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1 LA FRONTIERA DELLA SOSTENIBILITA’ UN PERCORSO DI RICERCHE SUI TEMI DELL’ OCCUPAZIONE E DELLA FORMAZIONE di Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi “…… la complessità ci richiede….. di ristabilire le articolazioni tra ciò che è disgiunto, di sforzarci di comprendere la multidimensionalità…… di non dimenticare mai le totalità integratrici” Edgar Morin 1. I vincoli europei come strategia di sviluppo La Commissione Europea nel riconoscere la priorità della crisi climatica e della lotta al global warming per la salvaguardia del pianeta e per perseguire uno sviluppo sostenibile in termini di “carrying capacity” ha fissato obiettivi vincolanti al 2020 nella riduzione delle emissioni del 20%, attraverso l’aumento dell’efficienza energetica (con risparmio del 20% dei consumi al 2020) e conseguimento della quota del 20 % delle fonti rinnovabili sul totale dei consumi al 2020. L’impegno a mantenere il riscaldamento del pianeta al di sotto dei 2°C costituisce una opportunità di cambiamento per definire nuove economie a basse emissioni di carbonio e indurre una nuova rivoluzione industriale in cui i vincoli imposti dalle preoccupazioni per la salvaguardia del pianeta possono rappresentare il motore di una nuova economia in grado di dare risposte all’attuale crisi soprattutto negli ambiti delle energie rinnovabili, dell’efficienza e del risparmio energetico, nei quali sempre più si giocherà, a livello planetario, la sfida dell’innovazione, della competitività, del lavoro e della capacità di futuro. Lo sviluppo delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica stanno, infatti, diventando nei paesi industrializzati (USA, Germania, Spagna, Danimarca) come Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi sono responsabili, presso l’Isfol, dell’Area di Ricerca denominata Progetto Ambiente-Ifolamb. Svolgono, da anni, indagini, ricerche e sperimentazioni sui temi dell’educazione, della formazione e dell’occupazione in campo ambientale; hanno realizzato IFOLAMB (Informazione Formazione Orientamento Lavoro AMBientale), un sistema informativo alimentato dai risultati delle attività realizzate dall’Area. Tra le loro attività, appaiono particolarmente significative le indagini censimentali sull’offerta formativa ambientale, le ricerche sulle tendenze del mercato del lavoro ambientale, le indagini sulla spendibilità nel mercato del lavoro di segmenti formativi significativi ambientali, le ricerche su figure professionali innovative per lo sviluppo sostenibile.

La frontiera della sostenibilità

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un percorso di ricerca sui temi dell'occupazione e della formazione

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Page 1: La frontiera della sostenibilità

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LA FRONTIERA DELLA SOSTENIBILITA’

UN PERCORSO DI RICERCHE SUI TEMI DELL’ OCCUPAZIONE

E DELLA FORMAZIONE

di Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi

“…… la complessità ci richiede…..

di ristabilire le articolazioni tra ciò che è disgiunto,

di sforzarci di comprendere la multidimensionalità……

di non dimenticare mai le totalità integratrici”

Edgar Morin

1. I vincoli europei come strategia di sviluppo

La Commissione Europea nel riconoscere la priorità della crisi climatica e della lotta al

global warming per la salvaguardia del pianeta e per perseguire uno sviluppo sostenibile

in termini di “carrying capacity” ha fissato obiettivi vincolanti al 2020 nella riduzione

delle emissioni del 20%, attraverso l’aumento dell’efficienza energetica (con risparmio

del 20% dei consumi al 2020) e conseguimento della quota del 20 % delle fonti

rinnovabili sul totale dei consumi al 2020.

L’impegno a mantenere il riscaldamento del pianeta al di sotto dei 2°C costituisce una

opportunità di cambiamento per definire nuove economie a basse emissioni di carbonio

e indurre una nuova rivoluzione industriale in cui i vincoli imposti dalle preoccupazioni

per la salvaguardia del pianeta possono rappresentare il motore di una nuova economia

in grado di dare risposte all’attuale crisi soprattutto negli ambiti delle energie

rinnovabili, dell’efficienza e del risparmio energetico, nei quali sempre più si giocherà,

a livello planetario, la sfida dell’innovazione, della competitività, del lavoro e della

capacità di futuro.

Lo sviluppo delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica stanno,

infatti, diventando nei paesi industrializzati (USA, Germania, Spagna, Danimarca) come

Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi sono responsabili, presso l’Isfol, dell’Area di Ricerca

denominata Progetto Ambiente-Ifolamb. Svolgono, da anni, indagini, ricerche e sperimentazioni sui temi

dell’educazione, della formazione e dell’occupazione in campo ambientale; hanno realizzato IFOLAMB

(Informazione Formazione Orientamento Lavoro AMBientale), un sistema informativo alimentato dai

risultati delle attività realizzate dall’Area. Tra le loro attività, appaiono particolarmente significative le

indagini censimentali sull’offerta formativa ambientale, le ricerche sulle tendenze del mercato del lavoro

ambientale, le indagini sulla spendibilità nel mercato del lavoro di segmenti formativi significativi

ambientali, le ricerche su figure professionali innovative per lo sviluppo sostenibile.

Page 2: La frontiera della sostenibilità

2

in quelli emergenti (Cina, India e Brasile) o in via di sviluppo (Kenya e Angola) fattore

propulsivo di economia reale, facendo dell’attuale crisi un’opportunità di cambiamento

in direzione di un new deal verde che può rappresentare “la nuova rivoluzione

industriale del XXI secolo”.

I dati provenienti da diverse fonti disponibili, istituzionali e non, sui trend occupazionali

a livello internazionale, comunitario e nazionale e le proiezioni al 2020, sebbene assai

diversificati e non sempre confrontabili tra loro a causa delle diverse metodologie

adottate, confermano una tendenza in atto incontrovertibile: la crescita di occupazione

nei settori di nuova economia in grado di produrre un effetto non solo compensativo

rispetto a lavori tradizionali a forte impatto ambientale, ma di aprire prospettive

occupazionali incoraggianti per fronteggiare l’attuale crisi e rilanciare l’economia

mondiale. L’UNEP (United Nations Environment Programme), Agenzia dell’ONU e il

Worldwatch Institute1 registrano nel 2008, 11.000.000 di posti di lavoro verde in tutto il

mondo. In merito alle energie rinnovabili, gli occupati nel 2006, raggiungono sempre a

livello planetario, 2.300.000 unità di cui 300.000 nell’eolico, 170.000 nel fotovoltaico,

600.000 nel solare termico, 1.200.000 nei biocombustibili. A livello europeo, i dati del

WWF2 attestano che nel 2008, l’occupazione verde raggiunge i 3.400.000 posti di

lavoro, di cui 400.000 unità per le energie rinnovabili, 2.100.000 per la mobilità

sostenibile e 900.000 per la produzione di beni e servizi per l’efficienza energetica, in

particolare nel settore edilizio. Oltre 5.000.000 di posti di lavoro riguardano, inoltre,

l’occupazione indiretta correlata con questi settori. Si configura, quindi, un’occupazione

non di nicchia o di tipo congiunturale, ma in grado di offrire solide alternative per

affrontare insieme la crisi economica e la crisi ambientale.

La Tab.1, che dà conto dell’occupazione diretta e indiretta in riferimento alle energie

rinnovabili in alcuni paesi europei, conferma il ruolo di paesi leader come la Germania e

la Spagna grazie ai forti investimenti e al sistema degli incentivi promossi negli ultimi

anni. L’Italia, partita in ritardo rispetto agli altri paesi europei, sta recuperando il gap

iniziale e si attesta complessivamente intorno alle 19.700 unità tra occupazione diretta e

indiretta.

1 UNEP-ILO-ITUC-IOE-Worldwatch Institute “Green jobs Report” 2008

2 WWF “Low carbon jobs for Europe “ giugno 2009

Page 3: La frontiera della sostenibilità

3

I dati elaborati dal Progetto Ambiente dell’Isfol sulle tendenze del mercato del lavoro

ambientale3, attraverso il monitoraggio dei dati Istat dal 1993 al 2008, evidenziano una

crescita dell’occupazione sulle energie rinnovabili da 5.300 occupati nel 2003 a 14.200

circa nel 2008. Le attività svolte, riferite prevalentemente alla realizzazione e

manutenzione degli impianti, sono riconducibili a professioni di livello intermedio di

tipo tecnico (19%) o di tipo operativo (81%). Secondo le stime di Nomisma Energia4, Il

comparto eolico rappresenta oggi una realtà abbastanza affermata con oltre 10.000

addetti tra occupazione diretta e indiretta, mentre il fotovoltaico si configura come un

comparto ancora poco sviluppato (circa 5.700 addetti secondo il Cnes5), ma con grandi

potenzialità di crescita sia in termini di ricadute occupazionali che di valore aggiunto.

Secondo le stime dell’Ises6, installando 7,5 GW nel 2020, si potrebbero avere in questo

settore 87.000 posti di lavoro, destinati a definire una diversa distribuzione geografica

degli occupati, che si collocherebbero soprattutto nelle regioni meridionali. Lo sviluppo

delle energie rinnovabili e la transizione verso una economia più sostenibile, orientata

dal pacchetto clima-energia, sembra quindi poter compensare gli effetti negativi della

perdita di occupazione in settori legati alla produzione di energia da fonti tradizionali

che, secondo un’indagine Cnel-Issi-Cles7, avrebbe un’incidenza modesta (pari all’8%)

sulla crescita di occupazione grazie allo sviluppo dell’eolico e del fotovoltaico. D’altra

parte, la contrazione dei posti di lavoro nelle industrie a forte impatto energetico sembra

3 La ricerca “Tendenze del mercato del lavoro ambientale”è scaricabile consultando il Sistema

informativo Ifolamb sul sito dell’Isfol. 4 NOMISMA Energia “Fonti rinnovabili e green economy: lo stato dell’arte in Italia” maggio 2009

5 CNES (Commissione nazionale energia solare) “Rapporto preliminare sullo stato attuale del solare

fotovoltaico nazionale” 2008 6 ISES ITALIA “Gli investimenti e le ricadute occupazionali da uno sviluppo sostenuto delle fonti

rinnovabili in Italia” novembre 2008 7 CNEL-ISSI-CLES “Indagine sull’impatto delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici sul

sistema produttivo e sull’occupazione in Italia” aprile 2009

Tab. 1 - Occupazione diretta e indiretta in alcuni stati europei nel settore delle energie rinnovabili nel 2008

Stati Eolico Solare Fotovoltaico Solare Termico Biomasse Totale Stati

Germania 85.100 42.000 17.400 95.800 240.300

Spagna 40.000 26.800 9.142* 10.349* 86.291

Danimarca 23.500* 23.500

Italia 15.000** 1.700 3.000 19.700* Solo occupazione diretta

** Il dato è relativo all'anno 2007

Fonte: Rielaborazione ISFOL Progetto Ambiente - Ifolamb da Rapporto WWF "Low carbon jobs for Europe" - 2009

Page 4: La frontiera della sostenibilità

4

legata più all’introduzione di processi di automazione e alla delocalizzazione delle

attività produttive che da processi lavorativi indotti dalle energie rinnovabili e

dall’efficienza energetica. Uno studio della Bocconi, realizzato con GSE (Gestore

Servizi Elettrici)8 delinea tre scenari a diversa intensità occupazionale: il primo prevede,

con l’importazione di tecnologie rinnovabili dall’estero, un incremento di 100.000 posti

di lavoro; il secondo, con lo sviluppo di tecnologie rinnovabili, porterebbe a 150.000 il

numero degli occupati; il terzo scenario, in cui è prefigurato il massimo sfruttamento del

potenziale tecnologico, prospetta una crescita occupazionale al 2020 di 250.000 unità

(77.500 nell’eolico e 47.500 nel solare) (Fig 1).

Le potenzialità occupazionali dell’eolico al 2020 sono confermate anche dall’ANEV

(Associazione Nazionale Energia del Vento)9 che prevede 66.000 occupati tra

occupazione diretta (19.000) e indiretta (47.000) concentrata soprattutto nelle regioni

meridionali (Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna). Per la percorribilità della crescita

occupazionale, orientata dal pacchetto clima-energia, saranno determinanti oculate

politiche di investimenti, un efficace sistema premiante rivolto a chi investe in fonti

8 Vedi GSE - Bocconi - IEFE già citato

9 ANEV “Il potenziale eolico italiano e i suoi possibili risvolti occupazionali al 2020” dicembre 2008

Fig. 1 - Prospettive occupazionali da Fonti energetiche rinnovabili in Italia al 2020

Fonte: GSE – IEFE Bocconi 2009

5.000

2%27.500

11%

10.000

4%

77.500

31%

15.000

6%

65.000

26%

20.000

8%

5.000

2%

25.000

10%

BIOGAS

GEOTERMIA

SOLARE TERMOELETTRICO

BIOMASSE

IDROELETTRICO

EOLICO

RSU

SOLARE PV

ALTRO

Page 5: La frontiera della sostenibilità

5

alternative, lo sviluppo di un’industria di settore e la capacità degli imprenditori di

valorizzare la propria filiera produttiva, utilizzando le tecnologie rinnovabili. In Italia,

nonostante una rilevante crescita delle energie rinnovabili (+ 20% tra eolico e

soprattutto fotovoltaico nel 2007-2008) si continuano ad importare tecnologie

dall’estero e le aziende tendono a collocarsi a valle della filiera e a presiedere le attività

di distribuzione ed installazione degli impianti più che ad investire in ricerca e sviluppo

di tecnologie pulite in grado di produrre innovazione sia di processo che di prodotto, e

di determinare vantaggi anche dal punto di vista economico, in considerazione

dell’accresciuta competitività delle aziende sui mercati nazionali e internazionali. Un

ruolo non residuale rivestono anche gli aspetti informativi e culturali in grado di

cambiare i comportamenti concreti quotidiani e di favorire, attraverso processi di

partecipazione alle scelte, l’affermarsi di un nuovo modello di produzione e consumo

energetico nei diversi settori: dai trasporti pubblici e dalla mobilità sostenibile, al

miglioramento delle caratteristiche termiche degli edifici e delle apparecchiature per uso

civile (elettrodomestici) e industriale.

Oltre alle energie rinnovabili è necessario ridurre i consumi energetici attraverso

l’innalzamento dell’efficienza energetica, come previsto dalla direttiva europea sui

cambiamenti climatici, per produrre gli stessi beni e servizi con minor impatto

ambientale e minori costi per le imprese e per il sistema Italia. L’Agenzia Internazionale

dell’Energia (AIE)10

attribuisce agli interventi per l’efficienza energetica il ruolo

principale nella riduzione di emissioni di gas serra nell’atmosfera. Uno studio realizzato

nel 2007 dal Politecnico di Milano per Greenpeace11

stima che 60.000 nuovi posti di

lavoro potranno essere creati entro il 2020 attraverso investimenti in efficienza

energetica. Se lo sviluppo è sempre stato sostenuto dalla crescita dei consumi, nel XXI

secolo si rende necessaria un’inversione di rotta che non può essere determinata solo

dallo sviluppo sia pure fondamentale delle energie rinnovabili. E’ necessario dare

impulso ad una strategia che operi sul doppio versante delle energie rinnovabili e della

efficienza-risparmio energetico per poter contenere la concentrazione di CO2

nell’atmosfera. Tra i settori che maggiormente possono contribuire al perseguimento

10

Agenzia internazionale dell’Energia “Energy Technology perspectives. Scenari e strategie da oggi al

2050” OECD/IEA, 2008 11

Greenpeace - Politecnico di Milano (Dipartimento di energetica) “La rivoluzione dell’efficienza: il

potenziale di efficienza energetica negli usi finali di energia elettrica in Italia al 2020 e I benefici

connessi”, 2007

Page 6: La frontiera della sostenibilità

6

degli obiettivi di compatibilità ambientale, economica e sociale si collocano quelli

dell’edilizia, responsabile del 40% dei consumi energetici, dei trasporti e della mobilità

sostenibile. Uno studio dell’Enea12

individua nello sviluppo di tecnologie per

l’efficienza energetica la possibilità di una contrazione di CO2 nell’atmosfera con

rilevanti ricadute occupazionali nel settore edile. Altre stime (WWF) confermano e

rafforzano questo dato di tendenza in considerazione anche delle normative sulle

prestazioni energetiche degli edifici che potrebbe generare tra i 280.000 e i 450.000

nuovi occupati entro il 2020 attraverso lo sviluppo di figure professioni riferite alla

bioedilizia, alla certificazione energetica degli edifici, alla progettazione e produzione di

materiali a basso impatto ambientale per l’isolamento termico, alla realizzazione di

sistemi passivi per il riscaldamento ed il raffreddamento, oltre all’integrazione dei

sistemi tradizionali per la fornitura di energia termica e/o elettrica con sistemi innovativi

di generazione dell’energia e di tecnologie per una gestione ottimizzata dei servizi

energetici.

Sono, soprattutto, gli edifici pubblici che dovrebbero rappresentare un esempio di

efficienza energetica, in considerazione anche del fatto che la bolletta energetica delle

Pubbliche Amministrazioni pesa sul bilancio dello Stato per circa 4,5 miliardi di euro

all’anno, come attesta Consip. Le ricadute in termini di benefici economici e ambientali

sarebbero rilevanti sia come sostegno al sistema produttivo per la realizzazione di

impianti e materiali ecocompatibili, sia come impatto occupazionale, oltre che per il

miglioramento della qualità ambientale del posto di lavoro e della sicurezza degli

edifici. Quanto al settore della mobilità sostenibile, l’Italia e la Francia si qualificano ai

primi posti per la produzione di veicoli a basse emissioni di carbonio, ma l’efficienza

energetica dei veicoli prodotti non compensa un’offerta di trasporto pubblico che

rimane inadeguata. Una mobilità sostenibile dovrebbe creare un maggiore equilibrio tra

le diverse modalità di trasporto e favorire lo sviluppo del trasporto pubblico, alimentato

da elettricità verde, e ferroviario a discapito di una mobilità basata oggi prevalentemente

su automobili e camion. Sono queste le condizioni per creare un sistema di trasporti

integrato - che si avvalga di automobili efficienti cioè a basse emissioni di CO2, di

veicoli ibridi-elettrici, di trasporto pubblico urbano, di car sharing, biciclette e ferrovie -

12

ENEA “Crisi economica e intervento pubblico” 26.2.2009

Page 7: La frontiera della sostenibilità

7

a sostenibilità ambientale, economica e sociale in considerazione anche dei posti di

lavoro che potrebbero ulteriormente aprirsi in questa direzione.

2. Lo sviluppo sostenibile come risorsa per l’occupazione

Le ricerche sulle tendenze del mercato del lavoro ambientale13

, realizzate dal Progetto

Ambiente dell’Isfol attraverso l’elaborazione dei dati sulle forze di lavoro ISTAT

nell’arco temporale 1993-2008, già richiamate in riferimento al settore delle energie

rinnovabili, evidenziano anche su altri settori ambientali un trend di sviluppo positivo in

termini occupazionali (+ 41%) e sollecitano riflessioni sulla qualità dell’occupazione

ambientale. Nel panorama dei dati presi in considerazione appaiono particolarmente

significativi alcuni aspetti. In particolare, la connotazione di genere del mercato del

lavoro ambientale che evidenzia un aumento della componente femminile che passa da

un peso percentuale del 12,7% nel 1993 al 25,5% nel 2008. Pertanto, sebbene

l’occupazione ambientale si presenti sin dal 1993 connotata da una dominanza maschile

(M 230.300; F 33.600), che assume nel tempo caratteristiche di stabilità, la stessa

subisce una contrazione rispetto alla componente femminile, passando dall’87,3% nel

1993 al 74,5% nel 2008 (M 277.300; F 94.800). Il mercato del lavoro ambientale

registra non solo un incremento notevole delle donne occupate, ma anche un loro

posizionarsi nel mercato del lavoro a livelli più elevati rispetto alla componente

maschile. Tale tendenza trova conferma nel fatto che più dell’87,2% delle donne

impegnate in attività ambientali ha livelli di scolarità medio-alti, contro appena il 54,6%

degli uomini. Pertanto, le donne sono più scolarizzate degli uomini e la loro

collocazione nei diversi settori ambientali sembra facilitarne la valorizzazione come

risorsa (Tab.2).

La connotazione medio-alta delle professioni verdi, necessaria per affrontare

adeguatamente la complessità delle tematiche ambientali, appare evidente dall’analisi

dei dati che evidenzia uno spostamento verso l’alto dei titoli di studio e un incremento

degli occupati in possesso di un diploma e di una laurea (dal 40% nel 1993 al 63% nel

2008). Infatti, se nel 1993 gli occupati ambientali con una licenza elementare o con

nessun titolo di studio rappresentavano il 22,4% del totale degli occupati, nel tempo, il

13

Cfr nota 3

Page 8: La frontiera della sostenibilità

8

loro peso percentuale si è progressivamente contratto fino a rappresentare poco più

dell’8%.

Interessante anche l’età degli occupati in settori ambientali, in relazione alla variabile

sessuale; l’età media è più elevata per la componente maschile che risulta avere più di

45 anni nel 49% dei casi contro il 25% delle donne, affacciatesi da poco nel mondo dei

servizi e delle tecnologie ambientali e decisamente più giovani (il 37% contro il 22%

degli uomini ha meno di 34 anni).

Tra il 2003 e il 2008 il mercato del lavoro ambientale si caratterizza complessivamente

per una perdita di consistenza di lavori scarsamente qualificati; in aumento è

l’occupazione legata a professioni intermedie di tipo tecnico. Quanto alla posizione

professionale ricoperta dagli occupati, diminuiscono leggermente gli impiegati, mentre

aumentano le posizioni direttive e i contratti di co.co.co. Forme di precarizzazione e di

uso flessibile della forza lavoro riguardano, soprattutto, la componente femminile con

il 7,3% contro l’1,7% degli uomini nel 2006, ma tale divario sembra meno consistente

nel 2008 (M 1,7%; F 5,4%) (Tab. 3). Si evidenzia, comunque, una maggiore presenza

femminile anche in posizioni professionali medio-alte di tipo impiegatizio (57,8%

contro il 35,3% degli uomini). Negli ultimi anni, si assiste ad un incremento dei

lavoratori autonomi, soprattutto tra le donne.

Tab. 2 - Occupati negli anni 1993-2008 per sesso, titolo di studio e settore ambientale

M F Totale M F Totale M F Totale M F Totale

Nessuno/licenza elementare 24,4 8,4 22,4 17,5 4,6 15,3 13,8 5,5 12,1 10,5 1,8 8,3

Licenza media 39,9 21,1 37,5 39,4 16,2 35,5 38,4 22,0 35,2 34,9 10,9 28,8

Diploma 30,5 45,3 32,4 36,5 54,1 39,4 41,8 54,1 44,2 44,4 55,0 47,1

Laurea/laurea breve 5,1 25,2 7,7 6,7 25,1 9,8 6,0 18,4 8,4 10,2 32,2 15,8

Rifiuti 33,9 17,6 31,8 32,8 13,5 29,6 34,2 18,8 31,2 29,0 10,0 24,2

Energie rinnovabili e risparmio 2,3 0,9 2,2 2,4 0,4 2,1 1,8 1,5 1,7 4,8 0,8 3,8

Difesa, controllo, disinquinamento 2,8 3,6 2,9 2,5 1,7 2,3 3,9 2,3 3,6 8,7 7,4 8,4

Sicurezza e igiene 4,3 17,3 6,0 5,4 14,3 6,9 3,2 6,0 3,7 8,6 21,1 11,7

Turismo ambientale 2,5 16,7 4,3 3,2 19,8 6,0 3,2 20,3 6,5 7,5 34,6 14,5

Risorse agroforestali 51,8 38,9 50,2 50,7 47,8 50,2 50,9 47,1 50,2 39,3 25,7 35,8

Urbanistica, Beni cult.ambientali 2,3 4,2 2,5 2,5 2,1 2,5 2,5 2,8 2,5 1,9 0,1 1,4

Ricerca 0,2 0,9 0,3 0,4 0,4 0,5 0,4 1,3 0,5 0,2 0,2 0,2

Totale % 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale v.a. 230.300 33.600 263.900 238.100 47.500 285.600 250.200 61.200 311.400 277.300 94.800 372.100

Fonte: elaborazione Isfol Progetto Ambiente - Ifolamb su dati Istat

1993 1998 2003 2008

Page 9: La frontiera della sostenibilità

9

Quanto alle caratteristiche del lavoro, perde peso, nel tempo, il lavoro a tempo

indeterminato, che passa dall’85,3% nel 1993 al 79,7% nel 2003 e al 73,5% nel 2008.

D’altra parte, si registra un incremento del lavoro a tempo determinato che, nell’arco

dei quindici anni presi in esame, passa dal 4,1% al 12,4%. Il divario tra i due sessi a

favore della componente maschile raggiunge la punta massima nel 2006 (M 77,6%; F

61,1%), ma le posizioni di privilegio appaiono leggermente ridimensionate nel 2008

(M 76,2%; F 65,6%).

In estrema sintesi, l’occupazione aumenta, grazie al contributo delle donne che - con

livelli di scolarità medio-alti e, comunque, superiori a quelli degli uomini - entrano nel

mercato del lavoro ambientale, rivestono posizioni professionali più elevate della

componente maschile, ma con contratti di lavoro più precari: tale precarietà

sembrerebbe essere determinata dall’optare per una minore stabilità del lavoro,

controbilanciata dall’esigenza di svolgere un lavoro più qualificato e rispondente alle

proprie aspettative e al percorso formativo seguito. Le fasce più deboli del mercato del

lavoro femminile sembrano, invece, risentire maggiormente gli effetti della attuale

Tab. 3 - Occupati negli anni 1993-2008 per sesso, professione, posizione e tipo di contratto

M F Totale M F Totale M F Totale M F Totale

Dirigente/direttivo 2,7 10,6 3,7 3,8 7,2 4,3 4,5 5,1 4,6 5,6 6,9 5,9

Impiegato indeterminato 40,1 51,5 41,6 43,0 56,4 45,2 42,0 57,4 45,0 35,3 57,8 41,0

Operaio/apprendrista 49,0 20,8 45,4 44,5 19,3 40,4 46,0 24,9 41,9 46,5 16,7 38,9

Imprenditore 0,4 0,2 0,4 0,4 0,2 0,4 0,7 0,4 0,7

Libero professionista 2,2 4,7 2,5 2,3 7,3 3,1 2,0 2,9 2,1 3,0 2,5 2,9

Lavoro in proprio 4,2 6,4 4,5 4,5 5,4 4,7 3,4 5,5 3,8 7,1 9,8 7,8

Socio di cooperativa 0,6 0,8 0,6 0,9 2,2 1,1 0,8 1,4 0,9 0,1 0,1

Coadiuvante 0,8 5,0 1,3 0,7 2,0 0,9 0,6 2,4 1,0 0,5 0,4 0,5

Co.co.co 1,7 5,4 2,7

Prestazione professionale 0,1 0,6 0,2

Legisl., dirigenti, imprend. 0,1 0,1 0,1

Prof. intell.scient. elev.spec. 2,8 19,7 4,9 3,7 15,7 5,7 1,4 7,0 2,5 0,9 1,8 1,1

Prof. intermedie- tecnici 12,5 24,6 14,1 13,7 22,8 15,2 15,7 27,6 18,0 32,2 61,7 39,7

Prof. relat. vendite di beni 36,8 33,5 36,4 35,6 44,5 37,1 34,3 41,5 35,7 21,5 22,6 21,8

Artigiani, operai etc. 8,5 2,7 7,8 9,1 2,9 8,1 10,4 3,0 8,9 9,3 1,9 7,4

Conduttori Impianti 5,0 0,9 4,4 4,8 0,4 4,1 5,4 1,8 4,7 7,0 0,5 5,4

Personale non qualificato 34,4 18,6 32,4 33,1 13,7 29,9 32,9 19,1 30,2 29,0 11,3 24,5

Tempo indeterminato 87,0 73,4 85,3 81,6 68,3 79,4 81,7 71,3 79,7 76,2 65,6 73,5

Apprendistato/CFL 0,9 4,0 1,3 1,5 3,9 1,9 2,2 4,4 2,6

Tempo determinato 3,9 5,5 4,1 8,1 10,7 8,5 8,6 11,7 9,2 11,1 15,8 12,4

Autonomo 8,2 17,1 9,3 8,7 17,1 10,1 7,5 12,6 8,5 12,6 18,7 14,1

Totale % 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale v.a. 230.300 33.600 263.900 ###### 47.500 285.600 250.200 61.200 311.400 277.300 94.800 372.100

Fonte: elaborazione Isfol Progetto Ambiente - Ifolamb su dati Istat

1993 1998 2003 2008

Page 10: La frontiera della sostenibilità

10

divisione sociale del lavoro, che vede le donne impegnate in diversi ambiti di presenza

non solo professionale.

La pervasività dell’ambiente in termini occupazionali si evince anche da altre ricerche

realizzate, negli anni, dall’Area Progetto Ambiente dell’Isfol relative alla spendibilità

nel mercato del lavoro di segmenti formativi significativi. (Fig.2)

Le ricerche realizzate testimoniano un buon inserimento e con tempi contratti nel

mercato del lavoro di coloro che hanno conseguito un titolo di studio in campo

ambientale. Il lavoro svolto è, inoltre, coerente con il percorso formativo, considerando

che una quota consistente di chi risulta occupato svolge un lavoro in campo

ambientale. Altro aspetto interessante è che anche tra chi non è riuscito a svolgere un

lavoro verde, il tipo di occupazione conseguita non è mai scarsamente qualificata.

Approfondendo i dati dell’ultima ricerca realizzata sui master ambientali14

emerge che

l’80,6% degli intervistati, ad un anno dal conseguimento del master risulta essere

occupato. Sebbene il 42,4% svolgesse già un lavoro prima di iscriversi al master, ben il

14

Isfol – “I master ambientali. Qualità dei percorsi formativi e spendibilità nel mercato del lavoro”, Roma

2007

Fig. 2 - Impatto della formazione ambientale sul mercato del lavoro

34,4

56,2

64,2

57,6

41,9

76,3

44,8

46,2

41,9

80,6

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0

LAUREE QUINQUENNALI - 1998

FORMAZIONE REGIONALE - 1998

DIPLOMI UNIVERSITARI - 1999

IFTS - 2000

MASTER - 2006

OCCUPATI AMBIENTALI OCCUPATI

Page 11: La frontiera della sostenibilità

11

57,6% ha trovato un’occupazione dopo aver terminato il master e con tempi molto

contratti; l’80% di chi ha trovato lavoro dopo il master non ha atteso più di sei mesi

dalla conclusione del master. Sebbene il rapporto maschi/femmine sia a vantaggio

degli uomini (83,9% contro il 77,2% delle donne) e tale rapporto si confermi anche in

settori ambientali (M 61,1% F 53,8%), lo scarto M/F tende a ridursi se l’inserimento

nel mercato del lavoro avviene entro i tre mesi (M 62,3% F 60,4%) e risulta

leggermente a vantaggio della componente femminile nelle professioni di livello

elevato (F 31,4% M 30,8%).

Da una lettura al femminile dei dati forniti dalle ricerche Isfol sulle Tendenze del

mercato del lavoro ambientale e sulla spendibilità in termini occupazionali dei master

ambientali è possibile individuare segnali di un cambiamento in atto di valorizzazione

della forza lavoro femminile come risorsa in contesti organizzativi innovativi orientati

alla sostenibilità.

Le donne, inoltre, si affacciano sul mercato del lavoro ambientale con titoli di studio più

elevati di quelli degli uomini e quindi sembrano essere più congeniali a ricoprire quei

ruoli lavorativi medio-alti riconducibili a figure professionali ambientali che richiedono

un alto livello di specializzazione.

Anche l’offerta formativa ambientale sembra evidenziare la tendenza verso un

innalzamento dei livelli formativi attraverso l’aumento di corsi volti a sviluppare

competenze sistemiche e qualifiche professionali medio-alte in campo ambientale, con

un forte incremento nel settore del risparmio e dell’efficienza energetica, come

testimoniano le indagini censimentali sull’offerta formativa ambientale condotte

annualmente dall’Area Progetto Ambiente su tutta la formazione realizzata in Italia da

soggetti pubblici e privati15

.

L’attenzione del sistema formativo rivolta a campi di nuova economia sembra

assecondare e talora anticipare le potenzialità dello sviluppo sostenibile, ma al tempo

stesso pone in primo piano l’esigenza di una qualità della formazione che assuma la

sostenibilità come occasione di innovazione nei processi formativi.

3. Lo sviluppo sostenibile come occasione di innovazione nei processi formativi.

15

I Rapporti di ricerca annuali sull’Offerta formativa Ambientale (OFA) dal 2001 al 2009 sono scaricabili

consultando il Sistema informativo IFOLAMB sul sito dell’Isfol

Page 12: La frontiera della sostenibilità

12

L’approccio integrato e sistemico nella costruzione dei processi cognitivi, indotto dal

paradigma della complessità e i profondi mutamenti intervenuti sul versante

epistemologico, hanno posto come centrale l’interrogativo rispetto a quale sviluppo

debbano essere progettati percorsi formativi e educativi e quali figure professionali

individuare e formare per rendere attuabile l’obiettivo di società sostenibili.

A questi aspetti, le ricerche condotte dall’Area Progetto Ambiente dell’Isfol hanno dato

un contributo sia individuando figure professionali innovative in riferimento ad aree di

intervento strategiche per lo sviluppo sostenibile16

, sia mettendo a punto modelli

formativi innovativi che hanno affrontato il nodo di come progettare e realizzare

percorsi formativi di qualità, in grado di mettere in rapporto la cultura ecosistemica e lo

sviluppo di competenze specialistiche, di sollecitare processi di innovazione

metodologica e didattica che coinvolgano conoscenze, esperienze, valori,

comportamenti per rendere praticabile lo sviluppo di società sostenibili.

Superare l’ottica di un sapere monospecialistico e stratificato, si rivela necessario nella

formazione di figure professionali per l’ambiente la cui caratteristica peculiare è quella

di presentare una fisionomia contraddistinta da uno spiccato carattere di sistemicità,

flessibilità e integrazione di conoscenze e linguaggi diversi, anche quando rivestono un

carattere specialistico. Altra loro caratteristica è quella di stabilire rapporti di

integrazione a monte e a valle dei processi produttivi, agendo da interfaccia con altri

contesti produttivi e organizzativi. Non si tratta di semplici relazioni di scambio che sono

proprie di qualsiasi processo produttivo, ma della necessità di stabilire relazioni con

interlocutori che condividono un impegno al conseguimento delle stesse finalità che sono

quelle della sostenibilità o, comunque, di una riduzione degli impatti. Da qui l’esigenza

di stabilire una circolarità tra conoscenze, capacità, valori, atteggiamenti e

comportamenti.

La compresenza di aspetti cognitivi e dimensione valoriale è essenziale anche quando

vengono operate scelte di tipo tecnico, in quanto anche queste avvengono dietro

16

Sono state realizzate nove ricerche riferite ad altrettante aree di interesse strategico per lo sviluppo

sostenibile (agricoltura biologica, acquacoltura ecocompatibile di qualità, biotecnologie sostenibili, difesa

del suolo e utilizzazione delle acque, aree protette e turismo ambientale, energie rinnovabili, architettura a

basso impatto ambientale, gestione integrata dei rifiuti solidi urbani, processi partecipativi e sviluppo

sostenibile) e sono state individuate e analiticamente descritte in termini di profilo, compiti, competenze

ed altri aspetti connotativi, 41 figure professionali. I risultati delle ricerche sono stati pubblicati sulle

collane editoriali dell’Isfol e possono essere consultati anche attraverso il Sistema informativo IFOLAMB

sul sito dell’Isfol.

Page 13: La frontiera della sostenibilità

13

un’assunzione ed esplicitazione di valori. Ricomporre la dicotomia tra una formazione

per le conoscenze e una formazione per i valori è la sfida ancora aperta di tutta la

formazione ambientale, accanto a quella di una formazione progettata e realizzata in

chiave rigorosamente sistemica.

Perchè le figure ambientali possano dare un contributo e accelerare la fase di transizione

verso la realizzazione di società sostenibili è necessario che siano dotate di competenze

in grado di garantire una visione integrata e unitaria del territorio e dell’ambiente. Ciò in

quanto è di fatto impossibile distinguere, concettualmente e operativamente, la politica

ambientale da quella territoriale nelle sue diverse articolazioni, risultando strettamente

integrate tra loro le politiche urbanistiche e territoriali con quelle energetiche, della

difesa del suolo e delle risorse naturali, paesaggistiche, storiche e culturali, per citare le

più importanti.

Ciò comporta una visione di ampio respiro che superi logiche emergenziali e la

parcellizzazione degli interventi a favore di un approccio globale che deve trovare la sua

visibilità anche nella progettazione dei percorsi formativi.

Da qui l’esigenza di una formazione progettata e realizzata in chiave rigorosamente

sistemica volta a favorire la costruzione di un sapere in grado di confrontarsi con la

complessità e di sviluppare competenze trasversali, necessarie per introdurre

nell’approccio sistemico una dimensione operativa capace di far fronte a situazioni

complesse e non strutturate. In tale contesto, la formazione ambientale dovrà essere volta

a produrre innovazione, nella costruzione delle competenze, ed a delineare figure

professionali che si configurino, innanzi tutto, come agenti di cambiamento per lo

sviluppo di società sostenibili.

In questo contesto la formazione deve misurarsi con la capacità di rispondere a

fabbisogni non solo espressi dai sistemi territoriali, ma anche ai fabbisogni potenziali,

conseguenti l’attuazione di politiche di sviluppo sostenibile e il miglioramento delle

prestazioni ambientali dei sistemi produttivi. Pertanto in questa sua capacità di orientare i

fabbisogni potenziali di un modello di sviluppo si giocherà la qualità della formazione

ambientale in cui centrale è il nodo della definizione e della costruzione delle

competenze professionali.