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1 L ' Edoardo NUMERO SPECIALE Periodico di informazione del LICEO EDOARDO AMALDI Gennaio 2015 Numero 13 EDIZIONE A COLORI PDF Questo non è il solito “Edoardo”. È il numero che la redazione ha deciso di dedicare a ciò che è acca- duto a Parigi. Non è un argomento facile da trattare. Controverso è l’aggettivo che si adatta meglio. Noi abbiamo deciso di raccontare gli avvenimenti espo- nendo i nostri punti di vista. È un “Edoardo” diver- so, schierato, lontano dalla neutralità che si cerca di mantenere, sono opinioni che possono essere condivise o suscitare polemica. Forse quest’ultimo è l’intento principale: tenere vivo e libero il dibattito, lasciare che il dialogo torni a prendere piede anche nei corridoi della nostra scuola. In questo numero il giornale si arricchisce di una nuova idea: una pagina di satira legata alla nostra scuola. Una pagina che vuole strappare un sorriso a denti stretti e criticare in modo ragionato, non una pagina di insulti gratuiti. Chiediamo a chi verrà rappresentato di avere autoironia. Ringraziamo chi ha collaborato. Questo è lo speciale dedicato a Charlie Hebdo. Ringraziamo il bidello Angelo che ha sollecitato una commemorazione dell’accaduto. E ringraziamo Matilde che ci sostiene dall’estero dell’Amaldi Nicola Raineri La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge ce la dà già, la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova. Grazie, banda di imbecilli. - Charb bit.ly/edoardo13

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L'Edoardo

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LICEO EDOARDO AM

ALDI Gennaio 2015

Numero 13

edizione a colori pdf

Questo non è il solito “Edoardo”. È il numero che la redazione ha deciso di dedicare a ciò che è acca-duto a Parigi. Non è un argomento facile da trattare. Controverso è l’aggettivo che si adatta meglio. Noi abbiamo deciso di raccontare gli avvenimenti espo-nendo i nostri punti di vista. È un “Edoardo” diver-so, schierato, lontano dalla neutralità che si cerca di mantenere, sono opinioni che possono essere condivise o suscitare polemica. Forse quest’ultimo è l’intento principale: tenere vivo e libero il dibattito, lasciare che il dialogo torni a prendere piede anche nei corridoi della nostra scuola.In questo numero il giornale si arricchisce di una nuova idea: una pagina di satira legata alla nostra scuola. Una pagina che vuole strappare un sorriso a denti stretti e criticare in modo ragionato, non una pagina di insulti gratuiti. Chiediamo a chi verrà rappresentato di avere autoironia.Ringraziamo chi ha collaborato.

Questo è lo speciale dedicato a Charlie Hebdo.

Ringraziamo il bidello Angelo che ha sollecitato una commemorazione dell’accaduto. E ringraziamo Matilde che ci sostiene dall’estero dell’Amaldi

Nicola Raineri

La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge ce la dà già, la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova.Grazie, banda di imbecilli.

- Charbbi

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attacco al giornale “charlie hebdo”Il 7 gennaio due uomini armati di kalashnikov entrano nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi e aprono il fuoco su agenti e giornalisti causando dodici morti; subito dopo vengo-no inseguiti dalla polizia francese e vengono infine fermati in un paese a nord di Parigi. Il loro autista, un ragazzo di 18 anni, si consegna alla polizia mentre i due killer, reduci dei combatti-menti in Siria, si barricano in una casa. Gli assalitori dicono di essere combattenti di Al-Quaida, ma non si sa se hanno agito di loro inizia-tiva o dietro a un ordine, l’unica

cosa certa è il pretesto: il giornale avrebbe pubblicato una vignetta satirica riguardo Maometto e loro volevano vendicarne l’onore

offeso. Questo pretesto non può assolutamente giustificare una simile azione terroristica, soprat-tutto perché il giornale non aveva risparmiato mai a nessuno le sue frecciate e quindi perché avrebbe dovuto farlo questa volta? Già altre volte i giornalisti avevano ricevuto minacce ma questa volta nessuno si sarebbe immaginato una simile reazione che va contro uno dei più grandi diritti dell’uo-mo: la libertà di opinione e di pensiero. Assai meno inaspettata è stata però la reazione di molti gruppi francesi ed europei che, accanto alle manifestazioni di cordoglio e solidarietà in tutto il mondo con lo slogan “Je suis Charlie” (io sono Charlie), hanno annunciato in programma mani-festazioni con slogan molto più inquietanti come “Via i musulma-ni dalla Francia” e fatto incursioni contro le moschee francesi. Que-ste persone non si rendono conto che con le loro azioni xenofobe stanno facendo però il gioco dei terroristi e dei veri fondamentali-sti; questi sono totalmente diversi dai fedeli musulmani che stanno

LucaGalbusera1aC

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attacco al giornale “charlie hebdo”subendo le rappresaglie, le quali non faranno altro che fornire nuo-vi pretesti freschi per altre azioni terroristiche che potrebbero cau-sare una vera e propria guerra. In Italia non si sono ancora verificati eventi simili ma sul web circolano già messaggi di odio generalizzato diretto verso gli islamici, parecchi mandati proprio da alcuni sindaci italiani che vorrebbero “cacciare via l’Islam” dalle loro città. Le istituzioni islamiche si sono subito unite al lutto proclamando che

l’Islam è una religione pacifica come qualunque altra e chiedono solamente che cessi la cosiddetta Islam-fobia che coinvolge i fedeli musulmani francesi ed europei e che non serve affatto a prevenire il terrorismo, ma anzi lo incoraggia. Fortunatamente, accanto a queste azioni milioni di persone hanno dato il via a moltissime manifesta-zioni di solidarietà in tutto il mon-do per fare in modo che questi atti non si verifichino mai più.

7 gennaio 2015, attentato terroristi-co al giornale satirico Charlie Heb-do da parte dell’ISIS e di Al-Qaida che, strumentalizzando la religione islamica, dichiarano di avere quale obiettivo vendicare il Profeta Mao-metto (pbuh*) , oggetto della satira di Charlie Hebdo. Giornali e media riportano: terrorismo islamico nella capitale Parigina. Terrorismo. “L’uso di violenza illegittima, finalizzata

a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata” (def. da enciclopedia Treccani). Islam. Dall’arabo ‘’salam’’ ossia ‘’pace’’. Nel Corano la parola pace è ripe-tuta ben 67 volte. Molti pensano all’islam come all’esatto contrario di quello che è in realtà; non si sa che la religione islamica stimola alla pace e alla mite convivenza:”I servi del Misericordioso sono coloro

Vi racconto il Vero islam

Arij BenMhamed

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che camminano sulla terra con gentilezza , e quando i miscredenti si rivolgono a loro con cattiveria, loro rispondono con parole di pa-ce.”[Corano Surat Al-Furqan 25:63] questa è una aya (versetto) presa dal Corano. Coloro che si definiscono Musulmani e che quindi compio-no un’azione in nome dell’islam, devono attenersi a ciò che questo dice di seguire. Un vero musulmano è colui che salva la vita alle persone e non uccide innocenti :”Chiunque uccida una persona, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvata una, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità”[Corano Surat Al-Ma’idah 5:32]. Perciò i terroristi che hanno ucciso e uccidono in tutto il mondo persone innocenti, non compiono ciò che il Corano dice loro di fare. Dicono di portare avanti i valori della Jihad! Ma quanti sanno cos’è davvero la Jihad? La traduzione di Jihad è lottare, forzarsi, dibattere. Jihad non rappresenta la guerra san-ta e si tratta di un concetto tutt’al-tro che violento come si sarebbe portati a credere. Jihad rappresenta

l’atto di superare delle difficoltà e di praticare la religione in presenza dell’oppressione. L’islam proibisce l’uso della forza o coercizione per la diffusione del messaggio Divino in quanto: “Non c’è costrizione nella religione” [Corano Surat Al-Baqarah 2:256] perciò ogni essere umano è libero di credere a una religione o meno senza nessun tipo di obbligo. La vera Jihad per l’islam consiste nel cercare di vincere i cuori delle per-sone con la bellezza e la razionalità del Corano. Jihad verso l’oppres-sione, la corruzione, l’ingiustizia, la povertà, la fame e l’ignoranza. Le ‘’armi’’ non sono le pistole o le spade, ma la forza della matita e della parola. Il profeta Maometto (pbuh) disse: “Il miglior Jihad è di dire parole di verità” [Abu Dawud Hadith No.4344 ]. È necessario combattere l’ignoran-za, arma di guerre e violenze, af-finché si possa vivere in un mondo dove tutte le persone collaborino per formare una comunità di desti-no basata sull’equilibrio tra differen-ze religiose, etniche e culturali.L’istruzione è l’arma più potente per combattere l’ignoranza.[*pbuh : Peace be upon him]

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reazioni a catena

Lo scorso 7 gennaio Parigi , la Francia e l’intero mondo sono stati sconvolti dalla tragedia che ha visto la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo bersaglio di un gruppo fondamentalista islami-co. La strage ha causato la morte di dodici persone, ree di aver insulta-to con le vignette satiriche il Profe-ta Maometto, secondo i terroristi. Il giorno dopo la Francia si mo-bilita. La Torre Eiffel spegne le sue luci in segno di lutto, a metà giornata suonano le campane di Notre Dame, sulla capitale cade il silenzio: per uno minuto la po-polazione interrompe quello che stava facendo per ricordare i morti. La Francia non è sola nel suo dolore, in ogni parte del mondo sono organizzate manifestazioni di denuncia di quell’orrore e la domenica quasi tutti i capi di stato, con la non chiara assenza del presi-dente Obama, si riuniscono in una marcia internazionale. Riguardo la marcia dei capi di stato molti han-no espresso i loro dubbi su alcuni dei partecipanti che sono scesi in piazza per chiedere il rispetto del diritto alla “libertà di parola”, liber-

tà che loro stessi violano nei loro paesi. Quindi come interpretare la loro presenza a Parigi? Un atto di coraggio,di diplomazia o di solo ipocrisia?Subito dopo il dolore è soprag-giunto il terrore: la paura di nuovi attentati,non solo in Francia, così sono esplose le polemiche. In particolare c’è chi si è chiesto :”la redazione di Charlie Hebdo se l’è cercata ?”. Io personalmente non concepisco l’espressione “se la sono cercata”, in questo caso credo che sia proprio inopportuna e troppo dura, perché uno può anche non condividere i contenuti del giornale di Charlie Hebdo, ma nessuno gli dà il diritto di compie-re stragi e non è possibile afferma-re: ”Era prevedibile un attacco del genere visto la pesante satira con protagonista il Profeta”, perché non è e non sarà mai una valida giustificazione.Bisogna poi stare attenti a non ca-dere nel qualunquismo, perché se dei criminali compiono una strage, urlando il nome di Dio, come se questo Dio sostenesse le loro azio-ni, questo non vuol dire che tutti i musulmani siano come loro: non

OlgaFrescura

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si può identificare la religione mu-sulmana con i terroristi di Parigi o più in generale con gli jihadisti che da mesi ormai trucidano interi villaggi e minacciano l’Occi-dente. È necessario poi dire che ci sono sì i gruppi dei fondamenta-

listi islamici che hanno rivendi-cato i morti di Charlie Hebdo, ma c’è anche

chi prende le distanze da quelle azioni condannando coloro che ne sono gli autori, inoltre autorità responsabili della sicurezza hanno voluto precisare che numerose comunità musulmane sono dei validissimi strumenti nella lotta a questo tipo di terrorismo, perché offrono informazioni su metodi, modi di ragionare e spiegazioni di alcuni comportamenti che a noi, estranei a quel mondo, sembrano così strani.Passando dalla religione musul-mana a quella cattolica … come ha reagito la Chiesa? Il Papa ha dichiarato: ”Per il bene della pace, non si deve permettere che le cre-denze religiose vengano abusate

per la causa della violenza o della guerra”, invitando a cercare la pace e il dialogo. Non è d’accordo con il capo della Chiesa cattolica il segretario della Lega Nord Matteo Salvini accusando il Pontefice di buonismo: ”Siamo in guerra” dice ”E in guerra non può esserci tol-leranza”. Vorrei chiedere al leader della Lega quale sia la sua solu-zione, sterminare tutti, proprio come fanno i terroristi? Ucciderci a vicenda? Fre un bel gioco al massacro? Da quando la violen-za risolve i problemi La stessa violenza che a scuola ci insegnano a non utilizzare? Le dichiarazioni di Salvini sono, a mio parere, istigazione all’odio, alla violenza e miseri tentativi di strumentalizzazione. Non a caso il leader del “carroccio” è solidale con Marine Le Pen, leader del Front National,partito che non ha perso tempo a sfruttare “a loro vantaggio” i sanguinosi fatti di Parigi, chiedendo un referendum sulla pena di morte. I due leader della Destra ,approfittando del clima di terrore creatosi, hanno spinto sulla chiusura delle fron-

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tiere e sul controllo dell’immigra-zione. Siamo davvero così sicuri che queste misure di sicurezza siano così efficaci? È davvero da quei barconi con per lo più disgra-ziati sopravvissuti alle guerre, alla miseria e all’attraversata che arriva il terrorismo? Ma gli autori della strage nella redazione non sono cresciuti in Francia, nella sociètà occidentale quindi? Una cosa è certa: così come sono da condan-nare le azioni dei fondamentalisti islamici sono da denunciare anche gli attacchi alle moschee e alle comunità musulmane che hanno seguito i morti di Charlie Hebdo. Inoltre credo che sia da rispetta-re il coraggio dei superstiti della redazione del giornale satirico che con l’uscita del nuovo numero hanno dimostrato che ,sebbene il dolore per la perdita dei colleghi e amici sia fortissimo,il giornale non è morto ,infliggendo così agli attentatori una sconfitta. Tra tutte le domande che sono state fatte in questi giorni ne esiste una che dobbiamo porci :”Quan-to durerà ?, per quanto tempo ci ricorderemo di questi morti ? per

quanto sarà all’ordine del giorno la difesa del diritto alla “libertà di parola”? Se ci pensiamo, si è par-lato più delle polemiche scaturite dalla strage, che della strage e dei suoi morti. Polemiche che hanno riguardato soprattutto le misure di sicurezze, considerate scarse da alcuni.La verità è che affrontiamo il problema impreparati, non per mancanza di volontà, ma di cono-scenza: i seguaci dell’ISIS comuni-cano, si organizzano con internet, ma noi forse non abbiamo ancora mezzi adeguati per combatterli.Concludo con una frase diventata ormai famosa, un esem-pio di civiltà e giustizia: quella vera…“IO NON SONO CHARLIE, SONO AHMED, IL POLIZIOTTO UCCI-SO. CHARLIE RIDICOLIZZAVA LA MIA FEDE E IO SONO MORTO DIFENDENDO IL SUO DIRITTO DI FARLO”.

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Je suis charlie

Nicola Raineri5aG

Ci sono giornate che non si dimen-ticano. Date che restano impresse in chi le ha vissute. Giorni che vengono stampati sui libri di storia, fatti imparare a memoria e poi, nella maggioranza di casi, dimenticate. Invece mercoledì 7 gennaio 2015 è una data che difficilmente sarà dimenticata, non solo nell’unione europea, ma in tutto il mondo.Non c’è bisogno di soffermarsi sui dettagli di ciò che avvenuto. Tre uomini armati di AK-47 hanno fatto irruzione nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo e, al grido di “Allah akbar!”, hanno aperto il fuoco sulla redazione, uccidendo dodici persone e ferendone altre venti. Sono riusciti a prendere una surre-ale fuga prima di essere fermati per sempre. Intanto il mondo intero si è mobilitato sui social network.#jesuischarlie è l’hashtag usato su facebook e twitter. Migliaia, anzi, mi-lioni di condivisioni. Per un giorno tutti sono diventati Charlie. Benché i polemici abbiano avuto da criticare l’ipocrisia di alcune persone, per i più il significato profondo era dire “ciò che è accaduto a quelle persone può accadere a tutti noi”. Quell’ha-shtag rappresenta una catena di solidarietà attorno al mondo. Eppu-

re non sono mancate le critiche, le polemiche, i “se la son cercata”.Nulla di più disgustoso. Giornalisti che insinuano che la colpa sia delle vittime, dimostrando più o meno lo stesso livello d’acume di chi sostiene che la colpa di uno stupro sia della donna che, in qualche modo, “era accondiscendente”. È un tipo di mentalità che non ci si attende da uomini del XXI secolo.Queste critiche hanno un qualcosa di allarmante. Ciò che fa preoccupare non è il trovarsi in disac-cordo con lo stile di Charlie: le vignette sono veri e propri pugni nello stomaco e sta alla sensibilità del singolo giudicare se siano esagerate oppure geniali. Il pro-blema è che nel terzo millennio ci siano persone che pensino davvero che ci siano argomenti tabù, di cui non si possa parlare per il rischio di ritorsioni.Siamo nati in un mondo piuttosto comodo. Le libertà fondamentali sono garantite dalle lotte dei nostri antenati, tutto ci è servito su un

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Je suis charliepiatto d’argento, ci siamo disabituati all’idea di lottare per i nostri diritti. Diamo per scontati concetti per cui molte persone stanno versando il proprio sangue: libertà di pensiero, di movimento, di espressione. Non ci sfiora neanche l’idea che la possi-bilità di dire la nostra senza doverci preoccupare per l’incolumità sia mes-sa in discussione. Non tutti almeno, perché Charb, Cabu, Tignous e gli altri, con il loro spirito polemico han-

no visto qualcosa che non andava, e hanno deciso di cambiare le cose.Individui ignoranti li hanno definiti “isla-mofobi”. In realtà la rivista non aveva pietà per nessuno, politi-ci, attivisti, profeti, addirittura la trinità. Il cardine del settimana-le era la critica senza pudore verso tutte le

forme di radicalismo. Questa critica era una bandiera per cui gli autori erano pronti a dare la vita. Così come Ahmed Merabet, il poliziotto il cui video ha fatto il giro del mondo, che è stato disposto a dare la vita per

difendere la loro libertà di sventolare quella bandiera.Nessuno di loro era inconsapevole del rischio che stavano correndo. Il 2 novembre 2011 una bomba molotov era stata lanciata nella sede, ma quel-lo che doveva essere un avvertimento non aveva fermato il periodico. Le matite hanno continuato a scorrere sui fogli e ad attaccare, attaccare, ATTACCARE. E la storia ha avuto un triste epilogo.Tuttavia con il loro sacrificio hanno messo in atto la loro ultima gag. Le loro vignette erano fatte ad arte per irritare e suscitare reazioni profonde nell’animo della gente. Una reazione così profonda non la si era mai vista. Due milioni di persone hanno sfilato per le vie di Parigi: un risultato con-creto sorprendente. Ma soprattutto il dibattito sulla libertà di parola si è riaperto, acceso più che mai.Tante sono le vignette disegnate per commemorare l’evento. La più em-blematica però, a mio avviso, è quella di una matita spezzata che ne genera un’altra: questa vignetta rappresenta cosa è stata la terribile strage: una sfida lanciata all’Europa liberale. Una sfida che possiamo solo permetterci di vincere.

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“ViVa la l ibertà!” ma senza esager are

FedericoSantaniello5aG

Espressione massima della de-mocrazia e della libertà d’espres-sione, il dibattito sugli ipotetici limiti e le caratteristiche della satira è prepotentemente venuto alla ribalta dopo i terribili fatti di Parigi, che hanno scosso il mondo occidentale, con opinioni contra-stanti. Il “financial times”, storico quotidiano economico londinese, è stato quello più severo nell’af-fermare, appena un giorno dopo l’attentato, che i vignettisti “se la sono andata a cercare” e che non avrebbero dovuto provocare i terroristi con vignette offensive. Posizione condivisa da molti, e che pone un problema molto complesso e articolato: dove finisce la libertà d’espressione e inizia il rispetto della sensibilità religiosa?Un tema tutt’altro che banale e senza una risposta assoluta, soprattutto dopo i fatti di Parigi, che naturalmente condizionano il giudizio sulla questione. “Charlie Hebdo” è sempre stato un gior-nale difensore della laicità, tanto che alcuni oppositori addirittura l’hanno definito “laicista intregali-

sta”, con una curioso ribaltamento dei ruoli, dato che il quotidiano satirico ha tra i suoi maggiori obiettivi gli intregalismi religio-si, colpiti sempre da una critica radicale.Le sue vignette sono esagerate , cattive, offensive? Sicuramente si, ma è proprio questo l’effetto che la satira si propone: sferrare colpi durissimi e utilizzare un umorismo estremamente cinico, che produca un effetto potente sul lettore; che questo effetto sia negativo o positivo poco importa, importa solo che smuova le co-scienze. la vignetta possiede infatti la qualità di avere un impatto visivo enorme, che riesce a fare riflettere senza bisogno di lunghe argomentazioni, ma attraverso l’immediatezza di un disegno. La satira perderebbe di senso se pubblicasse vignette rispettose e di critica costruttiva. Il suo ruolo è anzi quello di denunciare con forza, irriverenza e senza limiti di sorta. D’altro canto, se ipote-ticamente dovessero essere posti dei limiti, chi dovrebbe occuparsi di stabilirli? Lo stato? La chiesa?

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“ViVa la l ibertà!” ma senza esager are

Una qualisiasi altra istituzione? Si andrebbe sempre a finire nella negazione della libertà. Il punto fermo è questo: la satira deve essere necessariamente libera. La disquisizione che si apre sul buon-gusto o meno degli argomenti trattati è superflua e soggettiva, ma non deve in nessun caso giusti-ficare la violenza e il fanatismo, come i giornalisti del “financial times” sembrano voler sostenere. Sta all’intelligenza del disegnatore stabilire se sia o meno il caso di trattare certi argomenti.Ad ogni modo “Charlie Hebdo” pubblica , tre giorni dopo la strage, di nuovo la caricatura di Maometto con un cartello che, ironicamente, dice “ tout est pardonné”, dimo-strando che la violenza e la paura non sono più forti dei valori della democrazia. Un gesto che onora la memoria dei giornalisti morti nell’attentato, i quali neppure quando era concreta la possibilità di rappresaglie (il giornale era già stato più volte minacciato) hanno indietreggiato e rinnegato la loro libertà.Libertà che il presidente Hollande

ha esaltato durante il discorso alla nazione e che tutta la Francia celebra da una settimana, salvo poi arrestare il comico francese Dieu-donné, con l’accusa di apologia di reato. Il suo crimine? Scrivere su facebook un post nel quale scrive “je suis Charlie Coulibaly”, mischiando il famoso slogan solidale con il cognome di uno degli attentatori. Il comico è ora agli arresti domiciliari, nonostante la sua fosse solo un’accusa all’i-pocrisia del paese, e non certo un sostegno agli integralisti. Sembra infatti che la libertà di satira sia un diritto, ma solo qualche volta. A dir poco imbarazzante. E anche l’Italia non si salva dalle contrad-dizioni. Infatti, nel nostro paese è un reato inneggiare al fascismo e al nazismo, nonostante la recente comparsa di tanti insospettabili pa-ladini della libertà d’espressione. Stesso curioso fenomeno in molti altri paesi occidentali, che forse dovrebbero seriamente prendere in considerazione la questione, anzichè allinearsi all’opinione più in voga.

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restiamo umani, restiamo liberi

LorenzoLazzari4aB

“Ci colpiscono perché siamo un paese di libertà”. Sono queste le parole pronun-ciate dal presidente francese Hollande, giunto sul luogo della tragedia subito dopo l’attentato terroristico alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo del 7 gennaio scorso. Parole forti, decise, inequivocabili. Parole che hanno mosso il mondo intero, parole che hanno trasformato in martiri i giornalisti barbaramente uccisi, martiri della libertà. Libertà di espressione, di pensiero, di culto.Ideali puri, diritti inviolabili, che, di piazza in piazza, di città in città, sono stati difesi, urlati al cielo da chi non ha esitato ad essere Charlie per un giorno. E in quel momento io stesso ho voluto esse-re Charlie, perché essere Charlie voleva dire combattere per quella libertà che ci separa dalle bestie.Tuttavia, je ne suis pas Charlie, io non sono Charlie. Io non metto l’ideale assoluto della libertà d’espressione davanti a quello di rispetto. Non spaccio per satira ciò che satira non é. Posso scher-

zare, certo, ma senza oltrepassare il limite: non offendo, per usare un eufemismo, il pensiero, le credenze ed in particolare la fede, la religione altrui. Con questo, ovviamente, non si vuole in alcun modo giustificare quel gesto disumano, dove né fede né religione sono coinvolte, ma solo violenza e follia omicida, bensì portare a porsi qualche domanda. Perché, ad esempio, in nome della stessa libertà, non si é tornati a riempire le piazze quando non 12, ma più di 2000 persone sono state allo stesso modo uccise? Perché, in nome della stessa libertà, dopo l’atten-tato, sono iniziati atti di aggres-sione verso uomini innocenti, con l’unica colpa di condividere la stessa (di nome, non di fatto) religione dei terroristi? Perché, in nome della stessa libertà, certi politici hanno potuto proporre i mezzi della chiusura delle fron-tiere o della morte di massa come soluzione a questi problemi? La libertà non va anteposta al rispetto; questo non farebbe altro che portare le vittime innocenti

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restiamo umani, restiamo liberi

delle prepotenze altrui a cercare protezione presso un qualche mostro, un leviatano come direbbe Hobbes, in grado di traformare la loro frustrazione in pericolosissi-mo odio.La libertà, di cui ci riteniamo figli, si vergogna di noi, nel momento in cui, schiavi del nostro egoismo e dei nostri interessi, ci dimenti-chiamo dei suoi veri martiri solo perché si trovano a 4000km di distanza e non dietro casa.La libertà, insieme a Dio, Gesù,

Allah, Maometto e tutti gli altri, si dispera, inorridisce, quando in suo nome vengono compiuti crimini e atrocità come quelli di cui siamo stati testimoni.Io non esiterò a combattere per la mia libertà, quella vera, ma allo stesso modo non sarò mai disposto a violare quella di tanta altra gente senza alcuna colpa o a speculare sull’odio.Restiamo umani; solo in questo modo resteremo davvero liberi.

Gli avvenimenti di Parigi hanno fatto, giustamente, molto clamore. Un attacco alla libertà che ci ha ricordato che con il terrorismo siamo in guerra. Questo clamore ha finito per sopraffare tutta una serie di notizie che, nonostante la loro rilevanza, sono passate in secondo piano.Molto poco è stato detto sul ter-ribile massacro in atto in Nigeria, che non è altro che l’altra faccia

della medaglia del terrorismo. Boko Haram, organizzazione terroristi-ca jihadista diffusa nel nord della Nigeria, era già nota al mondo dal 2009, quando scatenò una feroce guerriglia nella regione del Borno. Il suo nome significa «l’educazione occidentale è peccato», e difatti, tra le sue azioni più clamorose c’è stata quella che portò al rapimento nell’aprile scorso di 200 studentes-se. A seguito di ciò venne lanciata

allarghiamo lo sguardo

AndreaPetriccioli

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una campagna promossa da nume-rose organizzazioni per i diritti umani, “Bring Back Our Girls”, e l’ONU promosse una risoluzio-ne per combattere l’espansione dell’integralismo.

Ma dal 3 gennaio Boko Haram ha scatenato una vera e propria invasione del Borno: l’eser-cito nigeriano, totalmente impreparato

e spaventato dai “fanatici sangui-nari” ha abbandonato la regione, permettendo così che la furia degli islamisti colpisse l’inerme popo-lazione civile. La città di Baga e numerosi villaggi sono stati incen-diati e distrutti, gli abitanti massa-crati o costretti a fuggire, si parla di migliaia di profughi. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, le autorità non sanno nemmeno cosa sta succedendo, Amnesty International parla di 2000 morti. Sono tanti. A ciò bisogna ag-giungere gli attentati suicidi nei

mercati di Maiduguri e Potiskum, nei quali sono stati utilizzati come cavie suicide dei bambini.Per loro non c’è stato nessun ha-shtag, nessuna manifestazione di massa, nessuna marcia dei leader internazionali. A questo proposito: il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, era a Parigi a farsi la sua passeggiata a braccetto, nonostan-te i disordini interni e al fatto che la Nigeria è uno dei paesi dove la libertà di stampa è più osteggiata.Con questo non voglio dire che gli hashtag e la manifestazione a favore di “Charlie Hebdo” siano sbagliati, anzi!, ma che è inutile manifestare per la nostra libertà se poi ignoriamo la libertà degli altri.Non si può pensare che i nostri morti valgano più dei morti in Nigeria e di quelli che in tutto il mondo l’integralismo continua a fare. Non si può pensare che sia giusto combattere il terrorismo in casa nostra ma abbandonare il resto del mondo a se stesso.La libertà deve essere la libertà di tutti, altrimenti non è un diritto, è un privilegio.

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i nomi anonimi

Big sister benissimo

Rappresentiamo o ci proviamo?

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la redazioneresponsabili del progetto:Andrea Petriccioli, 5aANicola Raineri, 5aGhanno scritto:Luca Galbusera, 1aCArij Ben Mhamed, 5aGOlga Frescura, 4aBNicola Raineri, 5aGFederico Santaniello, 5aGLorenzo Lazzari, 4aBAndrea Petriccioli, 5aAAnonima Esperti Satira, classi varieimpaginatori:Nicolò Milesi, 5aCAndrea Petriccioli, 5aA

La Redazione non condivide necessariamente tutti i contenuti

degli articoli pubblicati

PAGINA: facebook.com/edoardoalzanoREDAZIONE: Redazionedoardo (gruppo pubblico)

EDIzIOnE PDF: bit.ly/edoardo13

L'EDOA P R E s t O

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quindi se dovete uccidere qualcuno beccate quelli giusti,che sennò ci tocca chiudere

messaggio per Al-Qaida, ISIS e altra gentaglia: