil geloso della giovane sposa. L'elemento larmoyant, già presente nella prima commedia, risulta qui ancora più accentuato. Il pubblico del teatro Capranica di Roma, dove la Pamela maritata debuttò nel carneva-le del 1760, sembrò gradire il lavoro, forse per la popolarità della storia. La comme-dia conobbe diverse traduzioni: in Germania, in Spagna e anche in Francia. Il Gol-doni dedicò la Pamela maritata a Voltaire.

L'impresario delle Smirne

L'impresario delle Smirne servì al Goldoni per inaugurare la stagione del car-nevale del 1760. La commedia, originariamente in versi martelliani, fu ridotta in prosa nella versione a stampa dell'edizione Pasquali; di fronte ad alcuni innegabili miglioramenti, si registra anche la soppressione dei dialetti che identificavano sommariamente, ma con molta efficacia, le tre cantanti che si contendono il primato sulla scena: la fiorentina Lucrezia, la bolognese Annina e la veneziana Tognina. L'a-zione trae spunto dalla necessità di mettere insieme una compagnia per il teatro d'opera delle Smirne (come si designava correntemente la Turchia). Il pubblico sem-brò gradire molto la commedia, che venne replicata per diverse sere: il tema leggero, da opera buffa, dà luogo a scene di autentico divertimento.

La guerra

La guerra, rappresentata nel carnevale del 1760 al pubblico del teatro San Lu-ca, ha per il tema trattato due antecedenti nel teatro goldoniano: l'Amante militare (1744) e l'Impostore (1754). L'invenzione di Goldoni muove verso due direzioni: l'e-saltazione dei caratteri militari virtuosi (vedi il profilo morale dei due comandanti don Egidio e don Sigismondo) e alcune caratterizzazioni di personaggi, come donna Florida, il cui cuore è diviso tra il sentimento per il soldato don Faustino assediante e l'amore per il padre comandante della fortezza assediata, o don Palidoro, un pro-fittatore per il quale la guerra è un affare vantaggioso.

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I rusteghi

La commedia, scritta nel gennaio del 1760, fu recitata sul palcoscenico del San Luca il 16 febbraio con il titolo La compagnia dei Salvadeghi, o sia i Rusteghi e repli-cata per tre sere di seguito immediatamente prima delle Ceneri. La coralità è la ca-ratteristica principale dei Rusteghi; a questa si aggiunge una perfetta geometria compositiva: da una parte i quattro rusteghi (termine che in veneziano qualifica un individuo scontroso, nemico della conversazione) e dall'altra quattro donne in con-flitto con loro.

Un curioso accidente

Il destino della commedia in prosa Un curioso accidente è singolare: non ha goduto di particolare successo sulle scene (la prima veneziana avvenne nell'ottobre del 1760), eppure, dopo Il servitore di due padroni e La locandiera, è quella che ha avuto il maggior numero di traduzioni. Goldoni dichiarò che la vicenda era stata tratta da un fatto realmente accaduto in una città olandese, dove un ricco mercante (sulla scena, Filiberto) era stato indotto a commettere un'azione indegna a causa di un'an-tica ruggine con un finanziere (don Riccardo).

La donna di maneggio

Commedia di tre atti in prosa, scritta dal Goldoni fra due capolavori (I ruste-ghi e La casa nova), non incontrò il favore del pubblico del San Luca quando fu recita-ta nell'autunno del 1760, ma non mancò di ritornare sulle scene nel XIX secolo e ave-re traduzioni in tedesco e in portoghese. Dedicata alla signora Du Boccage (1710-1802), che il commediografo conobbe in occasione del suo viaggio in Italia nel 1757, La donna di maneggio ha come protagonista donna Giulia, una donna di autorità che, come spiega il Goldoni nella lettera di dedica, ha conoscenze e buone amicizie, e fa valere il suo credito per ottenere favori per le persone che ama o protegge. L'a-zione si svolge a Napoli.

La casa nova

La casa nova, commedia in prosa in dialetto veneziano, buttata giù in tre gior-ni e tre notti, debuttò al teatro San Luca la sera dell'11 dicembre 1760, e fu poi repli-cata molte volte fino alla chiusura del carnevale dell'anno successivo. L'accoglienza del pubblico fu particolarmente calorosa. La casa nova è stata definita una comme-dia veneziana di ambiente alto-borghese; da questo punto di vista costituisce un prolungamento dei Rusteghi. L'azione scenica prende avvio dalla descrizione di un trasloco (riflesso di un'esperienza di questo tipo che l'autore aveva avuto in quegli anni).

La buona madre

La buona madre, commedia veneziana di tre atti in prosa, fu recitata la prima volta durante il carnevale del 1761, e riscosse un successo che sembrò soddisfare l'autore, secondo quanto egli stesso dichiara nella prefazione. Apprezzata anche da Gasparo Gozzi nella «Gazzetta veneta» del 31 gennaio 1761, La buona madre affron-ta un tema morale caro sia al teatro goldoniano sia al pubblico settecentesco: le qua-lità della buona madre.

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Le smanie per la villeggiatura

Prima parte della famosa trilogia sulla villeggiatura portata sulle scene del San Luca nell'autunno del 1761. Con questa impresa si aprì l'ultimo anno comico del Goldoni a Venezia, prima della sua partenza per la Francia. Il tema era già stato af-frontato in passato dal commediografo veneziano nel Prodigo (1739), più recente-mente nei Malcontenti (1755) - che però la censura aveva proibito - e nella Villeggiatu-ra (1756), ma senza particolare fortuna, mentre qui la vena è decisamente più vivace e autentica. Lo scopo che il Goldoni si prefigge è quello di mettere in ridicolo bona-riamente la consuetudine del villeggiare.

Le avventure della villeggiatura

Seconda commedia della famosa trilogia della villeggiatura, Le avventure della villeggiatura venne rappresentata al San Luca nella seconda metà del mese di ottobre del 1761 e replicata per sette sere. Al centro dell'invenzione scenica è il personaggio di Giacinta, divisa tra la passione che scoppia violenta per Guglielmo e l'impegno di matrimonio già contratto con Leonardo: preferirà sacrificare i suoi sentimenti alla rivale Vittoria, alla quale consegna Guglielmo, pur di non venir meno alla parola data. Il personaggio di Giacinta che nelle Smanie per la villeggiatura era piuttosto fri-volo e capriccioso, assume qui un atteggiamento serio, quasi tragico.

Il ritorno della villeggiatura

Terza commedia della trilogia della villeggiatura, fu recitata per la prima volta a Venezia la sera del 28 novembre del 1761, in leggero ritardo sulla data stabi-lita per il debutto; tale slittamento fu deciso dagli attori, i quali preferirono far coin-cidere la recita con il ritorno dei villeggianti, che avveniva per tradizione il 25 no-vembre, giorno di Santa Caterina [d’Alessandria]. Argomento del Ritorno, come ha scritto lo stesso autore nella prefazione alla commedia, è «la follia delle smoderate villeggiature». La commedia si chiude, infatti, con un ravvedimento generale e con la celebrazione delle nozze di Giacinta con Leonardo, che la magnanimità di Ful-genzio, burbero benefico, aveva salvato dal disastro economico.

La scozzese

La scozzese, commedia in prosa ideata dal Goldoni dopo la trilogia della vil-leggiatura, fu in realtà recitata dopo Le avventure, e prima del Ritorno, la sera del 3 novembre del 1761, con notevole consenso di pubblico, tanto da venir replicata per quattordici sere ed essere ripresa sempre con lo stesso successo nelle stagioni se-guenti. La commedia, come dichiara l'autore nella prefazione, è ricavata dall'Ecossai-se di Voltaire, che aveva già trionfato nei teatri parigini l'anno precedente. L'azione scenica, ambientata a Londra, si svolge all'interno della sala da caffè di un albergo di proprietà di Fabrizio, dove tra gli altri alloggia la giovane e sconosciuta Lindana, che attira con la sua riservatezza e il suo comportamento virtuoso l'attenzione degli ospiti, in particolare di Milord Murrai, responsabile indiretto dell'esilio dalla natia Scozia di Lindana e della sua separazione dal padre, il conte di Sterlingh.

Il buon compatriotta

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Recitata soltanto per due sere, durante il carnevale del 1762, Il buon compa-triotto, commedia di tre atti in prosa, vede il Goldoni ritornare alle maschere, dopo quasi dieci anni di loro abbandono. Non è da escludere che la ripresa delle maschere sia da mettere in relazione con la necessità di misurarsi nuovamente con il vecchio teatro, ora che stava per lasciare Venezia per Parigi, dove l'autore avrebbe dovuto assecondare i gusti di un pubblico che voleva veder rappresentati proprio i perso-naggi dei vecchi canovacci. E tra i personaggi della commedia ricorrono appunto Pantalone, il dottor Balanzone, Traccagnino e Brighella. Il soggetto è costruito sulla leggerezza di Ridolfo, che si impegna con tre donne diverse, e che riesce a venir fuo-ri dalla situazione imbarazzante in cui si era cacciato allontanandosi dalla città.

Sior Todero brontolon

Commedia recitata al San Luca nel gennaio del 1762 per dieci sere consecuti-ve, Sior Todero brontolon porta sulla scena il personaggio del vecchio dispotico, avaro e sospettoso, fin dall'antichità una delle figure del teatro comico. Sior Todero non so-lo è brontolone, cioè dal carattere fastidioso e indiscreto, ma ha anche la presunzione di chi non vuole accettare la lezione dei fatti e, come di solito avviene in questi casi, alla fine è costretto suo malgrado a subire. Il Sior Todero è avvicinabile per il sogget-to ai Rusteghi.

Le baruffe chiozzotte

Scritte di getto nel gennaio del 1762 dopo il Todero, Le baruffe chiozzotte, in dialetto veneziano, furono recitate durante il carnevale per sette sere, ma senza su-scitare particolare entusiasmo. Con Le baruffe il Goldoni ritorna al mondo popolare dei pescatori, che aveva conosciuto nella sua giovinezza, e che aveva già rappresen-tato in altre commedie, come i Pettegolezzi, le Massere e il Campiello. La commedia fu particolarmente apprezzata da Goethe.

Una delle ultime sere di carnovale

Una delle ultime sere di carnovale è la commedia destinata dal Goldoni a chiu-dere la stagione del carnevale del 1762 al teatro San Luca di Venezia, dove quell'an-no si erano rappresentati alcuni dei suoi più significativi lavori, come la trilogia del-la villeggiatura, Sior Todero brontolon e Le baruffe chiozzotte. È la commedia della malinconia delle cose che finiscono. Di lì a poco l'autore avrebbe abbandonato Ve-nezia per trasferirsi a lavorare a Parigi presso la Comédie italienne, cosicché le ragioni autobiografiche rendono più densa di significati la rappresentazione sulla scena.

L'osteria della posta

L'osteria della posta è un atto unico scritto dal Goldoni in pochi giorni a Vene-zia nel marzo del 1762, alla vigilia della sua partenza per la Francia, per non delude-re le aspettative del marchese Francesco Albergati, suo amico e generoso protettore. Per il teatro privato dell'Albergati il Goldoni aveva ideato negli anni precedenti L'a-varo, Il cavaliere di spirito e La donna bizzarra. La scena si svolge nella sala di un alber-go di Vercelli, l'osteria della posta, dove sostano dei viaggiatori per passare la notte. La trama è piuttosto esile e ha al suo centro i personaggi della contessa Beatrice e del marchese Leonardo.

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L'amore paterno

L'amore paterno o sia La serva riconoscente fu recitata per la prima volta a Pari-gi la sera del 4 febbraio 1763 (benché fosse già pronta dal dicembre dell'anno prece-dente) e fu replicata per cinque sere. Non le mancarono gli applausi del pubblico, volti soprattutto a premiare la bravura degli attori. Nei primi mesi del suo nuovo soggiorno parigino, il Goldoni si muoveva ancora incerto tra teatro delle maschere (non va dimenticato che proprio per soccorrere la Comédie Italienne l'autore era giun-to in Francia) e desiderio di cimentarsi in commedie del tipo di quelle che aveva im-posto a Venezia. L'amore paterno o sia la serva riconoscente è catalogabile tra le com-medie virtuose: Pantalone si trova a Parigi con le due figlie Clarice e Angelica, dove è costretto a vivere in povertà, non potendo usufruire dell'eredità lasciatagli dal fra-tello; soltanto un matrimonio economicamente vantaggioso potrebbe risollevare la situazione, ma questa soluzione viene ritenuta sconveniente dal buon Pantalone. Al-la fine le giuste nozze di Clarice e Angelica con Celio e Silvio metteranno per il me-glio le cose.

Il matrimonio per concorso

Commedia scritta nel giugno del 1763 a Parigi, che venne poi fatta recapitare al Vendramin per il teatro San Luca di Venezia, dove venne recitata nel novembre dello stesso anno con grande successo. La commedia è ambientata a Parigi nella lo-canda di proprietà del signor Filippo; qui tra gli altri ospiti alloggiano la giovane Li-setta con il padre Pandolfo, il quale, dopo un passato umile, ha fatto fortuna come mercante e ora vuole che la figlia vada in sposa a una persona degna della sua con-dizione. Per ottenere lo scopo ha l'idea di pubblicare l'avviso di matrimonio in un giornale: da qui ha origine il titolo della commedia e tutti gli equivoci che la con-traddistinguono.

Gli amori di Zelinda e Lindoro

Il Goldoni allestì nel settembre del 1763 a Parigi per la Comédie italienne uno scenario dal titolo Les amours d'Arlequin et de Camille (Camille era il nome d'arte in Francia della grande attrice Giacoma Antonia Veronese). La rappresentazione, fon-data sulle maschere, ebbe grande successo di pubblico e di critica. Il commediografo pensò di ricavare dallo scenario una commedia per il San Luca di Venezia. Nacque-ro così Gli amori di Zelinda e Lindoro. La commedia fu recitata a Venezia nel novem-bre del 1764, ma senza particolare successo: il passaggio dalle maschere ai caratteri aveva nociuto alla vivacità della rappresentazione. Il Goldoni darà un seguito alle vicende di Arlecchino e di Camilla in altri due scenari parigini, a cui corrisponde-ranno altre due commedie regolari sempre destinate al teatro di San Luca, così da formare una trilogia di Zelinda e Lindoro.

La gelosia di Lindoro

La gelosia di Lindoro è il rifacimento del seguito di Les Amours de Arlequin et de Camille, lo scenario con cui Goldoni aveva trionfato la sera del 15 novembre 1763 a Parigi. La commedia scritta inaugurò la stagione del carnevale del 1764 al teatro San Luca di Venezia, ma il testo non venne particolarmente apprezzato. Come per Gli

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amori di Zelinda e Lindoro aveva nociuto alla commedia il passaggio dalle maschere ai caratteri.

Le inquietudini di Zelinda

Le inquietudini di Zelinda è la commedia che fa da seguito a La gelosia di Lindo-ro ed è la trasposizione per il teatro veneziano del terzo scenario dedicato da Goldo-ni alle avventure di Arlecchino e Camilla, conclusivo del trittico che rappresenta il maggiore successo del commediografo veneziano in Francia. Come al solito l'autore, passando dallo scenario alla commedia regolare, sostituì le maschere con i caratteri. Il testo giunse nelle mani del Vendramin nel dicembre del 1764 (lo scenario era stato recitato a Parigi nel dicembre del 1763) e la commedia venne recitata nel gennaio del 1765 con scarsissimo successo.

Gli amanti timidi

Gli amanti timidi è la commedia che il Goldoni ricavò dallo scenario francese Le portrait d'Arlequin, recitato a Parigi con successo il 7 agosto 1764. Il testo giunse a Venezia nel novembre successivo e fu recitato nell'indifferenza generale la sera del 25 gennaio 1765. La commedia si regge sul gioco degli equivoci ed è sostanzialmen-te una farsa spiritosa, in cui l'autore seppe conservare molto dello spirito della commedia dell'arte.

Il ventaglio

Il Ventaglio fu rappresentato nel maggio del 1763 a Parigi, alla Comédie ita-lienne, ma non ebbe quel consenso che l'autore si aspettava. La commedia venne in-teramente riscritta l'anno seguente e fatta recapitare a Venezia al Vendramin per il teatro San Luca, dove fu recitata verso la fine del carnevale del 1765, questa volta con successo. Nel Ventaglio l'autore ritorna ai modi della commedia dell'arte, essen-do costretto ad accontentare il pubblico francese che accorreva alla Comédie italienne per veder recitare spettacoli di quel tipo. La commedia ha tuttavia una sua brillan-tezza grazie al ritmo dell'azione, all'intreccio originale e incalzante che ruota intorno al lieve motivo di un ventaglio femminile, dapprima rotto, poi smarrito, e alla cui ri-cerca partecipa un intero villaggio.

La burla retrocessa nel contraccambio

La burla retrocessa nel contraccambio è il titolo un po' involuto con cui il Goldo-ni traduce per l'amico Albergati, appositamente per il suo teatro di Villa Predosa a Zola, lo scenario francese Arlequin, dupe vengée che era stato rappresentato l'11 mag-gio 1764 a Parigi.

Chi la fa l'aspetta

Chi la fa l'aspetta fu presentata al pubblico del San Luca con il suggestivo tito-lo I chiassetti del carneval la sera del 5 gennaio 1765. La commedia, secondo le testi-monianze dei contemporanei, non beneficiò di una buona recitazione e questo fu il motivo principale del suo insuccesso, pur essendo ben curati i dialoghi. Ben delinea-ta la figura dell'oste Ménego.

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Il genio buono e il genio cattivo

Commedia-fiaba scritta dal Goldoni a Parigi per il teatro veneziano, per ven-dicarsi dello scarso favore che il pubblico aveva tributato alla trilogia di Zelinda e Lindoro. Il genio buono e il genio cattivo fu un grande successo, superiore non solo a quello dei suoi capolavori, ma anche alle Fiabe del Gozzi, l'avversario sul cui terre-no ora Goldoni si misurava. Fu rappresentata a Venezia durante il carnevale del 1768, ed è divisa in cinque atti. L'autore ricavò il soggetto dallo scenario francese Le bon et le mauvais Génie, che non era stato rappresentato a Parigi perché ritenuto trop-po dispendioso. Il testo non venne inviato come di consueto al Vendramin, ma al capocomico Girolamo Medebach per il teatro San Giovanni Grisostomo, dove venne recitato per quasi un mese a richiesta generale.

Il burbero di buon cuore

Il burbero di buon cuore è la traduzione del Bourru bienfaisant, rappresentato a Parigi alla Comédie française il 4 novembre del 1771. Di questa commedia, che ebbe un notevole successo e fu replicata anche a corte, il Goldoni si compiacque partico-larmente, in quanto era stata da lui interamente pensata e scritta in francese. Subito l'autore pensò di farne una versione italiana, ma lì per lì altri impegni lo distolsero. A distanza di anni, precisamente nel 1786, riprese il progetto, questa volta portando-lo a termine, ma il risultato fu molto diverso dall'originale. Protagonista della com-media è Geronte, il burbero di buon cuore, personaggio che lascia trasparire in con-troluce i connotati di Pantalone.

L'avaro fastoso

Questa commedia, del 1776, è la traduzione rimaneggiata dell'Avare fastueux, commedia scritta dal Goldoni in francese nel 1772, sulla scia del successo ottenuto dal Bourru bienfaisant, e rappresentata a Parigi con molto minor successo della pre-cedente. La versione italiana, realizzata immediatamente dopo quella originaria, venne recitata a Venezia fra il 1776 e il 1778. Nell'Avaro fastoso viene rappresentato un personaggio ormai classico del teatro comico, non solo francese (vedi l'Avaro di Molière), ma anche di quello goldoniano. Qui Goldoni ha modificato il carattere dell'avaro, riconoscendo al personaggio (il conte di Casteldoro), oltre all'avarizia, un tratto di magnificenza.

Belisario

Belisario, generale dell'imperatore Giustiniano, accusato ingiustamente di aver tradito il suo sovrano, è un personaggio ricorrente nel teatro tragico sei-settecentesco, e anche il protagonista di questa tragicommedia di Goldoni. L'opera, rappresentata a Venezia nel 1734 dalla compagnia del teatro San Samuele, conobbe un grande successo di pubblico. Sullo scontro tra innocenza e malvagità si gioca l'in-treccio del dramma, vera e propria tragedia a lieto fine.

Rosmonda

Tratta da un romanzo secentesco che nulla aveva a che vedere con il perso-naggio longobardo della tradizione teatrale, la Rosmonda goldoniana è ambientata

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ad Aranna, nel favoloso regno di Gotia. L'autore mette in scena il contrasto tra amo-re e dovere che vive all'interno dell'animo della protagonista, divisa tra sentimenti diversi e tormentata dalle minacce del padre Alerico. Andato in scena per la prima volta nel 1735 al teatro San Samuele, il dramma può essere considerato un saggio malriuscito di teatro tragico goldoniano.

Griselda

Tragicommedia in versi, composta nel 1735, la Griselda deriva solo indiretta-mente il suo argomento dalla celebre novella di Boccaccio (Decameron, X 10), es-sendo il rifacimento di un precedente libretto per musica di Apostolo Zeno. Il testo di quest'opera venne approntato dall'autore appositamente per Cecilia Rutti (detta la Romana), prima donna del teatro San Samuele, e conobbe un notevole successo alla sua prima rappresentazione. Attraverso la storia della donna simbolo per eccel-lenza di paziente virtù, si svolgono anche le lodi della vita campestre, in un testo comunque convenzionale e privo di momenti di vera poesia.

Don Giovanni Tenorio

Sulla storia di Don Giovanni, che da Tirso de Molina a Molière godeva ormai di una lunga tradizione, Goldoni costruì la sua tragicommedia nel 1736. Il preceden-te immediato a cui l'autore si rifà è tuttavia uno scenario di grande successo intitola-to il Convitato di pietra. Rispetto a questo, il Goldoni abolì le maschere e cancellò la scena finale della cena, cercando in questo modo di rinnovare un dramma molto no-to e amato dal pubblico, ma il risultato non fu particolarmente felice.

Rinaldo di Mont'Albano

Del 1736, il Rinaldo di Mont'Albano trae il suo argomento da un canovaccio preesistente della commedia dell'arte, spogliato però dagli orpelli tipici della spetta-colarità secentesca. Nella lotta della virtù, dell'innocenza, dell'eroismo contro la vil-tà, l'inganno, il tradimento si gioca tutto l'intreccio del dramma, esempio annacqua-to di teatro popolare moraleggiante per un testo che, nel 1801, ebbe addirittura l'o-nore di una traduzione francese.

Enrico

L'Enrico, composto dal Goldoni nel 1738, deriva il suo argomento da una no-vella contenuta nel libro IV del romanzo Gil Blas di A.-R. Lesage, con al centro il tema della lotta fra amore e onore. La tragicommedia è caratterizzata da dialoghi, non felicissimi, che riescono a conferire alla vicenda un'adeguata forza drammatica.

Giustino

Tragicommedia scritta negli anni tra il 1734 e il 1740, quando l'autore si dedi-cava al rifacimento di vecchi scenari della commedia dell'arte per la compagnia del teatro San Samuele. L'opera svolge una storia derivata originariamente dallo scritto-re greco Procopio: Giustino è un bifolco che per virtù militari riesce a salire sul trono dell'impero romano d'Oriente. L'azione dell'opera, che si fonda su un testo melo-

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drammatico precedente, si regge su trovate e colpi di scena. Il Giustino fu rappresen-tato più volte a Venezia nel corso del Settecento.

La sposa persiana

Tragicommedia in versi martelliani, di argomento orientale, La sposa persiana venne composta appositamente per assecondare il gusto del tempo, per i soggetti esotici. Rappresentata per la prima volta nel 1753, con grandissimo successo di pub-blico, l'opera inscena un dramma di passione attraverso la storia del giovane Tamas che, conquistato dalla bella e indomita schiava Ircana, vive combattuto tra l'amore per quest'ultima e quello per la moglie Fatima. La fortuna del testo durerà ancora nell'Ottocento. Con Ircana, Goldoni proponeva un nuovo personaggio femminile, dal carattere forte e deciso.

Ircana in Julfa

Secondo episodio della trilogia persiana, l'Ircana di Julfa tentò invano di ripe-tere nel 1755 il successo della Sposa persiana. Tamas qui ha ormai abbandonato la sua sposa per seguire Ircana, la schiava gelosa e fiera su cui avrebbe dovuto reggersi il nuovo dramma. L'opera non raggiunse la notorietà delle altre due della serie, nono-stante i pregi di alcuni dialoghi e la buona costruzione drammatica dei personaggi.

Ircana in Ispaan

L'Ircana di Ispaan, terzo episodio della trilogia persiana, riuscì a ripetere nel 1756 il successo della Sposa persiana. Qui tra i personaggi riappare Fatima che, ripu-diata da Tamas, si è risposata con Alì. Ircana è ancora la donna passionale e selvag-gia del primo dramma, ribelle contro ogni ipocrisia e finzione sociale. La tragicom-media, sebbene scritta sulla scia delle altre due e per ubbidire alla moda del tempo per i soggetti esotici, presenta momenti di felicità compositiva.

La peruviana

Da un romanzo di M.me de Graffigny, Goldoni trasse la sua tragicommedia in versi martelliani intitolata La peruviana. Nell'analisi di due cuori innamorati si svolge tutta l'azione del dramma, fino all'agnizione finale che risolve rapidamente l'intreccio di un testo caratterizzato soprattutto dal sapore arcadico dei versi. L'in-successo della prima rappresentazione, avvenuta nel 1754, segnò la scarsissima for-tuna di quest'opera, un insuccesso di cui l'autore sembrò dispiacersi particolarmen-te.

La bella selvaggia

Tragicommedia d'ambientazione esotica, La bella selvaggia svolge la sua azio-ne drammatica nella Guyana portoghese. Protagonista dell'opera è Delmira, donna saggia e virtuosa, a cui è affidato il compito di dimostrare che il merito di una per-sona risiede nell'onore e nei pregi personali, non nella nobiltà dei natali. Rappresen-tato per la prima volta al teatro San Luca nel 1757, il dramma riscosse anche il con-senso della nobiltà veneziana; venne ripreso fino all'Ottocento ed ebbe persino una traduzione in portoghese.

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La dalmatina

La dalmatina, ambientata in luoghi esotici di maniera, racconta in versi mar-telliani la fedeltà, l'onore, il valore militare dei soldati di San Marco. Rappresentata per la prima volta al teatro San Luca nel 1758, l'opera riscosse un discreto successo, anche per i sentimenti di amor patrio che in essa erano espressi. Tra i personaggi spicca quello della protagonista, una piccola donna forte e orgogliosa, in cui vive un riflesso della più celebre Mirandolina.

Gli amori di Alessandro Magno

Di impianto fortemente romanzesco, Gli amori di Alessandro Magno ricavano il loro argomento da vari scenari e melodrammi precedenti. Rappresentata nel 1759, l'opera non riscosse alcun successo e non venne più ripresa, nonostante le scenogra-fie esotiche grandiose del primo allestimento e le continue trovate del testo, tese a movimentare l'azione di un dramma tutto sommato convenzionale.

Artemisia

Artemisia è una tragedia a lieto fine, in endecasillabi, che tratta la storia dell'antica regina di Caria e le sue vicende d'amore e di lealtà. Su un vago ricordo della Semiramide di Voltaire e della Merope di Scipione Maffei, Goldoni costruì un'o-pera convenzionale, priva di autentica ispirazione drammatica, che conobbe tuttavia un discreto successo alla sua prima rappresentazione, nel 1759, e diverse riprese ne-gli anni successivi.

Enea nel Lazio

Enea nel Lazio, composta nel 1760, trae il suo argomento dal terzo libro dei Fasti di Ovidio. La storia è quella della sorella di Didone che, giunta in Italia, incon-tra Enea e Lavinia non ancora sposi. Nel contrasto che oppone i personaggi nel ri-cordo di un abbandono conclusosi tragicamente, si evidenzia la difficoltà di Goldoni a descrivere i caratteri tragici, qui figure di cartapesta senza alcuno spessore dram-matico.

Zoroastro

Zoroastro, tragicommedia in versi martelliani, venne rappresentata per la prima e ultima volta nel 1759 a causa di un insuccesso clamoroso. Su un fondale sto-rico di maniera, primeggia il personaggio di Semiramide, donna forte e dai senti-menti virili, desiderosa di ottenere dominio e potere assoluti. Colpisce nell'opera la scena del consesso di scienziati (che annoiò tanto gli spettatori), una scena tesa alla satira dell'astrologia, argomento che voleva essere il motivo di fondo dell'intero dramma.

La bella Giorgiana

La bella Giorgiana, tragicommedia in endecasillabi rappresentata per la prima volta al teatro San Luca nel 1761, ripropone il personaggio femminile prediletto da

Page 30: La e-Biblioteca degli Schildhöfe di Coi e Colbaliatodaicoi.altervista.org/wp-content/uploads/... · Commedia scritta nel 1750 e recitata per la prima volta a Milano, può consi-derarsi

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Goldoni. L'opera, ancora una volta di ambientazione esotica, mette infatti al suo centro la figura di una donna ingegnosa e vivace, capace di domare la superbia de-gli uomini, con l'arguzia e l'intelligenza, nel ricordo di altre e più celebri figure gol-doniane.

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