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Eco bonus 55%: una vittoria la proroga, ma il governo indebolisce lincentivo “La buona notizia è che di fronte ad una forte iniziativa parlamentare del Pd e delle opposizioni, ad una campagna che ha avuto come protagonisti in tutta Italia gli Ecodem, alle proteste delle imprese e delle associazioni ambientaliste, il governo ha dovuto cedere: gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie che migliorano lʼefficienza energetica delle case verranno prorogati. Chi, come noi, ha fin dallʼinizio proposto e voluto il meccanismo virtuoso del 55 per cento, e si è fatto promotore in queste settimane di una mobili- tazione per la riconferma, non può che registrare con soddisfazione tale risultato. Siamo riusciti a tenere in vita una misura molto importante per lʼambiente e per lʼeconomia, utile alle famiglie e alle imprese”: questo il commento di Fabrizio Vigni, presidente nazionale Ecologisti Democratici, alla proroga degli “eco bonus” per lʼedilizia inserita nella Finanziaria 2011. Novembre 2010 - Numero 29 - Anno III www.ecodemravenna.it Eco bonus 55%: una vittoria la proroga pag 1-2 Darsena di città, Green Port, tecnopolo energia, costa solare... pag 7-8 Le interviste impossibili: il gabbiano reale pag 9 Anche gli Ecologisti Democratici hanno fatto la loro parte! pag 2 Le Brevi pag 6 Il proverbio del mese pag 11 Piano industriale Gruppo Hera al 2014 pag 10 I geologi: le solite cassandre puntualmente inascoltate pag 3-4 La base ecologista dei programmi per le prossime amministrative pag 5 © Roberto Sauli www.ilsalesullacoda.it

La Garzetta - novembre 2010

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La Garzetta, il giornale online degli Ecologisti Democratici della provincia di Ravenna

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Eco bonus 55%: una vittoria la proroga, ma il governo indebolisce l’incentivo

“La buona notizia è che di fronte ad una forte iniziativa parlamentare del Pd e delle opposizioni, ad una campagna che ha avuto come protagonisti in tutta Italia gli Ecodem, alle proteste delle imprese e delle associazioni ambientaliste, il governo ha dovuto cedere: gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie che migliorano lʼefficienza energetica delle case verranno prorogati. Chi, come noi, ha fin dallʼinizio proposto e voluto il meccanismo virtuoso del 55 per cento, e si è fatto promotore in queste settimane di una mobili-tazione per la riconferma, non può che registrare con soddisfazione tale risultato. Siamo riusciti a tenere in vita una misura molto importante per lʼambiente e per lʼeconomia, utile alle famiglie e alle imprese”: questo il commento di Fabrizio Vigni, presidente nazionale Ecologisti Democratici, alla proroga degli “eco bonus” per lʼedilizia inserita nella Finanziaria 2011.

Novembre 2010 - Numero 29 - Anno III www.ecodemravenna.it

Eco bonus 55%: una vittoria la proroga

pag 1-2

Darsena di città, Green Port,

tecnopolo energia, costa solare...

pag 7-8

Le interviste impossibili: il gabbiano reale

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Anche gli Ecologisti Democratici hanno

fatto la loro parte!pag 2

Le Brevipag 6

Il proverbio del mese pag 11

Piano industriale Gruppo Hera al 2014

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I geologi: le solite cassandre

puntualmente inascoltate

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La base ecologista dei programmi per le

prossime amministrative

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© Roberto Sauliwww.ilsalesullacoda.it

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“La notizia meno buona, invece, è che la rimodulazione introdotta dal governo, con le detrazioni spalmate su dieci anni e non più su cinque, in parte indebolisce la forza dell’incentivo. Bisognerà provare, al Senato, di tentare di ripristinare il meccanismo precedente. Se ciò non sarà possibile – conclude Fabrizio Vigni – il centrosinistra deve prevedere fin d’ora, nel suo programma alternativo di governo, non solo il pieno ripristino degli incentivi ma anche la loro estensione alla sicurezza antisismica degli edifici”.

Fabrizio Vigni Presidente Nazionale degli Ecologisti Democratici

La Garzetta

Direttore: A. MazzottiCaporedattore: M. Roncuzzi

Redazione: A. Borsotti, M. Cavallari, A. Mazzotti, P.Montanari,

S. Patrizi, A. Rebucci, M.Turchetti, P. TurchettiGrafica: M. Roncuzzi

Contributi: M. Dadina, G. Georgiou, AA.VV.Foto: R.Sauli, A. Rebucci, AA. VV:

Anche gli Ecologisti Democratici della Provincia di Ravenna hanno fatto la loro parte!

Nelle scorse settimane, come Ecologisti Democratici di Ravenna, abbiamo raccolto centinaia di firme per sostenere la richiesta di proroga delle detrazioni fiscali del 55% sui lavori per lʼefficienza energetica delle abitazioni, davanti alla Coop di via Faentina, in piazza Andrea Costa, nel quartiere San Giuseppe; abbiamo incontrato i cittadini e raccolto le firme per chiedere la proroga di queste detrazioni.In pochi giorni alcune centinaia di cittadini hanno aderito alla petizione così testimoniando una grande sensibilità e un convinto sostegno a questa battaglia.

Data la scarsa affidabilità delle promesse di questo governo, noi continueremo comunque la battaglia fino all'approvazione definitiva e vi ricordiamo che si può firmare anche alla petizione on line allʼindirizzo:

www.cinquantacinquepercento.it

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Anche quest’anno, come ogni anno, abbiamo dovuto registrare delle vittime a causa del dissesto idrogeologico e della fragilità sismica che caratterizzano il nostro Paese.

Anche quest’anno, come ogni anno, dopo ogni disastro, chiamato in modo ipocrita “calamità naturale”, passata l’emozione e ascoltate le promesse da marinaio dei “responsabili” della nostra incolumità, la vita continua e tutto tace.

Le dichiarazioni dei geologi sulla necessità di avviare una seria politica a salvaguardia ed alla messa in sicurezza del nostro territorio vengono inascoltate e, come se niente ci fosse stato, si procede allegramente a parlare d’altro fino al successivo prevedibile disastro.

Nei primi giorni di novembre è stato presentato il “Rapporto sullo stato del territorio italiano” realizzato dal Centro studi del Consiglio nazionale dei Geologi, con la collaborazione scientifica del CRESME. Uno studio complessivo che per la prima volta mette in fila i numeri che caratterizzano i rischi del nostro territorio.

Secondo lo studio sono circa 6 milioni le persone che abitano nei 29.500 chilometri quadrati del nostro territorio considerato ad “elevato rischio idrogeologico”, ovvero dove eventi prevedibili possono determinare effetti nefasti per cose e persone.

Le cifre elencate dalla ricerca sono inquietanti: Nel nostro Paese vi sono un milione e 260 mila edifici a rischio di frane e alluvioni. Di questi oltre 6 mila sono scuole, mentre gli ospedali sono 531.

E’ un’Italia dal territorio fragile. Le aree a elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei Comuni. C’è, poi, l’elevato rischio sismico, che riguarda circa il 50% dell’intero territorio nazionale e il 38% dei comuni.

Il rapporto stila una sorta di classifica delle regioni a più alto rischio idrogeologico. Al primo posto l’Emilia-Romagna con 4.316 chilometri quadrati di superficie esposta. A seguire il

Piemonte (3.097 chilometri quadrati), la Campania (2.598), la toscana (2.542), la Lombardia (2.114) e il Trentino-Alto Adige (1.653). Il Lazio ha 1.309 chilometri quadrati a rischio, mentre la Liguria è la regione a meno rischio con 470 chilometri.

Della popolazione a rischio il 19%, ovvero oltre un milione di persone, vivono in Campania, 825 mila in Emilia Romagna e oltre mezzo milione in ognuna delle tre grandi regioni del Nord, Piemonte, Lombardia e Veneto. E’ in queste regioni, insieme alla Toscana, dove persone e cose sono maggiormente esposte a pericoli, per l’elevata densità abitativa e per l’ampiezza dei territori che registrano situazioni di rischio.

Per quanto riguarda il rischio sismico le posizioni di classifica cambiano, ma è ugualmente allarmante la situazione di chi è a elevato rischio terremoti. I Comuni italiani interessati sono 725, contro i 2.344 inseriti nella

lista di quelli a rischio medio. Nel primo gruppo risiedono 3 milioni di abitanti e sono presenti 6,3 milioni di edifici per 12,5 milioni da abitazioni. La Regione italiana con la maggior superficie esposta a rischio elevato è la Sicilia con 22.874 chilometri quadrati e quasi 1,5 milioni di edifici, tra cui 4.856 scuole e 390 edifici ospedalieri. Seguono la Calabria (15.081 chilometri, 719.481 edifici, di cui 3.130 scuole e 189 ospedali), la Toscana (14.408 chilometri, 563.501 edifici, di cui 2.864 scuole e 248 ospedali), la Campania (12.319 chilometri, 865.778 edifici, di cui 4.608 scuole e 259 ospedali) e il Lazio (10.344 chilometri, 517.508 edifici, di cui 2.571 scuole e 249 ospedali).

L’Emilia-Romagna ha 7203 chilometri esposti e 329.591 edifici coinvolti, di cui 1.650 scuole e 196 ospedali. Abruzzo e Umbria, dove si

I GEOLOGI: LE SOLITE CASSANDRE PUNTUALMENTE INASCOLTATEFRANE E ALLUVIONI:

SEI MILIONI DI PERSONE A RISCHIOTERREMOTI: TRE MILIONI DI PERSONE A RISCHIO

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sono verificati i due più recenti e drammatici terremoti, hanno rispettivamente 9.032 e 6.814 chilometri quadrati ad alto rischio, una superficie in termini assoluti più bassa di tante altre regioni, ma proporzionalmente molto più alta.

Completamente assenti da rischio elevato solo la Valle d’Aosta, la Sardegna e il Trentino-Alto Adige.

E’ chiaro che con queste cifre la tutela della popolazione, il risanamento idrogeologico e la messa in sicurezza del patrimonio da eventi disastrosi diventano prioritari per il Paese.

I costi del disastro: Secondo il Rapporto, dal dopoguerra ad oggi si sono spesi circa 200 miliardi di euro (valore 2009) per contenere il dissesto idrogeologico e dei terremoti. Spese preventive ma soprattutto destinate ad interventi successivi alle “calamità naturali”.

Il valore dei danni causati da eventi franosi e alluvionali dal dopoguerra ad oggi è stimabile in circa 52 miliardi. Mediamente si tratta di circa 800 milioni all’anno, una cifra che nell’ultimo ventennio è comunque aumentate assestandosi intorno al miliardo e 200 milioni annui.

Il Ministero dell’Ambiente stima il fabbisogno finanziario per mettere in sicurezza idrogeologica l’intero territorio nazionale in 40 miliardi. Di questi il 68% riguarderebbe interventi relativi alle 12 regioni del Centro Nord e il 32% le 8 regioni del Mezzogiorno. Agli attuali livelli di spesa e in assenza di calamità naturali ci vorrebbero 33 anni.

La spesa in conto capitale relativa all’assetto del territorio e alla difesa del suolo dal 1999 al 2008 ammonta complessivamente a circa 27 miliardi di euro, corrispondenti al 2,2% del totale.

La regione che ha speso di più è stata il Veneto con 3 miliardi e 404 milioni, seguita dalla Lombardia con 2 miliardi e 620 milioni. Leggermente inferiore è la spesa relativa alla Campania e sopra i 2 miliardi è anche il Piemonte.

Una maggiore attenzione alla questione della sicurezza del territorio si riscontra nelle quattro regioni, Umbria, Veneto, Basilicata e Sardegna, che hanno destinato all’ambiente oltre il 4% del totale delle spese in conto capitale. Fanalino di coda è il Lazio con soltanto lo 0,6%.

Uno scempio, che delinea, nel nostro immaginario collettivo, una tragica mappa geografica dei disastri: dal Polesine al Vajont, da Firenze alla Valtellina, dal Friuli alla Stava, dalla Basilicata al Piemonte, dall’Umbria alle Marche, dal “fango” di Sarno e di Quindici alla tragedia dell’Aquila.

Lo stesso filo invisibile ha tenuto legati i diversi governi attraverso la stessa trascuratezza verso le questioni di tutela dell'ambiente, il disinteresse per il dissesto idrogeologico, paesistico e urbanistico.

Come dire che l'ambiente è sempre stata l'ultima preoccupazione del Governo e del Parlamento, consentendo, fra l'altro, ai privati (imprese e singoli cittadini e spesso mafia) mille opportunità a favore dei propri interessi e a scapito di quelli collettivi.

Occorre, invece, intraprendere una politica di risanamento e di tutela del suolo. Si tratta, tra l’altro, di lavori socialmente utili, in cui poter occupare migliaia di

senza lavoro per la difesa del suolo. Però, questa politica esige una seria strategia, capace di elaborare progetti non faraonici di opere pubbliche, ma, al contrario, c’è bisogno di progetti “minuti”, “dettagliati”, “modesti”, capaci di rimettere in ordine le colline e le montagne, i letti e gli argini di fiumi e ruscelli, di controllare l’uso del territorio con severità e continuità.

Georgios GeorgiouGeologo

Città Green: lʼItalia è indietro ma qualcosa comincia a muoversi

Una recente elaborazione di “Scenari Immobiliari“ ha stilato una classifica delle 20 grandi città del mondo che presentano elevati parametri di sostenibilità. Fra queste spiccano Toronto, Stoccolma, S.Francisco, Copenaghen, Friburgo e poi Barcellona, Londra, Parigi fino ad Abu Dhabi. Non vi è neppure una città italiana, a dimostrazione dei gravissimi ritardi specie nelle modalità di costruire (4 edifici su 5 sono inefficienti dal punto di vista energetico), di produrre energia e nel sistema dei trasporti.Ma, come emerge dall’Osservatorio nazionale sui regolamenti edilizia per il risparmio energetico, promosso da Legambiente e Cresme, qualcosa comincia a muoversi anche in Italia in previsione della scadenza del 2020, dove secondo una recente direttiva CEE tutti i nuovi edifici dovranno essere “carbon neutral“, cioè autosufficienti e utilizzatori di energie rinnovabili e pulite.Per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni la finanziaria 2008 ha introdotto l’installazione obbligatoria di 1Kw di solare fotovoltaico per ogni unità abitativa e dal 2009 è entrato in vigore l’obbligo della certificazione energetica sulle prestazioni dell’edificio (dalla classe A alla G).Ma sono soprattutto Regioni e Comuni i protagonisti di una piccola rivoluzione nel campo degli edifici urbani, un settore che incide per il 50% dei consumi elettrici e per il 33 % dei consumi energetici totali.Le Regioni che hanno previsto obblighi specifici per il rendimento energetico degli edifici sono: Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Province di Trento e Bolzano. Nel 2009 erano 557 i Comuni italiani che avevano introdotto nei propri regolamenti edilizi misure green per il risparmio energetico e l’utilizzo di energie rinnovabili a partire dal solare termico.E’ la strada giusta: si pensi che a livello europeo è stato calcolato che ogni anno si sprecano 270 miliardi di euro per la mancanza di misure di base per l’efficienza energetica degli edifici e dall’ altro che se la UE investisse 270 milioni di euro in ristrutturazioni per il risparmio energetico si creerebbero 3 milioni di nuovi posti di lavoro. Oltre agli aspetti ambientali e di salute, ovviamente non meno importanti.

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La Garzetta Ecodemocratici Ravenna

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La prossima primavera molti centri della nostra regione saranno chiamati alle urne per eleggere le proprie amministrazioni. Il Partito Democratico dell’Emilia-Romagna ha deciso di lavorare su alcuni temi cardine per aiutare i candidati locali a individuare idee importanti per riformare l’azione pubblica sul loro territorio. In particolare per la nostra regione, quest’iniziativa è stata semplificata dal documento preparato ad inizio anno per sostenere la candidatura alla residenza della regione di Vasco Errani. Questo ha indubbiamente fornito un’ottima base di partenza.

“Il Partito Democratico considera la green economy una via per uscire dall’attuale crisi, un’economia intelligente perché è tale un’economia che fa sviluppo riducendo al minimo il consumo delle risorse finite. Una disciplina che fa riferimento a tutta una serie ampia e diversificata di attività, in grado di generare valore economico, ma allo stesso tempo di rispondere alle esigenze di sostenibilità, ambientale innanzitutto, che la società richiede.

Energia, mobilità, gestione dei rifiuti, infrastrutture ecologiche, agricoltura sostenibile e gestione delle acque, bonifiche dei siti contaminati, edilizia sono i principali settori per i quali si svilupperà una for te domanda d i mercato e per i quali occorrono processi “durevoli”. Pensiamo a l l ’agr ico l tura , a i prodotti tipici al forte legame fra produzioni di qualità e turismo. Tutti i settori che possono essere la spina dorsale di una vera politica industriale, che ormai da troppi anni manca nel nostro Paese all’interno della grande questione climatica. Le aspettative connesse agli accordi multilaterali che vedranno a Cancun il prossimo incontro fra tutti i Paesi per definire il Post Kyoto diventano scarse giorno dopo giorno. Molti gli interessi in gioco che richiederanno un grande impegno delle grandi potenze mondiali per superare l’attuale situazione di stallo.”

Questa è la premessa del documento presentato dal gruppo di lavoro su energia e ambiente di cui faccio parte e che, credo, meriti di essere riportata pienamente. Partendo da questa premessa e individuando nella questione di una ottimale mix fra le varie forme di risparmio e produzione energetica, il nostro documento ha individuato alcune linee guida fondamentali d’azione politica del PD per le amministrazioni pubbliche: migliorare l’efficienza e il funzionamento della macchina amministrativa e la trasparenza dell’attività pubblica, un’adeguata politica di incentivi alle imprese e ai cittadini, compresi quelli fiscali, un controllo ambientale efficace che è garanzia di qualità e una ricerca avanzata che consenta un’innovazione continua nei processi produttivi e nelle tecnologie.

E’ chiaro che il ruolo delle amministrazioni per questo risiede nell’elaborazione e promozione di piani energetici innovativi che si riallaccino al piano regionale. In più, è i m p o r t a n t e r i d e f i n i r e r e g o l a m e n t i e p r a s s i amministrative in modo tale da rendere facilmente fruibili tutti i percorsi di avvicinamento del mondo produttivo e della società a pratiche sostenibili.

E’ però opportuno, in questo contesto, ricordare come i tagli alle finanze degli enti locali siano stati pesantissimi. Nell’ottica, quindi, di stimolare anche una consapevolezza dei costi indotti da comportamenti non amichevoli con l’ambiente, il gruppo regionale di lavoro su ambiente ed energia ha ritenuto pienamente condivisibile l’idea di introdurre forme di tassazione per individuare le risorse da reimpiegare su settori importanti (si pensi ai trasporti pubblici) penalizzati oltremodo dalle scelte del Governo Bossi-Berlusconi.

Le energie rinnovabili e le azioni di efficientamento energetico sono, ovviamente punti fondamentali della politica del PD in questo settore. In ciò il PD stimola le amministrazioni locali a dotarsi di piani energetici innovativi e ambiziosi, a sviluppare il concetto di comunità solari, a studiare forme di “carbon tax volontarie locali”, implementare piattaforme fotovoltaiche e per il solare termico di quartiere. In ciò sono da sostenere i gruppi di acquisto solidale di energia pulita.

Per i rifiuti il PD ritiene che il problema debba essere spostato dalla gestione alla prevenzione del problema. Sin dall’inizio del processo di progettazione bisogna ragionare alla costruzione di una filiera economica del riuso e del riciclo. In questo, ci si deve far forza di avere un sistema già solido per il trattamento dei rifiuti ma in cui non ci si deve mai stancare di aumentare il quantitativo di materiale riciclato.

I servizi pubblici diventano fondamentali per affrontare i problemi generali della qualità della vita e della qualità paesaggistica dei territori in cui viviamo. In ciò risiede la necessità di reinvestire nel ferro, di rivedere come base fondante il riuso del territorio già edificato e la progettazione degli insediamenti con al centro anche il tema della mobilità pubblica.

Infine, bisogna fare dell’agricoltura un anello fondamentale e sperimentale di nuova economia sostenibile. In ciò bisogna mantenere e migliorare le capacità degli operatori di fare agricoltura di altissima qualità, di fare educazione civile e alimentare. Allo stesso tempo, partendo dalla riaffermazione della produzione agricola come fondante l’attività di questo mondo,è necessario individuare e sperimentare le modalità di integrazione più avanzate per il recupero di materiali e la produzione energetica.

Mauro DadinaResponsabile Provinciale Ambiente del PD

La base ecologista dei programmi per le amministrative della prossima primavera

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Trasporti Pubblici: Berlusconi porta lʼItalia

fuori dallʼ Europa

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Le Brevi

Il 26 Ottobre sul quotidiano la Repubblica è uscito un articolo di Federico Rampini molto interessante ma anche molto preoccupante sulla progressiva riduzione della disponibilità di materie prime nel nostro Pianeta a causa di una accelerazione del consumo di prodotti di base conseguente al grande sviluppo dei Paesi emergenti, Cina e India in testa.Questa riduzione riguarda oggi non tanto le fonti energetiche il petrolio o il carbone o il gas ma le derrate agricole (cereali in particolare) con il rischio di forti ondate inflazionistiche e soprattutto le materie prime più rare e preziose quali l’argento, e le cosiddette “terre rare“ (quali il lantanio, neodimio, erbio, europeio, terbio, disprosio), materiali preziosi per tutte le tecnologie innovative, che vengono prodotte per il 97% in Cina che ha già avviato una sorta di razionamento se non di vero e proprio embargo. E a proposito di contraddizioni (sono sempre dietro l’angolo e non vanno nascoste) le tecnologie legate alla green economy (analogamente alle tecnologie digitali) sono forti utilizzatrici delle materie prime più rare e ricercate. Alcuni esempi? Il Lantanio è un metallo raro necessario per le batterie delle auto ibride ed elettriche, il Cerio e il Palladio sono indispensabili per le marmitte catalitiche, l’ argento viene utilizzato per ricoprire il 70% dei pannelli a celle fotovoltaiche, le turbine eoliche abbisognano di diverse “ terre rare “ e anche il silicio monocristallino e policristallino non è infinito. Dunque per assicurare condizioni di reale sostenibilità del nostro sviluppo accanto ai primi importanti tentativi di applicazione di tecnologie green c’è bisogno di tanta ricerca teorica e applicata per assicurare cicli produttivi a basso impatto, anche per la qualità dei materiali utilizzati . Non è un caso ad esempio che si parli di fotovoltaico di terza e quarta generazione o che per le coibentazioni degli edifici si parli sempre di più dell’ uso di materiali naturali e rinnovabili o che per le biomasse si studino le potenzialità delle alghe o che l’idrogeno eserciti un forte interesse per un futuro pulito. E’ una sfida difficile certo ma affascinante che, se decidessimo anche in Italia di investirci davvero, potrebbe dare importanti occasioni di lavoro qualificato per giovani ricercatori e consentirci di guardare con più fiducia al futuro di umanità proiettata verso i 9 miliardi di individui .

Cʼ è bisogno di tanta ricerca per assicurare una vera sostenibilità

E’ questo un periodo in cui si parla molto di economia verde e in alcuni campi, dal fotovoltaico all’eolico, vi sono stati anche in Italia dei significativi passi avanti nella direzione degli obbiettivi europei di sostenibilità ambientale. Ma ve n’è uno dove, anche a causa delle gravi scelte del Governo Berlusconi, non solo non si sono fatti in questi ultimi due anni passi avanti, ma si rischia un pesante e ulteriore arretramento.Parliamo dei trasporti in generale e dei trasporti pubblici in particolare.Stiamo parlando di un settore dove auto e camion incidono in Europa per il 25% sulle emissioni complessive di gas serra.I dati Italiani sono impressionanti: nel 1990 viaggiava su gomma il 70,3% delle merci, nel 2008 ben il 71,9% delle merci viaggia con la modalità meno efficiente e più inquinante. Il trasporto su ferro è sceso dall’11,3% al 9,8% e quello via d’acqua è rimasto fermo al 18%.E l’Italia è anche il fanalino di coda in Europa per il trasporto passeggeri su treno con circa 1/6 della media europea a Km.E lo stesso quadro si ha per il trasporto pubblico urbano: 6 miliardi di passeggeri a Km contro i 10 della Gran Bretagna, i 13 della Francia i 16 della Germania. E addirittura in Italia calano i chilometri di tranvie e la rete di metropolitane è irrisoria rispetto al resto d’Europa.L’unica cosa che cresce in Italia sono le auto. Nel 1991 c’erano 500 auto ogni 1.000 abitanti. Oggi ce ne sono circa 600. Peggio di noi sono messi solo gli USA mentre la media UE è di 463.Nelle città il divario aumenta. A Roma ci sono 76 auto ogni 100 abitanti, 20 a New York, 32 a Madrid, 35 a Berlino e questo incide moltissimo sullo smog, sulle malattie respiratorie e sullo stress da traffico.Ma il vero disastro è nel settore dei trasporti pubblici urbani. Mancano le corsie preferenziali e la velocità dei bus è la metà di quella dell’Europa avanzata. Nel 2009 l’uso dei mezzi pubblici complessivamente in Italia è calato del 15%. Nella maggior parte delle città il trasporto pubblico serve solo chi non ha l’auto: studenti, anziani, cittadini extracomunitari.E Berlusconi sta preparando il colpo di grazia: la manovra finanziaria del Governo prevede un taglio dei trasferimenti statali alle regioni per il trasporto pubblico locale di 4 miliardi di euro nel 2011 e di 4,5 miliardi di euro nel 2012, ovvero taglio del 30% del Fondo Nazionale Trasporti, bandiera per noi ecologisti democratici e pilastro dell'alternativa di governo proposta dal PD e dal centro-sinistra.

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La crescita della Green economy in Europa e nel mondo è ormai una realtà, misurata in cifre di crescita impressionanti e celebrata anche dall’economia tradizionale e persino dai mercati finanziari, che premiano in modo significativo quelle imprese che hanno deciso di posizionare il loro core business nel settore delle produzioni e delle energie verdi.

La sua forza nasce dal fatto che è trainata da una esigenza reale e urgente: quella di promuovere uno sviluppo del tutto nuovo, costantemente alla ricerca di una maggiore sostenibilità per cercare di conciliare il benessere di miliardi di uomini con la preservazione per l’oggi e per il futuro delle condizioni ambientali sul nostro pianeta per la vita stessa dell’uomo e di tante altre specie viventi.

E tale esigenza si è tradotta in “domanda di nuovi beni e servizi verdi“ grazie agli investimenti pubblici e privati in risparmio energetico, energie rinnovabili, recupero e riciclaggio materiali e più in generale tecnologie pulite.

Ma senza sottovalutare q u e s t o p o d e r o s o e incoraggiante avvio, siamo consapevoli che il più resta da fare e che il compito di riconvertire globalmente e in tempi rapidi i modi di produrre e di consumare e persino i nostri stili di vita resta assi complesso, irto di di f f icoltà e persino di contraddizioni evidenti.

Per questo ogni Paese, ogni territorio, ogni impresa e ogni cittadino deve fare sempre di più la sua parte per accelerare i ritmi di questa trasformazione anche oltre quanto previsto dagli accordi internazionali.

Noi Ecologisti Democratici, anche di fronte alla prossima Conferenza Economica Provinciale, proponiamo da mesi che la provincia di Ravenna diventi un laboratorio per la green economy e lo sviluppo sostenibile.

Questo dal punto di vista economico perché non si può vivere di sole esportazioni (è una ricetta su cui sta puntando tutto il mondo e da sola non può funzionare) e non si possono certo riproporre le vecchie ricette del passato (es. la crescita abnorme dell’ edilizia o magari della chimica tradizionale).

Dal punto di vista ambientale, oltre ai problemi globali, non bisogna dimenticare che il territorio ravennate è collocato in un’ area per certi aspetti fragile, le condizioni

meteo climatiche della pianura padana, il nostro mare così prezioso ma anche con equilibri assai delicati, i fenomeni della subsidenza, dell’avanzamento del cuneo salino e dell’ erosione costiera.

Ma anche per un’altra ragione di segno positivo: Ravenna può farcela e il centro-sinistra, se innova le proprie politiche, può essere la guida giusta anche in questa nuova fase.

Ravenna dopo secoli di marginalità ha conosciuto una fase di forte crescita nel dopoguerra grazie al ritrovamento dei giacimenti di metano, allo sviluppo dell’industria chimica e petrolifera con vantaggi economici e sociali indubbi ma anche con problemi ambientali molto seri.

Dagli anni 70, la sinistra, che ha preso le redini del governo dell’intero territorio provinciale, si è impegnata seriamente non solo in una politica di diffusione dei servizi sociali, educativi e culturali, ma, grazie a personalità straordinarie con Ivo Ricci Maccarini, anche in una nuova politica di governo del territorio e di miglioramento delle condizioni ambientali.

Ciò che è stato fatto in questi anni su questo fronte non va sottovalutato specie di fronte agli scempi di altre aree del Paese: la riconversione a metano delle nostre produzioni energetiche, la diffusione della rete degli acquedotti e dei depuratori per la tutela delle acque, il miglioramento della qualità dell’aria nella zona industriale fino alle certificazioni EMAS, l’organizzazione di un efficiente sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti che negli ultimi anni ha superato il 50% di

raccolta differenziata, lo sviluppo della rete delle piste ciclabili e delle zone a traffico limitato nelle città. Sono scelte che sono alla base dei buoni posizionamenti nelle recenti classifiche nazionali sul Benessere Interno Lordo e sullo stato dell’ambiente.

E anche grazie a queste politiche qui esiste una sensibilità ambientale più alta che in molte altre città.

Lo dimostrano i dati sulla diffusione delle energie rinnovabili e in particolare del fotovoltaico ma anche il successo delle raccolta di firme promossa in questi giorni dagli Ecologisti Democratici per la proroga delle detrazioni fiscali del 55% per il risparmio energetico.

Dunque possiamo e dobbiamo essere, anche sul fronte della sostenibilità ambientale, fra le aree top d’Europa.

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La Garzetta

DARSENA DI CITTA’, GREEN PORT, TECNOPOLO ENERGIA, COSTA SOLARE: LA PROVINCIA DI RAVENNA PUO’ ESSERE UN LABORATORIO

PER LA GREEN ECONOMY E LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Ecodemocratici Ravenna

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Ma quali possono essere le priorità su cui costruire le basi di uno sviluppo sostenibile e di alta qualità? Ecco alcune idee:1 ) Darsena di città: è stata sicuramente un'intuizione strategica, riqualificare una zona portuale e industriale dismessa in un’area urbana di qualità evitando di consumare nuovo territorio. Le prime attuazioni non hanno entusiasmato e giustamente l’Amministrazione Comunale ha messo a punto progetti innovativi. Noi proponiamo una cosa precisa, quella di farne il primo quartiere a “emissioni zero“: da oggi in poi i nuovi edifici, residenziali o commerciali che siano dovrebbero avere un’altissima efficienza energetica (es. Classe B) e utilizzare una combinazione di fonti rinnovabili, cogenerazione e teleriscaldamento. Insomma un esempio concreto di un nuovo modo di costruire e di abitare che dovrebbe diffondersi ovunque. Senza dimenticare una forte attenzione alla mobilità sostenibile, dal parcheggio scambiatore alla rete delle piste ciclabili, alle corsie preferenziali per mezzi pubblici.2 ) Green Port: il porto è ormai un importante carattere di identità per Ravenna e un fattore di sviluppo per l’intera Regione. Può diventare un esempio di green economy, come sta avvenendo in alcuni grandi porti europei, combinando minieolico (ci potrebbero stare 6 pale da 10 Kw di potenza) sulle palizzate, fotovoltaico sui tetti di magazzini, uffici e nei parcheggi a partire dal nuovo Terminal Crocieristico. Ma anche realizzando con questo spirito la “cittadella della nautica e dell’innovazione“ che potrebbe realizzarsi in forma di APEA e ospitare oltre alla nautica anche nuove aziende produttrici di tecnologie pulite. La Regione Emilia-Romagna potrebbe dare una mano a questo obbiettivo con il nuovo Piano Energetico Regionale in fase di elaborazione. Scelte analoghe potrebbero essere fatte nei centri merci di Lugo e Faenza.

3) La Costa Solare: il turismo in provincia di Ravenna è una grande risorsa e la costa emiliano-romagnola è l’area turistica più importante d’Europa. Ma anche qui c’è bisogno di una forte iniezione di “verde” per rendere il turismo più sostenibile ma anche per rendere le nostre località più attraenti e competitive verso turisti italiani ed europei sempre più esigenti. In attuazione dello studio GISC bisogna studiare un insieme di incentivi e disincentivi (ad esempio usando sia gli

strumenti urbanistici sia l’ICI) per migliorare l’efficienza energetica delle strutture ricettive, per ricoprire i tetti di stabilimenti balneari, hotel e abitazioni di impianti fotovoltaici e solari termici e magari anche dei nuovi impianti microelici dove ci sono venti sufficienti. Poi c’è la nuova mobilità da costruire. Si punti davvero sulla cosiddetta “metropolitana di costa“ e si connetta ad essa trasporti pubblici efficienti e adeguati parchi biciclette. Può divenire gradualmente l’asse di un nuovo modo di muoversi con minore smog e stress per tutti.4)Tecnopoli: il 2011 sarà l’anno della nascita a Ravenna del nuovo tecnopolo per la ricerca sulle nuove energie (ma anche per la nautica e a Faenza per i nuovi materiali). Nascerà nella sede provvisoria del centro ricerche di Marina di Ravenna e si occuperà certamente dell’energia da biomasse (alghe comprese), delle tecnologie connesse all’ idrogeno, del sequestro della CO2 e forse delle nuove tecnologie per la produzione del cosiddetto fotovoltaico di terza generazione. Può divenire il centro propulsivo dell’innovazione in questo campo a livello regionale con l’obbiettivo di passare dall’installazione alla produzione di energie rinnovabili. Per creare imprese e opportunità di lavoro ai giovani.5)Aree Ecologicamente attrezzate: grazie ai finanziamenti europei partiranno in tutta la regione le prime APEA a partire da quella di Bagnacavallo dove Stepra, d’intesa con il Comune e la Provincia ha già insediato, al suo servizio, un moderno impianto fotovoltaico. In coerenza con il PTCP tutte le nuove aree di sviluppo produttivo dovranno avere questa caratteristica offrendo alle imprese il massimo di servizi (dalla raccolta differenziata dei rifiuti, ai depuratori, ai trasporti pubblici fino alle energie rinnovabili) per favorire la competitività e la sostenibilità ambientale del nostro settore manifatturiero. 6) Discarica Solare: a Ravenna, nel cuore della pineta S.

Vitale e c’è una vecchia discarica dismessa e messa in sicurezza. E’ l’area ideale per ospitare un impianto fotovoltaico, come ha proposto in questi giorni la Cooperativa del Sole magari finanziato da un “azionariato popolare“ a cui concorrano migliaia di cittadini ravennati. Sarebbe un gesto concreto per compensare una ferita comunque prodotta in quel territorio così importante sul piano naturalistico e per dare energia pulita ai servizi del Parco del Delta del Po.

M o l t e a l t r e i d e e p o s s o n o a g g i u n g e r s i d a p a r t e d i amministratori, consigli comunali,

associazioni, mondo dell’università e della ricerca, cittadini, giovani. Noi ecologisti democratici cercheremo di raccoglierle di dar loro voce, di fare da ponte verso la politica e le istituzioni che debbono avere la capacità di ascoltare, sostenere, guidare promuovendo davvero una moderna rivoluzione ecologica nell’interesse di tutti.

Alberto Rebucci

Ecco le potenzialità del Porto di Ravenna dal punto di vista eolico (minieolico).6 pale consentitrebbero una produzione di energia non enorme ma significativa e con un impatto accettabile, ripagato da un'immagine green.

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Adagiato su uno dei tanti capanni di pesca del porto canale leonardesco di Cesenatico un adulto di Gabbiano reale si concedere a una mia breve intervista. Ecco qui di seguito una breve sintesi.

Rinaldi: Il suo nome generico è dai più conosciuto come Gabbiano reale ma, come lei ben saprà, un naturalista tedesco, Johann Andreas Naumann, nel 1840 le attribuisce un nome scientifico altisonante, importante Larus michahellis. Mi racconti un po’ la sua storia.

Gabbiano: Guardi ho poco tempo, tra un po’ entreranno gli ultimi pescherecci prima del fermo di pesca, non voglio perdere questa occasione, dopo sarà dura e, in confidenza, davvero poco dignitoso, solo discariche, qualche mollusco spiaggiato dalle mareggiate, il cadavere di qualche animale investito sulla statale Adriatica – insomma da predatore a spazzino. Comunque; sono nato sei anni fa in località Saline di Cervia, un ambiente davvero idoneo alla cova.

R. I suoi genitori fecero un’ottima scelta.

G. Sì, effettivamente fu una buona idea scegliere un’area protetta di difficile accesso. Ci sentivamo sicuri, ai piccoli inconvenienti che di tanto in tanto accadevano: un ratto affamato, le intemperanze di un vicino di cova, l’ombra di un falco di palude e qualche curioso di passaggio facevano fronte i miei genitori con minacce eloquenti, bastavano le loro grida e la messa in mostra del loro possente becco per dissuadere gli intrusi. Oggi sono un adulto, con la mia compagna abbiamo provato a metter su famiglia nidificando su un alto palazzo nel centro di Cesenatico ... non è andata bene.

R. Negli antichi testi di ornitologia si parla di voi come una specie migratrice, solo dalla fine dell’800 vi siete trasformati in stanziali in quanto vi siete ben adattati all’uomo e al suo modello di vita. Per questo venite definiti come specie “opportunista”. Cosa risponde?

G. E’ vero, la vostra civiltà ci fornisce un mare di opportunità. Le vostre discariche sono per noi un vero mercato all’aperto. Un’infinità di rifiuti organici ben esposti: residui domestici, scarti di macelleria, rifiuti prodotti delle industrie alimentari. Poi la pesca; le barche a strascico quando salpano le reti sono una straordinaria occasione per sfamarci di pesce fresco, alcuni si sganciano dalla rete e diventano facili prede, un po’ intontiti stentano a nascondersi nelle acque profonde. Non parliamo poi dello scarto di pesca, sempre abbondante, i pescatori non scherzano davvero, più dell’70% di quello che rimane nelle reti viene a badilate ributtato in mare. Per chi come noi si sa accontentare è una vera festa. Nei momenti difficili abbiamo poi imparato a spostarci di decine di chilometri per aggiungere altri siti di alimentazione. Risaliamo i fiumi, raggiungiamo città lontane dal mare, città piene di gente con tanti rifiuti. Nella stagione delle arature affolliamo i campi, l’aratro porta in superficie di tutto: vermi, talpe e topi, una vera leccornia. Perché rischiare la vita in faticose migrazioni quando tutto quello che ti serve lo trovi dietro casa?

R. Da sempre avete nidificato nelle aree deltizie, nelle lagune e nelle saline. Da un paio di anni avete cambiato le vostre abitudini riproduttive, molti di voi hanno incominciato a costruire nidi sui tetti delle case, su terrazzi e capannoni industriali. Perché questa sorprendente novità?

G. Beh, non è poi tanto una novità, lo è forse per Cesenatico, ma in molte parti d’Europa nidifichiamo regolarmente e da tempo sui tetti delle città costiere; succede nel Mar Nero, nel Nord Europa e in altre città dell’Europa atlantica; anche in Italia, a Trieste e a Livorno, questo accade da anni. Il nostro numero negli ultimi decenni è notevolmente aumentato, non abbiamo nemici naturali e, grazie a queste nostre capacità di adattamento, riusciamo bene o male a sbarcare il lunario. A prescindere da questa condizione direi che un vero motivo non c’è, alcuni di noi hanno probabilmente risentito della vostra sfrenata necessità di sviluppo che vi porta a occupare crescenti quote di territorio. Credo invece che la vera ragione sia da ricondurre all’abitudine che molte specie di uccelli gregari hanno; quella di simulare il comportamento di un individuo “pioniere”, uno incomincia e gli altri lo copiano. Voi umani avete inventato una scienza che porta il nome di “etologia”, lo studio del comportamento animale. Riguardatevi il capitolo che parla del “comportamento emulativo” e sarà per voi più facile comprendere questa “sconvolgente”, come voi la definite, novità.

R. In città si sta diffondendo una sorta di rigetto verso questa vostra nuova abitudine. Si parla di schiamazzi fastidiosi, di vere e proprie aggressioni verso chiunque si avvicini a voi e al vostro nido. Siete davvero così aggressivi e intolleranti?

G. Non esageriamo, noi ci fermiamo alla minacce, il nido diventa il nostro areale e come tale lo difendiamo, starnazziamo, mostriamo il becco, la nostra formidabile arma di difesa e offesa, ma non siamo mai passati alle vie di fatto. Solo un nostro lontano cugino, di nome Skua, se ben ricordo, o Strercorario maggiore che vive nelle zone fredde del Nord Europa aggredisce gli intrusi con solenni beccate. Le strida che emettiamo al mattino di buon ora fanno parte delle nostre abitudini, salutiamo il nuovo giorno, comunichiamo con gli altri componenti della tribù. Evidentemente avete fatto l’abitudine al frastuono del traffico ed a quello della movida e non al canto di un gabbiano. E’ triste credere che una comunità marinara come Cesenatico voglia passare a una forma cruenta che porta alla soppressione dei miei confratelli. Che immagine darà di sé una Cesenatico che uccide i gabbiani, il simbolo del mare?

Ora la debbo lasciare, i primi pescherecci stanno per entrare in porto, la concorrenza è agguerrita, corro il rischio di rimanere a pancia vuota, e poi … si vedrà.

A cura di Attilio Rinaldi, Presidente Centro Ricerche Marine di Cesenatico

Le interviste impossibili: il Gabbiano reale

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Piano Industriale Gruppo Hera al 2014: a Ravenna investimenti per oltre 60

milioni di euroFra i progetti di maggior rilievo gli adeguamenti e potenziamenti degli impianti di depurazione.

Gli investimenti della Struttura Operativa Territoriale Hera di Ravenna previsti fino al 2014, ammontano complessivamente a quasi 60 milioni di euro, oltre agli interventi pianificati dalle altre società partecipate dal Gruppo Hera, in particolare Herambiente.

Ciclo IdricoContinua l’attività di collegamento delle aree urbane agli impianti di depurazione. Forte impulso sarà dato, in questo senso, alla depurazione anche attraverso l’adeguamento degli impianti alle norme comunitarie ed ai nuovi volumi da depurare.

La realizzazione di questi progetti sarà possibile grazie ad un investimento di oltre 45 milioni di euro, finanziati da Hera ed oltre 15 finanziati dalle società proprietarie delle reti.

Servizi AmbientaliNel territorio servito dalla SOT di Ravenna il 2009 si è chiuso con un 52% di raccolta differenziata e per il 2010 è previsto il raggiungimento del 54%. Per incrementare ancora questi già importanti risultati, nel settore servizi ambientali saranno investiti circa 4 milioni di euro per ulteriori potenziamenti delle stazioni ecologiche, impianti di primaria importanza per il conferimento del rifiuto in maniera differenziata.

Hera, negli ultimi mesi ha presentato due progetti di comunicazione ambientale:

“Sulle tracce dei rifiuti”’Per rispondere ai dubbi sul recupero effettivo dei rifiuti e rendere trasparente il processo che segue l’impegno quotidiano di ognuno di noi nel fare la raccolta differenziata, dimostrandone l’utilità, Hera ha realizzato il progetto ‘Sulle tracce dei rifiuti’. Cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, lo studio spiega dove va a finire la raccolta differenziata prodotta sul territorio.

Infatti la recente direttiva dell’Unione Europea, sposta progressivamente gli obiettivi dalla percentuale di raccolta differenziata alla quantità di materiale effettivamente recuperato.

Entrando nel dettaglio del progetto, si scopre che a essere reintegrato nel ciclo produttivo è stato il 90,5% della carta, il 94,2% del verde, il 92,3% dell’organico, il 93,5% del vetro, il 76,4% della plastica e il 94,0% del metallo.

Questi dati sono raccolti nell’opuscolo disponibile presso gli sportelli clienti Hera presenti nella provincia di Ravenna, inviato alle amministrazioni locali, distribuito nelle scuole e in occasione di eventi pubblici. Inoltre i dati della ricerca  si possono trovare all’interno di una sezione interattiva e navigabile sul sito web www.gruppohera.it.

La nuova sezione del sito web di Hera dedicata alla scoperta dei termovalorizzatoriPer visitare e conoscere da vicino il termovalorizzatore Hera che tratta i rifiuti solidi urbani indifferenziati del ravvennate bastano 3 click. Quelli che dall’home page del sito del Gruppo, www.gruppohera.it, portano a scoprire la tecnologia, il trattamento del rifiuto indifferenziato, le emissioni e persino la struttura architettonica dell’impianto. Un viaggio virtuale accessibile a tutti. La sezione on line dedicata ai WTE è una nuova opportunità messa in campo da Hera nell’ottica di una gestione trasparente delle proprie attività

Direttamente dalla pagina del sito è anche possibile prenotarsi per visitare dal vivo uno dei sei termovalorizzatori del Gruppo Hera. Sono a disposizione le informazioni relative alle aperture al pubblico e agli itinerari per le scuole.

Rete GasPer quanto riguarda invece la rete gas, con oltre 10 milioni di euro, oltre alla normale attività di manutenzione delle reti e del loro adeguamento alle crescenti richieste di distribuzione, sono previsti importanti investimenti per il rinnovo del parco contatori con l’inserimento dei primi contatori con lettura e controllo a distanza.

“Gli investimenti, che in questi anni sono stati piuttosto rilevanti, hanno avuto la finalità di migliorare la qualità del servizio idrico (acquedotti e fognature) e tutelare l’ambiente. – dichiara Tiziano Mazzoni Direttore Hera Sot Ravenna - Grazie a ciò, ad esempio, il Gruppo Hera risulta essere l’operatore migliore a livello nazionale per quanto riguarda il livello delle perdite idriche in rapporto alla lunghezza delle reti, con perdite di rete che si attestano sui 7,9 mc per Km di rete all’anno, contro una media di altri operatori che hanno perdite superiori fino a 7/8 volte (63,2 mc)”.

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I dati del sondaggio Ipsos commissionato dagli Ecodem a livello nazionale parlano chiaro.

A ottobre 2010 il fronte del NO arriva al 62% contro il 49% del 2009 e il 35% del 2008. Quello del SI scende al 29% dal 51% di due anni fa e del 43% dell'anno scorso. Mentre gli indecisi passan dal 14 all'8 e poi 9 percento.

E' sempre più ampio il fronte di chi non è contro dal punto di vista ideologico, ma che motiva la sua scelta con considerazioni di carattere economico. Il nucleare non conviene perchè è troppo costoso, perchè ci vorrebbero troppo anni per godere degli eventuali benefici e perchè l'Italia non è un paese ricco di Uranio.

I dati sono piuttosto bipartisan, anche se l'inversione di tendenza degli elettori del PD è quella più marcata.

Segno che le battaglie degli Ecologisti Democratici, se opportunamente promosse tramite i media e rilanciate anche dal PD possono essere efficaci e condizionare l'opinione pubblica.

Nucleare: il NO arriva al 62% rispetto al 35% del 2008

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E’ de’ d’Santa Catarena (25 Novembre) o che neva o che brena, o che tira la curena o che fa la paciarena(Il giorno di Santa Caterina 25 novembre) o nevica, o fa la brina, o tira la curena (garbino o libeccio) o c’è bagnato per terra: insomma quel giorno è brutto … e basta.

La curena l’à la damigiana in tla schena(La curena – libeccio/garbino) ha la damigiana con sé .. insomma piove.

E, il mio babbo diceva sempreDop a la curena E fa la pisadena.Dopo la curena …. piove

S. Caterina ha sempre goduto delle simpatie dei Ravennati.Intanto avevano un proverbio che riporto sopra e che in pratica dice:: tutto fuor che bel tempo.Infatti, mi dicevano i vecchi, che il 25 Novembre si cominciava ad accendere le stufe negli uffici pubblici e nelle scuole ed era fatto obbligo, sia ai ragazzi sia agli impiegati, di portare qualche schiampetta o qualche fascetto per supplire alla … municipale tirchieria.La festa di S. Caterina offriva qualche opportunità alle donne ormai inabili a

lavori faticosi di fare qualche soldo andando a vendere speciali dolciumi, modestissimi.Questi dolciumi venivano fatti con pasta frolla non più grossa di un dito, poi ritagliata con forme che potevano richiamare il contorno di un gallo, una gallina, una bambola con le braccia arcuate sui fianchi come i manici di un’anfora.Il tutto poi veniva cotto al forno, decorato con filettature di zucchero e di bianco d’uovo sbattuti insieme, a disegnare artisticamente (si fa per dire!) il contorno degli occhi, delle bocche, dei capelli, pizzi, merletti, oppure dei becchi, delle creste, delle code pompose.La donne accompagnavano la vendita di tali dolciumi con una filastrocca:

Pr’i de’ d’ Santa Catarena, a j’ho e’ gall e la galena, cun la bèla bambuzena, e turon d’amandulaaa!....Le più furbe però, a questa filastrocca, ne aggiungevano un’altra:Pianzì pianz’, burdell, che Vostra mama la v’compra i brazadell….Ricordo di avere sentito anche questa filastrocca ma ricordo anche che, quel giorno … non piansi … la mia caterinetta l’avevo già avuta.

Questa era la festa di S. Caterina, perché per noi era festa quando potevamo assaggiare i biscotti e le occasioni non erano poi tante.

A Ravenna esisteva una Chiesa di Santa Caterina. Si trovava, presumibilmente, all’angolo fra l’attuale Via di Roma e Via Mariani. Detta chiesa fu venduta nel 1585 e da allora non ne resta più traccia.

RICETTE:

1)LA RICETTA DELL’IRMA (LA MIA MAMMA).

Un Kg. Di farina; 4 etti di zucchero; 2 etti di burro;2 bustine di lievito per dolci; 4 uova;buccia di limone (cavate il bianco perché è amaro).

Amalgamate il tutto aiutandovi con un po’ di latte sino a formare un impasto abbastanza morbido tale da poterlo stendere con il matterello.Fate un sfoglia alta circa mezzo centimetro e tagliatella a forma di galletti, bamboline, ecc – se avete gli stampi aiutatevi con quelli.Dopo di che provvedete ad ornare le figure con due palline dolci per formare gli occhi, filettature di zucchero e albume (la famosa …biuda..) per fare la bocca e i contorni e poi…date libero sfogo alla vostra fantasia.Non dimenticate, prima di infornare nel forno a 180°, di passare con un pennellino intinto nel rosso dell’uovo, tutto il biscotto.Il tutto poi si può abbinare con del buon Marsala, con la nostra Albana dolce o passita, o con il famoso …rosolio.Buona S.Caterina a tutti.Av salut Paolo Turchetti

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Il proverbio del mese

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