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26 . LA STAMPA MARTEDÌ 1 MAGGIO 2018 SOCIETA’ & CULTURA SPETTACOLI Dino Ferrero (il secondo da sinistra) in una foto scattata nel 1943 sull’Acropoli di Atene che ritrae militari italiani e tedeschi (ancora per poco) insieme ERIC GOBETTI La guerra di Dino lettera per lettera Tra il ’40 e il ’45, dal Piemonte alla Francia, dall’Albania alla Grecia alla prigionia in Germania, l’odissea d’un soldato che scriveva quasi ogni giorno ai suoi famigliari ritrovate, riordinate e intera- mente digitalizzate dal figlio, che progetta di renderle acces- sibili su Internet. Si tratta di un lungo epistolario fatto di carto- line, foto di paesaggi e di com- militoni in divisa, spesso ac- compagnato da pacchi pieni di cibarie. Come in una sorta di whatsapp dei suoi tempi, Dino scrive anche due o tre volte la settimana, per anni, al padre, alla madre, alle sorelle, alla fi- danzata, agli amici, persino agli zii e ai nonni: è un modo per re- stare in contatto, per condivi- dere quasi giornalmente le esperienze e le emozioni coi propri cari. Questa storia comincia dun- que nella primavera del 1940, con la visita di leva e la scelta del corpo di appartenenza. Po- chi giorni dopo, il primo impat- to con la vita militare: la fame! Il rancio è cattivo e insufficiente, e Dino se ne lamenta coi fami- gliari, ricordando già con no- stalgia i manicaretti della mam- ma. Ma le cose cambiano rapi- damente, e i problemi diventa- no subito più grandi. A giugno l’Italia entra in guerra. Dino si trova coinvolto nei primi com- battimenti sulle Alpi, lanciato alla conquista dei «territori che più sono cari al nostro cuore di italiani», cioè Nizza e la Savoia, promesse da Mussolini, nell’il- lusione che «presto verrà la pa- ce, e in ogni animo tornerà la tranquillità» (come scrive il 19 giugno 1940). Ma la pace non arriva e Dino viene trasferito in Albania, sul fronte greco. Seb- bene finisca in ufficio, a fare lo «scritturale», come si diceva al- lora, il giovane piemontese vive da protagonista i disagi e la pa- ura dei combattimenti. «Quanti bei paesi!» La fulminea avanzata in Grecia nel 1941, propiziata dalla arma- te tedesche, sembra fugare ogni dubbio. Per qualche mese la guerra appare una passeggiata, una lunga vacanza esotica. «Quanti bei paesi che non avrei mai immaginato di vedere sono «M io padre ha una storia comune, condivisa dalla sua generazione», cantava Francesco De Gregori più di quarant’anni fa. Anche Ber- nardino Ferrero, per tutti Di- no, ha una storia comune, con- divisa da tanti giovani della sua età, finiti senza colpa nel- l’imbuto della storia, travolti dalla guerra più terribile mai combattuta, che ancora oggi, a 73 anni dalla sua fine, rima- ne l’esempio paradigmatico della violenza, della brutalità, dalla volontà di sopraffazione dell’uomo sul suo simile. Quella di Dino è un’esperien- za di vita che attraversa tutto il periodo del conflitto: dalla visi- ta di leva, l’11 marzo del 1940, fi- no al rientro a casa, ad Alpigna- no, in provincia di Torino, il 21 luglio 1945. In mezzo la guerra, combattuta su vari fronti: la Francia e l’Albania, poi l’occu- pazione italiana nei Balcani e, dopo l’8 settembre 1943, la pri- gionia in Germania, come In- ternato Militare; infine il ritor- no in un Paese devastato, tre mesi dopo la fine del conflitto. Primo impatto: la fame Dino la sua storia la racconta, come tanti, attraverso una grande quantità di lettere, ora Nel lager dove morì il fratello di Pertini un romanzo tedesco contro i negazionisti N el 1979 Sandro Perti- ni, presidente della Repubblica, visitò il campo di Flossenbürg, in Ba- viera, dove fra le vittime del- lo sterminio nazista era stato ucciso suo fratello. L’anno era denso di avvenimenti in- ternazionali importanti, co- me la rivoluzione in Iran e in Nicaragua o il dramma dei boat people in Vietnam, ma per la Baviera fu quello il vero evento, e il vero scandalo. Wol- fram Fleischhauer, nel roman- zo Il bosco silenzioso (Emons, collana «Gialli tedeschi»), ha raccolto dai giornali dell’epoca lettere indignate che protesta- vano contro la visita, contro gli italiani, contro le «lezioni di antifascismo di un Paese di cui manteniamo i disoccupati». La difesa di un oscuro passa- to muove la trama del libro (ambientato negli Anni Novan- revisionista. È il simbolo di una verità che, osserva, ancora fati- ca a essere affermata. Il ro- manzo non ha suscitato pole- MARIO BAUDINO ranno erbe e alberi a fornire gli indizi decisivi su orrori com- messi mezzo secolo prima: in questo caso a una sola persona, la protagonista Anja Grimm, che sa come interrogarle. Anzi che - lo dice uno fra i suoi prin- cipali antagonisti - «sa leggere il bosco come nessun altro». Wolfram Fleischhauer, auto- re di una decina di romanzi (questo è il primo tradotto in Italia, ne parlerà al Salone del libro venerdì 11 maggio) cono- sce bene il nostro Paese. Perti- ni non è solo un visitatore capi- tato un giorno lontano a creare imbarazzi politici e scompiglio ta), dove una giovane agrono- ma cerca in un grande bosco la verità sulla morte del padre, avvenuta a ridosso del viaggio di Pertini, e di una strage occul- tata. È una storia corale, che coinvolge un’intera comunità; non solo un giallo, nonostante trama e colpi di scena. C’è la vi- ta del bosco, e soprattutto l’idea che, conoscendo la dina- mica delle specie botaniche, sia possibile farlo «parlare», al di là dei silenzi degli uomini. Sa- LACAITA Il Presidente Sandro Pertini nel 1979 in visita al campo di Flossenbürg Torino, ultimo appuntamento della Scuola per la Buona Politica Ultimo appuntamento, a Torino, del ciclo «Diseguaglianze», organizzato dalla Scuola per la Buona Politica diretta da Michelangelo Bovero. Al Circolo dei Lettori, giovedì alle 18, la lectio di Chiara Saraceno su «Vecchi e nuovi poveri», tema particolarmente caldo nell’Italia che fatica a uscire dalla lunga crisi. Sulla terrazza dell’albergo Semiramis di Tripolis (Grecia), quartier generale delle truppe italiane, settembre ’43: Dino è a destra. In alto una cartolina postale spedita alla famiglia a Alpignano (Torino), con il visto della censura militare

La guerra di Dino lettera per lettera · La guerra di Dino lettera per lettera ... alla madre, alle sorelle, alla fi-danzata, agli amici, persino agli zii e ai nonni: è un modo per

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26 .LA STAMPAMARTEDÌ 1 MAGGIO 2018

SOCIETA’&&CULTURA

SPETTACOLI

Dino Ferrero (il secondo da sinistra) in una fotoscattata nel 1943 sull’Acropoli di Atene che ritrae

militari italiani e tedeschi (ancora per poco) insieme

ERIC GOBETTI

La guerra di Dinolettera per lettera

Tra il ’40 e il ’45, dal Piemonte alla Francia, dall’Albaniaalla Grecia alla prigionia in Germania, l’odissea d’un soldato

che scriveva quasi ogni giorno ai suoi famigliari

ritrovate, riordinate e intera-mente digitalizzate dal figlio,che progetta di renderle acces-sibili su Internet. Si tratta di unlungo epistolario fatto di carto-line, foto di paesaggi e di com-militoni in divisa, spesso ac-compagnato da pacchi pieni dicibarie. Come in una sorta diwhatsapp dei suoi tempi, Dinoscrive anche due o tre volte lasettimana, per anni, al padre,alla madre, alle sorelle, alla fi-danzata, agli amici, persino aglizii e ai nonni: è un modo per re-stare in contatto, per condivi-dere quasi giornalmente leesperienze e le emozioni coipropri cari.

Questa storia comincia dun-

que nella primavera del 1940,con la visita di leva e la sceltadel corpo di appartenenza. Po-chi giorni dopo, il primo impat-to con la vita militare: la fame! Ilrancio è cattivo e insufficiente,e Dino se ne lamenta coi fami-gliari, ricordando già con no-stalgia i manicaretti della mam-ma. Ma le cose cambiano rapi-damente, e i problemi diventa-no subito più grandi. A giugnol’Italia entra in guerra. Dino sitrova coinvolto nei primi com-battimenti sulle Alpi, lanciato alla conquista dei «territori chepiù sono cari al nostro cuore diitaliani», cioè Nizza e la Savoia,promesse da Mussolini, nell’il-lusione che «presto verrà la pa-

ce, e in ogni animo tornerà latranquillità» (come scrive il 19giugno 1940). Ma la pace nonarriva e Dino viene trasferito inAlbania, sul fronte greco. Seb-bene finisca in ufficio, a fare lo«scritturale», come si diceva al-lora, il giovane piemontese viveda protagonista i disagi e la pa-ura dei combattimenti.

«Quanti bei paesi!»La fulminea avanzata in Grecianel 1941, propiziata dalla arma-te tedesche, sembra fugare ognidubbio. Per qualche mese laguerra appare una passeggiata,una lunga vacanza esotica.«Quanti bei paesi che non avreimai immaginato di vedere sono

«M io padre ha unastoria comune,condivisa dalla

sua generazione», cantavaFrancesco De Gregori più diquarant’anni fa. Anche Ber-nardino Ferrero, per tutti Di-no, ha una storia comune, con-divisa da tanti giovani dellasua età, finiti senza colpa nel-l’imbuto della storia, travolti dalla guerra più terribile maicombattuta, che ancora oggi,a 73 anni dalla sua fine, rima-ne l’esempio paradigmaticodella violenza, della brutalità,dalla volontà di sopraffazionedell’uomo sul suo simile.

Quella di Dino è un’esperien-za di vita che attraversa tutto ilperiodo del conflitto: dalla visi-ta di leva, l’11 marzo del 1940, fi-no al rientro a casa, ad Alpigna-no, in provincia di Torino, il 21luglio 1945. In mezzo la guerra,combattuta su vari fronti: laFrancia e l’Albania, poi l’occu-pazione italiana nei Balcani e, dopo l’8 settembre 1943, la pri-gionia in Germania, come In-ternato Militare; infine il ritor-no in un Paese devastato, tremesi dopo la fine del conflitto.

Primo impatto: la fameDino la sua storia la racconta,come tanti, attraverso unagrande quantità di lettere, ora

Nel lager dove morì il fratello di Pertiniun romanzo tedesco contro i negazionisti

Nel 1979 Sandro Perti-ni, presidente dellaRepubblica, visitò il

campo di Flossenbürg, in Ba-viera, dove fra le vittime del-lo sterminio nazista era statoucciso suo fratello. L’annoera denso di avvenimenti in-ternazionali importanti, co-me la rivoluzione in Iran e inNicaragua o il dramma deiboat people in Vietnam, ma

per la Baviera fu quello il veroevento, e il vero scandalo. Wol-fram Fleischhauer, nel roman-zo Il bosco silenzioso (Emons,collana «Gialli tedeschi»), haraccolto dai giornali dell’epocalettere indignate che protesta-vano contro la visita, contro gliitaliani, contro le «lezioni di antifascismo di un Paese di cuimanteniamo i disoccupati».

La difesa di un oscuro passa-to muove la trama del libro(ambientato negli Anni Novan-

revisionista. È il simbolo di unaverità che, osserva, ancora fati-ca a essere affermata. Il ro-manzo non ha suscitato pole-

MARIO BAUDINO ranno erbe e alberi a fornire gliindizi decisivi su orrori com-messi mezzo secolo prima: in questo caso a una sola persona,la protagonista Anja Grimm, che sa come interrogarle. Anziche - lo dice uno fra i suoi prin-cipali antagonisti - «sa leggereil bosco come nessun altro».

Wolfram Fleischhauer, auto-re di una decina di romanzi(questo è il primo tradotto inItalia, ne parlerà al Salone dellibro venerdì 11 maggio) cono-

sce bene il nostro Paese. Perti-ni non è solo un visitatore capi-tato un giorno lontano a creareimbarazzi politici e scompiglio

ta), dove una giovane agrono-ma cerca in un grande bosco laverità sulla morte del padre,avvenuta a ridosso del viaggiodi Pertini, e di una strage occul-tata. È una storia corale, checoinvolge un’intera comunità;non solo un giallo, nonostantetrama e colpi di scena. C’è la vi-ta del bosco, e soprattuttol’idea che, conoscendo la dina-mica delle specie botaniche, siapossibile farlo «parlare», al dilà dei silenzi degli uomini. Sa-

LACAITA

Il Presidente Sandro Pertini nel 1979 in visita al campo di Flossenbürg

Torino, ultimo appuntamentodella Scuola per la Buona PoliticaUltimo appuntamento, a Torino, del ciclo «Diseguaglianze», organizzato dalla Scuola per la Buona Politica diretta da Michelangelo Bovero. Al Circolo dei Lettori, giovedìalle 18, la lectio di Chiara Saraceno su «Vecchi e nuovi poveri», tema particolarmente caldo nell’Italia che fatica a uscire dalla lunga crisi.

Sulla terrazza dell’albergo

Semiramis di Tripolis (Grecia), quartier generale

delle truppeitaliane, settembre

’43: Dino è a destra. In altouna cartolina

postale speditaalla famigliaa Alpignano

(Torino),con il visto dellacensura militare

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LA STAMPAMARTEDÌ 1 MAGGIO 2018 .27

R

Mostra a Pavia per i 90 anni di Mino MilaniIn viaggio con Mino Milani s’intitola il volume-catalogo pubblicato in 90 copie numerate dalle Edizioni Santa Caterina in occasione dei 90 anni dello scrittore, che verrà presentato venerdì alle 17,30 alla Biblioteca dell’Orto Botanico di Pavia con una mostra (aperta solo il giorno dell’evento) di 90 dei suoi libri e un dialogo in pubblico con gli studenti del corso di Editoria letteraria dell’Università di Pavia. Milani è autore di bestseller per ragazzi come Tommy River e per adulti come Fantasma d’amore, da cui il film con Mastroianni e Romy Schneider.

Emilio Lussu: in prigionevoglio soltanto La Stampa

“Rappresenta l’opinione costituzionale e legalitaria”: trovata una letteradello scrittore antifascista scritta nel 1926 dal carcere di Cagliari

NICOLA PINNACAGLIARI

Chiedeva una penna, uncalamaio e carta «dascrivere in quantità

sufficiente». Poi libri e possi-bilmente anche un giornale.Ma non uno qualsiasi. E lospecifica con chiarezza,Emilio Lussu. Nella sua let-tera al Procuratore del Re,scritta dal carcere di Caglia-ri il 3 novembre del 1926,spiega bene questa sua ri-chiesta: «Il sottoscritto si li-mita a chiedere la lettura delgiornale La Stampa, edito aTorino, che notoriamenterappresenta l’opinione costi-tuzionale e legalitaria».

Il rischio, e Emilio Lussu losapeva bene, era quello che incella arrivassero i giornali dipropaganda. E se è vero chela lotta antifascista gli era giàcostata le manette, per arri-vare poi al confino, l’eroe sar-do della Prima guerra mon-diale non voleva di certo ri-trovarsi costretto a leggeredietro le sbarre le notiziemesse in circolo dal regime.Per questo sperava di ottene-re solo una concessione: nonquella di avere «un giornaledi sinistra», ma soltanto LaStampa. Un quotidiano chedell’indipendenza ha fatto lasua forza lungo i 151 anni distoria, pur tra i pesanti limitiimposti dal regime durante ilperiodo fascista.

Durante la detenzione al-l’interno del carcere di Buon-cammino a Cagliari, tra il 31ottobre del 1926 e il 22 ottobredell’anno dopo, Emilio Lussuha scritto alcune delle paginedella sua ricca produzione letteraria. Ma anche moltelettere, ai parenti, al direttoredel penitenziario, che in quelperiodo era Attilio MurruMameli. Quella del 3 novem-bre, nella quale chiede di po-ter leggere La Stampa, era ri-masta nascosta per quasi 100anni negli archivi della casa circondariale. Dimenticata, anzi trascurata, tra milioni di

carte che meriterebbero di es-sere esposte in un museo.

A recuperarla, qualche mesefa, è stata la famiglia di Lussu, continuamente impegnata nella ricostruzione del grande impe-gno politico e culturale del fon-datore del Partito sardo d’Azio-ne, il primo movimento indipen-dentista sardo, unica forza poli-tica che in Sardegna riuscì a contrastare l’avanzata del fasci-

smo. Dell’autore di Un anno sul-l’altipiano restano tante testimo-nianze del lungo cammino lette-rario. A partire proprio dal rac-conto della sua avventura nelle trincee della Prima guerra mon-diale, con la divisa da ufficiale delle Brigata Sassari: un libro tradotto in molte lingue e consi-derato una delle opere più im-portanti del Novecento italiano.

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

passati sotto ai miei occhi! Sonoproprio contento di tutto que-sto, perché nella vita bisognapoter dire di aver visto tanti beiluoghi, che altrimenti se nonfosse in questa occasione, nonavrei visto», scrive il 1° febbraio1941. Tirana, Valona, Giannina,Patrasso, il golfo di Corinto,Atene con l’Acropoli. Fa i «ba-gni di mare», conosce diverseragazze greche, che sembranonei suoi racconti sempre alle-gre e disponibili, gira in camionsu e giù per la Grecia per farescorte di cibo.

Dino non si lamenta più delleprivazioni alimentari, anzi inviaolio greco a casa. «Si mangiabene», scrive il 30 maggio 1941,«pesci, polli, risotti squisiti». ANatale, racconta alla madre,«siamo stati in compagnia e si èmangiato a più non posso. Era-vamo in nove e avevamo undicigalline arrosto al forno. Poi ildolce alla crema, gli aranci, duelatte di quelle di petrolio pienedi vino, cioccolato datoci colrancio». Non c’è posto in questerighe per la fame, la terribile ca-restia che colpisce la Greciaproprio in quegli stessi mesi e fadecine di migliaia di morti perdenutrizione.

Flirt con le ragazze grecheD’altra parte c’è poco spazioanche per la propaganda, per laretorica di guerra. Appare tal-volta un certo disprezzo per gli«inglesi usurpatori», un di-sprezzo che sembra nasconde-re la paura della sconfitta piùche il senso di superiorità. C’èpoi la descrizione della visita diMussolini in Albania nel marzodel 1941, che lo entusiasma: «Vi-di tutti i soldati che correvanocome il vento e gridavano al Du-ce tutta la nostra passione, iocompreso, pure io ho corso, masono giunto quando ripartiva.(…) Avessi visto e sentito tuttol’entusiasmo che ci ha dato que-sta visita! Tutti, malati e sani,tutti sembravano elettrizzati».

Un tono decisamente diver-so Dino riserva alla caduta delfascismo, due anni e mezzo do-po: «Papà, che ha sempre bron-tolato quando si diceva del par-tito, a quest’ora sarà finalmentecontento», scrive nell’agostodel 1943. Per il resto niente. Ilracconto è tutto incentrato sulquotidiano: il clima, il cibo, lemalattie, la brillantina, le la-

mette, la macchina fotografica,il lavoro dei parenti a casa e ilsuo incarico nell’ufficio del co-mando, un piccolo incidented’auto, la fine della relazionecon la fidanzata lontana e i flirtcon le ragazze greche.

Negli ultimi mesi prima del-l’armistizio la vita si trascinasempre più stancamente, sem-pre più inutilmente, fino al notoepilogo. Otto settembre 1943, ilre e Badoglio abbandonano unintero esercito al loro destino.La vendetta tedesca non si faattendere, e Dino finisce, cometanti, tantissimi, deportato inGermania.

Internato MilitareOra le notizie diventano fram-mentarie, si legge in quelle po-che righe il dramma dell’acca-duto, si può annusare l’odoredelle rape bollite, della neve an-nerita dagli stivali sfondati, ilpuzzo delle camerate. Non c’èpiù tempo per descrivere climae quotidianità; rimane solo dadire, con urgenza: eccomi, sonovivo, mandatemi da mangiare,se ne avete anche voi; io vi pen-so, tornerò.

E Dino infatti torna, ben tremesi dopo la Liberazione. Non èpiù il ragazzo che era partitocinque anni prima; non si la-menta più del cibo scarso o del-le marce con lo zaino, non sognapiù eclatanti vittorie e territoriirredenti. È sopravvissuto allaguerra e all’internamento inGermania, ha visto in faccia ildolore, la sofferenza, la morte.Ora conosce l’assurdo dellaguerra. Sa di essere stato fortu-nato. Negli anni successivi an-drà a mischiare la sua sofferen-za a quella di milioni di altri ita-liani, ognuno coi suoi traumi,con il suo dolore difficile da con-dividere, pronto a ricostruireuna nuova Italia.

Rileggendole oggi, a tanti an-ni di distanza, le lettere di Dino,nella loro semplicità così pura,sembrano ricordarci di nonbuttarla via, questa pace che luie altri milioni di italiani ci han-no lasciato in eredità.

Eric Gobetti è autore di «Alleati del nemico. Italiani in Jugoslavia» (Laterza) e del documentario 

«Partizani». È in uscita il suo nuovo libro «La Resistenza

dimenticata» (Salerno ed.)c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

sciata, nelle implicazioni stori-che e antropologiche. La stre-ga è la vittima di un’ossessionecollettiva.

«Il risentimento verso igruppi marginali della societàè sempre vivo», dice per esem-pio ad Anja il direttore del me-moriale di Flosseburg, dopoaver evocato la fiaba. E «sem-pre» significa oggi, sia perquanto riguarda il tempo dellanarrazione sia per quello dellalettura: «La memoria è uncampo di battaglia». Anche ilbosco lo è, almeno per un tede-sco. «Un grande mito romanti-co, che però funziona comeuna maschera. Ho cercato dismascherarlo».

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

miche in Germania, «anche sec’è ancora molta resistenza lo-cale rispetto ai temi della me-moria», dice lo scrittore, «unclima di negazionismo che si al-larga in un lugubre orizzonte».

Lo scandalo non era il suoscopo: «Semmai scrivo per in-durre i lettori a riflettere. Ed èanche questo il motivo per cuiscelgo le strutture del giallo,ma pensando alla letteratura».Nelle pieghe del libro c’è anchela favola di Hänsel e Gretel (e ilfatto che la protagonista sichiami Grimm, come gli autoridella celebre raccolta dove fi-gura la storia piuttosto goticadella casina di marzapanesperduta nel bosco, non saràforse casuale): ma viene rove-

Emilio Lussu (1890-1975). Sopra, la lettera ritrovata negli archivi del carcere di Cagliari

ElzeviroMIRELLA

SERRI

Vennero le notizie. Findall’alba strepitaro-no le radio delle ville

vicine. L’Egle ci chiamò incortile. L’Elvira mi gridò at-traverso la porta che laguerra era finita…Tutti cor-revano a Torino». Dai din-torni del capoluogo sabau-do a Roma, dalle pagine diCesare Pavese a quelle diCorrado Alvaro, l’entusia-smo degli italiani di frontealla caduta del regime diMussolini è incontenibile:«C’erano donne del popolo,quelle che soffrono tutta lavita, che erano vive e vera-mente felici per un giorno.

Una a Campo di Fiori, con unbandierone tricolore urlava…ed era veramente la libertà»,scrive Alvaro. A queste nota-zioni si aggiungono i commentidi un grande giornalista oggidimenticato, Paolo Monelli:

«Escono i primi reparti di for-za pubblica e manifesti che in-vitano alla calma. Ma per dodi-ci ore il popolo abbandonato ase stesso ha dimostrato unenorme, pacifico sollievo».

Vi è anche la rivolta contro ladittatura: a Roma nella nottetra il 25 e il 26 luglio vengono devastate 13 sedi del partito na-zionalfascista, a Torino gliobiettivi dei manifestanti sonola casa Littoria e la sede dellaGazzetta del popolo, a Milanosotto tiro c’è il «covo» dove so-no nati i fasci italiani di combat-timento. Il libro di Gianni Oliva,La grande storia della Resisten-za. 1943-1948 (Utet, €25, pp.

528) prende le mosse dalla de-stituzione di Mussolini per ar-rivare al varo della Costituzio-ne italiana, mescolando lettera-tura, cronache e ricostruzionerigorosa degli eventi. Oliva, unodei migliori allievi di Alessan-dro Galante Garrone, ripropo-ne in questo unico volume duesue pubblicazioni degli anni Novanta, I vinti e i liberati. e Laresa dei conti. Opere ora inte-grate con le più recenti acquisi-zioni storiografiche. Le storieche raccontano la lotta di Libe-razione nel suo complesso sonorare, a questa lacuna Oliva havoluto porre rimedio.

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La Resistenzaraccontata

da Gianni Oliva

Addio a Vittorio Strada, lo storico anti UrssAmava intensamente la Russia, la sua cultura e la sua storia: proprio per questo, da comunista quale era stato, con l’andare del tempo aveva maturato una posizione molto critica verso il bolscevismo e il regime totalitario scaturito dal successo della rivoluzione d’Ottobre. Vittorio Strada, scomparso all’età di 88 anni, aveva contribuito in maniera eccezionale a far conoscere il valore della letteratura e del pensiero russo e, nel contempo, a demolire il mito ingannevole dell’Unione Sovietica. Fu anche slavista e traduttore per l’Einaudi.