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Divisione Ricerche “Claudio Dematté” Copyright © 2012 SDA Bocconi School of Management e Capgemini Italia S.p.a. Proposta N. R/08/2011 OSSERVATORIO SOLVENCY II OPERATIONAL TRANSFORMATION LA GESTIONE DEGLI IMPATTI OPERATIVI SULLE AREE ORGANIZZAZIONE & IT E COMMERCIALE & COMUNICAZIONE

LA GESTIONE DEGLI IMPATTI OPERATIVI SULLE AREE ... · zione fatti riguardanti persone o entità particolari. Questo documento non rappresenta un’offerta di vendita né una sollecitazione

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SDA Bocconi Filippo Fochi SpA Case No. 001/04

Divisione Ricerche “Claudio Dematté” Copyright © 2012 SDA Bocconi School of Management e Capgemini Italia S.p.a.

Proposta N. R/08/2011

OSSERVATORIO SOLVENCY II OPERATIONAL TRANSFORMATION

LA GESTIONE DEGLI IMPATTI OPERATIVI SULLE

AREE ORGANIZZAZIONE & IT E COMMERCIALE & COMUNICAZIONE

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Desideriamo dedicare uno speciale ringraziamento alle compagnie ed agli executive manager che hanno partecipato ai tavoli di lavoro dell’Osservatorio Solvency II O-perational Transformation per l’edizione dell’anno 2011.

In particolare desideriamo ringraziare le seguenti compagnie che hanno fornito un prezioso contributo per la realizzazione dell’analisi contenuta nel report:

Tavolo Organizzazione & IT Tavolo Commerciale & Comunicazione

Axa Assicurazioni; Cardif Assicurazioni; Catto-lica Assicurazioni; CNP Vita; Credem Assicura-zioni; Eurizon Vita; Mediolanum Vita; Reale Mutua; UGF – Unipol Gruppo Finanziario.

Aviva; Cattolica Assicurazioni; Credem Assicu-razioni; Credem Vita; Credit Agricole; ITAS Assicurazioni; Poste Vita; Generali Group; Rea-le Mutua; Sara Assicurazioni; UGF – Unipol Gruppo Finanziario, XL Insurance.

Desideriamo inoltre esprimere un sentito ringraziamento a tutte le compagnie che han-no partecipato al questionario on line per la raccolta delle informazioni relative allo stato dell’arte del mercato assicurativo.

Ringraziamo inoltre le seguenti persone per l’impegno fornito nella ideazione e stesura del presente report. I professori della SDA Bocconi – Paola Castelli, Giuseppe Corvino, Simona Cosma, Giampaolo Gabbi e Raoul Pisani – per l’organizzazione delle attività dell’Osservatorio, le attività di analisi e ricerca, la stesura del report, nonché per la condivisione della propria conoscenza del contesto normativo e di mercato e degli im-patti sull’industry assicurativa.

I consulenti Capgemini – Alessia Borrelli, Carlalberto Crippa, Raffaele Guerra, Mi-chele Inglese, Ivan La Penna, Daniela Leoni, Andrea Scribano e Luca Virgili – per il supporto nelle attività di analisi delle informazioni e di stesura del report e per aver apportato la propria conoscenza del business assicurativo ed esperienza nell’implementazione di Solvency II.

© 2012 SDA Bocconi School of Management e Capgemini Tutti i diritti riservati. I nomi e i loghi SDA Bocconi e Capgemini sono marchi registrati di proprietà delle rispettive società. Nessuna parte del presente documento può essere copiata in nessuna forma e con nessun mezzo senza l'autorizzazione scritta di Capge-mini e di SDA Bocconi. DISCLAIMER Le informazioni contenute in questo documento sono tratte da tavoli di lavoro e survey realizzati in collaborazione con un campione di gruppi assicurativi operanti in Italia. Tutte le informazioni qui fornite sono di carattere generale e non intendono prendere in considera-zione fatti riguardanti persone o entità particolari. Questo documento non rappresenta un’offerta di vendita né una sollecitazione all’acquisto di alcun servizio, né vuole fornire alcun sug-gerimento o raccomandazione operativa o in termini di investimento. SDA Bocconi e Capgemini non si assumono alcuna responsabilità per la perdita o i danni che potrebbero derivare dall’uso improprio di questo volume o delle informazioni ivi contenute.

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Indice Indice ................................................................................................................................................................. 3Introduzione ...................................................................................................................................................... 41 Solvency II. La cornice regolamentare e l’impatto per i processi aziendali .............................................. 6

1.1 La vigilanza nel settore assicurativo ................................................................................................ 61.2 Obiettivi e struttura di Solvency II ................................................................................................... 7

1.2.1 Il primo pilastro ......................................................................................................................... 101.2.2 Il secondo pilastro ...................................................................................................................... 131.2.3 Il terzo pilastro ........................................................................................................................... 14

1.3 L’impatto atteso sulle assicurazioni ............................................................................................... 151.4 Possibili implicazioni per l’area commerciale delle assicurazioni ................................................. 17

1.4.1 Ramo vita ................................................................................................................................... 181.4.2 Rami non-vita ............................................................................................................................ 19

1.5 Le possibili implicazioni a livello organizzativo ........................................................................... 201.6 Il possibile impatto a livello tecnologico e la qualità dei dati ........................................................ 20

2 Le aree Organizzazione e IT .................................................................................................................... 222.1 Introduzione ................................................................................................................................... 222.2 Le attività oggetto di indagine ....................................................................................................... 222.3 Modello di riferimento a tendere ................................................................................................... 24

2.3.1 Processi organizzativi ................................................................................................................ 252.3.2 Information technology ............................................................................................................. 282.3.3 Persone ...................................................................................................................................... 302.3.4 Sistema di governance ............................................................................................................... 31

2.4 Impatti ed esigenze rilevati ............................................................................................................ 332.4.1 La dimensione Processi ............................................................................................................. 342.4.2 La dimensione dell’Information Technology ............................................................................ 382.4.3 La dimensione Persone .............................................................................................................. 422.4.4 La dimensione della Struttura Organizzativa ............................................................................. 46

2.5 Criticità rilevanti ............................................................................................................................ 502.6 Ipotesi di soluzione delle criticità rilevanti .................................................................................... 51

2.6.1 La dimensione dei Processi ....................................................................................................... 512.6.2 La dimensione dell’Information Technology ............................................................................ 562.6.3 La dimensione delle Persone ..................................................................................................... 592.6.4 La dimensione della Struttura Organizzativa ............................................................................. 60

3 Le aree Commerciale e Comunicazione .................................................................................................. 733.1 Introduzione ................................................................................................................................... 733.2 Le attività dei processi Commerciale e Comunicazione ................................................................ 733.3 Modello di riferimento a tendere ................................................................................................... 75

3.3.1 Prodotto ..................................................................................................................................... 763.3.2 Pricing ....................................................................................................................................... 793.3.3 Distribuzione ............................................................................................................................. 813.3.4 Comunicazione .......................................................................................................................... 85

3.4 Impatti ed esigenze rilevati ............................................................................................................ 873.4.1 La dimensione Prodotti .............................................................................................................. 883.4.2 La dimensione Pricing ............................................................................................................... 923.4.3 La dimensione distribuzione ...................................................................................................... 943.4.4 La dimensione Comunicazione .................................................................................................. 97

3.5 Criticità rilevanti ............................................................................................................................ 993.6 Ipotesi di soluzione delle criticità rilevanti .................................................................................... 99

4 Conclusioni ............................................................................................................................................ 114

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Introduzione Il processo di riforma dell’impianto regolamentare del settore assicurativo è stato condi-zionato da numerose componenti:

a) l’evidenza che i vincoli patrimoniali imposti con Solvency I e relativi ai rischi pro-priamente assicurativi erano scarsamente adeguati alle caratteristiche operative del-le compagnie e soprattutto non tenevano in adeguata considerazione l’effetto dei ri-schi finanziari ed operativi del portafoglio aziendale;

b) l’esperienza maturata in ambito bancario con Basilea 2, con particolare riferimento alla volontà di consentire anche alle imprese di assicurazione di dotarsi di modelli interni di misurazione dei rischi e di assorbimento del capitale e alla logica di as-sessment e di dialogo con le autorità di vigilanza per una più raffinata calibrazione dei rischi e della solvibilità;

c) la necessità di elevare il grado di consapevolezza del rischio assunto, mediante la definizione del risk appetite da parte degli amministratori e la diffusione della cul-tura del rischio a tutti i livelli dell’organigramma.

Una prima lettura del testo di Solvency II, sia pure con le numerose differenze di possibile recepimento nazionale, evidenzia come i capitoli siano dedicati essenzialmente ai rischi di mercato, di controparte, vita, non vita, salute, ed operativi. Il presidio organizzativo della materia è direttamente, quindi, quello del risk management, e al conseguente riflesso per l’adeguatezza patrimoniale, o capital management. Un’analisi più approfondita, anche alla luce di quanto osservato nell’ambito del sistema bancario, si deve prevedere come il nuovo framework regolamentare produrrà un inevitabi-le impatto per diversi processi aziendali che sembrerebbero neutrali. La premessa della nuova normativa è quella di individuare tutte le voci di bilancio che pos-sono alterare l’equilibrio aziendale. In particolare, sia pure in forma stilizzata, le voci che risultano considerate nello stato patrimoniale sono, nell’attivo, la riassicurazione, gli inve-stimenti, gli investimenti in unit-linked, altre attività; nel passivo, le passività assicurative (best estimate e risk margin), le passività a fronte di unit-linked, altre passività e, ovvia-mente, il capitale. Un sistema che risulti adeguato a recepire i nuovi vincoli patrimoniali non possono limitar-si alla misurazione del requisito. Il loro calcolo, se effettuato sulla base degli approcci standard, non richiede peraltro competenze particolarmente sofisticate. Ciò che risulta sicuramente più complessa è l’individuazione delle implicazioni che Sol-vency II avrà per l’intero sistema di relazioni aziendali, sia all’interno dei processi, sia fra di loro. A tal fine, si è ritenuto fosse fondamentale approfondire queste implicazioni creando un Osservatorio in grado di monitorare sia lo stato dell’arte sia l’evoluzione, dei cantieri che coinvolgono alcune aree che si potessero ritenere decisive per il successo dell’implementazione del nuovo sistema di regole che non limiti alla sola “compliance” normativa, ma che risulti anche efficace in termini di redditività e valore creato per le im-prese coinvolte. Le aree prese in considerazione sono state: l’organizzazione, l’information technology, il commerciale e la comunicazione. L’Osservatorio ha visto la costituzione di tavoli di lavoro (il primo per organizzazione e IT; il secondo per commerciale e comunicazione) con la partecipazione di responsabili ed esperti del settore, volti a evidenziare l’esperienza maturata e i progetti in essere, confron-

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tando il ciclo di maturità dei cantieri e le prospettive. I gruppi di lavoro hanno permesso di confrontare anche l’evoluzione delle attività con due incontri svoltisi nel corso del 2011 per ciascun tavolo di lavoro. Infine, sulla base di un questionario inviato alle funzioni coinvolte delle compagnie assicu-rative, sono stati analizzati i dati emersi per confrontare i risultati emersi nei tavoli e gene-ralizzare l’analisi all’industria nel suo complesso. In particolare sono stati precisati i requisiti minimi per il rispetto dei vincoli normativi e il processo che potrebbe portare alle soluzioni ideali per le aree interessate. Il report che presentiamo, frutto della collaborazione fra SDA Bocconi School of Management e CapGemini, costituisce il primo output della ricerca avviata, che si propone di contribuire al dibattito nell’ambito del settore, di permettere un confronto nel tempo at-traverso l’attività dell’Osservatorio che si svolgerà nei prossimi anni e, infine, allargare il perimetro di analisi, analizzando anche ulteriori aree di impatto.

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1 Solvency II. La cornice regolamentare e l’impatto per i processi aziendali

1.1 La vigilanza nel settore assicurativo L’evoluzione innovativa dei processi finanziari e produttivi ha condotto ad una frequente sovrapposizione di competenze tra mercato creditizio, mercato mobiliare ed assicurativo. Tale situazione ha sollecitato degli interventi miranti all’ottenimento di meccanismi e pro-cedure adatti a creare delle interrelazioni, anche a livello internazionale, tra i vari organi-smi di controllo competenti. L’obiettivo è giungere a una visuale d’insieme e minimizzare il rischio di duplicazione delle istituzioni e delle competenze attribuitegli. Per quanto riguarda il mercato assicurativo e il suo rilievo sullo svolgimento delle attività economiche e la natura fiduciaria dei rapporti, si assiste, da una parte, ad una disciplina privatistica del contratto; dall’altra, ad un apparato di monitoraggio pubblico finalizzato al-la vigilanza sull’esercizio dell’attività aziendale dell’assicuratore. Nel settore assicurativo, come in quello bancario, si è assistito a un profonda trasformazione delle norme che quoti-dianamente lo regolano e, soprattutto, della loro interpretazione da parte degli attori eco-nomici: da un sistema caratterizzato da grande rigidità negli anni Settanta si è infatti passati a uno molto più flessibile negli anni 2000. Per flessibilità non s’intende la scarsità o addi-rittura la mancanza di regole né un’approssimazione nell’affrontare questi temi, ma anzi è richiesta una sempre maggiore precisione nella scelta di norme e requisiti specifici, che consentano al sistema di autoregolarsi e sopravvivere autonomamente: da qui deriva la maggiore importanza assunta dal sistema di controllo e gestione del rischio interna. La pe-culiarità dell’attività assicurativa, ovvero l`inversione del ciclo dei costi e dei ricavi, com-porta che, a fronte di un premio incassato anticipatamente, segue un potenziale esborso, eventuale, che può talvolta non essere coperto dal premio stesso: l’esborso, infatti, può es-sere stimato inizialmente soltanto attraverso previsioni derivanti da metodi attuariali, men-tre la certezza dell’importo si avrà in momenti successivi. Esiste, però, la possibilità di commettere errori di stima che, unita all’importante ruolo che le imprese assicurative rive-stono nel mercato finanziario, ci rendono chiaro il motivo per cui la solvibilità e la solidità finanziaria siano requisiti imprescindibili per un soggetto che operi in questo determinato settore. I due requisiti sono fondamentali per il raggiungimento di altrettanti obiettivi: la tutela degli assicurati e la stabilità del sistema finanziario. L’esigenza di accrescimento de-gli strumenti a disposizione delle imprese di assicurazione, per tenere sotto controllo la solvibilità aziendale – comunemente intesa quale capacità aziendale a contrastare le obbli-gazioni nascenti dai processi di gestione – è legittimata dal progressivo incremento della componente finanziaria nei prodotti assicurativi (ad es. polizze Index e Unit linked) e dalla maggiore competitività sospingente le compagnie ad esporsi assumendo maggiori rischi di investimento atti a tenere testa alla concorrenza. Per quanto la difesa della solvibilità sia rinviabile alla capacità di produrre reddito, è richiesta la dotazione di un fondo di sicurezza per riassorbire le perdite impreviste prodotte da scostamenti degli accadimenti a dispetto delle aspettative dichiarate. In sostanza, si è introdotto l’istituto del margine di solvibilità per fornire in dote all’assicuratore una “riserva complementare”, designata dal patrimonio libero dell’impresa disponibile proprio perché in eccedenza rispetto al valore degli impegni assunti costantemente rilevabili a mezzo dell’ammontare espresso dalle riserve tecniche.

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La valutazione quantitativa del grado di solvency aziendale è demandato alla stima del “margine di solvibilità”, peculiare indicatore che ingloba in sé la funzione di garanzia in senso lato di solvibilità in quanto sintetizzabile l’obbligo di mantenere un’eccedenza delle attività rispetto alle passività proporzionata al volume di affari. Appunto per questo, si in-tuisce il suo ruolo complementare al capitale minimo e alle riserve tecniche; anzi – miran-do la gestione dell’impresa d’assicurazione – possiamo arrivare a dire che assicuri e deter-mini la capacità dinamica dell’impresa, a fronte delle riserve tecniche che dirigono verso una solvibilità statica. Del resto – riflettendo sulle proprie condizioni di esistenza – si scorge come con le passività assicurative in senso stretto si sveli uno strumento di controllo al rischio tecnico-attuariale, all’opposto con la procedura di patrimonializzazione si aspira ad intervenire sul rischio generale di fallimento e rovina di impresa. Non è superfluo ri-marcare una simile proiezione d’indagine, compiendo un raffronto sotto l’aspetto puramen-te finanziario; in realtà – quantunque si profili l’uso di criteri messi in relazione al volume di affari dell’attività di impresa svolta – il margine di solvibilità non si nutre di ricavi già riscossi, contrariamente a ciò che accade per le riserve tecniche. Il fenomeno delle attività poste a copertura delle riserve tecniche e la gestione integrata reperiscono il loro fonda-mento nei ricavi anticipatamente riscossi, il margine di solvibilità, viceversa, deve sosten-tarsi – essendo costituito in relazione ad attività ancora da svolgere – delle risorse ricondu-cibili allo svolgimento di operazioni gestionali extra-caratteristiche. Una possibile chiave interpretativa del progetto di solvibilità è quella che lo vede abbinato ad un sistema pru-denziale per le imprese di assicurazione, benché non impatti sull’applicazione del principio della competenza economica ai fini dell’assegnazione del risultato economico d’esercizio. Per quanto si riconosca un rafforzamento dell’apparato di tutela dell’integrità del capitale sociale a favore degli assicurati, non si consolida il principio della prudenza svilendo l’ammontare del reddito prodotto attraverso la previsione di un appesantimento dei com-ponenti economici negativi o un’eccessiva circoscrizione di quelli positivi.

1.2 Obiettivi e struttura di Solvency II Nel marzo del 2001, proprio mentre stavano per essere approvate le nuove normative ri-guardanti Solvency I, si decise di dare inizio ai lavori per la predisposizione di una nuova direttiva, al fine di sottoporre a revisione l’intero sistema di vigilanza prudenziale sul setto-re assicurativo; l’obiettivo non era solo quello di modificare i criteri quantitativi per il cal-colo del margine di solvibilità, ma di rivedere il complesso di regole a presidio della stabi-lità delle imprese. I primi motivi per ridisegnare il quadro normativo venivano dalle critiche spesso sollevate a Solvency I, secondo cui: 1. la valutazione di attività e passività non viene effettuata secondo un approccio market consistent, ovvero non considera le variazioni dovute alla volatilità dei fattori di mercato; 2. I parametri con cui vengono calcolati i margini di solvibilità non sono del tutto rappre-sentativi dei rischi tecnici di portafoglio; 3. I rischi al di fuori dei rischi tecnici, in particolare i rischi d’investimento, non vengono presi molto in considerazione o non sono proprio rappresentati nell’ambito del computo del livello di solvibilità;

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4. Non è possibile ridurre i requisiti imposti tramite strategie di diversificazione o trasferi-mento del rischio e dunque non vi è nessun incentivo per le compagnie per una migliore gestione del rischio; 5. Non vengono tenuti nella giusta considerazione gli effetti della riassicurazione; 6. Non favorisce una vigilanza prospettica, né tantomeno una convergenza della vigilanza stessa a livello sovranazionale. Oltre a questi problemi, vi erano altri fattori riguardanti i nuovi scenari di mercato venutisi a configurare in quegli ultimi anni, che spinsero la Commissione a tale decisione. Recen-temente si sono registrati profondi cambiamenti per quanto riguarda il business degli assi-curatori e il tipo di prodotti da essi offerti, si è manifestata una sempre maggiore competi-zione all’interno del settore e una sempre più evidente convergenza tra i vari settori finan-ziari, che ha esposto anche gli assicuratori alle frequenti crisi dei mercati che si sono regi-strate in questo periodo. Proprio per questo la stabilità finanziaria, insieme alla tutela dell’assicurato, sono le principali finalità di Solvency II raggiungibili attraverso la creazio-ne di un sistema di solvibilità più adeguato al profilo di rischio di ciascun’impresa, che in-coraggi gli assicuratori stessi ad una migliore misurazione e gestione dei propri rischi, non solo di quelli tecnici, incentivandoli, in particolare, all’uso di modelli interni: obiettivo fi-nale è l’individuazione della solvibilità complessiva dell’impresa. Nella fase di program-mazione del progetto, si stabilì che i lavori fossero suddivisi in due fasi, la prima delle qua-li, iniziata nel maggio del 2001 e conclusasi nel novembre del 2002, è stata dedicata alla definizione dell’architettura del nuovo sistema di solvibilità, dopo l’attenta valutazione di tutti i principali temi ad essa collegati. La struttura del framework regolamentare, già sperimentato in ambito bancario con l’Accordo sul capitale di Basilea 2, prevede un’articolazione in tre pilastri: il primo di questi, riguardante i requisiti quantitativi di capitale; il secondo, i requisiti qualitativi (in particolare nell’ambito della gestione del rischio); il terzo, la disciplina di mercato, che comprende tutto ciò che ri-guarda la corretta informazione e la trasparenza da parte degli operatori (figura 1). Figura 1 - Struttura di Solvency II

Fonte: ISVAP

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L’indagine svolta dal gruppo di lavoro delle Autorità di vigilanza ha portato alla stesura di una relazione denominata “Sharma Report” (dal nome del presidente del gruppo stesso), suddivisa in tre sezioni: 1. la prima analizzava gli interventi che erano stati messi in atto dalle Autorità di vigilanza in quel periodo e ne valutava l’efficacia; 2. la seconda esaminava quelli che erano stati i fallimenti delle imprese assicurative e ne analizzava le cause; 3. la terza, infine, proponeva le raccomandazioni del gruppo di lavoro a seguito delle inda-gini svolte. La principale conclusione della Relazione era che il sistema prudenziale dovesse prevedere una serie di strumenti regolamentari, preventivi o correttivi, che permettessero di interveni-re in tutte le fasi in cui un problema può manifestarsi: dalla fase più precoce (causa sotto-stante), quando, ad esempio, la cattiva gestione di un'impresa è percettibile soltanto nell'at-teggiamento dei dirigenti o dei dipendenti dell'impresa, fino all'ultima fase, quando un concatenamento di cause e di effetti (eventi esterni, decisioni inadeguate, errori, ecc.) ha già determinato un grave deterioramento della situazione finanziaria recante pregiudizio agli assicurati. In questa prospettiva, i requisiti patrimoniali venivano considerati soltanto uno dei necessari strumenti regolamentari, che non era però sufficiente da solo a costituire un sistema di vigilanza prudenziale. A tale riguardo, la relazione suggeriva una maggiore differenziazione delle soglie d'intervento in funzione delle caratteristiche finanziarie dell'impresa, senza entrare nel dettaglio su come queste soglie dovessero essere calcolate. In compenso, la relazione contiene una serie di raccomandazioni concrete per la creazione, lo sviluppo e l'armonizzazione di altri strumenti regolamentari. A conclusione della prima fase, dunque, le caratteristiche essenziali di Solvency II doveva-no essere: - valutazione della solvibilità a livello complessivo; - approccio tarato sul rischio che incentivi gli operatori a misurare e gestire i rischi; - due requisiti di capitale: il Sol-vency Capital Requirement (SCR), che rappresenta il requisito obbiettivo ed è rivolto alla copertura di perdite consistenti, e il Minimum Capital Requirement (MCR), ovvero un re-quisito minimo di sicurezza al di sotto del quale dovrebbero scattare gli interventi delle Autorità di vigilanza; - maggiore coerenza tra i sistemi finanziari;

a) vigilanza più accurata sui gruppi assicurativi e sui conglomerati finanziari; b) armonizzazione tra metodi quantitativi e metodi qualitativi; c) rapida convergenza con le attività di altri organismi internazionali, quali IAIS, IAA,

IASB ecc.; In considerazione della complessità del progetto, per promuovere la competitività, le nor-me dovevano rispondere a criteri di better regulation ovvero a principi di: 1. semplificazione: codificazione in un testo unico delle direttive assicurative vigenti; 2. trasparenza: costante consultazione con le parti interessate; 3. proporzionalità: applicazione dei medesimi principi in modo differenziato, tenendo con-to della realtà delle entità regolate; 4. valutazione d’impatto: analisi di costi/benefici delle misure proposte in relazione a tutte le componenti del mercato (imprese, consumatori e supervisors). La seconda fase, iniziata nel 2003, si è occupata della definizione nel dettaglio del progetto e della redazione dell’impianto normativo ad esso relativo, e si è conclusa con la prima proposta di “Framework Directive” su Solvency II, che è stata presentata nel luglio del 2007 ma che è diventata operativa, dopo l’approvazione del Consiglio e del Parlamento

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Europeo, solo nell’aprile del 2009. Successivamente, è stata pubblicata sulla Gazzetta Uf-ficiale nel dicembre dello stesso anno. La nuova regolamentazione, che razionalizza tutta la normativa comunitaria in materia di assicurazioni, si configura come testo unico di tutta la legislazione vita e danni e sostituisce le 13 direttive attualmente in essere, escludendo quel-le concernenti auto, conti annuali e fondi pensione.

1.2.1 Il primo pilastro Il primo pilastro dell’architettura di Solvency II, cui sono dedicati gli articoli da 73 a 132 della direttiva, contiene le disposizioni riguardanti i requisiti quantitativi che le imprese di assicurazioni devono perseguire all’interno della loro attività. In particolare, vengono det-tati criteri prudenziali per:

a) la valutazione delle attività e delle passività; b) la determinazione dei fondi propri e per la loro ammissibilità ai fini della copertura

dei requisiti patrimoniali; c) il calcolo del Solvency Capital Requirement (SCR) con particolare riguardo alla

struttura della formula standard e alle condizioni per l’utilizzo dei modelli interni; d) il calcolo del Minimum Capital Requirement (MCR); e) gli investimenti a copertura delle riserve tecniche e del SCR; f) il calcolo dei requisiti patrimoniali per i gruppi di impresa.

Fondamentali per la determinazione dei requisiti di solvibilità sono soprattutto le nuove re-gole per la valutazione delle riserve tecniche, che mirano ad una sempre maggiore armo-nizzazione a livello europeo attraverso l’utilizzo dei principi contabili internazionali IFRS, come suggerito dai rapporti del CEIOPS. Il comitato ha sviluppato, per le principali cate-gorie di attività e passività (diverse dalle passività tecniche), proprie views su come do-vrebbero essere valutate tali poste contabili. In alcuni casi, le valutazioni previste dagli IFRS risultano essere una buona approssimazione di una valutazione economica; in altri casi, il CEIOPS ritiene necessario effettuare aggiustamenti rispetto ai valori calcolati in ac-cordo agli IAS/IFRS al fine di rendere la valutazione della posta più aderente ad una valu-tazione di tipo economico. Nel dettaglio, l’art. 75 della direttiva richiede che le imprese di assicurazione e di riassicurazione valutino le attività e le passività all’importo al quale po-trebbero essere scambiate, trasferite o regolate tra parti consapevoli e consenzienti in un’operazione svolta alle normali condizioni di mercato; da notare che le passività non tengono conto del merito creditizio proprio dell’impresa. Il fair value delle poste deve es-sere determinato mark to market e, dove non possibile, mark to model, utilizzando input osservabili e sottoponendo il modello a revisione periodica. Secondo la definizione data dall’articolo 76, invece, il valore delle riserve tecniche deve corrispondere “all’importo at-tuale che le imprese di assicurazione e di riassicurazione dovrebbero pagare se dovessero trasferire immediatamente le loro obbligazioni di assicurazione e di riassicurazione ad un’altra impresa di assicurazione o di riassicurazione”. Il computo di tale importo deve es-sere svolto in modo prudente, affidabile e obiettivo e sulla base delle informazioni fornite dai mercati finanziari e dei dati generalmente disponibili sui rischi di sottoscrizione, se-condo un principio di coerenza. Da un punto di vista pratico, le riserve tecniche vengono calcolate come somma tra best estimate (migliore stima) e risk margin: il primo corrispon-de alla media ponderata dei flussi di cassa futuri (valore attuale atteso) sulla base della struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio, al lordo dei contratti di riassicu-

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razione, mentre il secondo è uguale al costo di costituzione di un importo di fondi propri pari al requisito di solvibilità necessario per far fronte agli impegni presi, ovvero al premio di rischio che un altro assicuratore richiederebbe per rilevare gli impegni stessi. Con il QIS 5, è stato introdotto un premio di illiquidità, da incorporare nel tasso di interesse con il qua-le si scontano i flussi delle liability. La valutazione di risk margin e best estimate viene ef-fettuata separatamente dalle imprese di assicurazione. Aspetto fondamentale del primo pi-lastro è, però, la previsione di due livelli per i requisiti di capitale, calcolati anch’essi valu-tando attività e passività ai valori di mercato:

1. SCR (Solvency Capital Requirement), che deve consentire all’impresa di assicura-zione di poter assorbire anche significative perdite inattese e fornire così una ragio-nevole sicurezza agli assicurati. Esso può essere considerato anche come quel capi-tale necessario a far fronte agli impegni esistenti (e a quelli che si presuppone ven-gano assunti nei 12 mesi successivi) su un dato orizzonte temporale con un predefi-nito livello di confidenza (solitamente un anno e 99,5%). Il SCR deve tenere conto di tutti i rischi quantitativi e può essere calcolato sia attraverso una formula stan-dard, sia attraverso dei modelli interni che sicuramente riescono a fornire dei requi-siti patrimoniali aderenti al reale profilo di rischio dell’impresa, sebbene comporti-no elevati costi di sviluppo e di risorse umane;

2. MCR (Minimum Capital Requirement), che stabilisce un livello di capitale minimo

al di sotto del quale l’operatività di un’impresa assicurativa presenta un rischio per gli assicurati inaccettabile, tale da rendere necessari gli interventi di vigilanza più gravi. Il modello per la determinazione del MCR dovrà essere semplice, ma allo stesso tempo robusto e verificabile, e dovrà prevedere una soglia minima e una so-glia massima. Il MCR, calcolato con una formula standard, è compreso tra il 25% e il 45% del SCR e non può essere inferiore a 2.200.000 euro per le imprese danni, 3.200.000 euro per le imprese vita e riassicurative, 5.400.000 euro per le assicura-zioni che esercitano sia i rami vita che non vita. Sugli investimenti delle imprese, Solvency II recepisce il Prudent Person Principle, che stabilisce il rispetto di prin-cipi generali di sicurezza, liquidità, redditività, diversificazione del portafoglio, senza l’imposizione, salvo casi eccezionali e su basi comunque temporanee, di pre-cisi limiti quantitativi agli attivi detenuti.

L’articolo 102 della Direttiva dispone che le imprese di assicurazione e di riassicurazione calcolino il requisito patrimoniale di solvibilità almeno una volta all’anno e comunichino il risultato di tale calcolo alle Autorità di vigilanza. La normativa distingue, inoltre, all’interno dell’articolo 101, tra sei tipi di rischi che devono essere considerati nel computo del SCR: a) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione non vita (non life); b) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione vita (life); c) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione malattia (health); d) il rischio di mercato (mkt); e) il rischio di credito (def); f) il rischio operativo. Da questi, secondo quanto descritto dall’articolo 104, è possibile giungere al calcolo del SCR di base secondo la formula standard:

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∑ ⋅⋅ρj,i jij,i SCRSCR

dove SCRi è il requisito patrimoniale di solvibilità per il fattore di rischio i-esimo, SCRj è il requisito patrimoniale di solvibilità per il fattore di rischio j-esimo, e ρij è il coefficiente di correlazione standard previsto dalle Autorità di vigilanza (tabella 1). Pertanto, il requisito patrimoniale di base è pari al prodotto di tutte le combinazioni dei re-quisiti assorbiti dai diversi fattori di rischio (a parte quello relativo al rischio operativo) moltiplicato per il relativo fattore di correlazione tra i rischi considerati nella seguente ma-trice di correlazione: Tabella 1 - Matrice correlazioni Solvency Capital Requirement ρij SCRmkt SCRdef SCRlife SCRhealth SCRnon-life SCRmkt 1 SCRdef 0,25 1 SCRlife 0,25 0,25 1 SCRhealth 0,25 0,25 0,25 1 SCRnon-life 0,25 0,50 0 0 1 Fonte: Allegato IV della direttiva Solvency II Al risultato ottenuto da questa formula vanno sommati il requisito patrimoniale per il ri-schio operativo (ex art. 107) e l’aggiustamento per la capacità di assorbimento delle perdite delle riserve tecniche e delle imposte differite (ex art. 108). Oltre all’utilizzo del metodo standard previsto dalla direttiva, le compagnie possono adot-tare, anche parzialmente, un modello interno validato dalle Autorità di vigilanza. Il model-lo, a prescindere dal metodo prescelto, deve essere ampiamente utilizzato in azienda, so-prattutto nei processi di risk management e capital assignment e deve fornire un requisito più adatto al profilo di rischio dell’impresa. Proprio al Risk Management è affidato il com-pito di costruire, testare e documentare il modello, diffondendone i risultati all’interno dell’azienda e definendone le responsabilità. Il modello deve adattarsi in maniera appro-priata al business dell’impresa e le metodologie di calcolo e le basi statistiche adoperate devono essere adeguatamente dettagliate. Devono essere, inoltre, indicati i rischi coperti, gli effetti di diversificazione e le management action intraprese. Non è prescritto alcun me-todo particolare per il calcolo della distribuzione di probabilità prevista. In tal senso, pos-sono essere utilizzati sia modelli che adattano i parametri della propria azienda al modello standard, sia modelli che si discostano totalmente da esso. Quando le imprese di assicura-zione non sono in grado di derivare il requisito patrimoniale di solvibilità direttamente dal-la distribuzione di probabilità prevista prodotta dal loro modello interno, le Autorità di vi-gilanza possono autorizzare l’uso di approssimazioni nella misura in cui tali imprese pos-sano dimostrare loro che i contraenti beneficiano di un livello di tutela equivalente a quello previsto dall’articolo 101. Solvency II intende incentivare le assicurazioni di rilevanti di-mensioni e complessità organizzativa ad adottare un modello interno e, proprio per questo,

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comporta dei requisiti patrimoniali maggiori per chi adotta la formula standard. Una se-conda causa penalizzante per chi adotta la formula standard, è che questa consente un pro-cedimento di calcolo sicuramente molto meno oneroso come tempi e costi, ma fornisce delle stime delle uscite attese (del costo dei sinistri aggregato) meno accurate, che portano ad una minore affidabilità sulla probabilità di fallimento così calcolata.

1.2.2 Il secondo pilastro Al secondo pilastro di Solvency II sono dedicati i primi 49 articoli della direttiva. Tale pil-lar è costituito, da un lato, da norme che concernono la governance, il risk management e il controllo interno dell’impresa e, dall’altro, dalla disciplina delle attività, degli strumenti e dei poteri della vigilanza. Con riferimento al primo aspetto, è di particolare rilievo la previ-sione della direttiva in base alla quale l’impresa, nell’ambito del proprio sistema di risk management, effettui regolarmente una propria valutazione dei rischi e della posizione di solvibilità (nella terminologia del legislatore comunitario: “Own Risk and Solvency Asses-sment - ORSA”); per quanto riguarda il secondo aspetto, invece, vengono definiti i nuovi principi alla base del sistema di vigilanza, secondo una nuova ottica di tipo principle ba-sed, che si discosta da quella rule based che contraddistingueva le precedenti normative: questo processo di revisione, già affrontato nel secondo pilastro di Basilea II, è noto con il nome di “Supervisory review process”. Per quanto concerne la vigilanza, l’articolo 27 af-ferma che obiettivo principale di quest’ultima dev’essere la tutela dei contraenti e dei bene-ficiari, senza dimenticare, nell’espletamento delle proprie funzione generali, il costante perseguimento della stabilità, soprattutto in situazioni di emergenza (ex art. 28), che po-trebbero portare a fenomeni di prociclicità nei suoi interventi. Negli articoli successivi vengono poi specificati quelli che sono i principi generali alla base del nuovo sistema di vigilanza: 1. la vigilanza è basata su un metodo prospettico e basato sul rischio ed include la verifica continua del corretto esercizio dell’attività di assicurazione o di riassicurazione e dell’osservanza delle disposizioni di vigilanza da parte delle imprese di assicurazione e di riassicurazione; 2. la vigilanza delle imprese di assicurazione e di riassicurazione, in particolare, compren-de un’opportuna combinazione di attività cartolari e ispezioni in loco; 3. gli Stati membri garantiscono che i requisiti stabiliti nella direttiva siano applicati in modo proporzionato alla natura, alla portata e alla complessità dei rischi inerenti all’attività di un’impresa di assicurazione o di riassicurazione; 4. la Commissione si adopera affinché le misure di attuazione tengano in considerazione il principio di proporzionalità, garantendo in tal modo l’applicazione proporzionale della di-rettiva, in particolare alle imprese assicurative di piccole dimensioni. Viene specificato, inoltre, che la vigilanza del settore assicurativo rientra nella competenza esclusiva dello stato membro di origine ed i suoi poteri comprendono il dovere di garantire che le imprese forniscano alle Autorità di vigilanza preposte le indicazioni richieste dall’articolo 35 (riguardanti l'insieme delle attività dell'impresa di assicurazione o di riassi-curazione e comprendenti lo stato di solvibilità dell'impresa, la costituzione di riserve tec-niche, le sue attività e i suoi investimenti e i fondi propri ammissibili) e che le Autorità stesse possano verificare tali informazioni, anche tramite ispezioni in loco, conformemente

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alle norme o prassi stabilite dallo stato membro stesso, come previsto delle disposizioni adottate a livello comunitario. Gli stati membri, inoltre, devono garantire che le Autorità di vigilanza abbiano il potere di adottare misure preventive e correttive per assicurare che le imprese di assicurazione e di riassicurazione rispettino le disposizioni legislative, regola-mentari e amministrative. E’ previsto, infine, che, in casi specifici ed eccezionali, successi-vamente alla procedura di riesame di loro competenza, le Autorità di vigilanza possano ri-chiedere all’impresa di assicurazione o riassicurazione un maggior accantonamento di ca-pitale (cosiddetto add-on) che deve essere sommato al requisito calcolato dall’impresa stessa. Come accennato in precedenza, obiettivo ultimo di questo processo di revisione è la convergenza in materia di strumenti e di prassi di vigilanza all’interno dell’Unione, come reso palese dall’articolo 70 della direttiva, che prevede inoltre che gli stati membri garanti-scano la presenza delle proprie Autorità di vigilanza all’interno delle riunioni del CEIOPS, tenendo sempre in considerazione i relativi orientamenti e raccomandazioni. Al fine di conseguire tale convergenza, vengono dettate una serie di disposizioni per una sempre maggiore libertà di circolazione di informazioni tra le Autorità dei diversi stati membri. Un’efficace funzione di Risk management e un’adeguata governance sono punti cardine di un solido sistema di solvibilità. Nel dicembre 2002, lo Sharma Report concluse che, sebbe-ne sia assolutamente necessario per gli assicuratori detenere un capitale adeguato a coper-tura del proprio rischio di fallimento, le decisioni del senior management e la qualità dei controlli interni sono da considerare ancor più decisivi per la sopravvivenza dell’assicuratore a lungo termine. Con la direttiva Solvency II, attraverso la nuova visione principle based, si è inteso attribuire sempre maggiore importanza agli organi amministra-tivi delle imprese di assicurazione ed in particolare del consiglio di amministrazione a cui vengono assegnate responsabilità in materia di: 1. implementazione della normativa; 2. risk appetite e strategia operativa; 3. predisposizione del sistema di Risk Management; 4. diffusione della cultura di Risk Management all’interno dell’azienda; 5. adozione di modelli interni; 6. reportistica verso l’interno e verso l’esterno. Secondo l’art. 41 della direttiva, le imprese di assicurazione devono dotarsi di un sistema efficace di governance, proporzionato alla dimensione, alla natura e alla complessità dell’azienda, in modo tale da consentire una gestione solida e prudente dell’attività. Tale sistema deve avere una struttura organizzativa trasparente ed adeguata, con una chiara ri-partizione e un’appropriata separazione delle responsabilità, e comprendendo al suo inter-no un efficace processo per la trasmissione delle informazioni.

1.2.3 Il terzo pilastro Il terzo pilastro che compone la struttura di Solvency II è contenuto all’interno degli artico-li 35 e da 50 a 55 e detta disposizioni relative ai contenuti e alle modalità dell’informativa ai fini di vigilanza e verso il mercato. Obiettivo di questa parte della normativa è il conse-

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guimento di un sempre maggiore livello di trasparenza informativa delle imprese di assicu-razione, che faciliti la vigilanza nello svolgimento dei propri compiti. Con il nuovo regime previsto, le imprese devono prepararsi a fornire pubblicamente una quantità d’informazioni molto maggiore rispetto al passato. Dall’altra parte, per il mercato sarà più semplice analizzare un’impresa, confrontare due o più imprese di assicurazione e fare benchmark sul settore assicurativo. Solvency II, infatti, intende garantire una sempre maggiore coerenza tra reporting regolamentare e informativa al pubblico a livello europeo, che porterà anche ad un cambiamento nel tipo d’informazioni richieste dalle Autorità. Oltre al supervisor, anche gli analisti, le agenzie di rating, gli inve-stitori ed i clienti potranno disporre di informazioni pubbliche sulla governance, sul profilo di rischio, sul capital management e sul grado di patrimonializzazione delle imprese. Le imprese potranno utilizzare l’informativa per dimostrare la propria solidità patrimonia-le, l’efficacia della propria governance e delle funzioni di controllo, fornendo un maggiore livello di conforto a tutti gli stakeholder. In particolare nei confronti dei clienti, le imprese potranno costruire un’immagine sulla base della loro trasparenza, solidità e capacità di ge-stione dei rischi inerenti il business assicurativo. Questo potrebbe portare nuovi investitori, precedentemente restii ad affacciarsi nel settore assicurativo, a riconsiderare le proprie stra-tegie d’investimento. Secondo quanto richiesto dalla normativa, è prevista la predisposi-zione di due tipi di documenti: il Report to Supervisor (RTS), destinato all’Autorità di vigi-lanza, che, secondo quanto descritto dall’articolo 35 comma 1 della direttiva, deve conte-nere le informazioni necessarie a valutare il sistema di governance adottato dalle imprese, l’attività che esse esercitano, i principi di valutazione applicati a fini di solvibilità, i rischi cui sono esposte e i sistemi di gestione dei rischi, nonché la loro struttura patrimoniale, il loro fabbisogno di capitale e la loro gestione del capitale. Le informazioni, inoltre, devono consentire al supervisor di adottare tutte le misure derivanti dalle funzioni assegnategli dal-la direttiva; Il Solvency and Financial Condition Report (SFCR), ovvero una disclosure pubblica redatta annualmente da parte dell’impresa d’assicurazione e contenente, come ri-chiesto dall’articolo 51, informazioni quantitative riguardanti i requisiti di capitale regola-mentari adottati, incluso ogni possibile scostamento dei propri MCR e SCR e, in caso, la maggiorazione del requisito per essi prevista. Dall’altra parte, in aggiunta alle principali informazioni finanziari, è richiesta una descri-zione qualitativa del proprio business e delle proprie performance finanziarie, del sistema di governance e dei differenti rischi affrontati all’interno della propria attività, indicando, per ogni categoria di rischio, l’esposizione, la concentrazione, la mitigazione e la sensibili-tà verso lo stesso.

1.3 L’impatto atteso sulle assicurazioni Il CEIOPS, oltre a svolgere l’attività di consulenza tecnica per la Commissione Europea, ha anche avviato una serie di studi di impatto quantitativo (QIS – Quantitative Impact Study) con l’obiettivo di ottenere indicazioni in merito agli effetti delle nuove regole sui bilanci delle imprese. I QIS risultano essere indispensabili soprattutto per la valutazione

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delle conseguenze delle nuove norme introdotte all’interno del I pilastro. Il primo studio di impatto quantitativo (QIS 1), preceduto da un Preparatory Field Study, si è svolto nel 2005 e ha avuto lo scopo di valutare il livello di prudenza delle riserve tecniche sotto diverse i-potesi. Hanno partecipato 19 Paesi europei con 312 compagnie, di cui soltanto sette italia-ne, che coprivano rispettivamente il 15% e il 23% della quota di mercato del ramo vita e del ramo danni. Il QIS 2, condotto dalle compagnie nel 2006, si è concentrato, invece, sulla valutazione di mercato di tutte le poste attive e passive, sulla definizione di SCR e MCR, calcolati per mezzo di formule standard. Il QIS 2 ha avuto una partecipazione maggiore rispetto al primo studio: 514 società distri-buite in 23 Paesi. Per l’Italia hanno partecipato 13 imprese di dimensioni medio-grandi, coprendo il 30% del ramo vita e il 37% del danni. Una partecipazione ancora maggiore da parte delle imprese si è registrata per la stesura del QIS 3, che ha coinvolto anche compagnie di dimensioni minori. Complessivamente, hanno preso parte allo studio 1.027 compagnie di 28 Paesi tra i 30 dell’area Euro: per l’Italia le imprese partecipanti sono state 73, che coprono il 71% del ramo vita e l’82% del danni. In questo studio, svoltosi nel 2007, alcuni coefficienti per il calcolo dei requisiti patrimoniali sono stati modificati, si è data una maggiore importanza alle valutazioni di scenario e ai modelli interni a discapito delle formule standard per il calcolo del SCR, ma le novità maggiori hanno riguardato la trattazione degli eligible element (capitale disponibile per la copertura degli impegni) e la previsione di un questionario anche a livello di gruppo. Sono stati inoltre rivisti i parametri per la valutazione dei rischi tecnici danni e per quelli di mer-cato: in generale, tutti i coefficienti e i parametri utilizzati per il QIS3 sono stati calibrati in modo da calcolare i SCR come VaR al 99.5% con orizzonte temporale di un anno. Come si può notare, i QIS sono condotti in modo tale che il grado della granularità e lo scopo au-mentino gradatamente. Il quinto studio di impatto quantitativo (Quantitative Impact Study - QIS 5) per le compa-gnie e i gruppi assicurativi ha avuto luogo nel periodo compreso tra luglio e novembre 2010. Lo studio aveva l’obiettivo di valutare l’impatto sui bilanci delle imprese di assicu-razione del nuovo sistema di vigilanza Solvibilità II, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2013. Rispetto al precedente studio di impatto quantitativo (QIS 4), la partecipazione al QIS 5 delle imprese italiane è fortemente aumentata: la copertura in termini di quota mer-cato è stata prossima al 100% per le imprese vita e al 97% per quelle danni. In particolare, è elevato il numero di imprese di medie e piccole dimensioni che hanno preso parte allo studio. Infine, sono stati 18 i gruppi che hanno svolto l’esercizio. Nel complesso, i risultati emersi dal QIS 5 hanno evidenziato la forte e stabile posizione finanziaria delle imprese di assicurazione italiane. In particolare, i primi risultati evidenziano un eccesso di capitale ri-spetto al valore del requisito di capitale Solvency II (Solvency Capital Requirement - SCR) di circa 38 miliardi. Per l’intero settore assicurativo europeo l’EIOPA stima un eccesso di capitale di 395 miliardi (451 nel regime di Solvency I). Per le imprese assicuratrici italiane il rapporto tra capitale disponibile (pari a circa 70 mi-liardi) e capitale richiesto (SCR) è risultato pari al 220%, mentre a livello europeo si è atte-stato attorno al 165%. La componente più rilevante del capitale richiesto (calcolato aggre-gando i requisiti relativi al rischio di mercato, al rischio di controparte, al rischio di sotto-scrizione delle polizze vita, danni e malattia) per le imprese vita è quella del rischio di mercato, che assorbe il 66% circa del requisito, e, per le imprese danni, il rischio di sotto-scrizione, che assorbe il 64%. Le principali componenti del rischio di mercato delle impre-se vita sono il rischio di tasso di interesse, il rischio azionario e il rischio spread; mentre

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per le imprese danni la maggior parte del requisito a fronte del rischio di sottoscrizione de-riva dal rischio di tariffazione e riservazione nel ramo r.c. auto. Pur in presenza di questo risultato nel complesso positivo, ANIA ritiene – in linea con il CEA che rappresenta l’intera industria europea – che dallo studio emergono complessità e criticità che pongono oneri eccessivi in capo all’industria e che, quindi, le misure di implementazione necessita-no di alcune significative correzioni. Il QIS 5 ha infatti confermato la eccessiva sensibilità delle regole di Solvency II alla volatilità di mercato. Ciò rende estremamente costosa, per le imprese e quindi per gli assicurati, l’offerta dei prodotti a lungo termine con garanzie a favore degli assicurati. A maggior ragione ciò si determinerebbe se non fossero riconosciu-ti integralmente come capitale Tier 1 gli utili attesi derivanti dal portafoglio in essere. In particolare, sono da rivedere le modalità di calcolo per l’attualizzazione delle riserve e la calibrazione dei requisiti, al fine di evitare che temporanee ed asincrone fluttuazioni nelle valutazioni dei titoli obbligazionari e azionari costringano le imprese a vendere attivi mobi-liari nei periodi di turbolenza di specifici comparti del mercato finanziario. Interventi sono anche necessari per ridurre significativamente la complessità della formula di calcolo, so-prattutto quando i rischi sono immateriali, e per implementare correttamente il principio di proporzionalità, evitando cioè di imporre un onere amministrativo eccessivo sulle piccole e medie imprese. Solvency II segna una innovazione profonda delle regole di vigilanza nel settore assicurativo europeo. Ha l’ambizione di divenire lo standard per i principali mercati mondiali. È indispensabile che siano trovate da subito soluzioni corrette ed equilibrate. Andranno dopo, e solo dopo, utilmente definite le necessarie misure transitorie, perché l’intero complesso del dispositivo entri in funzione con la opportuna gradualità.

1.4 Possibili implicazioni per l’area commerciale delle assicurazioni Solvency II avrà un profondo impatto sulle compagnie di assicurazione a livello strategico, in quanto porterà ad una rivalutazione dei propri modelli di business, sia in termini di pro-dotti offerti, sia di diversificazione del proprio portafoglio. Questo impatto varierà sicura-mente a seconda del paese e del tipo di attività svolta, ma alcuni possibili effetti risultano già ora chiari ed evidenti. Chi potrebbe beneficiare dell’introduzione della nuova normativa saranno i riassicuratori più capitalizzati, grazie all’aumento della domanda di quelle mutue assicuratrici che non trovano fonti alternative di capitale e soprattutto mediante un incremento dell’utilizzo della riassicurazione quale strumento per la risk mitigation. Dall’altra parte, le imprese più pic-cole e maggiormente localizzate saranno quelle più duramente messe alla prova, dal mo-mento che i requisiti patrimoniali dipenderanno fortemente dalla diversificazione del pro-prio business e dei prodotti offerti. Quanto detto potrebbe portare a fenomeni di consoli-damento soprattutto all’interno dei mercati maggiormente frammentati, dove minore è la possibilità di raccogliere capitale, rendendo l’industria assicurativa europea stessa più effi-ciente. Non va sottovalutato, infine, che i grandi gruppi faranno sempre più ricorso, per ge-stire al meglio i propri bilanci, a strutture specifiche di ingegneria finanziaria, siano essi programmi di cartolarizzazione che contratti finanziari ad hoc. Solvency II, come ricordato in precedenza, basandosi su principi economici, consente l’utilizzo di un’ampia gamma di strumenti per la copertura o il trasferimento del rischio. È necessario, tuttavia, avviare dei cantieri di attività finalizzate a valutare l’impatto che tali prodotti avranno in termini di bi-lancio. Una tappa importante in tale contesto è rappresentata ancora una volta dalla valida-

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zione dei modelli di valutazione da parte degli Organi di vigilanza. La direttiva, inoltre, aumenterà considerevolmente la trasparenza all’interno del business e questo potrebbe por-tare gli assicuratori a cercare di ottenere ricavi maggiori per quelle linee di prodotto che ri-chiedono maggiori accantonamenti di capitale. Dall’altra parte, invece, la maggiore consa-pevolezza del proprio profilo di rischio porterà ad un minore utilizzo di quelle linee di bu-siness che comportano una distorsione del profilo stesso.

1.4.1 Ramo vita L’affinamento delle tecniche di misurazione e analisi dei rischi può avere dunque degli impatti importanti sulla tipologia dei prodotti venduti e sul pricing degli stessi in quanto dovrebbe consentire di tarare il costo dei prodotti ai rischi sottostanti, fino all’eventuale so-stituzione di alcune linee di prodotto. Il rafforzamento delle riserve tecniche da parte di Solvency, infatti, tramite l’utilizzo del risk-free per l’attualizzazione delle stesse (a pre-scindere da quelle che sono le attività a copertura), comporterà dei requisiti maggiori per alcuni titoli, quali ad esempio corporate bond, e dunque rendite minori, soprattutto per quanto riguarda gli assicuratori vita che maggiormente investono in tale tipo di strumenti. Quanto detto comporterà anche una maggiore volatilità del bilancio, dato che variazioni nei credit spread si ripercuoteranno esclusivamente sul passivo, rendendo le compagnie maggiormente esposte al rischio di tasso d’interesse legato ai propri prodotti ed in generale al rischio di mercato. In termini di gestione del bilancio, sebbene la problematica sia anco-ra allo studio dei diversi gruppi di lavoro coinvolti, sarà necessario avviare anche delle at-tività finalizzate a riconciliare quanto indicato nella normativa Solvency II con le regole previste dai criteri IFRS, il che non farà altro che aumentare i costi legati all’adeguamento alla nuova regolamentazione. Come se non bastasse, si ritiene che molti assicuratori vita, a causa dei nuovi requisiti previsti per le garanzie, aboliranno del tutto o, quantomeno, dimi-nuiranno la propria offerta di prodotti garantiti, aumentando le tariffe legate a tali prodotti, alla ricerca di una profittabilità più adeguata al proprio profilo di rischio. Anche la previ-sione di un risk margin basato sul costo del capitale risulterà assai oneroso per quelle im-prese che detengono un portafoglio di polizze vita molto esteso, e ciò, unito ai fattori pre-cedentemente elencati, potrebbe spingere molti assicuratori del comparto vita a spostare le proprie sedi principali al di fuori dell’Europa per garantire una maggiore possibilità di im-piego del proprio capitale. Le possibili soluzioni previste per diminuire il peso dell’adozione di Solvency da parte delle compagnie europee sembrano essere due. Da una parte, è stata introdotta, tramite il QIS 5, la possibilità di includere i profitti derivanti dai cash flow futuri nel capitale a copertura dei rischi; ma questa soluzione, se da un lato sem-brerebbe essere positiva, dall’altro comporterebbe comunque costi maggiori per la valuta-zione della profittabilità futura degli strumenti. La seconda soluzione, invece, riguarda l’introduzione in alcuni mercati europei di speciali “ammortizzatori” che aiutino a diminui-re l’accantonamento patrimoniale. In Olanda e in Francia, ad esempio, sono state diretta-mente collegate le garanzie che coprono i tradizionali prodotti vita all’andamento degli in-dici sui bond statali, riducendo così notevolmente l’esposizione verso il rischio di tasso. I problemi fin qui elencati dovrebbero incidere solo in minima parte sulle compagnie italiane che sono tipicamente meno esposte al rischio di mercato e fanno un grande uso di prodotti di tipo unit-linked. Questi ultimi rappresentano uno strumento quasi perfetto, visti con l’ottica dell’assicuratore, sia dal lato dell’attivo che dal lato del passivo. Se, da una parte, infatti, il rischio d’investimento ad esso legato è quasi interamente sopportato da terzi,

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dall’altra, i profitti che ne scaturiscono possono essere considerati come capitale disponibi-le, come detto in precedenza. Per quanto riguarda i prodotti ibridi e a rendita variabile, essi potrebbero beneficiare dell’introduzione del nuovo sistema a seconda del loro costo e del loro profilo di rischio. La copertura dei rischi legati a questi prodotti innovativi potrebbe certamente ridurre i requisiti di capitale, dato che gli strumenti di mitigazione dovrebbero essere facilmente assimilati all’interno della nuova normativa, ma allo stesso tempo po-trebbero comportare degli ulteriori accantonamenti dovuti ad una maggiore esposizione verso il rischio di controparte e alla volatilità di mercato. In generale, si ritiene che solo le compagnie più sofisticate e con un elevato livello di controllo interno possano essere in grado di ottenere profitto da questi prodotti, ed anche questo tipo d’imprese dovranno cer-care comunque di limitare la loro esposizione verso di essi, dato che anche la crisi ha di-mostrato come siano poco profittevoli.

1.4.2 Rami non-vita Dal lato delle compagnie non-vita, Solvency diminuirà la profittabilità di molti prodotti, obbligando gli assicuratori ad aumentare i prezzi degli stessi o comunque a stabilire delle condizioni più restrittive per i rischi che vengono coperti. Si è stimato, attraverso il QIS 5, che, per questo tipo di compagnie, l’entità dei requisiti di capitale deriverà principalmente dal rischio di sottoscrizione non-vita, anche se ciò dipenderà essenzialmente dal tipo di prodotti offerti. Il requisito complessivo, in generale, dovrebbe subire un grosso incremen-to rispetto a quello calcolato tramite Solvency I (in alcune compagnie tale aumento potreb-be essere addirittura del 600%), a causa dell’aumento delle riserve tecniche richieste e dell’accrescimento dei requisiti richiesti per il rischio di sottoscrizione appunto e per il ri-schio di default, quest’ultimo soprattutto legato all’esposizione verso controparti di tipo corporate. Inoltre, i requisiti di capitale potrebbero anche subire l’effetto dovuto alla nuova valutazione delle poste di bilancio di tipo market-consistent, il cui impatto varierà tra paese e paese. In Italia a differenza di quanto accaduto in Germania, ad esempio, le compagnie danni, nonostante l’incremento dei requisiti, hanno relativamente limitato il ricorso alle ri-serve occulte, che sono considerate forme di eligible capital secondo Solvency II, e dunque saranno probabilmente costrette ad aumenti di capitale o, molto più semplicemente, a rin-carare i prezzi dei propri prodotti. Come emerge nella tabella 2, gli impatti attesi possono essere ricondotti alla struttura del processo, all’equilibrio fra requisiti qualitativi e quantitativi, alle applicazioni commerciali e alle opportunità di ampliamento del business. Tabella 2 - Solvency II e l’impatto commerciale Struttura del processo Equilibrio fra requisiti

qualitativi e quantitati-vi

Applicazioni commer-ciali

Opportunità di am-pliamento del business

Compliance Solvency II Compliance pillar 2 e pillar 3

Azioni strategiche per il business

Implementazione della culture del rischio

Modelli interni Definizione del risk ap-petite

Strategie di investimento e ALM

Comunicazione e mi-glioramento della repor-

tistica Industrializzazione dei modelli attuariali e dei

processi

Sviluppo ORSA Applicazione use test Sistemi premianti

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Strumenti a supporto di una consulenza di elevata qualità Fonte: Towers Watson, 2011

1.5 Le possibili implicazioni a livello organizzativo Con Solvency II, l’organizzazione interna delle compagnie dovrà subire profonde trasfor-mazioni se queste vorranno rendersi compliant con la nuova normativa. Inoltre, i costi dell’implementazione, seppur regolati dal principio di proporzionalità, devono essere e-quamente suddivisi tra tecnologia, processi e formazione. Per giungere ad una gestione at-tiva dei rischi, infatti, risulta essenziale intervenire sulle procedure organizzative per moni-torare i rischi esistenti e gestire i nuovi in funzione del loro impatto marginale sul portafo-glio. Solvency II spinge le compagnie ad effettuare una selezione dei rischi da sottoscrive-re, per evitare una concentrazione troppo elevata che richiederebbe una maggiore disponi-bilità di capitale a discapito della redditività dei contratti. Le compagnie assicurative, già coscienti di tali difficoltà, hanno già provveduto a predi-sporre le tecniche finalizzate alla misura del RAROC (Risk Adjusted Return on Capital), che rimpiazzerà l’EVA, ma in ogni caso la riforma Solvency II impatterà direttamente sui calcoli di redditività. Tutte le funzioni aziendali dovranno adeguare le proprie procedure operative affinché queste rispettino le disposizioni di Solvency II e per garantire un proces-so decisionale più rapido. Fondamentale, per adeguarsi ai nuovi requisiti previsti dalla normativa, sarà l’adozione di un processo di Enterprise Risk Management (ERM), che in-cluda la nomina di un Chief Risk Officer (CRO), o comunque di un comitato esecutivo per la gestione dei rischi. Un’efficiente funzione di risk management potrebbe portare a bene-fici in termini di:

a) minori accantonamenti di capitale e conseguente possibilità di fissare prezzi più competitivi per determinati prodotti;

b) diversificazione del portafoglio per le imprese più grandi; c) sviluppo di tecniche di gestione dei rischi specifiche per determinate aree di prodot-

to da parte delle compagine di minori dimensioni. Tutto ciò renderà indispensabile per le imprese una maggior domanda di risorse qualificate ed è proprio per questo motivo che le compagnie dovrebbero giocare d'anticipo sul proget-to Solvency II e prevedere un piano di training per ampliare le capacità all'interno dell'or-ganizzazione. Probabilmente, però, l’esigenza di tali interventi non sarà sentita come prio-ritaria ma si procederà ad una rivisitazione di tale ambito solo in un secondo momento sul-la base dell’avanzamento del progetto. In questo contesto, comunque, molto importante risulterà il ruolo del consiglio di ammini-strazione e del management esecutivo in generale, che si dovranno impegnare in prima persona nella definizione della strategia di rischio complessiva e nel supporto dei processi di cambiamento del management stesso, che saranno necessari per la costituzione di una solida cultura del rischio all’interno dell’organizzazione. La formalizzazione richiesta dall’ORSA è lo strumento per dimostrare l’assunzione di tali responsabilità e, dunque, l’effettivo ruolo di indirizzo, supervisione e controllo della strategia di risk management della compagnia.

1.6 Il possibile impatto a livello tecnologico e la qualità dei dati

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La qualità dei dati costituirà un punto cruciale per ottenere l’approvazione dell’Autorità di Vigilanza, sia che si tratti della validazione di un modello standard, sia di quello di un mo-dello interno. Il CEIOPS ha proposto un Consultation Paper nel quale rammenta i tre crite-ri che ritiene utile considerare: le compagnie d’assicurazione dovranno effettuare i loro calcoli, in particolare la determinazione delle riserve tecniche, attraverso l’utilizzo di dati pertinenti, esaustivi e precisi. Allo stesso tempo, ha precisato le condizioni che permette-ranno di ricorrere a delle approssimazioni (proxy, utilizzo di dati esterni, approcci caso per caso, ecc.). Le compagnie d’assicurazione dovranno creare dei data warehouse e perfino adattare, o arricchire, quelli già a disposizione. Inoltre, dovranno giustificare la coerenza di questi dati con quelli utilizzati dalle altre funzioni (contabilità, controllo di gestione, marketing, ecc). La quadratura dei dati originati da fonti differenti, sovente all’origine di problemi, è facil-mente controllabile dall’Autorità di vigilanza, e può penalizzare e inficiare un modello seppur sofisticato. Le compagnie assicurative che intendono implementare un modello interno per tutte le so-cietà del gruppo, dovranno assicurarsi della disponibilità e dell’omogeneità dei dati prove-nienti dalle differenti filiali. Se non l’hanno ancora fatto, le compagnie dovranno realizzare dei sistemi di riferimento dei dati ed estenderli ai differenti sistemi d’informazione che hanno al loro interno. Secondo alcune stime, il lavoro di raccolta e certificazione della qua-lità dei dati, rappresenterà almeno il 20% del costo totale del progetto. Si tratta dunque di un aspetto cruciale che l’Autorità di vigilanza non mancherà di controllare e a cui le com-pagnie dovranno adeguarsi completamente.

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2 Le aree Organizzazione e IT

2.1 Introduzione L’analisi condotta nell’ambito dell’Osservatorio ha focalizzato dapprima l’impatto atteso di Solvency II per Organizzazione e Information Technology. L’opportunità di considerare assieme questi due ambiti è legata alla necessità di valutare nel contesto dell’Organizzazione prevalentemente la dimensione dei processi che, a sua volta, è estre-mamente legata alla dimensione Information Technology: non solo infatti l’analisi di pro-cesso richiede spesso la necessità di trattare informazioni e scelte tecnologiche, ma la revi-sione dei processi (sia in termini di BPI, sia in termini di BPR1

2.2 Le attività oggetto di indagine

) richiede espressamente in-terventi tecnologici al fine di sostituire attività “povere” con automazione e/o modificare le competenze e le mansioni delle persone con l’accesso a maggiori dati ed informazioni. Di-verse indagini dimostrano come nel settore assicurativo vi siano i presupposti per significa-tivi incrementi di produttività effettuando interventi non tanto sulla macrostruttura organiz-zativa, quanto piuttosto sulla microstruttura ed in particolare sui processi e sui sistemi in-formativi che caratterizzano le compagnie.

Durante i tavoli di lavoro i responsabili delle imprese assicurative partecipanti hanno iden-tificato una serie di impatti operativi relativi alle aree organizzazione/IT e che sono stati percepiti cruciali nel percorso di adeguamento a Solvency II. Di seguito tali impatti opera-tivi sono stati ricondotti al modello disegnato nella figura 1.

Un primo risultato emerso nell’ambito del gruppo di lavoro è rappresentato dal riconosci-mento dell’importanza assunta da un’approfondita analisi di processo volta a mappare le attività che sono impattate da Solvency 2. A fronte di tale riconoscimento, tuttavia le compagnie hanno fatto emergere come in diversi casi l’attività di mappatura non sia stata ancora completata perché attualmente sviluppata prevalentemente in termini di macro-processi alla luce anche del progressivo precisarsi dei contenuti della nuova Regolamenta-zione2

1 Entrambe le nozioni implicano un intervento sui processi: nel caso del BPI (Business Process Innovation) l’intervento è incementale ed è finalizzato ad obiettivi di miglioramento dell’efficienza (o a riduzione di costi) dei processi organizzati-vi coinvolti, nel caso del BPR (Business Process Reengeneering) l’obiettivo è di miglioramento drastico delle prestazioni al fine di incrementare fortemente le performance della compagnia attraverso una completa ridefinizione dei processi or-ganizzativi che la compagnia si era data in passato.

. Questo primo risultato è peraltro confortato da ulteriori rilevazioni condotte su compagnie anche estranee al gruppo di lavoro e che hanno fatto emergere la necessità di definire a priori la funzione organizzativa che effettua l’analisi dei processi e ed il loro ag-giornamento periodico (talvolta questo compito è attribuito alla Direzione Organizzazione, talaltra al Risk Management, in quest’ultimo caso nell’ambito del monitoraggio dei rischi operativi). Peraltro occorre notare come altre rilevazioni mostrino come la mappatura dei processi potrebbe essere già in essere all’interno della compagnia (per esigenze di efficien-tamento aziendale), ma non essere sufficientemente finalizzata alle esigenze di Solvency (o

2 Processo di elaborazione della Direttiva, evoluzione dei QIS e dei Consulation Papers CEIOPS ed EIOPA.

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perché alcuni processi non sono ancora oggetto di analisi, o perché le esigenze regolamen-tari stanno ponendo attenzione ad aspetti peculiari3

).

Figura 1 – Modello di riferimento Organizzazione e IT

Un secondo risultato emerso concerne la sensibilità avvertita dalle compagnie verso la reingegnerizzazione di processi volti a dare risposte alle esigenze più stringenti poste dalla normativa in modo particolare quelle volte a misurare l’SCR, il MCR o l’ORSA, ed in mo-do particolare volte a definire il set informativo necessario per adempiere alle esigenze im-poste nel corso del tempo per i QIS. In questo quadro le compagnie avvertono da un lato la necessità di strutturare modalità di reperimento delle informazioni per alimentare tali esi-genze conoscitive e dell’altro lato l’esigenza di rivedere alcuni processi operativi che mag-giormente sono legati alla logica Solvency come ad es. quello di pricing o di raccordare e-sigenze emerse da diversi processi fra di loro (es. il processo di investimento delle risorse con gli standard accettati in termini di risk appetite).

Le compagnie facenti parte del gruppo di lavoro avvertono come certamente l’avvicinamento a Solvency 2 abbia prodotto un potenziamento dei flussi informativi fra le funzioni maggiormente coinvolte (Risk management, Direzione Finanza, Attuariato, Con-tabilità, Riassicurazione) e però, il prodursi di tali flussi abbia fatto emergere carenze lega-te alla disponibilità o alla qualità dei dati o ancora alla necessità di precisazioni semantiche volte a definire più accuratamente il dato oggetto di rilevazione (pena l’inconciliabilità di un dato elaborato da una funzione con quello detenuto da un’altra funzione). Su questo punto occorre ricordare come da altre rilevazioni sia emerso come talvolta i dati non sia di-sponibili perché il sistema informativo legacy potrebbe non aver censito dati specifici (ad 3 Come ad es. le politiche di outsourcing.

1. Processi 2. IT

3. Persone 4. Sistemi di governance

1.1 Valutazione reserve e risk margin

1.2 Definizione SCR rischi assicurativi

1.3 Definizione SCR rischi finanziari

1.4 Modelli interni

1.5 ORSA

1.6 Implicazioni terzo pilastro

2.1 Definizione dei dati rilevanti

2.2 Data quality

2.3 Modelli di calcolo

2.4 Sistemi di reporting

3.1 Consapevolezza Alta Direzione 3.2 Consapevolezze funzioni di controllo

3.3 Consapevolezza key functions

3.4 Consapevolezza Compagnia

4.1 Poteri e responsabilità organi

4.2 Poteri CdA

4.3 Autonomia delle funzioni di controllo

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es. ciò potrebbe accadere con la nozione di “professione” dell’assicurato, quando non ri-chiesta espressamente per prezzare la polizza) oppure perché all’interno del sistema infor-mativo aziendale gli applicativi relativi ai Decision Support Systems non sono sufficiente-mente allineati al sistema legacy e quindi non riescono a disporre – in modo sufficiente-mente adeguato (anche in termini temporali) – di informazioni presenti nel sistema infor-mativo aziendale. Sotto il profilo semantico occorre tener conto che talvolta nel settore as-sicurativo un dato contabile (ad es. i premi) può rappresentare una nozione “grezza” che necessita di ulteriori precisazioni affinché possa essere considerata operativamente utile4

Non vi è dubbio come il processo di adeguamento a Solvency abbia ulteriormente fatto emergere esigenze di adeguamento dei sistemi informativi aziendali che peraltro erano già note alle compagnie e che fondamentalmente concernono la mancanza di integrazione fra sistemi e che altre indagini attribuiscono a diversi fattori indipendenti da Solvency (speci-ficità del settore, organizzazione funzionale per ramo, sviluppo informale

.

5

Da ultimo le compagnie avvertono attualmente come il progetto Solvency sia fondamenta-lemente presidiato dalle funzioni di controllo apicali ed in particolare dalla funzione Risk Management. Da questo punto di vista si avverte l’esigenza di un maggiore recepimento degli effetti del progetto sia nei confronti delle altre funzioni di controllo sia nei confronti della restante struttura con particolare riferimento alle direzioni di business ed in sub-ordine anche alla struttura distributiva. Affinché questo possa avvenire occorre che – pre-liminarmente – vengano individuate da parte dell’Alta Direzione di nuove metriche di per-formance volte a misurare le scelte aziendali e quindi le strategie ed i risultati delle dire-zioni di business. In definitiva si avverte la necessità di un maggiore coinvolgimento dell’Alta Direzione e degli Organi Amministrativi che vada oltre una condivisione degli stati di avanzamento del progetto e che sia finalizzata a definire le principali scelte strate-giche verso le quali le compagnie si dovranno orientare.

di applicazioni IT, progetti di adeguamento informatico eccessivamente lunghi e superati dalla tecnologia o rivisti per effetto di acquisizioni o fusioni, investimenti informatici non accompagnati da logiche BPR). La necessità di superare questi limiti fa sì che le compagnie riconoscano la necessità di disporre di un Datawarehouse unico o quanto meno di un sistema integrato (system integration) di gestione dei dati aziendali che assicuri completezza ed univocità ai dati volti ad alimentare i processi core di Solvency.

2.3 Modello di riferimento a tendere Il modello di riferimento è espresso in termini di road map in cui sono identificati gli inter-venti che consentono alle dimensioni Organizzaione ed IT da un lato di essere compliant con la normativa Solvency II e, dall’altro, di sfruttare l’adeguamento normativo per coglie-re l’opportunità di un incremento sensibile del livello di efficienza.

4 Ad es. la nozione di premi di un certo ramo può rappresentare un’informazione caratterizzata da diverse accezioni e che necessita quindi di ulteriori precisazioni affinché possa essere considerata operativamente utile (premi incassati, premi di competenza, premi lavoro diretto, premi al netto della riassicurazione attiva e passiva, etc.). 5 Cioé non accompagnata da adeguata documentazione esplicativa volta a facilitare eventuali up-grading.

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Figura 1. Modello Solvency II a tendere dell'area Organizzazione e IT

Ciascun intervento può essere realizzato con diversa intensità. Di seguito, pertanto, ciascun intervento è descritto più in dettaglio indicando:

• il minimo che la compagnia deve fare per essere compliant con la Direttiva; • l’intervento ottimo che consente di tradurre in opportunità un intervento di ade-

guamento normativo; • un intervento intermedio.

Solvency II impone un ripensamento trasversale di diversi processi organizzativi, del fab-bisogno informativo necessario e del grado di coinvolgimento degli attori. Per questo mo-tivo, nelle pagine che seguiranno sarà individuato un livello di compliance minimo volto ad esclusivamente rispettare le nuove regole, di coinvolgimento ideale finalizzato a massi-mizzare l’impatto sulla compagnia e di adeguamento intermedio.

2.3.1 Processi organizzativi Con riferimento all’ambito processi organizzativi, Solvency II si basa su un’architettura a pilastri interdipendenti che per esigenze espositive saranno esaminati singolarmente. A livello di primo pilastro Solvency, indipendentemente dall’uso o meno di un modello in-terno (e quindi anche facendo ricorso alla standard formula), impone l’individuazione di informazioni relativamente nuove che impattano sulla determinazione della best estimate riserve tecniche (Area 1), sul risk margin o sull’SCR (Area 2 e 3). Si pensi ad esempio alla necessità di considerare nell’ambito della determinazione delle riserve tecniche il compor-tamento degli assicurati tanto nel vita (e quindi nel vita prendere in considerazione i rischi

IT

2012 Oltre 2012

Valutazione delle reserve

Processi

Governance

SOLVENCY Organizzazione

IT

Modelli interni

SCR rischi fin.ri

Persone

Formazione key funtions

Data quality Poteri di controllo del CdA

Formazione AD

ORS

SCR rischi ass.vi

Modelli di reporting Formazione aziendale

Modello di calcolo

Poteri e responsabiltà

Autonomia funzioni di controllo

……..

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riscatto di polizze finanziarie o di interruzione di pagamento nel caso dei premi unici ricor-renti/inserimento in differimento automatico di scadenza), quanto nei danni (possibilità di risoluzione di contratti pluriennali, lunghezza delle “code” in termini di pagamento dei contratti RC). Ancora si pensi alla necessità di valutare l’impatto sull’SCR dei rischi assi-curativi e finanziari derivanti dalla considerazione congiunta di attivo e passivo (rischi cre-dito, rischi di tasso di interesse, azionario, immobiliare, etc.) con la possibilità di generare impatti sull’SCR in termini differenziali6

Nel caso in cui la compagnia propenda poi per un modello interno (Area 4) dovrà essere come minimo istituzionalizzato un nuovo processo organizzativo volto a documentarne i contenuti

. Il reperimento delle informazioni di cui sopra implica l’attivazione di un processo volto a coinvolgere diversi attori (attuariato, commer-ciale, liquidazione sinistri, finanza, risk management, riassicurazione) e finalizzato sia alla raccolta dei dati, sia alla previsione di un flusso di feed-back volto a produrre cambiamenti nei comportamento di diversi attori/organi che pur non essendo direttamente impegnati nel processo di quantificazione delle riserve o dell’SCR ne determinano i presupposti. Effetti di questi cambiamenti possono riguardare la politica di assunzione, liquidazione, investi-mento lucrativo delle riserve e quindi più o meno direttamente impattare la politica di mer-cato, la redditività e le stesse strategie competitive della compagnia. Ne deriva anche che gli effetti del reperimento delle informazioni di cui sopra debbano essere portate all’attenzione dell’Alta Direzione proprio per alimentare un processo di cosciente analisi e monitoraggio dei rischi assunti dalla Compagnia.

7

A livello di secondo pilastro nell’ambito Solvency valgono le disposizioni riguardanti l’Own Risk and Solvency Assessment (ORSA)

, lo use test, ad individuare i costi del progetto (iniziali e di manutenzione) ed i vantaggi in termini di minore assorbimento di capitale rispetto alla formula standard. A li-vello ideale occorrerebbe identificare anche un processo evolutivo della compagnia verso la massimizzazione dei vantaggi che l’adozione di un modello interno potrebbe determina-re.

8

1. resta sotto la diretta responsabilità dell’Organo amministrativo della Compagnia, deve essere periodicamente regolarmente rivista e tradursi in un documento appro-vato dall’Organo Amministrativo;

. L’ORSA (Area 5) deve fornire una visio-ne dei rischi e della solvibilità per il l’Alta Direzione e nei confronti delle Autorità di Vigi-lanza consente di dimostrare che la solvibilità e le attività di gestione dei rischi sono sotto il controllo del Consiglio di Amministrazione. L’ORSA dovrebbe essere un processo rego-lare che deve permettere di dimostrare una comprensione efficace e formalizzata dei pro-blemi connessi al rischio e ai requisiti patrimoniali. L’ORSA deve tradursi in un macropro-cesso che:

2. il macroprocesso ORSA deve contemplare tutti i rischi rilevanti (il che richiede un preliminare assessment dei rischi che superino una soglia di materialità) che pos-

6 Sull’argomento si rinvia a QIS5 Technical Specifications 7 Più in particolare, occorrerà fornire una descrizione generale del modello (principali fasi di costruzione, risorse da allo-care, attribuzione delle responsiabilità, comitati chiave e grado di coinvolgimento dell’Organo Amministrativo), l’indicazione delle caratteristiche tecniche (perimetro di utilizzo e debolezze o circostanze nell’ambito delle quali il mo-dello non funziona adeguatamente, tecniche di modellizzazione dei rischi e di aggregazione dei risultati, struttura infor-matica in termini di fonti e flussi di alimentazione), descrizione del sistema di risk management (strategie, processi e pro-cedure di segnalazione utilizzate per gestire i rischi unitamente al ruolo del modello interno nell’ambito del sistema di gestione dei rischi), conformità del modello interno ai requisiti richiesti per l’approvazione (definizione dettagliata delle attività svolte dal modello rispetto ai requirements della normativa), indicazione dei dati ottenuti da fornitori esterni (i-dentificazione dei dati forniti da terzi documentando il ruolo svolto dai fornitori). 8 Artt. 45, 246 c. 4 e Considerando 36 della Direttiva Solvency e Consultation Paper on the Proposal for Guidelines on Own Risk and Solvency Assessment, EIOPA, November 2011.

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sono avere impatto sulla capacità della compagnia di adempiere gli obblighi che si è assunta (i rischi considerati non dovranno essere solo quelli contemplati nel pillar one, ma anche ulteriori es. rischi reputazionali e di appartenenza al gruppo). Ciò implica che esso deve incorporare ulteriori processi formalizzati e finalizzati alla mappatura dei rischi tecnici danni, vita, rischio di mercato, di credito, operativo at-tribuendo il ruolo di process-owner a specifici organi;

3. i processi attivati dall’ORSA devono tradursi in una misurazione e valutazione dei singoli rischi secondo un’ottica lungimirante tenendo conto dei piani di business della compagnia e delle proiezioni future;

4. ed il tutto deve far parte integrante dei processi di management e decisionali della compagnia ed i singoli processi ed i risultati dell’ORSA devono essere evidenziati appropriatamente internamente documentati e valutati ed approvati.

L’attuazione del macroprocesso ORSA implica elevati impatti particolarmente su processi direzionali (principalmente di governance e di controllo) rivolti a definire le politiche di al-locazione ed assorbimento di capitale, su processi di core business (quali l’assunzione, la liquidazione, la riassicurazione e la finanza) rivolti a definire il contenuto tecnico ed il pri-cing dei contratti e su alcuni processi di supporto (quali la contabilità, l’organizzazione ed i sistemi informativi) finalizzati al reperimento di dati ed informazioni volti ad alimentare i singoli sottoprocessi. In un’ottica più estesa il macroprocesso ORSA finisce per riguardare ulteriori processi come quelli di pianificazione e controllo, legali (ad es. sulle implicazioni dei contratti di outsourcing o in merito al contenuto di circolari e norme interne) ed ancora organizzativi (determinando interventi su organigrammi e funzionigrammi). E, come ve-dremo, il macroprocesso ORSA, finisce anche per presentare effetti in termini di gover-nance dell’intero macro-processo Solvency. Infine, a livello di terzo pilastro la compagnia è tenuta ad offrire alle autorità di vigilanza ed al mercato una serie di informazioni quali-quantitative volte a rappresentare i rischi cui la compagnia risulta esposta, il sistema di gestione dei rischi medesimi, la struttura patri-moniale e di governance, le modalità adottate per il calcolo fabbisogno di capitale e di al-locazione del medesimo. Anche in questo caso il macroprocesso attivato vedrà la presenza di diverse funzioni fra cui l’Organizzazione, il Chief Financial Officer, la Contabilità, l’Investor Relator, l’IT. Tabella 1. Sintesi degli interventi in ambito processi organizzativi per livello di inten-

sità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

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AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 1 Valutazione riserve

Analisi dei cash flow rappresentativi delle ri-serve alla luce del com-portamento dei contra-enti, assicurati e benefi-

ciari. Attualizzazione dei cash flow e determi-

nazione delle riserve.

Sensitivity analysis delle riserve alla luce di ipote-si di base differenti con particolare attenzione al

comportamento dei clienti.

Feedback alle funzioni as-sunzione, liquidazione e rete commerciale circa il maggior/minore valore

delle riserve alla luce dei comportamenti commer-

ciali. Feedback sul proces-so di innovazione di pro-

dotto.

AREA 2 Impatto sull’SCR dei rischi assicurativi nell’ambito della for-mula standard

Acquisizione dati attua-riali per l’alimentazione

formula standard con dati relativi ai rischi as-sicurativi sia vita che

danni.

Sensitivity analysis sull’SCR alla luce di ipo-

tesi differenti circa l’andamento tecnico as-

sicurativo.

Ri-definizione della politi-ca assuntiva e liquidativa alla luce dell’obiettivo di

remunerazione del capitale giudicato ottimale.

AREA 3 Impatto sull’SCR dei rischi finanziari nell’ambito della for-mula standard

Acquisizione dati finan-ziari per

l’alimentazione formu-la standard con dati re-lativi ai rischi finanziari ed alla durata dei con-

tratti.

Sensitivity analysis sull’SCR alla luce di ipo-tesi differenti circa una diversa composizione

degli investimenti.

Ri-definizione della politi-ca di investimento delle

riserve alla luce della tol-leranza al rischio accettata dalla compagnia, degli o-biettivi di solvibilità attesi e delle esigenze di remu-

nerazione del capitale.

AREA 4 Definizione di un mo-dello interno

Formalizzazione di un processo volto a rispon-dere alle esigenze delle Autorità di vigilanza e

definizione dei vantaggi rispetto all’adozione

della formula standard in termini di minore pa-

trimonio

Analisi volta ad identifi-care in quale misura il

modello interno diventa massimamente vantag-gioso per la compagnia sia sotto il profilo del

risparmio patrimoniale sia sotto il profilo quali-

tativo.

Intervento sulla politica di mercato della compagnia e/o sulla politica di assun-zione dei rischi per coglie-re le opportunità derivanti dall’adozione del modello interno in termini quantita-tivi e qualitativi.

Area 5 ORSA

Formalizzazione del processo di gestione dei

rischi e approvazione del documento da parte

del Consiglio di Amm.ne. Definizione

livelli di risk tolerance e risk appetite

Assorbimento nell’ORSA di altri report

periodicamente inviati dalle business units

all’Alta Direzione. Ela-borazione di livelli di

risk tolerance e risk ap-petite

Formalizzazione processo di gestione dei rischi e

BPR dei processi aziendali core con revisione annuale dei processi. Assorbimen-to nell’ORSA di altri re-port inviati all’Alta Dire-

zione.

2.3.2 Information technology L’information technology è di supporto ai processi richiesti da Solvency per quanto con-cerne tutti i pilastri di cui si compone la normativa. Le esigenze informative che caratteriz-

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zano i 3 pilastri di cui Solvency si compone sono fra loro diverse: il pillar one ha bisogno di informazioni quantitative contabili, finanziarie, volte ad alimentare il processo di ALM, documentate formalmente e volte ad identificare fattori di dipendenza ed integrazione; il pillar two esprime fabbisogni più orientati al reporting real time, alla tracciabilità del pro-cesso di risk management e di feedback verso i diversi business; il terzo pilastro manifesta oltre che l’esigenza di disporre di sistemi di consolidamento delle informazioni (peraltro avvertita anche dagli altri due pillars), di produzione di flussi informativi a certe scadenze e di robustezza di meccanismi di reporting esterni. Nel settore assicurativo, come già pre-cedentemente illustrato ancora negli anni’909, l’area dei sistemi informativi mostra una se-rie di fattori di debolezza strutturali (mancata integrazione dei sistemi, scarsa tracciabilità dei dati, mancanza di documentazione sui dati, dubbi sulla loro qualità, etc.) che talvolta non sono venuti meno nemmeno in seguito agli investimenti che le compagnie hanno effet-tuato nel corso degli ultimi anni10

Solvency 2 richiede dati che sono di per sé inseriti in diverse fonti (contabili ed extracon-tabili, interne ed esterne alla compagnia). Tali dati necessitano di una valutazione in termi-ni di verifica e di attendibilità (peraltro richiesta anche dalla normativa)

. Fondamentalmente a livello di information technology si intravedono diverse aree di intervento.

11

Al di là degli effetti diretti sui sistemi informativi, occorre poi precisare due ulteriori ambi-ti. L’introduzione di Solvency come precedentemente notato

e di un’eventuale la riconciliazione con quelli presenti nel sistema contabile (Area 6). Una vol-ta superate queste fasi, i dati opportunamente idenficati dovranno essere inseriti in un da-tawarehouse che alimenti il fabbisogno conoscitivo di Solvency. Il datawarehouse è il pri-mo layer del sistema informativo richiesto da Solvency, che si compone di un secondo la-yer rappresentato dal motore di calcolo (Area 7) e da un terzo layer rappresentato dagli ap-plicativi di reporting (Area 8). Il motore di calcolo dev’essere sufficientemente robusto al fine di supportare le modalità di quantificazione dei diversi elementi di rischio (assicurati-vi, finanziari ed operativi). Gli applicativi di reporting consentono infine di produrre la do-cumentazione di output tanto per i referenti interni (Risk Management, Direzioni di busi-ness o di funzione, Organi di Controllo, Alta Direzione) quanto per i referenti esterni (Au-torità, Mercato) e possono essere immaginati per alcune esigenze come customized tools e ready-made tools per altre. Poiché Solvency è un sistema principle based del tipo Risk-Based Capital, i tre layer di cui si potrebbe comporre il sistema informativo alimentante Solvency 2 (datawarehouse, motore di calcolo e sistema di reporting) dovrebbero caratte-rizzarsi per essere scalabili e flessibili visto che potrebbe accadere in futuro che il sistema debba trattare sempre più dati e che il numero di report aumenti e se ne differenzino i con-tenuti qualitativi.

12

Infine, non vi è dubbio che l’introduzione di Solvency potrebbe essere aiutata dalla dispo-nibilità di informazioni facilmente reperibili nel sistema legacy. Se quest’ultimo fosse or-ganizzato in un’ottica web-based in cui ogni clausola contrattuale fosse censita ad un livel-

finisce per avere effetti an-che sui processi e, auspicabilmente, anche sulla possibilità di rivedere l’organizzazione di alcuni processi chiave. In questo senso sarebbe opportuno che l’analisi di processo e l’aggiornamento periodico dei processi critici avvenisse attraverso appositi tools informati-ci nati proprio per favorire questo obiettivo.

9 V. par. 2.2. 10 V. Cummins, Turchetti, Weiss, 1996, “Productivity and Technical Efficiency in Italian Insurance Industry” Working Paper The Warthon School University of Pennsylvania 11 V. CEIOPS “Technical Provisions Consultation Paper n. 43 Standards for Data Quality”, 2009, che fa espressamente riferimento ai criteri della appropriatezza, completezza ed accuratezza (v. 3.1.1. “Quality of Data”). 12 V. par. 2.3.1.

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lo di granularità molto bassa13 e a tale livello opportunamente prezzata, ciò potrebbe facili-tare le esigenze di qualità dell’informazione e attenuare i tempi di costituzione del datawa-rehouse oltre che favorire obiettivi di efficientamento14 della compagnia e di limitazione dell’esposizione ai rischi operativi15

.

Tabella 2. Sintesi degli interventi in ambito IT e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 6 Intervento sul data-

quality

Censimento dei dati ed intervento sulla verifica

della loro qualità e ricon-ciliabilità col sistema

contabile al fine di ali-mentare la standard for-

mula

Costituzione di un data-warehouse di dati qualita-tivamente adeguati e ri-

conciliati col sistema con-tabile anche al fine di a-limentare un modello in-

terno.

Intervento sul sistema le-gacy ed introduzione delle microclausole come unità contrattuale minima. In-troduzione delle micro-

clausole nel datawarehou-se. Censimento dei dati

mancanti, verifica, ricon-ciliazione ed introduzione

nel datawarehouse.

AREA 7 Definizione del mo-

tore di calcolo

Costruzione di un motore di calcolo in grado di produrre output suffi-

cienti ad rispondere alle esigenze della standard-

formula.

Scelta di un motore di calcolo sulla base di con-siderazioni relative a ca-pacità utilizzata, efficien-za e frequenza di calcolo per alimentare la standard formula o un modello in-terno non particolarmente

complesso.

Scelta di un motore di calcolo scalabile per tener conto delle future evolu-

zioni delle esigenze cono-scitive della compagnia.

AREA 8 Strumenti di repor-

ting

Disponibilità di report strettamente congruenti con le esigenze ORSA e dell’informativa di Pillar

3

Possibilità di intervento sui report interni rivolti

all’Alta Direzione al fine di consentire una maggio-

re personalizzazione.

Elevata flessibilità dei re-port acquisibili in relazio-ne alle esigenze conosci-

tive interne ed esterne

2.3.3 Persone Osservando la dimensione Persone, il principale problema riguarda la consapevolezza che si avverte fra i collaboratori della compagnia circa gli effetti che Solvency II avrà sulla strategia e sul comportamento di mercato della compagnia. A tale scopo si immagina di attivare specifici processi di comunicazione/formativi volti a rendere consapevoli diversi attori circa gli effetti di Solvency sulle rispettive funzioni/responsabilità. Fondamentalmen-te è possibile immaginare tre nuclei di soggetti: l’Alta Direzione (Area9) , i responsabili di Funzione di Controllo e di Area di Business (Area 10) e la restante popolazione aziendale compresa la rete distributiva (Area 11). Le esigenze conoscitive dell’Alta Direzione ri-guardano le relazioni esistenti fra l’approccio Solvency ed il modello di business della 13 Si parla di singola microclausola che rappresenta l’unità minima espressiva di un autonomo rapporto sinistri/premi. 14 Ad es. la possibilità di emettere polizzi multiramo (appartententi a diversi rami danni) su carta bianca. 15 L’emissione di polizze su carta bianca riduce le esigenze di contabilizzazione delle risme di carta, di audit sui fascicoli di polizza da ritirare dalla rete e di frode nell’emissione di polizze non più commercializzate dalla compagnia.

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Compagnia. Ciò implica la comprensione, in una logica biunivoca, degli effetti che Sol-vency potrebbe determinare sull’attuale business della compagnia e per contro che tipo di vantaggi – nell’ottica Solvency – il cambiamento delle politiche di mercato/strategie della compagnia potrebbe determinare. Nei confronti dei responsabili di area di business (o di funzione operativa) idealmente occorrerebbe immaginare programmi formativi differenzia-ti per funzione e possibilmente che prevedano la presenza dei responsabili delle funzioni di controllo unitamente a quelle di business affinché si possa favorire lo scambio informativo, di linguaggio e di esperienze fra diverse realtà. La restante popolazione aziendale, unita-mente alla rete distributiva, rappresenta un ulteriore nucleo di soggetti che col rispettivo comportamento (ad es. nell’ambito commerciale) rientra nell’ambito delle esigenze rego-lamentari indotte da Solvency. Peraltro la rete distributiva deve essere destinataria di speci-fici programmi di formazione annuali e risulta destinataria di obblighi di comportamento previsti da altre normative16

2.3.4 Sistema di governance

e quindi si pone l’opportunità di comunicazione/formazione delle implicazioni di Solvency sulla rete distributiva nella misura in cui tali implicazioni possono modificare la politica commerciale della compagnia. In questo senso sarebbe ide-almente opportuno che i programmi di formazione recepissero le scelte effettuate logica-mente a monte dalla compagnia quanto meno in termini di metriche di riferimento e di o-rientamento verso la standard formula o un eventuale modello interno e fossero subordina-te, temporalmente, all’intervento formativo sulle Funzioni chiave interne.

A livello organizzativo si pongono ulteriori problemi legati al processo di adozione di Sol-vency da parte delle compagnie. Essenzialmente la normativa fa emergere due criticità. Da un lato i poteri attribuiti alle specifiche figure coinvolte a vario titolo come principali refe-renti tecnici della disciplina medesima. Dall’altro lato il ruolo del Consiglio di Ammini-strazione che da un lato è il supremo organo decisionale della compagnia (incaricato di de-finire l’indirizzo strategico) e dall’altro ha il compito di valutare l’operato delle prime linee di management in relazione al raggiungimento degli obiettivi ed in merito alle modalità con le quali essi vengono raggiunti. Il primo problema riguarda il ruolo assunto da specifici organi in termini di bilanciamento fra potere e responsabilità (Area 11) che se risulta sufficientemente equilibrato consente di evitare la duplicazione di organi o il rischio di l’attribuzione di eccessivi poteri a organi che sono coinvolti a vario titolo nell’implementazione di Solvency. In questo senso occorre definire le job descriptions del Chief Actuary, Chief Risk Officer, Chief Information Offi-cer, e Chief Financial Officer. In maggior dettaglio:

1. il Chief Risk Officer potrebbe essere responsabile dell’approvazione del modello interno, della valutazione delle assunzioni-chiave, del fatto che la rischiosità della compagnia determinata dal processo Solvency sia veritiera e corretta, della reporti-stica verso l’esterno e verso l’interno (Alta Direzione, Direzioni di Business ed al-tre Funzioni di Controllo);

2. il Chief Actuary dovrebbe essere responsabile delle informazioni relative alla valu-tazione delle riserve e del risk margin e delle relative analisi di sensibilità;

3. il Chief Information Officer dovrebbe essere responsabile dell’IT governance, dell’integrazione dei sistemi informatici previsti da Solvency, della gestione dei Datawarehouse e dell’estrazione dei dati per l’alimentazione dei sistemi Solvency;

16 Es. i principi di adeguatezza previsti dal Codice delle Assicurazione e nel ramo vita, limitatamente alle polizze finan-ziarie dagli obblighi MiFiD.

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4. il Chief Financial Officer dovrebbe essere responsabile del reperimento delle info-ramzioni finanziarie necessarie all’implementazione dei modelli utilizzati, dell’attuazione delle politiche finanziarie definite in ambito Solvency e della tra-smissione di informazioni finanziarie di input per la produzione di documentazione contabile con particolare riferimento alle disposizioni IFRS/IAS.

Tabella 3. Sintesi degli interventi in ambito Persone e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 9 Formazione Solvency verso l’Alta Direzione

Invio report di presenta-zione dell’approcio Sol-

vency adottato dalla Compagnia con ricadute sul modello di business

Attivazione processo di formazione in aula sugli

effetti dell’approccio Solvency adottato dalla

compagnia sul modello di business

Attivazione processo di formazione one to one (o differenziato per funzio-

ne) sugli effetti dell’approccio Solvency adottato dalla compagnia sul modello di business

AREA 10 Formazione verso le funzioni chiave (Fun-zioni di controllo e bu-siness)

Invio di report esplicati-vi del processo Solvency evidenziando le ricadute per le specifiche aree ed attivazione di Frequently Asked Questions su ba-

checa elettronica

Attivazione di programmi formativi in aula diffe-renziati per area funzio-nale del processo Sol-vency evidenziando le

ricadute specifiche

Attivazione di programmi formativi in aula diffe-renziati per area funzio-nale del processo Sol-vency evidenziando le

ricadute specifiche. Atti-vazione di momenti di

confronto fra le responsa-bili di funzioni di control-

lo e di business

AREA 11 Restante popolazione aziendale e rete distri-butiva

Evidenziazione delle implicazioni operative

previste dalla normativa con particolare riferi-mento alla politica di

assunzione e di colloca-mento delle polizze. In-serimento del tema Sol-

vency nell’ambito di pubblicazioni cartacee

ed elettroniche periodi-camente attivate dalla

Compagnia. Attivazione di Frequently Asked Questions su bacheca

elettronica.

Evidenziazione delle im-plicazioni operative pre-viste dalla normativa con

particolare riferimento alla politica di assunzione

e di collocamento delle polizze. Inserimento del

tema Solvency nell’ambito dei processi formativi in aula periodi-

camente attivati dalla Compagnia. Attivazione

di Frequently Asked Questions su bacheca e-

lettronica.

Una volta che l’Alta Di-rezione della Compagnia ha effettuato le sue scelte

in termini di standard formula/modello interno, metriche da valutare, etc., attivazione di un processo formativo finalizzato alla comunicazione delle im-plicazioni di Solvency al fine di diffondere la cul-tura risk-based. Attiva-zione di Frequently A-

sked Questions su bache-ca elettronica.

In questo contesto un ulteriore ambito di operatività su cui le disposizioni Solvency po-tranno ancora esprimersi riguarda il rapporto fra organo amministrativo e funzioni di con-trollo (Area 12) e secondariamente la stessa autonomia delle funzioni di controllo (Area 13). Sotto il primo profilo è possibile immaginare un rapporto più o meno forma-le/collaborativo fra organo amministrativo e funzioni di controllo e nell’ambito del secon-do punto è opportuno notare che già attualmente la normativa ISVAP17

17 Regolamento ISVAP n. 20/2008

definisce già at-

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tualmente notevoli livelli di autonomia che potrebbero essere rafforzati prevedendo mec-canismi volti ad evitare, nell’ambito delle funzioni di business, un’eccessiva concentrazio-ne di poteri.

Tabella 4. Sintesi degli interventi in ambito Organizzazione e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 12 Definizione del livello dei poteri/responsabi-lità

Attribuzione della re-sponsabilità del processo Solvency alla funzione

Risk Management

Distinzione dei pote-ri/responsabilità fra fun-zioni Risk Management,

Finanza Attuariato

Attribuzione dettagliata poteri e responsabilità

nell’ambito del processo Solvency alle funzioni Risk Management, At-

tuariato, Finanza, Orga-nizzazione/IT Com-

pliance e Internal Audit

AREA 13 Funzioni di controllo attribuite al CdA

Relazioni periodiche al CdA da parte delle fun-

zioni di controllo

Previsione di flussi in-formativi sistematici fra CdA e sistema dei con-

trolli interni

Istituzionalizzazione di relazioni regolari e robu-

ste fra CdA e senior management e funzioni

chiave secondo una logi-ca proattiva volta alla tra-smissione e alla discus-

sione critica

AREA 14 Requisiti di autono-mia delle funzioni di controllo

Requisiti di indipenden-za, autonomia e separa-tezza delle funzioni di

controllo

Rafforzamento dei requi-siti di indipendenza, au-tonomia e separatezza

delle funzioni di controllo attraverso la definizione di meccanismi operativi

ad-hoc

Rafforzamento dei requi-siti di indipendenza auto-nomia e separatezza del sistema dei controlli in-

terni e previsione di mec-canismi volti ad evitare concentrazione di poteri

2.4 Impatti ed esigenze rilevati I due tavoli di lavoro dell'Osservatorio dedicati all'analisi degli impatti di Solvency 2 sulle aree Organizzazione e IT, hanno visto la partecipazione di docenti SDA Bocconi, consu-lenti Capgemini e imprese assicurative. La giornata è stata strutturata in tre momenti: 1. Rilevazione dei principali impatti e criticità sperimentati nella relativa operatività; 2. Snodi critici prioritari per la realizzazione del progetto; 3. Ipotesi di soluzione a fronte dei precedenti. Gli impatti sono stati ricercati seguendo quattro dimensioni di indagine:

• processi (di business, supporto e governance); • information technology (software, hardware); • persone (competenze, comportamenti); • struttura organizzativa (strutture, ruoli, mansioni e cultura).

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è stato inoltre intervistato un campione di 8 imprese di assicurazione (ARCA, Carige Assi-curazioni, Unipol, Credit Agricole Vita, Cattolica Assicurazioni, Reale Mutua Assicura-zioni, CNP Unicredit Vita, AXA Assicurazioni), al quale è stato chiesto di assegnare un valore numerico (compreso tra 1 e 5) tanto più alto quanto maggiore è la rilevanza asse-gnata ad ogni aspetto oggetto d’indagine e discusso nel report.

2.4.1 La dimensione Processi Con riferimento alla dimensione processi, sono stati rilevati dal tavolo gli impatti eviden-ziati nella figura 1. La rilevanza è assegnata in base al numero di volte in cui l'impatto stesso è stato segnalato, spontaneamente, dai partecipanti. Il tavolo di lavoro manifesta ampia condivisione sulla necessità sollevata da Solvency 2 di una mappatura dei processi operativi. Avere profonda conoscenza di cosa viene fatto in a-zienda e come viene fatto è fondamentale e strumentale alle successive attività di identifi-cazione, valutazione e mitigazione dei rischi e definizione degli presidi di controllo, in termini di momenti di intervento e di azioni di mitigazione. Ad oggi:

• non tutte le Compagnie hanno completato l’attività di mappatura dei processi; • le Compagnie che hanno anticipato troppo tale intervento rilevano un disallinea-

mento tra i processi mappati e quelli effettivamente in essere che richiede un inter-vento di rimappatura;

• le Compagnie stanno ragionando ancora in termini di macro-processi. Tabella 1. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito dei processi (analisi qualitativa e confronto fra esperti partecipanti ai tavoli di lavoro e survey nell’industria assicurativa)

Impatto identificato Rilevanza (tavoli di lavoro)

Rilevanza (survey indu-

stria)

Mappatura dei processi operativi Alta Alta

Controllo dei flussi informativi Alta Alta

Reingegnerizzazione dei processi SII (SCR, MCR, ORSA, ecc…) Media Alta

Revisione dei meccanismi di governance Media Media

Analisi dei processi di product development Media Media

Analisi e revisione dei processi decisionali Bassa Media

Riscrittura delle policy di gestione outsourcing Bassa Bassa

I processi legati alla definizione della governance e dei processi decisionali hanno la priori-tà nell'agenda delle Compagnie. A cascata, discende l'impatto sulla ridefinizione dei flussi informativi. Vi sono, spesso, molti cantieri che lavorano in parallelo ma alcune compagnie stanno cer-cando di definire un processo Solvency complessivo, per comprendere pienamente i colle-gamenti e le relazioni tra i singoli cantieri.

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Il cantiere di Governance ha avuto il maggior rilievo nei lavori su Solvency 2, avendo l'o-biettivo di consentire agli altri cantieri di lavorare in parallelo, definendo i piani di detta-glio e gli output. L'approccio market-consistent per la valutazione di attività e passività, il calcolo dell'as-sorbimento patrimoniale di prodotti e unità di business e l'ottica di ERM introdotti da Sol-vency 2 hanno richiesto una revisione e un potenziamento dei flussi informativi tra le unità maggiormente chiamate a gestire l'implementazione del progetto, Risk Management, Ac-counting & Finance e Attuariato. Il contenuto degli scambi informativi, tuttavia, risulta soffrire di carenze legate alla gestione dei dati. Si pone il problema, quindi, di garantire la coerenza e il coordinamento delle scelte strategiche dei diversi Comitati. Rispetto a questa esigenza, la risposta semplicistica è che i partecipanti sono spesso gli stessi tra i vari Comi-tati e, quindi, si realizza di fatto un coordinamento “naturale” tra gli stessi. Tuttavia, questa risposta è insoddisfacente per le autorità di Vigilanza, pertanto è fondamentale prevedere flussi di comunicazione strutturati tra le varie componenti citate. Questo spiega il terzo impatto indicato ossia la necessità di progettare, ove assente, o di at-tivare effettivamente, un processo di Data Governance. Le testimonianze dei partecipanti al tavolo di lavoro evidenziano che, ad oggi, la maggior parte delle Compagnie non ha dise-gnato un processo strutturato e formalizzato di Data Governance, definendo ruoli, respon-sabilità, mansioni e soprattutto l’ownership di tale processo. L'adozione di un modello interno solleva prepotentemente l'esigenza del controllo dei flus-si informativi, in quanto le informazioni contenute nei dati rilevati dalle procedure spesso non rispondono alle esigenze informative del risk management. Vi è, in sostanza, uno scol-lamento tra l'origine e la destinazione della stessa informazione che può essere causa di un’informazione non corretta. Questa circostanza sta costringendo le compagnie a focaliz-zare l'attenzione sul miglioramento qualitativo della fase di reperimento e utilizzo coerente del dato. I flussi informativi giocano un ruolo importante anche nell'esigenza di rivedere i meccani-smi di governance (Audit, Compliance, Risk Management). Le imprese sono attente ad a-nalizzare come le strutture di Control Governance sono informate, cioè mirano a verificare come i flussi informativi viaggiano tra le stesse. La progettazione di strutturati ed efficienti flussi informativi diventa, inoltre, il pre-requisito per lo use-test, ossia del modo in cui i risultati del modello interno o della formu-la standard vengono realmente utilizzati a fini decisionali. Le compagnie hanno avviato un’opera di reingegnerizzazione del sistema (SCR, MCR, ORSA), nel tentativo di definire opportune policy per l’implementazione in particolare del processo ORSA e di strutturare meccanismi organizzativi che consentano la diffusione e la condivisione dei modelli di calcolo tra gli utenti impegnati nella gestione giornaliera del business. Emerge l'esigenza di raccordare le policy di investimento con quelle di risk appetite, anche in termini temporali, ma la risoluzione della questione non è immediata. La revisione delle policy di outsourcing e conseguentemente della scelta dell’outsourcer più idoneo, in conformità alle linee guida della Compagnia, e dei necessari meccanismi di presidio e governo del fornitore, è ritenuto un impatto considerevole date le ricadute in termini di rischi operativi, e non solo. Un'altra questione aperta riguarda la responsabilità della produzione delle riserve tecniche e la modalità con cui devono essere determinate, il livello corretto di granularità del dato, la frequenza di aggiornamento delle basi dati. La frequenza richiesta da Solvency 2 è di-versa da quella richiesta dal business.

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L'individuazione di metriche più adeguate (nuovi driver di profittabilità) è sentito come un pre-requisito fondamentale per guidare in modo opportuno i processi decisionali e le scelte compiute nei vari cantieri progettuali di Solvency 2. La minore rilevanza attribuita a questo tema dipende sostanzialmente dalla natura strategica e meno operativa dello stesso. Si av-verte l'esigenza di un maggiore coinvolgimento dell'Alta direzione e degli organi ammini-strativi. Finora tale coinvolgimento nel progetto di recepimento della normativa, appare in-sufficiente. Gli stessi sono informati sullo stato di avanzamento lavori dei cantieri proget-tuali in essere e sulle linee generali di Solvency 2 e dei suoi potenziali impatti, ma non si è ancora intrapreso un cammino strutturato di analisi e valutazione finalizzato a deliberare e comunicare al top management le principali scelte strategiche verso cui la Compagnia si dovrà orientare. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato emerge una valutazione della rilevanza di ciascun impatto abbastanza simile a quanto indicato nel tavolo di lavoro, sintetizzabile nella tabella 1. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

Tabella 2. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito dei processi (analisi quantitativa)

Panel A. Mappatura e revisione dei processi operativi

Come si può notare dai valori, il campione riconosce in modo omogeneo l’elevata rilevan-za dell’impatto (media e mediana coincidono e sono molto vicini al valore più alto, con un indice di dispersione basso), ma i dati sul livello effettivo di gestione dello stesso sembrano confermare quanto emerso dal tavolo, ossia che non tutte le compagnie hanno completato l’attività di mappatura.

Panel B. Controllo dei flussi informativi

Analogamente al primo impatto, il campione conferma come prioritaria l’esigenza del con-trollo dei flussi operativi; tuttavia, poiché per quanto attiene l’effettiva gestione la mediana supera la media, un ristretto numero di intervistati ha espresso valutazioni molto basse, provando i problemi emersi in merito al tavolo di lavoro.

Panel C. Reingegnerizzazione dei processi Solvency 2 (MCR, SCR, ORSA, ecc…)

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4.5 3,375 Mediana 4.5 3.5 Deviazione standard 0,535 0,744

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4.5 3,375 Mediana 4.5 4 Deviazione standard 0,535 0,916

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,125 3

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Il livello di criticità assegnato è ancora alto, con una dispersione bassa ad indicare elevata condivisione da parte del campione; invece, guardando all’effettivo livello di gestione, la deviazione standard fornisce una significativa informazione, cioè che solo alcune compa-gnie hanno re-ingegnerizzato i processi caratteristici di Solvency 2.

Panel D. Revisione dei meccanismi di Governance

Sebbene larga parte del campione assegni rilevanza elevata (come indicato dal valore della mediana), vi è una piccola minoranza che considera l’impatto meno importante, facendo aumentare la deviazione standard rispetto ai precedenti impatti: ciò implica –a differenza di quanto emerso dal tavolo- che in alcune compagnie il cantiere di Governance ha avuto mi-nore rilievo nei lavori su Solvency 2: il dato sembra essere confermato dal livello effettivo di gestione, che in media non supera i valori attribuiti ai precedenti impatti.

Panel E. Analisi dei processi di Product Development

La deviazione standard bassa dimostra che le compagnie intervistate sono d’accordo nell’assegnare all’impatto un livello di importanza intermedio, ma molto vicino a valori al-ti. Non si può dire la stessa cosa sulla sua effettiva gestione, poiché sebbene i risultati e-spressi si attestino in media sul valore centrale, oscillano quasi simmetricamente tra bassi ed alti.

Panel F. Analisi e revisione dei Processi Decisionali

L’indagine empirica, a differenza di quanto emerso dal tavolo di lavoro, evidenzia l’assegnazione di maggiore rilevanza all’impatto, e la deviazione standard inferiore all’unità sottolinea una certa omogeneità nel risultato. Per quanto attiene l’effettiva gestio-ne, i valori mostrano una generale corrispondenza con quanto le compagnie hanno sostenu-to circa la criticità dell’impatto.

Panel G. Riscrittura delle policy di gestione outsourcing

Mediana 4 3 Deviazione standard 0,641 1,069

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,125 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 1,126 0,991

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,625 3,25 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,5188 1,035

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,375 3,125 Mediana 3.5 3 Deviazione standard 0,744 0,835

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto

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Nonostante al tavolo si sia sottolineata l’importanza dell’impatto in termini di rischi opera-tivi, il risultato dell’analisi empirica lo pone al livello più basso, ma va comunque detto che, tra gli intervistati, nessuno ha assegnato il valore 1; quanto al livello di gestione effet-tivo, valgono le stesse considerazioni espresse sul precedente impatto, e cioè che in linea generale le compagnie hanno assegnato lo stesso valore espresso per la criticità.

2.4.2 La dimensione dell’Information Technology Nell’ambito della dimensione dell’Information Technology gli impatti identificati sono ri-conducibili ai seguenti: Tabella 3. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito dell’IT (analisi qualitativa e con-fronto fra esperti partecipanti ai tavoli di lavoro e survey nell’industria assicurativa)

Impatto identificato Rilevanza (tavoli di lavoro)

Rilevanza (survey indu-

stria)

Migliorare la qualità della base di dati Alta Alta

Comprendere i requisiti puntuali di Solvency II Media Alta

Introdurre ed affinare motori di calcolo a supporto del Risk Management Bassa Alta

Verificare i flussi informativi e le interfacce tra sistemi Alta Alta

Verificare le procedure di security Bassa Alta

Gestire le maggiori esigenze di reporting/accountig Media Media

Investire sul miglioramento delle applicazioni Media Media

Controllare l’adeguatezza delle applicazioni AS-IS Alta Media

Approfondire le caratteristiche delle informazioni e la storicità del dato Media n.s.

* n.s.: non significativo L'impatto maggiormente avvertito dalla discussione nell'ambito dei sistemi di IT riguarda la qualità dei dati alla base dei processi e dei motori di calcolo. I rami danni su cui si avver-te principalmente la problematica della qualità del dato per le Riserve Tecniche sono RCA, RCG e i prodotti tailor made. Emerge una condivisa preoccupazione su:

• la carenza di informazioni a corredo dei dati provenienti da diversi sistemi e diverse società oggetto di processi di fusione/acquisizione che consentano di capire come quel dato è stato costruito affinché il suo invio possa essere consapevole, certifica-to;

• la mancanza di integrazione tra sistemi;

Media 2,625 2,5 Mediana 2.5 2 Deviazione standard 0,744 0,756

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• la difficoltà di comunicazione tra utenti IT; • l'interpretazione delle esigenze dei processi di business da parte dell'IT; • la scarsa profondità delle serie storiche, prerequisito per l'adozione di modelli in-

terni. Si evidenzia l'esigenza di disporre di sistemi di data warehouse in grado di omogeneizzare e mantenere la tracciabilità dei dati maneggiati e di un maggior grado di granularità dei da-ti sia in fase di assunzione della polizza sia in fase di liquidazione del sinistro (soprattutto in fase di assunzione del rischio mancano una serie di informazioni rilevanti). È quindi centrale il tema dell' ownership dei dati e, in particolare, la difficoltà di dimostra-re/certificare tale proprietà. Dimostrare l'accuratezza del dato è un requisito indispensabile, non perché si dubiti della stessa, ma perché si rivela necessaria la possibilità di dimostrarla. Questo è un tema particolarmente evidente nel ramo RCA, dove molte valutazioni sono expert judgement e quindi soggettive, facendo sentire la necessità di industrializza-re/automatizzare alcune componenti del processo. Il problema della tracciabilità dei dati è inoltre acuito dal proliferare di sistemi di policy administration nelle imprese assicurative: sistemi separati per i comparti Vita e Danni e spesso sistemi diversi per determinati rami / linee di business e/o per rete distributiva, che genera confusione nei dati; in molte imprese sono stati recentemente avviati progetti di rinnovamento dei sistemi di Policy Administration e di gestione sinistri, che spesso risal-gono ancora agli anni 70. Inoltre, in molte realtà sono in corso progetti di cost cutting, che spesso puntano verso le spese dell’IT. Solvency II si innesta in questo processo di cam-biamento, accelerandone alcuni trend ma anche aumentando lo stress su queste strutture. L'eterogeneità e la scarsa integrazione tra i diversi sistemi inficia anche le tempistiche di produzione dei dati da utilizzare per i calcoli necessari a supportare efficacemente il pro-cesso di elaborazione del capital requirement e ciò incide anche sulle attività di predisposi-zione del reporting istituzionale e sulla preparazione dei dati per i CdA semestrali/annuali. Tra le cause della scarsa qualità dei dati si annoverano:

• la scarsa attitudine alla formalizzazione ossia alla creazione di documenti che de-scrivono gli interventi sui dati;

• l'uscita dall’azienda di figure chiave depositarie della conoscenza; • la mancanza di piena comprensione, da parte delle funzioni business, degli effetti

della manipolazione dei dati; • il diverso significato attribuito al medesimo dato da parte di funzioni e dipartimenti

all’interno della stessa compagnia assicurativa, alla luce delle differenti logiche di costruzione o di interpretazione;

• la differenza tra logiche e metodologie di lavoro delle persone e delle funzioni or-ganizzative, IT e business , che devono dialogare per scambiarsi le informazioni.

Solvency 2 ha, inoltre, messo in discussione l’adeguatezza delle applicazioni legacy al ri-spetto dei requisiti e generato la necessità di investire nel loro miglioramento. In questo senso, le Compagnie mettono in rilievo l'esigenza di:

• definire un approccio metodologico di interventi commisurato all’effettiva situa-zione dei sistemi informativi e basi dati dell’azienda;

• capire come misurare e quantificare l’affidabilità dei sistemi informativi attuali e dei software, in termini di gestione dei dati;

• verificare se e come intervenire per migliorare le performance dei sistemi gestionali per l'elaborazione delle informazioni stocastiche.

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Si denuncia la presenza di sistemi obsoleti con carenze tecniche e funzionali. La realizzazione di una base dati unica emerge come condizione necessaria per evitare che problemi semantici relativi ai dati possano compromettere il dialogo tra le diverse funzioni nell'attività di compliance alle diverse normative (Solvency I, Solvency II, CONSOB, ecc). A questo proposito, vi è ampio consenso sull'opportunità di introdurre un sistema di repor-ting specifico che integri gli altri report aziendali, al fine di agevolare la produzione, la ge-stione, la coerenza delle informazioni e la divulgazione finale ai vari utenti. Solvency ha, inoltre, acuito le esigenze in termini di reporting / accounting. A questo pro-posito, vi è ampio consenso sull'opportunità di introdurre un sistema di reporting specifico che integri gli altri report aziendali, al fine di agevolare la produzione, la gestione, la coe-renza delle informazioni e la divulgazione finale ai vari utenti. Infine, le Compagnie hanno evidenziato la necessità di adeguare le Policy di Sicurezza per l’accesso ai repository dati e definire la soluzione informatica/tecnologica del risk engine da adottare. Nell'ambito dell'IT, risulta indispensabile creare una struttura di governo dell’informazione, specialmente guardando al Terzo Pilastro, che richiede una gran quanti-tà di informazioni dettagliate, alcune delle quali oggi non esistono: ciò provoca un forte impatto sull’IT. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato è emerso che le compagnie valutano gli impatti dell’IT come altamente rilevanti; l’ordinamento in base all’importanza assegnata è sintetizzato nella tabella 3. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima).

Tabella 4. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito dell’IT (analisi quantitativa)

Panel A. Migliorare la qualità della base di dati

Come si può notare dai valori, il campione riconosce in modo omogeneo l’elevata rilevan-za dell’impatto (la mediana coincide con il valore più alto, e la media è di poco inferiore, con una bassa deviazione standard), ma i dati sul livello effettivo di gestione dello stesso (sensibilmente inferiore) sembrano confermare i problemi emersi dalla discussione.

Panel B. Comprendere i requisiti puntuali di Solvency 2

A differenza di quanto emerso dal tavolo di lavoro, gli intervistati assegnano rilevanza ele-vata alla comprensione dei requisiti puntuali di Solvency 2, seconda soltanto all’esigenza ampiamente condivisa di migliorare la qualità della base di dati. I valori attribuiti all’effettivo livello di gestione, più bassi rispetto alla criticità individuata, potrebbero indi-care che c’è incertezza circa le modalità con cui affrontare l’impatto.

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,625 3,5 Mediana 5 3.5 Deviazione standard 0,518 0,926

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,375 3,125 Mediana 4,5 3 Deviazione standard 0,744 0,835

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Panel C. Introdurre ed affinare motori di calcolo a supporto del Risk Management

In questo caso, la differenza tra la rilevanza assegnata dal tavolo di lavoro, e quanto emer-so dall’indagine empirica, è particolarmente marcata: le compagnie intervistate, infatti, si dimostrano abbastanza concentrate nel ritenere questo impatto notevolmente critico. I dati medi relativi alla gestione effettiva risultano essere lievemente inferiori in media, ma con un maggiore grado di dispersione.

Panel D. Verificare i flussi informativi e le interfacce tra sistemi

Come si può facilmente notare, i valori attribuiti coincidono con quelli rilevati nel prece-dente impatto, mantenendosi ad un livello elevato con un modesto grado di dispersione; il fatto che gran parte degli impatti siano ritenuti altamente importanti dagli intervistati può essere considerato come conseguenza dell’elevata correlazione che esiste tra gli stessi, che quindi non possono essere considerati separatamente.

Panel E. Verificare le procedure di security

Anche in questo caso emerge una notevole differenza tra l’importanza attribuita all’impatto dal tavolo di lavoro, e quanto risulta dall’analisi empirica: la deviazione standard bassa di-mostra che le compagnie intervistate sono d’accordo nell’assegnare all’impatto un livello di importanza più che intermedio, ancora vicino a valori alti, mentre per il tavolo l’impatto era giudicato di importanza bassa. Non si può dire la stessa cosa sulla sua effettiva gestio-ne, poiché sebbene i risultati espressi si attestino in media oltre il valore centrale, presenta-no maggiore dispersione.

Panel F. Gestire le maggiori esigenze di reporting/accounting

A conferma dell’omogeneità delle valutazioni espresse dal campione circa gli impatti sull’IT, anche i valori relativi all’importanza di questo impatto coincidono con il preceden-te (tranne che per la deviazione standard, leggermente superiore ma che comunque non raggiunge l’unità), e non si discostano molto dagli altri già analizzati.

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4 3,625 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,756 1,061

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4 3,625 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,756 0,744

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,5 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,641 0,926

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,125 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,835 0,641

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Panel G. Investire sul miglioramento delle applicazioni

Per quanto attiene questo impatto valgono le stesse considerazioni finora espresse, anche se la deviazione standard superiore all’unità fa notare che pur restando inalterati i valori di media e mediana, il campione è meno compatto nell’attribuire rilevanza elevata, ed un ri-dotto numero di compagnie ritiene questo impatto meno prioritario, come conferma il li-vello effettivo di gestione, mediamente più basso rispetto ai precedenti.

Panel H. Controllare l’adeguatezza delle applicazioni AS-IS

Il risultato dell’indagine su questo impatto è sorprendente non tanto se confrontato con i risultati dei precedenti (rispetto ai quali, pur essendo inferiore, non è particolarmente di-stante) ma con la rilevanza attribuita dal tavolo di lavoro: il campione intervistato è molto eterogeneo in proposito (una compagnia ha attribuito valore 5, ed una 2, confermando l’elevata dispersione) e mediamente non ritiene che il controllo dell’adeguatezza delle ap-plicazioni AS-IS sia altamente importante, sebbene, come appena affermato, il dato medio in questo caso non possa essere preso particolarmente in considerazione.

2.4.3 La dimensione Persone Con riferimento alla dimensione delle risorse umane (PERSONE) sono stati identificati i seguenti impatti: Tabella 5. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito delle risorse umane (analisi qualitativa e confronto fra esperti partecipanti ai tavoli di lavoro e survey nell’industria assicura-tiva)

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3 Mediana 4 3 Deviazione standard 1,126 0,926

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,5 3,875 Mediana 3.5 4 Deviazione standard 0,926 0,641

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Impatto identificato Rilevanza (tavoli di lavoro)

Rilevanza (survey indu-

stria)

Migliorare la qualità della formazione a livello business/operativo Alta Alta

Sviluppare le competenze del Risk Management Bassa Alta

Definire team interfunzionali per progetti interni Solvency 2 Media Alta

Adeguare (o introdurre) la comunicazione e il commitment su Solvency 2 Alta Alta

Perfezionare la cultura aziendale in merito ai rischi Alta Media

Sviluppare un sistema più efficace di competenze di controllo Bassa Media

Definire le nuove mansioni e reperire competenze specifiche Alta Media

Rivedere i sistemi remunerativi/premianti Bassa Bassa

Solvency 2 richiede la diffusione di informazioni e l'erogazione di formazione specifica in merito alla normativa e alle sue implicazioni, soprattutto a livello operativo. L'applicazione di nuovi modelli di pricing coerenti con Solvency 2 ha comportato interventi di formazione per gli assuntori. Nel percorso di adeguamento di alcune Compagnie, i primi partner sono stati i profili più tecnici, ma si è certi che il bisogno di formazione interesserà anche altre figure. In altre Compagnie, la formazione di base su temi Solvency 2 non è estesa all’intera orga-nizzazione, bensì focalizzata in prevalenza sulle figure dirigenziali e alcuni funzionari o ai soli partecipanti del progetto interno (SII), questo perchè, erroneamente, Solvency 2 ha rappresentato, finora, un “problema” esclusivo del Risk Manager. Esiste, invece, la neces-sità di sensibilizzare su questi temi tutta la struttura organizzativa della Compagnia e non solo i Risk Manager. La carenza di formazione e quindi di coinvolgimento si riflette di fatto sul commitment delle risorse che manifestano la tendenza ad una scarsa presa in carico delle responsabilità relative al tema Solvency. Si rileva scarsa collaborazione interfunzionale: le persone che non fanno parte delle fun-zioni di controllo, vedono l'attività di Risk Management o delle altre funzioni di controllo come un elemento di disturbo alla loro attività quotidiana. La costruzione e la gestione di team progettuali interfunzionali è un'attività difficile che spesso rallenta i progetti: è quindi fondamentale disporre di competenze qualitative (comunicazionali/di negoziazione) nelle funzioni di risk management, così da agevolare la comunicazione e l'iterazione con le di-verse strutture aziendali; proprio il Risk Management deve rappresentare un partner delle funzioni di business, e il suo ruolo dovrebbe essere quello di advisor a supporto del busi-ness: coerentemente con la direttiva Solvency II (che implica una rivisitazione del ruolo del risk management, con lo sviluppo di un profilo maggiormente consulenziale) non do-vrebbe essere percepito come controllore di azioni e decisioni prese dalle strutture azienda-li o come fonte di limiti e veti (come la Compliance). L'assenza di opportuni stimoli ed elementi di guida rallenta il cambiamento culturale ri-chiesto dall'ottica Solvency: ragionare secondo una prospettiva risk-based. Strumentale e necessario alla realizzazione del progetto e alla sensibilizzazione delle per-sone ad un approccio risk based appare la necessità di rivedere i meccanismi di remunera-

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zione, premianti e di incentivazione, di valutazione e di budgeting e il ridisegno dei percor-si di carriera. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato è emerso che le compagnie valutano gli impatti delle Risorse Umane in modo mediamente molto simile, ma con crescente disper-sione; l’ordinamento in base all’importanza assegnata è sintetizzato nella tabella 5. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

Tabella 6. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito delle risorse umane (analisi quantitativa)

Panel A. Migliorare la qualità della formazione a livello business/operativo

Come si può notare dai valori, il campione riconosce in modo piuttosto omogeneo l’elevata rilevanza dell’impatto (media e mediana coincidono e sono molto vicini al valore più alto, con un indice di dispersione relativamente basso), ma i dati sul livello effettivo di gestione dello stesso sembrano confermare i problemi già evidenziati (come la focalizzazione della formazione solo su alcune figure).

Panel B. Sviluppare le competenze del Risk Management

Emerge una notevole differenza tra l’importanza attribuita all’impatto dal tavolo di lavoro, e quanto risulta dall’analisi empirica: la deviazione standard inferiore all’unità dimostra che le compagnie intervistate sono d’accordo nell’assegnare all’impatto un livello di im-portanza più che intermedio, ancora molto vicino a valori alti, mentre per il tavolo l’impatto era giudicato di importanza bassa. I valori attribuiti al livello effettivo di gestio-ne, molto vicini alla criticità attribuita all’impatto, potrebbero indicare l’avvio di rivisita-zioni nel ruolo del Risk Management verso un profilo più consulenziale: un requisito rile-vante, come già indicato dal tavolo di lavoro.

Panel C. Definire team interfunzionali per progetti interni Solvency 2

Questo impatto è strettamente correlato al precedente, per le implicazioni che il Risk Management ha nei team interfunzionali tra funzioni di business e di controllo: tale corre-

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4 3,375 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,756 0,916

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,625 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,835 0,744

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,625 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,991 1,061

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lazione è evidente dal confronto tra i valori assegnati, estremamente simili. L’unica diffe-renza è riscontrabile nella variabilità dei risultati per quanto attiene la gestione effettiva dell’impatto, che potrebbe confermare quanto emerso dal tavolo di lavoro, ossia una ancora scarsa collaborazione interfunzionale.

Panel D. Adeguare/introdurre la comunicazione e il commitment su Solvency 2

I problemi relativi alla comunicazione e al commitment sono causa e al tempo stesso con-seguenza della mancanza di formazione e coinvolgimento; questo impatto deve essere ri-solto assieme ai precedenti nel percorso di adeguamento a Solvency 2, e ciò è confermato dall’analisi sul campione: gli intervistati assegnano la medesima rilevanza già vista nei precedenti, anche se la deviazione standard è crescente.

Panel E. Perfezionare la cultura aziendale in merito ai rischi

Anche in questo caso il livello di importanza attribuito dal campione non si discosta molto né dai valori espressi per i precedenti impatti, né da quanto rilevato dal tavolo di lavoro. Tuttavia, la maggiore distanza tra criticità attribuita e livello effettivo di gestione dell’impatto può essere conseguenza delle difficoltà incontrate dalle compagnie nell’introdurre ragionamenti risk-based.

Panel F. Sviluppare un sistema più efficace di competenze di controllo

A conferma dell’omogeneità delle valutazioni espresse dal campione circa gli impatti sull’e Risorse Umane, anche i valori relativi all’importanza di questo impatto coincidono con il precedente (tranne che per la deviazione standard, leggermente superiore ma che comunque non raggiunge l’unità), e non si discostano molto dagli altri già analizzati. È possibile notare un maggior grado di dispersione per quanto riguarda l’effettivo livello di gestione, sebbene sia mediamente più alto rispetto ai precedenti.

Panel G. Definire le nuove mansioni e reperire competenze specifiche

A differenza di quanto emerso dal tavolo di lavoro (che poneva l’impatto tra le prime posi-zioni, assegnando rilevanza alta), dall’analisi empirica non emerge un dato condiviso da

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,125 Mediana 4 3 Deviazione standard 1,126 0,991

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,75 2,875 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,707 0,835

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,75 3,25 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 0,886 1,035

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,75 3,25 Mediana 4 3 Deviazione standard 1,035 0,707

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tutte le compagnie intervistate, come si può notare dalla Deviazione Standard che supera l’unità. Il livello effettivo di gestione presenta valori in linea con gli impatti precedente-mente analizzati.

Panel H. Rivedere i sistemi remunerativi/premianti

Analogamente ai risultati del tavolo di lavoro, il campione intervistato posiziona l’impatto all’ultimo posto; i risultati medi sono però poco rilevanti: come evidenziato dalla Devia-zione Standard, i valori assegnati dalle compagnie sono molto eterogenei, e un’impresa ha considerato l’impatto di rilevanza massima (assegnando un valore pari a 5): ciò implica che solo alcune compagnie vedono l’assegnazione di stimoli e incentivi un mezzo strumen-tale al cambiamento culturale richiesto da Solvency 2.

2.4.4 La dimensione della Struttura Organizzativa Il principale interrogativo sul fronte della struttura organizzativa emerso dal tavolo è: "Quanto Solvency 2 richiede una revisione del modello organizzativo e quanto rischia di creare delle duplicazioni all’interno della struttura organizzativa?" Su questo tema, quasi la metà dei partecipanti ha identificato i due impatti più critici nella necessità di garantire l’assegnazione univoca delle responsabilità e di delineare in maniera chiara e ben definita gli ambiti di azione e coordinamento e i ruoli delle strutture di gover-nance e controllo. Solvency 2 è una normativa principle-based, che non fornisce indicazioni puntuali: occorre quindi darsi delle regole, e definire lo standard di comunicazione per far fronte alla mag-giore formalizzazione/documentazione richiesta dalla normativa.

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3 2,625 Mediana 2.5 2.5 Deviazione standard 1,195 1,598

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Tabella 7. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito della Struttura Organizzativa (analisi qualitativa e confronto fra esperti partecipanti ai tavoli di lavoro e survey nell’industria assicurativa)

Impatto identificato Rilevanza (tavoli di lavoro)

Rilevanza (survey indu-

stria)

Garantire l’assegnazione univoca delle responsabilità Alta Alta

Distinguere le strutture di Governance e di Controllo Alta Alta

Adattare le responsabilità e la struttura specifica per il Data Quality Media Alta

Perfezionare il coinvolgimento interfunzionale su progetti interni S2 Alta Media

Verificare l’adeguatezza della struttura organizzativa AS-IS Alta Media

Minimizzare gli impatti negativi di S2 su flessibilità del business Media Media

Rivedere il ruolo della funzione organizzazione Bassa Bassa

Il peso di tali impatti è rilevante perché è causa di irrigidimento dei processi decisionali sui cantieri di adeguamento, con conseguente incremento di tempi e costi di realizzazione. Sul primo tema, in estrema sintesi, i referenti aziendali lamentano: ritardata e/o incompleta definizione e formalizzazione di ruoli e responsabilità delle varie funzioni aziendali dell'impresa. Questo comporta difficoltà operative nell’individuazione dei referenti sia sulle attività progettuali sia, in futuro, sulle attività business as usual; mancata definizione dell’ownership dei flussi, tecnici e finanziari, alimentanti i motori di calcolo; sovrapposizione tra le funzioni di Governance e tra le responsabilità del Risk Management, Attuariato, Compliance e Internal Audit. Solvency 2 ha sollevato l'esigenza di individuare ruoli e i perimetri di competenza tra Risk management, "Programmazione e Controllo" e Attuariato. Tradizionalmente la funzione Programmazione e Controllo gestisce il piano industriale e, spesso, l'Attuariato (dedicato al calcolo delle riserve) è una sotto-funzione della stessa. Oggi il Risk management è ampia-mente coinvolto e presente nel processo di budgeting, per via dell'allocazione del capitale conseguente alla definizione del risk appetite. Ci si interroga sulla funzione a cui spetterà l’ownership dell’ORSA, dell’SCR e del MCR. In molti casi, attualmente, tali processi sono sotto la responsabilità del Risk Management ma potrebbe accadere che in futuro tale re-sponsabilità sia suddivisa in base al modello adottato (interno o standard). Con riferimento ai ruoli di governance e controllo, si ritiene necessario: attribuire all’Attuariato funzioni di controllo; definire meglio i ruoli del Risk Manager, dei CRO e dei poteri loro attribuiti in sede dei comitati operativi o esecutivi. Viene ribadita la forte trasversalità degli impatti della normativa sulle strutture aziendali che genera l'esigenza di una maggiore collaborazione interfunzionale su progetti interni Solvency 2 e, quindi, l’esigenza di definire nuovi strumenti di coordinamento tra le varie funzioni aziendali.

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La normativa ha indotto la funzione Organizzazione a fornire supporto nella mappatura dei processi, nella reingegnerizzazione di quelli maggiormente legati a Solvency II (SCR, Nuovi prodotti, ecc.) nell'individuare la responsabilità della qualità dei dati, in capo alle funzioni che tali dati generano/gestiscono. A questo scopo, la funzione organizzazione col-labora con la funzione IT. L'individuazione della responsabilità del dato è più semplice nel VITA perché le strutture sono più concentrate (per esempio l'Attuariato che fa riserve, è vicino a chi fa il profit testing o il VIF). Nel danni, dove vi sono tanti passaggi, tra cui va-lutazioni soggettive (expert judgement), il concetto di ownership è un po’ più difficile. Un’efficace comunicazione aziendale sulle implicazioni derivanti da Solvency II deve es-sere realizzata da parte del Risk Manager lungo due direzioni:

• verso il top management • verso l’intera organizzazione

L’azione comunicativa è un aspetto fondamentale che ha, come effetto principale, la crea-zione del commitment da parte dell’alta direzione. Tuttavia si qualifica come un’attività di non semplice realizzazione, in particolare per le competenze pressoché tecniche tipiche della funzione di Risk Management. Il tavolo di lavoro mette in luce le seguenti criticità:

• il sottodimensionamento delle strutture organizzative rispetto all'impegno richiesto dal recepimento della normativa, principalmente per quanto concerne l’unità di Risk Management;

• la necessità di definire presidi organizzativi per i controlli operativi; • la difficoltà di verifica della coerenza degli assetti organizzativi rispetto alle richie-

ste dalla normativa. • la gestione del trade-off, in termini di assetti organizzativi, tra controllo del rischio

e libertà manageriale. Si discute ampiamente sui problemi legati all’esigenza di definire responsabilità / strutture specifiche per il Data Quality. Emerge condivisione in merito alla necessità di identificare:

• un Data Quality Manager (DQM); • l’unità organizzativa ove collocare il DQM; • mansioni e responsabilità del DQM.

Infine, la riflessione si è sposta su un interrogativo: "Se e come deve essere rivisto il ruolo della funzione Organizzazione, nel contesto aziendale, per rispondere in maniera efficace ed efficiente alle esigenze portate dalla normativa?" La struttura organizzativa di progetto, in alcuni casi, prevede un riporto diretto del Risk Manager al Compliance Officer, che si qualifica quindi come project leader delle diverse attività. Allo stesso tempo, la verifica dell’adeguatezza della struttura organizzativa AS-IS, è invece attuata da uno specifico cantiere del progetto interno Solvency II, con l’obiettivo di effettuare la valutazione e/o la revisione dell’assetto organizzativo. L’IT rappresenta un alleato indispensabile del Risk Management, soprattutto per la costru-zione di una base dati comune.

Dall’indagine effettuata sul campione intervistato, è emersa una valutazione delle rilevanze per ciascun impatto abbastanza simile a quanto indicato nel tavolo di lavoro, sintetizzabile nella tabella 7.

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Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima). Tabella 8. Impatti e rilevanza di Solvency 2 nell’ambito della Struttura Organizzativa

(analisi quantitativa)

Panel A. Garantire l’assegnazione univoca delle responsabilità

Come si può notare dai valori, il campione riconosce in modo omogeneo l’elevata rilevan-za dell’impatto (media e mediana coincidono e sono molto vicini al valore più alto, con un indice di dispersione basso), ma i dati sul livello effettivo di gestione dello stesso (pur non essendo particolarmente bassi) sembrano confermare quanto emerso dal tavolo, ossia la difficoltà nel definire e formalizzare ruoli e responsabilità delle varie funzioni aziendali dell'impresa.

Panel B. Distinguere le strutture di Governance e di Controllo

Analogamente a quanto emerso dal tavolo di lavoro, gli intervistati assegnano rilevanza e-levata alla comprensione dei requisiti puntuali di Solvency 2, seconda soltanto all’esigenza ampiamente condivisa di garantire l’assegnazione univoca delle responsabilità. Per quanto attiene il livello effettivo di gestione, i valori sono molto simili a quanto rilevato per il pri-mo impatto, ma con crescente dispersione.

Panel C. Adattare le responsabilità e la struttura specifica per il Data Quality

Emerge una rilevante differenza tra l’importanza assegnata all’impatto dal tavolo di lavoro e le valutazioni attribuite dalle compagnie intervistate, mediamente d’accordo nel ritenere tale impatto come altamente critico. I valori attribuiti all’effettivo livello di gestione, me-diamente più bassi rispetto alla criticità individuata e caratterizzati da elevata variabilità (la deviazione standard è superiore all’unità), potrebbero indicare che c’è incertezza circa le modalità con cui affrontare l’impatto.

Panel D. Perfezionare il coinvolgimento interfunzionale su progetti interni S2

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,5 3,5 Mediana 4.5 4 Deviazione standard 0,535 0,756

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,375 3,625 Mediana 4.5 4 Deviazione standard 0,744 0,916

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,125 2,875 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,641 1,246

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3 Mediana 4 3 Deviazione standard 0,835 0,756

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La deviazione standard che non raggiunge l’unità dimostra che le compagnie intervistate sono solo in parte d’accordo nell’assegnare all’impatto un livello di importanza intermedio, ma (come si può vedere dalla mediana) molto vicino a valori alti. Le stesse considerazioni valgono per la sua effettiva gestione, poiché i risultati espressi si attestano in media sul va-lore centrale, con leggere oscillazioni simmetriche.

Panel E. Verificare l’adeguatezza della struttura organizzativa AS-IS

In merito all’adeguatezza della struttura organizzativa AS-IS è possibile notare, dal valore della Deviazione Standard, crescente variabilità rispetto ai precedenti impatti: sebbene la maggior parte del campione assegni rilevanza elevata all’impatto, come testimonia la me-diana superiore alla media, un ristretto numero di imprese lo considera poco critico. Il dato sorprendente è che alcune imprese che hanno valutato pari a 5 la criticità abbiano poi asse-gnato valori minimi alla gestione dell’impatto (1 e 2), mentre per l’impresa che aveva con-siderato pari a 2 l’importanza dell’impatto è accaduto il contrario e nella valutazione del livello effettivo di gestione ha assegnato il valore massimo.

Panel F. Minimizzare gli impatti negativi di S2 su flessibilità del business

Nonostante l’elevata variabilità testimoniata dalla Deviazione Standard, è possibile con-cludere che il campione assegni rilevanza media all’impatto (il valore minimo espresso è infatti 2); il campione si presenta invece più omogeneo per quanto attiene l’effettiva ge-stione dell’impatto, analogamente considerata di livello medio (infatti i valori attribuiti dal-le imprese sono 2 e 3, con una leggera prevalenza degli ultimi).

Panel G. Rivedere il ruolo della funzione organizzazione

È senza dubbio l’impatto sul quale le compagnie intervistate sono più in disaccordo: come si può notare anche dalla Deviazione Standard, i valori attribuiti sono molto eterogenei, e oscillano tra 1 e 5; il livello effettivo con cui viene gestito l’impatto è inversamente corre-lato alla criticità attribuita: le imprese che hanno assegnato valori alti alla criticità, hanno segnalato un livello effettivo di gestione basso, e viceversa per gli intervistati che hanno considerato bassa l’importanza.

2.5 Criticità rilevanti

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,125 Mediana 4 3 Deviazione standard 1,126 1,356

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,5 2,625 Mediana 3.5 3 Deviazione standard 1,195 0,518

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 2,875 3,25 Mediana 3 3 Deviazione standard 1,458 1,035

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Nelle pagine seguenti verranno illustrate e analizzate alcune ipotesi di soluzione, indivi-duate dal tavolo di lavoro, per gestire i problemi emersi nella prima fase di confronto. Le soluzioni sono declinate per dimensioni di analisi del framework di riferimento. L’identificazione delle soluzioni è stata guidata dall'individuazione delle priorità da asse-gnare ai problemi emersi. I principali elementi critici nell’implementazione di Solvency 2, sul fronte delle aree IT e Organizzazione, sono rilevati in:

• il problema relativo ai dati, che possono non essere disponibili, possono non avere la qualità adeguata o possono non essere tempestivi.

• la necessità di attribuire le responsabilità orizzontali, per controllare la correttezza e l’affidabilità della gestione del dato eseguita a monte e a valle dei processi: occorre dotarsi di strumenti per verificare i dati prodotti da altre strutture.

• la tempistica di produzione delle informazioni utili ai fini dell’SCR rispetto all'in-formativa di Bilancio: l'informazione sull’assorbimento di capitale (da portare in CDA) fornita con mesi di ritardo rispetto al bilancio perde di valore. In alcuni casi si utilizzano dati precedenti a quelli riportati in Bilancio, effettuando un opportuno rescaling, ma questo richiede di adottare delle assunzioni di base che devono essere verificate periodo per periodo e procedure informatiche a supporto.

• la difficoltà di operare una distinzione netta fra strutture di governance e strutture di controllo, in ragione delle compenetrazione di queste due componenti nelle diverse funzioni di staff proprie dell’organizzazione aziendale ( per esempio, la funzione di Compliance, che svolge attività di governo del rischio di non conformità, oltre ad avere un ruolo di supervisione e controllo).

2.6 Ipotesi di soluzione delle criticità rilevanti Il questionario effettuato al campione di imprese ha ad oggetto le ipotesi di soluzione di seguito elencate e commentate, ed è suddiviso in quattro momenti:

• in che misura attualmente è già stata implementata la soluzione descritta • quanto la soluzione è condivisa • la quantità di investimenti già deliberati • la prospettiva che vengano destinati ulteriori investimenti entro 3 anni

Analogamente alla precedente analisi, i referenti aziendali hanno assegnato un valore com-preso tra 1 e 5 (dove 1 corrisponde al minimo e 5 al massimo)

2.6.1 La dimensione dei Processi La mappatura dei processi trova forti limiti nelle discontinuità tra processi disegnati e ope-ratività (il mapping spesso è eseguito attraverso l'utilizzo di applicazioni che non consen-tono la tracciabilità nel tempo e la modifica delle variazioni intervenute da parte dello stes-so utente). La soluzione consiste nell'evoluzione verso strumenti di Business Process Management (BPM), attraverso i quali non solo disegnare il processo ma costruire delle guide, dei binari all'operatività che supportino e indirizzino l’attività delle persone (es. workflow, gestione documentale). Il settore assicurativo appare in ritardo nell’applicazione degli strumenti di BPM per massimizzare efficienza ed efficacia dei processi operativi. Le Compagnie hanno identificato undici ipotesi di soluzione dei problemi censiti come prioritari in quest’ambito di analisi. Tale ipotesi sono illustrate con riferimento alle specifi-che problematiche, seguite dai risultati dell’indagine empirica.

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2.6.1.1

Necessità di mappare e rivedere i processi operativi

Solvency impone due concetti fondamentali: presidio del rischio e della qualità legata alle attività che si compiono. Il governo di questi due elementi passa anche attraverso la map-patura dei processi aziendali, di Business e di Governance, e la formalizzazione e divulga-zione di tutte quelle informazioni processuali indispensabili per il buon operare e decidere. La soluzione risiede nell'acquisto e utilizzo di strumenti di BPM integrati con opportuni moduli di GRC, con funzionalità utili a tutti gli attori che contribuiscono al “processo Sol-vency”. Tabella 9. Soluzioni orientati alla mappatura e alla revisione dei processi operativi

Soluzione 1 – Disegnare e formalizzare i processi operativi in ottica di miglioramento continuo.

Tale soluzione, nel campione intervistato, è quella con il maggior grado di implementazio-ne (sebbene il dato medio sia poco affidabile a causa dell’alta variabilità), e conseguente-mente, è su questa che sono stati maggiormente deliberati gli investimenti, con buone pro-spettive che ce ne siano di ulteriori nel prossimo triennio. Sorprendentemente, è questa so-luzione che gli intervistati condividono meno, anche se il dato è solo di poco inferiore agli altri. Soluzione 2 – Definire procedure aziendali per l’aggiornamento continuo e dinamico della formalizzazione dei processi attivato da input dei process owners.

Per avere una buona gestione dei processi questi devono essere sempre aggiornati per evi-tare il tipico scollamento dalla “prassi quotidiana” che vanificherebbe il lavoro di mappatu-ra ed inficerebbe pesantemente il processo di calcolo del requisito di capitale,riaprendo di fatto il problema analizzato in precedenza. La manutenzione dei processi deve avvenire con costanza e possibilmente in modalità pull, ovvero investendo i process owner dell’onere di aggiornare il processo. Ad esempio, con azione diretta, per modifiche sempli-ci. Invece, per interventi più strutturati e complessi, comunicando agli addetti ai lavori la necessità di aggiornamento. È su tale soluzione che gli intervistati sono maggiormente d’accordo; è già mediamente implementata (ma anche in questo caso i valori medi sono poco affidabili a causa

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3 3,25 2,625 3,125 Mediana 3 3 2 3 Dev. standard 1,069

0,463 0,916

1,126

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,75 3,625 1,875 2,25 Mediana 3 3.5 2 2 Dev. standard 1,035 0,744 0,991 1,035

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dell’elevata variabilità dei risultati), anche se con minori investimenti (attuali e futuri) ri-spetto alle altre due. Soluzione 3 – Identificare interventi di change management a supporto dell'imple-mentazione effettiva dei processi disegnati, affinché il processo non resti una sola rappresentazione formale.

E’ necessario prevedere delle azioni/strumenti di supporto all’implementazione di nuovi processi o di modifiche di processi, in modo da agevolare gli attori che quotidianamente eseguono le attività, per far “vivere” il processo disegnato. E’ ipotizzabile prevedere dei workshop di lancio e spiegazione del nuovo processo con dei momenti formativi necessari nel caso in cui ci sia l’introduzione di nuovi tool di supporto o la modifica dei tool esisten-ti. Cruciale è la fase di monitoraggio del corretto utilizzo e consolidamento dei nuovi pro-cessi, per evitare il riemergere di barriere e resistenze al cambiamento e il regresso verso le prassi operative precedenti. Secondo quanto emerso dall’indagine, questa soluzione si pone nel mezzo tra le altre due, senza eccellere né per quanto attiene l’implementazione ed i relativi investimenti, né per il grado di condivisione da parte delle compagnie intervistate. Anche i valori della Deviazio-ne Standard sono in linea con quanto rilevato nelle precedenti soluzioni. 2.6.1.2

Necessità di mappare e controllare i flussi informativi

Il presidio del rischio e della qualità delle attività richiede l’eliminazione , o una spinta ri-duzione , delle attività manuali lungo i processi aziendali. Incrementare il fattore tecnolo-gico a supporto delle attività, eliminando il più possibile quelle non a valore aggiunto in capo all’uomo, implica un maggior controllo dei processi e dei flussi di informazioni scambiati tra processi e sistemi informativi. Tutti i dati utili devono essere tracciati all’interno dei sistemi aziendali che contribuiscono al “processo Solvency” e gestiti in mo-do automatico in maniera tale da garantire la replicabilità e la coerenza delle informazioni. Tabella 10. Soluzioni orientati alla mappatura e al controllo dei flussi informatici Soluzione 1 – Identificare interventi finalizzati ad eliminare/ridurre le manualità pre-senti nei processi di business.

Le compagnie intervistate manifestano su questa soluzione il maggior grado di condivisio-ne (il risultato è avvalorato da una Deviazione Standard non elevata), come dimostrato i-

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,875 3,375 2,5 2,625 Mediana 3 3.5 2 2.5 Dev. standard 1,246 0,744 0,926 0,744

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,25 4 3 4 Mediana 2 4 3 4 Dev. standard 1,165 0,535 1,195 1,069

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noltre dalla quantità di investimenti deliberati, e soprattutto dalle prospettive di futuri inve-stimenti, che risultano elevate su tutto il campione. Soluzione 2 – Implementare programmi di dematerializzazione dei documenti, sia in ingresso/uscita all'azienda, sia per l'esecuzione dei processi aziendali.

L' incremento di efficienza ed efficacia nella raccolta e gestione delle informazioni che an-cora oggi transitano su carta ma che confluiscono nei processi di elaborazione ai fini Sol-vency necessita dell’adozione di programmi che consentono di censire automaticamente i dati riducendo errori e conseguenti rischi. Il tema della dematerializzazione risulta sempre più importante, e non solo ai fini Solvency 2, come dimostrato dal progetto di dematerializzazione della documentazione RC Auto (contrassegno, certificato, attestazione dello stato di rischio e carta verde) avviato dall’ANIA a partire dal mese di giugno che porterà indubbi benefici al settore assicurativo, ai clienti e alle forze dell’ordine. Tale soluzione è, tra le compagnie intervistate, quella maggiormente implementata. Secon-do i dati forniti circa le risorse già destinate (di poco inferiori alla precedente soluzione, ma più concentrati), è evidente come sia tenuta in alta considerazione tra le compagnie. 2.6.1.3

Necessità di rivedere i meccanismi di governance

Istituire un comitato specifico, deputato a presidiare, discutere, verificare e definire solu-zioni su tutti gli aspetti relativi a Solvency 2 (operativi, progettuali e strategici) è una solu-zione necessaria per poter coordinare un tema così complesso e la molteplicità di risorse e competenze necessarie per la buona riuscita del progetto di adeguamento. A tale comitato devono poter partecipare le prime linee aziendali, il top management, e i responsabili delle funzioni di Risk Management e di Controllo. Resta aperto il dubbio rela-tivo alla continuità di tale strumento di coordinamento con l’entrata a regime della norma-tiva. Nel caso in cui si decidesse di mantenere attivo il comitato anche a seguito della chiusura della fase progettuale, allora quest’ultimo dovrebbe essere interpretato come motore del processo di Data Governance. Non è possibile fornire informazioni circa l’analisi empirica poiché le risposte risultano non significative. Creare un processo di Data Governance significa formalizzare in un unico macro-processo la gestione dei dati, le attività di produzione ed elaborazione, l’auditabilità / tracciabilità dei dati, la riconciliazione, le attività di controllo degli stessi, etc., definendo ruoli, respon-sabilità, mansioni e soprattutto l’ownership di tale processo. Non è possibile fornire informazioni circa l’analisi empirica poiché la soluzione non è pre-sente nel questionario Tabella 10. Soluzioni orientati alla revisione dei meccanismi di governance

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,375 3,5 2,875 3,125 Mediana 3 3.5 3 3 Dev. standard 0,518 0,535 0,641 1,126

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Soluzione 3 – Identificare uno specifico cantiere progettuale relativo all'implementa-zione dell'infrastruttura di Governance.

Vista la complessità della definizione del processo di Data Governance e dell’infrastruttura a supporto, emerge consenso sull'opportunità di prevedere un opportuno cantiere proget-tuale su questo tema. Questa soluzione è condivisa dal campione in misura minore e marginale, come conferma-to dagli investimenti deliberati, che si attestano ad un livello medio/basso con una variabi-lità relativamente trascurabile.

2.6.1.4

Necessità di strutturare i processi Solvency 2 (SCR, MCR, ORSA, etc.)

Il processo ORSA (Own Risk and Solvency Assessment), finalizzato a integrare la valuta-zione e la gestione dei rischi nei processi, operativi e decisionali, richiede la mappatura puntuale del processo e il disegno delle procedure attuative al fine di consentire la valoriz-zazione degli sforzi e degli investimenti che si stanno fronteggiando lungo il percorso di adeguamento alla normativa per fini gestionali. Tabella 11. Soluzioni orientati alla revisione dei processi Solvency 2 Soluzione 1 – Definire le policy e le procedure di dettaglio per implementare il proces-so ORSA.

Questa soluzione, pur presentando maggiore variabilità per quanto riguarda l’attuale im-plementazione e la sua condivisione da parte delle compagnie, è quella sulla quale si con-centrano le maggiori prospettive medie di investimenti futuri Soluzione 2 – Aggiornare i processi as-is e disegnare i processi to-be con supporto del Risk Manager.

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,625 2,5 1,75 2,125 Mediana 2 2.5 2 2 Dev. standard 1,188 0,926 0,707 0,835

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,625 3,5 2,125 3,375 Mediana 2.5 4 2 4 Dev. standard 1,408 1,414 1,246 1,302

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3 3,875 2,625 3 Mediana 3 4 2.5 3 Dev. standard 0,756 0,641 1,061 1,069

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L'adozione di un'ottica risk based nei processi e nelle decisioni di business richiede il coin-volgimento del Risk Management nella fase di disegno e mappatura dei processi. Disegnare i nuovi processi necessari per adeguarsi alla direttiva , ORSA, calcolo SCR/MCR, Use Test , o reingegnerizzare in chiave Solvency 2 processi esistenti più im-pattati , capital planning, budegeting, pricing, sviluppo prodotti, commissioning, colloca-mento prodotti, ecc , senza il diretto e concreto coinvolgimento del Risk Manager potrebbe ostacolare il raggiungimento efficace degli obiettivi prefissati. Le compagnie risultano essere maggiormente in accordo su questa soluzione (i valori medi riguardanti il livello di condivisione sono in linea con la precedente soluzione, ma più con-centrati), inoltre questa si presenta già mediamente implementata e con buone prospettive di investimenti futuri, di poco inferiori alla prima soluzione. Soluzione 3 – Definire policy e/o meccanismi organizzativi volti a favorire la com-prensione delle logiche sottostanti i modelli di calcolo e i loro outputs nell'operatività quotidiana

L'utilizzo gestionale delle misure di rischio (Use test) richiede la definizione di processi / procedure che agevolino la comprensione dei modelli, dei loro outputs e la condivisione delle informazioni da parte di tutte le funzioni aziendali. Risulta essere la soluzione tenuta meno in considerazione dal campione; pur esibendo un indice di variabilità non troppo dissimile dalle precedenti, i valori medi sono sistematica-mente inferiori sia per quanto riguarda l’attuale implementazione sia per gli investimenti.

2.6.2 La dimensione dell’Information Technology Nell'ambito della dimensione IT, sono risultati prioritari due aspetti: il miglioramento della qualità dei dati e la verifica dei flussi informativi. Alcune Compagnie dichiarano di aver accellerato l’implementazione di un Data Warehouse aziendale e la definizione di un Busi-ness Dictionary, ovvero di un dizionario dati univoco a livello aziendale.

2.6.2.1

Necessità di migliorare la qualità della base dati

Il DWH è considerato dai Risk Manager un prerequisito per passare ad una logica di RAPM (Risk Adjusted Performance Management). La scelta tra le due alternative si basa su:

• dimensione aziendale; • adozione o meno della formula standard.

Maggiore è la dimensione, maggiore è la complessità dei flussi informativi e il numero dei sistemi da integrare, maggiore appare la convenienza della realizzazione di un DWH. L'a-dozione di un modello interno e le esigenze informative per la sua costruzione fanno pro-pendere, analogamente, per la realizzazione di un DWH.

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,875 3 2,375 2,625 Mediana 2 3 2.5 2 Dev. standard 1,246 1,069 1,061 0,916

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Tabella 12. Soluzioni orientati al miglioramento della qualità della base dati Soluzione 1 – Implementare un datawarehouse (DWH) aziendale unico o in alternati-va, un sistema semplificato gestione/estrazione dati (system integration).

Come si può vedere dai valori espressi dal campione, questa soluzione oltre ad essere già largamente implementata (la mediana supera infatti la media), risulta particolarmente con-divisa: lo dimostrano gli investimenti già deliberati, e soprattutto l’elevata probabilità che ce ne siano ulteriori nel prossimo triennio Soluzione 2 – Definire e condividere un dizionario dati aziendale.

L'introduzione di un dizionario dei dati costituisce uno strumento utile ad aumentare la consapevolezza del significato delle informazioni raccolte. I dati provenienti dai diversi si-stemi debbono essere coerenti tra loro, altrimenti si rischia di implementare un modello da-ti (proveniente da un foglio Excel o da un approccio stocastico) che ha un input volatile, in quanto non collegato con gli altri sistemi dipartimentali. Come si può facilmente vedere, questa soluzione ha riscosso meno successo della prece-dente tra gli intervistati, specialmente per quanto riguarda l’attuale implementazione e la quantità di risorse destinate e da destinare. Va tuttavia fatto notare che il livello di condivi-sione medio, pur essendo leggermente inferiore, presenta minore variabilità.

2.6.2.2

Necessità di verificare i flussi informativi e le interfacce tra si-stemi

Emerge ampio consenso sull'opportunità di definire di una Data Policy che preveda un re-golare processo di checking e validazione dei dati, un processo di aggiornamento almeno annuale del data set utilizzato e la formalizzazione di tutte le situazioni in cui la qualità dei dati può essere compromessa e si possa ricorrere all’expert judgement (documentato e og-getto di convalida). Tabella 13. Soluzioni orientati alla verifica dei flussi informativi Soluzione 1 – Alimentare il motore di calcolo con flussi di dati validati.

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3 4 3,375 3,875 Mediana 4 4 3.5 4 Dev. standard 1,774 1,309 1,408 0,991

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,625 3,75 2,25 2,5 Mediana 2.5 4 2 2.5 Dev. standard 1,188 0,707 0,886 0,535

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,625 4,625 3,125 3,25

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Risulta essere la soluzione più ampiamente condivisa dal campione, con valori medi vicini al massimo e scarsa variabilità. Gli investimenti effettuati e previsti per il futuro non sono allo stesso modo elevati, ma risultano maggiori rispetto alle restanti soluzioni. Soluzione 2 – Censire i tool informatici disponibili nei vari processi in fase di mappa-tura.

In molte aziende non esiste l’inventario completo ed aggiornato dei tools utilizzabili dagli utenti. Non avere questa informazione innesca il rischio di utilizzo di strumenti esterni ai sistemi della Compagnia il cui output diventa di difficile integrazione con il resto dei si-stemi e monopolio di alcune risorse dell’azienda. Sebbene lo scarto sia minimo, per quanto riguarda il grado di implementazione questa so-luzione supera la precedente, e risulta comunque ampiamente condivisa dal campione. C’è però un sostanziale gap tra l’implementazione-condivisione e gli investimenti: questi ultimi infatti sono estremamente bassi. Soluzione 3 – Disincentivare l'utilizzo di tool "black box " esterni ai sistemi della Compagnia attraverso la definizione di policy aziendali

Per ovviare al problema precedente, occorre definire delle policy che scoraggino l’utilizzo di tool definiti “black box”(estrazioni effettuate da singole persone con elaborazioni extra sistema). Spetta alla Direzione IT, supportata dalle funzioni Organizzazione e Risorse U-mane, definire le linee guida da seguire per soddisfare le esigenze delle singole funzioni / dipartimenti attraverso i sistemi della Compagnia. Questa soluzione è condivisa solo in parte dagli intervistati, come testimonia la Deviazione Standard maggiore rispetto alle precedenti; l’attuale grado di implementazione e i futuri investimenti rispecchiano il livello di accordo espresso. Soluzione 4 – Responsabilizzare con policy aziendali il singolo utente di business su tutto il processo end-to-end, dalla definizione delle specifiche alla validazione dei test.

Mediana 4 5 3 3 Dev. standard 0,744 0,518 1,246 1,282

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,75 3,875 1,625 1,625 Mediana 4 4 1 1.5 Dev. standard 0,707 0,641 0,916 0,744

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,75 3,625 2 2,375 Mediana 3 3 2 2.5 Dev. standard 1,389 0,916 0,756 1,061

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

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Spesso, le attività di test utente sulle applicazioni aziendali vengono sottovalutate dagli u-tenti di business, percepite come di responsabilità dell’IT. La deresponsabilizzazione degli utenti su questi aspetti, in termini Solvency, implica un aumento dei rischi di incompletez-za e non accuratezza dei dati e di conseguenza riduzione del data quality.

Il campione si divide tra coloro che hanno già implementato in larga misura tale soluzione, e coloro che invece sono ancora molto indietro. Gli intervistati manifestano un livello di accordo discreto, anche se gli investimenti destinati e previsti per il futuro sono particolar-mente scarsi.

2.6.3 La dimensione delle Persone Con riferimento alla dimensione Persone, l'aspetto decisamente più critico appare quello della formazione. Sono state individuate tre ipotesi di soluzione. Tabella 14. Soluzioni orientati alla dimensione delle risorse umane Soluzione 1 – Estendere la formazione di base sui temi Solvency 2 a tutte le risorse a-ziendali, focalizzandola sui motivi che richiedono un cambiamento della modalità di lavoro.

Si rivela fondamentale incrementare le attività di formazione e training relative al recepi-mento della direttiva all’interno della Compagnia, in particolare in merito alle regole di governance e di embedding dei rischi nelle attività di business. La formazione ad oggi erogata alle risorse è percepita come di “alto profilo” e “frammenta-ta”; le persone hanno la sensazione di recepire qualcosa di generico e poco concreto con il risultato di non comprendere l'impatto della loro attività quotidiana sul rischio complessivo e sui requisiti di capitale. I dati che emergono dal questionario evidenziano un risultato molto eterogeneo sotto ogni aspetto, e i dati medi, ponendosi al centro della distribuzione, sono scarsamente significati-vi; gli investimenti deliberati risultano però maggiormente concentrati sui valori più bassi, come testimonia la mediana inferiore alla media. Soluzione 2 – Prevedere delle sessioni formative sull'operatività delle risorse, paralle-lamente allo sviluppo dei processi e degli strumenti informativi di supporto.

Media 3,25 3,25 1,75 1,75 Mediana 4 3 1 1.5 Dev. standard 1,488 1,035 1,165 0,886

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,25 3,125 2,125 2,75 Mediana 2 3 1.5 3 Dev. standard 1,669 1,246 1,356 1,282

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,5 3 2,375 2,875

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Per accelerare il cambiamento culturale, potrebbe essere opportuno organizzare delle ses-sioni formative rivolte a tutta la struttura in concomitanza con la conclusione di ciascun cantiere progettuale al fine di illustrare le nuove modalità di lavoro e gli strumenti a sup-porto. Anche in questo caso i risultati emersi sono molto simili sia per quanto attiene i valori me-di sia in termini di Deviazione Standard; tuttavia questa soluzione, rispetto alla precedente, presenta maggiori investimenti e, seppur in misura minore, maggiori prospettive che ce ne siano ulteriori in futuro. Soluzione 3 – Implementare policy aziendali, processi e procedure che dettaglino le modalità di coordinamento tra Risk Manager e Board e tra Risk Manager e le altre funzioni di controllo.

Secondo il campione, potrebbe essere questa la soluzione relativamente più importante: di-fatti, i valori medi relativi alla condivisione si presentano più alti e caratterizzati da minore variabilità; non si può dire lo stesso sugli investimenti già effettuati e futuri, ancora allo stesso livello delle precedenti soluzioni; risulta essere già implementata solo da una parte degli intervistati, mentre i restanti hanno adottato poche misure in merito, come testimonia l’elevata deviazione standard attorno ad un valore medio che si attesta sulla posizione cen-trale.

2.6.4 La dimensione della Struttura Organizzativa Le soluzioni ipotizzate sul fronte della struttura organizzativa riguardano la dimensione verticale, orizzontale e obliqua della stessa e, in particolare, la necessità di assegnazione univoca delle responsabilità. L’adeguatezza della comunicazione su Solvency II verso l’intera organizzazione è un fatto-re abili-tante allo sviluppo di un sistema più efficace di competenze di controllo. Affinché sia efficace, la comunicazione deve illustrare e far percepire al destinatario l’utilità delle attività di controllo a fronte dei costi sostenuti dall’organizzazione. In questa direzione, la comunicazione si qualifica come elemento critico per evitare che l’azienda sia governata dal Risk Manager, anziché essere proiettata verso logiche di sviluppo del busi-ness. La costituzione di team interfunzionali per progetti interni Solvency II è un elemento car-dine, al fine di agevolare un processo di scambio di conoscenza fra le differenti funzioni aziendali. Le soluzioni identificate di seguito sono mirate a verificare l’adeguatezza delle strutture AS-IS. Tabella 15. Soluzioni orientati alla dimensione della struttura organizzativa

Mediana 2.5 3 2 3 Dev. standard 1,195 1,309 1,506 0,835

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3 3,625 1,875 2,125 Mediana 3 4 2 2 Dev. standard 1,309 0,916 0,991 0,991

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Soluzione 1 – Ridefinire l'organigramma aziendale.

Risulta urgente definire e formalizzare le nuove attività richieste da Solvency 2 e definire in modo univoco le responsabilità per ciascuna di esse, il perimetro di competenza delle varie funzioni e, per le funzioni di Governance e Controllo, evitare possibili sovrapposi-zioni. La struttura organizzativa dovrà essere chiara e trasparente, caratterizzata da un’efficace allocazione delle risorse, dalla separazione delle responsabilità e da flussi in-formativi ben definiti. Tale ridefinizione è necessaria anche alla luce dell’entrata in vigore del Regolamento ISVAP 36 che richiede una separazione di funzioni tra Risk Management (ruolo di controllo e di riporto al CdA) e il CRO (ruolo più attivo nei processi decisionali e strategici). Emerge un livello di implementazione intermedio, abbastanza simile a quanto assegnato per le successive soluzioni; tuttavia occorre tener presente la considerevole distanza tra la condivisione della soluzione e gli investimenti già destinati o futuri: il dato è significativo, perché come già affermato la dimensione organizzativa è molto importante e impatta su diverse aree aziendali, perciò non deve essere sottovalutata. Soluzione 2 – Diffondere la cultura dello Use Test e definire policy per implementarlo in modalità continua.

L'integrazione dei modelli di misurazione del rischio nei processi gestionali richiede una revisione dei processi di business in ottica risk-based e la diffusione della cultura del ri-schio. In particolare le decisioni strategiche e di business, valutate dal CRO e con la re-sponsabilità ultima del CdA, dovranno basarsi su valutazioni di rischio e di assorbimento di capitale. Come già accennato, presenta un grado di implementazione uguale alla precedente solu-zione, e pur essendo mediamente meno condivisa, gli investimenti già destinati e futuri so-no in media leggermente più alti. Soluzione 3 - Individuare Metriche e obiettivi aziendali

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,875 3,625 1,5 1,375 Mediana 3 4 1 1 Dev. standard 1,246 0,916 0,756 0,744

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,875 2,75 1,875 2,125 Mediana 3 3 2 2 Dev. standard 1,246 1,035 0,641 0,991

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,5 3,375 1,875 2,5 Mediana 2.5 3 2 2.5 Dev. standard 0,926 0,916 0,835 0,926

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Occorre capire quali sono gli output finali di Solvency 2 e stabilire un collegamento tra es-si e gli obiettivi strategici, per poi individuare il modo di tradurli in sotto-obiettivi e incro-ciarli i vincoli di bilancio e le logiche IAS. La soluzione risulta implementata in modo analogo alle precedenti, e sebbene il livello medio di condivisione non si discosti particolarmente, è su questa che le prospettive future sono più elevate (anche in assoluto il valore emerso è comunque basso, e ciò potrebbe con-fermare il già espresso rischio che l’impatto organizzativo sia sottovalutato).

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Appendice statistica Organizzazione e IT

Processi

Figura 2. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Processi

Figura 3. Grado di implementazione della soluzione inerente alla dimensione Processi

42,86% 42,86%

28,57% 28,57%

0,00% 0,00% 0,00%

57,14% 57,14%

28,57%

57,14%

71,43%

14,29%

57,14%

0,00% 0,00%

28,57%

14,29%

28,57%

28,57%

28,57%

0,00% 0,00%

14,29%

0,00% 0,00%

57,14%

14,29%

0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Mappatura e revisione dei processi operativi

Controllo dei flussi informativi

Revisione dei meccanismi di

governance

Reingegnerizzazione dei processi Solvency 2 (SCR, MCR, ORSA,

etc.)

Analisi dei processi di product development

Revisione delle policy di gestione

outsourcing

Analisi e revisione dei processi decisionalI

IMPATTI PROCESSICriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

28,57% 28,57%

42,86%

14,29%

42,86%

28,57%

42,86%

28,57%

14,29%

28,57%

0,00%

57,14%

14,29% 14,29% 14,29%

0,00%0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disegnare e formalizzare i processi operativi in ottica di miglioramento

continuo

Definire procedure aziendali per l’aggiornamento continuo e

dinamico della formalizzazione dei processi attivato da input dei

process owners

Identificare interventi di change management a supporto

dell'implementazione effettiva dei processi disegnati, affinché il processo non resti una sola rappresentazione formale

Identificare interventi finalizzati ad eliminare/ridurre le manualità

presenti nei processi di business

PROCESSIGrado di implementazione della soluzione

Non adottata

Appena avviata

A 1/4 di completamento

A metà di completameento

A 3/4 di completamento

Completamente implementata

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Figura 4. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Processi

Figura 5. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Processi

0,00% 0,00% 0,00% 0,00%0,00%

28,57%

42,86%

57,14%

14,29%

71,43%

57,14%

42,86%

42,86%

0,00% 0,00% 0,00%

28,57%

0,00% 0,00% 0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Definire policy e/o meccanismi organizzativi volti a favorire la

comprensione delle logiche sottostanti i modelli di calcolo e i loro output nell'operatività

quotidiana

Disegnare e formalizzare i processi operativi in ottica di

miglioramento continuo

Definire procedure aziendali per l’aggiornamento continuo

e dinamico della formalizzazione dei processi attivato da input dei process

owners

Identificare interventi di change management a

supporto dell'implementazione effettiva dei processi disegnati, affinché

il processo non resti una sola rappresentazione formale

PROCESSILivello condivisione/accordo sulla soluzione

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

0,00%

14,29% 14,29%

0,00%

14,29%

42,86%

57,14%

14,29%

42,86%

14,29%

28,57%

42,86%

42,86% 14,29%

0,00%

42,86%

0,00%

14,29%

0,00% 0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Identificare uno specifico cantiere progettuale relativo

all'implementazione dell'infrastruttura di

Governance

Definire le policy e le procedure di dettaglio per implementare il processo

ORSA

Aggiornare i processi as-is e disegnare i processi to-be con

supporto del Risk Manager

Definire policy e/o meccanismi organizzativi volti a favorire la

comprensione delle logiche sottostanti i modelli di calcolo e i loro output nell'operatività

quotidiana

PROCESSIInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

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Figura 6. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Processi

Information Technology

Figura 7. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Information Technology

0,00%

14,29%

0,00% 0,00%

28,57%

14,29%

0,00% 0,00%

0,00%

57,14%

71,43%

14,29%

71,43%

14,29%

28,57%

57,14%

0,00% 0,00% 0,00%

28,57%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Identificare interventi di change management a

supporto dell'implementazione effettiva dei processi disegnati, affinché

il processo non resti una sola rappresentazione formale

Identificare interventi finalizzati ad eliminare/ridurre

le manualità presenti nei processi di business

Implementare programmi di dematerializzazione dei

documenti, sia in ingresso/uscita all'azienda, sia per l'esecuzione dei processi

aziendali

Identificare uno specifico cantiere progettuale relativo

all'implementazione dell'infrastruttura di

Governance

PROCESSIProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

57,14%

28,57%

14,29%

42,86% 42,86%

28,57% 28,57%

0,00%

42,86%

57,14%

42,86%

28,57%

42,86%

42,86%

57,14%

71,43%

0,00%

14,29%

28,57%

28,57%

14,29%

28,57%

14,29%

28,57%

0,00% 0,00%

14,29%

0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Migliorare la qualità della base

dati

Verificare i flussi informativi e le interfacce tra

sistemi

Controllare l’adeguatezza delle applicazioni AS-IS

Investire sul miglioramento

delle applicazioni

Comprendere i requisiti puntuali di

Solvency 2

Gestire le maggiori esigenze di reporting e accounting

Introdurre ed affinare i motori di calcolo a supporto

del risk management

Verificare le procedure di

security

IMPATTI ITCriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 8. Grado di implementazione della soluzione inerente la dimensione Information Technology

Figura 9. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione IT

14,3% 14,3%

0,0%

57,1%

0,0%

71,4%

0,0%

42,9%

14,3%14,3%

28,6%

14,3%14,3% 14,3%

0,0%0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Implementare un data warehouse (DWH) aziendale unico o in

alternativa, un sistema semplificato gestione/estrazione

dati (system integration)

Definire e condividere un dizionario dati aziendale

Alimentare il motore di calcolo con flussi di dati validati

INFORMATION TECHNOLOGYGrado di implementazione della soluzione

Non adottata

Appena avviata

A 1/4 di completamento

A metà di completameento

A 3/4 di completamento

Completamente implementata

42,9%

14,3%

57,1%

57,1%

57,1%

42,9%

0,0%

28,6%

0,0%0,0% 0,0% 0,0%0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Implementare un data warehouse (DWH) aziendale unico o in alternativa, un

sistema semplificato gestione/estrazione dati (system integration)

Definire e condividere un dizionario dati aziendale

Alimentare il motore di calcolo con flussi di dati validati

INFORMATION TECHNOLOGYLivello condivisione/accordo sulla soluzione

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 10. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Information Technology

Figura 11. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione IT

28,6%

0,0%

28,6%

28,6%

14,3%

0,0%

28,6%

14,3%

42,9%

14,3%

71,4%

28,6%

0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Implementare un data warehouse (DWH) aziendale unico o in alternativa, un

sistema semplificato gestione/estrazione dati (system integration)

Definire e condividere un dizionario dati aziendale

Alimentare il motore di calcolo con flussi di dati validati

INFORMATION TECHNOLOGYInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

14,3%

0,0%

14,3%

57,1%

0,0%

14,3%

14,3%

42,9%

28,6%

14,3%

57,1%

42,9%

0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Implementare un data warehouse (DWH) aziendale unico o in alternativa, un

sistema semplificato gestione/estrazione dati (system integration)

Definire e condividere un dizionario dati aziendale

Alimentare il motore di calcolo con flussi di dati validati

INFORMATION TECHNOLOGYProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Persone

Figura 12. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Persone

Figura 13. Grado di implementazione della soluzione inerente alla dimensione Persone

14,29%

42,86%

14,29%

28,57% 28,57%

14,29% 14,29%

0,00%

57,14%

28,57%

57,14%

42,86%

57,14%

71,43% 71,43%

28,57%

28,57%

14,29%

28,57%

14,29%

0,00% 0,00% 0,00%

14,29%

0,00%

14,29%

0,00%

14,29% 14,29% 14,29% 14,29%

57,14%

0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

0%

10%

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30%

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50%

60%

70%

80%

90%

100%

IMPATTI PERSONECriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

0,0% 0,0%

14,3%

42,9%

28,6%

28,6%

14,3%

28,6%

14,3%

0,0% 0,0% 0,0%

42,9% 42,9% 42,9%

0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Estendere la formazione di base sui temi Solvency 2 a tutte le risorse aziendali,

focalizzandola sui motivi che richiedono un cambiamento della modalità di lavoro

Prevedere delle sessioni formative sull'operatività delle risorse,

parallelamente allo sviluppo dei processi e degli strumenti informativi di supporto

Implementare policy aziendali, processi e procedure che dettaglino le modalità di

coordinamento tra Risk Manager e Board e tra Risk Manager e le altre funzioni di

controllo

PERSONEGrado di implementazione della soluzione

Non adottata

Appena avviata

A 1/4 di completamento

A metà di completameento

A 3/4 di completamento

Completamente implementata

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Figura 14. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Persone

Figura 15. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Persone

14,3% 14,3% 14,3%

28,6% 28,6%

57,1%

42,9%

28,6%

28,6%0,0% 28,6%

0,0%

14,3%

0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Estendere la formazione di base sui temi Solvency 2 a tutte le risorse aziendali,

focalizzandola sui motivi che richiedono un cambiamento della modalità di lavoro

Prevedere delle sessioni formative sull'operatività delle risorse, parallelamente allo

sviluppo dei processi e degli strumenti informativi di supporto

Implementare policy aziendali, processi e procedure che dettaglino le modalità di

coordinamento tra Risk Manager e Board e tra Risk Manager e le altre funzioni di controllo

PERSONELivello condivisione/accordo sulla soluzione

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

0,0%

14,3%

0,0%

28,6%

14,3%

14,3%

14,3% 14,3%

0,0%

14,3% 14,3%

57,1%

42,9% 42,9%

28,6%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Estendere la formazione di base sui temi Solvency 2 a tutte le risorse aziendali,

focalizzandola sui motivi che richiedono un cambiamento della modalità di lavoro

Prevedere delle sessioni formative sull'operatività delle risorse,

parallelamente allo sviluppo dei processi e degli strumenti informativi di supporto

Implementare policy aziendali, processi e procedure che dettaglino le modalità di

coordinamento tra Risk Manager e Board e tra Risk Manager e le altre funzioni di

controllo

PERSONEInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

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Figura 16. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Persone

Organizzazione

Figura 17. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Organizzazione

0,0% 0,0% 0,0%

42,9%

28,6%

14,3%

14,3%

28,6%

0,0%

14,3%

42,9%

57,1%

28,6%

0,0%

28,6%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Estendere la formazione di base sui temi Solvency 2 a tutte le risorse aziendali,

focalizzandola sui motivi che richiedono un cambiamento della modalità di lavoro

Prevedere delle sessioni formative sull'operatività delle risorse, parallelamente allo sviluppo dei processi e degli strumenti

informativi di supporto

Implementare policy aziendali, processi e procedure che dettaglino le modalità di

coordinamento tra Risk Manager e Board e tra Risk Manager e le altre funzioni di controllo

PERSONEProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

42,9% 42,9%

28,6%

42,9%

28,6% 28,6%

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57,1%

42,9%

42,9%

28,6%

28,6%

57,1%

28,6%

0,0%

14,3%

28,6% 28,6%

28,6%

14,3%

28,6%

0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

14,3%

0,0%

14,3%

0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

14,3%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Garantire l’assegnazione univoca delle responsabilità

Distinguere le strutture di

governance e di controllo

Perfezionare il coinvolgimento

interfunzionale su progetti interni

Solvency 2

Verificare l’adeguatezza della

struttura organizzativa AS-IS

Minimizzare gli impatti negativi di

Solvency 2 sulla flessibilità del

business

Adattare le responsabilità e la

struttura specifica per il Data Quality

Rivedere il ruolo della funzione

Organizzazione

IMPATTI ORGANIZZAZIONECriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 18. Grado di completamento delle soluzioni inerenti alla dimensione Organizzazione

Figura 19. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Organizzazione

0,0% 0,0%

14,3%28,6%

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28,6%

71,4% 28,6%

14,3%

0,0%

14,3%

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42,9% 28,6%

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0,0% 0,0% 0,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ridefinire l'organigramma aziendale Diffondere la cultura dello Use Test e definire policy per implementarlo in

modalità continua

Individuare metriche e obiettivi aziendali

ORGANIZZAZIONEGrado di implementazione della soluzione

Non adottata

Appena avviata

A 1/4 di completamento

A metà di completameento

A 3/4 di completamento

0,0% 0,0%

14,3%

57,1%

28,6%

28,6%

28,6%

28,6%

42,9%

14,3%

28,6%

14,3%

0,0%

14,3%

0,0%

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10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ridefinire l'organigramma aziendale Diffondere la cultura dello Use Test e definire policy per implementarlo in modalità continua

Individuare metriche e obiettivi aziendali

ORGANIZZAZIONELivello condivisione/accordo sulla soluzione

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 20. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Organizzazione

Figura 21. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Organiz-

zazione

0,0% 0,0% 0,0%0,0% 0,0% 0,0%

14,3% 14,3%

28,6%

28,6%

57,1% 28,6%

57,1%

28,6%

42,9%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ridefinire l'organigramma aziendale Diffondere la cultura dello Use Test e definire policy per implementarlo in

modalità continua

Individuare metriche e obiettivi aziendali

ORGANIZZAZIONEInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

0,0% 0,0% 0,0%0,0%

14,3% 14,3%14,3%

14,3%

42,9%

14,3%

57,1%

28,6%

71,4%

14,3% 14,3%

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10%

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40%

50%

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80%

90%

100%

Ridefinire l'organigramma aziendale Diffondere la cultura dello Use Test e definire policy per implementarlo in

modalità continua

Individuare metriche e obiettivi aziendali

ORGANIZZAZIONEProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

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3 Le aree Commerciale e Comunicazione

3.1 Introduzione L’analisi condotta nell’ambito dell’Osservatorio ha focalizzato l’impatto atteso di Sol-vency II e le soluzioni operative previste per le funzioni commerciali e di comunicazione, coinvolgendo responsabili ed esperti dell’industria assicurativa. L’assunzione è che la ri-schiosità del portafoglio assicurativo, e il conseguente assorbimento di capitale, dipende in gran parte dalle politiche commerciali intraprese dall’azienda. I vincoli imposti da Sol-vency II non potranno quindi non ricadere anche sulla revisione di tali scelte, coinvolgendo la comunicazione interna ed esterna al fine di facilitarne la comprensione da parte degli stakeholder principalmente coinvolti, quali la rete commerciale e la clientela.

3.2 Le attività dei processi Commerciale e Comunicazione Durante i tavoli di lavoro i responsabili delle imprese assicurative partecipanti hanno iden-tificato una serie di impatti operativi relativi alla propria area che sono stati rilevati o per-cepiti fino ad ora nell’ambito del percorso di adeguamento a Solvency II. Di seguito tali impatti operativi sono stati ricondotti al modello disegnato nella figura 1.

Figura 22. Modello di riferimento Commerciale e Comunicazione. Le attività prese in considerazione

Un primo impatto che è stato rilevato dal gruppo di lavoro è relativo alle Compagnie che esercitano il ramo danni ed offrono prodotti di Responsabilità Civile Auto (RC Auto). Ci si

1. Sviluppo nuovi prodotti 2. Commissioning 3. Campagne commerciali

4. Budget commerciale 5. Sviluppo e Controllo rete di vendita 6. Marketing

1.1 Concept commerciale nuovo prodotto

1.2 Definizione tecnica prodotto

1.3 Gestione strategica e operativa riassicurazione

1.4 Implementazione a sistema

1.5 Redazione documentazione regolamentare

1.6 Redazione documentazione commerciale

2.1 Definizione modelli di incentivazione

2.2 Definizione obiettivi per variabile

2.3 Attivazione gestione mandati

2.4 Gestione provvigionale operativa

3.1 Design campagna

3.2 Gestione campagna

4.1 Definizione piano annuale vendite

4.2 Identificazione budget per linee di business

4.3 Scomposizione per punto vendita

4.4 Condivisione con la rete

4.5 Monitoraggio e interventi correttivi

5.1 Gestione struttura rete di vendita

5.2 Assistenza alla rete

5.3 Gestione ispezioni commerciali

5.4 Formazione rete

6.1 Segmentazione della clientela

6.2 Valutazione potenziale e profittabilità per cluster

6.3 Identificazione azioni di sviluppo commerciale e monitoraggio

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attende un ampliamento strategico dell’offerta commerciale finalizzato a ridurre la dipen-denza ed il peso del business auto. Ne consegue che le compagnie dovranno in primo luogo definire il concept commerciale dei nuovi prodotti (si veda il punto 1.1 della figura 1; di seguito in parentesi si rimanderà alle attività descritte nella medesima figura) coerentemen-te con questo obiettivo di ampliamento dell’offerta, a cui deve essere necessariamente af-fiancato il design di campagne commerciali ad hoc (3.1) a supporto. Tale impatto si riferi-sce in particolare ad un re-indirizzamento di un’attività ordinaria del Commerciale verso nuovi obiettivi senza introdurre particolari elementi di novità nelle modalità di esecuzione e nelle informazioni sottostanti. Elementi di sostanziale differenza si potrebbero intravede-re nella definizione dei modelli di incentivazione (2.1) e nella definizione degli obiettivi per il variabile (2.2) i quali potrebbero dover essere strutturati in modo da supportare il processo di adeguamento dell’offerta.

Quanto sopra si ricollega al fatto che alcuni prodotti del ramo danni, soprattutto RC Auto e Responsabilità Civile Generale, comportano un elevato assorbimento di capitale che cam-bierà gli attuali equilibri di profittabilità in ottica di Risk Adjusted Performance Measures. Dunque le compagnie dovranno modulare la definizione tecnica del prodotto (1.2) ed il ri-corso alla riassicurazione (1.3) per modulare il rischio sopportato e, di conseguenza, il ca-pitale assorbito in modo da preservare o migliorare la profittabilità dei prodotti. Anche in questo caso, le compagnie potrebbero rivedere i modelli di incentivazione (2.1) e gli obiet-tivi per il variabile (2.2), ma con logiche differenti / evolutive rispetto a quanto visto sopra poiché si dovrebbe introdurre la variabile dell’assorbimento di capitale nello schema di commissioning. Diventa quindi inevitabile un’adeguata formazione alla rete (5.4) perché possa apprendere e capire le nuove metriche, nonché l’assistenza alla rete (5.2) per suppor-tarla in tale percorso di evoluzione che è anche di tipo culturale. Il tema del capitale assorbito dai prodotti (non solo sul ramo danni) implica un probabile aumento del costo del capitale per ciascun prodotto ed un impoverimento del suo contenu-to. Le compagnie quindi dovranno adottare criteri di ottimizzazione del capitale al fine di massimizzare il valore creato per l’azionista che, tradotto nel modello di riferimento Commerciale e Comunicazione, implica una revisione nelle modalità di definizione degli aspetti tecnici di prodotto compreso il pricing (1.2) ed una revisione delle logiche sia stra-tegiche sia operative di ricorso alla riassicurazione (1.3). Perché questo sia possibile, tutta-via, è necessario che gli obiettivi commerciali siano misurati in modo omogeneo, pertanto anche in sede di budget commerciale è necessario tener conto della necessità di ottimizzare il capitale evolvendo in tal senso le modalità di definizione del piano annuale delle vendite (4.1), l’identificazione del budget per linee di business (4.2) e la condivisione con la rete (4.4). Quest’ultimo aspetto implica l’esecuzione di adeguati piani formativi per la rete di vendita che non riguardino, quindi, solo aspetti di prodotto, ma anche le logiche evolute di misurazione in ottica risk-based (5.4). Un’adeguata formazione consentirebbe, in ultima istanza, la revisione del modello di commissioning sottostante in termini di modelli di in-centivazione (2.1) e di obiettivi per variabile (2.2) legandoli a criteri di assorbimento di ca-pitale. Come è stato anticipato, un altro impatto atteso è legato alla riduzione delle garanzie di prodotto offerte anche su coperture basic. Naturalmente, tale aspetto assume connotazioni predominanti per il business vita per cui si attende un “rischio impoverimento” in termini di riduzione / eliminazione delle garanzie, ad esempio, di tasso e/o di capitale con l’obiettivo di ridurre l’assorbimento di capitale, con conseguente penalizzazione del cliente finale. Tutto ciò introduce una sfida per le compagnie, chiamate a scegliere il trade-off ot-timale tra appetibilità del prodotto sul mercato e livello di rischio assumibile. L’appetibilità

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dovrà naturalmente essere valutata sia sul mercato “esterno”, cioè per il cliente finale come anticipato sopra, ma anche sul mercato “interno”, cioè per la rete distributiva, la quale do-vrà essere coinvolta sia nella creazione di nuovi prodotti, sia nel restyling di quelli già pre-senti sul mercato. Dunque le compagnie dovranno rivedere le modalità di definizione tec-nica del prodotto (1.2) e del concept commerciale (1.1), valutando la possibilità di intro-durre un messaggio di vendita basato sulla solvibilità della compagnia come tutela per la prestazione dell’assicurato. Tale aspetto richiederebbe una specifica taratura delle campa-gne commerciali (3.1). Riflessi significativi si avrebbero anche nella segmentazione della clientela (6.1) introducendo nuove logiche di segmentazione (ad esempio, la sensibilità alla solvibilità della compagnia), nonché di valutazione del potenziale e della profittabilità per cluster di clientela (6.2). Un impatto rilevante derivato dall’assorbimento di capitale si rileva sui business assicura-tivi a copertura di bisogni sociali di natura previdenziale (rendite, prodotti previdenziali e altre coperture a lungo termine, LTC, ecc). Infatti, a fronte di buone prospettive di sviluppo legate ad un trend di longevità in aumento, alla fragilità del sistema pensionistico pubblico, all’aumento di popolazione anziana con necessità di coperture specifiche, si osserva un e-levato assorbimento di capitale da parte dei prodotti che rientrano nelle tipologie citate. Anche in questo caso si può optare per una riduzione delle garanzie associate per non agire sulla leva del prezzo. Gli elementi del modello Commerciale e Comunicazione impattati, dunque, sono i medesimi già analizzati nei precedenti due casi. Con riferimento alle compagnie che operano con riferimento a clienti Corporate (coperture legate ai rami Marine, Aviation, Energy, Inquinamento, ecc.) occorre tener presente alcune peculiarità. Ad esempio, il canale di approvvigionamento di una copertura assicurativa è intermediato dai broker assicurativi ed i prodotti sono tailor made a copertura di rischi spe-cifici. Dunque il maggior assorbimento di capitale legato all’introduzione della logica risk based di Solvency II non si può gestire modificando il prodotto, ma solo attraverso un au-mento della capitalizzazione e la ridisegno delle logiche riassicurative soprattutto con rife-rimento al rischio catastrofale (1.3). In generale, la rivisitazione della struttura dei prodotti potrebbe tradursi nella necessità di riconversione della rete di vendita, la quale è chiamata a vendere prodotti che presentano nuove caratteristiche (5.1) determinando inoltre la necessità di evolvere le pratiche di ispe-zione commerciale (5.3). Guardando ad aspetti più trasversali, l’introduzione di Solvency II è percepita come mag-giore burocratizzazione dell’attività legata all’introduzione di logiche di rischio e di com-pliance generando di fatto un aumento dei costi sostenuti che potranno/dovranno essere trasferiti al cliente finale in termini di caricamenti. Questo quindi richiede ancora una volta una revisione degli elementi tecnici di prodotto (1.2). L’aumento delle spese nei bilanci delle compagnie assicurative porteranno, inoltre, ad un ridisegno dell’organizzazione finalizzato ad una maggiore efficienza operativa, compor-tando quindi una revisione complessiva dell’intero modello di riferimento Commerciale e Comunicazione.

3.3 Modello di riferimento a tendere

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Il modello di riferimento è espresso in termini di road map in cui sono identificati gli inter-venti che consentono da un lato alla struttura Commerciale e Comunicazione di essere compliant con la normativa Solvency II e, dall’altro, di sfruttare l’adeguamento normativo per coglierne un’opportunità di perfezionare il livello di efficienza. Figura 23. Modello Solvency II a tendere dell'area Commerciale e Comunicazione

Ciascun intervento può essere realizzato con diversa intensità. Di seguito, pertanto, ciascun intervento è descritto più in dettaglio indicando:

• il minimo che la compagnia deve fare per essere compliant con la Direttiva; • l’intervento ottimo che consente di tradurre in opportunità un intervento di ade-

guamento normativo; • un intervento intermedio.

Solvency II impone un ripensamento trasversale del modo in cui le compagnie dovranno condurre il business in un contesto risk-based. Per questo motivo, non è possibile limitarsi ad individuare delle iniziative relative esclusivamente a precise prescrizioni normativa, ma è importante individuare anche quelle che collocano la compagnia su un percorso finalizza-to alla creazione di valore e, in ultima istanza, a renderla in grado di competere efficace-mente nel nuovo contesto di business.

3.3.1 Prodotto Con riferimento all’ambito Prodotto, Solvency II prevede requisiti normativi specifici mol-to limitati.

Pricing

2012 Oltre 2012

Ribilanciamento della gamma di of ferta Vita

Prodotto

Comunicazione

SOLVENCY II Commerciale e Comunicazione

Revisione criteri decisionali del Comitato Prodotti

Formazione sull’evoluzione delle caratteristiche di

prodotto

Distribuzione

Def inizione del budget commerciale

Def inizione pricing in funzione del capitale

assorbito

Logiche di segmentazione del cliente f inale

Processi interni del dipartimento/funzione

Commerciale

Promozione del livello di solvibilità

Processo di distribuzione/sottoscrizione

Diminuzione della dipendenza dal business

RC Auto

Revisione del “contenuto” tecnico dei prodotti offerti

Def inizione di logiche premianti per il cliente

virtuoso

Modello distributivo

Aumento qualitativo e quantitativo del patrimonio

informativo su rischio/cliente

Formazione della struttura commerciale/distributiva

Comunicazione periodica alla rete delle performance

Comunicazione al cliente f inale del contenuto

assicurativo del prodotto

Modello di commissioning

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Il riferimento più immediato si trova nell’ambito dell’insieme delle disposizioni riguardanti l’Own Risk and Solvency Assessment (ORSA). In particolare, la Direttiva richiede che i risultati dell’ORSA e le evidenze acquisite durante il processo vengano prese in considera-zione, tra l’altro, nella definizione e sviluppo di nuovi prodotti. In sostanza, la compagnia deve garantire che le scelte relative allo sviluppo di nuovi prodotti vengano effettuate te-nendo conto della loro rischiosità nell’ambito del profilo di rischio complessivo della com-pagnia18

In questo caso, la compagnia deve dimostrare di utilizzare gli output dello stesso nei propri processi decisionali. Pertanto è necessario che le decisioni in ambito di sviluppo prodotti siano prese sulla base dell’assorbimento di capitale da effettuare sulle singole garanzie o bonus offerti

. Tale requisito normativo impatta generalmente tutte le compagnie assicurative, tuttavia è prevista un’ulteriore indicazione per le compagnie che valutano il proprio requi-sito di capitale regolamentare (Solvency Capital Requirement – SCR) mediante l’adozione di un modello interno.

19

Queste considerazioni, associate alla consapevolezza che le compagnie devono evolvere il proprio modello di business e operativo per far fronte non solo ai requisiti normativi diretti, ma anche agli impatti indiretti, ci consentono di identificare una serie di iniziative in ambi-to Prodotti.

.

In precedenza è stato detto che ci si attende un aumento del capitale assorbito dai prodotti. Per il ramo Vita questo è associato a talune garanzie, quali quella di tasso o quella di capi-tale, con conseguente necessità di adozione di criteri di ottimizzazione del capitale. Ne consegue, dunque, un ribilanciamento della gamma d’offerta Vita, attraverso l’introduzione di azioni per migliorare il profilo di rischio attraverso la revisione e/o l’ampliamento del portafoglio prodotti (AREA 1). Inoltre, l’elevato assorbimento di capita-le atteso per i prodotti a copertura di esigenze di tipo previdenziale richiede un’attenta ri-flessione sull’opportunità e le modalità di offerta di questa tipologia di prodotti Con riferimento al ramo Danni, invece, l’assorbimento di capitale appare predominante in relazione all’offerta RC Auto. L’obiettivo di una possibile diminuzione della dipendenza dal business RC Auto può essere raggiunto manovrando una o più leve quali la creazione di nuovi prodotti, i prezzi, le politiche provvigionali e/o gli obiettivi di vendita della rete. La compagnia dovrà quindi definire il mix di leve ritenuto più adatto alle caratteristiche della propria clientela e della propria rete distributiva, attuando una rivisitazione del mix di offerta per ridurre la dipendenza da tale ramo (AREA 2). L’offerta assicurativa Vita e Danni richiederà dunque una revisione del “contenuto” tecni-co dei prodotti offerti (AREA 3), con la finalità di verificarne il corretto bilanciamento in relazione al pricing e alla modalità di proposizione (obbligatoria e/o facoltativa nell’ambito del prodotto acquistato) e, per questa via, favorire la riduzione del capitale assorbito. La conoscenza del rischio insito in un prodotto comporta una modifica della struttura del prodotto, inclusi gli aspetti legati alla rimodulazione di massimali, alle franchigie, durate ed esclusioni e/o un corretto apprezzamento del costo della copertura in carico al cliente finale e/o all’impresa assicurativa. La sfida nella dimensione prodotti sarà dunque quella di scegliere il trade-off ottimale tra appetibilità del prodotto sul mercato e livello di rischio assumibile, nel pieno rispetto delle disposizioni normative. L’appetibilità ovviamente do-vrà essere valutata sia per il cliente finale, sia per la rete distributiva, la quale dovrà esser coinvolta nella ridefinizione dell’offerta prodotti.

18 EIOPA, “Consultation Paper on the Proposal for Guidelines on Own Risk and Solvency Assessment”, Guideline 14. 19 EIOPA, “CEIOPS’ Advice for Level 2 Implementing Measures on Solvency II: Articles 120 to 126 Tests and Stan-dards for Internal Model Approval”, Capitolo 3 “Use Test”.

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La rimodulazione del contenuto tecnico associato alla necessità di coinvolgere la rete di vendita richiede la rifocalizzazione della stessa (AREA 4), in quanto dovrà vendere prodot-ti con caratteristiche evolute o semplicemente differenti. A tal fine, obiettivo ottimale da perseguire è una formazione sull’evoluzione delle caratteristiche di prodotto diffusa all’intera rete di vendita, espressa in termini di: • Struttura tecnica del prodotto; • Orientamento alla valorizzazione del contenuto assicurativo; • Esplicitazione dell’impatto di rischio e capitale assorbito sul pricing I moduli formativi devono essere distinti per tipologia di canale. Sia per sportelli bancari, sia per rete agenziale sarà necessario prevedere una formazione orientata alla valorizzazio-ne del contenuto assicurativo dei prodotti. Inoltre, per il canale agenziale sarà necessario prevedere un modulo di approfondimento su temi finanziari, sui quali, invece, il distributo-re bancario ha minore necessità di essere formato Inoltre, si impone una revisione dei criteri decisionali sottostanti la strutturazione dei pro-dotti, che dovranno essere sempre più incorporati nelle logiche di scelta del Comitato Pro-dotti, laddove previsto, o dell’equivalente organo decisionale (AREA 5). Tutti gli interventi indicati in precedenza possono essere attuati con diversi livelli di inten-sità dalle compagnie in funzione di considerazioni relative alle proprie caratteristiche quali, ad esempio, la dimensione, il ramo esercitato, la configurazione dei sistemi, vincoli di bu-dget, etc.. Di seguito la tabella riassuntiva degli interventi in ambito Prodotti con indicazione dell’obiettivo minimo (o requisito regolamentare), dell’obiettivo ottimale e di un possibile obiettivo intermedio. Tabella 5. Sintesi degli interventi in ambito Prodotti e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 1 Ribilanciamento della gamma d’offerta Vita

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-

vency II relativo all’evoluzione

dell’offerta Vita verso prodotti di “puro ri-

schio” o, in generale, al ribilanciamento della gamma d’offerta tra

prodotti finanziari e di “puro rischio” e tra co-perture di durata diffe-

rente

Misurazione del livello di assorbimento di capi-tale per linea di business ed introduzione di alcune azioni per migliorare il

profilo di rischio tramite la revisione e/o

l’ampliamento della gamma d’offerta

Identificazione e costitu-zione di un mix d’offerta ottimale sulla base della

valutazione di metriche di assorbimento di capitale e di redditività corretta per il rischio, unitamente a con-

siderazioni di carattere strategico e di appetibilità commerciale dell’offerta per il cliente finale e la

rete distributiva

AREA 2 Diminuzione della di-pendenza dal business RC Auto

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-vency II relativo alla razionalizzazione del

catalogo prodotti Danni

Identificazione di uno o due prodotti a maggiore potenziale di vendita e

capitale assorbito, limita-to al fine di mitigare il peso del business RC

Auto in termini di assor-bimento di capitale

Ri-definizione del mix di polizze Danni in portafo-glio, al fine di ridurre il

peso del business RC Auto in termini di assorbimento

di capitale

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AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 3 Revisione del “conte-nuto” tecnico dei pro-dotti offerti

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-vency II relativo alla

revisione del “contenu-to” assicurativo dei pro-dotti offerti, in termini

di garanzie e condizioni di copertura

Misurazione del costo delle coperture assicura-tive delle principali linee di business, in particola-re al fine di comprendere

il livello di redditività corretta per il rischio e il valore dell’opportunità

strategica di proporre tali garanzie al cliente finale

Misurazione dell’esposizione al rischio e del capitale assorbito per ciascuna copertura presen-te all’interno dei prodotti offerti al fine di verificar-ne il corretto bilanciamen-to in relazione al pricing e alla modalità di proposi-

zione

AREA 4 Formazione sull’evoluzione delle caratteristiche di pro-dotto

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-vency II relativo alla

formazione di prodotto

Diffusione di documen-tazione informati-

va/formativa sull’evoluzione delle ca-ratteristiche di prodotto

Formazione diffusa a tutta la rete di vendita

sull’evoluzione delle ca-ratteristiche di prodotto

AREA 5 Revisione criteri deci-sionali del Comitato Prodotti

In relazione ai requisiti normativi previsti in

ambito ORSA, integrati, per le compagnie che adottano un modello

interno nella valutazio-ne del proprio SCR, da quanto richiesto in am-bito Use Test, è neces-sario che il Comitato Prodotti (o il relativo

organo deputato, laddo-ve non previsto) incor-pori logiche di assorbi-mento di capitale nelle

decisioni assunte in am-bito di sviluppo prodotti

Definizione di un pro-cesso strutturato e forma-lizzato per l’adozione di

decisioni di sviluppo prodotti, supportato da

apposita reportistica per il Comitato Prodotti (o altro organo deputato, laddove non previsto)

che preveda informazio-ne del capitale assorbito

dal nuovo prodotto

Indipendentemente dall’adozione di un model-lo interno o dalla formula standard per la determina-zione del requisito patri-moniale di solvibilità, de-finizione di un processo

strutturato e formalizzato per l’adozione di decisioni di sviluppo prodotti, sup-portato da apposita repor-

tistica per il Comitato Prodotti che preveda in-

formazioni di capitale as-sorbito per singola garan-zia e per i bonus previsti

nel nuovo prodotto

3.3.2 Pricing Con riferimento all’ambito di definizione del pricing, non si individuano requisiti normati-vi Solvency II diretti di natura generale. Per quanto riguarda la definizione del pricing in funzione del capitale assorbito (AREA 6), limitatamente alle compagnie che determinano il requisito di capitale sulla base del model-lo interno (totale o parziale), la Direttiva richiede che esse dimostrino all’Autorità di Vigi-lanza di adottare i risultati ottenuti con tale modello per la definizione dei premi assicurati-vi delle proprie polizze. Infatti, il prezzo rappresenta una leva che la compagnia può mano-vrare nell’ambito della verifica del profilo di rischio rispetto alle singole risk tollerance ed al risk appetite complessivo (in una logica di budget di rischio). Tale analisi si innesta nell’ambito della risk strategy ed è fortemente integrata nel processo ORSA. Nel modello di riferimento a tendere, l’impresa assicurativa dovrebbe definire il pricing dei prodotti in funzione dell’assorbimento di capitale e del contributo dello stesso al rischio complessivo della compagnia.

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Sebbene non previsto da alcun requisito normativo, un possibile effetto dell’introduzione della Direttiva è relativo all’incremento dei prezzi dei prodotti assicurativi. Le compagnie quindi dovranno individuare azioni volte a contenere tali effetti cercando di selezionare i rischi assunti e riducendo così l’assorbimento di capitale. Una prima leva a disposizione delle imprese assicurative consiste nella definizione di logi-che premianti per il cliente virtuoso (ID7), agendo quindi a valle, ovvero andando a mas-simizzare la retention dei clienti a minor rischiosità. Operativamente la compagnia potreb-be applicare modelli di retrocessione di parte del premio sborsato da clienti virtuosi. Una possibilità osservata è quella di retrocedere a fine anno parte del premio pagato dal cliente in caso di assenza di sinistri, ad esempio in forma di sconto commerciale spendibile per il rinnovo della polizza o per l’acquisto di un altro prodotto (rafforzando ulteriormente il cir-colo virtuoso di promozione dei tassi di retention e di cross-selling dei clienti maggiormen-te virtuosi). Una seconda leva si potrebbe basare sull’aumento qualitativo e quantitativo del patrimonio informativo sul rischio e sul cliente (AREA 8), agendo quindi a monte della selezione del cliente, incrementando la capacità dell’impresa assicurativa di selezionare i rischi assunti. L’emissione di polizze on-line e lo sviluppo di un’anagrafica centralizzata con lo scopo di aumentare qualitativamente e quantitativamente il patrimonio informativo sul rischio e sul cliente sono strumenti operativi a disposizione dell’impresa per incrementare la disponibi-lità e l’affidabilità informativa. Una migliore informazione consentirebbe inoltre di portare benefici in termini di maggiore attendibilità del pricing. Di seguito la tabella riassuntiva degli interventi in ambito Prodotti con indicazione dell’obiettivo minimo (o requisito regolamentare), dell’obiettivo ottimale e di un possibile obiettivo intermedio.

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Tabella 6. Sintesi degli interventi in ambito Pricing e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 6 Definizione pricing in funzione del capi-tale assorbito

Prova di utilizzo del mo-dello interno per la valu-

tazione dell’SCR. La compagnia deve dimo-strare che il premio del prodotto assicurativo è

definito anche in funzio-ne dell’assorbimento di capitale determinato con

il modello interno20

Indipendentemente dall’adozione di un mo-dello interno o dalla for-mula standard, definizio-ne del pricing dei prodotti

in funzione dell’assorbimento di capi-

tale

Indipendentemente dall’adozione di un mo-dello interno o dalla for-

mula standard, definizione del il pricing dei prodotti

in funzione dell’assorbimento di capi-tale e del contributo dello stesso al rischio comples-

sivo della compagnia

AREA 7 Definizione di logiche premianti per il cli-ente virtuoso

Non è espresso un requi-sito normativo Solvency II relativo alla definizio-ne di logiche premianti per il cliente virtuoso

Introduzione di iniziative puntuali per controbilan-ciare l’effetto di aumenti nei premi dovuti ai mag-giori requisiti di capitale introdotti da Solvency II tramite promozioni spe-

ciali e sconti commerciali dedicati ai clienti mag-giormente virtuosi e ai

target di riferimento prio-ritari nella strategia

dell’impresa assicurativa

Revisione delle logiche di pricing al fine di controbi-lanciare il possibile extra-

costo conseguente all’introduzione di Sol-

vency II (e al corretto ap-prezzamento

dell’assorbimento di capi-tale) con logiche innova-tive di retrocessione di

parte del premio sborsato da clienti virtuosi

AREA 8 Aumento qualitativo e quantitativo del pa-trimonio informativo sul rischio e sul clien-te

Non è espresso un requi-sito normativo Solvency II relativo all’aumento

qualitativo e quantitativo del patrimonio informa-tivo sul rischio e sul cli-

ente

Sviluppo di un’anagrafica centralizzata con lo scopo di aumentare qualitativa-mente e quantitativamen-te il patrimonio informa-tivo sul rischio e sul cli-

ente

Processo on-line di emis-sione delle polizze e svi-luppo di un’anagrafica

centralizzata

3.3.3 Distribuzione Osservando la dimensione Distribuzione, si possono identificare alcuni impatti diretti di Solvency II che imporranno alle imprese assicurative di rivedere i propri modelli operativi e di business. Infatti la normativa presuppone un impatto diretto sui processi di distribuzione / sottoscri-zione e sul processo di definizione del budget commerciale. Per quanto riguarda il processo di distribuzione / sottoscrizione (AREA 9), Solvency II ri-chiede che le compagnie assicurino l’applicazione su tutti i canali distributivi delle policy e delle procedure di sottoscrizione21

20 EIOPA, “CEIOPS’ Advice for Level 2 Implementing Measures on Solvency II: Articles 120 to 126 Tests and Stan-dards for Internal Model Approval”, Capitolo 3 “Use Test”.

. Tale requisito comporta la revisione dell’intero proces-so di sottoscrizione e delle relative policy al fine di garantire un pieno presidio dei rischi assunti ad esempio attraverso l’analisi del contributo al rischio complessivo della compa-

21 EIOPA, “CEIOPS Advice for Level 2 Implementing Measures on Solvency II: System of Governance”, Capitolo 3 pa-gina 24.

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gnia generato dalla nuova produzione. L’analisi deve far emergere l’andamento del rischio assunto durante la vendita dei prodotti rispetto alle ipotesi sottostanti la tariffazione. La frequenza dell’analisi sarà determinata dall’esperienza di vendita della compagnia, comun-que non maggiore di una settimana. La compagnia potrà valutare la possibilità di dotarsi di una struttura organizzativa dedicata in cui inserire specifiche professionalità. In merito alla definizione del budget commerciale (AREA 10), si osserva come l’implementazione del processo ORSA richiede, tra l’altro, che la valutazione delle esigen-ze complessive di solvibilità della compagnia sia forward-looking e che copra separata-mente almeno ogni anno del periodo considerato nel business plan22

L’analisi della normativa non lascia sottintendere la necessità di altri interventi “obbligati”, mentre sono numerosi e di notevole rilevanza gli impatti indiretti di Solvency II. L’impresa assicurativa, al fine di ottimizzare la sua capacità di competere e di creare valore in un con-testo post-Solvency II, potrebbe infatti dover lanciare un programma di profondo cambia-mento dell’area Commerciale. I principali interventi attesi riguardano le seguenti dimen-sioni:

. E’ dunque necessaria una valutazione della tenuta del piano industriale in ottica di rischio. Tale requisito norma-tivo richiede un’evoluzione delle logiche di definizione degli obiettivi in termini risk-adjusted adottando misure di redditività corrette per il rischio (ad esempio, il RORAC – Return on Risk Adjusted Capital, dove il numeratore è rappresentato dall’utile ed il deno-minatore dal capitale corretto per il rischio o assorbimento di capitale). Operativamente per l’impresa assicurativa significa definire e dotarsi di un nuovo processo di budgeting azien-dale basato su logiche di assorbimento di capitale e misure corrette per il rischio. La defi-nizione degli obiettivi in termini di volumi dovrebbe pertanto considerare il rischio margi-nale che ciascuna unità in più apporta al rischio complessivo della compagnia.

- Modello distributivo; - Modello di commissioning; - Processi interni del dipartimento / funzione Commerciale; - Logiche di segmentazione del cliente finale.

L’impatto di Solvency II sul modello distributivo (AREA 11) dell’impresa assicurativa può essere sia a livello macro, che a livello di singola rete / canale. Osservando i macro model-li, l’impresa potrebbe dover variare la propria strategia distributiva alla luce delle disconti-nuità esplicitate da Solvency II attraverso la migliore valutazione del costo del prodotto e quindi della sua redditività effettiva (corretta per il rischio). La comprensione del reale co-sto del prodotto potrebbe evidenziare che alcune reti hanno costi di distribuzione troppo e-levati per alcune tipologie di offerta. Ne consegue una possibile ridefinizione della gamma d’offerta per ciascuna rete, ovvero della matrice “canali - prodotti”, che potrebbe spingere alcune linee di business verso canali “low cost” (come ad esempio i canali diretti Web / Call Center della compagnia). Tali considerazioni potrebbero anche portare un’ulteriore spinta verso lo sviluppo di una maggiore multicanalità per trovare una configurazione ot-timale in termini di costo distributivo, assorbimento di capitale e performance di vendita. A livello di configurazione della singola rete distributiva, le scelte strategiche di chiudere / cessare determinati punti vendita o, al contrario, di aprirne di nuovi dovrebbero considerare in aggiunta alle logiche tradizionali anche considerazioni in relazione all’impatto potenzia-le in termini di variazione dell’assorbimento di capitale o dell’esposizione al rischio. Altra leva di azione a disposizione delle imprese per adattare i modelli distributivi al nuovo scenario competitivo è quella del commissioning (AREA 12). Obiettivo di fondo è il rialli- 22 EIOPA, “Consultation Paper on the Proposal for Guidelines on Own Risk and Solvency Assessment”, Guideline 10.

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neamento dei modelli di commissioning alla creazione di valore per l’impresa assicurativa. In particolare le imprese dovranno proseguire nel processo di riduzione del peso della componente fissa del modello di commissioning, legata ai volumi di premi, a favore di forme di incentivazione variabile (già in corso). La componente variabile del modello do-vrà essere basata su metriche rappresentative della reale creazione di valore, ovvero consi-derando la redditività corretta per il rischio (es. RORAC - Return on Risk Adjusted Capital). L’applicazione di tale modello richiede la capacità da parte dell’impresa assicura-tiva di misurare tali metriche per singolo distributore in modo tempestivo, replicabile e fa-cilmente comunicabile attraverso apposita reportistica e/o cruscotti di controllo. L’impresa dovrebbe inoltre supportare il distributore nella comprensione delle logiche sottostanti alle misure di assorbimento di capitale e delle leve a disposizione per ottimizzarne le perfor-mance. Anche i processi interni del dipartimento / funzione Commerciale (AREA 13) rappresenta-no una leva per recuperare efficacia ed efficienza del modello operativo. La riduzione dei costi aziendali che ne consegue consentirebbe di mitigare l’impatto dei costi di adegua-mento a Solvency II nonché rendere più appetibili i prodotti riducendone i caricamenti e, quindi, il premio richiesto all’assicurato. Questo aspetto assume particolare rilevanza in un contesto in cui l’elevato assorbimento di capitale di alcuni prodotti può determinarne un incremento del premio richiesto. Con riferimento all’area Commerciale le aree in cui po-trebbero essere maggiori i benefici di un migliore snellimento, automazione e controllo dei processi sono quelle a maggiore manualità e con più elevata esposizione potenziale a rischi operativi come la gestione provvigionale operativa (es. calcolo provvigioni variabili) e la gestione della struttura della rete di vendita (es. gestione mandati). L’adozione delle meto-dologie di eccellenza operativa e di strumenti evoluti di workflow e BPM (business pro-cess management) possono supportare l’impresa nel miglioramento delle performance di efficienza e qualità di processo. Solvency II spingendo ad una migliore definizione delle metriche di creazione del valore, potrebbe incentivare una maggiore innovazione delle logiche di segmentazione del cliente finale (AREA 14). Le imprese hanno dunque l’opportunità di affinare le logiche di seg-mentazione della clientela introducendo la valutazione del livello di assorbimento di capi-tale connesso al portafoglio prodotti del singolo cluster e la misurazione della reale esposi-zione al rischio. Sulla base della segmentazione risk-based l’impresa potrà identificare e lanciare iniziative finalizzate al miglioramento del posizionamento dei cluster a maggior assorbimento di capitale tramite azioni mirate di cross-selling o di revisione del portafoglio prodotti in essere (ad esempio al momento del rinnovo delle coperture). Inoltre allineare le valutazioni sul valore del singolo cliente alle misure di assorbimento di capitale rappresen-ta una leva per ottimizzare l’allocazione di budget per promozioni, sconti commerciali e azioni di retention.

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Tabella 7. Sintesi degli interventi in ambito Distribuzione e dettaglio per livello di in-tensità

AREE DI INTERVENTO

DRIVER Obiettivo minimo

(requisito normativo Solvency II)

Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 9 Processo di distribuzio-ne/sottoscrizione

Applicazione policy e procedure di sottoscri-

zione a tutti i canali

Diffusione di policy che guidino l’assunzione dei

rischi a tutti i canali

Integrazione di stru-menti e policy per il

monitoraggio ed il pre-sidio del rischio assunto (rispetto alle ipotesi di

tariffazione)

AREA 10 Definizione del budget commerciale

Valutazione della tenu-ta del piano industriale in ottica di rischio tra-mite misura di redditi-vità corrette per il ri-schio (processo OR-

SA)

Introduzione di mecca-nismi correttivi per con-siderare l’assorbimento di capitale alla luce di obiettivi definiti con logiche tradizionali

Definizione di un nuovo processo di budgeting

basato su assorbimento di capitale e su misure corrette per il rischio

AREA 11 Modello distributivo

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-

vency II relativo al modello distributivo

Ottimizzazione della configurazione delle

singole reti distribuite tramite analisi

dell’impatto in termini di contributo al rischio e all’assorbimento di ca-pitale dei singoli punti

vendita

Ottimizzazione della “matrice prodotti / ca-

nali distributivi” e revi-sione dell’approccio

multicanale

AREA 12 Modello di commissioning

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-

vency II relativo al modello di commissio-

nino

Lancio di iniziative spe-cifiche per incentivare la distribuzione di pro-dotti a limitato assorbi-mento di capitale e/o

per migliorare il livello di differenziazione del

rischio

Riallineamento del mo-dello di commissioning alla creazione di valore

per l’impresa (focus sulla parte variabile in funzione di misure di

redditività corretta per il rischio)

AREA 13 Processi interni del dipar-timento / funzione Com-merciale

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-

vency II relativo ai processi interni del di-partimento / funzione

Commerciale

Interventi puntuali per la risoluzione di

macrogap di efficienza in processi chiave

Ottimizzazione dell’efficienza ed effi-cacia dei processi ope-rativi tramite metodolo-gie di eccellenza opera-tiva e strumenti di wor-

kflow e BPM

AREA 14 Logiche di segmentazione del cliente finale

Non è espresso un re-quisito normativo Sol-

vency II relativo al modello distributivo

Introduzione di valuta-zioni qualitative del li-

vello di assorbimento di capitale per cluster di

clientela (in base a mix medio di portafoglio per

cluster)

Integrazione delle misu-re di esposizione al ri-

schio e di assorbimento di capitale nei modelli

di segmentazione al fine di attivare azioni di

cross-selling o retention

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3.3.4 Comunicazione In materia di Comunicazione, la Direttiva Solvency II introduce una serie di requisiti e li-nee guida in merito alle comunicazioni obbligatorie verso l’Autorità di Vigilanza ed il mercato23

In particolare la predisposizione del Solvency and Financial Condition Report (SFCR), benché sia un tema di reporting e disclosure trasversale all’intera impresa, diviene un fatto-re da considerare attentamente per la struttura Commerciale e Marketing. L’SFCR è infatti lo strumento con cui l’impresa rende pubblico, trasparente e confrontabile il proprio livello di solvibilità e la propria condizione finanziaria all’intero mercato, comprendendo tra i po-tenziali destinatari anche gli stessi assicurati e potenziali clienti. Gli impatti per l’impresa assicurativa sono in prima istanza di natura operativa e trasversale e riguardano la necessità per la compagnia di predisporre adeguatamente processi, organizzazione e sistemi informa-tivi per la produzione efficiente, corretta e tempestiva della reportistica richiesta dall’Autorità di Vigilanza. Esiste però un secondo livello di impatto che coinvolge diretta-mente le strategie di comunicazione dell’impresa e la capacità di valorizzare differenziali competitivi nel livello di solvibilità. La promozione del livello di solvibilità (AREA 15) può pertanto essere una leva a disposizione del Commerciale e del Marketing della compa-gnie per dimostrare e promuovere la solidità come valore aggiunto per il cliente finale, in particolare per le imprese che avranno performance migliori rispetto alla media dei compe-titor e per le linee di business a lunga durata (es. prodotti di previdenza integrativa) per le quali la solvibilità a lungo termine della compagnia assicurativa diviene un effettivo diffe-renziale competitivo. La vera sfida sarà quella di saper trasformare una reportistica tecnica e per “addetti ai lavori” in messaggi trasparenti e comprensibili per un target generalista di clienti finali. Tale processo potrà inoltre essere accelerato dalla crescente sensibilità dell’opinione pubblica a tematiche di rating e solidità finanziaria, derivante dalla maggiore attenzione dovuta agli ultimi anni di crisi dei mercati finanziari.

. In particolare la quantificazione dell’effettivo livello di rischio dell’impresa di assicurazione (Pilastro I), ed il relativo monitoraggio tramite opportuni modelli di Gover-nance (Pilastro II) sono comunicati sia verso l’interno della compagnia di assicurazione che verso il mercato in maniera trasparente come definito nel Pilastro III.

I requisiti minimi di comunicazione agli assicurati previsti dalla Direttiva sono già ampia-mente coperti dalle normative in vigore nel mercato assicurativo italiano. Gli impatti indi-retti di Solvency II rendono però ancora più critico e determinante il tema di valorizzare e rendere chiare e trasparenti le coperture e garanzie offerte al cliente all’interno di un pro-dotto assicurativo. La Comunicazione al cliente finale del contenuto assicurativo del prodotto (AREA 16) di-viene un fattore indispensabile per facilitare l’introduzione di modifiche nel contenuto as-sicurativo dei prodotti e/o nel loro livello di pricing conseguenti all’introduzione di Sol-vency II. L’impresa assicurativa dovrebbe rendere sempre più immediata, chiara e traspa-rente l’applicabilità, le condizioni e l’utilità di ogni singola garanzia assicurativa, anche fa-cendo leva sulle nuove metriche della comunicazione in termini di tempistiche, modalità di fruizione e linguaggio (quale forma possono avere le Condizioni di Assicurazione nel mondo di smartphone e tablet?). Obiettivo è che il cliente finale maturi una piena com-prensione e sicurezza del livello di copertura acquistato con un prodotto assicurativo, in modo da poter attribuire il corretto valore (anche in relazione al premio richiesto).

23 EIOPA, “Advice for Level 2 Implementing Measures on Solvency II: Supervisory Reporting and Public Disclosure Requirements”

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Un primo passo verso una migliore comunicazione del valore delle singole coperture assi-curative e dell’importanza delle garanzie di solvibilità dell’impresa assicurativa potrebbe coinvolgere l’intermediario. Convincere il distributore dell’importanza di queste tematiche è infatti un prerequisito per convogliare il messaggio alla maggior parte dei clienti finali (che spesso hanno limitati o nulli rapporti diretti con l’impresa assicurativa). La predisposizione di un sistema di comunicazione periodica alla rete delle performance in termini di esposizione al rischio e assorbimento di capitale (AREA 17) diviene quindi un prerequisito per permettere al singolo distributore di comprendere come la propria azione commerciale contribuisce a determinare l’assorbimento di capitale dell’impresa. Ciò non solo permetterebbe al distributore di paragonare la propria posizione a medie di compagnia o di canale, ma consentirebbe all’impresa di introdurre successive metriche di redditività corretta per il rischio nei processi di valutazione e remunerazione della rete. L’efficacia della definizione e dell’adozione delle iniziative sopra definite presuppone la necessità di formazione della struttura commerciale / distributiva (AREA 18) su Solvency II e sulle logiche risk based alla base dell’evoluzione operativa introdotta da Solvency II. Destinatari della formazione sono sia i dipendenti dell’area commerciale, sia l’intera rete distributiva al fine di massimizzare la sensibilizzazione verso le tematiche di assorbimento di capitale dei prodotti e della relativa necessità di revisione degli obiettivi di vendita e del modello provvigionale.

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Tabella 8. Sintesi degli interventi in ambito Comunicazione e dettaglio per livello di intensità

AREE DI INTER-VENTO

DRIVER Obiettivo minimo (re-quisito normativo Sol-

vency II) Obiettivo intermedio Obiettivo ottimale

AREA 15 Promozione del livello di solvibilità

Non è espresso un requi-sito normativo Solvency II relativo alla promo-

zione del livello di solvi-bilità

Promozione del livello di solvibilità con

l’intermediario e prime esperienze di integrazione

del livello di solvibilità nei messaggi pubblicitari

e promozionali

Traduzione di perfor-mance ottimali in termini di profilo di rischio e li-vello di solvibilità (de-scritte nell’SFCR) in

messaggi promozionali fruibili dal cliente finale (focus su LoBs di lunga

durata)

AREA 16 Comunicazione al cli-ente finale del conte-nuto assicurativo del prodotto

Requisiti minimi già co-perti / recepiti dalle nor-

mative nazionali

Sensibilizzazione degli intermediari sul valore delle singole garanzie vendute in un prodotto

(tramite formazione tec-nica / commerciale; linee guida per la promozione

dei prodotti)

Revisione del materiale informativo sui prodotti per massimizzare imme-diatezza e chiarezza delle

coperture assicurative proposte

AREA 17 Comunicazione perio-dica alla rete delle performance

Non è espresso un requi-sito normativo Solvency II relativo alla comuni-cazione periodica alla

rete delle performance in termini di esposizione al rischio e assorbimento di

capitale

Comunicazione qualitati-va e / o aggregata

dell’esposizione al rischio e del livello di assorbi-

mento di capitale per rete distributiva

Comunicazione periodica per singolo distributore delle performance con possibilità di confronto con medie aziendali e

con suggerimenti su co-me ottimizzare i risultati

AREA 18 Formazione della struttura commerciale / distributiva

Non è espresso un requi-sito normativo Solvency II relativo alla formazio-ne della struttura com-merciale / distributiva

Formazione alle risorse interne dell’area com-

merciale sugli impatti o-perativi di Solvency II

Formazione e sensibiliz-zazione della rete distri-butiva sui possibili im-patti delle strategie di-

stributive su esposizione al rischio e assorbimento

di capitale

3.4 Impatti ed esigenze rilevati L’indagine condotta si è basata su due tipologie di osservazioni: in primo luogo i tavoli di lavoro cui hanno partecipato responsabili ed esperti di processo; in secondo luogo, una survey condotta nell’ambito dell’industria assicurativa. Con riferimento al primo aspetto, la principale evidenza emersa nel tavolo di lavoro è il co-involgimento ancora embrionale dell'area commerciale nel percorso di adeguamento a Sol-vency 2. Si rileva un forte commitment su Solvency 2 da parte delle compagnie, le quali si sono do-tate di strutture variegate per gestire la transizione verso il nuovo regime di vigilanza, talo-ra con team anche internazionali che hanno coinvolto tutte le funzioni di controllo. La struttura progettuale è tipicamente composta da differenti cantieri, a conferma dell’elevata complessità e trasversalità degli impatti della normativa su tutto il business assicurativo.

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E’ opinione condivisa che fino ad ora, il focus dei team di lavoro ha riguardato lo sviluppo dei modelli quantitativi di calcolo del requisito patrimoniale (SCR). Vi è già, quindi, la consapevolezza che le logiche che dovranno guidare le attività commerciali e saranno ba-sate sulla valutazione dell'assorbimento di capitale nei prodotti e servizi offerti. Oltre alla natura strumentale e propedeutica dello sviluppo dei modelli di misurazione ri-spetto al cambiamento delle politiche assuntive, commerciali e di liquidazione, un'ulteriore motivazione del ritardo nell'impatto di Solvency 2 sull'area di business in oggetto è ricon-ducibile all’assenza di disposizioni normative direttamente riferite all’area Commerciale. Esiste un riferimento indiretto nell’ambito delle disposizioni in materia di use test, per quelle compagnie che adottano un modello interno totale o parziale, le quali sono chiamate a dimostrare di utilizzare i risultati dei propri modelli di calcolo nei processi decisionali e operativi. A conferma del coinvolgimento ancora limitato dell’area Commerciale e Comunicazione vi è la scarsa diffusione e condivisione del funzionamento di tali modelli, considerati “black box” e di proprietà esclusiva del risk management. Ad oggi, molte Direzioni Commerciali hanno iniziato unicamente a porsi delle domande circa gli impatti sulle modifiche del mix di prodotti, sul trattamento dei rendimenti delle Gestioni Separate e dei minimi garantiti, sulle modalità distributive e di gestione della rete, sulle strategie commerciali. Non mancano, tuttavia, compagnie dove la funzione Commerciale è stata coinvolta più di-rettamente nel percorso verso la compliance alla Direttiva Europea di Vigilanza. Un esem-pio è la scelta già compiuta da parte di una compagnia di abbandonare una specifica tipo-logia di prodotto a causa dell'elevato assorbimento di capitale. Le funzioni commerciali sembrano affrontare principalmente cambiamenti relativi ad a-spetti di governance o burocratici (mappatura dei rischi) del percorso di adeguamento alla normativa di Vigilanza Europea, ma ancora non sono state concretamente stimolate ad ap-profondire gli impatti sul proprio modo di lavorare. Gli impatti di Solvency 2 sono analizzati lungo 4 dimensioni di indagine: prodotti, pricing, distribuzione e comunicazione. Anche in questo caso, l’analisi del tavolo di lavoro è seguita da un’indagine empirica: sono state intervistate 8 compagnie assicurative (Gruppo Cattolica, PosteVita spa, Credit Agri-cole Vita & Credit Agricole Assicurazioni, Sara Assicurazioni, Gruppo Itas Assicurazioni, Aviva, Generali – direzione per l’Italia, XL Insurance) alle quali è stato chiesto di assegna-re un valore numerico (compreso tra 1 e 5) tanto più alto quanto maggiore è la rilevanza assegnata ad ogni aspetto oggetto d’indagine e discusso nel report.

3.4.1 La dimensione Prodotti Solvency 2 induce a riflettere sull'opportunità di rivedere il mix di prodotti offerti e la struttura degli stessi, in particolare nel business Vita. Le Compagnie si ritrovano costrette ad eliminare/ridurre i rendimenti minimi garantiti in termini di tasso e di capitale dai propri prodotti, a causa di un elevato assorbimento di capi-tale da parte degli stessi. La riduzione/eliminazione delle garanzie in termini di tasso e/o di capitale impone una ri-flessione sul posizionamento e sul valore aggiunto dei prodotti offerti rispetto ai prodotti finanziari disponibili sul mercato, che potrebbe comportare la marginalizzazione di busi-ness assicurativi a copertura di bisogni sociali di natura previdenziale (rendite, prodotti

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previdenziali e altre coperture di lungo termine): questo segmento di prodotti (LTC, Rendi-te, ecc.), infatti, nonostante le buone prospettive di sviluppo (longevità in aumento, sistema pensionistico pubblico fragile, aumento della popolazione anziana con necessità di coper-ture specifiche), richiede alle compagnie accantonamenti maggiori e, allo stesso tempo, un maggiore assorbimento di capitale secondo le logiche Solvency 2; non è possibile trascura-re il costo sociale determinato dal venir meno del ruolo tradizionalmente svolto dalle assi-curazioni nella copertura dei bisogni previdenziali a complemento dell'azione statale, e la conseguente penalizzazione del cliente finale, dovuta alla riduzione delle garanzie offerte, anche sulle coperture basic. Questo implica la necessità di riconsiderare il posizionamento del prodotto tradizionale in termini di redditività: emerge una tendenza al ridimensionamento delle Gestioni Separate e alla riconversione verso prodotti Unit Linked. Spostarsi verso una scelta di riduzione delle Gestioni Separate a favore dei prodotti Unit Linked risulta, tuttavia, rischioso. Nel prendere questa decisione occorre considerare, infatti, oltre all’introduzione di Sol-vency 2, anche l’effetto di altri fenomeni, come ad esempio gli impatti potenziali dell’iniziativa legislativa sui Package Retail Investment Products (PRIPS).

In sintesi, si tratta di una normativa molto stringente che, in origine, prevedeva di far rien-trare sotto regime MiFArea tutti i prodotti finanziari, compresi quelli assicurativi. Ad oggi, sembra che si possano escludere dall'ambito di applicazione i prodotti assicurativi, ad ec-cezione delle Unit Linked. L’introduzione di questa normativa determinerebbe costi piuttosto elevati per le compagnie che, quindi, soffrirebbero la minore appetibilità di tali prodotti. La scelta di collocare Unit Linked può essere considerata una buona scelta tattica, ma non può essere considerata una scelta strategica di lungo periodo.

Se si osserva l’andamento del rendimento delle Gestioni Separate rispetto all’andamento del rendimento degli altri strumenti finanziari, si nota che il montante complessivo risulta inferiore rispetto a quello ottenibile da un soggetto che investe e disinveste liberamente sul mercato e che (condizione poco realistica) identifica il market timing perfetto per entrare e uscire da un investimento.

Figura 3. Confronto fra i rendimenti degli investimenti (2004 – 2009)

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Occorre, inoltre, considerare il fatto che le compagnie assicurative non fanno trading, ma si occupano di gestire i rischi degli assicurati, pertanto è necessario che conservino parte del rischio derivante dalle garanzie offerte come essenza del proprio business. Se tutto questo lascia intendere una finanziarizzazione dell’offerta di prodotti assicurativi per il ramo Vita, dall’altro lato le compagnie si attendono un nuovo mercato sulle polizze “puro rischio”. Parliamo di prodotti come Long Term Care o Temporanee Caso Morte do-ve predomina la componente assicurativa quale valore per il cliente finale. Si attendono quindi aumenti dei volumi di tali tipologie di polizze. Naturalmente, gli im-patti sulla riduzione delle garanzie in termini di tasso e/o di capitale non sono validi per il business Danni che presenta caratteristiche, in questo senso, molto differenti.

L’introduzione delle logiche risk-based impone alle compagnie di effettuare un’analisi dei prodotti e delle relative policy di creazione. In questo senso, dovranno integrare la logica di misurazione della redditività corretta per il rischio e/o metriche di misurazione della crea-zione di valore da parte di ciascun prodotto (ad esempio, l’Economic Value Added – E-VA); l’ottimizzazione del capitale e la massimizzazione del valore creato può comportare, a fronte di un aumento del costo del capitale per ciascun prodotto, un impoverimento del contenuto dei prodotti. La conoscenza del rischio insito in un prodotto comporta una modifica della struttura del prodotto inclusi gli aspetti legati alle esclusioni o alle franchigie in modo più mirato. E-sclusioni e franchigie che, tuttavia, rappresentano dei limiti del prodotto per l’assicurato. Inoltre, per le imprese che si rivolgono a clienti Corporate per la copertura dei rischi legati a Marine, Aviation, Energy, Inquinamento, ecc. esistono problematiche diverse rispetto a quelle di un compagnia Vita o Danni tradizionale: gli intermediari sono costituiti da grandi brokers e gli stessi non possono affinare il prodotto, trattandosi di soluzioni tailor made a copertura di rischi specifici. Il maggior assorbimento di capitale legato a Solvency 2 non può essere contenuto modificando il prodotto, ma attraverso un aumento della capitalizza-zione e la rimodellizzazione delle logiche riassicurative (soprattutto per il CAT risk).

La sfida nella dimensione prodotti sarà dunque quella di scegliere il trade-off ottimale tra appetibilità del prodotto sul mercato e livello di rischio assumibile, nel pieno rispetto delle disposizioni normative. L’appetibilità ovviamente dovrà essere valutata sia sul mercato “esterno”, cioè per il clien-te finale, sia sul mercato “interno”, cioè per la rete distributiva, la quale dovrà esser coin-volta sia sulla creazione di nuovi prodotti, sia sul restyling di quelli già presenti sul merca-to. Tutti questi vincoli associati alla percepita maggiore burocratizzazione dell’attività legata all’introduzione di logiche di rischi e di compliance, fanno ritenere possibile un trasferi-mento dei costi sostenuti ai clienti finali, introducendo un ulteriore elemento di difficoltà nella scelta del trade-off tra appetibilità del prodotto e livello di protezione della compa-gnia. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato, è emersa una valutazione delle rilevanze per ciascun impatto sintetizzabile nel seguente schema:

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Tabella 5. Dimensione prodotti. Rilevanza degli impatti attesi (analisi qualitativa)

Impatto identificato

Rilevanza

Riduzione delle garanzie offerte (minimi garantiti) Alta

Garantire la compliance formale Solvency II dei nuovi prodotti Alta

Revisione del mix di portafoglio Media

Garantire la compliance formale Solvency II dei prodotti esistenti Media

Incentivo a entrare in nuovi segmenti di prodotto Media

Disincentivo a entrare in nuovi segmenti di prodotto Bassa

Tale schema risente di un limite: i valori osservati sono caratterizzati da elevata Deviazio-ne Standard (prossima a 1 e in molti casi superiore), e gli stessi valori medi sono molto si-mili tra loro; l’ordinamento a seconda dell’importanza attribuita è pertanto solo in parte si-gnificativo. A differenza delle precedenti analisi, per la quasi totalità degli impatti la varia-bilità si presenta elevata. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

Tabella 6. Criticità e gestione dell’impatto per i prodotti

Panel A. Riduzione delle garanzie offerte (minimi garantiti)

Panel B. Garantire la compliance formale Solvency 2 dei nuovi prodotti

Panel C. Revisione del mix di portafoglio

Panel D. Garantire la compliance formale Solvency 2 dei prodotti esistenti

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 2,875 Mediana 4.5 2.5 Deviazione standard 1,553 1,458

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,625 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 1,356 1,302

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,75 3,625 Mediana 3.5 4 Deviazione standard 0,886 0,916

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,375 2,75 Mediana 3.5 2

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Panel E. Incentivo a entrare in nuovi segmenti di prodotto

Panel F. Disincentivo a entrare in nuovi segmenti di prodotto

Tale impatto si distingue dagli altri poiché è possibile notare un livello effettivo di gestione dello stesso molto vicino alla valutazione espressa in merito alla criticità, nonché perché presenta Deviazione Standard inferiore all’unità in entrambi i casi

3.4.2 La dimensione Pricing Il tavolo di lavoro ha messo in evidenza un generico aumento dei prezzi, esprimendo la sensazione che lo stesso sia ascrivibile all’ingresso di Solvency 2. L’unico ramo ad essere relativamente meno colpito, in tal senso, risulta essere quello Danni, mentre sono partico-larmente esposti Vita e Catastrofale. Si rileva necessaria un'incentivazione fiscale da parte dello Stato al fine di compensare il maggior costo del capitale causato da Solvency di rendite e Fondi Pensione. Con riferimento all'impatto sul pricing nel business Vita, vi sono incertezze sul modo con cui si modificheranno i caricamenti della compagnia, anche alla luce di valutazioni sulla competitività del prodotto. Al fine di contenere l’aumento dei prezzi assume un ruolo centrale la gestione del costo della rete distributiva e l'utilizzo della riassicurazione e delle operazioni di cartolarizzazio-ne come strumenti di trasferimento del rischio e, conseguentemente, di riduzione del costo del capitale. Uno degli aspetti ancora aperti sul tema della tariffazione, inoltre, è legato al fatto che il requisito patrimoniale (SCR) è determinato con un modello di calcolo che recepisce dati di dettaglio anche relativamente ai prodotti. Nella determinazione della tariffa e nell’esecuzione del test di profittabilità, invece, le informazioni disponibili non raggiungo-no lo stesso livello di dettaglio: è possibile, quindi, che si generino fenomeni di mispricing. Tuttavia, alcune compagnie hanno avviato esercizi di inserimento del costo del capitale as-sorbito nel pricing dei prodotti iniziando dai rami RCA, Incendio e sui prodotti Tailor Ma-de, altre hanno fornito al Risk Management il potere di bloccare un prodotto se non rispon-dente a logiche Solvency: cominciano a diffondersi, quindi, soluzioni per monitorare il li-vello di capitale assorbito. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato, è emersa una valutazione della rilevanza di ciascun impatto sintetizzabile nel seguente schema:

Deviazione standard 1,598 1,488

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 2,875 2,875 Mediana 3 3 Deviazione standard 0,835 1,458

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 2,875 2,25 Mediana 2.5 2 Deviazione standard 1,126 1,035

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Tabella 7. Dimensione pricing. Rilevanza degli impatti attesi (analisi qualitativa)

Impatto identificato

Rilevanza

Pricing dipendente dal costo del capitale Alta

Impatto sul pricing delle polizze catastrofali Alta

Impatto sul pricing del ramo Vita Alta

Riduzione della redditività dei prodotti Media

Impatto sul pricing del ramo Danni Bassa

Anche in questo caso valgono le stesse considerazioni espresse per la dimensione prodotti: la Deviazione Standard supera sistematicamente l’unità, pertanto i valori medi (e lo stesso ordinamento per rilevanza appena indicato) non possono essere considerati sufficientemen-te affidabili. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

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Tabella 8. Criticità e gestione dell’impatto per il pricing

Panel A. Pricing dipendente dal costo del capitale

Panel B. Impatto sul pricing delle polizze catastrofali

Panel C. Impatto sul pricing del ramo Vita

Panel D. Riduzione della redditività dei prodotti

Panel E. Impatto sul pricing del ramo Danni

Il campione conferma quanto emerso dal tavolo di lavoro circa la rilevanza dell’aumento dei prezzi a seguito dei requisiti previsti da Solvency, anche se risulta eterogeneo in merito all’effettiva capacità di gestire l’impatto. Viene confermato dagli intervistati il maggiore impatto dell’aumento dei prezzi sulle polizze Vita e Catastrofali rispetto al settore Danni, anche se tale opinione non è completamente condivisa dal campione, come dimostra la de-viazione standard. Tuttavia, rispetto ai rami Vita e Danni, il livello medio di gestione dell’impatto è più elevato. Un ulteriore risultato è il maggiore impatto dell’aumento dei prezzi sulle polizze Vita e Ca-tastrofali rispetto al settore Danni, anche se tale opinione non è completamente condivisa dal campione, come dimostra la deviazione standard. Infine, si osserva come, secondo da-gli intervistati, vi sia un minore impatto dell’aumento dei prezzi sulle polizze Danni rispet-to ai settori Vita e Catastrofali, anche se tale opinione non è completamente condivisa dal campione, come dimostra la deviazione standard.

3.4.3 La dimensione distribuzione

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,375 3,5 Mediana 5 4 Deviazione standard 1,061 1,414

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3 Mediana 4 3 Deviazione standard 1,356 1,309

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,625 2,875 Mediana 4 2.5 Deviazione standard 1,506 1,356

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,375 2,625 Mediana 3.5 2 Deviazione standard 1,408 1,302

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 2,75 2 Mediana 2.5 2 Deviazione standard 1,282 1,069

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Una riduzione dei margini medi di alcuni prodotti potrebbe rendere inefficiente la scelta delle reti distributive più costose (ad esempio in virtù del maggior apporto consulenziale, le reti agenziali). Potrebbe pertanto generarsi la necessità di un ripensamento del modello di-stributivo, in termini di ottimizzazione del mix prodotto – cliente – canale. La rivisitazione della struttura dei prodotti potrebbe tradursi nella necessità di riconversio-ne della rete di vendita, la quale è chiamata a vendere prodotti che presentano nuove carat-teristiche. Ad esempio, un aumento della componente finanziaria nel business Vita, po-trebbe richiedere un'attività di gestione post-vendita per le reti distributive di natura e criti-cità diversa. Tale riconversione richiede, quindi, un intervento formativo forte sulla rete di vendita in merito agli aspetti di prodotto e non solo. Il gruppo di lavoro sottolinea l'importanza di sensibilizzare la rete sul tema dell’assorbimento di capitale a fronte dei rischi, in modo da agevolare l'introduzione della stessa logica in fase assuntiva. Si ritiene che tale percorso si scontrerà con costi e tempi notevoli. Ad oggi, comunque, si riscontra già una forte attenzione al rischio assunto nella fase di sot-toscrizione: alcune compagnie dichiarano di aver creato dei team di sottoscrittori a cui so-no state assegnate linee guida sempre più stringenti con la conseguenza di ridurre l’autonomia decisionale locale a favore dell'accentramento direzionale. Questa soluzione, pur non applicabile in modo estensivo a tutto il mercato, sotto certe condizioni consente un forte controllo dell’assunzione dei rischi. In un contesto dove l’attuale livello di preparazione degli operatori di vendita è ritenuto non adeguato soprattutto con riferimento ai prodotti di lungo termine, Solvency 2 si può configurare come una concreta opportunità per le compagnie di affrontare e risolvere criti-cità pre-esistenti.

Emerge prepotentemente il tema della necessità di formazione della rete di vendita al fine di aumentare la consapevolezza delle motivazioni alla base del ridisegno del contenuto dei prodotti e dell'aumento del prezzo. La formazione diventa indispensabile anche per lo svi-luppo di un approccio consulenziale da parte della rete nella fase di vendita. Nei rami danni e vita tradizionali il maggior prezzo dei prodotti dovrà essere giustificato da un maggior servizio per il cliente.

La dimensione della distribuzione è impattata da Solvency 2 anche attraverso le modifiche richieste allo schema di commissioning adottato. Attualmente i modelli di commissioning sono basati su una logica di volume e sono legati ai premi sottoscritti dai clienti. Tali modelli sono incongruenti con i nuovi modelli di valu-tazione che rettificano la redditività generata per il rischio assunto. Sulla base dei primi, in-fatti, l’intermediario è incentivato a vendere, per la medesima tipologia di copertura, le po-lizze che comportano un premio maggiore e che garantiscono provvigioni superiori per la rete distributiva, ma tale comportamento potrebbe esporre la compagnia ad elevati rischi. Se, tuttavia, la tariffa dei prodotti è calcolata in modo adeguato, questo tipo di pressioni non dovrebbe produrre effetti particolari per la compagnia, salvo problemi di concentra-zione del rischio. Oltre ai meccanismi di remunerazione, per un effettivo ri-orientamento dei comportamenti della rete verso i nuovi driver di valore coerenti con la logica Solvency 2, dovrebbero esse-re modificati anche i parametri di valutazione e controllo delle reti. Una complicazione su questo fronte è rappresentata dal controllo delle sub-agenzie, non monitorate direttamente dalla Compagnia.

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Nel caso della Bancassicurazione, emerge la necessità di coinvolgere il partner bancario sulle principali fasi di adeguamento a Solvency 2 su aspetti come il pricing per il cliente o la struttura dei prodotti che, oltre ad impattare direttamente sul suo conto economico, sono strettamente legati alla gestione del rapporto con la clientela. Se il distributore bancario, diversamente dalla rete agenziale, ha minore necessità di for-mazione finanziaria, si avverte, tuttavia, l’esigenza di indirizzare la sua attenzione verso una maggiore valorizzazione del contenuto assicurativo dei prodotti delle compagnie, so-prattutto con riferimento al business Vita, per non rischiare che la progressiva eliminazione delle garanzie sul tasso e sul capitale induca la rete bancaria a considerare i prodotti assicu-rativi molto simili a strumenti come i BTP, con cui ha maggiore dimestichezza. Dall’indagine effettuata sul campione intervistato, è emersa una valutazione della rilevanza per ciascun impatto sintetizzabile nel seguente schema:

Tabella 9. Dimensione distribuzione. Rilevanza degli impatti attesi (analisi qualitativa)

Impatto identificato

Rilevanza

Impatto sulle provvigioni Alta

Conoscenza e consapevolezza della rete su prodotti e pricing Alta

Rafforzamento del ruolo di consulenza dell’agente Media

Transizione da una logica di target a una logica di bisogno di massa Media

Evoluzione del venditore al metacanale Bassa

Valgono le stesse considerazioni già espresse per prodotti e pricing: i risultati sono caratte-rizzati da elevata variabilità, che supera (in alcuni casi abbondantemente) l’unità. I valori relativi al livello effettivo di gestione, indipendentemente dalla rilevanza assegnata all’impatto, si presentano molto simili: tale risultato, congiuntamente all’elevata variabilità, potrebbe indicare che le compagnie intervistate hanno prestato la medesima attenzione ad ogni impatto identificato, senza stabilire alcuna priorità. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

Tabella 10. Criticità e gestione dell’impatto per la distribuzione

Panel A. Impatto sulle provvigioni

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Panel B. Conoscenza e consapevolezza della rete su prodotti e pricing

Panel C. Rafforzamento del ruolo di consulenza dell’agente

Panel D. Transizione da una logica di target a una logica di bisogno di massa

Panel E. Evoluzione del venditore al metacanale

Sebbene dai valori medi il risultato assegni rilevanza medio/bassa, l’elevato valore della deviazione standard rende estremamente poco significativo il dato espresso da media e mediana.

3.4.4 La dimensione Comunicazione Solvency 2, determinando un cambiamento nella struttura dei prodotti (riduzione delle ga-ranzie in termini di tasso e di capitale) e una maggiore attenzione ai rischi assunti con con-seguenti modifiche di politiche e comportamenti, richiede di fornire un’adeguata comuni-cazione al cliente finale su due direttrici principali:

• di tipo formativo, in quanto si rileva un livello di cultura finanziaria del mercato molto disomogeneo e piuttosto limitato, responsabile di difficoltà di comprensione dei prodotti stessi;

• di tipo informativo, volta a divulgare le nuove caratteristiche dei prodotti, ma anche e soprattutto, volta a "vendere" al cliente la maggiore solvibilità dell'impresa ossia la mag-giore capacità della compagnia di governare i rischi e, quindi, di garantire il pagamento della somma prevista in caso si verifichi l’evento rischioso. Su quest'ultimo fronte, il tavolo di lavoro presenta incertezze sulla modalità più efficace di comunicazione per consentire che i requisiti di capitale diventino un differenziale competi-

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 4,125 3,5 Mediana 4.5 3.5 Deviazione standard 1,126 1,195

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,875 3,5 Mediana 4 3.5 Deviazione standard 1,126 1,195

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,5 2,875 Mediana 3.5 3 Deviazione standard 1,309 0,991

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,125 2,75 Mediana 3 2.5 Deviazione standard 1,126 1,282

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 2,875 2,625 Mediana 3 2 Deviazione standard 1,458 1,598

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tivo percepito: storicamente, infatti, il mercato italiano non ha mai vissuto problematiche di insolvenza di imprese assicurative e, quindi, non vi è sensibilità verso tale tema; pertanto il maggior prezzo dei prodotti potrà difficilmente essere giustificato al cliente in virtù di una maggiore solidità della Compagnia. Nei rami non-auto è possibile ridefinire i prezzi corret-ti sulla base dei nuovi parametri perché non c’è consapevolezza diffusa su prodotti e prez-zi. Nell'ambito del business Auto spiegare alla rete e al cliente un aumento dei prezzi per Solvency II è uno sforzo enorme.

Dall’indagine effettuata sul campione intervistato, è emersa una valutazione della rilevanza di ciascun impatto sintetizzabile nel seguente schema:

Tabella 11. Dimensione comunicazione. Rilevanza degli impatti attesi (analisi qualitativa)

Impatto identificato

Rilevanza

Maggiore importanza del ruolo della comunicazione esterna Media

Nuove soluzioni di comunicazione Media

Nuovi target clientela Media

Maggiore importanza del ruolo della comunicazione interna Media

È stata attribuita in tabella rilevanza Media ad ogni impatto perché i valori risultati dall’analisi non superano né scendono al di sotto del valore 3, e sono caratterizzati da un livello di dispersione piuttosto alto, ma simile. È pertanto impossibile stabilire un ordina-mento degli impatti a seconda della rilevanza attribuita dal campione. Anche per quanto riguarda i dati relativi al livello effettivo di gestione dell’impatto valgo-no le stesse considerazioni appena espresse, poiché anche quest’ultimo si attesta attorno a valori medi, non troppo distanti da quelli attribuiti alla criticità, con un indice di dispersio-ne solo lievemente più contenuto. Sono di seguito elencati i risultati espressi dal campione per ogni impatto individuato (si ricorda che i valori possono oscillare tra 1 e 5, dove 1 corrisponde a rilevanza minima, e 5 massima):

Tabella 12. Criticità e gestione dell’impatto per la comunicazione

Panel A. maggiore importanza del ruolo della comunicazione esterna

Panel B. nuove soluzioni di comunicazione

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,375 2,875 Mediana 3.5 3 Deviazione standard 1,061 0,991

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto

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Panel C. nuovi target clientela

Panel D. maggiore importanza del ruolo della comunicazione interna

3.5 Criticità rilevanti Gli impatti più critici di Solvency 2 sull'area Commerciale e Comunicazione sono risultati i seguenti:

1. gestione del rapporto con le reti di vendita alla luce della necessità di cambiamento delle logiche assuntive;

2. scarsa specializzazione degli operatori di vendita che potrebbero risultare incapaci di valorizzare il contenuto assicurativo dei prodotti in un contesto di mercato e di prodotto in continua evoluzione.

3. difficoltà di "vendere" al cliente finale l'aumento di solvibilità della compagnia per agevolare la comprensione di un aumento generale del prezzo dei prodotti con ca-ratteristiche meno appetibili in termini di tasso e capitale.

4. possibili distorsioni della concorrenza a livello transnazionale causate da un rece-pimento non omogeneo della direttiva nei diversi paesi.

5. rischio di perdita di competitività derivante da possibili tendenze all’aumento delle tariffe per il cliente finale, in particolare nel ramo Danni. Tale aumento è conse-guenza di un trasferimento dei maggiori costi sostenuti (distributivi e di prodotto) al cliente, a cui vanno aggiunti quelli relativi al capitale assorbito.

6. metriche di misurazione della redditività dei prodotti.

3.6 Ipotesi di soluzione delle criticità rilevanti La discussione in merito alle azioni da intraprendere per affrontare le criticità menzionate ha messo in luce le seguenti ipotesi di soluzione.

1. Il tavolo di lavoro ha evidenziato la necessità di ottimizzare il rapporto tra direzione commerciale e rete distributiva in due possibili modi:

• Il primo consiste nel veicolare alla rete l'importanza della consulenza sul prodotto e il passaggio obbligato da una logica di prezzo ad una di servizio, al fine di enfatiz-

Media 3,375 2,875 Mediana 3 3 Deviazione standard 1,188 0,835

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3,125 3 Mediana 3 3 Deviazione standard 0,835 1,069

Indicatori statistici Criticità / Importanza Livello effettivo di gestione dell’impatto Media 3 2,625 Mediana 3 3 Deviazione standard 1,309 0,916

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zare il contenuto e la valenza assicurativa dei prodotti venduti. Costruire prodotti con prestazioni incrociate (per esempio parte dei rendimenti obbligazionari che a-limentano un contratto di puro rischio disegnato in modo da non assorbire troppo capitale) potrebbe aiutare a spingere prodotti meno conosciuti in modo da compen-sare il maggior costo legato all'assorbimento del capitale.

• Il secondo è legato al capitolato commissionale, per il quale si chiede un’evoluzione verso logiche di determinazione in funzione del rischio assorbito e non solo in funzione del premio acquisito: Solvency 2 comporterà minori soddisfa-zioni provvigionali per le agenzie, e questo acuisce l'esigenza di una ridefinizione dei processi per fare in modo che le agenzie siano più profittevoli. In questo senso, la formazione e la diffusione di cultura manageriale della rete si rivela fondamenta-le.

2. La scelta sulle competenze auspicabili per i distributori, specialistiche o generaliste, non può precedere la scelta del mix di prodotti e della struttura degli stessi e la de-finizione dell’impianto commissionale in base al rischio. Il miglioramento e l'am-pliamento dell’informazione a disposizione dovrebbe agevolare non solo l’accuratezza del pricing ma anche migliorare i servizi di consulenza offerti dalla rete. Forme premianti per i comportamenti virtuosi dei clienti (es. restituzione di una parte del premio in caso di sinistrosità bassa) potrebbero aiutare a contenere gli effetti di Solvency 2 sul pricing.

3. La comunicazione verso il cliente finale volta ad aumentare la consapevolezza del valore della solvibilità di un'impresa assicurativa per giustificare l'aumento del prezzo del prodotto offerto è ritenuto un compito difficile alla luce dell'assenza di timori in questo senso da parte dei clienti, che passa attraverso il commitment e il coinvolgimento della rete agenziale. Alcune Compagnie hanno iniziato ad enfatiz-zare il valore del rating dell'impresa attraverso la comunicazione (pubblicità) alla clientela industriale.

4. Le scelte operative da compiersi nella fase di avvio dell'implementazione di azio-ni/misure Solvency 2-compliant si scontrano con elevati margini di incertezza do-vuti allo scarso grado di dettaglio delle indicazioni normative. La paura di compiere passi sbagliati potrebbe essere attenuata da un maggiore confronto tra gli operatori dell'industria assicurativa su soluzioni di dettaglio intraprese. Il tavolo di lavoro mette in luce che la portata del cambiamento in termini di logiche di business, posi-zionamento di prodotto, meccanismi operativi è tale da rendere indispensabile un maggior grado di coordinamento e scambio informativo con le Autorità di Vigilan-za e con gli altri operatori.

5. Emerge la necessità di iniziare a fare delle riflessioni sull’opportunità di adottare altri strumenti di trasferimento del rischio che non impattino necessariamente sui costi per l’assicurato. In questo senso, sarà necessario che le compagnie ridiscutano le proprie strategie e le proprie politiche di riassicurazione, tenendo in considera-zione il risk appetite, e valutino l’opportunità di ricorrere alla cartolarizzazione dei portafogli assicurativi.

6. La costruzione di nuove metriche di redditività necessita di un avvicinamento e una maggiore condivisione e scambio di informazioni tra la componente tecnica e commerciale della Compagnia.

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In uno scenario in cui, per alcuni rami, non è ancora diffusa la logica del ROE (es. alcuni rischi industriali, cauzioni), Solvency 2 richiede alle imprese assicurative di adottare misu-re di redditività corrette per il rischio (le così dette Risk Adjusted Performance Measures, RAPM) e/o evolvere verso misure di creazione del valore quale l’EVA. Questo rappresenta un processo di lungo termine che, soprattutto, richiede una forte parte-cipazione della rete di vendita non solo in termini di formazione e acquisizione della cultu-ra del rischio, ma anche in termini di contrattazione su componenti sensibili del rapporto quali le provvigioni. Sono state sottoposte all’analisi del campione le seguenti soluzioni relative a tre diverse criticità: pricing, produttività delle reti distributive, comunicazione Tabella 12. Progetti di revisione del pricing

Soluzione 1 – Ammodernamento dei sistemi informativi basato sull’emissione on-line

Tale soluzione risulta mediamente condivisa, specialmente perché può agevolare l’acquisizione di un set informativo quantitativamente e qualitativamente robusto. Tuttavia, risulta la soluzione in media meno implementata, anche se presenta discrete prospettive di investimenti futuri. Soluzione 2 – Sviluppo di un’anagrafica centralizzata

Analogamente alla prima, alla quale è strettamente correlata, può agevolare l’acquisizione di un set informativo qualitativamente e quantitativamente robusto. La quantità di investi-menti già destinati e previsti per il futuro è simile ai valori attribuiti all’emissione di poliz-ze on-line, ma questa soluzione potrebbe essere preferita dal campione perché risulta me-diamente più implementata rispetto alla precedente. Soluzione 3 – Migliorare l’accuratezza del pricing

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,125 3,375 2,75 3 Mediana 2 3.5 3 3 Dev. standard 1,808 1,188 1,389 1,069

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,25 3,75 2,625 2,625 Mediana 4 4 3 3 Dev. standard 1,581 1,282 0,916 0,916

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,375 4,125 3,125 3 Mediana 3.5 4 3.5 3.5 Dev. standard 1,061 0,641 0,991 1,195

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È questa la soluzione maggiormente condivisa dalle compagnie intervistate. Migliorare l’accuratezza del pricing tramite un disegno più puntuale dei prodotti basato sull'acquisi-zione di maggiori informazioni sul rischio e sui clienti è stato il risultato centrale del tavolo di lavoro, e l’analisi empirica sembra confermarlo, non solo per quanto riguarda la condi-visione (che oltre ad avere valori mediamente alti presenta scarsa variabilità) ma anche in termini di investimenti. Soluzione 4 – Introdurre forme premianti per i comportamenti virtuosi

Anche l’introduzione di forme premianti per i comportamenti virtuosi (es. restituzione di una parte del premio in caso di sinistrosità bassa), che potrebbe aiutare a contenere gli ef-fetti di Solvency 2 sul pricing, è un’ipotesi abbastanza condivisa dagli intervistati: pur se con minore concentrazione, i valori medi non si discostano particolarmente dalla preceden-te (e maggiormente condivisa) soluzione. Tabella 13. Produttività delle reti distributive

Soluzione 1 – Riassetto organizzativo della rete e riassetto manageriale dell’agenzia

L'esigenza di ridefinire l’assetto organizzativo della rete e manageriale dell’agenzia per fa-re in modo che le reti distributive siano più profittevoli sembra avere la priorità nelle agen-de di alcune compagnie, mentre per altre è solo limitatamente importante: tale risultato è confermato dalla presenza di correlazione tra la criticità attribuita e gli investimenti delibe-rati e stimati per il futuro. Soluzione 2 – Modelli di rendimento corretto per il rischio in agenzia

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 3,25 3,625 3 2,25 Mediana 3.5 4 3 2.5 Dev. standard 1,488 1,30 1,069 1,165

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,25 3,25 2,5 2,75 Mediana 2.5 3 3 3 Dev. standard 1,282 1,389 1,069 1,035

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,375 2,875 2,125 2,625 Mediana 2 3 2.5 2.5 Dev. standard 0,916 1,458 0,991 1,061

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Tale soluzione è strettamente correlata con i problemi rilevati per gli impatti dell’area Ri-sorse Umane e Organizzazione, poiché l’adozione di modelli di rendimento corretto per il rischio non può prescindere da un’adeguata formazione e cultura manageriale, e necessita di un avvicinamento e una maggiore condivisione e scambio di informazioni tra la compo-nente tecnica e commerciale della Compagnia. Soluzione 3 – Ribaltamento del costo del capitale sulla rete distributiva

È la soluzione che presenta i valori più bassi sia per quanto riguarda l’attuale implementa-zione, sia per ciò che attiene gli investimenti deliberati e futuri. Questo risultato può essere conseguenza delle difficoltà che potrebbero incontrare le compagnie nel rivedere i propri strumenti di trasferimento del rischio per non far gravare il peso dei maggiori costi esclusi-vamente sugli assicurati; propedeutici per l’applicazione di questa soluzione sono quindi gli interventi relativi al pricing e ai prodotti. Tabella 14. Comunicazione verso rete e cliente

Soluzione 1 – Nuove soluzioni di comunicazione del contenuto di S2 alla rete

Finora scarsamente implementato, le compagnie intervistate non sembrano particolarmente interessate a destinare grandi investimenti per questa soluzione. Nonostante questo, il livel-lo medio di condivisione della soluzione è considerevolmente più alto, perciò non è da e-scludere la ricerca di soluzioni di comunicazione dei contenuti di Solvency 2 verso la rete di distribuzione. Soluzione 2 – Comunicazione del contenuto di S2 alla rete

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,25 2,375 2 1,875 Mediana 1 2.5 1.5 1.5 Dev. standard 1,035 1,061 1,195 1,126

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,375 2,625 1,5 1,75 Mediana 1 3 1 1.5 Dev. standard 1,506 1,188 0,756 1,035

Indicatori statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,5 2,625 1,625 1,875 Mediana 1.5 3 1.5 1.5 Dev. standard 1,512 1,188 0,744 1,126

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Anche in questo caso, emerge una sostanziale differenza tra il livello di condivisione della soluzione e gli altri quesiti sottoposti all’attenzione del campione: alla base di tale risultato potrebbe esserci la similarità tra questa e la precedente soluzione. Soluzione 3 – Comunicazione dei rischi assunti al mercato (III pilastro)

È la soluzione mediamente più accettata, sebbene solo una parte del campione sia estre-mamente d’accordo, come testimonia l’elevata deviazione standard; nonostante questo pe-rò, risulta essere attualmente quasi per nulla implementata, con prospettive future di inve-stimenti molto basse. Soluzione 4 – Comunicazione del rating alla clientela

Analogamente alla precedente soluzione, il campione ha espresso un livello di condivisio-ne molto eterogeneo, che oscilla tra valori minimi e massimi, come testimoniato dal valore medio che occupa la posizione centrale e dall’elevata deviazione standard; anche per quan-to riguarda l’attuale grado di implementazione la deviazione standard mostra come l’eterogeneità dei valori espressi dal campione sia massima, rendendo impossibile fornire delle valutazioni generiche. Soluzione 5 – Riposizionamento interno

Anche in questo caso, la soluzione riscuote presso il campione un livello di condivisione medio/basso, risulta poco o per nulla implementata ed è possibile notare una diretta corre-lazione tra il grado di implementazione e gli investimenti già effettuati e stimati per il futu-

Indicatori Statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,875 3,125 1,625 1,625 Mediana 1 4 1 1 Dev. standard 1,885 1,553 1,061 0,916

Indicatori Statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 2,25 3 1,875 2 Mediana 2 3.5 1.5 1.5 Dev. standard 2,435 1,773 1,126 1,195

Indicatori Statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,25 2,5 1,75 1,75 Mediana 1 3 1.5 1.5 Dev. standard 1,488 1,309 1,035 0,886

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ro: perciò coloro che si sono già parzialmente attivati per attuare questa soluzione siano gli stessi che prevedono i maggiori investimenti in futuro, mentre chi l’ha trascurata non pre-vede cambiamenti in futuro. Soluzione 6 – Distinzione della comunicazione S2 per ramo di attività

Come si può facilmente notare, i valori espressi con questa soluzione sono molto simili (quasi coincidenti) con la precedente, ed analizzando i risultati è possibile esprimere le stesse considerazioni già fatte circa la correlazione tra grado di implementazione e inve-stimenti. L’unica differenza è ascrivibile al grado di implementazione, in questo caso mol-to più disperso tra valori molto bassi e molto alti.

Indicatori Statistici

Grado di im-plementazione della soluzione

Livello di condivi-sione/accordo sulla soluzione adottata

Investimenti deliberati

Prospettiva di ulte-riori investimenti nel prossimo triennio

Media 1,875 2,75 1,75 1,875 Mediana 2 3.5 1.5 1.5 Dev. standard 1,808 1,488 1,035 1,126

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Appendice statistica: Commerciale & Comunicazione

Prodotti

Figura 24. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Prodotti

Pricing

Figura 25. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Pricing

37,50% 37,50%

12,50%

0,00%

50,00%

25,00%

12,50%

37,50%

12,50%

12,50%

25,00%

25,00%

12,50%

12,50%

25,00%

75,00%

0,00% 50,00%25,00%

0,00%

50,00%

0,00%

12,50%

0,00%

12,50% 12,50%

0,00%

12,50% 12,50%

0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Garantire la compliance formale

Solvency II dei prodotti esistenti

Garantire la compliance formale Solvency II dei nuovi

prodotti

Disincentivo a entrare in nuovi

segmenti di prodotto (rendite, previdenza e altre coperture di lungo

termine)

Incentivo a entrare in nuovi segmenti di

prodotto

Riduzione delle garanzie offerte

(minimi garantiti)

Revisione del mix di portafoglio

IMPATTI PRODOTTICriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

25,00%

12,50%

37,50% 37,50%

62,50%

25,00%

12,50%

25,00%

37,50%

25,00%

25,00%

25,00%

12,50%

12,50%

0,00%

12,50%

37,50%

12,50%

0,00%

12,50%12,50% 12,50% 12,50% 12,50%

0,00%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Riduzione della redditività dei prodotti

Impatto sul pricing dei rami danni

Impatto sul pricing del ramo vita

Impatto sul pricing delle polizze catastrofali

Pricing dipendente dal costo del capitale

IMPATTI PRICINGCriticità percepita

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 26. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Pricing

Figura 27. Grado di completamento della soluzione inerente alla dimensione Pricing

12,50%

25,00% 25,00% 25,00%

37,50%

50,00%

62,50%

37,50%

37,50%

12,50%

12,50%

25,00%

0,00% 0,00%

0,00%

0,00%

12,50% 12,50%

0,00%

12,50%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ammodernamento dei sistemi informativi basato

sull’emissione on-line

Sviluppo di un’anagrafica centralizzata

Migliorare l’accuratezza del pricing

Introduzione di forme premianti per i comportamenti

virtuosi

PROGETTI DI REVISIONE DEL PRICINGLivello condivisione/accordo sulla soluzione

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

0,00%

12,50% 12,50% 12,50%

37,50%

50,00%

37,50% 37,50%

12,50%

12,50%

25,00%

37,50%

0,00%

12,50%

25,00% 0,00%

25,00%

0,00%

0,00%

0,00%25,00%

12,50%

0,00%

12,50%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ammodernamento dei sistemi informativi basato

sull’emissione on-line

Sviluppo di un’anagrafica centralizzata

Migliorare l’accuratezza del pricing

Introduzione di forme premianti per i

comportamenti virtuosi

PROGETTI DI REVISIONE DEL PRICINGGrado di implementazione della soluzione

Non adottata

Appena avviata

A 1/4 di completamento

A metà di completameento

A 3/4 di completamento

Completamente implementata

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Figura 28. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Pricing

Figura 29. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Pricing

0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

50,00%

12,50%

50,00%

37,50%

0,00%

50,00%

12,50% 37,50%

25,00%

25,00%

37,50% 12,50%

25,00%

12,50%

0,00%

12,50%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ammodernamento dei sistemi informativi basato

sull’emissione on-line

Sviluppo di un’anagrafica centralizzata

Migliorare l’accuratezza del pricing

Introduzione di forme premianti per i comportamenti

virtuosi

PROGETTI DI REVISIONE DEL PRICINGInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

0,00% 0,00% 0,00% 0,00%

37,50%

12,50%

50,00%

12,50%

37,50%

50,00%

12,50%

37,50%

12,50%

25,00% 25,00%

12,50%

12,50% 12,50% 12,50%

37,50%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Ammodernamento dei sistemi informativi basato

sull’emissione on-line

Sviluppo di un’anagrafica centralizzata

Migliorare l’accuratezza del pricing

Introduzione di forme premianti per i comportamenti

virtuosi

PROGETTI DI REVISIONE DEL PRICINGProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Distribuzione

Figura 30. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Distribuzione

Figura 31. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Distribuzione

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Figura 32. Grado di completamento della soluzione inerente alla dimensione Distribuzione

Figura 33. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Distribuzione

0,0% 0,0% 0,0%

12,5%

0,0%

12,5%

50,0%

50,0% 25,0%

12,5%

12,5%

12,5%

25,0%

37,5%

50,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Riassetto organizzativo della rete e un riassetto manageriale dell’agenzia

Modelli di rendimento corretto per il rischio in agenzia

Ribaltamento del costo di capitale sulla rete distributiva

PRODUTTIVITA' DELLE RETI DISTRIBUTIVEInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

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Figura 34. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Distri-

buzione

Comunicazione

Figura 35. Livello di criticità dei principali impatti di Solvency II sulla dimensione Comunicazione

0,0% 0,0% 0,0%

25,0% 25,0%

12,5%

37,5%

25,0%

12,5%

25,0%

37,5%

25,0%

12,5% 12,5%

50,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Riassetto organizzativo della rete e un riassetto manageriale dell’agenzia

Modelli di rendimento corretto per il rischio in agenzia

Ribaltamento del costo di capitale sulla rete distributiva

PRODUTTIVITA' DELLE RETI DISTRIBUTIVEProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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Figura 36. Livello di condivisione / accordo sulla soluzione inerente alla dimensione Comunicazione

Figura 37. Grado di completamento della soluzione inerente alla dimensione Comunicazione

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Figura 38. Investimenti deliberati in relazione alla dimensione Comunicazione

Figura 39. Prospettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio in relazione alla dimensione Comuni-

cazione

0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%0,0% 0,0%

12,5% 12,5% 12,5% 12,5%12,5% 12,5%

0,0%

12,5%

0,0% 0,0%

25,0%

37,5%

25,0%

25,0%

37,5% 37,5%

62,5%

50,0%

62,5%

50,0% 50,0% 50,0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Nuove soluzioni di comunicazione del

contenuto di S2 alla rete

Comunicazione del contenuto di S2 alla

rete

Comunicazione dei rischi assunti al

mercato (III pilastro)

Comunicazione del rating alla clientela

Riposizionamento interno

Distinzione della comunicazione S2

per ramo di attività

COMUNICAZIONE VERSO LA RETEInvestimenti deliberati

Ridotti

Medio bassi

Medi

Elevati

Molto elevati

0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

12,5% 12,5%

0,0%

12,5%

0,0%

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0,0%

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25,0%

25,0%

25,0%

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25,0%

12,5%

12,5%

25,0% 25,0%

50,0% 50,0%

62,5%

50,0% 50,0% 50,0%

0%

10%

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30%

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60%

70%

80%

90%

100%

Nuove soluzioni di comunicazione del

contenuto di S2 alla rete

Comunicazione del contenuto di S2 alla

rete

Comunicazione dei rischi assunti al

mercato (III pilastro)

Comunicazione del rating alla clientela

Riposizionamento interno

Distinzione della comunicazione S2

per ramo di attività

COMUNICAZIONE VERSO LA RETEProspettiva di ulteriori investimenti nel prossimo triennio

Bassa

Medio bassa

Media

Medio alta

Alta

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4 Conclusioni L’impatto di Solvency II osservato sulle aree analizzate ha in primo luogo confermato l’ampiezza dell’impatto della regolamentazione di Solvency II per le strategie e la gestione delle imprese di assicurazione. La mappatura delle implicazioni per l’area organizzazione e information technology ha mostrato l’esistenza di alcune significative criticità, che possono essere sinteticamente e-lencate nelle seguenti: a) il problema relativo ai dati, che possono non essere disponibili, possono non avere la

qualità adeguata o possono non essere tempestivi. b) la necessità di attribuire le responsabilità orizzontali, per controllare la correttezza e

l’affidabilità della gestione del dato eseguita a monte e a valle dei processi: occorre do-tarsi di strumenti per verificare i dati prodotti da altre strutture.

c) la tempistica di produzione delle informazioni utili ai fini dell’SCR rispetto all'informa-tiva di Bilancio: l'informazione sull’assorbimento di capitale (da portare in CDA) fornita con mesi di ritardo rispetto al bilancio perde di valore. In alcuni casi si utilizzano dati precedenti a quelli riportati in Bilancio, effettuando un opportuno rescaling, ma questo richiede di adottare delle assunzioni di base che devono essere verificate periodo per pe-riodo e procedure informatiche a supporto.

d) la difficoltà di operare una distinzione netta fra strutture di governance e strutture di controllo, in ragione delle compenetrazione di queste due componenti nelle diverse fun-zioni di staff proprie dell’organizzazione aziendale ( per esempio, la funzione di Com-pliance, che svolge attività di governo del rischio di non conformità, oltre ad avere un ruolo di supervisione e controllo).

La mappatura delle implicazioni per l’area commerciale e comunicazione ha mostrato l’esistenza di alcune significative criticità, che possono essere sinteticamente elencate nelle seguenti:

7. gestione del rapporto con le reti di vendita alla luce della necessità di cambiamento delle logiche assuntive;

8. scarsa specializzazione degli operatori di vendita che potrebbero risultare incapaci di valorizzare il contenuto assicurativo dei prodotti in un contesto di mercato e di prodotto in continua evoluzione.

9. difficoltà di "vendere" al cliente finale l'aumento di solvibilità della compagnia per agevolare la comprensione di un aumento generale del prezzo dei prodotti con ca-ratteristiche meno appetibili in termini di tasso e capitale.

10. possibili distorsioni della concorrenza a livello transnazionale causate da un rece-pimento non omogeneo della direttiva nei diversi paesi.

11. rischio di perdita di competitività derivante da possibili tendenze all’aumento delle tariffe per il cliente finale, in particolare nel ramo Danni. Tale aumento è conse-guenza di un trasferimento dei maggiori costi sostenuti (distributivi e di prodotto) al cliente, a cui vanno aggiunti quelli relativi al capitale assorbito.

12. metriche di misurazione della redditività dei prodotti.

Questo comporta che le imprese di assicurazione governino u processo volto a valutare le soluzioni più efficaci, anche in relazione ai fattori dimensionali e di business. Gli aspetti emersi con maggiore enfasi sono i seguenti.

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a) la necessità di ottimizzare il rapporto tra direzione commerciale e rete distributiva veico-lando alla rete l'importanza della consulenza sul prodotto e il passaggio obbligato da una logica di prezzo ad una di servizio, al fine di enfatizzare il contenuto e la valenza assicu-rativa dei prodotti venduti, ovvero attraverso il capitolato commissionale, per il quale si chiede un’evoluzione verso logiche di determinazione in funzione del rischio assorbito e non solo in funzione del premio acquisito.

b) la scelta sulle competenze auspicabili per i distributori, specialistiche o generaliste, non può precedere la scelta del mix di prodotti e della struttura degli stessi e la definizione dell’impianto commissionale in base al rischio;

c) la comunicazione verso il cliente finale volta ad aumentare la consapevolezza del valore della solvibilità di un'impresa assicurativa per giustificare l'aumento del prezzo del pro-dotto offerto è ritenuto un compito difficile alla luce dell'assenza di timori in questo sen-so da parte dei clienti, che passa attraverso il commitment e il coinvolgimento della rete agenziale. Alcune Compagnie hanno iniziato ad enfatizzare il valore del rating dell'im-presa attraverso la comunicazione alla clientela industriale;

d) le scelte operative da compiersi nella fase di avvio dell'implementazione di azio-ni/misure conformi a Solvency II si scontrano con elevati margini di incertezza dovuti allo scarso grado di dettaglio delle indicazioni normative. La paura di compiere passi sbagliati potrebbe essere attenuata da un maggiore confronto tra gli operatori dell'indu-stria assicurativa su soluzioni di dettaglio intraprese. Il tavolo di lavoro mette in luce che la portata del cambiamento in termini di logiche di business, posizionamento di prodotto, meccanismi operativi è tale da rendere indispensabile un maggior grado di coordinamen-to e scambio informativo con le Autorità di Vigilanza e con gli altri operatori;

e) la necessità di iniziare a fare delle riflessioni sull’opportunità di adottare altri strumenti di trasferimento del rischio che non impattino necessariamente sui costi per l’assicurato. In questo senso, sarà necessario che le compagnie ridiscutano le proprie strategie e le proprie politiche di riassicurazione, tenendo in considerazione il risk appetite, e valutino l’opportunità di ricorrere alla cartolarizzazione dei portafogli assicurativi;

f) la costruzione di nuove metriche di redditività necessita di un avvicinamento e una mag-giore condivisione e scambio di informazioni tra la componente tecnica e commerciale della Compagnia. In uno scenario in cui, per alcuni rami, non è ancora diffusa la logica del ROE (es. alcuni rischi industriali, cauzioni), Solvency II richiede alle imprese assicu-rative di adottare misure di redditività corrette per il rischio (Risk Adjusted Performance Measures, RAPM) ed evolvere verso misure di creazione del valore quale l’EVA.

In sintesi, gli impatti attesi possono essere ricondotti alla struttura del processo, all’equilibrio fra requisiti qualitativi e quantitativi, alle applicazioni commerciali e alle op-portunità di ampliamento del business. L’indagine ha evidenziato lo sforzo necessario per portare lo stato attuale dei meccanismi operativi e strategici delle aree considerate allo stadio di piena conformità sia ai principi di Solvency II sia alle implicazioni commerciali e organizzative. La mappa evolutiva dipen-derà dal grado di complessità delle compagnie e dalla natura dei modelli regolamentari a-dottati. L’evidenza delle principali criticità per l’industria assicurativa ha fatto emergere dal lato organizzativo e IT, la disponibilità dei dati necessari per un corretto monitoraggio dei ri-schi assunti, la necessità di attribuire le responsabilità orizzontali, per controllare la corret-tezza e l’affidabilità della gestione delle informazioni, la tempistica di produzione delle in-formazioni relative al capitale utili ai fini di Solvency II rispetto alle scadenze di bilancio,

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la difficoltà di operare una distinzione netta fra strutture di governance e strutture di con-trollo. Con riferimento alle funzioni commerciali e comunicazione, i risultati che verranno discus-si attengono essenzialmente alla gestione del rapporto con le reti di vendita alla luce della necessità di cambiamento delle logiche assuntive; al grado di specializzazione degli opera-tori di vendita che dovranno valorizzare il contenuto assicurativo dei prodotti in un conte-sto di mercato e di prodotto in continua evoluzione; alla difficoltà di "vendere" al cliente finale l'aumento di solvibilità della compagnia per agevolare la comprensione di un aumen-to generale del prezzo dei prodotti con caratteristiche meno appetibili in termini di tasso e capitale; al rischio di perdita di competitività derivante da possibili tendenze all’aumento delle tariffe per il cliente finale, in particolare nel ramo danni. Tale aumento è conseguenza di un trasferimento dei maggiori costi sostenuti al cliente, cui vanno aggiunti quelli relativi al capitale assorbito.