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LA LEZIONE La radioattività Le conoscenze chimiche degli elementi nei primi anni Trenta Alla fine degli anni Venti la caccia agli elementi mancanti della tavola periodica era quasi conclusa. Tuttavia, in alcuni libri, come le Lezioni di chimica analitica di A. Ferrari e G. Natta del 1927, erano elencati solo 83 elementi del 1890 di cui si conosceva con certezza simbolo, numero atomico e peso atomico. Tra l’idrogeno (numero atomico 1) e l’uranio (92) non comparivano i nomi degli atomi di numero atomico 43, 61, 66, 72, 75, 84, 85, 87, 91. Uno di questi, il polonio (Z=84) era stato scoperto dai coniugi Curie alla fine dell’Ottocento, ma ancora nel 1930 il nuovo elemento radioattivo era isolato solo attraverso complesse procedure radiochiomiche. fig.1 I coniugi Curie; fig.2 Hanh e Lise Meiner nel laboratorio di Berlino nel 1920 L’elemento precedente l’uranio, il protoattinio Z=91, era stato invece studiato da Otto Hahn e Lise Meitner a Berlino nel 1917. L’afnio Z=72, dal nome latino di Copenaghen, era stato annunciato nel 1922 da Niels Bohr, in occasione del conferimento del premio Nobel, come risultato dei chimici del suo laboratorio. Altri due elementi, appartenenti alle terre rare, il 61 e il 66 sembrava che fossero stati già scoperti (in realtà il 61, oggi chiamato promezio è un elemento sintetico). Infine l’identificazione degli omologhi 43 e 75 era stata rivendicata nel 1925 da Walther Noddack, Ida Tacke (che sarebbe diventata nel 1926 sua moglie) e Otto Carl von Berg, specialista nella spettroscopia ai raggi X. I chimici tedeschi avevano attribuito all’elemento 43 il nome nazionalista masurio (dal nome dei laghi della regione di origine della Tacke) e al 75 il nome di renio (la regione di nascita di Noddack). fig.3 Ida Tacke e Walter Noddack a Berlino Agli inizi degli anni Trenta il renio compariva già tra i prodotti prossimi a un uso industriale, mentre la scoperta del masurio, identificato solo grazie alle analisi spettrali, era ancora in discussione. I laboratori dei Curie a Parigi, di Hahn a Berlino e di Bohr a Copenaghen avevano una fama mondiale e si aggiungevano al Cavendish Laboratory (il Dipartimento di fisica di Cambridge) di Ernest Rutherford, dove James Chadwick aveva scoperto il neutrone nel 1932. I coniugi Noddack non erano particolarmente apprezzati e solo nel 1935 Walther Noddack, in pieno periodo nazista, divenne professore di chimica fisica all’università di Freiburg.

LA LEZIONE La radioattività Le conoscenze chimiche degli ... · carichi (particelle , protoni, deutoni), gli elementi radioattivi ottenuti col metodo del Fermi emettono particelle

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LA LEZIONE

La radioattività

Le conoscenze chimiche degli elementi nei primi anni TrentaAlla fine degli anni Venti la caccia agli elementi mancanti della tavola periodica era quasi conclusa. Tuttavia, in alcuni libri, come le Lezioni di chimica analitica di A. Ferrari e G. Natta del 1927, erano elencati solo 83 elementi del 1890 di cui si conosceva con certezza simbolo, numero atomico e peso atomico. Tra l’idrogeno (numero atomico 1) e l’uranio (92) non comparivano i nomi degli atomi di numero atomico 43, 61, 66, 72, 75, 84, 85, 87, 91.

Uno di questi, il polonio (Z=84) era stato scoperto dai coniugi Curie alla fine dell’Ottocento, ma ancora nel 1930 il nuovo elemento radioattivo era isolato solo attraverso complesse procedure radiochiomiche.

fig.1 I coniugi Curie; fig.2 Hanh e Lise Meiner nel

laboratorio di Berlino nel 1920

L’elemento precedente l’uranio, il protoattinio Z=91, era stato invece studiato da Otto Hahn e Lise Meitner a Berlino nel 1917. L’afnio Z=72, dal nome latino di Copenaghen, era stato annunciato nel 1922 da Niels Bohr, in occasione del conferimento del premio Nobel, come risultato dei chimici del suo laboratorio.Altri due elementi, appartenenti alle terre rare, il 61 e il 66 sembrava che fossero stati

già scoperti (in realtà il 61, oggi chiamato promezio è un elemento sintetico). Infine l’identificazione degli omologhi 43 e 75 era stata rivendicata nel 1925 da Walther Noddack, Ida Tacke (che sarebbe diventata nel 1926 sua moglie) e Otto Carl von Berg, specialista nella spettroscopia ai raggi X. I chimici tedeschi avevano attribuito all’elemento 43 il nome nazionalista masurio (dal nome dei laghi della regione di origine della Tacke) e al 75 il nome di renio (la regione di nascita di Noddack).

fig.3 Ida Tacke e Walter Noddack a Berlino

Agli inizi degli anni Trenta il renio compariva già tra i prodotti prossimi a un uso industriale, mentre la scoperta del masurio, identificato solo grazie alle analisi spettrali, era ancora in discussione. I laboratori dei Curie a Parigi, di Hahn a Berlino e di Bohr a Copenaghen avevano una fama mondiale e si aggiungevano al Cavendish Laboratory (il Dipartimento di fisica di Cambridge) di Ernest Rutherford, dove James Chadwick aveva scoperto il neutrone nel 1932. I coniugi Noddack non erano particolarmente apprezzati e solo nel 1935 Walther Noddack, in pieno periodo nazista, divenne professore di chimica fisica all’università di Freiburg.

A 100 anni dalla nascita di D. I. Mendeleev nel 1934 a San Pietroburgo il famoso chimico fu ricordato con una statua e una tavola periodica.

fig.4 Monumento a Dmitrij Ivanovič Mendeleev a San Pietroburgo; fig.5 Particolare della tavola periodica del monumento a Mendeleev a San Pietroburgo

Nella tavola commemorativa sono presenti 89 elementi dall’idrogeno all’uranio con uno spazio vuoto (il 43) e due trattini (elementi 85 e 87). In verità se si analizzano i manuali di chimica e di fisica dell’epoca, come ad esempio quello del 1934 sull’introduzione agli spettri atomici di H. E. White, si scoprono tavole più vicine agli standard odierni.

fig.6 Tavola periodica in uso nel 1934

In essa, e nella quasi totalità delle tavole degli anni Trenta, l’elemento 43 era indicato con il simbolo Ma (masurium). Confrontando la tavola del 1934 con una tavola odierna (figura 7), oltre all’ovvia mancanza degli elementi successivi all’uranio (transuranici) si nota che l’attinio, il torio, il protoattinio e l’uranio sono oggi raggruppati negli attinidi.

fig.7 Tavola periodica odierna

Inoltre gli elementi dal numero atomico 89 al numero atomico 103 sono disposti in corrispondenza dei lantanidi (nel passato chiamati terre rare, elementi dal numero atomico 57 al 71) per sottolinearne le somiglianze chimiche che rendono assai difficile la loro separazione. Tale somiglianza è però mascherata dal fatto che i primi elementi degli attinidi sono per certi versi più vicini ad elementi di transizione che non alle terre rare. Così nel 1934 l’uranio era considerato appartenente allo stesso gruppo del cromo, del molibdeno e del tungsteno. La lunga premessa serve per capire che l’individuazione degli elementi transuranici non poteva essere avvalorata dalle conoscenze chimiche. Così l’elemento successivo all’uranio era, per la chimica dell’epoca, omologo del renio, ovvero appartenere allo stesso gruppo VII b. I radiochimici utilizzarono per il primo di transuranici il nome di ekarenio (l’elemento dello stesso gruppo che segue il renio), così il secondo dei transuranici diveniva ekaosmio. Mentre per i fisici del gruppo Fermi di Via Panisperna da subito i due elementi divennero l’ausonio e l’esperio per indicare l’italica scoperta. Ritornando alla

ipotesi di un secondo gruppo di terre rare, vale la pena ricordare che Bohr, sempre nella lettura tenuta in occasione del conferimento del premio Nobel del 1922, scriveva, presentando una tavola periodica (figura 8), che nel settimo periodo del sistema ci si dovrebbe aspettare di trovare le stesse caratteristiche del sesto. Per aggiungere subito dopo che non era possibile confermare questa ipotesi a causa del numero limitato di

elementi conosciuti nel settimo periodo.fig.8 Tavola degli elementi chimici presentata da Bohr nella lettura per il conferimento del premio Nobel nel dicembre 1922

1934 Le ricerche del gruppo FermiNel 1934 Fermi iniziò una delle sue più promettenti attività di ricerca che lo portò al premio Nobel del 1938. Franco Rasetti, amico e grande sperimentale, era stato iniziato qualche anno prima alle tecniche radiochimiche da Lise Meitner a Berlino. Oscar D’agostino, chimico aggregato al gruppo, era di ritorno dai laboratori di Irene Curie e Frédéric Joliot di Parigi, Enrico Fermi aveva nel 1933 pubblicato il suo lavoro teorico forse più importante sui decadimenti beta interpretati come creazione di elettroni nella transizione nucleare da neutrone a protone. L’Istituto di Sanità diretto dal fisico Giulio Cesare Trabacchi possedeva un grammo del costosissimo radio.

fig.9 Franco Rasetti, Enrico Fermi ed Emilio Segrè; fig.10 I coniugi Joliot, premi Nobel 1935 per la chimica (Irène Curie e Frédéric Joliot)

All’iniziò dell’anno era stata annunciata la scoperta della radioattività artificiale indotta dal bombardamento di elementi con particelle cariche da parte dei Joliot-Curie (premi Nobel per la chimica nel 1935) e gran parte dei gruppi con i primi rudimentali acceleratori o capaci di ottenere sostanze radioattive con emissioni alfa aveva partecipato alle ricerche. Fermi invece utilizzò gli emettitori alfa per produrre un numero limitato di proiettili molto efficaci perché senza carica, i neutroni. La produzione di neutroni avveniva attraverso una sostanza capace di emettere particelle alfa (inizialmente il polonio e subito dopo il radon, l’emanazione ottenibile dall’Istituto di Sanità) messa a contatto con polvere di berillio. Dal mese di marzo la Ricerca Scientifica ospitò i lavori Sulla radioattività indotta dal bombardamento di neutroni. I primi due articoli furono firmati dal solo Fermi (anche se nel secondo Fermi citò Oscar D’Agostino, Edoardo Amaldi ed Emilio Segrè). Dal mese di giugno gli articoli ufficialmente furono associati ai nomi di E. Amaldi, O. D’Agostino, E. Fermi, F. Rasetti, E. Segrè. Dal mese di dicembre all’elenco fu aggiunto il giovane Bruno Pontecorvo. La sintesi delle scoperte del gruppo venne riassunta, quasi in tempo reale, nel 1935 nella voce Radioattività dell’Enciclopedia Italiana.“il Fermi ed i suoi collaboratori fecero uno studio sistematico della radioattività provocata da neutroni sul maggior numero possibile di elementi: di 70 elementi cimentati, 50 hanno mostrato il fenomeno e fra questi molti elementi di numero atomico assai elevato, come l'oro (Z = 79), l'iridio (Z = 77) e perfino l'uranio (Z = 92), il più pesante di tutti gli elementi esistenti in natura. Nel caso dell'uranio sembra che si formi un elemento radioattivo artificiale, con tempo di dimezzamento di circa un quarto d'ora avente numero atomico maggiore. Si tratterebbe del primo esempio di formazione di un nuovo elemento e non di un nuovo isotopo di un elemento conosciuto. A differenza degli elementi radioattivi artificiali ottenuti con proiettili carichi (particelle , protoni, deutoni), gli elementi radioattivi ottenuti col metodo del Fermi emettono particelle β, ossia elettroni (negativi), al pari delle sostanze radioattive naturali. Per la maggior parte dei casi è stato possibile individuare con processi chimici il nucleo instabile che si forma all'atto del bombardamento. Senza entrare in particolari si può dire che esistono tre diversi processi possibili.”Le reazioni che indicava Rasetti seguivano i seguenti schemi:a) 13Al27+0n1→11Na24+2He4,b) 14Si28+0n1→13Al28+1H1,c) 25Mn55+0n1→25Mn56.

“Le reazioni nucleari a) e b) ci dicono che bombardando certi nuclei questi assorbono i neutroni ed emettono al tempo stesso una particella (2He4) oppure un protone (1H1).

La reazione c) invece consiste semplicemente nell'assorbimento del neutrone da parte del nucleo bombardato senza emissione di alcuna particella pesante. In quest'ultimo caso dunque il nucleo radioattivo formatosi è un isotopo, più pesante di 1 del nucleo di partenza. Mentre si conoscono parecchi esempî di tutte e tre i tipi di reazioni fra gli elementi leggieri, pare che nel caso degli elementi medî e pesanti solo il processo c) si effettui abbastanza facilmente.Il Fermi ed i suoi collaboratori, nel corso di esperienze sulla radioattività provocata da bombardamento di neutroni, osservarono che alcune sostanze venivano attivate assai più fortemente se la sorgente di neutroni (ampolla contenente Em e Be) e l'elemento da irradiare venivano immersi in una sostanza fortemente idrogenata, come l'acqua o la paraffina. Questo fenomeno fu interpretato nel modo seguente: i neutroni emessi dalla sorgente ad altissima velocità si muovono attraverso alla paraffina, finché subiscono un urto con un atomo d'idrogeno, in seguito al quale deviano perdendo un'elevata frazione della loro energia. Questi neutroni, detti “neutroni lenti”, sono particolarmente efficaci per produrre sostanze radioattive artificiali secondo lo schema di reazione c. Con essi in genere non è possibile produrre radioelementi secondo gli schemi a e b. L’uso dei neutroni lenti in certi casi particolari ha permesso di moltiplicare per un fattore 20 o 30 l’intensità dei preparati artificiali.”Secondo la testimonianza dei protagonisti la scoperta dell’efficacia dei neutroni lenti fu casuale, ma una volta accertata la causa (la presenza di sostanze idrogenata), Fermi interpretò il fenomeno come cattura del neutrone da parte del nucleo, la trasformazione in un isotopo più pesante e infine il passaggio, tramite decadimento beta, all’elemento successivo della tavola periodica. Tale spiegazione in sé esatta per molti elementi è all’origine dell’errore di Fermi nell’interpretazione degli esperimenti relativi all’uranio. Come affermava Segrè nella voce Nucleo dell’Enciclopedia Italiana del 1935: “ in generale il processo di cattura avviene quasi istantaneamente, mentre la sostanza artificialmente prodotta può avere vita media anche di settimane: Notevole è il caso dell’uranio 92 che sembra dia luogo a un’intera famiglia radioattiva, probabilmente con alcuni termini con Z>92.”

fig.11 Strumentazione del gruppo Fermi. A sinistra, elettromagnete utilizzato per individuare la carica delle particelle emesse durante i processi radioattivi; fig.12 Brevetto Gruppo Fermi neutroni lenti

Le possibilità applicative dei neutroni lenti furono immediatamente intraviste da Fermi tanto che nell’ottobre 1934 fu registrato un brevetto a nome di tutti i componenti del gruppo con l’aggiunta di Trabacchi.